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INFERMIERISTICA CRITICITÀ VITALE

irenecomissio77@gmail.com
11.10.18
2 CFU, esame scritto con quesiti a risposta multipla. Libri di testo: Giusto GO benetton la cura del corpo in TI
(maggioli, Milano); guida al monitoraggio in area critica Milano, Maggioli; Marino Pl TI principi fondamentali.
Milano, Masson; siti web www.aniarti.it; www.siarti.it; www.aacn.org; domande di conoscenza pura (calcolo
pressione intracranica); domande prettamente di studio, domande di elaborazione di cosa abbiamo studiato per
concetto teorico sulla pratica.

la criticità vitale è una qualsiasi degenza semi-intensiva, una funzione d’organo. Il pz critico è un soggetto nel
quale una o più funzioni vitali (respiro, circolo, coscienza, funzionalità renale, epatica, gastro intestinale) possono
andare in contro ad una compromissione permanente o transitorio, che necessita una sorveglianza e un
monitoraggio continuo, supporto che può essere di tipo meccanico ad esempio (TI li troviamo anche in
pneumologia). A seconda del livello di compromissione i livelli di monitoraggio e supporto che necessitiamo
possono essere differenti.
Livelli di cura (LOC)
 Lowest – LOC I: segni di disfunzione d’organo con necessità di monitoraggio e supporto minore
 LOC II: 1 acute OF. Necessità di monitoraggio, trattamento farmacologico e/o supporto d’organo
 Highest – LOC III: 2 o più acute OF. Necessità di trattamento farmacologico e supporto d’organo.

L’entità di monitoraggio incrementa in base all’entità del pz, se basso saremo in un contesto sub-intensivo.
Nelle terapie intensive un infermiere al massimo segue tre malati, ma gestisce l’assestement, piano terapeutico
con il medico, gestisce l’area relazionale con la famiglia. In terapia intensiva possiamo avere pz che sono allettati,
semiautonomi e autonomi. In questo reparto i farmaci vengono somministrati attraverso pompe volumetriche o
pompe siringhe, c’è un ciclo in cui si svolgono gli eventi. Il monitoraggio è 24/7, la maggior parte dei farmaci sono
somministrati in IC, attraverso pompe perfusionali. In TI abbiamo uno schema nel cui il pz che entra con una
compromissione, metto in atto gli intervento che mi servono per ridurre le compromissioni o eliminarle, esempio
vengono chiamati in reparto per un pz in primis viene fatto l’assestement sulle condizioni del pz e sulla
compromissione delle condizioni vitali. Viene prima risolto il problema di compromissione, poi viene fatto un
intervista al pz su come si sentiva prima, su come è iniziato il problema per quanto è durato.

La TI è un ambito dove i processi sono standardizzati ci sono molti protocolli, linee guida, mi aiutano a prendere
decisioni velocemente in quanto in quest’ambito il tempo è un fattore importante. L’assestement del pz è molto
in mano al pz, vengono fatti molti accertamenti in quanto ci dicono come sta andando il pz, se sta migliorando, se
non facciamo un buon assestement non riportiamo dati fondamentali per la continuità e l’aggiustamento della
terapia. I trattamenti fanno molto sulla sopravvivenza del pz, restituiamo al pz una qualità di vita che si avvicina il
più possibile alla soddisfazione del pz.

Gravità clinica
E’ l’elemento che fa la differenza, è importante per quanto riguarda le cure sul pz, e sulla complessità di cure
infermieristiche che vengono eseguite, andiamo a prendere in considerazione dei parametri vitali (coscienza,
respiro, circolo, funzione coagulativa, funzionalità renale ed epatica). Tanto più il pz ha delle funzioni vitali
compromesse più sarà alta la possibilità che il pz vada incontro a decesso. Se ha più compromissioni avrà una
sorveglianza e monitoraggio molto più stretto, il pz solitamente entra con una diagnosi di disfunzione d’organo,
posso avere un pz che proviene dalla chirurgia semi-intensiva, che arriva con storia clinica, piuttosto che esterno e
non precedentemente ricoverato, dove mi manca una storia clinica. Andiamo sempre a vedere la diagnosi
precedente, dobbiamo capire il motivo per cui può aver fatto quella complicanza. Se viene da un ambito
chirurgico e fa una complicanza precoce penso allo shock emorragico, se fa una complicanza tardiva penso ad uno
shock settico. Lo scopo primario è mantenere nei range normali il circolo, respirazione, coscienza.

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Posto letto TI
 Ventilatore
 Monitor parametrico
 Pompe di vario tipo
 Aspiratore per secrezioni
 Ambu e vai- vieni
 Supporto dei parametri vitali e funzioni vitali e per gestire la criticità

Nel letto abbiamo un pz che è sempre una persona, non dobbiamo trattare come una macchina, vengono nutriti,
bisogna cercare di mantenere il più possibile la via di nutrizione naturale il tratto gastroesofageo. In questi
pazienti va curata la sedazione per il confort che viene a mancare in una TI, ma va anche curata l’analgesia (il
paziente sente il dolore anche se sedato, motivo per cui va fatto l’assessment del dolore. Sono pz che anche se
sedati possono sentire dolore, bisogna cercare di preservare il confort del pz. a lungo andare questi pz hanno
rischio infettivo alto per tutti devices collegati, sono pz che hanno una mobilità ridotta (hanno un alto rischio e
non solo di LDP ma il recupero del tono muscolare, e del movimento).
Bisogna curare anche l’aspetto psicologico, valutando quali possono essere le paure della persona durante la
degenza, che spesso sono quelle dei familiari in quanto il ricovero in TI è di solito acuto e spesso le previsioni non
sono molto buone. Il rischio infettivo è molto elevato in questi pazienti. La mobilità ha esiti importanti sul
paziente e sul suo recupero della autonomia motoria  letti cinetici, FKT per ridurre la perdita di massa muscolare.
La FKT viene anche usata per trattare il delirium. La riduzione di mobilità determina anche LdD, così come i device
posizionati.

MONITORAGGIO DEL PZ IN TI
Cosa significa fare monitoraggio? Controllare i PV del pz, rivalutare le condizioni del pz, esso è una valutazione che
richiede monitoraggio nel tempo. Esempio persona con febbre 38,7 non do subito un farmaco ma faccio
monitoraggio su quel parametro per controllare se è transitorio o se aumenta allora agisco abbassandola.
Da che termine deriva monitoraggio? Monerer dal latino ammonire è un sistema di avvertimento (allertamento),
ha avuto il primo grande impulso nell’ambito anestesiologico. In anestesia c’è stato il primo monitoraggio dei
parametri vitali attraverso monitor. Il monitoraggio strumentale ha cambiato molto gli esiti per l’affidabilità e la
velocità d’uso, avere un dato di saturazione è molto più indicativo che vedere una cianosi sul pz (la cianosi non mi
dice quanto desatura il pz, so solo che non è bene), con la saturazione posso monitorare anche gli scambi gassosi
sulla quantità di O2 che vado a dare al pz.

Definizioni e scopo
Monitorare significa valutare un parametro nel tempo (PA, respirazione, circolazione etc) può essere un dato
clinico coscienza attraverso la scala GCS, il dolore o attraverso un dato di laboratorio analisi che vado a fare sul pz.
mi interessa fare il monitoraggio per mettere in atto degli interventi, per mettere sotto controllo i parametri del
pz, ed evitare che né insorgano altri, aumentando il rischio di morte. Allertamento dell’equipe sanitaria riguardo
ad alterazioni prima che si sviluppino condizioni di irreversibilità e danno all’organo.

Caratteristiche del monitoraggio


Misurare qualche cosa attraverso un apparecchiatura, attraverso un sistema multiparametrico (monitor),
attraverso scala di valutazione, cerco di dare alla misurazione un dato oggettivo (queste riposte verranno
standardizzate sul pz). Richiede competenze per l’esecuzione della rilevazione e l’interpretazione dei dati ottenuti
(dato-informazione- decisione). Posso fare il monitoraggio di un rischio o di un evento che c’è già, posso fare un
monitoraggio continuo (ECG in ambito semi-intensivo) o intermittente (desaturazione di un pz, pressione,
glicemia, temperatura). Il monitoraggio non sostituisce l’operatore, è uno strumento da usare correttamente in
quanto se preso male quel dato non può essere veritiero, è sempre e soltanto uno strumento che ci supporta nel
processo, l’elemento che dobbiamo perseguire è la sorveglianza sui pz, devo tenere in considerazioni la diagnosi
del pz, lo stato in cui è ora e perché è entrato, i dati mi servono solo per portarmi ad una diagnosi più certa.
Devo saper dare significato ai dati che prendo, altrimenti quel sistema di monitoraggio non mi aiuta nell’esito
finale sul pz. Il monitoraggio può essere fatto misurando attraverso apparecchiature (saturimetro, urimeter,
ventilatore meccanico, capnometro), attraverso un sistema di monitoraggio multiparametrico (monitor), oppure
utilizzando una scala di valutazione (SOFA score, Waterloo Scale, CIS, APACHE II, SAPS II…) che mi permette di

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oggettivare la valutazione. Tanto più è oggettivo il monitoraggio, tanto più a valutazione delle risposte è
standardizzata e meno operatore-dipendente. Si può fare monitoraggio di un rischio o di un problema attuale.
Si estende nel tempo il monitoraggio: continuo o intermittente.
L’ECG mi dà un dato numerico e un dato grafico: bpm e onda, con caratteristiche diverse che mi dà indicazioni
diverse su che interventi mettere in atto.

Precisione e affidabilità, specificità e sensibilità


Posso avere un dato che per motivi estrinseci o intrinseci non è adeguato, se vado ad eseguire un prelievo per la
glicemia sul braccio in cui sto facendo terapia nutrizionale quel dato sarà sovrastimato, sistemi di monitoraggio
laboratorio sono sottoposti ad affidabilità precisione, specificità e sensibilità. I dati che vado a prendere devono
essere veritieri, sono legati alla ripetibilità che ottengo con quella misurazione. Sensibilità e specificità ricorro
molto alle scale, sono concetti che nascono con i test di screening, avrò come dati una % di pz falsi negativi, falsi
positivi, veri positivi e veri negativi. I criteri di precisione e affidabilità dipendono dalla ripetibilità e dalla veridicità
del campione preso in considerazione. Sensibilità e specificità si riferisce ai falsi postivi/negativi.

Posso avere vari livelli di monitoraggio in base (PA, SpO2, FC, FR, TC) al pz che ho; posso avere un monitoraggio di
base o avanzato (PVC, pressione di incuneamento), o non invasivo, “less invasive” (glucostick) o invasivo (catetere
venoso polmonare Swan-Ganz). Monitoraggio di base sono PA, T°, saturazione, FC, FR, dolore, ECG, diuresi sono le
funzioni vitali di base. Sono i primi monitoraggi che ci verificano le situazioni di shock, devo garantire in TI la
perfusione d’organo. Monitoraggio minimamente invasivo glicemia, o cateterino arteria radiale, altamente
invasivo catetere venoso polmonare.

Allarmare un sistema di monitoraggio


Vuol dire scegliere un parametro che produce un allarme sonoro, scelgo un parametro che voglio tenere sotto
controllo ad esempio la T° su un pz ipotermico, o un pz con trauma cranico che impatta sulla temperatura vado a
monitorare quel dato. Scelgo se allarmare o non allarmare quel parametro su un livello che voglio tenere se
superato o se sotto il livello mi suona e mi allarma del cambiamento, faccio questa scelta in base ai dati clinici. Il
sistema di monitoraggio mi allerta su più parametri, mi può dire se l’onda di perfusione della saturazione
periferica è adeguata o non adeguata (mi producono un suono basso di colore blu), gli allarmi gialli sono quelli
intermedi (PA scende sotto i 5mmHg a quello che ho impostato poi rientra in range), colore rosso (suono forte) ci
distoglie da quello che stiamo facendo.

16.10.18

MONITOR MULTIPARAMETRICI
Canali per la rilevazione simultanea di più parametri vitali (per alcuni parametri da sorgenti diverse); PA, FC, FR,
SpO2, TC, EtCO2, utilizzo di cavi collegati al sensore per la rilevazione e ad appositi moduli per la lettura del
parametro.
Quando una persona accede ad una struttura intensiva, prediamo dei parametri di base FC, PA, T°, FR, diuresi,
stato di coscienza, prima fotografia al pz, con il saturimetro ho due parametri sia la FC che la quantità di O2
periferica, è veloce da mettere. Al pz con protesi d’anca e oligurico e IRC con scompenso cardiaco vengono messi
dei sensori per il monitoraggio parametrico, ho tanti numeri che devo sapere i range di normalità per capire
quando ho dati anomali, mi prende anche la diuresi controllo le entrate durante l’intervento, se il pz è agitato per
globo vescicale, come respira per condizione di embolia polmonare, vediamo la PA se bassa o alta, controlliamo la
creatinina, vediamo che tipo di anestesia ha fatto anche se con il CV l’urina prodotta viene espulsa, abbiamo visto
con il monitoraggio che il pz era soporoso, non agitato, con un anamnesi complessa, no tachicardico, aveva
ancora un po’ di anestesia in circolo, possiamo chiedere al pz se ha sete (se soporoso non risponde alle mie
domande). Posso idratare il pz ma devo stare attento allo scompenso cardiaco, con l’ecografia cardiaca ci da un
indicazione del livello di riempimento delle camere cardiache, ci può dire se è un pz ipovolemico, abbiamo
stimolato il pz con i liquidi e con il diuretico per farlo urinare.

Monitor multiparametrici

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Sono delle scatoline con più sensori per il monitoraggio di più parametri, posso scegliere gli intervalli entro cui un
parametro mi venga allarmato. Posso scegliere i colori per i parametri che vado a impostare, blu per la
saturazione, rosso per PA.

PA CRUENTA- FUNZIONAMENTO
Prevede l’uso di un trasduttore, che è un elemento elettronico che collega un catetere che viene inserito
all’interno di una cavità con la mia interfaccia a monitor. L’elemento elettronico capta un’onda o un segnale di
tipo meccanico. La pressione che si genera nelle arterie in seguito alla sistole ventricolare, determina la
produzione di un’onda che si trasmette sulle pareti delle arterie post cuore sinistro.
Quest’onda meccanica viene convertita in un segnale di
tipo elettrico e attraverso una procedura siamo in grado
di attribuire all’onda elettrica un valore numerico.
La misurazione invasiva rispetto alla non invasiva è più
precisa, è continua (si vedono le variazioni battito per
battito), ed essendo di fatto un catetere in un vaso
arterioso mi permette di fare i prelievi.
Questo sistema ha due vie: una prima è un tubo con uno
spike che si innesta su una sacca di SF, che mi serve
fondamentalmente a riempire il sistema e, attraverso la
pressurizzazione della sacca (spremisacca) a valori di 280-300 mmHg, ho un sistema di lavaggio continuo; poi ho il
sistema di trasduzione e un secondo tubo che si attacca al catetere che metto sul paziente. Questi due tubi non
sono identici e non sono interscambiabili. Hanno rigidità diversa: uno è un deflussore normale, l’altro è un tubo
più rigido non comprimibile con la sola pressione delle dita.
Su questo sistema ci sta poi il cavo di interfaccia con il monitor e che trasmette le informazioni ad esso.
All’interno del trasduttore c’è una valvola di lavaggio rapido (fast flush) che limita il flusso che posso avere dalla
sacca e consente un lavaggio intorno ai 3-4 ml/h che sono sufficienti per mantenere la pervietà del catetere
venoso.
C’è inoltre un rubinetto che mi serve a mettere il collegamento il trasduttore con l’aria ambiente in quanto, nel
momento in cui collego il catetere con il trasduttore, questo non ha un punto di riferimento da cui partire per
attribuire il valore numerico alla pressione del paziente: il punto di riferimento è dunque la pressione atmosferica
(che diventerà valore = 0 ciò che il trasduttore rileva sopra quella pressione atmosferica, è la pressione del
paziente). Chiudendo il rubinetto, metto in collegamento il trasduttore con il catetere del paziente quindi
visualizzo una curva di pressione che parte dal valore di pressione atmosferica. La pressione cruenta è quindi:
continua e precisa (se la uso adeguatamente). Se non la azzero, non leggo nulla. L’altra cosa importante da fare è
individuare il punto zero, ovvero il livello su cui posizionare lo zero, perché altrimenti mi farebbe ottenere dei
valori falsamente elevati o ridotti in relazione alla posizione del trasduttore. Per convenzione si livella all’altezza
dell’atrio. I cambiamenti di posizione necessitano quindi di nuova livellazione.

L’onda cambia a seconda delle fasi del ciclo cardiaco: ho inizialmente la fase anacrotica della curva che inizia fine
della diastole con il riempimento del cuore poi avviene la contrazione in corrispondenza del picco sistolico  inizia
la fase discendente incisura dicrota che corrisponde all’apertura della valvola aortica, svuotamento e nuovo
riempimento.
La morfologia della curva cambia in relazione alla sede del catetere: arteria femorale, pedidea, omerale etc…
Anche il valore di pressione che rilevo in quelle sedi cambia.

Il sistema deve essere affidabile: devo avere un punto 0 di partenza dei valori, devo livellare correttamente il
trasduttore e il punto dove scelgo di livellare il trasduttore cambia a seconda di ciò che voglio misurare. Se voglio
misurare una pressione arteriosa sistemica, polmonare o una PVC, livellerò il trasduttore all’altezza dell’atrio
destro. Se voglio misurare la pressione intracranica metto il trasduttore vicino alla testa (meato uditivo esterno).
Se voglio misurare la pressione addominale, che è indicatore di una buona perfusione agli organi addominali,
metto il trasduttore a livello della vescica.
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Se slivello di qualche centimetro un trasduttore che misura una pressione arteriosa, il valore che vado a rilevare
cambia di pochi mmHg. Se slivello di qualche centimetro un trasduttore che mi misura la PVC (che oscilla sui 5-15
al massimo, sui 20 già mi agito) il valore già cambia tanto (il range è diverso).
Livellamento: mi serve per eliminare l’effetto delle pressioni idrostatiche derivanti dalla posizione del paziente.
Livellare scorrettamente un trasduttore significa avere un valore falsamente basso (se è in alto) o falsamente alto
(se il trasduttore è in basso).

