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Nel colloquio medico viene seguito un percorso diretto dal disturbo principale che il paziente lamenta,alla

sua eziologia e patogenesi. I pazienti generalmente collaborano a tale processo,in quanto sono ansiosi di
eliminare il dolore o i sintomi associati alla malattia. Gli psichiatri spesso scoprono come i pazienti
raramente siano in grado di arrivare velocemente al punto a causa della loro incapacità di individuare
quello che realmente li disturba. Possono inoltre essere molto ambivalenti riguardo all'abbandonare i loro
sintomi perché la malattia psichiatrica è in fondo una sorta di adattamento funzionale 1. Infine,i pazienti
psichiatrici sono spesso imbarazzati in relazione ai loro sintomi e possono omettere delle informazioni per
dare una buona impressione.
Un'importante differenza tra l'anamnesi2 medica e il colloquio psicodinamico è l'interrelazione tra
diagnosi e trattamento. Un medico che esamina un paziente per un'appendicite affronta il colloquio con un
preciso assetto mentale - la diagnosi precede la terapia. Nel colloquio psicodinamico,al contrario,qualunque
distinzione tra diagnosi e terapia sarebbe artificiosa 3.
Lo psichiatra a orientamento dinamico affronta il colloquio con la consapevolezza che la maniera stessa
nella quale l'anamnesi viene raccolta può essere terapeutica. L'approccio dinamico,che lega intimamente la
diagnosi e la terapia,è empatico nel senso che prende in considerazione il punto di vista del paziente. Come
Merininger e collaboratori (1962) hanno notato:"Il paziente per essere curato e qualunque cosa venga fatta
per lui,nella misura in cui lo riguarda,è terapia,indipendentemente da come la chiama il medico. Pertanto,in
un certo senso la terapia precede sempre la diagnosi".
DIFFERENZE TRA COLLOQUIO PSICODINAMICO E COLLOQUIO MEDICO
Una terza distinzione tra colloquio medico e quello psicodinamico riguarda le sfere dell'attività e della
passività. Nel processo diagnostico di tipo medico,i pazienti sono essenzialmente dei partecipanti passivi.
Il paziente aderisce alla valutazione del medico rispondendo a una serie di domande. Il
medico,comunque,deve assemblare i tasselli del puzzle diagnostico per arrivare alla diagnosi finale.
Lo psichiatra a orientamento dinamico cerca di evitare questa suddivisione di ruoli. Al contrario,l'approccio
dinamico prevede il coinvolgimento attivo del paziente come collaboratore in un processo esplorativo. Il
paziente è considerato come una persona che ha un notevole contributo da dare alla comprensione
diagnostica finale. Se un paziente inizia un colloquio con ansia,lo psichiatra non cercherà di eliminarla col
presunto scopo di facilitare il colloquio 4. Al contrario,lo psichiatra potrà cercare di coinvolgere il paziente
nella ricerca delle origini di tale ansia con domande.
In un colloquio dinamico produttivo,lo psichiatra sarà in grado di raccogliere le informazioni riguardanti i
sintomi e l'anamnesi che consentono una diagnosi descrittiva. Per favorire una maggiore apertura da parte
del paziente,lo psichiatra deve però stare attento a non enfatizzare eccessivamente l'etichettamento
diagnostico,il che produrrebbe il dispiegarsi della complessa relazione tra medico e paziente. MacKinnon e
Michels (1971) hanno sostenuto che "il colloquio orientato solamente verso una formulazione diagnostica
può dare al paziente la sensazione d'essere un campione patologico che viene esaminato e pertanto
inibirlo nel rivelare i suoi problemi".5

1
Si può ritenere funzionale al mantenimento della propria psicopatologia,in termini di equilibrio interiore,per evitare
di affrontare i grossi "macigni",paure,fobie,preoccupazioni che l'individuo malato porta con sé nel profondo.
Contemporaneamente possiamo ritenerla disfunzionale ad un adattamento congruo con la realtà.
2
Si riferisce alla storia clinica,familiare e personale,di un soggetto in esame,raccolta dal medico direttamente o
indirettamente:l'a. fisiologica riguarda lo svolgimento dei vari avvenimenti fisiologici;l'a. patologica la storia delle varie
malattie sofferte dal paziente.
3
Artificioso aggettivo - Immaginato o fatto con artificio,che rivela l'artificio:un a.espediente;ragionamento a.;l'intreccio
del dramma è molto artificioso. Quindi ricercato,affettato,privo di naturalezza.
4
L'ansia potrebbe essere una manifestazione di un problema più profondo,quindi un mezzo attraverso la quale si può
entrare in contatto con la parte malata,distorta dalla realtà del paziente stesso.
5
Inoltre potrebbe insorgere il rischio di portare il paziente stesso ad identificarsi totalmente nella psicopatologia ad
egli/ella diagnosticata,limitando ulteriormente le sue capacità intellettive.
Un'altra differenza tra l'orientamento medico e quello dinamico nel colloquio clinico ruota intorno alla
selezione delle informazioni rilevanti. Raiser (1988) ha espresso la propria preoccupazione riguardo alla
tendenza attuale degli specializzandi in psichiatria e degli psichiatri istituzionali a chiudere la raccolta di
informazioni una volta raggiunto un inventario di sintomi sufficiente a soddisfare una categoria
diagnostica descrittiva e a formulare una terapia farmacologica. Egli ha ricordato che una diagnosi fondata
sul DSM è solamente un aspetto del processo diagnostico e che la mancanza d'interesse da parte degli
psichiatri nella comprensione del paziente come persona crea un ostacolo all'instaurarsi di una relazione
terapeutica. Per gli psichiatri a orientamento dinamico,la vita intrapsichica del paziente è una parte
essenziale dell'insieme di dati.
Un aspetto specifico del colloquio psicodinamico è l'importanza attribuita ai sentimenti del medico durante
il processo diagnostico e terapeutico. Il chirurgo o l'internista che notasse sentimenti di
rabbia,invidia,avidità,tristezza,odio o ammirazione considererebbe tali sentimenti come fattori che
interferiscono con la valutazione della malattia. Il medico generalmente sopprime tali sentimenti al fine di
mantenere una visione obiettiva e poter procedere con la visita. Per lo psichiatra a orientamento dinamico
tali sentimenti costituiscono informazioni diagnostiche essenziali,che comunicano al clinico qualcosa
delle relazioni che il paziente suscita nelle altre persone. Queste considerazioni ci portano direttamente a
due dei più importanti aspetti della diagnosi psicodinamica - il trasfert e il contro-trasfert.

TRANSFERT E CONTROTRANSFERT
Dato il fatto che il transfert è attivo in ogni relazione significativa,si può essere certi che elementi di
transfert esistano fin dal primo incontro tra medico e paziente. In effetti,il transfert può svilupparsi
persino prima del contatto iniziale (Thoma,Kachele,1987). Dopo aver fissato il primo appuntamento,il
paziente può iniziare ad attribuire allo psichiatra determinate caratteristiche basandosi su alcune
informazioni reali,su precedenti esperienze con altri psichiatri,sulle descrizioni dei mezzi di
informazioni,sulle proprie passare esperienze positive o negative con altri medici,o su atteggiamenti
generali verso le figure autorevoli. Un giovane che incontrava per la priva volta il proprio psichiatra nella
sala d'attesa esclamò:"Lei non è assolutamente come m'immaginavo!". Quando lo psichiatra gli chiese di
elaborare tale vissuto,il paziente spiegò che il nome dello psichiatra gli aveva evocato l'immagine di un
anziano signore distinto,e che era rimasto colpito dalla giovane età dello psichiatra.
Il transfert è una dimensione critica della valutazione perché influenza profondamente la collaborazione
del paziente con il medico. I pazienti che considerano i medici come rigide e critiche figure genitoriali,ad
esempio,saranno molto meno disponibili a rivelare aspetti imbarazzanti della propria biografia. Allo stesso
modo,i pazienti che vengono gli psichiatri come persone indiscrete e intrusive possono astenersi dal dare
informazioni e rifiutarsi di collaborare al colloquio.
Gli psichiatri che prendono in considerazione le distorsioni di transfert fin dall'inizio del colloquio
possono eliminare gli ostacoli che si oppongono a un'efficace raccolta dell'anamnesi.
Nei primi minuti di una consultazione con uno psichiatra,un paziente stava lottando con se stesso per
superare le proprie difficoltà a parlare. Lo psichiatra gli domandò se qualche suo commento o azione gli
avesse reso difficile parlare. Il paziente gli confidò che aveva coltivato la convinzione che gli psichiatri
fossero una sorta di lettori della mente,e che sentiva di dover fare attenzione a quanto avrebbe detto o
fatto in loro presenza. Lo psichiatra gli rispose con Humor: "Temo che non siamo così bravi". Entrambi
risero e per il paziente fu assai più facile aprirsi durante il resto del colloquio.
Per non etichettare tutte le reazioni del paziente come transfert,gli psichiatri devono tenere a mente che
la relazione paziente-terapeuta è sempre una miscela di transfert e di relazione reale. Lo psichiatra che
diede un'occhiata al suo orologio fornì uno spunto di realtà alla paura transferale della paziente che un
ennesimo uomo si stesse disinteressando di lei. La valutazione psicodinamica richiede allo psichiatra un
continuo automonitoraggio nel corso del processo diagnostico. Lo psichiatra accusato di essere disattento
deve interrogarsi se davvero non si sentisse annoiato(trasmettendo questo alla paziente)o se fosse la
paziente a distorcere la situazione. Se il problema è la noia,allora lo psichiatra deve determinare se il
proprio interesse scema per sue ragioni personali,perché la paziente sta facendo qualcosa che suscita
disattenzione,oppure per entrambi i motivi.
Queste considerazioni riguardano naturalmente il controtransfert. La cornice concettuale del colloquio
dinamico è che esso coinvolge due persone(potremmo forse dire due pazienti?). Ciascuno porta un passato
personale nel presente,e proietta aspetti interni di rappresentazioni di Sé e del'oggetto
nell'altro(Langs,1976). E' comune per gli psichiatri come a orientamento dinamico scoprire di essere in
rapporto con un paziente come se questi fosse un'altra persona. Lo psichiatra può magari notare una
sorprendente somiglianza fisica tra un paziente e una figura del passato. Il risultato è che lo psichiatra
finisce con l'attribuire qualità della figura del passato al paziente.
Uno dei compiti dello psichiatra a orientamento dinamico è quello di monitorare le proprie risposte
transferali e i sentimenti che emergono nell'intervista con il paziente. Qual è il contributo del clinico nella
risposta controtransferale?in che misura il comportamento del paziente nei confronti del terapeuta è
indotto?Di solito il controtransfert è un processo che richiede i contributi di entrambi i membri della diade.
E' spesso un arduo compito distinguere la parte di controtransfert che è stata indotta da quella immessa
nella situazione dai conflitti inconsci del clinico. Poiché la capacità di operare tale distinzione dipende in
larga misura dalla familiarità che ciascuno ha con il proprio mondo interno,la maggior parte degli
psichiatri a orientamento dinamico ritiene che un'esperienza di trattamento personale(psicoanalisi o
psicoterapia) sia estremamente preziosa per individuare e comprendere il controtrasfert.

APPROCCI ALLA RACCOLTA DELL'ANAMNESI


L'aspetto anamnestico del colloquio dovrebbe implicare contemporaneamente due obiettivi:una diagnosi
descrittiva e una diagnosi dinamica. Per raggiungere tali obiettivi,lo psichiatra deve mantenere uno stile di
conversazione flessibile,che oscilli dalla ricerca strutturata di fatti specifici(sintomi,storia familiare,agenti
stressanti,durata della malattia)a un atteggiamento non strutturato di ascolto del flusso e riflusso naturale
dei processi di pensiero del paziente. Attraverso le parti strutturate e quelle non strutturate del colloquio
anamnestico,l'esaminatore è in grado di fare una valutazione accurata dell'interazione paziente-medico.
Kenberg(1984) ha definito una forma di colloquio psicodinamico -l'intervista strutturale- come
movimento sistematico da un inventario di sintomi a una focalizzazione attiva sulle operazioni difensive
nel "qui e ora" della relazione con l'esaminatore.
Inizialmente lo psichiatra deve semplicemente creare un'atmosfera nella quale il paziente si senta libero di
parlare. Generalmente gli specializzandi in psichiatria alle prime armi sbagliano interrogando in modo
aggressivo i pazienti al solo scopo di raccogliere dati sulla storia personale e sui sintomi. Un altro errore
frequente è quello di assumere un atteggiamento pseudoanalitico di astinenza,silenzio totale,passività.
Specializzandi che magari sono persone calde e socievoli diventano improvvisamente,nel colloquio con il
paziente,rigidi,eccessivamente formali e freddi.
L'intervistatore otterrà molto di più diventando un partecipante attivo nella relazione - cercando
calorosamente ed empaticamente di comprendere il punto di vista del paziente.
Questo atteggiamento,se informato psicodinamicamente,si scosta dalla classica immagie dell'analista come
osservatore neutrale,non gratificante(Viederman,1984). Un colloquio psicodinamico non è una seduta di
terapia psicoanalitica.
Lo psichiatra può venire a conoscenza di molte cose permettendo al paziente di parlare liberamente per un
po'.
Oltre a cogliere dati essenziali sulla storia personale e sullo stato mentale,lo psichiatra può discernere
modelli di associazione che possono rivelare nessi inconsci significativi. L'ordine nel quale gli eventi,i
ricordi,le preoccupazioni e altri temi psicologici vengono verbalizzati non è mai causale. I matematici
sanno da tempo che è impossibile per qualunque persona generare sequenze prolungate di numeri
casuali. In breve tempo,i numeri ricadono in schemi significativi.
La mente preferisce l'ordine al caos. Lo stesso accade con le verbalizzazioni del paziente. Deutsch e
Murphy (1955) hanno basato il loro approccio al colloquio diagnostico - conosciuto come "anamnesi
associativa" - sul seguente principio: Il metodo [...] consiste nel registrare non solo quanto il paziente
dice,ma anche il modo nel quale fornisce le informazioni. Si tratta pertanto non solo di ciò che il paziente
racconta con le sue lamentele,ma anche di cogliere in quale fase del colloquio e in connessione a che
cosa egli introduce le proprie idee,lamentele e ricordi riguardo ai propri disturbi somatici ed emotivi.
A causa del ruolo centrale che la teoria evolutiva ha nella psichiatria dinamica,una storia evolutiva deve far
parte di una esauriente valutazione diagnostica a orientamento dinamico. Il paziente è stato frutto di una
gravidanza non desiderata?la nascita del paziente avvenne dopo la morte di un fratello maggiore?Il
paziente raggiunse all'età appropriata le pietre miliari evolutive del linguaggio,della deambulazione,della
posizione eretta?Vi furono separazioni traumatiche o perdite negli anni della formazione?Ottenere
queste informazioni d'inestimabile valore spesso richiede colloqui con i genitori o con altri membri della
famiglia - effettuati dallo psichiatra stesso e da un assistente sociale che collabora con lo psichiatra.
Naturalmente,i pazienti non saranno in grado di ricordare alcuni eventi significativi della loro infanzia e ne
distorceranno altri.
Nonostante i loro ricordi imperfetti degli eventi del passato,bisognerebbe far sì che i pazienti fossero
comunque in grado di ripercorrere lo sviluppo della loro infanzia e adolescenza. Un principio fondamentale
del colloquio psicodinamico è che il passato si ripete nel presente. Per ottenere la collaborazione del
paziente nel processo diagnostico,l'intervistatore può incoraggiare la sua curiosità sui legami esistenti tra
avvenimenti passati e sentimenti odierni. Una serie di domande può essere utile a stabilire questa fattiva
collaborazione: "L'ansia che lei sente oggi le ricorda sentimenti provati altre volte in passato?","Ci sono stati
nella sua infanzia episodi che possono aver contribuito alla sua sensazione di persona adulta per cui non ci
si può fidare delle donne?","I suoi attuali problemi coniugali sono in qualche modo simili a problemi che lei
ha già avuto in altre relazioni?". Mentre il paziente inizia a collaborare alla ricerca di legami tra il passato e
il presente si dovrebbe notare eventi e periodi particolari che sembrano importanti per il paziente.
In maniera analoga,sono altrettanto degne di nota omissioni significative nella storia evolutiva. Ad
esempio,il paziente focalizza l'attenzione solamente su un genitore come causa di tutti i suoi attuali
problemi,omettendo qualunque riferimento all'altro?E che cosa emerge riguardo all'ambiente culturale e
religioso del paziente?Come incidono questi fattori sui rapporti familiari e sull'accettazione di problemi
emotivi?
Dopo molti minuti dedicati a domande poste per facilitare un libero racconto dell'attuale malattia e dei
problemi familiari ed educativi,lo psichiatra può riempire i vuoti con domande più specifiche e dirette.
Queste possono essere finalizzate a una diagnosi descrittiva - sintomi specifici necessari alla diagnosi
secondo il DSM,informazioni sulla durata della malattia,esclusione di altre malattie - o possono essere
dirette verso una più completa diagnosi dinamica - specifici traumi evolutivi,modelli relazionali o fantasie e
sogni a occhi parte ricorrenti. A mano a mano che il paziente fornisce informazioni,lo psichiatra a
orientamento dinamico può iniziare a formulare delle ipotesi che colleghino le relazioni del passato del
paziente alle relazioni attuali e ai paradigmi del transfert emergente. In altre parole,in che modo la
ripetizione di modelli relazionali passati crea problemi nel presente?
Gli agenti stressanti devono essere presi in considerazione durante la valutazione diagnostica del paziente.
Gli eventi che fanno precipitare un episodio di malattia sono di importanza vitale sia per la diagnosi
descrittiva che per quella dinamica.
INFLUENZA DEGLI EVENTI DI VITA STRESSANTI
Inoltre lo psichiatra dinamico deve sempre prestare attenzione ai particolare significati dati dal paziente a
eventi di vita stressanti. Un fattore stressante apparentemente minimo può rivestire un significato molto
rilevante per uno specifico paziente,e avere un impatto notevole sul suo funzionamento.
I pazienti possono tuttavia fornire importanti informazioni psicodinamiche riguardo alla loro percezione
delle connessioni tra eventi e sintomi.
Ancora una volta l'intervistatore dovrebbe pensare nei termini di come tematiche del passato vengano
evocate da agenti stressanti nel presente.
Una dirigente d'azienda sviluppò una grande ansia in seguito a una promozione.
Identificò la promozione come agente stressante,ma non riusciva a comprendere la ragione per la quale le
causasse angoscia,in quanto da molti anni mirava al nuovo lavoro. Nel corso del colloquio nominò più volte
la sorella minore,che era divorziata e manteneva i due figli con un lavoro umile.
L'ulteriore approfondimento di un'intensa rivalità esistente tra le sorelle durante l'infanzia rivelò come
l'angoscia della dirigente fosse in relazione a sentimenti di colpa. Era infatti convinta che la su promozione
fosse distruttiva per la sorella. Questi sentimenti si accordavano con il suo desiderio infantile di trionfare
sulla sorella ed essere agli occhi dei genitori l'unica figlia.
Holmes e Rahe (1967) hanno elaborato una scala di valutazione che classifica la gravità dello stress di una
serie di diversi eventi della vita.
Sebbene tali scale possano aiutare a stabilire stime consensuali sugli effetti di particolari eventi,lo psichiatra
a orientamento dinamico deve rivolgersi a ciascun paziente come persone unica e non assumere a priori
che un determinato evento abbia un solo specifico significato. Ad esempio,un giovane reagì alla morte del
padre con un senso di liberazione,sentendo di poter finalmente seguire la propria carriera senza essere
costantemente criticato.
L'agente stressante portò pertanto a un miglioramento delle prestazioni scolastiche e del funzionamento
generale.
Si dovrebbe inoltre tenere presente che alcuni agenti stressanti possono operare a livello
inconscio,impendendo al paziente di identificare un evento precipitante quando gli viene chiesto di farlo.
Una delle funzioni del colloquio può essere quella di lavorare insieme per determinare se alcuni agenti
stressanti siano stati tralasciati.
Le reazioni da anniversario,ad esempio,sono degli eventi stressanti comuni che il paziente può non
prendere in considerazione. Una paziente con depressione cronica manifestò acute tendenze suicidarie il
giorno dell'anniversario del suicidio del fratello.
In un altro esempio,quando un medico felicemente sposato iniziò ad avere problemi coniugali senza alcune
causa apparente,domandò consiglio a un collega psichiatra. Nel corso della loro conversazione telefonica,il
medico si rese improvvisamente conto che stava telefonando proprio nel giorno del decimo anniversario
del divorzio dalla prima moglie. Questo insight rivelò come la sua attuale rabbia nei confronti della seconda
moglie fosse causata dalla relazione burrascosa avuta con la prima.

ESAME DELLO STATO MENTALE EFFETTUATA DALLO PSICHIATRA AD ORIENTAMENTO DINAMICO


Come gli psichiatri descrittivi,gli psichiatri a orientamento dinamico sono interessati ai dati sulla condizione
mentale,sebbene considerino tali informazioni in maniera abbastanza differente. Innanzi tutto,nella misura
in cui è ragionevole e possibile,preferiscono inserire le domande relative all'esame della condizione
mentale all'interno del colloquio clinico piuttosto che aggiungere alla fine una lista di domande
standardizzate (MacKinnon,MIchels, 1971). Sebbene alcune domande specifiche relative alle condizioni
mentali debbano ovviamente essere poste nell'ultima parte del colloquio se non sono tate affrontate nel
corso di esso,è opportuno minimizzare l'esame formale dello stato mentale.
Quando queste domande fanno parte del corpo del colloquio,il paziente ha modo di vedere le distorsioni
della percezione,del pensiero e degli affetti in un contesto significativo.
Inoltre,evidenziando le connessioni tra tali distorsioni e la malattia,il paziente risulta maggiormente
coinvolto come collaboratore,piuttosto che rispondere passivamente alle domande.
L'orientamento di un paziente rispetto al tempo,allo spazio e alle persone appare spesso chiaramente nel
corso del colloquio anamnestico. Porre domande specifiche sull'orientamento a una persona che è
chiaramente ben orientata può facilmente disturbare il rapporto medico-paziente.
L'ipervigilanza è un'altra condizione mentale che si svela da sé,senza che sia necessario porre direttamente
delle domande. Disturbi percettivi,quali allucinazioni uditive o visive,saranno spesso evidenti all'inizio del
colloquio,quando viene chiesto al paziente di spiegare la ragione per la quale è stato richiesto un
trattamento psichiatrico. Ma lo psichiatra a orientamento dinamico è interessato a qualcosa di più della
semplice presenza o assenza di allucinazioni.
Se un paziente ode delle voci,lo psichiatra desidera sapere che cosa dicono le voci,in quali circostanze
parlano,alla voce di chi assomigliano,e che cosa significano per il paziente. Un paziente schizofrenico
paranoide sentiva sempre il padre che gli diceva che non avrebbe mai combinato nulla. Le sue allucinazioni
erano correlate con l'esperienza infantile di non essere mai in grado di fare a sufficienza per soddisfare il
padre.
COGNIZIONE:
La presenza di un disturbo formale del pensiero solitamente verrà chiarita nella parte anamnestica del
colloquio. Anche le associazioni slegate hanno connessioni idiosincratiche6 nella mente del paziente. Il
compito dell'esaminatore è di comprendere la natura di tali connessioni. Anche per quanto riguarda i
deliri,è più facile che vengano verbalizzati in risposta a domande anamnestiche aperte piuttosto che in
risposta a domande specifiche su "false credenze".
La presenza o assenza di deliri è solamente una parte della diagnosi psicodinamica;i loro significati e le loro
funzioni sono altrettanto importanti. I deliri di grandezza del paziente paranoide possono servire a
compensare sentimenti devastanti di bassa stima di sé.
Poiché la cognizione influenza il linguaggio e la comunicazione,lo psichiatra deve inoltre prestare
attenzione a eventuali paraprassi7 o lapsus che svelino qualche tratto del funzionamento dell'inconscio .
Una donna incinta,indirizzata a una consultazione psichiatrica dal suo ostetrico,era risentita per il fatto di
essere vista da uno psichiatra,e a un certo punto esclamò:"io non voglio essere una parente - voglio dire
una paziente - psichiatrica!". Lo psichiatra che la visitò poté concludere da questo lapsus quanto la paziente
fosse ambivalente rispetto al diventare madre.
Il modo in cui un paziente risponde alle domande che gli vengono poste può dire molto riguardo al suo stile
di carattere inconscio. Il paziente ossessivo-compulsivo può rispondere alle domande con un'esagerata
attenzione ai dettagli,chiedendo spesso allo psichiatra esaminatore di specificare ulteriormente le
informazioni richieste. Al contrario,il paziente isterico può essere così disinteressato ai dettagli da fornire
risposte vaghe,tali da suscitare un senso di frustrazione nello psichiatra. Il paziente passivo-aggressivo può
generare rabbia nello psichiatra che conduce il colloquio chiedendo che le domande vengano ripetute e
generalmente ostacolando i tentativi di raccogliere dati anamnestici.

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1.In medicina,condizione di ipersensibilità o di abnorme reattività(non indotta né accompagnata da fenomeni
immunologici come nel caso dell'allergia),che si manifesta con quadri clinici diversi,per lo più gastrointestinali o
respiratori,in soggetti costituzionalmente predisposti,e che insorge al contatto con sostanze verso cui l'organismo si
mostra intollerante;2. Incompatibilità,avversione,ripugnanza verso determinati oggetti,per lo più astratti,verso
situazioni o anche persone:avere una spiccata i. per i numeri,per le date,per i rumori,per le spiagge affollate,per il
computer.
7
In psicologia e psichiatria,movimento,azione o espressione verbale inadeguati,errati o involontariamente omessi,e
come tali interpretabili secondo il concetto psicoanalitico di <atto mancato>.
Il paziente paranoide può leggere costantemente significati nascosti nelle domande,mettendo così lo
psichiatra sulla difensiva. Il determinare la presenza o l'assenza di ideazioni suicidarie è fondamentale per
qualunque valutazione psichiatrica. Ai pazienti con tendenze suicide dovrebbe essere domandato
apertamente se abbiano un progetto di suicidio e una rete di sostegno di persone con le quali poter parlare
prima di agire impulsivamente. La diagnosi psicodinamica dovrebbe discernere il significato del suicidio
premeditato. C'è un fantasia di riunione con una persona cara morta?oppure il suicidio è un atto
vendicativo escogitato per rovinare qualcun'altro,proprio come tale persone,in passato,rovinò il paziente?o
ancora,il suicidio è ideato in realtà per uccidere una rappresentazione oggettuale interna odiata e temuta?
tra le molte possibili soluzioni ai problemi del paziente,come mai il suicidio si impone in modo così
perentorio?

AFFETTIVITA':
I pazienti borderline che esprimono disprezzo e ostilità nei confronti delle figure chiave della loro vita
stanno probabilmente usando la scissione per evitare qualunque integrazione dei loro sentimenti buoni e
cattivi. Anche l'umore,sottocategoria dell'affettività che riguarda un tono emotivo interno
prolungato,dovrebbe essere valutato. L'esplorazione fatta con un paziente dei suoi stati d'animo spesso
mette in luce come questi siano legati a significative rappresentazione del sé e degli oggetti.

APPROCCIO DINAMICO ALLA DIAGNOSI


Per esaurire la valutazione psicodinamica,il clinico dovrebbe arrivare a una diagnosi descrittiva(basata sui
criteri del DSM)e a una diagnosi psicodinamica(basata sulla propria comprensione del paziente e della
malattia). Entrambe guidano la programmazione del trattamento,ma la diagnosi descrittiva serve
essenzialmente a fornire l'etichetta giusta,mentre la seconda viene considerata un riepilogo della
comprensione che va ben al di là di tale etichetta. Menninger e collaboratori (1963) hanno elegantemente
descritto l'approccio dinamico alla diagnosi.
La diagnosi deve comprendere come il paziente sia malato e quanto sia malato,come si sia ammalato e
come utilizzi la sua malattia. Da questa conoscenza si possono trarre logiche conclusioni sul modo in cui
potranno essere apportati,nel paziente o attorno a lui,cambiamenti che incidano sulla stia 8 malattia.
La diagnosi descrittiva può essere d'aiuto ai clinici nel programmare adeguati interventi farmacologici. La
diagnosi dinamica può aiutare a capire il significato che ha per il paziente la prescrizione farmacologica e se
eventualmente il consenso alla terapia farmacologica possa essere un problema.
In tale contesto,vorrei sottolineare come l'utilità di una diagnosi dinamica non si limiti ai pazienti ai quali
viene prescritta una psicoterapia dinamica. La gestione terapeutica della personalità de paziente è parte
integrante di ogni trattamento psichiatrico,e deve essere sempre presa in considerazione nella
pianificazione della terapia. (Perryet al. 1987).
Una diagnosi sull'asse III di carcinoma al pancreas potrebbe essere in relazione con un episodio depressivo
maggiore su base biologica collocabile sull'asse I,ma la relazione psicologica del paziente alla diagnosi di
malignità potrebbe essere un altro fattore della depressione.
Gli agenti stressanti dell'asse IV,sia quelli ovvi,consci,che quelli nascosti,inconsci,devono essere valutati nel
corso della diagnosi dinamica. Infine,è utile diagnosticare il modo in cui tutte le classificazioni sugli altri
quattro assi influenzano il livello di funzionamento dell'asse V.
Una diagnosi sull'asse I giustifica la gravità della menomazione funzionale del paziente,oppure i tratti
caratteriologici sull'asse II contribuiscono al ridotto livello di funzionamento attestato dalla diagnosi
sull'asse I?una diagnosi psicodinamica completa comporta anche la valutazione del paziente sulla base di

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1. Gabbia larga e bassa,di legno o di vimini,entro cui si tengono i polli. 2. Recinto per ricovero di altri animali,anche
domestici.
quattro principali prospettive teoriche: la psicologia dell'IO,la teoria delle relazioni oggettuali,la psicologia
del Sé e le prospettive postmoderne.

RELAZIONI OGGETTUALI
Come risultato finale della valutazione psicodinamica,il clinico ha delle informazioni sulle relazioni
interpersonali del paziente in tre contesti:relazioni dell'infanzia,aspetti reali e transferali della relazione
tra il paziente e il clinico che ha condotto il colloquio,e relazioni attuali al di fuori del rapporto paziente-
terapeuta. La natura di queste relazioni fornisce allo psichiatra una notevole quantità di informazioni sulla
posizione del paziente all'interno della famiglia e dei sistemi sociali. Quello che però ancora manca è una
valutazione del modo in cui le relazioni familiari del paziente influenzano lo sviluppo del quadro clinico
che ha condotto il paziente da uno psichiatra. Il quadro sintomatico di un paziente adolescente riflette i
problemi coniugali dei genitori?in altre parole,il paziente serve come "portatore" della malattia per l'intera
famiglia?
Le informazioni sulle relazioni interpersonali del paziente dicono anche molto sulla natura delle relazioni
oggettuali interne del paziente. Colloqui con membri della famiglia e con altre persone significative
possono aiutare a rilevare il grado di distorsione presente nella visione che il paziente ha di altre relazioni.
Certe modalità facilmente discernibili sembrano ripresentarsi in tutte le relazioni. Ad esempio,il paziente
si ritrova sempre a essere il partner masochista in una relazione sadomasochista?il paziente si prende
sempre cura di altre persone con inferiori capacità funzionali e con un bisogno maggiore di cure?
Determinare il livello di maturità delle relazioni oggettuali è una parte integrante di questo tipo di
diagnosi. Il paziente è in grado di percepire le altre persone in maniera ambivalente come oggetti
interni,con qualità sia buone che cattive?oppure,al contrario,non riesce che a idealizzare gli altri(solo
buoni) o a svalutarli (solo cattivi)?il paziente vede gli altri come oggetti parziali gratificatori-di-bisogni con
un'unica funzione dei riguardi del paziente stesso,piuttosto che come persone separate con bisogni e
interessi propri?infine,com'è la costanza d'oggetto?il paziente è in grado di tollerare la lontananza dalle
persone significative rivolgendosi a un'immagine interna confortante della persona cara?.
Per quanto concerne il sé una valutazione psicodinamica accurata deve considerare diversi aspetti del sé
del paziente. Nell'ampia cornice della psicologia del sé,gli psichiatri dovrebbero esaminare la persistenza e
la coesione del sé. E' incline alla frammentazione di fronte al minimo torto da parte di un amico o
collega?.
Il paziente ha bisogno di essere continuamente al centro dell'attenzione per ricevere risposte di conferma
dagli oggetti-sé?la maturità degli oggetti-sé del paziente dovrebbe pure essere valutata. I bisogni di
oggetto-sé del paziente vengono soddisfatti nel contesto di una relazione reciprocamente gratificante nel
contesto di una progettualità estesa nel tempo?
Oltre alla stima di sé,lo psichiatra dovrebbe valutare anche la continuità del sé del paziente. Il paziente
conserva la sua identità col passare del tempo,indipendentemente dalle circostanze esterne,o vi è una
diffusione d'identità generalizzata?come ha sottolineato Horowitz(1997),senza un senso di coerenza e
continuità del sé è più probabile che un individuo sviluppi sintomi e cambiamenti esplosivi del suo stato
mentale.
Inoltre,la coerenza del sé è più uno stile interpersonale - implica integrità e virtù nel carattere di una
persona. Indizi di diffusione d'identità indicherebbero come vi siano diverse rappresentazioni di sé,scisse
l'una dall'altra e in continua contesa per la supremazia sull'intera personalità. Rappresentazioni di sé
differenti corrispondono ovviamente a diverse rappresentazioni oggettuali,altamente influenzate dal
contesto interpersonale in un dato momento.
Oggetto di interesse sono anche i confini del sé. Il paziente è in grado di differenziare chiaramente i
propri contenuti mentali da quelli altrui,oppure i confini del sé e dell'oggetto tendono a essere sfocati?un
aspetto correlato potrebbe essere la percezione che il paziente ha del proprio corpo. I confini corporei del
paziente sono intatti,o il paziente ha bisogno di definire la propria barriera epidermica con ripetute
automutilazioni?mente e corpo vengono costantemente considerati connessi,oppure vi sono episodi di
depersonalizzazione o esperienze extracorporee nelle quali la mente sembra essere indipendente dal
corpo?.

CONSIDERAZIONI POSTMODERNE
Poiché gli psichiatri dinamici riconoscono la natura duale della valutazione diagnostica,esplorano sempre il
modo con cui la loro soggettività può influire su ciò che stanno osservando nel paziente.
Gli psichiatri dinamici devono sempre tenere in considerazione la loro soggettività,incluse credenze e
pregiudizi,così che questi aspetti della "lente" del clinico vengano tenuti in considerazione valutando la
natura delle difficoltà del paziente.

FORMULAZIONE ESPLICATIVA
Per quanto riguarda la formulazione esplicativa i diversi elementi della diagnosi psicodinamica che sono
stati elencati sono la base della formulazione esplicativa. Questa ipotesi di prova o modello di lavoro
illustra come i vari elementi interagiscono nel creare il quadro clinico presentato dal paziente. Questa
affermazione riassuntiva,a volte indicata con l'espressione "formulazione psicodinamica"(Perryet
al.,1987),può includere anche considerazione sugli aspetti biologici della malattia e sulle conseguenti
implicazioni terapeutiche.
Sebbene la formulazione sia tesa a spiegare la condizione del paziente,non deve necessariamente spiegare
tutto. Dovrebbe succintamente mettere in luce i temi principali,in particolare la loro rilevanza rispetto al
programma terapeutico.
Con alcuni pazienti un modello teorico sembrerà avere un valore esplicativo maggiore,mentre con altri tute
e quattro le prospettive teoriche potranno apparire utili nel concettualizzare vari aspetti della
psicopatologia del paziente.
La formulazione dovrebbe essere elaborata con la consapevolezza che essa è in continuo mutamento a
meno a mano che il trattamento procede. Nella psichiatria psicodinamica,diagnosi e terapia evolvono
sempre parallelamente.
Nell'analisi finale,lo scopo della valutazione psicodinamica è quello di informare e di guidare la globale
pianificazione terapeutica.
Una comprensione dinamica dei pazienti può aiutare i clinici a decidere se i loro pazienti potrebbero
accettare un'indicazione per una terapia sessuale,comportamentale familiare o di gruppo.
Infine,l'accettazione di ciascun paziente del regime farmacologico prescritto sarà influenzata dal suo
substrato caratterologico personale.

FORMULAZIONE ESPLICATIVA DIAGNOSI PSICODINAMICA


Valutazione psicodinamica Diagnosi descrittiva al DSM-IV ora V
Dati anamnestici Interazioni tra gli assi I-V
Malattia attuale con particolare attenzione ai legami Caratteristiche dell'IO
associativi e agli agenti stressanti dell'asse IV
Anamnesi remota con enfasi su come il passato si Forze e debolezze
ripete nel presente
Anamnesi evolutiva Meccanismi di difesa e conflitti
Anamnesi familiare Rapporti col Super-IO
Ambiente culturale Qualità delle relazioni oggettuali
Esame dello stato mentale Relazioni familiari
Orientamento e percezione Modelli di transfert e controtransfert
Cognizione Inferenze sulle relazioni oggettuali interne
Affettività Caratteristiche del Sé
Azione Stima del Sé e coesione del Sé
Test psicologici proiettivi (se necessari) Continuità del Sé
Esame fisico e neurologico Confini del Sé
- Rapporto mente corpo
- Considerazioni postmoderne
- Formulazione esplicativa utilizzando i dati
sopraelencati

PSICOTERAPIA DINAMICA E DI GRUPPO


Noi tutti viviamo e lavoriamo nel contesto di gruppi. La psicoterapia di gruppo offre ai pazienti
l'opportunità di scoprire come funzionano nelle situazioni di gruppo - ruoli che giocano,le aspettative e
le fantasie inconsce che hanno rispetto ai gruppi e gli ostacoli che incontrano nel rapportarsi agli altri nel
lavoro e a casa. Le dimensioni particolari dell' esperienza di gruppo possono essere esplorate solo
parzialmente in una psicoterapia individuale.
In un gruppo psicoterapeutico,il compito di comprendere i problemi reciproci può essere sviato dallo
sviluppo di assunti base. Però,come Freud scoprì che il transfert in psicoanalisi è più uno strumento
terapeutico che un ostacolo,Bion scoprì che gli assunti di base stessi possono essere preziosi nell'aiutare
ciascun componente del gruppo.
Le prime osservazioni di Bion sugli assunti di base furono di tipo descrittivo, ma via via che acquisiva
maggiore esperienza riguardo alle dinamiche di gruppo, si rese conto che gli assunti di base erano
agglomerati di difese contro angosce psicotiche presenti in tutti i partecipanti.
I gruppi offrono ai pazienti la possibilità di evidenziare le loro paure più primitive. Bion capì che anche i
meccanismi associati alle posizioni schizoparanoide e depressiva identificate da Melanie Klein erano
presenti negli assunti di base. L'assunto di base di dipendenza,ad esempio,può essere visto come un
agglomerato di difese contro angosce (Ganzarain,1980). In questo assunto di base,i pazienti si comportano
come se fossero deboli,sprovveduti e incapaci,come se fossero completamente dipendenti dal terapeuta, a
cui guardano come a un dio. La paura sottostante è che la loro avidità (ovvero il loro bisogno orale) divori il
terapeuta, ed essi vengano abbandonati.
Per difendersi dall'angoscia e dalla colpa associate alla loro potenziale distruzione del terapeuta i pazienti
ritengono che il terapeuta sia una figura onnipotente,che sarà sempre lì disponibile per loro e che avrà
sempre tutte le risposte.
Tutta la "cattiveria" viene scissa e proiettata. Il desiderio di attaccare o di fuggire è un agglomerato di
difese,contro un'angoscia di tipo paranoide.
Gli psicoterapeuti di gruppo devono essere costantemente attenti allo sviluppo di assunti di base nel loro
interpretare ed esaminare prima che divengano troppo distruttivi rispetto al compito del gruppo. Un
transfert non esaminato può portare una persona a interrompere la psicoterapia;assunti di base non
esaminati possono portare allo scioglimento del gruppo terapeutico.
Un singolo paziente in una psicoterapia di gruppo,ad esempio,può servire da portavoce per l'intero
gruppo,mentre tutti gli altri rimangono in silenzio. Un altro individuo può fungere da capro
espiatorio,comportandosi in maniera da divenire il bersaglio della rabbia di tutti. I fenomeni del
portavoce e del capro espiatorio possono essere compresi come versioni di gruppo dell'identificazione
proiettiva. (Horwirtz,1983;Ogden,1982).
GRUPPI PSICOTERAPEUTICI
Il gruppo psicoterapeutico a orientamento dinamico contiene generalmente da otto a dieci persone
(Sadlock,1983). Gruppi più piccoli possono essere molto utili,a condizione che i membri partecipino
attivamente e siano ragionevolmente loquaci.
La composizione di un gruppo di terapia psicodinamica può variare notevolmente,sebbene si ritenga che i
gruppi eterogenei9 presentino più vantaggi dei gruppi omogenei 10.
I clinici concordano nel ritenere che i gruppi nei quali tutti i partecipanti sono tra loro simili raramente
vadano oltre livelli di interazione superficiali. D'altra parte,se un gruppo è troppo eterogeneo,può non
essere funzionale per via dell'assenza di un terreno comune tra i pazienti. Inoltre,certi individui potranno
sentirsi isolati qualora ritengano di essere molto diversi da tutti gli altri nel gruppo in virtù della loro
età,del loro retroterra culturale o del loro status socioeconomico.
Gli autori unanimamente ritengono che i gruppi di terapia psicodinamica dovrebbero essere eterogenei
per quanto concerne i conflitti dei membri,ma omogenei per quanto riguarda i livelli di forza dell'IO
(Whitaker,Lieberman,1964;Yalom,1985).
La letteratura sulla psicoterapia dinamica di gruppo è orientata generalmente verso il polo espressivo del
continuum espressivo-supportivo. I gruppi che per loro natura sono maggiormente supportivi sono in
genere anche più omogenei. I gruppi terapeutici a orientamento dinamico non hanno generalmente una
durata prefissata e nuovi membri si aggiungono via via che altri terminano.
Vi sono,tuttavia, alcuni gruppi omogenei con un tema centrale di discussione, come quelli composti da
vittime di abuso sessuale terapeuta-paziente (Sonne, 1989), che si possono incontrare per un processo
terapeutico di durata limitata.
Mackenzie (1997) ha sviluppato un concetto di psicoterapia di gruppo a tempo definito,in cui delinea tre
modelli di terapia basati sui bisogni dei pazienti e sulla consapevolezza della limitazione delle risorse
disponibili per il trattamento:1)intervento sulla crisi(da una a otto sedute); 2)terapia a tempo definito(da
otto a ventisei sedute); 3)terapia a lungo termine(oltre le ventisei sedute). La ricerca empirica ha
cominciato a sostenere l'efficacia delle forme più brevi di terapia dinamica e di gruppo.
Gli psicoterapeuti di gruppo a orientamento dinamico differiscono tra loro per quanto concerne i grado di
utilizzo di un approccio centrato sul gruppo rispetto a un approccio centrato sull'individuo. Nella forma di
terapia di gruppo centrata sull'individuo (Wolf,1983), il processo è concettualizzato in maniera simile a
una psicoanalisi individuale condotta in un setting di gruppo. Il processo di gruppo è relativamente meno
importante rispetto all'interpretazione delle difficoltà individuali nel rapporto con altre persone e il
terapeuta.
Secondo "..." il terapeuta dovrebbe astenersi dal fornire interpretazioni finché non si sia sviluppata una
comune tensione o tematica di gruppo.
Un approccio meno estremista è stato sostenuto da Horwitz(1977),il quale ha proposto che possano essere
utilizzate interpretazioni individuali al fine di costruire la consapevolezza da parte del gruppo di una
tematica comune,che viene poi a sua volta interpretata. Vi sono tipiche esperienze di gruppo che tutti
condividono e che meritano d'essere interpretate,come,ad esempio,il fatto che il terapeuta non può far
fronte alle necessità di tutti,la competitività per ricevere sostegno e l'angoscia di essere ignorati.
Tuttavia,se non vi è anche un'attenzione specifica alle tematiche individuali,i pazienti possono sentire che
il terapeuta non tiene in considerazione le ragioni personali per le quali sono venuti in terapia. Oggi la
maggior parte dei terapeuti di gruppo utilizza un modello combinato,che prevede sia interventi centrati s u
ciascun individuo che interventi centrati sul gruppo (Slipp,1988).

9
Di diversa natura o qualità,non omogeneo.
10
Della stessa specie,della stessa natura,dello stesso carattere,detto di una cosa rispetto ad altre o più cose l'una
rispetto all'altra;o anche,due grandezze che hanno le medesime dimensioni fisiche.
TRANSFERT,CONTROTRANSFERT E RESISTENZA
Il transfert,il controtransfert e la resistenza sono pietre miliari della psicoterapia dinamica di
gruppo,esattamente come lo sono nel lavoro individuale. La modalità stessa del gruppo altera comunque
in maniera significativa il transfer. Innanzi tutto,l'intensità dei transfert dei pazienti può essere diluita
quando questi vengono ridiretti verso altri pazienti. Lo spostamento del transfert dal terapeuta a un
membro del gruppo può essere tuttavia benefico, in quanto fornisce un "terreno di prova" per
elaborare un transfert genitoriale prima che si sviluppi nella relazione con il terapeuta (Wolf, 1983).
La psicoterapia di gruppo consente inoltre la formazione di molteplici transfert. Il terapeuta ha allora a
disposizione un laboratorio all'interno del quale le relazioni oggettuali interne dei pazienti si manifestano
in modo da essere visibili a tutti,attraverso l'esteriorizzazione nelle relazioni con i singoli membri del
gruppo. Sebbene anche nella psicoterapia individuale si sviluppino diversi transfert, questi tendono ad
apparire nel corso di un periodo di tempo più lungo. li setting di gruppo può consentire al terapeuta di
acquisire una maggiore familiarità con le relazioni oggettuali interne dei pazienti in un periodo di tempo
assai più breve.
Sebbene in una terapia di gruppo il transfert possa venire diluito,è anche vero il contrario. Il transfert può
intensificarsi quando l'intero gruppo viene travolto da potenti sentimenti di valenza sia positiva che
negativa. I terapeuti,che fungono da contenitori per tutte le proiezioni degli oggetti cattivi presenti nei
membri del gruppo,si renderanno immediatamente conto di come anche il controtransfert possa essere
più intenso in un setting di gruppo.
Le richieste controtransferali al terapeuta di un gruppo possono essere formidabili. Fortunatamente,vi è
un'insita protezione contro l'agire controtransferale avverso,perché i pazienti di un gruppo colgono
immediatamente il comportamento inappropriato del terapeuta o le sue errate percezioni, e insistono
per avere una spiegazione (Wolf,1983).
Per diluire il transfert e il controtransfert,taluni terapeuti preferiscono lavorare nelle psicoterapia di
gruppo con un coterapeuta. Avere un partner aiuta il terapeuta a elaborare gli intensi sentimenti suscitati
dal gruppo.
Oltre al transfert dei pazienti verso il terapeuta e verso gli altri membri del gruppo,vi è anche una terza
forma di transfert che è caratteristica unica dei gruppi - il transfert verso il gruppo come entità.
Questa forma di transfert offre ai pazienti l'opportunità di esaminare le loro aspettative riguardo agli altri
gruppi nei quali vivono e lavorano. Il gruppo come entità totale viene spesso visto come una "madre"
idealizzata,completamente gratificante,che soddisferà il desiderio del paziente di ricongiungersi con una
figura incondizionatamente amorevole. Nel riconoscere questa tendenza, Scheidlinger (1974) ha definito
questo fenomeno "gruppo madre". Quando questa forma di
transfert è in piena fioritura, il terapeuta può essere visto come una terribile figura materna, in contrasto
con la benevolenza incondizionata del gruppo come intero.
Altri autori (Gibbard,Hartman,1973) hanno visto nel transfert idealizzato verso il gruppo nel suo insieme
una posture difensiva che evita di vedere il gruppo (madre) come sadico.
La rielaborazione del transfert e della resistenza costituisce il nucleo del compito del terapeuta a
orientamento dinamico,come nella psicoterapia individuale. Ganzarain (1983) sostiene infatti che la
rielaborazione è la caratteristica chiave che distingue la terapia di gruppo psicoanalitica dalle altre forme
di trattamento di gruppo. Egli pone in rilievo soprattutto la rielaborazione delle angosce primitive a
carattere psicotico e i meccanismi di difesa a esse associati.
Le forze regressive che vengono attivate dall'esperienza di gruppo mettono il paziente in contatto con
l'angoscia derivante dalle posizioni schizoparanoide e depressiva assai più rapidamente e profondamente
di quanto non avvenga nella terapia individuale. Anche la rielaborazione del transfert viene facilitata dal
contributo degli altri membri del gruppo. Un paziente può cercare di convalidare un'impressione
personale del terapeuta "verificandola" con gli altri pazienti. Quando i partecipanti confrontano le
distorsioni inerenti alla percezione transferale, il paziente può essere disposto ad ascoltare e ad accettare
il feedback più di quando questo viene fornito dal terapeuta.

INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI
Alcune delle indicazioni per la psicoterapia individuale espressivo-supportiva valgono anche per la
psicoterapia dinamica di gruppo. Queste comprendono:

1. Una forte motivazione;


2. Una mentalità psicologica;
3. Un livello di forza dell'IO ragionevolmente alto;
4. Un sufficiente disagio,tale che il paziente sia disposto a tollerare le frustrazioni inerenti al processo
terapeutico;
5. Problemi nelle relazioni;

Tuttavia,la domanda che il clinico deve porre è:quale specifico criterio indica che il paziente è
particolarmente adatto per la psicoterapia di gruppo invece che per la psicoterapia individuale?Secondo
una deplorevole tradizione,la psicoterapia di gruppo è stata spesso considerata come una modalità
terapeutica di seconda classe. Articoli di sintesi critica che hanno messo a confronto psicoterapia
individuale e di gruppo non supportano questo pregiudizio.
La maggior parte di questi studi comparativi non trova differenze nei risultati.
La psicoterapia dinamica di gruppo è probabilmente una modalità di cura sottoutilizzata nonostante la
sua appetibilità in termini del rapporto costo-efficacia.
Vi sono diversi generi di problemi che possono essere affrontati più efficacemente in un setting di gruppo
che in una terapia individuale (Sadlock,1983). Il paziente straordinariamente ansioso rispetto alle figure di
autorità può trovare più semplice parlare e relazionarsi con dei compagni. Un paziente il cui problema
principale sembra essere sorto da conflitti con i fratelli può trovare che un setting di gruppo riattivi il
problema in una maniera che ne rende più facile l'esame e la risoluzione. Per converso, talvolta un figlio
unico che non è cresciuto con fratelli o sorelle e che ha difficoltà, nella vita adulta, a imparare a condividere
le sue esperienze potrà scoprire che un gruppo è il luogo migliore per affrontare questo genere di problemi.
I pazienti non psicotici che si affidano pesantemente alla proiezione potranno trarre beneficio dai confronti
con gli altri membri del gruppo,i quali contesteranno ripetutamente le distorsioni riferite al gruppo. Pazienti
borderline che in terapia individuale sviluppino un transfert intensamente negativo potranno beneficiare
dalla diluizione del transfert insita nel lavoro di gruppo. Quasi sempre questi pazienti necessitano tuttavia
anche di una psicoterapia individuale. Quando le due modalità sono associate vi sono degli effetti di
potenziamento e di amplificazione sia per la terapia individuale che per quella di gruppo (Porter, 1993;
Sperry et al., 1996).
Gli effetti di potenziamento della terapia individuale includono una profonda esplorazione intrapsichica e
un'esperienza emozionale correttiva duale. Gli effetti di potenziamento della terapia di gruppo sono
l'esplorazione di transfert multipli e l'offerta di un setting in cui il paziente può osare nuovi comportamenti.
Uno degli effetti di amplificazione della terapia individuale è quello di fornire un'opportunità di
esplorazione del materiale che proviene dalle sedute di gruppo prevenendo cos ì un prematuro drop-out
dal gruppo. Un possibile effetto di amplifìcazione della terapia di gruppo è quello di avere un'ulteriore
possibilità di analizzare le resistenze di transfert delle sedute individuali.
La terapia di gruppo è generalmente efficace per pazienti con disturbi di personalità di alto livello,che
comprendono i pazienti isterici,ossessivo-compulsivi,alcuni pazienti narcisistici,passivo-aggressivi e
dipendenti,in quanto il setting di gruppo può essere l'unico luogo nel quale questi pazienti ricevono un
feedback sugli effetti che i loro modelli caratteriali hanno sugli altri. La psicopatologia riscontrata nei
pazienti con disturbo di personalità comprende in genere tratti caratteriali egosintonici (comportamenti
che disturbano gli altri ma non il paziente stesso).
Il feedback da parte dei compagni nella psicoterapia di gruppo spesso aiuta questi pazienti a riflettere sui
loro modelli di comportamento facendoli alla fine diventare egodistonici 11(disturbanti per i pazienti
stessi),il che è il primo passo verso l'acquisizione di una sufficiente motivazione a cambiare.
Nella valutazione delle indicazioni,un'ovvia differenza tra la psicoterapia individuale e la psicoterapia di
gruppo è che il terapeuta di gruppo deve valutare costantemente l'adattamento tra un eventuale
paziente e il gruppo così come è composto al momento.
Un paziente borderline può essere abbastanza tollerabile in un gruppo di pazienti con un alto livello di forza
dell'Io ,ma due potrebbero sopraffare il gruppo con sproporzionate richieste di attenzione e agiti distruttivi.
In maniera analoga,questioni come l'età e il genere debbono essere ponderate quando si decida
sull'indicazione per un particolare gruppo.
Per alcune sintomatologie cliniche la psicoterapia dinamica di gruppo viene consensualmente considerata
controindicata. Queste caratteristiche comprendono:

1. Scarsa motivazione;
2. Disorganizzazione psicotica;
3. Dipendenza da sostanze;
4. Disturbo di personalità antisociale;
5. Gravi somatizzazioni;
6. Disfunzioni cognitive su base organica;
7. Grave rischio di suicidio;

I pazienti tossicomani e quelli con tratti antisociali possono, tuttavia, essere trattati efficacemente
in gruppi omogenei basati su una modalità di confronto.

TERAPIA DELLA FAMIGLIA E DELLA COPPIA


La terapia familiare nacque grazie al lavoro di alcuni dei primi clinici orientati
psicoanaliticamente,tra i quali Theodore Lidz,Lyman Wynne,Nathan Ackerman,Murray Bowen e
Virginia Satir. Il focus di questi primi terapeuti della famiglia sulla psicologia dell'individuo venne
radicalmente modificato negli anni 50.
La terapia famigliare sistemica nacque dal lavoro di questo gruppo,che spostò l'accento
dall'individuo al sistema familiare. La psicopatologia individuale e l'anamnesi personale
divennero entrambe secondarie rispetto alla famiglia come unità,vista come un sistema con vita
propria. Fino a pochi anni fa, questo approccio sistemico alla terapia della famiglia, con le
successive elaborazioni di Minuchin (1974) e Selvini Palazzoli e collaboratori (1978), ha
largamente dominato il campo della terapia della famiglia.

11
agg. - In psicoanalisi,termine usato,spesso in contrapp.a egosintonico,per significare incompatibilità di
impulsi,emozioni o idee con l'Io e/o con i valori e le rappresentazioni ideali in cui quest'ultimo tende a riconoscersi.
Diverso da EGOSINTONICO - In psicoanalisi,di soggetto o comportamento che rivela compatibilità di idee e impulsi con
l'Io o una sua parte;quest'ultima può mettersi a disposizione di un comportamento deviante,ancorché
egosintonico,per difendersi da una sottostante angoscia;è noto,per es.,il carattere egosintonico di certe perversioni
sessuali,attraverso le quali l'Io si difende da angosce di castrazione o,più moderatamente,da sentimenti di
annichilimento.
CONCEZIONE TEORICA
Lavorando con coppie sposate alla Tavistock Clinic negli anni 50 e 60,Henry Dicks(1963) iniziò a
osservare che alcune coppie relativamente sane - che sembravano avere un matrimonio
soddisfacente - funzionavano nel loro matrimonio a un livello primitivo di relazioni oggettuali.
Osservò che in queste coppie si tendeva a vedere il coniuge come se fosse qualcun'altro.
Marito e moglie si relazionavano alla controparte come se questi fosse semplicemente una
proiezione del suo mondo interno. Tipicamente, il marito percepiva la moglie come se fosse una
rappresentazione oggettuale interna della sua psiche, spesso la propria madre.
Dicks giunse alla conclusione che una delle fonti principali di discordia tra i coniugi fosse il
fallimento di ciascun partner nel confermare la vera natura o identità dell'altro.
I partner tendevano invece a forzare l'altro a comportarsi in modi altamente stereotipati e
limitanti. Le coppie tendevano a deteriorarsi in unità polarizzate,come sadico-
masochista,dominatore-sottomesso,sano-malato e indipendente-dipendente. Dicks riconobbe che
ciascuna di queste metà polarizzate formava una personalità intera nella diade coniugale,ma che
ognuno dei due considerato individualmente era incompleto.
Proprio mentre il suo collega Bion stava osservando come i gruppi esercitino una forza regressiva
sugli individui,Dicks stava scoprendo un analogo effetto regressivo nel matrimonio.
Il matrimonio sembrava far regredire velocemente verso relazioni di tipo genitore-bambino
anche persone con una notevole forza dell'Io.
"Quello che Dicks osservava era, naturalmente, una forma di transfert. I coniugi rimettevano in atto
nel presente una relazione del passato. Nel linguaggio della teoria delle relazioni oggettuali, i
partner utilizzavano i meccanismi della scissione e dell'identificazione proiettiva per rendere
esterno, o coniugale, un conflitto interno, nel quale la rappresentazione oggettuale interna,
solitamente un genitore, veniva scissa e proiettata nel coniuge.
Colui che proiettava si comportava poi in maniera tale da costringere il coniuge a comportarsi
come l'oggetto interno proiettato. Un marito,ad esempio,che sia abituato a essere trattato dalla
madre come un bambino,potrà inconsciamente ricreare la situazione esperita con la madre nel
proprio matrimonio,comportandosi in maniera infantile ed evocando una risposta materna da
parte della moglie.
Oppure,un coniuge potrà proiettare nell'altro una rappresentazione di Sé,costringendo il partner
a comportarsi come quella rappresentazione,mentre colui che proietta si comporta come una
rappresentazione oggettuale complementare.
Diversi autori hanno esteso all'intera famiglia questa comprensione dei conflitti di coppia basata
sulla teoria delle relazioni oggettuali.
Tali autori hanno notato che un paziente è spesso il portatore o il contenitore delle parti
inaccettabili scisse di altri componenti della famiglia.
In tal modo,l'equilibrio familiare viene mantenuto da questa sistemazione della scissione e
dell'identificazione proiettiva. Un ragazzo adolescente,ad esempio,può mettere in atto impulsi
antisociali che rappresentano aspetti di un'inaccettabile rappresentazione di sé del padre,che viene
proiettivamente disconosciuta dal padre e contenuta dal figlio. Un bambino può,allo stesso modo,
venire idealizzato per mezzo dell'identificazione proiettiva di aspetti positivi di rappresentazioni del
Sé o dell' oggetto. La teoria delle relazioni oggettuali si presta bene alla terapia della famiglia
in quanto i suoi costrutti (scissione e identificazione proiettiva) offrono un ponte di
passaggio dall'intrapsichico all'interpersonale e dall'individuo alla famiglia (Slipp,1984; Zinner,
1976).
TECNICA
La tecnica della terapia delle relazioni oggettuali per le coppie e le famiglie emerge dalla concezione
teorica. L'obiettivo globale è quello di aiutare i membri della famiglia o della coppia a
reinteriorizzare i conflitti che sono stati esteriorizzati attraverso l'identificazione proiettiva. Il
focus pertanto,deve vertere sull'aiutare ciascuna persona a reimpossessarsi delle proprie proiezioni
e elaborarle di conseguenza.
Il processo terapeutico inizia con un'attenta diagnosi del modo in cui le rappresentazioni interne
del Sé e dell'oggetto sono state distribuite nella famiglia per mezzo della scissione e
dell'identificazione proiettiva. Quando questo modello diventa evidente,il terapeuta cerca di
spiegare come tra i vari membri della famiglia si sia formato un inconscio sistema collusivo,atto a
perpetuare il comportamento patologico del paziente designato.
La stabilità della famiglia dipende dalla capacità di uno o più membri della famiglia di contenere le
varie parti proiettate degli altri membri. Proprio come avviene per altre forme di psicoterapia
psicodinamica, queste interpretazioni esplicative incontrano generalmente delle resistenze.
La forza antiterapeutica può assumere la forma del tentativo di "risucchiare" il terapeuta
all'interno del sistema familiare. In altre parole,i membri della famiglia inconsciamente ripetono
gli schemi patologici della famiglia invece di verbalizzarli e analizzarli. Nella terapia della coppia
,ad esempio, un marito può utilizzare l'identificazione proiettiva con il terapeuta nel medesimo
modo in cui lo fa con la moglie.
Per via di queste potenti resistenze,i terapeuti della famiglia che si basano sulla teoria delle
relazioni oggettuali devono essere particolarmente sintonizzati rispetto alle proprie reazioni
controtransferali intese in senso ampio od oggettivo. Il altre parole,è fondamentale che i terapeuti
consentano a se stessi di fungere da contenitori per le parti proiettate dei membri della
famiglia,in maniera da poter diagnosticare e interpretare più accuratamente quanto accade nella
famiglia. I terapeuti saranno così in grado di mettere in evidenza gli schemi patologici collusivi nel
qui e ora del processo terapeutico e di collegarli a quanto avviene al di fuori di questo processo.
La forma di resistenza più comune all'inizio della terapia della coppia è,per entrambi i
coniugi,l'aspettarsi che il terapeuta "aggiusti" l'altro (Jones,Gabbard,1988). Poiché
l'esteriorizzazione del conflitto sul partner è ben consolidata,entrambi i coniugi sono più interessati
a persuadere il terapeuta del loro essere "nel giusto" che a riparare il matrimonio (Berkowitz,1984).
I terapeuti devono ripetutamente evitare di prendere,in tali conflitti,le parti dell'uno o dell'altro.
Devono invece aiutare le cop- pie ad allargare la loro prospettiva fino a includere i loro contributi
perso- nali al conflitto coniugale.
La transizione dal considerare il problema come un conflitto coniugale al percepirlo come un
conflitto interno che viene inscenato nell'ambito della coppia è un compito arduo per entrambi i
partner. L'identificazione proiettiva nella diade coniugale richiede una condizione di conflitto
perenne - la polarizzazione inerente al processo scissionale mantiene la stabilità (Zinner,1976). E'
facile che destabilizzi questa situazione venga sentito da entrambi i coniugi come minaccioso.
Il bisogno che il coniuge sia "l'oggetto cattivo" può essere così coercitivo da vanificare tutti gli sforzi
terapeutici (Dicks, 1963). Nonostante comprendano le inte razioni patologiche che avvengono tra
loro, talune coppie sceglieranno di vivere in una condizione di disarmonia piuttosto che affrontare
l'angoscia connessa con il cambiamento.
Quando la terapia giunge a una situazione di stallo a causa di tale resistenza, è talvolta utile che il
terapeuta esponga ai coniugi diverse opzioni e faccia loro capire che sono liberi di scegliere cosa
fare della loro vita. Il divorzio o anche nessun cambiamento devono essere tra queste opzioni e
devono essere considerati dal terapeuta come degli esiti accettabili. A quel punto soltanto i coniugi
potranno rendersi conto che la scelta di come vivere la loro vita dipende alla fin fine da loro stessi.
In ultima analisi,naturalmente,il cambiamento nella terapia della coppia non è responsabilità del
terapeuta - solo gli stessi coniugi possono decidere se intendono cambiare il loro matrimonio.
Quando i terapeuti si trovano altamente impegnati verso un particolare risultato,sono spesso
coinvolti in un'interazione collusiva nella quale si identificano con parti proiettate dei membri
della famiglia. Inoltre,più il terapeuta spinge affinché vi sia un cambiamento,più è probabile che la
coppia farà resistenza.

TERAPIA DELLA COPPIA BREVE


Greenspan e Mannino (1974) hanno elaborato un modello di terapia della coppia breve basato
sull'identificazione proiettiva. Questo modello è indicato per coppie che hanno una notevole
forza dell'Io e che non mostrano segni di una qualsiasi grave patologia. L'obiettivo di questa forma
di trattamento è limitato: confrontare ciascun partner con quegli aspetti della personalità del
coniuge che non vengono percepiti a causa dell'identificazione proiettiva. Dopo aver sentito dalla
moglie la sua versione del conflitto, il terapeuta potrà chiedere al marito di ripetere l'essenza delle
preoccupazioni della moglie. Se egli ometterà un aspetto specifico dei sentimenti di lei, il terapeuta
gli farà notare questa omissione.
Il processo terapeutico in questo modello di intervento aiuta entrambi i partner ad ascoltarsi
meglio e a sviluppare un apprezzamento più empatico dell'esperienza interna del coniuge. Quando
i coniugi arrivano a riconoscere di distorcere le loro reciproche percezioni,cominciano a realizzare
di non conoscere poi così bene la persona che hanno sposato. Quando questo approccio
riesce,viene messo in moto un processo per cui ogni partner "verifica" i sentimenti dell'altro.
Negli ultimi anni i concetti della psicologia del Sé sono stati applicati anche al conflitto di coppia.
Kohut stesso,in una nota a piè di pagina del suo ultimo libro (1984),scrisse che "un buon
matrimonio è quello in cui l'uno o l'altro partner raccoglie la sfida di svolgere le funzioni
d'oggetto-Sé delle quali il Sé temporaneamente indebolito dell'altro ha bisogno in un momento
particolare".
Notò inoltre che quando i bisogni d'oggetto-Sé non vengono forniti dal coniuge,il risultato può
essere il divorzio e un'amarezza senza fine - una forma fin troppo nota di rabbia narcisistica cronica.
I conflitti che sorgono dal bisogno di risposte da oggetto:Sé da parte del coniuge possono costituire
la base di una strategia per una terapia della coppia.
Ringstrom (1994)sottolinea l'importanza della natura bidimensionale del transfert nella terapia
della coppia. Frustrata nei propri tentativi di ottenere risposte per i propri bisogni da oggetto-Sé
nell'interazione con l'altro,la coppia "può essere bloccata in un transfert reciprocamente
antagonistici e ripetitivi tra i due partner,mentre ciascun coniuge sta sperimentando l'intenso
desiderio per un oggetto-Sé nel transfert verso il terapeuta".
Sebbene questa evoluzione,sotto certi aspetti,possa essere problematica,la sintonia del
terapeuta può ridare speranza alla coppia. Ringstrom ha descritto un modello a sei fasi basato
sulla teoria intersoggettiva e la psicologia del Sé.
Nelle prime due fasi il terapeuta è in sintonia con la soggettività di ciascun partner e sottolinea
che nessuno dei due possiede una versione della realtà più corretta o più vera di quella dell'altro.
Nella terza e nella quarta fase il terapeuta traccia il percorso evolutivo degli intensi desiderati
frustrati di oggetti-Sé e dimostra come ciascun partner stia riattulizzando il suo passato
conflittuale in uno sforzo di mantenere la coesione del Sé. La quinta fase prevede
l'intensificazione della capacità introspettiva così che ciascun partner possa prendere possesso
della parte che gli spetta per le difficoltà relazionali. La fase finale è centrata sulla capacità di
ciascun membro della coppia di sostenere l'introspezione e la crescita personale dell' altro
mentre si sintonizza con le sue prospettive.
Ringstrom (1998) sottolinea anche una particolare variante delle difficoltà controtransferale in
cui entrambi i membri della coppia sono in competizione per estrarre dal terapeuta funzioni da
oggetto-Sé. I bisogni del terapeuta per risposte da oggetto-Sé possono condurlo a colludere con un
membro della coppia contro l'altro. Il terapeuta deve cercare di ristabilire una variante particolare
di un atteggiamento neutrale,per cui egli ascolta, comprende e accetta la percezione soggettiva
che ciascun partner ha dell'altro come intrinsecamente valida.

DA QUI_____RASSEGNA STORICA
Il professionista può contare su una lunga tradizione nell'applicazione dei principi psicoanalitici al
trattamento ospedaliero. La storia della nozione di ospedale psicoanalitico ebbe inizio col lavoro di
Simmel allo Schloss Tegel (1929),durante il quale egli notò come certi pazienti non potessero
essere analizzati al di fuori dell'ospedale a causa di vari comportamenti sintomatici,come alcolismo
e fobie. Egli ebbe l'idea che un ospedale potesse prolungare l'ora del paziente sul lettino
addestrando i membri dello staff ospedaliero a condurre un trattamento quasi analitico via via
che emergevano tematiche di transfert e resistenza. Nella sua creativa e brillante Guide to the
OrderSheet,Will Menninger (1939) smitizzò il modello della psicoanalisi individuale e tentò di
applicare i principi della psicoanalisi direttamente in ospedale modificandone l'ambiente.
Basandosi sull'assunto per cui tutti i sintomi derivano da disturbi nell'adeguata fusione ed
espressione delle due principali pulsioni istintuali,la libido e l'aggressività,Menninger elaborò un
sistema di trattamento ambientale largamente fondato sulla sublimazione 12 e che escludeva
l'insight. Piuttosto che frustrare o interpretare desideri e conflitti inconsci,questo approccio si
focalizzava sul reincanalamento delle energie in percorsi meno dannosi. Ad esempio,Menninger
incoraggiò l'espressione diretta dell'ostilità verso oggetti sostitutivi;le prescrizioni a un paziente
potevano andare dalla demolizione di un edificio al colpire un sacco da pugilato.
Sfortunatamente,questo modello non poteva includere i pazienti con una debolezza dell'Io che
implica problemi di controllo degli impulsi,per i quali è necessario un trattamento che aiuti ad
acquisire un maggior controllo sugli impulsi piuttosto che a indirizzarli verso oggetti sostitutivi.
Inoltre,questa concettualizzazione era limitata dal suo stesso riferirsi alla teoria duale degli istinti di
allora,che tendeva a negare il contesto delle relazioni oggettuali nel quale si collocano le pulsioni
disturbate,e nemmeno consentiva un esame sistematico del transfert e del controtransfert
nell'ambiente.
Il terzo modello si sviluppò dalla consapevolezza che i pazienti ricreavano con vari membri dello
staff ospedaliero i loro conflitti con i familiari (Hilles,1968).
L'interpretazione degli schemi di comportamento maladattivi nei termini delle loro radici nel
passato era tipica di questo modello,che si fondava sempre meno sul fornire sfoghi sostitutivi per i
bisogni inconsci. L'ambiente non veniva considerato una comunità terapeutica nella quale viene
dato rilevo alle esperienze reali,costruttive con gli altri ospiti,bensì come uno schermo sul quale gli
schemi arcaici vengono proiettati e poi esaminati. Schlesinger e Holzman (1970),descivendo gli
aspetti terapeutici dell'ambiente di un ospedale psichiatrico,notarono che tale ambiente poteva
integrare la relazione terapeuta-paziente offrendo a quest'ultimo la possibilità di elaborare in un

12
In psicoanalisi,termine introdotto da S.Freud (ted. Sublimierung)per indicare la trasformazione di impulsi istintuali
primitivi,soprattutto sessuali,a livelli superiori e socialmente accettabili,e comunque di carattere non sessuale,come
processo prevalentemente inconscio operante nella produzione artistica e creativa e nella sfera religiosa;v. anche
neutralizzazione.
contesto reale quanto veniva discusso nella terapia.
Serviva anche come una sorta di terreno di prova o di laboratorio nel quale i pazienti potevano
mettere in pratica il tentativo di cambiare in diversi modi,parallelamente al procedere della
psicoterapia. Schlesinger e Holzman affermarono che la prescrizione di una terapia ambientale per i
pazienti ricoverati era un processo complesso che richiedeva una particolare attenzione alle
molteplici funzioni del coinvolgimento del paziente nell'ambiente ospedaliero. Proposero uno
schema basato sui cinque punti di vista della metapsicologia psicoanalitica: strutturale,economico,
dinamico, adattivo e genetico.
Un certo numero di autori ha indicato il controtransfert come parte integrante del processo
terapeutico. Essi ammoniscono che l'efficacia del trattamento viene meno quando i membri dello
staff rispondono in maniera controtransferale come se fossero uno dei genitori del paziente.
Queste influenze controtransferali si verificano regolarmente,e non occasionalmente,e l'esame
sistematico del controtransfert dovrebbe far parte del lavoro di routine dell'équipe ospedaliero
orientato psicoanaliticamente è che i pazienti ricreano nell'ambiente esterno le loro relazioni
oggettuali interne.
Secondo Kerberg,il livello più alto di relazione oggettuale viene attivato nei rapporti terapeutici
individuali,mentre la versione più primitiva è più probabile nelle modalità di trattamento di
gruppo. Una combinazione di terapia individuale e di gruppo nei ricoveri ospedalieri a lungo
termine offre la possibilità di intervenire a entrambi i livelli. Kenberg (1973) sostenne che tale
approccio terapeutico bidimensionale richiede "un ambiente ospedalierlo 'neutro',ovvero un
atteggiamento da parte dello staff che sia equidistante dalle diverse istanze intrapsichiche ed
esterne coinvolte nei conflitti del paziente,e si rifletta in un'atmosfera ospedaliera globalmente
amichevole e generalmente tollerante,partecipe e intellettualmente pronta".
Nel contesto di questa atmosfera neutrale,vedeva la comunità terapeutica e la psicoterapia
individuale ospedaliera come operanti simultaneamente per esaminare le reazioni oggettuali
interne e allo stesso tempo per adempiere le funzioni dell'Io o di controllo.
Egli definisce il trattamento ospedaliero come "la simultanea diagnosi e terapia delle funzioni di
controllo del paziente e del suo mondo interno di relazioni oggettuali".
Riassumendo,l'applicazione dei principi psicoanalitici/psicodinamici al trattamento ospedaliero ha
subito una graduale evoluzione negli ultimi settant'anni. La nozione di contenimento dei pazienti
in terapia psicoanalitica ha lasciato gradualmente il posto a un secondo modello che prevede
prescritte interazioni con lo staff ospedaliero. Il terzo e attuale modello,che sposta l'accento
sull'esame sistematico del transfert e del controtransfert,ritiene che i pazienti ricreino
nell'ambiente esterno le loro relazioni oggettuali interne.
Questo punto di vista si riflette nel tentativo integrativo di Kernberg (1973) di fondere la teoria
psicoanalitica delle relazioni oggettuali,la teoria sistemica e l'uso dei processi gruppali in un
approccio globale al trattamento ospedaliero. Un principio fondamentale di questo approccio è
che in tutti noi esiste il potenziale sia per relazioni oggettuali di più alto livello,tipiche della
nevrosi di transfert nella terapia psicoanalitica individuale,sia per i livelli più primitivi di relazioni
oggettuali che portano,nelle situazioni di gruppo,a una regressione psicotica.

PRINCIPI PSICODINAMICI NEL TRATTAMENTO OSPEDALIERO ATTUALE


Un approccio psicodinamico fornisce una comprensione diagnostica estremamente attenta alle
debolezze e forze dell'Io dei pazienti,alle loro relazioni oggettuali intrapsichiche quali si
manifestano nei rapporti familiari e sociali,alla loro capacità di lavoro psicologico e alle origini
infantili dei loro attuali problemi.
Una valutazione psicodinamica può portare il clinico a ritenere che siano sconsigliabili interventi
interpretativi e il far affiorare materiale inconscio. Con pazienti che hanno un lo notevolmente
debole e/o una limitazione cognitiva su base organica, possono essere consigliabili approcci che
sostengono l'Io e sono finalizzati alla costruzione dell'autostima.
Le teorie psicoanalitiche sullo sviluppo sono utili per delineare i programmi terapeutici dei pazienti
ricoverati. Un'équipe ospedaliera psicoanaliticamente orientata si rende conto che la maggior
parte dei pazienti ha un blocco evolutivo. La conoscenza della teoria psicoanalitica consente
all'équipe di rispondere a un livello evolutivo appropriato,accettando la nozione che il paziente è
un bambino nel corpo di un adulto. Questa prospettiva aiuta a evitare i pericoli della de
personificazione (Rinsley, 1982), in cui si incorrerebbe se al paziente fosse chiesto di comportarsi
da persona adulta matura ed educata, nonostante una grave psicopatologia. Tale
depersonificazione ha spesso contrassegnato la storia di molti pazienti gravemente disturbati
rispetto alle interazioni con i familiari.
La teoria psicoanalitica offre modelli di intervento adeguati ai bisogni relativi alla fase evolutiva
del paziente,come il rispecchiamento empatico (Kohut,1971) e l'offerta di un ambiente
contenente (Stamm,1985;Winnicott,1965). In questo contesto,i limiti inerenti alla struttura
ospedaliera non vengono considerati come punizioni per comportamenti immaturi e irritanti,ma
come sostituti esterni delle carenti strutture intrapsichiche.
In modo analogo, i membri dello staff devono adempiere in modo ausiliario funzioni dell'Io, come
l'esame di realtà, il controllo degli impulsi, l' anticipazione delle conseguenze (giudizio) e un'
affinata differenziazione tra il Sé e l'oggetto.
I clinici manifesteranno anche reazioni emozionali in accordo con la classica,o ristretta,forma di
controtransfert secondo la quale i terapeuti reagiscono ai pazienti come se questi fossero figure
del loro passato. Uno dei vantaggi del lavoro nel contesto di un gruppo terapeutico ospedaliero è
che i membri dello staff possono aiutarsi l'un l'altro a distinguere i pattern controtransferali
basati sulle loro problematiche psicologiche da quelle che sono identificazioni forzate.
Descrivere i meccanismi di scissione e identificazione proiettiva fornisce una spiegazione soltanto
parziale della tendenza da parte dei pazienti a esteriorizzare le loro relazioni oggettuali interne
nell'ambito delle relazioni presenti nell'ambiente terapeutico. Sottolineare che questa ripetizione
avviene inconsciamente,automaticamente e con forza coercitiva non fornisce una spiegazione
esauriente delle forze motivazioni inconsce che sostengono la ripetizione. 13
Si possono identificare almeno quattro forze differenti che contribuiscono alla ripetizione di
relazioni oggettuali interne (Gabbard,1992b).

ANALISI DELLE FORZE CHE CONTRIBUISCONO ALLA RIPETIZIONE DI RELAZIONI OGGETTUALI


INTERNE
Nel riproporre all'interno del setting ospedaliero modalità relazionali interiorizzate,i pazienti
possono tentare di confrontarsi attivamente con traumi vissuti in maniera passiva (Pine,1990).
Attraverso la riattivazione di relazioni problematiche, i pazienti possono acquisire una sensazione di
confronto attivo e di controllo su relazioni traumatiche del passato poiché questa volta essi ne
hanno la responsabilità.

MANTENIMENTO DEI LEGAMI DI ATTACCAMENTO


Sono anche ristabilite con i terapeuti unità relazionali oggettuali,in quanto la nuova relazione
13
Il transfert è soltanto la punta dell'iceberg,una volta identificato bisogna analizzare le sue radici,da dove deriva e
come si è strutturato nel tempo.
funge da strumento per mantenere i legami con le figure chiave più importanti
dell'infanzia,soprattutto con i genitori. Anche se le relazioni con i genitori sono violente e
conflittuali,il bambino le vivrà in ogni caso come se costituissero una sorgente di piacere
(Pine,1990). Una relazione sadomasochistica è pur sempre meglio della totale assenza di relazioni
(Gabbard, 1989b). Inoltre, anche relazioni "cattive" e tormentate possono essere fonte di
conforto, nel senso che sono prevedibili e affidabili, e forniscono al paziente un senso di
continuità e significato (Gabbard, 1998). L'alternativa è un profondo senso di abbandono cui è
associata l'ansia di separazione.

UN GRIDO D'AIUTO
E' riduttivo considerare l'identificazione proiettiva soltanto come un meccanismo di difesa. Come
l'individuo che costituisce il bersaglio delle proiezioni può percepire intensamente,essa è anche una
forma di comunicazione. Angosce primitive agiscono in modo tale da obbligare i pazienti a
sbarazzarsi di stati affettivi intollerabili, con le rappresentazioni del Sé e dell' oggetto loro
associate. Un certo sollievo viene raggiunto allorché un terapeuta è costretto a vivere sulla
propria pelle il contenuto proiettato che sta tormentando il paziente.

