Sei sulla pagina 1di 12

Sbobinatore 1: Francesco Castaldo Tuccillo 22/10/2021

Sbobinatore 2: Giacomo Cappiello immunologia,lezione 5


Revisore: Mattia Fratangelo prof.Salvioli
Eravamo arrivati lunedi a parlare dei recettori dell’immunità innata e avevamo definito che c’erano dei
recettori definiti collettivamente PRR che vedono
grandi classi di antigeni legati ai patogeni che
collettivamente chiamiamo PAMPs,(pathogen-
associated molecular patterns), quindi non vedono un
singolo antigene ma grandi famiglie di molecole.
Questo stesso tipo di recettori vede anche un self
alterato, molecole definite DAMPs, (danger associated
molecular patterns), che abbiamo detto che sono
molecole del nostro organismo verso cui ci
aspetteremmo che non ci fosse una risposta, mentre
questa riposta c’è se però questo self è alterato oppure
fuori posto, in una posizione anatomica non normale.
Potrebbero essere per esempio:
1). proteine, come le HSP, heat schock proteins, o altre proteine di origine nucleari o gli istoni, che quando
sono fuori dalla cellula possono essere viste dai PRR sotto forma di DAMPs
2) ATP extracellulari, DNA mitocondriale extramitocondriale, cardiolipina, proteine ossidate, quindi non
correttamente funzionanti e cristalli organici,
Ci sono diverse sostanze che si stanno scoprendo che possono essere classificate come DAMPs.
Qual è il significato biologico per il nostro organismo di riconoscere questo tipo di sostanze? Ce ne sono 2:
1) Riconoscendo queste sostanze posso eliminarle
2) vedendo queste sostanze capisco che c’è qualcosa che non va in quel tessuto, c’è stato un danno e occorre
che si agisca per riparare il danno e il tessuto danneggiato. Per fare questo metto in atto una serie di
meccanismi, in parte già conosciuti, che sono i meccanismi che partono con l’infiammazione acuta, una
risposta stereotipata verso tanti tipi di stress e danno che mettono in moto una serie di azioni per bloccare
questo danno e ripararlo.
Come fa a partire l’infiammazione? Cellule del sistema immunitario riconoscono la presenza di
DAMPs e cominciano a produrre sostanze pro-infiammatorie, come le citochine.
Di questi recettori PRR ce ne sono diverse famiglie,
ma sono relativamente pochi rispetto ai recettori per
l’antigene che ci sono invece sui linfociti B e T. Di
questi ultimi abbiamo un repertorio di miliardi di recettori
diversi; quindi, possono riconoscere con precisione un
singolo antigene in mezzo a miliardi di altri. Per i PRR
abbiamo pochi recettori, qualche decina, forse qualche
centinaio, che vedono non uno specifico antigene ma
grandi famiglie di molecole. Questi recettori non vanno
incontro al fenomeno di ricombinazione, quindi eredito i
geni che codificano per questi recettori così come sono
dai miei genitori. (Capiremo il significato di ciò quando
andremo a vedere come si forma il repertorio di recettori
per l’antigene dei linfociti T e B). La differenza è con i geni che codificano per i recettori per l’antigene dei
linfociti T e B. Per quanto riguarda i linfociti T e B abbiamo miliardi di recettori diversi, ognuno dei quali è
specifico per un preciso antigene. Se il dogma della biologia un gene-una proteina fosse vero noi dovremmo
avere miliardi di geni solo per codificare i recettori dei T e B, ma non è possibile. I geni sono infatti in
numero minore delle proteine che codificano. Da dove saltano fuori quindi tutti questi recettori se parto da
un numero limitato di sequenze geniche? Ricombinando queste sequenze geniche riesco a creare questa
grande variabilità. I recettori di cui stiamo parlando oggi invece non derivano da geni che si ricombinano
ma che eredito come tali. Questo vuole anche dire che tutte le cellule che esprimono questi geni sono uguali
da questo punto di vista, hanno tutte gli stessi recettori, non sono clonalmente distribuite, perché hanno lo
stesso patrimonio genetico per questi recettori. In realtà questo non è del tutto vero, nel caso delle NK, che
con un meccanismo particolare, hanno un certo grado di clonalità, non tutte le NK sono quindi uguali.
Questi recettori PRR sono pochi e non vanno incontro a ricombinazione e non sono quindi
clonalmente distribuiti. PAMPs e DAMPs
I PAMPs sono componenti di virus e batteri che noi non abbiamo e che possono essere visti e captati da
recettori: ssRNA o dsRNA, cDNA oppure DNA con bassi livelli di metilazione, di cui sono un esempio le
CPG. Le CPG sono le sequenze Citosina-guanina che negli eucarioti sono di solito metilate a livello della
citosina, mentre quello dei batteri non presenta tale metilazione e quindi sequenze CPG non metilate
vengono riconosciute come proprie del batterio e attaccate. Abbiamo poi proteine dei batteri come quelle dei
pili o dei flagelli, amminoacidi formilati, con un residuo di N-formil-metionina, che normalmente non ci
sono nelle nostre proteine. Troviamo anche gli LPS, i lipopolisaccaridi, caratteristici di tutti i batteri Gram
negativi. Sui Gram-positivi troviamo l’acido lipotecoiico, i mannani e i glucani presenti su molti funghi.