L’altro elemento che cambia l’affidabilità del sistema è l’entità dello smorzamento o della attenuazione
(fenomeno di damping). Se ho un tubo troppo elastico, l’onda meccanica si disperde lungo le pareti del tubo. Al
contrario, se il tubo è troppo rigido, l’onda meccanica, non potendo disperdersi lateralmente, si auto
amplificherebbe per somma di onde.
Un eccessiva amplificazione o uno smorzamento possono anche però dipendere da: coaguli, bolle d’aria,
inginocchiamenti…
Se trovo quindi un valore di 88/82 mmHg un valore è smorzato, l’altro è amplificato  di solito dipende da un
inginocchiamento o un reflusso di sangue nel sistema (per perdita di pressurizzazione della sacca).
Per valutare gli smorzamenti del sistema, faccio un test dell’onda quadra: apro la valvola di lavaggio che fa avere
un flusso importante di liquido nel catetere, vedrò quindi una rilevazione di pressione che sale improvvisamente e
che rispecchia quella della sacca pressurizzata, e vedrò una linea orizzontale piuttosto che una parte ascendente e
discendente. Rilasciando la valvola, vedrò una parte discendente, descrivendo così un quadrato. Dopo questo
lavaggio, valuto cosa succede dopo il rilascio: in un sistema che è smorzato ottimamente, avrò un paio di
oscillazioni e poi la morfologia della curva torna ad essere normale; in un sistema in cui ho un eccesso di
amplificazione dell’onda, il mio sistema farà tante oscillazioni dopo il rilascio; invece in un sistema eccessivamente
smorzato, avrò poche oscillazioni se non nessuna.

Intervallo di scala: intervallo grafico in cui scelgo di visualizzare la mia curva di pressione. Quanto più l’intervallo di
scala si avvicina ai valori reali del paziente, tanto più sarà precisa e nitida la curva dei valori registrati.

L’ampiezza della curva di sistole è un indicatore indiretto della volemia del paziente. Se la curva sistolica è molto
schiacciata, potrebbe essere un paziente vuoto (lo spazio sotto la curva è la pressione di eiezione).
Si va a vedere anche quanto rimangono costanti i valori sistolici e diastolici. Il cuore, stando dentro alla cavità
toracica, risente dei movimenti dei polmoni che determinano variazioni delle pressioni intratoraciche che a loro
volta possono determinare variazioni nell’entità del riempimento cardiaco. Se ho un paziente molto vuoto, vedrò
che in relazione al ciclo respiratorio i picchi di sistole e di diastole non rimangano costanti, ma variano in relazione
alle variazioni delle pressioni intratoraciche.

Nei pazienti in TI generalmente si mette sempre la pressione cruenta (anche solo per il fatto che 3-4 volte al
giorno fanno emogasanalisi), e la metto in tutte quelle situazioni in cui necessito del monitoraggio continuo della
PA per la titolazione di farmaci (noradrenalina ad es), lo metto nelle sale operatorie durante interventi di chirurgia
maggiore, nei pazienti con storia di cardiopatia.

Il catetere intrarterioso generalmente è radiale (ma può essere pedideo, femorale, omerale) che è una via più
accessibile di perfusione (arteria ulnare) ed è più facile gestire la compressione alla rimozione del catetere.
Posizionamento in asepsi, medicazione e mantenimento sterile (med trasparente, come per gli altri accessi, con
rinnovo ogni 7gg max).
Somministrazione farmaci in arteria: no. Il farmaco non va verso il cuore, ma verso un circolo che si sta chiudendo.
Quindi no, tranne che per le procedure angiografiche.
Rimozione catetere: compressiva adeguata.
Per comprimere un’arteria femorale, diventa più complessa per mancanza di sostegno osseo sotto, posso fare una
compressione manuale che però dura 15 minuti (nel momento in cui ho una condizione organizzativa che mi
consenta di dedicarmi a quella procedura interamente), oppure uso dei dispositivi penumatici che permettono di
erogare una pressione più definita (cuffia che si gonfia d’aria).
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Tengo sotto controllo i segni di perfusione periferica dell’arto e chiedo al paziente se prova dolore.
Una procedura del genere, a meno di situazioni drammatiche, non la faccio all’avvicinarsi della notte in quanto
questa procedura prevede che ogni mezz’ora devo andare a controllare l’arto. E se il paziente magari non ha una
buona coagulazione e necessita di una procedura di chiusura angiografica, siamo più contenti se la facciamo di
giorno.

Quindi:
 Se vedo una curva ma non un numero: il sistema non è azzerato
 Se non vedo nulla: non è collegato il cavo al monitor
 Se vedo una curva tagliata: sistemo l’intervallo di scala
 Se vedo una linea retta e uno 0: ho lasciato il rubinetto aperto sull’aria ambientale e non sul paziente, cioè
sto misurando la pressione arteriosa.
 Se vedo una PVC a -4: probabilmente il trasduttore è a livello sbagliato

La sacca di SF serve a riempire il mio sistema e attraverso la pressurazione della sacca ho la possibilità di fare un
lavaggio continuo, ho il mio sistema di trasduzione e un secondo tubo che collego al pz, non sono tubi
interscambiabili, cambia anche la rigidità (uno è più rigido non è comprimibile con la pressione delle dita), ultimo
elemento è il cavo di interfaccia con il monitor. All’interno del trasduttore c’è una valvola di lavaggio rapido essa
limita il flusso della sacca e consente un lavaggio di 3-4ml/h sufficiente per mantenere la pervietà del catetere
arterioso. Abbiamo in più un rubinetto che mi mette in collegamento il trasduttore con l’aria ambiente, il punto di
riferimento è la pressione atmosferica, è il punto 0 sul quale prende la pressione del pz.
Mi restituisce una pressione
affidabile solo se usata
adeguatamente devo prima
azzerarla, mettendo il punto 0 del
mio manometro nella posizione
corretta. Se non metto a livello
posso avere rilevazioni più alti o più
bassi, il livello 0 è al 4°spazio
intercostale emiascellare e la
posizione deve essere a livello
dell’atrio dx del pz, se lo metto
sotto livello avrò un valore più alto,
se lo metto più alto rispetto allo 0
avrò un valore più basso. Il
trasduttore mi darà nel monitor un
onda che cambia in base alle fasi
del ciclo cardiaco (diastole, sistole).
Abbiamo la prima curva dicrota che
è il riempimento dell’atrio, poi una fase di picco sistolico, declino sistolico nel momento in cui c’è lo svuotamento
dell’atrio o del ventricolo, incisura dicrota è data dalla chiusura delle valvole semilunari, declino diastolico o ramo
discendente.

Entità dello smorzamento o attenuazione del segnale


Se ho un tubo troppo elastico la pressione si disperde sulle pareti del catetere, se è troppo rigido l’onda
meccanica si autoamplificherebbe, ci sono altri elementi che possono darmi una variazione di pressione sono le
bolle d’aria all’interno del catetere, piccoli coaguli, tubi inginocchiati. Problemi di trasduzione del segnale, se la P
diastolica è molto amplificata e la P sistolica è molto smorzata, devo controllare la pressurazione della sacca,
controllare se il catetere è inginocchiato, posso avere un reflusso di sangue, devo ricontrollare il mio sistema.

Test dell’onda quadra


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Il test dell’onda quadra: Quando misuriamo una pressione utilizzando una metodica invasiva ovvero collegando il
catetere a un trasduttore, dobbiamo fare test che ci consentano di valutare se quel dato è o meno attendibile, io
sul dato baso la valutazione complessiva del pz e le scelte diagnostiche del pz. Prevede il livellamento con
posizionamento del trasduttore (addominale, intracranico..). E un test di risposta del sistema che mi dice quanto
adeguato sia lo smorzamento di quell’onda perché la trasduzioni del segnale dell’onda meccanica avviene tramite
un tubo che ha un livello di elasticità definito e che disperde in minima parte lateralmente l’onda che viene
trasmessa evitando che la sovrapposizione di onde pressorie determini una eccessiva trasduzione dell’onda
stessa. Si flessa il sistema tirando la valvola sul trasduttore e metto in comunicazione diretta la sacca di lavaggio
predisposta all’interno della spremisacca non vedo l’onda di pressione perché prevale la pressione determinata
dal lavaggio della sacca quindi vedrò la scomparsa dell’onda di pressione del pz e il generarsi di una linea verticale
he tenderebbe verso la pressione della sacca (300-400 mmHg). Poi mantenendo la mia valvola tirata, non vedo
una onda con una curva ma vedo una parte piana quando la rilascio, il mio sistema di mette a leggere l’onda di
pressione del pz e prima c’è un segnale di onde che compaiono tra l’onda quadra e la prima curva pressoria del pz
normalmente ho un paio di oscillazioni che non sono ne eccessivamente piccole ne troppo grandi; poi il mio
segnale ritorna in una condizione di normalità. Se ho un segnale eccessivamente amplificato ho più di 2-3
oscillazioni molto vicine e molto ampie; se ho n segnale eccessivamente smorzato avrà meno di 2 oscillazioni e
saranno molto schiacciate.

Intervallo di scala
È un intervallo grafico all’interno del quale scelgo di visualizzare la mia curva di pressione. Quando rilevo la p di un
pz tanto più il valore è vicino a quello reale del pz, tanto più sarà definita la curva sul monitor, se pz ha 150/65 è
ho un impostazione di 130/55 non si vede la punta dell’onda. Il monitor è l’unico strumento che ci restituisce un
valore di attendibilità.
 Vediamo nel grafico quanto è ampia la curva di sistole, è un indice indiretto della volemia del pz, la parte
sotto la curva è funzione di volume. Un basso volume genera una bassa gittata che mi dice che il pz ha una
bassa volemia.
 Quando la linea di base della curva si mantiene costante, i valori sistolici e diastolici si mantengono
indicativamente sullo stesso livello perché il cuore sta dentro alla cavità toracica che oltre al cuore ci
stanno anche i polmoni che si gonfiano e si sgonfiano. Il passaggio dell’aria determina variazioni di
pressioni intratoraciche che possono a loro volta determinare variazioni di pressione che si ripercuotono
sulla camere cardiaca, i picchi di sistole e diastole non rimangono costanti ma cambiano in relazione alla
variazione di pressione intra-toracica.

La pressione cruenta la metto a tutti i pz che devono fare farmaci vasoattivi, quando c’è un instabilità
emodinamica, quando abbiamo emorragia/shock, quando faccio interventi di chirurgia maggiore, quando ho pz
con storia di cardiopatie e voglio monitorare. Vado a mettere il catetere solitamente a livello dell’arteria radiale,
posizionato in asepsi, medicazione trasparente con rinnovo fino a 7 giorni, solitamente si arriva a 4, gestione del
catetere arterioso come un CVC, si possono somministrare famaci in arteria (no) perché andrei a mettere il
farmaco in un circolo chiuso e devo vincere la pressione arteriosa.
Quando vado a togliere il catetere devo prima chiudere l’arteria devo comprimere il vaso, se devo chiudere un
arteria femorale la compressione deve essere alta, a mano dovrei stare li mezz’ora, posso usare dei sistemi
pneumatici che mantengono la pressione su di essa costante. Devo controllare la perfusione dell’arto (colorito,
temperatura), dolore al pz. assolutamente non va tolto il catetere di notte.

Se non vedo una curva vuol dire che è collegato ma non è stato azzerato, se non vedo nulla significa che non ho
collegato il trasduttore con il monitor, se non vedo tutta la curva devo sistemare il livello di scala,

PRESSIONE VENOSA CENTRALE PVC


Pressione a livello dell’atrio dx, si inserisce un CVC, viene messo il catetere in succlavia o giugulare, vedo una
curva perchè anche nell’atrio ho una fase di sistole e una di diastole, generalmente viene utilizzata come
indicatore surrogato della volemia del pz, se ho un pz vuoto l’atrio di quel pz si riempie meno e di conseguenza
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avrò una PVC più passa se avrò un sovraccarico l’atrio di quel pz si riempie tanto avrò un valore più alto. La
variazione pressione/volume non è una relazione lineare è una curva. Un pz in ventilazione meccanica viene
applicata una P positiva continua, la pressione che esercito nelle vie aeree si ripercuote sulle pareti del cuore
dandomi una variazione di pressione, quindi non vado a vedere tanto il numero ma la variazione di curva che ho
nel tempo. La PVC non è un indicatore di precarico estremamente efficiente, se abbiamo un pz con scompenso
cardiaco, ventilazione meccanica (mi da una PVC alterata, non è estremamente affidabile).

Forme d’onda:
Onda A: prima curvatura che si vede sulla curva del PVC che corrisponde alla contrazione dell’atrio
Onda B: seconda curva che corrisponde al riempimento atriale
L’onda di PVC messa in relazione con l’onda del ECG evidenzia sono delle corrispondenze: la contrazione cardiaca
che deriva dai cambiamenti di attività elettrica genera una serie di cambiamenti dal punto di vista meccanico a
livello dell’atrio destro, che sono visualizzabili come onda e hanno una morfologia specifica (altrimenti non
affidabile). Se la via del CVC la sto utilizzando per somministrare fluidi con flusso >50ml/h, la curva di quella PVC si
può alterare (visibile a monitor).

18.10.18

CATETERE DI SWAN GANZ


Si posiziona in arteria polmonare, è stato messo appunto negli
anni 70 con lo scopo di andare a misurare le pressioni in arteria
polmonare. Hanno progettato un catetere che sia in grado di
passare le valvole attraverso un palloncino all’estremità,
consente al catetere di essere trazionato dal sangue ed essere
sospinto in avanti. È un catetere che mettiamo sempre sotto
monitoraggio, perché essendo posizionato all’interno delle cavità
cardiache può essere visualizzato solo attraverso le variazioni
pressorie sul monitor. È un catetere da 110 cm inserito in
giugulare o succlavia, dopo aver posizionato in uno di questi vasi
un introduttore, si posiziona come un CVC. L’introduttore è un
catetere corto (come CVC) che rimane in sede e serve per direzionare il catetere di S.G, è marcato con delle
tacche (sottili 10 cm, tacche grosse ogni 50cm), possono essere diversi soprattutto dal punto di vista di farmaci e
liquidi ha un lume per il gonfiaggio del palloncino, un lume distale che si apre in arteria polmonare (lume
terminale), lume prossimale in atrio dx per PVC, un connettore per la rilevazione della T°, un lume per infusione.
Impiego principale diagnostica e monitoraggio. Esso è stato concepito per le pressioni in arteria polmonare quindi
fare diagnosi di Ipertensione. Polmonare, l’evoluzione di questo catetere ha messo in più una tecnica secondaria
la determinazione della gittata cardiaca, in più l’impiego del catetere con palloncino gonfio consente di rilevare la
pressione di (wedge pressure) incuneamento del capillare polmonare che rimane sempre un indice di precarico
del cuore sinistro.

Cosa succede all’interno


Cosa succede quando metto il catetere di SG, il cuore dx
lavora sul circolo polmonare, il cuore sx lavora sul
grande circolo, faccio procedere il catetere, a
palloncino gonfio dall’atrio di dx passa la tricuspide va
all’interno del ventricolo di dx, una volta passata la
valvola polmonare il catetere si posiziona all’interno di
un ramo arteria polmonare, se mantengo il
palloncino gonfio vado a chiudere quel ramo
dell’arteria polmonare.

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Siccome non c’è un flusso a monte blocchiamo il sistema, la pressione a valle del palloncino si mette in equilibrio
con la pressione all’interno dell’atrio di sx.
Il mio lume distale che è posizionato dopo palloncino, a palloncino sgonfio rilevo la pressione in arteria polmonare
può essere continuativa, a palloncino gonfio rilevo l’incuneamento del capillare polmonare (indice di precarico sx)
per pochi secondi. Quando il catetere passa all’interno si può verificare aritmia, reflusso di sangue, trombo-
embolia, endocarditi, la permanenza del catetere non supera le 72 ore.

Le pressioni in arteria polmonare sono molto più basse delle pressioni sistemiche. Attraverso l’uso di trasduttori di
pressione possiamo capire dove è messa la punta del catetere, la prima curva è la PVC (punta del catetere distale,
in arteria polmonare), passa la tricuspide arriva in ventricolo dx e aver pressioni più alte, passa la valvola
polmonare dell’arteria e avrò la pressione in arteria polmonare, quando chiudo il palloncino avrò una visione più
smorzata avrò una pressione che viene trasmessa a valle cioè in atrio sx (incuneamento del capillare polmonare).

RILEVAZIONE GITTATA CARDIACA


Ci serve anche per la determinazione della gittata cardiaca, serve per la validazione degli altri strumenti per la
rilevazione della gittata cardiaca. La gittata cardiaca è il volume di sangue che viene eiettato dal ventricolo in unità
di tempo. Stroke volium (volume di eiezione) e frequenza cardiaca è un dato determinante per la gittata cardiaca
(devo essere a riposo altrimenti la determinazione cambia).
Ci può dare un indicazione quando abbiamo uno scompenso cardiaco, e ci da indicazione quando abbiamo un
flusso ridotto, gittata cardiaca normale va tra i 4-5 lt/min persona normopeso, sono 60-70 btt/min.
La gittata cardiaca ci può indicare se il sangue che viene eiettata dal cuore è sufficiente; con il catetere di SG
possiamo calcolare la GC attraverso la termo-diluizione attraverso l’alterazione di una cosa che è in equilibrio
inserendo un indicatore che mi va ad alterare l’equilibrio e calcolando quanto ci mette a tornare alla condizione di
equilibrio. Andiamo ad alterare la T° facciamo una diluizione iniettando all’interno del catetere di 10-15 ml di SF a
bolo a temperatura ambiente o T° di frigo la inietto dentro il circolo del pz, determinando un decremento della T°
del pz poi essa si disperde nel sangue in un certo tempo la T° del pz torna a quella basale.
Se faccio una diluizione troppo lentamente non avrò la variazione sensibile di T°, quindi devo farla velocemente
per determinare una variazione di diluizione. Un alterazione della formazione delle valvole (tipo un
funzionamento non adeguato) mi da un reflusso di sangue andando a diluire e dandomi una rilevazione non
corretta; altro è la visualizzazione durante una T° non stabile pz con brividi.