UN DESIDERIO DI TRASFORMAZIONE
Violente relazioni oggettuali interne possono essere esteriorizzate nella speranza che possano
essere trasformate. Sandler e Sandler (1987) hanno osservato che i pazienti interiorizzano
un'interazione desiderata,una fantasia di relazione con un genitore che risponda alle loro
aspettative.
In questo senso si può inferire che le vecchie relazioni sono ripetute con il desiderio inconscio che
questa volta sarà diverso (ad esempio, sia l'oggetto che il Sé saranno trasformati nella relazione
fantasticata che il paziente desidera ardentemente).
Un day-hospital o un reparto psichiatrico possono fornire una nuova e diversa forma di modalità
di relazione interpersonale che faciliti l'interiorizzazione di una relazione oggettuale meno
patologica. In un ambiente ottimale,l'obiettivo dei membri dello staff è di rapportarsi ai pazienti in
modo da evitare di essere indotti a reagire come farebbero le loro rappresentazioni oggettuali
interne. Evitando di comportarsi come chiunque altro nel mondo del paziente,possono offrire una
visione alternativa della realtà che andrà a riformulare l'oggetto-Sé dell'individuo secondo un nuovo
pattern.
Nel setting ospedaliero i pazienti costantemente ma inconsciamente mettono alla prova i membri
dello staff per verificare se siano diversi da figure precedenti dell'ambiente preospedaliero. La
situazione richiede comunque un avvertimento. I membri dello staff che semplicemente "sono
carini" con il paziente preserveranno il paziente dall'esperire14 ed elaborare vecchi modelli di
relazione. Ne deriva che in ogni setting terapeutico deve essere presente un equilibrio attento tra
l'essere usato come un oggetto nuovo e l'essere usato come un oggetto vecchio
(Gabbard,Wilkinson, 1994).
Con il trascorrere del tempo,le modalità relazionali da "oggetto vecchio" sono gradualmente
sostituite da nuovi modelli di relazione basati su nuove esperienze con lo staff curante,e su una
rinnovata comprensione da parte del paziente dei suoi bisogni inconsci di ricreare relazioni del
passato.
Nell'ambito di questa formulazione di relazioni oggettuali interne, il compito terapeutico è quello
14
Provare,sperimentare:e. un'indagine;e. le vie legali;tentare,mettere in opera:e. tutti i mezzi possibili per riuscire;
sono state esperite senza esito tutte le vie d'uscita.
di diagnosticare attentamente le rappresentazioni del Sé e dell' oggetto del paziente, e di
mantenere una diligente vigilanza riguardo alla natura dei Sé e degli oggetti proiettati in ogni
dato momento. Implicito in questo compito è l'assunto secondo il quale i terapeuti devono avere
una sufficiente familiarità con le loro proprie configurazioni interne del Sé e dell' oggetto, così da
poter discernere i due tipi di controtransfert.
In questo modello di trattamento basato sul transfert-controtransfert,lo staff terapeutico deve
mantenersi aperto ai potenti sentimenti che questi pazienti evocano. Esaminare il controtransfert
dev'essere parte integrante del processo terapeutico. I membri dello staff dovrebbero liberamente
permettersi di fungere da contenitori per le proiezioni del Sé e dell'oggetto del paziente, e per gli
affetti connessi alle relazioni oggettuali. Da una prospettiva individuale, questo approccio significa
evitare l'atteggiamento di "medico devoto" descritto da Searles (1967), nel quale il terapeuta cerca
di essere sempre amorevole, come difesa contro la sua vulnerabilità nell'indirizzare sadismo e odio
verso il paziente. Se il terapeuta è ipercontrollato e iperdifeso nei confronti delle reazioni emotive
del paziente, il processo diagnostico di delineare queste relazioni oggettuali interne verrà meno.
Nonostante la crescente tendenza degli ultimi anni a utilizzare riunioni dello staff per stilare piani
terapeutici a orientamento comportamentale,le reazioni emotive ai pazienti da parte dei singoli
operatori devono essere discusse apertamente e con comprensione. Se tali riunioni divengono
mere sedute amministrative con precise finalità,senza che vi sia un tempo dedicato a elaborare i
paradigmi del transfert-controtransfert,le conseguenti disfunzioni dello staff influiranno
negativamente sul paziente. Inoltre, l'ospedale non starà più attuando un trattamento orientato
psicodinamicamente, bensì una semplice "gestione del caso".
L'atteggiamento del capo del reparto o dell'équipe è cruciale per quanto riguarda il tono delle
discussioni relative al controtransfert. Il capo dev'essere un modello per il resto dello
staff,esaminando apertamente i propri sentimenti e rapportandoli alle relazioni oggettuali interne
del paziente. Egli deve altresì valorizzare e accettare l'espressione di sentimenti da parte degli altri
membri dello staff ed evitare di interpretarli come manifestazioni di conflitti
personali non risolti e non analizzati. Ii capo dell' équipe terapeutica dovrebbe anche acquisire
familiarità con lo stile abituale nel rapportarsi ai pazienti di ciascun componente
dello staff. Questa consapevolezza deve comprendere la conoscenza delle tipiche
reazioni controtransferali a certi tipi di pazienti, così come il funzionamento più
adattivo e libero da conflitti. Questa familiarità potrà aiutarlo a notare eventuali
deviazioni dalle caratteristiche modalità relazionali con i pazienti.
Egli deve altresì valorizzare e accettare l'espressione di sentimenti da parte degli altri membri dello
staff ed evitare di interpretarli come manifestazioni di conflitti interni.
Quando un membro dell'équipe condivide un sentimento disturbante emerso nel trattamento di un
paziente,il capo deve porre domande come: "Perché il paziente ha bisogno di evocare in lei quella
reazione?che cosa sta ripetendo?con quale figura del passato del paziente si sta identificando?
come possiamo usare i sentimenti che il paziente evoca in lei per capire come debbano reagire il
suo partner o i suoi amici?
La ricerca empirica,tuttavia,mostra che la scissione non si presenta solo in pazienti borderline,ma è
piuttosto caratteristica di un'ampia varietà di disturbo di personalità. I membri di un'équipe si
trovano ad assumere e a difendere l'uno contro l'altro delle posizioni altamente polarizzate con una
veemenza15 sproporzionata rispetto all'importanza della questione.
Il paziente ha presentato una rappresentazione del Sé a un gruppo di terapeuti e un'altra
15
Violenza,impeto travolgente:la v. dell'uragano;la v. dell'urto nemico;assalire con v.;la v. dell'ira,del desiderio;inveire
con v.;litigava con la sorella...con v.,a voce altissima,e poi si riappacificavano.
rappresentazione del Sé a un altro gruppo di terapeuti. Per mezzo dell'identificazione
proiettiva,ciascuna rappresentazione del Sé evoca una reazione corrispondente nel terapeuta,che
può essere compresa come un'identificazione inconscia con l'oggetto interno del paziente che è
stato proiettato.
Una scissione conclamata di questo tipo illustra chiaramente la nozione,convalidata nel
tempo,secondo la quale i pazienti riassumono nell'ambiente ospedaliero il loro mondo oggettuale
interno (Gabbard,1989). Terapeuti diversi si identificano inconsciamente con gli oggetti interni
del paziente e mettono in atto i ruoli di un copione scritto dall'inconscio del paziente. Inoltre, per
via dell' elemento di controllo
inerente all'identificazione proiettiva, vi è spesso nelle risposte dei terapeuti una
qualità obbligata.
La scissione che avviene nel trattamento ospedaliero rappresenta un'istanza speciale nella quale
si sviluppano contemporaneamente sia la scissione intrapsichica che quella interpersonale
(Hamilton,1988). Gli aspetti interpersonali della scissione che si verifica nei membri dello staff sono
chiaramente paralleli alla scissione intrapsichica del paziente. Inoltre, per via dell' elemento di
controllo inerente all'identificazione proiettiva, vi è spesso nelle risposte dei terapeuti una
qualità obbligata.
Ai membri dell'équipe dovrebbe essere consigliato di scambiarsi osservazioni e discutere tra loro
ma di non mettere in atto sentimenti di natura distruttiva. Essi dovrebbero essere incoraggiati a
elaborare i loro sentimenti nel corso delle riunioni e a utilizzare tali sentimenti per diagnosticare e
comprendere le relazioni oggettuali interne del paziente. Via via che il trattamento progredisce,i
membri dello staff acquisiranno una maggiore comprensione delle relazioni oggettuali interne del
paziente. Via via che il trattamento progredisce, i membri dello staff
acquisiranno una maggiore comprensione delle relazioni oggettuali interne del
paziente, e saranno a quel punto meno inclini a identifìcazioni controtransferali,
potendo così meglio chiarire le distorsioni, del paziente e la natura del suo mondo
oggettuale interno.
Pertanto,se ai membri dello staff viene data l'opportunità di provare potenti sentimenti
controtransferali e di discuterli nelle fasi iniziali della terapia di un dato paziente,essi saranno in
grado di avvicinarsi al paziente con maggiore obiettività a mano a mano che il trattamento
procede. Se i terapeuti sono inclini a negare nel controtransfert odio, rabbia e disprezzo
eludendo il senso di colpa, essi comunicheranno comunque in maniera non verbale i
loro intensi sentimenti negativi (Poggi, Ganzarain, 1983).
I membri di uno staff ospedaliero dovrebbero evitare il distacco ed entrare nel campo
interpersonale del paziente in maniera spontanea ma controllata. Questa capacità di lasciarsi
"risucchiare",ma solo parzialmente,è un assetto straordinario che consente ai terapeuti di acquisire
una comprensione empatica dei problemi relazionali del paziente (Hoffman,Gill,1988).

SCISSIONE NEL SETTING MULTIPROFESSIONALE


Uno dei vantaggi del setting multiprofessionale rispetto alla terapia individuale è che le
rappresentazioni del Sé e dell'oggetto del paziente vengono esteriorizzate tutte in una volta sui
diversi membri dello staff,piuttosto che diacronicamente 16 sul sol psicoterapeuta. L'ambiente

16
Che riguarda la diacronia:sviluppo d.,di una lingua,di una dialetto,o più in partic. di un elemento
fonetico,grammaticale,lessicale,il compresso dei suoi mutamenti attraverso il tempo;studio,esame d.,analisi d.,di un
fenomeno linguistico,del lessico di una lingua,ecc; Per estens.,il termine viene talora adoperato anche in altri settori
della scienza e degli studi,con riferimento a problemi,aspetti,processi della vita sociale o d'altro genere.
ospedaliero costituisce pertanto,un ottimale strumento diagnostico e terapeutico per la
comprensione del processo di scissione.
Lo psicoterapeuta non ha alcuna consapevolezza delle interazioni problematiche all'interno del
reparto e viene colto di sorpresa quando il personale infermieristico attira l'attenzione su di esse.
Come conseguenza di questa forma di scissione,lo staff ospedaliero può effettivamente escludere lo
psicoterapeuta dal processo di pianificazione del trattamento. In questo modo i membri dello staff
del reparto possono consolidare la loro alleanza proiettando la "cattiveria" e l'incompetenza al di
fuori del gruppo,sul terapeuta.
Se questo processo va avanti senza essere riconosciuto,diviene a un certo punto impossibile per il
personale del reparto e il terapeuta riconciliare le loro differenze e incontrarsi a metà strada.
Proprio come gli oggetti interni del paziente,essi non possono integrarsi. Il potere regressivo dei
gruppi è ben noto e può portare all'uso di scissione e identificazione proiettiva da parte di
professionisti altrimenti ben integrati. (Bion,Kengerg,Oldham,Russakoff).
Quando il gruppo di un'équipe raggiunge questo grado di frammentazione,troppo spesso il
paziente viene incolpato per aver cercato di dividere e vincere(Rinsley 1980).
Quello che spesso viene dimenticato in tali circostanze è che la scissione è un processo
inconscio,che i pazienti utilizzano automaticamente per salvaguardare la loro sopravvivenza
emotiva. Generalmente non incolpiamo i pazienti per altri meccanismi di difesa. Caratteristica
particolare della scissione sembra essere la percezione dei curanti che il paziente agisca in maniera
conscia e maliziosamente distruttiva. Un quadro di riferimento empatico è utile per ricordare ai
membri dello staff che la scissione è il tentativo del paziente di tenere lontana la distruttività al fine
di proteggersi.
Riassumendo,la scissione nel trattamento ospedaliero implica quattro caratteristiche principali:1)il
processo avviene a livello inconscio;2)il paziente percepisce i singoli membri dello staff in maniera
radicalmente diversa,basata sulla proiezione delle sue rappresentazioni oggettuali interne,e tratta
ognuno di loro in maniera diversa,conformemente a tali proiezioni;3)i membri dello staff
reagiscono al paziente,per mezzo dell'identificazione proiettiva,come se fossero effettivamente gli
aspetti proiettati dal paziente;4)conseguentemente,nelle discussione d'équipe sul paziente,i curanti
assumono posizioni estremamente contrapposte,difendendo tali posizioni con straordinaria
veemenza(Gabbard,1989).
Qualunque discussione sul modo in cui affrontare la scissione deve necessariamente partire
dall'osservazione di Burnham(1966) secondo cui la completa prevenzione della scissione non è né
possibile né desiderabile.
Come altri meccanismi di difesa,la scissione è una valvola di sicurezza che protegge i pazienti da ciò
che essi percepiscono come un pericolo schiacciante. E' un processo che si verificherà malgrado le
misure preventive adottate dai terapeuti. Il punto essenziale è che lo staff terapeutico deve
continuamente monitorare la scissione impedendo che essa ostacoli il trattamento,rovini il morale
dello staff e danneggi in maniera irreparabile le relazioni interpersonali tra i componenti dello staff.
Esempi di gravi stati psicopatologici e dimissioni del personale sono stati talvolta il risultato di tali
situazioni (Burnham,Main).
La preparazione professionale è un modo importante di aiutare lo staff ad affrontare la scissione.
Tutti i professionisti della salute mentale che lavorino con pazienti ricoverati dovrebbero avere
piena dimestichezza con il concetto di scissione e le sue varianti. Se i membri dello staff di un
reparto no sono in grado di riconoscere la scissione quando si sviluppa,la gestione della situazione
può divenire senza speranza. Nelle discussioni sul contro transfert,i membri dello staff possono
venire incoraggiati a lavorare nel senso del contenimento degli aspetti proiettati del
paziente,piuttosto che metterli in atto.
Sentimenti molto intensi verso i pazienti dovrebbero essere considerati come materiale utile per la
discussione e la supervisione piuttosto che come reazioni proibite che vanno tenute nascoste ai
supervisori. I membri dello staff dovrebbero inoltre imparare a controllare le loro tendenze
controtransferali a proiettare aspetti propri nel paziente.
La formazione professionale è,comunque,solo un inizio. Riunioni regolari e frequenti dello staff,che
includano lo psicoterapeuta del paziente,dovrebbero far parte della routine settimanale dell'unità
psichiatrica. Lo staff dovrebbe instaurare e portare avanti uno spirito di aperta comunicazione
riguardo alle differenze. Molti anni fa Stanton e Schwartz dimostrarono persuasivamente il valore
profilattico del portare alla luce ed esaminare i disaccordi all'interno di uno staff. Gli psicoterapeuti
dovrebbero considerarsi parte dell'équipe terapeutica e allearsi con le decisioni amministrative
dello staff del reparto(Adler).
Le interpretazioni al paziente dovrebbero essere viste come complementari agli altri interventi a
livello delle interazioni dello staff. L'obiettivo dello staff,in corrispondenza con l'approccio dello
psicoterapeuta al mondo interno del paziente,è quello di integrare e moderare gli oggetti esterni.
A questo fine,è spesso utile che il membro dello staff identificato con l'oggetto cattivo e il terapeuta
identificato con l'oggetto buono si incontrino congiuntamente col paziente per discutere
apertamente di come egli percepisca ciò che sta accadendo.
Quando la situazione è talmente carica emotivamente che le persone implicate non sono disposte a
incontrarsi,può entrare in scena un consulente obiettivo per cercare di mediare la
discussione(Gabbard). Il consulente può adempiere per li gruppo il ruolo di osservante e in tal
modo incoraggiare le persone coinvolte nella scissione a identificarsi con tale funzione,in maniera
simile a quando lo psicoterapeuta incontra adolescenti borderline e le loro famiglie(Shapiro).
Questi incontri presuppongono che le diverse parti riconoscano l'esistenza di un processo di
scissione in corso. Tale riconoscimento costituisce un importante passo verso una riuscita gestione
della scissione. Generalmente,i membri dello staff saranno piuttosto riluttanti ad ammettere di
essere coinvolti nella scissione. Quando viene indetta una riunione straordinaria per discutere le
dinamiche dello staff con un dato paziente,vi possono essere forti resistenze da parte dei curanti in
quanto una simile riunione può far apparire il paziente come troppo speciale (Burnham).
Quando l'approccio funziona,il gruppo sente che ciascun membro dello staff ha portato un tassello
del mosaico,così da rendere l'intero quadro più chiaro(Burnham). Certe spaccature
sembreranno,comunque,irreparabili;e proprio come gli oggetti interni del paziente non possono
essere integrati,così non possono essere riconciliati l'uno con l'altro gli oggetti esterni. Se il
terapeuta è nel ruolo dell'oggetto svalutato,talvolta accade che tali condizioni di stallo sfocino nel
suggerimento,da parte dello staff,di un nuovo terapeuta(Adler).
Quanto prima la scissione viene scoperta,meno sarà radicata e più soggetta sarà al cambiamento.
Certi segnali d'avvertimento dovrebbero continuamente essere tenuti sotto controllo nelle riunioni
dello staff:1)quando un terapeuta è inusitatamente punitivo nei confronti del paziente,2)quando un
terapeuta è insolitamente indulgente,3)quando un terapeuta difende ripetutamente un paziente
dai commenti critici degli altri membri dello staff,4)quando un membro dello staff ritiene che
nessun altro sia in grado di comprendere il paziente (Gabbard).
Quando i membri dello staff riescono a vincere il loro orgoglio e ad accettare la possibilità di essere
coinvolti in un'identificazione inconscia con aspetti proiettati del paziente,possono iniziare a
empatizzare con i sentimenti e le prospettive dei loro colleghi. Questa disponibilità a prendere in
considerazione il punto di vista altrui può portare a un lavoro cooperativo nell'interesse del
paziente,che ha come conseguenza un marcato miglioramento del processo di scissione. La
scissione interna del paziente spesso inizia a sanarsi quando la spaccatura esterna dello staff
migliora(Gabbard).
La tipica équipe terapeutica in un ospedale psichiatrico è formata da rappresentati di diverse
discipline della salute mentale - uno psichiatra,uno psicologo,un assistente sociale,un terapeuta
occupazionale,infermieri e tecnici della salute mentale. Latenti rivalità interdisciplinari sono terreno
fertile per lo sviluppo di scissioni all'interno dell'équipe. I singoli membri dell'équipe devono
considerare che il proprio lavoro deve assolvere due diversi compiti: uno riguarda il preciso incarico
terapeutico a seconda della specifica disciplina,il secondo riguarda il poter essere oggetto di
transfet o contenitore di proiezioni (Kernberg).
Le precedenti descrizioni dell'introiezione e della proiezione delle rappresentazioni del Sé e
dell'oggetto mostrano la necessità,in ogni reparto psichiatrico,di tenere sotto attenta vigilanza i
processi di gruppo. Frequenti riunioni dello staff sono essenziali per l'integrazione dei frammenti
scissi che circolano tra i suoi componenti e i pazienti.
Allo stesso modo,regolari incontri di gruppo con i pazienti favoriscono un'attenta elaborazione delle
interazioni che avvengono tra lo staff e i pazienti e tra i pazienti stessi;servono inoltre a prevenire la
messa in atto di conflitti che sorgono in queste relazioni. La teoria delle relazioni oggettuali fornisce
un buon modello concettuale per la comprensione dei processi di gruppo all'interno del reparto
(Kernberg,Oldham,Russakoff). Stanton e Schwartz hanno mostrato che le dinamiche nel gruppo dei
pazienti possono riflettere direttamente dinamiche simile nel gruppo dello staff. In particolare,è
comune che singoli pazienti mettano in atto dei conflitti latenti nello staff. L'elaborazione
sistematica dei conflitti interpersonali sia nelle riunioni dello staff sia in quelle a cui partecipano
anche i pazienti può essere preziosa per identificare processi paralleli nei due gruppi.
Il focus specifico di piccoli gruppi di pazienti ospedalieri varia a seconda della forza dell'Io e delle
categorie diagnostiche dei pazienti di un dato reparto. In generale,comunque,si può affermare che
le riunioni del gruppo psicoterapeutico fungono da interfaccia tra le difficoltà intrapsichiche de i
pazienti e i loro conflitti nell'ambiente ospedaliero. Kibel ha suggerito che il focus di tali gruppi
dovrebbe essere centrato sulle difficoltà interpersonali che emergono quotidianamente nel
reparto. Queste difficoltà possono essere collegate alle carenze o ai conflitti intrapsichici dei
pazienti. Egli consigliò di non dare rilievo al transfert in questo tipo di gruppi,in quanto l'angoscia
generata dall'impiego del transfert potrebbe sopraffare gli IO del gruppo,in senso sia individuale
che collettivo.
Horzitz,d'altra parte,riteneva che il focus sul transfert potesse essere prezioso con i pazienti
ricoverati,per rafforzare l'alleanza terapeutica all'interno del gruppo. Quando le riunioni di piccoli
gruppi vengono condotte in maniera appropriata,esse possono addirittura diventare dei luoghi
d'asilo,rifugi nei quali i pazienti possono dare sfogo ai loro sentimenti relativi all'esperienza d'essere
un paziente psichiatrico ricoverato in ospedale,e i componenti dello staff possono,a loro volta,dare
valore a questi sentimenti ed esperienze (Kibel).

LA COMPRENSIONE DEL PROCESSO PSICODINAMICO DELLA SCHIZOFRENIA


Sono stati proposti molti modelli psicodinamici per aiutare i clinici nella comprensione del processo
schizofrenico. La controversia tra il modello del conflitto rispetto a quello del deficit è un tratto
preminente nelle discussioni sulle teorie della schizofrenia. Lo stesso Freud vacillò tra un modello
del conflitto e un modello del deficit per la schizofrenia a mano a mano che le sue
concettualizzazioni evolvevano (Arlow,Brenner,Grotstein,London,Pao).
Gran parte della concettualizzazione Freudiana,si sviluppò a partire dalla sua nozione di
cathexis(carica,investimento energetico)con la quale indicava la quantità di energia legata a
qualunque struttura intrapsichica o rappresentazione oggettuale. Egli era convinto che la
schizofrenia fosse caratterizzata dal disinvestimento energetico (decathexis)degli oggetti. A volte
utilizzò questo concetto di disinvestimento per descrivere il distacco di investimento emotivo o
libidico dalle rappresentazioni oggettuali intrapsichiche,mentre altre volte lo utilizzò per descrivere
il ritiro sociale da parte delle persone reali dell'ambiente circostante(London). Freud definì la
schizofrenia come una regressione in risposta a un'intensa frustrazione e al conflitto con altre
persone.
Tale regressione dalle relazioni oggettuali a uno stadio evolutivo autoerotico avveniva
parallelamente a un ritiro di investimento emotivo dalle rappresentazioni oggettuali e dalle figure
esterne,spiegando così la comparsa del ritiro autistico nei pazienti schizofrenici. Freud postulò
allora che la carica energetica disinvestita fosse reinvestita sul Sé o sull'Io.
Alcuni autori(London,Wexler) hanno visto nella teoria Freudiana del disinvestimento energetico un
riconoscimento del modello del deficit della schizofrenia,sebbene Freud cercasse chiaramente di
tener conto anche del conflitto. Dopo aver elaborato il modello strutturale,modificò,di
conseguenza,la propria concezione della psicosi.
Mentre riteneva la nevrosi un conflitto tra l'Io e l'Es,considerava la psicosi un conflitto tra l'Io e il
mondo esterno. La psicosi comportava un disconoscimento e un conseguente rimodellamento della
realtà. Nonostante tale revisione,Freud continuò a parlare del ritiro dell'investimento di energia e
del suo reinvestimento nell'Io.
Utilizzò il ritiro dell'investimento energetico oggettuale per spiegare la sua osservazione relativa al
fatto che i pazienti schizofrenici,contrariamente ai pazienti nevrotici,fossero incapaci di sviluppare il
transfert.
La nozione secondo la quale i pazienti schizofrenici non sviluppano legami di transfert era
indubbiamente legata al fatto che Freud non fece notevoli sforzi terapeutici con tali pazienti. Harry
Stack Sullivan,al contrario,dedicò la sua vita al trattamento della schizofrenia giungendo a
conclusioni molto diverse. Riteneva innanzi tutto che l'eziologia del disturbo fosse da rintracciare in
precoci difficoltà interpersonali(soprattutto nel rapporto bambino-genitori),e concettualizzò il
trattamento come un processo interpersonale a lungo termine,che tentava di individuare quelle
problematiche precoci. Inadeguate cure materne,secondo Sullivan,determinano nel neonato un Sé
carico d'angoscia e impediscono al bambino di ricevere soddisfazione per i suoi bisogni.
L'esordio della malattia schizofrenica,nella concezione di Sullivan,consiste in una rinascita del Sé
disocciato,che porta a uno stato di panico e quindi alla disorganizzazione psicotica. Sullivan ritenne
ch vi fosse sempre,anche negli schizofrenici più ritirati,una capacità di rapporto interpersonale.
Il suo lavoro pionieristico con pazienti schizofrenici venne portato avanti dalla sua allieva,Frieda
Fromm-Reichmann,la quale evidenziò come i soggetti schizofrenici non siano felici nel loro stato di
ritiro. Sono persone fondamentalmente sole,che non riescono a superare la loro paura e la loro
sfiducia verso gli altri a causa delle esperienze avverse vissute precocemente.
Mentre Sullivan e collaboratori stavano sviluppando le loro teorie interpersonali,i primi psicologi
dell'Io osservarono come un difettoso confine dell'Io sia uno dei deficit principali nei pazienti
schizofrenici. Federn dissentiva dall'affermazione di Freud secondo cui nella schizofrenia vi è un
ritiro dell'investimento oggettuale. Al contrario,Federn sottolineò il ritiro di investimento
energetico rispetto ai confini dell'Io.
Egli notò che i pazienti schizofrenici sono caratteristicamente privi di barriera tra quello che è
dentro e quello che è fuori,perché il confine del loro Io non è psicologicamente investito(come
invece è nei pazienti nevrotici).
Molte di queste prime formulazioni psicoanalitiche crearono profonde difficoltà tra i clinici che
trattavano pazienti schizofrenici e le loro famiglie.
Termini come madre schizofrenogenica generarono un'atmosfera di vergogna tra le madri dei
pazienti,che si sentivano la causa della schizofrenia dei loro figli. Negli ultimi decenni sono emerse
formulazioni psicodinamiche della schizofrenia più
sofisticate(Arlow,Brenner,Blatt,Wild,Grand,Grotstein..).La maggior parte di queste teorie è basata
su ricostruzioni a partire dal lavoro fatto con pazienti adulti. In altre parole,i clinici hanno studiato i
processi mentali nel setting psicoterapeutico e hanno poi estrapolato a ritroso le tematiche
evolutive infantili. Sfortunatamente,molte delle formulazioni psicoanalitiche non integrano i dati
della ricerca biologica nelle loro teorie eziologiche.
Diverse configurazioni psicologiche riflettono l'interfaccia tra il neuro-biologico e lo psicologico. I
bambini che finiscono per sviluppare una schizofrenia hanno un'avversione per le relazioni
oggettuali che rende difficile il legame. L'ipersensibilità agli stimoli e le difficoltà di concentrazione e
di attenzione sono tratti comuni della personalità preschizofrenica. Recenti ricerche hanno
suggerito che diffuse perdite,a livello di determinate aree,del normale filtro sensoriale nel sistema
nervoso centrale possono essere caratteristiche della schizofrenia(Freedman,Judd),cosicché i
pazienti trovano difficile schermare gli stimoli irrilevanti e avvertono una sensazione cronica di
sovraccarico del sensorio.
Robbins ha anche suggerito una correlazione tra gli stati emozionali dell'oblio e i riscontri di atrofia
corticale e diminuita attività nei lobi frontali dei pazienti schizofrenici. Questo insieme di
caratteristiche nel loro complesso finisce per condurre a forme patologiche di simbiosi con figure
genitoriali che non sono in grado di adattarsi alle richieste di tali bambini. Il concetto di una diatesi
infantile presente molto tempo prima dell'esordio della sintomatologia schizofrenica è stato
supportato da una ricerca creativa che ha avuto per oggetto lo studio di filmati familiari che
ritraevano pazienti con esordio adulto di schizofrenia e i loro fratelli da bambini(Walker,Lewine).
Le teorie sull'eziologia e sulla patogenesi devono tenere in considerazione l'evidenza sostanziale
che fattori genetici giocano un ruolo chiave. In assenza di tali fattori,anche situazioni familiari
altamente disfunzionali non produrranno una malattia schizofrenica nella prole(WaWberg).
Una positiva esperienza di crescita può proteggere individui ad alto rischio dalla possibilità di
sviluppare in futuro una schizofrenia. Questa tesi è stata supportata dal Finnish Adoptive Family
Study.
Olin e Mednick hanno identificato caratteristiche premorbose che sembrano costituire marker di
rischio per una futura psicosi. Queste caratteristiche rientrano in due categorie:1)fattori eziologici
precoci,tra cui una storia familiare di schizofrenia,complicazioni perinatali,esposizione della madre
a virus influenzale durante la gravidanza,deficit neuro-comportamentali,separazione dei genitori
nel corso del primo anno di vita,disfunzioni familiari e crescita all'interno di
un'istituzione;2)precursori comportamentali e sociali di malattia mentale,identificati da clinici e
insegnanti,e variabili di personalità rivelate da interviste e questionari. In altre parole,si verifica
un'interazione tra vulnerabilità genetica,caratteristiche ambientali e tratti individuali.
Una comprensione psicodinamica è importante per la terapia della schizofrenia,a prescindere dalla
sua eziologia. Alcuni temi sono comuni a molte delle teorie psicodinamiche che influenzano
l'approccio clinico al paziente. Innanzi tutto,i sintomi psicotici hanno un significato (Karon). Le
allucinazioni o i deliri di grandezza,ad esempio,compaiono spesso immediatamente dopo un
affronto alla stima di sé del paziente schizofrenico (Garfield). Il contenuto grandioso del pensiero o
della percezione rappresenta il tentativo del paziente di compensare la ferita narcisistica.
Le relazioni interpersonali sono fonte di terrore per questi pazienti. Le intense ansie correlate al
contatto con gli altri sono evidenti anche se non è possibile esplicitarne chiaramente le cause. I
timori sull'integrità dei confini dell'Io e la paura della fusione con gli altri rappresentano un
problema di intensità crescente,che è spesso risolto con l'isolamento. La creazione terapeutica
rappresenta per il paziente una sfida a essere capace di credere che dalla sua relazione con gli altri
non deriverà una catastrofe.
Le relazioni terapeutiche psicodinamiche con clinici sensibili possono fondamentalmente migliorare
la qualità della vita dei pazienti schizofrenici.
In uno studio condotto su pazienti in completa remissione (Rund,1990),l'80% aveva fruito di una
psicoterapia a lungo termine attribuendovi una grande importanza. Anche quando non veniva
raggiunta una completa remissione,la relazione terapeutica poteva considerarsi di straordinaria
rilevanza nell'adattamento globale del paziente alla vita.

COMPRENSIONE PSICODINAMICA DELLA SCHIZOFRENIA - PSICOTERAPIA INDIVIDUALE


Lo studio meglio condotto sugli effetti della psicoterapia in pazienti schizofrenici è stato senza
dubbio lo studio di Boston,riportato da Stanton,Gunderson e collaboratori.
Nello studio di Boston,pazienti schizofrenici non cronici provenienti da diversi ambiti istituzionali e
ambulatoriali vennero assegnati o a una psicoterapia di sostegno,di adattamento alla realtà (RAS),o
a una psicoterapia esplorativa,orientata all'insight (Ero). Quelli inclusi nell'analisi (95 degli iniziali
164 pazienti) ricevettero il trattamento a loro assegnato per almeno sei mesi.
Al follow-up effettuato a distanza di due anni i ricercatori ottennero dati completi su 47 pazienti del
campione originario. A questo punto,dall'analisi dei dati emerse che i pazienti che avevano ricevuto
un trattamento RAS mostravano minori recidive e un migliore rendimento sociale. D'altra parte,i
pazienti che avevano ricevuto un trattamento Ero mostravano un miglioramento più significativo in
termini di cognizione e funzionamento dell'Io. I ricercatori giunsero alla conclusione che le
differenze complessive tra i due gruppi erano relativamente poco importanti.
Sfortunatamente,nonostante la sofisticata metodologia e l'accurato progetto dello studio di
Boston,la generalizzabilità dei risultati dev'essere limitata per numerose ragioni. Per prima
cosa,solo 47 pazienti completarono i due anni di corso del progetto;molti dei confronti definitivi
erano quindi basati su circa 20 soggetti per ogni gruppo di trattamento(Carpenter). Secondo,la
raccolta di dati venne interrotta dopo due anni.
Molti terapeuti esperti di pazienti schizofrenici considererebbero due anni come solamente l'inizio
della fase centrale della terapia. I pazienti schizofrenici sono notoriamente difficili da coinvolgere in
un processo psicoterapeutico.
In nessun'altra situazione la flessibilità è di così grande importanza come nella psicoterapia della
schizofrenia.
Qualunque forza porti un terapeuta e un paziente a "scegliersi",essa è ignorata dai progetti di
gruppo su vasta scala che richiedono,con rigore scientifico,un'assegnazione casuale del paziente al
terapeuta (Muller). Solo uno studio approfondito di casi singoli può gettare luce su questo
elemento,che dà un contributo essenziale al successo psicoterapeutico.
In un successivo resoconto,Gunderson riconobbe la difficoltà di coinvolgere i pazienti schizofrenici
in un processo psicoterapeutico a lungo termine. Egli notò che la sua e altre ricerche indicavano che
circa due terzi dei pazienti schizofrenici abbandonano la psicoterapia quando l'assegnazione viene
fatta in maniera non specifica nell'ambito di una ricerca. Gunderson esaminò attentamente i dati
dello studio di Boston per determinare le caratteristiche tipiche di coloro che avevano continuato la
psicoterapia. La sua sorprendente scoperta fu che questi pazienti erano caratterizzati da isolamento
sociale,appiattimento emotivo e disorganizzazione interna.
Ciò nonostante,tendevano ad avere un funzionamento sociale più coerente rispetto a quelli che
avevano interrotto la terapia. Osservò inoltre che il tasso di abbandono della terapia è influenzato
dalle norme culturali dell'ambiente ospedaliero. Ad esempio,i pazienti del Veterans Administration
Hospital implicati nella ricerca avevano una maggiore tendenza a interrompere la terapia rispetto a
quelli ricoverati nel McLean Hospital,dove la psicoterapia era una componente abituale del
trattamento.
Gunderson giunse inoltre alla conclusione che un ricovero a lungo termine può essere utile nel
coinvolgere i pazienti. Quando suddivise i pazienti a seconda del tipo di terapia ricevuta (RAS o
Ero),ebbe modo di notare che quelli emotivamente distanti e con disturbo del pensiero che
avevano una visione ottimistica della loro malattia erano più propensi a continuare con la prima
modalità di terapia,mentre i pazienti che più facilmente proseguivano con il secondo tipo di terapia
presentavano un esame di realtà sufficientemente integro,capacità di relazione interpersonale
abbastanza buona,e una concezione del loro episodio psicotico come un evento sfortunato.
De i due gruppi identificati nei quali c'era stata una remissione della psicosi,uno era formato da
pazienti che cercavano di integrare l'esperienza psicotica nell'ambito globale della propria vita.
Ritenevano di avere acquisito importanti informazioni dall'episodio psicotico ed erano curiosi a
proposito del significato dei loro sintomi.
Il secondo gruppo mostrava un altro percorso verso un recupero stabile,ovvero quello di "mettere
una croce" sulla malattia. Questi pazienti tendevano ad avere una rigida opinione negativa della
loro malattia e nessun interesse a comprendere i propri sintomi psicotici. Sebbene i pazienti di
entrambi i gruppi avessero acquisito un equilibrio sufficientemente stabile,quelli che avevano
integrato l'esperienza presentavano esiti in qualche modo superiori.
Questi riscontri suggeriscono che i pazienti in grado di integrare un'esperienza psicotica nella loro
vita possono trarre vantaggio dal lavoro esplorativo nel contesto di una psicoterapia,mentre quelli
che sigillano ermeticamente l'episodio psicotico probabilmente non trarranno alcun beneficio o
verranno addirittura danneggiati da ripetuti tentativi di esplorazione.
Come hanno notato Fenton e McGlashan,la terapia personale fornisce il contesto ideale nel quale
considerare "la specifica combinazione di interventi che saranno più utili per questo particolare
paziente con questo particolare tipo di schizofrenia in questa fase particolare della malattia o del
ricovero". Questo sforzo di adattare la scelta degli interventi ai bisogni specifici del paziente
dimostra un certo buon senso clinico. La terapia personale può certamente venire applicata
all'interno di una cornice che comprende in senso psicodinamico le difese del paziente,le sue
relazioni d'oggetto e il suo senso di Sé.
Dopo che i sintomi del paziente si sono stabilizzati,la sfida principale per il terapeuta è quella di
cominciare a costruire un'alleanza terapeutica.
A causa della mancanza di insight di questi pazienti nei confronti della loro malattia,questo è
spesso un compito particolarmente difficile. Ne deriva che i terapeuti devono essere creativi
nell'individuare una certa base comune. Selzer e Carsky hanno sottolineato l'importanza di trovare
un oggetto organizzatore - una persona,un'idea o un oggetto - che consenta al paziente e al
terapeuta di parlare di ciò che accade tra loro. In questa fase iniziale della terapia i pazienti spesso
non sono in grado di riconoscere che sono malati e hanno bisogno di cure,e l'obiettivo principale
deve essere quello di stabilire una relazione. Per esempio,Frese mette in guardia i clinici affinché
evitino di sfidare le convinzioni deliranti dei pazienti.
Egli sottolinea il fatto che quando i pazienti hanno convinzioni deliranti,danno per scontato che
siano vere anche se messi di fronte all'evidenza del contrario. Frese,che ha sofferto di schizofrenia
per molti anni mentre portava avanti una carriera di successo come psicologo,consiglia ai clinici di
pensare ai pazienti come se essi parlassero in modo poetico e metaforico. Egli suggerisce che è
utile aiutare i pazienti a vedere come gli a altri considerano le loro convinzioni,così che imparino a
evitare azioni che possono essere causa di un loro ricovero in un reparto psichiatrico.
Alleandosi con il bisogno del paziente di evitare un'ospedalizzazione,il terapeuta può conquistare la
sua collaborazione e la sua disponibilità a partecipare agli altri momenti del piano terapeutico,come
quello della farmacoterapia. Gran parte del lavoro iniziale dovrà essere direttivo e finalizzato a
riparare i deficit del paziente che impediscono lo sviluppo di un'alleanza terapeutica(Selzer,Carsky).
Il lavoro dedicato alla costruzione di un'alleanza può venire in seguito ricompensato.
Quando Frank e Gunderson esaminarono il ruolo dell'alleanza terapeutica rispetto al decorso e
all'esito dei 143 pazienti schizofrenici coinvolti nello studio di Boston,scoprirono che tale fattore
costituiva un indice predittivo importante di successo nella terapia.
I pazienti che formavano una buona alleanza terapeutica con i loro psicoterapeuti restavano in
psicoterapia,assumevano i farmaci prescritti e riuscivano a raggiungere migliori risultati alla fine dei
due anni con maggiore probabilità.
Lo sviluppo di un'alleanza terapeutica può essere facilitato anche supportando e ristabilendo le
difese del paziente,focalizzandosi sulle sue risorse e cercando di fornirgli un rifugio sicuro.
McGlashan e Keats hanno sottolineato come la psicoterapia debba soprattutto offrire asilo.
Sentimenti e pensieri che gli altri non comprendono vengono accettati dallo psicoterapeuta.
Analogamente,il ritiro o il comportamento bizzarro sono accolti e compresi senza che al paziente
venga in alcun modo richiesto di cambiare per essere accettabile. Gran parte di questo aspetto
della tecnica consiste "nell'essere con" (McGlashan,Keats),ovvero nella disponibilità a stare
costantemente in compagnia di un altro essere umano senza fare richieste inopportune.
Come ha osservato Karon,il terrore è l'affetto primario del paziente schizofrenico. I terapeuti
devono essere in grado di accettare i sentimenti di terrore nel momento in cui vengono proiettati al
loro interno,ed evitare di ritirarsi e di essere sopraffatti di fronte al potere di questi stati affettivi.
Quando l'alleanza diviene più solida,il terapeuta può cominciare a identificare i fattori individuo-
specifici che favoriscono l'insorgenza di recidive,e aiutare il paziente ad accettare il fatto di essere
affetto da una malattia grave.
Il terapeuta deve anche fungere da ausiliario per il paziente.
Quando si evidenziano profonde debolezze dell'Io,come una ridotta capacità di critica,il terapeuta
può aiutare il paziente ad anticipare le conseguenze delle sue azioni.
Il terapeuta deve cercare di essere schietto e aperto con il paziente. Se nella relazione terapeutica
tutti i sentimenti negativi vengono negati e scissi,il paziente sentirà il terapeuta come irreale.
Inoltre,l'apparente capacità del terapeuta di trascendere tutti i sentimenti di rabbia,noia,odio e
frustrazione accrescerà semplicemente l'invidia del paziente nei suoi confronti (Searles).
Soltanto dopo che si è stabilita una solida alleanza,che si sono individuati e discussi i fattori specifici
che inducono recidive,che sono stati affrontati i problemi legati a eventuali deficit e che il paziente
ha raggiunto una stabile condizione abitativa con la famiglia o con altri,il terapeuta potrebbe
tentate un approccio espressivo in cui l'insight o l'interpretazione siano centrali. Alcuni pazienti non
raggiungeranno mai questo punto.

COMPRENSIONE PSICODINAMICA DELLA SCHIZOFRENIA - PSICOTERAPIA DI GRUPPO


Gli studi che sono stati effettuati sulla psicoterapia di gruppo con pazienti schizofrenici
suggeriscono che questa modalità terapeutica può essere utile,ma mettono in evidenza il problema
di determinare quando debba essere intrapresa. Il momento ottimale sembra essere dopo che i
sintomi positivi sono stati destabilizzati per mezzo di un intervento
farmacologico(Kanas,Keith;Matthews).
Il paziente in fase acuta di disorganizzazione non è in grado di selezionare gli stimoli ambientali,e i
molteplici input di un setting gruppale possono sopraffare l'Io assediato proprio quando esso sta
tentando di ristabilirsi. Una rassegna di studi controllati di terapia di gruppo per la schizofrenia
(Kanas) ha riscontrato molte prove della sua efficacia per pazienti ospedalizzati,ma una chiara
tendenza a un maggior successo nei reparti per pazienti cronici con ricoveri prolungati rispetto ai
reparti per crisi acute.
Dopo che è stata posta sotto controllo la sintomatologia positiva,i gruppi possono essere di grande
sostegno per i pazienti schizofrenici che si stanno riorganizzando e vedono altri che si preparano
per la dimissione. Studi per la valutazione dell'efficacia suggeriscono che per pazienti ambulatoriali
la terapia di gruppo può essere efficace quanto la terapia individuale (O'Brien). Per il paziente
stabilizzato farmacologicamente,sedute settimanali della durata di 60-90 minuti possono servire
alla costruzione della fiducia e possono offrire un gruppo di sostegno nel quale i pazienti possono
discutere liberamente le loro preoccupazioni su argomenti come il modo di affrontare le
allucinazioni uditive e di convivere con lo stigma della malattia mentale.

COMPRENSIONE PSICODINAMICA DELLA SCHIZOFRENIA - INTERVENTO SULLA FAMIGLIA E


RIEDUCAZIONE PSICOSOCIALE
Nella letteratura di ricerca empirica sull'efficacia degli interventi psicosociali nei casi di
schizofrenia,nessuna modalità terapeutica è stata maggiormente convalidata degli interventi sulla
famiglia. Numerosi studi hanno dimostrato che la terapia della famiglia associata a farmaci
antipsicotici è tre volte più efficace della sola farmacoterapia nella prevenzione di ricadute.
Un intervento familiare a lungo termine è efficace per diminuire la frequenza di recidive. Sembra
inoltre che i risultati della terapia si mantengano abbastanza stabili,spesso perdurando per almeno
due anni.
Kanter e collaboratori hanno sottolineato che un lavoro terapeutico psicoeducazionale
caratterizzato da informazioni sulla malattia,sostegno e consigli può produrre risultati sorprendenti.
Hatfield osservava che nel lavoro con le famiglie l'intervento educazione è probabilmente più utile
della terapia. Ciò nonostante,poiché forti stimolazioni ambientali possono creare delle difficoltà al
paziente schizofrenico,è ben fondato il giudizio secondo il quale è opportuno ridurre l'intensità di
questi stimoli.
La riabilitazione psicosociale,definita comunemente come un approccio terapeutico che incoraggia
il paziente a sviluppare al massimo le proprie capacità attraverso il supporto ambientale e
l'apprendimento di procedure(Bachrach),attualmente dovrebbe rappresentare una parte molto
importante della terapia per tutte le persone affette da schizofrenia.
Questo approccio,adattato ai singoli individui,si basa su strategie tese a capitalizzare le forze e le
competenze del paziente,a ridargli speranza,a ottimizzare il suo potenziale occupazionale,a
incoraggiare il suo coinvolgimento attivo nella terapia e ad aiutarlo a sviluppare abilità sociali.
L'insieme di questi obiettivi è spesso riassunto con il termine inglese psychosocial skills training.
Hogarty e collaboratori hanno rilevato che i destinatari di interventi di formazione delle capacità
psicosociali mostravano miglioramento sostanziali rispetto a parametri di valutazione
dell'adattamento sociale,e presentavano,secondo una verifica effettuata dopo un anno,una
frequenza di ricadute più bassa di quella riscontrata in un gruppo di controllo. Tuttavia,questi effetti
positivi scemavano entro due anni dalla terapia.
Negli interventi di formazione delle capacità sociali,i pazienti partecipano al role-playing (gioco dei
ruoli)e ad altri esercizi tesi a migliorare il loro funzionamento nei setting interpersonali. La ricerca
su questi approcci non è ancora del tutto convincente per quanto riguarda la loro efficacia. Anche
se sembra che nel corso di tali interventi si verifichino chiari miglioramenti in comportamenti che
coinvolgono specifiche prestazioni motorie,queste abilità possono in seguito ridursi con il
trascorrere del tempo. Inoltre,i dati a favore di una generalizzabilità del training delle capacità
psicosociali dal setting clinico alla vita di tutti i giorni sono piuttosto
deboli(Penn,Mueser,Scott,Dixon). Ciò nonostante,esiste un consenso generale sul fatto che
l'insegnamento di specifiche abilità e la modifica dei deficit cognitivi possono essere utili all'interno
di un piano terapeutico più globale.
Per un paziente schizofrenico che abbia un crollo psicotico acuto,un breve ricovero offre una
"pausa",un'occasione di riorganizzarsi e di acquisire una nuova direzione per il futuro. I farmaci
antipsicotici forniscono un sollievo alla maggior parte dei sintomi positivi. La struttura del reparto
ospedaliero offre un luogo sicuro che impedisce ai pazienti di recare danno a se stessi o agli altri.
I componenti dello staff infermieristico svolgono,per il paziente,funzioni ausiliarie dell'Io. L'équipe
terapeutica può inoltre diagnosticare gli agenti stressanti sull'asse IV del DSM-IV che possono aver
contribuito all'episodio psicotico in quel particolare momento della vita del paziente.
Può essere iniziato uno sforzo psicoeducativo con la famiglia e il paziente. Viene messa in evidenza
l'importanza di una costante assunzione dei farmaci,e può anche essere spiegato il concetto di
emozione espressa. Al medesimo tempo,l'équipe terapeutica dev'essere in grado di infondere un
senso di speranza. E' spesso utile a questo riguardo sottolineare come,sebbene la malattia sia
cronica,molte ricerche suggeriscano che invecchiando i pazienti schizofrenici diventano sempre più
funzionali(Harding).
Se il paziente non è già in psicoterapia,l'ospedale può essere utilizzato per preparare il paziente a
un processo psicoterapeutico ambulatoriale (Selzer).
L'onnipotenza del paziente viene sfidata dalla necessità di adeguarsi alle necessità altrui.
Introducendo nella vita dei pazienti un programma di routine,è inevitabile che alcuni dei loro
bisogni e desideri vengano frustrati. Questo ottimale livello di frustrazione aiuta il paziente a
migliorare l'esame di realtà e altre funzioni dell'Io(Selzer).
Se la psicoterapia può avere inizio durante il ricovero ospedaliero,il paziente può mantenere un
senso di continuità portando avanti la relazione terapeutica dopo la dimissione. Quando la
sintomatologia positiva del paziente è stata in parte alleviata può essere intrapresa una terapia di
gruppo,che può anche proseguire a livello ambulatoriale esterno in relazione alla disponibilità del
paziente. Per alcuni pazienti ambulatoriali isolati gli incontri di gruppo possono costituire l'unico
contatto sociale significativo.
Per i pazienti con predominanza di sintomi negativi,la diagnosi e le prescrizioni farmacologiche
possono essere riconsiderate. Vi sono ragioni secondarie,come depressione,ansia ed effetti
collaterali dei farmaci,che possono essere la causa dei sintomi negativi?
Analogamente,il processo psicoterapeutico,se in corso,può essere rivalutato con la collaborazione
del terapeuta per determinare se sia necessario un cambiamento di strategia. Il lavoro con la
famiglia può procedere secondo una modalità psicoeducativa,e i membri della famiglia possono
essere chiamati a cercare la possibile presenza di fattori stressanti che impediscono al paziente di
rispondere alla terapia corrente.
L'insieme dei sintomi negativi richiede soprattutto una riabilitazione sociale e attitudinale. I gruppi
di skill training che si focalizzano sul miglioramento comportamentale in semplici atti quotidiani
come mangiare,fare colazione,camminare ed essere educati con gli altri possono essere
estremamente preziosi nei confronti dei sintomi negativi. In maniera analoga,un'attenta
valutazione attitudinale in una situazione supervisionata nella quale vengono insegnate e
sviluppate concrete abilità lavorative può rappresentare una componente essenziale.
Indagini sull'adattamento postospedaliero e sui tassi di riospedalizzazione mostrano che i pazienti
rimangono con maggiore probabilità fuori dall'ospedale quando sono stati insegnati loro abilità e
comportamenti adattivi,e quando hanno imparato,nel corso del ricovero,a controllare
comportamenti maladattivi e sintomatici(Mosher,Keith).
I pazienti che,grazie all'addestramento a orientamento comportamentale in abilità
lavorative,migliorano i loro rapporti interpersonali inizieranno a sentire dei cambiamenti nelle loro
relazioni oggettuali,che forniscono poi materiale di discussione nell'ambito della psicoterapia.
I pazienti schizofrenici refrattari alla terapia possono anche presentare un quadro predominante di
rapporti interpersonali disturbati. Questi pazienti hanno spesso gravi difficoltà caratteriali che
coesistono con la schizofrenia. I clinici tendono talvolta a dimenticare che ciascun paziente
schizofrenico ha anche una propria personalità. Questi problemi caratteriali possono pertanto
portare a un rifiuto della prescrizioni farmacologiche,a un'alienazione rispetto ai familiari e ad altre
persone di sostegno dell'ambiente,al diniego della malattia e a un'incapacità funzionale in ambito
attitudinale.
I pazienti schizofrenici hanno bisogno di figure terapeutiche nella loro vita. Hanno bisogno d'aiuto
per navigare attraverso le complicate realtà del sistema di salute mentale. Hanno anche bisogno di
qualcuno che li aiuti a comprendere le paure e le fantasie che impediscono loro di seguire i vari
aspetti del piano terapeutico globale.
Quello di cui i pazienti schizofrenici hanno maggiormente bisogno,che siano chiamati psichiatri o
psicoterapeuti,è di persone interessate che possano offrire relazioni umane solidali come rifugio nei
confronti di un mondo confuso e minaccioso.

COMPRENSIONE PSICODINAMICA DELLA DEPRESSIONE E DELLA MANIA


Nel suo classico lavoro del 1915, Lutto e melanconia, Freud differenziò il dolore
legato a un lutto dalla depressione malinconica. Nel primo caso l'evento precipitante
è la perdita reale di una figura significativa. Nella melanconia, al contrario, l'oggetto
perduto è emozionale piuttosto che reale.
Inoltre, il paziente melanconico sente una profonda perdita della stima di
sé,accompagnata da autoaccuse e senso di colpa, mentre colui che è in lutto
mantiene una stima di sé ragionevolmente stabile. Freud spiegò la marcata
svalutazione di sé tipica dei pazienti depressi come il risultato di una rabbia intensa
che viene rivolta all'interno. Più specificamente, la rabbia è diretta internamente
perché il Sé del paziente si è identificato con 1'oggetto perduto. Nel 1922 Freud
notò come tale introiezione potesse essere per l'Io l'unico modo per rinunciare a un
oggetto. Quello stesso anno, in L'Io e l'Es, Freud sostenne che i pazienti depressi
hanno un Super-io severo, in relazione al loro sentimento di colpa per aver mostrato aggressività
nei confronti di persone amate.
Melanie Klein (1940) collegò la depressione alla posizione depressiva.
La Klein interpretò gli stati maniaco-depressivi come un riflesso del fallimento
infantile nello stabilire dei buoni oggetti interni. Le persone depresse, in altre parole,
non hanno mai superato la posizione depressiva comune all'infanzia.
Contrappose questo stato al lutto normale, nel quale la posizione depressiva viene
riattivata in conseguenza della perdita di una persona amata, ma è poi nuovamente
superata e rielaborata ripristinando la figura esterna perduta sotto forma di oggetto
interno, allo stesso modo in cui nel processo dello sviluppo vengono ristabiliti i buoni
genitori.
Nella concezione di Melanie Klein, pertanto, i pazienti depressi sono terribilmente
preoccupati di aver distrutto gli amati oggetti buoni dentro di sé a causa della
propria avidità e distruttività. Come conseguenza di tale distruzione, si sentono
perseguitati dai restanti oggetti cattivi, odiati. Questa sensazione d'essere
perseguitati da oggetti cattivi mentre ci si "strugge" per i buoni oggetti perduti
costituisce il nucleo della posizione depressiva, che negli stati malinconici viene
riattivata. In altre parole, i pazienti possono sentire di non valere nulla in quanto
hanno la sensazione di avere trasformato, a causa dei propri impulsi e fantasie
distruttivi, i loro buoni genitori interni in persecutori.
Melanie Klein notò che le difese maniacali quali l' onnipotenza, il diniego, il disprezzo
e l'idealizzazione emergono come risposta ai sentimenti dolorosi causati dallo
"struggimento" per i perduti oggetti d'amore. Queste difese vengono utilizzate al
servizio: 1) del recupero e ripristino dei perduti oggetti d'amore, 2) del
disconoscimento dei cattivi oggetti interni, 3) del diniego della dipendenza servile
dagli oggetti d'amore.
Sebbene sia Freud che la Klein abbiano considerato l'aggressività come centrale
nella comprensione della depressione, Bibring (1953) riteneva che la depressione
fosse uno stato affettivo primario non legato a un'aggressività rivolta all'interno della
persona. Egli considerava la depressione come emergente dalla tensione tra ideali e
realtà. Tre aspirazioni narcisistiche altamente investite - di valere ed essere amato,
di essere forte e superiore, di essere bravo e amorevole - vengono considerate quali
parametri di condotta. Tuttavia, la consapevolezza dell'Io rispetto alla propria
effettiva o supposta incapacità di essere all'altezza di questi parametri produce
depressione. il risultato è che la persona si sente debole e impotente. Bibring
pensava che, in certi casi, la consapevolezza da parte dell'Io della propria impotenza
potesse portare a una situazione di aggressività rivolta verso l'interno, ma
solamente quale fenomeno secondario.
Secondo questo autore, qualunque frustrazione o ferita narcisistica che riduca la
stima di sé può degenerare in una depressione clinica. Tra tutti gli autori che
abbiano trattato la psicodinamica della depressione, Bibring (1953) fu il solo a non
riconoscere un ruolo chiave al Super-io. Riteneva invece che la tensione crescesse
all'interno stesso dell'Io, e non tra l'Io e un'altra istanza intrapsichica. Bibring
descrisse succintamente tale depressione come "un crollo parziale o totale
dell'autostima dell'Io, in quanto esso non si sente all'altezza delle proprie aspirazioni
(ideale dell'Io, Super-io) mentre queste vengono saldamente mantenute". Bibring
intese l'euforia maniacale come una reazione secondaria di compensazione rispetto
alla depressione, o come un' espressione del soddisfacimento in fantasia delle
aspirazioni narcisistiche individuali.
Rivedendo la formulazione di Freud la Jacobson (1971) suggerì che i pazienti
melanconici possono comportarsi come se effettivamente fossero essi stessi il
perduto oggetto d'amore, che viene privato, del suo valore, anche non
assumendone tutte le caratteristiche. li Sé viene allora percepito come se fosse
l'oggetto cattivo, e talvolta questo cattivo oggetto interno o il perduto oggetto
d'amore esterno si trasforma in un Super-io sadico. L'Io diviene allora "una vittima
del Super-io, inerme e impotente come un bambino piccolo che viene torturato dalla
sua crudele, potente madre".
Basandosi sulla propria vasta esperienza di psicoterapia con pazienti gravemente
depressi, Arieti (1977) ha postulato che vi possa essere nelle persone che diventano
gravemente depresse una ideologia preesistente - ovvero, vivere non per se stessi
ma per un'altra persona, che Arieti definì l'altro dominante. Molto spesso, è il
coniuge a essere l'altro dominante, ma anche un' organizzazione o un ideale
possono assolvere tale funzione.
Quando a occupare tale ruolo nel mondo psicologico dell'individuo è un obiettivo
oppure una finalità superiore, esso viene indicato con il termine di obiettivo
dominante o ideologia dominante.
Il concetto formulato da Arieti ricorda in qualche modo quello espresso da Bibring,
in quanto pone in rilievo l'impotenza del paziente nel riconoscere l'irraggiungibilità
dello scopo. In genere questi pazienti non riescono a immaginare o accettare quadri
di riferimento alternativi che possano consentire loro di rinunciare all' obiettivo
dominante. Si rendono conto di quanto il fatto di vivere per qualcuno o qualcosa
d'altro non sia per loro conveniente, ma si ritengono incapaci di cambiare. Credono
che la vita non abbia alcun valore se non riescono a sollecitare dall' altro dominante
la risposta desiderata, oppure se non raggiungono il loro impossibile obiettivo.
Aderiscono rigidamente a un piano di vita non realistico, al quale non riescono a
rinunciare.
Possiamo riassumere le differenti formulazioni teoriche sulla depressione giungendo
alla conclusione che, qualunque componente biochimica vi possa essere, i pazienti
esperiscono la depressione sul piano psicologico come un disturbo dell' autostima
nel contesto di relazioni interpersonali fallimentari. Queste relazioni dell'infanzia
vengono interiorizzate e possono successivamente, in età adulta, essere riattivate
con l'esordio di disturbi affettivi maggiori. Il tormentato mondo interno delle
relazioni .oggettuali viene allora esteriorizzato anche nell' ambito delle relazioni
attuali nel mondo del paziente. La depressione mostra la stretta connessione
esistente tra le intime relazioni interpersonali di un individuo e il mantenimento
dell'autostima (Strupp et al., 1982). Nei termini della psicologia del Sé, la
depressione può essere vista come la disperazione conseguente al fallimento da
parte degli oggetti-Sé nel gratificare i bisogni del Sé di rispecchiamento, gemellarità
o idealizzazione.
Blatt (1998) ha suggerito che da un punto di vista psicoanalitico queste varie
prospettive teoriche descrivono due tipologie sottostanti di depressione. La
depressione anaclitica è caratterizzata da sentimenti di impotenza, solitudine e
fragilità correlati a croniche paure di abbandono e di mancanza di protezione. Gli
individui con questo tipo di depressione hanno un intenso desiderio di essere
accuditi, protetti e amati. La depressione introiettiva, d'altra parte, è caratterizzata
da sentimenti di inutilità, fallimento, inferiorità e colpa.
Gli individui affetti da questa variante sono particolarmente autocritici e soffrono per
una paura cronica della critica e della disapprovazione da parte degli altri. Sono
eccessivamente perfezionisti e competitivi e si sentono costantemente spinti a
raggiungere risultati ottimali a livello scolastico o professionale. La depressione
anaclitica è caratterizzata dalla vulnerabilità rispetto alla rottura di relazioni
interpersonali, e la depressione si manifesta prevalentemente come sentimento
disforico di abbandono, perdita e solitudine.
La depressione introiettiva comporta una vulnerabilità al venir meno di un senso di
sé positivo ed efficiente; si manifesta soprattutto con sentimenti disforici di colpa,
fallimento e inutilità, e con la sensazione di non disporre più della propria autonomia
e del proprio potere

PSICODINAMICA DEL SUICIDIO


Diversi disturbi psichiatrici possono culminare nel tragico esito del suicidio. Tuttavia,
il suicidio è prevalentemente associato ai disturbi affettivi maggiori e verrà pertanto
considerato in dettaglio in questo capitolo. Prima di esaminare la prospettiva
psicodinamica sul suicidio è necessario un avvertimento. I fattori determinanti del
comportamento suicida possono essere tanto biologici quanto psicologici. Gli aspetti
psicodinamici emersi dal lavoro psicoterapeutico con pazienti che abbiano tentato il
suicidio possono essere secondari a eventuali modificazioni neurochimiche; pertanto, nel contesto
di un approccio psicoterapeutico, dovranno essere massivamente
usate tutte le modalità disponibili di trattamento somatico. In molti casi la sola
psicoterapia è insufficiente con i pazienti che manifestano gravi tendenze suicide.
Le motivazioni del suicidio sono altamente diversificate e spesso oscure (Meissner,
1986). Il clinico deve pertanto ascoltare attentamente ciascun paziente, notando gli
specifici sviluppi del transfert-controtransfert, prima di poter giungere a qualunque
conclusione sulle dinamiche sottostanti il suicidio.
Freud (1915), in linea con questa concezione esplicativa della dinamica della
depressione, affermò che l'Io può uccidersi solamente trattando se stesso come se
fosse un oggetto, giungendo così alla conclusione per cui il suicidio risulterebbe
dallo spostamento di impulsi omicidi - desideri distruttivi verso un oggetto
interiorizzato vengono invece diretti contro il Sé.
In seguito all'elaborazione del modello strutturale (1922), Freud ridefinì il suicidio
come una vittimizzazione dell'Io da parte di un Super-io sadico
La visione del suicidio di Karl Menninger (1933) è invece più complessa. A giudizio
dell'autore, almeno tre desideri possono concorrere a un atto suicida - il desiderio di
uccidere, il desiderio di essere ucciso e il desiderio di morire. Il desiderio di uccidere
un' altra persona può anche non essere diretto soltanto verso un oggetto interno.
L'esperienza clinica conferma ripetutamente come il suicidio sia spesso finalizzato
alla distruzione dell'esistenza dei sopravvissuti. I pazienti depressi spesso sentono,
ad esempio, che il suicidio è l'unica vendetta soddisfacente nei confronti dei loro
genitori. In maniera analoga, il "bersaglio" del suicidio può essere il coniuge
del paziente.
Fenichel (1945) notò come il suicidio potesse essere il soddisfacimento di un
desiderio di riunificazione, ovvero di un gioioso e magico ricongiungimento con un
oggetto amato perduto, oppure un'unione narcisistica con un' amata figura
superegoica. Spesso dietro a un comportamento suicida si cela la perdita di un
oggetto d'amore e molti pazienti suicidi rivelano intensi desideri di dipendenza verso
un oggetto perduto (Dorpat, 1973). A questo riguardo, il suicidio può essere un
desiderio regressivo di riunione con una perduta figura materna. Le ultime parole
del reverendo JimJones prima dell'omicidio e suicidio di massa del 1978 in Guyana
furono "Madre ... madre ... ", pronunciate un attimo prima di spararsi alla testa.
Nei suicidi è spesso presente un processo di cordoglio, soprattutto in quelli che
vengono messi in atto nell' anniversario della morte di una persona amata. La
ricerca ha dimostrato, ad esempio, che vi è una correlazione statisticamente
significativa tra il suicidio e 1'anniversario della morte di un genitore (Bunch,
Barraclough, 1971). Quando l'autostima e l'integrità del Sé di una persona
dipendono dall' attaccamento a un oggetto perduto, il suicidio può apparire come
l'unica via per ristabilire la coesione del Sé.
Un esame prospettico di 954 pazienti (Clark, Fawcett, 1992) rivelava l'utilità di
differenziare i fattori di rischio a breve termine da quelli a lungo termine in un
tentativo di prevenzione del suicidio. Sette fattori costituivano indici predittivi di
suicidio entro un anno dall'ingresso nello studio: attacchi di panico, ansia psichica,
grave perdita di piacere e di interesse, agitazione depressiva con rapidi passaggi di
umore dall'ansia alla depressione alla rabbia o viceversa, abuso di alcol, diminuita
concentrazione e insonnia totale. I fattori di rischio a lungo termine includevano
disperazione, ideazione suicidaria, intenzionalità suicidaria, e una storia di precedenti
tentativi di suicidio. La disperazione, che si è ripetutamente dimostrata il miglior
predittore del rischio di suicidio, può essere associata al rigido mantenimento di
un'immagine di sé che non può essere modificata nonostante le ripetute
rassicurazioni. Se non si può venire meno al mantenimento rigido delle aspettative
su ciò che il Sé dovrebbe essere, può intervenire la disperazione e il suicidio può
apparire l'unica via d'uscita.
In modo simile, Arieti (1977) ha notato che anche certi pazienti che non possono
modificare la loro ideologia dominante o la loro aspettativa dell'altro dominante
possono essere a elevato rischio di suicidio. Nel valutare l'ideazione suicidaria, esiste
un rischio maggiore quando l'ideazione è egosintonica - questi pazienti trovano
accettabile l'ideazione suicidaria e sembra che abbiano rinunciato a combattere
contro l'impulso a uccidersi.
Per considerare il suicidio in un contesto psicodinamico, i clinici debbono
comprendere la natura dell'evento precipitante, le motivazioni consce e inconsce e le
preesistenti variabili psicologiche che incrementano la possibilità che i pensieri suicidi
vengano messi in atto.

CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
Mentre la terapia interpersonale e la terapia cognitivo-comportamentale sono state
studiate in modo particolarmente esteso con i pazienti depressi, la terapia
psicodinamica breve della depressione non ha una base di ricerca. Nei primi studi di
terapia dinamica breve, essa veniva usata come modalità di confronto per un
gruppo di controllo da parte di ricercatori che si affidavano ad altri approcci. La
maggioranza di questi studi considerava la terapia dinamica breve nel contesto di
gruppo piuttosto che in una situazione duale. .
Più recentemente, tuttavia, rigorosi studi controllati hanno dimostrato risultati
promettenti per la terapia dinamica breve in pazienti depressi.
Due studi naturalistici longitudinali (Blatt, 1992; Blatt et al., 1994) suggeriscono che
una terapia psicodinamica a lungo termine può essere efficace con i pazienti
autocritici e perfezionisti che non rispondono a trattamenti brevi. Molti di questi
pazienti hanno probabilmente significativi tratti caratteriali ossessivo-compulsivi o
narcisistici. Questi pazienti perfezionisti possono anche essere a elevato rischio di
suicidio (Blatt, 1998; Hewitt et al., 1997), per cui l'investimento di tempo, energia e
risorse può essere assolutamente giustificato.

MANIA
La maggior parte dei pazienti maniacali non trarrà benefici da interventi
psicoterapeutici se la loro mania non viene prima controllata farmacologicamente.
Gran parte dei trattamenti successivi riguarda la prevenzione di ricadute attraverso
la messa a fuoco dei problemi legati alla non-compliance e alla mancanza di
consapevolezza rispetto alla malattia. Diverse tematiche di grande importanza
psicodinamica che sono spesso presenti nei pazienti bipolari devono essere
affrontate. In linea con la generale negazione della malattia, questi pazienti in
genere sostengono che i loro sintomi maniacali o ipomaniacali non fanno parte di un
disturbo ma sono piuttosto un riflesso del loro modo di essere.
In seguito a un episodio maniacale, i pazienti potranno essere acutamente
consapevoli della loro stessa distruttività e potranno provare rimorso per il danno
arrecato ad altri durante la fase maniacale. Lo psicoterapeuta potrà, pertanto, avere
un' occasione ottimale per aiutare il paziente a integrare gli aspetti amorevoli e
aggressivi delle rappresentazioni interne del Sé e dell' oggetto. li mantenimento
della scissione di questi loro aspetti offre ai pazienti un temporaneo sollievo dal
dolore ma nessuna possibilità di risolvere definìtivamente le loro ansie depressive.
Melanie Klein (1940) notò che quando i sentimenti di persecuzione e di aggressività
diminuiscono, le difese maniacali diventano necessarie al paziente. Ne deriva che un
altro obiettivo è quello di aiutare il paziente affinché divenga più capace di
interiorizzare una relazione nella quale il bene predomina sul male e l'amore sull'
odio.
Interventi psicologici nei momenti di stress elevato sono cruciali per prevenire le
ricadute. Lo psichiatra di orientamento dinamico deve essere sintonizzato sul
significato dei fattori stressanti specifici nella vita del paziente, e monitorarli mentre
gestisce la terapia farmacologica.
Salzman (1998) ha sostenuto persuasivamente l'integrazione di farmacoterapia e
psicoterapia nel trattamento dei pazienti bipolari. La costruzione di un' alleanza
terapeutica è il primo obiettivo, che viene raggiunto attraverso l'esplorazione
terapeutica, l'empatia e l'indirizzo pedagogico piuttosto che mediante la discussione
di tattiche. Può anche essere utile la creazione di un diagramma dell'umore. I
cambiamenti transferali dalla idealizzazione alla svalutazione sono frequenti, e l'agito
controtransferale in risposta alla frustrazione o alla rabbia rappresenta un rischio
costante.

DEPRESSIONE
Contrariamente a quanto si ritiene abitualmente, l'utilità di un approccio
psicodinamico alla depressione non si limita alle forme più lievi, più nevrotiche, della
condizione clinica. L'intervento psicoterapeutico può, in effetti, essere essenziale nel
trattamento delle forme più gravi, psicotiche, della depressione, soprattutto nei casi
in cui i trattamenti somatici sono stati inefficaci oppure sono stati rifiutati dal
paziente.
Il primo passo in una terapia, indipendentemente dal fatto che il paziente sia
ricoverato in ospedale o meno, deve essere la costruzione di un' alleanza
terapeutica. Affinché si instauri il rapporto necessario, il clinico deve semplicemente
ascoltare il paziente, empatizzando con il suo punto di vista.
Commenti "incoraggianti" sono vissuti dai pazienti depressi come completi fallimenti
dell' empatia, che potrebbero portarli a sentirsi maggiormente incompresi e soli
incrementando così le loro tendenze suicide.
I terapeuti che lavorano con questi pazienti dovrebbero invece comunicare di
comprendere che ci sono certamente dei motivi per essere depressi.
Il terapeuta sarà maggiormente d'aiuto semplicemente ascoltando, e sforzandosi di
comprendere come il paziente stesso interpreta la malattia.
Durante le prime fasi della raccolta dell' anamnesi, il clinico elaborerà una
formulazione esplicativa della depressione del paziente. Quali eventi hanno
apparentemente scatenato la depressione? Qual è l'aspirazione, di elevato valore
narcisistico, che il paziente non è riuscito a raggiungere?
Qual è l'ideologia dominante del paziente? Chi è l'altro dominante per il quale il
paziente sta vivendo e dal quale non riceve le risposte desiderate?
Vi sono sentimenti di colpa associati all' aggressività e alla rabbia e, se sì, con chi è
arrabbiato il paziente? I tentativi del Sé di ottenere delle risposte dall'oggetto-Sé
vengono frustrati? li paziente ha primariamente una depressione di tipo anaclitico,
nella quale il cambiamento terapeutico riguarderà le relazioni interpersonali?
Mentre il terapeuta ascolta la storia del paziente ed elabora ipotesi sulla base
psicodinamica della depressione, il paziente svilupperà un attaccamento transferale
nei suoi confronti. Nei termini di Arieti (1977), il terapeuta diviene il "terzo
dominante" nella vita del paziente, in aggiunta all'altro dominante. Molte delle
preoccupazioni che sono problema ti che nelle relazioni primarie del paziente
emergeranno anche nel transfert.
Arieti evidenziò come la costruzione dell' alleanza terapeutica possa richiedere che,
durante le fasi iniziali della psicoterapia, i terapeuti si adeguino ad alcune delle
aspettative del paziente, al fine di facilitare la ripetizione della sua patologia
all'interno della relazione terapeutica. Quando siano state raccolte informazioni
sufficienti, il terapeuta dovrà modificare l'approccio rendendolo maggiormente
espressivo, e interpretare al paziente lo schema dell'altro dominante, origine di tante
difficoltà. Arieti (1977) osservò che "il paziente deve giungere alla realizzazione
cosciente di non essere stato in grado di imparare a vivere per se stesso.
Non si ascoltava mai; nelle situazioni di grande significato affettivo non era mai in
grado di farsi valere. Gli importava solamente di ottenere l'approvazione, l'affetto,
l'amore, l'ammirazione o le cure dell'altro dominante". Dopo questa fase, è
possibile che emerga una buona dose di rabbia nei confronti dell'altro dominante.
Una volta svelata l'ideologia dell'altro dominante, il compito del terapeuta sarà di
aiutare il paziente a concepire nuovi possibili modi di vivere.
Nei termini di Bibring (1953), le aspirazioni idealizzate devono essere modificate e
rese realizzabili, o devono essere abbandonate e sostituite con altri scopi e obiettivi.
Di fronte alla prospettiva di sviluppare nuovi schemi di vita e nuovi scopi, questi
pazienti possono cercare risposte nel terapeuta. Se i terapeuti colludono dicendo ai
loro pazienti cosa fare, ciò rinforzerà semplicemente i sentimenti di bassa autostima
e di incapacità (Betcher, 1983; Maxmen, 1978).
Le richieste da parte dei pazienti di risolvere i loro dilemmi possono essere
tranquillamente arginate con la spiegazione
che essi sono nella posizione migliore per fare progetti di vita alternativi.
Per l'approccio psicodinamico ai pazienti depressi è cruciale stabilire il contesto e il
significato interpersonale della loro depressione. Sfortunatamente, i pazienti spesso
resistono tenacemente a tali implicazioni interpersonali (Betcher, 1983).
I pazienti depressi suscitano sentimenti particolarmente intensi. Nel corso di un
trattamento, il terapeuta potrà provare disperazione, rabbia, desideri di sbarazzarsi
del paziente, potenti fantasie di salvataggio e una miriade di altri sentimenti. Tutte
queste risposte emotive possono riflettere come altre persone nella vita del paziente
si possano sentire. Queste dimensioni interpersonali della depressione possono
essere implicate nel provocare o perpetuare la condizione patologica. Per esaminare
l'impatto della condizione del paziente sugli altri, il terapeuta deve richiedere la
collaborazione del paziente utilizzando tali sentimenti in maniera costruttiva
all'interno della relazione terapeutica.
Pochi eventi nella vita professionale di uno psichiatra sono più disturbanti del
suicidio di un paziente. Da uno studio (Chemtob et al., 1988) emerse che circa la
metà degli psichiatri che avevano perso un paziente per suicidio aveva vissuto livelli
di stress paragonabili a quelli di persone che si stavano riprendendo dalla morte di
un genitore.
Un suicidio portato a termine è un memento delle limitazioni insite nel mestiere.
Per i clinici la tendenza naturale, sia nella pratica ospedaliera che in psicoterapia, è
quella di lavorare intensamente per prevenire il suicidio. Adottare misure cautelative
ragionevoli per impedire che i pazienti si tolgano la vita è sicuramente giusto dal
punto di vista clinico, oltre a essere un comportamento responsabile da un punto di
vista etico e un efficace presidio medico difensivo da un punto di vista medicolegale. Ciò
nonostante, quando il ruolo del salvatore diviene eccessivamente
coinvolgente, i risultati possono essere antiterapeutici.
Innanzi tutto, i clinici debbono tenere sempre a mente un fatto inoppugnabile - i
pazienti che sono veramente intenzionati a uccidersi finiranno col farlo. Nessuna
entità di contenzione fisica, attenta osservazione e capacità clinica può fermare il
paziente realmente determinato al suicidio.
Dopo un suicidio portato a compimento, i clinici spesso si sentono in colpa per non
aver identificato i segni premonitori che avrebbero consentito di prevedere un
imminente tentativo di suicidio. Nonostante una corposa mole di letteratura sui
fattori di rischio per il suicidio a breve e a lungo termine, la nostra capacità di
prevedere il suicidio di un paziente è ancora notevolmente limitata.
Sintesi della letteratura (Cummings, Koepsell, 1998; Miller, Hemenway, 1999)
mettono in evidenza che la disponibilità di una pistola aumenta in modo significativo
il rischio di suicidio. Una comunicazione chiara è essenziale in tali circostanze, e deve
essere ricercato anche un eventuale abuso di sostanze. In caso di intensa ansia o di
panico dovrebbe essere considerato l'uso di una benzodiazepina (Hirschfeld, Russell,
1997). La psicoterapia può anche essere di straordinaria importanza per
comprendere perché il paziente vuole morire e che cosa si aspetta che accadrà dopo
la morte.
I terapeuti sono più utili ai pazienti tendenti al suicidio quando cercano
diligentemente di comprendere e analizzare le origini dei desideri suicidi anziché
divenire schiavi dei pazienti.
I terapeuti dovrebbero stare all' erta nei confronti dei transfert idealizzanti, che
spesso si formano rapidamente allorché i pazienti sono alla ricerca di un salvatore.
Può essere utile prevedere e interpretare le precoci delusioni transferali nel processo
terapeutico. Alcuni terapeuti riconoscono apertamente che non possono trattenere il
paziente dal commettere il suicidio e offrono invece l'opportunità di comprendere
perché il paziente pensi che il suicidio rappresenti l'unica scelta (Henseler, 1991).
È utile distinguere tra terapia e gestione del paziente con intenzioni suicide. La
seconda riguarda misure come 1'osservazione continua, le limitazioni fisiche e
l'allontanamento di oggetti acuminati dall' ambiente. Sebbene questi interventi siano
utili per impedire che il paziente metta in atto impulsi suicidi, le tecniche di gestione
non riducono necessariamente la futura vulnerabilità del paziente rispetto al ricorso
a comportamenti suicidi. La terapia dei pazienti con tendenze suicide - che consiste
in un approccio psicoterapeutico volto alla comprensione dei fattori interni e degli
agenti stressanti esterni che rendono il paziente potenziale suicida - è necessaria per
modificare il radicale desiderio di morire.
Per trattare efficacemente i pazienti con tendenze suicide, i clinici devono
distinguere la responsabilità del paziente dalla responsabilità del terapeuta. I medici
in genere, e soprattutto gli psichiatri, sono per carattere inclini a un esagerato senso
di responsabilità (Gabbard, 1985).

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA PSICHIATRIA PSICODINAMICA


Glen O. Gabbard è stato apprezzato anche in Italia per a sua efficacia didattica, chiarezza
espositiva e capacità di integrare in una sintesi unitaria le conoscenze biopsico-sociologiche.
Come sostiene Bion l’interdisciplinarità e l’ integrazione sono i principi guida a cui gli operatori
della salute mentale possono affidarsi con rispetto per le singole competenze allo scopo di poter
proporre agli utenti il meglio.
L’approfondimento della psichiatria psicodinamica rappresenta un valido contributo di riflessione
per lo psicologo clinico che deve riconoscere il disagio psichico e la psicopatologia attraverso il
colloquio e per lo psicoterapeuta psicologo o medico che devono curare il disagio e la
psicopatologia attraverso un percorso di psicoterapia.
• Comprendere attraverso l’uso accurato dei modelli teorici e pratici , universalmente più
accreditati e verificati i concetto di transfert,controtransfert,identificazione proiettiva,
meccanismi di difesa dell’Io ecc.,risulta fondamentale per accompagnare il paziente nel suo
percorso di presa di consapevolezza del disagio ed elaborazione dello stesso.
• L’obiettivo finale è di trovare soluzioni “su misura” per il singolo paziente e per il suo contesto
di vita.

La clinica che si basa su una psichiatria integrata è efficace. CPS, CENTRO DIURNO, CRT,
COMUNITA’ TERAPETICA, dovrebbero esser i luoghi elettivi per una clinica integrata sistematica
dove il potenziale terapeutico(psicoterapia,farmacoterapia, tecniche educativo-riabilitative ecc.)
potrebbe essere utilizzato al meglio delle sue possibilità .
Gabbard sottolinea l’importanza dell’integrazione delle straordinarie conoscenze
accumulate nel campo della genetica, della neurobiologia(interazione gene/ambiente,
neuroplasticità) con le conoscenze clniche per la realizzazione del modello
biopsicosociale che fa riferimeto in particolare a Kandel (1999).
Da ciò deriva l'importanza attribuita all’integrazione di psicoterapia e farmacoterapia
come metodo sistematico di cura per le conduzioni psicopatologiche di rilevanza
clinica quali psicosi e borderline.

Si sottolinea l’importanza della psicoterapia in relazione ai costi benefici.


Gabbard pone inoltre in evidenza l’importanza psicodinamica del vissuto del
farmaco ai fini dell’efficacia terapeutica.
In questi ultimi anni si è sempre più affermata in psichiatria la necessità di
un approccio integrato nel processo diagnostico e terapeutico.
Assistiamo a una sempre maggiore richiesta da pare degli operatori
psichiatrici che, lavorando nella realtà viva del territorio, sono più a
contatto di altri con la complessità biologica, psicologica e sociale relativa
alla pratica clinica quotidiana, di una formazione psichiatrica capace di
utilizzare un piano di lettura delle vicende cliniche più rispondente alle
necessità di pazienti , dei loro famigliari e degli operatori stessi e di
integrare in modo creativo le risorse e gli strumenti diagnostici e terapeutici
disponibili.

I professionisti della salute mentale tra i quali gli psicologi, gli psicoterapeuti,
gli psichiatri devono rispondere ai seguenti fondamentali interrogativi posti
dalla professione:
-CHI SIAMO?
-CHE COSA FACCIAMO?
-PERCHE’ LO FACCIAMO?
-COME LO FACCIAMO?
I CRITERI DI PROFESSIONALITA’ , COMPETENZA , RESPONSABILITA’ CHE
DOVREBBERO ACCOMUARE TUTTI COLORO CHE SONO INTERESSATI ALLO
SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA AUTENTICA E A MODULARE LE
INNUMEREVOLI SITUAZIONI DI MALESSERE , COSTITUISCONO I
PRESUPPOSTI FONDAMENTALI PER PARTECIPARE IN PRIMA PERSONA ALLA
CRESCITA DELL’INDIVIDUO E DELLA COLLETTIVITA’ NEL SUO INSIEME.

