3 Premessa
5 Introduzione
9 Il politrauma
15 BLS al traumatizzato
24 Approccio al traumatizzato
29 C.E.S.I.R.A.
30 S.T.A.R.T.
83 Le ustioni
Abbiamo iniziato questa riedizione del manuale con le parole con cui il Dott. Andrea
Franci aprì la prima edizione. Un caloroso ringraziamento a lui ed ai volontari che
hanno fattivamente collaborato per la realizzazione di questo lavoro.
3
INTRODUZIONE
5
Dall’esame di questi dati possiamo comprendere il significato della cosid-
detta “GOLDEN HOUR” (ora d’oro), così definita perché, da studi condotti
analizzando i dati sopra riportati, è emerso che gli interventi corretti attuati
nella prima ora dall’evento traumatico incidono in maniera significativa
sulla riduzione della mortalità e degli esiti invalidanti.
Le cause di morte e di danni permanenti nei traumatizzati sono dovute,
oltre che agli effetti diretti dell’impatto iniziale, anche all’instaurarsi di con-
dizioni come l’ipossia, mancanza di adeguato apporto di ossigeno, l’iper-
capnia, aumento di anidride carbonica nel sangue, l’ipotensione,
abbassamento della pressione arteriosa, oltre che alle conseguenze di
manovre e interventi effettuati in maniera non corretta.
Tutti i danni che sono conseguenza di manovre non eseguite o ese-
guite in modo scorretto, prendono il nome di DANNI SECONDARI.
1 2 3 4 5
ALLARME TRIAGE TRATTAMENTO CENTRALIZZAZIONE TRATTAMENTO
PRECOCE SUL POSTO PRE-OSPEDALIERO OSPEDALIERO
6
1. Attivazione tempestiva della Centrale 118.
2. Valutazione del numero delle persone coinvolte e della gravità delle
lesioni riportate in modo da poter garantire a ciascun ferito il soccorso
giusto al momento giusto.
3. Trattamento preospedaliero di base o avanzato in funzione del tipo di
mezzo inviato sul posto e prevenzione dei danni secondari
4. Trasporto nella struttura sanitaria più adeguata per il trattamento delle
lesioni del paziente.
5. Trattamento ospedaliero:
di esclusiva competenza dei sanitari ospedalieri.
7
Ne consegue che l’unica garanzia per effettuare azioni corrette è quella di
perseguire obbiettivi primari conosciuti da tutti coloro che sono chiamati
ad intervenire, ed acquisire, ognuno per le proprie competenze, la manua-
lità e le conoscenze nell’uso delle tecniche e dei dispositivi frequentando
corsi teorico pratici specifici.
8
IL POLITRAUMA
9
La prevenzione dei danni secondari
10
Per tutto quello che abbiamo fin qui detto, il compito di ogni soccorritore
su un paziente politraumatizzato è quindi quello di:
11
Negli interventi con mezzo di soccorso “medicalizzato”, il T.L. è ovvia-
mente il medico.
Tutte le manovre devono essere svolte parlando con sicurezza e tranquil-
lità, in maniera da infondere la stessa sicurezza ai colleghi.
2º soccorritore: è il soccor-
ritore che, coordinato dal
T.L., si preoccupa del tampo-
namento delle emorragie
massive, dell’eventuale immobilizzazione della testa per la rimozione del
casco, del posizionamento del collare e di portare le attrezzature richieste
dal T.L.
Autista: collabora con il T.L. alla valutazione dello scenario già in fase di
avvicinamento in ambulanza, si preoccupa del posizionamento del mezzo
di soccorso in modo protettivo e accessibile ed infine collabora con l’equipe
di soccorso nelle manovre di mobilizzazione del ferito e nel fornire le at-
trezzature adeguate dall’ambulanza.
12
SICUREZZA E AUTOPROTEZIONE SULLA SCENA DELL’EVENTO
La squadra di soccorso, deve tenere conto dei rischi che possono essere
presenti sulla scena in modo da poterli evitare.
In generale, dobbiamo:
13
Il soccorso a pazienti su vetture incidentate
Pertanto è utile:
Roll Bar, sono dispositivi presenti su tutte le auto cabriolet, su alcune vet-
ture sono a scomparsa e si azionano, fuoriuscendo da dietro i sedili po-
steriori, in caso di ribaltamento del veicolo.
Massima attenzione nello spostamento e nel riallineamento del mezzo ca-
briolet se i roll bar non sono usciti.
14
BLS AL TRAUMATIZZATO
Il BLS nel trauma si avvale dei principi già affrontati e acquisiti nel BLS e
nel P-BLS. Anche esso prevede un algoritmo semplice organizzato a punti
che devono essere eseguiti in sequenza senza ometterne alcuno o inver-
tirne l’ordine.
Ogni punto dell’algoritmo inizia con una valutazione a cui segue una
azione. Non possiamo procedere al punto successivo se non si è effica-
cemente eseguito il punto precedente.
Il BLS nel trauma si compone di una VALUTAZIONE RAPIDA e di una
VALUTAZIONE PRIMARIA.
15
sono compromettere l’attività respiratoria quali:
- Lesioni maxillo-facciali
- Ustioni del volto e delle Vie Aeree
- Deviazione della Trachea
- Eccessivo gonfiore delle vene giugulari
- Lacerazioni o ferite profonde al collo
5. Immobilizzazione della testa:
il 2° soccorritore posiziona il collare.
6. Posizionamento:
il paziente viene posizionato sull’asse spinale o sul cucchiaio
(il posizionamento può avvenire subito o successivamente
a seconda dell’evento traumatico).
7. TL esegue la Valutazione Primaria.
16
B. Valutazione del respiro
17
C. Valutazione del circolo
Paziente cosciente:
Dopo aver valutato la frequenza cardiaca (polso radiale o carotideo)
si passa al punto “D”.
18
D. Disability
• Come si chiama ?
• Dove abita ?
• Cosa è successo ?
