Sei sulla pagina 1di 7

FORMULARIO EPIDEMIOLOGIA

ACCURATEZZA:
Si riferisce alla capacità di ottenere, in media, misurazioni corrette. Se una misura non è accurata
viene definita distorta perché si discosta, in media, dal valore vero in una direzione o nell’altra 
errore sistematico
PRECISIONE:
Si intende la capacità di una misurazione di produrre un risultato uguale o simile
in misurazioni ripetute della stessa quantità  errore casuale
1. SE=VP/M+ = 150/199=0,754
(0,754 x 100 = 75.4%)
2. SP=VN/M- = 280/313 = 0,835
(0,885 X 100 = 88,5%)
1. Il test ha una sensibilità del 75,4, ciò significa che risulta positivo nel 75,4% dei pazienti
affetti della malattia X.
2. Il test ECG ha usa specificità del 88,5 % ciò significa che risulta negativo nel 88,5% dei
pazienti esenti dalla malattia X.
25% sono davvero malati ma non vengono identificati nel test.
Gold standard ≠ test
 Un test e tanto più sensibile quanto più frequentemente risulta positivo negli individui affetti
della malattia che intende diagnosticare
 Un test è tanto più SPECIFICO quanto più frequentemente risulta negativo negli individui esenti
della malattia che intende diagnosticare.
1. SE = VP/M+ = 90/110 = 0,9 (0,9X100 = 90%)
Il test ECG ha una sensibilità del 90%; significa che il risulta positivo nel 90% dei pz. affetti
da corona-patia.
2. SP = VN/M- = 69/100 = 0,7 (0,7X100= 70%)
Il test ECG ha una specificità del 69% ciò significa che risulta negativo
SENSIBILITÀ:
Sottoponiamo al test un campione di individui certamente affetti dalla malattia in
esame (M+) secondo il gold standard, e li classifichiamo in base ai risultati in veri
positivi (VP) e falsi negativi (FN).
SE= VP/M+
La probabilità che il test risulti positivo condizionata alla presenza della malattia è
stimata dalla proporzione di pazienti malati nei quali il test risulta positivo.
Un test è tanto più sensibile quanto più frequentemente risulta positivo negli
individui affetti dalla malattia che intende diagnosticare.
SPECIFICITÀ:
Sottoponiamo al test un campione di individui certamente esenti dalla malattia in
esame (M-) secondo il gold standard, e li classifichiamo in base ai risultati in falsi
positivi (FP) e veri negativi (VN).
SP= VN/M-
La probabilità che il test risulti negativo condizionata all’assenza della malattia è
stimata dalla proporzione di pazienti senza la malattia nei quali il test risulta
negativo.
Un test è tanto più specifico quanto più frequentemente risulta negativo negli
individui esenti dalla malattia che intende diagnosticare.
(Esercizio su lezione 1)
VALORE PREDITTIVO POSITVO/(VPP):
Qual è la probabilità che la malattia sia presente se il risultato del test è positivo?
Selezioniamo un campione di individui positivi al test (T+) e li classifichiamo in base alla
presenza o all’assenza della malattia in veri positivi (VP) e falsi positivi (FP).
VPP=VP/T+
La probabilità che la malattia sia presente condizionata alla positività al test è stimata
dalla proporzione di pazienti positivi al test nei quali la malattia è presente.
In altre parole, il VPP rappresenta la probabilità che un individuo positivo al test sia
realmente malato.
VALORE PREDITTIVO NEGATIVO/(VPN):
Qual è la probabilità che la malattia sia assente se il risultato del test è negativo?
Selezioniamo un campione di individui negativi al test (T-) e li classifichiamo in base
alla presenza o all’assenza della malattia in falsi negativi (FN) e veri negativi (VN).
VPN = VN/T-
La probabilità che la malattia sia assente condizionata alla negatività al test è stimata
dalla proporzione di pazienti negativi al test nei quali la malattia è assente.
In altre parole, il VPN rappresenta la probabilità che un individuo negativo al test
sia realmente esente dalla malattia.
(Esercizio slide 23 lezione 2)
PREVALENZA:
Numero di persone in una certa popolazione che presentano una condizione specifica (es.
malattia) in un determinato momento, solitamente quello in cui l’indagine viene condotta.
É una misura della frequenza con cui una condizione è presente in una popolazione
P = CP/N = CASI PREVALENTI/NUMEROSITÀ POPOLAZIONE = malati/(sani + malati)
Rappresenta la probabilità di ogni individuo della popolazione di essere affetto dalla condizione di
interesse in un determinato istante.
(Esercizio slide 13 lezione 3)
INCIDENZA:
È il numero di transizioni dallo stato di salute a quello di malattia, dallo stato non traumatizzato a
quello di traumatizzato, dallo stato di vita a quello di morte nella popolazione in studio durante un
determinato intervallo di osservazione.