Classificazione recettori
Vediamo quali sono questi recettori. Di recettori ne esistono di diversi tipi.
1) recettori per la fagocitosi, quando questi vengono
ingaggiati, la mia cellula macrofagica(un macrofago o un
neutrofilo), fagocita quello che si è legato al recettore.
Esempi di questo tipo di recettori sono i recettori
lectinici. Le lectine sono proteine specializzate per legare
gli zuccheri. Una lectina specializzata ad esempio per
legare il mannosio, che è uno zucchero normalmente
nascosto
nei nostri
polisaccaridi ed invece è esposto in quelli di funghi e batteri, può riconoscere con questo recettore una
cellula estranea. Questi sono quelli che permettono al mio macrofago di vedere il suo bersaglio senza altri
aiuti. Ecco la spiegazione della fagocitosi naturale che non si riusciva a spiegare chiedendosi cosa vedesse il
macrofago. Il macrofago comprende il da farsi. perché ha i recettori per la fagocitosi.
2) Una famiglia di recettori che ha una forma simile ad una falce e possono essere sia di membrana
plasmatica, quindi esterni, oppure legati a membrane di organelli interni come endosomi o vescicole di
fagocitosi. Abbiamo due localizzazioni, una che guarda verso l’esterno ed una che guarda verso l’interno.
Sono comunque recettori legati ad una membrana e vengono chiamati Toll-like receptor, TLR, cioè
recettori simili a toll, una proteina che è stata identificata in drospohila melanogaster e serve per lo sviluppo.
3)Abbiamo altri recettori che somigliano ai TLR per quanto riguarda la struttura, visto che hanno una forma
a semiluna o falce, ma il “manico” ha componenti diverse. Questi vengono chiamati NOD-like receptors,
NDL, e sono citoplasmatici, quindi non legati ad una membrana.
4)Altri recettori primariamente citoplasmatici sono i RIG-Like receptor. (importante conoscere questi
recettori perché se io trovo una situazione patologica e l’alterazione molecolare riguarda uno di questi
recettori, conoscendoli posso pensare di bersagliarli con un farmaco.)
5) Scoperto da poco è cGAS (in blu nell’immagine) che in realtà fa coppia con un’altra molecola detta
STING. Sono sempre recettori di PAMPs e DAMPs
I recettori delle categorie dalla 2 alla 5 riconoscono sempre un PAMP o un DAMP ma non inducono una
fagocitosi come i primi ma inducono una risposta di tipo infiammatorio. Quando vengono ingaggiati questi
tipi di recettori la cellula produce segnali che innescano l’infiammazione, quindi questi sono recettori pro-
infiammatori.
In questa tabella, tranne nell’ultima riga dove troviamo i TLR, abbiamo tutti recettori appartenenti alla prima
categoria e che quindi inducono la fagocitosi (il prof sottolinea come le categorie siano state da lui inventate
per scopo didattico, non sono una classificazione scientifica ). Dalla tabella si evince come i recettori di
classe 1 inducano la fagocitosi e non l’infiammazione e viceversa per i TLR, presi come esempio di tutti i
recettori delle classi dalla 2 alla 5. Molti di questi recettori della categoria 1 fanno parte delle
lectine,troviamo per esempio:
 Il recettore del mannosio, Dectin-1
 Altri recettori che hanno una struttura simile al collagene, in sigla MARCO
 Recettori scavenger, che vedono per esempio i lipidi particolari, che non sono normalmente esposti
sulla superficie della cellula, ma che sono negli strati interni.
Questi recettori vedono quindi diversi ligandi e
inducono fenomeni di fagocitosi, dove ci saranno
modificazioni del citoscheletro e la cellula inizierà a
produrre delle sostanze che servono per avvelenare il
batterio fagocitato e ucciderlo e poi una volta ucciso
eliminato attraverso l’azione litica degli enzimi
presenti nei lisosomi. Alcuni di questi recettori
vengono detti lectin-like receptors e legano anch’essi
sostanze zuccherine. Molte di queste hanno sui
domini introcitoplasmatici delle sequenze particolari,
per cui possiamo fare ulteriori sotto classificazioni e
in particolare possono possedere delle sequenze dette
ITAM o ITIM, oppure non averle visto che il loro
dominio intraciplosmatico non è abbastanza lungo per avere tali sequenze. Queste sono delle sequenze
conservate, evolutivamente, dove abbiamo delle tirosine in posizione strategica e queste tirosine possono
essere fosforilate. Quando queste tirosine sono fosforilate funzionano come ancora molecolare per essere
attaccate da altre proteine. Quando queste tirosine sono fosforilate si può legare un'altra proteina. Questo è
generalmente un meccanismo che serve a dare inizio alla cascata di trasduzione del segnale. La
fosforilazione della tirosina fa si che vengano reclutate altre proteine come chinasi o delle fosforilasi che con
eventi di fosforilazione e defosforilazione danno origine ad una cascata di eventi che arriva fino al nucleo
oppure la bloccano. Avremo quindi sequenze ITAM che generalmente legano chinasi e quindi hanno un
ruolo di attivazione della risposta e le ITIM che invece legano fosforillasi che generalmente bloccano il
segnale (anche se non sempre). Ci possono poi essere recettori senza queste sequenze e che quindi avranno
un meccanismo di trasduzione del segnale indipendente dalla loro presenza. (le ritroveremo più avanti)
Ripresa fagocitosi: Qualunque recettore, purché
faccia parte della categoria che ha come fine ultimo
quello di portare alla fagocitosi, viene ingaggiato,
questo provoca un’invaginazione della membrana, il
mio batterio viene portato dentro, una parte della
membrana si affonda nel citoplasma e viene chiusa,
formando un fagosoma.