• Che giorno è oggi ?
19
E. Exposure
20
Dinamica del trauma
21
Le due scelte sul campo: scoop and run o stay and play?
22
La triade della morte
Con questo termine si indicano i tre fattori maggiormente responsabili della
morte del traumatizzato, che sono causa di danno secondario.
Essi sono ipossia, ipotensione, ipotermia.
Se il modo migliore di evitare il primo fattore è evidente, dobbiamo dire
che spesso nel tentativo di evitare il secondo possiamo causare il terzo.
La fluidoterapia massiva, infatti, se da un lato può migliorare l’ipoten-
sione, sicuramente peggiora la condizione ipotermica del traumatizzato
soprattutto se vengono infusi fluidi non riscaldati o peggio ancora freddi.
Per questa ragione, i fluidi in ambulanza dovrebbero essere riscaldati ed
è norma essenziale non mantenere le flebo in ambulanza nel periodo in-
vernale lasciandole all’interno della sede per poterle poi infondere almeno
a temperatura ambiente.
23
APPROCCIO AL TRAUMATIZZATO
SICUREZZA AMBIENTALE
VALUTAZIONE PRIMARIA
NO
SI
PAZIENTE STABILIZZABILE ?
SCOOP
AND
VALUTAZIONE SECONDARIA
RUN
IMMOBILIZZAZIONE
TRASPORTO/CENTRALIZZAZIONE
24
APPROCCIO AL TRAUMATIZZATO INCARCERATO
SICUREZZA AMBIENTALE
VALUTAZIONE RAPIDA
VALUTAZIONE PRIMARIA
PAZIENTE STABILIZZABILE ?
NO
SI SCOOP
AND
VALUTAZIONE SECONDARIA
RUN
IMMOBILIZZAZIONE
TRASPORTO/CENTRALIZZAZIONE
25
Valutazione secondaria
Essa prevede:
26
IL TRIAGE
27
dei successivi mezzi di soccorso. Questo tipo di triage è quello che più fre-
quentemente viene applicato in emergenza territoriale (ad esempio in un
incidente stradale con più di un ferito).
Quando però, nello stesso incidente stradale vi siano molti feriti che per la
gravità delle lesioni richieda un sostegno immediato delle funzioni vitali,
e vi sia solo un equipaggio sulla scena, si deve introdurre il concetto di
maxiemergenza e conseguentemente cambiare tecnica di triage, stabi-
lendo quale paziente trattare e quale no.
Questo metodo di triage è quello che si applica anche quando il numero
di feriti da trattare diviene talmente grande da creare per un tempo più
lungo, una sproporzione con le risorse disponibili al loro trattamento.
In questo caso si parla di catastrofe o, nel mondo anglosassone, di disa-
stro. Il termine catastrofe, infatti indica un evento dannoso per la comunità,
che crea uno sconvolgimento dell’ordine delle cose, della salute e dell’eco-
nomia all’interno di essa.
28
C.E.S.I.R.A.
Questo protocollo è di scarsa o nulla utilità nel triage delle maxiemergenze sia intra
che extraospedaliere dove il triage è eseguito da personale professionista.
29
S.T.A.R.T.
Un altro metodo utilizzato dal sistema 118 Soccorso per effettuare Triage
a livello extraospedaliero è lo S.T.A.R.T., acronimo di Simple Triage And
Rapid Treatment (“Criteri di massima per l’organizzazione dei soccorsi sa-
nitari nelle catastrofi” G.U. serie generale n. 81 del 6 aprile 2001) che for-
nisce ai soccorritori un semplice approccio passo-passo (step-by-step),
per valutare in breve tempo un grande numero di pazienti. Il metodo
S.T.A.R.T., infatti, consente un triage estremamente rapido (max 30 se-
condi a paziente), è semplice, facile da ricordare e da eseguire, tanto da
essere uno dei metodi di triage extraospedaliero più diffusi in Italia e nel
Mondo. Il metodo S.T.A.R.T,, inoltre, è adatto a Team misti di professio-
nisti Medici, Infermieri, e Soccorritori Volontari, e si presta ad essere effi-
cacemente utilizzato in tutti i casi in cui si renda necessario in ambiente
extraospedaliero eseguire un triage (luogo evento, P.M.A, fase di ospeda-
lizzazione). Il personale, sanitario e non, addetto al triage, assume un ruolo
molto particolare, poiché deve avere la capacità di riconoscere, in tempi
molto limitati, la gravità delle condizioni dei coinvolti, applicando un metodo
oggettivo e scarsamente condizionato dall'operatore.
I codici di criticità attribuiti ai pazienti secondo i vari tipi di triage sono di
tipo numerico o codici colore, come espresso nella tabella che segue:
Codice colore Priorità Descrizione
Pazienti con lesioni che li pongono in immediato rischio
ROSSO 1 di vita ma che possono essere trattate con successo
Pazienti con lesioni potenzialmente pericolose ma che
GIALLO 2 al momento non mettono a rischio la vita del paziente
Pazienti con lesioni non gravi che possono
VERDE 3 avere un trattamento dilazionabile
NERO 4 Pazienti deceduti
30
START
IL PAZIENTE PUÒ SI
CAMMINARE ? VERDE
NO
IL PAZIENTE LIBERA
BLU
NO NO
RESPIRA ? VIA AEREE
SI
SI
NO ROSSO
ESEGUE ORDINI
SEMPLICI ?
SI GIALLO
31
LE MANOVRE DEL TRAUMA
33
Estricazione rapida
Obiettivo:
a. rimozione dall’auto di un ferito che
presenta alterazione di uno o più dei
parametri vitali.
b. rimozione di un ferito dall’auto per
accedere ad un altro ferito che pre-
senta alterazione di uno o più dei pa-
rametri vitali.
c. rimozione di un ferito in presenza
di un rischio evolutivo
Modalità di esecuzione:
T.L., 1°, 2° soccorritore, Autista.
