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I MECCANISMI CHE SPIEGANO IL COMPORTAMENTO DELLE

PERSONE BASATE SULL’EXTENDED PARALLEL PROCESS MODEL


Laris Casprini

Corso di Teorie e modelli della comunicazione,

Università della Svizzera Italiana,

Anno 2021-2022

Abstract
L’elaborato svolto si pone come obiettivo, di studiare quali siano state le reazioni di paura avute
dalle persone, nel periodo in cui è iniziata la pandemia di Covid-19. Per svolgere il lavoro è stato
usato il modello elaborato dalla dottoressa Kim Witte; the Extended Parallel Process Model. Il
presente studio inizia riassumendo il modello della dottoressa Witte, per poi essere applicato nel
contesto della pandemia di Sars cov-2. Successivamente ad una panoramica dei disagi provocati
dal virus e delle prime reazioni avute dalle persone, con l’appoggio di ricerche che hanno effettuato
studi paralleli a questo, sono stati analizzati i meccanismi che hanno suscitato tali comportamenti.
Lo studio si conclude offrendo una discussione sul lavoro svolto e l’efficacia del modello.
INDICE
Riassunto della teoria……………………………………………………..……………….pag. 2

Applicazione della teoria…………………………………………………………………..pag. 3

- L’origine del Sars-cov2…………………………………………………………………pag. 3

- Il modello applicato alla realtà…………………………………………….…………..pag. 4

Conclusione…………………………………………………………………………….…. pag. 6

Bibliografia…………………………………………………………………………………. pag. 8

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Riassunto della teoria (The Extended Parallel Process Model)

The Extended Parallel Process Model è stato sviluppato, nel 1992, dalla studiosa di comunicazione
Kim Witte.

La ricercatrice per poter svolgere la propria teoria, ha revisionato la teoria dei Processi Paralleli di
Leventhal, presentando “un modello che reintroduce l’emozione della paura come variabile centrale
degli appelli alla paura” (Witte e Allen, 2000, citato in Romani G., 2013). Gli appelli alla paura sono
dei messaggi che vengono utilizzati in diversi modi, come ad esempio influenzare gli atteggiamenti,
le intenzioni e i comportamenti delle persone. Una definizione chiara di cosa voleva dimostrare la
studiosa con il proprio modello ci viene data da Romani (2013, p. 11): “Witte (1992) definisce gli
appelli alla paura come messaggi persuasivi appositamente disegnati e strutturati in modo tale da
spaventare le persone attraverso la descrizione di eventi, oggetti o situazioni terribili, che possono
accadere qualora non si metta in atto la raccomandazione che il messaggio stesso vuole
promuovere”.

Il modello studiato da Witte si pone come obiettivo quello di spiegare in che modo le persone
reagiscono ai messaggi ideati per spaventare, considerando nella teoria le variabili di minaccia e di
efficacia. Le due variabili sono fondamentali per apprendere a pieno la teoria, in particolare la
relazione presente tra di loro. Il modo di reagire delle persone, e il tipo di comportamento che
assumono, sembra dipendere principalmente dalla minaccia trasmessa dal messaggio; ma la
componente che determina l’assunzione di un preciso comportamento, dipende unicamente
dall’efficacia. Nella teoria, l’interazione alta o bassa tra, l’efficacia e la minaccia sono quelle due
dimensioni che fanno la differenza nel comportamento di una persona. Come possiamo leggere dal
testo “Fear appeal e message framing: Strategie persuasive in interazione per la promozione della
salute” (2013, p. 15), secondo la professoressa Witte, the extended parallel process model si
concentra inizialmente su come una minaccia venga percepita dai singoli individui; dopodichè, se
la minaccia viene distinta come pericolosa, i soggetti sentendosi vulnerabili di fronte ad essa
tenderanno a stabilire una reazione di efficacia necessaria a contrastare il pericolo.

È possibile osservare diverse combinazioni tra un’alta e una bassa percezione dei due insiemi
presentati in precedenza, che possono essere tradotti in quattro probabili risposte: 1) nel caso in
cui, leggendo un messaggio, viene percepito un grave senso di minaccia riuscendo però ad
esprimere un’elevata concezione di efficacia, un controllo di essa sviluppa un controllo del pericolo
(danger control). La conseguenza di questa relazione vede le persone mettere in atto azioni
protettive, necessarie per evitare o ridurre la minaccia. 2) Se l’individuo si sente gravemente
minacciato ma va in contro ad una bassa percezione di efficacia della propria reazione, la persona
si rivela essere troppo spaventata per agire limitandosi solo al tentativo di ridurre le proprie paure
per sentirsi a suo agio. Il termine utilizzato per descrivere questa reazione è controllo della paura
(fear control). 3) Analizzando il caso in cui la minaccia compresa è poco elevata mentre l’efficacia
è alta, la persona è a conoscenza dei modi da applicare per contrastare il pericolo ma non è
motivata a farlo; in questa situazione si va incontro ad un minore controllo del pericolo. 4) L’ultima
circostanza da analizzare è quando viene presentata una bassa minaccia con la quale si risponde
con una bassa efficacia. Qui il soggetto non ritiene che venga condivisa un’informazione
minacciosa, perciò non sentendosi a rischio non consegue una valutazione delle due variabili, non
rispondendo al messaggio che viene ignorato. (Schulz, 2022)

