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Un’epidemia, tante curve

La matematica del Coronavirus


Con il termine epidemia
“Type a si intende
quote il diffondersi di una
here.”
malattia (in genere infettiva) che colpisce una
determinata popolazione umana in spazio e tempo ben
delimitati.
La diffusione del COVID-19 (malattia respiratoria
–Johnny Appleseed
acuta da SARS-CoV-2) è di tipo epidemico, pertanto
risulta un ottimo esempio da analizzare sotto le lenti
della matematica.
Esponenziale
La fase iniziale di una malattia epidemica è quasi sempre
approssimabile a una curva esponenziale: non sono ancora state
prese misure per evitare la diffusione del contagio e la
popolazione suscettibile (quella che non ha contratto il virus) è
ancora molto alta.

Ogni persona con il virus sarà dunque capace di diffonderlo a un


certo numero di persone (il cosiddetto tasso di contagio, R 0), che a
loro volta lo diffonderanno ad altre ancora, dando vita dunque a un
andamento esponenziale.
Ecco rappresentato
l’andamento dell’epidemia
nella sua fase iniziale.
Nel caso della curva verde
il tasso di contagio è
maggiore (più persone
vengono infettate in minor
“Type a quote here.” tempo).
Maggiore è il tasso di
contagio e maggiore sarà
l’inclinazione della curva
verso l’alto.
–Johnny Appleseed
Fortunatamente l’epidemia non mantiene quest’andamento per
molto tempo: con la diminuzione della popolazione suscettibile e
con l’introduzione delle prime norme di isolamento la curva del
contagio perderà la sua velocità iniziale e sarà approssimabile a
varie curve esponenziali con inclinazione sempre minore (con
conseguente diminuzione del tasso di contagio).
Dal grafico notiamo come
l’andamento del contagio (curva
gialla) segua prima
l’esponenziale con tasso di
contagio maggiore (curva rossa),
poi quella con tasso di contagio
intermedio (curva verde) e infine
quella con tasso di contagio
minore (curva blu).
Osserviamo come la curva gialla
tende ad assumere sempre più le
sembianze di una retta: ci stiamo
avvicinando alla seconda fase
dell’epidemia, quella di picco del
contagio (in cui l’aumento degli
infetti, ovvero la derivata prima
della curva, è massimo).
Logistica
Sebbene l’accostamento di varie curve esponenziali sia un’ottima
approssimazione per rappresentare la diffusione del contagio, esso
risulterà un metodo sempre più scomodo e laborioso con il
progressivo aumentare dei dati, specialmente in prossimità del
picco epidemiologico.

Ecco dunque che viene in


nostro soccorso una curva
molto simile alla “somma” di
quelle tracciate in precedenza:
la sigmoide, così chiamata per
la sua caratteristica forma ad
S.
La sigmoide è una curva molto utile nello studio delle epidemie
perché essa riesce a rappresentare accuratamente tutte e tre le fasi
principali della diffusione di una malattia infettiva:

La fase esponenziale (che ci eravamo già apprestati ad


approssimare proprio con delle esponenziali)

La fase di picco del contagio (in cui l’inclinazione delle


esponenziali precedenti diventa assimilabile a una retta di
massima inclinazione e quindi, come accennato prima, in cui
la derivata prima della curva è massima)

La fase di saturazione (in cui la curva torna a ridurre la sua


inclinazione fino a un punto, detto proprio “di saturazione”, in
cui la sua derivata prima sarà zero)
Derivata logistica
Fine del contagio, la
curva raggiunge un
punto di stabilità

Picco del contagio,


curva assimilabile a
una retta

La sua equazione è del tipo


Inizio del contagio,
curva assimilabile a
un’esponenziale
La sua equazione è del tipo

in cui μ rappresenta il punto centrale


della curva (il valore medio, ovvero
il punto di flesso a tangente obliqua,
in cui la derivata prima è massima:
coincide con il picco
epidemiologico) e s la deviazione
standard della curva (quanto gli altri
valori della curva distano dal punto
centrale, quanto essi sono
“dispersi”).
Un’altra curva molto utile per visualizzare l’andamento del
contagio è la derivata della sigmoide (in arancione sul
grafico, in quanto ci permette di capire esattamente
l’incremento del numero dei contagiati in un determinato
periodo di tempo.