La FC a sua volta viene influenzata dall’innervazione simpatica, e dal rilascio di ormoni endogeni, esternamente la
FC può essere influenzata da sforzo fisico, o con uso di farmaci.

Lo stroke volium è la differenza telediastolico (volume all’interno del ventricolo alla fine della diastole) e il volume
telesistolico (volume alla fine della sistole). È influenzato dal precarico, contrattilità e post-carico
 Precarico: viene definito come livello di distensione delle fibre miocardiche alla fine della diastole
(riempimento degli atri o dei ventricoli). Curva di Frank Starling, il precarico dipende dal volume di sangue
che è in circolo e allo stesso modo il tempo che ha il cuore di riempirsi.
 Contrattilità: può derivare da problema ritmico, o dalla forza di contrazione dovuta alle fibre più rigide del
miocardio, se ho condizioni di blocco-ritmico, bradicardia,
 Postcarico: resistenza che il cuore incontra all’eiezione, se ho una vasocostrizione elevata ho una
resistenza maggiore (post-carico alto), se condizione di vasodilatazione il post-carico è diminuito perché la
resistenza è minore. Pz con shock-settico li troviamo in ipotensione perché il capillare diventa
infunzionale, troviamo questo pz con P. diastolica (30-35 mmHg), se devo assicurare una perfusione in
periferia vado ad usare farmaci che aumentano le resistenza aumentando il flusso in periferia.

Gittata cardiaca aumentata ci indica che la richiesta di O2 in periferia è aumentata, nello shock-settico abbiamo
una condizione iperdinamica in condizione di normovolemia, questa risposta infiammatoria in alcuni pz va fuori
controllo, fa disfunzione d’organo produce alterazioni metaboliche, c’è una richiesta di O2 a tutto l’organismo per
la risposta infiammatoria si consuma energia.

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Il parametro di gittata cardiaca viene impostato su peso e altezza della persona

SATURAZIONE VENOSA DI OSSIGENO


È la % dell’ Hb legata all’O2 nel torrente arterioso, la saturazione venosa di O2 mi serve per vedere come si
ossigenano i tessuti. Mi dice quanto le cellule in periferia mi estraggono, in un soggetto sano noi ossigeniamo 98-
99%, dopo l’ossigenazione dei tessuti e organo torna indietro una quantità di O2 molto minore che dipende dalla
quantità di O2, dipende da dove vado a misurare l’estrazione, dal metabolismo delle cellule, portiamo via
all’incirca 1/3 dell’O2 che arriva, in una condizione aumentata avrò un ritorno minore. Possiamo calcolare
attraverso il catetere di Swan Ganz dal lume distale facendo una lettura di emogas-analisi, possiamo utilizzare
anche dei cateteri a fibre-ottiche che ci danno in modo continuativo una lettura della saturazione venosa. È un
indicatore di quanto viene estratto in periferia in una condizione metabolica aumentata, con febbre o attività
fisica avremo una saturazione più bassa, avremo una condizione di saturazione alta invece quando abbiamo un pz
in ipotermia, in anestesia generale, quando viene curarizzato. In condizione di shock-settico o sepsi severa avremo
una condizione metabolica e coagulativa che si produce in seguito a si depositano dei microtrombi a livello dei
capillari in periferia che impediscono il flusso di sangue davanti alle cellule.

Se trovo una saturazione di O2 ridotta vado ad agire o sul trasporto o sui fattori che lo consumano, sul trasporto
agisco sulla disponibilità di O2 in circolo arterioso (ossigenoterapia), problema di trasporto pz anemico, o agisco
sulla volemia. Condizione di consumo aumentato agisco sulla T°, faccio famaci per il controllo dell’agitazione,
ansia, dolore. Le condizioni in cui trovo sat O2 aumentata, aumentata io trasporto, (iperossido), dopo aver fatto
dei fluidi, o in periferia viene estratto di meno (anestesia, curarizzato, ipotermia, o morte cellulare, o impossibilità
di estrarre).
Nel monitoraggio tengo cardiovascolare abbiamo una serie di parametri che ci serve per capire qual è la
perfusione che riusciamo a determinare e ad avere in quel pz, perché la perfusione è la chiave per l’O2 per un
corretto monitoraggio del metabolismo cellulare.
26.10.18
ALIMENTAZIONE NEL PZ CRITICO
L’alimentazione nel pz anziano ultimamente è stato preso più in considerazione, non andremo a parlare del punto
di vista nutrizionista ma sulla valutazione assestement e gestione alimentazione enterale.
Interventional petion igiene model quelle cure che rientrano nella gestione del pz anziano per la determinazione
di certi esiti. La TI si è sempre caratterizzata per avere molta strumentazione meccanica e si concentra molto sul
monitoraggio, gestione delle LDD, gestione dell’igiene, dell’alimentazione, dei devices collegati al pz, garantire
sempre i massimo confort del pz.

Nel pz critico le considerazioni sulle line guida tendono a cadere, bisognerebbe fare un assestement sullo stato di
nutrizione e alimentazione del pz, questi pz si trovano in uno stato di elevato consumo di energia perché le
patologie che hanno incidono molto sul consumo di molte energie, entrano pz con sepsi, fanno febbre, fanno
antibiotici, in settimane vediamo in questi pz una perdita abbondante di massa muscolare, un dimagrimento, la
riabilitazione successivamente è difficoltosa.

Quali pz
 Alterazione dello stato di coscienza
 Incapacità di autoalimentarsi
I pz che sono autonomi nell’alimentazione sono pochi e solitamente sono quelli in dimissione, o a fine ricovero.
Quindi l’assestement sull’alimentazione può gestirlo da solo, ha controindicazioni ad alimentarsi da solo?
(intervento esofago). Acqua gel si fa la prova, il sondino mi riduce il carico di lavoro gestisco meglio i tempi se lo
alimento aumenta anche il carico assistenziale ogni ora devo andare a dare un po’ di cibo. Sono pz che
consumano tanto (febbre alta, aumentato stress,) aumenta il consumo di proteine e carboidrati. Privilegiare la
naturale di alimentazione è da preferire se possibile perché mantiene attiva la via digestiva.

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Obbiettivi
 Migliorare equilibrio anabolismo/ catabolismo
 Mantenere efficienza sistema immunitario
Modalità di somministrazione
 Enterale (tubo gastrico o intestinale)
 Parenterale (accesso venoso adeguato)

Assestement dello stato nutrizionale


Attraverso il BMI, attraverso la plicometria, tempo di riempimento capillare (2 sec), perdita/aumento di peso
involontaria nei ultimi 3-6 mesi, presenza di patologie, assunzione di cibo (MUST). Individuare un solo elemento
che mi dica la valutazione nutrizionale del pz è difficile, solitamente si valutano più aspetti, se è sovrappeso è vero
che sono meno esposti dagli effetti collaterali di un iniziale perdita di peso, ma il sovrappeso predispone ad altre
problematiche come la riabilitazione, e la ripresa tardiva dell’autonomia.

I parametri che andiamo a valutare sono del tipo antropometrico, facciamo il calcolo del BMI (peso/altezza al
quadrato), da solo non è un parametro sufficiente in quanto non mi dice altri valori, faccio la plica cutanea che
però cambia se sono in ortostatismo o seduto o in piedi, misurazione della circonferenza del braccio e il rapporto
tra la plica cutanea tricipitale. La composizione corporea e la quantità di massa magra di un individuo cambia con
l’età (anziano ha meno massa muscolare).
Nei soggetti in TI si è creato degli score che prendono in considerazione dei dati più articolati.
ICU NRS 2002 diviso in 4 categorie: si parte dalla gravità e dalla condizione di malattia e dalla incapacità di
mantenere uno stato nutrizionale adeguato.
 0: stato nutrizionale normale e richiesta nut. Normale
 Successivi: aggravamento progressivo che riguardano la perdita di peso e lo stato di mobilizzazione e
autonomia del pz.

Nella severità della malattia vengono considerate sia lo stato acuto che cronico, lo score chiede di sommare lo
stato di nutrizione con la patologia, età, se supera 3 lo score chiede di mettere una nutrizione (solitamente
integratori).
Score 2: pz allettato che ha fatto un intervento chirurgico, nel quale il suo fabbisogno nutrizionale proteico alto,
spesso è richiesta la nutrizione artificiale.

Uno score successivo prove di valutare la limitata assunzione di alimenti, le condizioni cliniche di base e punteggi
di gravità clinica e condizione di risposta infiammatoria. È uno score più complicato, ma ha una validità di 28
giorni.
Sono a basso rischio i pz sotto i 50 e i bambini, sono a medio rischio tra i 50- 75, ad alto rischio >75.
Numero di comorbidità viene calcolato, genera un rischio maggiore il tempo in TI. Sono score che vanno bene
entrambi sia il NUTRIC (ha esami anche di laboratorio), noi facciamo l’assestement sia all’ingresso del pz in TI, sia
durante la degenze e alla fine, o durante ogni cambiamento delle condizioni del pz.

Le line guida ASPEN hanno detto che sul pz critico 25-30Kcal/Kg di peso corporeo, le miscele nutrizionali arrivano
in fiale da allestire nella sacca, in TI arrivano di nutrizione 1Kcal a 1ml a questi pz devo dare 4000Kcal, andrò a
somministrare 3-4 lt. Il peso corporeo ideale lo calcolo in base all’altezza del pz.

Quando iniziare la somministrazione


Dopo 24-48h dall’ingresso in TI, da alcuni studi tollerano anche fino a 72h, devo pensare subito quante calorie
devo dare, registrare il fabbisogno nutrizionale in cartella clinica. Non somministrare la nutrizione in boli, , ma va
somministrato in modo graduale e in modo continuativo, attenzione al target nutrizionale cioè quanto volume
vogliamo somministrare (volume di soluzione da somministrare). Ci possono essere molte somministrazioni che
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possono far oscillare il valore nutrizionale, nel pz di notte io andrò a somministrare meno quantitativo perché il
rischio di rigurgito è più difficile da vedere se il pz dorme supino.
Faccio una nutrizione trofica per mantenere attiva la funzione intestinale (10ml/h) evita l’trofismo della mucosa
intestinale.

Sonde
La via preferenziale è quella per via nasale, la punta va a posizionarsi a livello dello stomaco, un sistema è quello
di usare sondini naso-digiunali posizionato dopo il piloro esso sembra essere associato ad una somministrazione
più alta di nutrizione e una riduzione di polmoniti da rigurgito nutrizionale.
La PEG non viene utilizzata per la nutrizione.

La posizione della punta del sondino lo valuto con la RX torace, molto utilizzata ma meno affidabile quella di
auscultazione (wash test) con questo test io sento il gorgoglio che mi dice che sono in via digestiva ma non c’è
differenza di rumore tra esofago e stomaco, posso fare anche un prelievo perché dalle secrezioni mi può dire se
mi trovo nello stomaco a livello tracheale.

Somministrazione NE
 Lavaggio mani
 Utilizzo acqua in bottiglia
 Adeguata asciugatura per devices riutilizzabili
 Impiego massimo dei set: 24 ore (riduzione statisticamente significativa in caso di diarrea).

Complicanze
Intolleranza alla NE: ci sono più di 40 definizioni prendono sia elementi singoli che più elementi insieme, dipende
anche dalla somministrazione di alcuni farmaci, solitamente dopo 72h di somministrazione di NE.
Si manifesta con aumentato ristagno gastrico e vomito/diarrea.
Il cut-off sul ristagno gastrico non è stato individuato perché dipende, la domanda che devo farmi è perché e per
quanto tempo si protrae. Se ho un episodio di 200ml ad un ora da inizio della NE ma vedo che sta scendendo è un
dato che terrò sotto-controllo ma non mi preoccupa, il mio obbiettivo è privilegiare l’assunzione di nutrimenti
quindi con il tempo si ha accettato anche volumi più alti di ristagno gastrico fino a 500ml.

 Lieve in 6h un ristagno fino a 250ml


 Moderato se 250- 350ml/6h
 Grave >350ml/6h

Siccome è un trattamento che ha un rischio, vado a valutarlo prima della somministrazione dell’NE, dopo 2 ore
dalla nutrizione, se ho valori normali o intervalli standard posso monitorarlo ogni turno o ogni 12 ore. Va
ricontrollata nel tempo perché il ristagno gastrico non è stabile nel tempo, può avere delle oscillazioni.
Altri dati di assestement, se è sveglio gli chiedo se ha nausea o altri sintomi. La tolleranza della NE viene definita in
relazione alla comparsa dei sintomi gastro-intestinali, altro aspetto è la somministrazione non adeguata.
 Legati al pz
 Modalità di nutrizione
 Processo di nutrizione
 Processo di nutrizione: interazione
 Cause di interruzione: elevato RG 18.5h, 77%

Quando somministro un farmaco dovrei stoppare la NE, fare il lavaggio del sondino, ogni pastiglia tritata deve
essere lavata con 5ml, e a fine terapia lavare con 25ml aspettare un po’ e rifar partire la nutrizione. Quando ho un
farmaco per via EN devo controllare se è triturabile o se posso trovare un’altra via di somministrazione o trovare
uno analogo.

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6.11.18

ASSISTENZA AL PZ CON ALTERAZIONE DELLA FUNZIONALITA’ RESPIRATORIA


La ventilazione meccanica è una procedura peculiare dei contesti intensivi. Nasce con i polmoni d’acciaio
(ventilazione a pressione negativa) e con gli studenti che ventilavano (pressione positivi)

Obiettivi
 Descrivere le tipologie di monitoraggio da applicare nel paziente ventilato meccanicamente e il significato
dei principali parametri monitorarti
 Definire le modalità di assistenza ventilatoria che è possibile erogare in diversi setting assistenziale
 Identificare le problematiche assistenziali che può sviluppare un paziente sottoposto a ventilazione
meccanica assistita
 Descrivere gli interventi più appropriati per la prevenzione di complicanze e la ripresa dell’autonomia
respiratoria

Requisiti
 Anatomia delle vie aeree e fisiologia delle ventilazione
 Fisiopatologia respiratoria
 Ventilazione meccanica
Le vie aeree superiori comprendono il naso, la bocca, la faringe e la laringe, il labitus laringeo dove ho le corde
vocali e poi ho le vie aeree inferiori. Il labitus laringeo è importante dal punto di vista respiratorio perché sotto ho
le corde vocali che sono l’organo della fonazione che quando si aprono consentendo il passaggio dell’aria.
L’epiglottide invece divide le vie aeree e digestive, impedisce che la saliva e il bolo entri nelle vie respiratorie
perché possono dare origine a una condizione irritativa e all’inizio di un processo infettivo o infiammator.
Abbiamo i meccanismi immunitari e i meccanismi di espulsione di muco e secrezione che contengono i prodotti
infettivi e infiammatori

CHE COS’È LA VENTILAZIONE ARTIFICIALE?


È una tecnica che noi utilizziamo quando il pz perde la capacità di sostenere autonomamente la respirazione. La
respirazione in un soggetto sano avviene con un meccanismo passivo (depressione nella gabbia toracica, che per
gradiente fa entrare aria all’interno del polmone). Quando supportiamo una funzione respiratoria utilizziamo un
meccanismo che sfrutta la pressione positiva (ventilatore meccanico o pallone spingiamo aria all’interno delle vie
respiratorie). Il ciclo respiratorio è diviso in una fase
 Inspiratoria: si genere con un meccanismo passivo e sfrutta la meccanica diaframmatica
 Espiratoria: fase passiva completamente, dura 2/3, richiede più tempo per lo svuotamento totale degli
alveoli.
Quando facciamo ventilazione artificiale possiamo usare o meno una via respiratoria artificiale; quando facciamo
ventilazione artificiale possiamo usare metodiche invasive o non invasive.