A livello di questo fagosoma c’è poi la produzione di queste sostanze tossiche, radicali dell’ossigeno o
dell’azoto. Abbiamo:

 l’ossidasi fagocitica che produce radicali dell’ossigeno


 la sintasi dell’ossido nitrico che produce ossido nitrico, una specie reattiva dell’azoto

Tutto questo serve per uccidere il batterio, e poi avviene la fusione con il lisosoma che contiene enzimi litici
che distruggono il batterio. Tutto questo fenomeno è conseguenza del fatto che sono stati ingaggiati i
recettori della categoria 1. Uno dei complessi da ricordare è l’ossidasi fagocitica che è quella che produce i
radicali. È importante conoscerla perché in caso di un suo malfunzionamento le cellule non saranno in grado
di produrre radicali. Le mie cellule saranno in grado di fagocitare il batterio, ma non di ucciderlo; quindi, il
batterio rimane dentro al macrofago, sopravvive e addirittura prolifera, causando la morte del macrofago e
quindi l’infezione non viene eliminata. Questo tipo di difetto mi porta, quindi ad un’elevata suscettibilità alle
patologie da batteri che per essere distrutti richiedono questo tipo di meccanismo.
Esempio sono i micobatteri della tubercolosi, che sono batteri che già per loro natura tendono ad avere una
localizzazione all’interno dei macrofagi, hanno già di loro sviluppato dei meccanismi con cui riescono a
resistere all’interno dei macrofagi, se poi per giunta questo macrofago non è nemmeno in grado di svolgere
la sua normale funzione, la loro pericolosità aumenta notevolmente. Non sono gli unici i micobatteri, dal
momento che questi pazienti hanno suscettibilità a tutte le infezioni batteriche. Sono situazioni molto gravi,
perché spesso aiutarli con gli antibiotici non
basta. Spesso questi pazienti muoiono.
Esiste una patologia genetica, dove per
difetti nei componenti dell’ossidasi
fagocitica (ne basta uno alterato), la cellula
non riesce a produrre più radicali e quindi il
paziente è soggetto a infezioni ricorrenti da
batteri che invece dovrebbero essere uccisi
da questo meccanismo. Tale patologia
dovuta ad un’alterazione della ossidasi
fagocitica è detta malattia granulomatosa
cronica.
Viene detta cronica perché è uno stato che non si risolve dal momento che è un difetto genetico,
granulomatosa perché i macrofagi, non riuscendo ad uccidere ciò che hanno fagocitato continuano ad essere
reclutati nella zona dove c’è l’infezione e formano quello che viene riconosciuto dall’anatomopatologo come
un granuloma. Di questi radicali
necessari alla distruzione di batteri ce ne sono diversi. C’è un elevato consumo di ossigeno che non serve
per la catena respiratoria dei mitocondri ma che serve a questo complesso chiamato NADPH ossidasi o
ossidasi fagocitica per produrre questi radicali che ci servono per uccidere ciò che è stato fagocitato.
Quando avviene l’ingaggio dei recettori della classe 1 una delle cose che succede al mio fagocita è proprio
l’innesco di questo complesso che causa uno “scoppio” nel consumo di ossigeno, che viene proprio detto
respiratory burst (scoppio respiratorio). Questo ossigeno viene usato appositamente per creare radicali per
uccidere il batterio fagocitato. Ci sono poi altri
enzimi che vengono coinvolti:

 la mieloperossidasi che forma, partendo dal cloro, l’acido ipocloroso


 è la SOD, superossido dismutasi, che si occupa della dismutazione dell’anione superossido O2-
prodotto dal NADPH ossidasi, producendo H2O2, che a sua volta è un agente reattivo che può
diventare acido ipocloroso (dalla mieloperossidasi) o altri radicali ancora.

