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DIETA MEDITERRANEA

Oggi disponiamo di una quantità e varietà di alimenti che dovrebbero facilitarci nel compito di mantenere
un’alimentazione sana; allo stesso tempo, però, l’eccessiva scelta moltiplica gli errori alimentari. Negli
ultimi anni, pertanto, sono state pubblicate linee guida prodotte da enti pubblici e istituti di ricerca. Negli
Stati Uniti è stato messo a punto il modello della piramide alimentare, in cui gli alimenti sono raggruppati
per caratteristiche omogenee all’interno di una struttura gerarchica; a ciascun gruppo di alimenti è assegnato
uno spazio proporzionato all’importanza del ruolo assunto nella dieta.

In Italia dal 1986, l’Istituto Nazionale di


Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione,
INRAN, ha diffuso le linee guida per una
sana alimentazione. Diversi studi hanno
dimostrato che la dieta mediterranea,
costituita da vegetali, carboidrati, olio di
oliva e pochi lipidi di origine animale,
risulta essere la più sana ed equilibrata;
aiuta a prevenire l’obesità, ma anche il
cancro e le malattie cardiovascolari. Essa si
basa sulla seguente proporzione: proteine
15%, carboidrati 60%, lipidi 25%. La
versione più aggiornata della piramide
alimentare mediterranea è del 2009 e
contiene anche una stima dei livelli di
assunzione giornaliera raccomandati per le
varie sostanze nutritive.
La dieta mediterranea è uno stile di vita,
più che un semplice elenco di alimenti. Alla base della piramide alimentare vi sono tante verdure, un po’ di
frutta e cereali. Salendo, troviamo il latte e i derivati a basso contenuto di grassi (come lo yogurt). L’olio
extravergine di oliva (3-4 cucchiai al giorno), assieme ad aglio, cipolla, spezie ed erbe aromatiche, al posto
del sale.
Verso il vertice della piramide alimentare, ci sono gli alimenti da consumare non ogni giorno, ma
settimanalmente: sono quelli che forniscono prevalentemente proteine, tra i quali dovremmo favorire il pesce
e i legumi con almeno due porzioni alla settimana ciascuno, il pollame 2-3 porzioni, le uova da 1 a 4 la
settimana, i formaggi non più di un paio di porzioni da 100g, 50g se sono stagionati.
Al vertice della piramide ci sono infine gli alimenti da consumare con moderazione: due porzioni o meno a
settimana per le carni rosse mentre quelle processate (affettati, salumi ecc..) sarebbero da consumare con
ancor più parsimonia (una porzione a settimana da 50g o anche meno). Infine i dolci, da consumare il meno
possibile.

L’energia dai macronutrienti


Il nostro fabbisogno energetico varia in base al metabolismo basale (il consumo di energia del nostro corpo a
riposo), a ciò che mangiamo, all’età e all’attività fisica quotidiana. L’energia viene derivata dai
macronutrienti (carboidrati, proteine e lipidi) e dovrebbe essere cosi ripartita, per potersi dire
un’alimentazione “bilanciata”.
45–60% di Glucidi, di prevalenza complessi (come gli amidi dei cereali)
10–12% di Proteine, corrispondenti a 0,9g per kg di peso corporeo;
20–35% di Grassi con una percentuale di grassi saturi (maggiormente rappresentati in quasi tutti i
prodotti animali tranne il pesce) inferiore al 10%.
Una buona alimentazione non influenza solo l’aspetto e il peso, ma soprattutto contribuisce al buon
funzionamento del nostro corpo; allo stesso modo una cattiva alimentazione può esporci al rischio di diverse
patologie.
Patologie
a. Allergie: reazioni del sistema
immunitario verso sostanze innocue,
come ad esempio i pollini. Le sostanze che
possono causare un’allergia sono chiamate
allergeni. Gli allergici producono un tipo
di anticorpi, le immunoglobuline E (IgE),
che interagiscono in modo specifico con
l’allergene. L’interazione tra le IgE e gli
allergeni innesca la reazione allergica, con
liberazione di mediatori responsabili
dell’insorgenza dei sintomi.
Nella fattispecie il sintomo iniziale di
un’allergia alimentare è spesso il prurito
immediato alle labbra e al cavo orale, che
a volte può essere seguito da sintomi gastrointestinali, respiratori e cutanei e, nei casi più gravi, da
edema della glottide e shock anafilattico. L’allergia alimentare nel lattante e nel bambino è più
spesso causata dalle proteine del latte vaccino, mentre nell’adulto, in particolare negli allergici ai
pollini, è più comune l’allergia ad alcuni frutti e verdure.
b. Intolleranze alimentari: possono provocare sintomi
simili all’allergia, ma la reazione non coinvolge il
sistema immunitario; si manifesta quando il corpo
non riesce a digerire correttamente un alimento o
un componente alimentare. L’intolleranza al
glutine (proteina presente nel grano, nella segale,
nell’orzo e nell’avena) è nota come celiachia; le
persone che ne sono affette presentano le pareti
dell’intestino tenue danneggiate e i villi appiattiti,
condizione che porta a una riduzione della capacità
di assorbire i nutrienti essenziali con conseguente
perdita di peso e in età infantile rallentamento della crescita.

c. Disturbi del comportamento alimentare:


 Anoressia nervosa: Il termine anoressia
deriva dal grecoἀ νορεξία (anorexia) e
significa letteralmente “mancanza di
appetito”. Le persone che soffrono di questa
patologia hanno pensieri e preoccupazioni
costantemente rivolti al controllo del cibo e
del corpo, nonostante la magrezza evidente,
queste sono incapaci di vedersi magre o
comunque hanno un’immagine corporea
alterata. Anche la loro autostima è strettamente legata al peso e alla forma del corpo: la
perdita di peso è considerata una conquista ottenuta grazie all’autodisciplina e al rigido
controllo.
Le conseguenze psicologiche di questa malattia sono quelle più evidenti e contemplano
depressione, perfezionismo, difficoltà interpersonali; tuttavia le meno evidenti, ma a lungo
andare più esiziali, sono quelle mediche che contemplano complicanze endocrine,
cardiovascolari (rallentamento del battito cardiaco), gastrointestinali (legate all’abuso di
diuretici e lassativi), osteoarticolari (osteoporosi) e squilibri elettrolitici (ipoglicemia,
disidratazione).