PSICOPATOLOGIA E CLINICA DEI DISTURBI DELL’UMORE - ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA


DIAGNOSI
La psichiatria, dopo aver acquistato un proprio statuto indipendente rispetto alla neurologia, ha
ormai di tale status medico e scientifico acquisito le stesse modalità,gli stessi atteggiamenti, gli
stessi fini e anche gli stessi rischi.
La medicina moderna nel suo costante ed incessante occuparsi delle varie patologie di cui l’uomo
può essere affetto, si sforza di identificare di volta in volta la migliore cura, il più efficace
trattamento, la strategia terapeutica più adeguata.
Nel fare ciò, la scienza medica, con il progredire della tecnologia ha creato l’iperspecializzazione.
Ciò significa che i medici, al pari gli scienziati, sono divenutati super-esperti in aree sempre più
limitate.
Se ciò ha indubbiamente prodotto importanti progressi nella cura delle numerose patologie
umane,ha però favorito una certa distanza dal prendersi cura della persona nella sua globalità.
Nell'ambito del disagio psichico, i sempre più complessi manuali diagnostici (DSM V, ICD) hanno
favorito il conseguente rischio di occuparsi prevalentemente di sintomi e diagnosi. Viene infatti
favorita una costante catalogazione dell’uomo in sintomi da eliminare, in sindromi da curare, in
malattie da debellare o anche da controllare. Si é forti della convinzione che, prima o poi, i
fenomeni osservati potranno essere fatti risalire ad un rigido principio di causalità lineare che,
assimilando l’uomo ad un mero oggetto di studio conduce alla chiusura e non permette di
comprendere l’uomo nella sua globalità. Si sottrae tempo all’ascolto dell’altro e si preferisce l’uso
di questionari standardizzati,oppure il ricorso a indagini diagnostiche avanzate quali TAC, RMN,
PET, strumenti questi ultimi che,sicuramente indispensabili in circostanze cliniche selezionate, nel
loro uso eccessivo non consentono però l’ascolto del disagio psichico manifestato dall’altro.
Si sceglie di non occuparsi dell’altro, in un incontro che obbligherebbe a stare con l’altro,con le
sue angosce, con i suoi vissuti, realizzando, al contrario, un’analisi spesso precisa ma
asettica di frammenti di un soggetto e non più di una persona in quanto tale. Si evita così lo
sguardo e l’ascolto della persona e delle sue angosce; angosce che sovente sono anche le
nostre; angosce che lasciano il posto all’illusione di avere trovato una risposta razionale al disagio
manifestato.

ESPERIENZA DEPRESSIVA E MANIACALE: CLINICA - PARTE A


La psicosi maniacodepressiva definita anche depressione maggiore o disturbo bipolare nelle sue
varie forme è una condizione clinica frequente. Si stima che la prevalenza del disturbo depressivo
maggiore nel corso della vita nella popolazione generale sia il 5% circa (5-9 % per le donne, 2-3%
per gli uomini);quella del disturbo bipolare l'1% circa. Ancora più frequente é una forma
“minore” di depressione, ossia il disturbo distimico, la cui prevalenza é stimata attorno al
6%. Solitamente é colpito in misura maggiore il sesso femminile per ciò che riguarda i disturbi
depressivi, mentre per ciò che concerne i disturbi bipolari la prevalenza nei due sessi é
paragonabile. L'esordio può essere situato intorno ai 25 anni per la depressione unipolare (anche
se tale età é in diminuzione) e 20 anni circa per quella bipolare.
Particolarità di tale condizioni é l'andamento ciclico per cui possono manifestarsi fasi depressive
e maniacali che si alternano lasciando fasi anche potenzialmente prolungate di ritorno
all'equilibrio preesistente (eutimia). Tale ritorno allo stato di eutimia é indipendente
dall'instaurarsi di una terapia (tutt'al più il tempo necessario senza l'uso di farmaci può essere
anche di diversi mesi) che tuttavia, se efficace accelera sensibilmente tale processo (portandolo a
qualche settimana) e può prevenire nuove fasi di scompenso.
L'attuale nosologia17 prevede una accurata e precisa suddivisione dell'area dei disturbi affettivi
in numerose patologie: il disturbo depressivo maggiore, il disturbo distimico, il disturbo
bipolare I, il disturbo bipolare II, il disturbo ciclotimico, i disturbi dell'umore dovuti all'abuso
di sostanze o a condizione medica generale in base alla diversa aggregazione degli episodi
depressivi, maniacali, ipomaniacali o misti e al variare della dimensione temporale.
C'è una situazione clinica molto particolare, che Ludwig Binswanger ha denominata “fuga
delle idee” che è tipica della maniacalità della psicosi maniacodepressiva.
Nella fuga delle idee si assiste ad un'accelerazione del pensiero tale che si ha uno
sfilacciamento del discorso e della parola la quale dilaga aumentando oltre misura e
perdendo al contempo presa sul significato, restando così spesso legata solamente alla sua
propria musicalità (la voce è suono e significato, ma qui quest'ultimo sembra perdersi). Una
condizione quindi nella quale cercare di instaurare un dialogo è praticamente impossibile,
17
Patologia.
perché un tale pensiero non può essere fermato, arrestato, nemmeno scalfito dalle armi
spuntate rappresentate dalle nostre domande, dai nostri tentativi di chiarimenti o anche solo
dalla nostra incredulità. Siamo semplicemente ascoltatori di quella melodia, si è, al limite,
spettatori di un solo, lungo, interminabile monologo.
La caratteristica, determinante per il vivere comune, poiché è inconcepibile un vivere senza altri,
è compromessa.
Secondo Binswanger, si è persa la condivisione con l'altro,elemento questo che è il cardine
dell'essere-con.
Sembra verificarsi una fuga dal senso, e questo lo possiamo osservare dalla presenza spaziale del
maniacale, che non ha più una sola direzione di senso per volta, ma ne ha diverse.
Il maniacale si impossessa dello spazio che trova, dilata la sua presenza nel mondo. Si tratta di un
fare spesso afinalistico, a volte finalizzato, ma comunque “camaleontico” a seconda dello stimolo
che contamina la sua sfera esistenziale.
Tutto avviene nella sfera della possibilità. Il maniacale e' una persona di “grande potenza” ma
anche barcollante in quanto spesso diviene "im-potente“. Non si realizza mai in ciò che fa, perché
realizzarlo, portarlo fino alla fine, sopportarne il peso significherebbe infatti assumerlo su di sé,
caricarsi di tale peso, di tale gravità Il maniacale non sopporta la gravità e, come un astronauta
sulla superficie lunare (quasi prevedendo tale assenza di gravità l‘Orlando furioso e
nell'etimologia della parola “mania” è insito il significato dell' essere “furioso”: la storia della
psichiatria è piena di reparti per il contenimento dei “furiosi”) perde il senno che deve andare
a recuperare sulla luna, procede a balzi, a saltelli (si vedano ad esempio i salti logici e di ruoli che
portano il maniacale a collegare tra loro luoghi e persone naturalmente più distanti o a “saltare”
gradini di scale sociali o gerarchiche giungendo a livelli improponibili nella condizione di
normalità: improponibili non solo e non tanto per il ruolo a cui si collocano quanto per il modo
cui vi giungono nel pensiero e nel discorso, ossia con una vicinanza, una conoscenza ed una
prossimità assolutamente immotivate).
Il maniacale è spesso allegro, giocoso, quando non precipita nella paranoia.
Tutto è facile è a portata di mano, tutto è all'insegna dello scherzo, segno tangibile tutto ciò della
mancanza di gravità di cui soffre cronicamente e ciclicamente, mancanza di gravità in cui spesso
si rifugia quando la serietà della vita si fa troppo opprimente. Il maniacale fugge dalla vita, fugge
dalla gravità della vita, dalla sua serietà, incapace di sopportarne il peso.
Sovente assistiamo a vere e proprie “fughe” psicotiche in cui i maniacali,all'insegna dell'euforia,
viaggiano e spendono soldi, intraprendono relazioni sentimentali e sessuali improvvisate e
manifestano tutta la loro spinta frenetica al movimento. Il maniacale fugge dunque dalla vita, dal
peso degli anni, salvo poi ricascarci totalmente al termine della crisi. Nel momento in cui fugge
dal mondo, nel momento in cui fugge dall'altro, nel momento in cui fugge dal proprio tempo
(tralasciando l'esser-già-stati del proprio passato, della propria storia; sfibrando il futuro in
volubili progetti possibili,grandiosi e intercambiabili; vivendo in continui istanti che sostituiscono
il presente. Si potrebbe perfino immaginare che anche lo stravolgimento del ritmo sonno-veglia,
con un'insonnia insistente e persistente, faccia parte di tale fuga dal tempo, oltre che della
iperattività tipica della condizione maniacale), il maniacale fugge in realtà da sé stesso.

ESPERIENZA DEPRESSIVA E MANIACALE :CLINICA - PARTE B


Parleremo ora della condizione depressiva.
Un elemento caratteristico dell’esperienza depressiva, sia essa reattiva che endogena è
l’esperienza della tristezza.
Si realizza una profonda frattura con la realtà circostante per come la si conosceva
precedentemente . Il tempo, che è il luogo del nostro esistere e progettare, va incontro ad uno
stravolgimento radicale. Il presente non appare più collegato con un futuro possibile, ma appare
al contrario non riuscire mai a svincolarsi dal proprio passato, che anzi in tale
condizione non è mai passato, ma sempre presente. È perenne colpa e rimorso.
Il passato del rimorso e della colpa, tipici della depressione psicotica, sono sofferenza totale nel
presente. Nella depressione si ha dunque un costante rimorso e senso di colpa perché il tempo
cessa di scorrere, cessa di essere vissuto nel suo fluire.
Il tempo è talmente immobile che non ci si può più aspettare un evento futuro. Ad una tale
immobilità temporale corrisponde una parallela immobilità spaziale,per cui un soggetto depresso
spesso si rinchiude in sé stesso, restringendo il suo orizzonte esistenziale.
Ogni tentativo di movimento è impedito(“non ho più i sentimenti”, “non ho più pensieri” spesso
capita di sentir dire al soggetto depresso). Un soggetto depresso fisicamente può non muoversi
più, tanto da annullare la propria mimica facciale e la modulazione del tono della voce, limitando
spesso il suo spazio vitale ed esistenziale al letto. Si perde ogni interesse e ogni piacere nello
svolgere le cose che prima riempivano la vita; non si ha più l’energia per dedicarsi alle faccende
domestiche, al lavoro, agli amici, agli affetti; possono comparire sfibranti e continui pensieri
suicidari (il momento più rischioso da questo punto di vista non è tuttavia l’acme della gravità
della depressione,visto che la quasi totale assenza delle forze limita anche la capacità di mettere
in atto tali pensieri; il momento più critico è l’inizio del miglioramento in cui, o naturalmente o
grazie all’efficacia della terapia antidepressiva in corso, si recuperano dapprima il sonno e
l’appetito, poi le forze fisiche e solo per ultimo si assiste ad un miglioramento dell’umore e
dell’ideazione con la ripresa della progettualità futura.
Di fronte ad un umore ancora francamente depresso e ad un’energia ritrovata è evidente come
sia questo il momento di maggior pericolosità per gesti autolesivi),
sentimenti di colpa immotivati e nei casi di maggiore gravità pensieri frequentemente deliranti
(deliri di rovina,di colpa, di negazione, di annichilimento, tutti deliri in cui l'arresto del tempo, del
fluire della vita, il dilagare della colpa e del rimorso dominano il quadro clinico), oltre
che frequenti ed importanti modificazioni della vita vegetativa (sonno e appetito, che possono
aumentare o diminuire in modo insolito, condizionando così ulteriormente il peso e l'energia
fisica).
Se abbiamo definito la mania come una fase in cui si manifesta una modalità esistenziale portata
all’eccesso,nella depressione si ha come un avvallamento esistenziale, che determina un luogo
dal quale è impossibile uscire e in cui la vita si appesantisce e ogni evento si fa “grave”. È
impossibile concentrarsi su un qualunque fatto (studio, lavoro, divertimento) perché si è
tutti proiettati su sé stessi come in un buco nero,dal quale non si riesce ad uscire.

IPOTESI PSICODINAMICHE
A riguardo della condizione depressiva e maniacale sono stati attuati numerosi i tentativi di
chiarificare il problema da parte di esponenti di varie scuole di psicologia del profondo.
Come in tutti i disturbi psichici non vi è una causa nota e ben identificata che motivi l’insorgenza
del disturbo e i dati in possesso suggeriscono la presenza di una componente biologia o genetica
nel senso di una facilitazione all’insorgenza di un disturbo psichico successivo. In ogni caso,
l’interesse per le ipotesi psicodinamiche resta prioritario tenuto conto dell’impatto che
qualunque patologia può avere sull’assetto psichico e viceversa, assetto psico-fisico che nella
sua unitarietà esprime infatti l’unione indivisibile che costituisce la persona.
Freud ipotizzò inizialmente che vi fosse stata da parte del soggetto melanconico la perdita di un
oggetto fantasmatico introiettato, oscillando tra l’idea di averlo distrutto e l’incapacità a vivere
senza di esso. Successivamente questa ipotesi si spostò sul concetto della possibilità di
un'identificazione con tale oggetto. Freud nel parlare di introiezione fa comunque riferimento
alle tematiche afferenti all’area della sessualità orale.
Melanie Klein orientandosi verso lo sviluppo della fase pre-edipica riteneva che durante il
normale sviluppo del bambino, questi andasse incontro a differenti “fasi”, che venivano a
strutturarsi in seguito all’alternarsi delle esperienze positive o negative che il bambino stesso
faceva della madre in rapporto ai suoi bisogni. Dopo la fase simbiotica in cui il bambino e la
madre sono un tutt’uno, al momento della differenziazione in due individui separati il
bambino farebbe esperienza in momenti differenti di una madre accudente, accogliente e
che nutre, rilevando da tale situazione un vissuto di appagamento e soddisfazione dei propri
bisogni immediati (introiettando dunque una relazione positiva) alternando tale
rappresentazione con quella di una madre non accudente, non sollecita e che non nutre
quando questa non assolve immediatamente i propri compiti di genitrice lasciando nella
frustrazione del bisogno immediato il bambino. L’impossibilità di tenere unite queste due
rappresentazioni della madre e di sé stesso (della relazione di sé con la madre) porterebbe il
bambino nella cosiddetta fase schizoparanoide, in cui vissuti positivi e negativi vengono
tenuti rigidamente separati (e in cui gli oggetti cattivi vengono inizialmente proiettati
nell’altro, mantenendo al proprio interno quelli buoni e poi viceversa). Superamento di tale
fase sarebbe la fase depressiva, in cui il bambino riesce finalmente a tenere unite le differenti
rappresentazioni dello stesso oggetto, a innescando il timore di aver egli stesso per la propria
aggressività e sadismo distrutto gli oggetti buoni rimanendo da solo con gli oggetti cattivi
persecutori.
Secondo tale ottica la psicosi maniaco-depressiva sarebbe il riflesso del fallimento infantile nello
stabilire buoni oggetti interni, cioè il riflesso del non essere riusciti a superare la fase depressiva
infantile, alla quale il soggetto regredirebbe durante le fasi di scompenso.
La Klein fornisce anche una spiegazione per le fasi maniacali, che sono viste come tentativi di
recuperare gli oggetti buoni, disconoscendo gli oggetti cattivi interni e denegando la propria
dipendenza dagli oggetti buoni interni. La Klein sembra poi aprire uno spiraglio di interesse,
quando parla della possibilità che tali stati corrispondano anche a tentativi di invertire il
rapporto genitori figli secondo una dinamica di promozioni, successi,indipendenza, a cui però
seguirebbero sensi di colpa intollerabili, poi annullati dai meccanismi di difesa maniacali.
La Klein ha saputo porre attenzione all’esistenza di un mondo di relazioni che orientavano le
pulsioni interne non tenendo però in conto la dimensione del contatto con il proprio futuro, con
la linea direttrice che ci porta a progettarci nel mondo a partire da ciò che siamo stati e da ciò che
siamo.
Secondo la psicologia del Sé di Kohut invece la depressione potrebbe essere letta come una
risposta al fallimento da parte degli “oggetti-sé” di rispondere ai bisogni di rispecchiamento,
idealizzazione e gemellarità dell’individuo, cioè prendendo in considerazione il ruolo della
società, degli altri secondo i bisogni del sé in relazione ai bisogni di idealizzazione (avere un
riferimento a cui ispirarmi) gemellarità (essere come il modello che ho preso) e
specularità (ricevere conferme e convalide del proprio valore).
Per ciò che concerne la Psicologia Individuale di Alfred Adler possiamo mettere in evidenza come
le dinamiche che sottendono alle condizioni depressive facciano riferimento al tentativo da parte
del soggetto di uscire da un complesso di inferiorità attraverso varie modalità (differenti da
soggetto a soggetto in base a come ovviamente questi ha strutturato il proprio stile di vita nel
corso del tempo). Lo stile di vita individuale e con esso i meccanismi inconsci che sottendono la
“scelta depressiva” possono essere interpretati come una modalità di autoaffermazione.
Nella depressione si assiste ad una auto-vittimizzazione che diviene un terreno nel quale si trova
celata, a volte in modo più subdolo, altre in modo più manifesta, una accusa alla società, ai
congiunti, ai medici, al mondo intero di non potersi (di non sapersi) occupare della propria
condizione clinica, sicuramente la peggiore mai vista. Il tutto dunque viene permeato da un
rimprovero nei confronti del mondo e da una ricerca spasmodica di unicità, specificità,
singolarità,espressa questa volta non attraverso un’azione nel mondo, ma un ritiro dal mondo e
dalle responsabilità che questo pone.
Vi è poi il vissuto di essere gli unici a subire un destino così crudele, cioè a dirsi che le forze
avverse dell’intero universo si sarebbero cioè accanite nei propri confronti.
Considerando la mania si possono fare le seguenti riflessioni.
Nella mania il soggetto sembra reagire al proprio complesso di inferiorità accrescendo in modo
smodato e totalmente non aderente alla realtà (in modo per lo più delirante) il proprio valore. Il
soggetto si pone al centro del mondo (come del resto accade in tutti i deliri), e al di sopra il
mondo con le sue umane vicende, segnalando quella già citata “perdita di gravità esistenziale”,
che gli consente in modo fittizio e fasullo di poter guardare con disprezzo e superiorità il mondo
normale.
Il soggetto esperisce si diceva un accresciuta potenza che però non è altro che una perenne
impotenza (in-potenza) che non si realizza mai proprio perché è il confrontarsi con la realtà dei
fatti che è intollerabile.

IL MODELLO PSICODIAGNOSTICO ADLERIANO


Il modello che andiamo a presentare fa riferimento alla Psicologia Individuale di Alfred Adler.
Pier Luigi Pagani, che è stato uno dei massimi esponenti della Psicologia individuale in Italia
insieme a Francesco Parenti, ci propone alcune riflessioni che saranno di utilità allo
psicologo/psicoterapeuta nel momento in cui si accinge ad elaborare una psicodiagnosi.

L’interpretazione in psicoterapia dinamica


Come afferma Pagani “Nel 1896, Freud intraprende una rigorosa autoanalisi, che si conclude tre anni
dopo, nel 1899, con la pubblicazione del suo più celebre volume Die Traumdentung (L’interpretazione dei
sogni). La comparsa sulla scena scientifica di tale opera, acclamata o contestata, ha, comunque,segnato
la nascita di un nuovo modello di pensiero, la Psicoanalisi, progenitrice di tutte le dottrine di psicologia
del profondo.
L’interpretazione, da quel momento, ha rivestito un’importanza essenziale nell’ambito della struttura
teorica e della metodologia terapeutica di tutte le correnti di psicologia dinamica.
La filosofia della scienza aveva posto in discussione, sin dalla sua comparsa, la scientificità della
Psicoanalisi. Karl Popper, in particolare, aveva con risolutezza preso posizione per la non
scientificità,definendo la nuova dottrina “una metafisica, non scienza”, in quanto priva della verificabilità
e, ancor più,della falsificabilità, indispensabili a un sistema perché possa essere definito “scientifico”.
Secondo Popper, la falsificazione è l’unica norma che consenta di separare le proposizioni della scienza
da quelle che non le appartengono, cosa che il principio neopositivista della sola verificazione non
riusciva a fare.
Popper ha voluto dimostrare un’asimmetria logica fra verificazione e falsificazione, in quanto, se è non è
possibile verificare con rigore una legge scientifica, è possibile, al contrario, falsificarla, poiché è
sicuramente possibile confutare una teoria, qualora ci si trovi di fronte anche ad ” un solo caso che
contraddica il dettato della legge scientifica".
Prosegue Pier Luigi Pagani: “Meyer pubblica il“Libro nero della Psicoanalisi”(2005), un saggio che si propone
di sferrare un risolutivo attacco demolitore sia al contenuto sostanziale del pensiero di Freud,come del
resto aveva già tentato di fare nel 1984 Jeffrey Moussaieff Masson con il suo volume “Assalto alla verità”,
sia al presunto carattere scientifico della sua opera.
Se il principio epistemologico di Karl Popper esige che un sistema scientifico non possa essere scelto in via
esclusiva «in senso positivo», ma che la sua forma logica sia tale da poter essere valutata «in senso
negativo» per mezzo di controlli empirici, la Psicologia Individuale di Alfred Adler risulta essere, fra tutte le
Scuole di psicologia del profondo, la più rispondente a tale criterio.
L’epistemologia contemporanea va, però, oltre e riconosce che «non esiste una verità scientifica assoluta e
universale, ma una verità sempre relativa ai propri oggetti […] rigore e legittimità scientifica possono essere
riconosciuti» …

IL MODELLO PSICODIAGNOSTICO ADLERIANO SESSIONE 1- UTILIZZO DEI DATI ANAMNESTICI E DEI TEST-
PARTE A
Anche il concetto di interpretazione assume in Psicologia Individuale un significato che si distingue da
quello delle altre Scuole consorelle di psicologia dinamica, per la sottile differenziazione che essa fa
dell’idea di interpretare, a seconda dell’utilizzo di destinazione, ossia se l’interpretazione si riferisce alla
psicodiagnostica o, invece, alla terapia. Nell’accezione più comune interpretare significa rendere chiaro e
comprensibile ciò che è o sembra oscuro e incomprensibile.
L’interpretazione diventa, di conseguenza, l’atto o il modo di interpretare.
Per la Psicoanalisi, come del resto per tutte le Scuole di psicologia del profondo, l’interpretazione é la
capacità di decodificare, attraverso tecniche approfondite di analisi, i significati latenti nei discorsi e nei
comportamenti di un soggetto, ma anche ogni tipo di comunicazione con cui l'analista tende a far affiorare
nel paziente la consapevolezza di tali significati.
Con riferimento al modello psicodinamico, possiamo dunque intendere l’interpretazione come
l’esplicitazione del senso occulto o latente nelle parole o nelle condotte di un individuo, ma anche la
spiegazione fatta alla stessa persona di tale senso, occulto o latente, secondo le regole prescritte dalla
strategia di Scuola.
In psicodiagnostica, interpretare vuol dire giungere ai significati reconditi contenuti negli argomenti e nelle
spiegazioni offerti da un soggetto sottoposto a indagine specifica, per mezzo di una tecnica studiata a fondo
e verificata nella sua efficacia,giovandosi anche, se necessario, di reattivi il cui coefficiente di validità dei
risultati sia garantito dalla loro utilizzazione nel tempo.
In terapia, invece, interpretare vuole dire esplicitare a una persona i significati latenti od occulti racchiusi
nei suoi discorsi, nei suoi comportamenti o nei suoi atteggiamenti, ma anche e soprattutto significa avere la
capacità di comunicare,secondo le norme indicate dalla strategia “terapeutica” di Scuola, alla stessa
persona, facendola partecipe, i significati reconditi o i contenuti criptici racchiusi nelle sue parole, nei suoi
atti e nelle sue condotte. Sintetizzando, interpretare, in terapia, vuol dire smascherare, decodificare e
svelare i contenuti del “linguaggio dell’inconscio”.

SESSIONE 2 - UTILIZZO DEI DATI ANAMNESTICI E DEI TEST - PARTE B


L’interpretazione nella psicodiagnostica adleriana
Come afferma Pier Luigi Pagani “Il trattamento psicoterapeutico adleriano può essere schematicamente
suddiviso in tre tempi".
Nella prima fase, l’obiettivo principale dello psicoterapeuta è quello di comprendere il paziente e i suoi
problemi. Il soggetto espone la propria anamnesi e comunica le proprie difficoltà; nel frattempo,
l’operatore raccoglie i dati sulla sua costellazione familiare e sui primi ricordi d’infanzia. Se occorre,
l’indagine può essere completata mediante la somministrazione di alcuni test proiettivi. Lo psicoterapeuta,
a questo punto, sarà in possesso di molti elementi che gli torneranno utili per interpretare i tratti
fondamentali della personalità del suo paziente, ma si guarderà bene dal comunicargli le sue deduzioni. Il
soggetto dovrà arrivare da solo a cogliere la struttura del proprio stile di vita. Comunque, ciò avverrà più
tardi, solo in un secondo tempo, quando egli sarà pronto ad esplorare, attraverso l’esame degli insuccessi e
delle sconfitte, che hanno contrassegnato il percorso della sua esistenza, le condotte negative conseguenti
al suo comportamento nevrotico.
Nella seconda fase, sicuramente la più lunga di tutto il percorso terapeutico e d’importanza essenziale per
l’economia del trattamento finalizzato all’acquisizione dell’insight, lo psicoterapeuta si asterrà dal fornire
indicazioni su quanto intuito della personalità del paziente, ma nello stesso tempo farà in modo che lo
stesso prenda consapevolezza del carattere fittizio della meta che ha indirizzato sino ad allora il suo stile di
vita e delle contraddizioni fra la propria realtà dell’essere e la capacità di rapportarsi al mondo.
Nella terza e ultima fase, il paziente, che ha ormai acquisito una chiara e obiettiva immagine di sé, dovrà
decidere se modificare la propria meta e, di conseguenza, il proprio stile di vita.
Se è disponibile al cambiamento, il terapeuta dovrà proporsi come un discreto compagno di viaggio per
aiutarlo a riadattarsi alla realtà appena scoperta. Qualche tempo fa avevo attribuito allo psicoterapeuta la
metafora dello “sherpa tibetano”: esperto dei luoghi, lo sherpa accompagna e aiuta l’esploratore nel lungo
viaggio verso la meta, ma non è lui a scegliere la destinazione.
Qui ci occuperemo in modo specifico della prima fase della psicoterapia, dedicata, appunto,alla
psicodiagnostica.
Il setting Innanzi tutto è importante considerare il tipo di setting prescelto dalla Scuola di Psicologia
Individuale: la posizione vis à vis. È ormai scomparsa, in quasi tutti gli indirizzi di pensiero, la figura
convenzionale dello psicoanalista tradizionale, dotato di potere straordinario, iniziato e depersonalizzato,
armato di taccuino e di matita, seduto dietro un divano su cui è disteso il paziente. Ricorda Francesco
Parenti a tale proposito: «Non visto e in posizione di superiorità, egli ha il vantaggio autodifensivo di non
esporsi, garantendosi un ruolo teorico senza correre il rischio di incrinarlo con la sua semantica individuale».
Ben diversa è la posizione dell’operatore adleriano: seduto di fronte o di fianco al soggetto, nella
condizione di essere costantemente osservato e controllato, egli deve esercitare su di sé un attento
autocontrollo, per raggiungere con il paziente una comunicazione il più possibile naturale, aperta e
disinibita, come richiede il modello di psicologia relazionale nel cui ambito esercita.
Proprio per questo motivo, l’approccio con il paziente previsto dalla Scuola adleriana si differenzia
immediatamente da quello prescelto dalla tecnica psicoanalitica, che non richiede al soggetto
l’esposizione di un’autobiografia descritta sul piano consapevole, ma si limita a indagare, per mezzo di
libere associazioni, i contenuti conflittuali dell’Es, coperti da simboli.
Il primo contatto e i primi colloqui Il primo compito dello psicoterapeuta adleriano sarà quello di valutare
soggettivamente le impressioni derivate dal primo contatto con il futuro paziente e, in seguito, analizzare
con cura i dati che via via emergeranno nel corso dei colloqui preliminari, a partire dalla “motivazione
d’accesso" prospettata dal soggetto e dalla narrazione della sua situazione attuale nell’ambito della vita di
relazione: i tre compiti vitali.
È già in questa fase che il terapeuta è chiamato ad attuare quell’operazione, che a suo tempo ho definito
come raccolta dell’“anamnesi psicopatologica mascherata”. Per mezzo di tale tecnica, possono essere
messi in evidenza i primi segni di una patologia maggiore. In questo caso, però, si tratta solo di un atto
clinico, più che di un impegno interpretativo.

La raccolta dei dati sulla “costellazione familiare”


L’orientamento ambientalista che caratterizza la Psicologia Individuale fa sì che nella psicodiagnosi
adleriana assuma un’importanza basilare lo studio della piccola e primaria cerchia sociale con cui il
soggetto, dalla nascita in poi, si è relazionato: la famiglia d’origine.
Nell’interpretare i dati forniti dal paziente, è però indispensabile tener presente che egli ci
presenta la sua realtà, filtrata dalla valutazione soggettiva delle proprie esperienze emotive,
ma anche deformata dalle emozioni scaturite proprio nel setting. Appunto in base a tali
considerazioni, lo psicoterapeuta dovrà interpretare il materiale raccolto, valutando la
precedenza assegnata a una piuttosto che a un’altra delle figure del nucleo familiare, le
eventuali variazioni del registro linguistico usato nel descriverle, le incertezze, le contraddizioni e le
ambivalenze contenute nell’esposizione, rifiutando «ogni interpretazione semplificata e codificata da
regole». L’operatore, affidandosi unicamente alla propria intuizione, dovrà formulare delle ipotesi, senza
mai innamorarsi di una di esse in particolare, ma ammettendole solo dopo averne ottenuta conferma, e
deve essere, comunque, sempre disponibile a sconfessarle o a modificarle, se necessario, anche nel corso
del trattamento.

SESSIONE 3 - UTILIZZO DEI DATI ANAMNESTICI E DEI TEST - PARTE C

L’esplorazione dei “primi ricordi d’infanzia”


Secondo Pagani: “Per ottenere ulteriori informazioni utili alla ricostruzione dello stile di vita del paziente, è
indispensabile procedere successivamente all’esplorazione dei primi ricordi d’infanzia, tecnica che, se
usata correttamente, assume tutte la caratteristiche di un vero e proprio test proiettivo. Adler definisce i
primi ricordi infantili i «prototipi dello stile di vita», in quanto essi manifestano, oltre alle finalità primarie
dell’individuo, anche le sue finalità attuali e future.
La Psicologia Individuale si differenzia dalla Psicoanalisi anche in questo ambito: se la Psicoanalisi valuta i
ricordi d’infanzia unicamente come ricordi di copertura, capaci, cioè, di fare da schermo ai contenuti
inconsci repressi di natura sessuale, la Psicologia Individuale, viceversa, attribuisce ai ricordi coscienti
infantili la proprietà di svelare i tratti essenziali della personalità dell’individuo.
Tale impostazione chiama direttamente in causa la memoria. In psicologia, la memoria è intesa come la
capacità di rievocare un’immagine, una sensazione o un’impressione del passato e di riconoscerla. Si
potrebbe quindi dire che la memoria non è altro che l'insieme di quei fenomeni che si fondano sulla
cinetica dei ricordi; non il luogo dove semplicemente ristagnano impressioni e sensazioni. Le
impressioni e le sensazioni custodite nella memoria sono il frutto dell’elaborazione soggettiva che ciascun
individuo ha fatto degli eventi vissuti. L’assioma dell’unicità e dell’irreperibilità della psiche umana,
costantemente in vigore anche nell’attuazione dell’analisi dei fatti, fa sì che le interpretazioni di un
soggetto si differenzino anche notevolmente da quelle degli altri individui.
Adler ha ravvisato nella memoria una funzione «cannibalica», in grado di «divorare» e di «digerire le
impressioni ». Però, non tutte le impressioni incamerate dalla memoria sono conservate ed elaborate
allo stesso modo; il grande selezionatore del materiale divorato è lo stile di vita: ciò che gli risulta
conveniente è accolto, mentre ciò che si rivela incompatibile è respinto e cancellato o solo in minima
parte accantonato e conservato, per essere riproposto e riutilizzato, in caso di necessità, come esempio o
come monito.
È proprio su questa concezione di memoria che la Psicologia Individuale ha impostato la propria dottrina
dei ricordi primari d'infanzia. Ogni ricordo, frutto dì un evento accolto, è l'esito di un'impressione vagliata
dallo stile di vita e ritenuta meritevole di essere conservata. Talvolta, però, l'impressione si può
ridurre a un semplice stato d'animo, e ciò si manifesta particolarmente quando risulta difficile, se non
impossibile, evocare dei ricordi che in realtà si esprimono solo attraverso lievi e sfumate sensazioni
emotive.
Poiché si è ormai acquisita da tempo la certezza che ogni essere umano ha in sé la facoltà di conservare
l'aderenza al reale per mezzo di una relazione fisica e spirituale con il mondo che lo circonda, la Psicologia
Individuale è giunta alla conclusione di come sia affascinante cercare e utilizzare i ricordi di un soggetto per
interpretarli come elementi significativi del suo stile di vita.
Come si avrà modo di osservare più avanti anche i sogni, analogamente ai ricordi, coinvolgono la memoria.
Come nel cesto del trovarobe di un teatro, l'apparato psichico dell'individuo va alla ricerca, nella memoria,
delle impressioni custodite, per mettere a punto i significanti necessari a comporre le allegorie destinate a
occultare il contenuto simbolico del ricordo (o del sogno). Con il processo associativo sarà possibile,
ripercorrendo a ritroso la strada del tempo, decodificare simboli e allegorie per rinvenire le impressioni a
suo tempo digerite dallo stile di vita.
La decodificazione dei primi ricordi utilizza, infatti, lo stesso modello analogico-intuitivo suggerito da Alfred
Adler anche per l’interpretazione dei sogni. Tale metodologia valuta la struttura di un ricordo alla stregua di
una struttura allegorica, così come allegorico è considerato, sempre da Adler, il contenuto del sogno. Tanto
la narrazione del ricordo, quanto il linguaggio onirico, non essendo in grado di esprimersi attraverso
concetti, si codificano in metafore e in allegorie capaci di procurare la copertura simbolica ai contenuti
emotivi o conflittuali. Sarà compito dell'operatore provvedere all'interpretazione e alla comprensione
dei simboli che trattengono sotto il livello di consapevolezza le finalità intime e irrefutabili del
paziente.
Ma che cos’è il modello analogico-intuitivo? Si tratta di un procedimento che, muovendo dall'osservazione
e dalla diretta esperienza e, quindi, dalla conoscenza di elementi noti, fa supporre nel concetto preso in
considerazione l’esistenza di significati simili. Questo criterio tornerà utile per aggiungere ulteriori
congetture e per formulare ipotesi supplementari a quelle già ricavate dai primi colloqui e dalla raccolta dei
dati sulla costellazione familiare.
È bene, ad ogni modo, ribadire che, per il momento, si tratta solo di supposizioni rigorosamente riservate al
terapeuta, che dovrà ottenerne conferma in altri elementi acquisiti nel corso del trattamento, a garanzia
che l’insight del paziente risponda, poi, a dati concreti”.

SESSIONE 4 - UTILIZZO DEI DATI ANAMNESTICI E DEI TEST - PARTE D

La somministrazione complementare di test proiettivi


Prosegue Pagani: “L’inserimento nel corso della psicodiagnosi di alcuni reattivi mentali di tipo
proiettivo può aggiungere utili elementi alla raccolta dei dati necessari per la definizione di uno stile di vita.
I test consigliati dalla nostra Scuola sono il Reattivo di Rorschach e il Thematic Apperception Test (T.A.T.) di
Murray.
Il reattivo di Rorschach, come abbiamo fatto osservare Francesco Parenti ed io nel nostro manuale
sull’argomento, è sicuramente ancora oggi il test più valido per la psicodiagnosi della personalità e delle sue
deviazioni, purché non lo si impieghi in modo esclusivista ed acritico, ma lo si inserisca in un'ampia
valutazione di elementi anamnestici, clinici, obiettivi ed intuitivi, tratti dai colloqui liberi e da altre eventuali
prove.
Il reattivo di Rorschach, per la sua validità, richiede un’accurata preparazione e un lungo esercizio d’uso e
deve essere impiegato solamente come strumento per chiarire,approfondire e completare i dati già
acquisiti su di una persona, evitando di attribuire al test la capacità di fornire risultati matematicamente
certi e neppure quella di arguire dalle risposte di un paziente, del quale si posseggono solo dei dati
superficiali, elementi segreti del suo inconscio che, in un’analisi o una psicoterapia correttamente condotte,
è possibile presumere solo dopo mesi, se non anni, di conoscenza approfondita e verificata.
L'esame della dinamica comportamentale nel corso delle prove riveste sempre un indubbio valore
complementare per la psicodiagnosi, e in certe situazioni può condizionare notevolmente l'interpretazione
del caso. È importante tener presente che il soggetto si trova in una posizione particolarmente delicata e
carica di emotività nel suo rapporto con l'esaminatore, in genere una persona a lui sconosciuta. Tale
situazione si amplifica se il paziente è un bambino o un adolescente, poiché la scelta dell'esame
psicodiagnostico non è mai effettuata spontaneamente, ma per lo più imposta dalla famiglia o da un’altra
persona dotata di autorità. Di qui le varie, possibili compensazioni di tipo difensivo, aggressivo, ma anche
esibizionista.
Premesso, dunque, che per la Scuola adleriana le significazioni simboliche di profondità messe in evidenza
dal test di Rorschach devono essere acquisite come un semplice valore aggiunto, del tutto complementare
nei confronti della psicodiagnosi generica di personalità com’è solitamente intesa, la rilevazione e
l’approfondimento delle tematiche conflittuali che hanno originato i contenuti simbolici è affidata a un
altro reattivo, appositamente studiato per tale scopo: il Thematic Apperception Test (T.A.T.) di Murray.
Anche l'interpretazione di questo reattivo mentale richiede preparazione ed esperienza.
Il T.A.T., destinato appunto all’esplorazione della personalità profonda di un soggetto, consiste in una serie
di tavole, raffiguranti situazioni alle quali partecipano uno o più personaggi di diversa età e sesso, ma che,
conservando un significato ambiguo e incerto, sono in grado di stimolare svariate interpretazioni.
All’esaminato è richiesto di elaborare con la fantasia una storia concernente la figura o le figure prese in
considerazione, descrivendo l'attualità della scena, gli eventuali precedenti e la conclusione della vicenda.
Il paziente, in modo più o meno consapevole, è portato a identificarsi con un protagonista della storia,
proiettandovi le sue istanze e i suoi conflitti, consci e inconsci, ma anche i suoi vissuti in rapporto con
l'ambiente evocato e con gli altri possibili personaggi presenti nella figura. L'attenta valutazione degli
avvenimenti raccontati, l'interpretazione dei ruoli assegnati al protagonista e agli altri personaggi, i loro
sentimenti, le loro scelte, il decorso e la conclusione della storia, offrono la possibilità di conoscere le
dinamiche nascoste della persona esaminata e le modalità psicologiche con le quali reagisce nei confronti
degli altri e del mondo.
Dal test tradizionalmente impiegato affiorano situazioni conflittuali,proposte segretamente dall’intera
immagine o solo da alcuni suoi dettagli. Tenute valide tali acquisizioni, è possibile spingere l'indagine verso
la ricerca di quelle compensazioni mediante le quali l'individuo in esame tenta di superare o aggirare le
condizioni frustranti che saranno poi significate dall’analisi. L'assieme degli elementi tratti dalle varie tavole
potrà consentire in molti casi il completamento del mosaico interpretativo dello stile di vita del paziente.
Vengono così alla luce gli aspetti comportamentali, le idee, le opinioni, le emozioni, i sentimenti, la
passionalità, le scelte individuali, che, lungo una particolare linea direttrice, porteranno il soggetto verso il
suo fine ultimo, reale o inconsciamente fittizio, vero obiettivo del suo stile di vita”.

IL LINGUAGGIO DELL’INCONSCIO SECONDO LA TEORIA ADLERIANA - L’INTERPRETAZIONE ADLERIANA DEL


LINGUAGGIO DELL’INCONSCIO
Afferma Pier Luigi Pagani:”Prima di affrontare esplicitamente l’argomento del suo linguaggio,
è indispensabile definire che cosa si intende per inconscio.
Il termine “inconscio” indica genericamente l’ambito della mente (non del cervello, si badi
bene) in cui si svolgono tutti quei processi che non sono avvertiti dalla coscienza e che,
talora, sono persino in disaccordo o in contrasto con essa.
In netta discordanza con la Psicoanalisi freudiana, che ne ha una concezione topica, la
psicologia adleriana ha una visione meno rigida dell'inconscio, proprio perché inquadra i suoi
dinamismi nell'ambito di una rappresentazione unitaria della psiche, in cui le comunicazioni
fra conscio e inconscio risultano fluide e mai prevedibili. In coerenza con l’assioma del
“finalismo causale”, la Psicologia Individuale dà rilievo non solo alle cause, ma anche alle
finalità delle attività inconsapevoli.
Un'altra differenza basilare fra la concezione freudiana e quella adleriana dell'inconscio sta
nei suoi contenuti. Invece di occuparsi solo di desideri sessuali repressi o di espedienti
autoconservativi, gli psicologi individuali vanno alla ricerca di più ampie articolazioni
progettuali, in totale autonomia e con piena libertà di cogliere scopi segreti, anche di natura
sessuale, piuttosto che mete dense d’aggressività occulta o, invece, motivazioni affettive nella
loro più ampia gamma d’implicazioni.

Il simbolo
Per le argomentazioni sopra indicate, la Psicologia Individuale non utilizza una chiave di lettura assoluta e
standardizzata del linguaggio segreto del ”simbolo”, ma lo interpreta attraverso particolari processi, in
relazione al vissuto dell'individuo, all'imprinting da lui ricevuto e al conseguente condizionamento culturale
subito.
Francesco Parenti definisce il simbolo «un oggetto concreto che rappresenta un concetto astratto, allo
scopo di enfatizzarne le implicazioni emotive e la forza espressiva». Si presume quindi il simbolo come
composto da un oggetto concreto, identificabile, definito "significante", e da una parte enigmatica,
metaforica o allegorica, indicata come "significato".
Per la Psicologia Individuale l'analisi dei simboli non è sorretta da una standardizzazione di comodo: il
"simbolismo universale". Se tutte le Scuole a indirizzo socioculturale interpretano l'origine del simbolo,
facendolo dipendere in modo diretto dalla matrice e dal mutare delle diverse culture, la Psicologia
Individuale fa del simbolo qualcosa di ancor più "variabile",poiché lo considera come il prodotto di una
costruzione personalizzata.
Il vissuto senza uguali di ciascun essere umano può, infatti, assegnare a determinate immagini o situazioni
un suo valore privato, capace di distaccarsi in modo decisivo, anche allegorico quando occorre, dagli
schemi della contingente “logica comune”, cui ogni individuo fa in genere riferimento.
È proprio tenendo conto della “logica privata” e personale di ciascun individuo che la Psicologia Individuale
imposta l’interpretazione del “linguaggio dell’inconscio”, vale a dire del gergo segreto usato per
esprimere la complessità degli stati d’animo, i disagi, i turbamenti, i bisogni, i desideri, i progetti e
quant’altro sia maturato nella psiche di un individuo, che non sia stato ancora in grado, o non abbia voluto,
inconsapevolmente s’intende, tradurre in concetto.
Si è detto a proposito dell’interpretazione dei primi ricordi infantili che lo strumento d’uso per la
decodificazione degli episodi narrati è il “metodo analogico-intuitivo”, ossia quel procedimento che,
partendo dalla conoscenza di elementi noti, fa supporre nel concetto preso in esame
significati analoghi a quelli già conosciuti. V’è, però, un secondo strumento di fondamentale importanza per
l’interpretazione dei codici dell’inconscio,il “processo associativo”, cioè quell'atto psichico in grado di
stabilire, senza alcun controllo cosciente o altra censura, nessi fra immagini e pensieri.
Tale tecnica è di vincolante rilevanza anche per gli psicoanalisti, in quanto ampiamente descritta da Freud
nelle sue interpretazioni.
Entrambe le procedure appena riferite saranno gli strumenti di lavoro per tutte le interpretazioni della
seconda fase del trattamento individualpsicologico, essenzialmente finalizzata all’acquisizione
dell’insight da parte del paziente. È proprio in questo momento dell’iter terapeutico che l’operatore, pur
astenendosi dal fornire indicazioni su quanto intuito della personalità del paziente, agirà in modo che il
soggetto prenda consapevolezza del carattere fittizio della propria meta finale, che,sino a quel momento,
ha però indirizzato lo stile di vita verso il disagio, la sofferenza e lo sconforto.
In modo particolare, una speciale attenzione dovrà essere rivolta a decifrare il linguaggio criptico
dell’inconscio celato nei sogni, nelle fantasie, nei sogni ad occhi aperti, nei lapsus, negli atti mancati, riferiti
in seduta dal paziente”.

SESSIONE 2 - I SOGNI
Secondo Pier Luigi Pagani “Non si può assolutamente negare a Sigmund Freud il merito di avere formulato
la prima teoria coerente e geniale sull’analisi psicodinamica dei sogni. Nella sua visione, il nucleo del sogno
sarebbe il suo contenuto latente, diretto a soddisfare in forma allucinatoria un desiderio rimosso, perché
inaccettabile sotto il profilo etico nello stato di veglia. Un macchinoso "lavoro onirico" trasformerebbe il
contenuto latente nelle immagini effettivamente percepite durante il sonno e talora ricordate al risveglio.
La Psicoanalisi imposta la propria interpretazione del sogno, compiendo un cammino inverso rispetto a
quello onirico, al fine di comprendere i suoi simboli di copertura e risalire così al suo contenuto latente,
ossia il desiderio rimosso. La teoria impostata sulla soddisfazione dei desideri corrisponde in realtà solo a
una certa percentuale di dinamiche oniriche, ma la sua applicazione ai sogni angoscianti richiede ipotesi più
complesse, fra cui quella di una svista o di un errore del lavoro onirico è forse la più probabile, ma non
convince in tutti i casi, per l'intensità e la pregnanza del linguaggio distruttivo elaborato nel corso di quel
tipo di sogni.
La forza espressiva delle immagini, secondo la nostra impostazione, propone il terrore e la depressione
come tematiche autentiche e non come artifici di copertura.
Oltre a ciò, sul piano dell'adattamento storico, i temi superegoici dell'ortodossia,ispirati a una pruderie o a
un’affettata castigatezza sessuale, risultano oggi travolti dall'evoluzione del costume e, per di più, gran
parte del problema morale ha lasciato il posto, nella cultura attuale, ad altri e non meno sofferti scontri
interiori ed esteriori.
La dottrina onirica adleriana, viceversa, mette a punto alcune costanti fondamentali nella dinamica dei
sogni, suscettibili di reggere alle variazioni sociopsicologiche. Innanzitutto, essa, in base alla propria
impostazione teleologica,interpreta il sogno come una “dinamica di sondaggio del futuro”, diretta sia ad
aprire ipotesi di appagamento, sia ad accantonare ipotesi di rischio. Il sogno può,cosi, mettere in luce la
puntigliosa ostinazione nel perseguimento di mete improduttive, ma, altrettanto, può mettere in moto
l'incoraggiamento a procedere verso obiettivi corretti ed equilibrati, anche se contraddistinti da
un'insufficiente dose di sicurezza.
«Esistono parecchie coincidenze fra il modo freudiano e quello adleriano d'inquadrare il linguaggio onirico.
Entrambe le correnti hanno avvertito che il flusso del pensiero nel sogno appare semplificato, assurdo,
incoerente, ma può rivelare a un'indagine approfondita una sua logica molto fine; che a volte accende il
banale e ipertrofizza il drammatico e altre volte copre con disincantata freddezza contenuti che dovrebbero
trasudare emozioni; che si collega molto bene alla libertà e ai segreti dell'arte o a certi modi di comunicare
dell'infanzia, assai vicini alla vitalità artistica del "naif" non razionalizzato».
Entrambe le Scuole ammettono l’uso dei simboli onirici, ma sono diverse,per l'una e per l'altra, le finalità
dei medesimi.
Se per la Psicoanalisi il significante copre il proibito pulsionale ed erotico,per la Psicologia Individuale il
significante può far da barriera a ogni forma di illecito, a seconda della formazione culturale del sognatore,
ma può anche contrastare immagini inferiorizzanti o rischiose, estese a ogni tema
che possa produrre angoscia. Inoltre, per la teoria adleriana, i simboli,come si è già accennato, non sono
universali, ma derivano imprevedibilmente tanto dalla cultura del momento, quanto dal vissuto
individuale della persona. La loro decodificazione non è quindi sorretta da categorie prefigurate e perciò
risulta più complessa e indaginosa.
Secondo Freud, il “lavoro onirico” costituisce la risultante dei meccanismi che,elaborando e trasformando i
resti diurni, gli stimoli fisici e il pensiero danno corpo al contenuto manifesto del sogno, dietro il quale si
cela il contenuto latente. Si tratta sicuramente di una grande scoperta nei confronti della quale sono
debitrici tutte le successive ipotesi psicodinamiche sul sogno, anche quelle che, come l'adleriana, si
differenziano notevolmente dalla visione psicoanalitica ortodossa.
Le principali critiche alla dottrina freudiana sul sogno, avanzate dalla Scuola adleriana, sono le seguenti:
Appare riduttiva l'ipotesi che il mascheramento delle immagini oniriche derivi solo da un conflitto etico-
sessuale fra Es e Superego. Il lavoro onirico nasconde conflitti morali su tematiche soggette a continue
variazioni in rapporto al rinnovarsi delle culture; contenuti che esprimono in modo troppo crudo
l'inferiorità e l'insicurezza dell'individuo; fattori di rischio di ogni altro genere, la cui segnalazione suggerisce
l'abbandono di un progetto, ma non può essere espressa direttamente, sempre per non generare un
eccesso d'angoscia.
I simboli di cui si vale il lavoro onirico non sono universali e prevalentemente centrati sul sesso, ma sono
tratti dalla cultura contingente e, in parte notevole, anche dal vissuto personale del soggetto, che può
assegnare a un’immagine una carica emotiva molto diversa da quella attribuitale di solito dal suo
ambiente.
Non è sostenibile neppure la tesi che il lavoro onirico presenti una congerie di elementi banali, fra i quali
si nasconde un solo e poco avvertibile significato latente, acriticamente riferibile a un desiderio libidico
rimosso. Per la Scuola adleriana tutte le immagini del sogno contribuiscono quasi sempre a tracciare una
linea direttrice unica indirizzata verso una meta segreta; solo poche volte sono avvertibili, nel linguaggio
onirico, diverse direttrici complementari, ambivalenti o addirittura opposte.
… Il sogno si manifesta attraverso metafore e allegorie, che fungono da significanti simbolici dietro i quali
si possono ritrovare assemblati anche più significati concreti. Sarà preciso compito dello psicoterapeuta
decodificare immagini, simboli, metafore e allegorie, ritraducendoli in concetti verbalizzabili, cioè
espressi mediante parole.
Sintetizzando, l'interpretazione dei sogni, secondo la Psicologia Individuale, si differenzia da quella del
modello psicoanalitico,essenzialmente per due motivi: il rifiuto di attribuire ai simboli un valore
prefigurato e costante e la chiave di lettura finalistica del contenuto onirico”.

SESSIONE 3 - FANTASIE E SOGNI AD OCCHI APERTI


Pier Luigi Pagani così si esprime: “Herbert Schaffer, intuendo l'importanza che hanno le fantasie per
l'analisi e per la psicoterapia, le ha studiate a fondo.
«In tutti gli individui - afferma - la facoltà immaginativa svolge attività psicologicamente essenziali,
costruendo prospettive di schemi di vita futuri, generando [...] sogni ad occhi aperti, dipanati ai limiti
della coscienza durante il giorno. Nei soggetti più dotati, l'immaginazione giunge al traguardo elevato
della creazione artistica [...] »
Chi sta costruendo la trama di una fantasia si trova in una situazione molto diversa rispetto a quella del
lavoro onirico: l'attività cosciente rimane quasi sempre interamente vigile e, sebbene la produzione
immaginativa non lavori sul reale, il fine ultimo non subisce modifiche.
Nel corso del trattamento, il metodo della stimolazione fantastica, in modo particolare quando ristagna
la produzione onirica, risulta di grande utilità per il trattamento.
Le tecniche, abitualmente suggerite per attivare efficacemente l'immaginazione,sono due. La prima
consiste nell'invitare il soggetto a improvvisare una storia interamente fantastica senza alcun riferimento
personale, la seconda si basa sulla richiesta, fatta al paziente, di una narrazione, tutta da costruire,
partendo da un'idea stimolo suggerita dall'operatore. L'utilizzo dei metodi sopra descritti ha lo
scopo di sbloccare, per mezzo della proiettività a contenuto simbolico, le identificazioni, senza che il
fluire del pensiero sia disturbato da difese protettive o da schermi mascheranti.
Come per i sogni notturni, esistono parecchie analogie fra l'interpretazione dei sogni diurni e delle fantasie,
da parte di Freud e di Adler. Per entrambi, i sogni a occhi aperti e le fantasie sfrutterebbero un certo
allentamento della censura,pur avvalendosi di un'elaborazione in prevalenza cosciente e controllata. I loro
contenuti possono essere considerati,infatti, proprio come illusioni fantastiche, a volte del tutto
coscienti e a volte permeate di elementi inconsci. Rimane,però, fra Adler e Freud la differenziazione, già
posta in rilievo a proposito dei sogni veri e propri, delle finalità. Il fondatore della Psicoanalisi chiama in
causa anche qui la realizzazione di desideri rimossi come scopo preminente.
In chiave adleriana, viceversa, i contenuti dei sogni a occhi aperti e delle fantasie devono essere interpretati
in prevalenza come compensazioni di un sentimento d'inferiorità e d'insicurezza. Talora, i sogni diurni
possono prendere corpo anche per realizzare un desiderio, con un’incidenza maggiore rispetto ai sogni
notturni,ma di solito si sviluppano per esasperare la protesta del soggetto verso l'ambiente,
per esprimere la sua sofferenza, oppure per scoraggiare, per autodifesa, la programmazione di un progetto
immaginato in precedenza.
Il linguaggio simbolico è impiegato anche nei sogni ad occhi aperti e nelle fantasie allo stesso modo dei
sogni propriamente detti, ma in modo più controllato,«poiché minori sono [nel sogno notturno] le esigenze
autodifensive ».
Per quanto riguarda, infine, l'allentamento della censura, segnalato sia dalla Psicoanalisi che dalla Psicologia
Individuale, tanto per i sogni notturni quanto per i sogni diurni e per le fantasie, è importante rilevare che
nel sogno notturno l’abbandono del controllo è inquadrabile in una variazione fisiologica dello stato di
coscienza, che consente in maggior misura l'affiorare di dinamismi inconsci. Nel sogno diurno e nelle
fantasie, per contro, l'autocontrollo è accantonato con una decisione consapevole, resa possibile dalla
libera scelta di produrre pensieri,concetti e rappresentazioni, senza la preoccupazione di probabili fattori di
rischio.
Così, tanto l'appagamento, quanto la protesta autolesiva possono esasperarsi senza scatenare livelli d’ansia
troppo elevati”.

SESSIONE 4 - I LAPSUS E GLI ATTI MANCATI


Secondo Pier Luigi Pagani “Per Freud, anche l'uomo sano può esprimere i suoi desideri rimossi
compiendo, senza un'intenzione cosciente, errori o sostituzioni di parole o dimenticanze nel parlare e
nello scrivere («lapsus linguae», «lapsus calami»). È indubbia la genialità dell'intuizione di Freud, ma la
Scuola adleriana ne allarga la portata, in modo particolare per quanto riguarda i contenuti, aggiungendo,
all’ipotesi psicoanalitica dei desideri proibiti, quella delle difese contro i rischi o le umiliazioni, come pure
quella delle espressioni aggressive mascherate.
Freud ha sostenuto,inoltre, che alcune azioni comuni della vita quotidiana sono frenate nel
raggiungimento del loro scopo o alterate da interferenze, delineando un compromesso fra
l'intenzione cosciente dell'individuo e i suoi desideri rimossi. Si tratta dei così detti «atti mancati».
Le dimenticanze e gli errori comportamentali di questo genere, lapsus e atti mancati, pur apparendo
dovuti a distrazione, appagherebbero in modo latente le spinte pulsionali dell’Es, in contrasto con le
dissuasioni moderatrici del Superego.
In linea generale si può ritenere ammissibile questa modalità di espressione corrente e segreta dei
dinamismi inconsci, pur avanzando qualche critica per quanto riguarda i loro contenuti, la loro frequenza
e la loro sede.
Ad esempio:la finalità dell'atto mancato non è sempre l'espressione di un'esigenza libidica frenata dalla
morale, ma può riguardare diverse trasgressioni etiche, ad esempio di natura aggressiva, censure di
manifestazioni che sottolineerebbero un'inferiorità, inibizioni di modalità comportamentali
dense di rischio e quindi in contrasto con la sicurezza;l'interpretazione del comportamento in questa chiave
deve essere estremamente prudente, per non inquadrare tutta l'esistenza paradossalmente nel contesto di
un'ambiguità ossessiva e senza trascurare la distrazione come tratto di base dello stile di vita, dotato di un
significato globale finalistico e non settoriale…”

INTERPRETAZIONE DI UN CASO;SESSIONE 1 - IL PRIMO COLLOQUIO


Così si esprime Pier Luigi Pagani . “Il caso che sto per presentare fa parte della mia casistica ed è datato
seconda metà degli anni ottanta. Si tratta di una giovane signora di quarant’anni. Si chiama Marinella; è
di media statura, molto graziosa, di costituzione armonica, anche se incline al magro, capelli biondi molto
curati, veste prevalentemente in casual, per così dire, “elegante”, dimostra un’età inferiore a quella
effettiva. È sposata da vent’anni ed è madre di due gemelli, maschi, di diciotto.
Conosco il soggetto da qualche anno per motivi professionali, che non riguardano, però, la mia attività di
analista, ma quella di medico convenzionato con l’ente previdenziale privato,cui fa riferimento l’azienda
di suo marito. Essenzialmente, le mie prestazioni si limitano a qualche breve scambio di idee sulle sue
condizioni di salute e alla ripetizione di ricette riguardanti farmaci, prescritti da uno psichiatra dello
stesso ente, che l’ha in cura per una depressione diagnosticata alcuni anni prima; si tratta
prevalentemente di Laroxyl, amitriptilina, di Tript-OH, oxitriptano, entrambi psicoanalettici e del Tavor,
lorazepam, noto ansiolitico.
La signora, a conoscenza della mia professione di analista, mi aveva richiesto più volte di prenderla in
analisi, ma io avevo sempre dovuto rifiutare, a causa dell’incompatibilità fra tale mia attività e il contratto
stipulato con il suo ente assistenziale, che non prevedeva l’analisi fra i compiti convenzionali, fino a che, un
giorno, non essendo più vincolato dagli obblighi contrattuali, scaduti da poco tempo, accondiscesi alla sua
ennesima richiesta.
Stabilimmo subito l’”accordo analitico”, con tutti gli impegni reciproci,riguardanti la cadenza delle sedute,
l’orario, la puntualità, la schiettezza nella comunicazione di fatti e di vicende, la garanzia di riservatezza,
l’ammontare dell’onorario e tutto ciò che è abitualmente previsto in tale fase preliminare del trattamento.
Fissammo di rivederci un paio di giorni dopo per il primo appuntamento.
Mi aveva sempre incuriosito la facilità di parola della paziente, la correttezza dei termini usati nell’esporre il
suo disagio, al punto che mi ero chiesto quale livello di studi avesse raggiunto, se fosse laureata, ma in
quale disciplina, lettere,psicologia…?
Domandare quale fosse la motivazione d’accesso all’analisi era pleonastico, visto il notevole numero di
farmaci antidepressivi che avevo prescritto fino a quel momento alla paziente. Fu lei stessa a introdurre
l’argomento, presentandomi sei fogli di quaderno, scritti davanti e dietro e numerati in alto, con la
descrizione anamnestica del suo disagio, redatta, in modo frettoloso e di getto, a matita. Ecco
qualche brano estratto dal suo scritto.
«Ho già sperimentato una psicoterapia, alcuni anni fa, nel 1982; si trattava di un’analisi di gruppo condotta
dal Dottor Sergio Z. Il problema che ne emerse fu che non accettavo il grado di studi da me conseguito, la
quinta elementare, e non avevo il coraggio di comunicare la cosa a Mario, mio marito. Fui consigliata di
metterlo al corrente della situazione, ma io tergiversai, finché, dopo quattro mesi,abbandonai la terapia di
gruppo.
I sintomi che non mi abbandonano danno fastidio (notare il lapsus nella correzione) sono sempre gli
stessi:
- difficoltà di accettare la trascuratezza di mio marito nei confronti della mia persona: mai complimenti,
scarsità di dialogo, motivata dalla sua cronica stanchezza a causa del lavoro; - rinuncia, sempre per lo
stesso motivo dei rapporti sociali, di cui io sento un estremo bisogno;- monotonia!! Adattamento alla
routine quotidiana (rinvio di tutte le cose alla fine della settimana, al sabato). Anche la sessualità è
rimandata al fine settimana, abitudinaria, senza fantasia, si fa perché si deve fare, monotona. Rapporti
molto veloci, senza preliminari,vissuti da parte mia con scarsa partecipazione, non rivelata per timore di
inibirlo ulteriormente.
Tutto ciò mi procura un’amarezza, una malinconia di fondo, che cerco di sopperire impegnandomi fuori
casa con il lavoro, la ginnastica, i contatti sociali. Ma tutto ciò è relativo e nasconde solo in parte il mio
problema, che è sempre lo stesso: mi sento sola,trascurata, non sono serena!
Sono sensazioni terribili e mi sto convincendo sempre di più che la mia situazione è dovuta solo al
rapporto con Mario. Non posso, però, fargliene una colpa: è evidente che io non sono come lui; lui è un
tipo tranquillo, casalingo, onesto e fedele, ormai abituato al tran tran domestico.
Le circostanze fastidiose, che mi hanno sicuramente condizionato, anche se forse possono
sembrare soltanto delle banalità, sono queste:- televisione in camera per conciliare il sonno; io invece vorrei
leggere, ma ciò non è possibile,perché il fruscio delle pagine che via via scorro, non gli permetterebbe di
prendere sonno e,poi, il fastidio per la luce accesa…
- far tutto in fretta al suo rientro, la sera: cenare subito, perché lui possa coricarsi presto e
recuperare le forze; - ma io devo anche occuparmi dei ragazzi, prendermi cura della loro crescita, aiutarli a
fare i compiti, specialmente Gianni, che è molto debole in italiano, vorrei che prendesse delle lezioni private,
ma anche in questo caso non ottengo nessun aiuto da mio marito. Lui sostiene che sapersi esprimere, o
meglio, far bene i temi è una dote innata che un individuo ha non ha. Io,certamente, non sono dello stesso
parere. Gianni ha problemi di italiano a causa delle medie fatte male, poi, nel liceo artistico, l’italiano è poco
presente: di qui la sua difficoltà a svolgere i temi. Quest’anno c’è la maturità!
[…]
- Sono aggressiva e ciò mi spaventa, perché me la prendo anche con chi non c’entra, i
ragazzi, ad esempio.- Tendo ad appartarmi e a piangere; mi chiudo nei miei pensieri ossessivi; sono
incapace di concentrarmi su quello che vorrei; non riesco a memorizzare. A volte sono disperata!!!
[…]
Dopo tre anni, riprovo la terapia analitica con la Dottoressa G., psicologa clinica, oltre alla solita terapia: 3
compresse di Laroxyl 25 milligrammi, tre volte al giorno, 2 compresse di TriptOH, 2 compresse di Tavor, una
alla mattina e una alla sera. Ma i sintomi sono sempre gli stessi: inibizioni del corso del pensiero (leggo o
ascolto qualcosa, ma non riesco a memorizzare), disagio fisico e psicofisico.
[…]
L’anno seguente ho il timore di ricadere nella depressione acuta, che mi fa pensare a cose orribili. Chiedo
una visita al Professor P., che si stupisce per il protrarsi del mio disturbo per tanti anni. Alla fine formula la
seguente diagnosi: “Personalità tragica, emotivamente eccessiva, con manifestazioni drammatiche”.
Disapprova il continuo cambiamento di specialisti e mi consiglia di rivolgermi a un bravo psichiatra o a un
analista per risolvere una volta per tutte, con un rapporto continuo e duraturo nel tempo, il mio disturbo.
[…]
SESSIONE 2 - ANALISI INTERPRETATIVA DEI DATI RACCOLTI NEL CORSO DEL PRIMO COLLOQUIO
Afferma Pagani: “L’aspetto curato della persona, il suo abbigliamento, l’immagine d'insieme già
basterebbero a mettere in dubbio che la paziente sia affetta da depressione. L’intensità espressiva del
linguaggio, sia verbale che scritto, usato per riferire il proprio disagio e per richiedere aiuto, il tentativo di
motivare il proprio malessere, cercando fra le tante spiegazioni possibili l’origine della propria sofferenza,
accrescono, poi, ancora di più il sospetto di essere di fronte a un errore diagnostico.
Depressione significa «Sentirsi inutile, insufficiente, incapace di affrontare il divenire continuo della
realtà. Non confidare più nell’intervento di una mano protesa ad aiutare o a sorreggere: Sentire spezzato
il legame biologico con l’esigenza di sopravvivere. Non provare alcun desiderio, non avvertire, nelle
pieghe immaginabili del tempo, neppure un obiettivo che meriti un impegno di lotta. Nutrire un odio
disperato per la propria entità fisica e mentale e per i propri simili».
Il dubbio diagnostico è stato sicuramente condiviso dall’ultimo psichiatra consultato dalla paziente, che
ha definito la sua personalità «tragica,emotivamente eccessiva, con manifestazioni drammatiche». Ma
che si tratti di un errore di valutazione è provato, soprattutto, dal miglioramento soggettivo,avvertito dal
soggetto dopo la drastica diminuzione della terapia farmacologica.
Si è considerata per troppo tempo come forma depressiva quella che era, con ogni probabilità, solo una
condizione di “scoraggiamento”.
Che si tratti di una forma di scoraggiamento, rimane, però, soltanto un’ipotesi, che è necessario
momentaneamente accantonare in attesa di ulteriori convalide.
Qualche altra riflessione sugli appunti della paziente. Ad esempio, l’inappagamento della sessualità,
«abitudinaria, senza fantasia», la sua «scarsa partecipazione, non rivelata per timore di inibire
ulteriormente» il marito, il sentirsi «sola, trascurata, non serena», ma anche la mancanza di coraggio ad
affrontare direttamente il problema. Pure questa condotta rientra, però, nel quadro generale dello
scoraggiamento.
Un’attenta valutazione deve essere dedicata al “lapsus calami” che appare all’inizio del promemoria scritto
dalla paziente: «I sintomi che non mi danno fastidio sono sempre gli stessi». Perché ha cancellato
«abbandonano» e ha lasciato quel «non» che modifica radicalmente il senso della frase? Qual’è la
rappresentazione mentale che l’inconscio della paziente si propone di trasmettere? Che, in fin dei conti,
con quei sintomi non sta poi così male?
Una considerazione a parte merita il giudizio che Marinella dà del marito: «tipo tranquillo,casalingo, onesto
e fedele». Che cosa vuol far intendere? Forse che lei non è fedele? È un tema che, certamente, dovrà essere
approfondito.
Un’ultima osservazione. La paziente fa presente di non accettare il suo «grado di studi, la quinta
elementare» e di non aver «il coraggio di comunicare la cosa al marito», ma allo stesso tempo riferisce che
deve occuparsi dei figli, «aiutarli a fare i compiti, specialmente Gianni, che è molto debole in italiano».
Come, Marinella,che ha fatto solo la quinta elementare deve occuparsi della preparazione scolastica
dei figli che stanno per affrontare l’esame di maturità, sia pure del liceo artistico,dove «l’italiano è poco
presente»? ”.

SESSIONE 3 - LA COSTELLAZIONE FAMILIARE


Afferma Pagani: “Alla richiesta di descrivere le propria famiglia d’origine, la paziente riferisce quanto
segue:«Sono la primogenita di tre sorelle: una di trentun’anni e una di trentacinque. Mio padre... lo definirei
un caratteriale. Di origine meridionale, della provincia di Foggia, stava svolgendo il servizio militare
qui su, al nord, dove conosce mia madre. La mette incinta e così nasco io. Lui ha vent’anni, mia madre
diciannove. Si sposano dopo la mia nascita,ma il matrimonio è malvisto e contrastato da entrambe le
famiglie. Le difficoltà economiche incominciano, però, subito e io sono allontanata dai miei genitori e
sistemata presso la nonna materna e gli zii.
La permanenza dalla nonna è, comunque, saltuaria e ogni tanto, per brevi periodi, rientro in famiglia. Nel
frattempo sono nate le mie sorelle che, invece, rimangono in casa con la mamma e il papà; al contrario,
io no! A dodici anni mi riprendono in famiglia, ma solo perché devo dare una mano nella nuova azienda
di mio padre: un mulino, che ben presto dovrà chiudere, per l’assoluta incapacità imprenditoriale di
papà, e io ritorno dalla nonna,dove vi rimango sino ai quindici anni. Mio padre muore a trentanove anni
per un tumore,proprio quando sembrava si fosse inserito discretamente nel lavoro come montatore di
gru,a Milano, dove ci eravamo trasferiti da Pordenone. Mio padre era un uomo violento,picchiava tutti,
anche la moglie, per un nonnulla. Io ho tentato un recupero giustificativo della sua immagine solo molto
più tardi.
Mia madre… la vera vittima! Ha sofferto tanto! Dopo la morte di papà, la mamma ha dovuto darsi da
fare, come del resto ho dovuto fare io, la maggiore delle figlie. Purtroppo,a causa dell’impegno
lavorativo, mia mamma ha finito con il trascurare le necessità delle mie giovani sorelle, con tutto quello
che poi ne è conseguito. Beh, del resto non poteva fare altrimenti… le bocche da sfamare erano quattro e
a lavorare eravamo solo noi due. Ora la mamma è tranquilla, vive in campagna con un compagno, Gino,
un uomo amabile, ben accetto e benvoluto da tutti.
Le mie sorelle? Un disastro ! La secondogenita, Emy, turbolenta e instabile nell’affettività e nel lavoro.
Viveva con un compagno dal quale si è separata dopo un aborto. Mia madre ha cercato di aiutarla, sia
affettivamente che economicamente, ma senza successo. Era rimasta incinta un’altra volta, non si sa chi
fosse il partner che l’ha resa gravida; nasce un figlio, che lei abbandona per un altro legame. Sparisce
dalla circolazione. Ce la riportano a casa dal Marocco, in stato confusionale per droga. Io mi faccio
coinvolgere da tutti i problemi che ne derivano, come, del resto ne è rimasta coinvolta tutta la famiglia.
Ora non ne sappiamo più niente: è scomparsa un’altra volta e sono quasi cinque anni che non
abbiamo più sue notizie… forse è morta, chi lo sa…
L’altra mia sorella, la minore, Clara, è bulimica. Ha sempre avuto un sacco di problemi. A
diciassette anni è stata operata di cisti ovarica. Ha sposato un uomo maggiore di lei di dieci anni, molto
buono e onesto, anche se dai modi un po’ rudi, ha una macelleria che rifornisce alberghi e ristoranti.
Stanno molto bene economicamente. Purtroppo, a causa dell’operazione subita, non può avere figli.
Soffre periodicamente di gravi crisi depressive,sempre in concomitanza con le mie, soltanto che lei le sue
crisi le supera, concludendole ogni volta con notevoli manifestazioni maniacali e combinando anche
imprevedibili guai”.
Invitata ad annotare su di un foglio, in forma libera, parole o giudizi sotto le voci padre e madre,
inserendo tra l’una e l’altra le interazioni fra i genitori, Marinella scrive:
MADRE:NON HANNO MAI DIALOGATO ASSIEME
PADRE:POVERINO UMILIATA. HA SOFFERTO MA E' RIUSCITA A REALIZZARSI

Dall’ analisi interpretativa dei dati relativi ai componenti la costellazione familiare emerge
quanto segue:“La paziente propone la figura del padre in modo talmente negativo da far supporre come
la sua rappresentazione mentale di uomo ideale sarebbe stata in seguito decisamente quella opposta. Il
compagno della madre, il cognato, ma anche lo stesso marito, citato nel memorandum, sono le altre
figure maschili che emergono dalla descrizione della sua costellazione familiare allargata. Ebbene, questi
tre personaggi sono descritti in modo totalmente antitetico alla figura del padre: sono onesti, fedeli,
tranquilli, lavoratori, benvisti,graditi e apprezzati da tutti quanti. Del padre violento, disadatto e fallito
rimane solo un doloroso lontano ricordo e il tardivo «recupero giustificativo della sua immagine».
La madre: la vittima. Ora, comunque, si è rifatta una vita, «è tranquilla», vive fuori città, ha trovato «un
compagno, Gino, un uomo amabile, ben accetto e benvoluto da tutti». Rimasta vedova ancora molto
giovane, a trentott’anni, «ha dovuto darsi da fare» (come del resto ha dovuto fare anche la paziente),
trascurando, «purtroppo, a causa dell’impegno lavorativo» i bisogni delle giovani figlie, «con tutto quello
che poi ne è conseguito».
Pesa, comunque, su entrambi i genitori la grave responsabilità di aver allontanato Marinella da casa e poi,
nel momento di necessità, di averla sfruttata, bambina di soli dodici anni, perché desse una mano
nell’azienda, il famigerato mulino, che ben presto fallirà per l’assoluta inettitudine del padre. Dopo di che, la
ragazzina, non servendo più ed essendo tornata a essere solo un’altra bocca da sfamare, è
rispedita ancora una volta dai nonni, dove vi rimarrà sino ai quindici anni, per ritornare in famiglia
solamente in età da lavoro.
Qui si prospetta quel disagio psicologico, validamente descritto da Edmondo Pasini come “sindrome del
bambino odiato”. Si tratta di una serie di situazioni strutturalmente distinte che, pur riconoscendo cause
eziologiche diverse, rientrano in un unico quadro caratterizzato, accanto a segni minori, da una grave
insicurezza sia personale che sociale. Devono essere inseriti nella classificazione pure i bambini
rifiutati e quei bambini la cui nascita non è stata accettata perché nati fuori dal matrimonio, o che,
comunque, abbiano creato disturbo ai genitori con la loro venuta al mondo.
Le sorelle sono entrambe fortemente problematiche. La secondogenita anaffettiva, sbandata e
tossicomane conduce una vita sconvolgente e tragica: non si conosce neppure la sua sorte; i familiari
temono addirittura che sia morta. L’ultimogenita, offesa dalla malattia nella sua femminilità sin dall’età
adolescenziale, al punto di vedersi negata la maternità, è affetta da bulimia e cade in ricorrenti episodi
depressivi. In questo caso è possibile ritenere che la diagnosi di depressione sia stata formulata in modo
corretto, a causa delle tipiche manifestazioni maniacali che concludono ogni evento.
A questo punto, c’è da chiedersi: dal punto di vista psicologico, è andata peggio a Marinella, allontanata
precocemente dai genitori, o alle sorelle, vissute in famiglia in mezzo a quel clima litigioso e turbolento?
Al fine di una più corretta definizione dello stile di vita della paziente è opportuno aggiungere qualche
altra notizia raccolta dopo la richiesta rivoltale di parlare di sé.
«[…] Ho fatto pochissimo asilo, perché ero spesso ammalata, ma anche perché la nonna preferiva tenermi a
casa con sé. La prima e la seconda elementare le ho frequentate a Portogruaro, la terza e la quarta a San
Severo, in provincia di Foggia,presso i nonni paterni, e la quinta di nuovo a Pordenone. Mi iscrivono alla
prima media, ma la devo interrompere prima di ultimarla, perché sono richiamata a casa
ad aiutare mio padre in quel disgraziato mulino. Ho trovato, comunque, il modo di frequentare, mentre già
lavoravo a Milano come aiuto parrucchiera, un corso serale di steno-dattilografia, conseguendo con
successo il diploma finale, come prima classificata. Il mio ciclo scolastico si è concluso cinque anni fa, ormai
trentacinquenne, con il conseguimento, come privatista, del diploma di scuola media, ottenuto, senza che
mio marito lo sapesse, frequentando di nascosto un condensato corso diurno.
La valutazione fu ottima, ma ciò non è stato sufficiente a cancellare quel senso di inferiorità (testuale), che
mi ha accompagnato e che mi accompagnerà per tutta la vita. Ho cercato di compensare questo vuoto
leggendo moltissimo, di tutto, narrativa, letteratura, saggistica, psicologia. Il diploma di stenodattilografa
mi ha permesso di essere assunta, prima come tirocinante, poi come impiegata a tempo indeterminato,
nell’ufficio commerciale della stessa azienda dove lavorava da qualche tempo Mario.
Lì ci siamo conosciuti e abbiamo cominciato a frequentarci. Io avevo sedici anni, lui ventiquattro. Tutto è
iniziato come amicizia. In quell’ambiente, di amicizie ne avevo fatte molte. Poi, il primo bacio e
l’innamoramento,contraccambiato. Mi hanno conquistato le sue idee di uomo tranquillo. La sua famiglia mi
ha subito accolta come se fossi stata da sempre una di loro e per me è diventata la mia famiglia ideale. C’è
stata, invece, molta tensione fra mio padre, nei tre anni in cui è stato in vita, e mio marito…forse era
geloso… A vent’anni, mi sposo; Mario ne ha vent’otto. Ciò nonostante, io ho sempre mentito a mio marito
riguardo al grado di studi raggiunto».
Il livello di cultura cui è giunto il soggetto è dovuto quasi totalmente alle sue capacità auto-formative,
tenuto conto del caotico iter scolastico e del basso status educativo raggiunto attraverso la scuola
dell’obbligo. È indubbio che ci si trova di fronte a una persona dall’intelligenza eccezionale, dotata,
inoltre, di una ferrea volontà, di una tenace ambizione e da un elevato grado d’orgoglio.
Il bene dotale dell’intelligenza, anche se di ottimo livello, non basta da solo a formare una buona cultura
generale; deve essere sostenuto e stimolato da altri strumenti che consentano di superare
quell’intollerabile «senso di inferiorità», che la paziente, così istintivamente ha avvertito. E questi
strumenti sono, appunto, la volontà, che spinge, con determinatezza e in piena autonomia, verso la
realizzazione di un precisato fine,l’ambizione, che sollecita ad affermarsi e a distinguersi, e, infine, quella
giustificata fierezza,quel sentimento della propria dignità, che genericamente è definito orgoglio.
La paziente parla con proprietà l’italiano e lo scrive correttamente, conosce bene il
francese, appreso in modo autodidattico durante dei soggiorni abbastanza prolungati nella
Svizzera francofona, presso i cognati; la sorella del marito ha sposato un agiato cittadino
elvetico”.