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Applicazione della teoria

L’origine del Sars cov-2

Nel 2020 siamo stati tutti quanti protagonisti di un evento drammatico, al quanto pauroso, che è
stata la pandemia del virus Covid-19, o coronavirus.

Il coronavirus è una vasta famiglia di virus che causano malattie inerenti al sistema respiratorio,
come il raffreddore o la sindrome respiratoria acuta grave. Se volessimo dare una data d’inizio a
questo terrificante evento la data ufficiale è il 31 dicembre 2019, quando le autorità cinesi
segnalarono lo sviluppo di un “focolaio epidemico di casi di polmonite atipica a eziologia non nota”,
nella città di Wuhan. Qualche girono dopo, il 9 gennaio 2020, le autorità̀ cinesi annunciarono che
l’agente d’infezione che ha dato inizio a questi particolari casi di polmonite era “un coronavirus, fino
ad allora non studiato”. Fino all’11 febbraio 2020, la denominazione provvisoria data al virus fu
2019-nCoV, successivamente venne nominato come SARSCoV-2, dalla Commissione
internazionale per la Tassonomia dei Virus. Oggi è comunemente noto come Covid (Tarro G., 2020,
p.17). Con l’inizio della diffusione del virus anche la paura ha iniziato a prendere il sopravvento,
espandendosi a macchia d’olio in tutto il mondo. In quel periodo le notizie legate alla pandemia
erano tantissime, a tal punto che le informazioni venivano condivise con ogni mezzo comunicativo
possibile, descrivendo le situazioni critiche che si stavano sviluppando in ogni parte del globo.

In un clima di angoscia, di indecisione e di indeterminatezza ogni persona ha avuto modo di


esprimere il proprio malessere in modo diverso; partendo da coloro che sono entrati nel panico non
riuscendo a gestire la situazione, concentrandosi su un controllo della paura. Non sapendo reagire
nel modo corretto molti hanno agito d’istinto, come è accaduto a Milano l’8 marzo 2020. Dopo che
il governo aveva rilasciato una bozza del decreto, in cui venivano annunciate alcune zone che
sarebbero entrate in lockdown, gli abitanti della città si sono cimentati nella stazione centrale della
capitale Lombarda per prendere il primo treno e tornare a casa nel proprio luogo d’origine. L’altra
faccia della medaglia mostra invece quegli individui che mettendo in atto le loro doti conoscitive
per contrastare il virus, con la percezione di un alto livello di efficacia, sono riuscite al meglio a
cavarsela; grazie anche al rispetto delle leggi emanate dal governo.

“Il coronavirus è un nemico invisibile e può generare nei soggetti diverse risposte. Sottovalutazione
del rischio; la vita procede «normalmente», non percepisco il rischio, lo reputo «lontano da me» e
non metto in campo comportamenti di autoprotezione e di protezione di comunità. Panico; mi sento
costantemente sotto minaccia e in balia di un nemico invisibile che può contagiare me e i miei cari
in ogni momento. Terrore e ansia.” (Gruppo San Donato, 2020).

Questi modi di fare portati come esempi, che le persone hanno assunto per affrontare le restrizioni
imposte dai governi contro l’epidemia, possono trovare risposta nell’Extended Parallel Process
Model. Seguendo il modello della dottoressa Kim Witte, cercheremo di capire meglio quali sono i
vari meccanismi che hanno portato ad un certo cambiamento nei comportamenti degli individui,
suscitati in seguito al pericolo pandemico del Sars cov-2. Come è già stato sottolineato più volte la
minaccia è rappresentata dal covid che incute timore nelle persone, in quanto possono essere
infettate presentando poi dei sintomi della malattia; nel caso venissero contagiate (le persone)
sarebbero costrette ad intraprendere un percorso curativo molto lungo. In relazione alla minaccia
abbiamo anche l’efficacia, quella componente che determina il comportamento di una persona. Ciò
dipende, principalmente, da quanto i singoli individui sono disponibili ad agire e cambiare qualcosa.
Solo questo porta ad un risultato dove le persone cominciano a cambiare.