Via aerea artificiale: la tracheostomia, il tubo endotracheale, tubi laringei, maschere laringee, cannule naso
faringe (punta si posiziona nel retrofaringee, ci consente di far passare un sondino nel naso evitando danni alla
mucosa, e quando il pz ha una tosse non sufficiente valida possiamo aiutare il pz ad espellere le secrezioni),
cannule di Mayo (usato per la protezione delle vie aeree in un paziente, consente di evitare che la lingua del
paziente cada all’indietro e che quindi io abbia un’ostruzione delle vie aeree)→ servono per la gestione delle vie
aeree.
I presidi che usiamo sono:
 Sovra glottici

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 Sottoglottici → sono presidi dotati di una cuffia che ci consente di isolare le vie digestive dalle vie
respiratorie.
Le estremità che consentono il passaggio si posizionano sopra o sotto le corde vocali
Tubo tracheale e cannula tracheostomica ci consentono di proteggere nella maniera migliore le vie aeree. Altri
presidi come la maschera laringea si posizionano sopra l’halibus laringeo e il materiale digestivo potrebbe andare
nelle vie respiratorie; si usano prevalentemente in situazioni
elettive come per i pazienti che vengono operati in elezione e
sono in una condizione di digiuno. Se un paziente è occluso e
arriva in sala operatoria gli metto un tubo tracheale perché è un
pz che viene considerato a stomaco pieno. Nelle situazioni di
emergenze quando non è possibile mettere un tubo tracheale si
usa la maschera laringea ma non mi assicura l’esclusione della
via aerea dalla via digestiva.
Pz che perde conoscenza e usiamo il va e vieni stiamo facendo
ventilazione assistita; la ventilazione con pallone e maschera ha
un carattere transitorio → sono il primo presidio che uso per sostenere il respiro nella persona in ipossia, shock,
che perde conoscenza…
Nelle situazioni protette possiamo usare la ventilazione di tipo NON INVASIVO. L’invasiva usa dei dispositivi che si
posizionano al di sotto delle corde vocali. La ventilazione non invasiva usa dei dispositivi che consentono
l’erogazione della pressione positiva usando delle maschere che sigillano il volto del paziente

LA VAM
Concetti generali
La ventilazione artificiale è un trattamento di supporto, non è una terapia
→ perché nei contesti di criticità vitale supportiamo le funzioni
compromesse (es. polmonite → la terapia è l’ATB; ma finché la ventilazione
è compromessa non posso aspettare che l’antibiotica faccia effetto e quindi
devo usare una strategia per garantire l’ossigenazione ed è la ventilazione
meccanica)

La ventilazione invasiva
Intubazione endotracheale → tubo nella trachea utilizzando il laringoscopio; può avere una finalità protettiva,
supportare la funzione ventilatoria quando questa viene ad essere compromessa, situazioni in cui ho entrambi i
casi.
1. Paziente che va in sala operatoria al quale viene fatta un’ipnosi profonda e al quale viene fatta una
curarizzazione profonda → paziente che in origine ha una funzione respiratoria conservata perché i suoi
polmoni funzionano bene ma però perde la sua capacità di protezione delle vie respiratorie
2. Paziente che perde conoscenza perché ha una sincope, un trauma cranico… e perdendo conoscenza
perde la capacità di proteggere le sue vie aeree.
3. Altra situazione è quando il polmone si ammala e la funzionalità respiratoria è compromessa.
Possiamo avere due cause combinate (infarto massivo → crisi ipertensiva → edema polmonare acuto).
Una volta fatta l’intubazione endotracheale il pz viene connesso a un ventilatore meccanico. Il ventilatore
meccanico può essere impostato con diversi parametri e diverse modalità a seconda di cosa genera la necessità di
fare supporto ventilatorio e dalla fase di malattia in cui ci troviamo.
Se io faccio ventilazione meccanica a un pz in SO → devo garantire tutto dal punto di vista della ventilazione:
 FR
 Volume
 %O2
Deve essere tutto adeguato perché il pz è sedato e curarizzato e non ha interferenze sulla sua attività respiratoria

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Se un pz arriva in TI per un’IR, viene intubato ma decidiamo di mantenere un livello di “sedazione cosciente” →
paziente può decidere quando respirare e decidendo quando respirare possiamo intervenire sulla regolazione dei
volumi.
Il primo è un caso di ventilazione controllato (situazione in cui l’operatore imposta un supporto completo per il pz
dal punto di vista di frazione inspiratoria di ossigeno, volumi, FR), la seconda situazione descrive una condizione di
ventilazione assistita (è prevista un’interazione del paziente con il ventilatore → il
pz decide quando respirare e la macchina lo supporta con la pressione che
decidiamo di erogare o con il volume che decidiamo di erogare).
Quando impostiamo il ventilatore le opzioni che possiamo scegliere sono il volume
o le pressioni

Rilevazione dei pv
Vengono riportati sulla grafica del paziente
FRAZIONE INSPIRATORIA DI O2 → % di O2 che mettiamo nella miscela di aria che
viene erogata al paziente. (ventilatore meccanico ha una precisione millimetrica
perché ha un sistema di taratura, erogando aria in una condizione di isolamento
completo rispetto all’aria ambiente non c’è miscelazione con l’aria ambientale
perché il sistema è isolato dall’ambiente) [per ogni litro di ossigeno aumento la FiO2
del 3%; nel paziente in cannule nasali ci interessa l’andamento della PaO2]
VOLUME → volume per singolo atto (tidal volium → normale è di circa 1/2L) o come volume minuto (5-6L al
minuto); nella ventilazione meccanica viene preso a parametro per tatare il volume corrente il peso ideale del
paziente (dimensione del polmone non cresce se il paziente aumenta di peso); il livello protettivo che viene
considerato per la ventilazione meccanica è di 6ml/kg di volume corrente → 80kg → 480ml di aria per atto; il tidal
voluim è quello che entra ed esce per singolo atto (è sovrapponibile allo stroke volume), il volume minuto
assomiglia come concetto alla gittata cardiaca. Posso avere un pz con tidal volium adeguato perché garantisco
entrata e uscita di volume adeguato, ma se il pz respira 4 volte al minuto il volume totale che entra ed esce sarà
troppo basso → è come avere un pz che ha una funzionalità cardiaca normale e una bradicardia sinusale e il
paziente avrà una gittata cardiaca bassa. Gittata cardiaca è determinata dalla quantità di sangue che viene espulsa
in ogni singolo battito (il volume di eiezione o stroke volium) per la FC, quante volte il cuore si contrae in un
minuto. La respirazione funziona in modo simile, se io conteggio/ valuto i volumi che passano all’interno dei
polmoni nell’unità di tempo questi volumi si compongono di un volume per singolo atto e di una FR, io guardo,
quando rilevo i PV sia il volume corrente (quanto entra in ogni singolo atto) che il volume al minuto perché
potrebbero esserci delle condizioni in cui pur avendo impostato adeguatamente i parametri del ventilatore quel
paziente ha un FR troppo bassa e quindi la quantità di aria che entra ed esce dai suoi polmoni nell’unità di tempo
non è sufficiente. Ci interessa quanta aria passa in un minuto perché non cambia l’ossigeno a livello del sangue
ma cambia che le mie cellule briciano O2 e nel sangue si accumula anidride carbonica e se non ho una
ventilazione adeguata è possibile che mi si accumuli CO2 → a livello plasmatico esita in acidosi respiratoria. Anche
se ho un tidal volium posso avere un passaggio inadeguato di CO2, in questo caso il meccanismo di
compensazione potrebbe essere l’aumento della FR. I ventilazioni registrano il volume in ingresso e in uscita;
questi volumi dovrebbero essere pressoché identici; se ho una discrepanza verosimilmente ho una perdita nel
circuito
FR → quando facciamo ventilazione meccanica possiamo scegliere se usare una modalità assistita [possiamo
importare il ventilatore in modo tale che il pz decide sempre lui quando respirare o noi usiamo un FR mandataria
(FR minima che il pz fa contro la sua volontà) e supportiamo gli altri atti. Definisco che la macchina eroga 2 atti
respiratori al minuto → ogni 30 secondi e posso decidere che questi due atti vengano erogati con un’impostazione
di pressione o di volume. Questi due atti respiratori ci servono quando il pz fa una ventilazione prolungata,
fungono da sospirone, sono atti respiratori che servono a espandere meglio il polmone. Ci saranno due atti che il
paziente fa obbligatoriamente e gli altri li decide lui, ho un FR impostata e una FR totale. Dovrebbe consentire di
compensare meglio le alterazioni emogasanalitiche. La posso usare anche quando sveglio il paziente
dall’anestesia] o controllata (decidiamo la FR totale del paziente → definisco gli atti respiratori al minuto, la uso
quando il paziente è completamente incosciente o per cause di malattia o in caso di anestesia generale)
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PRESSIONI → solitamente usiamo una P positiva, spingiamo l’aria nelle vie respiratorie del paziente. Se ho un
palloncino sgonfio è un palloncino che non ha una differenza di pressione rispetto all’aria ambiente; se gonfio il
palloncino creo una pressione positiva perché gli butto dentro aria. Quello che cambia nella ventilazione
meccanica rispetto a quella naturale è il fatto che usiamo una pressione positiva di fine espirio, è quella che si
chiama PEEP (positive end espiratory pression). Quando respiriamo normalmente gli alveolo si svuotano, con ilo
ventilatore meccanico lasciamo una piccola quota di aria all’interno dell’alveolo (→ l’alveolo è il polmone) →
quota di aria che genera una pressione positiva di fine espirio, lo facciamo con delle valvole.

Perché ci interessa una PEEP? Per evitare l’atelettasia → pazienti in cui i rapporto ventilazione/perfusione
(condizioni per cui aree diverse del polmone in posizioni diverse sono diversamente ventilare e perfusione,
determinata dalla forza di gravità → zone alte sono meglio ventilate, zone basse sono più perfuse → nella
giornata garantiamo una diversa ventilazione e perfusione delle zone) rimangono invariati durante l’arco della
giornata. Guardiamo la pressione di plateau (la pressione che viene mantenuta per tutta la fase inspiratoria) e la
pressione picco è la pressione più elevata che viene raggiunta durante il ciclo respiratorio (pressione che
raggiungiamo solitamente nella fase iniziale dell’inspirio)
Grafico: questo è un ciclo respiratorio; la prima fase è l’inspirio la
seconda fase è l’espirio. Nella fase espiratoria vediamo che la
pressione non scende a zero → la PEEP. Nella fase inspiratoria ho una
pressione di picco che viene raggiunta che però dura poco e una fase
di plateau che è quella che consente l’erogazione del volume
corrente. Quando il ventilatore rilascia la valvola, con un meccanismo
di tipo passivo l’aria esce finché il ventilatore sente che raggiungiamo
la pressione di fine espirio. (picco e plateau nella fase inspiratoria). La
PEEP nella fase espiratoria. Guardo ma non trascrivo il rapporto tra le
due fasi. L’inspirio può avere una durata doppi dell’espirio? NO!
Perché se inspiriamo per due secondi ed espiriamo per un secondo dopo 1 minuto abbiamo la sensazione di un
polmone sovra disteso e questo è quello che succede se noi impostiamo male il tempo inspiratorio. Il tempo
inspiratorio è qualcosa che decidiamo. Ovviamente nella ventilazione controllata (quando decido che il pz viene
completamente ventilato) il tempo inspiratorio riguarda tutti gli atti, nella ventilazione assistita il tempo
inspiratorio riguarda gli atti che la macchina eroga obbligatoriamente. Ragionamento: in un minuto respiriamo 12
volte, ogni atto respiratorio dura circa 5 secondi, solitamente l’inspirio è un terzo dell’atto e l’espirio 2/3, la fase
inspiratoria dura circa 1.7 secondi → in un atto di 5 secondi è u tempo adeguato. Se guardiamo i parametri in un
ventilatore impostato in modalità controllata è importante dare un occhio anche a queste cose, se aumento la FR
e non cambio il tempo → rischio una sovradistensione. Il BPCO è un paziente che se gli faccio una curva
ventilatoria può avere una fase di ingresso dell’aria molto rallentata quando abbiamo una condizione di tipo
restrittivo; quando abbiamo una condizione di tipo ostruttivo abbiamo un’uscita dell’aria molto rallentata → se
l’aria esce in modo rallentato significa che l’aria ha bisogno di più tempo per venire fuori dal polmone altrimenti
l’aria del primo atto respiratorio non esce completamente e si somma all’aria del secondo atto respiratorio →
paziente fa autopeep. Se noi gestiamo male i tempi della ventilazione meccanica siamo noi che creiamo una
Rampa → più pendente quando faccio ventilazione meccanica nella fase inspiratoria significa che io raggiungo il
picco in un tempo più breve, vuol dire che erogo la pressione di picco in un tempo molto breve, vuol dire che lo
stress che esercito sull’alveolo è più elevato. Se io ho un alveolo che ha un’elasticità ridotta esercitare tutta la mia
pressione in un tempo breve rischia di danneggiare la parete dell’alveolo → in situazioni selezionate noi scegliamo
di usare delle rampe con pendenze più dolci → distensione alveolo è più graduale perché l’aria entra in modo più
graduale.
Pressione di supporto → è la pressione che uso nelle modalità pressumetrica mirata per decidere qual è la
pressione finale che devo avere nelle mie vie aeree. Spinge aria dentro il polmone del paziente fino al
raggiungimento della pressione si supporto che io gli ho messo

La PEEP è la pressione positiva di fine espirio che viene mantenuta per tutta la durata dell’atto respiratorio, è la
stessa cosa della CPAP (Pressione positiva continua delle vie aeree), la PEEP la uso nelle condizioni di ipossia
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perché mantengo sempre aperto l’alveolo affinché l’alveolo rimanga sempre aperto. Posso fare la CPAP di
bussignac nelle ipossie che sono ancora gestibili in reparto. Aumentare la PEEP mi consente di aumentare
l’ossigenazione → nel paziente ipossico lavoro sul mantenimento dell’alveolo aperto, tanto più riesco a tenere il
parenchima aperto tanto più l’O2 può girare. Nel paziente ipercapnico lavoriamo sul volume perché dobbiamo far
entrare e uscire tanta aria per far entrare e uscire la CO2 → o aumento il volume corrente aumentando la
pressione di supporto, se aumento la pressione di supporto faccio entrare più volume d’aria nel palloncino
oppure lo faccio aumentando la FR.
Analogia del palloncino: il mio palloncino sgonfio è l’alveolo prima della ventilazione meccanica, lo gonfio un po'
con un volume minimo che rappresenta la pressione positiva di fine espirio (poco gonfio = alveolo fine fase
respiratoria), se lo gonfio di più la pressione che uso è la pressione di supporto. I palloncini hanno uno spessore
diverso → per distendere il palloncino più spesso ho necessitò di maggiore pressione ma mi serve più tempo → il
palloncino spesso lo distendo in modo più graduale (rampa); il palloncino morbido lo posso distendere in modo
più vivace/rapido. Distendo il mio palloncino fino al raggiungimento della pressione di supporto, la valvola
mantiene la pressione per un tempo poi viene rilasciata e si chiude quando il palloncino torna alla pressione dei
PEEP → atto di un pz in ventilazione meccanica

CURA DEL TUBO ENDOTRACHEALE


È un tubo di materiale morbido, trasparente, lo facciamo scorrere nelle
vie aeree superiori e la punta si posiziona in trachea → la condizione è
sempre vera tranne nei casi in cui abbiamo necessità di ventilare in modo
differente i due polmoni. Se devo fare la ventilazione selettiva uso tubi
conformati in modo diverso rispetto al tubo endotracheale, sono più
lunghi e hanno due cuffie → il tubo si posiziona in uno dei due bronchi a
seconda di cosa devo ventilare, una cuffia serve per bloccare il tubo in
trachea e uno per bloccare il tubo nel bronco. Il bloccatore bronchiale lo uso nella chirurgia toracica, devo
lavorare selettivamente su un polmone e mi serve escludere uno dei due polmoni dalla ventilazione. Usato in TI
con due ventilatori distinti era la situazione di una paziente che aveva avuto un enfisema polmonare che aveva
richiesto una lobectomia demolitiva di un lobo del polmone che poi ha avuto una sovra-infezione → necessità di
lavorare con pressioni elevate sul polmone malato per migliorarne il reclutamento e con pressioni normali nel
polmone sano. Normalmente la punta del tubo endotracheale si va a posizionare in trachea → dove? Circa 3 cm
sopra la biforcazione carenale
Quando posiziono il tubo l’ubico sistema per avere la conferma visiva della punta è l’RX, l’espansione toracica, la
TAC, assenza di distensione addominale, ma meglio la fibroscopia → sono in grado indiretta di definire in modo
migliore la punta del tubo endotracheale. La punta non la metto nella biforcazione carenale perché si può
incuneare e può dare lesioni e soprattutto da tosse. Se si imbronca si imbronca a destra perché il bronco di destra
è più in linea con la trachea. Dopo che ho posizionato il tubo lo fissiamo e per essere sicuri del corretto
posizionamento abbiamo necessità di monitorare la CO2 → nel tubo tracheale collego un sensore per la CO2 che
è la spia che mi dice che il tubo è correttamente posizionato all’interno delle vie respiratorie. Il fissaggio del tubo
lo faccio dopo che con il fonendoscopio ho sentito il mormore veicolare su entrambi i polmoni
I tubi endotracheali sono dotati di una serie di tacche che contrassegnano la profondità di inserimento. Mi serve
perché ogni volta che so la profondità di fissaggio continuo a garantirla. I tubi endotracheali, a eccezione di quelli
neonatali, sono dotati alla loro estremità di una cuffia (tipo palloncino Foley), essa serve a fissare perché la gonfio
in modo tale da farla aderire alle pareti della trachea e il tubo si muove meglio, per garantire che la pressione non
vada verso le alte vie respiratorie e per isolare le vie digestive dalle vie respiratorie.