Esistono anche gli enzimi che detossificano queste sostanze. Un enzima accoppiato alla SOD è la catalasi,
che riduce l’H2O2 ad H2O e O2, quindi detossifica l’H2O2. Di SOD ne esistono almeno due forme; una
citoplasmatica ed una mitocondriale.

Analizziamo ora le altre classi di recettori, quelli che non hanno come fine ultimo la fagocitosi, partendo dai
TLR, toll-like receptors.
Ne abbiamo 10 diversi tipi,
quindi non molti. Sono legati
alle membrane, o
citoplasmatiche o di organelli.
La parte extracellulare è
quella che riconosce il PAMP
o il DAMP ed è formata da un
numero variabile di domini
ripetuti (sbarrette azzurre
nell’immagine) che sono
ricchi in leucina. La loro
struttura somiglia ad una falce
(sickle domain) (sickle cell
disease= anemia falciforme).
C’è un dominio
transmembrana e un dominio
citoplasmatico. In questo
dominio citoplasmatico,
chiamato TIR abbiamo delle
sequenze conservate che servono anche in questo caso a dare origine alla trasduzione del segnale. Questi
recettori non lavorano mai da soli, sono omodimeri ed eterodimeri. A volte questi dimeri possono legarsi ad
altre proteine (nell’immagine) come MD2 e CD14. CD14 è da analizzare, perché utilizza la nomenclatura
CD vista nelle lezioni precedenti, che sottolinea come sia legata al nostro sistema immunitario. Questo CD14
è un componente del recettore per gli LPS, che sono tra i PAMPs che vedono i TLR. Esiste quindi un
recettore TLR composto legato ad altre proteine che è in grado di riconoscere proprio gli LPS. Quindi il
CD14, che noi usiamo per identificare i macrofagi, svolge un’effettiva funzione, facendo parte del recettore
per gli LPS.
Come sono distribuiti questi 10 TLR?
I TLR 3,7,8,9 sono sugli endosomi, mentre gli altri
5 (TLR 1,2,4,5,6) sono sulla membrana
citoplasmatica. Questo vuol dire che controllano
punti diversi. Quelli endosomiali vedono:

 dsRNA
 ssRNA
 DNA batterico

Mi servono quindi per vedere qualcosa che è stato


fagocitato oppure che viene prodotto all’interno
della cellula stessa come RNA virale. Finora ne
abbiamo visti solo 9 dei 10 recettori. Questo perché

TLR 10 è poco conosciuto e non si sa se veda


effettivamente qualcosa o se si tratti di uno pseudogene.
Sembra che abbia una collaborazione con TLR2 per
riconoscere dei ligandi della listeria, un batterio, e
sembra che veda anche i virus del ceppo A
dell’influenza. TLR4 vede proprio LPS. Questo recettore
insieme a MD2 e CD14 forma il recettore per l’LPS.
Le combinazioni che posso fare sono molteplici, ma il
numero totale di recettori rimane comunque basso.

Come avviene la trasmissione del


segnale? Abbiamo il dominio
citoplasmatico, TIR, da cui
comincia la cascata del segnale. Ci
sono due vie principali (non
significa che non ce ne siano anche
altre) con le quali i TLR
comunicano al nucleo di essere
stati ingaggiati. Una via intrapresa
dalla maggioranza dei TLR e che
prevede l’utilizzo di una proteina
adattatrice che si chiama MYD88.
Un’altra via che prevede come
proteina adattatrice TRIF, che
viene usata da TLR3 e TLR4
(capace di usar anche la via con
MYD88). TRIF viene utilizzata,
quindi, da TLR3, che vede dsRNA,
quindi un prodotto virale. La via di MYD88 finisce ad attivare un fattore di trascrizione detto NF-kB. La via
di TRIF arriva ad attivare dei fattori di trascrizione che sono gli IRF, immunoresponse factor. Se io attivo
NF-kB vado a trascrivere geni infiammatori, che trascrivono per:

 citochine, come TNF e IL-1 e IL-6,


 chemochine,
 molecole di adesione
 molecole di costimolazione
Tutto questo serve per attivare una risposta infiammatoria. Questi recettori, infatti, hanno il compito di
dare largamente una risposta infiammatoria. TLR4 e soprattutto TLR3 attivano la via di TRIF che attiva
fattori di trascrizione IRF che a loro volta fanno trascrivere altri geni per gli interferoni di tipo I, dando una
risposta adeguata per un’infezione virale, visto che gli interferoni di tipo I sono proprio le citochine
necessarie contro le infezioni di tipo virale. A seconda del tipo di recettore e della via di trasduzione a cui
esso è legato io avrò una riposta funzionalmente diversa.