 RISCHIO ASSOLUTO
Qual è la probabilità che un individuo di una certa popolazione sperimenti l’evento di
interesse durante un certo periodo di tempo?
Si seleziona una popolazione costituita da N individui, ognuno dei quali viene reclutato
quando sperimenta una particolare condizione di interesse, di cui si vuole valutare l’effetto
sull’insorgenza dell’evento in studio.
Esempi:
 Esposizione ad un fattore di rischio -> insorgenza della malattia (studio eziologico)
 Insorgenza dei sintomi di una malattia -> insorgenza di morte (studio prognostico)
 Somministrazione di una terapia -> insorgenza di effetti collaterali
Il rischio assoluto può essere calcolato in modi diversi, a seconda che la popolazione in esame sia
una coorte fissa o dinamica.
CORTE FISSA:
Dal momento dell’inclusione nello studio, la popolazione non ammette né entrate né uscite, se
non per effetto dell’evento in esame.
La coorte viene seguita per un periodo di tempo (follow up) sufficiente affinché si manifestino gli
eventi di interesse.
 Una volta selezionata la popolazione, non verrà aggiunto nessun altro soggetto
 Non è ammessa l’uscita dallo studio fino al termine del periodo di osservazione stabilito
CASI INCIDENTI Ci
RISCHIO ASSOLUTO  R= ¿
NUMEROSITÀ CORTE FISSA N
Esprime la probabilità che un individuo della popolazione sperimenti l’evento di interesse durante
il periodo di osservazione.
CORTE DINAMICA:
Dal momento dell’inclusione nello studio e per tutta la sua durata, nella popolazione si possono
verificare entrate e uscite.
Il termine censura definisce il momento in cui l’osservazione di un certo individuo è
interrotta (censurata), per cui non è più possibile registrare il verificarsi dell’evento in
studio.
L’arruolamento dei soggetti può essere continuo nel tempo.
I soggetti possono uscire dallo studio perché muoiono per una causa diversa ed indipendente da
quella in esame, si trasferiscono e diventano rintracciabili…
Esistono diversi metodi di calcolo:
Metodo delle tavole di sopravvivenza  prevede che il tempo di osservazione venga
suddiviso in una serie di intervalli di uguale ampiezza. Per ognuno di questi intervalli
viene calcolata la probabilità di evento. Da questi valori si ottiene poi la probabilità
cumulativa di evento durante l’intera durata dello studio.
Metodo di Kaplan Meier  prevede il calcolo della probabilità di evento in ogni
istante in cui esso si verifica. Da questi valori si ottiene poi la probabilità cumulativa di
evento durante l’intera durata dello studio.
TASSO D’INCIDENZA:
Con quale velocità una popolazione passa dallo stato di non malattia (e a rischio di contrarla) a
quello di malattia nell’unità di tempo?
Per misurare il tasso di incidenza, diversamente dal rischio, dovremo tenere conto che ogni
individuo fornisce un proprio contributo allo studio in termini di unità temporali a rischio.
CASI INCIDENTI Ci
TASSO INCIDENZA T = =
PERSONE TEMPO PT
È il rapporto tra il numero di casi incidenti che si verificano durante il periodo di follow up e la
massa di persone-tempo a rischio fornita dalla popolazione.
(Esercizio slide 29 lezione 3)
TASSI DI INCIDENZA PARTICOLARI:
Tasso di mortalità: numero di morti per una determinata malattia sul totale della
popolazione a rischio in un certo periodo di tempo.
MORTI PER MALATTIA
MORTALITÀ¿ ∗TEMPO
MORTI TOTALI
Tasso di letalità: numero di morti per una determinata malattia sul numero di casi
diagnosticati per quella malattia.
MORTI PER MALATTIA
LETALITÀ¿ ∗TEMPO
CASI DIAGNOSTICATI
(Esercizio slide 30 lezione 3)
RISCHIO ASSOLUTO NEGLI ESPOSTI:
CASI INCIDENTI TRA GLI ESPOSTI a
R 1= =
TOTALE ESPOSTI a+ b
RISCHIO ASSOLUTO NEI NON ESPOSTI:
CASI INCIDENTI TRA I NON ESPOSTI c
R 0= =
TOTALE NON ESPOSTI c +d
RAPPORTO TRA RISCHI/RISCHIO RELATIVO:
È il rapporto tra il rischio assoluto negli esposti e nei non esposti. Rappresenta di quanto
bisognerebbe moltiplicare il rischio di un non esposto per ottenere quello di un esposto.
R1
RISK RATIO RR=
R0
Può assumere valori compresi tra 0 è infinito
Se RR>1 il fattore di interesse è un fattore di rischio per l’evento in studio.