L’estricazione deve essere conclusa
in 60”. Dopo l’esecuzione della valu-
Fig. 1
tazione rapida, il 1° si posiziona al-
l’esterno della vettura e mantiene la
testa in posizione neutra mentre.(Fig. 1)
Fig. 2
34
Fig. 3 Fig. 4
35
Fig. 6
Fig. 7
36
Fig. 8
Mentre l’autista
tiene saldamente
l’asse spinale, e
il 1° mantiene la
testa in posi-
zione neutra, il
T.L. aspetta il 2°
per prenderlo
sotto alle ascelle
e farlo scivolare
sull’asse in modo
che la testa arrivi
sul cuscino del-
l’asse spinale.
(Fig. 8-9)
Fig. 9
37
Estricazione convenzionale
Obiettivo:
rimuovere in sicurezza un ferito dall’auto immobilizzandolo con un corsetto
estricatore (uno dei più diffusi è il Kendrik Extrication Device).
Fig. 1
38
Fig. 2
Modalità di esecuzione:
Fig. 3
39
Fig. 4
Il T.L. sposta delicatamente il to-
race del paziente in avanti per fa-
cilitare l’inserimento del collare
da parte del 2° (Fig. 4-5)
Fig. 5
Fig. 6
40
Una volta inserito il KED fino in fondo al sedile, il 2° apre l’ala piegata e si
riporta dalla parte opposta dell’abitacolo, nel veicolo in modo da comple-
tare il posizionamento del KED assieme al T.L. Il 2° ed il T.L. adagiano il
paziente sul corsetto, fissano la testa con le due cinghie facendole passare
dalla fronte e dalla mentoniera del collare, ed agganciandole incrociate sul
velcro del corsetto. (Fig 7, 8,9,10)
Fig. 7 Fig. 8
Fig. 9 Fig. 10
41
Fig. 11
Se necessario è possibile inserire tra
il corsetto e la testa del pazienti l’ap-
posito guancialino di corredo per
mantenere la posizione neutra
Il T.L. ed il 2º agganciano le cinghie
addominali dall’alto verso il basso.
(Fig. 11)
Fig. 13
42
Fig. 14 Fig. 15
Fig. 16
Fig. 17
L’autista al
momento
della com-
pleta rota-
zione del
paziente in-
serisce
l’asse spi-
nale tra i
glutei e il se-
dile. (Fig 16-17)
43
Quando il paziente risulta sdraiato sui sedili, il 2º si porta dalla parte della
testa e aiuta il T.L. alla estrazione del paziente mentre il 1º continua a te-
nere la testa per limitarne i movimenti. (Fig 18)
Fig. 18
Una volta che la vittima viene adagiata sull’asse spinale, dobbiamo allen-
tare le cinghie cosciali e anche quelle addominali per facilitare la respira-
zione.
44
La manovra di Rautek
45
La manovra di Rautek effettuata da un
unico soccorritore che, dopo aver effet-
tuato una valutazione rapida e controllato la
mobilità degli arti inferiori rispetto alle strut-
ture del veicolo, si pone a lato del ferito fa-
cendo passare il proprio arto superiore
destro dietro le spalle dell’infortunato, sotto
l’ascella destra del medesimo ad afferrare il
polso sinistro. (Fig. 1, 2, 3)
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
46
L’estrazione avviene facendo compiere al
traumatizzato una rotazione sul sedile così
da presentare il paziente con le spalle alla
portiera. Nel caso che il ferito da estricare
sia dal lato opposto alla guida, la manovra
sarà la stessa ma con l’inversione degli arti
sia del soccorritore che del ferito.
(Fig. 5, 6, 7,8)
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
47
Posizionamento del collare cervicale
Obiettivo:
Modalità di esecuzione:
due soccorritori sia con il collare monovalva che con quello bivalva.
Fig. 1
Il 1º mantiene da dietro la posi-
zione neutra spiegando al paziente
(se cosciente) cosa verrà fatto.
Il T.L. posiziona il collare mono-
valva impugnandolo per la zona
del mento e facendo passare la
parte posteriore da dietro la nuca
avendo cura di evitare sia i capelli
lunghi che i colli di giacche o giac-
coni e possibilmente anche pinze
fermacapelli e collane. (Fig. 1)
Fig. 2 Fig. 3
48
Per valutare se il collare è correttamente stretto, dobbiamo far parlare il
paziente (se cosciente) e verificare l’impossibilità di muovere la mandibola.
In ogni caso, non deve essere possibile inserire un dito tra il collo ed il col-
lare. Per l’inserimento del collare bivalve, il 1º mantiene la testa in posi-
zione neutra mentre il T.L. posiziona la parte anteriore del collare. (Fig. 4-5)
Fig. 4 Fig. 5
Fig. 6 Fig. 7
49
Fig. 8
Per ambedue i tipi di collare, esistono diverse misure (che devono essere
presenti in ambulanza), comprese quelle pediatriche.
Si trovano in commercio collari monovalva adattabili a più misure mediante
una levetta di sblocco che fa alzare la parte anteriore e posteriore del col-
lare.
La misura corretta del collare è quella che deve permettere l’inserimento
conservando la posizione neutra della testa, poggiando con il suo margine
inferiore sul giugulo e con il suo margine superiore sulla mandibola ante-
riormente e sull’occipite posteriormente. (Fig. 8)
Un collare troppo basso tenderà a far flettere la testa in avanti, mentre uno
troppo grande farà estendere la testa all’indietro.
Il solo utilizzo del collare cervicale non garantisce un’adeguata immobiliz-
zazione del radiale cervicale, perciò il mantenimento del C-spine deve
proseguire fino alla immobilizzazione definitiva con cunei e lacci fermacapo
su asse spinale.
50
Rimozione del casco
Obiettivo:
Fig. 3
Modalità di esecuzione:
51
Fig. 5
La mano sull’occipite deve essere
posizionata in modo che le prime tre
dita aperte a ventaglio sostengano la
testa quando il casco verrà rimosso,
evitando l’estensione della stessa.