Attivazione di NF-kB
MYD88 lega altre proteine con dei domini chiamati
death domains (domini di morte), così chiamati
perché sono stati scoperti nel recettore del TNF-alfa
(tumor necrosis factor), quindi inducevano la morte.
Si lega successivamente ad IRAK4, da qui c’è una
cascata caratterizzata da varie chinasi che arrivano su
una chinasi finale che si chiama IKK, che va a
fosforilare una proteina che è IKB, che tiene bloccato
nel citoplasma NF-Kb. Quando NFKB è legato a IKB
che non può andare nel nucleo, rimane quindi nel
citoplasma.
Se IKB viene fosforilato si ha un segnale. La
fosforilazione per IKB è un segnale che lo porta ad
essere degradato. Se IKB è degradato NFKB è libero,
nessuno lo trattiene, può entrare nel nucleo dove può svolgere il suo lavoro. NFKB, infatti, è un fattore di
trascrizione. Vengono, quindi, trascritti i geni a cui lui si può legare, ovvero, quei geni che possiedono un
promotore che contiene una sequenza che può essere riconosciuta da NFKB. Una volta riconosciuto da
NFKB il gene viene attaccato dalle polimerasi che lo trascrivono.
NFKB è un mondo, non è una sola proteina. È un dimero, composta da più componenti.
Ci sono diverse vie di attivazione di questo fattore: oltre ad una via classica, c’è anche una via non classica
che passa per altre proteine come NEMO e altre ancora.
[Il prof. dice che non ci addentreremo troppo in queste vie alternative poiché molto complicato.]
Se si riescono a capire questi passaggi si può cercare qualcosa che blocchi farmacologicamente questa via.
Nel caso specifico di NFKB questo blocco non è così facile da trovare perchè NFKB è estremamente
pleiotropico, cioè, permette la trascrizione di almeno 500 geni e bloccarli porta sicuramente ad un danno per
la cellula. Conoscere, però, queste vie potrebbe portare alla decisione di bloccare, per esempio, il recettore
che si trova più a monte del processo di trasduzione. In questo modo gli altri segnali sono ancora attivi, ma si
viene a bloccare esclusivamente la parte relativa al recettore scelto. Un esempio può essere lo schock settico.
Ci sono delle persone che in seguito ad una infezione batterica, infezione non controllabile e che si diffonde
nell’organismo, subiscono uno schock settico che porta a morte il paziente. Questo perché si vengono a
formare trombi, coagulazioni intravascolari disseminate, ed altre amenità.
A cosa è dovuta questa reazione?
La reazione è dovuta ad una risposta del sistema immunitario all’ LPS (lipopolisaccaride). L’LPS in realtà
non è velenoso, ma è pericoloso perché induce una risposta in cui il Toll-like receptor 4 riconosce le LPS. In
fondo a questo processo di risposta c’è la produzione di citochine. Nel momento in cui si producono una
quantità eccessiva di queste citochine avviene lo schock settico in cui la reazione infiammatoria è troppo
elevata e il paziente muore. Se si blocca questo recettore si può salvare il paziente.
Se si inietta una puntura di LPS ad un topolino, che non ha il recettore Toll-like receptor 4, al topolino non
succede nulla, sta benissimo. Lo schock scettico è, quindi, la reazione del nostro organismo alle LPS.
Le citochine principali della risposta infiammatoria sono:
 TNF
 IL1
 IL6.
Chiaramente, la risposta immunitaria non è cattiva. Diventa pericolosa quando va fuori controllo. Quindi,
quando si ha una produzione localizzata di citochine si ha un effetto positivo perché da origine a tutte quelle
risposte che mi servono per risolvere l’infezione che ha causato la risposta immunitaria o infiammazione. Un
esempio è la travasazione dei granulociti per risolvere l’infiammazione.
Ci possono essere anche degli effetti a livello sistemico che sono ancora protettivi. Ad esempio, se si ha alta
produzione di queste sostanze si possono avere degli effetti a livello cerebrale: una infiammazione a livello
della gola o del polmone, produco citochine che vanno in circolo e hanno un effetto sul cervello nonostante
sia un organo molto lontano. Queste, infatti, regolano la temperatura: sono i determinanti della febbre. Come
fanno i centri dell’ipotalamo a sapere che c’è bisogno di aumentare la temperatura? Saranno le citochine
che arrivano al cervello a portare questo segnale. Il cervello non sa niente. È lontano e protetto.
Il fegato produce le proteine della fase acuta, come la proteina C-reattiva, che sono quelle difese immunitarie
innate, non mirate, ma che permettono un certo tipo di protezione. Quando si vede una quantità di CRP
elevata, ciò significa che c’è una infiammazione nell’organismo data dell’effetto di citochine infiammatorie.
Tecnicamente si fa prima ad analizzare la quantità di citochine, ma di queste la quantità è molto minore
rispetto alle CRP che sono in grande quantità dato che il segnale è estremamente amplificato.
Anche il midollo osseo si attiva quando riceve questi segnali ed attiva una leucocitosi per produrre più
leucociti. I neutrofili aumentano nel corso dell’infiammazione perché servono per risolvere l’infiammazione.
Quelli appena citati sono tutti effetti positivi però se questa produzione di citochine diventa eccessiva ci sono
anche effetti negativi.
Gli effetti negativi si conoscono molto bene per il TNF che produce lo schock settico. Questo provoca un
collasso cardiocircolatorio e una coagulazione intravascolare disseminata. Partono, quindi, dei trombi che
uccidono il paziente se non muore prima di collasso cardiocircolatorio. Lo schock ha inoltre dei riscontri, più
a lungo termine, a livello dei muscoli dove provoca una resistenza all’insulina e la cachessia. La cachessia è
un altro argomento molto interessante trattato quando si parla delle patologie, soprattutto i tumori perchè il
paziente generalmente in situazioni di tumore avanzato
diventa cachettico. In uno stato di cachessia il paziente non
mangia e consuma i tessuti che ha già per mantenere intatto
il