SESSIONE 4 - I PRIMI RICORDI D’INFANZIA: NARRAZIONE E COMMENTO INTERPRETATIVO


Così si esprime Pier Luigi Pagani:“Con la consueta tecnica proposta dalla Psicologia Individuale
per l’esplorazione dei primi ricordi infantili, si richiede alla paziente di ritornare con il pensiero ai giorni
della sua infanzia e di riferire ricordi, impressioni e sensazioni di quel tempo,così, come le ritornano alla
mente. Ecco i suoi primi ricordi: «La prima cosa che mi torna in mente è l’andirivieni da Pordenone a San
Severo. Avevo otto anni. Soggiornavamo in un albergo di cui era proprietario un amico di famiglia.
Ebbene, quel gentiluomo mi ha coinvolto ripetutamente in atti sessuali, più che altro masturbazioni
vicendevoli. Agli incontri partecipava, di tanto in tanto, anche un’altra bambina mia coetanea. Lui mi
adescava con il pretesto che gli dessi una mano a risistemare le camere, ma poi ne approfittava per dare
inizio ai giochi erotici. Il tutto è durato per circa un anno. Ma la cosa che mi turba maggiormente di
questo squallido ricordo è che alle volte ero io ad andarlo a cercare…».
Commento: Alfred Adler raccomanda di prestare molta attenzione al primo ricordo riferito dal soggetto,
in quanto, a volte vi è significata la vera causa del suo disagio. Di solito, il bambino abusato manifesta,
da adulto, disturbi della sfera sessuale, ma la paziente,stando a quanto ha in precedenza rivelato, non
sembra avere grossi problemi in questo campo, a parte il residuo senso di colpa di avere richiesto talora
lei stessa al suo molestatore le prestazioni che, di sicuro, aveva innocentemente apprezzato.
Identificazione della vittima con l’aguzzino? Senso di colpa per i rimproveri rivolti al marito a causa della
scarsa disponibilità da lui dimostrata nei confronti della «sessualità», da lei valutata «abitudinaria, senza
fantasia e monotona»?
«Questo, invece, è un ricordo molto bello! Riguarda il giorno della mia prima comunione. Tanta gente
intorno. Una bellissima festa che faceva dimenticare la miseria e lo sconforto di tutti i giorni. Io ero la
protagonista assoluta! I miei nonni si erano dati tanto da fare perché potessi godere di una giornata
indimenticabile».
Commento: Dal buio del peccato alla luminosità radiosa di un giorno sereno. La paziente passa dalla
posizione di passivo strumento del male alla centralità dell’attenzione di tanta gente convocata per
festeggiarla e ossequiarla in occasione della celebrazione del suo rapporto spirituale col
divino, nel giorno irripetibile in cui la paziente è «la protagonista assoluta». Ma da domani,
ricominceranno, fatali, «la miseria e lo sconforto di tutti i giorni».
«Mi crea ancora terrore il pensiero del rapporto con mio padre: un’esperienza di paura
continua, il timore di sbagliare, le conseguenze delle tensioni fra i miei genitori. Non si
poteva sgarrare, se no botte… ce n’erano per tutti».
Commento: La metodologia adleriana ortodossa escluderebbe questo passo dai primi ricordi infantili e lo
registrerebbe fra i “rapporti”, intendendo per rapporto la sintesi ripetitiva di una serie di esperienze e per
ricordo la presentazione di un singolo avvenimento, ben situato nel tempo. Invece, è possibile, in certe
circostanze, come già ho avuto modo di segnalare, che un rapporto possa avere lo stesso ruolo emotivo
di un ricordo e, di conseguenza, lo stesso valore diagnostico. Come nel ricordo appena
esposto, in cui il terrore e l’angoscia vissuti e trasmessi dalla paziente sono il contenuto di un’esperienza
che ha marcato di sicuro indelebilmente il suo stile di vita, del quale si sta tentando, proprio con gli
strumenti ora utilizzati, di ricomporne le cause originarie e il fine ultimo. La struttura patologica della
personalità del padre è poi qui ribadita nella sua concreta estrinsecazione e il ricordo conferma l’ipotesi
della deleteria influenza da essa indotta sulla formazione psicologica delle giovani figlie.
«Quando mi hanno richiamato in famiglia per dare una mano in quel dannato mulino, il compito che mi è
stato assegnato era di stare alla cassa e di tenere la contabilità. Con la complicità e il tacito aiuto di mia
mamma, sottraevo qualche piccola somma per potermi comprare qualche giornalino o qualche libro di poco
prezzo».
Commento: Si è in precedenza osservato che l’intelligenza, anche se di ottimo livello, non basta da sola a
formare una buona cultura generale;deve essere sostenuta e stimolata da altri strumenti, la volontà,
l’ambizione e l’orgoglio, ma, soprattutto, deve essere alimentata e arricchita dall’apprendimento. E i mezzi
per apprendere, per superare quell’intollerabile «senso di inferiorità», se non sono concessi, bisogna
assolutamente procurarseli in qualche altro modo. E il mezzo escogitato dalla paziente è stato quello di
alleggerire, con scaltrezza e con la tacita complicità dalla madre, la cassa del mulino, sottraendo «qualche
piccola somma».
«Ricordo i giochi sessuali della mia infanzia: giocare al dottore fra coetanei. Che differenza dai giochi
erotici con l’albergatore! Quelli, li ricordo con disgusto, questi, invece, con piacere: erano tutt’altra
cosa».
Commento: Ancora un ricordo-rapporto, come il precedente carico di emotività, soprattutto nel giudizio
che la paziente esprime richiamando alla mente il malessere generato dagli eventi rievocati
nel primo ricordo. Alfred Adler parla di un “normale training erotico dell’infanzia e dell’adolescenza”. È
proprio questo il concetto che la paziente vuole rappresentare: la normalità di un addestramento al
sesso attraverso la sperimentazione infantile e l’anomalia della sua esperienza con l’adulto molestatore.
«Mi viene alla mente uno zio paterno, militare. Quando veniva a trovarci, mi portava sempre dei
ricordini, era molto affettuoso. Ricordo, in particolare, una maglietta che ho indossato per parecchio
tempo, ma non so più bene di colore fosse».
Commento: Questo zio era della stessa famiglia del padre; eppure era molto affettuoso e generoso.
Com’è mai possibile? Le idee si confondono a tal punto che la paziente non ricorda più il colore della
maglietta che le è stata donata.
«Ripenso al tentativo di suicidio di mio padre. Si era buttato dal terzo piano per debiti. Si era solo rotto
una gamba… I nonni si erano rifiutati di aiutarlo per l’ennesima volta. Ho unicamente il vago ricordo di
un ospedale».
Commento: Sembra quasi che la paziente abbia voluto dire: “Peccato, si è rotto solo una gamba… poteva
essere la nostra liberazione… invece…”.
«Legato a questo episodio, mi ricordo di aver sperato che mio padre morisse. Penso,però, che l’idea sia
stata accentuata anche dai discorsi degli zii e dei nonni, che ogni volta sparlavano di lui».
Commento: Sì, è vero: la paziente si era effettivamente augurata che il padre morisse e che finisse con lui
quella condizione senza speranza, ma il senso di colpa per aver concepito un tale pensiero è troppo
gravoso, occorre trovare un’attenuante; non è proprio colpa sua, sono gli zii e i nonni, con il loro sparlare
di suo padre, ad aver sollecitato in lei un’idea tanto spietata.
«Nel momento della partenza da Pordenone per San Severo, io piangevo sempre. Era un lungo viaggio,
ma anche affascinante. Si viaggiava di notte… la sosta nelle stazioni… la voce degli altoparlanti, Ogni volta
che anche adesso mi metto in viaggio, riprovo ancora quelle sensazioni».
Commento: La separazione è simboleggiata dalla metafora della partenza per una località lontana e
diversa. Però, superato il dolore iniziale del distacco, tanto acuto da provocare il pianto,
l’allontanamento acquista fascino, percepito da tutti i sensi, ed è talmente gradevole da essere rivissuto
ogni volta che si ripete la situazione di dover mettersi in viaggio.
«Legato a questo episodio, mi ricordo di aver sperato che mio padre morisse. Penso,
però, che l’idea sia stata accentuata anche dai discorsi degli zii e dei nonni, che ogni
volta sparlavano di lui».
Commento: Sì, è vero: la paziente si era effettivamente augurata che il padre morisse e che finisse con lui
quella condizione senza speranza, ma il senso di colpa per aver concepito un tale pensiero è troppo
gravoso, occorre trovare un’attenuante; non è proprio colpa sua, sono gli zii e i nonni, con il loro sparlare
di suo padre, ad aver sollecitato in lei un’idea tanto spietata.
«Da bambina, non giocavo molto. In quell’albergo, sulla terrazza, mi divertivo da sola… fingevo di essere
una suora, introducendo la testa nel buco di una vecchia coperta sdrucita».
Commento: Quand’era bambina, la paziente non aveva il tempo, o lo spirito,per potersi dedicare al gioco
e l’ambiente evocato lo attesta. Il personaggio interpretato attraverso la finzione del gioco, la suora, e lo
stesso oggetto usato per giocare, la «vecchia coperta sdrucita», bastano da soli a esprime il disagio
della miseria, dell’isolamento e della solitudine vissuti di fatto dal soggetto.
«I miei amichetti di Portogruaro. Ci trovavamo per ascoltare la radio, si andava a vedere la televisione:
“lascia o raddoppia?”, si giocava a tombola con i fagioli, ci si aiutava l’un l’altro, eravamo molto
spontanei».
Commento: Questo ricordo-rapporto esprime l’immediata e spontanea compensazione della sofferta
solitudine espressa nel ricordo precedente. Vi è significata la struggente nostalgia di un tempo perduto,
in cui aiuto reciproco, compartecipazione, semplicità, naturalezza e spontaneità appaiono gli
ingredienti essenziali e i collanti di quella funzione vitale che denominiamo “amicizia”.

SINTESI INTERPRETATIVA DE CASO SESSIONE 1 - ALCUNE CONSIDERAZIONI


Sintesi interpretativa del materiale raccolto per la psicodiagnosi.
La prima considerazione riguarda l’impressione iniziale esercitata dal soggetto sull’operatore.
La paziente si presenta curata nella persona e con un abbigliamento giovanile, ma contenuto;
si esprime in italiano con proprietà e lo scrive in modo altrettanto corretto, tanto da essere
ritenuta di un livello di studi molto superiore a quello realmente raggiunto. Si verrà a
conoscenza più tardi che conosce bene, per autoapprendimento, una lingua straniera, il
francese. S’intuisce ben presto che è un soggetto dotato di un’intelligenza di livello superiore
ed è fornito di una buona cultura generale.
È presumibile che le esperienze offerte dai colloqui preliminari dei precedenti trattamenti,
iniziati e mai conclusi, oltre all’ansia di risolvere al più presto una situazione divenuta
intollerabile, abbiano suggerito alla paziente di abbreviare i tempi introduttivi con tale
stratagemma, o, in alternativa, che lei stessa abbia avvertito un certo fastidio ad affrontare
direttamente certi argomenti imbarazzanti. Come riferisce lo stesso soggetto, il “senso
d’inferiorità” sul piano dell’istruzione è talmente inaccettabile, per la propria ambizione, che,
invece, la vorrebbe “protagonista assoluta”, per il proprio orgoglio e per la propria dignità.
La seconda osservazione concerne il dubbio riguardo alla diagnosi di depressione
formulata alla paziente diversi anni prima. Il sospetto che si tratti di un’opinione
sbagliata è condiviso dall’ultimo psichiatra che l’ha visitata e la conferma dell’errore è
rafforzata dal miglioramento soggettivo che la paziente ha avvertito dopo la drastica
diminuzione della terapia farmacologia antidepressiva. L’ipotesi alternativa è quella di
uno stato di disagio (o di scoraggiamento) instauratosi su di una personalità di base
«emotivamente eccessiva» (isterica?). Disagio e scoraggiamento sono in sostanza termini
intercambiabili. Entrambi sono significati da una «persistente condizione di malessere»,
«un guasto» tale, da far attribuire al disturbo la definizione di «malattia cronica della
vita di relazione», senza che, quindi, sia concessa alcuna possibilità spontanea di
recupero. L’eziopatogenesi di tale disturbo psicologico è presumibilmente da ricercare
nella comparsa della “sindrome del bambino odiato”, sviluppatasi dopo l’allontanamento
dai genitori, con il conseguente vissuto di solitudine. Ma l’aver positivamente superato il
malessere, dopo solo un breve momento di pianto iniziale è indice di buone capacità di
compenso.
Gli elementi disturbanti, maggiormente avvertiti dal soggetto, sono l’appena ricordato «senso
d’isolamento» (il distacco dai genitori e la condizione di solitudine) e la frustrata sessualità, quest’ultima a
causa della percepita «trascuratezza» nei suoi confronti da parte del marito. Il problema dell’inappagata
sessualità è piuttosto complesso, poiché si dipana fra la squallida esperienza infantile con l’adulto
molestatore (1° ricordo), il senso di colpa per aver ella stessa sollecitato i giochi erotici
(1° ricordo: «la cosa che mi turba maggiormente… è che alle volte ero io ad andarlo a cercare…»), il
conseguente mantenimento della sintomatologia per autopunizione (il lapsus calami: «I sintomi che non
mi abbandonano danno fastidio…») e la nostalgica immagine dei giochi sessuali infantili .
Le due figure genitoriali hanno, per la paziente, una grandissima rilevanza ai fini dell’elaborazione
mentale del concetto di uomo e di donna. L’immagine del padre, uomo violento, prepotente e
caratteriale ( ricordo e descrizione della figura paterna nella “costellazione familiare”) , la cui inettitudine
al lavoro lo porta persino a tentare il suicidio per debiti , risulta in antitesi con le altre figure maschili: il
marito, definito uomo «tranquillo, onesto e fedele», il compagno della madre, «amabile, ben accetto e
benvoluto da tutti », il cognato, «buono e onesto, anche se dai modi un po’ rudi» e lo zio paterno,
«molto affettuoso». Senza dubbio, il soggetto opta per il secondo tipo di uomo.
Per quanto riguarda il modello femminile, la madre, vittima, lavoratrice, ma troppo accentrata su di sé,
al punto di trascurare le giovani figlie, «con tutto quello che poi ne è conseguito», non sembra proprio
rappresentare per la paziente l’esempio ideale. Le sorelle, poi …!Infine, è invece notevole per il soggetto il
valore dell’amicizia e dei rapporti sociali .

SINTESI INTERPRETATIVA DEL CASO;SESSIONE 2 - IL CAMBIAMENTO


La paziente si è veramente trasformata: ha abbandonato completamente la terapia farmacologica, lavora a
tempo pieno, sempre nel campo assicurativo con piena soddisfazione, si dedica al volontariato in
parrocchia, frequenta corsi serali, sia culturali che di aggiornamento, ha intrapreso lo studio della lingua
inglese, ritenendola indispensabile nel momento presente. Dei figlioli, uno, ottenuto il diploma dell’istituto
tecnico per geometri, dopo un breve periodo di tirocinio, aiutato dal padre, ha aperto uno studio
professionale; l’altro, quello debole in italiano,è iscritto alla facoltà di architettura ed è a pari con gli esami;
entrambi sono fidanzati e la paziente ha ottimi rapporti con le future nuore. Anche la relazione con il marito
è molto migliorata; vi è molta collaborazione, la sessualità è ora soddisfacente e piacevolmente appagante.
I coniugi hanno molte occasioni di uscire insieme, di divertirsi e di incontrare amici.
Dei figlioli, uno, ottenuto il diploma dell’istituto tecnico per geometri, dopo un breve periodo di tirocinio,
aiutato dal padre, ha aperto uno studio professionale; l’altro, quello debole in italiano, è iscritto alla facoltà
di architettura ed è a pari con gli esami; entrambi sono fidanzati e la paziente ha ottimi rapporti con le
future nuore. Anche la relazione con il marito è molto migliorata; vi è molta collaborazione, la
sessualità è ora soddisfacente e piacevolmente appagante. I coniugi hanno molte occasioni di uscire
insieme, di divertirsi e di incontrare amici.

SINTESI INTERPRETATIVA DEL CASO;SESSIONE 3- IL SOGNO EMBLEMATICO


Il miglioramento della paziente era ormai sufficientemente collaudato, per cui, in completo accordo, si era
stabilito di chiudere la terapia in coincidenza con l’inizio delle vacanze estive, quindi dopo altre tre o
quattro sedute, quando lei viene all’appuntamento,portando il sogno che segue: «Ho fatto un sogno
drammatico e terrificante. Ho sognato di essere nella camera dei miei nonni a Pordenone. Con me ci sono
due animali inferociti: un gatto e un coniglio. Mi si avventano addosso, mi aggrediscono e mi graffiano,
procurandomi profonde e dolorose ferite.
Cerco di difendermi, dibattendomi, finché riesco ad afferrare una scopa e, con il manico, li uccido e li faccio
a pezzi. Poi, vado in bagno e scaravento nel water i resti di quegli animali, facendo immediatamente
scorrere l’acqua dello sciacquone. Ma i resti non vanno giù, anzi,continuano a ritornare a galla: interiora,
teste con le bocche spalancate e gli occhi sbarrati. Insisto e mi coglie l’angoscia: non ci riesco!».
Invitata ad associare, la paziente fornisce le seguenti connessioni di pensieri e di concetti:
«Ho detto la camera dei nonni, ma in realtà è la camera di mia nonna; il nonno è morto quasi subito dopo
la mia nascita. In quella camera ho vissuto anch’io, ho dormito nel letto accanto alla nonna. Forse,
intendevo la camera dei miei genitori?
Il gatto è un animale che non mi è mai piaciuto. Mio padre aveva voluto che tenessimo un gatto, quasi
certamente per tenere lontani i topi dal mulino, ma quella bestia sembrava pazza: spiccava balzi sulle
pareti della stanza, senza nessun motivo. No, i gatti non mi sono mai piaciuti. Il coniglio è da sempre
considerato il simbolo dell’animale docile, è mansueto, timido e pauroso, ma quello del sogno era davvero
feroce, faceva paura!
Io afferro una scopa per difendermi e con quell’arnese, colpendo all’impazzata, li uccido entrambi.
Beh, di solito la scopa è uno attrezzo che si usa per fare pulizia, per allontanare la spazzatura.
Ma l’immondizia non la si butta nel water: nel water vanno a finire gli escrementi, quello che deve essere
rimosso dall’interno del corpo… ma io non ce la faccio a eliminare quei resti orrendi. Che angoscia: non ce
la faccio proprio: continuano a ritornare a galla… quelle bocche spalancate… quegli occhi sbarrati… o Dio,
che orrore!».

SINTESI INTERPRETATIVA DE CASO;SESSIONE 4 - INTERPRETAZIONE DEL SOGNO EMBLEMATICO


Procedendo a ritroso lungo la linea associativa della paziente è ora possibile tentare
l’interpretazione di quanto il suo inconscio abbia voluto comunicare attraverso il linguaggio
recondito e segreto del simbolo, utilizzando come tramite il lavoro onirico.
Quasi sicuramente, quella menzionata nel sogno è proprio la camera dei genitori, perché loro
sono i veri protagonisti della metafora, nascosti dietro i due animali inferociti, utilizzati come
significanti: il gatto pazzo, che compie una sequela di movimenti immotivati e irrazionali, e il
coniglio, abitualmente ritenuto un animale tranquillo, ma che qui, accoppiato a un animale
furioso, diventa altrettanto aggressivo e violento.
Che il gatto simboleggi la figura del padre non è difficile da dimostrare: è il padre che ha
voluto quell’animale per proteggere il mulino dai topi. Purtroppo, anche questa decisione si è
dimostrata improduttiva, l’animale era impazzito e non serviva allo scopo, ma rappresentava
solo un elemento di disturbo e di confusione. Il coniglio, invece, significa la madre,
fondamentalmente priva di cattiveria, ma che congiunta al marito interagisce con lui e ne
assume tutte le caratteristiche negative.
Entrambi gli animali si avventano sulla paziente, l’aggrediscono, la graffiano, procurandole
profonde e dolorose ferite. Le ferite simboleggiano tutte le sofferenze dalla stessa patite a
causa dei genitori: l’abbandono, la solitudine, le paure, le violenze, tutte le conseguenze
dei loro comportamenti sconsiderati. Ma il grave stato di frustrazione comporta
immancabilmente una reazione aggressiva, se non altro, per difesa[1]. Il soggetto si sta
dibattendo, bisogna assolutamente trovare il modo di annientare gli aggressori, anche con
il primo strumento che può capitare fra le mani, non c’è tempo per riflettere. E invece,
l’attrezzo sembra proprio essere il più adatto per affrontare gli assalitori, farli a pezzi e,
finalmente, liberarsene per sempre.
Con sorpresa, però, l’operazione non riesce: il luogo scelto per depositarvi i resti è
improprio, non adatto per questo tipo di rifiuti: il water. Così, nonostante lo scorrere
dell’acqua, i pezzi di quei corpi fatti a brandelli, le interiora, le teste con le bocche
spalancate e gli occhi sbarrati, non vanno giù, anzi, continuano a ritornare a galla, non è
proprio possibile liberarsi di loro e coglie l’angoscia.
Perché questo sogno proprio adesso che l’analisi sta per finire? Che tutto avesse avuto
inizio nel suo lontano passato non è una novità per la paziente;
ormai ha acquisito da tempo la coscienza che le figure genitoriali hanno avuto per
la formazione del suo stile di vita una rilevanza estremamente negativa, allora,
perché questo sogno?
Ci troviamo di fronte ad una “resistenza alla fine del trattamento”. La cosa, però,
non deve stupire più di tanto. Capita abbastanza con frequenza che il paziente non
si senta ancora in grado di affrontare da solo l’impatto con la vita e con l’ambiente:
è il caso delle così dette “analisi interminabili”, bloccate e ritardate da una
dinamica, talora equivoca e talora conflittuale.
In tali situazioni, l’intervento più efficace da parte dello psicoterapeuta deve
essere quello di offrire al soggetto la garanzia del proprio intervento nel caso
che, in futuro, dovesse rendersi necessario.

I DISTURBI DI PERSONALITA’;SESSIONE 1 - RAPPORTO TRA PERSONALITA’ E DISTURBI DELLA


PERSONALITA
Parlare di disturbi della personalità presuppone il chiamare in causa la definizione di
persona, ossia di una unità inscindibile, con un propria stabilità e costanza che, non può
essere definita né normale né anormale, né disturbata né sana, ma può essere solo
considerata per ciò che propone nel suo presentarsi al mondo. La definizione di disturbi di
personalità suscita quindi una tensione continua tra il concetto di malattia che, nel contesto
del DSM ha a che fare con i concetti di norma statistica e di adeguatezza a tal punto che i
disturbi codificati si richiamano ad un comportamento, un pensiero, un modo di essere
socialmente accettato dal gruppo di appartenenza e il concetto di persona che, al contrario,
non ha un corrispettivo in una normalità statistica. Il peso clinico e sociale che tali condizioni
dimostrano di avere è sempre più importante, tanto che ormai è prassi comune sentire
parlare anche in ambiti come quello delle tossicodipendenze, del disagio minorile della
marginalità sociale ecc. di doppia o tripla diagnosi, riferendosi a condizioni spurie in cui si
combinano insieme varie diagnosi cliniche tra cui appunto appaiono quasi costantemente
uno o più disturbi di personalità.

I disturbi di personalità
Affrontare il tema della personalità disturbata ci porta ad aprire una parentesi su cosa
possa essere la personalità.
Potremmo definire personalità, una modalità, un come al posto di un che. Personalità è il
come viene vissuta la propria presenza al mondo. Si parla di personalità introverse ed
estroverse, di personalità artistiche o razionali, ma appare evidente come tutte queste
suddivisioni e semplificazioni non siano altro che tentativi di inquadrare ciò che per natura
è difficilmente inquadrabile. La personalità è più semplicemente come noi stessi ci
poniamo in rapporto con il mondo.
Ci si chiede spesso se si tratti di una questione ereditaria o che ha a che fare con
l’ambiente di provenienza o forse è un qualcosa che può riguardare l’educazione ricevuta?
Queste sono le tipiche domande che emergono quando ci si avvicina allo studio della
personalità. È ormai risaputo come vi sia una parte che precede le esperienze sociali. Il
bambino prima ancora di nascere, nel periodo fetale, sembra già manifestare un suo
temperamento. Possiamo dunque vedere nel “temperamento” una sorta di fase di tipo
pre-esperienziale che può condizionare lo sviluppo della sua personalità. Poter dire se tale
componente innata sia ereditaria, genetica o magari anche casuale .
E’ comunque certo è che una componente fondamentale per la formazione della personalità è attribuibile
alle esperienze ambientali,sociali ma secondo la Psicologia individuale di Alfred Adler vi è comunque
una parte che non dipende dalla ereditarietà e non è formata dalle esperienze ambientali, ma che utilizza la
prima come base di partenza e le seconde come materiale su cui agire, che è costituito dal sé creativo,
ossia quella funzione del sé che è in grado di interpretare i fatti del mondo interno ed esterno in modo del
tutto unico ed irripetibile e che trasferisce al singola persona valore in quanto tale. Si potrebbe dire che il sé
creativo è un qualcosa in più che permette anche a due gemelli omozigoti che sono quindi identici sotto il
profilo genetico e che sono cresciuti nello stesso ambiente di attribuire ad una stessa esperienza significati
e valori per sé differenti,unici e di conseguenza irripetibili.

I DISTURBI DI PERSONALITA’ SESSIONE 2 – CONSIDERAZIONI SUL DISTURBO BORDERLINE


DI PERSONALITA (CLUSTER B) -PARTE A
Tra i disturbi di personalità rilevanti c è senza dubbio il disturbo borderline di personalità.
Il termine borderline risulta essere univoco e nella storia della psicopatologia e della clinica nel
tempo assunto significati diversi . E’ stato usato con un significato aggettivante rispetto a
sindromi maggiori quali la schizofrenia o sindromi affettive maggiori. Nell’uso attuale della
clinica psichiatrica il termine indica in modo piuttosto restrittivo una specifica realtà
psicopatologica.
Le differenze profonde che sottendono ai differenti significati con cui il termine è stato
utilizzato dipendono dal contesto culturale e clinico che la psichiatria ha seguito nei diversi
momenti storici. Nulla da stupirsi, dunque, se attualmente, stante la tendenza alla
iper-specializzazione delle scienze e della scienza medica più fanno riferimento il termine sia
inteso ad indicare una realtà clinica catalogabile e inseribile in una delle categorie diagnostiche
definite dal manuale di riferimento.
il concetto di personalità disturbata viene utilizzato nella clinica attuale per indicare
(prevalentemente) anomalie del comportamento che sono stabili nel tempo (di solito
dall’adolescenza o dalla prima età adulta) e che esitano in una profonda differenza dal
comportamento normale socialmente accettato.
Autore inequivocabilmente di riferimento per lo studio della condizione borderline è Otto
Kernberg, proveniente dalla scuola psicoanalitica di tradizione Kleiniane, secondo cui il
termine indicherebbe una struttura di personalità che includerebbe molti degli attuali
disturbi diagnosticati secondo l’attuale sistema diagnostico del DSM (Disturbo d’ansia
generalizzato, Parafilie, Dipendenza da sostanze, Disturbo depressivo maggiore ricorrente,
Disturbi della sfera alimentare, Disturbo borderline di personalità, Disturbo narcisistico di
personalità,. Disturbo antisociale di personalità, Disturbo paranoide di personalità,
Disturbo schizoide di personalità) e che si caratterizzerebbe per manifestazioni aspecifiche
di debolezza dell’Io, mancanza della rimozione come meccanismo di difesa principale (e
utilizzo di meccanismi di difesa arcaici quali la scissione, l’identificazione proiettiva, l’acting
out), un disturbo delle relazioni oggettuali, il possibile scivolamento verso processi di
pensiero primario pur nel mantenimento di un corretto esame di realtà (il che si traduce
nel mantenimento di un esame di realtà corretto pur con la possibilità di manifestare
transitori sintomi psicotici).
Queste manifestazioni riguarderebbero nella teoria di Kernberg che si rifà
alle posizioni Kleiniane, ma anche alla teoria dei meccanismi di difesa di Anna Freud, così come alle teorie
evolutive della Mahler e della Jacobson,una condizione che ha conosciuto nello sviluppo normale un
arresto evolutivo ad una posizione pre-edipica e cioè la posizione schizoparanoide.
Questo arresto dello sviluppo non premetterebbe di raggiungere la “posizione depressiva” ove oggetti
buoni e cattivi vengono finalmente integrati in una rappresentazione unitaria e completa della madre ove
possono coesistere rappresentazioni positive e negative. Non si svilupperebbe la possibilità di utilizzare la
rimozione come meccanismo di difesa.
Tali caratteristiche strutturali della personalità favorirebbero dunque uno stato di mancata integrazione di
differenti parti di sé portando ad una condizione che viene definita diffusione di identità (differenziata
dalla condizione tipica della psicosi della frammentazione).
L’incapacità a strutturare una adeguata integrazione di parti di sé e del mondo determinerebbe
l’impossibilità a tollerare l’ansia e la frustrazione in quanto stati d’animo collegati con la percezione di
immagini totalmente e assolutamente cattive.

I DISTURBI DI PERSONALITA’ SESSIONE 3 – CONSIDERAZIONI SUL DISTURBO BORDERLINE


DI PERSONALITA - PARTE B
Caratteristica della struttura borderline è anche il vuoto cronico, che costituisce un nucleo di
funzionamento psicotico ove non vi è accesso alla simbolizzazione. La mancanza di
integrazione tra oggetti buoni e cattivi determina una impossibilità a costituire un oggetto
simbolico che colmi l’assenza dell’oggetto reale, gettando così la persona in una dimensione
di abbandono e di vuoto costanti.
Da ciò l’impossibilità a strutturarsi come sé autonomo, indipendente, stabile nel tempo; di
qui dunque la necessità di costituire una scatola vuota di rappresentazioni di parziali identità
prese a prestito dagli altri e dal mondo incontrato che di volta in volta serve a tenere lontani
dall’assenza di strutturazione interna.
Il soggetto, ha costantemente necessità di dotarsi di “io ausiliari” che gli forniscono di volta in volta diverse
identità, secondo un funzionamento speculare, ma che, proprio per questa dipendenza dall’oggetto
assoluta, gli danno un potere massimo. L’oggetto attraverso cui si riesce a sopravvivere diviene man mano
portatore di salvezza e di condanna assumendo di volta in volta, nell’assenza di una possibile integrazione
tra rappresentazioni buone e cattive, il ruolo di salvatore e di persecutore,con la costante minaccia da un
lato di essere abbandonati e lasciati nel vuoto e dall’altra di essere invasi e distrutti. In una patologia al
limite,quale quella borderline,si manifesta la mancanza di integrazione e di coesione, di costanza, intesa sia
in senso relazionale che temporale e a questo proposito possiamo parlare di diffusione di identità e
frammentazione del tempo.

I DISTURBI DI PERSONALITA’;SESSIONE 1 – CLUSTER A - CONSIDERAZIONI


Per ciò che riguarda il cluster A troviamo tre disturbi nei quali si evidenzia un sostanziale distacco dal
mondo.( disturbo schizoide, disturbo schizotipico, disturbo paranoide). Nel disturbo schizoide si evidenzia
un sostanziale distacco dalle relazioni sociali, dal piacere, un’indifferenza di fondo rispetto a tutto ciò che è
l’ambito emozionale e affettivo. Nel disturbo schizotipico di personalità si nota, oltre che una deficitaria
relazionalità e capacità di entrare in una dimensione di intimità, l’adesione ad una sorta di pensiero “altro”,
seppure non delirante. Si tratta di quello che viene definito “pensiero magico” o strane credenze, ideazione
di riferimento, fenomeni percettivi anomali, sospettosità o ideazione paranoie, comportamento eccentrico.
Nello specifico sembra che la presentazione di un tale disturbo possa essere predittivo di una evoluzione
verso a schizofrenia. Il dubbio è anche che tale disturbo non sia predittivo di nulla, bensì sia
semplicemente una forma di psicosi schizofrenica che inizia a manifestarsi in modo incompleto fino a
sfociare successivamente in un disturbo clinicamente più definito.
Nel disturbo paranoide di personalità si evidenzia una sfiducia e sospettosità diffusa nei confronti degli altri
e del mondo in generale che si manifesta nella convinzione di essere sfruttato o danneggiato in modo
ingiusto dagli altri verso cui prova rancore o rabbia e più in generale nella convinzione che il mondo non
possa essere un luogo cui tributare fiducia.

I DISTURBI DI PERSONALITA’ SESSIONE 2 – CONSIDERAZIONI SUL DISTURBO NARCISITICO DI


PERSONALITA’ (CLUSTER B)
Il soggetto affetto da disturbo narcisistico di personalità intrattiene con il mondo esterno un rapporto
distorto, in cui tutti gli altri vengono utilizzati per le proprie finalità e in cui non vi è un vero spazio per una
dimensione realmente dialogica e di reciprocità. Secondo le linee direttive già esplorate potremmo dire che
il mondo è frequentabile per il narcisista a patto che si conformi alle sue esigenze e che possa da lui essere
utilizzato per confermare la sua fragile autostima.
Esistono in realtà due forme del disturbo narcisistico di personalità, che possono essere
differenziate nella forma “ipervigile” e nella forma “inconsapevole”. In entrambi i casi si
assiste, come già anticipato, ad una sostanziale incapacità del soggetto di vivere in modo
armonico le complessità delle relazioni interpersonali.
Nel primo caso il soggetto vive nella continua attesa del giudizio altrui e delle altrui
reazioni. La loro attenzione è costantemente diretta nei confronti degli altri e alle loro
critiche. Sono persone inibite e introverse, timorose, ipersensibili alle critiche e al senso di
vergogna, pur se sottostante appare un desiderio di manifestarsi in una modalità
grandiosa.
All’estremo opposto il narcisista inconsapevole riporta costantemente l’attenzione verso di
sé risultando al contrario insensibile e inconsapevole delle reazioni degli altri, appare
arrogante, aggressivo, autocentrato e autoreferenziale, sempre nel tentativo di essere al
centro dell’attenzione. Tenta continuamente di mantenere alta la stima di sé evitando le
situazioni che potrebbero metterlo in discussione ed evidenziare eventuali aree di
vulnerabilità e fragilità.
Seppure molto differenti per le caratteristiche appena discusse (divisione che può portare
a considerare dunque due gruppi, uno caratterizzato da sostanziale vulnerabilità e l’altro da
una ostentata grandiosità), in entrambi le situazioni si evidenzia una sostanziale
indifferenza verso gli altri, e autocentratura.
Per ciò che concerne i disturbi di personalità, in modo particolare il disturbo narcisistico di
personalità, si possono ravvisare consonanze importanti con una certa lettura di tipo
sociologico che identifica la nostra epoca storica come un’età del narcisismo.

I DISTURBI DI PERSONALITA’;SESSIONE 3 - CLUSTER C - CONSIDERAZIONI


Si può evidenziare anche per il cluster C una presa di distanza dal mondo che, tuttavia, appare ancora
come un luogo invitante ma ancora non raggiungibile.
Nel disturbo evitante, rispetto allo schizoide del cluster A, viene infatti descritta una maggiore tensione
verso il mondo che tuttavia permane ancora ad una distanza da esso colmabile solo nella misura in cui il
paziente percepisce la sicurezza di non essere umiliato.
Nel disturbo dipendente di personalità si evidenzia invece una tensione verso il mondo esterno, verso il
mondo degli altri che può essere resa praticabile solo nella misura in cui il soggetto non si sente da solo ad
affrontare, il mistero e l’imprevedibilità che il mondo inevitabilmente porta con sé. È possibile frequentare
il mondo solo nella misura in cui non si è da soli, solo nella misura in cui qualcuno funge da sostegno e da
punto di riferimento sicuro.
Nel disturbo ossessivo compulsivo di personalità, il soggetto deve mantenere un controllo su tutto ciò che
lo circonda che si manifesta con una attenzione eccessiva per i dettagli, le regole, gli elenchi, l’ordine il cui
mancato rispetto genera uno stato di ansia ed inquietudine poco tollerabili. Viene dato molto spazio e
valore all’efficienza e al lavoro, alla coscienziosità e alla scrupolosità con pochi spazi lasciati per la
dimensione del piacere e per la possibilità di perdere anche solo parzialmente il controllo della situazione.
Per ciò che riguarda il cluster B, il disturbo di riferimento è il disturbo borderline. Questo cluster di
disturbi si caratterizza per una dinamica più conflittuale con gli altri e con le relazioni interpersonali. Se
negli altri due cluster si evidenziava una sostanziale autosottrazione dalle relazioni, nel cluster B si
assiste invece ad una frequentazione del mondo possibile, anche se connotata da modalità relazionali
profondamente disfunzionali. Fanno parte di tale cluster il disturbo Borderline e il disturbo Narcisistico.

I DISTURBI DI PERSONALITA’;SESSIONE 4 - CLUSTER B


Oltre al disturbo borderline e narcisistico di cui abbiamo già parlato, fanno parte del
cluster B il disturbo Antisociale e il disturbo Istrionico di personalità.
Per ciò che riguarda il disturbo antisociale di personalità, definito in passato psicopatia o
sociopatia, possiamo osservare che si tratta di soggetti freddi, calcolatori, incapaci di provare empatia per
gli altri e rimorso per gli atti criminali commessi. Probabilmente le prime esperienze di vita in un ambiente
assolutamente non empatico, violento e svalutante hanno fornito al futuro soggetto
antisociale tutti gli strumenti per cercare di evitare nella sua successiva esperienza qualunque
tipo di contatto umano, troppo pericoloso e al di fuori dal controllo. L’unico modo per mantenere un
contatto con il mondo è appunto quello di agire piegandolo al proprio bisogno di vendetta e di
autoaffermazione in senso violento.
All’interno del cluster B troviamo ancora il disturbo istrionico di personalità. Questo disturbo è stato
spesso paragonato alla antica “isteria” nel senso che si tratta qui di soggetti che mettono in atto una
continua recita, proponendosi con estrema teatralità e seduttività spinta all’eccesso, utilizzando il corpo
come mezzo di comunicazione e di provocazione per ottenere attenzione, affetto, presenza dal pubblico cui
si rivolge.
Anche in questo caso appare evidente come sia fortemente compromessa l’asse relazionale tra il soggetto e
il mondo, gli altri. In questa situazione il soggetto istrionico ha costantemente bisogno di essere al centro
dell’attenzione, di essere visto, di essere ricordato e di manipolare la realtà per ottenere tale scopo. A tale
bisogno estremo di platea a cui presentarsi non segue tuttavia dopo una analoga capacità di
approfondimento delle relazioni e delle situazioni in cui si trova dovendo passare costantemente da una
situazione ad un’altra nel momento in cui l’attenzione viene meno. È’ probabile che siano persone che sono
state non considerate nelle loro prima esperienza di vita o al contrario che sono state abituate a ricevere
attenzioni e considerazioni solo nella misura in cui mettevano in atto manovre “seduttive”.

I DISTURBI PSICOSESSUALI;SESSIONE 1 - DISTURBI DELL’IDENTITA’ DI GENERE - CONSIDERAZIONI


In presenza di un disturbo dell’identità di genere, la persona sente di abitare un corpo vissuto
essenzialmente come involucro egodistonico che non esprime la propria “reale” sessualità di genere e che
costringe invece ad una continua finzione e costrizione. L'identità fondamentale di genere è infatti il
senso soggettivo di consapevolezza del genere di appartenenza, cioè la consapevolezza che "io sono un
maschio" oppure "io sono una femmina".
L'identità di genere è il senso interiore di appartenenza al genere maschile o femminile. Il ruolo di genere è
l'espressione pubblica oggettiva dell'essere maschio, femmina o androgino. Per la maggior parte delle
persone l'identità e il ruolo di genere sono corrispondenti. Molto spesso si verificano nel
nevrotico, nel borderline e nello psicotico, disturbi nel rapporto tra identità di genere e identificazione con
il proprio ruolo di genere .
I soggetti con disturbi dell'identità di genere percepiscono una grave incongruenza tra il
proprio sesso anatomico e l'identità di genere. L’impatto ambientale può essere talmente
importante che quando vi è confusione sull'attribuzione del sesso e sulla conseguente
educazione, i bambini possono sviluppare un'incertezza circa la propria identità o il proprio
ruolo sessuale.
Se si verifica questa condizione, che compare spesso a partire già dai 2 anni di età, ma che
viene spesso diagnosticata solo in bambini tra i 6 e i 9 anni, si giunge quasi sicuramente a
vivere in età adulta in modo egodistonico la dimensione relazionale /affettiva/ sessuale.
Sovente si ricerca, anche attraverso interventi di chirurgia plastica, di potere “correggere” i
caratteri sessuali primari ed eventualmente secondari che non corrispondono alla sessualità
psicologica. La diagnosi richiede la presenza di una identificazione trans-genere (il desiderio
o l'idea ostinata di appartenere all’altro sesso) e un senso di disagio circa il proprio sesso o di
inadeguatezza nel proprio ruolo di genere e richiede anche la presenza di una sofferenza
significativa o di una compromissione evidente nell'area di funzionamento sociale,
professionale o in altre aree importanti. Il disturbo dell'identità di genere non viene
diagnosticato se il soggetto si traveste o compie altre attività trans-genere senza una
concomitante sofferenza psicologica o una compromissione del funzionamento, oppure se
il soggetto ha una condizione fisica intersessuale (p. es., iperplasia surrenalica congenita,
genitali ambigui, sindrome da insensibilità agli androgeni).

I DISTURBI PSICOSESSUALI;SESSIONE 2 - PARAFILIE - CONSIDERAZIONI


Parafilie
Il termine parafilie indica l’interessamento per un oggetto del desiderio che si allontana rispetto alla
normalità e questo pone un primo problema. La definizione di una normalità specialmente nell’ambito della
vita affettiva,sentimentale e sessuale si intreccia con la complessa strutturazione culturale.
Parlando di parafilie si intende una famiglia di disturbi nella quale ciò che appare deviante è l’esistenza di
un oggetto specifico o di un modo specifico su cui il soggetto indirizza la propria pulsione e spinta sessuale.
A grandi linee possono essere individuati disturbi differenti quali Voyeurismo-esibizionismo,Masochismo-
sadismo, Travestitismo, Pedofilia, Feticismo.
La violenza che si manifesta nelle relazioni pedofile o sadiche dove l’oggetto dell’eccitazione
diviene bersaglio di dinamiche aggressive non integrate nella personalità intesa in senso
unitario trova sbocco unicamente nella sfera sessuale. Anche nelle relazioni sadomasochistiche sul
versante passivo masochistico si nascondono elementi di profonda
aggressività celata e resa evidente nella dipendenza che il polo passivo induce nell’apparente
polo attivo della relazione.
L’elemento peculiare di tutte queste forme di devianze è che spesso non si ravvisano
elementi di egodistonia e il soggetto esperisce tali articolazioni senza porsi il problema dalla
decisione di “farsi curare". Spesso, infatti tali devianze vengono segnalate sul fronte legale e
non su quello terapeutico e vi giungono solo in seconda battuta.

I DISTURBI PSICOSESSUALI;SESSIONE 3 - LE DISFUNZIONI SESSUALI - CONSIDERAZIONI


Per disfunzioni sessuali si intendono quei disturbi che ostacolano o impediscono il rapporto sessuale:
mancanza del desiderio, avversione sessuale, mancanza di eccitamento nella donna e carenza o mancanza
dell'erezione nell'uomo, eiaculazione precoce, vaginismo; disturbo dell'orgasmo, con difficoltà o assenza del
raggiungimento dell'orgasmo, che può manifestarsi tanto nella donna, quanto nell'uomo.
Il buon funzionamento sessuale nell'uomo e nella donna dipende dalla sequenza di risposta
allo stimolo sessuale, che consiste in una fase anticipatoria (desiderio), in un'efficace reazione
vasocongestizia (erezione nel maschio; tumescenza e lubrificazione nelle donne),
nell'orgasmo e infine nella fase di risoluzione.
Dal punto di vista biologico la sequenza di reazione allo stimolo sessuale è mediata da
un'interrelazione delicata e bilanciata tra sistema nervoso simpatico e parasimpatico. La
vasocongestione è largamente mediata dalla via parasimpatica (colinergica), l'orgasmo è
mediato prevalentemente dalla via simpatica (adrenergica). L'eiaculazione avviene quasi
completamente per via simpatica; l'emissione coinvolge una stimolazione simpatica e
parasimpatica. Queste risposte risultano facilmente inibite da influenze corticali o da alterati
meccanismi ormonali, nervosi o vascolari.
I disturbi della reazione sessuale possono coinvolgere una o più delle fasi del ciclo.
Generalmente sono disturbati sia gli aspetti soggettivi del desiderio, dell'eccitazione e del
piacere, che la componente oggettiva dell'atto, cioè vasocongestione e orgasmo, sebbene
ciascun aspetto possa occasionalmente essere interessato in maniera isolata, dando origine a
disturbi del desiderio sessuale, disturbi dell’eccitamento sessuale e disturbi dell’orgasmo in
modo isolato.
Se nelle perversioni si assiste indubbiamente ad una modificazione della sessualità armonica
che si direziona in modo quasi cristallizzato verso un oggetto che consente di esperire la
propria sessualità (modificando quindi la modalità con cui la sessualità viene vissuta dal
soggetto, generando dunque una sessualità distorta), nelle disfunzioni sessuali si assiste
invece ad una modificazione (nel senso di una riduzione) che può portare ad una
impossibilità a vivere la propria sessualità. Se, inoltre, solitamente, le perversioni riguardano
primariamente il soggetto che si mette in relazione ad un mondo circostante (per cui anche
nel sostituirsi delle persone specifiche verso cui viene indirizzata la propria sessualità si
mantiene la rigida cristallizzazione propria del modo con cui questa viene vissuta), nelle
disfunzioni sessuali le problematiche possono concernere il soggetto e la sua relazione con il
mondo esterno o con potenziali partner in senso generale oppure la relazione più specifica
all’interno di una coppia.
In via molto generale, i fattori psicologici che possono concorrere alla manifestazione di una
disfunzione sessuale possono comprendere rabbia verso il partner, paura dei genitali del
partner, paura dell'intimità, di perdere il controllo, della dipendenza o della gravidanza; senso
di colpa per il piacere, depressione; ansia causata da disaccordo coniugale, situazioni di vita
stressanti, invecchiamento, ignoranza delle norme sessuali (p. es., frequenza e durata dei
rapporti, sesso orale o altre pratiche sessuali) e infine credenze in miti sessuali (p. es., i
supposti effetti deleteri della masturbazione, dell'isterectomia o della menopausa). Le cause
immediate di ansia sono rappresentate da paura di insuccesso, dalle esigenze rispetto alla
prestazione, all'auto-osservazione (osservazione della propria risposta fisica), da un eccessivo
desiderio di piacere al partner, dall'evitamento del sesso o del parlare di temi sessuali. Tali
fattori compromettono ulteriormente l'atto sessuale e la soddisfazione, e il continuo
evitamento dell'attività sessuale con peggioramento della comunicazione crea un circolo
vizioso.
Altri fattori inibitori correlati comprendono la scarsa conoscenza degli organi sessuali e delle
loro funzioni (spesso perché ansia, vergogna o sensi di colpa ne hanno inibito
l'apprendimento) eventi traumatici nell'infanzia o nell'adolescenza (p. es., incesto, stupro),
sentimenti di inadeguatezza, educazione religiosa inappropriata, eccessivo pudore e
avversione puritana ai rapporti sessuali.
È tuttavia molto difficile interpretare l’ampia gamma di tali disturbi solamente leggendo tali
fattori di disturbo generali, così come d’altro canto affrontare in modo esaustivo ciascuna
delle differenti modalità con cui si possono manifestare le singole disfunzioni sessuali senza
entrare nel merito di casi singoli, proprio per il significato assolutamente personale che per
l’individuo questi disturbi possono assumere.

I DISTURBI PSICOSESSUALI;SESSIONE 4 - LA TERAPIA E LE PARAFILIE - CONSIDERAZIONI


Secondo Gabbard i pazienti con parafilie sono difficili da trattare e la maggior
parte di essi accetta la terapia a seguito di pressioni esercitate da atri. I
programmi terapeutici prevedono modelli integrati adatti al singolo paziente.
Esiste una solida letteratura psicoanalitica e psicoterapeutica sulla terapia di
certe forme di parafilie.
Molte delle perversioni sono egosintoniche; solo eccezionalmente pazienti che sono
disturbati dai loro sintomi ricercano volontariamente un trattamento.
In casi di voyeurismo, esibizionismo e in modo particolare pedofilia, provvedimenti legali
spesso impongono la terapia come indispensabile per ottenere la libertà condizionata quale
alternativa al carcere.
Con certi pazienti, pedofili soprattutto, il terapeuta può sentire di non riuscire ad essere
efficace a causa come sostiene Gabbard di “un intenso odio controtransferale”.In questi casi
-suggerisce l’autore- è meglio indirizzare il paziente altrove.
Una ulteriore difficoltà al trattamento- prosegue Gabbard – è la psicopatologia associata. Le
fantasie e il comportamento perverso sono già abbastanza difficili da modificare b, ma
quando la condizione del paziente è complicata da una patologia antisociale, borderline o
narcisista, la prognosi diviene ancora più sfavorevole.

DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE;SESSIONE 1 - L’ANORESSIA NERVOSA - CONSIDERAZIONI


L’etimologia di anoressia è an - ôrexis (mancanza di appetito) e appetito deriva da oregein, ossia
tendere le braccia, cercare, per rendersi conto della forzatura cui sono sottoposte queste condizioni
cliniche che a vario titolo finiscono per coinvolgere l’intero vissuto corporeo e, ovviamente, il rapporto
con il tempo, lo spazio e gli altri.
L’anoressia nervosa è rappresentata clinicamente da una condizione di drammatica riduzione
dell’introduzione di cibo associata a pratiche volte ad una eliminazione del cibo stesso o dell’introito
calorico ,come il vomito autoindotto o l’uso di diuretici o lassativi o ad un’attività fisica spropositata per
portare il bilancio entrate/uscite verso il segno negativo, che porta ad un considerevole calo ponderale. Si
assiste ad una profonda modificazione fisica ma anche psicologica, con un’incapacità di pensare ad altro al
di fuori del cibo da preparare, da assumere e da eliminare, nel perenne tentativo dei tenere sotto controllo
il peso corporeo. Nel corso della cronicizzazione della situazione clinica si assiste nella donna che ne é
colpita ad un’alterazione dei caratteri sessuali secondari, con una riduzione delle masse grasse che
differenziano per disposizione il corpo femminile da quello maschile (spesso accompagnata
ad un’atrofia anche delle masse muscolari), delle ghiandole mammarie e la comparsa di una fine peluria
che ricopre tutto il corpo.
La pelle si inaridisce e finisce con lo squamarsi. queste Si assiste anche ad una globale modificazione della
funzionalità di vari organi (cuore, reni,ghiandole endocrine, ecc. ecc.), con una riduzione del metabolismo
basale,una modificazione endocrinologica complessa, una compromissione del funzionamento di vari
organi interni che può portare nei casi più gravi ad una situazione di collasso plurisistemico e alla morte,
evento questo tutt’altro che raro. Sempre connessi con tale condizione vi sono errori
della capacità del giudizio con la possibilità di trovarsi di fronte ad un pensiero ossessivo o dominante, fino
a giungere ad un vero e proprio delirio monotematico :io sono grasso/grassa nonostante l’evidenza fornita
dal peso espresso dalla bilancia.
I clinici che hanno in trattamento pazienti con anoressia nervosa concordano nel ritenere che gli obiettivi
terapeutici non debbano essere strettamente focalizzati sull’aumento di peso (Boris,1984; Bruch, 1987;
Chessick,1985;Hughes, 1997 ed al.).Garner e collaboratori (1986), prevedono un primo passo di ripresa
dell’alimentazione per acquistare peso. Una volta raggiunto questo obiettivo, può iniziare il secondo passo
dell’intervento psicoterapeutico.
Le pazienti anoressiche mostrano un miglioramento quando l’approccio terapeutico è combinato
(psicoterapia della famiglia e psicoterapia individuale).
Anche il ricovero ospedaliero può essere un’aggiunta efficace .Secondo Garfinkel, Garner(1982), una
perdita del peso del 30% rispetto al normale peso corporeo richiede il ricovero.
I membri dello staff del reparto devono prestare particolare attenzione a tentativi inconsci del paziente di
rimettere in atto nell’ambiente ospedaliero le battaglie famigliari. Come afferma Gabbard: “Devono
riuscire a trasmettere il proprio interesse nei confronti del paziente per aiutarla/o a riacquistare peso senza
però preoccuparsene eccessivamente, e senza porre richieste simili a quelle che farebbero i
genitori … il paziente può essere aiutato/a ad affrontare la paura di perdere il controllo stabilendo pasti
frequenti ma poco abbondanti…Se terapie individuali e familiari erano già state avviate prima
dell’ospedalizzazione , dovrebbero continuare durante il ricovero”.

DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE;SESSIONE 2 - ANORESSIA NERVOSA E ASPETTI


CONTROTRANSFERALI - CONSIDERAZIONI
Hughes (1997), descrive alcuni degli aspetti controtransferali in cui ci si imbatte nella
terapia delle pazienti con anoressia nervosa. Le pazienti tentano di attribuire al
terapeuta un ruolo analogo a quello che conferiscono ai genitori. Spesso si mostrano
pronte a collaborare per poi sabotare il lavoro del terapaeuta. Il terapeuta deve
adattarsi alla frustrazione di sentirsi spesso ingannato dal paziente. L’ansia del
terapeuta è aumentata dal fatto che le pazienti anoressiche stanno “giocando con la
morte”.
Le errate percezioni del paziente riguardo al suo corpo dovrebbero secondo Powers (1984), essere
esplorate con la paziente in modo non giudicante.
Gli psicoterapeuti devono essere flessibili,insistenti e tenaci di fronte alla tendenza della paziente a rinviare
continuamente il processo terapeutico.
Lo psicoterapeuta deve cercare di educare senza porre alcuna richiesta di cambiamento.

DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE;SESSIONE 3 - BULIMIA NERVOSA - CONSIDERAZIONI


Si tratta di una condizione caratterizzata dall’introduzione, durante crisi che vengono solitamente chiamate
“abbuffate”, di grandi quantità di cibo.
Durante una crisi possono essere assunti anche vari chili di cibo senza riuscire a fermarsi fino a quando, ad
esempio, non vengono esaurite tutte le scorte presenti nel frigorifero . Alla fine di tali crisi, accompagnate
da uno stato di coscienza che può anche essere alterato,compare di solito un senso di colpa insistente e
tormentante per aver ceduto alla crisi e non è infrequente che si ricorra ad attività fisica o al vomito
autoindotto nella speranza di consumare calorie o eliminare quanto più cibo possibile dallo
stomaco. Spesso a tale scopo vengono adottate tecniche particolari per riconoscere quando si è eliminato
pressoché tutto il contenuto dello stomaco, come l’introduzione per primo di un cibo molto colorato,
facilmente riconoscibile quando eliminato e indice che non vi è più nulla da espellere.
Di solito, mentre all’inizio è necessario indurre il vomito, utilizzando ad esempio la stimolazione con le dita
del faringe , causando tipiche lesioni delle nocche, il soggetto riesce col tempo ad autoprovocarsi il vomito
senza alcuna stimolazione fisica. Tipiche sono, dopo mesi o anni che la patologia si è instaurata, le lesioni
dello smalto dei denti per l’opera erosiva cronica degli acidi gastrici.
Se questa è una condizione cronica, può comunque alleviarsi col tempo e di solito consente comunque un
adattamento sociale migliore dell’anoressia, determinando difficoltà sociali, lavorative, affettive minori di
quelle cui può andare incontro un soggetto anoressico. Vi sono comunque complicazioni non infrequenti
che vanno comunque tenute presenti, come gli squilibri elettrolitici dovuti al vomito auto provocato e le
esofagiti, i problemi odontoiatrici cui si accennava e, molto
poco frequentemente, ma possibili, rotture esofagee o di coste durante gli sforzi espulsivi o morti da
pesanti squilibri salini.
Per ciò che riguarda la bulimia, la situazione è assimilabile a quella del disturbo borderline di personalità.
Capita sovente che tale condizione sia la “punta dell’iceberg” che cela un disturbo di personalità borderline
che si evidenzia apparentemente solo nel discontrollo degli impulsi riferito all’assunzione di cibo;si
potrebbe quasi affermare che sia una sorta di personalità borderline ben compensata . Le crisi
possono essere interpretate come vere e proprie fratture rispetto alla realtà: momenti in cui il soggetto non
riesce a portare avanti alcuna progettualità concreta poiché totalmente assorbita/o dall’abbuffata.
I pazienti e le pazienti con bulimia nervosa vengono distinti/e da quelli con anoressia sulla base di un peso
relativamente normale e della presenza di abbuffate e dell’uso di purganti.
Le pazienti emaciate che si abbuffano e si purgano vengono spesso classificate come anoressiche
sottogruppo bulimico (Hsu,1986).
Secondo la Bruch (1987), le due sindromi hanno invece poco in comune poiché la rigida autodisciplina della
paziente anoressica è in netto contrasto con il comportamento indisciplinato della paziente bulimica.
L’opinione della Bruch, non è tuttavia sostenuta dai numerosi dati che indicano invece come tra i due
disturbi esista un notevole legame(Garner ed al.,1986).
Secondo studi di Garfinkel ed al., (1980), quasi il 40/50% delle pazienti anoressiche manifesta anche
bulimia.

DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE;SESSIONE 4 - BULIMIA NERVOSA E PSICOTERAPIA


-CONSIDERAZIONI
Risulta importane, nei casi di bulimia, personalizzare il piano terapeutico. Secondo Yager (1984),
bisognerebbe prendere in considerazione i concomitanti disturbi di tipo psichiatrico
(depressione, disturbi di personalità, abuso di sostanze …) come parte di una pianificazione globale del
trattamento.
La bulimia nervosa può costituire un pericolo per la vita. Molti pazienti hanno alterato il loro bilancio
elettrolitico fino ad indurre un arresto cardiaco. Dato che molti bulimici soffrono anche di
disturbo borderline di personalità e di disturbi affettivi maggiori,l’ospedalizzazione si rende talvolta
necessaria.
La riproduzione di schemi familiari nel trattamento ospedaliero o nella psicoterapia familiare può aiutare il
clinico a comprendere il ruolo del paziente all’interno del sistema familiare stesso, in quanto,
la bulimia risulta essere spesso parte di un equilibrio omeostatico. A questo proposito, si rende sovente
necessario associare alla psicoterapia individuale anche una psicoterapia della famiglia.
Anche la psicoterapia psicodinamica di gruppo può essere utile come trattamento aggiuntivo.
Molto importante, in ogni trattamento è la possibilità che la propria personale storia sia raccontata ed
ascoltata e che da questa vi possa essere una possibilità di comprensione dello
stile di vita personale.
Gli interventi sui famigliari devono inoltre essere ben modulati al fine di evitare di consolidare l’idea di
paziente designato.

APPROCCIO AL TEMA DELLE DIPENDENZE;SESSIONE 1 - LA DIPENDENZA - CONSIDERAZIONI


Il concetto di dipendenza implica in termini psicologici avere assolutamente bisogno di qualcosa o di
qualcuno e di conseguenza non potere stare non poter stare senza. La dipendenza tende assumere forme
diverse in base all’oggetto da cui si dipende; Si può dipendere da un punto di vista affettivo, si
può dipendere dal cibo, dalle sostanze, dal sesso , da internet ,dai videogichi,dal gioco, dai farmaci ed altro.
Il concetto di dipendenza implica sempre un atteggiamento di voracità . Il bisogno di dipendenza nasce
dall’incapacità di “ stare senza un qualcosa “ ciò provoca forte angoscia per la mancanza.
La dipendenza va analizzata anche come potenzialità “fisiologica” di base, in grado di innescare processi di
cambiamento. Pensiamo al rapporto terapeuta-paziente, nelle varie fasi del trattamento e nelle sue
articolazioni e disarticolazioni, offre ricorrenti opportunità in senso evolutivo. Come sostiene
Zimberg S. (1998) “ il transfert può essere spostato su di una relazione di dipendenza che è necessaria
perché la terapia abbia successo”. In un transfert dove si manifesta dipendenza il soggetto è più aperto alle
indicazioni della terapia. Frances R. e al. (1998) hanno potuto notare che, nel trattamento
degli alcolisti, spostare la dipendenza da una sostanza chimica come è appunto l’alcool allo psicoterapeuta ,
al gruppo psicoterapeutico, rappresenta un’ evoluzione verso il cambiamento.
Numerose ricerche sostengono l’esistenza di un’associazione tra disturbo di personalità, depressione e
sviluppo di una dipendenza (Kandel e al.,1978).
L’interpretazione psicoanalitica dell’abuso di sostanze come regressione alo stadio orale dello sviluppo
psicosessuale è stata sostituita da una comprensione della maggior parte degli abusi di sostanze come
difensivi ed adattivi piuttosto che regressivi (Khantzian ,1997).
Il comportamento dipendente può essere anche interpretato come un riflesso della carenza della capacità
di prendersi cura di sé che come un impulso autodistruttivo (Khantzian ,1997).
La scarsa capacità di prendersi cura di sé può essere interpretata come il risultato di precoci disturbi nello
sviluppo che portano ad una inadeguata interiorizzazione delle Figure parentali, lasciando il dipendente
incapace di autoproteggersi.
Altrettanto significativa é sempre secondo Khantzian l’ insufficienza delle funzioni deputate alla regolazione
degli affetti, al controllo degli impulsi e al mantenimento dell’autostima. Il dipendente ha inoltre
un’elevata vulnerabilità narcisistica.
L’assunzione di droga può essere vista come un tentativo disperato di compensare le carenze a livello di
funzionamento dell’Io, autostima e problemi interpersonali correlati.
Una sorta di rabbia di tipo narcisistico spinge il dipendente ad usare le droghe come se fossero un mezzo
che fornisce sensazione di potere e potenza.
Molti soggetti, inoltre ,continuano ad usare droghe lasciando così spazio alla loro sofferenza. La
motivazione all’ uso di sostanze può assumere dunque il significato di “controllo della sofferenza” o
“sollievo” ad essa.
Numerosi studi confermano che la psicoterapia rivolta ai dipendenti può contribuire
concretamente al loro recupero.
La psicoterapia diventa un approccio psicoterapeutico che si rivolge in modo indiretto alla
dipendenza, focalizzandosi invece sulla psicopatologia associata.
Numerosi psicoterapeuti pensano che l’astinenza dalla sostanza di cui si fa uso sia un
prerequisito necessario per un adeguato trattamento dei disturbi sottostanti quali ansia,
depressione, disturbo di personalità.
Quando un tossicodipendente astinente lotta contro il desiderio della droga e il dolore di
averla persa, lo psicoterapeuta deve affrontare la sua convinzione, tenacemente difesa , che
l’uso di droga sia una soluzione adattiva ai problemi che la vita presenta.
Lo psicoterapeuta deve inoltre cercare di indagare i sottostanti problemi di modulazione
affettiva, di regolazione dell’autostima e di modalità di relazione con gli altri, per aiutare il
dipendente a trovare risposte alternative a quei problemi.
La difficoltà in cui lo psicoterapeuta si imbatte è l’alessitimia che è comune a molti
tossicodipendenti (Krystal, 1983). Molti di questi pazienti non sono in grado di identificare
e riconoscere i loro stati affettivi. Lo psicoterapeuta potrebbe spiegare all’inizio al paziente (
aspetto educativo) che l’esperienza di sentimenti spiacevoli può portare anche all’uso di
droghe. Il terapeuta deve supportare il paziente nell’identificazione dei sentimenti che
emergono durante la seduta.
Wurmer (1987) , sostiene un approccio multiforme alle dipendenze. Egli identifica in un
Super-Io incombente il nucleo centrale della patogenresi dell’uso compulsivo di sostanze e
suggerisce ai terapeuti di non essere critici nei confronti di questi pazienti ma cercare di
capire le pressioni che il Super-Io esercita sul paziente stesso.
La psicoterapia di gruppo è entrata a far parte di molti programmi in quanto sotto il profilo
clinico sembra essere utile a molti pazienti.

APPROCCIO AL TEMA DELLE DIPENDENZE;SESSIONE 2 - RELAZIONE TRA DISTURBO DEL CONTROLLO DEGL
IMPULSI E DIPENDENZE
Partendo dalla premessa che gli studi su persone dipendenti hanno evidenziato la presenza di diverse
diagnosi psichiatriche,possiamo ritenere che sussiste un’associazione tra disturbi della
personalità, disturbi dell’umore e sviluppo delle dipendenze (Blatt e al.,1984).
Ad esempio tra le principali caratteristiche sintomatologiche del disturbo antisociale di personalità e del
disturbo borderline vi è la rabbia incontrollata ed innapropriata.
Sono stati evidenziati tre fattori che stanno alla base del comportamento aggressivo:
• fattore pulsionale
• suscettibilità allo stimolo
• capacità d’inibizione della risposta e quindi del controllo
• Nei disturbi da dipendenza si osserva il comportamento aggressivo
• AGGRESSIVITA’- COMPULSIVITA’- DIPENDENZA sono in stretta correlazione
tra loro.
Le dipendenze rendono dunque sempre più manifesti i gli aspetti del disagio anche psichiatrico.
La comorbilità delle dipendenze con una patologia psichiatrica è da considerarsi alla base di tutti quei
fenomeni di tipo clinico che implicano conseguenze non solo sul piano individuale ma anche su quello
sociale.
E’ stato ad esempio osservato che le alterazioni di tipo cognitivo, emotivo e comportamentale presenti nei
soggetti che manifestano un disturbo specifico correlato all’assunzione di sostanze e presentano nello
stesso tempo anche un disturbo di tipo psichiatrico pongono diversi interrogativi al clinico per quanto
concerne il trattamento terapeutico.
L’assunzione di sostanze e il disturbo psichiatrico benché compresenti possono essere indipendenti o anche
dipendenti,in questo ultimo caso il disturbo psichiatrico predispone all’assunzione di sostanze oppure
l’impatto della sostanza sul sistema nervoso centrale può provocare l’innesco di meccanismi attivanti un
quadro sindromico specifico.
Osserviamo come le dipendenze siano spesso associate al disturbo ossessivo compulsivo.
Se prendiamo in considerazione l’eziopatogenesi dei disturbi dell’alimentazione osserviamo
l’interazione di numerosi fattori che possiamo distinguere in : fattori predisponesti a lungo
termine, fattori precipitanti, fattori perpetuanti a fattori iatrogeni.
I fattori predisponenti si suddividono in individuali ( genere, età, tratti psicologici come ad
esempio la presenza di tratti ossessivi di personalità), familiari ( scarsa definizione dei ruoli)e
culturali ( mito ed esaltazione della magrezza).
I fattori precipitanti sono gli eventi che scatenano la patologia alimentare nei soggetti predisposti; i fattori
perpetuanti favoriscono il mantenimento e la cronicizzazione dei disturbi.
Tra i disturbi del comportamento alimentare associati a compulsività citiamo: -anoressia, bulimia, disturbo
da alimentazione controllata ( binge eating disordres ), night eating sindrome (caratterizzato da anoressia
nervosa mattutina, iperfagia serale ed insonnia),exerciting ( sindrome caratterizzata da intensa attività
fisica con l’ossessione di bruciare le calorie), vomitino (caratterizzato da abbuffate compulsive seguite da
episodi di vomito, tale comportamento viene attuato dalla persona di godere del cibo senza ingrassare).
Altri tipi di dipendenze associate alla compulsività:dipendenza da internet, giochi d’azzardo compulsivi on-
line,dipendenza da eccessive informazioni ( information overload),trading on line compulsivo , shopping
online compulsivo,dipendenza da cybersesso ( ricerca di materiale pornografico in rete), dipendenza da
cyber relazioni ( ricerca ossessiva di amicizie tramite chat, e-mail in sostituzione di relazioni reali),
dipendenza affettiva, dipendenza sessuale, dipendenza da lavoro, shopping compulsivo, dipendenza da
cellulare,dipendenza da sostanze stupefacenti, dipendenza da gioco d’azzardo.

APPROCCIO AL TEMA DELLE DIPENDENZE;SESSIONE 3 - RAPPORTO TRA DISAGIO LAVORATIVO E


DIPENDENZE - CONSIDERAZIONI
Il disagio lavorativo provoca nella persona un senso d’impotenza e d’isolamento tale da produrre una
sensazione di perdita del proprio valore personale e del significato del proprio lavoro.
Perdere la sicurezza sul lavoro, perdere il lavoro può indurre il soggetto a manifestare sintomi:
• aspecifici, somatici, psicologici.
sintomi aspecifici (irrequietezza, senso di stanchezza, esaurimento, apatia,nervosismo e insonnia);
sintomi somatici (ulcere, cefalee, nausea, disturbi cardiovascolari);sintomi psicologici (depressione, bassa
stima di sé, senso di colpa,sensazione di fallimento, rabbia, risentimento, irritabilità, aggressività, alta
resistenza ad andare al lavoro, indifferenza, isolamento, sospetto e paranoia, difficoltà nelle relazioni).
Il disagio lavorativo può indurre il soggetto all’abuso di : alcool, droghe, fumo, farmaci,cibo, internet, gioco
ed altro.
Analizziamo le difficoltà nel rapporto con l’alimentazione causate dal disagio lavorativo.
Perdere il lavoro, perdere la sicurezza nel lavoro,inducono nel soggetto un cambiamento del proprio
stile di vita . Si assiste a :
• Perdita del proprio valore personale
• Perdita del significato del proprio lavoro
Gli eventi di perdita del lavoro sono sempre in relazione alle situazioni di stress
• Gli eventi di perdita inducono il quadro fenomenologico caratteristico della depressione
• Tra le emozioni caratterizzanti lo stato di perdita
citiamo:tristezza, paura, rabbia, disgusto, ostilità, aggressività.
Sempre più numerose sono le persone che iniziano percorsi psicoterapeutici in seguito a disagi di tipo
lavorativo.
Nel percorso psicoterapeutico con i pazienti possiamo osservare come il disagio della persona sia connesso
ai cosiddetti compiti vitali : amore, amicizia , lavoro.
Chi si rivolge allo psicoterapeuta non riesce a gestire la sofferenza causata da una relazione d’amore finita
o che non riesce ad interrompere, non si sente realizzato sul piano lavorativo, vorrebbe abbandonare il
lavoro ma non ne ha il coraggio, ha subito il mobbing o è stato licenziato; non riesce più ad esprimersi
attraverso i legami di amicizia con conseguente inaridimento del sentimento sociale.
Il paziente con disagio lavorativo manifesta disordini nell’alimentazione.
• Esiste un rapporto fra emozioni e cibo .
• La fame emotiva ( emotional eating) è oggi molto diffusa
• Ansia
• Depressione
• Noia
• Rabbia
• Solitudine
• Possono indurre il soggetto ad un’alimentazione eccessiva
Essere in difficoltà con il lavoro, perdere il lavoro provoca uno stato emotivo difficile da controllare.
Possiamo parlare di stato di confusione emotiva che si crea nel soggetto, tale stato diventa intollerabile a
tal punto che l’assumere cibo diviene un comportamento indispensabile e difficilmente controllabile.
Il rapporto tra emozioni negative e fame si esprime anche attraverso espressioni linguistiche
note come:"Non riesco a mandare giù questa cosa… non mi è possibile digerire quanto è accaduto…mi
viene da vomitare pensando a ciò…devo ingoiare tutto…sono veramente pieno…”.
• RABBIA-CONFLITTO-DISAGIO ALIMENTARE
• POSSIAMO PARLARE DI CICLO VIZIOSO DELLA ALIMENTAZIONE EMOTIVA
ALIMENTAZIONE EMOTIVA IN SEGUITO A DISAGIO LAVORATIVO
• Bassa tolleranza alle emozioni negative:
• “Non posso resistere in questo stato di depressione , ansia , paura, rabbia…devo subito fare qualcosa per
bloccarlo”.
Chi vive un disagio lavorativo e soffre di alimentazione emotiva mette in atto comportamenti disfunzionali
quali:
• Spuntini furtivi ( si verificano prevalentemente nel tardo pomeriggio, e di
notte)
• Pascolo (fame intermittente emotiva per tutto l’arco della giornata)
• Abbuffate (ingestione rapida di cibo in un breve periodo, seguita da senso
di colpa)
• L’iperalimentazione emotiva induce poi nella persona: vergogna, disgusto,
preoccupazione per l’aumento di peso
• Il senso di colpa indurrà il soggetto ad un:Digiuno forzato
• Il digiuno forzato creerà le condizioni per una successiva abbuffata.
Disagio lavorativo, perdita del lavoro:
• EMOZIONE ----------RABBIA
• La persona diviene OSTILE perché si sente
minacciata nel sentimento di sicurezza
• Perdita del sentimento di sicurezza
• e aumento del sentimento d’inferiorità
LA MINACCIA ALLA SICUREZZA LAVORATIVA
induce il soggetto a sviluppare atteggiamenti di difesa. L’assunzione di cibo diviene una modalità
compensatoria.

APPROCCIO AL TEMA DELLE DIPENDENZE;SESSIONE 4 - RAPPORTO TRA DISAGIO LAVORATIVO E


DIPENDENZE - CASISTICA
F. ha 40 anni, quando incomincia il suo percorso terapeutico è in crisi rispetto al lavoro.
Si sente a disagio e ha continue crisi bulimiche che generano continui sensi di colpa.
F. si laurea brillantemente in discipline letterarie e ritenendo di non poter raggiungere il massimo dei
risultati in quel settore , si orienta alla scelta di un lavoro poco gratificante e non in linea con la sua
formazione.
Afferma la paziente : “Quando mi viene l’ansia da cibo mi chiedo da dove viene il vuoto. Forse non sono
felice e soddisfatta, non lo sono mai stata. Mia figlia non deve apprendere il mio modello, non deve cogliere
la mia modalità malata di gestire il cibo”
F., riuscirà a farsi assegnare un part-time al lavoro e dirà : “Ora mi sento forte, sono andata in ufficio
leggera, senza paure, senza rabbia. Mi sento più forte e decisa a rivendicare i miei diritti, prima era debole
ed impaurita”.
F. da qualche tempo non manifesta più crisi bulimiche.
G . Ha 60 anni, la sua vita fin dalla nascita sembra improntata alla sofferenza .
Ripensando all’infanzia così si esprime : “Papà amava l’igiene, mi ripeteva sempre attenta è sporco, non hai
lavato bene il piatto…”
La mamma di G., donna colta svolgeva la professione di insegnante mentre il padre a causa delle sue fobie
non lavorava.
G. si diploma maestra e insegna per alcuni anni.
Così si esprime: “Facevo fatica a scuola, mi sentivo spremuta. Pensavo fosse sbagliato costringere i bambini
a venire a scuola. L’argomento gite scolastiche era per me negativo, non me la sentivo di accompagnarli
anche se i genitori insistevano”.
Insieme al disagio lavorativo G. sviluppa un disagio relativo al rapporto con il cibo.
Ha crisi bulimiche e ricerca spesso i cibi dolci come nutrimento.
Un giorno G.sogna di essere vicino ad un mastello pieno di latte e di avere fame . Il latte inizia a
fuoriuscire e G. sente che lo sta perdendo tutto. G. pensando al latte lo definisce il cibo per eccellenza dei
bambini ed afferma: “Io ho paura di essere lasciata a me stessa,ho molta fame di affetto”.
G. dovrà abbandonare il lavoro in modo prematuro a causa dei suoi problemi di adattamento, il
sentimento d’amore per un collega sarà vissuto solo in modo platonico,le amicizie saranno per lei un
ricordo del periodo in cui era studentessa.
G. compensa il suo disagio lavorativo ed affettivo con l’assunzione di cibo soprattutto dolce.
Mette in atto una vera e propria dipendenza da zucchero,gelato, caramelle, cioccolato.
Frequenti sono le sue abbuffate notturne.
Il cammino psicoterapeutico è stato mirato a far acquisire a G. la consapevolezza del suo valore di
persona . E’ stato riletto in chiave positiva il suo percorso scolastico e il suo lavoro di insegnante.
Fondamentale è stato per lei smantellare l’idea di malattia psichica.
G. ha recuperato un positivo rapporto con il cibo,da alcuni mesi non si verificano più abbuffate.
C. ha 25 anni, è straniera e lavora presso un consolato.
Da alcuni mesi, da quando è stato trasferito il suo capo, vive una situazione di disagio lavorativo.
E’ iniziata una vera e propria azione di mobbing nei suoi confronti.
Viene isolata, non le vengono più affidati incarichi, viene spesso messa in difficoltà e rimproverata per
errori, le vengono inviate lettere di ammonizione, ha subito sospensioni dal lavoro.
C. viene licenziata.
C. chiede un supporto psicoterapeutico perché si sente depressa, accusa mal di testa, disturbi digestivi,
insonnia, inappetenza. Non riesce a nutrirsi ed è dimagrita di parecchi chili nell’ultimo mese.
C. da quando è stata licenziata ha la sensazione di “essere più leggera”.
Il non nutrirsi , diviene la compensazione negativa della perdita del lavoro, giustificata dal “sentirsi più
leggera” nel momento in cui viene licenziata.

ANALISI DELLO STILE DI VITA DEL PAZIENTE;SESSIONE 1 - DEFINIZIONE


Il concetto di Stile di vita compendia in sé la rappresentazione più completa possibile di personalità.
Alfred Adler ha riconosciuto nell'essere umano due istanze fondamentali in grado di porsi entrambe sopra
le pulsioni per regolare in ogni individuo sia l'istintualità sia le attività coscienti: la Volontà di potenza e il
Sentimento sociale. Se la Volontà di potenza rappresenta l'energia che indirizza l'uomo, sia a livello conscio
che inconscio, verso obiettivi d'innalzamento, d'affermazione personale, di confronto competitivo o,
almeno, di autoprotezione ai fini della sopravvivenza, il Sentimento sociale, con le sue esigenze di
cooperazione e di compartecipazione emotiva fra gli individui, ha la funzione di moderarne la
spinta energetica.
Secondo Francesco Parenti, "lo Stile di vita rappresenta l'impronta psichica, unica e inimitabile che
caratterizza ciascuna persona e nella quale confluiscono i tratti del comportamento, i pensieri, le idee, le
opinioni, le emozioni e i sentimenti, il tutto articolato al servizio di precipue finalità,risultanti dal
compromesso fra le sue esigenze individuali e le istanze sociali". Possiamo osservare come lo Stile di vita
rappresenti una completa descrizione della personalità.
Lo Stile di vita si sviluppa nell'infanzia. Adler ritiene che lo Stile di vita si sia già articolato intorno ai quattro/
cinque anni, attraverso un graduale processo di selezione e d'adattamento dinamico. Lo stile di vita si forma
a diversi livelli di consapevolezza, ma l'apporto dell'inconscio è sicuramente
prioritario.
Al fine di presentare i primi elementi applicativi, tecnici e metodologici,delle psicodiagnostica secondo la
concezione adleriana, affronteremo i temi del primo contatto e del primo colloquio con il paziente,
attraverso una visione d'insieme dell'approccio . Presenteremo un caso illustrato da Pier Luigi Pagani.

ANALISI DELLO STILE DI VITA DEL PAZIENTE;SESSIONE 2 - COSA SI INTENDENDE PER PRIMO COLLOQUIO
Afferma Pagani: “Al fine di presentare i primi elementi applicativi,tecnici e metodologici, delle
psicodiagnostica secondo la concezione adleriana, inizierò affrontando i temi del primo contatto e del
primo
colloquio con il paziente, attraverso una visione d'insieme dell'approccio e lo farò servendomi di un caso,
che mi è parso particolarmente emblematico per illustrare gli argomenti che via via affronteremo.
Prima di trattare i temi d'apertura (primo contatto e primo colloquio), vorrei sgombrare il campo da un
possibile equivoco:quando si parla di primo colloquio, non ci si deve riferire solo alla
prima seduta, ma a tutta quella serie di incontri necessari alla raccolta, il più completa possibile, del
materiale informativo utile all'economia del trattamento.
L'uso della locuzione "primo colloquio", che apparirebbe veramente improprio per quanto appena detto, è
però giustificato dalla necessità di adeguarsi al linguaggio usato comunemente dalle altre
scuole di psicoterapia. Certamente sarebbe preferibile adottare espressioni quali primi colloqui o, meglio
ancora, colloqui preliminari.”
La durata del primo colloquio dipende dalla disponibilità del paziente a comunicare e a fornire dati
significativi per il completamento sistematico degli elementi necessari per futuro trattamento. Kurt Adler
consiglia di richiedere al paziente l'autorizzazione a prendere appunti, garantendogli nello stesso tempo il
massimo della riservatezza. Di solito si tratta solo di un invito formale, poiché il paziente non pone
quasi mai obiezioni.
L'operatore di linea adleriana adotta, nei confronti del soggetto che sta per iniziare il trattamento, un
approccio sciolto e incoraggiante, evita di raccogliere le notizie in modo troppo schematico e rigoroso,
come si usa abitualmente nella pratica medica, senza che queste esigenze di spontaneità rechino
pregiudizio alla raccolta di dati preliminari sufficientemente completi. La grande disponibilità offerta dallo
psicoterapeuta adleriano non deve, comunque, mai consentire che venga meno il suo ruolo; egli deve saper
bloccare in qualsiasi momento ogni tentativo di prevaricazione, che il paziente può mettere in atto, sia pure
inconsciamente, poiché l’aspirazione alla superiorità, che ciascun uomo porta in sé, in stretta correlazione
con il sentimento d'inferiorità (in quanto ne è l'antitesi), potrebbe spingerlo a resistere al trattamento.
Il primo contatto con il soggetto avviene di solito nella pratica privata, per telefono e in modo diretto con lo
psicologo/psicoterapeuta, mentre nel servizio pubblico è condizionato dall'intervento di altre persone:
l'infermiere/a o l'impiegata/o. Spesso, nel secondo caso, l'assegnazione del terapeuta avviene addirittura
d'ufficio.

ANALISI DELLO STILE DI VITA DEL PAZIENTE;SESSIONE 3 - IL CONTATTO TELEFONICO


Può capitare che l'impressione derivata dalla telefonata sia completamente sovvertita nel
momento in cui si prende realmente contatto con il paziente.
Afferma Pagani: “L'immediatezza del dialogo faciliterà la comprensione dei concetti che mi sono
proposto di sottoporre alla vostra attenzione.
- Buongiorno, dottore, sono Tal dei Tali. Mi ha dato il suo nome il dottor... siamo molto amici. Mi ha
consigliato di rivolgermi a lei per mio fratello Alberto... Desidererei proprio che lei lo prendesse in cura; per
me è un po' depresso e...
Mi scusi, ma quanti anni ha suo fratello?
Una trentina, però...
Mi dispiace, ma è indispensabile che mi contatti direttamente suo fratello Alberto.
Ma lui è d'accordo, anzi, mi ha pregato lui di telefonare.
- Non importa, mi spiace; questa è la prassi e io voglio attenermi alla procedura che seguo da
sempre.
Forse potrebbe sembrare eccessivamente formale la pretesa di ascoltare, direttamente dalla
persona in causa, il convinto bisogno di consultare un esperto. È questo, invece, un preliminare che
faciliterà molto, in seguito, l'accordo terapeutico, che, come vedremo, sarà stipulato al termine
dei primi colloqui informativi, e che ridurrà il livello della naturale resistenza al trattamento.
Adler, infatti ci ricorda ne // temperamento nervoso che tutti i pazienti che intraprendono un
trattamento portano con sé tale legame negativo e che ogni operatore attento sa cogliere in ogni
analizzato.
Qualche giorno dopo arriva la telefonata di Alberto.
- Sono Alberto Tal dei Tali. So che qualche giorno fa le ha telefonato mio fratello; mi ha detto che lei vuole
parlare con me.
- No, le cose non stanno proprio così: mi è stato detto che è lei che ha bisogno di me. Se è vero, è lei che
deve farmene esplicitamente la richiesta. Lei desidera davvero parlare con me?
- Mah...sì... penso di sì...
- Allora, le va bene mercoledì alle quattro?

ANALISI DELLO STILE DI VITA DEL PAZIENTE - PRIMA PARTE;SESSIONE 4 - IL PRIMO COLLOQUIO - A
Afferma Pagani: “Alberto si presenta puntuale all'appuntamento. La prima operazione che compete, a
questo punto, all'operatore è l'osservazione del nuovo paziente: la figura, l'aspetto, l'età dimostrata,
l'abbigliamento, la postura, la mimica, la gestualità, l'atteggiamento, e così via.
Nel nostro caso, si tratta di un giovane uomo sulla trentina, abbastanza alto e longilineo; veste in modo
appropriato, ha un atteggiamento educato, forse un po' formale, nel complesso disponibile. Sembra un po'
preoccupato, forse di aver fatto una scelta che non lo convince appieno, e non appare del tutto a
suo agio. Comunque, non possiede quelle caratteristiche specifiche, che consentano di avanzare il sospetto
di "depressione" ipotizzato dal fratello”.
I temi, che dovranno essere affrontati nel corso del primo colloquio, sono : la motivazione del ricorso alla
terapia. È sempre necessario richiederla, anche se di solito il motivo addotto ha solo un ruolo di copertura
della motivazione reale.
• - Allora, Alberto, che cosa non va?
• - Tutto.
• - Come tutto?
• - Vede, io vivo costantemente l'impressione di essere fuori posto, di non saper fare una scelta. E questa
impressione è confermata dal fatto che non riesco a concludere ciò che all'inizio mi sembra l'idea più
corretta. Me lo dice anche mio padre: "lascia perdere, lo faccio io, tu non sei capace". È
vero, io non so neppure piantare un chiodo, mio padre, invece, sa far e di tutto.
II secondo tema da ‘prendere in esame è la ricostruzione del quadro della situazione attuale nell'ambito
della vita di relazione, i tre compiti vitali dell'uomo: l’amore, che comprende, oltre agli affetti anche la
sessualità; l'amicizia, ossia la capacità di il tessere validi rapporti sociali in un clima di compartecipazione
emotiva e di cooperazione; il lavoro, che include qualsiasi forma di attività della mente. E’rilevante acquisire
informazioni sui rapporti affettivi e sessuali, sulle relazioni interpersonali, sul lavoro,sullo studio e sugli
interessi in generale .
• - Che studi ha fatto?
• - Ho il diploma di perito chimico, ma è una materia che non mi ha mai coinvolto...
• - L'ha scelta lei?
• - No, me l'ha consigliata mio padre.
• - Ah e come occupa il tempo libero?
• - Beh, sono fidanzato da tredici anni; nei week-end e durante i periodi di vacanza estiva, io ed Elisa
andiamo sul lago o in montagna, viviamo questi periodi in modo molto appagante, anche sessualmente,
come si conviene a una coppia stabile, ma al rientro, ognuno torna a casa sua. E poi, io studio anche... o
meglio, sono iscritto all'università, a giurisprudenza, fuori corso, naturalmente. Ho già cambiato due volte
facoltà e non riesco a trovare quella che fa per me... Mio fratello, invece, ha due lauree e io non ne riesco a
prender e nemmeno una...
• - Ha amici?
• - Sì, certo, molti. Vede, io suono in un complesso; la musica è la mia passione, come del resto lo è anche di
mio padre... è lì che si fanno delle conoscenze, degli amici... si esce assieme... ora, per la verità, un po'
meno.