(Fig. 5)
52
Pronosupinazione (roll-over)
Obiettivo:
Modalità di esecuzione:
la manovra deve essere eseguita con tre soccorritori.
Fig. 2
53
Fig. 3
A questo punto il T.L. può prendere
la testa per dar modo al 1° di spo-
starsi più di lato e di riposizionarsi
per completare la manovra. (Fig. 3-4)
Fig. 4
Fig. 5
Ripresa in mano la testa, il 1º dà il
via per completare il roll-over e
adagiare a terra il paziente. (Fig. 5-6)
Fig. 6
54
Pronosupinazione su spinale
Obiettivo:
Modalità di esecuzione:
come per la manovra precedentemente descritta occorrono tre soccorri-
tori più un quarto soccorritore (auti- Fig. 7
sta) che deve inserire al momento
opportuno l’asse spinale.
55
Fig. 10
I particolari della posizione delle mani
e delle gambe del T.L. e del 2° sono
illustrati in figura. (10-11)
Fig. 11
A questo punto il 1° dà il via per pro-
cedere ad una rapida discesa della
spinale e del paziente in terra mentre
i due si allontanano dalla spinale al-
zandosi in piedi. (Fig. 12-13)
Fig. 12
Fig. 13
56
Pronosupinazione su spinale a tre soccorritori
Obiettivo:
Modalità di esecuzione:
la manovra si esegue con tre
soccorritori. I soccorritori si
posizionano dalla parte op-
posta rispetto a dove guarda
il paziente in quanto la rota-
zione avverrà dalla parte op-
posta rispetto a dove è
ruotata la testa.
Fig. 1
Il 1 ° si posiziona alla testa del ferito inserendo le mani ai lati della testa in
modo da rendere agevole il mantenimento della posizione neutra durante
la manovra. Il T.L. ed il 2º si posizionano di lato avvicinando la tavola al
fianco del ferito. (Fig. 1)
Il T.L. ed il 2° si posizionano
con le ginocchia sopra la spi-
nale. (Fig. 2)
Fig. 2
57
Il T.L. ed il 2º si po-
sizionano con le
mani incrociate a li-
vello della spalla,
del fianco, del ba-
cino e delle gambe,
avendo cura di cin-
gere anche il polso
con la mano del T.L.
(Fig. 3)
Fig. 3
Fig. 4
58
Fig. 5
Fig. 6
59
Caricamento su spinale (log-roll)
Obiettivo:
Fig. 2
Al via del 1º viene eseguita una rota-
zione in asse di 90° ed in questa fase
il T.L. può ispezionare il dorso del pa-
ziente alla ricerca di lesioni. (Fig. 2)
Fig. 3
A questo punto l’autista inserisce a
45° l’asse spinale. (Fig. 3)
60
Fig. 4
Al nuovo via del 1°, i quattro soc-
corritori riportano il paziente in
posizione supina con un movi-
mento rapido e contrario al prece-
dente. (Fig. 4)
Fig. 5
Può essere necessario eseguire
un sollevamento a ponte per cen-
trare il paziente sull’asse. (Fig. 5)
Fig. 6 Fig. 7
In (Fig. 6) è mostrata la
posizione del T.L. e
del 2° durante il solle-
vamento a ponte
(omesso per esigenze
fotografiche) il 1° soc-
corritore alla testa.
61
Fig. 1
Caricamento su spinale
con cucchiaio
Obiettivo:
Fig. 4 Fig. 5
Una volta che la chiusura
del cucchiaio è comple-
tata, al via del 1º si pro-
cede allo spostamento del
ferito sull’asse spinale e
sempre mantenendo l’im-
mobilizzazione della
testa, alla rimozione del
cucchiaio. (Fig. 2-3-4-5)
62
Fig. 1
Posizionamento dell’asse spinale
al paziente in piedi
Obiettivo:
Modalità di esecuzione:
63
Fig. 4
Fig. 5
Al via del 1° si esegue una lenta di-
scesa spingendo il paziente verso
l’asse spinale e mantenendo puntellata
la base dell’asse con il piede interno
mentre gradualmente il T.L. ed il 2° si
portano di lato all’asse e si piegano
verso terra e il 1° indietreggia e si piega
verso il basso. (Fig. 5)
Fig. 6
Alla fine della manovra il paziente si
trova sull’asse spinale e può essere
necessario riportarlo più in alto o più in
basso lungo l’asse spinale (a seconda
che il paziente sia basso o alto, rispet-
tivamente) facendolo scivolare sul-
l’asse con il 1° che mantiene la
posizione neutra della testa. (Fig. 6)
64
Fissaggio del paziente
sull’asse spinale
Obiettivo:
Modalità di esecuzione:
65
I lacci devono essere passati attraverso gli anelli di fissaggio posti in ge-
nere sul cuscino e poi ribattuti anteriormente su se stessi.
La fase successiva prevede il posizionamento delle cinghie per il tronco e
per gli arti (generalmente chiamate “ragno”).
I due soccorritori collaborano a distendere le cinghie sul paziente, tenendo
conto che esiste un davanti ed un dietro del ragno (generalmente indivi-
duabile leggendo semplicemente le scritte su di esso) e spostando le cin-
ghie laterali in modo che si trovino ognuna alla giusta altezza per poter
essere passate a livello delle spalle, del torace, del bacino, delle cosce e
dei piedi. (Fig. 4)
Fig. 4
66
La sequenza di chiusura è la seguente:
① ② ③ ④ ⑤
③ - Cinghia toracica.