metabolismo basale. Consuma in primis il tessuto


adiposo e poi il tessuto muscolare. Spesso la causa di
morte è proprio la cachessia.
Se si riuscisse a targhettare farmacologicamente le
molecole che inducono lo stato cachettico, si può
migliorare lo stato di vita del paziente e in alcuni casi, forse, anche salvare il paziente. Una di queste
molecole è il TNF. Ci sono anche altre molecole che possono indurre lo stato cachettico tra cui la più
importante la GDF-15. Questa molecola è importante a livello centrale come induttore di cachessia e sono
stati sviluppati anticorpi monoclonali che ne bloccano l’azione a livello centrale. Il topolino a cui è stato
indotto un tumore, se si vengono somministrati questi anticorpi monoclonali, non va in cachessia.
Quindi si hanno effetti locali protettivi, effetti sistemici ancora protettivi, ma se eccessivi portano ad effetti
negativi e quindi si possono avere fenomeni indesiderati.

I Nod-like receptor hanno una struttura simile ai Toll-like receptor con la differenza che sono
intracitoplasmatici. Anche questi sono dimeri e funzionano utilizzando però una proteina adattatrice che non
è MiD88 o TRIF, ma RIPK2. Anche in questo caso si arriva, attraverso una via diversa ad attivare NFKB.
Interessante il fatto che alcuni di questi NOD si articolano a formare dei complessi piuttosto grandi, non solo
dimeri, che hanno una struttura che ricorda la stella alpina. Questa struttura multimerica è composta da un
NOD, il cui più famoso appartiene alla famiglia P ed è il NOD-like receptor P3. Questo si lega ad altre
proteine adattatrici, le proteine ASK, e poi con una
procaspasi, cioè una capsasi in forma inattiva, la
porcaspasi1. Questo complesso quando viene legato dal
suo PAMP, anche se in molti casi è legato dal DAMP, da
origine alla capsasi1 attiva.
Cosa sono le caspasi?
Le caspasi sono enzimi litici, delle proteasi, coinvolte in
alcuni processi, tra cui il più noto l’apoptosi. In questo
caso, la caspasi taglia il prodotto della trascrizione del
gene per l’interluchina1, il peptide che da origine
all’interluchina1. Taglia, quindi, una prointerluchina1
andando a dare la forma matura dell’interluchina1. In
questo modo questa è matura e può essere secreta per svolgere la sua azione. Questa è una delle tre principali
citochine proinfiammatorie. In conclusione, la attivazione di tutto questo complesso porta ad una
infiammazione acuta poiché viene secreta interluchina1. L’intero complesso viene chiamato
INFIAMMOSOMA, ovvero, qualcosa che se viene attivato mi porta all’attivazione di un processo
infiammatorio.
Questo tipo di complessi, è attivo in maniera impropria in una serie di patologie genetiche. Ci sono malattie
in cui non è controllato l’intero complesso e quindi viene
attivata interluchina1 in continuazione. Per questo motivo
il soggetto soffre di stati infiammatori continui non
giustificati. Si hanno quindi danni dovuti
all’infiammazione senza il bisogno di produrre una risposta
infiammatoria. Queste malattie sono malattie genetiche rare
che sono sotto il nome di AUTOINFIAMMAZIONI (il
nome è dovuto alla somiglianza con le malattie
autoimmuni). Sono malattie auto infiammatorie. In queste
malattie quindi, non c’è una vera risposta immunitaria, ma
c’è una attivazione impropria dell’infiammazione perché
l’infiammosoma non è regolato.
Ancora, se questa infiammazione è molto elevata, la
caspasi1 può portare all’innesco della cascata apoptotica.
La cellula può andare incontro a morte. In questo caso si chiama PIROPTOSI (piros=fuoco=infiammazione),
ovvero, una morte cellulare causata da una attivazione eccessiva di un infiammosoma.
Esistono altre citochine proinfiammatorie attivate dagli infiammosomi, tra cui la 18, che portano a malattie
come la febbre butirrosa mediterranea, malattia di natura genetica che si nota sin dai primi anni di vita.
Ci sono altri recettori su cui non spendiamo troppe parole: ci sono i RIG-like e i cis-gas-sting su non