Se RR=1 indica che non c’è associazione tra fattore ed evento
Se RR<1 il fattore di interesse è un fattore protettivo per l’evento in studio
(Esercizio slide 10 lezione 4)
DIFFERENZA ASSOLUTA DI RISCHI/ACCESSO DI RISCHIO:
È la differenza tra il rischio assoluto negli esposti e nei non esposti.
RISK DIFFERENCE RD=R 1−R 0
Può assumere valori compresi tra -1 e 1.
Valori positivi (RD>0) indicano che il fattore di interesse è un fattore di rischio per l’evento in
studio.
RD=0 indica che non c’è associazione tra fattore ed evento.
Valori negativi (RD<0) indicano che il fattore di interesse è un fattore protettivo per l’evento in
studio.
(Esercizio slide 15 lezione 4)
DIFFERENZA RELATIVA TRA RISCHI/RISCHIO ATTRIBUIBILE:
È il rapporto tra la differenza assoluta tra rischi ed il rischio negli esposti.
R 1−R 0
RA=
R1
Rappresenta il rischio attribuibile, cioè la proporzione di casi di malattia tra gli individui esposti
realmente dovuta al fattore di esposizione (la probabilità che la malattia in un individuo esposto
sia dovuta a quel fattore).
Il fattore di interesse è protettivo.
Può assumere valori compresi tra 0 e 1.
RA = 0  non c’è associazione tra fattore ed evento.
(Esercizio slide 20 lezione 4)
RAPPORTO TRA TASSI:
CASI INCIDENTI ESPOSTI a
TASSO DI INCIDENZA NEGLI ESPOSTI T 1= =
PERSONE TEMPO ESPOSTE PTe
CASI INCIDENTI NON ESPOSTI b
TASSO DI INCIDENZA NON ESPOSTI T 0= =
PERSONE TEMPO NON ESPOSTE PTne
INCIDENZA RELATIVA:
Rapporto tra il tasso di incidenza negli esposti e non esposti.
T1
INCIDENCE RATIO IR=
T0
Può assumere valori compresi tra 0 e infinito.
Se IR > 1 il fattore di interesse è un fattore di rischio per l’evento di studio.
IR = 1 indica che non c’è associazione tra il fattore ed evento.
Se IR < 1 il fattore di interesse è un fattore protettivo per l’evento di studio.
(Esercizio slide 27 lezione 4)
ODDS:
È la probabilità che un evento si verifichi contro la probabilità che non si verifichi.
P = probabilità dell’evento
p
ODDS¿
1− p
È una misura alternativa al rischio assoluto per misurare l’insorgenza di un evento.
Se l’evento in studio è raro, cioè se la sua probabilità di verificarsi è molto vicina allo zero (p ≈ 0),
allora il denominatore dell’odds sarà molto vicino ad 1 (1-p ≈ 0), per cui l’odds sarà assimilabile al
rischio (odds ≈ R).
Tale proprietà consente di usare il rapporto tra odds per approssimare il rapporto tra rischi per
malattie rare. Cioè molto utile nei casi in cui non si conosca la numerosità della coorte che genera i
casi di malattia.
RAPPORTO TRA ODDS/ODDS RATIO:
È il rapporto tra l′odds di malattia negli esposti e nei non esposti.
a
odds 1 b a∗b
¿= = =
odds 0 c b∗c
d
Può assumere valori compresi tra 0 e infinito.
Se OR>1 il fattore di interesse è un fattore di rischio per l’evento in studio.
OR=1 indica che non c’è associazione tra fattore ed evento.
Se OR<1 il fattore di interesse è un fattore protettivo per l’evento in studio.
(Esercizio slide 24 lezione 4)
ERRORI CASUALI:
Sono dovuti alla variabilità biologica della popolazione, per cui non possono
essere previsti ed eliminati, ma è possibile tenerli sotto controllo.
Come si può tenere sotto controllo l’errore casuale?
1. In fase di pianificazione dello studio  è possibile stabilire la dimensione campionaria
minima sufficiente a verificare una determinata ipotesi con un margine di incertezza che si
considera accettabile.
2. In fase di analisi dei dati  per ogni stima campionaria viene calcolata anche la misura
della sua variabilità casuale, cioè l’intervallo di confidenza.
INTEVALLO DI CONFIDENZA:
Il CI di una misura di associazione viene costruito intorno al valore della sua stima puntuale usando
l’errore standard.
Fornisce anche informazioni sulla precisione della stima campionaria: più ampio è il CI, minore è la
precisione della stima, e viceversa.
L’ampiezza dell’intervallo di confidenza dipende da:
1. Livello di confidenza  maggiore è il livello di confidenza, più ampio sarà il C.I.
2. Variabilità della popolazione  maggiore è la variabilità della popolazione, più ampio sarà
il C.I.