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Il modello applicato alla realtà

Uno studio Canadese, elaborato da Alexander Lithopoulos, Sam Liu, Chun-Qing Zhang e Ryan E.
Rhodes (2021, p. 56), si è imposto di capire le reazioni ed interazioni delle persone davanti ad alcune
situazioni in questo contesto di pandemia.

Le situazioni in questione sono le intenzioni a seguire le raccomandazioni del governo, il


comportamento di distanziamento fisico e le risposte di controllo della paura di fronte a questa
minaccia. Ovviamente per fare ciò è stato applicato the Extended Parallel Process Model in quanto
viene messo al centro una risposta ai messaggi di paura. Secondo Hammond e Kok (2006; 2018),
gli appelli alla paura sono “particolarmente rilevanti per la prevenzione del COVID-19 perché i
governi e i media spesso impiegano queste tattiche sperando di impedire ai loro cittadini di
assumere comportamenti non sicuri”. Per ottenere le informazioni necessarie e svolgere le proprie
ricerche, gli studiosi Canadesi, hanno preso un campione della popolazione del Canada, chiedendo
ai partecipanti di rispondere a delle domande che servivano a capire la percezione della minaccia,
la percezione dell’efficacia e le loro risposte relative al controllo della paura.

La ricerca Canadese, per valutare al meglio i comportamenti delle persone, ha considerato anche
delle variabili demografiche: il sesso di appartenenza, l’età e l’istruzione dei partecipanti. Per
ricavare i dati sulla minaccia percepita è stato chiesto al campione di persone di valutare anche la
suscettibilità e la severità da loro percepite. Queste sono definite da Witte (1996) come due
dimensioni che vanno a costituire il fattore della minaccia. Si parla di “suscettibilità” quando un
individuo si sente coinvolto in una determinata minaccia credendo che lo riguardi. Si parla di
“severità” quando ci vogliamo riferire alla gravità della minaccia. Le due componenti si collegano al
contenuto del messaggio completando il concetto di minaccia, essenziale per il modello della
dottoressa Witte. Dallo studio svolto è risultato che il campione di persone ha percepito il covid
come qualcosa di grave dal quale scappare, poiché impaurite dalla possibilità di contrarlo. Nel
rispondere alle domande inerenti alla percezione dell’efficacia, lo studio si è concentrato su altre
due componenti importanti. Come nel caso della minaccia, anche l’efficacia presenta due
dimensioni che la completano (Witte, 1996); la “self-efficacy”, dove i partecipanti hanno affermato
che è stato facile seguire i consigli dati per contrastare il virus, e la “response efficacy”, caso in cui
i pareri dei partecipanti dichiaravano che se venivano eseguiti i consigli dati non si sarebbe contratto
il virus. Per quanto riguarda la parte sul controllo della paura, la ricerca ha potuto notare che il
campione di persone scelto, rispondeva affermando che il covid-19 fosse qualcosa di esagerato e
fuorviante, con cui il governo ci stava manipolando.

Lo studio di Lithopoulos et al. (2021) ha potuto verificare, combinando le variabili dell’extended


parallel process model con quelle demografiche e sommando tutti i dati ottenuti, che coloro che
sono anziani, presentano una buona istruzione e appartengono al sesso femminile offrono un
elevato livello di efficacia di fronte ad una grave minaccia come la pandemia. La ricerca, infine,
dimostra anche la veridicità del modello poiché rispondendo alle domande inerenti al controllo della
paura, queste persone, avevano totalizzato un punteggio basso; presentando un profilo positivo
che rispettava i consigli dati per contrastare il covid, possedendo delle intenzioni forti e reagendo
con un controllo minore della paura.

Uno studio più recente ha raccolto dei dati per effettuare uno studio simile, che cerca di capire
quali siano i fattori che influenzano un comportamento umano per affrontare al meglio delle minacce
pandemiche future. Più precisamente la ricerca svolta da Yoon et al. (2022), ha applicato the
extended parallel process model per “esaminare le risposte di controllo del pericolo e di controllo
della paura, insieme agli effetti separati dei loro sotto fattori sui comportamenti di igiene personale,
sulle misure di distanziamento sociale e sul fatalismo”.