entriamo troppo nel dettaglio. I RIG per agire si devono legare ad altre proteine fissate ad una membrana, in
particolare quella mitocondriale. Queste proteine sono chiamate MAVS. I recettori RIG quando sono legati
al loro PAMP polimerizzano insieme ai MAVS facendo partire la cascata di segnale. Ancora una volta
questo segnale può andare o a NFKB oppure agli IRF producendo una risposta antivirale.
Anche i mitocondri hanno un ruolo nella risposta immunitaria innata. Il quinto gruppo è quella dei recettori
citosolici in grado di riconoscere e legare il DNA, nello specifico la proteina c-GAS che è importante poiché
è in grado di riconoscere le sequenze di DNA virale. c-GAS inoltre produce un nucleotide ciclico GPMP,
detto SIGAN, che va ad attivare la proteina STING che a sua volta attiva le vie di trascrizione di NFKB o
INF e quindi la risposta antivirale.
Il nostro nucleo, lavorando, produce dei duplex di DNA e RNA. Questi portano o alla formazione di RNA
maturo o possono rimanere come tali e si possono ritrovare nel citoplasma. Queste forme devono essere
immediatamente degradate.
Le nostre cellule non sono qualcosa di perfetto, ci sono tantissimi punti di debolezza in cui qualcosa va dove
non deve andare e un esempio sono proprio questi duplex, questi eteroduplex, che normalmente l’organismo
elimina immediatamente attraverso delle nucleasi che li tagliano. Se però questi non vengono eliminati
correttamente sono riconosciuti come DNA virale dai recettori sopracitati.
Di conseguenza si formano delle infiammazioni perché la cellula non sta funzionando bene. Si ha quindi un
tono infiammatorio. Non si ha mai una infiammazione zero, c’è sempre un certo livello di infiammazione
dovuto ai duplex. Questa è una risposta di default che si ha nel momento in cui c’è qualcosa che non
funziona bene. Si hanno degli eteroduplex e non sono stati tagliati nel modo corretto? L’organismo è settato
per dare una risposta infiammatoria perché riconosce quei duplex come virus. Man mano che il mio sistema
invecchia e produce sempre più errori si avranno di conseguenza sempre più infiammazioni.
L’infiammazione, come già detto, va bene quando bisogna rispondere a qualcosa in acuto, ma nel momento
in cui diventa cronica, anche a basso grado, diventa un problema. Tutte le malattie, infatti, quelle non
infettive, ma diabete, tumori, cardiovascolari ecc. hanno tutte un base infiammatoria. Man mano si va avanti
e la macchina deteriora, si formano sempre più infiammazioni e si alza il rischio di sviluppare queste
malattie che sono, infatti, tipiche dell’età avanzata. Un
sacco di malattie dell’età avanzata, quindi, compreso
l’invecchiamento stesso, sono, molto probabilmente,
causate dal fatto che l’organismo non funzionando più
così bene produce una risposta infiammatoria di default
più alta e prolungata. Questo concetto permette di legare
l’immunologia a qualcosa che apparentemente non
c’entra nulla con l’immunologia, ovvero le malattie età
associate.
Finiamo vedendo un'altra strada che mi produce una
risposta antivirale.
Generalmente questa strada è poco considerata, ma
anche la situazione attuale del covid ne dimostra
l’importanza.
Alcuni recettori sono in grado di attivare questo tipo di risposta, di cui, molti di questi, non sono presenti
solo nelle cellule del sistema immunitario, ma sono presenti in moltissime cellule del nostro organismo.
Questo permette, virtualmente, a quasi tutte le cellule del nostro organismo di produrre una risposta
antivirale dovuta alla produzione di interferoni di tipo primo, citochine che interferiscono con il metabolismo
virale.
I recettori di tipo primo sono i recettori alfa e i beta. Ci sono poi anche altri recettori, teta delta kappa
lambda(classe 3) e omega. Tra i recettori prima elencati manca il recettore gamma che è di tipo 2. Questo
recettore non è propriamente antivirale, ma è un interferone immune che produce una risposta di tipo
infiammatorio. Questi interferoni proteggono le cellule da un’infezione virale dando alle cellule un antiviral