Cuffia
Quanto gonfiamo? Dipende, fa la differenza la dimensione della
trachea, bastano una decina di ml d’aria; nella fase iniziale uso 8-10ml
di aria, poi però ho bisogno di un dato in più che sarà la pressione
all’interno della cuffia che rilevo usando un manometro. Il tubo
endotracheale ha un palloncino pilota in cui raccordo la siringa e
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insufflo l’aria, la cuffia aderisce alle pareti della trachea e l’aria genera una pressione → la pressione all’interno
della cuffia deve essere fatta in base alla pressione di perfusione dei capillari, indicativamente la pressione è di
circa 20mmHg, di conseguenza la pressione viene regolata tra i 20 e i 30cmH 2O usando un semplice manometro.
Usare delle pressioni elevate per un periodo di tempo lungo rischia di generare dei danni al paziente che possono
andare dal banale mal di gola fino anche all’erosione della mucosa tracheale. Il controllo della pressione nella
cuffia del tubo consente di ridurre i danni da sovrapressione ed evitare i problemi da decubito della cuffia.
Possiamo essere più tolleranti e accettare di perdere del volume ed essere più protettivi per la trachea? No
perché devo proteggere assolutamente le vie respiratorie! Anche se il paziente è a digiuno uso la cuffia perché ho
la saliva. Nei pazienti intubati per via oro o naso trachea è sempre presente un tramite tra le vie respiratorie basse
e l’ambiente esterno perché il tubo in per sé rappresenta un tramite. Quindi se c’è saliva all’interno della bocca
piccole quantità possono scolare attorno le pareti della cuffia e andare a depositarsi all’interno dell’albero
bronchiale, sembra essere riconosciuto come il meccanismo fisio-patologico che determina l’instaurarsi delle
polmoniti associate alla ventilazione meccanica. Non utilizzare mai il palloncino pilota come guida per identificare
l’adeguatezza del cuffiaggio del tubo endotracheale → non tastare il palloncino, può essere utile per capire se la
cuffia è eccessivamente gonfia o sgonfia, ma discriminare una pressione di 30 e una di 40 semplicemente
tastando il palloncino pilota non è possibile. Una frequenza di monitoraggio per vedere la pressione della cuffia è
di prassi una volta per turno, non esiste un’indicazione di monitoraggio di cuffiaggio, i fattori che possono
concorrere a delle alterazioni sono diversi. Devo verificare la pressione appena il tubo viene posizionato; tante
manovre, come il permanerne stesso del tubo, possono generare delle riduzioni di pressione, ce l’ho perché l’aria
viene fatta entrare con una valvola che non ha una tenuta perfetta ma al riduzione della pressione può avvenire
perché le manovre generano dei piccoli spostamenti che cambiano l’entità dell’adesione della cuffia (possono
aumentare o diminuire le pressioni). Verifico a ogni inizio e fine turno, ogni volta che finisco il nursing e anche
prima, ogni volta che faccio una broncoscopia → tutto ciò che va ad alterare le pressione e le relazioni tra trachea
ed esofago. Lo strumento per il controllo è il manometro aneroide → identico a quello che usiamo per la PA.
Esistono anche dei dispositivi di misurazione automatica che però hanno un costo importante e vengono lasciati
in sede, aumentano il peso sui device e aumentano il rischio di dislocazione dei device.

Il fissaggio
Normalmente viene fatto con il cerotto perché è il sistema più economico e
maggiormente a disposizione → strisce di cerotto come per le medicazioni
chirurgiche, si parte dalla zona vicino al lobo dell’orecchio controlaterale, passo
tra bocca e naso, giri introno al tubo e poi attivo dal lato opposto. Esistono dei
sistemi di fissaggio preconfezionati che però vengono usati di meno

Cura del cavo orale


il paziente intubato è sempre a bocca aperta e la mucosa tende ad
asciugarsi e seccarsi. Nel giro di 24 ore cambia completamente la flora
batterica → principalmente avrò batteri gram negativi che saranno
aggressivi, colonizzano la saliva che si deposita nella bocca delle persone
che non viene deglutita o deglutita in minima parte perché il tubo
endotracheale impedisce la deglutizione.
Dietro la cura del cavo orale c’è la gestione delle infezioni (sovrainfezioni polmonari) e c’è anche una questione di
comfort perché gestiamo persone. Le tecniche che usiamo per la cura del cavo orale sono diverse, ci serve
l’aspiratore, dobbiamo controllare adeguatamente la pressione della cuffia perché altrimenti rischio fenomeni
irritativi se del collutorio va nelle vie aeree, non viene usato MAI lo spazzolino portato dal paziente anche perché
non si conoscono le condizioni di utilizzo, si preferisce usare materiali puliti. Non abbiamo il dentifricio anche se è
raccomandato perché rispetto al collutorio il dentifricio ha un’azione meccanica più forte e inoltre
soggettivamente lascia anche una percezione migliore. I collutori sono stati raccomandati a base di clorexidina ma
l’evidenza nell’ultimo anno è cambiato. Posso avere anche dei tamponi in spugna che hanno un effetto meno
abrasivo rispetto allo spazzolino con le setole però hanno un’azione meccanica che rispetto allo spazzolino è
meno efficace. Non sono rare le situazioni in cui i pazienti arrivano con una condizione del cavo orale
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compromessa → cura del cavo orale è fondamentale. Non esiste una raccomandazione sulla frequenza della cura
del cavo orale (una volta al giorno, una volta per turno ma per fortuna anche ogni volta che ne vedo la necessità).

Postura del paziente


Posizione semi seduta per migliorare l’espansione polmonare → favorisce la risalita degli organi addominali,
comprime sul diaframma e limita l’escursione del polmone. Se ho un paziente semi seduto è più difficile che inali
materiale dalle vie digestive qualora abbia un rigurgito. Nel paziente intubato e con un tramite cercare di tenere
sotto controllo questo elemento riduce le complicanze infettive. Va bene mettere il paziente semi seduto perché
così vede il mondo che lo circonda → la ventilazione meccanica è un trattamento che è conosciuto come un
fattore indipendente per lo sviluppo del delirium (è una sindrome grave, non conosciuta, confuso spesso come un
aspetto caratteriale, è un elemento che impatta pesantemente sulla sopravvivenza, svezzamento dalla
ventilazione meccanica e recupero funzionale). Mobilizzazione precoce → limitante per l’insorgenza del delirium o
ne riduce la durata. Mettere il paziente semi seduto può avere un impatto sulla condizione neurologica del
paziente che abbiamo davanti.
Per il posizionamento a 30-45 gradi ho i letti articolati
La postura di un paziente ventilato può essere la postura prona, quando la
ventilazione meccanica non migliora una funzionalità respiratoria
compromessa. Per modificare le zone di ventilazione e perfusione. Paziente
prono → mi consente di andare a reclutare le zone posteriori che
solitamente sono più svantaggiate. Scegliere di pronare un paziente non è
una decisione a cuor leggero, un pz che non risponde al trattamento
respiratorio ha una funzionalità che rischia di degenerare, se ho una
complicanza il danno è aumentato dal fatto che prima di fare qualsiasi
trattamento lo devo supinare il paziente. Si fa con un gruppo cospicuo di operatori: uno che governa la testa, ci
sono almeno due operatori per ogni lato che governano arti superiori, inferiori e device. È un trattamento che per
dare benefici richiede tempo, ridistribuzione dei volumi non è immediata, la mantengo per un tempo prolungato.
Se il paziente mostra un miglioramento il paziente rimane prono per 8-12 ore. Se non ci sono benefici quando il
paziente viene supinato si valuta la possibilità di ripronarlo.
Complicanze per un paziente sottoposto alla pronazione sono:
Dislocazione dei device: se assicuro adeguatamente i device quando poi il paziente è prono il device da solo non si
sposta.
Lesioni da decubito: zigomi, spalle, ginocchia (zone ossee → ci sono materassi ad aria con regolazione della
pressione, sul ginocchio la prof non si ricorda di aver visto). Ci sono della maschere in schiuma disposte sul volto
del paziente e limitano l’aderenza del viso sul materasso e mantengono un allineamento del capo. Lesioni da
pressione da device. Gli elettrodi sono posti nella schiena. Diminuisco la pressione sulle anche con dei cuscini
Edema del volto e in particolare l’edema degli occhi perché se prolungato può danneggiare o creare un disconfort
oculare. Pronazione viene fatta dopo aver protetto gli occhi, gocce per evitare secchezza occhi, chiudo le palpebre
con un cerotto e metto una benda per evitare che gli occhi rimangano aperti. Edema del volto si sviluppa perché il
paziente sta con la faccia in giù → anti trendelenbur e i liquido vanno verso la zona toracica
Danno articolare → il paziente lo riponiamo con gli arti in linea rispetto al tronco, quando è prono faccio scendere
il braccio e poi lo sollevo mettendolo vicino alla testa → posizione fisiologica, ma se il paziente è già curarizzato
posso fare un danno di plesso nervoso (danno peggiore) o posso stirare muscolo o tendine (dolore o disconfort)
Alimentazione → un paziente in posizione prona ha una pressione sullo stomaco e ho un rischio di rigurgito e non
me ne accorgo. È difficile che inali. Posso alimentarlo ma è meglio se riduco il flusso e lo aumento in posizione
supina.

Pronazione → solo se ho tempo. Idem quando lo supiniamo

Umidificazione e riscaldamento dei gas


I gas medicinali sono secchi e freddi, sono gas che quando vengono a contatto con la mucosa delle vie respiratorie
rischiano di provocare dei danni perché seccano la mucosa stessa e riducono la possibilità di perfondere perché
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generano vasocostrizione. I danni possono essere l’ostruzione dovuta a secrezioni che rimangono ferme e sono
difficili da rimuovere; posso avere danni diretti: aria secca e fredda mi fa diminuire la motilità ciliare e l’idratazione
→ pochi meccanismi di barriera vengono ad essere inibiti.
Condizionamento dei gas medicali?
 Attivo: uso un’apparecchiatura che riscalda l’aria attraverso una resistenza elettrica e ci fa passare un po'
di acqua che viene nebulizzata da un serbatoio
 Passivo: sfrutta il calore e l’umidità dell’aria espirata del paziente per condizionare i gas che vengono poi
usati nell’atto respiratorio successivo

Sistema di riscaldamento attivo: Il circuito è diverso,


all’interno ha un filamento meccanico che viene riscaldato e
riscalda l’aria che ci passa all’interno. L0umidificazione viene
ottenuta usando una colonna interposta nel circuito respiratorio
e all’interno di questa colonna viene nebulizzata l’acqua
prelevata da un serbatoio di acqua sterile. Posso decidere l’entità
del calore e dell’umidificazione. Ha il vantaggio che è regolabile,
posso decidere la temperatura di erogazione dei gas. La temperatura di regime è di circa 32-34 gradi → quindi ho
un ambiente caldo umido che favorisce la crescita batterica anche perché se dentro il circuito ho 34°C con 70% di
umidità e fuori ci sono 21°C succede che si crea condensa e nascono nuove forme di vita. Nel circuito ho dei
serbatori di controllo che vanno svuotate perché è un terreno di crescita.
PASSIVA: interposizione di un filtro che contiene dei Sali idroscopici
(trattengono l’acqua) ed è in grado di trattenere una parte del calore,
l’umidità e il calore vengono utilizzati quando poi il pz inspira
nuovamente. Non è governabile, non posso decidere quanta umidità
e quanto calore. Di conseguenza nei paziente che hanno un’ipotermia
il filtro respiratorio è contrindicato come anche in caso di emofte. Lo
uso dopo la sala operatoria, ma se ho un pz con uno shock emorragico
e ipotermico uso il circuito umidificato.

Aspirazione
Quando aspiro? Se sento la presenza delle secrezioni. Nel paziente
ventilato ho anche la curva sul respiratore perché se ci sono delle
secrezioni delle vie aeree nel plateau non sarà una linea dritta. Bronco
aspiro sulla clinica o su un dato. Altro dato: saturazione → sono in
ritardo. Non è una situazione che procrastiniamo. I ventilatori
meccanici ci consentono la respirazione assistita → ho un comando sul
ventilatore che mi consente di erogare ossigeno al 100% per un tempo
di 3’, quando de connetto il paziente dal ventilatore per il sondino, la
macchina smette di insufflare aria → nel momento in cui de
connettiamo se la macchina espelle aria può contaminare l’operatore e ancor di più è documentato che i Droplets
se colpiscono l’occhio possono causare danni. Inserisco il sondino sterilmente, scendo 1-2cm al di sotto della
profondità di inserzione del tubo anche se in alcune situazioni stimolare la tosse migliora la pulizia, scendo senza
aspirare e risalgo aspirando per massimo 3 volte, riconnetto, ossigenazione per altri 3’. Questo è un sistema di
aspirazione aperto → de connetto il tubo del paziente dal circuito ventilatorio.
Sistema di aspirazione a circuito chiuso: il tubo del paziente si connette al catetere Mounth che si collega al
ventilatore, ho un presidio pre-imballato che è composto da una guaina che contiene all’interno il sondino, non
uso il catetere mounth perché connetto il sistema al circuito → guaina procede nel sondino ed è sempre
disponibile. I vantaggi sono: non richiedendo la de connessione del paziente di fatto mantengo sempre le
pressioni di lavoro (se la PEEP mi serve per garantire il reclutamento alveolare nel momento in cui de connetto il
paziente dal circuito perdo la PEEP), lo uso quando voglio evitare il reclutamento alveolare. Non è vero che il
circuito chiuso generi più infezioni del circuito aperto e viceversa. Nelle ore successive ho la creazione di un
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biofilm e favorisce l’adesione dei germi, si forma ovunque è un falso concetto che il tubo tracheale è sterile, se ho
secrezioni posso spingere le secrezioni verso il basso ma non ho modo di evitarlo. Guanto sterile: se manovro il
sondino a 20 cm è come mettere i guanto sterile. Se uso un sistema a circuito lo cambio quando visibilmente
sporco o contaminato. Il sistema a circuito chiuso ha una valvola che mi permette l’espulsione delle secrezioni
L’intervento per evitare la polmonite è il drenaggio delle secrezioni sottoglottiche. Il drenaggio sottoglottico ci
consente di eliminare la quota di secrezioni che riescono ad andare sotto le corde vocali e a posizionarsi sopra la
cuffia. Come lo facciamo? Dobbiamo avere un tubo apposito. Il tubo oltre al palloncino pilota della cuffia ho un
tubicino accessorio che lo collego a un sistema di aspirazione governato da un manometro digitale/analogico; il
tubo è dotato di un forellino che si apre al di sopra della cuffia ma al di sotto delle corde vocali. Lo collego con un
manometro e serbatoio di raccolta →pressione regolata che è una pressione negativa di aspirazione a 20mmHg
(continua), oppure posso fare aspirazione a intervalli e il livello di aspirazione può arrivare a 100mmHg. Il
drenaggio delle secrezioni sottoglottiche è l’intervento più importante per la riduzione delle VAP, insieme a una
buona igiene del cavo orale.

PROBLEMI ASSISTENZIALI NEL PAZIENTE IN VAM


 Rischio infettivo è un problema potenziale (es. rischio di sovrainfezione polmonare)
 Alterazione degli scambi gassosi
 Rischio di lesioni di decubito sulla rima buccale o sulla trachea
 Alterazione della comunicazione → per migliorare la comunicazione faccio domande a riposta chiusa,
carta e penna o lavagna con i pennarelli, oppure movimenti oculari, a gesti, tavolette con le immagini

Situazioni cliniche
Paziente che entra in T.I. per monitoraggio post-operatorio dopo intervento di esofagectomia; l’instabilità
emodinamica e respiratoria in corso di intervento e la durata prolungata dello stesso hanno fatto propendere per
uno svezzamento protetto dalla VAM in terapia intensiva, che viene programmato per la mattina successiva
previa rivalutazione dei gas arteriosi.
 Quali tipi di monitoraggio è necessario attivare?
 Quali accorgimenti assistenziali per la prevenzione dell’insorgenza di complicanze?
Paziente ricoverata dal reparto di ematologia per grave insufficienza respiratoria, secondaria a presenza di massivi
infiltrati polmonari di probabile origine metastatica, che ha richiesto intubazione in urgenza
 Quali tipi di monitoraggio è necessario attivare?
 Quali accorgimenti assistenziali per la prevenzione dell’insorgenza di complicanze?
Paziente ricoverato dal reparto di pneumologia per insufficienza respiratoria in BPCO riacutizzata; si procede
inizialmente a ventilazione non invasiva ma il paziente non risponde al trattamento e si decide di procedere
all’intubazione
 Quali tipi di monitoraggio è necessario attivare?
 Quali accorgimenti assistenziali per la prevenzione dell’insorgenza di complicanze?
Paziente rianimato in chirurgia dove era degente da alcuni giorni dopo essere stato sottoposto a intervento di
resezione intestinale. Nel corso delle ultime 36 ore viene riferito dolore addominale ingravescente, che esita
questa mattina in un episodio di abbondante vomito fecaloide, con inalazione e successiva perdita di coscienza e
arresto respiratorio
 Quali tipi di monitoraggio è necessario attivare?
 Quali accorgimenti assistenziali per la prevenzione dell’insorgenza di complicanze?

ACCESSO DEI FAMIGLIARI IN TERAPIA INTENSIVA


La terapia intensiva aperta è ancora lontana. Terapia intensiva aperta significa che le regole vengono condivise
con i famigliari. Terapia intensiva aperta vorrebbe dire dare la possibilità ai famigliari di stare li la notte.
Regole: possiamo pensare di abbattere la regola sull’orario ma la TI ha degli spazi limitati e non ho un salottino
quindi i famigliari sono al letto del paziente e non possono arrivare in 12. Rimane una persona di riferimento.
Utilizzo dei dispositivi elettronici deve essere fatto nel rispetto degli altri.
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Unica cosa per non trasmettere le infezioni: LAVAGGIO DELLE MANI prima e dopo. Parente che ha l’influenza
meglio se sta a casa o gli mettiamo i DPI. Se a casa hanno un paziente immunodepresso o un bambino piccolo è
meglio evitare il contatto.
Bambini? Neonato lontano, il limite dell’ingresso del bambino è la capacità di elaborazione, accertare prima.
Animali? Ci sono gli animali dedicati per la PET-terapy, ci sono dei labrador addestrati a Firenze. Animale può
avere un effetto terapeutico dal punto di vista psicologico.
12.11.18

VENTILAZIONE NON INVASIVA (NIV)


Non utilizziamo presidi che entro in nessuna cavità, con la maschera venturi o cannule di Majo usiamo una
pressione positiva. Utilizziamo prevalentemente maschere (naso-bocca, full-face coprono interamente il viso).
Veniva usato il caso in precedenza, la NIV la utilizziamo quando cerchiamo di evitare l’intubazione solitamente in
stato di condizione Ipercapnica, o pz che necessitano di essere estubati e sono compromessi.
Pz che fa sufficiente respiratoria, diventa autonomo a livello neurologico ha bisogno ancora di essere supportato
(facciamo fare ginnastica NIV). Non consente di sigillare le vie respiratorie, quando mettiamo un pz in condizione
NIV dobbiamo accertarci che il pz sia cosciente, che riesca a fare una buona tosse o se ha stimolo di vomito,
essendo un trattamento che richiede un contatto con la cute della faccia se ho un trauma del viso non posso
utilizzare questa metodologia. Fare analgosedazione non significa fare ipnosi (come in sala operatoria), vengono
fatti dei farmaci per dare tranquillità, per ridurre o eliminare il dolore, ma mantenere lo stimolo della tosse e la
coscienza, in ICV facciamo un analgosedazione lieve il pz è comunque responsivo. La NIV è una maschera che
viene comunque fissata con delle cinghie al viso per delle ore con una pressione positiva.
Controindicata:
 Alterazioni livelli di coscienza
 Traumi facciali
 Assenza riflesso di tosse
 Agitazione
 Chirurgia cervico-facciale/esofago-gastrica: perché avendo le cinghie che vengono strette sul cranio del pz
questo può causare disconfort e danni. Quelle del collo perché utilizzando delle pressioni positive, le
anastomosi a livello dell’esofago rischio di comprometterla.
 Claustrofobia: se al paziente da fastidio, diventa agitato e non collaborante, la NIV non è indicata; se h un
pz con IR ipossica posso provare le cannule nasali ad alto flusso (usa flussi elevati, 50-69L /min crea una
colonna d’aria che simula una PEEP e mima il beneficio della NIV;

Se ho un pz ipercapnico le cannule ad alto flusso non mi servono.