 Bulimia nervosa: Etimologicamente “fame da bue”


si caratterizza per la presenza di “abbuffate” a cui
seguono comportamenti di compensazione per
cercare di evitare l’aumento di peso. Le crisi
bulimiche sono episodi in cui una persona
ingerisce, spesso senza sentirne il sapore, grandi
quantità di cibo perdendo letteralmente il controllo
sul suo comportamento alimentare. L’esordio della
bulimia nervosa si verifica di solito in seguito ad
una dieta ipocalorica o ad un rapido
dimagrimento.
Le conseguenze emotive di una crisi bulimica
possono essere diverse; in alcuni casi le persone
riferiscono di provare un temporaneo sollievo e
senso di piacere. I metodi di compensazione,
soprattutto il vomito, possono dare la temporanea sensazione di alleviare l’ansia, ma dopo
può comparire un senso di vuoto, causato dall’aumento dell’insulina e dell’ipoglicemia, che
può innescare una nuova abbuffata. Questa patologia non stravolge solo i comportamenti
alimentari, ma anche altre aree importanti della vita della persona. Può capitare di rinunciare
alle situazioni sociali che comportano lo stare a tavola con gli altri ed è molto spesso
associata con altri disturbi psichici come la depressione, l’abuso di sostanze, i disturbi
d’ansia e di personalità.
 Vigoressia: è una forma di dismorfofobia, contraddistinta dalla continua ossessione per il
tono muscolare, l'allenamento, la massa magra, una dieta ipocalorica e iperproteica e, infine,
la tenuta atletica del corpo. Le cause di codesta patologia sono da identificarsi in una
combinazione di fattori di natura diversa, tra cui: fattori psicologici, fattori sociali e fattori
biologici. Se non trattata adeguatamente, la vigoressia può avere serie ripercussioni sulla
qualità della vita del soggetto interessato. Di fatti l'utilizzo di steroidi anabolizzanti,
soprattutto se sconsiderato, è responsabile di gravi effetti collaterali, come atrofia
testicolare, ginecomastia, ipertrofia cardiaca. L'anteporre l'allenamento alle relazioni
interpersonali e all'attività lavorativa può portare all'isolamento sociale e alla perdita del
lavoro e ciò sovente comporta depressione e pensieri suicidi. Inoltre il continuo allenamento,
senza giorni di riposo e con carichi estremi, può avere un effetto opposto sull'apparato
muscolare, indebolendolo e rendendolo sempre più suscettibili agli infortuni sommato a ciò
vi è il danneggiamento progressivo dei reni dovuto alle diete proteiche.
d. Diabete: Il diabete mellito, o più semplicemente
diabete, è una malattia metabolica conseguente a un
calo di attività dell'insulina, un ormone prodotto dalle
cellule beta delle isole di Langerhans del pancreas. In
particolare, il diabete può essere dovuto a una ridotta
disponibilità di insulina, un impedimento alla normale
azione dell'insulina, ed è comportato da obesità,
iperglicemia, sedentarietà e a fattori genetici. A questi
fattori, con il passare del tempo, tendono ad associarsi complicanze di natura vascolare, come la
macroangiopatia (una forma di aterosclerosi) e la microangiopatia (un'alterazione a carico della
circolazione sanguigna all'interno dei piccoli vasi arteriosi). L’obesità e il diabete, a loro volta,
dipendono strettamente da quello che si mangia, tanto che da un po’ di tempo si parla di “diabesità”.
Si tratta di un’epidemia mondiale che sta crescendo in modo esponenziale legata all’alimentazione e
al consumo inappropriato e maggiorato di glucidi.

e. Ipercolesterolemia: Il colesterolo è una sostanza


grassa necessaria al corretto funzionamento
dell’organismo, partecipa infatti alla sintesi di
alcuni ormoni e della vitamina D ed è un
costituente delle membrane delle cellule. Prodotto
dal fegato, può anche essere introdotto con la dieta:
è contenuto, per esempio, nei cibi ricchi di grassi
animali, come carne, burro, salumi, formaggi,
tuorlo dell’uovo, fegato; è invece assente in frutta,
verdura e cereali.
Il trasporto del colesterolo attraverso il sangue è
affidato a una classe particolare di particelle,
quella delle lipoproteine. Esistono quattro tipi di lipoproteine, classificate in base alla densità, che è
inversamente proporzionale alla quantità di colesterolo presente. Le più importanti per la
prevenzione cardiovascolare sono: LDL, o lipoproteine a bassa densità e HDL, o lipoproteine ad alta
densità. Le LDL quando sono presenti in quantità eccessiva tendono a depositarsi sulla parete delle
arterie, provocandone ispessimento e indurimento progressivi. Questo processo, chiamato
aterosclerosi, può portare nel tempo alla formazione di vere e proprie placche (o ateromi) che
ostacolano il flusso sanguigno, o addirittura lo bloccano del tutto.

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