Se infatti la sigmoide
rappresenta il numero
cumulato di persone
contagiate, la sua derivata ne
esprime invece il numero
momentaneo, mostrando
ancora più chiaramente
l’evoluzione dell’epidemia.
Picco epidemico,
l’aumento dei contagi è
Inizio dell’epidemia, massimo Fine dell’epidemia,
l’aumento dei contagi l’aumento dei contagi
cresce decresce
La sua equazione è del tipo

dove μ e s sono sempre media e deviazione standard

La distribuzione dei dati, come


evidente, è più o meno
assimilabile a una curva gaussiana,
ma con le code leggermente più
gonfie (in questo caso c’è una
presenza più elevata di casi lontani
dal valore medio).
Chiarita l’importanza dei due grafici e la loro interrelazione, passiamo ora
ad analizzare cosa accade alle curve al variare dei valori μ e s e di come
questi cambiamenti hanno riscontro nella realtà dell’epidemia.
Costruiamo su GeoGebra una sigmoide generica con relativa derivata e
facendo uso degli slider modifichiamo la curva in funzione di μ e s.
La funzione varia tra 0 e 1 nell’asse delle ordinate, con 0 corrispondente al
numero minimo di individui contagiati e 1 al numero massimo. L’asse delle
ascisse corrisponde al numero di giorni trascorsi.
Inseriamo nella funzione anche un valore n (sempre compreso tra 0 e 1),
che in un certo modo riesca ad esprimere la trasmissibilità del virus (quanto
le persone interagiscono tra di loro, quanto vengono rispettate le misure di
sicurezza e così via). Vediamo cosa accade…
Lasciando invariati sia μ che s (indipendentemente da n), la curva si mostra già
satura dall’inizio. Questo perché μ (che corrisponde al picco epidemiologico) è
avvenuto nell’istante iniziale, mentre s (la deviazione standard) è nulla, quindi non
vi è dispersione nei dati. Questo scenario è del tutto improbabile, ma è comunque
giusto osservare il comportamento delle variabili quando il loro valore è nullo.
Con n ancora invariato, spostiamo il picco epidemiologico a 10 giorni dall’inizio
dell’epidemia (μ=10) e imponiamo una dispersione dei dati abbastanza contenuta
(s=1). Notiamo che quando s assume valori molto piccoli la sigmoide ha una fase di
picco molto ripida, mentre la sua derivata si mostra come una campana con apice
molto pronunciato. Questo accade quando il contagio si diffonde molto rapidamente.
Aumentiamo ora la deviazione standard (s=2). Ci attendiamo una sigmoide con
flesso meno inclinato e una derivata con apice più basso, a forma di campana
“schiacciata”. Rispetto alla situazione precedente dunque il contagio è più
lento (il grafico impiega più tempo a raggiungere il punto di saturazione).
Con μ e s invariati imponiamo ora una trasmissibilità del virus più bassa (n=0.7).
Alcune persone stanno rimanendo a casa, altre stanno prendendo le dovute
precauzioni nella vita giornaliera. Ne risente positivamente la sigmoide, che non
satura più ad 1 ma a 0.7, mostrando un minor numero di contagiati a fine epidemia.
Riducendo ulteriormente il valore della trasmissibilità del virus (n=0.3) la curva ha
un punto di saturazione ancora più basso. Ciò significa che la maggior parte della
popolazione sta rispettando le regole contro la diffusione del contagio.
Dopo aver osservato il comportamento della sigmoide nelle
varie situazioni, proviamo a calare il modello elaborato nella
realtà, applicandolo a quanto accaduto in due nazioni
protagoniste del contagio: Italia e Corea del Sud.
Sono qui rappresentati gli istogrammi relativi al numero di nuovi casi
giornalieri (corrispondenti al grafico della derivata della sigmoide). Cerchiamo
ora di riprodurli attraverso il modello matematico appena elaborato.