Maschera naso bocca: fissata con delle fascette di gomma piuma con velcri nella fronte e nelle guance, la posso
usare impostando gli stessi parametri della ventilazione pressumetrica sul paziente (PEEP e pressione di supporto,
lo lascio libero di respirare quando voglio, posso impostare la FiO2). A destra vediamo la full-face: copro dalla
fronte al mento.

Quali sono i criteri secondo cui scegliamo una maschera rispetto ad un’altra?
 Dalla forma del pz
 Lesioni da cerotto
 La tolleranza e la preferenza del pz
Cosa ci dice che un pz che fa una ventilazione non invasiva sta rispondendo al trattamento?
 La CO2 quindi faccio un emogas-analisi. Dopo quanto tempo ci attendiamo che il pz risponda al
trattamento? Minuti perché utilizzo la PEEP e funziona subito.
Qual è l’altro parametro che vedo cambiare? La FR, e SpO2. Potrebbe cambiare la FC perché la consideriamo
come un meccanismo di compenso quindi se si riduce la FR e migliora, quel pz è un pz che dovrebbe ridurre anche
la FC. Soggettivamente il pz dovrebbe dirci che va meglio oltre a vedere anche la curva di saturazione e FR. Il pz
mi deve dire che si sente meno affaticato.
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Se il trattamento non funziona, intubo.
La PEEP utilizzata con NIV potrebbe essere da 5-12 e la pressione di supporto al massimo 10-12 cmH2O. parto con
2-3 cmH2O di PEEP che dovrebbero dar sollievo alla fatica respiratoria del pz e gradualmente salgo con la PEEP e
introduco la pressione di supporto.
Se ho necessità di usare pressioni elevate vuol dire che la NIV non è il trattamento di prima scelta, e potrebbe
essere che il pz ha necessità di essere intubato.
L’altro dispositivo che si vede di meno è il casco. Costa molto di più, non è un presidio riutilizzabile. In alcuni pz
crea meno disconfort. Il casco ha un tappo che mi consente di avere un’apertura sempre accessibile per
permettere al pz di bere e alimentarsi, cosa che con la maschera non posso fare. Il pz può parlare anche con la
maschera ma poi suona di continuo l’allarme perché le pressioni cambiano. Con il casco i flussi che si generanno
all’interno fanno parecchio rumore e possiamo ridurlo mettendo all’imbocco della via espiratoria un filtro che
riduce la turbolenza dell’aria. In secondo luogo questi flussi faccia si che abbiano un effetto mongolfiera e
tendono verso l’alto e quindi utilizziamo queste cinghie che si fanno passare al di sotto delle ascelle del pz. Quindi
ci mettiamo dei contrappesi, tipicamente la flebo da 1 litro.
Dobbiamo fare il condizionamento dei gas quando il pz respira? SI perché son flussi elevati, freddi e secchi. Non lo
faccio con i filtri perché mi aumenta lo spazio morto (porzione di gas che non partecipano allo scambio di gas) di
ventilazione.

CURVE PRESSORIE
La pressione di supporto è quella che nelle ventilazioni assistite quindi quelle che lavorano con regimi pressori,
questa pressione viene elevata quando il pz fa un trigger respiratorio. La macchina percepisce la riduzione di P
toraciche = pz vuole respirare e lo aiuta spingendo aria nelle sue vie aere. Maggiore è la pressione di supporto,
maggiore sarà il volume di alveolo., migliore è la rimozione di CO2 che abbiamo questo è il motivo che la PEEP ci
aiuta per l’ossigenazione, e la pressione di supporto ci aiuta per la rimozione dell’anidride carbonica.

PROBLEMI ASSISTENZIALI NEL PZ IN NIV


 Pz non compliante come lo gestiamo? Proviamo con più presidi. Si fa educazione al pz in TI? Dipende.
 LDP perché non tutte le maschere sono adatti alle faccia delle persone. Quindi per ridurre le perdite è
stringere le cinghie sempre di più mettiamo idrocolloide come prevenzione
 Presenza di scambi gassosi alterati.
 Ansia
 Alimentazione
 Secchezza oculare
 Rischio di disidratazione non dovrebbe essere un problema visto che in T.I ho sempre un accesso venoso,
forse delle mucose quello si.
 Alterazione della comunicazione lavagnetta con penna, un altro sistema è la lavagnetta magnetica con
lettere.
 Distensione gastrica perchè utilizziamo pressioni positive che partono dalle cavità oro-faringea e quindi
si trasmettono anche a livello oro-digestive. Il pz potrebbe aver una condizioni aerofagia.

SVEZZAMENTO DALLA VAM


Processo di riduzione del supporto ventilatorio artificiale mirata al recupero dell’autonomia respiratoria del pz.
Svezziamo un pz anche quando lo svegliamo dall’anestesia generale (chiudiamo vapori anestetici, aspettiamo che
il pz elimina questi farmaci, che si svegli, che mi dimostri che comprende quello che li dico, dopo di che sempre
con il tubo lo metto in respirazione spontanee poi il tubo viene tolto e il pz respira da solo). In latri pz tento lo
svezzamento ma non ho un flusso lineare, quindi metto il pz in NIV e il pz non ha scambi gassosi efficaci come
nella ventilazione invasiva, per cui lo re intubo (le consideriamo un esito negativo perché impatta sulla durata
della ventilazione meccanica, invasiva quindi su esiti importanti del pz). Se non riesco a svezzarlo dal tubo la
tracheo che riduce il lavoro respiratorio del pz, che mi consente di allontanare il pz dall’ambiente di T.I. ma la
tracheo mi serve anche per la gestione delle secrezioni. Facciamo spesso fatica a staccare i malati dai ventilatori.

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Perché svezzare?
Possono esserci complicanze sul breve e sul lungo periodo (impattano con la qualità di vita del pz). Il pz fa spesso
LDP, inadeguata alimentazione, condizione neurologica alterata. Tanto più la durata della ventilazione meccanica
si protrae tanto più alto è il rischio che si sviluppino queste complicanze. Quindi l’obbiettivo è quello di ridurre la
durata di ventilazione meccanica. Complicanze legate a VAM prolungata:
 Respiratorie
 Cardiovascolari
 Neurologiche e motorie
 Psicologiche
Tutto ciò porta ad un aumento della durata della degenza e ad un aumento di mortalità e morbidità.

Accertamento
Readiness to wean: soglia fisiologica riferita a un insieme di indicatori di instabilità clinica indispensabili per il
sostegno del lavoro necessario al mantenimento dalla ventilazione spontanea. Devo sempre farmi la domanda “il
pz è svezzabile” e guardo l’emogas-analisi.
Pz che potrebbe andar incontro a fatica respiratoria ulteriore, quindi ad esempio durante il picco febbrile, non ha
senso estubare il pz, perché il picco febbrile potrebbe essere la spia di un infezione che si sta sviluppando.
Indicatori:
 Stabilità clinica
 Stabilità emodinamica
 Dinamica ventilatoria
 Adeguatezza degli scambi respiratori
 Capacità di sostenere la ventilazione spontanea
 Livello di coscienza  vuol dire von una capacità di interagire e collaborare con gli operatori che sia
conservata piuttosto che ripristinata.

Indici di svezzamento
Rapid shallow breathing index: indice che viene calcolato per determinare se un pz è o no candidabile per lo
svezzamento. Ci basiamo su questo perché l’indice è oggettivo.
RSBI = FR (min) / V t (litri)
Esempio: FR 18 atti/min, Vt 0.672
RSBI = 27
Preditore di :
 Successo dello svezzamento quando < 105
 Necessità di NIV quando > 120
L’altra cosa che tento è il trial di respiro spontaneo.
Sponstaneous breathing rial (SBT). Come facciamo? O mettiamo solo la CPAP sul ventilatore, che ci serve per
togliere la fatica respiratoria, ma togliendo la pressioni di supporto il lavoro respiratorio lo deve fare il pz questo
consente di valutare adeguatamente e senza esporre il pz a rischio di una estubazione e re-intubazione mi
consente di valutare se il pz è in grado di sostenere autonomamente la ventilazione.
 CPAP
 PEEP+PS
 T-tube circuito respiratorio che ha un’unica branca e ha la forma di una T con la parte orizzontale molto
lunga, e quella verticale molto più corta. La porzione verticale è quella che collego sul tubo endotracheale
del pz. La porzione orizzontale rimane aperta all’aria ambiente verso un estremità e viene collegata aduna
fonte di O2 ad alti flussi 15/20/30 litri /min dall’altra estremità. A che cosa mi serve questo tipo di
presidio? A vedere se il pz è in grado id mantenere una respirazione spontanea in assenza di un supporto
meccanico. L’unico tipo di supporto che posso dare con questo tipo di ventilazione è la variazione sul % di
O2 perché il flusso di O2 che erogo al pz lo posso corredare ad una valvola venturi.

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Come funziona? Ho una fonte di O2 ad alti flussi che riempie tutto il mio tubo e per una certa porzione che è il
volume/mind le pz viene inspirata ed espirata. Quando il pz inspira in questa sezione l’aria entra all’interno delle
vie respiratorie del pz, quando espira l’alto flusso che mantengo sulla fonte di O2 lava l’aria inspirata del pz
evitando così che il pz ri-inspiri l’aria povera di O2 e carica di CO2

Condizioni per lo svezzamento:


 Al mattino, quando il pz è riposato e vi è maggiore disponibilità di professionisti
 Il pz dovrebbe essere sveglio e collaborante, apiretico e con supporto pressorio minimo
 Il pz deve essere posizionato (semi)seduto ed informato della manovra
 È necessario procedere all’aspirazione delle secrezioni endotracheali e dell’orofaringe
Per estubare il pz, la decisione è del team. L’infermiere ha il punto di vista assistenziale, il medico quello clinico e
devono essere combaciati. Il punto di ista assistenziale = se penso di svezzare il pz lo devo fare anche in condizioni
organizzative ottimali.

Modalità di svezzamento
CO2 di fine espirio (Etco2) ritorna nelle altre lezioni precedenti.
È la quantità di anidride carbonica registrata al termine dell’atto respiratorio nei pz con ventilazione meccanica
invasiva. Perché al termine? Perché nell’inspirio non c’è CO2, perché la CO2 che misuro alla fine della fase
espiratoria è la CO2 che viene dalle zone basse del mio albero respiratorie, quindi dagli alveoli. Ciò dipende da
quanto ventila il pz, dagli scambi alveolari, quindi uso la CO2 di fine espirio come un indicatore surrogato della
pressione parziale di anidride carbonica che c’è nel sangue del pz.
È come se io continuamente avessi un dato di emogas. Non c’è una corrispondenza perfetta tra CO2 presente nel
sangue e in quella espiratoria. Solitamente quella inspirata è sempre
inferiore ma se io conosco qual è il delta, posso avere un idea
abbastanza precisa.
I sistemi che ho a disposizione son odi due tipi:
 Sensori mainstream ovvero sensori in linea sul circuito
respiratorio
 Sensori Sidestream  sensori che campionano l’aria espirata
dal pz e leggono la quantità di CO2 presente al suo interno
sono sensori che campionano l’aria inspirata del pz e leggono la
quantità di CO2 che è presente al suo interno. Trattandosi di un dato
che cambia nel ciclo respiratorio del pz oltre che il numero io posso
visualizzare la curva. In una condizione ideale è fatta: X tempo, Y
quantità di CO2. Rispetto a duna curva respiratoria, ci sono analogie o differenze? All’inizio siamo in inspirio e
raggiunge un piccolo platea nella fase espiratoria.
Se ho il monitoraggio della CO2 a fine espirio posso derivare un altro parametro: FR perché dal punto A al punto E
ho un atto respiratorio. La CO2 di fine espirio ci consente di avere delle informazioni:
Se ho pz con secrezioni bronchiali che producono vibrazioni derivanti dal passaggio dell’aria, la curva della CO2
assume una morfologia a dente di sega. (tipo flutter)
Nelle condizioni ostruttivo/restrittive: il deflusso della CO2 dalle vie respiratorie del paziente può essere
condizionato dal fatto che in quelle vie respiratorie ho una condizione cronica, la pendenza della curva è meno
ripida, la CO2 esce più lentamente.
Trattandosi di un dato che deriva da alterazione del sistema circolatorio e polmonare nelle condizioni di
alterazione delle funzioni cardiocircolatoria (condizioni di bassa gittata), è un pz dove trovo una riduzione del dato
di CO2 anche nel monitor non perché il pz ne produce di meno ma perché il flusso di sangue che arriva al
polmone si riduce e conseguentemente anche laCO2 che il pz espira è minore.

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ASSISTENZA AL PAZIENTE CON ALTERAZIONI DELLA FUNZIONALITA’ NEUROLOGICA

Quando facciamo valutazione neurologica di un pz non utilizziamo un'unica modalità. La valutazione richiede da
parte dell’operatore la scelta e l’impiego di strumenti che sono adeguati per quella condizione clinica e per quel
momento. Quando faccio valutazione neurologica valuto sia funzioni che sono basilari e ancestrali.
Posso valutare anche la risposta ad uno stimolo doloroso che è una risposta più elaborata, ad uno stimolo verbale
sia in termine di esecuzione dell’ordine ma anche di coerenza di ciò che mi viene dato.
Valuto sempre (almeno 1 volta x turno) la presenza di dolore. In determinate situazioni indago la presenza di
alterazioni cognitive che possono descrivere una condizione di delirium, che non è il sintomo delirio dei pz che
hanno la schizofrenia. Il delirio è un sintomo, il delirium è una sindrome.
Quando faccio valutazione neurologica non trascuro di fare un assessment anche del livello di sedazione. Di fatto
la performance è un qualcosa di complesso che noi fondiamo e valutiamo sulla presenza o assenza di una serie di
manifestazioni. A differenza di quello che facciamo con il monitoraggio emodinamico pressione e FC. Nella
valutazione neurologica consideriamo per prime le manifestazioni più evolute. Con l’assessment neurologico la
prima cosa che valuto non è se il pz ha o no il riflesso, ma valuto se è o no cosciente, se ha dolore o no.

Quando valuto un pz valuto sia elementi che hanno a che fare con funzione corticale (pz ha un movimento intatto,
è orientato nel tempo e nello spazio e mi dà risposte che sono coerenti e ha una reattività negli stimoli) e funzione
sensoriale (il pz è in grado di percepire uno stimolo termico oppure uno stimolo tattile).
Funzione corticale:
 Risposta a stimoli esterno
 Stato mentale e capacità cognitiva
 Funzione motoria

Quando faccio valutazione della coscienza considero lo stato mentale del pz , la sedazione e il delirium. Questi tre
elementi assieme mi descrivono in maniera composita l ostato mentale di una persona che sto valutando. In
queste condizioni parto sempre dalla funzione di base. Non posso avere un pz disorientato se il pz è incosciente.
 Valutazione dello stato mentale:
 Coscienza
 Livello di sedazione
 Delirium
 Valutazione della funzionalità dei nervi cranici
 Diametro e reattività pupillare
 Valutazione attività motoria e funzione sensitiva
 Valutazione del dolore
Le alterazioni neurologiche si muovono da uno stato di veglia di comprensione del pz fino alla morte cerebrale.

La locked-in pz ha percezione dell’ambiente esterno ma non percepisce nessuna risposta. L’unica condizione
considerata è la condizione di morte cerebrale. Nei pz con
problematica di tipo neurologico l’esito che vado ad
osservare può essere un esito che richiede tempo per essere
considerato definitivo e quindi richiede tempo per essere
diagnosticato. Tra queste l’unica condizione è il delirium

VALUTIAMO LA COSCIENZA (GCS)


 Coma se punteggio totale < 8
 Buona misurazione del livello di coscienza, poco
appropriata per valutazione del livello di sedazione
 Non applicabile a pz intubati

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GCS score che ci consente di valutare la vitalità del pz. Faccio una domanda al pz e valuto la presenza e
l’appropriatezza della risposta. Applico uno stimolo tattile di intensità più elevate fino ad avere qualche risposta. I
punteggi GCS bassi descrivono delle progressioni di deterioramento. Il punteggio minimo di GCS è 3, se punteggio
< 8 pz in come. Punteggio massimo 15.
Qual è un limite di questa scala? Non tiene conto del pz con demenza ad esempio. Pz intubato.
Se ho un pz con una lesione midollare, l’item della valutazione motoria non è applicabile quindi la utilizzo in
maniera completa. Questo vuol dire considerare il migliore strumento per il pz che ho davanti. Se ho un pz che ha
lesione midollare a livello cervicale che abbiamo fatto la tracheostomia, ho un apertura di occhi spontanea, ho un
punteggio di 9 in complessivo. Se do 1 alla risposta motoria non è utilizzata in modo appropriato. La presenza di
condizione di coma ci dice che il pz ha maggiore probabilità di non sopravvivere.