state. I principali recettori sono i recettori alfa che sono circa 13. Il recettore beta è un solo recettore. Poi c’è
l’interferon gamma che è di tipo 2 e il lambda che viene classificato come tipo 3 ma ha una azione che può
essere accumunata agli interferoni di tipo 1.
Cosa fanno questi interferoni?
Si ha una cellula sana che viene infettata. ci sono, quindi, all’interno della cellula, i TOLL-like receptor che
sentono la presenza di un virus, ma non sa di che tipo di virus si tratta. La via di attivazione va sugli IRF
tramite TRIF. Questi fattori di trascrizione entrano nel nucleo e permettono la trascrizione degli interferoni di
tipo primo, alfa e beta. A questo punto vengono secrete delle citochine che si portano fuori. Si possono avere
due situazioni a questo punto. Gli interferoni sono stati prodotti da una cellula infetta. Gli spettatori di questa
produzione possono essere o una altra cellula non infetta o un’altra cellula infettata anch’essa, magari la
stessa che ha prodotto gli interferoni. Sia le cellule infettate che quelle non infettate adiacenti hanno i
recettori per questi interferoni che quindi si legano. Si può avere, quindi, un effetto autocrino, se si attua sulla
stessa cellula che li ha prodotti o paracrino se si attua sulla cellula vicino. Questi interferoni cosa fanno? Con
una via di trasmissione del segnale permettono alla cellula di trascrivere per alcuni geni che codificano per
dei prodotti che rendono la cellula meno permissiva all’infezione virale. La cellula sana, in questo modo,
diventa più resistente. In un altro caso, favoriscono l’eliminazione della cellula infettata rendendola più
visibile al sistema immunitario. Così, le cellule del sistema immunitario colpiscono più facilmente la cellula.
Abbiamo quindi uno stato antivirale delle cellule sane.
La cellula malata dice, quindi, alle cellule sane di rafforzarsi perché c’è una infezione virale in giro. Le
cellule vicine si irrobustiscono. Se invece le cellule sono già infettate diventano più visibili al sistema
immunitario per la loro eliminazione.
Quali sono questi meccanismi dello stato antivirale che derivano dalla segnalazione dell’interferone di tipo
primo?
Una proteina che si chiama PKR che viene attivata quando vede il DNA libero. Questa proteina è una kinasi
e fosforila un fattore di iniziazione, l’ eif2alfa che serve alla traduzione delle proteine. Se viene fosforilato si
blocca. In questo modo si blocca la traduzione di tutti gli RNA, sia di quelli sani sia di quelli del virus. In
questo modo il virus non trova niente in grado di tradurre i suoi RNA. Viene bloccata sia la cellula che il
virus. Un'altra molecola, la 2’5’-oligoadenilato sintetasi, si attiva in presenza di RNA doppia catena e forma
delle catene di oligoadenilato. Questo serve ad attivare una RNAasi L che è in grado di tagliare gli RNA,
tutti, compresi quelli del virus.
Un’ altra proteina è la NXGTP che inibisce geni importanti per l’assemblaggio dei ghiglioni. Si attiva
attraverso una multimerizzazione, ma la sua azione non si conosce di preciso. È importante per il blocco
dell’assemblaggio delle particelle. Esistono anche altri meccanismi delle nostre cellule che possono attivarsi
inseguito alla segnalazione dell’interferone di tipo alfa. Quando una cellula riceve la segnalazione
dall’interferone di tipo alfa attiva i meccanismi che la rendono meno suscettibile all’infezione. I pazienti
infettati dal sars-cov2 che hanno elevati livelli di interferone di tipo alfa raramente finiscono nelle
rianimazioni. Chi finisce in rianimazione di solito ha livelli di interferone di tipo alfa bassi, non riescono,
quindi, a fare una risposta antivirale buona. Viceversa producono una risposta di default, l’infiammazione,
che porta a polmonite e gli altri sintomi. Tutto quello che succede a questi pazienti è di tipo infiammatorio
perché prevale la risposta di default.

Potrebbero piacerti anche