3. Numerosità campionaria  minore è la numerosità del campione in studio, più ampio sarà
il C.I.
ERRORI SISTEMATICI: Detti anche distorsioni o bias, sono una fonte pericolosa di errori nella
ricerca epidemiologica.
Un bias produce deviazioni o distorsioni che tendono ad andare in una specifica
direzione. Si tratta di un errore sistematico nel disegno, nella conduzione o nell’analisi di uno
studio e che determina un’errata valutazione dell’associazione tra esposizione ed evento clinico di
interesse
Gli errori sistematici sono dovuti ad una causa precisa, e possono in molti casi essere previsti e
riconosciuti.
Come si può tenere sotto controllo l’errore sistematico?
In fase di pianificazione dello studio, eliminando il più possibile le molteplici fonti di distorsione.
DISTORSIONE DA SELEZIONE:
È un errore sistematico che interviene nel processo di selezione degli individui da includere nello
studio, e fa sì che il campione selezionato non sia rappresentativo della popolazione di origine.
1. Selezione dei pazienti in base a criteri non casuali.
 I soggetti selezionati per partecipare a uno studio differiscono in maniera
sistematica dai soggetti non selezionati. (Esempio prevalenza di infezione cervicale
da papillomavirur)
2. Non completa partecipazione allo studio.
 Dopo essere stati selezionati per la partecipazione allo studio, alcuni pazienti
assegnati ad uno dei due gruppi (trattamento o placebo) rifiutano di partecipare.
3. Perdita selettiva al follow-up.
 I soggetti persi al follow-up hanno caratteristiche diverse rispetto a quelli che
completano lo studio.
DISTORSIONE DA OSSERVAZIONE:
Detta anche distorsione da informazione, è un errore sistematico che deriva dalla non corretta
classificazione (misclassificazione) degli individui inclusi nello studio sulla base dell’esposizione o
del manifestarsi dell’evento clinico di interesse.
Le fonti di distorsione da osservazione includono quindi misurazioni dell’esposizione non valide,
criteri diagnostici non corretti e in generale la raccolta dati imprecisa o incompleta.
1. Missclassificazione non differenziale
Si verifica quando gli errori diagnostici sono indipendenti dall’esposizione e gli errori di
attribuzione alla categoria di esposizione sono indipendenti dalla presenza o meno della
malattia (in altre parole, gli errori diagnostici avvengono con la stessa frequenza in esposti
e non esposti e gli errori di classificazione dell’esposizione si verificano con la stessa
frequenza in individui affetti o esenti dall’evento clinico in studio).
2. Missclassificazione differenziale
Si verifica quando gli errori diagnostici differiscono nelle categorie di esposizione, e come
gli errori di attribuzione alla categoria di esposizione differiscono nei malati e non malati (in
altre parole, gli errori diagnostici avvengono con diversa frequenza in esposti e non esposti
e gli errori di classificazione dell’esposizione si verificano con diversa frequenza in individui
affetti o esenti dall’evento clinico in studio).
CONFODIMENTO:
Si fa riferimento ad una situazione nella quale una associazione tra una certa esposizione ed uno
evento sia il risultato dell’influenza di una terza variabile (o di un gruppo di variabili) chiamata
variabile di confondimento, o semplicemente confondente.
Metodi di controllo:
 RESTIZIONE  La via più semplice per controllare l’effetto di un confondente è quella di
restringere i criteri di inclusione nello studio limitando l’entrata agli individui appartenenti
ad un solo livello della variabile di confondimento.
 APPAIAMENTO  Consiste nel «forzare» artificialmente la confrontabilità tra i gruppi
mediante l’inclusione di individui scelti in modo che non differiscano per il/i fattore/i che si
sospetta possano confondere l’associazione di interesse.
 STRAIAMENTO  La stratificazione consiste nel valutare l’associazione di interesse entro
categorie (o strati) omogenei rispetto alla variabile di confondimento.
 RANDOMIZZAZIONE  Consiste nell’assegnazione casuale di ogni paziente ad uno dei
trattamenti in studio, in modo tale da consentire il confronto tra gruppi di individui
sovrapponibili per tutti i fattori, noti e non, in grado di influenzare il decorso clinico della
malattia.
STUDI OSSERVAZIONALI  Consistono nella semplice osservazione delle variabili in studio (es.
l’esposizione al fattore di interesse e l’insorgenza dell’evento clinico) per trarre informazioni
sull'esistenza di un rapporto causa-effetto, senza effettuare su di esse alcun tipo di intervento.
STUDI SPERIMENTALI  Consistono nella manipolazione di una o più variabili (es. intervento
terapeutico) per verificarne gli effetti su altre variabili (es. insorgenza dell’evento clinico di
interesse).

Potrebbero piacerti anche