Itali
a

Corea del Sud


La tratteggiata indica il momento attuale

Picco del contagio dopo 4 settimane

La situazione italiana vede una derivata della sigmoide piuttosto piatta, in cui non è presente un vero e
proprio picco epidemiologico bensì un plateau, per cui la sua forma a campana risulta poco accentuata. Le
misure di contenimento non sono state prese con molta tempestività, per cui il valore di n (trasmissibilità
del virus) è abbastanza elevato, come anche quello di s (dispersione dei dati). Il punto di picco (μ), seppure
non esattamente identificabile, è avvenuto qualche settimana dopo l’inizio del contagio.
La tratteggiata indica il momento attuale

Picco del contagio dopo 2 settimane

La situazione coreana è invece molto diversa: le chiusure tempestive hanno permesso al valore n di scendere
e quindi di ridurre drasticamente il numero dei contagiati. Di conseguenza, la dispersione s è minore rispetto
alla curva italiana, come si può intuire dalla forma più aguzza del picco dei contagi (μ), avvenuto con due
settimane di anticipo rispetto a quello italiano.
In generale quindi possiamo stilare le nostre
osservazioni in una tabella:

μ s n

Effetti sulla Quanto più alto è il Quanto più alto è il Quanto più alto è il
curva suo valore tanto più è suo valore tanto più è suo valore tanto più è
distante il picco lungo e lento il efficace e tempestiva
dall’inizio periodo di picco l’attuazione di norme
dell’epidemia contro il contagio

Italia Più alto (picco più Più alto (picco lento, Più basso (chiusura
distante) plateau) non tempestiva)

Corea Più basso (picco più Più basso (picco Più alto (chiusura
vicino) veloce, ripido) tempestiva)
Se, come abbiamo visto, il modello
dell’epidemia ci aiuta a comprendere che
ruolo giocano le variabili nella
delineazione della curva, è altrettanto vero
che esso non basta per avere una visione
completa del contagio.
È infatti utile prendere in considerazione
anche altri dati, come quello dei soggetti
attualmente positivi e della gravità della
loro situazione (terapia intensiva, ricovero,
isolamento domiciliare), dei soggetti
guariti e dei decessi.
Analizziamo dunque un paio di esempi,
sempre relativi alla situazione italiana, per
capire come queste informazioni possono
svelarci più dettagli sul contagio in corso.
È qui rappresentato il grafico cumulativo dei positivi al COVID-19 in Italia. In rosso gli attualmente positivi,
in verde i guariti, in nero i deceduti. Notiamo come il picco epidemiologico (mostrato dalla spezzata
sovrapposta al grafico) sia avvenuto intorno alla terza decade di marzo, mentre il massimo numero di
attualmente positivi si sia avuto nella metà di aprile, grazie anche ad un repentino aumento dei guariti.
Quest’altro grafico mostra invece il numero cumulato di pazienti in terapia intensiva e
ricoverati con sintomi. Anche in questo caso è importante individuare i rispettivi picchi per
capire quando la pressione ospedaliera è stata massima: intorno ai primi giorni di aprile per
entrambe le categorie di dati, dopodiché una decrescita continua fino al momento attuale.
È comunque giusto ricordare che tutti i dati di cui
disponiamo sono soltanto una mera indicazione utile a
tracciare l’andamento del contagio. Per un’accurata
“fotografia epidemiologica” sarebbe necessario sottoporre
a tampone l’intera popolazione di un determinato stato,
per cui risulterebbe piuttosto difficile .
“Type a quote here.”
Grazie per l’attenzio
–Johnny Appleseed

Alessandro Zerillo (V Cc)


29/04/2020

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