ANALISI DELLO STILE DI VITA DEL PAZIENTE - SECONDA PARTE;SESSIONE 1- IL PRIMO COLLOQUIO - B
Il terzo e ultimo tema da affrontare nel corso del primo colloquio riguarda l'accertamento o l'esclusione di
un'eventuale patologia o di una familiarità in questo senso. Questa operazione viene definita anamnesi
psicopatologica mascherata:mascherata, perché consiste nel raccogliere le stesse informazioni, che
abitualmente si acquisiscono per mezzo dell'anamnesi psichiatrica tradizionale, senza darlo a
vedere e con una considerazione diversa dei sintomi, che sono, invece, da interpretare nei nostri casi, come
rivelatori di un conflitto psicodinamico.
• - Prima di venire da me, aveva già parlato con qualcuno dei suoi problemi?
• - No, con nessuno...
• - In famiglia, qualcuno ha avuto problemi, che so io, come i suoi?
• - Se si esclude mia madre, che dopo la fine della sua attività lavorativa è divenuta
una grossa nevrotica... altri, nessuno.
• - Allora, Alberto, che ne dice, ci rivediamo?
• - Sì, certo. Anche se parlare dei miei problemi mi angoscia un po'... Ho paura di
scoprire qualcosa che... forse non vorrei venire a sapere. Ma, ormai ho deciso.
Quando ritorno?
- Ci vedremo una volta alla settimana. Le va bene questo orario? Sì? Allora,a mercoledì prossimo.
La prima regola, veramente fondamentale perché il trattamento risulti produttivo è di non effettuare mai
pressioni sul soggetto in favore della scelta della terapia e di non scoraggiarlo accentuando le prospettive di
rischio e d'insuccesso. Altra norma importante è chiedere al paziente un impegno e garantirgli il proprio.
Alla fine del primo colloquio è poi indispensabile stipulare l'accordo terapeutico. L'accordo terapeutico non
è un elemento differenziato, a sé stante, del trattamento, ma soltanto la fase conclusiva del primo
colloquio.
Questo patto, più comunemente definito "contratto" da altre Scuole, ha un preciso scopo: stabilire con il
massimo rigore i punti d'intesa ai quali i due protagonisti della terapia dovranno attenersi.
Rimangono da affrontare, di solito, altri due punti essenziali: l'orario, con la frequenza delle
sedute e l'ammontare dell'onorario, con il relativo metodo di pagamento.
Fisserei, soprattutto, l'attenzione su due punti dell'intesa: la responsabilizzazione, da subito,del soggetto
circa l'accettazione del trattamento e la determinazione del ruolo dei due protagonisti. L'accordo è di fatto
consolidato dalla definizione dei tempi e del costo della terapia.
La perplessità relativa al timore di "scoprire qualcosa che... non vorrei venire a sapere",preoccupazione che
sfiora il soggetto alla fine del colloquio, si dissolve ben presto di fronte alla necessità di capire. La
resistenza, comparsa fugacemente, è stata vinta proprio dal bisogno di liberarsi da una condizione
sgradevole, bisogno divenuto ormai indifferibile, anche se conseguente ad un piano di vita progettato con
determinazione e modellato con costanza nel tempo.
L'orientamento ambientalista e il Gemeinschaftsgefül, il sentimento comunitario, fanno sicuramente della
Psicologia Individuale Comparata la capostipite storica del filone delle Scuole di psicologia del profondo ad
indirizzo socioculturale. L'intervento psicodiagnostico adleriano parte,quindi, di necessità, dallo studio della
piccola, ma importantissima cerchia con cui il soggetto, dall'infanzia in poi, si è relazionato: la famiglia
d'origine. Adler, infatti, ha rilevato quanto importanti siano i primi quattro,cinque anni nella formazione
dello Stile di vita, che si struttura attraverso gli stimoli ricevuti nell'ambiente familiare e in seguito
all'influenza dei modelli conviventi.
Bisogna, comunque, tenere conto che il paziente ci presenta le sue realtà,filtrate attraverso la propria
valutazione soggettiva, che può deformarle,sia sotto la spinta delle emozioni evocate, sia di quelle vissute
nel setting.
In base a queste considerazioni, l'operatore, dovrà interpretare il materiale raccolto, valutando la
precedenza assegnata dal soggetto ad una piuttosto che a un'altra delle varie figure del nucleo familiare, le
eventuali variazioni di registro linguistico usato nel descriverle, le ambivalenze, le
contraddizioni, escludendo ogni interpretazione semplificata e codificata da regole o imprigionata nel rigore
fittizio della testistica. Lo psicoterapeuta, affidandosi alla propria intuizione, dovrà formulare delle
ipotesi che potranno essere poi confermate, modificate o smentite nel corso del trattamento.
• - Alberto, il nostro cammino comincia ora. Come suo compagno di viaggio devo, però,
conoscerla a fondo, sapere molte cose di lei, comprendere i più minuti particolari della sua
vita, essere informato sulle persone con le quali lei ha avuto e ha relazione... Ecco,
immagini... si apre il sipario sulla storia della sua esistenza: lei è il protagonista, ma chi sono
quegli altri attori, i comprimari che recitano con lei in questa prima parte della trama della
sua vita? E ancora, più in là, quegli altri, mi vuole dire chi sono?
• - Intende la mia famiglia?
• - Sì, la sua famiglia.
• - Come le ho detto, ora io vivo da solo. Prima, però, la mia famiglia era composta dai miei
genitori e da noi tre figli, perché c'è anche mia sorella minore, nata sei anni dopo di me. Si è
sposata lo scorso anno; ora vive in Toscana con il marito e aspetta un bambino. Devo proprio
parlare prima dei miei genitori?
• - No, certo, parli pure di chi crede meglio.
• - Parlerò prima dei miei nonni, perché io ho vissuto a lungo con i miei nonni materni: i miei genitori erano
entrambi impegnati, ciascuno nel proprio lavoro. Nella famiglia dei nonni, in quel periodo, viveva anche zia
Lina, allora zitella: si sposerà più avanti. Io dormivo dai nonni, anzi, dormivo con i nonni, nel loro lettone, in
mezzo a loro. Il nonno mi raccontava le storie, tenendomi una mano sulla spalla finché non mi
addormentavo. Quando la zia si è sposata, mi sono trasferito nell'altra camera, dove c'era già mio fratello;
la mia sorellina, allora, non era ancora nata. Al sabato, però, tornavamo tutti a casa con i nostri genitori,
per ritornare poi, al lunedì, a vivere con i nonni. Ma, in quella casa con i miei genitori non mi sentivo a casa
mia: la mia casa era quella dei nonni. Quando ho compiuto undici anni, i miei hanno trovato un
appartamento vicino al loro luogo di lavoro e hanno chiesto che io ritornassi ad abitare con loro, ma io mi
sono rifiutato decisamente. Mi sono lasciato convincere solo qualche tempo dopo dal bel bagno di
quell'appartamento: l'aveva costruito mio papa, che era un artigiano bravissimo: sapeva fare di tutto e sa
ancora fare di tutto, il muratore, l'elettricista, l'idraulico: non c'era lavoro che lui non sapesse portare a
termine. Il nonno era un uomo pacato, ma nel contempo severo; se occorreva, mi rimproverava, mi puniva
anche. Ho sofferto molto quando è morto, avevo venticinque anni, ma ho pianto, forse sono stato l'unico a
piangere di tutta la famiglia. La nonna è morta prima del nonno, ma per lei non ho sofferto come per il
nonno. Con lei ho trascorso tutte le vacanze estive della mia infanzia; mia mamma restava a casa,
impegnata con il lavoro e io partivo con la nonna. Di carattere non era particolarmente affettuosa, ma
apprensiva ed estremamente paurosa. Quando eravamo in villeggiatura, la sera, dopo cena, la nonna ed io
andavamo sempre a trovare una sua amica; la nonna portava sempre con se una pila perché, al buio, ma...
non si sa mai...
• E i suoi genitori?
• Appunto, i miei genitori. Mia mamma, la ricordo com'era allora, anche lei severa e anche lei
apprensiva, non come la nonna, però... Adesso, come le ho detto è solo una grossa nevrotica:
è cambiata dopo la chiusura dell'azienda del nonno. Prima lavorava come e più di un uomo:
portava pesi, era lei addetta alle contrattazioni e se occorreva farsi capire usava anche un
linguaggio pesante. Verso i dieci anni scoprono che devo portare gli occhiali.
• Adesso vedo che non porta occhiali, ha le lenti a contato?
• No, assolutamente, non ne ho bisogno, era solo una lieve miopia. La mamma diceva che ero
l'unico di tutta la famiglia, mai nessuno aveva portato occhiali prima di me. E io ho vissuto la
cosa come una grave menomazione. Se n'erano accorti perché non vedevo il numero
dell'autobus che mi portava a fare la ginnastica correttiva per la scoliosi: un altro dramma.
L'aveva scoperto la sarta che mi confezionava l'abitino per la prima comunione. La mamma si
colpevolizzava per non essere stata lei ad accorgersi per prima del mio difetto. Ma di guai ne
ho avuti tanti.
• A tre anni, nel corso di una visita medica si scopre che ho un soffio al cuore, per cui:
cardiologo, controlli, esami del sangue... l'unica cosa buona era il cappuccino con la brioche
dopo i prelievi. La nonna mi diceva sempre: "non correre, lo sai che tu hai il cuore..." e mi
vietava di fare i bagni quando mi portava al mare... A quattro anni mi hanno operato di
appendicite. Mia mamma si è sposata perché incinta di mio fratello. In casa il bastone del
comando l'aveva lei. Ricordo le forti tensioni con il papa, che tendeva ad alzare un po' troppo
il gomito: a diciotto anni era già un forte bevitore. Ora è minacciato dalla cirrosi, anche se ha
sempre goduto di una salute dì ferro. Mio padre ha avuto un'infanzia difficilissima: molti
fratelli; si dice, forse non tutti dello stesso padre. Ancora bambino era stato costretto a
lavorare. Ma ha imparato il lavoro che ha svolto per molti anni coscienziosamente e con
molta perizia. Gli piace andare per osterie a cantare con gli amici. Io non so fare i lavoretti
come mio padre, però, come lui, amo la musica, qualsiasi tipo di musica. Le ho detto, vero,
che suono in un complesso? Raramente, mio padre mi sgridava, ma non era punitivo come il
nonno; ricordo di aver preso da lui solo uno schiaffo, una volta per un capriccio. Anche lui mi
raccontava le storie, come il nonno, la sera del sabato, quando rientravo a casa.
• - E i suoi fratelli?
• - Dei miei fratelli ho poco da dire: c'era troppa differenza di età con mio fratello maggiore, sette anni, e
quasi altrettanti in meno, sei, con la mia sorellina. Poi, entrambi sono fuori casa.
• - Ma, veramente, da quanto mi ha detto, fuori casa c'è anche lei.
• - Si, ma loro hanno famiglia. Comunque, se proprio Io vuoi sapere, mio fratello è sposato e ha due figli, un
maschio e una femmina, è laureato in ingegneria e in informatica ed è dirigente in una ditta di
telecomunicazioni. Abita dall'altra parte della città. Di mia sorella le ho già detto.
• È molto importante a questo punto prendere in considerazione i personaggi della costellazione familiare
presentati dal soggetto, l'ordine con cui vengono indicati, il tipo di descrizione e porsi i primi perché. È facile
intuire il motivo per cui Alberto ci abbia parlato prima dei nonni che dei suoi genitori. Cerchiamo,
comunque,di ottenere qualche informazione in più su questi ultimi.
• - Alberto, scriva per favore su questo foglio sotto padre e madre le parole o le frasi che le
vengono alla mente, senza forzature e senza stare a pensarci troppo su; al centro della pagina
annoti, invece, quello che ritiene comune ad entrambi.
• Ecco il risultato:
• Padre Madre
• Interazioni
• onesto lavoratrice
• beve per cantare nevrotica
• canta per bere aggressiva
• buono disponibile
• si vogliono bene
• si sopportano a vicenda
• Questa tecnica, suggerita da Francesco Parenti, utile, talora, per raccogliere ulteriori
elementi non colti nel corso della descrizione verbale dei singoli personaggi della
costellazione familiare, non aggiunge molto alle informazioni già acquisite, ma le conferma
tutte, segnalando, in modo particolare, la buona affettività che lega Alberto ai genitori.
Dopo aver precisato la sua posizione di secondogenito nell'ordine di nascita all'interno della fratria
(argomento sul quale ci soffermeremo fra qualche momento), Alberto inizia a parlare dei nonni ed è
abbastanza facile capirne il perché. La sua infanzia si è svolta lì, con loro; è alquanto significativo il preciso
ricordo del suo addormentarsi nel lettone dei nonni, con il nonno che appoggiava la sua mano sulla spalla di
Alberto, mentre gli raccontava la storia che gli avrebbe indotto il sonno. Come si vede, la presentazione
delle figure sia dei nonni che dei genitori non si limita alla descrizione, ma si arricchisce della narrazione di
episodi, con la funzione di trasformare in simboli ed allegorie le emozioni vissute in quei momenti.
Possiamo intanto osservare nelle figure dei nonni la buona impostazione dei ruoli familiari. Il nonno
"pacato", ma pure "severo" era il patriarca; se occorreva "rimproverava" e anche "puniva". La nonna, anche
se "non particolarmente affettuosa", era molto "apprensiva e paurosa", si preoccupava per la salute di
Alberto "non correre, lo sai che tu hai il cuore... ".
Diversa è, invece la posizione dei genitori; i ruoli tipici sono rovesciati: la mamma aveva "il bastone del
comando", "lavorava come e più di un uomo", usava anche "un linguaggio pesante" e se la prendeva con il
papa "se alzava un po' troppo il gomito". Però, il papa, almeno nell'immaginario del maldestro Alberto,
appare un modello di difficile imitazione: sa "fare di tutto", "coscienziosamente e con molta perizia", a
differenza di lui che "non sa piantare nemmeno un chiodo". Inoltre, la figura del padre, come
del resto quella del nonno nei confronti della nonna, è affettivamente meglio impostata di quella della
madre. Nel complesso, comunque, quel "si vogliono bene e si sopportano a vicenda", riesce a offrire il senso
della buona impostazione affettiva che la coppia genitoriale è riuscita a trasmettere al nostro soggetto.
Stupisce alquanto, invece, la riluttanza di Alberto a parlare dei propri fratelli e vedremo, se possibile,
almeno di ipotizzarne le ragioni.
La Psicologia Individuale dei tempi di Adler attribuiva grande importanza alla composizione della fratria e
dell’ordine di nascita dei fratelli. Oggi, che le famiglie numerose stanno diventando sempre più rare, le
coppie con un solo figlio rappresentano la maggioranza e quelle con più di due o tre figli sono addirittura
eccezionali. Per effetto di tale situazione gli analisti e gli psicoterapeuti adleriani sembrano considerare
meno questo importantissimo settore. In realtà, il vero motivo è da ricercare solo ed esclusivamente nella
mancanza di materiale su cui applicare l'insieme organico delle regole e dei principi relativi a questo
particolare ambito della costellazione familiare che, in ogni modo, tutti gli psicologi individuali hanno ben
presente ogni volta che si verifica l'occasione di occuparsene.

ANALISI DELLO STILE DI VITA DEL PAZIENTE - SECONDA PARTE;SESSIONE 2 - IL PRIMO COLLOQUIO - C
Langs conferma la validità dei primi ricordi come rivelatori di personalità, mentre per Mayman essi non
sarebbero altro che espressioni di importanti fantasie attorno alle quali si organizza la struttura del
carattere. A prescindere dalla differenza dei risultati ai quali sono giunti i due ricercatori, è significativo il
fatto che entrambi abbiano tenuto come punto di riferimento il concetto della dottrina
adleriana dei primi ricordi e ne abbiano ribadito l'importanza.
L'esplorazione dei primi ricordi infantili, inserita prima dell'inizio di un trattamento
adleriano, subito dopo la raccolta delle notizie anamnestiche rilevate nel corso del primo colloquio e lo
studio della costellazione familiare, è uno dei pochi momenti dell'analisi per cui la Scuola di Psicologia
Individuale abbia formulato delle norme precise. In verità, le regole guida, più che da Adler, sono state
indicate da alcuni suoi continuatori.

È proprio partendo da questa concezione di memoria che la Psicologia Individuale ha costruito la propria
dottrina dei ricordi primari d'infanzia. Ogni ricordo, frutto di un evento accolto, è l'esito di un'impressione
vagliata dallo Stile di vita. Talvolta,però, l'impressione può essere ridotta a un semplice stato d'animo,
particolarmente quando risulta impossibile evocare dei ricordi trasformati in lievi e sfumate sensazioni
emotive.
Poiché si è ormai acquisita da tempo la certezza che ogni essere umano ha in sé la facoltà di conservare
l'aderenza al reale per mezzo di una relazione fisica e spirituale con il mondo che lo circonda, la Psicologia
Individuale è giunta alla conclusione di come sia affascinante cercare e utilizzare i ricordi di un soggetto per
interpretarli come elementi significativi del suo Stile di vita.

ANALISI DELLO STILE DI VITA DEL PAZIENTE - SECONDA PARTE;SESSIONE 3 - IL PRIMO COLLOQUIO - D
Ecco come ho invitato Alberto a presentarmi i suoi primi ricordi.
• - Oggi, la invito a fare con me un viaggio nel passato. Ha certamente presenti le macchine del tempo. Di
sicuro ne avrà viste in qualche film o avrà letto di come funzionano in qualche romanzo di fantascienza: un
tizio entra nel marchingegno, muove una leva su e giù e la macchina lo porta avanti e indietro nel tempo,
anche per secoli, a rivedere mondi del passato o a mostrarne altri di un lontano futuro. La nostra
immaginaria macchina del tempo è molto più modesta: va esclusivamente all'indietro e al massimo di
qualche decennio. Ritorni con la memoria al tuo passato a ripescare gli episodi più lontani, che forse
credeva di aver dimenticato, rivivendoli e facendoli vivere anche a me, come se dovessi vederli proiettati su
uno schermo. Non conta che siano avvenimenti di grande interesse, anzi, più banali sono e meglio è. Non
ha importanza,poi, che me li presenti in ordine cronologico; deve anzi raccontarmeli così, come le
vengono alla mente: quella volta che... Bene, se crede, possiamo partire per il nostro
viaggio nella sua infanzia.
• - Ma, veramente, io ho già ricordato episodi della mia infanzia; vedrò di recuperarne qualche altro.
• - Sì, è vero, ma non era ancora entrato nella macchina del tempo. Ora è al suo interno e l'effetto è
diverso.
• Questi sono i primi ricordi d'infanzia di Alberto.
• 1° ricordo
• - Mia madre dice che ho molto sofferto ad andare all'asilo. Mi ci avevano mandato per togliermi dal
cortile. Avevo quattro anni. Però, io ricordo soltanto quella volta che le maestre mi hanno legato alla sedia
con la cintura del grembiulino. Ero disperato. Questo ricordo si ravviva ogni volta che mi trovo in una
situazione costrittiva. Se mi dovessero mettere in prigione, ad esempio, sono sicuro che ci morirei.
• Si è accennato al fatto che la Psicologia Individuale utilizza, per la decodificazione dei primi ricordi, il
metodo analogico-intuitivo, cioè quel procedimento che, muovendo dall'osservazione e dalla diretta
esperienza e quindi dalla conoscenza di elementi noti, fa supporre che, nel concetto preso in
considerazione, esistano significati similari. Affidandoci a questo criterio, cercheremo di formulare, con
l'esplorazione dei primi ricordi di Alberto, altre congetture e altre ipotesi da aggiungere a quelle già esposte
in precedenza, in modo che, alla fine, ci tornino utili per la ricostruzione del suo Stile di vita e, quindi, della
sua personalità. È bene, ad ogni modo, ribadire che, per il momento, si tratta solo di ipotesi e di
supposizioni riservate all'operatore; egli dovrà cercarne la conferma in altri elementi che acquisirà poi nel
corso del trattamento.
È bene, ad ogni modo, ribadire che, per il momento, si tratta solo di ipotesi e di supposizioni riservate
all'operatore; egli dovrà cercarne la conferma in altri elementi che acquisirà poi nel corso del trattamento.
• «Mia madre dice che ho molto sofferto ad andare all'asilo». Se la narrazione si fosse fermata a questo
punto, non avremmo potuto registrarla fra i ricordi primari d'infanzia, in quanto il contenuto sarebbe solo il
frutto della memoria di altri, ma il racconto prosegue fornendo elementi dei tutto soggettivi, fissati
indelebilmente nella memoria privata del nostro soggetto e il ricordo risulta pertanto valido. A
quattro anni, Alberto è mandato all'asilo per essere tolto dal cortile. Che cosa c'era nel cortile che avrebbe
potuto rivelarsi tanto nocivo per lui? Legato alla sedia dalle maestre con la cintura del grembiulino: l'asilo è
divenuto la metafora della costrizione. Il peso delle imposizioni è tale da sollecitargli l'analogia con la
prigione e l'intolleranza nei confronti delle costrizioni è capace di evocare perfino l'idea della
morte.
• 2° ricordo
• - Sempre dell'asilo, ricordo ancora l'iniezione antipolio, le pantofoline rosse, la gara per andare ad
apparecchiare la tavola in competizione con un compagno, ma soltanto perché a quel compito era
incaricata anche una bambina che mi piaceva.
• La memoria è qui interamente all'opera per far rivivere appieno il clima dell'asilo: la memoria visiva "le
pantofoline rosse", ma anche la memoria dolorifica, "l'iniezione antipolio". Il contenuto principale è però la
competizione. Una competizione primordiale: maschio contro maschio per la conquista della femmina. Ma
nel caso di Alberto la competizione si trasforma in una gara con un compagno d'asilo per andare ad
apparecchiare la tavola. In apparenza sì,ma, in realtà, lo scopo reale è avvicinare la bambina che gli piaceva.
"Fine fittizio" e "fine reale": si tratta due capisaldi della Psicologia Individuale.
• 3° ricordo
• - Desideravo tanto avere un cane. La cagnolina della nostra vicina aveva avuto i piccoli e io chiedo alla
signora di darmene uno, ma lei mi risponde che per averne uno ci vogliono mille lire. Io corro a casa, prendo
i soldi dalla mia cassettina per acquistarne uno, ma scoperto dai miei, sono obbligato a restituire il cane e a
recuperare i soldi. Ho pianto, non volevo, ma ho dovuto farlo e, umiliandomi, ho richiesto indietro i soldi alla
signora e ridato il cagnolino che avevo tanto desiderato.
• "Il desiderio frustrato", potrebbe essere il titolo di questo ricordo. Neppure disponendo di mezzi propri, i
soldi prelevati dalla sua "cassettina"., Alberto riesce ad appagare i suoi sogni, deve subire le decisioni degli
adulti, umiliarsi e,piangendo, restituire il cagnolino che aveva tanto desiderato. Forse è meglio non
prendere mai spontaneamente delle iniziative, per non pagarle poi con sofferenza,umiliazione e dolore.
• 4° ricordo
• - È la vigilia di Natale, aveva nevicato. Con mio papa si doveva andare a prendere la mamma, che era al
lavoro. Faccio un capriccio, perché voglio assolutamente mettermi delle scarpe foderate di pelliccia, che,
però, erano della mamma. Il papa mi fa presente che non è possibile, ma io insisto nella strana idea, sin che
lui si spazientisce e mi da uno schiaffo, uno dei pochi ricevuti da lui, se non l'unico.
• Il capriccio del bambino ha sempre una funzione di sondaggio sulla disponibilità degli adulti o di verifica
dei limiti sino a cui egli può spingersi. Adler aveva osservato come il bambino,soprattutto nel primo periodo
della sua vita, avverta una grave situazione di inadeguatezza. È questa limitazione che egli definisce,
intenzionalmente, sentimento di inferiorità, per indicare quel fisiologico stato di insufficienza e di
insicurezza che manifesta il fanciullo di fronte al mondo a lui ancora sconosciuto, nel cui contesto gli
sembra di percepire che vivano personaggi più grandi, più forti e più esperti di lui. Se gli apporti ambientali
gli saranno favorevoli, il bambino supererà, in modo graduale, il disagio dell'inferiorità, in concomitanza
con lo sviluppo somatopsichico, il processo di apprendimento e l'integrazione sociale,dapprima collaudata
nella cerchia familiare e poi sempre di più al di fuori di questa.
Il mezzo di più facile uso per il bambino per il superamento della propria inadeguatezza è l'aggressività, che
secondo la visione freudiana, è sempre figlia della frustrazione. Nell'ottica adleriana, l'aggressività infantile
è vista,piuttosto, come un'energia primordiale, non ancora ben disciplinata, ma già in grado di garantire la
soddisfazione delle necessità più elementari.
Lungo il cammino della vita il bambino incontrerà, però, i primi ostacoli, le prime sofferenze, i primi pericoli
che gli indicheranno i confini entro i quali egli potrà esprimere la propria forza, modulandone l'intensità, a
seconda delle esigenze contingenti. Più avanti, quando sarà maggiormente cresciuto, egli dovrà
necessariamente fare i conti con le regole di convivenza, indicate all'inizio dai genitori e, in seguito, richieste
dalla società. Molte di queste regole riguardano proprio il controllo dell'aggressività, che sarà così
indirizzata verso i settori consentiti.
• 5° ricordo
• - Ricordo vagamente il giorno che mi hanno portato in ospedale per togliermi l'appendice. Tutti quei
camici bianchi. Ero molto spaventato e piangevo.
• Quale situazione può essere più inferiorizzante per l'uomo della perdita del benessere fisico? Lontano
dall'ambiente tranquillizzante della propria casa, in un mondo sconosciuto di persone "in camice bianco"
s'insinua la paura, la disperazione, l'angoscia.
• 6° ricordo
• - Ricordo il ritorno a casa dopo la visita dell'oculista che mi aveva diagnosticato la miopia e prescritto gli
occhiali. La mamma che dice "sei tu l'unico con questo difetto, mai nessuno nella nostra famiglia ha portato
gli occhiali". E io mi sentivo piccolo e solo.
• Ancora una condizione di inferiorità, questa volta aggravata dalla diversità: "sei tu l'unico con questo
difetto... ".
• 7° ricordo
• - Ero molto piccolo, avevo circa tre anni ed ero a letto con uno degli attacchi di appendicite, che mi hanno
colto più volte durante l'anno precedente all'operazione. Ricordo che era di domenica, il lettino azzurro,
la borsa del ghiaccio e, legata a quel lettino, l'impressione, imprecisa e sfumata, di aver provato
un'eccitazione erotica.
• Eccitazione erotica a tre anni? Forse si tratta di una fantasia elaborata in un tempo successivo, un modo
utilizzato a posteriori per esprimere il concetto di piacere. Piacere e malattia? Piacere di essere ammalato?
Certo, una maniera alquanto impropria, anche se non eccezionale, di associare godimento e sofferenza.
• 8° ricordo
• - Sì, ho avuto una sessualità precoce. Ero molto piccolo, intorno ai sei, sette anni,ricordo di essermi
masturbato con una bambina del mio cortile e ricordo anche le masturbazioni con un amico... e poi, la
grande colpevolizzazione di quel comportamento da parte dell'insegnante di religione, che era una donna.
• «L'anatema gettato dalla Bibbia contro il "crimine" di Onan è sopravvissuto sino ai nostri giorni sotto
forma di colpevolizzazione della masturbazione. Questa colpevolizzazione è certamente meno drammatica
oggi che ancora qualche decennio dì anni fa. Sino all'inizio del secolo (scorso), l'onanismo era considerato
ufficialmente come un orribile vizio che portava a temibili conseguenze [...]se non perché veniva
colpevolizzato ». La visione attuale, secondo l'ottica adleriana,ritiene la masturbazione come un momento
di quella fase dell'evoluzione sessuale, coincidente con l'infanzia e la pubertà, che lo stesso Adler ha
definito con la locuzione "training erotico infantile".
Un discorso a parte merita, invece, il "senso di colpa" che ne è conseguito,aggravato, a sua volta,
dall'intervento dell'insegnante di religione.
Intendiamo per "senso di colpa" non la colpa determinata dalla violazione di norme etiche coscientemente
accettate, ma esclusivamente il "senso di colpa nevrotico", generato da pensieri, azioni o progetti, vissuti
inadeguatamente a livello inconscio. Si tratta di una "finzione rafforzata", che drammatizza azioni, pensieri
e progetti rapportabili a una vasta gamma di contenuti. Le "costrizioni" che inducono il conflitto non sono
esclusivamente di provenienza genitoriale: esse possono derivare da ogni figura investita di potere, per cui
la violazione accentua il rischio. Per Alberto, non è tanto grave l'atto di masturbarsi, quanto il peso del
senso di colpa per aver violato le norme etiche.

ANALISI DELLO STILE DI VITA DEL PAZIENTE - SECONDA PARTE;SESSIONE 4 - IL PRIMO COLLOQUIO - E
La decodificazione del linguaggio simbolico di Alberto a conclusione di questa prima fase dell'indagine
psicodiagnostica ci consentirà di ricomporre alcuni punti essenziali del suo Stile di vita.
1. Forte senso di incapacità decisionale («non so concludere niente») e di inadeguatezza («non so fare
niente»), indotte dal confronto negativo con il padre («mio padre, invece, sa fare di tutto») e con il fratello
(«mio fratello ha due lauree e io non ne riesco a prenderne nemmeno una...»); per di più, ironia della
sorte, porta il nome di uno, «zio morto in guerra, volontario e idealista».
2. Insicurezza affettiva e d’appartenenza. La sola persona che sa esprimere affetto sincero
e, nel contempo, sa mantenere rispetto e autorevolezza è il nonno materno, patriarca
dell’unica famiglia che Alberto considera veramente come sua («la mia casa era quella dei nonni»).
3. L'inquadramento della figura femminile, oltre tutto «non particolarmente affettuosa» e apprensiva, è
essenzialmente scoraggiante: «sei tu l'unico con questo difetto nella nostra famiglia...». Ne deriva un
senso d'inferiorità non facilmente compensata e compensabile («e io mi sentivo piccolo e solo»).
4. L'atteggiamento inferiorizzante della madre porta di conseguenza il soggetto a mettere a
punto la finzione rafforzata di un'immagine di sé differenziata in negativo nel confronto con
gli altri (gli occhiali, la scoliosi, il soffio al cuore, l'appendicite).
5. Spiccata insofferenza per le costrizioni, di cui l'asilo è divenuto l'eloquente metafora. Il gravame
attribuito alle imposizioni è tale da sollecitare l'analogia con la prigione e la ripulsa nei loro confronti è
persino capace di evocare l'idea della morte.
6. L'intolleranza per le frustrazioni è ampiamente segnalata dai due episodi raccolti con i primi ricordi
infantili di Alberto in cui gli viene negata la possibilità di avere un cagnolino e quella di indossare le scarpe
della madre, foderate di pelo. Ne deriva la propensione a non prendere mai spontaneamente delle
iniziative, per non pagarle poi con sofferenza,umiliazioni e dolore.
7. La difficoltà a prendere decisioni condiziona anche la stabilizzazione del rapporto di coppia. Alberto ed
Elisa, durante i periodi di vacanza, si comportano "come se" la loro fosse una coppia stabile, «molto
appagante, anche sessualmente, ma al rientro,ognuno torna a casa sua».
8. La scelta sessuale, orientata in senso eterosessuale (la «bambina che mi piaceva» di uno dei suoi primi
ricordi,l'attuale rapporto con Elisa), costituisce la prova che le masturbazioni rammentate da Alberto erano
soltanto il significante del "senso di colpa" che ne era conseguito,aggravato dall'intervento dell'insegnante
di religione, simbolo della morale comune.

PROBLEMATICHE PSICOPATOLOGICHE NELL’INFANZIA;SESSIONE 2 - LA PRESA IN CARICO DEL MINORE


Nella presa in carico del bambino, occorre una attenta valutazione del soggetto, delle funzioni genitoriali e
degli ambiti di vita quali ad esempio la dimensione scolastica in cui è inserito.
L’assetto diagnostico comprende : le funzioni genitoriali e i ruoli rivestiti, le modalità relazionali, i valori, gli
affetti, le emozioni e le valenze educative e la specificità del soggetto nei suoi contesti di vita. Sono
significativi tutti gli elementi raccolti nell’ambito scolastico, sul piano cognitivo e comportamentale-
relazionale con i pari e gli adulti.
Si approfondisce poi la costellazione familiare, l’ordine di nascita, i primi ricordi, quali indicatori della
personalità, per giungere allo stile di vita che risulta già delineato dai 4-5 anni.
E’ preferibile, ai fini di concorrere al processo di cambiamento che è la finalità di ogni psicoterapia,la
presenza di due terapeuti perché i soggetti coinvolti sono il minore e i genitori.
La sintomatologia manifestata dal bambino risulta correlata sua alla personalità e deve essere compresa
nelle sue finalità sottese. E’ necessario evitare rigide diagnosi lasciando invece spazio alla valutazione del
funzionamento psichico rispetto alla definizione di struttura di personalità che è ancora in fase
di sviluppo.
Dopo la diagnosi, che si avvale di strumenti quali il gioco e il disegno, si concorda con i genitori il percorso
terapeutico più adatto alle problematiche emerse.
Gli agenti terapeutici si possono delineare innanzitutto nell’assunzione di responsabilità
da parte delle figure genitoriali che partecipano alla cura, rivisitando la loro funzione genitoriale, il tutto
finalizzato a migliorare il rapporto con il minore.
Si può anche verificare che i genitori deleghino agli specialisti la cura del figlio in un’ottica
deresponsabilizzante, riservando loro forti cariche aggressive quando i processi di cambiamento risultino
poco significativi.
Un’ attenta valutazione della psicopatologia del minore e dell’ambito familiare può portare a decidere la
necessità di una cura caratterizzata dalla scelta della comunità a cui si associa la psicoterapia individuale.
Ci si riferisce a soggetti con quadri psicopatologici fortemente sostenuti dalla patologia
familiare e per i quali risulta impossibile il processo di cambiamento permanendo nell'ambito familiare
altamente problematico.
Il soggetto, accolto in una comunità é scoraggiato e,inizialmente, può non comprendere il senso della
cura al di fuori dall’ambito familiare.
La comunità diviene per il minore uno spazio esperienziale e psichico in cui può essere possibile il
cambiamento. La dimensione della comunità permette al giovane paziente di sperimentare nuovi
e significativi scambi relazionali funzionali ad una ridefinizione di sé.
Il setting terapeutico allargato della comunità diviene agente di cura ristrutturante la personalità
del soggetto.
Le figure genitoriali verranno coinvolte nel percorso di cura, giungendo ad un ruolo genitoriale positivo,
che non sosterrà più la psicopatologia del figlio.
Il minore sarà più libero dai condizionamenti del contesto familiare patologico e potrà scoprire figure
adulte alternative a cui far riferimento.
I fattori terapeutici sono attribuibili all’esperienza del gruppo formato da educatori, infermieri,
neuropsichiatri infantili, psicologi ed assistenti sociali. Tali professionalità, metteranno in campo l’
empatia, l’affettività, la compartecipazione emotiva e l’incoraggiamento permettendo al bambino
adolescente di sperimentare una fattibilità da sostituire al fallimento personale. Il percorso di cura
permetterà al soggetto di sviluppare una dimensione esplorativa,trasformativa e prospettica,
fondamentale per un armonico sviluppo della personalità.

PROBLEMATICHE PSICOPATOLOGICHE NELL’INFANZIA;SESSIONE 3 - OSSERVAZIONE DEI


COMPORTAMENTI ATIPICI NELL’ETA’ EVOLUTIVA
L’età evolutiva è caratterizzata da continue trasformazioni e manifestazioni comportamentali che
possono generare ansia in chi si occupa dei soggetti in questa fase di vita.
E’ importante da parte di chi svolge compiti educativi saper riconoscere se si tratta di manifestazione
tipiche dell’età e quindi di eventi passeggeri oppure se si tratta di un vero e proprio disturbo.
18-24 mesi : capricci, rifiuto di fare ciò che è richiesto, costante richiesta di attenzione, iperattività, paure
specifiche.
3-5 anni: capricci, rifiuto di fare le cose richieste,continua richiesta di attenzione, iperattività, paure
specifiche, ipersensibilità, negativismo.
6-10 anni: capricci,iperattività, paure specifiche, ipersensibilità,bugie,riservatezza eccessiva, problemi
scolastici.
11-14 anni: attacchi di aggressività,ipersensibilità, gelosia, problemi scolastici, eccessiva riservatezza,
malinconia, prime trasgressioni. Utilizzo eccessivo del computer .
15-18 anni: attacchi di aggressività, problemi scolastici, assenze scolastiche, trasgressioni quali fumo,
alcool, sostanze. Utilizzo eccessivo del computer .
COMPORTAMENTI ATIPICI CONNESSI ALLA SESSUALITA' IN ETA' PRESCOLARE E SCOLARE:
1 - Continua a toccarsi i genitali in pubblico,anche quando gli è stato detto di non farlo. Il comportamento
diviene spesso compulsivo,portando via tempo alle altre attività.
2 - Continua a fare domande di tipo sessuale,anche dopo che gli è stato risposto in modo adeguato per
l'età.
Insiste con lo stare nudo in pubblico anche dopo che adulti significativi gli hanno detto che non è
possibile.
4 - Manifesta interesse eccessivo ad osservare gli altri mentre sono in bagno,tale interesse permane per
giorni e settimane,non vuole lasciare soli gli altri in bagno ed entra con forza.
5 - Continua ad usare,anche dopo che adulti significativi gli hanno detto di non farlo,parolacce per le
funzioni escretorie e sessuali.
6 - Gioca con le proprie feci e le strofina sul pavimento per più di una volta.
7 - Forza i coetanei a togliersi i vestiti più volte per giocare.
8 - Simula più volte,sia vestito che non vestito,rapporti sessuali con altri bambini.
COMPORTAMENTI CONNESSI ALLA SESSUALITA’ E NELLA NORMA IN ETA’ PRESCOLARE
1 - Tocca e strofina i propri genitali quando vengono cambiati i pannolini, quando va a letto, quando è
teso o impaurito.
2 - Esplora le differenze fra i maschi e le femmine.
3 - Sfrutta qualche occasione per vedere nude le persone.
4 - Pone domande sulla nascita dei bambini.
5 - E’ interessato ad osservare gli altri in bagno.
6 - E’ interessato alle proprie feci.
7 - Gioca alla famiglia impersonando i ruoli dei genitori.
8 - Ispeziona giocando il corpo altrui.

PROBLEMATICHE PSICOPATOLOGICHE NELL’INFANZIA;SESSIONE 4 - PSICOPATOLOGIA E CAMBIAMENTI


NEL CORSO DELLA VITA
Gli studi sui campioni a rischio hanno posto l’attenzione su alcune criticità per lo sviluppo
cosiddetto nella norma. A tale proposito si sono sviluppati diversi filoni di ricerca quali: 1-Relazione
fra emozioni, funzionamento cognitivo e biologia, 2 - Fattori socio-emotivi e sviluppo del linguaggio, 3 -
Influenza del comportamento genitoriale ed altri ancora.
L’integrazione fra discipline diverse quali la psicopatologia, la neuropsichiatria infantile,la biologia
e la psicologia dello sviluppo, hanno posto le basi per promuovere il benessere della persona fin dai
suoi primi giorni di vita.
Si è andata facendo strada la necessità di studiare la psicopatologia in relazione ai cambiamenti
significativi presenti nel corso della vita dell’individuo.
E’ stata così proposta una cornice concettuale che permetta di orientare la comprensione della
psicopatologia facendo riferimento alle tappe dello sviluppo biologico, cognitivo, socio-emozionale
dell’individuo stesso.
Si vuole evidenziare quanto sia fondamentale una corretta valutazione della natura e del significato dei
problemi di tipo comportamentale.
E' necessario considerare ogni forma di atipicità riferendoci agli standard normativi e alle aspettative
proprie di ogni cultura in relazione alle fasi di sviluppo.
Possiamo rilevare come comportamenti comuni nei primi anni dell'infanzia quali:pianti,crisi
oppositive,incubi,paure,diventino non più comuni ed accettabili qualche anno dopo,in relazione
all'acquisizione dell'esperienza maturata attraverso il processo educativo.
Oggetto del dibattito attuale è se le manifestazioni psicopatologiche dell'infanzia possano essere
considerate un segnale di preallarme di un quadro più complesso che potrebbe presentarsi in futuro.
E’ necessario valutare l’intero contesto di vita del bambino per meglio comprendere le manifestazioni
del suo disagio in età evolutiva.
Lo sviluppo è visto in termini di adattamento.
Organismo ed ambiente interagiscono in modo da configurare i l funzionamento mentale come
continua risposta adattiva che richiede la capacità di far fronte alle richieste ambientali e di soddisfare i
propri bisogni (Moscardino,Axia, 2001).
Tra le tematiche da indagare per la valutazione dei contesti famigliari citiamo:
1-RUOLO DEI GENITORE ( I GENITORI PROVVEDONO IN MODO ADEGUATO E REGOLARMENTE ALLE CURE
FISICHE E A QUELLE EMOTIVE IN RELAZIONE ALL’ETA’ E AI BISOGNI SPECIFICI DEI FIGLI).
2-EMOZIONI E RISPOSTE GENITORIALI ( MODALITA ‘ DI RISPOSTA DEI GENITORI AL PIANTO E AL RISO DEL
BAMBINO,INTERPRETAZIONE DELL’ANSIA E DELLL0 STRESS,MODALITA’ DI FRONTE A COMRTAMENTI
DISTURBANTI).
3-RAPPORTO CON I FIGLI (SENTIMENTI PROVATI PER I FIGLI, RIESCONO A PROVARE EMPATIA NEI LORO
CONFRONTI,DEDICANO TEMPO AD ATTIVITA’ DA SVOLGERE CON I FIGLI).
4-INFLUENZE FAMIGLIARI (RICONOSCONO DIFFERENZE O SOMIGLIANZE PRA IL PROPRIO MODO D I
ESSERE GENITORI E QUELLO DEI LORO GENITORI).
5-INTERAZIONI CON ‘AMBIENTE ESTERNO (IL BAMBINO PUO’ USUFRUIRE DI RELAZIONI SIGNIFICATIVE IN
ALTRI MICROSISTEMI (SCUOLA AD ESEMPIO).
6 FATTORI PROGNOSTICI DI CAMBAMENTO (ATTEGGIAMENTO DEI GENITORI VERSO LA
SOLUZIONE DEI PROBLEMI).
Tra i criteri da considerare nella valutazione dei contesti di vita dei bambini non ci si dovrà limitare alla
valutazione del microsistema ma si dovrà estendere all’intero sistema ecologico (meso, eso , macro),
comprese le loro reciproche interazioni.
Si dovrà valutare l’adeguatezza del sistema complessivo di crescita tenendo in considerazione:
-accessibilità agli altri microsistemi funzionali alle sue esigenze evolutive.
- qualità delle comunicazioni tra i sottosistemi.
-presenza o meno nell’eso e nel macro sistema di fattori compensatori o viceversa potenziali di rischio.
VARIABILITA’ INTERINDIVIDUALE / VARIABILITA’ INTRAINDIVIDUALE E PROBLEMA DELLA DIAGNOSI
SESSIONE 1 - CONSIDERAZIONI - A

VARIABILITA’ INTERINDIVIDUALE / VARIABILITA’ INTRAINDIVIDUALE E PROBLEMA DELLA DIAGNOSI


SESSIONE 2 - CONSIDERAZIONI - B
IL PROBLEMA DELLA DIAGNOSI
Il problema della diagnosi in età evolutiva è particolarmente complesso. Il processo diagnostico
implica tre attività complementari : comprendere/descrivere/spiegare
Segni e Sintomi :Comprendere: quali sono i segni e i sintomi presentati?
Descrivere:cioè come tradurre i sintomi comportamentali in criteri che possano essere ricondotti a
un quadro tassonomico?
Spiegare: come spiegare la costellazione di sintomi e quale significato ha per i l bambino?
Contesti ed occasioni:
Comprendere:in quali contesti ed occasioni il bambino manifesta comportamenti incongrui?
Descrivere:a quale categoria psicopatologica appartiene la manifestazione del bambino?
Spiegare:cosa significa per il bambino nell’ambito delle sue reazioni affettive questo sintomo?quali
emozioni producono i sintomi nell’ ambiente del bambino?
Vita quotidiana
Comprendere : come si inserisce il sintomo nella vita quotidiana ed adattiva del bambino?
Descrivere: che cosa sta succedendo nell’ambiente del bambino?Quali sono le risorse su cui puntare
e i fattori di rischio da valutare?
Spiegare : quale bisogno/ansia viene soddisfatto attraverso il sintomo?

VARIABILITA’ INTERINDIVIDUALE / VARIABILITA’ INTRAINDIVIDUALE E PROBLEMA DELLA DIAGNOSI


SESSIONE 3 - CONSIDERAZIONI - C
E’ importante osservare se sono presenti eventuali altre manifestazioni patologiche .
FASI:
Comprendere:sono presenti altre manifestazioni
psicopatologiche nella stessa area non comunicate?
Descrivere: quali sono i fattori di comorbilità e i criteri per
la diagnosi differenziale?
Spiegare:quale valore attribuire ai segni che vengono
proposti attraverso le modalità espressive del bambino?

VARIABILITA’ INTERINDIVIDUALE / VARIABILITA’ INTRAINDIVIDUALE E PROBLEMA DELLA DIAGNOSI


SESSIONE 4 - CONSIDERAZIONI - D
Il livello in cui si colloca una classificazione (tassonomia) è quello descrittivo. Una volta individuati nel
soggetto gli indicatori del malessere si deve ricercare fra le categorie diagnostiche a disposizione quella
che consenta di riassumere ciò che si è osservato.
E’ importante porsi con atteggiamento attento di fronte alla complessità dell’inquadramento diagnostico
in età evolutiva.
E’ necessario far emergere le competenze e le capacità di integrare aspetti e significati diversi .
Bisogna andare oltre la definizione di disturbo.
E’ opportuno progettare modalità di intervento che tengano in considerazione gli aspetti multidisciplinari
ed evolutivi della salute mentale nell’età evolutiva.

DISTURBI DIAGNOSTICATI NELL’INFANZIA,NELLA FANCIULLEZZA O NELL’ADOLESCENZA


SESSIONE 1 - DISTURBI DEL DEFICIT D’ ATTENZIONE E DEL COMPORTAMENTO DIROMPENTE
La caratteristica fondamentale del disturbo da deficit d’attenzione/iperattività consiste in una persistente
modalità di disattenzione e/o iperattività/impulsività . Sei o più dei seguenti
sintomi sono persistenti per almeno sei mesi con un’intensità che provoca disadattamento e che
contrasta con il livello di sviluppo.
DISATTENZIONE:
a) spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti
scolastici, o sul lavoro o in altre attività.
b) spesso ha difficoltà a mantenere attenzione sui compiti o sulle attività di gioco.
c) spesso sembra non ascoltare se gli si parla direttamente.
d) spesso non segue le istruzioni e non porta a termine le incombenze.
e) spesso ha difficoltà ad organizzarsi nelle attività.
f) spesso evita o prova avversione ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto
g) spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività.
h) spesso è facilmente distratto da stimoli estranei.
i) è spesso sbadato nelle attività di ogni giorno.
IPERATTIVITA’:
a) spesso muove con irrequietezza mani o piedi e si dimena sulla sedia.
b) spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto.
d) spesso ha difficoltà a giocare in modo tranquillo.
e) è spesso sotto pressione o agisce come se fosse “motorizzato”.
f) spesso parla troppo.
IMPULSIVITA’:
g) spesso “spara risposte” prima che le domande siano completate.
h) spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno.
i) spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti.
-Alcuni dei sintomi di iperattività/impulsività o di disattenzione che causano compromissione erano
presenti prima dei sette anni di età.
-I sintomi non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un disturbo generalizzato dello
sviluppo, di schizofrenia,o di un altro disturbo psicotico, e non risultano meglio attribuibili ad un altro
disturbo mentale ( Disturbo: dell’umore, d’ansia, di personalità,dissociativo).

DISTURBI DIAGNOSTICATI NELL’INFANZIA,NELLA FANCIULLEZZA O NELL’ADOLESCENZA


SESSIONE 2 - DISTURBO DELLA CONDOTTA
Caratteristica del Disturbo della Condotta è una modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui
i diritti fondamentali degli altri oppure le norme o le regole della società appropriate per l’età vengono
violati, come manifestato dalla presenza di tre o più dei seguenti criteri nei 12 mesi precedenti, con
almeno un criterio presente negli ultimi 6 mesi:
Aggressioni a persone o ad animali:
1) spesso fa il prepotente creando timore agli altri.
2) spesso innesca colluttazioni fisiche.
3) ha usato un’arma che può creare seri disturbi fisici ad altri (coltello, bottiglia rotta,bastone, barra…).
4) è stato fisicamente crudele con le persone.
5) è stato fisicamente crudele con gli animali.
6) ha rubato affrontando la vittima (aggressione, scippo…).
7) ha forzato qualcuno ad attività sessuali.
Distruzione della proprietà:
8) ha deliberatamente distrutto proprietà altrui.
9) ha deliberatamente appiccato fuoco.
Frode e furto:
10) è penetrato in un edificio,un domicilio o un automobile altrui.
11) spesso mente e raggira gli altri.
12) furto nei negozi senza scasso, falsificazioni.
Gravi violazioni di regole:
13) spesso trascorre fuori la notte senza il permesso dei genitori, con inizio prima dei 13 anni di età.
14) è fuggito di casa di notte almeno due volte mentre viveva a casa dei genitori o di chi ne fa le veci ( o
una volta per lungo periodo).
15) marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni. L’esordio del disturbo della condotta può
manifestarsi anche a 5 / 6 anni,ma si situa di solito nella tarda fanciullezza o prima adolescenza.
L’esordio è raro dopo i 16 anni.
Nella maggior parte dei soggetti , il disturbo va in remissione con l’età adulta. Una quota significativa di
soggetti mostrerà nell’età adulta un disturbo antisociale di personalità.

DISTURBI DIAGNOSTICATI NELL’INFANZIA,NELLA FANCIULLEZZA O NELL’ADOLESCENZA


SESSIONE 3 - DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO
La caratteristica del Disturbo Oppositivo Provocatorio è una modalità ricorrente di comportamento
negativistico,disobbediente ed ostile nei confronti delle figure dotate d’autorità che pesiste per almeno 6
mesi, durante i quali sono presenti 4 (o più) dei seguenti punti:
1) spesso va in collera.
2) spesso litiga con gli adulti.
3) spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare le richieste degli adulti.
4) spesso irrita deliberatamente le persone.
5) spesso accusa gli altri per i propri errori.
6) è spesso facilmente irritato dagli altri.
7) è spesso vendicativo.
L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente significativa del funzionamento
sociale,scolastico o lavorativo.
Il Disturbo Oppositivo Provocatorio diviene di solito evidente prima degli otto anni di età e di solito non
più tardi dell’adolescenza.
In una quantità significativa di casi il Disturbo Oppositivo Provocatorio precede il Disturbo della
Condotta.
Le manifestazioni ed i disturbi associati variano in funzione dell’età del soggetto e della gravità del
disturbo oppositivo provocatorio. Nei maschi si è osservato che il disturbo ha maggiore incidenza tra
coloro che, nell’età prescolare,hanno temperamenti problematici ( alta reattività, difficoltà ad
essere tranquillizzati) o intensa attività motoria. Durane l’età scolare possono esserci bassa autostima,
labilità dell’umore, scarsa tolleranza alla frustrazione, uso precoce di alcool, tabacco e sostanze illecite. Vi
sono spesso conflitti con i genitori, gli insegnanti e i coetanei. Il disturbo oppositivo provocatorio ha
maggiore prevalenza nelle famiglie in cui l’accudimento del bambino è turbato da un susseguirsi di
diverse persone preposte all’accudimento dello stesso, o in famiglie in cui sono comuni
pratiche educative rigide, incoerenti. Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è comune nei
bambini con disturbo oppositivo provocatorio.
Anche i disturbi dell’apprendimento e della comunicazione tendono ad associarsi al disturbo oppositivo
provocatorio.

DISTURBI DIAGNOSTICATI NELL’INFANZIA,NELLA FANCIULLEZZA O NELL’ADOLESCENZA


SESSIONE 4 - DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE DELL’INFANZIA O DELLA PRIMA
FANCIULLEZZA
I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza sono caratterizzati
da persistenti anomalie della nutrizione e dell’alimentazione.
I disturbi sono:
-Pica.
-Disturbo d i ruminazione.
-Disturbo della nutrizione dell’Infanzia o della prima fanciullezza.
Pica : persistente ingestione di sostanze non alimentari per un periodo di almeno un mese.
Il comportamento di ingestione non fa parte di una pratica culturalmente sancita.
Prima di circa 18-24 mesi, è relativamente comune mettersi in bocca e talvolta ingerire sostanze non
alimentari, e ciò non implica la presenza di pica.
La condizione non è diagnosticata spesso ma può essere non rara nei bambini in età prescolare. Tra i
soggetti con Ritardo Mentale , la prevalenza del disturbo sembra aumentare con la gravità del ritardo.
La caratteristica del disturbo della ruminazione è il ripetuto rigurgito e rimasticamento del cibo che si
sviluppa in un soggetto in età infantile o in un bambino dopo un periodo di funzionamento normale, e
dura per almeno un mese.
I soggetti in età infantile affetti da questo disturbo sono irritabili o affamati tra gli episodi di rigurgito.
Sebbene il bambino abbia apparentemente fame , può manifestarsi malnutrizione , dal momento che il
rigurgito segue immediatamente la nutrizione. Il disturbo è raro. L’età dell’esordio è tra i 3 e i 12 mesi,
tranne nei soggetti con ritardo mentale in cui il disturbo può insorgere ad un livello di sviluppo un po’ più
tardivo.
La caratteristica del disturbo della nutrizione dell’infanzia e della prima fanciullezza è la persistente
incapacità di mangiare adeguatamente, come manifestato dalla significativa incapacità di aumentare di
peso o da una significativa perdita di peso durante il periodo di almeno un mese.
I soggetti in età infantile con disturbi della nutrizione sono particolarmente irritabili e difficili da
confortare durante la nutrizione.
Possono apparire apatici e mostrare ritardi di sviluppo. In alcuni casi problemi di interazione genitoriale
possono contribuire ai problemi della nutrizione del bambino.
Il disturbo della nutrizione dell’infanzia o della prima fanciullezza esordisce solitamente nel primo anno
di vita, ma può esordire anche in bambini di due o tre anni .
Problemi di nutrizione di minor gravità sono comuni nell’infanzia. La diagnosi di disturbo della nutrizione
e dell’alimentazione dell’infanzia o della prima fanciullezza dovrebbe essere fatta solo se il problema di
alimentazione causa significativa incapacità di aumentare di peso o perdita di peso.
Questo disturbo non viene diagnosticato se le anomalie della nutrizione sono pienamente spiegate da
una condizione gastrointestinale, endocrinologica o neurologica.

ALTRI DISTURBI DELL’INFANZIA, DELLA FANCIULLEZZA O DELL’ADOLESCENZA


SESSIONE 1 - DISTURBO D’ANSIA DA SEPARAZIONE
Assistiamo ad un’ansia eccessiva riguardante la separazione da casa o da coloro a cui il soggetto è
attaccato. L’anomalia deve durare almeno quattro settimane , iniziare prima dei 18 anni e causare
disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, scolastica , lavorativa, o di altre
aree importanti del funzionamento.
La diagnosi non viene fatta se l’ansia si manifesta esclusivamente durante i l decorso di un disturbo
generalizzato dello sviluppo, di schizofrenia o di un altro disturbo psicotico.
I soggetti con questo disturbo possono provare eccessivo malessere ricorrente riguardo alla separazione
da casa o dalle figure a cui sono maggiormente attaccati.
Quando sono separati dalle figure a cui sono attaccati , spesso hanno bisogno di sapere dove si trovino e
di stare in contatto con loro. Alcuni soggetti divengono estremamente nostalgici e sono a disagio quando
sono via di casa. Essi possono dire bugie per tornare a casa ed essere assorbiti da fantasie di
ricongiungimento.
Quando sono separati dalle persone a cui sono legati vivono il timore che possano accadere incidenti o
malattie a queste o a loro stessi. Possono essere riluttanti all’idea di andare a scuola, a fare commissioni,
a dormire a casa di amici. Questi bambini possono essere in grado di non stare in camera da soli. Possono
manifestare incubi che esprimono le loro paure. Le lamentele fisiche sono comuni ( nausea, mal di testa,
vomito…).
Se separati da casa, i bambini con disturbo d’ansia di separazione , possono mostrare ritiro sociale ed
apatia.
Possono avere paura degli animali, dei mostri, del buio, dei ladri, degli incidenti, possono lamentarsi che
nessuno li ami e desiderare di morire.
I bambini affetti da questo disturbo sono spesso descritti come intrusivi. Le eccessive richieste di questi
bambini spesso divengono fonte di frustrazione per i genitori.
L’umore depresso è spesso presente e può giustificare una diagnosi aggiuntiva di Disturbo distimico o
disturbo depressivo maggiore. Il disturbo può precedere lo sviluppo del disturbo di panico con
agorofobia.
– Le manifestazioni del disturbo possono variare con l’età. I bambini più piccoli possono non esprimere
paure specifiche di minacce precise ai genitori,alla casa o a loro stessi. Quando crescono le
preoccupazioni riguardano spesso pericoli specifici. L’ansia e l’ anticipazione della separazione possono
divenire evidenti nella media fanciullezza.
– L’esordio può avvenire anche nell’età prescolare e in qualsiasi momento prima dei 18 anni, ma l’esordio
nell’adolescenza è raro.

ALTRI DISTURBI DELL’INFANZIA, DELLA FANCIULLEZZA O DELL’ADOLESCENZA


SESSIONE 2 - MUTISMO SELETTIVO
Caratteristica fondamentale del mutismo selettivo è la persistente incapacità di parlare in situazioni
sociali specifiche ( scuola compagni di gioco) quando ci si aspetta che si parli nonostante parlare sia
possibile in altre situazioni.
L’anomalia interferisce con i risultati scolastici o lavorativi. Tale anomalia deve durare per almeno un
mese e non è limitata al primo mese di scuola.
Le manifestazioni associate possono includere eccessiva timidezza, timore ed imbarazzo sociale,
negativismo, accessi di collera. E’ comune che questi bambini siano presi in giro.
Occasionalmente vi può essere un disturbo della comunicazione associato. I bambini affetti da questo
disturbo possono comunicare con gesti.
Il mutismo selettivo è raro e più comune nelle femmine che nei maschi.
L’esordio è di solito prima dei cinque anni di età.
L’ansia sociale e l’evitamento sociale della fobia sociale possono essere associati con il mutismo selettivo.
Caratteristica del disturbo è una modalità di relazione sociale,notevolmente disturbata ed inadeguata
rispetto al livello di sviluppo, che si manifesta in quasi tutti i contesti,che inizia prima dei cinque anni.
Ci sono due sintomatologie cliniche.
La prima (tipo inibito) vede il bambino incapace di dare inizio alla maggior parte delle interazioni sociali e
di rispondere ad esse adeguatamente al suo livello di sviluppo. Il bambino manifesta un’attenzione
fredda,resistenza alle tenerezze…).
Nel tipo disinibito vi è una modalità di attaccamento diffuso. Il bambino mostra socievolezza
indiscriminata o mancanza di selettività nella scelta dei personaggi di attaccamento.
Situazioni quali l’ospedalizzazione prolungata,inesperienza dei genitori…, possono portare allo sviluppo
dell’accudimento patologico.
L’accudimento patologico comunque non sempre sviluppa il disturbo reattivo dell’attaccamento.
L’esordio del disturbo si colloca nei primi anni di vita e ha inizio prima dei cinque anni di età.
Se viene fornito un ambiente dotato di adeguato supporto può avvenire un miglioramento o la
remissione.

ALTRI DISTURBI DELL’INFANZIA, DELLA FANCIULLEZZA O DELL’ADOLESCENZA


SESSIONE 3 - DISTURBO DA MOVIMENTI STEREOTIPATI
Caratteristica del Disturbo dei Movimenti Stereotipati è un comportamento motorio che è ripetitivo,
spesso apparentemente intenzionale, e a-finalistico. Questo comportamento interferisce notevolmente
con le attività normali o causa lesioni corporee auto-provocate che sono sufficientemente rilevanti da
richiedere trattamento medico.
I movimenti stereotipati possono includere: far cenni con le mani, dondolarsi, giocherellare con le mani,
con le dita,sbattere la testa, morsicarsi,pizzicarsi la cute o gli orifizi corporei, o colpire varie parti del
corpo. Talvolta il soggetto usa un oggetto per mettere in atto questi comportamenti.
I comportamenti possono provocare danni tissutali permanenti e invalidanti.
Tale disturbo si manifesta frequentemente in associazione al ritardo mentale. Può anche manifestarsi in
associazione a gravi deficit sensoriali (cecità, sordità).
I comportamenti autolesivi si manifestano in soggetti di ogni età.
L’esordio può far seguito ad un evento ambientale stressante.
I movimenti stereotipati hanno spesso un picco nell’adolescenza e poi declinano gradualmente.
Nei soggetti con ritardo mentale grave persistono invece per anni.

ALTRI DISTURBI DELL’INFANZIA, DELLA FANCIULLEZZA O DELL’ADOLESCENZA


SESSIONE 4 - DISTURBO DELLO SVILUPPO DELLA COORDINAZIONE
Caratteristica di questo disturbo è una marcata compromissione dello sviluppo della coordinazione
motoria.
La diagnosi viene fatta solo se tale compromissione influisce in modo significativo sull’apprendimento
scolastico e sulle attività della vita quotidiana.
I bambini più piccoli possono presentare goffaggine e ritardo nello sviluppo motorio ( gattonare,
camminare, stare seduti,allacciarsi le scarpe, abbottonarsi la camicia…).
I bambini più grandi possono mostrare difficoltà nelle componenti motorie dell’assemblaggio dei puzzles,
del modellismo, nel giocare a palla, nella calligrafia).
I disturbi associati possono includere i disturbi della fonazione, il disturbo dell’espressione del
linguaggio,il disturbo misto della dell'espressione e della recezione del linguaggio.
La prevalenza del disturbo è stimata al 6% dei bambini tra i 5 e gli 11 anni.
Il riconoscimento del disturbo si ha quando il bambino fa i primi tentativi di correre , usare coltello e
forchetta, abbottonarsi i vestiti, giocare a palla. La mancanza di coordinazione può permanere anche
nell’adolescenza e nell’età adulta.
Il disturbo dello sviluppo della coordinazione deve essere distinto da una compromissione motoria
dovuta aduna condizione medica generale (paralisi cerebrale, emiplagia, distrofia muscolare).

DISTURBI GENERALIZZATI DELLO SVILUPPO


SESSIONE 1 - DISTURBO AUTISTICO
Possiamo assistere ad incapacità di instaurare relazioni con i coetanei adeguate al livello di sviluppo. I
soggetti con questo disturbo possono non avere idea dei bisogni degli altri. Assistiamo alla mancanza di
una ricerca spontanea nella condivisione di gioie , interessi ed obiettivi con altre persone. La
compromissione della comunicazione è marcata. Il gioco d’immaginazione è sovente assente o
compromesso. Gli interessi sono ristretti, ripetitivi e stereotipati.
Questi soggetti mostrano un persistente interesse per oggetti come bottoni e parti del corpo. Possono
essere affascinati dai movimenti di oggetti che ruotano.
Eziopatogenesi
Per comprendere la sindrome autistica è preferibile optare una concezione multifattoriale e considerarla
come una perturbazione generalizzata e grave del processo di sviluppo causata da una
lesione/disfunzione del sistema nervoso centrale quando si trova in una fase ancora di organizzazione e
che può essere condizionata, rinforzata o attivata da fattori ambientali.
L’ipotesi maggiormente efficace sembra essere quella per cui fattori organici determinano un deficit
biologico precoce. Studi neuroanatomici hanno evidenziato diverse anomalie: ipoplasia neocerebellare
con riduzione del 60-90% delle cellule di Purkinje, alterazioni dei nuclei olivari; a livello del sistema
limbico sono state evidenziate alterazioni dell’amigdala (alterazione del riconoscimento delle
emozioni nell’espressione facciale, deficit di riconoscimento della direzione dello sguardo), ippocampali,
del cingolo anteriore e del corpo mammillare, tutte regioni importanti nel processamento delle
informazioni provenienti dall’ambiente.
Altri studi effettuati con le neuroimaging (RMN) hanno evidenziato una modesta atrofia del tronco, e agli
ABR (potenziali uditivi del tronco) si è evidenziata un aumento di latenza all’onda III, che suggerisce un
danno a livello della porzione mediana del ponte. Le ricerche neurochimiche dimostrano dati controversi
con una iperserotoninemia nel 30-50%, un aumento della noradrenalina e una disfunzione dei peptici
oppioidi soprattutto delle beta-endorfine che raggiungono valori diminuiti nel liquor o altre volte
aumentati.
Nei soggetti autistici esiste un elevato rischio di presentare una epilessia, con un picco in età precoce o in
adolescenza. Le crisi sono soprattutto generalizzate motorie o parziali complesse ed esiste una chiara
correlazione tra presenza di crisi e ritardo mentale. L’esordio in adolescenza è di solito associato a
modificazioni del comportamento e fenomeni regressivi. Sono presenti inoltre anomalie
elettroencefalografiche nel 10-83% dei soggetti autistici.
Numerosi studi hanno dimostrato l’associazione tra patologie genetiche e autismo (fenilchetonuria,
sclerosi tuberosa, neurofibromatosi, X-fragile (anche se i soggetti con X-fragile presentano un pattern
comportamentale peculiare); studi sui gemelli hanno evidenziato maggior rischio di ricorrenza nei gemelli
omozigoti; nelle famiglie con un bambino autistico il rischio è del 3%.
Il principale modello teorico utilizzato per spiegare i deficit primari dell’autismo è il modello
metarappresentazionale di U. Frith, Lesile e Baron Cohen (1985), un modello cognitivo basato sulla teoria
della mente, vale a dire sulla capacità di attribuire stati mentali ad altre persone. I bambini autistici non
sono in grado di acquisire una capacità di rappresentazione astratta dei pensieri credenze e
sentimenti degli altri.

Diagnosi
La valutazione diagnostica deve rivedere un’anamnesi accurata, una attenta e prolungata osservazione
del bambino con una particolare attenzione all’analisi delle modalità di interazione, di comunicazione,
del gioco imitativo o simbolico,della disponibilità e intenzionalità comunicativa, ecc. La valutazione
cognitiva si effettua mediante scale di sviluppo o test psicometrici,anche se risulta difficoltoso
somministrare test strutturati,in quanto le capacità di attenzione è limitata.
Ci sono scale basate su interviste a genitori, docenti o educatori o scale basate sull’osservazione diretta
del bambino che stabiliscono la gravità della sindrome autistica, come le CARS (childhood autism rating
scale), la ADI (autistic diagnostic interview) e la ADOS (autism diagnostic observation schedale).
Il profilo psicoeducativo-revisionato (PEP-R )è uno strumento finalizzato alla valutazione e alla
programmazione di un intervento di tipo individualizzato per bambini con ritardo generalizzato dello
sviluppo.
Il PEP-R verifica le seguenti aree di livello raggiunto dal bambino :
Imitazione
Percezione
Motricità fine
Motricità globale
Coordinazione oculo-manuale
Aspetto cognitivo e verbale
Relativamente al comportamento valuta:
Relazioni/ affetti
Interesse per il materiale
Risposte sensoriali e linguaggio
La valutazione deve inoltre prevedere un attento esame neurologico, l’EEG, la ricerca dell’X-fragile e uno
screening metabolico e la RMN dell’encefalo.

Trattamento
Aspetto RILEVANTE del trattamento è la presa in carico precoce. Si rende opportuna la riabilitazione
psicomotoria con lo scopo di potenziare le capacità cognitive del bambino, le capacità di interazione e
scambio reciproco e far emergere l’intenzionalità comunicativa.
E’ anche necessaria una presa in carico della famiglia , un coordinamento degli interventi educativi
scolastici e dell’ambiente sociale per potenziare e favorire una sempre maggiore capacità di autonomia
del soggetto.
Tra i programmi educativi che sembrano dare buoni risultati citiamo il TEACCH (TREATMENT AND
EDUCATION OF AUTISTIC AND RELATED COMMUNICATION HANDICAPPED CHILDREN).
Il TEACCH suggerisce strategie educative a cui far riferimento per favorire gli apprendimenti
e l’autonomia. Esempio: per far fronte alla difficoltà di organizzazione delle attività durante la giornata, al
soggetto viene data un’ AGENDA VISIVA della giornata in cui la sequenza delle attività da svolgere è
segnata, a seconda del livello di simbolizzazione raggiunto, tramite oggetti, fotografie, disegni, scritte.
Il canale visuale è utilizzato a supporto dell’indicazione verbale, là dove la sua comprensione risulta
deficitaria al fine di poter permettere al soggetto di comunicare i propri desideri quando l’espressione o
la capacità comunicativa risultano carenti.
La terapia farmacologia è limitata a casi specifici. Alcuni sintomi bersaglio sono l’iperattività,
l’aggressività, i comportamenti autolesionistici, la depressione, il comportamento compulsivo e i sintomi
psicotici.

DISTURBI GENERALIZZATI DELLO SVILUPPO


SESSIONE 2 - DISTURBO DI RETT
Dopo un periodo di sviluppo normale si assiste tra i 5 e i 48 mesi ad un rallentamento della crescita del
cranio, allo sviluppo di movimenti stereotipati delle mani, all’insorgenza di movimenti del tronco
scarsamente coordinati, a un grave ritardo psicomotorio.
Il disturbo ha il proprio esordio prima dei quattro anni. Permane per tutta la vita e rimangono costanti
le difficoltà di comunicazione e comportamento.
Nel disturbo di Rett vi è una grave compromissione dello sviluppo della espressione e della recezione del
linguaggio contrariamente al disturbo di asperger.
Il disturbo di Rett è stato diagnosticato solo nelle femmine mentre il disturbo disintegrativo della
fanciullezza e il disturbo di asperger sembrano essere più comuni nei maschi.

DISTURBI GENERALIZZATI DELLO SVILUPPO


SESSIONE 3 - DISTURBO DI ASPERGER
Assistiamo a una grave compromissione dell’interazione sociale e allo sviluppo di attività ed interessi
ripetitivi.
L’anomalia deve causare una compromissione rilevante nell’aerea sociale,lavorativa o in altre aree
importanti del funzionamento.
Non vi sono ritardi clinicamente significativi nel linguaggio,nello sviluppo cognitivo, nello sviluppo di
capacità di accudimento adeguate all’età. Si può osservare spesso una goffaggine motoria.
Sembra che si tratti di un disturbo più comune tra i maschi ed ha un esordio piuttosto tardivo rispetto al
disturbo autistico.
Le difficoltà nell’interazione sociale divengono più evidenti nell’ambito scolastico.
Durante il periodo scolastico possono comparire interessi bizzarri ad esempio per gli orari dei treni.
Questo disturbo nella maggioranza dei casi dura tutta la vita.
Il disturbo di asperger non viene diagnosticato se risultano soddisfatti i criteri per un altro disturbo
generalizzato dello sviluppo o per la schizofrenia.
Il disturbo di asperger deve essere distinto dal disturbo ossessivo-compulsivo anche se condividono
le modalità stereotipate e ripetitive del comportamento. Il disturbo di asperger è caratterizzato da
un’interazione sociale più gravemente compromessa.

DISTURBI GENERALIZZATI DELLO SVILUPPO


SESSIONE 4 - OSSERVAZIONI SULLO SVILUPPO DEL BAMBINO SECONDO ADLER
Come i tratti del carattere non possono esistere e svilupparsi separatamente dalla persona a cui
appartengono allo stesso modo il sentimento comunitario può destarsi e crescere solo nel
contesto sociale. Per contesto sociale si deve intendere la percezione soggettiva che il bambino ha
della società. Tale percezione dipende dal suo potere creativo, guidato dall’ambiente e dall’educazione,
influenzato dalle esperienze del proprio corpo e dalla valutazione che di esse dà.
Lo sviluppo della potenzialità innata a cooperare si manifesta originariamente nella relazione madre-
bambino. La madre rappresenta la prima figura di cui il fanciullo ha esperienza, ed è anche la più
precoce occasione per lo sviluppo della potenzialità sociale innata.
Tra i fenomeni psicologici osservabili nei bambini, il bisogno d’affetto si manifesta in periodi
relativamente precoci. Questo bisogno non deve essere considerato come una formazione psicologica
circoscritta, magari da localizzarsi nella sfera psicomotoria del cervello. Noi vediamo piuttosto
in essa il riflesso di alcune tendenze , di desideri consci ed inconsci e dell’espressione di istinti che sono
abbastanza forti da divenire consci. Le diverse componenti delle pulsioni a toccare, a guardare, ad
ascoltare vanno a costituire, confluendo insieme un’unica forza pulsionale. La meta si trova nella
soddisfazione di queste tendenze che sono in lotta per il loro oggetto.
La nostra prima conclusione può essere riassunta con queste parole: un forte bisogno d’affetto del
bambino fa presumere, a parità di situazione , l’esistenza di una forte pulsione di vita.
Il bisogno d’affetto diviene la leva per educare e parte essenziale per lo sviluppo del sentimento sociale.
Lo sviluppo del bambino è sempre più permeato dalla relazioni sociali .
Infatti, gradualmente, fanno la loro comparsa le prime manifestazioni dell’innato sentimento
comunitario e le prime espressioni di tenerezza ,influenzate da un substrato costituzionale e protese a
ridurre la distanza con il mondo degli adulti. E’ possibile osservare come il bambino indirizzi
la propria affettività verso gli altri e non verso se stesso, anche se in grado variabile da persona a
persona.
Un modo per individuare le differenze nei bambini di età superiore ai due anni ci proviene dall’analisi del
loro linguaggio. Il sentimento di appartenenza ed il senso sociale sono intimamente radicati nella psiche
del bambino, ed egli può venirvi meno solo sotto la spinta di forti modificazioni psicopatologiche.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO : RITARDO MENTALE – PARTE A SESSIONE 1 - DEFINIZIONE E


CLASSIFICAZIONE
Ritardo Mentale
E’ una condizione clinica complessa caratterizzata dal deficit cognitivo che produce una distorsione della
personalità del soggetto e della sua capacità di adattamento. E’ una condizione di interrotto o incompleto
sviluppo psichico, caratterizzata soprattutto dalla compromissione delle abilità che si manifestano
durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello globale di intelligenza, cioè quelle cognitive,
linguistiche, motorie e sociali.
Criteri diagnostici
DSM QI < 70 (misurato con test standardizzati) Deficit delle abilità di adattamento (valutate rispetto agli
standard attesi per l’età) in almeno due delle seguenti aree: comunicazione, cura di sé, abilità pratiche
domestiche, abilità sociali/interpersonali, utilizzo delle strutture comunitarie, autoregolazione, tutela
della propria salute e incolumità, impiego funzionale delle acquisizioni scolastiche, lavoro, tempo libero.
Insorgenza prima dei 18 anni.
Grado di severità Lieve: QI 50-69 (85% dei casi) Medio: QI 35-49 (10%) Grave: QI 20-34 (3-4%) Profondo:
QI < 20 (1-2-%) Eziologia Cause genetiche Alterazioni strutturali del SNC Infezioni congenite Fattori pre –
peri - postnatali Fattori psico-sociali Sconosciute 30-40%.

Ritardo mentale lieve


L’acquisizione del linguaggio avviene in ritardo, ma nella maggior parte dei casi raggiungono una
competenza linguistica sufficiente per le esigenze della vita quotidiana, per sostenere conversazioni. La
maggior parte dei soggetti raggiunge un’indipendenza nella cura di sé (mangiare, lavarsi, vestirsi,
controllo degli sfinteri) e nelle abilità pratiche domestiche. Le maggiori difficoltà emergono in ambito
scolastico. Possono esser presenti difficoltà legate alla immaturità emotiva e sociale (gestione delle
responsabilità legate al matrimonio, figli ecc.).

Ritardo mentale medio


Ritardo dello sviluppo della comprensione e dell’uso del linguaggio; l’acquisizione della cura di sé è
ritardata e alcuni necessitano di accudimento . L’apprendimento scolastico è limitato, anche se alcuni
soggetti acquisiscono le capacità basilari del leggere , scrivere e far di conto. Da adulti sono in grado di
eseguire semplici lavori manuali se proposti in modo strutturato e con una supervisione. Difficilmente
raggiungono un livello di vita indipendente. Spesso è riconoscibile una eziologia di tipo organico.

Ritardo mentale grave


Presenta un più basso grado di funzionamento del ritardo mentale medio. Solitamente è associato un
deficit motorio o altri deficit che indicano un danno significativo del SNC. La comprensione e l’uso del
linguaggio sono limitati. Le capacità di autonomia sono molto limitate.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO : RITARDO MENTALE – PARTE A SESSIONE 2 - MODELLO TRIARCHICO


DI STERNBERG E SPEAR
Analisi del modello triarchico di Sternberg e Spear
Questo modello è un tentativo di definire la struttura e i possibili punti critici del funzionamento
cognitivo deficitario. Vengono individuate tre dimensioni del funzionamento intellettivo: -
Componenziale :componenti dell’atto cognitivo - Esperenziale : rapporto con l’esperienza - Contestuale
:rapporto con l’ambiente.
La dimensione componenziale è costituita da: 1 - Metacomponenti (che cosa fare): processi esecutivi di
elevato livello per pianificare come risolvere un problema, monitorare la strategia e valutare il risultato.
Consentono di comprendere il problema, selezionare i processi di risoluzione coordinarli in strategie
complesse, selezionare le rappresentazioni mentali su cui si aggirano le strategie, essere sensibili al feed-
back ambientale. 2 - Componenti di prestazione (come fare, realizzazione del piano): esecuzione reale
della strategia di risoluzione. Comprendono la codifica (individuare attributi importanti e richiamare dalla
memoria di lavoro le informazioni più attinenti), l’inferenza (scoprire la natura delle relazioni tra due
stimoli), la mappatura (scoprire la natura di relazione di livello più elevato tra relazioni), l’applicazione
(usare una regola precedentemente acquisita per una nuova situazione), il confronto (individuare la
soluzione migliore) e la giustificazione (decidere se la soluzione scelta è sufficientemente buona).
3 - Componenti di acquisizione della conoscenza: apprendimento di una nuova informazione. In base a
questo modello vengono individuati diversi punti critici nel ritardo mentale: - Scarsa disponibilità di
componenti per la risoluzione del problema - Ridotta accessibilità alle componenti (non sa come e
quando usarle) - Ridotta accuratezza esecutiva - Inadatta velocità di esecuzione - Inadeguata attivazione
da parte delle metacomponenti - Inadeguato feed-back alle metacomponenti da parte delle prestazioni e
apprendimento.
Il ritardo mentale contempla quindi una compromissione dei processi metacognitivi. Dall’equilibrio tra
consapevolezza e automatizzazione si sviluppa il comportamento cognitivamente adattivo. Soggetti, con
ritardo mentale, sono in grado di acquisire in modo automatico alcune abilità, ma la difficoltà è
rappresentata dalla capacità di gestire i processi automatici in modo attivo.
PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO : RITARD O MENTALE – PARTE A SESSIONE 3 - SINDROME DI
WILLIAMS
La sindrome di Williams e la sindrome di Down , presentano aspetti neuropsicologici considerati
speculari.
SINDROME DI WILLIAMS
Sindrome genetica con delezione della regione cromosomica 7q11.23 (98% dei casi). Prevalenza alla
nascita 1:10.000-1:20.000 Genetica Delezione di alcuni geni che mappano sul braccio lungo del
cromosoma 7, in particolare il gene dell’elastina. La sindrome è considerata una sindrome da geni
contigui. La mutazione si comporta in modo autosomico dominante. Il rischio di ricorrenza per i genitori
non affetti è sovrapponibile alla popolazione generale, mentre è del 50% per i figli dei rarissimi pazienti
che si riproducono. La delezione può essere monitorata con la diagnosi prenatale.

Caratteristiche cliniche
- Ritardo di crescita intrauterino - Scarsa crescita somatica (da adulti statura media intorno al 3°
percentile) - Microcefalia - Ritardo mentale (75%) con QI medio e 58 (range 20-106) - Difetti
cardiovascolari: stenosi sopravalvolare aortica (75%), stenosi dei rami periferici dell’arteria polmonare,
stenosi valvolare aortica, ipoplasia aorta, valvola aortica bicuspide, coartazione dell’aorta, interruzione
dell’arco aortico, stenosi coronaria, difetti setto striale e ventricolare. Il 10% presenta prolasso della
mitrale e il 50% sviluppa ipertensione arteriosa prima dei 22 anni. - Ipercalcemia (tende a scomparire nel
secondo anno di vita), ipercalciuria, nefrocalcinosi, infezioni ricorrenti vie urinarie. - Ipotiroidismo. -
Dimorfismi facciali (facies ad elfo): appiattimento parte media del viso e radice del naso, narici antiverse,
filtro lungo, labbra grosse, macrostomia, sopracciglia rade nella parte media, rime palpebrali strette,
ipertelorismo, epicanto, esotropia, strabismo, iride blu con disegno stellato dello stroma anteriore; denti
piccoli iperdistanziati, micrognazia, voce roca.
- Iperacusia.