67
Per stringere le cinghie è
consigliato spostarsi al di
sopra del paziente in modo
da poter esercitare una tra-
zione uguale e simmetrica
delle due parti, destra e si-
nistra come per le cinghie
fermacapo (operazione fa-
cente capo al Team Lea-
der). (Fig. 5-6)
Fig. 5-6
Dobbiamo fare attenzione
al posizionamento delle cin-
ghie toracica (nella donna)
e del bacino (nell’uomo)
perché la prima deve es-
sere passata sotto i seni o
ben al di sopra e la se-
conda non deve passare
sopra i genitali ma deve es-
sere fermata a livello della
cintura.
68
Di grande importanza è il posizio-
namento di una metallina (con la
parte argentata a contatto diretto
con il corpo) prima di posizionare
il ragno (omessa nelle foto per
esigenze fotografiche) in modo da
proteggere dalla dispersione ter-
mica il paziente traumatizzato.
(Fig. 8-9)
Fig. 7
Fig. 8-9
69
Immobilizzazione di un arto
Obiettivo:
STECCOBENDA
70
Fig. 1
Un soccorritore mantiene
l’arto in asse, esercitando
una lieve ma costante tra-
zione su di esso come illu-
strato. (Fig. 1)
Contemporaneamente sol-
leva leggermente l’arto in
modo da rendere possibile
un agevole posizionamento
della steccobenda al di sotto
Fig. 2 dell’arto con i lacci verso l’in-
terno ed il velcro verso
l’esterno. (Fig. 2)
71
Fig. 3
A posizionamento ultimato, è
buona norma valutare la pre-
senza dei polsi periferici ad
esempio il pedidio (Fig. 4) per
l’arto inferiore ed il radiale
per quello superiore.
In modo da non
gonfiare troppo la
stecca ed evitare
compressioni ar-
teriose. (Fig. 3)
Localizzazione
dell’arteria pedidia
per la valutazione
del corretto af-
flusso di sangue
al piede.
Fig. 4
72
Fig. 5
Nel caso del posizionamento
di una steccobenda rigida.
(Fig. 5)
Fig. 6
Fig. 7
73
Immobilizzazione dell’arto inferiore per la frattura di femore
Obiettivo:
Modalità di esecuzione:
sono necessari tre soccorritori.
Mentre il 1º se necessario mantiene la
posizione neutra, il 2º ripiegata un’ala del
corsetto (Fig. 1) lo posiziona di fianco al pa-
ziente, accanto all’arto fratturato.
Fig. 2
Fig. 1
74
Fig. 3
Fig. 4
75
Stabilizzazione della frattura di bacino
Obiettivo:
Fig. 2
il T.L. ed il 2º posizionano
il paziente sul cucchiaio.
(Fig. 2)
76
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
77
Fig. 6
A questo punto il pa-
ziente viene posizionato
sull’asse spinale e viene
rimosso il cucchiaio.
(Fig. 6-7)
Fig. 7
Fig. 8
Il T.L. ed il 2º cominciano
la chiusura delle cinghie
stringendole in modo de-
ciso avendo cura di evi-
tare i genitali esterni nel
paziente maschio. (Fig. 8-9)
78
Fig. 9
79
IL CONTROLLO DELLE EMORRAGIE
80
sibilità di risolversi spontaneamente grazie alla coagulazione del sangue,
per cui la compressione deve essere mantenuta per tutto il tempo, fino al-
l’arrivo in ospedale. Qualora la compressione diretta non riesca ad arre-
Fig. 1
stare l’emorragia o non vi sia la possibilità di
esercitarla (ad esempio nel caso di amputazioni
o di fratture esposte con lesione vascolare) dob-
biamo ricorrere alla compressione nei cosiddetti
punti di compressione arteriosa che si trovano
alle radici degli arti. Per le emorragie dell’arto su-
periore, la compressione è a carico dell’arteria
brachiale e si esegue sulla superficie interna del
braccio: dobbiamo comprimere l’arteria brachiale
tra il nostro pugno e l’omero. (Fig. 1)
81
Gli strumenti che possiamo avere a disposizione per questo scopo sul-
l’ambulanza sono molteplici.
Esistono dei lacci da emostasi (tourniquet), delle catene rivestite di
gomma, delle bende pneumatiche da gonfiare attorno all’arto ferito.
Questi strumenti sono comodi, efficaci e di facile applicazione.
Lo svantaggio rispetto alla compressione manuale è dato dal fatto che la
loro pressione si esercita in modo concentrico su tutta la circonferenza
dell’arto bloccando completamente l’afflusso ematico ai tessuti.
La compressione manuale, invece, permette il passaggio di sangue da cir-
coli collaterali che impediscono la completa ischemia dell’arto anche se
l’arteria principale è compressa.
Nel caso che l’emostasi con una di queste attrezzature debba essere man-
tenuta per tempi lunghi (superiore ai 30 minuti) è consigliabile segnare
l’ora del posizionamento e allentarla di tanto in tanto per qualche secondo.
82
LE USTIONI
83
Per il grado dell’ustione dobbiamo suddividere la gravità in quattro (per al-
cuni tre) gradi.
• Le ustioni di primo grado interessano solo l’epidermide; un esempio di
ustione di primo grado sono le scottature solari.
La cute è dolente e arrossata e non vi è formazione di bolle o vescicole.
Le ustioni di primo grado guariscono senza lasciare cicatrici.
• Le ustioni di secondo grado, coinvolgono l’epidermide e il derma.
La cute dolente, a seconda della profondità dell’ustione, può essere ve-
scicolosa.
Sono in genere dovute a liquidi bollenti, vapore o fiamme.
• Nell’ustione di terzo grado (o a tutto spessore), la lesione giunge a coin-
volgere il grasso sottocutaneo. La cute è carbonizzata, pallida, non dolente
in quanto sono distrutte anche le terminazioni nervose dolorifiche.
Questa ustione non guarisce da sola ma si rende sempre necessario l’in-
tervento chirurgico.
• Le ustioni di quarto grado (per alcuni assimilate a quelle di terzo) arrivano
a coinvolgere il tessuto muscolare e osseo. Sono lesioni devastanti e pos-
sono mettere in immediato pericolo di vita il paziente.