FOUR SCALE
Valuta 4 item, con punteggi che anno da 0-4. Punteggio minimo è di 0. Il punteggio massimo è di 16. Ci consente
di valutare con migliore accuratezza i pz che sono sottoposti a ventilazione meccanica.

RASS SCORE
L’altro aspetto che valuto è la sedazione perché è sicuramente un elemento fondamentale delle cure. Rispetto a
ciò che facevamo 30 anni fa l’importanza e l’utilizzo die farmaci sedativi è cambiata nel tempo. La sedazione la
dobbiamo fare ma non con lo scopo di abbattere la coscienza, bensì deve consentirmi di avere un pz che tolleri i
trattamenti e ambiente circostante e che non percepisca dolore. In questo senso gli strumenti che utilizziamo ci
aiutano notevolmente. La sedazione è qualcosa che noi moduliamo continuamente. Cosa ci aiuta a modulare i
farmaci sedativi? Le scale di sedazione che utilizziamo, tra queste è la RASS. A differenza della GCS e FORE valuta
la condizione di tranquillità che il pz manifesta e lo fa sul continuo.
I punteggi negativi indicano una progressiva riduzione dello stato di veglia e descrivono una condizione per cui per
risvegliare il pz devo applicare stimoli sempre più intensi. I punteggi negativi vanno da -1 a -5.. -1 indica pz
soporoso, -5 pz non risvegliabile. I punteggi positivi vanno da +1 a +4, e indicano condizioni di progressiva
agitazione fino alla pericolosità del pz.
si punta al punteggio 0, i punteggi negativi indicano una progressiva riduzione dello stato di veglia e descrivono
una condizione per cui per risvegliare il pz devo applicare stimoli sempre più intensi (da -1 soporoso a -5 non
risvegliabile), i punteggi positivi vanno da +1 a +4 e indicano condizioni di progressiva agitazione fino alla
pericolosità del pz.

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Qual è il target di RASS di un pz che vogliamo avere? 0. Se ho un pz post chirurgico che ha come obbiettivo quello
di essere svegliato ed estubato 0 e -1 mi va bene, se ho un pz con trauma cranico grave è un pz che non voglio
tenerlo sveglio, nelle prime fasi si agisce per garantire un’azione di protezione, così si riducono ole richieste
metaboliche e su questi pz non miro allo 0 o al -1 ma miro ad avere un -3 o -4 .
Non è mai desiderabile l’attribuzione di un punteggio
positivo sulla scala RASS, perché la progressiva
irrequietezza/agitazione fino a comportamenti aggressivi,
è qualcosa che pesa in modo importante sull’operatore,
perché aumenta il carico del lavoro e impatta sulla qualità
percepita dell’operatore, in più se ho un pz agitato, lo sedo
oppure lo contengo. Anche la sedazione è contenzione. Un
pz diventa agitato quando è ipossico. Ma anche perché è
un pz che è in astinenza da sostanze, o perché sta
sviluppando una condizione di delirium. Quindi il target
dipende da ciò che vogliamo fare su questo malato. Se
abbiamo necessità di avere pz collaborante ci teniamo su
score di 0 o -1. Non puntiamo mai allo score +. Non si
applica questa scala ma soltanto osserviamo il pz. Se ho un
pz con punteggio negativo ho bisogno di applicare die
stimoli. Se luigi apre gli occhi e mi guarda  RASS -1. Se il pz apre gli occhi e mi guarda per poco tempo o non è in
grado di agganciare il mio sguardo, o non pare gli occhi ne se lo chiamo se lo scuoto ecc  RASS -2, -3, -4, -5.
La RASS è una scala soggettiva e quindi ci può essere una variabilità tra gli operatori. Nella valutazione die
punteggi negativi l’apertura degli occhi e il mantenimento del contatto visivo non sempre è valutato così preciso .

VALUTAZIONE DEL DOLORE


Il fatto che il pz non ha uno stato di veglia non vuol dire che non abbia
 Self-report quando possibile
 Scale analogiche (visive, numeriche)
 Score comportamentali
Non mi baso solo sull’alterazione della FC, pressione, FR perché ci
possono essere condizione di alterazione respiratoria e
cardiocircolatoria, oppure presenza di altre patologie. Noi sappiamo
che il dolore è qualcosa di soggettivo dal punto di vista della
percezione e attribuzione. Ci sono situazioni in cui il pz dà una risposta
che palesemente non è affidabile anche se ci viene detto che il self-
report dl pz è quello che ci guida.
La valutazione del dolore con scale comportamentali viene fatta con
BPS e CPOT
BPS valuta 3 item del pz:
 Mimica facciale
 Arti superiori
 Adattamenti alla ventilazione
Con punteggi che vanno da 1-4, dove 1 descrive la condizione di benessere e 4 la condizione di massimo
deterioramento per quel item. Il punteggio minimo è di 3 che mi rappresenta un pz adatto alla ventilazione, il
punteggio massimo è di 12 che mi descrive un pz con dolore importante. Il cutt-off per valutare la necessità di una
terapia analgesica è di 6 se ho il pz a riposo e di 8 per il dolore incident. Quando faccio la BPS e la RASS? Una volta
per turno, quindi quando faccio il primo assesment del pz, e poi ogni volta che valuto o sospetto che ci sia un
cambiamento nelle condizioni cliniche.

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Dove non posso applicarla o che può avere un’applicazione limitata? Nel pz plegico, pz con deterioramento
cognitivo che manifestano con mimica facciale che diventa inespressiva, in tutte le condizioni degenerative del
SNC. Nel pz in terapia intensiva quando ho un malato curarizzato. Se ho un curaro in IC prescritto in terapia la
RASS in quel momento non è valutabile  ciò non vuol dire che il pz non abbia una percezione, il pz dovrebbe
essere in coma mentre fa il curaro. C-POT (vedi pagina 170 del libro). Valuta l’espressione facciale, movimenti
corporei, presenza di vocalizzazioni, interazioni con il ventilatore e il tono muscolare e assume punteggi che vanno
da 1 a 3.

VALUTAZIONE DEL DELIRIUM


Il delirium è una sindrome che può colpire una larga % di pz. Il fatto che il pz sviluppi questa sindrome è un
perditore negativo perché sono persone che hanno un rischio di mortalità alto e rischio di fare altre complicanze.
È diverso dal delirio delle condizioni psichiatriche, è una sindrome che può colpire molti pazienti; è un perditore
indipendente di esiti negativi rispetto a chi non sviluppa questa sindrome. I pz con delirium è disorientato, ha una
serie di manifestazioni dove non sa dove sia. C’è la presenza di allucinazioni. Perché viene il delirium ai pz
ricoverati in T.I? è una sindrome multifattoriale ed è difficile identificare un’unica causa sia come responsabile sul
singolo pz sia come causa generale. Posso esserci condizioni organiche, metaboliche, possono esserci situazioni
legate per l’utilizzo di farmaci. Succede più spesso id notte, e un motivo è la privazione del sonno e la perdita di
riferimenti ambientali. Il delirium lo classifichiamo in 3 categorie:
Iperattività del pz  è più facile da identificare perché il pz è agitato; Ipoattive  sono quelle più largamente
sconosciute perché vediamo il pz tranquillo nel letto e mai ci viene in mente di chiederli.
Misto  pz alterna delle fasi di delirium iperattivo con quelle ipoattive.
Come facciamo a definire che il pz ha un delirium? Anche qui son ostate introdotte delle scale:
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 CAM
 CAM ICU (per le T.I)
 ICDSC  insensitive care delirium screening checklist
Entrambi sono sistemi affidabile ma hanno modalità di impiego che differiscono l’uno dall’altro.
l’altro strumento per la valutazione del delirium è l’ICDSC (intensive care delirium screening checklist, usata per
un lasso di tempo più lungo hanno elevata accuratezza e richiedono minimo addestramento oltre che sono
applicabili velocemente. Gli interventi possibili per risolvere la condizione di delirium sono: tranquillizzare il pz,
riorientamento spazio-tempo del pz, minimizzo gli stimoli negativi, fornire spesso indicazioni spazio tempo in
prevenzione dello sviluppo di delirium, concentrare le operazioni invasive e dolorose durante le ore diurne
(sempre in prevenzione), sospendere farmaci non appena ne ho la possibilità. Quando ho un delirium iperattivo
metto contenzioni, anche e dipende dalle condizioni organizzative. Cerco di limitarle queste contenzioni. Facilito
la presenza del familiare. Devo fare tutte le cose che mi aiutano a ridurre l’entità della sintomatologia o a
peggiorare la sindrome. Se non tengo sotto controllo non bisogna aver paura del farmaco. Il primo farmaco è
l’Aloperidolo somministrato a bolo e in molti casi riesce a interrompere la sintomatologia. Può dare sonnolenza o
comunque una riduzione dell’iperattività del pz e finito l’effetto il pz ha un orientamento più efficace. Quello che
dovremo evitare sono le BDZ.
19.11.18
VALUTAZIONE REATTIVITA’ PUPILLARE
Midriasi bilaterale: anossia/ischemia severe; compressione bilaterale del III NC. Miosi: danno pontino, overdose
da farmaci, oppiacei. Alterazioni unilaterali: danno al III NC ipsilaterale.
Valutazione delle pupille vediamo la forma (circolare) se non è identica  anisociclia, le pupille del giusto
diametro vengono definite isocoriche, reattività alla luce  fotoreagenza. Andiamo ad osservare la midriasi
(dilatazione della pupilla) anossia cerebrale ci da questa condizione o un danno ischemico, miosi (restringimento
delle pupille) viene data questa condizione l’overdose da farmaci e danno nervo pontineo.
Valutiamo la fotoreagenza del pz aprendogli occhi aspetto un po’ per fare in modo che si adatti la pupilla, con una
lucetta dall’esterno puntiamo sulla pupilla per vedere la reazione, andiamo a valutare almeno ogni turno e
dipende dalle condizioni del pz. se ho un pz in condizione di incoscienza e deve essere risvegliato vado a includere
anche il test della reazione pupillare.

Pressione intracranica
Pressione all’interno della scatola cranica dato dal Liquor, encefalo, quota di sangue. Ci interessa sapere i valori
della pressione in quanto la scatola cranica è un compartimento non estensibile, anche piccole variazioni di
pressione intracranica possono causare danni all’encefalo.
ICP: pressione arteriosa media (pressione all’interno della circolazione media, data dalla somma della sistolica e il
doppio della diastolica/3) – pressione di perfusione cerebrale.
Quando andiamo a misurarla? Non a tutti i pz che hanno un danno neurologico, quando abbiamo un danno
cerebrale l’esito dipende da due fattori:
1 danno primario dipende dall’entità della zona ischemica;
2 danno secondario il primo insulto scatena un genere di carattere infiammatorio e metabolico con comparsa di
edema cerebrale. L’aumento della pressione aumenta il danno ischemico. Valori normali ICP (10-15 mmHg) con
capo alzato a 30° posizione eretta la pressione tende a ridursi, fino a 20mmHg si riesce a compensare e tenere
sotto controllo, sopra diventa un ostacolo importante.
Andiamo a misurare attraverso un catetere extradurale, sub-aracnoide, ventricolare (meglio ho un valore più
certo), intraparenchimale, sottodurale, vengono collegati ad un canale di trasduzione, il catetere che vado a
inserire serve anche per drenare il liquor. Se l’assorbimento o il flusso viene ostacolato avere un catetere che mi
permette di drenare il liquor mi permette di tenere controllato anche la pressione intracranica.
I valori di PIC si aggirano tra i 10 – 15 mmHg, se in questo sistema si sviluppa una massa vengono messi in atto dei
meccanismo di compenso che dipende dalla grandezza della massa, una massa liquida o soda non può portare via
all’encefalo ma va a ridurre il liquor (assorbito in quantità maggiore), sangue che viene aumentato cercano di

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tenere un omeostasi di compenso, se questa massa aumenta ancora il meccanismo di autoregolazione può non
essere efficace si sviluppa una ICP importante 30 – 35 mmHg ostacola il flusso cerebrale normale. Ipocapnia
(vasocostrizione che peggiora la condizione di perfusione dei vasi stessi).

Assistenziale
Si limitano le manovre che aumentano la ICP, e favorisco le manovre che riducono la pressione IC, decidere sulle
manovre di nursing o farle aumentando la sedazione o la curarizzazione. La broncoaspirazione va fatta su un dato
clinico e sul livello di sedazione. Pz mantenuti supini a 30° schienale, capo in linea asse del corpo per prevenire
anche minime occlusione dei vasi che possano dare un ostacolo al flusso ematico, teniamo controllato la
pressione sistemica, T° corporea  rischio infettivo, aumenta la contrazione muscolare, aumenta la domanda
metabolica  richiesta più O2 e quindi più flusso, controllo il tidal della CO2, no ipercapnico viene regolata
attraverso un meccanismo di vasodilatazione periferica determina una caduta della resistenza capillare con
conseguenza ulteriore edema, e no ipocapnico aumento delle resistenze capillare con aumento della pressione IC.
Terapia iperosmolare: farmaci che richiamano acqua dal comparto vascolare che poi devo ridurre con le urine.
Se questi interventi non hanno esito positivo si va a fare la craniotomia decompressiva (si rimuove parte della
scatola cranica una piccola apertura che permette all’encefalo di espandersi).

IPHM INTERVENTIONAL PATIENT HYGIENE MODEL


Interventi che fanno parte delle cure igieniche del pz, che vengono messe in relazione con una serie di esiti
assistenziali importanti.
Lavaggio delle mani è importantissimo in quanto esse sono il primo veicolo per la trasmissioni di infezioni, il
lavaggio deve essere adeguato sia con la frizione alcolica sia con acqua e sapone. Cure igieniche di base cavo orale
e occhi, movimentazione precoce del pz, bagno a letto, infezioni da catetere correlate all’assistenza in H.

Prevenzione da infezioni associate a catetere intravascolare


Batteriemia successiva a inserimento di cat. intravascolare, associata ad aumento della mortalità con un incidenza
che va da 1.234-4-4/ catetere giorno. Va valutato molto la sede di inserimento del catetere, la preferenza è
l’inserimento in succlavia, secondo giugulare e ultimo femorale (dipende dal tipo di catetere, da cosa devo fare).
Altro fattore di rischio è il n° di manipolazioni che facciamo sul catetere.
Come faccio prevenzione? CDC Atlanta line guida.

Diagnosi
Emocolture da fare in coppia (2 set da sedi differenti di prelievo), indicazioni cliniche dicono che dovrei fare
coltura da ogni catetere che ho in sede. Faccio diagnosi di batteriemia se isolo lo stesso microrganismo da
entrambi le sedi e se le unità formanti colonie sono superiori in sede CVC (2 h prima).

La fase pre-analitica delle emocolture è la fase più importante mi può dare falsa diagnosi, il pz andrebbe colturato
ad ogni picco febbrile, faccio disinfezione della cute in sede prelievo (soluzione alcolica, clorexidina ha un azione
di 24h). le emocolture vanno gestite in asepsi 1 operatore guanti sterili, vengono usate delle barriere cuffie e
cappellino, vanno disinfettati anche i gommini delle bottiglie, per avere una crescita adeguata di germi devo avere
un valore di sangue adeguato solitamente 20ml. Meccanismo fisiopatologico è dato da n germe che entra nel
torrente ematico (può essere proveniente dall’ambiente  mani operatore, o dalla cute del pz). Ridurre le
manipolazione e decontaminare gli HUB con clorexidina 2%, fare lavaggio mani, coprire il rubinetti con capuccetti
apposti.
L’altra situazione di trasmissione di infezione potrebbe essere attraverso le soluzioni di somministrazione, più
difficile, o attraverso la non disinfezione adeguata della cute del pz per una medicazione ad esempio. L’operatore
che inserisce il catetere deve avere i DPI adeguati e mettersi in asepsi. Il germe patogeno da un'altra sede di
infezione può diffondersi nel torrente ematico contaminando il catetere dall’interno.
Indicazioni per evitare contaminazione del catetere:

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 Scelta zona catetere evitare sede femorale
 Lavaggio mani
 Antisepsi cutanea clorexidina 2%
 Rivalutazione giornaliere del mantenimento catetere in sede
 Decontaminazione dei raccordi
 Medicazione trasparente per valutazione quotidiana e immediata della sede
 Sostituzione linee infusive (ogni 12 ore) se farmaco viene manipolato scende il cambio ogni 6 ore.
 Sacche parenterale cambiate ogni 24h

Prevenzione del tratto urinario CV


Tendiamo a pensare meno all’infezione urinaria, gli studi dicono che sono frequenti e danno esiti importanti,
infezione che coinvolge tratto urinario compreso il rene che si sviluppa a pz con CV a permanenza. La definizione
successiva a incluso anche il criterio microbiologico ed ha inserito soprattutto i segni clinici escludendo quelli
attribuiti ad altri tipi di infezione.