Sviluppo psicomotorio
- Significativa variabilità interindividuale - Ritardo dell’acquisizione delle principali tappe evolutive -
Difficoltà di equilibrio e di coordinazione (salire e scendere le scale anche di un solo scalino) - Deficit
motricità fine (abbottonare, sbottonare, uso delle forbici e delle matite) - Difficoltà nelle azioni che
richiedono una programmazione del movimento (vestirsi, spogliarsi da soli) - Difficoltà nell’orientamento
spaziale (valutare distanza e direzione) – Iperattività.

Capacità comunicativo-linguistiche
I soggetti manifestano elevata disponibilità relazionale, con marcata loquacità ma contenuto espressivo
povero. Sono in grado di produrre e comprendere strutture grammaticali anche complesse (passive,
negative). Il bagaglio lessicale è superiore a quello dei Down equiparati per età mentale e si caratterizza
in termini di fluenza semantica per il maggior numero di parole e per una particolare frequenza di termini
inusuali. Hanno difficoltà nell’uso dei pronomi e nella concordanza di genere. Altra abilità è l’apprendere
sequenze di nomi a memoria, anche se non vengono organizzati in un contesto semantico e non sono in
grado di lavorare in modo elastico sul materiale memorizzato. I soggetti sono abili nel riconoscimento dei
volti nonostante ciò implichi un processo di tipo olistico. Manifestano difficoltà nelle capacità numeriche
e di problem-solving. Buona risulta la capacità di attribuire ad altri pensieri, credenze, desideri,
nettamente superiore ai soggetti Down.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO : RITARD O MENTALE – PARTE A SESSIONE 4 - SINDROME DI DOWN


Sindrome di Down
E’ la forma più comune di ritardo mentale con ricorrenza 1/600 nati vivi Il rischio aumenta con l’aumento
dell’età materna (incidenza di 1/1400 con età materna di 20-24 anni, 1/900 a 30 anni, 1/100 a 40 anni,
1/25 a 45anni e oltre) Genetica - non disgiunzione meiotica (trisomia del cromosoma 21) (95%) (rischio di
ricorrenza 1/200) - traslocazione di una porzione del cromosoma 21q su un altro cromosoma
(frequentemente il 14) (4%) (ricorrenza 1 su 4) - mosaicismi (2-3%) - la mappa genetica ha dimostrato che
la regione coinvolta è la 21q22

Caratteristiche
- dismorfismi : taglio degli occhi allungato e rivolto verso l’alto, epicanto, radice del naso ampia,
brachicefalia, impianto basso dei capelli a livello nucale, solco palmare unico ecc. - ipotonia -
ipotiroidismo - difetti cardiaci (comunicazione interatriale o interventricolare) - frequenti infezioni
dell’orecchio con rischio di ipoacusie trasmissive - cataratta congenita, strabismo, astigmatismo (miopico
e ipermetropico), nistagmo - instabilità atlanto-assiale (alterazione asintomatica dovuta a lassità
legamentosa e - ipotonia tra le prime due vertebre della colonna e la base del cranio) - ginocchio valgo,
lussazione dell’anca, piede piatto, scoliosi - ritardo mentale di grado variabile - impaccio motorio sia a
livello della motricità grossolana che fine - Instabilità psicomotoria/iperattività - difficoltà
comportamentali (difficoltà ad adattarsi a situazioni nuove con reazioni negative, comportamento
oppositivo, disturbi dell’umore, psicosi).

Capacità cognitive e comunicativo-linguistiche


La compromissione linguistica è maggiore nella produzione, mentre la comprensione appare
maggiormente preservata - Le competenze lessicali sono migliori di quelle fonologiche e morfosintattiche
- Difficoltà nell’esecuzione di sequenze di movimenti soprattutto se la consegna è di tipo verbale.
Involuzione cognitiva: rapporti con demenza di Alzheimer, in particolare con le forme precoci che
sarebbero legate al cromosoma 21. Le analogie sembrano più strutturali che cliniche; si riconoscono due
modalità evolutive, una con compromissione MLT e abilità prassico-costruttive con relativo risparmio del
linguaggio e della MBT l’altra con deterioramento più massivo e generalizzato.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO : RITARDO MENTALE – PARTE B SESSIONE 1 - SINDROME DELL’X-


FRAGILE
Sindrome dell’X-fragile
E’ la forma più comune di ritardo mentale secondario a patologia cromosomica, seconda soltanto alla
sindrome di Down. Responsabile del 30% dei ritardi mentali legati all’X. Prevalenza: 1/1250 maschi e
1/2500 femmine - Descritta per la prima volta da Martin e Bell nel 1943 - Genetica - L’anomalia è
costituita dalla presenza di un sito fragile localizzato nella parte terminale del braccio lungo del
cromosoma X. Dell’anomalia sarebbe responsabile il gene FMR-1 contenente una numerosa sequenza
ripetuta di triplette CGG. Approssimativamente 230 ripetizioni sono necessarie per produrre la sindrome
completa, mentre da 52 a 230 per produrre lo stato di portatore asintomatico.
Caratteristiche cliniche Nel maschio
- Prepubere: - Ritardo psicomotorio - Anomalie del temperamento (disattenzione, iperattività,
impulsività) - Deficit sociale (avversione dello sguardo) - Postpubere - Ritardo mentale (gravità variabile) -
Anomalie craniofaciali (mento allungato e prominente, fronte prominente, padiglioni auricolari ampi) -
Macro-orchidismo Caratteristiche aggiuntive - Strabismo - Iperestensibilità articolare, piede piatto -
Lassità tessuto connettivo (prolasso mitrale) - Epilessia (20%) - Anomalie EEG nel 50%.

L’ avversione dello sguardo è una caratteristica distintiva dei maschi affetti, si manifesta nel momento del
saluto con l’altro e può essere caratterizzato dall’avversione dello sguardo e della testa associata ad un
riconoscimento appropriato dell’interlocutore; questo comportamento è qualitativamente differente da
quello descritto dei bambini autistici e può potenzialmente interrompere le interazioni sociali e il dialogo
con gli altri. Nonostante questa apparente ansia sociale e l’avversione al contatto di sguardo i soggetti
affetti dimostrano una disponibilità alla relazione sociale e sanno essere affettivi.
Le competenze linguistiche sono in ritardo anche quando il livello cognitivo è normale. I deficit sono
presenti sia livello recettivo che espressivo e includono disfluenze, produzioni di frasi incomplete,
ecolalia, perseverazione, scarsa fluenza nella conversazione. Le prestazione neuropsicologiche nei maschi
sono eterogenee; il grado di ritardo mentale è variabile con un 20% di casi con QI normale. Nelle forme
meno gravi sono presenti disturbi dell’apprendimento in particolare nell’area logico-matemetica, scarsa
coordinazione visuomotoria, scarsa capacità di ragionamento astratto e deficit attentivo. Migliori sono le
capacità linguistiche (lessicali) e di lettura e scrittura rispetto alle non-verbali. Particolarmente
compromesse risultano le prestazioni cognitive nell’area sequenziale in misura più marcata rispetto le
altre forme di RM ed in particolare rispetto alla S. di Down.

Nelle femmine eterozigoti:


- Il 70% presenta un livello cognitivo nella norma, negli altri casi R.M. lieve - Difficoltà di apprendimento
con carenze nel pensiero logico-matematico, nel ragionamento astratto e turbe attentive. - Nel 40%
presente la sindrome di Gertsman (discalculia, disgrafia, disorientamento destra-sin, disprassia
costruttiva e agnosia digitale) che sembra essere legata a disfunzione focale parietale (non dati certi). -
Possono essere presenti depressione o disturbo schizotipico di personalità - Alcuni sintomi come la
tendenza alla perseverazione, distraibilità difficoltà di ragionamento astratto e di programmazione hanno
fatto ipotizzare un disfunzionamento a livello frontale; questo sarebbe in grado di spiegare buona parte
dei sintomi comportamentale come la difficoltosa elaborazione degli stimoli affettivi, l’ansia sociale e la
tendenza al ritiro relazionale.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO : RITARDO MENTALE – PARTE B SESSIONE 2 - SINDROME DI PRADER-


WILLI
Sindrome di Prader-Willi
Incidenza 1/10.000-30.000 nati vivi. Genetica - Delezione interstiziale del cromosoma 15, con un punto di
rottura a livello di 15q11 e 15q13 ereditate dal padre. - Disomia uniparentale materna - Nei casi con
delezione è presente ipopigmentazione Aspetti clinici - Iperfagia compulsiva e obesità (complicata da
patologie cardiache e diabete) - Bassa statura - Criptorchidismo - Ritardo mentale variabile (QI da 35 a
85) - Ipogonadismo - Ipotonia - Mani e piedi piccoli - Facies dismorfica - Scoliosi e alterazioni ortopediche
- Labilità emotiva e comportamento aggressivo soprattutto in adolescenza .
Decorso clinico
Presente ipotonia difficoltà di suzione e pianto povero nel lattante e iporeflessia. E’ presente un ritardo
psicomotorio. Durante il secondo anno di vita migliorano l’ipotonia e il ritardo motorio, mentre aumenta
la necessita di alimentarsi con una rapida crescita del peso con il raggiungimento dell’obesità in età
scolare, epoca in cui si riconosce anche il disturbo dell’apprendimento e il ritardo cognitivo.
Fenotipo comportamentale.
Il grado di ritardo mentale è variabile, con alcuni soggetti che presentano un QI nella norma mentre la
maggior parte presenta un ritardo lieve-medio. Presentano un comportamento alimentare alterato con
ricerca compulsiva del cibo e abbuffate, irritabilità rabbia scarsa tolleranza alla frustrazione, ostinazione.
Il comportamento più problematico e disabilitante è l’alimentazione compulsiva che porta all’obesità e
alle severe complicanze come patologie respiratorie e diabete. Senza sorveglianza i pazienti rubano il
cibo e in alcuni casi mangiano cibi anche sgradevoli. Sono presenti anche comportamenti autolesionistici
soprattutto graffiare e scalfire la pelle, mettere le dita nel naso, mangiarsi le unghie, mordere le labbra
tirare i capelli. Anche se generalmente i pazienti si dimostrano socievoli soprattutto se vengono
assecondate le richieste di cibo, sono presenti difficoltà emozionali che vanno dal comportamento
capriccioso ed ostinato a comportamento psicotico.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO : RITARDO MENTALE – PARTE B SESSIONE 3 - SINDROME DI


ANGELMANN
Venne descritta per la prima volta nel 1965. Incidenza 1/10-20 mila;Aspetti clinici
Ritardo mentale - Grave compromissione del linguaggio - Atassia/ movimenti a scatto - Riso immotivato
(happy puppet children) - Crisi epilettiche ed EEG caratteristico - Microcefalia - Facies dismorfica (bocca
ampia, mento appuntito, capelli e cute ipopigmentate) - Diagnosi precoce: 7-11 mesi - Elementi di
sospetto 6-12 mesi - Microcefalia .
Criteri diagnostici Caratteristiche :
- Grave ritardo psicomotorio - Grave compromissione del linguaggio (la maggior parte dei pazienti non
usa più di 6 parole) - Atassia, tremore - Iperattività, scarsa attenzione, riso immotivato. Caratteristiche
frequenti- Crescita ritardata -Microcefalia assoluta o relativa dopo i 2 anni - Convulsioni che compaiono
prima dei tre anni - EEG peculiare - Complicanze oculistiche, scoliosi , problematiche gastrointestinali.

Prognosi a lungo termine


Possibile sviluppo obesità - Resta happy disposition, anche se diminuisce l’iperattività e il riso immotivato
- Migliora l’EEG e l’attività epilettica Infezioni ricorrenti alte vie respiratorie - Anomala fluttuazione della
temperatura corporea - Reflusso gastroesofageo grave 40% dei pazienti - Costipazione - Scoliosi -
Strabismo alternante, miopia, atrofia/ipoplasia nervo ottico - RMN: frequente atrofia cerebrale bilaterale
e dilatazione ventricolare.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO SESSIONE 4 - RICHIAMI TEORICI


La psicopatologia evolutiva è una disciplina di recente definizione (Achenbach, 1990) sottolinea
l’importanza di studiare la psicopatologia in relazione ai cambiamenti più significativi del ciclo di vita.
Propone una cornice concettuale per organizzare lo studio della psicopatologia in relazione alle tappe di
sviluppo biologico, cognitivo e socioemozionale.
In campo psicopatologico Anders (1989) inserisce le sindromi comportamentali e psicologiche
dell’infanzia nell’ambito delle dinamiche delle relazioni familiari. Anders definisce diversi modelli di
regolazione della relazione genitore-figlio: - Relazione equilibrata (sincronia, reciprocità, coinvolgimento,
modulazione affettiva adeguate) - Relazione iperregolata (intrusività, insensibilità del genitore, il
bambino non può prendere iniziative e condurre interazioni). - Relazione iporegolata (scarso
coinvolgimento reciproco, il genitore non presta attenzione ai segnali del figlio). - Relazione
inappropriata (tempi di risposta asincroni rispetto ai segnali). - Relazione caotica (forma estrema di
regolazione irregolare con interazione variabile e modelli difficili da individuare).

Classificazione di Anders dei Disturbi Relazionali


1-Turba relazionale 2- Perturbazione relazionale 3-Disturbo Relazionale
Strumenti diagnostici
L’iter di indagine prevede: - L’osservazione clinica del bambino (osservazione di gioco che permette di
valutare le capacità di organizzazione, di attenzione, prassico-costruttive, di relazione con l’esaminatore,
il livello di competenza globale, le capacità espressive e di comprensione del linguaggio, le abilità motorie
ecc.; il disegno; il colloquio) - L’osservazione della relazione genitore – bambino (modalità di interazione,
qualità dell’interazione) - L’osservazione del sistema familiare allargato (composizione della famiglia,
figure di accudimento alternative ai genitori, relazioni tra i genitori, relazioni con i fratelli) - Anamnesi
personale e familiare (antecedenti personali, medici, psicoaffettivi, sociali, interazioni con i coetanei,
scuola, interessi, storia dei sintomi ecc.).

Le scale della Griffiths Mental Development Scales vengono utilizzate per la ricostruzione del quoziente
di sviluppo da 0 a 8 anni. Sono 6 scale concepite per rappresentare diverse aree di sviluppo. Ogni scala
può essere somministrata separatamente; dall’insieme dei punteggi delle scale si ottiene un quoziente di
sviluppo (QS) e un’età mentale globale. Scala A: locomotoria; scala B: personale-sociale, indaga le
capacità di autonomia; scala C: udito-linguaggio, valuta le capacità di comprensione e di produzione di
linguaggio; scala D: coordinazione occhio-mano, valuta la coordinazione, l’attenzione e la costanza del
bambino; scala E: performance, valuta l’abilità di manipolazione, la precisione e la velocità di esecuzione
delle prove; scala F: ragionamento pratico: applicabile dai tre anni, valuta le capacità di capire e risolvere
piccoli problemi pratici e aritmetici. La valutazione dell’intelligenza in età prescolare e scolare viene
effettuata attraverso l’uso delle scale WPPSI (3-6 anni) e WISC-R (6-16 anni) rispettivamente, ottenendo
un quoziente di intelligenza verbale, di performance e globale. Mediante l’analisi dei punteggi ponderati
dei vari subtest è possibile valutare l’omogeneità o meno del profilo cognitivo, a volte caratteristico per
alcuni quadri clinici.
Un altro strumento utile per la valutazione cognitiva dei bambini con difficoltà di linguaggio, non udenti o
di altre culture è la Leiter Performance International Scale che fornisce un’età mentale per soggetti di età
superiore ai due anni senza richiedere al bambino risposte verbali e riducendo al minimo la consegna
verbale dell’esaminatore (accoppiamento di colori, forme figure, copia di figure con cubi, completamento
di figure, calcolo numerico, analogie, completamento di serie, relazioni spaziali ecc.). La valutazione
neuropsicologica si effettua utilizzando, tra gli altri, la riproduzione per copia e a memoria della figura
complessa A (per soggetti sopra gli 8 anni) e B (per bambini dai 4 agli 8 anni) di Rey per la valutazione
dell’organizzazione percettiva, la memoria visiva, di pianificazione, il Wisconsin Card sorting test per le
capacità di ragionamento astratto e di categorizzazione e la capacità di variare le proprie strategie in
risposta al variare delle circostanze.
Tra i test proiettivi utilizzati in età evolutiva si possono citare il reattivo di Rorschach , il TAT (Thematic
aperception test di Murray) dall’età di 10 –11 anni e il CAT (Children aperception test di Bellack, in cui i
personaggi sono rappresentati da animali) per bambini più piccoli; lo Sceno test: attraverso l’uso di una
scatola contenente giochi come animali, persone, oggetti della casa, ecc. si invita il bambino a costruire
uno scenario e inventare una storia e successivamente viene data un’interpretazione delle tendenze
proiettive del bambino; disegno delle emozioni, dell’omino, della famiglia, dell’albero: vengono valutate
le capacità prattognosiche del bambino e la dimensione proiettiva. La valutazione clinica può essere
completata, quando necessario, da indagini neurofisiologiche e neuroradiologiche, come
l’elettroencefalogramma (in veglia, in deprivazione di sonno, in poligrafia, video-EEG), i potenziali evocati
uditivi del tronco, i potenziali evocati visivi, somatosensoriali, l’elettromiografia e la velocità di
conduzione nervosa periferica, l’ultrasonografia che utilizza la fontanella anteriore come finestra per
accedere al cervello del neonato e del lattante, la Tomografia assiale computerizzata (TAC) e la risonanza
magnetica nucleare (RMN) e la tomografia a emissione di positroni (PET).

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO: ASPETTI TEORICI SESSIONE 1 - RIFLESSIONI SULLA TEORIA DELLA
MENTE E AUTISMO
Per teoria della mente si intende la capacità di comprendere gli stati mentali delle altre persone, cioè i
loro pensieri, le loro opinioni, i loro desideri, al fine di spiegare e predire il comportamento. Due livelli:
Primo livello inteso come capacità di attribuire ad altri semplici stati mentali (LUISA pensa che PAOLO sia
antipatico) Secondo livello inteso come capacità di predire il comportamento di qualcuno sulla base della
sua falsa opinione a proposito della vera opinione di un’altra persona sullo stato delle cose (LUISA pensa
che PAOLO pensa).
Si può credere ciò che non è vero.
Di uno stesso evento due persone possono pensare due cose differenti.
CONCLUSIONI
Gli stati mentali possono essere indipendenti dalle condizioni reali del mondo (PRIMO CASO) , sia dagli
stati mentali che gli altri hanno di uno stesso evento (SECONDO CASO).
Nei soggetti autistici possiamo osservare un deficit nel rappresentare gli altri e la mente degli altri (deficit
meta-rappresentazionale ), cioè la struttura di dati che codificano gli atteggiamenti che una persona ha
nei confronti di una certa proposizione quale credere, desiderare, far finta. I bambini autistici con livello
cognitivo più alto sono in grado di comprendere il secondo livello della teoria che consiste nel risolvere
problemi come LUISA pensa che PAOLO pensa però non sono in grado di spiegare la loro risposta.

RILEVANZA DELLA LETTURA DELLA MENTE


Attribuire senso al comportamento interpersonale e alla comunicazione .
Importanza dell’immaginare quale possa essere l’intento comunicativo della persona in questione.
Comprensione del linguaggio figurativo (umorismo, metafore ecc.) - Decodifica del linguaggio verbale e
non verbale e formulazione di ipotesi sullo stato mentale di chi comunica - Controllo esercitato da chi
parla sulle necessità di tipo informativo dell’interlocutore nel senso che chi parla dovrebbe controllare se
il messaggio è stato compreso o se va riformulato in modo da evitare situazioni di ambiguità - Capacità di
comprensione dell’inganno - Empatia - Consapevolezza e autoriflessione - Cercare con la persuasione di
cambiare le opinioni di un altro soggetto.
Negli autistici possiamo osservare:
- Difficoltà ad essere sensibile ai sentimenti degli altri - Difficoltà a tenere in considerazione ciò che gli
altri sanno - Difficoltà a comprendere il livello di interesse di chi ascolta rispetto a ciò che si comunica -
Difficoltà a scoprire il significato espresso dall’interlocutore - Difficoltà ad anticipare ciò che gli altri
possono pensare delle nostre azioni - Difficoltà a capire i fraintendimenti - Difficoltà nel comprendere le
ragioni che motivano le azioni delle persone.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO: ASPETTI TEORICI SESSIONE 2 – STRATEGIE DI TIPO COGNITIVO


Potenziare le strategie cognitive
La metodologia di R. Feuerstein, evidenzia che è possibile ottenere una modificazione cognitiva
attraverso un mediatore, correggendo le funzioni cognitive carenti e incrementando
l’autoconsapevolezza del processo cognitivo. Si tratta di individuare le funzioni cognitive utilizzate nel
corso del ragionamento e la capacità di creare meta-rappresentazioni.
Gli obiettivi da raggiungere mirano a : - apportare correzioni alle funzioni carenti - trasmettere i concetti
base, il lessico, le operazioni mentali e le relazioni necessarie a risolvere il compito - promuovere
motivazione intrinseca di consolidamento delle funzioni cognitive attraverso la formazione di regole di
avvicinamento al compito e sviluppo di una motivazione interiore - favorire l’insight attraverso la
riflessione sul successo o insuccesso in un compito e a proposito delle capacità di applicare in diversi
ambiti i principi appresi. La mediazione dell’insight consente la generalizzazione dei miglioramenti
raggiunti. - favorire la costruzione di una immagine di sé come persona in grado di essere consapevole
delle proprie capacità.
L’accrescimento della modificabilità ha come fine quello di raggiungere un cambiamento strutturale delle
attività mentali. Perché ciò avvenga è necessario: - creare una coesione tra le parti e il tutto -
trasformare,cioè essere capaci di adattare e potenziare le proprie attività mentali - auto-perpetuare cioè
sviluppare la capacità di modificarsi per un atto di volontà autonomo.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO: ASPETTI TEORICI SESSIONE 3 - TEORIA DELLA COERENZA CENTRALE
Teoria della coerenza centrale. Le persone di solito analizzano le situazioni cercando di cogliere il “tutto”
e sulla base di questo orientano l’attenzione verso i dettagli. Nei soggetti autistici si osserva un deficit
persistente e pervasivo di coerenza centrale che consiste nella difficoltà ad integrare le informazioni a
diversi livelli. Di conseguenza otterremo: Buone prestazioni nella prova di Disegno con Cubi della WISC-R
Cadute nei compiti che richedono un ragionamento pragmatico come la prova di Comprensione della
WISC-R Cadute nei compiti che richedono una riorganizzazione in sequenza come la prova di
Ordinamento di figure della WISC-R.

EXECUTIVE FUNCTIONS
Si tratta dell’ abilità di saper utilizzare e mantenere adeguate procedure di problem-solving per il
raggiungimento di un obiettivo. : Comprendono - la capacità di inibire una risposta o posticiparla a un
momento più appropriato - abilità di pianificare una sequenza di azioni - capacità di rappresentarsi un
compito selezionando informazioni rilevanti - flessibilità con la quale l’attenzione viene guidata.
Possiamo valutare l’efficienza delle funzioni precedentemente citate attraverso il Wisconsin Card Sorting
Test (WCST). Si tratta di una prova costituita da cartoncini rappresentanti delle figure diverse per forma,
colore e numero che il soggetto deve selezionare e raggruppare a seconda della categoria di volta in volta
scelta dall’esaminatore. E’ una prova di astrazione e flessibilità, mirata ad indagare le abilità di
categorizzazione, memoria di lavoro, attenzione selettiva e codifica del feed-back verbale. Nei soggetti
autistici abbiamo prestazioni caratterizzate da strategie non adattive. Si evidenzia Inoltre scarsa capacità
di modifica dell’approccio in caso di errore. Assistiamo ad un deficit della memoria di lavoro, si ha quindi
difficoltà nel mantenere in modo attivo le informazioni finalizzate a guidare i processi cognitivi.

PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO: ASPETTI TEORICI SESSIONE 4 - DISTURBI DA SEPARAZIONE E


TEMATICA DELL’ATTACCAMENTO
I disturbi della separazione richiamano la tematica dell'attaccamento. La teoria dell'attaccamento fa
riferimento a Bowlby che nella sua iniziale formulazione parla di sistemi di comportamento caratteristici
della specie, che trovano come referente la figura materna. Bowlby descrive cinque sistemi che
contribuiscono all'attaccamento del bambino: il succhiare, l’ aggrapparsi, il seguire, il piangere e il
sorridere. Secondo l'autore tali sistemi partono come indipendenti ma poi nel corso dello sviluppo si
integrano e si focalizzano sulla madre, generando così "il comportamento dell'attaccamento".

Adler individua invece:


Il bambino viziato a cui è stata tolta la possibilità di misurarsi in sane competizioni esistenziali,
racchiudendolo in un sistema iperprotettivo, privo di collaudo;
Il bambino trascurato, povero di relazioni, poco stimolato sul piano della curiosità, invalidato sul piano
dell'attività motoria ma anche di quella intellettiva;
Il bambino scoraggiato, interessato alle competizioni ma bloccato da eventuali sconfitte.

Genitori e attaccamento.
Genitori scoraggiati: spesso rinunciano al loro ruolo, delegando ad altre figure parentali un ruolo
educativo per i propri figli.
Genitori ansiosi: vivono le fasi di crescita del bambino con preoccupazione eccessiva e temono il giudizio
ambientale. Genitori dominanti: riportano sui figli un ideale di perfezione.
Genitori assenti: si tratta di una realtà rintracciabile nelle situazioni di separazione coniugale, con conflitti
aperti che tendono a ripercuotersi negativamente sulla crescita del bambino, che spesso viene
strumentalizzato. Ne risulta il bambino trascurato.

L’ansia e l'angoscia del bambino sono risposte naturali ad una condizione di blocco evolutivo. L'ansia
diviene una modalità messa in atto per uscire da una situazione i costrizione e l'angoscia è espressione di
un vissuto determinato dalla trascuratezza dei suoi bisogni di crescita. Si incrementano i sistemi protettivi
tesi alla difesa dalle frustrazioni. Le barriere di tipo fobico si manifestano così attraverso l’aggressività e
comportamenti di tipo dissociale. I bambini e i ragazzi portatori di un disagio psichico presentano un
aspetto comune: “non hanno appreso il sentimento sociale perché racchiusi in un loro egocentrismo
cognitivo ed affettivo”.

APPROFONDIMENTO DEL CONCETTO DI COMUNICAZIONE EMPATICA;DURANTE IL COLLOQUIO


SESSIONE 1 - ASPETTI TEORICI DELL’EMPATIA
Cosa s’intende per empatia?
• Per empatia non s’intende una generica simpatia o una risonanza immediata per situazioni che hanno
affinità con la nostra storia , ma una vera abilità di mettersi nei panni dell’altro.
• L’empatia corrisponde ad un grado di elasticità molto alto delle funzioni intellettuali ed emotive : dalla
propria posizione , si deve essere in grado di osservare altri punti di vista e percepire altre sensibilità.
• L’empatia è il risultato di un ascolto di tipo attivo, che favorisce la comunicazione dell’altro, prestando
attenzione anche ai messaggi di tipo non verbale, spesso rivelatori di sentimenti nascosti.
Per lo psicologo umanista Carl Rogers empatia significa:
• “Capacità di mettersi al posto dell’altro, di vedere il mondo come lo vede costui”.
• E’ attraverso il “ clima d’accoglienza” dell’altro che si creano le basi comunicative di una relazione
d’aiuto.
• Il modello comunicativo della relazione d’aiuto può essere utile anche nell’ambito della psicologia
scolastica, soprattutto nel caso in cui si verifichi un vissuto di disagio.
• La relazione d’aiuto nell’ambito del disagio scolastico si attua attraverso il colloquio di counselling
rivolto ai giovani che vivono una situazione di crisi.
La comunicazione empatica è “efficace” poiché facilita l’espressione dell’altro e “non è direttiva” in
quanto implica :
• -Accettazione dei sentimenti dell’altro
• -Comprensione empatica
• -Congruenza intesa come consapevolezza di ciò che si sta sperimentando nell’interazione comunicativa
Eisemberg e Strayer (1987) considerano la comunicazione empatica come “un’esperienza
affettiva di condivisione”.
• L’empatia in quest’ottica può essere definita come “una risposta emotiva che è provocata dallo stato
emotivo o dalla condizione di un’ altra persona e che è congruente con lo stato emotivo o la situazione
dell’altro".
• La capacità di condivisione empatica può essere educata.
• Barnett(1987), ritiene che”lo sviluppo dell’empatia e delle risposte comportamentali ad essa correlate
possano essere potenziate da un ambiente che soddisfi i bisogni emotivi propri del bambino, lo incoraggi
ad esprimere una vasta gamma di emozioni, gli offra numerose opportunità di osservare e di interagire
con altri”.

APPROFONDIMENTO DEL CONCETTO DI COMUNICAZIONE EMPATICA;DURANTE IL COLLOQUIO


SESSIONE 2 - MODELLO DI CARKHUFF
APPROFONDIMENTO DEL CONCETTO DI COMUNICAZIONE EMPATICA;DURANTE IL COLLOQUIO
SESSIONE 3 - COMUNICAZIONE EMPATICA ED EMOZIONI
L'emozione è un 'espressione della comunicazione.
• Possiamo definire l'emozione uno stato mentale per mezzo del quale un individuo reagisce alla
consapevolezza di una situazione piacevole o spiacevole o a qualsiasi altro aspetto di una situazione che
produce benessere o malessere.
Le emozioni sono in rapporto diretto con l'azione.
• Possono mobilitare l'azione o bloccarla.
• Conosciamo le cose non solo con la ragione ma anche con la spinta emozionale.
• A seconda della condizione emozionale che viviamo , cambia il modo di relazionarci con gli altri.
Alfred Adler nell’affrontare il tema delle emozioni ritiene che esse siano in grado di modificare
l’equilibrio psichico, perché agiscono sulla sfera affettiva,ma possono influenzare anche l’equilibrio
somatico e vegetativo. L’autore introduce il termine compartecipazione emotiva che si fonda sulla
tendenza a condividere le emozioni con gli altri. La compartecipazione emotiva è una specifica
caratteristica del sentimento sociale , inteso come bisogno insito in ogni individuo di cooperare e
compartecipare emotivamente con i propri simili.
Favorire lo sviluppo della comunicazione empatica significa portare il bambino ad una consapevole ed
armonica gestione delle proprie emozioni.
• Come primi segnali di un crescente sentimento di collettività, si può innanzitutto riconoscere il bisogno
di tenerezza. Se a tale desiderio viene prudentemente prestata attenzione durante il processo educativo,
il bambino farà posto nei suoi sentimenti a un sempre maggior numero di cose e persone.
• Tutte le grandi creazioni culturali derivano dal bisogno infantile di tenerezza e dal desiderio di contatto,
che più tardi si manifestano per l’uomo sotto forma di interessi culturali, politici e sociali ma anche come
consapevolezza della propria responsabilità.

COLLOQUIO E COMUNICAZIONE EMPATICA


SESSIONE 4 - IL RECUPERO DEL SENTIMENTO DI COLLETTIVITA’ ATTRAVERSO LA COMUNICAZIONE
EMPATICA DURANTE IL COLLOQUIO
l’UTILIZZO DELLA TECNICA DELLO PSICODRAMMA PER LA CURA DEL DISAGIO PSICHICO E DELLE
PSICOPATOLOGIE
SESSIONE 1 - CARATTERISTICHE GENERALI
Lo psicodramma, è una tecnica psicoterapeutica di gruppo, messa a punto da Jakob Levy Moreno nel
1946, con l’intento di trattare le malattie mentali, sostituendo la relazione medico-paziente con un
rapporto d’interazione reciproca all'interno di un gruppo terapeutico.
Jakob Levy Moreno, psicologo e sociologo di origine romena, è nato a Bucarest nel 1892 ed è morto a
New York nel 1974. Ha studiato all’Università di Vienna, dove fu anche allievo di Sigmund Freud. Nel
1925 si trasferì negli Stati Uniti per dedicarsi alla pratica psichiatrica e all'insegnamento. È considerato il
caposcuola della sociometria, un metodo di misurazione quantitativa delle relazioni interpersonali dei
gruppi, attuato mediante dei reattivi, detti test sociometrici o psicometrici. Tali test tendono a cogliere le
strutture interne dei gruppi spontanei in base all'analisi delle scelte positive o negative fatte dai membri
dello stesso gruppo e a valutarle in un secondo tempo con l'ausilio di un procedimento grafico detto
sociogramma. È proprio alle teorie sociometriche che si ricollega la tecnica di terapia di gruppo, da
Moreno denominata "psicodramma".(Pier Luigi Pagani, 1985)

E’ interessante osservare come lo psicodramma moreniano tenda ad utilizzare gli


stessi strumenti dell’esperienza teatrale, e più precisamente: il palcoscenico, il regista, il soggetto, gli
assistenti, il pubblico.
Il palcoscenico diviene lo spazio che consente al soggetto di esprimere se stesso e il suo disagio. Il regista
svolge il compito di mantenere il legame tra soggetto e pubblico. Gli assistenti rappresentano
prolungamenti del regista e stanno a rappresentare le persone immaginate o reali presenti nel dramma
del soggetto.
Uno dei punti fondamentali dello psicodramma è il gioco di ruolo (role playng). Per Moreno, il ruolo, ha
un aspetto personale, drammatico e sociale ed è messo in evidenza dai vari modi di agire dell’uomo.
Il “gioco di ruolo”, consiste dunque nella rimessa in discussione di problemi legati ai propri ruoli
esistenziali.

l’UTILIZZO DELLA TECNICA DELLO PSICODRAMMA PER LA CURA DEL DISAGIO PSICHICO E DELLE
PSICOPATOLOGIE;SESSIONE 2 - PSICODRAMMA E NARRAZIONE
Il narrare e il narrarsi attraverso lo psicodramma diviene elemento insostituibile prioritario di un
percorso evolutivo.
Recuperando il pensiero di Demetrio possiamo ritenere che il tema della cura, attraverso il narrare e il
narrarsi ,in un’ottica di lettura psicodinamica,divengono espressione della possibilità di migliorare i
rapporti tra gli individui .
Attraverso l’utilizzo della tecnica dello psicodramma, viene messo in atto un processo rieducativo, che ha
lo scopo di ridare un senso al sistema di vita del soggetto.
L’UTILIZZO DELLA TECNICA DELLO PSICODRAMMA PER LA CURA DEL DISAGIO PSICHICO E DELLE
PSICOPATOLOGIE
SESSIONE 3 - APPLICAZIONE DELLE TECNICHE DI PSICODRAMMA ADLERIANO
Afferma Pier Luigi Pagani : “Alfred Adler, come avvenne in altri campi, ebbe un ruolo di precursore nelle
dinamiche di gruppo".
All’inizio, egli affrontò il settore, prendendo lo spunto dal campo pedagogico, con l’organizzare gruppi di
insegnanti e di genitori nel periodo del suo impegno sociale a Vienna .
Anche la sua impostazione didattica fu largamente articolata sulla discussione ampia e informale dei
contenuti della sua dottrina, che stava via via prendendo corpo.
Lo psicodramma consiste sostanzialmente in un'improvvisazione scenica su di un tema, scelto da un
soggetto, in base ai suoi cattivi funzionamenti, alle sue distorte finalità, alle sue esigenze motivazionali, o
alle sue fantasie. Il soggetto, in veste di attore,il terapeuta,in qualità di conduttore, l’eventuale co-
conduttore, e gli altri protagonisti della recita,detti “io ausiliari”, sono i membri dell'equipe terapeutica.
Alla rappresentazione possono assistere degli spettatori (nelle forme di psicodramma che lo consentano
o che richiedano la loro presenza), i quali dispongono della facoltà di intervenire con partecipazioni libere
di vario tipo, identificandosi a vari livelli con il ruolo svolto dall'attore principale, se da loro ritenuto
conveniente. Tale procedimento mira a ottenere l'attualizzazione dei conflitti inconsci attraverso la
“catarsi”. Il conduttore e il co-conduttore, oltre alla loro funzione primaria di raccogliere e di esaminare i
dati che emergono dalla rappresentazione scenica, hanno il dovere di badare che lo svolgimento
complessivo sia contenuto nei giusti limiti (Pier Luigi Pagani,1985).

L'efficacia terapeutica dell’espressività di elementi conflittuali nel senso di “catarsi di condotta” era già
conosciuta molto tempo prima dell’ideazione dello psicodramma, in quanto essa corrisponde a un
bisogno dell’uomo di assumere un ruolo di condotta che gli permetta di scaricare, abreagendo, una
tensione emotiva ancorata nel profondo del suo essere (si pensi, per esempio, alla condotta infantile nel
gioco, al carnevale, alla commedia dell'arte, ecc.).
La catarsi deve essere distinta dall’insight, ossia da quella percezione netta e immediata di fatti esterni o
interni, dalla semplice individuazione di conflitti o dal riconoscimento delle motivazioni d'ansia, avendo
questi ultimi un significato terapeutico molto più limitato dal punto di vista emotivo.
Il processo di scarico dell'emozione, bloccata da una difesa, a volte, avviene in forma di reviviscenza, con
sfogo di grida, di collera e di pianti, che conduce, alla fine, a un rilassamento.
In Psicoanalisi, s’intende per “abreazione” la scarica emozionale attraverso la quale un soggetto si
svincola da esperienze traumatizzanti o da situazioni conflittuali (Pier Luigi Pagani,1985).
L’UTILIZZO DELLA TECNICA DELLO PSICODRAMMA PER LA CURA DEL DISAGIO PSICHICO E DELLE
PSICOPATOLOGIE
SESSIONE 4 - LO STATO EMOTIVO DI SCORAGGIAMENTO DEL PARTECIPANTE ALLO PSICODRAMMA

Come afferma Pier Luigi Pagani : “Chi non si considera all’altezza ,assume d’abitudine un atteggiamento
sfiduciato e rinunciatario non appena gli si prospetta un impegno che ritiene troppo difficile o troppo
gravoso; ma se, invece, gli si crea un’atmosfera stimolante , improntata al rispetto reciproco e alla fiducia
, si solleciterà in lui la capacità di pensare in modo creativo…Se appare il disagio, lo Stile di Vita rimane
alterato: il livello di autostima si abbassa a tal punto da annullarsi, si divene timidi, paurosi, vulnerabili.
E’ indispensabile individuare lo scoraggiamento al suo primo manifestarsi e promuovere tecniche, da
parte dello psicologo, adatte a reinfondere - nel soggetto portatore del disagio- il coraggio per affrontare
la vita.
IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO
PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 1 - Sessione 1 – IL MATERIALE
Descrizione delle tavole
Il reattivo del Rorschach è costituito da dieci tavole di cartone, ciascuna delle quali offre la riproduzione
di una macchia d'inchiostro. Le tavole sono numerate da uno a dieci con numeri romani.
Caratteristica comune delle macchie è la simmetria speculare delle due metà laterali rispetto all'asse
centrale. Tale simmetria non è osservata in alcuni dettagli. In ciò il test rivela la sua discendenza dalle
prove estemporanee da cui è derivato. Nei primi esperimenti, come nei giochi dei bambini, si facevano
cadere gocce d'inchiostro su un foglio, piegandolo poi nel mezzo e ottenendo così una diffusione fortuita
del colore.
Cinque macchie (la I, la IV, la V, la VI e la VII) sono in grigio e nero. Due (la II e la III) sono in grigio e rosso.
Tre (la VIII, la IX e la X) sono policrome. Lo sfondo,sempre bianco, risulta, oltre che dallo spazio di
contorno, da alcuni « buchi» che affiorano in diverse posizioni.
La strutturazione delle forme è assai varia, pur restando sempre alquanto ambigua.
Si osservano intenzionali alternanze fra strutture abbastanza ben delineate ed altre più evanescenti.
Prima di presentare l'iconografia di ciascuna delle dieci tavole, cercheremo di descriverle, prestando
particolare attenzione ai dettagli.
Tavola l. Presenta una macchia unica di grandi dimensioni e di colore nero-grigio.
All'esterno dei contorni medio-inferiori sono sistemate alcune macchioline sparse.
Nel corpo della macchia principale appaiono quattro grandi «buchi», da cui affiora lo sfondo bianco. Vi è
inoltre un «buco» centrale più piccolo, di colore grigio pallido,quasi bianco. La grande macchia può
essere grossolanamente suddivisa in un corpo centrale e due ali laterali.
Tavola II. Qui la macchia è costituita da un grande corpo grigio-nero, con infiltrazioni rosate, interrotto al
centro da un grande «buco» bianco. Sopra questo corpo stanno due macchie rosse più piccole,
apparentemente staccate, in realtà collegate al nucleo maggiore da una sottile velatura rosata. Un'altra
macchia rossa,che termina con appendici appuntite, continua centralmente e mediamente il corpo,
cui si sovrappone in parte. L'elemento più caratterizzante di questa tavola è la prima comparsa del rosso.
Tavola III. Reca due macchie maggiori grigio-nere, molto ben strutturate antropomorficamente e
collegate fra loro in basso da un dettaglio medio sempre grigio. Due altri medi particolari grigio-neri,
appena staccati, fanno da gambe alle figure antropomorfe. Al centro, ben separata, sta una macchia
rossa a tipo di farfalla. Altre due macchie rosse ben strutturate e separate sono poste lateralmente
in alto.
Tavola IV. Presenta una sola macchia di un grigio-nero particolarmente cupo, con variazioni di superficie
un poco più chiare. Strutturalmente offre un supporto centrale di aspetto quasi fallico e due
prolungamenti laterali inferiori a guisa di piedi.
L'impressione generale di questa macchia è alquanto opprimente e minacciosa.
Tavola V. Offre una macchia grigio-nero scura, delineata con precisione decisamente figurativa.. Vi si
avvertono molto chiaramente un corpo centrale e due ali, che formano complessivamente un animale
alato, simile a un pipistrello.
Tavola VI. Anche in questa sede appare un'unica grande macchia di colore grigio un poco più chiaro. Il
chiaroscuro di superficie è qui particolarmente rilevato.
Figurativamente vi si nota un corpo maggiore con grosse frastagliature ai lati e una propaggine allungata
superiore, con sbavature laterali, a guisa di piume o baffi. Il dettaglio ricorda un totem.
Tavola VII. Porta una macchia grigia, dal chiaroscuro assai lieve. La forma è articolata in un supporto
inferiore a guisa di farfalla, con un piccolo corpo centrale più scuro. Dal grosso particolare inferiore si
levano lateralmente e simmetricamente due dettagli abbastanza grandi, ben strutturati, che contornano
un vasto spazio bianco centrale, aperto in alto.
Tavola VIII. Presenta la prima delle tre macchie a più colori, con variazioni di rosso, arancio, verde-
azzurro e grigio. L'impressione generale cromatica è gradevole. Dal punto di vista figurativo è strutturata
in cinque macchie ben distinte,ma sempre collegate reciprocamente da qualche dettaglio. Ai lati stanno
le due figure simmetriche più caratterizzate, che disegnano con sufficiente precisione due animali. Il
grosso particolare inferiore è a guisa di farfalla, con splendide variazioni cromatiche. Al centro e in alto,
due altre figurazioni senza precisi richiami al concreto. Il tutto termina superiormente con una piccola
punta fissurata. Significativi e abbastanza vasti gli spazi bianchi inclusi, in parte comunicanti.
Tavola IX. Reca una grande macchia a più colori, in parte sfumati. La struttura generale è assai poco
figurativa, evanescente, tanto da renderne piuttosto difficile l'interpretazione e tale da provocare
frequenti rifiuti. Alla base una formazione rosa orizzontale, un po' arrotondata ai lati. Al centro due
grandi figurazioni alate, di colore verde. Sopra queste, con osmosi cromatiche di confine, due macchie
che vanno dal rosso deciso all'arancio e terminano con due punte supero-laterali e due propaggini ad
arco, che quasi convergono al centro. Attorno alla parte superiore dell'asse centrale, grigiastro e sfumato,
due «buchi» ovali e in continuazione un grosso dettaglio bianco, che configura approssimativamente uno
strumento ad arco.
Degni di nota altri quattro «buchi» bianchi simmetrici.
Tavola X. Presenta molte macchie ricche di colori e con dimensioni piccole o medie.
Pare quasi una tavolozza e favorisce numerose interpretazioni di dettaglio. Si presta al riconoscimento di
svariate figurazioni, in prevalenza animali. Il tono generale è gradevole, distensivo od euforizzante.
IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO
PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 1 - Sessione 2 – TECNICA GENERALE DI APPLICAZIONE DEL REATTIVO
– parte a
Ambientazione del soggetto e dell'esaminatore.
La situazione dell' esaminato deve essere impostata tenendo conto di esigenze sensoriali e psicologiche,
in parte generali e in parte contingenti. La luce naturale diurna è certo la più indicata per favorire la
spontaneità delle percezioni, ma non rappresenta un requisito rigido e indispensabile, anche perché
talora ostacolato da fattori obiettivi. In tali casi l'illuminazione dovrà essere ben dosata, in rapporto
anche al gradimento del soggetto.
È largamente preferibile che nel locale dove si svolge la prova siano presenti solo l'operatore e il
paziente. In particolare, per i soggetti in età evolutiva, è da evitarsi la presenza di familiari, che quasi
sempre modifica il loro comportamento e riduce la loro attenzione con interferenze di vario genere.
Questa regola di fondo non può essere osservata in casi speciali, ad esempio per alcuni bambini in cui
l'assenza dei genitori provoca reazioni emozionali negative, impostate di solito sul timore. Sarà
comunque utile un tentativo di sblocco affettivo e gratificante, che rientra nell'esperienza abituale di ogni
esperto psicologo dell'età evolutiva. In subordine si dovrà situare l'accompagnatore (è preferibile infatti
che si tratti di una sola persona)un poco in disparte, così da non poter osservare le tavole. In ogni caso
egli dovrà essere avvertito di non interferire in alcun modo. L'eventuale presenza di più
esaminatori costituisce invece una remora assai meno grave. Essa è d'altra parte imposta talora da
esigenze obiettive, ad esempio di ordine didattico.
Uno solo degli psicologi deve però stabilire il rapporto attivo con l'esaminato, in modo da creare un certo
legame transferale positivo.
La maggior parte dei testi presenta regole ben precise circa la posizione dell'esaminatore e del paziente.
Si prescrive di solito che l'uno e l'altro siedano allo stesso tavolo, situati reciprocamente ad angolo retto,
con la luce che provenga dalla sinistra dell' operatore. Se pure tali condizioni si prospettino come ideali,
riteniamo che, specie per quanto riguarda soggetti in età infantile, sia indispensabile
subordinarle alla necessità di stabilire un'atmosfera non rigida, assai lontana tanto
da quella di una scuola, quanto da quella di una clinica. Molti bambini, così, preferiscono già
spontaneamente sedersi di fianco all'esaminatore, con cui desiderano strutturare un rapporto affettivo-
protettivo. Altre volte è proprio lo psicologo a dover scegliere tale posizione per disinibire il soggetto. È
nostro parere che si debba mantenere per quanto possibile la disposizione scelta naturalmente
dall'esaminato,purché questa non ostacoli realmente la prova. Eventuali modifiche non andranno
presentate come «dovere», ma illustrate discorsivamente nei loro vantaggi di comodità o percezioni.
Una necessità obiettiva è, per contro, che il soggetto non sia in grado di osservare o di afferrare anzi
tempo le tavole, cosa che, ad esempio, i bambini instabili tentano di fare con grande frequenza. Ciò è
facilmente evitabile con banali artifici: tenere il reattivo in un cassetto semiaperto, coprirlo con fogli o
quaderni e così via.
Anche la posizione dell' esaminatore dipende da esigenze sotto molti aspetti analoghe a quelle del
soggetto. Egli deve essere in grado di osservare con naturalezza il comportamento del paziente e le
tavole in tutti i dettagli, restando seduto in posizione non rigida, così da togliere ogni eccesso di
formalismo alla situazione. Nei casi già esposti in cui l'operatore deve situarsi di fianco al soggetto,
sarà bene che egli assuma una sistemazione un poco arretrata.
Presentazione e somministrazione del test.
A nostro parere, è consigliabile far precedere l'inizio della prova da un breve colloquio disinibito e non
propriamente diagnostico, i cui temi saranno scelti estemporaneamente, secondo l'età, la cultura, le
caratteristiche e l'atteggiamento del soggetto. Ci si dovrà inoltre accertare se egli, in passato, sia già stato
sottoposto al reattivo.
Non condividiamo l'indirizzo di una presentazione diretta e drasticamente non esplicativa delle tavole. Ci
sembra più realistico procedere duttilmente caso per caso.
Con i bambini più piccoli è quasi sempre necessario illustrare la situazione come un gioco. Negli
adolescenti più maturi, già consapevoli di affrontare una prova psicologica, ogni finzione risulta invece
dannosa. Dissentiamo anche dall'orientamento che impone di lasciare l'esaminato nella convinzione
errata di dover cercare la risposta giusta. Ciò provoca infatti una situazione un po' artificiosa sul tipo
di un esame scolastico e censura la libera espressione di molte risposte, bloccandole sul nascere con il
timore di sbagliare. Quando il paziente è in grado di comprendere,ogni avvertimento di mistificazione lo
metterebbe sulla difensiva.
In sintesi, i concetti da illustrare al soggetto sono i seguenti:
- che gli si presenteranno delle macchie astratte, prive cioè di un reale significato;
- che egli dovrà osservarle e dire che cosa potrebbero rappresentare o che cosa gli richiamano alla mente;
- che in nessun caso le sue risposte comporteranno degli errori.
La struttura del discorso introduttivo dovrà essere articolata, ripetiamo, con estrema elasticità,
adattandosi all'età e alla cultura dell'esaminato.
Le tavole devono essere presentate nel loro orientamento naturale, senza alcuna premessa circa la
libertà di girarle, poiché ciò avrebbe già il valore di uno stimolo condizionante in questo senso. Se però il
paziente, di sua iniziativa, domanda se può girarle, gli si risponderà che è consentito. Ad ogni altra
richiesta sulle modalità dell'interpretazione (« Posso prendere in considerazione anche i particolari?»,
ecc.)si replicherà che in questa prova, o gioco, o esame, si può agire come meglio si crede.
Ci sembra molto importante, specie nei bambini, neutralizzare sin dall'inizio ogni manifestazione di
timore, diffidenza o insicurezza, mediante frasi incoraggianti,scelte intuitivamente e comunque non
troppo esplicative, ma soprattutto non condizionanti verso una determinata condotta.
I soggetti instabili sono spesso portati a trascurare le tavole, spostando la loro attenzione su altri oggetti.
In tale caso si dovrà richiamarli al compito proposto,evitando però con cura ogni modalità troppo severa
o traumatizzante e proponendo la figura dell'esaminatore con implicazioni di solidarietà amichevole, se
pure non scevra del minimo di direttività necessaria.
Le tavole devono essere successivamente consegnate nelle mani del soggetto e non appoggiate davanti a
lui sul piano del tavolo. Il motivo di tale prescrizione è ovvio:concedere il massimo di libertà e
spontaneità, lasciando all'esaminato scelte autonome di comportamento. Tale indirizzo ci fa dissentire
circa la proibizione, da molti sostenuta, di appoggiare in seguito il materiale. Si tratterebbe infatti di una
pseudofluidità imposta e quindi in contraddizione con se stessa.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 1 - Sessione 3 – TECNICA GENERALE DI APPLICAZIONE DEL REATTIVO
– parte b
Problemi e interferenze nel corso della prova.
Le difficoltà iniziali di approccio con il test possono prendere corpo in vario modo. I lunghi silenzi di attesa
non devono essere disturbati da pressioni o incoraggiamenti,poiché la loro valutazione obiettiva è
anch'essa un dato diagnostico. Non siamo invece d'accordo sull'accettazione passiva degli eventuali rifiuti
a rispondere, tranne che nella prima tavola. Se il soggetto la restituisce senza interpretarla, la si
sostituisce tranquillamente con la seconda. Ma se il rifiuto a interpretare si manifesta di nuovo, a nostro
parere occorre un intervento persuasivo e pacato, per il quale si potranno utilizzare le spiegazioni
introduttive già ricordate. Il ribadire che le macchie non rappresentano nulla di specifico che il paziente
deve scoprire contribuisce abitualmente a neutralizzare l'astensionismo fondato sul timore di sbagliare.
Questo nostro orientamento deriva da numerose conferme sperimentali. Un protocollo denso di rifiuti
finisce per perdere ogni proiettività e si limita a segnalare l'astensionismo. Abbiamo per contro acquisito
serie di risposte ricchissime di contenuto psicodiagnostico, seguite al superamento di un rifiuto, guidato
con discrezione.
Le interferenze che derivano dalla timidezza, dalla diffidenza o dall'aggressività nei confronti
dell'esaminatore rivelano di solito la carenza del preliminare e generico colloquio disinibente, la cui
necessità abbiamo già sostenuto specie nell'età evolutiva. Un operatore capace è dunque quasi sempre
in grado di prevenirle,tranne nei casi, assai rari ma possibili, di una mancanza assoluta di disponibilità, in
cui comunque non è applicabile produttivamente nessuna forma di psicodiagnosi mediante reattivi.
Le richieste di aiuto o di conferma rassicurante nell'interpretare sono più frequenti nell'infanzia e
nell'adolescenza che nell'adulto. Un atteggiamento dell'esaminatore basato sulla freddezza
astensionistica incrementa l'insicurezza o l'ostilità e censura di conseguenza gli elementi proiettivi. Ogni
intervento di guida concreta nella formulazione delle risposte, basato sull'esemplificazione, è anch'esso
da evitarsi,poiché inevitabilmente opera un influenzamento e finisce per improntare le interpretazioni,
riducendo l'obiettività della prova.
La soluzione più equilibrata consiste in un incoraggiamento generico e nella concessione gratificante e
non giudicante di libertà ed autonomia decisionale al soggetto. Ci sembra opportuno offrire qualche
esempio. Se il soggetto desidera conferma dell'attendibilità di una risposta, chiedendo «va bene? », «è
proprio un pipistrello o sbaglio? », gli si dovrà ribadire la possibilità d'interpretare come crede senza
tema di errori. Se vuoi ricevere una precisazione più generale, sul tipo di «si possono interpretare anche i
particolari?» gli si risponderà affermativamente,invitandolo a procedere con sicurezza poiché non
esistono regole vincolanti.
Le eventuali domande dei soggetti circa lo scopo della prova meritano considerazioni alquanto più
approfondite e differenziate. L'evasività iniziatica o il silenzio raccomandati da qualche autore non ci
trovano consenzienti. Una delle più frequenti frustrazioni dell'età infantile è ravvisabile proprio
nell'essere esclusi dal mondo degli adulti e dai suoi segreti. Su questa base non è dunque possibile
stabilire un rapporto psicologico veramente cooperativo. Ai bambini più piccoli, come si è detto, è in
genere utile presentare il test sotto una veste ludica. Le loro domande nascono di solito dalla curiosità o
dal timore. Richiedere la collaborazione a un gioco è d'abitudine sufficiente sia come stimolo, sia come
disinibizione rassicurante. Ben diverso dovrà essere, a nostro parere, il comportamento con i ragazzi più
grandi,culturalmente già evoluti, e con gli adulti.
Essi sono quasi sempre già ben consapevoli di che cosa significhi affrontare un esame psicologico e
l'evasività potrebbe solo aumentare le loro difese. Ci sembra perciò opportuno dire con semplicità una
frase di questo tipo: «Questa è una prova psicologica e oltre tutto è divertente. lo sono un tuo
consulente, voglio aiutarti e conoscerti meglio, quindi collabora con me». Tale presa di rapporto paritaria
è d'altra parte l'applicazione di un orientamento psicopedagogico oggi largamente condiviso.
Interventi chiarificatori per la siglatura e loro limiti.
Le risposte dell'esaminato non offrono sempre da sole elementi sufficienti per una corretta siglatura.
Certo l'esperienza e l'intuizione dell'operatore riescono spesso d'aiuto, ma non sempre bastano a
risolvere tutti i dubbi. La maggior parte dei testi consiglia un astensionismo iniziale, integrato in un
secondo tempo dalla così detta «inchiesta », ossia da un interrogatorio sulle modalità della percezione e
dell'interpretazione, da effettuarsi a test ultimato. La soluzione ci lascia perplessi,poiché riproporre le
tavole configura sempre una seconda percezione scaturita in condizioni psicologiche assai diverse e il
soggetto non riesce quasi mai a regredire obiettivamente, ricostruendo con attendibilità la sua
precedente presa di contatto con la macchia. Nell'inchiesta egli si trova di fronte a uno stimolo già
conosciuto e tende inconsapevolmente a perfezionare e quindi a modificare, anche se si sforza di
non farlo.
Riconosciamo comunque che gli eventuali interventi dell' esaminatore possono influenzare e alterare la
dinamica percettivo-interpretativa. Non ci sembrano perciò consigliabili le domande dirette sul tema
specifico della chiarificazione. Una via d'uscita equilibrata può consistere in richieste oltremodo
generiche, ma valide per chi ha esperienza nel test. Così, se si nutre un dubbio sulla quantità di macchia
interpretata, una domanda sul tipo di «dove lo vedi?» basterà di solito ad ottenere il chiarimento. Dire
invece in modo specifico «è qui lateralmente?» o «è tutta la macchia?» può esercitare condizionamenti
che riducono l'attendibilità. Ancora un esempio. Se si sospetta un'implicazione di movimento in una
risposta che non la esprime con chiarezza, ma la lascia presumere, si potrà chiedere «come lo vedi?».
Se la kinestesia esiste, il soggetto finirà quasi sempre per manifestarla. Ribadiamo, ad ogni modo, che
queste tecniche sono per quanto possibile da evitarsi, limitandole ai casi non frequenti di assoluta
necessità.
L'impiego dell'inchiesta può assumere, nonostante ciò, una sua validità complementare, fornendo
elementi, ad esempio emozionali, prima non scaturiti. Si tratta però di un'acquisizione aggiuntiva al test,
che ha una sua contropartita negativa. I pazienti sottoposti ad inchiesta, secondo la nostra casistica
personale,risultano tanto sensibilizzati alla prova, che una sua ripetizione di controllo a distanza di tempo
può riuscirne alterata e non più obiettiva. Non siamo pertanto favorevoli alla pratica costante e
sistematizzata dell'inchiesta.
Nel caso, però, che il dubbio interpretativo non sia stato soddisfatto dalle delucidazioni fornite dal
soggetto alle richieste di chiarimento, è opportuno contrassegnare la risposta con una crocetta o con un
asterisco e, alla fine della prova, ma solamente alla fine della prova, riproporla all'esaminando nello
stesso modo con cui egli l'aveva esposta, senza fare altri commenti. Ad esempio: «Lei mi ha detto: questo
è un essere mostruoso. Che cosa intendeva?». La risposta mi indicherà se è opportuno siglare risposta
animale o risposta umana (vedasi più avanti il paragrafo "Contenuto").
IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO
PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 1 - Sessione 4 – TECNICA GENERALE DI APPLICAZIONE DEL REATTIVO
– parte c
Limitazione del tempo e delle risposte.
È convenzione metodologica generalmente accettata che non si debba limitare il tempo dell'esame.
Riteniamo questo principio valido, poiché la valutazione del tempo è uno degli elementi diagnostici, ma
ne consideriamo alcune possibili deroghe. La psicopatologia offre infatti casi in cui l'immobilità, l'autismo
e il negativismo astensionistico potrebbero protrarsi tanto a lungo da rendere praticamente inapplicabile
la suddetta regola. Quando il silenzio dell'esaminato si protrae per un tempo sufficiente a delinearne
l'abnormità, ci sembra utile operare un tentativo di sblocco, con la tecnica di comunicazione più adatta
alle caratteristiche del paziente. Se questa non sortisse alcun effetto, sarebbe ovviamente
indispensabile la sospensione della prova.
Quasi tutti gli Autori ammettono per contro, se pure in casi eccezionali, la limitazione del numero delle
risposte. Concordiamo con l'indirizzo, abitualmente seguito, d'intervenire non in rapporto a criteri
quantitativi, ma qualitativi. Se il soggetto continua a produrre risposte ben differenziate, non lo si deve
interrompere. Se invece egli fornisce con automatismo stereotipo serie di dettagli monotoni e assimilabili
l'uno all'altro, è giustificato il ritiro della tavola e il passaggio alla seguente, da effettuarsi però in modo
non frustante né impositivo.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 2 - Sessione 1 – LA SIGLATURA – parte a
Generalità.
Ogni risposta che il soggetto offre nel reattivo del Rorschach deve essere siglata con simboli
convenzionali, che esporremo gradualmente, in rapporto ai seguenti fattori di valutazione:
1 - Localizzazione: quantità di macchia interpretata.
2 - Determinanti: presupposti percettivo-interpretativi che determinano la risposta.
3 - Contenuto.
4 - Frequenza: rilievo dell'incidenza statistica, limitatamente alle frequenze massime e minime.
Oltre alle risposte, dovranno essere siglati gli eventuali dinamismi particolari che si presentino e che
descriveremo in un paragrafo dedicato all' argomento.
Sarà infine necessario tener nota del tempo e delle posizioni della tavola nelle mani del soggetto,
secondo le modalità che esporremo.
Tempo.
È indispensabile registrare l'ora d'inizio e di termine della prova. La differenza fra i due dati ci darà il
tempo totale (siglato T nello psicogramma). Il tempo medio per risposta si otterrà dividendo il tempo
totale per il numero delle risposte. Si dovrà infine prendere nota del tempo di latenza che in ogni tavola
separa la presentazione della stessa dalla comparsa della prima risposta. Una valutazione
complementare,certamente utile, è quella del tempo dedicato dal soggetto ad ogni tavola.
Per tutte queste misurazioni, sarà opportuno valersi di un cronometro.
Posizione delle tavole.
Per siglare questo dato ci valiamo dei segni ideati dalla Loosli Usteri :

Questo segno, con il vertice in alto, indica la tavola


tenuta nel suo orientamento naturale. Esso vale per
/\
convenzione, ma abitualmente non si registra, poiché
la sua assenza lo dà per acquisito.
V Si indica così, con il vertice in basso, la tavola tenuta
rovesciata.

Così si segnalano le posizioni laterali, orientate


<>
sempre secondo il vertice.

Devono essere opportunamente registrate anche le posizioni oblique intermedie.


 Per registrare nello psicogramma il fenomeno denominato «Turning», ossia per annotare i dinamismi
di quei soggetti che rovesciano più volte la tavola prima di dare la risposta, è possibile valersi o del segno
tipografico riportato, o disegnare un piccola spirale.
Localizzazione.
Registra, come si è detto, la quantità di macchia interpretata. Il complesso delle localizzazioni è
denominato anche « modo di comprensione» (abbiamo preferito questa definizione a quella più
largamente impiegata, «modo di apprensione», che deriva da una traduzione letterale e distorce il
significato nella lingua italiana).
Ecco ora i diversi tipi di localizzazione, preceduti dai simboli di siglatura da noi adottati.
G - Risposta globale. Si acquisisce quando il soggetto interpreta tutta la macchia o tutte le macchie
(quando sono plurime) impresse sulla tavola. Gli autori,dal Rorschach in poi, hanno effettuato numerose
sottosuddivisioni delle globali, la cui integrale accettazione appesantisce notevolmente la siglatura.
Abbiamo ritenuto opportuno ridurre all' essenziale queste iper-classificazioni, considerando solo i dati
che abbiano un reale significato interpretativo e accumunando i tipi di risposte che,pur sottilmente
differenziabili, non comportino varianti di rilievo nelle indicazioni psicodiagnostiche.
G - Risposta globale incompleta. Si acquisisce quando il soggetto interpreta tutta la macchia o le macchie,
escludendo solo qualche dettaglio. La parte esclusa non deve essere superiore a un quinto del totale
raffigurato. Alcuni autori escludono dalle globali incomplete e siglano quindi con G le risposte che si
riferiscono a grosse macchie principali, accantonando le macchie più piccole staccate. Questo indirizzo
non ci sembra obiettivo, poiché esistono altri soggetti che interpretano il tutto,rivelando così una
maggior tendenza all' associazione che li differenzia dai precedenti. L'attuazione associativa che distingue
l'esclusione delle macchie staccate è certo minore, ma comunque esiste. Sarà poi il raffronto percentuale
fra G e G a darci un'indicazione attendibile sull'orientamento del paziente. In linea di massima
riteniamo già significativa una percentuale di G superiore al 25% delle globali in toto.
Ecco ora alcuni esempi di G: Tav. IV: «gigante» (la risposta esclude il dettaglio centrale inferiore). Tav. VI:
«pelle» (escluso il dettaglio centrale superiore). Tav. II:«cani che si toccano con il naso» (esclusi i dettagli
rossi superiori). Tav. III:«camerieri che portano un carrello» (esclusi tutti i dettagli rossi).
DG - Risposta globale confabulatoria. Si acquisisce quando il soggetto fissa dapprima la sua attenzione su
uno o più dettagli e costruisce poi su di essi una globale, aggiungendovi con un processo secondario il
resto della macchia o delle macchie. Abbiamo qui mantenuto, per ossequio pratico all'uso comune, la
denominazione «confabulatoria», sebbene questa non ci convinca sul piano contenutistico. Abbiamo
inoltre accomunato in questa categoria anche le risposte da altri denominate «globali successivamente
combinatorie». Questi Autori differenziano la costruzione della globale su un dettaglio da quella su più
dettagli. La distinzione non offre per noi differenze di rilievo al servizio della psicodiagnosi. Ci
sembra legittimo per contro accogliere una variante delle DG: quella in cui la prima percezione è
costituita da un dettaglio bianco. La siglatura corretta è in questo caso DblG. In realtà l'interpretazione è
analoga per quanto riguarda il processo associativo, ma il rilievo del dettaglio bianco è doveroso e
significativo, quindi indispensabile alla psicodiagnosi. Non accogliamo invece la siglatura DG e neppure
quella DdG, poiché differenziano certo situazioni diverse, ma non di grande rilievo, a nostro parere, per la
valutazione complessiva del protocollo.
Esempi di DG: Tav. I: «mi sembra un granchio per queste chele in alto». Tav. IX:«qui in alto ci sono due
maghi e poi... mi pare che siano seduti su delle nuvole».
Esempio di DblG: Tav. II: «questo bianco è un missile... sì... e attorno potrebbero esserci delle nuvole e
del fuoco».
Aggiungiamo che per la siglatura DG ci pare indispensabile un certo distacco di tempo nella
comunicazione dei vari elementi.
D - Risposta dettaglio grande. Corrisponde, malgrado la denominazione, alle interpretazioni di dettagli
frequentemente percepiti, per lo più, ma non costantemente, anche di dimensioni notevoli. Ribadiamo
pertanto che anche alcuni particolari decisamente piccoli, ma interpretati con frequenza, si siglano D. La
distinzione dei dettagli grandi non deriva da regole prefigurate, ma solo da una rilevazione statistica, per
la quale rinviamo il lettore alle apposite tabelle di cui è corredato questo volume.
Ecco alcuni esempi di D: Tav. I: «figura femminile con le mani alzate» (tutta la parte centrale verticale).
Tav. III: «cavallucci marini» (i due particolari laterali superiori rossi). Tav. X: «fionda» (il piccolo
particolare rosso che campeggia nella parte superiore del bianco centrale).
Precisiamo che, nella Tav. X, tutte le singole macchie, anche se piccole, sono da siglarsi con D, in quanto
frequentemente interpretate.
Al termine del capitolo sulle localizzazioni saranno presentate delle tabelle che esemplificheranno in
modo grafico e descrittivo le parti minime di macchia siglabili come dettaglio grande (D).
Dd - Risposta dettaglio piccolo. Corrisponde ai particolari raramente interpretati e per lo più, ma non
costantemente, anche piccoli. Anche qui la rilevazione è puramente statistica.
Ecco alcuni esempi: Tav. V: «profilo di viso maschile» (tutto il bordo superiore laterale, in quanto
raramente interpretato). Tav. VIII: «teste di pecora» (i due piccoli particolari sporgenti laterali inferiori
della grande macchia in basso). Tav. VIII:«grimaldello» (la zampa posteriore libera dei due animali
laterali). Tav. X: «pezzo di canna d'India» (il dettaglio verticale superiore centrale che fa corpo con le due
macchie laterali animaliformi e abitualmente è percepito assieme a queste). Tav. X:«punta d'alabarda» (il
piccolissimo dettaglio che risale lateralmente dalle due macchie verdi centrali inferiori).
Alcuni Autori effettuano micro-suddivisioni fra le risposte dettaglio piccolo,considerando ad esempio e
differenziando i piccoli particolari di bordura interni ed esterni. La distinzione ha certo un significato
percettivo, ma a nostro parere non interpretativo di rilievo. Tale constatazione nasce da una pratica e da
una comparazione ventennale. Non riteniamo pertanto opportuno appesantire la siglatura con elementi
non probativi.
Dbl - Risposta dettaglio bianco. Corrisponde ad ogni interpretazione che si riferisce allo sfondo bianco
anziché al grigio o al colore. Le risposte dettaglio bianco sono spesso inserite in percezioni più ampie. In
questi casi la sigla Dbl deve aggiungersi a quella precedente globale o dettaglio.
Abbiamo adottato la siglatura francese Dbl in luogo di quella italiana Dbi, perché la più macroscopica
differenziazione grafica dalle Dd favorisce la rapidità dello spoglio.
Qualche esempio di Dbl, con possibili associazioni: Tav. II: «trottola» (grande dettaglio bianco centrale,
siglabile con Dbl pura). Tav. II: «ingresso di grotta contornato da rocce» (tutto il corpo maggiore della
macchia, comprensivo del dettaglio bianco, siglabile con GDbl). Tav. VII rovesciata: «testa di Napoleone
con cappello» (il grande dettaglio bianco centrale, siglabile con Dbl pura). Tav. IX:«chitarra con fori di
risonanza» (il grosso dettaglio centrale superiore con i due buchi, siglabile con D Dbl).
FFS - Fusione figura-sfondo. Si acquisisce quando il soggetto associa in una superficie continuativa e
omogenea, senza elementi di prospettiva, il bianco al grigio o al colore.
Questa siglatura deve considerarsi aggiuntiva e pertanto seguire quella preliminare
G Dbl o D Dbl.
Esempio: Tav. X: «lastra di marmo variegato» (tutta la superficie della tavola, comprensiva del colore e
del bianco, siglabile G Dbl FFS).
Do - Risposta dettaglio oligofrenico. Abbiamo accettato per uniformità questa denominazione originale
del Rorschach, sebbene le successive acquisizioni abbiano dimostrato che il Do si presenta con una certa
frequenza anche in soggetti senza insufficienza mentale. La Do si acquisisce in caso di interpretazione di
parti di macchie abitualmente percepite nell' assieme e per lo più viste come figure umane o animali. La
Do sancisce l'incapacità o il rifiuto di percezioni più vaste e coincidenti con la media statistica. Si può
registrare pertanto solo quando il paziente non fornisce, in precedenza o in seguito, una risposta più
vasta. Da ciò deriva la possibilità di siglare Do solo a tavola riconsegnata.
Esempi di Do: Tav. V: «profilo di uomo con baffi» (uno dei due bordi superiori laterali. Il soggetto non dà
altre interpretazioni). Tav. VIII: «muso di topo» (parte superiore di una delle due macchie animaliformi
laterali, viste abitualmente nell'assieme. Il soggetto non dà altre interpretazioni per questa macchia
laterale).
Modo di comprensione.
Rapporto quantitativo fra le varie risposte di localizzazione presenti in tutto il protocollo. Per orientare il
lettore, diamo una tabella indicativa delle incidenze medie, rilevate in 500 soggetti normali, residenti a
Milano e provincia. Questi valori si differenziano alquanto, se pure non clamorosamente, dalle più
comuni statistiche internazionali. Abbiamo ritenuto doveroso rifarci al criterio sperimentale diretto,
presumendo d'altra parte che gli psicologi italiani operino su un materiale umano in linea di massima
simile al nostro.
G + G + DG = 20-40%

D + Dd = 60-80%

Dd = 0-10% (del totale D + Dd)


Dbl = 0-3%
Do = 0%

La percentuale di G è stata calcolata includendovi tutte le globali, comprese le G + G e le DG. Osserviamo


inoltre che il bambino più piccolo offre in media un'incidenza di globali ancora maggiore. L'aumento delle
G non segnala necessariamente una situazione patologica, ma una «diversità» talora anche positiva
(vedasi il capitolo sull'interpretazione). Analogamente alle G, anche la percentuale delle D e stata
calcolata includendo le Dd. Il calcolo dell'incidenza percentuale delle Dd si ottiene valutando il loro
numero in rapporto al totale di D + Dd. Se l'eccessiva tendenza all'iperdettaglio indirizza verso la
patologia, le Do inducono quasi sempre una presunzione di abnormità.
Successione.
È l'ordine in cui il soggetto presenta le varie risposte di localizzazione. La successione deve essere
osservata in ogni tavola e quindi confrontata con quella delle altre. Ecco un elenco dei tipi di successione
che si possono presentare nelle singole tavole:
1) Naturale o deduttiva G - G - D - Dd.
2) Disordinata: con alternanze senza uno schema. (Esempio: G - Dd - G - D, ecc.).
3) Rovesciata: Dd - D - G - G.
Il raffronto delle successioni nelle varie tavole ci offre le seguenti possibilità di
rilevazione:
a - Ordinata: in cui la dedttttiva prevale, ma presenta qualche eccezione.
b - Rigida: in cui la deduttiva è costante in tutte le tavole.
c - Disordinata prevalente.
d - Disordinata costante.
e - Rovesciata prevalente (molto rara).
f - Rovesciata costante (molto rara).
Determinanti.
Rappresentano i fattori percettivo-interpretativi che determinano la risposta e sono così classificabili :
F+ Risposte forma positive. Sono determinate esclusivamente dalla forma, ossia dal contorno delle
macchie che si staglia sul bianco di sfondo. Sono inoltre obiettive, corrispondono cioè attendibilmente a
quanto la macchia propone.
Si deve tener presente che il materiale del Rorschach è costituito da macchie fortuite e quindi il concetto
di obiettività deve essere inteso in modo assai elastico.
Fra le F+ si includono valutazioni percettive che presentano una marcata somiglianza con l'immagine
evocata ed altre un poco più distanti da questa, che comunque le può suggerire con un'incidenza
statistica anche notevole. Per quanto ci riguarda, siamo estremamente larghi nella concessione delle F +
e non condividiamo, in particolare per l'età evolutiva, una severità di giudizio che finisce per distorcere
negativamente la valutazione intellettuale soprattutto dei soggetti intuitivo-creativi.
La siglatura «forma» deve essere sempre unica come determinante e non può quindi associarsi alle altre.
È d'altra parte intuibile che ogni qualità di risposta ha almeno una certa implicazione di forma, che, se
dovesse essere registrata,estenderebbe praticamente la siglatura F a tutte le interpretazioni.
Esempi di F +: Tav. I: «ossa del bacino» (tutta la macchia). Tav. V: «pipistrello»(tutta la macchia). Tav. VI:
«totem» (dettaglio grande centrale superiore). Tav. VII:«coniglietti» (i due grossi dettagli laterali
superiori. Qui l'obiettività non è perfetta,ma largamente sostenuta dalla frequenza).
F+ - Risposte forma percettivamente dubbie. Questa siglatura dovrà avere carattere di eccezionalità. Un
caso tipico è quello delle risposte imprecise, in cui ad esempio il soggetto si riferisce genericamente ad un
animale, senza precisare a quale.
F- - Risposte forma percettivamente non obiettive. Come abbiamo già detto,siamo propensi a siglare F -
con estrema prudenza, quando cioè le parole del paziente non riescono in alcun modo ad evocare il
riconoscimento dell'immagine.
Esempi: Tav. II: «stivali» (piccolo dettaglio laterale inferiore). Tav. VIII: «pesce,senza i colori» (tutta la
macchia). Tav. IV: «faccia» (tutta la macchia).
M - Risposte movimento animato. Consigliamo questa siglatura per ogni interpretazione di figure umane
od animali con implicazioni di movimento o di posizione plasticamente intesa. Il nostro orientamento si
differenzia qui sia da quello originario sia da quello più correntemente seguito. Riteniamo quindi
doveroso motivarlo in modo esauriente.
Il Rorschach considerava risposte movimento umano (o kinestesie) tutte le immagini evocate di esseri
umani o animali, viste mentre effettuavano un movimento antropomorfo, possibile cioè anche per
l'uomo e tale da suscitare un fenomeno di «compartecipazione» emotiva nel soggetto. La Loosli Usteri ed
altri Autori hanno esteso la sigla alle risposte «posizione», nelle quali, malgrado l'immobilità, l'essere
interpretato lascia presumere una certa plasticità o tensione muscolare.
La maggior parte degli psicologi differenzia oggi il movimento di tipo umano, anche se compiuto da
animali, da quello propriamente animale (siglando abitualmente FM). A noi la distinzione fra movimento
umano e antropomorfo da un lato e animale dall'altro è sembrata artificiosa e tanto legata alla
soggettività dell' operatore da risultare spesso inattendibile. La tensione muscolare della corsa o il
rilasciamento di una posizione di riposo, lo spostamento di una parte del corpo o un'espressione
mimica richiedono a nostro parere, per essere avvertiti dal soggetto, il medesimo processo percettivo,
intellettuale ed emotivo, tanto quando si riferiscono ad un essere umano come quando si riferiscono ad
un animale.
I soggetti in età evolutiva sono poi particolarmente proiettati verso il mondo animale, con cui si
identificano con facilità, anche per l'apporto conoscitivo ed educativo ricevuto secondo la tradizione
comune. Tale presupposto è stato largamente suffragato dai dati della nostra ricerca. L'esclusione del
movimento animale dal tipo di risonanza intima (vedasi più avanti il paragrafo relativo) induce
secondo la nostra statistica tante false diagnosi di extratensione, specie nel bambino e nell'adolescente,
da dover essere respinta.
Proponiamo pertanto la sigla M per tutte le risposte che si riferiscono ad uomini, ad animali o ad esseri
fantastici a questi assimilabili, visti mentre effettuano movimenti o assumono posizioni, cui può essere
attribuito un certo rilievo nell'economia dell' interpretazione.
Esempi: Tav. II: «due cani giocolieri mentre reggono un birillo» (corpo maggiore della macchia). Tav. III:
«due uomini che si inchinano» (tutto il grigio). Tav. IV: «il gatto con gli stivali seduto su un paracarro»
(tutta la macchia). Tav. VIII: «muso di cane che arriccia il naso» (dettaglio centrale inferiore).
FC - Risposte forma-colore. Sono interpretazioni determinate percettivamente in linea preliminare dalla
forma e in subordine dal colore. Nonostante ciò si classificano fra le risposte colore, di cui sono una
modalità, poiché la forma, per essere siglata tale, deve essere pura. Per facilitare il riconoscimento delle
FC,notiamo che generalmente in esse la forma è molto ben strutturata in precise figurazioni.
Aggiungiamo che la semplice citazione di un colore come fattore di riconoscimento della parte
interpretata non è sufficiente per la siglatura FC. Così,quando un soggetto dice alla Tav. VIII «questi due
rosa mi sembrano topi»,acquisiamo una F + e non una FC.
Esempi di FC: Tav. III: «farfalla» (rosso centrale). Tav. III: «cravattino» (medesimo dettaglio). Tav. IX:
«feto o neonato» (rosa inferiore). Tav. X: «cavallette» (dettagli verdi laterali superiori).
CF - Risposte colore-forma. Sono determinate in prevalenza dal colore e in subordine dalla forma, che
abitualmente è alquanto imprecisa e mal figurata. Come eccezione, ci sembra corretto siglare CF anche
quando la forma è nitida, ma il soggetto sottolinea emotivamente la componente cromatica o quando vi
sono implicazioni calde tipo fuoco o sangue assieme alla strutturazione precisa.
Ecco ora qualche esempio di CF: Tav. II: «lingue di fuoco» (rossi superiori). Tav. VIII: «un minerale con dei
bei riflessi» (macchia centrale inferiore). Tav. IX:«fontana luminosa» (tutta la macchia).
C - Risposte colore puro. Sono determiniate in larghissima prevalenza dal colore: non ci spingiamo come
molti autori a dire «esclusivamente o », poiché è possibile avvertire almeno una parziale implicazione di
forma praticamente in ogni risposta. Appartengono a questa categoria quasi tutte le interpretazioni
«fuoco» o «sangue», purché non accompagnate da una descrizione di strutture (come nelle
lingue di fuoco già citate fra le CF). Anche le immagini di «cielo» o di «prati verdi» o di sostanze colorate
senza descrizioni figurative sono da siglarsi C.
Per quanto riguarda il dibattuto problema del bianco e del grigio intesi come colore,abbiamo deciso di
assumere una posizione differenziata. Inseriamo così ogni risposta fondata sul grigio fra il chiaroscuro,
poiché ne possiede tutte le caratteristiche e poiché questo colore ha una sua tonalità cupa o sfumata che
lo diversifica dagli altri. Per il bianco dobbiamo ammettere che non esiste una siglatura veramente
rigorosa. Esso ci sembra comunque più vicino sul piano cromatico agli altri colori che al grigio. Lo sigliamo
pertanto C o CF o FC secondo l'incidenza delle figurazioni cui si associa.
Esempi: Tav. III: «questo mi sembra sangue» (le tre macchie rosse). Tav. II:«incendio» (rosso inferiore).
Tav. II: «ghiacciaio» (bianco centrale: da siglarsi CF se visto fra le montagne laterali e associato quindi al
chiaroscuro, da siglarsi C se visto da solo).
Den. Col. - Denominazione colore. Si acquisisce quando il soggetto nomina uno o più colori senza inserirli
in un'interpretazione, dicendo ad esempio «questo è rosso»,«questo è verde», ecc. La denominazione
colore, appunto perché non interpretativa,non deve essere conteggiata fra le risposte, ma aggiunta come
notazione.
CHS - Risposte chiaro scuro semplice. Sono determinate dal confronto delle diverse tonalità di grigio sulla
superficie della macchia, senza altre implicazioni. Anche per quanto concerne il chiaroscuro non abbiamo
ritenuto di accogliere le multiformi suddivisioni proposte dai vari autori e le abbiamo assimilate e
semplificate, riducendole a tre. Così la distinzione fra chiaroscuro diffuso e dettagliato registra, a nostro
parere, lo stesso fenomeno percettivo, segnalando solo differenze di localizzazione nell'ambito della
stessa determinante. Le altre due sottocategorie saranno illustrate di seguito.
Diamo ora qualche esempio di chiaroscuro semplice: Tav. I: «Il seno di una donna»(dettaglio grigio con
un punto scuro nel corpo laterale delle macchie). Tav. IV: «la torre Eiffel» (grigio più scuro allungato
centrale superiore). Tav. VII: «nuvole» (tutta la macchia).
CHST - Risposte chiaroscuro-tatto. Uniscono alle caratteristiche generali del chiaro scuro un'implicazione
pseudotattile, più spesso riferita ad immagini di pelliccia o tappeto. Abbiamo qui modificato le siglature
correnti (svariate), per coerenza con il chiaroscuro semplice e il contenuto tattile.
Esempi: Tav. IV: «pelliccia d'orso» (tutta la macchia). Tav. VI: «tappeto» (il corpo maggiore della
macchia). Tav. VII: «due morbidi animali di peluche» (i due grandi dettagli superiori laterali).
CHSP - Risposte chiaroscuro-prospettiva. Abbinano alle caratteristiche generali del chiaro scuro
un'implicazione di prospettiva o profondità. La percezione prospettica può riguardare diverse tonalità di
grigio o un dettaglio bianco contornato dal grigio.
È questa la sola modalità di risposta prospettiva da noi presa in considerazione,sebbene ne esistano altre,
unite ad esempio al colore o riguardanti il solo bianco. La sperimentazione ci ha infatti dimostrato che le
significazioni della prospettiva (di cui diremo nel capitolo sull'interpretazione) sono attendibili solo se
accompagnate dal chiaroscuro e puramente aleatorie negli altri casi.
Esempi: Tav. II: «ingresso di una grotta contornato da rocce» (il corpo maggiore della macchia con il
bianco incluso). Tav. VI: «una valle con un fiume fra due montagne» (centro della macchia).
m - Risposte movimento inanimato. Riguardano, percezioni di oggetti inanimati in movimento. Occorre
qui, contrariamente a quanto detto per il movimento animato, che il dinamismo sia in fase attiva. Si
esclude cioè ogni indicazione di spostamento già avvenuto o non ancora verificato si (ad esempio dei
sassi caduti o un missile che sta per partire).
Ecco alcune m abbastanza comuni: Tav. II: «reattore in volo» (bianco centrale e rosso inferiore). Tav. IX:
«fungo atomico» (a tavola rovesciata, il rosa divenuto superiore). Tav. X: «fuochi artificiali» (tutte le
macchie).
Siglature plurime nelle determinanti.
Quasi tutti gli autori, noi compresi, concordano nell'escludere l'abbinamento con altre determinanti delle
siglature forma, che dovranno essere perciò sempre pure.
Con questa sola eccezione, riteniamo legittima l'associazione di tutte le altre determinanti. La ricerca di
una ipotetica determinante che prevalga, sostenuta da alcuni studiosi, non ci convince, sia per la
soggettività poco attendibile della selezione, sia perché, a nostro parere, ogni fattore percettivo
dell'interpretazione può rivestire, anche se unito ad altri, un'importanza proiettiva spesso notevole.
Analizziamo ad esempio questa risposta globale, data alla Tav. IlI: «negri che danzano fra riflessi di
fuoco». La clamorosità proiettiva e non preferenziale tanto del movimento animato quanto del colore è
qui particolarmente evidente. Ogni esclusione avverrebbe a danno dell'obiettività.
Qualità della percezione nelle determinanti
Abbiamo adottato il criterio più diffuso di assegnare una valutazione percettiva,siglata con più (+), meno
(-) o più meno (+), solo alle risposte forma, omettendola per le altre determinanti. La forma rappresenta
infatti una presa di rapporto concreta con la realtà, mentre il movimento, il colore e il chiaroscuro sono
sostenuti da dinamismi emotivi e coincidono perciò con una contingente condizione psichica,
suscettibile di alterare una capacità basilare di percezione anche molto efficiente ed obiettiva.
Tipo di Risonanza Intima.
È costituito dal raffronto quantitativo fra le risposte movimento animato e colore, da noi sintetizzato
nello psicogramma con la sigla T.R.I.. Come si vedrà nel capitolo sull'interpretazione, rappresenta il fulcro
della psicodiagnosi per quanto riguarda le condizioni affettivo-emotive del paziente. Il rapporto deve
essere effettuato in base ai seguenti valori:
M = 1 punto.
C = 1 punto e mezzo.
CF = 1 punto.
FC = mezzo punto.
Ecco, per chiarire il conteggio, un esempio pratico. Se un soggetto dà, in tutto il protocollo, 5 risposte
movimento animato, due colore puro, una colore forma e due forma colore, gli si assegneranno 5 punti
per il movimento e 5 per il colore (3 per le C, 1 per la CF e 1 per le FC). Il suo T.R.I. sarà pertanto 5 : 5.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 2 - Sessione 2 – LA SIGLATURA – parte b
Contenuto.
Dopo la localizzazione e la determinante, è indispensabile indicare per ogni risposta anche il contenuto,
classificato in ampie categorie distinte da una sigla convenzionale. In questo settore gli orientamenti dei
diversi Autori coincidono maggiormente, fatta eccezione di alcune modeste variazioni e di qualche
aggiunta recente, legittimata dall'evolversi del substrato culturale. Per quanto ci riguarda,abbiamo
nuovamente rispettato l'indirizzo di ammettere solo le sottodivisioni apportatrici di attendibili indicazioni
proiettive.
Ecco l'elenco delle sigle da noi adottate, con i chiarimenti per applicarle e le motivazioni per alcune scelte
marginalmente innovatrici: A - Figura animale intera. Escludiamo da questa siglatura gli animali con
implicazioni antropomorfe (che classifichiamo fra le risposte umane) e quelli raffigurati in creazioni
artistiche o cartoni animati, inserendoli nelle rispettive categorie.