USTIONE 1° GRADO
(eritema solare)
USTIONE 2° GRADO
(comparsa di flittene)
USTIONE DI 3° - 4° GRADO
(carbonizzazione tissutale)
84
Trattamento del paziente ustionato
85
delle vie aeree superficiali e profonde. Questo in genere suggerisce la ne-
cessità di assicurare una via aerea definitiva mediante tubo orotracheale
per il rischio di edema delle vie aeree che renderebbe estremamente dif-
ficoltosa o addirittura impossibile una adeguata ventilazione;
- in caso di incendio, il paziente può presentare immediatamente o a di-
staza di tempo problemi respiratori legati, oltre che a quanto detto nel
punto precedente, anche all’inspirazione di gas tossici, prevalentemente
monossido di carbonio e cianuri che richiedono ossigeno ad alti flussi
nell’immediato e possono comunque rendere necessaria anche l’ossige-
noterapia iperbarica;
- nelle ustioni da elettricità il paziente può presentare gravi alterazioni del
ritmo cardiaco che possono portare anche all’arresto cardiaco e che
fanno passare in secondo piano il problema ustione; inoltre il passaggio
della corrente elettrica può determinare contrazioni muscolari involontarie
che possono causare lesioni muscolo-scheletriche, sempre ricordare che
l’ustionato è un traumatizzato;
- nel caso di coinvolgimento degli occhi specialmente se dovuto a contatto
con sostanze chimiche, occorre rimuovere le eventuali lenti a contatto e
lavare abbondantemente gli occhi con acqua o meglio ancora con gluco-
sio al 5%, per raffreddare la superficie oculare ed allontanare l’agente
caustico che ha causato il danno.
86
CENNI DI TRAUMATOLOGIA SPECIALE
È importante perciò che il soccorritore conosca tali lesioni per poter, al me-
glio supportare il medico o l’infermiere nell’esecuzione delle manovre atte
a trattare queste lesioni in modo rapido ed efficace.
87
Trauma cranico
Per trauma cranico si intende ogni trauma che interessi la scatola cranica
ad eccezione del massiccio faciale (per il quale usiamo più correttamente
la definizione di trauma faciale o cranio-faciale se associato al trauma cra-
nico).
Massiccio
faciale,
Neurocranio
Base
cranica.
89
Fig. 2
meccanismo di
lesione
encefalica per
urto frontale e
occipitale.
Fig. 3
meccanismo di
lesione
encefalica per
da contraccolpo
dell’encefalo.
90
Per quanto detto finora, i traumi cranici possono essere patologie rapida-
mente evolutive che necessitano di una ospedalizzazione rapida in un cen-
tro dotato di neurochirurgia e di una massima sorveglianza durante il
trasporto.
Un ematoma subdurale o una emorragia intracerebrale, infatti, possono
far aumentare rapidamente di volume l’encefalo, ma non potendo esso
espandersi all’interno della scatola cranica, si viene a creare un aumento
di pressione endocranica che sposta e comprime l’encefalo stesso provo-
cando gravi e potenzialmente mortali turbe del suo funzionamento.
Fig. 4
Ematoma extradurale:
notare la grave compressione dell’en-
cefalo:
si sviluppano piuttosto lentamente po-
tendo dare perdita di coscienza anche
dopo alcune ore (intervallo libero).
Fig. 5
Ematoma subdurale:
estremamente pericoloso per la vita
del paziente per il rapido sviluppo:
richiede immediato intervento neuro-
chirurgico.
91
Il trauma cranico può essere una patologia a rapida evoluzione, per questo
al punto D della Valutazione Primaria è stata inserita una seconda valu-
tazione; più accurata dello stato di coscienza in modo da poter valutare
(tramite AVPU o per i medici il Glasgow Coma Score) il livello di co-
scienza al nostro arrivo, durante il soccorso ed il trasporto.
Segnali di allarme per una situazione intracranica in evoluzione (ematoma
subdurale, extradurale o emorragia intracerebrale) sono:
• agitazione psicomotoria (eccitazione, delirio, ripetitività delle domande
del paz. incapacità di soccorrerlo, ecc.) da differenziare dagli stati di abuso
di sostanze stupefacenti, dallo spavento per l’accaduto e dall’ abuso di al-
cool.
• alterazione delo stato di coscienza (coma) è il classico segno di danno
neurologico. Il coma è l’incapacità di rapportarsi con l’esterno e può essere
già presente all’arrivo della squadra di soccorso e rimanere stabile durante
l’intervento, oppure iniziare o peggiorare durante il soccorso stesso.
• intervallo libero è tipico dell’ematoma extradurale ovvero nel quale la
raccolta di sangue avviene tra la dura madre e l’osso.
In questi pazienti in genere si ha una transitoria perdita di coscienza im-
mediatamente con il trauma (che i soccorritori non vedono ma che gli
astanti talvolta possono riferire) che si risolve dopo qualche minuto, seguita
anche a distanza di alcune ore da un’altra perdita di coscienza. L’intervallo
cosciente tra le due perdite di coscienza, durante il quale spesso si svol-
gono le operazioni di soccorso, viene detto intervallo libero o intervallo lu-
cido (libero da incoscienza). Se il secondo episodio di perdita di coscienza
accade abbastanza ravvicinato con il primo, è possibile che i soccorritori
lo possano vedere, presentandosi come un rapido e improvviso peggiora-
mento (o nuovo peggioramento, per meglio dire) dello stato di coscienza
del traumatizzato, magari durante il trasporto in ospedale!
• crisi epilettiche se associate ad un trauma cranico sono espressione di
sofferenza della corteccia cerebrale, la parte più nobile dell’encefalo.
• arresto respiratorio si accompagna ad un qualche grado di alterazione
della coscienza in genere piuttosto grave (coma).