L’incidenza non è trascurabile perché si arriva al 36% delle infezioni acquisite in H, sono più a rischio anziani,
anemici, iperglicemici, immunosoppressione aumenta il rischio. Fattori legati al pz shock cardiogeno fattore
predisponente.
Patogenesi endoluminale o extraluminale che viene dall’esterno o che viene dall’interno  torrente circolatorio.
La prevenzione è fondamentale. In terapia intensiva il catetere viene messo solitamente per monitorare la diuresi
(0,51/kg ora dovrebbe urinare). Per incontinenza va gestita in altri modi non con la cateterizzazione.
Devo mantenere il mio sistema chiuso, evitare disconnessioni, la sacca va mantenuta sotto il livello della vescica
facilita il deflusso, igiene del meato urinario (acqua e sapone no disinfettante).

CAUTI bundle:
 Igiene delle mani prima dell’inserzione e delle manipolazioni
 Mantenimento di flusso urinario adeguato per ridurre la formazione di cristalli
 Livello e gestione della sacca di raccolta
 Criteri standardizzati per la diagnosi

BI: quantità in entrata e quantità in uscita, controllo per evitare un sovraccarico, evitare una disidratazione,
controllo farmaco. Impossibile avere un bilancio millimetrico il peso lo teniamo come trend (non è detto sia acqua
potrebbe essere perdita massa muscolare). Edema è una perdita di liquido intravascolare ma non quantificabile.

26.11.18
IPHM (INTERVETIONAL PATIENT HYGIENE MODEL)
Questo modello è ideato e diffuso da un’infermiera statunitense. Questo modello delinea un concetto di igiene
che va al di la di che siamo abituati.
Le persone che accedono alle cure ospedaliere, qualsiasi sia il contesto, vanno spesso incontro ad una serie di
complicanze che vanno sotto il nome di “condizioni/complicanze acquisite all’interno di strutture ospedaliere”

All’inizio non era stato inserito il bundle della cura igienica delle mani (importantissima in quanto prima fonte di
trasmissione di germi al pz).
Igiene delle mani pre-operatoria ha molta importanza, dispositivo di utilizzo (soluzione alcolica uso ottimo, ma ha
dei limiti per dei germi). Cura delle mani degli operatori.
Prevenzione delle polmoniti: testiera del letto a 30- 45°, prevenzione dell’ulcera peptica, uso di clorexidina per
l’igiene orale.
Dermatiti causate da incontinenza urinaria piuttosto che fecale (aumento della condizione umida della cute)
utilizzo di creme protettiva, dispositivi per mantenere la cute asciutta. Valutazione cute, valutazione condizioni a
rischio.

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Interventi atti alla gestione del pz atti ad evitare complicanze, mobilizzazione del pz a letto previene sia le LDP ma
anche riduce il rischio di polmonite da ventilazione meccanica, gestione di stipsi e gestione del sonno del pz. in TI
cambiano gli stili di vita, può avere una condizione stipsi per la riduzione di mobilità, l’alimentazione diversa, l’uso
di farmaci.

Stipsi: paralisi de tratto gastro-intestinale superiore ai 3 gg, indipendentemente se il pz ha una peristalsi attiva o
non attiva, può avere un insorgenza precoce o tardiva. Non abbiamo una definizione universale di stipsi,
comprometto lo studio di prevalenza, (50% nell’arco della degenza in TI, dipende molto dal contesto, in certe
situazioni si può superare l’80%). Curare la stipsi è importante per la gestione del dolore, per migliorare la
condizione di confort del pz, il mancato transito se non favorisce il transito dell’ammonio può esserci causa di
delirio, hanno tempi di svezzamento più grandi, stipsi impatta anche sull’adeguato assorbimento dei nutrienti per
via enterale. Farmaci come oppiacei riducono la motilità intestinale causando stipsi per maggior assorbimento di
acqua a livello intestinale, uso dei diuretici in quantità massive, inotropi e vasopressori possono ridurre l’acqua a
livello intestinale portando a stipsi. Condizioni di shock, basse gittate, bassa ossigenazione, chirurgia,
somministrazione tardiva dei nutrienti è stata associata a peristalsi. Hanno effetti non trascurabili:
 difficoltà a svezzare
 Aumenta dell’incidenza di infezioni del processo di svezzamento
 Aumento dell’incidenza di infezioni batteriche e VAP
 Aumento dei tentativi di svezzamento falliti
 Aumento della durata della degenza in ICU
 Aumento incidenza delirium

Trattiamo con protocolli, dieta ricca di fibre e acqua, uso di lassativi o clisteri. Lassativi di massa, lassativi osmolari,
stimolanti, emollienti. Pro cinetici (plasil), uso del clistere, uso di Naloxone (antagonista degli oppiacei).

DIARREA
Alterazione quali-quantitativa delle feci, che assumono consistenza liquida o semiliquida, hanno volume superiore
a 300 ml/die e una frequenza di eliminazione > 3-4 volte/24 h. 37% dei giorni di osservazione, 12% di prevalenza,
difficoltà nell’accertamento, peso >250 – 300g (ESICM group on abdominal problems) associate ad aumentata ICU
– LOS e mortalità.
Aumenta la mortalità in quanto aumenta ka malnutrizione, aumenta il rischio di LDP, e infezioni. Gli agenti
osmotici somministrati attraverso via enterale (aumentano la
liquidità delle feci), farmaci antibiotici possono dare diarrea,
nutrizione enterale può causare questo effetto (intolleranza,
non compatibilità).

Trattamento:
Utilizzo di fibre (solubili/insolubili; utilizzo routinario non
raccomandato; cautela nei pz emodinamicamente instabili)
dobbiamo utilizzare fibre insolubili.
 Prosecuzione della NE
 Scelta della soluzione nutrizionale
 Mobilizzazione precoce
 Standardizzazione dei trattamenti attraverso
protocollo
 Gestione dell’incontinenza

LIVELLI DI RUMORE RACCOMANDATI


I livelli di rumore non dovrebbero superare i 40 dB (30 nelle
stanze di degenza) e non dobbiamo superare i 35 dB durante la
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notte. I tecnici che hanno rilevato i livelli di decibel in reparto hanno notato che si supera spesso la soglia dei 50
dB.
Impianti di condizionamento, luci, monitor di computer, allarmi (72 – 77 dB), carrelli, ventilatori (76 dB), letti,
conversazioni degli operatori (59 – 90 dB), TV, rubinetti dell’acqua, telefono, porte, pompe infusionali (73 – 78
dB).
Le maggiori cause di rumore è comunque dato dagli operatori che mantengono un tono di voce elevato.

Livelli persistenti di rumore (anche a 60 dB) sono stati associati all’aumento della pressione arteriosa e
dell’increzione di cortisolo salivare. Frequenza, prevedibilità, contenuto, piacevolezza e caratteristiche temporali
influenzano la percezione del rumore ambientale e il livello di disturbo che ne deriva. In ICU l’effetto più evidente
si manifesta sulla perdita di sonno.
Il rumore è una delle cause di interruzione del sonno nei pazienti in ICU (Friedman et al., 2001; Young et al., 2008)
Tra il 17% e il 56% dei risvegli dei pazienti sono provocati dal rumore (Xie et al., 2009)
Differenza significativa tra il numero di risvegli che si verificano in momenti rumorosi e di silenzio

DEPRIVAZIONE DI SONNO
Fattori che condizionano la qualità del sonno in ICU
o Rumore ambientale
o Prolungata esposizione alla luce artificiale
o Dolore/condizione di malattia
o Ansia, forme di psicosi
o Attività assistenziali sui pazienti
o Asincronie VAM
o Mediatori dell’infiammazione
o Agenti farmacologici
o Aumento dell’inscrizione di cortisolo
o Ridotti livelli di melatonina endogena
o Disordini del sonno pre-esistenti

Effetti della deprivazione di sonno: possiamo chiedere al pz se ha dormito, ma potrebbe essere non attendibile,
ma anche la valutazione dell’operatore. La valutazione della qualità del sonno lo posso fare con la polisonnografia.
Gli effetti sono non trascurabili perché hanno a che fare con principali funzioni vitali del pz.
Valutare la condizione emodinamica del pz, prima di impostare gli intervalli di allarme.

Gestione ambientale:
pulizie in ore diurne, tono delle conversazioni basse, adeguamento delle luci, “quiet shoe rule”, per favorire il
sonno e il riposo devo gestire il dolore del pz, ottimizzazione del ritmo circadiano, periodo di riposo diurni,
condizioni ottimali per il sonno notturno.

LDP
Lesione localizzata della cute e/o dei tessuti sottostanti, che si sviluppa, solitamente a livello di una prominenza
ossea. Sono causate dalla pressione o dalla combinazione di quest’ultima con la frizione e/o sfregamento,
prolungata, che può essere esercitata da una superficie esterna.
Prevalenza: in Europa (4-60%), in Italia (8-26%); incidenza: (5-20 in Europa).
Utilizzo delle scale per le LDP Norton, Braden, Waterloo, la Push valuta le lesioni già presenti. In terapia intensiva
si è deciso di mettere i pz come se fossero tutti a rischio di LDP (materasso AD).
5.12.18

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Scala Cubbin Jackson
Scala complessa costituita da 10 item (età, peso, condizioni di cute,
stato mentale, mobilità, emodinamica, respirazione, nutrizione,
incontinenza e igiene), il punteggio va da 1 a 4. È lo strumento che
meglio descrive il rischio di LDP.

Cohmon Index
Da un punto di vista di potenzialità dello strumento ha riscontrato
buoni risultati nella determinazione delle LDP, prendendo come dati
livello di coscienza (scala rass), mobilità, livello emodinamico,
ossigenazione, nutrizione.
Esistono fattori di rischio indipendenti e sono le condizioni che
determinano iper-ossigenazione e ipo-ossigenazione, un pz che ha
una condizione di ipossia e in ventilazione meccanica mi riduce il
rischio.

Nso in ICV
Lesioni acquisite durante l’ospedalizzazione, prende come
riferimento dolore, cadute, PU e DRPU, utilizzo di contenzioni fisiche mi possono aumentare il rischio di cadute,
aumento di disconfort e dolore.
Tra le LDP abbiamo una sottocategoria legata alle lesioni da devices (calze tromboembolica, cateteri, SNG, etc).

ICV – AW (debolezza riduzione forza muscolare durante la degenza in TI)


Severità della malattia, SIRS e OF (organo failure), durata VAM, ICV – LOS (durata dell’ospedalizzazione),
alterazioni biochimiche, NPT, steroidi, curari questi sono i fattori di rischio che possono portare ad una perdita di
massa muscolare, ci interessa perché impatta su tutti gli esiti del pz e sul suo recupero. Fare attività fisica
controllata a questi pz impatta molto sulla qualità di vita e sul recupero post- TI. Non tutti i pz però sono
candidabili per la mobilizzazione attiva deve avere un minimo stato di veglia, non ci devono essere condizioni
cardiovascolari di nuova insorgenza.
Posturare il pz che non hanno la capacità di mobilizzarsi da soli, interventi atti per fare in modo che il pz attivi
certe masse muscolari.
Più il pz è sedato più sarà difficile attuare degli interventi di mobilizzazione, per tutti va fatta una mobilizzazione
con testa inclinata a 30-45°, dopo che il pz recupera una coscienza minima viene aumentata la testiera del letto a
60° per 30 min almeno 1 volta per turno. Se il pz tollera lo portiamo fino a 80° che a questo punto si può utilizzare
le sedie cardiologiche (sono delle specie di letti con la capacità di articolarsi fino a diventare delle sedie), è stato
visto che fa più male che bene. Va tenuto il pz seduto sul letto con le gambe fuori, fin quando non arriva alla
condizione di camminare, se governiamo solo la testiera del letto facciamo al pz ginnastica passiva, se invece lo
aiutiamo a tenere le gambe fuori dal letto andiamo ad agire anche sulla mobilizzazione degli arti inferiori facendo
ginnastica attiva. Mai lasciare il pz completamente immobile (impatta anche sulle condizioni propriocettive), è una
pratica lunga che si impiega per mobilizzare il pz (2h circa).

ABCDEF bundle
Insieme di interventi (max6) che quando vengono messi in
atto tutti insieme danno un effetto superiore rispetto alla
somma dei singoli interventi  fare trial di respiro
spontaneo riduce di un giorno e mezzo la durata della
ventilazione meccanica; svezzare i pz dalla sedazione per
brevi intervalli di tempo ogni giorno riduce di 2gg la
durata della VAM e 3,5 la durata di degenza in TI;

START
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Se il pz è reattivo alla stimolazione verbale posso pensare di fare un trial di respiro spontaneo, devo valutare
l’adeguatezza della respirazione e il non eccessivi supporto respiratorio, il fatto che non ci siano interventi
respiratori in atto, e il fatto che il pz sia collaborante. Se non c’è uno di questi criteri rimando il trial al turno
successivo, se il pz riesce a fare il trial respiratorio allora posso provare a estubarlo, se ho un pz che non è
responso verbalmente prima di fare il trial respiratorio andrò a fare il trial verbale per vedere se è risvegliabile.
Posso valutare di toglierli il propofol per vedere se è responsivo, se si agita lo devo ri-sedare e provare il giorno
dopo.

Cure igieniche nel pz critico


Lo consideriamo come un intervento di base non prescindibile:
 Garantire il confort e dignità della persona
 Mantenere un equilibrio della flora microbica, controllo infezioni
Igiene intima a letto del pz, le raccomandazioni sono sempre più verso l’utilizzo di materiale monouso e
detergenti con la clorexidina all’interno per ridurre l’insorgenza di MDR. Il pz va ispezionato dalla testa ai piedi in
quanto possiamo notare delle condizioni della cute che ci possono indicare l’insorgenza di peggioramenti o
infezioni. Non facciamo le cure igieniche a tutti i pz perché anche se una manovra possa sembrare banale non è
scevra di complicanze.
 Inginocchiamento delle vie di somministrazione dei farmaci
 Estubazione accidentale, ostruzione del tubo e disconnessione del ventilatore
 Stimolazione dei pz, con alterazioni dei parametri vitali
 Alterazione della T°
 Dolore
Particolare attenzione ad alterazione SvO2, PIC, PAS, T° dell’acqua. Non vado a fare pratiche di igiene se pz è
ustionato, è in ipotermia, ha brividi. Assolutamente da fare l’igiene su pz pre-operatorio, se ha diarrea, se ha
infezione.

Cure speciali
Cavo orale va fatto a tutti, riduce il rischio infettivo nel pz intubato si modifica la flora batteria entro le 48h. da
comfort generale al pz, riduce il rischio infettivo e di ab-ingesti.
Cura del cavo orale c’è un importanza nell’uso di protocolli, il pz dovrebbe stare semi seduto con il capo
leggermente ruotato, va ispezionato il tubo tracheale, aspirate le secrezioni, spazzolamento (con spazzolino
pediatrico sembra migliore) dei denti e delle gengive, se pz è in grado gli facciamo fare i risciacqui, umidificare la
mucosa della bocca.
Meglio spazzolino o tamponi? Se il pz è responsivo si può chiedere cosa preferisce, non c’è un preciso momento o
volte di utilizzo. No utilizzare bicarbonato, soluzione salina, clorexidina sembra aver dimostrato il maggior confort
per il pz e miglior efficacia (riduzione incidenza VAP, attiva per 8-24 ore, alterazione della sensibilità e dello
smalto, inattivata da componenti delle paste dentifricie), si può usare anche il collutorio.

Cura degli occhi


Nei pz sedati ci può essere rischio di cheratopatia con evoluzione fino alla lacerazione della cornea incidenza 20-
42%, incapacità di chiudere gli occhi.
Ci può essere secchezza oculare, arrossamenti, lagoftalmo, suppurazione, aumento della pressione endoculare,
fattori di rischio sono stato comatoso, riduzione del livello di coscienza, la somministrazione di sedativi, utilizzo di
PEEP, ricovero > 7 giorni, somministrazione di miorilassanti.

Interventi
Chiusura della palpebre: manuale, cerotto, camera di umidificazione
Instillazione di sostanze: acqua sterile, gel poliacrilamide, unguento metilcellulosa.
Quando ci sono le compromissioni sarebbe meglio usare degli unguenti che vanno a ridurre l’insulto sull’occhio.

Discorso di fine vita


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La persona entra in T.I con una diagnosi, dopo di che si sottopone a trattamenti meccanici o diagnostici e poi c’è
un recupero. In un'altra percentuale di casi si sviluppano delle complicanze, che sono in parte gestibili e in parte
non gestibili. Qualcuno diventa un cronico, e qualcuno invece purtroppo non sopravvive al ricovero in T.I.
Per questa frazione di pz chiaramente l’approccio deve essere dedicato e delicato. Morire in T.I è il modo più
brutto di morire che c’è sia per la persona, sia per i famigliari. Una seconda riflessione va fatta per la
proporzionalità delle cure. Il pz ha un problema, per quel problema ci sono trattamenti indicati e controindicati
che dipendono fondamentalmente dalle speranze che quel pz ha e che può reggere. Poi c’è un altro elemento: la
volontà della persona.
Stare con il pz fino alla fine non lasciarlo morire da solo, siamo l’unica congiunzione che esso ha con il famigliare,
stare vicino ai famigliari e accompagnarli. Parlare di palliazione in TI significa fare una sedazione che sia adeguata
sia per il confort che per il dolore, ma anche per la dispnea in quanto alla fine vita è un dato che diviene sempre
più presente molto difficile da vedere per il famigliare, andiamo a ridurre gli stimoli rumorosi, il senso di nausea.
La comunicazione con i famigliari diventa fondamentale, come dirlo e quando dirlo, come gestirlo, siamo in un
complesso dove è alto il tasso di mortalità.
Comunicazione efficace con il pz e i famigliari, soprattutto in ambito della TI che i pz arrivano all’improvviso e il
decorso può essere sia favorevole che sfavorevole, possiamo passare da una situazione in cui la mattina il pz parla
e “sta bene ” alla sera in cui dobbiamo comunicare ai famigliari diagnosi di morte cellulare.
Siamo in una fase di trattamento estrema, non sapendo che cosa avrebbe voluto in quel momento il pz.

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