Dettaglio animale. Ogni parte di figura animale. Le


interpretazioni di un corpo animale quasi completo,
Ad
privo cioè di qualche piccola parte, ad esempio della
coda o di una zampa, devono essere siglate fra le A.

Figura umana intera. Comprendiamo nel gruppo, come


si è detto, anche le risposte umane antropomorfe,
senza differenziarle nella prima sigla, ma
aggiungendo il simbolo Fant (fantastica). Sigliamo con
H H anche le rappresentazioni
artistiche dell'uomo, integrandole con la dicitura Art.
Adottiamo infine la precisazione
integrativa «Acefala» per le raffigurazioni umane prive
di testa.

Hd - Dettaglio umano. Ogni parte visibile ed esterna del corpo umano, senza
implicazioni scientifico-anatomiche.

Aggr Aggressiva. Esprime in forma diretta o palesemente simbolica l'aggressività, la violenza, gli
strumenti per realizzarle o le forze traumatizzanti della natura. Le risposte sangue, fuoco, esplosione, pur
conteggiandosi fra le aggressive,meritano, per alcune loro implicazioni, una siglatura propria. Così pure le
risposte orrore e sadiche.
- Espl Esplosione. Tutte le risposte con contenuto di "scoppio": bombe che esplodono, vulcani che
eruttano, fuochi d'artificio, ecc.
- Fuoco Fuoco. Le risposte il cui contenuto riguarda le fiamme, il fuoco e gli incendi.
- Orr Orrore. Ogni immagine capace di indurre terrore, sia nell'ambito del concreto che del surreale.
- Sad Sadiche. Significa, con raccapriccio, disgusto o addirittura compiacimento,figurazioni sgradevoli di
violenza esplicata: ad esempio immagini di animali schiacciati o tormentati.
- Sangue Sangue. Ogni risposta che riguardi il sangue.

Anatomica. Ogni parte dell'organismo umano od


Anat animale cui possano essere attribuite implicazioni
anatomiche o scientifiche, incluse le radiografie.

Araldica. Include tutti gli stemmi e gli emblemi,


Arald
familiari o di città, nazioni, ecc.

Arch Architettonica. Ogni costruzione edificata dall'uomo.

Artistica. Ogni immagine riferibile alle arti (pittura,


Art
scultura, musica, ecc.).

Astratta. Ogni interpretazione che si distacchi dal


concreto per varie motivazioni: formulazione
puramente intellettuale di concetti astratti, filosofici
o
Astr
matematici. Fanno parte del gruppo delle Astratte le
risposte a contenuto simbolico,
che meritano però una siglatura a parte (vedasi più
avanti la sigla Simb).

Botanica. Ogni immagine inseribile nel regno


Bot
vegetale.

Cart. An. Cartoni animati. I personaggi del cinema d'animazione o dei fumetti. Si tratta di un'aggiunta
legittimata dal costume e, come vedremo, dall'importanza psicodiagnostica.
Conf Confabulata. Contiene elaborazioni narrative di azioni o auto riferimenti che vanno oltre il
chiarimento della percezione. Non deve essere confusa con le globali confabulatorie (DG), per la cui
denominazione, pur accolta, abbiamo già espresso la nostra perplessità. Qui infatti siamo di fronte a una
vera confabulazione espressa nel contenuto e non a una speciale modalità dell'associazione.

Contaminata. Sovrapposizione o miscuglio illogico di


Cont
immagini diverse.

Culturale. Comprende tutte le risposte ispirate in


Cult
senso lato alla cultura umanistica.
Depressiva. Ogni risposta in cui è possibile rilevare un
Depr
sottofondo depressivo o malinconico.

Euforica. Le risposte in cui è rilevabile un sottofondo


Euf
di entusiasmo esagerato o pseudo-maniacale.

Etnologica. Le immagini riferibili all'etnologia e


Etn all'antropologia meritano una propria siglatura perché
obiettivamente rivolte all'uomo.

Fantastica. Appartiene al regno della fantasia o della


Fant favola o del mito, ma senza implicazioni di orrore o
sadismo.

Gastronomica. Evoca immagini connesse


all'alimentazione. È un' aggiunta legittima alla
Gastr siglatura tradizionale, per il suo sottofondo
psicologico
talora significativo.

Geografica. In questa categoria si devono inserire solo


le interpretazioni di regioni, continenti, isole
Geo visualizzati su una cartina geografica, escludendone i
paesaggi direttamente osservati.

Maschera Tutte le interpretazioni che si riferiscono alle maschere come


copertura della faccia, o finti volti umani, o musi animali, non i travestimenti che
ricoprono l'intera persona, quali le maschere regionali (Pulcinella, Arlecchino,
Colombina, ecc.), che devono più correttamente essere inserite fra le risposte
Vestito.
Nat Naturale. Tutte le immagini che si riferiscono alla natura (rocce, minerali,
ecc.), con esclusione delle interpretazioni riguardanti il mondo vegetale, che ha la
propria siglatura Bot.
Nuvole Comprende tutte le risposte che evocano immagini di nuvole o fumo.

Ogg.
Oggetto. Ogni interpretazione di oggetti non inseribili nelle
categorie già elencate.

Paesaggio. Si includono nel gruppo tutte le ambientazioni


Paes all'aperto di un certo respiro, comprendendo anche i panorami
visti da aerei od elicotteri.

Pelle. Includiamo nel gruppo le immagini di pelli, pellicce o


tappeti, per l'identità delle significazioni. Se la pelliccia è rilevata
Pelle
assieme ad una figura animale
vista nella sua integrità, è preferibile la sigla A.
Religiosa. Vi si inserisce ogni interpretazione collegata, in modo
Rel
diretto o chiaramente simbolico, alla religione.

Scient Scientifica. Comprende ogni immagine riferibile alle scienze, con esclusione dell'anatomia e della
tecnologia, per cui esistono apposite sigle (Ten e Anat).
Sex Sessuale. Includiamo nella categoria sia, ovviamente, gli organi genitali,sia le parti del corpo
palesemente erogene (ad esempio il seno femminile o la regione anale), sia le scene od azioni con
riferimenti erotici od amorosi. Se queste ultime contengono figure umane intere, associamo H e Sex.
Siamo invece estremamente prudenti nell' ammettere i simbolismi sessuali psicoanalitici, che, a
nostro parere, devono trovare conferma nell' esposizione o in qualche aspetto dinamico
comportamentale del soggetto (imbarazzo, allusività, ecc.). Vale per noi anche qui il criterio cautelativo
contro le interpretazioni arbitrarie, senz'altro più nocive all'obiettività della psicodiagnosi di
un'omissione.
Simb Simbolica. Si applica quando nella risposta si attribuisce all'immagine un ruolo simbolico oppure la
significazione di qualità affettivo-emotive o spirituali. Fanno parte del gruppo delle astratte (Astr).
Stereot Stereotipia. Ripete contenuti già comparsi in una precedente interpretazione. Precisiamo che si
deve trattare di una ripetizione della medesima immagine e non di un' analogia di gruppo nel contenuto,
che può configurare al massimo il così detto « amore per un tema )}, da aggiungersi come notazione al
termine del protocollo. Così ad esempio, in campo anatomico, le risposte esofago e stomaco non sono da
considerarsi stereotipe. La macchia in cui si presenta la ripetizione, inoltre, non deve suscitare la risposta
in esame come scontata banalità,perché si possa correttamente siglare una stereotipia. Così la risposta
«pipistrello» alla Tav. V, che si presenta con grande frequenza, non può essere considerata
stereotipa anche se già apparsa in una precedente interpretazione. È quindi importante ricordare che,
per essere siglato come stereotipia, il contenuto reiterato non deve appartenere all'elenco delle banali
(Ban, vedasi più avanti il paragrafo relativo).
Tecn Tecnologica. Vi si inquadrano tutte le risposte su temi ispirati alla tecnologia, alla meccanica, ecc.
Vestito Rientrano in questa categoria tutti i tipi di indumenti compresi i copricapo e i cappelli, una volta
esclusi. Si siglano Vestito anche i contenuti baffi, barba e acconciature.
Siglature plurime di contenuto.
In linea di principio è ammissibile, senza limitazioni, l'associazione di tutti i contenuti presenti in una
risposta. Come pratica corrente, ci sembra però più agile omettere la siglatura dei contenuti di scarso
rilievo nell'economia di un'interpretazione. Così, alla Tav. IlI, per la risposta «due uomini che reggono
qualcosa», ci pare sufficiente la registrazione del contenuto umano.
Frequenza.
L'eventuale rilievo della frequenza conclude le siglature da registrarsi per ogni risposta. Come abbiamo
detto, si siglano solo le frequenze massime e minime,omettendo la notazione delle medie, con i seguenti
simboli :Ban Banale. Risposta data, per la macchia o parte di macchia cui si riferisce,da almeno un
soggetto normale su sei.
Elenco delle banali in base alla nostra statistica:
Tav. I. Tutte le interpretazioni globali di pipistrelli, farfalle, insetti od uccelli.
Tav. II. Cani, orsi, elefanti o comunque grossi animali, visti nel corpo maggiore scuro della macchia. La
classica risposta « pagliacci» (globale) non ha raggiunto per noi frequenze sufficienti per includerla fra le
banali.
Tav. IlI. Figure umane di vario tipo (globale incompleta per tutto il grigio). Farfalla (rosso centrale).
Cravattina o fiocco (rosso centrale).
Tav. IV. Pelle o pelliccia o grosso animale peloso (globale, eventualmente incompleta). Essere gigantesco
o mostruoso, umano, animale o antropomorfo (globale, eventualmente incompleta).
Tav. V. Pipistrello o farfalla o grande uccello (globale).
Tav. VI. Pelle o pelliccia o tappeto (globale, eventualmente incompleta). Muso di
gatto (dettaglio superiore, su cui talora è costruita una globale).
Tav. VII. Teste di donne o di indiani (dettagli superiori). Coniglietti o cagnolini (dettagli superiori).
Tav. VIII. Figure di animali quadrupedi (grandi dettagli rosa laterali. Sono abbastanza frequenti
interpretazioni più estese, sino alle globali, in cui gli animali sono visti salire rocce o piante. Anche qui è
legittima la siglatura Ban).
Tav. IX. Per questa tavola non abbiamo acquisito banali.
Tav. X. Ragni o granchi (azzurri laterali superiori). Bruchi, vermi, cavallucci marini (verdi inferiori centrali).
Varie figure di animali comuni (soprattutto insetti, leoni, camosci, cavalli, ecc.) per le piccole macchie
gialle, verdi, marroni e le grigie superiori.
Testa di coniglio (dettaglio con due prolungamenti allungati fra i due verdi inferiori).
O+ - Originale positiva. Si siglano così le risposte particolarmente rare, la cui valutazione presenta
difficoltà e problemi, che ora cercheremo di chiarire. La positività implica ovviamente una percezione
sufficientemente obiettiva. Il Rorschach considerava originale ogni risposta data da non più di un
soggetto su cento per la macchia in esame e la maggior parte degli autori si attiene a questo criterio. Noi
sigliamo le originali con più larghezza, poiché riteniamo già notevolmente indicative,per la creatività,
l'immaginazione e l'anticonformismo, soprattutto nell'età evolutiva,le risposte offerte da un soggetto su
cinquanta. Consideriamo inoltre un indispensabile elemento di valutazione anche il livello socio-culturale
e scolastico di chi si esamina. Deve infatti ritenersi originale una risposta che si differenzi per
contenuto dalle interpretazioni offerte in media da altri individui assimila bili al soggetto per ambiente e
cultura.
Non è naturalmente possibile redigere elenchi di originali, poiché se ne acquisiscono continuamente di
nuove. Il giudizio è quindi affidato a una certa soggettività dell'esaminatore. La duttilità è d'altra parte
una dote richiesta ad ogni psicologo, le cui diagnosi devono a volte prescindere da metodologie
rigidamente codificate.

Originale dubbia. Questa siglatura deve essere


effettuata solo in occasioni estreme, quando si rileva
O+ l'originalità della risposta, ma non si è certi né della
sua
correttezza percettiva, né della sua non obiettività.

Originale negativa. Si includono in questa categoria le


risposte rare, valutate con i criteri esposti per le O+, il
O-
cui contenuto sia palesemente privo di
obiettività percettiva.
Fenomeni particolari.
Prenderemo ora in considerazione alcuni fenomeni che non possono essere compresi né ovviamente
siglati fra le risposte, ma che rivestono un'importanza spesso notevole per l'obiettività' e la completezza
della psicodiagnosi. È doveroso quindi registrarli nel protocollo e tenerne conto nella valutazione
complessiva,secondo i criteri che esporremo nel capitolo sull'interpretazione.
Shock colore.
Racchiudiamo sotto questa denominazione ogni reazione eccessiva dell'esaminato,che si manifesta
quando gli si presenti una tavola colorata. Lo shock prende corpo abitualmente con una di queste
modalità:1) Esclamazioni o commenti con caratteristiche di emotività. Si tratta di solito di
espressioni di avversione, disagio, timore, perplessità o al contrario di particolare gradimento o
apprezzamento estetico. Perché si possa acquisire lo shock, occorre naturalmente che il soggetto
manifesti questa reazione solo di fronte ad alcune tavole o addirittura ad una sola: la tendenza generale
a iper-reagire deve essere certo registrata, ma non può essere classificata come shock.
2) Variazioni della mimica e del comportamento, sempre a carattere iper-emotivo e riservate ad una o
poche tavole.
3) Aumento selettivo del tempo di reazione, che intercorre tra la presentazione della tavola e la
comparsa della prima risposta.
4) Rifiuto o tendenza al rifiuto, da registrarsi come shock anche quando il paziente,spontaneamente o su
incoraggiamento dell'esaminatore, abbandona l'astensionismo e comincia ad interpretare.
5) Peggioramento qualitativo delle prestazioni, caratterizzato ad esempio dalla comparsa di cattive
percezioni altrove assenti.
6) Miglioramento sempre selettivo della qualità delle risposte e soprattutto comparsa di originali positive
in contrasto con un'interpretazione altrove povera e piatta.
Da quanto abbiamo esposto, è facile comprendere come in parecchi casi sia possibile differenziare con
chiarezza se lo shock è positivo o negativo, caratterizzato cioè da ipergradimento od opposizione, il che
deve essere registrato. In molte occasioni però la positività o negatività della reazione non si prospettano
in modo obiettivamente avvertibile. È meglio allora astenersi da induzioni non provate e limitarsi alla
segnalazione generica dello shock.
Pure la distinzione specifica di uno shock al rosso, adottata da molti Autori, ci lascia perplessi. Se infatti è
certo che ogni shock alle tavole II e III sia determinato dal rosso, essendo questo il solo colore qui
associato al grigio, non si può escludere che una reazione alle successive tavole policromatiche sia ancora
sollecitata proprio da qualche dettaglio rosso. Preferiamo pertanto impiegare sempre la denominazione
«shock colore», aggiungendo costantemente nello psicogramma il numero della tavola o delle tavole che
hanno indotto il fenomeno. Lo specifico significato dello shock ad alcune tavole arricchisce così la
segnalazione generica, evitando d'altra parte illazioni non provate.
Anche in questo settore abbiamo ristretto la segnalazione dei dinamismi di shock a quelli confermati
come validità dalla nostra statistica.
Shock al grigio.
Comprende le reazioni di shock, secondo le modalità già esaminate, che si manifestano di fronte alle
tavole scure. Abbiamo preferito evitare la denominazione « shock chiaroscuro », poiché gli stimoli
all'iper-reazione sono certo alcune volte da ricercarsi nel chiaroscuro, ma possono anche derivare da
particolari figurazioni di contorno, senza che l'una o l'altra origine siano differenziabili con sicurezza.
Critiche.
Sigliamo come critiche tutte le osservazioni ed i commenti avanzati dal soggetto e
non inseribili propriamente fra le risposte. È sempre consigliabile precisare il contenuto delle critiche e,
quando occorra, anche la dinamica emotiva che le accompagna. Ad esempio: critica sulla simmetria o
sull'imperfetta simmetria; sulle caratteristiche rasserenanti o invece oppressive di una tavola; critica
minuziosa,polemica, timorosa, ecc. Un valore psicodiagnostico speciale rivestono, come vedremo, le
autocritiche, eventualmente accompagnate da richiesta di aiuto o di conferma.
Reazioni al contenuto palese o simbolico delle macchie.
Ogni manifestazione di shock può essere, per la verità, determinata in modo occulto dal contenuto,
anche simbolico, di una macchia. Se ciò non appare in modo palese,preferiamo evitare illazioni
teoricamente impostate e quasi sempre tanto soggettive da pregiudicare l'obiettività della psicodiagnosi.
In tali casi, ci limitiamo a registrare lo shock. Se invece, il che accade piuttosto raramente, il paziente
precisa di sua iniziativa il motivo della sua reazione, aggiungiamo le sue parole o una loro sintesi.
Ad esempio: «Questo dettaglio mi fa paura o m'imbarazza», ecc. Osservazione dinamica del
comportamento durante la prova.
Se l'atteggiamento del soggetto verso il test non presenta modalità che si distanzino dallo standard o
comunque degne di nota, non occorre registrarne le caratteristiche.
Se per contro la sua dinamica comportamentale assume caratteristiche meritevoli di segnalazione, le
aggiungiamo come osservazioni al termine dello psicogramma. Ad esempio: approccio al reattivo
particolarmente timoroso, ostile, negativista o invece sostenuto dall'entusiasmo o esibizionista; o
ancora, specie per i bambini: note di instabilità attentiva o psicomotoria, ecc.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 2 - Sessione 3 – LA SIGLATURA – parte c
Contenuto.
Dopo la localizzazione e la determinante, è indispensabile indicare per ogni risposta anche il contenuto,
classificato in ampie categorie distinte da una sigla convenzionale. In questo settore gli orientamenti dei
diversi Autori coincidono maggiormente, fatta eccezione di alcune modeste variazioni e di qualche
aggiunta recente, legittimata dall'evolversi del substrato culturale. Per quanto ci riguarda, abbiamo
nuovamente rispettato l'indirizzo di ammettere solo le sottodivisioni apportatrici di attendibili indicazioni
proiettive.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 2 - Sessione 4 – LA SIGLATURA – parte d
TABELLE PER LA LOCALIZZAZIONE
Premessa
Nelle prossime tabelle riassuntive esemplificheremo le parti minime di macchia siglabili come dettaglio
grande (D). Le eventuali interpretazioni più estese, e comprensive di quelle indicate, sono anch'esse da
siglarsi come D, purché non raggiungano i 4/5 dell'intera immagine, nel qual caso sarebbero da registrarsi
come globali incomplete (O-). Sono invece da siglarsi come dettaglio piccolo (Dd) le interpretazioni sia di
parti delle zone indicate nelle tabelle, sia di zone escluse, anche se ampie.
1 - Le quattro sporgenze supero-laterali (due per lato).
2 - La parte centrale superiore, comprensiva delle quattro piccole sporgenze (le
loro interpretazioni parziali sono invece Dd).
3 - Almeno i 2/3 del corpo centrale della macchia.

1 - I due dettagli rossi superiori, anche se interpretati singolarmente.


2 - Le due "teste" superiori del corpo principale della macchia.
3 - La punta centrale superiore del corpo della macchia.
4 - La parte rossa inferiore interpretata nella sua totalità

1 - I due dettagli rossi laterali superiori, anche se interpretati singolarmente.


2 - Il dettaglio rosso centrale.
3 - La due "teste" delle figure grigie antropomorfe, anche se interpretate singolarmente.
4 - Le due "gambe" delle grandi figure grigie antropomorfe, anche se interpretate singolarmente.
5 - Tutta la parte mediana grigia inferiore.
1 - La sporgenza superiore ("testa"), nel suo insieme.
2 - Le due sporgenze laterali serpentiformi, anche se interpretate singolarmente.
3 - I due grandi "piedi laterali" inferiori, anche se interpretati singolarmente.
4 - La parte centrale allungata, di un grigio più intenso.
5 - Tutta la sporgenza centrale inferiore.

1 - La sporgenza mediana superiore a guisa di testa e orecchie.


2 - La sporgenza mediana inferiore a foggia di zampe.
3 - Le due sporgenze esterne laterali, figurate a "muso di coccodrillo", anche se
interpretate singolarmente.
4 - Ciascuna delle due grandi ali, anche se private di qualche particolare, ma solo se
interpretate singolarmente (la loro interpretazione congiunta deve essere siglata
come G).

1 - Il prolungamento mediano superiore e le seguenti due sue parti:


a - punta o muso,
b - corpo e ali.
2 - La striscia centrale più scura, interpretata con un'estensione non inferiore alla metà della sua
lunghezza.
3 - Le due estreme propaggini turriformi laterali, anche se interpretate singolarmente.
4 - Ciascuna delle due grandi ali del corpo, solo se interpretate singolarmente (assieme sarebbero una G)
e anche se private di qualche particolare.

1 - Le due "teste" supero-laterali, anche se interpretate singolarmente.


2 - I due corpi centro-laterali, anche se interpretati singolarmente.
3 - La macchia inferiore centrale a forma di farfalla, se interpretata nel suo insieme, sia pure con
l'esclusione di qualche dettaglio.

1 - Le due macchie animaliformi rosa laterali.


2 - Ciascuna delle tre grandi macchie in cui può essere suddiviso il corpo centrale.
3 - La parte allungata mediana con le sue ramificazioni, posta fra la prima e la seconda macchia, partendo
dall'alto.

1 - Le due figurazioni rosso arancio poste in alto, anche se limitate alla loro metà superiore e interpretate
singolarmente.
2 - La grande macchia verde centrale, anche se interpretata solo in una delle due metà laterali.
3 - La striscia allungata mediana, purché interpretata con un'estensione di almeno 2/3.
4 - Il rosa inferiore intero.
5 - Le due "teste" laterali del rosa inferiore, anche se interpretate singolarmente.
1 - Ognuna delle macchie piccole e grandi raffigurate in questa tavola, se interpretata per intero, deve
essere siglata come D.
2 - Le seguenti parti di macchie sono anch'esse da siglarsi come D:
a - la parte allungata a guisa di bastone del grigio mediano superiore:
b - i due "animali" che sembrano sorreggere il precedente dettaglio:
c - le due macchie verdi vermiformi centrali inferiori;
d - il particolare più chiaro a forma di "testa di coniglio", posto fra le due macchie precedenti.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 3 - Sessione 1 – L'INTERPRETAZIONE – parte a
Generalità.
È nostra opinione che il reattivo del Rorschach, come abbiamo già rilevato nell'introduzione, sia oggi il
test più valido per la psicodiagnosi della personalità e delle sue deviazioni, purché non lo si impieghi in
modo esclusivista ed acritico, ma lo si inserisca in un' ampia valutazione di elementi anamnestici, clinici,
obiettivi ed intuitivi, tratti anche da colloqui liberi ed eventualmente da altre prove. È doveroso quindi
utilizzarlo come strumento per chiarire ed approfondire i dati più completi che sia stato possibile
acquisire su un individuo, evitando di attribuirgli il ruolo rigido di una reazione chimica o peggio ancora
quello stupefacente ed esibizionista di un gioco illusionistico. Ciò premesso, esporremo ora le
significazioni più attendibili, confermate dalla nostra ricerca, dei vari elementi siglati. Ognuno di questi ha
un valore estremamente duttile, essendo destinato a confluire con altri dati ed a comporre un vero e
proprio mosaico psicodiagnostico, in cui ciascun segno modifica il suo linguaggio secondo le diverse,
possibili confluenze.

LOCALIZZAZIONE
Risposte globali. Sul piano percettivo e intellettuale, le G esprimono tendenza o capacità o bisogno
indirizzati verso l'associazione e la sintesi. Tutto ciò assume ovviamente un valore assai diverso secondo
la qualità della percezione. Se le risposte sono obiettive e in larga misura dotate di originalità, ne emerge
la significazione di un'intelligenza di tipo intuitivo-sintetico e nel contempo ricca d'immaginazione, di
creatività, di spirito artistico. Se le percezioni sono sempre rigorose ma piuttosto banali e povere di
originalità, ne risultano potenzialità intellettuali ancora efficienti, ma caratterizzate in vario grado da un
semplicismo sintetico. Se infine le risposte sono spesso poco obiettive, ne affiora di nuovo un
semplicismo intellettuale, privo però di reale efficienza e quindi in diversa misura, secondo gli altri segni,
rivelatore di un deficit. Sul piano affettivo-emotivo, le globali si propongono come indice di tendenza all'
entusiasmo, all'euforia ed anche di ambizione e di capacità di affrontare globalmente le situazioni. Il
valore reale di questi dati deriva pure dalla qualità delle risposte e si attenua quanto più queste sono
percettivamente e creativamente negative, sino ad annullarsi nelle vere carenze.
I significati che abbiamo illustrato corrispondono a doti e condizioni esistenti in una certa misura si può
dire in ogni individuo. Il valore della psicodiagnosi è quindi legato alla percentuale in cui si presentano le
globali. Per quanto riguarda la diagnosi dell'intelligenza, aggiungiamo che, come diremo meglio parlando
del modo di comprensione, particolari condizioni emotive, ad esempio la depressione o l'ansia, possono
incidere negativamente sulla capacità contingente di produrre G. In tali casi non si potrà perciò assegnare
un'indicazione intellettuale necessariamente negativa alla carenza di globali.

Risposte globali incomplete


Sul piano intellettuale e percettivo, l'esclusione di una parte minore della macchia vale come
attenuazione del processo associativo-sintetico. Ciò può derivare da una tendenza all'analisi, che si
propone di caso in caso come impronta intellettuale positiva o invece eccessiva. Altre volte è l'insicurezza
nell'associazione che induce l'esaminato ad attenuarne la portata. In linea di massima una percentuale di
O- superiore al 25% delle G è già da considerarsi come negativa, segnalando un desiderio di associare che
si scontra con la sfiducia o con l'incapacità o una delle situazioni emozionali che ora descriveremo.
L'eccesso di globali incomplete si presenta anche quando esiste un blocco affettivo-emotivo, rivelatore di
un'insicurezza non solo intellettuale, ma estesa verso l' approfondimento dei rapporti interpersonali e
verso la capacità di affrontare con efficienza le situazioni. La comparsa delle O- segnala infine a volte
inibizioni specifiche verso qualche dettaglio di una o più macchie, cui può essere attribuito un significato
profondo. Raccomandiamo una grande prudenza nell'interpretazione di questi fenomeni, la cui
acquisizione e la cui analisi devono essere subordinate a una sufficiente conoscenza del paziente e del
suo vissuto. Non diamo credito alle spiegazioni specifiche prefigurate, che attribuiscono un determinato
valore conflittuale ad alcuni dettagli. Se il comportamento del soggetto sostiene in effetti l'ipotesi di un
blocco conflittuale, consigliamo solo di tener conto del dato, rinviando una sua eventuale interpretazione
specifica ad eventuali, successivi colloqui analitici.

Risposte globali confabulatorie.


La valutazione delle globali costruite su uno o più dettagli è assai difficile e deve essere rapportata sia alla
qualità specifica della risposta in esame, sia alla qualità generale della percezione e agli altri segni
rivelatori dell'intelligenza e della sicurezza. Le DG percettivamente valide, se molto limitate
percentualmente, possono rivelare una positiva tendenza ad allargare con l'associazione il respiro e la
costruzione del pensiero. Se però incidono sensibilmente nell'economia delle globali, anche se obiettive e
creative possono segnalare una carenza di critica e di rigore intellettuale. Le DG non obiettive si
propongono invece quasi sempre come segno intellettuale negativo, soprattutto di superficialità e
ipocriticità. Nel campo dell'affettività e dell'emotività, le globali confabulatorie mostrano talora la
tendenza a forzare le situazioni senza ben valutarle.

Risposte dettaglio grande o frequente.


Rappresentano una presa di rapporto percettiva e interpretativa con i settori delle macchie che, per le
loro dimensioni o per le loro caratteristiche, richiamano maggiormente l'attenzione nella media dei
soggetti. Trovare in essi un significato non richiede un processo associativo rilevante e neppure un' analisi
particolarmente minuziosa. Si comprende dunque come, sul piano intellettuale, le D lascino affiorare
un'aderenza agli aspetti concreti della realtà, una mentalità pratica e una capacità di discriminare le
percezioni visive nei loro aspetti più marcati. Le eventuali indicazioni delle D circa la tendenza all'analisi
dipendono ovviamente dalla loro percentuale: se numerose e obiettive significano infatti una
propensione analitica non spinta sino al perfezionismo; se eccessive e soprattutto se poco aderenti
all'obiettività dimostrano spesso una carenza nell'associazione e nella sintesi intuitiva. Sul piano
affettivo-emotivo, le risposte dettaglio grande delineano, secondo la loro incidenza, un'attenuazione
dell'entusiasmo anche immaginativo e dell'euforia presentati dalle globali, sino ad offrire, quando sono
eccessive, notazioni patologiche nel campo della depressione, dell'ansia, dell'indifferenza o del
negativismo. Si deve anche qui osservare che un aumento delle D legato a fattori essenzialmente emotivi
rende meno attendibili le significazioni intellettuali negative del fenomeno, per quanto riguarda ad
esempio la carenza di associazione.

Risposte dettaglio piccolo o raro.


Rappresentano una presa di rapporto sensoriale e interpretativa con i settori delle macchie che, per le
loro dimensioni irrilevanti o per il loro minor rilievo figurativo, destano in media una minor attenzione
nei soggetti. È già implicita in ciò una caratteristica differenziante che facilmente può spingersi sino
all'abnormità. Una percentuale di Dd superiore al 10% delle D + Dd è già da considerarsi in qualche modo
deviante. Le significazioni delle Dd nel campo dell'intelligenza dipendono largamente, oltre che dalla loro
incidenza, dalla qualità percettiva. Se obiettive e specie se anche creative, fanno affiorare una tendenza
alla minuziosità analitica e alla sottilizzazione, talvolta abbinata all'acume. Le eventuali carenze
associative possibili in questi soggetti sono ravvisabili in un difetto di globali, non sempre presente. Le Dd
mal percepite entrano invece di solito nella patologia intellettuale carenziale o talvolta psicotica. I
paranoidi ed anche alcuni epilettici sono distinti da una minuziosità che può trovare espressione nelle Dd.
Varie forme di sofferenza organica cerebrale sono caratterizzate nel Rorschach da un eccesso di dettaglio
piccolo. Sul piano affettivo-emotivo, le risposte dettaglio piccolo, in rapporto alla loro percentuale,
propongono spesso uno stato depressivo, contingente o di base, od anche condizioni di angoscia o di
coazione, ad esempio nelle nevrosi fobico-ossessive.

Risposte dettaglio bianco.


Rovesciano il normale schema percettivo-interpretativo, in quanto si rivolgono allo sfondo bianco
anziché al grigio o al colore comunemente presi in esame. Ciò giustifica dal punto di vista teorico la loro
significazione, confermata dalle statistiche, di una tendenza all'opposizione o alla contraddizione, rivolta
verso vari obiettivi. Il loro ruolo diagnostico è sempre presente, ma si accentua parallelamente
all'incidenza. Le Dbl pure denotano un'impronta oppositiva più marcata, ma anche quelle incluse
mantengono, a nostro parere, l'indicazione, accentuata o meno in relazione al numero. Sul piano
intellettuale, se associate ad altri segni positivi, delineano un sottofondo polemico espresso o represso,
di natura critica o apertamente aggressiva, secondo gli altri segni e soprattutto secondo il Tipo di
Risonanza Intima. Sono frequenti nel ragazzo superdotato poco adattabile e non giustamente apprezzato
nell'ambito della scuola. Se unite al quadro di una carenza intellettuale, che di solito è modesta, lasciano
affiorare la tendenza a reagire a questa inferiorità in modo aggressivo e persino talvolta dissociale.
Sul piano affettivo-emotivo, le Dbl inseriscono l'impronta oppositiva nei rapporti interpersonali e nel
modo di vivere le situazioni, con caratteristiche aperte o difese ancora secondo gli altri segni e
particolarmente il Tipo di Risonanza Intima. Negli introversi e negli inibiti, l'opposizione significata dalle
Dbl è spesso autolesiva o rivelatrice di intime contraddizioni. Una nostra ricerca su adolescenti dal
comportamento in vario grado dissociale ha dimostrato la presenza nello psicogramma di quasi tutti
questi soggetti di una percentuale notevole di risposte dettaglio bianco. Ciò non comporta naturalmente
un necessario abbinamento fra Dbl e dissocialità, anche perché questa è largamente condizionata da
speciali caratteristiche dell'ambiente.
Fusione figura-sfondo.
Numerose statistiche hanno dimostrato la presenza di questa particolare modalità interpretativa del
bianco come fuso al colore e al grigio in una percentuale significativa di soggetti epilettici. Precisiamo
però che la FFS da sola non consente neppure il sospetto di epilessia, il cui quadro diagnostico deve
emergere nel Rorschach dalla confluenza di parecchi segni e comporta talora la persistenza di dubbi. La
fusione figura-sfondo, poi, compare non di rado anche in soggetti normali, ma dotati di una particolare
mobilità psichica, tipica ad esempio della creatività artistica.

Risposte dettaglio oligofrenico.


Interpretano dettagli di macchie che quasi tutti i soggetti percepiscono con maggiore ampiezza e
comportano perciò incapacità o inibizione nei confronti di un processo associativo che dovrebbe
insorgere con spontaneità. Se le Do si inseriscono in un protocollo generalmente caratterizzato da una
cattiva percezione della forma, possono in effetti essere acquisite come un segno di insufficienza
mentale. Quando invece si accompagnano a una buona percezione e a segni prevalenti d'intelligenza
valida, la loro origine può essere riferita a un blocco di origine extra-intellettuale, tipico di alcune nevrosi
e particolarmente delle forme ansiose, depressive e talora anche fobico-ossessive. Se si pensa che le Do
rifiutano un processo mentale comune, si comprende come possano pure talvolta denotare difficoltà
nell'adattamento all'ambiente. Risposte detaglio oligofrenico si osservano infine nella più grave
patologia psichiatrica e soprattutto in varie forme di schizofrenia, proponendosi allora come segno della
dissociazione intrapsichica che le caratterizza.

Modo di comprensione.
Da quanto abbiamo esposto sul valore diagnostico delle varie localizzazioni è già possibile dedurre il
significato dinamico dei loro rapporti quantitativi. Presentiamo comunque un prospetto sintetico
interpretativo sui diversi modi di comprensione: a) Equilibrato (vedasi la tabella dei valori medi nel
capitolo sulla siglatura). Caratterizza soggetti d'intelligenza efficiente, aderenti al concreto, nel contempo
capaci di sintesi e di analisi, purché la buona percezione della forma e gli altri dati confermino questa
valutazione. b) Deviato verso un dominio delle globali. È frequente, senza particolari motivazioni, nel
bambino più piccolo. Distingue spesso gli individui dotati di un'intelligenza ricca, creativa e talora teorica,
più disposti alla sintesi e all'intuizione che all'analisi, purché la percezione della forma sia obiettiva e si
acquisiscano risposte originali positive con incidenza notevole. Se la percezione è valida ma prevale la
banalità, caratterizza persone tendenti al semplicismo sintetico. Se infine si associa a cattiva percezione,
si osserva in soggetti intellettualmente poveri o addirittura in insufficienti mentali. Sul piano affettivo-
emotivo può segnalare propensione all' euforia, all'entusiasmo, alla suggestionabilità.
c) Deviato verso un dominio del dettaglio grande. Può indicare, se la percezione è obiettiva, intelligenze
di tipo analitico-deduttivo e nel contempo concretamente impostate. Abbinato a segni intellettualmente
negativi, sottolinea la carenza di associazione e di sintesi. Sul piano emotivo delinea, con una certa
moderazione, tendenze depressive o ansiose. d) Drasticamente deviato verso l'iperdettaglio, con
un'incidenza notevole di Dd. Sul piano intellettuale, secondo la percezione della forma e l'originalità,
appare in soggetti meticolosi e perfezionisti, incapaci di sintesi, di mentalità ristretta o addirittura
insufficienti mentali. Sul piano emotivo può segnalare stati depressivi, nevrosi ansiose o fobico-ossessive.
In campo decisamente psicopatologico si acquisisce in alcune psicosi, nei disturbi di personalità e in varie
forme di organicità cerebrale. Le Dbl e le Do aggiungono, ai quadri sopra illustrati, le loro speciali
significazioni.

Successione.
Rinviamo al capitolo sulla siglatura la descrizione delle varie forme di successione e presentiamo qui una
tabella riassuntiva sui loro significati: a) Ordinata. Caratterizza, se in armonia con gli altri segni, i soggetti
di normale ed equilibrata intelligenza, capaci di rigore e nel contempo di una sufficiente elasticità
mentale. b) Rigida. Denota un rigore logico eccessivo e una mancanza di elasticità che non consente un
duttile adattamento alle situazioni. Può caratterizzare soggetti inflessibili e talora ossessivi o addirittura
paranoidi. c) Disordinata. Offre varie e contrastanti significazioni, da selezionarsi in modo centrato
secondo gli altri dati. Può così denotare creatività libera dagli schemi e non rigorosa, estrosità
anticonformista, carenza di rigore analitico o persino tendenza alla dissociazione intrapsichica e quindi
disturbi di personalità e psicosi. d) Rovesciata. Anche qui le indicazioni diagnostiche sono contrastanti. La
scelta dovrà pertanto emergere come risultante di svariati elementi. La tendenza a rovesciare la
successione distingue talvolta il timido, l'ansioso o l'insicuro intellettuale o invece l'individuo dotato di
grande immaginazione polemicamente impostata.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 3 Sessione 2 – L'INTERPRETAZIONE – parte b
DETERMINANTI
Risposte forma. Presumono una presa di rapporto percettiva e interpretativa con il contorno delle
macchie, ossia con il loro aspetto figurativo più evidente, deciso e concreto. Se positive implicano, perciò,
capacità percettive valide e realisticamente impostate, che rappresentano nel contempo un fattore
essenziale dell'intelligenza e una sua limitazione in campo teorico e creativo. L'aderenza alla realtà
contingente da esse significata suona pure come controllo pragmatico dell'emotività. Sul piano
intellettuale le F + offrono dunque la misura delle capacità di osservazione e di concentrazione ed anche il
grado di aderenza alla realtà tangibile. Sul piano affettivo-emotivo presentano il livello dell'autocontrollo
pragmaticamente impostato. Come abbiamo detto nel capitolo sulla siglatura, siamo molto larghi nella
valutazione delle F +, per cui la presenza di più di due o tre F - in un protocollo è già per noi espressiva di
sfasature nella percezione, alle quali possono essere attribuiti, come ora vedremo, diversi significati.
Le risposte forma negative, se in percentuale degna di nota, delineano in gran parte dei casi un difetto di
obiettività nel processo di percezione interpretazione, quasi sempre attribuibile a un difetto nello
sviluppo intellettuale su base organica. Le F - sono così frequenti nei soggetti postcerebropatici. Un
numero abitualmente limitato di risposte forma negative può contraddistinguere individui molto creativi
ed anticonformisti o esibizionisti e si accompagna allora in genere a un'incidenza elevata di originali. La
deviazione percettiva può anche derivare da un bisogno morbosizzato di offrire un determinato
contenuto, a scapito persino dell'obiettività, il che può verificarsi in alcune nevrosi fobico-ossessive
dominate da un'idea prevalente o ancora nei disturbi di personalità e nelle psicosi con note deliranti. La
valutazione di queste forme, come vedremo nella parte speciale, deve comunque prendere corpo da una
risultante di segni diversi. Grande interesse psicodiagnostico assume il rilievo della percentuale totale
delle risposte forma. In base alla nostra statistica sull'età evolutiva, essa corrisponde in media nei
soggetti normali al 40-55% delle risposte. Una variazione in aumento, se prevalgono largamente le F +, è
tipica dei soggetti con intelligenza pragmatica, legata alla realtà e poco disposta al teoricismo e
all'immaginazione, anche se talora assai efficiente.
Sul piano emotivo lascia affiorare un controllo o invece un'inibizione abnorme della vita affettivo-
emotiva, di base o contingente. L'F% si alza dunque nei soggetti materialisti e ipercontrollati, ma anche
nel corso di stati depressivi o di nevrosi coatte (fobico-ossessive). Le sue indicazioni intellettuali
divengono allora poco attendibili, poiché il quadro psicodiagnostico è dominato da una situazione
emotiva abnorme che può censurare la produttività mentale e l'interesse per la prova. Un'elevata
percentuale di F, in cui spiccano con incidenza notevole le F -, rappresenta sempre un rilievo patologico e
può caratterizzare condizioni d'insufficienza mentale o, meno spesso, deviazioni psichiche di origine
psicotica o psicopatica. Sarà ancora la confluenza dei vari dati a consentire la diagnosi. Un abbassamento
della percentuale di risposte forma evidenzia quasi sempre un certo distacco dal concreto,
dall'autocontrollo e dalla pragmaticità. Sul piano intellettuale, quando esistono segni di buona dotazione
in questo settore, esprime perciò una tendenza alla creatività teorica e a un'impostazione del pensiero
sganciata dalla realtà. La carenza di F segnala infine con grande frequenza una vita emotiva di grande
intensità e non sempre soggetta a sufficiente dominio.

Risposte movimento animato.


In poche macchie e soprattutto nella tavola III esistono figurazioni capaci di suggerire con naturalezza
quasi scontata immagini di movimento o di posizione plasticamente intesa. Nella maggior parte dei casi
invece la mobilizzazione intuita di esseri viventi implica un intervento psichicamente assai ricco e
creativo di chi osserva ed interpreta, poiché il movimento è vita e immaginare la vita presume un
apporto interiore di alto livello. Questa è con ogni probabilità la base teorica del significato delle M,
desunto e confermato però, come sempre, da un' ampia sta-tistica. La capacità di produrre M implica
dunque anzitutto una creatività interiorizzata e sentita, da considerarsi come un fattore essenziale
dell'intelligenza. Essa comporta anche una tendenza all'introspezione, una vita intima intensa, che
contribuiscono certo a strutturare il quadro dell'introversione, anche se non sono con questa del tutto
identificabili. L'apporto psicodiagnostico delle M varia ovviamente in rapporto con la loro incidenza.
Diverse sono anche le sue significazioni secondo il parallelo dipanarsi del colore, come vedremo
trattando il tipo di risonanza intima.
In linea di massima si può affermare che la presenza in un protocollo delle poche M essenziali deve
considerarsi una garanzia di valido sviluppo intellettuale, mentre una loro percentuale di maggior rilievo
evidenzia doti di creatività interiore, di selettività meditata degli interessi e delle scelte nei rapporti
umani e lascia anche affiorare un'affettività privatamente e segretamente vissuta. Si badi bene che ciò
non comporta necessariamente il quadro limitativo dell'introversione, potendo ravvivarsi e coesistere
con il calore apertamente espresso dalle percezioni cromatiche. La nostra ricerca, come si è visto nel
capitolo sulla siglatura, non ha confermato, particolarmente per l'età evolutiva, la differenziazione fra
movimento umano e movimento animale, i cui significati ci sono apparsi analoghi. Da un punto di vista
teorico, ciò trova giustificazione nel valore universale della vita, specialmente sentito dal bambino e dal
giovane e d'altra parte ritrovabile nelle spontanee credenze totemiche dei popoli primitivi, che fanno
orgogliosamente derivare ceppi umani da animali progenitori, intesi come simbolo di forza o
d'intelligenza o di particolari qualità emotive. La casistica su cui si basa questo volume non ha offerto una
conferma neppure alla distinzione fra movimenti di estensione e di flessione, i primi fra i quali sarebbero
rivelatori di attività ed energia, i secondi di passività e di rassegnazione.
Ci sembra essenziale precisare che le significazioni affettivo-emotive della percentuale di M perdono ogni
attendibilità nei soggetti ipodotati e pertanto incapaci di produrre risposte movimento. È perciò possibile
che un individuo presenti il quadro emotivo di una difesa introversiva ed offra un protocollo carente di
M, fingendo una falsa estroversione in realtà legata al difetto intellettuale.
Risposte forma-colore.
In esse la calda sollecitazione ricevuta dal colore è marcatamente attenuata, ma non spenta, dall'
ossequio alla forma, ossia ad elementi figurativi agganciati alla concretezza ed alla realtà. Tale il
fondamento teorico delle loro significazioni. Le FC esprimono infatti un sereno equilibrio fra le esigenze
affettivo-emotive, l'autocontrollo di chi le presenta e le analoghe necessità dei suoi interlocutori nei
rapporti interpersonali. Tutto ciò prende corpo positivamente nella capacità di stabilire fluidi e
gratificanti rapporti umani, tenendo conto della propria ed altrui emotività. La presenza di FC non prova
costantemente un'affettività armonica e adattabile. Per acquisirne il grado occorre valutare anzitutto la
percentuale di FC rispetto alle altre qualità del colore e rispetto al totale delle risposte, tenendo conto
inoltre del movimento e di tutti gli elementi affiorati dal protocollo. Anche un numero notevole di
risposte forma-colore non depone sempre per una tranquilla estroversione. Questa può presentarsi
infatti come pura potenzialità, certo indicativa e sfruttabile, ma ostacolata al momento, ad esempio,
dall'inibizione nevrotica, dalla depressione, dall' ansia, da specifici conflitti, ecc. Le FC restano comunque
un dato positivo, direttamente espresso quando non esistono significazioni contrastanti, o suscettibile di
una valorizzazione, neutralizzando o modificando i fattori di disturbo.

Risposte colore-forma.
Sono sollecitate da un colore più ricco ed emotivo e non attenuato da una forma particolarmente ben
strutturata. Un parziale ossequio alla forma esiste comunque anche qui, se pure dominato dall'influenza
cromatica. Ne deriva la segnalazione di un'emotività più libera dall'autocontrollo, ma non ancora del
tutto acritica. La presenza di alcune CF in un protocollo in cui prevalgono nettamente le FC aggiunge di
solito una componente affettiva valida e spontanea, positivamente sganciata dall'inibizione. Un'incidenza
maggiore o addirittura un dominio assoluto delle risposte colore-forma denunciano invece un grado
variabile di labilità emotiva, che prende corpo d'abitudine nell'impulsività, nella suggestionabilità o in
entrambe. Nei soggetti così caratterizzati si configura una forma di pseudo-estroversione in realtà poco
adattabile, in quanto soggettivamente impostata, tendente a trascurare le esigenze altrui e ad uscire di
misura nei rapporti interpersonali e affettivi, desiderati e nel contempo difficili. È questo l'apporto
qualitativo delle CF alla personalità, da inserirsi però, come sempre, nell'intero mosaico psicodiagnostico,
per cui sarà la confluenza con il livello e la qualità del Tipo della Risonanza Intima e con tutti gli altri segni
a dirci se tali tendenze caratterizzano incisivamente l'individuo o ne illuminano soltanto alcune
angolature.

Risposte colore puro.


Sono così dominate dall'influenza del colore, da rendere trascurabile l'aggancio alla forma, pur sempre
avvertibile in subordine in una larga parte dei casi. L'identificazione fra suggestione cromatica e
componente emotiva della personalità diviene qui clamorosa. Le C offrono praticamente le stesse
significazioni di labilità emotiva, impulsività e suggestionabilità già considerate per le CF, delineandone
però un'indipendenza ancora maggiore dall'autocontrollo. Sono perciò quasi sempre un segno di scarso
equilibrio emotivo e quindi di problemi nei rapporti interpersonali ed affettivi. Se accompagnano un
colore in prevalenza più tranquillo, possono segnalare manifestazioni impulsive sporadiche nell' ambito
di un comportamento relativamente normale. Se dominanti, in rapporto ad altri segni e soprattutto al
movimento animato e all'espansione del Tipo di Risonanza Intima, caratterizzano vari tipi di nevrosi e
disadattamenti. La coesistenza di significazioni specifiche può rafforzare ipotesi nell'ambito della
patologia maggiore.
Denominazione colore.
Trattiamo qui il fenomeno, anche se non inquadrabile fra le risposte, perché connesso alla percezione
cromatica. Ha quasi sempre un valore patologico, anche se, per essere probativo, richiede la confluenza
di altri segni. Nell' età evolutiva si osserva più facilmente negli insufficienti mentali di vario grado. Può
presentarsi anche negli psicopatici e negli psicotici. Nel bambino più piccolo, però, può manifestarsi
anche in condizioni di normalità.

Tipo di Risonanza Intima.


La valutazione congiunta delle risposte movimento animato e colore, nei loro rapporti reciproci e nella
loro incidenza numerica complessiva, è forse l'elemento più importante per la psicodiagnosi
dell'orientamento affettivo-emotivo. Il confronto fra movimento animato e colore, le cui significazioni
sono state già esposte, non deve essere effettuato come contrapposizione, in quanto ciascuno dei due
fattori presenta qualità emotive suscettibili di coesistere. Ci si deve piuttosto proporre la misura e la
discussione dei due diversi apporti in ogni individuo. Sotto questo profilo il T.R.I. può essere classificato
in: a) Intratensivo, che offre una prevalenza del movimento. Il concetto di intratensione coincide solo
parzialmente con quello di introversione. Sul piano intellettuale, delinea capacità di introspezione e
interessi selezionati, più intensivi che estensivi, caratterizzati da una creatività intima e meditata spesso
in modo sofferto. Sul piano emozionale ed affettivo evidenzia una soggettività ed una selettività che
spesso comportano problemi di adattamento interpersonale, globali o settoriali. Di solito gli intratensivi
puri, nei quali l'incidenza del colore è minima, sono capaci di rapporti validi solo con poche persone.
Quando invece, dietro al movimento, esiste anche un colore apprezzabile, le autodifese introversive
possono presentarsi in modo alternato o solamente in particolari circostanze o verso determinati
individui.
b) Extratensivo, in cui prevale il colore. Anche il concetto di extratensione coincide solo in parte con
quello di estroversione. Sul piano intellettuale lascia affiorare un'estensione e talvolta un'incostanza
degli interessi, che può spingersi, ma non necessariamente, sino alla superficialità. Sul piano emozionale
segnala un bisogno di rapporti umani ed affettivi, anch'esso talvolta caratterizzato più dall'estensione che
dall'intensità. Quando prevalgono nel colore le FC si ha un reale appagamento di queste esigenze,
mentre quando dominano le CF o peggio le C il rapporto con l'ambiente è disturbato sino alla
frustrazione da un eccesso di emotività. Il raffronto fra le varie forme di colore non deve essere
effettuato in base al numero delle risposte, ma in base al punteggio esposto nel capitolo sulla siglatura.
Anche qui l'eventuale coesistenza del movimento animato con il suo livello attenua o propone
l'alternanza o la sporadicità delle caratteristiche ora descritte. Ribadiamo di nuovo che nei soggetti
intellettualmente ipodotati può presentarsi il quadro di una falsa extratensione, dovuta a una carenza di
M che ha un' origine extraemotiva, legata al difetto d'intelligenza.
c) Ambieguale, in cui movimento animato e colore si equivalgono. Può segnalare una situazione di
equilibrio e di armonia o invece di ambivalenza nevrotica. Il colore controllato e l'assenza di altri segni di
nevrosi depongono per un buon compenso. La presenza di un colore molto emotivo, di movimento
inanimato, di chiaroscuro, di risposte aggressive e di shock sostiene per contro l'ipotesi di conflitti e
d'instabilità. Il T.R.I. si può classificare anche per il suo grado di espansione, considerando globalmente
l'incidenza delle risposte movimento e colore. È legittima una valutazione in percentuale quando il
numero delle risposte è alquanto modesto. In tali casi la media oscilla intorno al 30% - 35%. Nei protocolli
molto ricchi di risposte, l'estensione del T.R.I. diviene significativa in assoluto, anche se non molto alta in
percentuale. Dieci risposte fra movimento e colore, ad esempio, sono sempre degne di nota anche in un
protocollo molto ricco. Il giudizio complessivo sul Tipo di Risonanza Intima deve tener conto sia del
rapporto fra percezioni kinestesiche e cromatiche, sia del grado di espansione. I T.R.I. devianti dalla
media per quanto riguarda la quantità si possono suddividere in: a) Dilatato o espanso, se comprende
complessivamente molte risposte. Si associa sempre a una carenza variabile della forma e indica
costantemente una ricca vita affettivo-emotiva. Questa sarà espressa apertamente, in modo equlibrato o
fuori misura, se esiste un'extratensione e secondo la qualità del colore, dalla normale espansività sino ai
livelli massimi degli stati di eccitamento patologici. Nei casi d'intratensione, invece, distinguerà
un'emotività prevalentemente interiorizzata. Sul piano intellettuale, quando vi sono segni di
superdotazione e soprattutto di creatività, la dilatazione distingue i soggetti geniali e produttivi, ad
esempio nel settore artistico. Sebbene l'espansione del T.R.I. abbia spesso un valore positivo per quanto
riguarda l'intelligenza, vi sono casi in cui esprime solo una condizione emotiva, quando mancano segni
concomitanti di buona dotazione intellettuale.
b) Coartato, cioè carente o addirittura privo di risposte nei due settori. Nella maggior parte dei casi la
povertà di movimento e colore gioca a favore della forma e denuncia inibizione o ipercontrollo
dell'emotività e dell'affettività. Ciò si può presentare nei soggetti eccessivamente rigidi e formalisti, ma
anche talora nei depressi e nei coatti. Se la forma è mal percepita, la coartazione esprime invece più
facilmente indolenza, astensionismo od ottusità, eventualmente inquadrabili in un'insufficienza mentale.
Altre volte, nella coartazione, il movimento e il colore sono più largamente sostituiti dal chiaroscuro e dal
movimento inanimato, il che si rileva soprattutto negli stati d'ansia e d'angoscia e nelle nevrosi fobico-
ossessive.

Risposte movimento inanimato.


Hanno un ruolo quasi sempre patologico nell'ambito delle nevrosi. Esprimono infatti un movimento di
oggetti e quindi non direttamente sostenuto dalla volontà. Scandiscono abitualmente due categorie
d'immagini fondamentali: l'una aggressiva (razzi, proiettili, fuochi artificiali, ecc.) e l'altra passiva (caduta
di foglie, di sassi non lanciati, spostamento di oggetti, ecc.). Lasciano pertanto affiorare un bisogno di
aggressività o di affermazione, che il soggetto non si sente in grado di appagare nella sua cosciente
umanità, o invece una condizione frustrata di passività. Di qui l'attribuzione alle m (sempre confermata
dalla statistica) di un ruolo rivelatore di tensioni e conflitti non risolti, per incapacità di viverli
consapevolmente e attuarne le istanze.

Risposte chiaroscuro.
Percepiscono ed interpretano non il contorno chiaramente figurato delle macchie, ma le più sfumate
variazioni di grigio in superficie. Si riferiscono inoltre ad un colore, il grigio, che assume spesso toni cupi
od ambigui. Troviamo qui la giustificazione teorica del rilievo statistico, che assegna alle CHS il ruolo
generico di rivelatrici dell'ansia e dell'angoscia nelle loro più diverse manifestazioni, sintomi oggi
largamente presenti nelle nevrosi. Le ritroviamo sia nelle nevrosi francamente ansiose, anche con
somatizzazioni, sia nelle depressioni infiltrate d'ansia, sia nelle forme ossessive e fobiche, cui l'ansia fa
costantemente da elemento caratterizzante. Il valore diagnostico è naturalmente proporzionale
all'incidenza di queste risposte, comunque sempre indicative.

Risposte chiaroscuro-tatto.
La componente pseudotattile, in aggiunta alle caratteristiche generali del chiaroscuro, propone con
chiarezza proiettiva il loro significato profondo. I soggetti che presentano delle CHST mostrano il bisogno
simbolizzato di toccare o meglio di accarezzare la tavola, oltre che di percepirla visivamente. Essi rivelano
così la necessità inevasa e spesso frustrata di più intensi ed approfonditi contatti affettivi o sessuali o
sociali. Segnalano inoltre l'ansia di fondo, espressa dal chiaroscuro, indotta dalle loro intime richieste.
Risposte chiaroscuro-prospettiva.
La percezione e l'interpretazione si addentrano qui nella macchia, come se volessero penetrare sino in
fondo al grigio o al bianco contornato dal grigio. È un modo simbolico ma proiettivamente ineccepibile di
significare le difese nebbiose che proteggono un contenuto conflittuale o un bisogno affettivo frustrato,
assieme al desiderio non consapevolmente chiarito di superare tali difese. Le CHSP segnalano pertanto
inibizioni o barriere specifiche erette verso determinati problemi e sempre inquadrabili nell'ansia
espressa anche in questa sede dal chiaroscuro.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 3 Sessione 3 – L'INTERPRETAZIONE – parte c
CONTENUTI Animali.
Rappresentano il contenuto più frequente, con un'incidenza media che varia dal 35% al 50%,
raggiungendo valori ancora più elevati nell'infanzia. In effetti la forma di molte macchie è obiettivamente
molto vicina a figure animali. Il bambino, poi, è ulteriormente influenzato da schemi educativo-
informativi che utilizzano largamente elementari nozioni zoologiche. Le risposte animali, impostate sulla
percezione-associazione più ovvia, esprimono perciò il grado di aderenza al pensiero conformista e
stereotipo. Una più alta percentuale di animali nell'adolescente e nell'adulto indica di solito un
orientamento dell'intelligenza poco personale e ancorato al conformismo. Ciò, come si è detto, non vale
per il bambino più piccolo. L'ansia e la depressione, inoltre, bloccano spesso l'impegno nella prova,
incrementando le risposte più ovvie e quindi le animali anche in soggetti in altre condizioni
maggiormente creativi. Come abbiamo esposto illustrando la siglatura, le figure animali antropomorfe o
inserite in figurazioni artistiche non sono da noi registrate come A, in quanto più lontane dal pensiero
stereotipo.
L'abbassamento della percentuale di animali richiede valutazioni differenziate secondo la risultante degli
altri segni. Quando il protocollo evidenzia nel suo assieme una buona intelligenza e notazioni di
creatività, il dato delinea tendenze anticonformiste e personali. Una carenza molto marcata può
addirittura segnalare un rifiuto più o meno consapevole all'integrazione intellettuale. Se invece lo
psicogramma propone un deficit intellettivo, la bassa incidenza di animali può indicare che il paziente
non raggiunge neppure i livelli del pensiero stereotipo. In linea di massima gli individui intelligenti
offrono un numero di A notevolmente superiore a quello di Ad. Anche qui, però, l'ansia e la depressione
possono favorire l'iperdettaglio, senza che ciò abbia necessariamente un valore limitante per quanto
riguarda l'orientamento intellettuale. Riassumendo, le risposte animali hanno un’incidenza che riguarda
il 35 - 50% delle risposte. Sono fisiologicamente più elevate nell’infanzia. Ai livelli maggiori della
normalità, le risposte animali esprimono aderenza al pensiero conformista. L’aumento delle A
caratterizza un’intelligenza poco personale. La diminuzione, se associata a buona intelligenza creativa,
esprime individualità e anticonformismo. In genere i soggetti intelligenti presentano più A che Ad, ma
l'ansia e la depressione possono favorire il dettaglio.

Umane.
Sono un segno d'interesse per l'uomo e per i rapporti sociali, rappresentando un fattore essenziale
dell'intelligenza. Hanno un'incidenza media, nel normale ben evoluto ed integrato, pari al 10-30% delle
risposte. Una percentuale apprezzabile od elevata di umane è abitualmente segno di buona intelligenza e
disponibilità verso i rapporti interpersonali. Le umane fantastiche (che sigliamo sempre H con l'aggiunta
di Fant) possono denunciare talora evasione compensatoria dalla realtà o insufficiente maturità emotiva.
Una carenza di umane si riscontra nei difetti d'intelligenza, che devono però essere provati dalla
confluenza di altri segni. Le umane diminuiscono infatti anche in soggetti intelligenti ma bloccati nei
rapporti interpersonali, insicuri, timidi o scontrosi. Le figure umane acefale segnalano di caso in caso, e
secondo gli altri segni, ansia, inibizione, aggressività in genere repressa. Nel capitolo sulla siglatura ci
siamo dichiarati favorevoli alla registrazione fra le H delle risposte artistiche od orrorifiche a contenuto
umano, cui l'aggiunta del secondo contenuto fa da intuibile complemento per l'interpretazione.
Anche qui la prevalenza delle H sulle Hd vale di solito come conferma di una buona intelligenza, con
l'abituale eccezione degli stati di ansia o depressione che favoriscono l'iperdettaglio. Abbiamo per la
verità riscontrato un numero elevato di Hd pure in alcuni soggetti intelligenti, ma perfezionisti o
esibizionisti. In sintesi: le risposte umane hanno un’incidenza media che interessa il 10 - 30% delle
risposte e rappresentano un fattore essenziale dell’intelligenza. Genericamente le risposte H indicano un
interesse per l’uomo e per il sociale. Un’incidenza apprezzabile delle H,e ancor più il loro aumento, sono
segni di buona intelligenza e disponibilità verso i rapporti interpersonali. Una loro carenza può significare
un deficit intellettuale, mentre, sul piano affettivo-emotivo, può rappresentare un blocco nei rapporti
interpersonali, proprio dei timidi e degli insicuri. Una percentuale elevata di Hd segnala l’incapacità di
prendere un rapporto “completo” con l’uomo e con il sociale. Talora, può anche significare perfezionismo
ed esibizionismo. H Fant - Le risposte H Fant hanno il significato di evasione compensatoria dalla realtà e
scarsa maturità emotiva. H Acefala - Le risposte H Acefala segnalano ansia, inibizione, ma anche
aggressività repressa. Gli altri contenuti sono presentati in ordine alfabetico per una più rapida
consultazione.

Aggressive.
Denotano nel loro assieme, comprensivo delle sottocategorie più avanti indicate, aggressività
direttamente espressa o invece repressa, secondo le indicazioni degli altri segni. Così un Tipo di
Risonanza Intima extratensivo e dilatato depone per la manifestazione palese di queste esigenze, mentre
l'intratensione e soprattutto la coartazione evidenziano più frequentemente la tendenza a reprimerle o a
inibirle o ancora a esplicarle sporadicamente e con possibili frustrazioni secondarie o timori. Come si era
anticipato nel capitolo relativo alla siglatura, del gruppo delle risposte aggressive fanno parte anche le
risposte fuoco, esplosione, sangue, orrore e sadiche che, per le loro particolari implicazioni, necessitano
di una siglatura a parte (vedasi oltre in questo stesso paragrafo).

Anatomiche.
Assumono un valore proiettivo attendibile solo quando si possano escludere condizionamenti
professionali o culturali in medici, studenti di medicina, infermieri, ecc. Con solo queste esclusioni, le
anatomiche rivelano in prevalenza due specifiche situazioni psicologiche. Si acquisiscono con frequenza
in soggetti scolasticamente esibizionisti, che tendono a presentare per valorizzarsi uno sfoggio culturale
medico-scientifico. Compaiono pure con notevole incidenza negli individui patofobi e talora ossessivi, che
segnalano così, spesso in modo stereotipo, le loro preoccupazioni di fondo.

Araldiche.
Le immagini di stemmi e blasoni, in rapporto alla loro percentuale, al contenuto e alle modalità di
presentazione, possono evidenziare semplici influenze culturali o un bisogno di autovalorizzazione
esibizionistica o un'affermazione simbolica di virilità.
Architettoniche.
Non hanno significato proiettivo quando sono condizionate da influenze professionali o di studio. A volte
esprimono una particolare sensibilità estetica. Se presentano figurazioni proiettate verso l'alto possono
segnalare desiderio eventualmente inevaso di affermazione. In altri casi, specie se interpretate in
estensione, valgono come segno d'insicurezza.

Artistiche.
Sono d'aiuto allo psicologo per l'acquisizione degli interessi e della sensibilità estetica del soggetto, in
rapporto naturalmente al loro contenuto, all'obiettività della percezione e al livello culturale
dell'individuo in esame.

Astratte.
La loro interpretazione è molto impegnativa e richiede un'attenta valutazione di tutto il protocollo. In
parecchi casi segnalano, per il loro contenuto e per la confluenza di altri segni, l'esistenza di attitudini
intellettuali teoriche, di tipo filosofico o matematico, con eventuali carenze nell'ossequio al concreto. In
altri casi propongono tendenze di tipo mistico o lasciano affiorare autoriferimenti fobici esposti in modo
simbolico (vedasi più aventi il contenuto Simb). Quando sono gravemente infiltrate dall'assurdo e
dall'irrazionale, possono essere infine rivelatrici di disturbi della personalità o di psicosi.

Botaniche.
Numerose nei bambini, non sono molto proiettive. In soggetti di età maggiore possono, ma non
necessariamente, denunciare una regressione.

Cartoni animati.
Frequenti nel bambino per ovvie ragioni di ordine culturale, possono denunciare, nei soggetti più maturi,
regressione o solamente desiderio di serenità e di semplicità edonistica. Devono essere però valutate in
rapporto al contenuto. Esistono infatti immagini tratte dai cartoni animati con evidente significato
aggressivo.

Confabulate.
Possono comparire, senza necessarie implicazioni patologiche, nei bambini estroversi, legati al mondo
delle favole o desiderosi di raccontare eventi personali o esibizionisti. Già nell'adolescente, ma ancor più
nell'adulto, consentono però di avanzare sospetti di situazione abnorme. Possono evidenziare una
regressione nel mondo fantastico dell'infanzia o problemi conflittuali tanto prementi da dover essere
inseriti nelle risposte, anomalie della personalità e persino costruzioni deliranti.

Contaminata.
La sovrapposizione e il miscuglio illogico di immagini diverse, attivati da un'unica percezione,
suggeriscono la massima attenzione nell'indagine di personalità dei soggetti che presentano tale tipo di
risposta, in quanto potrebbe essere, se unito ad altri indizi, il segnale rivelatore di una dissociazione
intrapsichica.

Culturali.
Offrono spesso un quadro degli interessi intellettuali del soggetto, che devono essere a loro volta
rapportati all'ambiente di vita, per acquisirne eventuali significati psicologici d'integrazione o
differenziazione.
Depressiva.
Le risposte a sfondo malinconico, che caratterizzano tale siglatura, possono far avanzare il sospetto, in
base, naturalmente, al loro numero e agli altri segni presenti nel protocollo, di una tendenza del soggetto
a propensioni depressive.

Esplosione.
Segnalano aggressività ed impulsività, sia in modo palese che represso.

Euforica.
Le risposte con un sottofondo di entusiasmo, per lo più ingiustificato, fanno avanzare sommessamente il
dubbio che il soggetto tenda a un ottimismo eccessivo e immotivato, tipico dell'accelerazione dei processi
psichici. Ancora più attenzione va rivolta a tali riscontri se si accompagnano a risposte depressive.

Etnologiche.
Uniscono, alle indubbie implicazioni culturali, l'indicazione da parte del soggetto di un interesse per
l'uomo, rapportabile a quello segnalato dalle risposte H.

Fantastiche.
L'evasione della realtà è spesso sollecitata nel bambino da formule educative impostate sul mondo delle
favole, verso cui queste risposte possono evidenziare un'aderenza connaturale all'età o invece regressiva
e compensatrice di frustrazioni determinate dal reale. Alcuni contenuti fantastici particolarmente assurdi
e irrazionali propongono, specie nell'adulto, il sospetto o la prova di manifestazioni deliranti.

Fuoco.
Come le risposte esplosione, segnalano anch'esse aggressività ed impulsività.

Gastronomiche.
Secondo la classica interpretazione psicoanalitica, che però non condividiamo, sarebbero tipiche
dell'oralità. Per noi denunciano più semplicemente, in prevalenza, un edonismo elementare, nell'ambito
della normalità se poco numerose, nevroticamente compensatorio di altre esigenze se alte in
percentuale.

Geografiche.
Hanno, specie nell'età evolutiva, un ruolo proiettivo degno di nota solo se piuttosto numerose. Quando
sono percettivamente obiettive, precise e ben motivate nell'esposizione, segnalano spesso un
esibizionismo culturale intenzionalmente valorizzante di tipo scolastico. Se invece generiche e poco
precise, denunciano talora una situazione di disagio e d'insicurezza.

Maschera.
Segnalano spesso, in modo più spiccato e complesso delle risposte

Vestito.
La tendenza a coprire la propria personalità di fondo con artifici variabili, a volte valorizzanti e a volte
protettivi, secondo le altre indicazioni. Hanno valore in assoluto più che in percentuale: già due risposte
possono essere significative. Il dato richiede comunque conferma, poiché l'interpretazione può essere
suggerita più semplicemente da influenze culturali e mnemoniche.

Naturali.
Come le botaniche sono anch'esse tipiche dell'infanzia e segnalano, talora, una certa regressione.
Evidenziano a volte una condizione d'insicurezza e un conseguente bisogno di appoggio.

Nuvole.
Sono da rapportarsi alla significazione ansiosa e nevrotica della determinante CHS, che sempre le
sostiene. Essa è a volte attenuata dalla specifica indicazione di una levità gradevole.

Oggetto.
Sono piuttosto frequenti nei bambini. Non hanno ovviamente una proiettività generale e specifica, data
la varietà dei contenuti. Saranno questi a suggerire eventualmente, di caso in caso, interpretazioni
profonde, da formularsi sempre con estrema prudenza. Infatti, a volte, se manca il sostegno di altri segni,
le illazioni simboliche per le risposte oggetto sono quanto mai soggettive, forzate e quindi sconsigliabili.

Orrore.
Le immagini improntate al terrore avanzano più facilmente ipotesi fobiche, segnalando un
autoriferimento timoroso e spesso irrazionale. Talora invece esprimono il bisogno aggressivo d'incutere
paura o un'ambivalenza sado-masochistica.

Paesaggio.
La loro proiettività non è molto specifica e richiede l'analisi congiunta di altri segni. Talvolta rafforzano
indicazioni di esibizionismo auto-accentratore. L'associazione con il chiaroscuro ne intensifica invece le
significazioni di ansia.

Pelle.
Comportano sempre una determinante chiaroscuro-tattile con le sue significazioni di bisogno inevaso o
parzialmente inevaso di più approfonditi e caldi rapporti interpersonali affettivi o sessuali.

Religiose.
Lasciano talora affiorare diversi tipi di orientamento culturale o emotivo di fronte al problema religioso,
che variano dalla condivisione intensamente vissuta alla polemica. Un giudizio obiettivo deve inoltre
tenere conto delle caratteristiche ambientali e familiari.

Sadiche.
Nell’ambito del gruppo delle risposte aggressive, intensificano in modo più spiccato la loro componente
morbosa.

Sangue.
Anche tali risposte mantengono le indicazioni di aggressività, cui aggiungono una componente impulsiva
o anche un fondamento di paura. Sono frequenti, ad esempio, nelle nevrosi fobiche, tipicamente
associate con manifestazioni di shock alle tavole II e IX.

Scientifiche.
Contribuiscono a delineare il quadro dell'intelligenza e degli interessi specifici.

Sessuali.
Le modalità per delimitarne l'acquisizione sono esposte nel capitolo sulla siglatura, cui rinviamo il lettore.
Si tratta di risposte piuttosto rare, perché frenate dal pudore e dall'inibizione culturale. Hanno perciò un
valore proiettivo anche se la loro incidenza è modesta.' Nei bambini riflettono anche l'impronta
educativa ricevuta e negli adolescenti il grado di disinibizione specifica. Un loro particolare rilievo
coincide in genere con una delle seguenti situazioni: a) Disinvoltura in campo sessuale presentata in
modo esibizionistico o addirittura aggressivo o, al contrario, tranquillo, in rapporto alla dinamica
comportamentale del soggetto. b) Conflitti e complessi non risolti a contenuto sessuale, la cui esistenza
deve essere suggerita dagli eventuali segni di nevrosi presenti nel protocollo. c) Se numerose e stereotipe
di solito con almeno qualche sfasatura percettiva, indicazione specifica di un quadro fobico-ossessivo su
questo tema. Segni concomitanti di maggior gravità (O-, risposte confabulate, astratte, ecc.) possono
deporre per contenuti deliranti. Le sex simboliche, che acquisiamo con estrema prudenza e solo se
confermate da qualche aspetto psicodinamico evidente, lasciano di solito affiorare un quadro d'inibizione
sessuale.

Simbolica.
La risposta simbolica propone, per la sua astrazione, tendenze di tipo mistico o trascendentale, ma talora
lasciano anche affiorare autoriferimenti fobici esposti in modo simbolico.

Stereotipie.
Hanno grande importanza diagnostica e valore sia in assoluto che in percentuale. Tranne che nel
bambino più piccolo, in cui appaiono abbastanza spesso, sono sempre meritevoli di attenzione. La loro
valutazione deve tener conto del numero e del mosaico psicologico derivato dalla confluenza con altri
segni. Ecco uno specchio riassuntivo delle loro più frequenti significazioni: a) Se associate a sfasature
percettive della forma o ad altri segni carenziali, contribuiscono a delineare un'insufficienza mentale, in
genere su base post-cerebropatica. b) Sono tipiche dell'epilessia, in quanto espressione della vischiosità
psichica caratteristica di questa forma morbosa, tanto che una loro percentuale notevole merita sempre
un accertamento specifico. c) Unite ad altri segni, come l'iperdettaglio, le Do, le sfasature percettive, le
O-, ecc., possono presentarsi in varie forme organiche cerebrali, anche, ma non necessaria-mente,
accompagnate da difetto d'intelligenza.
d) Caratterizzano con grande frequenza le nevrosi ossessive o fobico-ossessive, come espressione di una
ritualità perseverante e appunto stereotipa. La diagnosi differenziale in favore di queste affermazioni si
basa sull'assenza di segni d'insufficienza mentale e sulla presenza di altri elementi specifici, come
l'abbondanza del chiaroscuro e, talora, l'alta percentuale di forma, la coartazione del TRI e gli shock,
specie alle tavole. II e IX e al grigio. Il loro contenuto coincide spesso con quello delle fobie e delle
ossessioni. e) Se il protocollo è permeato di assurdità, di astrazioni e di confabulazioni, le stereotipie
rafforzano il sospetto di anomalie della personalità o di psicosi. Anche qui è molto significativa l'analisi
del loro contenuto.

Tecnologiche.
Valgono anche qui le considerazioni intellettuali e sociali avanzate per le due precedenti categorie.