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Attraverso dei sondaggi è stato possibile osservare che le persone generalmente applicavano
comportamenti legati all’igiene personale, indossando le mascherine e lavandosi costantemente le
mani. Veniva rispettato anche il distanziamento sociale, evitando di capitare in luoghi affollati. Il
motivo di questi comportamenti trovano risposta, ancora una volta nello studio della dottoressa
Witte (1992), nella relazione tra la minaccia percepita come alta e un’efficacia elevata. In alcune
situazioni dove era richiesto di evitare i mezzi pubblici e stare a due metri di distanza tra un individuo
e un altro, le regole non venivano rispettate da tutti. In questo caso la minaccia percepita era minore,
portando le persone ad avere un minor controllo del pericolo.

La ricerca Coreana ha voluto concentrarsi anche sul fatalismo, “concezione che considera il mondo
come governato da un fato irrevocabile” (Treccani, n.d.). Un atteggiamento che corrisponde alla
bassa efficacia dell’individuo. Gli individui in questione possiedono un controllo della paura, il cui
comportamento è dominato dalle proprie emozioni che si concentrano unicamente sull’emozione
della paura. Come sottolineano Yoon, You e Shon (2022, p. 7) i risultati hanno mostrato che le
persone con un'elevata gravità percepita avevano alti livelli di controllo della paura; ma le persone
con livelli più elevati di autoefficacia avevano punteggi più bassi per la risposta di controllo della
paura. Inoltre questo studio fatto in Sud Corea, come lo studio Canadese di Lithopoulos et al.
(2021), mostra che in confronto al sesso maschile e ai più giovani, le donne insieme agli anziani si
sono dimostrati essere una grande percentuale di individui che seguivano, in modo più attento, le
misure preventive contro il virus, tra cui il distanziamento sociale.

Una cosa molto curiosa della ricerca è che il risultato dei comportamenti assunti dalle persone
dipendeva dall'autoefficacia, in quanto ha influenzato in modo significativo le risposte di controllo
del pericolo e della paura nell'Extended Parallel Process Model. È stato dimostrato che una forte
autoefficacia consente alle persone di assumere norme igieniche e di praticare misure di
distanziamento sociale in modo volontario e attivo; ciò porta anche ad una minor concezione di
fatalismo (Yoon et al., 2022). Attraverso ulteriori ricerche, però, the Extended Parallel Process Model
non si rivela essere sempre un modello efficace da applicare per analizzare gli appelli alla paura,
poiché sono stati ottenuti dei risultati che non combaciavano in nessun modo con quanto ci è stato
mostrato dalla professoressa Witte. Lo studio nel quale viene mostrato che “le interazioni tra i
costrutti dell'EPPM non sono significative” è stato sviluppato Muhammad E. Rasul (2021);
mettendo al centro dell’attenzione i messaggi sanitari pubblicati su Twitter come appelli alla paura.
L’obiettivo della ricerca era valutare la percezione di una minaccia, in questo caso il Sars cov-2,
per mezzo di messaggi sanitari pubblicati sulla rete.

La struttura applicata per sviluppare l’elaborato è molto simile a quella che si è potuta già vedere
nello studio effettuato da Lithopoulos et al. (2021), anche se i risultati sono differenti. “Una delle
ipotesi prevedeva che un'elevata minaccia ed efficacia avrebbe influenzato le risposte di controllo
del pericolo, coerentemente con le ipotesi dell'EPPM (Witte, 1996). Tuttavia, l'analisi dei dati ha
rivelato una piccola dimensione dell'effetto senza riscontrare alcuna interazione tra alta minaccia,
alta efficacia e risposte di controllo del pericolo. Allo stesso modo, altre ipotesi di questo studio
prevedevano che una minaccia elevata e una bassa efficacia avrebbero influenzato le risposte di
controllo della paura” (Muhammad E. Rasul, 2021, p. 33-34).

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Conclusione

Con questo elaborato ci siamo chiesti quali fossero i meccanismi che hanno portato gli individui ad
assumere determinati comportamenti durante la pandemia iniziata il 31 dicembre 2019. Con l’aiuto
del modello presentato dalla dottoressa Kim Witte, the Extended Parallel Process Model, siamo
riusciti a rispondere a questa domanda e a osservare l’efficacia del modello per capire come
comportarsi quando si ripresenterà una situazione simile. L’applicazione del modello è dovuta al
fatto che il contesto analizzato è fonte di paura nelle persone, un concetto fondamentale per portare
avanti la ricerca. The extended parallel process model vede protagonista il livello di percezione di
due variabili essenziali che sono la minaccia e l’efficacia, le quali messe in relazione tra loro danno
come risultato il modo di comportarsi dei singoli individui. I comportamenti assunti durante questo
tragico momento, come indossare le mascherine, rispettare il distanziamento, controllare la propria
paura oppure farsi prendere dal panico agendo di impulso, sono poi stati riportati nel modello che
hanno dimostrato l’efficacia di quest’ultimo.