92
Frattura della base cranica
• ematoma orbitarlo
segno del procione
Fig. 1
• ematoma retroauricolare
segno di Battle
Il trauma cranico può essere l’unico trauma rilevante del paziente (trauma
cranico puro) o più frequentemente associarsi ad uno o più traumi di altri
distretti. I distretti più frequentemente associati sono il massiccio faciale,
il rachide cervicale e il torace.
93
Trauma faciale
• ostruzione delle vie aeree per sangue, denti avulsi, protesi fratturate
• trauma laringeo
• trauma rachide cervicale
• trauma cranico associato
Il suo trattamento è garantire una gestione avanzata delle vie aeree me-
diante IOT o cricotirotomia.
Per i soccorritori, è di vitale importanza la somministrazione di O2 ad alti
flussi, il decubito semiseduto (sollevando l’asse spinale) e l’allertamento
della C.O. per l’eventuale invio di una equipe ALS o per uno SCOOP AND
RUN.
94
Trauma vertebrale
7 vertebre cervicali
Fig. 1
12 vertebre toraciche
5 vertebre lombari
5 vertebre sacrali fuse insieme
4 vertebre coccigee fuse insieme
Fig. 2
Vertebra in sezione
assiale al centro il
canale vertebrale.
95
Questo canale vertebrale protegge il midollo (che è una sorta di insieme
di fibre nervose) che rappresenta la continuazione dell’encefalo ed ha la
funzione di innervare tramite i nervi spinali tutto il nostro corpo ad ecce-
zione della testa, sia da un punto di vista motorio che sensitivo. Il problema
della frattura vertebrale è legato al fatto che essa può rendere instabile la
vertebra stessa creando così i presupposti per uno spostamento di una
parte di essa verso il canale vertebrale ed il midollo in esso contenuto.
96
Lesione midollare
Nei casi in cui una lesione midollare si sia realizzata, e il paziente sia co-
sciente e in parte collaborante, è possibile riconoscere alcuni segni e sin-
tomi tipici della lesione.
Questi variano a seconda del livello a cui essa si è realizzata, in quanto
tanto più alta è la lesione tanto più gravi saranno i danni, in considerazione
del fatto che ancora pochi distretti del nostro corpo hanno già ricevuto i
propri nervi dal midollo.
Quindi, una lesione cervicale in genere porta una tetraplegia (impossibilità
di muovere i quattro arti) o addirittura un arresto respiratorio per paralisi
anche dei muscoli della respirazione, mentre una lesione spinale toracica
bassa o lombare può causare una paraplegia (paralisi degli arti inferiori)
in quanto a questo livello i nervi per i distretti superiori (arti superiori, to-
race) hanno già lasciato il midollo.
Attenzione:
• circa il 30% dei pazienti con fratture vertebrali non presenta dolore
• il paziente incosciente non può riferire i sintomi né collaborare
per evidenziare i segni.
• le fratture vertebrali sono più frequenti di quanto non si pensi, spesso
sono multiple e sono massimamente probabili nei traumi cranici
e toracici.
97
Shock spinale
Trauma toracico
98
Per questo motivo è di grande importanza anche la conoscenza della di-
namica dell’evento in modo da supporre anche in assenza di danni visibili
alla gabbia toracica il rischio di lesioni agli organi interni .(Fig. 1)
Le lesioni del torace possono essere dovute sia al trauma diretto (ad
esempio urto contro il volante dell’auto nel guidatore sprovvisto di cinture
di sicurezza) o anche ad un meccanismo di brusca accelerazione o dece-
lerazione (ad esempio nella caduta dall’alto). Un trauma toracico può cau-
sare alterazioni che se non riconosciute e trattate prontamente possono
causare il decesso del ferito sulla scena. Fig. 1
• Pneumotorace aperto
• Pneumotorace iperteso
• Lembo costale mobile (volet costale)
• Tamponamento cardiaco
• Emotorace per lesione dei grossi vasi
• Ostruzione delle vie aeree
Attenzione a :
- dispnea o tachipnea
- shock in assenza di emorragie esterne
- lesioni toraciche visibili (ferite soffianti, volet costale, ferite penetranti)
- asimmetria della parete toracica
- desaturazioni con SpO2 < 90% in O2 o non rispondenti all’O2 terapia
- segni di contusione o ferite sulla parete toracica (es. segno delle cinture
di sicurezza) che possono sempre suggerire una lesione toracica mag-
giore.
99
Pneumotorace aperto
Fig. 1 Fig. 2
(Fig. 1)
Schema della circolazione polmonare, camere cardiache, laringe, trachea, polmoni grossi
vasi (aorta, arterie, vene polmonari).
(Fig. 2)
100
L’impatto respiratorio di questa lesione è considerevole ma raramente si
ha il decesso del paziente sul campo a meno che non vi siano altre lesioni
associate. Il quadro clinico è caratterizzato da dispnea, tachipnea, dolore,
tachicardia e saturazione bassa che in genere risponde in qualche misura
alla ossigenoterapia.
Il trattamento sul campo è di natura conservativa in quanto abbiamo il
tempo per un trattamento ospedaliero. Quello che possiamo fare è la co-
siddetta medicazione della “ferita soffiante” mediante medicazione su
tre lati in modo da creare un meccanismo a valvola inverso che permetta
all’aria di uscire ma non di rientrare,(Fig. 3) tramite l’applicazione di una me-
dicazione impermeabile (garze bagnate, involucro plastico delle garze ste-
rili con la parte interna verso la ferita) sigillata su tre lati con cerotto.
Restano imperative la somministrazione di ossigeno ad alti flussi e il man-
tenimento del paziente con il tronco più alto delle gambe per migliorare la
dispnea (sollevando tutta l’asse spinale).
Fig. 3
101
Pneumotorace iperteso
Fig. 4
Meccanismo di formazione del pnx. iperteso mediante meccanismo a valvola. Notare l’im-
patto emodinamico per l’ostacolo al ritorno venoso da parte soprattutto della Vena Cava
Inferiore che si inginocchia.
Perciò il pnx iperteso deve essere immediatamente trattato dal medico del territorio non
potendo essere delegato al medico in ospedale.
102
I sintomi del pneumotorace iperteso sono drammatici e rapidamente evo-
lutivi. Si possono dividere fondamentalmente in segni e sintomi respiratori
e segni e sintomi emodinamici. L’impatto emodinamico è spesso deva-
stante ed è quello responsabile della morte per pneumotorace iperteso.
L’impatto respiratorio è in genere serio ma non tale da causare la morte
del paziente (a meno che non vi sia la coesistenza di pneumotorace iper-
teso bilaterale destro e sinistro).
- Dispnea grave
- Deviazione della trachea
- Tachipnea
- Desaturazione
- Tachicardia
- Turgore delle Giugulari
- Ipotensione
- Arresto cardiaco
103
Lembo costale mobile (volet costale)
Fig. 1
104
Ferite penetranti del torace
105
Trauma addominale
Fig. 1
106
Traumi del bacino
I traumi del bacino possono esitare in fratture delle ossa che lo compon-
gono e in lesioni degli organi contenuti nella cavità da esso formata, ovvero
la cavità pelvica. (Fig. 1)
107
Ultimi lavori scientifici stanno mettendo sempre più in discussione l’opport-
nità di verificare tramite la soccussione del bacino (esercitare una forza di
circa 20 Kg bilateralmente sulle creste iliache) per valutare sulla scena del
trauma l’eventuale anormale mobilità del bacino stesso che suggerisce la
presenza di fratture multiple delle sue ossa. Il motivo è che tale manovra
della valutazione secondaria può causare la ripresa di un sanguinamento
osseo qualora questo si fosse arrestato per la formazione di un trombo
dovrebbe essere eliminata dalle procedure extraospedaliere.
Nel caso di fratture multiple di bacino certe, può risultare utile il posiziona-
mento del KED in modo opposto, ovvero con la parte del corsetto cervicale
verso i piedi e con quella più larga a fasciare il bacino in modo da creare
una sorta di compressione emostatica delle ossa fratturate.
(Vedi capitolo dedicato alle manovre)
Amputazioni
Trattamento del paziente: quello che deve essere applicato è senza dubbio
la Valutazione Primaria che prevede l’arresto delle emorragie arteriose.
In molti casi è sufficiente la compressione diretta della zona amputata o la
compressione sull’arteria a monte dell’amputazione. In casi eccezionali in
cui non riusciamo a controllare efficacemente l’emorragia, possiamo ricor-
rere al gonfiaggio del bracciale dello sfigmomanometro fino alla cessa-
zione dell’emorragia. Sono in dotazione di molte ambulanze anche appositi
tourniquet, ovvero dei lacci adatti per il blocco dei focolai emorragici, che
devono essere usati solo come estrema ratio, quando i tre metodi prece-
denti non hanno risolto la situazione.
108
Trattamento del moncone:
- cercare e recuperare il moncone
- lavarlo con poca soluzione fisiologica, asciugarlo.
- avvolgerlo in un telino sterile e poi inserirlo negli appositi sacchetti per
amputazioni o, in mancanza di questi, in un sacchetto di plastica.
- se possibile, mantenere il moncone freddo,
senza congelarlo e non a contatto diretto con il ghiaccio.
- non immergere le parti amputate in acqua o soluzioni saline.
- avvertire la C.O. della presenza di amputazione per la possibilità di
reimpianto.
Il trauma in gravidanza
ATTENZIONE:
• presenza di due vittime da salvare à possibile taglio cesareo d’emer-
genza anche se la donna è deceduta se gli sforzi rianimatori continuano e
se vicini ad un ospedale à contattare la C.O.
Occorre comunque posizionare la donna sul fianco sinistro per evitare la
compressione aorto-cavale. Nel trauma questo è possibile posizionando
un cuneo (15-20cm) sotto il lato destro dell’asse spinale in modo da fissare
solidamente sia la paziente che l’asse.
109
B.L.S. ALL TRAUMATIZZATO A
V
Immobilizzazione manuale della s
testa in posizione neutra (
Sicurezza dello scenario
ALLERTARE IL 118
Applicazione del collare cevicale
NON COSCIENTE
e P
ĚŝŶĂŵŝĐĂĚĞůů͛ŝŶĐŝĚĞŶƚĞ Eventuale estricazione fl
(applicazione del collare se non fr
già posizionato) (O
Tamponamento immediato di A
eventuali emorragie massive p
a
Pervietà delle vie aeree
1
R
Valutazione rapida a
(incarcerato o prono) m
Valutazione Primaria fr
Tamponamento immediato di
eventuali emorragie massive
110
a
di
8-
assenti
assistita
( G.A.S.)
O.P.A.C.S.
(O.P.A.C.S. )
B
segni di circolo
frequenza 30 2
12 atti al minuto
flussi rilevamento
8 12 litri / minuto
massaggio cardiaco
Assente
cardiaca
cardiaca
Presente
carotideo
Se assente
Polso radiale
C
Polso radiale o
Controllo polso
carotideo per la
del polso radiale
valutazione della
frequenza cardiaca
valuta la frequenza
alla respirazione e si
Rilevare la frequenza
Valutazione presenza
Si continua assistenza
P.A.S.inferiore 80mmhg
VALUTAZIONE FINE DELLO STATO DI COSCIENZA ED SE RITORNO DI CIRCOLO SPONTANEO CENTRALIZZAZIONE
111
ESAME DELLA VITTIMA PREVIO ALLERTAMENTO DELLA CENTRALE 118
D
ŽŵƵŶŝĐĂƌĞĂůůĂ͘K͘ů͛ĞƐŝƚŽĚĞůůĞǀĂůƵƚĂnjŝŽŶŝƵƐĂŶĚŽůŽƐĐhema A B C D E
Avvertire la C.O. di ogni variazione dei parametri vitali ricominciando daccapo A B C D E
BIBLIOGRAFIA
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