Le ricerche presentate, per raccogliere i dati necessari, hanno posto delle domande hai partecipanti
che rappresentavano un campione della popolazione dove lo studio veniva effettuato. Queste
hanno considerato in modo attento le due dimensioni che costituiscono la minaccia e l’efficacia,
necessarie per andare nel dettaglio e capire anche quale possa essere il miglior metodo di
comunicazione da attuare nel campo del cambiamento di comportamento (Schulz, 2022). Lo studio
sviluppato da Lithopoulos et al. (2021) e Yoon et al. (2022), concludono affermando che per
affrontare una minaccia è necessario che il singolo individuo percepisca un livello elevato di
efficacia. Inoltre viene mostrato che gli anziani, gli individui che possiedono un buon livello di
educazione e appartengono al sesso femminile sono coloro che offrono un elevato livello di efficacia
di fronte ad una grave minaccia come la pandemia; consigliando ai vari dipartimenti della salute
pubblica di utilizzare un approccio più segmentato che sia rivolto ai giovani, a coloro che hanno
una bassa educazione e appartengono al sesso maschile. Tutto ciò per aumentare la minaccia e
l’efficacia percepita dai singoli.

Attraverso questi studi è possibile osservare l’utilità dei modelli nella vita di tutti i giorni, per
affrontare al meglio minacce di qualsiasi livello. Ciò ci permette di capire anche come un modello
può aiutarci a rendere la realtà complessa, in qualcosa di più concreto e semplice. L’extended
parallel process model rende molto chiara una valutazione del modo di fare delle persone in
determinate situazioni, permettendo anche di rendere prevedibile quello che potrebbe essere un
loro prossimo comportamento.

Abbiamo potuto assistere anche ad uno studio in cui il modello non si è rivelato essere coerente
con quanto è stato dimostrato dalla sviluppatrice dell’extended parallel process model. La ricerca
in questione è stata trattata da Muhammad E. Rasul (2021) il quale ha fatto uno studio sull’effetto
dei messaggi sanitari, pubblicati su Twitter, come appelli alla paura sulle persone. Sulla base di ciò
è stato applicato the extended parallel process model che ha mostrato risultati contrastanti con
quanto è stato studiato.

In conclusione il modello presentato dalla dottoressa Kim Witte è molto utile per capire le
meccaniche che muovono le persone ad agire in un certo modo, anche se si deve prestare
attenzione perché non sempre il modello è veritiero. Ciò nonostante le persone durante la pandemia
hanno applicato diversi metodi per contrastare il virus, ma la variabile che determinava la persona
era l’efficacia. Principalmente sono stati utilizzati dei mezzi di difesa per ridurre la paura provata
contro il virus (in particolare da parte di individui con poca educazione, giovani e maschi) dovuta
ad una bassa efficacia che non li permetteva di agire contro esso; ma coloro che percepivano
un’elevata efficacia erano in grado di applicare quelle misure di sicurezza, come l’indossare le
mascherine, utili a ridurre la minaccia.

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Molto importante è quindi l’utilizzo del tipo di messaggio, che deve essere adatto a interessare la
popolazione più giovane di sesso maschile e di livello culturale più basso.

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Bibliografia

• Gruppo San Donato (2020, 9 maggio). Fase 2 e paura del virus: cos’è e come reagire.
https://www.grupposandonato.it/news/2020/maggio/paura-coronavirus-come-reagire

• Lithopoulos A., Liu S., Zhang C., Rhodes R. (2021). Predicting Physical Distancing in the
Context of COVID-19: A Test of the Extended Parallel Process Model Among Canadian Adults.
(pp. 56-63)

• Muhammad E. Rasul (2021). The Extended Parallel Processing Model (EPPM) and Risk
Perceptions of Twitter messages related to COVID-19. (pp. 1-42)

• Romani, G. (2013). Fear appeal e message framing: Strategie persuasive in interazione per la
promozione della salute. (pp. 11-16) Firenze: Firenze University Press.

• Schulz, P. (2022). [Slide PowerPoint della settima lezione del corso "Teorie e modelli della
comunicazione"]. ICorsi3. https://www.icorsi.ch/

• Tarro Giulio (2022). COVID Il virus della paura. (pp. 17-26)

• Treccani. (n.d.). Fatalismo.

https://www.treccani.it/vocabolario/fatalismo/

• Yoon H., You M., Shon C. (2022). An application of the extended parallel process model to
protective behaviors against COVID-19 in South Korea (pp. 1-15)

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