Vestito.
Possono esprimere simbolicamente l'esigenza di coprirsi o di nascondersi e quindi di celare alcuni aspetti
della propria personalità. L'indicazione deve essere acquisita con prudenza, come pura ipotesi. Esistono
alcune chiare eccezioni: ad esempio gli abiti o le divise con loro particolari implicazioni aggressive o
sessuali o di dominio o collegate alla religione, alla magia, alla politica, ecc.
Ruolo proiettivo dei contenuti.
In un protocollo, la presenza contemporanea di alcuni contenuti può denunciare: - regressione: Bot, Nat,
Cart An, Fant; - aggressività e impulsività: Aggr, Expl, Fuoco, Sangue, Sad (rivelano soprattutto la
componente morbosa dell’aggressività), Orr (talora con valenza sadomasochistica, ma più spesso con
componente fobica: temere l’aggressività altrui); - ansia sino all’angoscia: Nuvole, contenuto quasi
sempre associato alla determinante CHS; - bisogno di più caldi e approfonditi rapporti affettivi e/o
sessuali: Pelle, quasi sempre associate alla determinante CHST; - sensibilità estetica: Art e Arch; -
interessi specifici: Cult, Scient, Tecn, Rel; - esibizionismo di tipo culturale: Geo; di tipo autocentratore e
narcisistico: Paes; - desiderio di affermazione e autovalorizzazione: Arch (se si tratta di costruzioni estese
verso l’alto) e Arald; - edonismo elementare: Gastr e Cart An; - interesse per l’uomo: Etn, oltre
naturalmente al contenuto H; - carenza di ossequio al concreto, misticismo: Astr e Simb;
- patologia maggiore - Il reattivo di Rorschach assolve con spiccate alternanze di attendibilità il ruolo
psicodiagnostico per la patologia maggiore, a differenza dei brillanti risultati diagnostici che fornisce per
le nevrosi. Ecco, comunque, i contenuti di maggior rilievo psichiatrico: - Conf - Le risposte confabulate
possono mettere in evidenza problemi conflittuali, regressione, anomalie della personalità. elaborazioni
deliranti. Possono essere presenti anche nei soggetti esibizionisti e negli estroversi (in questo caso senza
spunti patologici). - Cont - Le risposte contaminate, specialmente se unite alle confabulate, potrebbero
segnalare dissociazione. - Depr ed Euf - Le risposte depressive ed euforiche sono, talora, presenti nei
disturbi affettivi, ma devono essere valutate con estrema prudenza. - Astr e Simb - Le risposte astratte e
simboliche possono avere significato patologico quando appaiono infiltrate da concetti assurdi e
irrazionali.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 3 Sessione 4 – L'INTERPRETAZIONE – parte d

FREQUENZA
Banali.
Esprimono il grado di aderenza alle idee medie ambientali e consentono quindi una valutazione del
conformismo. La maggior parte degli Autori considera equilibrata una percentuale di banali pari al 20%
del totale. Ciò vale, a nostro parere, solo per i protocolli con un numero basso o medio di risposte e non
per quelli molto ricchi quantitativamente. È sufficiente infatti consultare l'elenco delle banali esposto nel
capitolo sulla siglatura per rendersi conto di come chi offre molte risposte, anche se poco creativo ed
originale, debba necessariamente elaborare altre interpretazioni, avendo presto esaurito le banali vere e
proprie. Così, ad esempio, un numero di quindici banali deve considerarsi piuttosto elevato in un
protocollo di quaranta o quarantacinque risposte. Un aumento delle banali segnala di solito soggetti
conformisti e incapaci di pensiero creativo, per carenza attitudinale specifica, ma anche talvolta per
blocco o inibizione di origine emotiva. Si tenga presente inoltre che gli stati depressivi, l'ansia, le coazioni
nevrotiche e la mancanza d'impegno nella prova variamente motivabile censurano spesso l'originalità e
incrementano le risposte comuni.
Abbiamo osservato infine in alcuni soggetti l'abbinamento di percentuali elevate tanto di banali quanto
di originali. Non si può parlare allora di carenza di creatività, ma più obiettivamente di un ossequio al
conformismo unito a potenzialità immaginative: si può trattare di persone creative che tendono ad
inserirsi nell'ambiente od anche di individui condizionati da una particolare formazione educativa. La
diminuzione delle banali è interpretabile in modo assai differente secondo le altre significazioni del
protocollo. Così può presentare uno spirito anticonformista e creativo, scarsamente adattabile al
pensiero medio ambientale, se gli altri dati consentono di acquisire un'intelligenza valida e originale.
Quando invece esistono segni di carenza intellettuale, un basso numero di banali può indicare addirittura
che il soggetto non raggiunge neppure la capacità di adeguarsi al pensiero comune. La mancanza delle tre
o quattro banali più frequenti, quali siano le indicazioni generali sull'intelligenza, è sempre un dato da
considerarsi con attenzione come sospetto indizio di abnormità psicologica.

Originali positive.
Esprimono, in rapporto al loro numero, il pensiero creativo, originale, libero dal conformismo. Nella loro
valutazione occorre seguire criteri individualizzati, tenendo conto soprattutto dell'ambiente familiare, del
livello di studi ed eventualmente della professione del soggetto. Non è possibile perciò indicare
percentuali generiche di originali positive. Nella loro valutazione si deve inoltre tenere in considerazione
il contenuto, specie se prevalente. La presenza di molte originali, varie e ben percepite, segnala
un'intelligenza di alto livello e immaginativa, eventualmente poco adattabile allo standard ambientale,
specie se la percentuale di animali e di banali è carente. Un contenuto prevalente di tipo professionale o
scolastico può evidenziare un legame intellettuale anche eccessivo e talora rigido con la propria attività.
Altri contenuti prevalenti possono, di caso in caso, evidenziare interessi specifici, problemi conflittuali o
spunti ossessivi, che non si caratterizzano però tanto abnormemente da comportare la perdita
dell'obiettività.

Originali negative.
Le risposte originali mal percepite avanzano sempre un sospetto di patologia, da chiarirsi in rapporto al
loro contenuto e alle indicazioni generali del protocollo. Poche O- in un protocollo dominato dalle O+
lasciano di solito affiorare una tendenza all'anticonformismo, suscettibile di valicare occasionalmente
l'obiettività e l’aderenza al concreto. In uno psicogramma intellettualmente povero o addirittura carente,
le O- intensificano l'indicazione di insufficienza sul piano percettivo. Particolari contenuti delle originali
negative possono evidenziare tendenze ossessive o persino spunti deliranti, entrando palesemente
nell'abnormità.

ALTRI FATTORI D'INTERPRETAZIONE


Numero delle risposte.
Le statistiche europee, confermate dalla nostra casistica, offrono nella persona normale risposte variabili
fra le quindici e le trenta, mentre quelle americane indicano valori alquanto superiori. Molti e assai
diversi sono i fattori che possono ridurre il numero delle risposte. Ricordiamo anzitutto le carenze di
collaborazione e d'impegno nella prova e varie forme d'inibizione o d'opposizione. Il bambino più piccolo,
specie se timido, offre di solito poche risposte. Segnaliamo infine la tendenza alla sintesi, che può
inserirsi nel quadro di un'intelligenza valida e anche creativa o invece, secondo gli altri segni, esprimere
povertà intellettuale e semplicismo. Altrettanto molteplici sono i fattori che provocano un aumento
numerico delle risposte. In alcuni casi esso rivela una particolare ambizione esibizionista della quantità o
un piacere emotivo e intellettuale d'interpretare. Anche l'intelligenza di tipo analitico può incrementare il
numero delle risposte. Così pure le nevrosi ossessive. In questo senso intervengono infine alcuni quadri
organici cerebrali, fra cui spicca l'epilessia con la sua tipica «vischiosità», ed anche alcune psicosi, specie
di tipo paranoide. La diagnosi deve ovviamente derivare da una valutazione complessiva del protocollo.

Analisi dei tempi.


Il tempo medio totale di reazione oscilla dai trenta ai sessanta secondi per risposta: nella nostra statistica
corrisponde ai quaranta, quarantacinque secondi. Tempi totali più veloci si riscontrano soprattutto nelle
condizioni di euforia e nei soggetti distinti da una rapida reattività intellettuale, il cui significato positivo o
negativo dipende essenzialmente dalla qualità della percezione. Al contrario la depressione, l'inibizione e
la scrupolosità aumentano d'abitudine il tempo totale. Aumenti specifici del tempo di reazione limitati ad
alcune tavole sono da inquadrarsi fra i meccanismi di shock, ai cui paragrafi rinviamo il lettore.

Shock colore.
È un segno generico di iperemotività, che prende corpo tipicamente nei soggetti nevrotici, ma non è
sufficiente da solo per la diagnosi di nevrosi, essendo riscontrabile con relativa frequenza anche in
persone normali emotivamente labili. Esso comunque rafforza notevolmente l'ipotesi di nevrosi suggerita
da altri segni.

Shock al grigio.
Si propone nella maggior parte dei casi come un segno rivelatore dell'angoscia o dell'inibizione, a volte
generica e a volte specifica per qualche contenuto interpretativo vissuto come conflittuale, espresso o
censurato. Abbiamo già detto della nostra particolare prudenza nella formulazione di ipotesi profonde a
questo riguardo. Condividiamo la remora comunemente accettata di escludere la registrazione di shock
alla prima tavola, che può provocare in molti soggetti difficoltà d'approccio al test, poi ben superate.

Rifiuto.
Rientra fra i meccanismi di shock, con l'esclusione già detta per la prima tavola, ma oltre ad essere
abbastanza frequente nelle nevrosi, può caratterizzare in casi particolari, diagnosticabili con altri segni
confluenti, un negativismo psicotico. Nel bambino più piccolo deve essere acquisito con maggiore
moderazione, in quanto possibile espressione d'insicurezza e di timore congeniali all'età.

Turning frequente.
La rotazione continua delle tavole, da non confondersi con la tranquilla e successiva loro osservazione in
posizioni diverse e non ripetute, può derivare da varie motivazioni, da valutarsi in rapporto all'età del
soggetto, alla dinamica generale del suo comportamento e alle altre indicazioni del protocollo. È tipica
del bambino instabile, divenendo sempre più significativa sul piano psicodiagnostico con il progredire
dell'età. Denuncia anche talora un impegno eccessivamente perfezionista, mediante il quale l'esaminato
sembra non voler lasciarsi sfuggire nessuna possibilità interpretativa. Altre volte segnala una condizione
d'insicurezza, espressa dalla ricerca ripetuta di modalità percettive che consentano le risposte o
ribadiscano la loro attendibilità. In alcuni casi, infine, esprime opposizione e resistenza ad interpretare.
L'assenza assoluta del turning, ossia l'osservazione costante delle tavole nella posizione in cui sono state
presentate, evidenzia talvolta insicurezza, inibizione o timore, ma il rilievo, a nostro parere, è sporadico e
deve essere confermato da altri segni, poiché molti soggetti normali e autoconsapevoli evitano di ruotare
le tavole senza che ciò comporti alcuna deviazione psicologica.

Critiche.
Le osservazioni e i commenti non inquadrabili come risposte offrono indicazioni estremamente diverse
secondo il loro contenuto e la dinamica di base del comportamento. Le significazioni più frequenti
esprimono insicurezza, pedanteria, perfezionismo, bisogno di conferma nelle interpretazioni od anche
esibizionismo, opposizione, diffidenza. Un valore particolare hanno le autocritiche, che a volte
confermano l'incertezza del soggetto o invece smentiscono una sua apparente sicurezza. Possono
apparire infine contenuti più francamente patologici, ad esempio autoriferimenti spesso simbolici sino
alle distorsioni del delirio. Secondo l'orientamento generale già esposto, evitiamo di attribuire un ruolo
specifico prefigurato ad alcune critiche, come le osservazioni sulla simmetria o i rilievi sull'asse centrale,
che abbiamo riscontrato in situazioni assai diverse e non riconducibili a un comun denominatore
analitico.

Dinamica del comportamento.


Se l'esame della dinamica comportamentale ha sempre un indubbio valore complementare nella
psicodiagnosi, tale fattore diviene determinante nell'età evolutiva, tanto da condizionare spesso tutta
l'interpretazione del caso. Il bambino si trova infatti in una posizione particolarmente delicata e carica di
emotività positiva o negativa nel suo rapporto con l'esaminatore, in genere un adulto a lui sconosciuto.
Anche l'adolescente si differenzia dall'adulto, poiché la scelta dell'esame psicologico non è quasi mai sua,
ma suggerita o persino imposta dalla famiglia. Di qui varie, possibili compensazioni, di tipo difensivo,
aggressivo o al contrario esibizionista. Il comportamento ci orienta anzitutto nella valutazione di alcuni
dati del protocollo. Il modo di comprensione e il Tipo di Risonanza Intima, il numero delle risposte e le
percentuali di originali, banali e animali possono ad esempio risentire notevolmente delle condizioni
emotive. Così un'apparente povertà intellettuale, una tendenza all'iperdettaglio o una coartazione sono a
volte puramente contingenti e derivano dal timore, dall'inibizione o da una polemica astensionista, tanto
da non poter essere considerate sicuramente negative per quanto riguarda l'intelligenza di base.
L'esaminatore si trova allora di fronte a un problema non soltanto interpretativo, ma anche operativo. È
infatti suo dovere, per quanto possibile, porre a suo agio il soggetto e rimuovere gli eventuali blocchi,
conquistando la sua fiducia e la sua collaborazione. Le caratteristiche verbali dell'esposizione hanno una
grande importanza nella valutazione della cultura del soggetto e dell'impronta familiare e ambientale da
lui ricevuta. Tali elementi condizionano a loro volta giudizi doverosamente differenziati sull'intelligenza e
influenzano persino la siglatura, ad esempio per quanto riguarda il rilievo delle originali, da acquisirsi o
meno come tali secondo il livello di conoscenza, gli studi seguiti o l'attività esercitata. Altrettanto dicasi
per l'interpretazione di molte risposte culturali, il cui significato varia ovviamente se queste
corrispondono alle idee medie dell'ambiente di vita o invece se ne distaccano. Il comportamento di ogni
individuo presenta una vastissima gamma di aspetti palesi e di sfumature, la cui analisi supera i limiti
specifici di quest'opera, ma la cui conoscenza deve ritenersi essenziale per l'esercizio dell'attività
psicologica. L'apporto di queste osservazioni e delle conseguenti intuizioni deve, a nostro parere, sempre
inserirsi in quel giudizio conclusivo globale, cui il reattivo del Rorschach offre un contributo certamente
prezioso, ma non assoluto.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 4 - Sessione 1 – IPOTESI CONFLITTUALI E DI PROFONDITÀ – parte a
Premesse e limitazioni di base.
Nell'introduzione abbiamo già esposto la nostra resistenza ad accogliere il reattivo del Rorschach come
obiettivo strumento analitico di profondità e le nostre critiche verso la metodologia più frequentemente
seguita in questo campo. Non riteniamo infatti che sia possibile formulare diagnosi interpretative sul
simbolismo elaborato da soggetti su cui si possiedono solo informazioni preliminari e sintetiche, poiché
l'analisi attendibile del linguaggio inconscio di un individuo comporta, a nostro parere, una conoscenza
sufficientemente approfondita del suo vissuto. Respingiamo anche l'agganciamento prefigurato fra
alcune immagini e determinati contenuti,poiché sosteniamo che, se in una certa misura la strutturazione
dei simboli riflette categorie generali assorbite dall'ambiente culturale e forse ereditate, in misura ancor
maggiore essa deriva dall'esperienza assolutamente differenziata del singolo. Ci sembra pertanto
assurdo, specificamente nel test in esame, attribuire a certe tavole il ruolo rigido d'immagine paterna o
materna o sessuale e molto più sensato supporre che le varie figurazioni delle macchie siano in grado di
suscitare richiami diversi in ogni soggetto. Ciò non implica, ci sembra importante chiarirlo,un'altrettanto
rigida esclusione delle più correnti vie interpretative, ma solo il loro affiancamento non preferenziale ad
altre, possibili illazioni.
Le limitazioni avanzate al servizio dell'obiettività non ci impediscono di acquisire,come elemento del
tutto complementare rispetto alla psicodiagnosi globale di personalità, qualche ipotesi profonda o
almeno qualche sospetto in questo settore.
Pensiamo però che ciò risulti credibile soltanto in due precise circostanze: o nei pazienti, anche
analiticamente non approfonditi, che esprimono in modo particolarmente intenso la loro reazione
emotiva ad un'immagine o nei soggetti in corso di trattamento psicoterapeutico, le cui risposte possano
essere collegate a precise risultanze dell'analisi. Nel primo caso, salvo significazioni palesi verbalmente
espresse, si potranno ricavare solo elementi plurimi e affiancati d'interpretazione, la cui selezione sarà
compito di un'eventuale, successiva analisi prolungata. Nel secondo caso sarà invece possibile
addentrarsi più a fondo e più specificamente nell'ipotizzare conflitti e complessi.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 4 - Sessione 2 – IPOTESI CONFLITTUALI E DI PROFONDITÀ – parte b
Elementi che consentono d'intuire un significato profondo delle risposte. Il fenomeno dello shock ha
certo non di rado un valore di sospetto in questo campo,sebbene anche qui si presentino alcune
limitazioni. I classici shock-colore, specie alle tavole II e IX, hanno quasi sempre un ruolo generico di
reazione iperemotiva, senza che di necessità debbano essere attribuiti a qualche particolare figurazione.
Il contenuto di alcune risposte è comunque spesso tale da far presupporre richiami inconsci d'importanza
analitica. Lo shock al grigio è più frequentemente sollecitato dall'abbinamento fra l'influsso generico del
chiaroscuro e il trauma esercitato da qualche struttura figurativa: la differenziazione dovrà essere
effettuata comunque con estrema prudenza e le ipotesi di conflitto dovranno basarsi almeno su qualche
motivazione non effimera. Gli shock inconsueti, determinati cioè da tavole che abitualmente non li
sollecitano, sono invece un dato quasi sempre significativo e meritano, quando ciò sia effettuabile, un
approfondimento.
Non sempre, però, le reazioni emotive del soggetto a una determinata struttura appaiono alla
presentazione della tavola, realizzando uno shock alla medesima. Può accadere che un' associazione di
tipo conflittuale si realizzi in un secondo tempo,quando il paziente affronta con più attenzione qualche
dettaglio o riconsidera sotto una nuova luce tutta la macchia. Il fenomeno può essere rivelato da
dinamismi espressivi e comportamentali di vario genere o anche da una forzata sostituzione di
risposte censurate. In quest'ultimo caso si assiste spesso a un peggioramento qualitativo
dell'interpretazione, più facilmente evidenziabile nei protocolli di buon livello, od anche ad un tempo di
osservazione e di attesa sensibilmente aumentato.
Le risposte per cui possono proporsi ipotesi di questo tipo dovrebbero essere registrate ed
eventualmente utilizzate a parte per un successivo approfondimento.
Tutto ciò, lo ripetiamo, rappresenta un' operazione a sé stante e complementare che non deve interferire
con la valutazione dello psicogramma secondo le leggi abituali,codificate per la diagnosi di personalità.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 4 - Sessione 3 – IPOTESI CONFLITTUALI E DI PROFONDITÀ – parte c
Osservazioni peculiari su alcune tavole – prima parte.
Tavola I.
È la prima presentata e quindi può scandire le reazioni, anche profonde, d'approccio al test. Alcuni
soggetti affrontano la prova in condizioni emotive particolari sollecitate da loro problemi di fondo, che
premono tanto intensamente da dover essere manifestati in modo scoperto o mascherato. Le
significazioni direttamente espresse possono ovviamente essere acquisite come tali. Quando esiste
invece un simbolismo di copertura, spetterà allo psicologo effettuarne l'interpretazione con le
cautele già esposte.
I dinamismi emotivi d'apertura si mantengono a volte durante tutta la prova e la caratterizzano
marcatamente. Può anche accadere, però, che l'ossequio all'obiettività percettiva si consolidi sul tempo
sino a prevalere, lasciando isolate le manifestazioni d'inizio.
La tematica profonda suscitata dalla prima tavola non ci è sembrata derivare da speciali figurazioni. A
nostro parere essa si presenta più spesso come fenomeno soggettivo che obiettivo.
Tavola IV.
Presenta certo un suo sottofondo di forza contenuta e un chiaroscuro tanto cupo da suscitare con
frequenza impressioni di angoscia o di affermazione o di competizione.
Per queste caratteristiche e per il grosso dettaglio centrale inferiore visto in chiave fallica, gli operatori di
formazione psicoanalitica le hanno attribuito il ruolo di «tavola paterna». Noi ci limitiamo a
considerarne, in un contesto più largo, il substrato di potenza, senza respingerne i possibili
agganciamenti alla virilità e alla paternità, ma senza considerarli preferenziali. È abbastanza frequente
infatti, specie nell'età infantile, il suo collegamento a immagini negative e minacciose desunte dal
surreale delle favole, in cui il bambino riflette certo talora un rapporto con la figura paterna,
ma anche con aspetti oscuri dell' ambiente o della natura di tutt'altro significato.
Sempre nell'età infantile assume qui un valore notevole il riferimento totemico a specie animali che, nel
mondo fittizio dell'infanzia, assumono un ruolo espressivo imposto dalla formazione culturale e gravido
di possibili significazioni non prefigurabili rigidamente.
Tavola V.
Può considerarsi la «banale per antonomasia», per la sua figurazione tanto nitida da non sembrare
fortuita. I soggetti che trascurano le scontate risposte di pipistrelli o farfalle o uccelli possono essere
distinti in tre grandi categorie. Vi sono anzitutto coloro che hanno un deficit percettivo-associativo tanto
serio da non raggiungere il livello della banalità. Si hanno poi gli anticonformisti per assunto, che
rinnegano come schema generale, osservato in tutto il protocollo, l'agganciamento all'obiettività
comune. Dobbiamo infine considerare (e sono i soli che c'interessano in questa sede) i pazienti tanto
sollecitati da una problematica interiore, da sentirsi costretti, loro malgrado, a soffocare una spinta
obiettiva verso cui non hanno alcuna incompatibilità intellettuale, ma solo emotiva. Poiché la
sollecitazione è in questi casi più interiore che esteriore, la tematica che affiora è tanto vasta da non
consentire esemplificazioni con valore collettivo.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 4 - Sessione 4 – IPOTESI CONFLITTUALI E DI PROFONDITÀ – parte d
Osservazioni peculiari su alcune tavole – seconda parte.
Tavola VI.
È valutata dall'ossequio psicoanalitico come «tavola sessuale». L'attribuzione le deriva dal dettaglio
superiore allungato, per cui la risposta abbastanza comune di totem è vista in chiave di pene e il corpo
centrale molto chiaroscurato in chiave di vulva. Per quanto ci riguarda, non escludiamo per principio tali
simbolismi.
Osserviamo solo che nella nostra statistica non hanno avuto uno speciale rilievo.
Nell'età infantile abbiamo ascoltato piuttosto molte risposte desunte dai cartoni animati (Gatto Silvestro
e simili), con implicazioni aggressive e violente, gravide di un sicuro valore conflittuale. Il chiaroscuro ha
sollecitato immagini svariate e non riassumibili d'angoscia e il dettaglio superiore figurazioni altrettanto
eclettiche di potenza. La sessualità è certo affiorata, ma, come si è detto, sporadicamente.
Tavola VII.
Questa macchia, con il bianco centrale abbracciato dalle propaggini grigie, è stata riferita per ragioni
intuibili allo standard materno, di cui abbiamo avuto conferme statistiche ancora meno frequenti. È stata
piuttosto rilevata, dalle interpretazioni dei nostri soggetti, la levità delicata del grigio, con occasionali
distacchi da questo schema cui qualche volta si è potuto attribuire un significato profondo non
uniformabile.
Tavola IX.
Anche qui, per il dettaglio bianco centrale vagamente uterino, è stata chiamata in causa come tipica la
figura materna, che apparirebbe con frequenza, a livello simbolico, nelle risposte. Le nostre osservazioni
hanno confermato per la verità una certa tendenza regressiva stimolata da questa tavola. Ne offriamo
però spiegazioni alternative, affiancate almeno paritariamente al richiamo dell'utero. Le macchie sono
intense e sfumate per colore ed enigmatiche per disegno, assai lontane rispetto alle altre da prospettive
riconoscibili e ben figurate. Il soggetto si trova di fronte a un più arduo problema di valutazione e di
associazione, il che determina di per sé frequenti reazioni di rifiuto e difesa, talora accompagnate da
ripiegamenti nel passato.
L'insicuro, il depresso, il fobico ne sono indotti a fuggire o a presentare immagini negative che fanno da
specchio alla loro situazione profonda. La scarsa figuratività suscita altre volte, proprio per la sua
astrazione, simbolismi fondati sul distacco dalla realtà. La tavola IX è dunque uno stimolo quanto mai
valido per la scoperta di un sottofondo dissociato o delirante, frenato altrove dall'autocontrollo.
In conclusione, l'esaminatore libero da preconcetti è pronto in questa sede ad avvertire, se ne esistono i
dati, regressioni autoprotettive, implicazioni sessuali,evasioni di compenso nella potenza desiderata del
surreale o nell'energia struggente del fuoco.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 5 - Sessione 1 – L'INTELLIGENZA – parte a
Premessa.
Il reattivo del Rorschach è in grado di offrire molti elementi atti a delineare la potenzialità intellettuale di
base di un individuo e alcuni dati che consentono spesso di caratterizzarla qualitativamente. Esso può
presentare però interferenze di natura extra-intellettuale tanto intense da neutralizzare in parte o quasi
del tutto le suddette significazioni. Ne deriva che una psicodiagnosi positiva con questo metodo
sul piano dell'intelligenza è comunque da ritenersi valida, poiché un soggetto insufficiente non potrà mai
fornire prestazioni di buon livello nel Rorschach. Un risultato negativo, invece, è sempre da acquisirsi,
con eccezione per le gravi carenze in campo percettivo, come un dato meritevole di approfondimento nel
campo dell'emotività o della patologia psichica non carenziale.
Tratteremo qui sinteticamente la psicodiagnosi dell'intelligenza normale nelle sue varie gradazioni, della
superdotazione sino alla genialità e delle possibili indicazioni di settore. Analizzeremo poi i più frequenti
fattori d'inibizione o di disturbo,suscettibili di rendere poco attendibile la prova. Escluderemo per contro
l'argomento delle insufficienze mentali da situarsi drasticamente nell' abnormità, che sarà esposto nel
capitolo sulla patologia.
L'intelligenza normale di buon livello.
Presupposto di fondo per un'intelligenza almeno normalmente efficiente è la capacità di realizzare un
processo percettivo-associativo rispettoso dell'obiettività.
Un suo difetto si esprime nel Rorschach con le F-, che dovrebbero pertanto essere assenti o comparire in
percentuale irrilevante. La nostra larghezza nel siglare le F+ rende ancor più drastico questo rilievo, tanto
da farci considerare con sospetto la presenza di più di due o tre F- in un protocollo.
Non condividiamo la valutazione come fattore positivo di una percentuale abbastanza elevata di risposte
forma rispetto alle altre determinanti, considerata da molti Autori come indice necessario di aderenza
alla realtà. Abbiamo infatti osservato con grande frequenza basse incidenze di F in soggetti molto emotivi
ma intelligenti. Abbiamo poi constatato un F% elevata in numerosi pazienti assai poco dotati, il cui
agganciamento obbligatorio al concreto aveva sapore limitativo.
Un buon numero di risposte globali, fra cui prevalgano le complete, è un requisito abituale
dell'intelligenza, quale segno di capacità associative e intuitive: i soggetti ben dotati ne presentano di
solito almeno il 30%.
La presenza di M con incidenza abbastanza notevole è un altro segno importante dell'intelligenza, poiché
rivela creatività e selettività interiore. Fanno eccezione i bambini molto piccoli, che non hanno ancora
raggiunto questa fase percettiva.
Le originali positive manifestano in vario grado il pensiero creativo e indipendente dagli schemi. Il loro
numero non deve essere necessariamente clamoroso in un soggetto normale e capace di produrre in
campo pratico. Se ne devono comunque riscontrare almeno alcune: la loro valutazione percentuale ha
più valore nei protocolli poveri che in quelli ricchi di risposte.
Le banali sono richieste almeno per le tavole fondamentali che le sollecitano. Le loro variazioni
quantitative hanno, a nostro parere, più che altro un ruolo di caratterizzazione.
Il grado di espansione del T.R.I. offre una misura della produttività intellettuale superiore, che è tanto
maggiore quanto più esiste dilatazione, ma è anche il settore che più risente delle interferenze e delle
inibizioni emotive.
La percentuale di animali, che non deve essere troppo elevata nei soggetti con personalità intellettuale
degna di attenzione, è un dato da considerarsi soprattutto dall'adolescenza in avanti, poiché nel bambino
queste risposte sono ipersollecitate dall'influenza pedagogica.
La varietà dei contenuti è da considerarsi un segno positivo, ma la sua assenza può dipendere da fattori
limitativi soprattutto ambientali, non necessariamente connessi all'intelligenza di base.
La successione migliore, globalmente valutata, è quella ordinata ma non rigida. La nostra statistica ha
comunque dimostrato che una tendenza al disordine non esprime sempre un difetto d'intelligenza, in
quanto spesso condizionata dall' emotività e dalla creatività compensatoria.
Tutti i segni ora esposti, come si è detto, possono essere neutralizzati dalle interferenze che analizzeremo
fra breve.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 5 - Sessione 2 – L'INTELLIGENZA – parte b
L'intelligenza normale di basso livello.
I soggetti d'intelligenza povera nell'ambito della normalità hanno, più che carenze,minori potenzialità a
livello superiore. La loro capacità di percepire il reale è abitualmente valida e pertanto essi non
presentano di solito F- in percentuale significativa.
Il normale poco dotato mostra invece difetti nell' associazione, nell'intuizione e nella creatività. Di qui
un'incidenza bassa di G oppure un numero elevato o medio di globali semplicistiche e prive di rilievo
contenutistico. Anche le M sono in genere scarse, fatta eccezione di quelle scontate (ad esempio alla
tavola III).
In questi tipi umani, il contenuto riflette la mancanza d'interessi ed è quindi monocorde, allineato sulle
animali e sulle banali od anche sugli oggetti e sulle risposte naturali d'impronta ancora infantile.
Percentualmente basse, naturalmente,le originali sia positive che negative. L'intelligenza superiore sino
alla genialità.
Ciò che differenzia il superdotato dall'individuo di normale efficienza intellettuale è soprattutto la
capacità di produrre, di creare al di fuori degli schemi prefigurati e di formulare impostazioni critiche
concettualmente valide. Queste doti hanno modo di esprimersi ineccepibilmente attraverso il reattivo
del Rorschach.
La percezione-associazione delle forme è qui spesso improntata a un'obiettività più interpretativa che
riproduttrice di modelli standardizzati. Ne deriva la possibile presenza sporadica di qualche F-, la cui più
accurata analisi dimostra però agganciamenti sottili a precedenti percezioni, che talora sfuggono in un
primo momento allo stesso esaminatore.
I segni che esprimono le varie sfumature della creatività sono quasi sempre spiccati nei soggetti
d'intelligenza superiore: in essi si riscontrano infatti alte percentuali di risposte globali, movimento
animato e originali positive. È possibile rilevare eccezionalmente qualche originale negativa che però,
come abbiamo già detto per le F-, mostra il suo segreto valore ad una più accurata disamina.
I contenuti del superdotato sono d'abitudine ricchi e vari, poiché la fossilizzazione in un solo settore
caratterizza più la capacità esecutiva, anche di buon livello, che l'intelligenza veramente brillante. Il T.R.I.
è in prevalenza dilatato.
L'individuo geniale tende certo ad essere anticonformista, sia per una naturale propensione a superare lo
standard, sia per una frequente reazione ipercompensatoria al fatto di non sentirsi compreso.
L'intelligenza, anche se eccezionale, comporta però sempre il mantenimento di un certo grado di
adattabilità. Da tutto ciò deriva il rilievo di percentuali piuttosto basse, ma non clamorosamente povere,
di animali e banali. Specie alcune banali fondamentali sono richieste per una diagnosi di genialità
abbinata all'efficienza.
La manifestazione palese dell'intelligenza è sicuramente favorita da fattori d'incremento ambientali e
culturali, che si trovano quasi sempre come supporto dei soggetti capaci di offrire tutti o quasi tutti i segni
sopra elencati. È compito però dell'operatore scoprire anche le matrici potenziali di una superdotazione
non interamente esplicata per limitazioni informative o per difese emozionali. Sarà
l'intero mosaico psicodiagnostico a consentire una valutazione in questo senso di dati solo parziali, da
approfondirsi anche con altre tecniche o con colloqui liberi.
Sono infine da prendere in considerazione le superdotazioni puramente settoriali,che danno luogo a
un'intelligenza non armonica. Qualche elemento psicodiagnostico specifico sarà elencato nel prossimo
paragrafo, anche se riteniamo che un solo reattivo sia ben difficilmente in grado di chiarire a fondo
questa problematica.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 5 - Sessione 3 – L'INTELLIGENZA – parte c
La caratterizzazione dell'intelligenza.
È questo un compito che, come si è detto, il reattivo del Rorschach è in grado di assolvere solo in parte.
Ogni individuo, per la verità, costituisce un obiettivo di studio a sé stante: è questo un assioma
fondamentale della psicologia e particolarmente della scuola adleriana di cui siamo seguaci. Nonostante
ciò, per ragioni puramente didattiche e per un impegno esemplificativo, offriremo alcuni
schemi sintetici di categorie intellettuali, avvertendo il lettore che essi non corrispondono quasi mai
all'essenza di un'unità-uomo e che sono suscettibili di contaminarsi reciprocamente in modo assai
complesso.
a) Intelligenza intuitivo-creativa.
Alta percentuale di G. Buona incidenza di M; T.R.I. espanso. Molte originali positive.
b) Attitudine artistica.
Tutti i segni sopra riportati ed inoltre frequenti contenuti che dimostrano sensibilità estetica ed
eventualmente esemplificano il settore preferito.
c) Intelligenza astratta.
Alta incidenza di G, di M e di O+. Alcune risposte astratte, sempre razionalmente giustificabili. T.R.I.
meno espanso, anche se non veramente coartato. Basso numero di animali e banali.
d) Intelligenza analitica.
Notevole rilievo delle D, con qualche Dd, associato alla presenza di buone G (l'eccesso di iperdettaglio
dimostrerebbe un'analisi dispersiva).
e) Intelligenza pratica.
Notevole percentuale di risposte forma, tutte positive. Alto rilievo di animali e banali coesistenti con
parecchie originali positive. T.R.I. in prevalenza extratensivo, ma non clamorosamente.
f) Intelligenza poco adattabile e anticonformista.
Bassa percentuale di banali e animali. Alta incidenza di originali positive e talora qualche O- ed F-.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 5 - Sessione 4 – L'INTELLIGENZA – parte d
Fattori che inibiscono o disturbano la significazione dell'intelligenza. Il primo elemento che rende poco
attendibile la psicodiagnosi di un difetto intellettuale è la mancanza di un reale impegno collaborativo.
È questa una situazione di particolare importanza, specie nell' età evolutiva,ravvisabile anzitutto con
un'attenta osservazione della dinamica comportamentale.
In tali casi, il soggetto non impegna a fondo neppure la percezione-associazione,tende a ridurre il numero
delle risposte e ad allineare i contenuti sulla banalità.
Anche le variazioni del tono emotivo sono da annoverarsi fra le più frequenti interferenze. Un
abbassamento di tipo depressivo favorisce l'iperdettaglio,neutralizzando le globali che sono, come si è
visto, espressione fondamentale dell'intelligenza. Esso induce inoltre d'abitudine una coartazione del
T.R.I., censura l'originalità, favorisce le banali e le animali. Un eccitamento abnorme, per contro,
innalza le G, ma genera un peggioramento dell'attenzione e quindi della fedeltà percettiva, sollecita gli
shock e la clamorosità cromatica, sottraendo l'impegno da cui potrebbero nascere risposte valide.
Non sempre l'esistenza di una nevrosi è un elemento limitativo dei segni intellettuali,ma ciò talvolta si
verifica. Soprattutto le forme fobico-ossessive interferiscono coartando il T.R.I. e incrementando il
dettaglio. Le idee prevalenti nevrotiche, poi,possono monotonizzare i contenuti con stereotipie.
Nell'ansia, l'alta incidenza del chiaroscuro gioca talvolta a scapito del T.R.I. e l'incanalamento patologico
delle tensioni può ridurre globalmente l'impegno.
L'inibizione, ossia la censura della vita affettivo-emotiva anche interiore, rappresenta una delle maggiori
interferenze soprattutto nell'età evolutiva. Essa incrementa abnormemente la percentuale di risposte
forma, che non suona allora come aggancio vitale alla realtà, ma come grave impedimento della libertà
espressiva. Il T.R.I. ne risulta ovviamente coartato ed i contenuti si schierano astensionisticamente sull'
ovvietà.
Il campo più drasticamente patologico delle psicopatie e delle psicosi propone il linguaggio distorto
dell'assurdità e degli eventuali contenuti deliranti o quello extradimensionale della dissociazione.
L'intelligenza, anche se nascostamente presente, non ha modo di esplicarsi o appare sporadicamente con
imprevedibili bagliori. Il settore sarà comunque più diffusamente trattato nel capitolo sulla patologia.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 6 Sessione 1 – LA PERSONALITÀ ELA VITA AFFETTIVO-EMOTIVA –
parte a
La dinamica del comportamento. L'osservazione psicologica del paziente, di cui ci siamo già diffusamente
occupati trattando l'interpretazione generale, è certo una delle modalità complementari al test per
acquisire informazioni sullo stato emotivo di ogni soggetto. Altri elementi significativi sono comunicati
psicodiagnosticamente da specifici dati del reattivo, di cui ora offriremo una sintesi. Prima di farlo,
desideriamo sottolineare l'importanza parallela dei due settori, ciascuno dei quali può legittimamente
influire sulle conclusioni che si trarranno dall'altro. Può accadere così che un individuo scandisca un
protocollo dominato dall'inibizione e quindi poco espressivo, ma contraddica l'interpretazione
emotivamente povera per difesa con un comportamento visibilmente permeato da fermenti emozionali
contenuti. Al contrario altri soggetti affrontano la prova con apparente autocontrollo, ma danno risposte
chiaramente indicative di una calda emotività di fondo. Di qui una nuova conferma della necessità di più
fonti per formulare un attendibile giudizio psicologico.

La percentuale di risposte forma. Riteniamo valido il principio generale secondo cui un'alta incidenza di
F+ propone sempre o quasi sempre un notevole controllo della vita affettivo-emotiva. Non accettiamo
però il concetto che si tratti necessariamente di un controllo «razionale». In base alla nostra statistica,
alcuni soggetti con eccesso di forma sono effettivamente dei razionali, anche se talora schiavi di questa
situazione, mentre altri sono soltanto degli inibiti, per cui l'agganciamento all'immutabilità del concreto
si pone come puro elemento di difesa. La carenza di risposte forma evidenzia specularmente un difetto di
autocontrollo emotivo, il cui significato potrà scaturire solo dall'analisi complessiva di tutto il protocollo.
Abbiamo parlato sin qui soltanto di F+, poiché in effetti è la positività della percezione a strutturare la
semantica dell' autocontrollo. Quando però esiste una larghissima prevalenza di forme ben viste, a
nostro parere è utile includere nella percentuale complessiva anche le sporadiche F-, che ci hanno
dimostrato statisticamente di concorrere alla significazione psicodiagnostica.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 6 Sessione 2 – LA PERSONALITÀ ELA VITA AFFETTIVO-EMOTIVA –
parte b
Il tipo di risonanza intima nella sua globalità. La dilatazione del T.R.I. esprime d'abitudine una ricca vita
affettivo-emotiva e talora una tendenza all'eccitamento anche patologico o invece una creatività
intimamente sentita. La coartazione del T.R.I. si configura più spesso a vantaggio delle risposte forma e
ribadisce pertanto situazioni inibitorie o autocostrittive. Può anche accadere, però, che lo spazio di
determinanti lasciato libero dal T.R.I. coartato sia riempito in larga parte dal chiaroscuro, ossia
psicodiagnosticamente dall'ansia e dall'angoscia che questo esprime. Per quanto riguarda le sindromi
depressive, la coartazione ne è certo un segno tipico, che si configura però a favore della forma nei
quadri endogeni e a favore almeno in parte del chiaroscuro nelle depressioni nevrotiche. L'intratensione,
specie se molto marcata, delinea, naturalmente in rapporto al grado di dilatazione, non tanto un
controllo inibitorio dell'emotività, quanto una sua interiorizzazione tipicamente introversiva. La
presenza, dietro il movimento prevalente, di un colore più o meno emotivo, ci dice quanto la situazione
sia sopportata a livello conflittuale.
L'extratensione pura e spiccata, quindi estremamente povera di movimento, se non dipende
dall'incapacità intellettuale di produrre M, è caratteristica dei soggetti che esprimono direttamente nei
rapporti interpersonali tutta la loro emotività. Quando invece, al riparo di un colore dominante, fermenta
un buon numero di M, l'eventuale estroversione di superficie è sempre, o a tratti, temperata da
ripensamenti e introspezioni discriminanti. L'ambiegualità corrisponde a una gamma molto vasta di
situazioni, non tutte esemplificabili. Si osserva ad esempio in soggetti ben equilibrati, ma anche in
persone in continua ambivalenza fra le istanze affettivo-emotive e le difese introversive.

Il significato emotivo del movimento animato. Le M, in rapporto alla loro incidenza e alla qualità dei loro
contenuti, valgono come segno di stabilizzazione dell'emotività, nel senso più dell'interiorizzazione che
del controllo. Ciò non implica in tutti i casi una situazione di equilibrio e di adattamento, poiché può
trattarsi anche di uno stato introversivo intimamente sofferto. Saranno gli eventuali concomitanti segni
di nevrosi o la loro assenza a consentire un giudizio in merito.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 6 Sessione 3 – LA PERSONALITÀ ELA VITA AFFETTIVO-EMOTIVA –
parte c
Il significato affettivo-emotivo delle varie qualità di colore. Il raffronto reciproco fra i diversi tipi di
risposte colore deve essere effettuato, a nostro parere, in base al punteggio e non in base al numero. Così
due risposte colore puro equivalgono come intensità semantica a sei risposte forma-colore e a tre
risposte colore-forma. Le FC denotano un'emotività capace di realizzarsi senza traumi nei rapporti
interpersonali e in linea di massima abbastanza coerente nelle proprie istanze e rispettosa di quelle
altrui. Le CF sono espressione di una maggiore labilità affettivo-emotiva, che tende un poco a soffocare
gli altri ed anche paradossalmente a recepire in modo troppo intenso le suggestioni esterne. Esse
propongono anche, in molti casi, una minore coerenza interna dei temi emozionali, che possono variare o
contraddirsi. Le C esasperano le significazioni affettivo-emotive delle CF, sino a strutturare il quadro di
una grave labilità e di una tendenza incontrollata a manifestare i propri impulsi. Anche la
suggestionabilità è qui a volte significata senza moderazione. Tutte queste indicazioni devono essere
valutate nell' ambito di un confronto interno degli elementi-colore e di un più ampio paragone con il
movimento. In particolare occorre tener presente che le esigenze e le qualità proposte dai due settori
non si distruggono reciprocamente, ma si affiancano, dando luogo più a una risultante che a un dominio.

Le risposte dettaglio bianco. La tendenza polemica avanzata dalle Dbl contribuisce non di rado a
caratterizzare le diverse situazioni affettivo-emotive. Essa infatti si propone quasi sempre, in rapporto
alla sua incidenza, come elemento di ostacolo per l'adattabilità sociale e quindi di conflitto. Il ruolo della
contraddizione sistematica delle idee ambientali, che rappresenta una condizione estrema, può
manifestarsi in seno a un'introversione conflittuale soggettivamente vissuta o invece con modalità
scopertamente aggressive. L'una o l'altra situazione sono abitualmente espresse dal convergere dei segni
psicodiagnostici.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 6 Sessione 4 – LA PERSONALITÀ ELA VITA AFFETTIVO-EMOTIVA –
parte d
I contenuti. Le risposte aggressive, con tutte le loro varianti d'intensità e di tipo, lasciano intravedere
quasi sempre un eccesso di emotività, delineando due condizioni di base, a volte contaminate:
l'identificazione sadica con l'aggressore e quella masochistica con l'aggredito. Gli altri contenuti
contribuiscono più ad esprimere le motivazioni e i temi della vita affettivo-emotiva che il suo livello, ma
entrano comunque doverosamente nell' analisi di settore. Per le considerazioni specifiche rinviamo al
capitolo sull'interpretazione generale.

Lo shock colore. Come si è detto, è un segno generico di iperemotività, che può ribadire il tipo di
significazioni del colore puro e caratterizza, anche se non costantemente, la vita affettivo-emotiva del
nevrotico.

Lo shock al grigio. È tipico dell'angoscia e dell'inibizione, spesso agganciate a specifici temi conflittuali
ben difesi e coperti. Significa pertanto un'emotività sofferta e contenuta, almeno settorialmente.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 7 Sessione 1 – LA PATOLOGIA – parte a
Le insufficienze mentali. Nelle oligofrenie di alto e medio grado il reattivo del Rorschach non è
applicabile, sia per le difficoltà di comunicazione verbale, sia per il grave deficit delle capacità percettivo-
associative. Il test si può somministrare con un certo profitto ai soggetti la cui età mentale raggiunga
almeno i cinque o sei anni, classificabili in genere nel gruppo dei deboli di mente. La prova è utile
anzitutto, specie nell'età infantile, per differenziare i veri dai falsi ritardati psichici. Questi ultimi simulano
in apparenza una situazione carenziale che non esiste o è assai più limitata del suo quadro di superficie.
Alla base di questa situazione si possono trovare compromissioni degli organi di senso (soprattutto
dell'udito e della vista) o blocchi nevrotici di compenso verso l'apprendimento, di origine abitualmente
familiare. I test di livello non sempre infatti chiariscono il problema, poiché il loro carattere scolastico
suscita non di rado difese emozionali, mentre il Rorschach può essere prospettato come situazione nuova
e ludica più accettabile. È comunque indispensabile la comparazione dei risultati ottenuti con le due
tecniche, dando maggior rilievo di credibilità al settore in cui si ottengono le prestazioni migliori. Nei veri
deboli mentali, il reattivo del Rorschach contribuisce all'impostazione dell'indirizzo psicopedagogico,
chiarendo sia il quadro intellettuale che quello emotivo.
La qualità delle risposte forma ci offre indicazioni di base sulle capacità percettive, la cui diminuita
efficienza si manifesta con le F-. Si ha qui una misura dei settori più elementari, ma indispensabili
dell'intelligenza, legati alla sensorialità. Il modo di comprensione offre caratteristiche assai variabili di
caso in caso. Nelle forme più gravi, anche se l'impegno collaborativo è buono, non si riesce molte volte
neppure a stabilire una vera e propria localizzazione, poiché i soggetti offrono risposte non obiettive e,
alla richiesta di un riferimento con l'immagine, spostano qua e là il dito sulla tavola. Nei pazienti in cui è
possibile una localizzazione, a volte prevalgono, anche allo stesso livello quantitativo d'intelligenza, delle
G piuttosto imprecise, a volte invece si ha una deviazione verso il dettaglio o l'iperdettaglio. Si può
supporre che la differenziazione scandisca individualità tendenti rispettivamente alla sintesi superficiale
o alla dispersione particolaristica con carenza di associazione. Le Do, espressione appunto di un difetto
associativo, si riscontrano assai spesso negli insufficienti mentali. Un altro rilievo abbastanza frequente è
rappresentato dalle DG, il cui significato alterna indicazioni di un elementare processo pseudo-
associativo a spunti di attrazione emotiva suscitati da un dettaglio e allargati per questa esigenza a tutta
la macchia. Siamo qui a un livello intellettuale alquanto superiore che può anche rasentare i confini con
la normalità.
Il tipo di risonanza intima è rappresentato d'abitudine esclusivamente dal colore e perde quasi ogni
validità proiettiva per la ricostruzione dell'orientamento emozionale. Nei soggetti meno gravi può
riscontrarsi comunque qualche sporadica risposta movimento animato. Il colore è spesso clamoroso o
appare come semplice denominazione da non siglarsi fra le risposte. Sul piano quantitativo globale è più
facile riscontrare coartazione, sebbene non manchino ad ogni livello individui tendenti all'eccitamento
con T.R.I. dilatato. Le altre determinanti sono piuttosto rare, specie il chiaroscuro, oltretutto non sempre
ben ravvisabile in risposte carenti di obiettività e di precisione. È possibile invece qualche risposta
movimento inanimato, specie nei soggetti relativamente più evoluti. La sua interpretazione, in questi
casi, lascia comunque molte perplessità. Fra i contenuti, la presenza di animali e di banali ha in questa
sede paradossalmente un ruolo più che positivo, in quanto il fatto di avvicinarsi al pensiero
standardizzato rappresenta, per un insufficiente mentale, un segno di relativa evoluzione. Di notevole
frequenza le risposte oggetto e naturali di tipo infantile, anche in individui di età adulta.
Le stereotipie sono fra i segni patognomonici negli insufficienti mentali su base post-cerebropatica. Esse
rivelano talora la ripetizione puramente automatica di una percezione iniziale od anche più raramente
una sollecitazione emotiva divenuta iterante. L'interpretazione stereotipa caratterizza pure quasi
costantemente l'associazione fra deficienza mentale ed epilessia. La produzione di originali non è affatto
rara, ma si tratta quasi sempre di O-. Abbiamo però osservato, rimanendone all'inizio sorpresi, che alcuni
deboli mentali punteggiano i loro protocolli d'improvvisi e imprevisti bagliori rappresentati da qualche
O+, anche particolarmente ben vista ed emotivamente efficace, per ricadere subito dopo nel grigiore
dell'uniformità carenziale. Il senso estetico che caratterizza talvolta queste risposte positive ed
eccezionali trova riscontro nell'embrionale sensibilità artistica offerta da qualche soggetto deficitario e
soprattutto dai down. Le confabulazioni non mancano ed esprimono almeno un certo grado di
disponibilità comunicativa. Esse riflettono quasi sempre aspetti di routine della vita familiare o
fisiologica. Altre volte invece prospettano contenuti di tipo delirante o un'assurdità dissociativa. In tali
casi è legittimo sospettare la talora riscontrabile associazione fra insufficienza mentale e psicosi. Il
turning che si osserva correntemente nei deboli mentali deve essere interpretato in prevalenza, a nostro
parere, come puro segno d'instabilità.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 7 Sessione 2 – LA PATOLOGIA – parte b
Le nevrosi. Prima di procedere alla classificazione interpretativa, specificamente riferita al reattivo del
Rorschach, dei vari quadri nevrotici, elencheremo in apertura alcuni segni generali di fondo che
caratterizzano globalmente questo gruppo di affezioni. Per concorde parere di quasi tutti gli autori, il
dato del Rorschach dal valore più generico e onnicomprensivo è rappresentato dal fenomeno dello
shock. La notazione è sicuramente valida, anche se lo shock colore, il più frequente, appare in molti
soggetti iperemotivi e non chiaramente nevrotici a livello di sintomatologia. Lo shock al grigio presenta
per contro alcune indicazioni specifiche di cui parleremo fra breve. In linea di massima, ad ogni modo,
per una diagnosi di nevrosi è necessario che lo shock sia accompagnato da altri elementi di sostegno. Con
lo shock offre affinità semantiche il colore puro o almeno abbastanza carico di emotività (C o CF), di cui
avremo ancora occasione di parlare. Poiché l'ansia e la sua forma maggiore rappresentata dall'angoscia
entrano almeno in parte nel quadro complesso di quasi tutte le nevrosi, il dato che le identifica nel
Rorschach, ossia il chiaroscuro, si osserva con grande frequenza intensificato in forme assai diverse. Le
risposte dettaglio bianco, con il loro sottofondo polemico e con le loro implicazioni di imperfetto
adattamento sociale, sono anch'esse un reperto comune in questo diffuso settore della piccola patologia
psichiatrica.
I contenuti infine, e particolarmente quelli aggressivi, aiutano a completare la diagnosi e indirizzano la
successiva ricerca dei presupposti profondi. La sindrome isterica, con le sue clamorose note caratteriali di
labilità emotiva, esibizionismo, suggestionabilità e impulsività, si esprime proiettivamente in larga
prevalenza con un tipo di risonanza extratensivo e con una qualità del colore molto intensa. Altri segni
frequenti sono l'abbassamento della percentuale di risposte forma, che spesso mancano totalmente
nelle tavole colorate, e gli shock. Quello al colore manifesta un'impulsività più immediata e una
pressione più scoperta sull'ambiente, mentre quello al grigio accenna difese conflittuali anche di settore
che talvolta s'inseriscono subdolamente nelle stigmate dell'isterico, costringendolo a difese
apparentemente in contrasto con la sua teatralità e a impreviste frammentazioni e contraddizioni
comportamentali. Il gruppo più misterioso e intellettualmente più sconcertante delle nevrosi è certo
quello che include le forme coatte, fobiche ed ossessive. I pazienti di questo tipo sono assurdamente
dominati da timori di cui ammettono l'irrazionalità o dall'ossequio a rituali almeno in parte criticamente
rifiutati dalla coscienza. L'imprigionamento sofferto nella coazione, che avvolge come una rete
impalpabile il malato, appare impeccabilmente attraverso la coartazione del tipo di risonanza intima e
l'ovvia elevazione della percentuale di risposte forma. L'agganciamento ossessivo alla ritualità si modella
nel monocorde susseguirsi delle stereotipie.
Le forme fobiche, con la loro paura ingiustificata, sono tipicamente, anche se non costantemente
espresse dallo shock alle tavole II e IX, la prima caratterizzata dalla comparsa improvvisa del rosso visto
come sangue, la seconda dall' evanescenza terrificante dei suoi colori sfumati e delle sue figurazioni
imprecise. Ancora nelle fobie è naturale il riscontro di un numero variabile di risposte sadiche, in questi
casi intese masochisticamente o con ambivalenze di rivalsa. Poiché l'angoscia è un corollario quasi
costante di affezioni che impongono legami costrittivi e rifiutati, si comprende come il chiaroscuro e lo
shock al grigio entrino spesso negli psicogrammi di questo gruppo. La depressione nevrotica è per
assunto una depressione ansiosa, non così totale e rinunciataria come quella psicotica, ma ancora un
poco combattiva, anche se in modo sofferto. Essa si presenta proiettivamente con l'impronta comune
della categoria, costituita dalla tendenza all'iperdettaglio e quasi sempre pure dalla coartazione del T.R.I.
La sua differenziazione dalle forme endogene è logicamente connessa alle sue caratteristiche. Le nevrosi
depressive, infatti, offrono quasi sempre abbondante chiaroscuro e quindi una diminuzione alquanto più
modesta dell'F%. La nevrosi ansiosa, anche se l'ansia si acquisisce come sintomo generico, può apparire
talvolta allo stato puro o quasi puro ed è allora evidenziabile in un chiaroscuro cui si associano pochi altri
segni di tipo nevrotico.
Le malattie psicosomatiche, la cui incidenza è da qualche decennio in crescente aumento, derivano nella
maggior parte dei casi da una somatizzazione dell'ansia o da un artificio inconscio di tipo isterico, che
mira a un dominio segreto sull'ambiente. Esse entrano nel quadro più ampio, psichico e
comportamentale, di nevrosi miste, oppure danno corpo a sindromi peculiari relativamente ben
delimitate, tanto da proporre con frequenza il sospetto di organicità. Questa sintesi panoramica lascia
intravedere, data la vastità e la multiformità dei quadri, quanto sia vario e non codificabile con precisione
il linguaggio psicodiagnostico dei disturbi funzionali. Quando la tematica conflittuale delle nevrosi
elabora soprattutto il problema sessuale, come ad esempio nell'impotenza, nella frigidità o nelle
perversioni, è frequente, specie oggi, che l'argomento s'inserisca nei contenuti come risposta «Sex».
Il suo eventuale carattere stereotipo tende a sottolineare la componente fobico-ossessiva. Altre volte,
quando più rigida è la censura dell'individuo o dell'ambiente, è possibile la strutturazione di quei
simbolismi verso i quali il nostro atteggiamento interpretativo s'ispira alla prudenza e al doveroso
controllo. Gli artifici di mascheramento, che non riguardano soltanto il sesso, sono da sospettarsi con più
attendibilità quando coesistono altri contenuti che proiettano questa propensione: così le risposte
«maschera» o «vestito». Anche la tendenza autopunitiva merita interesse in questo settore. Essa è talora
riconoscibile nelle figure umane acefale, in un eccesso di globali incomplete o in un sadismo
contenutistico compiaciuto.
IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO
PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 7 Sessione 3 – LA PATOLOGIA – parte c
La dissocialità minorile. Il conflitto aperto fra individuo e società, frequente nell'età evolutiva, è
imputabile a una tanto ampia serie di fattori, che la sua valutazione psicodiagnostica può essere
difficilmente ricondotta a un comun denominatore interpretativo. Le cause ambientali, oggi considerate
quelle di maggior rilievo all' origine della precriminalità, possono ovviamente agire su tipi umani
accomunati solo dal luogo e dal costume e quindi non necessariamente assimilabili dal punto di vista
psicologico. Il comportamento dissociale riferibile a gravi deviazioni psichiche scandisce per contro
individualità ben riconoscibili anche con l'ausilio del Rorschach, che saranno trattate nel prossimo
paragrafo. Anche i nevrotici, infine, sono in vario grado socialmente disadattati sino all' opposizione
clamorosa. Lo studio della personalità consente in genere l'avvertimento di situazioni almeno
potenzialmente abnormi per quanto riguarda l'armonia dei rapporti interpersonali e collettivi. Quando la
dissocialità è già profondamente radicata nel comportamento del singolo, appaiono comunque
abitualmente nel protocollo Rorschach alcuni segni abbastanza tipici, la cui presenza non è affatto
probativa in questo senso ma può rafforzare altri elementi di giudizio o di sospetto. Questi dati, inoltre,
s'inseriscono in quadri psicodiagnostici estremamente diversi, cui attribuiscono un apporto puramente
settoriale.
Nell'ambito della nostra statistica abbiamo avuto occasione di esaminare parecchi ragazzi dissociali, nei
quali abbiamo notato una significativa e quasi concorde serie di elementi, che ora esporremo: a) Alta
percentuale di risposte dettaglio bianco, che rappresenta in assoluto il dato più frequente. Il rilievo è
d'altra parte giustificabile sul piano teorico dal significato del Dbl, che esprime appunto una situazione di
cattivo e polemico o frustrato adattamento sociale. b) Colore caratterizzato almeno in parte dalla
clamorosità, in seno a tipi di risonanza intima tutt'altro che affini: dilatati o coartati, intratensivi o
extratensivi. c) Gruppi di contenuti rapportabili gli uni agli altri più per le significazioni implicite che per i
temi anche contrastanti. Abbiamo così osservato risposte aggressive e sadiche, figure umane acefale,
maschere, vestiti. La loro analisi ci ha consentito di ravvisare indicazioni confluenti di rivalsa violenta
verso la società o suoi settori e, nel contempo, un'esigenza di autocopertura tipica di chi teme una
colpevolizzazione.

Personalità psicopatiche e psicosi. È questo un ruolo psicodiagnostico assai delicato, che per la verità il
reattivo del Rorschach assolve con spiccate alternanze di attendibilità. Esso consente in alcuni casi
brillanti e precoci riconoscimenti di condizioni psicopatologiche anche in assenza di una sintomatologia
conclamata, mentre può restare muto o quasi in situazioni d'indiscutibile abnormità. Può apparire
sorprendente che tale alternanza non si pro-spetti per le nevrosi. Una più accurata disamina chiarisce
però ineccepibilmente il divario. Il nevrotico manifesta dinamicamente in modo costante il suo
disadattamento, offrendo tratti emotivi tanto infiltrati nel suo carattere da non poter essere celati,
almeno a livello di sfumature. Lo psicotico, invece, è spesso in grado di presentare quadri esteriori
relativamente normali, a volte abbastanza protratti nel tempo.
Ci è sembrato opportuno trattare questo argomento di particolare difficoltà, classificando e riferendo i
segni psicodiagnostici ai diversi sintomi anziché ai vari quadri nosografici, poiché in effetti sono questi i
limiti che la metodologia ci ha sperimentalmente confermato. Le idee deliranti, assurde e contrastanti
con la comune obiettività e con il giudizio razionale, prendono corpo drasticamente in molte psicosi e
come semplice tendenza, in parte controllata, a livello di alcuni disturbi di personalità. Nel reattivo del
Rorschach esse si manifestano soprattutto con le risposte originali negative, contraddistinte appunto da
un'infrazione dell'obiettività sostenuta da una creatività e da una carica di convinzione abnormi. Il
bisogno di comunicare ad ogni costo le proprie tesi, i propri timori e le proprie ambizioni, conduce talora
il delirante a strutturare anche delle confabulazioni, che allargano gli scarni confini di una risposta nel più
ampio anche se distorto respiro di una narrazione. Chi è affetto da delirio può tendere a teorizzazioni di
principio che si esprimono in frequenti risposte astratte o simboliche. Le paure e gli autoriferimenti (o
addirittura le allucinazioni) che punteggiano le costruzioni deliranti danno luogo infine a non rare
manifestazioni di shock o di rifiuto, di solito clamorosamente esplicate.
L'eccitamento patologico maniacale o ipomaniacale influisce sensibilmente sul tipo di risonanza,
dilatandolo, sulla percentuale di risposte forma, abbassandola, e sul modo di comprensione,
incrementando d'abitudine le globali. Assai frequenti sono negli eccitati anche le risposte colore puro, da
cui deriva con maggior frequenza un'extratensione. La depressione endogena offre in linea di massima
segni specularmente opposti ai precedenti, caratterizzando lo psicogramma con una tendenza
all'iperdettaglio, con un aumento della percentuale di risposte forma e con una coartazione del tipo di
risonanza intima. Essa censura inoltre, con un disinteresse implicito, l'efficienza e l'originalità. La
dissociazione intrapsichica, quando non è tanto marcata da influenzare in modo scoperto il
comportamento e l'ideazione del malato (ed allora tutto lo psicogramma ne è sconvolto), si può
manifestare in modo sottile o imprevisto o alternante. Ne derivano improvvisi difetti dell'associazione
(ad esempio DG e Do) inosservanze del rispetto alla forma in precedenza impeccabile (F- ed O-),
inaspettati ripiegamenti autistici che inducono rifiuti a proseguire la prova, cadute o vuoti astensionistici
nella collaborazione. Altre volte si hanno stereotipie, automatismi verbali e agganciamenti reciproci di
parole in base a criteri segreti, tipici di una mente rifugiatasi nel surreale.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 7 Sessione 4 – LA PATOLOGIA – parte d
L'epilessia. La vischiosità che distingue l'epilettico impronta anzitutto la sua dinamica comportamentale
nel corso della prova, attribuendole note di noiosità, di verbosità, di perfezionismo e talora di lentezza,
ben riconoscibili dall'operatore esperto. Il numero delle risposte ne risulta quasi sempre aumentato e
così spesso anche il tempo totale impiegato. Il segno psicodiagnostico quasi patognomonico dell'epilessia
è rappresentato dalle stereotipie, anch'esse espressione automatizzata della vischiosità. L'elemento è
tanto spesso probativo da rendere consigliabile l'effettuazione di un Elettroencefalogramma in ogni
soggetto in età evolutiva che presenti un numero significativo di risposte stereotipe.
La diagnosi differenziale si pone soprattutto con le nevrosi fobico-ossessive, in cui si riscontrano pure
stereotipie assai frequenti. In questi casi, però, coesistono quasi sempre altri segni specifici (alto
chiaroscuro, coartazione del T.R.I., shock alle tavole II e IX, shock al grigio, iperdettaglio) e inoltre il
contenuto delle risposte incriminate rivela non di rado i temi elaborati dagli spunti fobici o dai rituali
ossessivi. Abbiamo osservato nei ragazzi epilettici salve di risposte simili per una stessa macchia, che non
rientrano nelle stereotipie classiche ma sono comunque un dato di rilievo (ad esempio alla tavola I:
moscone - calabrone - vespa - grosso insetto volante). La tendenza all'automatismo e la vischiosità
appaiono infine in molti casi nel così detto «amore per un tema», che induce lunghi elenchi di risposte
appartenenti ad una stessa categoria nelle diverse tavole. Un segno che si presta a interessanti e
divergenti interpretazioni è costituito dalla bassa percentuale di risposte animali. Per nostra
osservazione, il dato è frequente, ma per la verità tutt' altro che costante. Fra le varie spiegazioni che ne
sono state offerte, ci convince in prevalenza quella che assegna all'epilettico il ruolo consapevole di
«persona diversa», che tende perciò a distaccarsi dall' espressione più corrente del pensiero
standardizzato, ossia dalle risposte animali. Un elemento abbastanza probativo, ma piuttosto raro, è da
ravvisarsi nella «fusione figura-sfondo». Perché possa assumere un valore diagnostico riteniamo
comunque che debba associarsi ad altri dati.
L'aggressività è certo un' altra impronta caratteristica dell' epilettico, che prende corpo nel protocollo
offrendo risposte appunto a contenuto aggressivo o sadico. Questo dato, però, da solo, non induce
neppure un sospetto di epilessia, in quanto riscontrabile in frequentissime altre condizioni psichiche.
Ancora la vischiosità epilettica determina sovente una tendenza alle critiche e ai commenti, caratterizzati
da pedanteria e automatismi di contenuto. Per quanto riguarda il tipo di risonanza intima, i rilievi dei vari
autori, ed anche i nostri, sono quanto mai compositi, presentando alternanze sia per la dilatazione che
per il rapporto movimento-colore. Si è parlato di più frequente dilatazione negli epilettici recenti e di
coartazione negli inveterati, ma non abbiamo trovato conferma dell'ipotesi.

Segni generici di organicità cerebrale. Non ci sembra legittimo pretendere che il reattivo del Rorschach si
assuma il compito di un preciso strumento per le diagnosi neurologiche. Con esclusione dell'epilessia, di
cui abbiamo appena trattato, gli si può assegnare al massimo il ruolo di rivelatore aspecifico di
abnormità. In sintesi, i segni che possono orientare in questo senso sono soprattutto i seguenti: a- cattiva
percezione della forma, b -originali negative, c -globali confabulatorie, d -dettagli oligofrenici, e -tendenza
all'iperdettaglio, f -coartazione del tipo di risonanza intima, g -stereotipie, h -disordine clamoroso nella
successione. Il valore diagnostico di questi segni è naturalmente tanto più attendibile, quanto più essi
confluiscono.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 8 Sessione 1 – L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA – parte a
Rilievo della dinamica comportamentale. Nel bambino e nell'adolescente, per una serie complessa di
motivazioni, l'osservazione del comportamento durante la prova può assumere un valore tanto notevole
da condizionare, assai più spesso che nell'adulto, tutta la psicodiagnosi. Si deve considerare anzitutto il
livello dell'attenzione accordata al test. È questo un problema che riguarda in prevalenza il bambino più
piccolo, in cui si presenta con grande frequenza, e non sempre su base veramente patologica, la
sindrome dell'instabilità. L'abilità e il senso psicologico dell' operatore contribuiscono in modo essenziale
a neutralizzarla, ma ciò non è comunque possibile in tutti i casi. Se il soggetto non mantiene la sua
attenzione sulle tavole per un tempo sufficiente a concretare un buon processo percettivo-associativo, la
valutazione conclusiva dovrà tenerne conto. Così una percentuale sensibile di F- avrà un significato
chiaramente deficitario in un soggetto attento e impegnato sia pure nei limiti delle sue possibilità,
mentre fornirà solo orientamenti dubitativi quando la cattiva percezione potrà essere addebitata almeno
in parte all'instabilità attentiva.
Un secondo fattore psicodinamico da tener presente è quello della disposizione affettivo-emotiva del
soggetto verso l'esaminatore. Il timore, la diffidenza e l'ostilità si riscontrano nel paziente in età
evolutiva, almeno come fenomeni iniziali, con incidenza molto maggiore che nell'adulto. Ciò deriva o da
un orientamento generale iperdifeso verso l'ambiente o da un atteggiamento specifico verso lo
psicologo. A questo proposito è indispensabile sottolineare che i bambini e i ragazzi non giungono in
linea di massima all'esame psicologico per una decisione libera e au-tonoma, ma perché condotti dai
familiari. Nell'infanzia, il problema configura aspetti di timore nei confronti di un obiettivo non
conosciuto e successive compensazioni di tipo aggressivo o astensionistico. Nell'adolescenza, invece, la
situazione si presenta come una delle tante costrizioni in conflitto con un' autonomia in fase di faticosa
acquisizione. Ciò naturalmente non rappresenta la regola, poiché gran parte dei soggetti è ben
disponibile, ma solo un fenomeno di maggiore frequenza. La ridotta disponibilità può influire su diversi
settori del reattivo. Le sue significazioni intellettuali sono talora censurate dal desiderio di non rischiare
o, per contro, da una specie di sfida, con molti punti di contatto con l'atteggiamento che questi individui
assumono nei confronti della scuola. Anche il settore affettivo-emotivo del test ne può risentire: ad
esempio con una coartazione del tipo di risonanza.
Anche qui la valutazione dello psicogramma dovrà necessariamente inserire nei suoi elementi di giudizio
l'origine psicodinamica di ogni dato, contemplando la possibilità che si tratti di fatti contingenti,
sollecitati dall' emozione. L'indirizzo da seguire per neutralizzare o meglio ancora prevenire queste
interferenze si differenzia secondo l'età del paziente. Il bambino più piccolo risente in modo positivo di
un rapporto ludico e accetta in genere di collaborare con chi mostra sino dall'inizio di voler «giocare» con
lui, caratterizzandosi inoltre in modo affettivo e non repressivo. Per l'adolescente il problema è più
complesso e implica sempre l'esigenza di un certo grado di transfert, connesso alla convinzione che
l'esaminatore rispetti l'autonomia e la maturità dell'esaminato. Se lo psicologo, anche nell'ambito di un
rapporto non prolungato, riesce a farsi accettare come consulente personale del ragazzo, distanziando
nettamente la sua figura da quella dei genitori e dall'immagine di una collettività umana a volte
avversata, ne scaturisce quasi sempre una collaborazione più che fattiva e fiduciosa. La nostra posizione
diverge qui notevolmente da quella di chi sostiene la necessità di non motivare in alcun modo la prova.
L'adolescente è quasi scontatamente consapevole di essere sottoposto a un esame psicologico. Egli deve
perciò conoscerne gli scopi, comprendere cioè che i risultati del test lo aiuteranno a strutturare scelte di
vita, di studio o di lavoro, per lui comunque vantaggiose.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 8 Sessione 2 – L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA – parte b
Alcuni dati caratteristici nella prima e seconda infanzia. Il bambino in età prescolare o ancora all'inizio
dell'età scolare non ha avuto modo di esercitare ed agganciare ad obiettivi costanti e rispondenti a uno
scopo conoscitivo le sue capacità di percezione-associazione e di analisi. Egli tende in linea di massima a
visioni globali e non approfondite, con la sporadica comparsa di qualche elemento più minuzioso a sé
stante. Si comprende dunque come egli presenti di solito parecchie G piuttosto imprecise e non sempre
attendibili, anche se talora sorprendentemente efficaci, accompagnate anche, il che può apparire
paradossale, a dettagli piccoli del tutto autonomi dal contesto generale. Talvolta costruisce pure delle
DG, perché emotivamente sollecitato da un dettaglio connesso a precedenti ricordi per lui significativi. Le
stesse Do non hanno necessariamente a questa età un valore patologico, appunto per la mancanza di
allenamento nell'associazione. Col progredire dell'età cominciano a differenziarsi maggiormente i tipi
umani propensi ad offrire risposte globali o di dettaglio. Sempre nel bambino piccolo e per i motivi già
esposti riguardanti l'organizzazione logica delle percezioni non ancora maturata, la successione presenta
più spesso una tendenza al disordine.
Nel campo delle determinanti, la qualità della forma deve essere valutata nel bambino piccolo con
maggiore tolleranza verso le F-. La nostra elasticità generale in questo campo, che tende a classificare
come F+ ogni forma riconoscibile a grandi linee, riduce però il valore di questo rilievo. Ancor di più si
differenzia il nostro indirizzo per quanto riguarda il movimento. Il fatto di accomunare il movimento
animale e quello umano ci porta a riscontrare una percentuale maggiore di M anche nei bambini. Essa è
comunque decisamente più bassa anche per noi nell' età prescolare. Quando le M non sono ancora ben
maturate, si riscontrano naturalmente molte false extratensioni, cui non può essere attribuito l'abituale
valore diagnostico. Nei nostri piccoli pazienti abbiamo rilevato in genere una buona incidenza del colore,
smentendo le constatazioni opposte di altre statistiche. Le coartazioni infantili del tipo di risonanza
intima sono certo più frequenti che nell'adulto, ma sono, in caso di normalità, da imputarsi più alla
mancanza di movimento che di colore. La denominazione colore, nel bambino di età inferiore ai sei-sette
anni, non ha necessariamente un valore patologico.
Fra i contenuti, il dominio delle animali è nel bambino ancor più spiccato, in rapporto ai fattori educativo-
culturali che abbiamo più volte esposto. La percentuale di umane pure è sicuramente inferiore nel
bambino piccolo, ma è talora in parte sostituita da figure umane antropomorfe o da immagini delle
favole o dei cartoni animati, che hanno in pratica il medesimo valore diagnostico. Decisamente più alta
nell'infanzia è l'incidenza delle risposte naturali, botaniche ed oggetto. Durante la scolarità, con significati
variabili d'impronta esibizionistica o più tranquillamente speculari dell'apprendimento, si osservano con
frequenza le risposte geografiche. Per quanto riguarda le banali, ne abbiamo osservato una certa carenza
prima della frequenza scolastica, uniformandoci alle statistiche generali, ma non negli anni
immediatamente successivi. Per le originali, invece, abbiamo osservato notevolissime differenze di
percentuale secondo l'ambiente sociale e culturale in cui vive il soggetto e abbiamo cercato in parte di
neutralizzare il fenomeno, adattando appunto la siglatura all'ambiente, ossia valutando come originali
tutte le risposte che si distanziano in qualche modo dall'impronta formativa ricevuta. Le originali
negative non sono da considerarsi patologiche nel bambino molto piccolo, ma propongono elementi di
sospetto quando la scolarità è più avanzata.
Confermiamo il reperto di un'incidenza di solito elevata di risposte dettaglio bianco nell'infanzia, ma non
accettiamo la sua cancellazione psicodiagnostica, ossia l'interpretazione come fascino percettivo per il
vuoto. Per noi, la frequenza di Dbl nell'infanzia è proprio un'espressione dell'aggressività e della
competitività infantile, d'altra parte ribadita dalla parallela presenza di parecchie risposte aggressive e
persino sadiche anche in soggetti da situarsi ancora nella normalità. È certo co-munque però che i
bambini con note di comportamento dissociale offrono percentuali ancor più clamorosamente elevate di
Dbl. In linea di massima, i contenuti aggressivi e il dettaglio bianco propongono un'espressione palese
delle loro istanze più facilmente quando il T.R.I. è dilatato e marcatamente extratensivo. Negli
intratensivi e nei coartati si osservano più spesso rimozioni conflittuali e compensazioni psicosomatiche
anziché comportamentali. Il turning è assai facilmente osservabile nei bambini e può essere motivato con
notevole diversità di caso in caso: come espressione di instabilità psicomotoria generica, come segno di
curiosità estroversiva o di aggressività non rispettosa delle regole o, al contrario, come elemento
d'insicurezza e indecisione.
Negli ultimi anni abbiamo osservato un deciso incremento delle risposte sessuali, non simbolizzate ma
direttamente espresse, nell'infanzia. Attribuiamo il rilievo a un'evoluzione del costume e alla più
frequente educazione sessuale nell'ambito delle famiglie. Le eventuali implicazioni morbose sono
facilmente riconoscibili nel bambino per l'imbarazzo o invece per l'allusività consapevole, comunicata
mimicamente, che accompagna le risposte. Un altro dato quasi sempre patologico nell'adulto non lo è di
necessità nel bambino: la confabulazione. Nell'infanzia soprattutto prescolare, molti soggetti anche
normali inseriscono narrazioni nelle risposte. I temi preferiti e psicodiagnosticamente tranquilli
riguardano costruzioni tratte da favole o spettacoli ed eventi comuni della vita personale e familiare.
Maggiore attenzione ed anche approfondimento meritano però le confabulazioni troppo permeate
d'incoerenza e quelle che riflettono contenuti chiaramente conflittuali, ad esempio di ordine aggressivo o
con autoriferimenti vittimistici.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 8 Sessione 3 – L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA – parte c
Preadolescenza e adolescenza – prima parte. I segni che riguardano l'intelligenza di base dell'individuo
prendono corpo e si stabilizzano gradualmente con il progredire dell'età, sino a raggiungere il loro pieno
sviluppo nell'adolescenza inoltrata. Così il modo di comprensione elimina l'eventuale eccesso di G
infantile, conseguendo i valori, alti o bassi, che sono propri di ogni personalità. Esso è naturalmente
influenzabile dalle situazioni emotive contingenti, di cui occorre particolarmente tener conto in un
periodo evolutivo in cui esiste una tendenza, anche transitoria, a reagire più intensamente. Il movimento
animato si struttura e si consolida secondo le possibilità di ogni soggetto e secondo i fattori emozionali di
cui parleremo più avanti. Il valore culturale dei contenuti risente dell'esperienza scolastica e del modo,
gratificante o frustrato, in cui è vissuta. Altri fattori di costume e d'ambiente, dalla religione alla politica,
dalla moda nel vestire allo sport, dalla musica alle abitudini edonistiche, offrono materiale assai variabile
ai temi delle risposte. A questo proposito, è interessante osservare come le successive modifiche che
distinguono l'avviamento alla maturità siano largamente condizionate dall'ambiente e dall'attività svolta,
tanto da spegnere in apparenza interessi conoscitivi e da sostituirli con orientamenti praticoeconomici o
invece da incrementarli ulteriormente, quando il soggetto persegue ancora fini conoscitivi e creativi.
L'originalità e l'espressione più o meno sicura degli strumenti intellettuali di fondo non derivano solo da
fattori culturali ma anche dal grado di superamento in ogni individuo dell'inferiorità infantile e dal livello
d'integrazione nella famiglia e nell'ambiente. È soprattutto l'espansione del T.R.I. a orientarci in questo
campo, in quanto una sua coartazione appare più facilmente in soggetti inibiti, che censurano le proprie
potenzialità, mentre una sua dilatazione, anche se accompagnata a intratensione, rivela di solito una
comunicazione efficace almeno in campo intellettuale.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 8 Sessione 4 – L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA – parte d
Preadolescenza e adolescenza – seconda parte. L'adolescente, specie nella società attuale, persegue una
linea affermativa polemica verso gli schemi educativi impartiti dai genitori e mostra spesso una notevole
competitività. Di qui il mantenimento della significativa percentuale di dettagli bianchi e di risposte
aggressive, già notata nell'infanzia. I contenuti sono più vicini, nella comunicazione aggressiva, a quelli
degli adulti e fanno meno ricorso a immagini delle favole e dei cartoni animati, sostituendoli con richiami
al reale o con simbolismi più maturi. La palese estrinsecazione dell'aggressività è sempre da rapportarsi
all'extratensione e all'espansione del T.R.I. L'applicazione del test a ragazzi dissociali ha confermato la più
marcata incidenza in questi soggetti del dettaglio bianco.
Il bisogno dell' adolescente di affrancarsi dai legami della famiglia è largamente in ambivalenza con
l'insicurezza individuale e il desiderio, talora inconfessato, di protezione. Da ciò deriva, nel reattivo del
Rorschach, la presenza comune a quest'età di segni di iperemotività e di nevrosi, come gli shock, il
chiaroscuro nelle sue varie forme e le percezioni cromatiche molto intense. Il movimento animato, nei
soggetti di sufficiente intelligenza per strutturarlo, può incrementarsi anche transitoriamente,
evidenziando spesso un'intratensione di fase tipicamente adolescenziale o la coesistenza di kinestesie e
colore accentuato, espressione contraddittoria di una fusione fra ripiegamenti interiori e aspirazione a
integrarsi nel gruppo. Un rilievo della nostra statistica può apparire sorprendente: la relativa diminuzione
di risposte sessuali nell'adolescenza rispetto all'infanzia. Ciò non può ovviamente riferirsi al calo degli
interessi per il sesso, che anzi si incrementano, ma al superamento di una fase embrionale più ingenua e
al passaggio a una nuova fase in cui la vita sessuale è vissuta in modo individuale più privato e sofferto o
esplicata nell'ambito di un gruppo chiuso alle comunicazioni con gli adulti.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 9 Sessione 1 – CASISTICA – parte a
Premessa. Il protocollo Rorschach dei casi qui presentati è integrale, anche se l'esposizione di alcune
risposte è stata un po' sintetizzata per non appesantire eccessivamente il testo. I riferimenti di
localizzazione sono stati omessi per le globali.
DESCRIZIONE Numero di risposte ai livelli superiori della media (30). Tempo medio di reazione nella
norma. Modo di comprensione decisamente deviato verso le risposte globali (G, G e DG = 47%), con una
significativa percentuale di risposte globali incomplete più una globale confabulatoria (29% del totale
delle risposte globali). Fra le risposte dettaglio (D + Dd = 53%) è degna di nota l'incidenza delle risposte
dettaglio piccolo (Dd = 19% del totale delle risposte dettaglio) e del dettaglio bianco (Dbl = 17%). Una
risposta fusione figura-sfondo (FFS). Successione in prevalenza ordinata. Molto bassa la percentuale delle
risposte forma (F% = 30, sempre percettivamente corrette. Tipo di risonanza intima (T.R.I.) espanso (57
%), pressoché ambieguale tra intratensione e extratensione (8:8½), con una qualità del colore molto
calda (C+CF : FC = 7:1). Notevole incidenza del chiaroscuro, semplice, tattile e, in particolare prospettico
(CHS = 2, CHST = 1, CHSP = 5). Percentuale di risposte animali (A+Ad) che si posiziona sopra i livelli medi
(57%.); buona l'incidenza di risposte umane (H+Hd = 17%), viste sempre intere, tranne una sola volta.
Ricca varietà degli altri contenuti, fra cui si rilevano risposte del gruppo aggressivo (Aggr, Fuoco, Orr, Sad
e Sangue), Artistiche, Sessuali, Euforiche e Vestito. Due risposte Confabulate. Percentuale elevata sia di
risposte banali (Ban = 30%) che di risposte originali (O = 27%), un quarto delle quali non è, però,
percepito in modo corretto. Due shock colore alle tavole II e IX, uno shock al grigio alla tavola IV, due
critiche (tavole III, VII)..
INTERPRETAZIONE Il reattivo segnala un'intelligenza di ottimo livello, di tipo intuitivo-sintetico (alto
numero di risposte globali, movimento, umane e originali), anticonformista e polemica (Dbl e Critica),
dotata di una fervida immaginazione (O%), la cui spinta creativa, libera da schemi, la porta, però, a
valicare sporadicamente l'obiettività (O-), senza, però, compromettere mai la sua adattabilità allo
standard ambientale e al pensiero comune, ai quali sa adeguarsi sempre nel modo migliore (alta
presenza di risposte banali e animali). La buona reattività intellettuale (tempo medio di reazione = 52") è
indotta anche dalla discreta ambizione (numero delle risposte ai livelli superiori della norma). Come
modesti fattori di disturbo per la piena estrinsecazione intellettuale si segnalano la tendenza alla
minuziosità (alto Dd%) e l'insicurezza nell'associare (alta incidenza del dettaglio bianco e delle risposte
globali incomplete), quest'ultima dovuta a situazioni emozionali riferibili al vissuto personale e all'ansia
che si manifesta nel momento di affrontare con efficienza alcune situazioni (risposte chiaroscuro), specie
se rivolte all'approfondimento dei rapporti interpersonali (chiaroscuro prospettico).
Personalità molto emotiva e impulsiva (T.R.I. espanso, colore molto caldo e due Shock colore), ma capace
di una profonda introspezione (elevato numero di risposte movimento). I rapporti interpersonali, molto
desiderati, sono disturbati, nel pieno appagamento delle più calde e approfondite relazioni affettive,
dall'alto livello d'ansia (notevole incidenza del chiaroscuro), generata dal bisogno di penetrare a fondo
nell'animo umano (chiaroscuro prospettico), e dal timore (risposte anatomica e orrore) di incorrere in
dolorose frustrazioni (alto CF%). Ne consegue il rifugio in compensazioni ritenute capaci di appagare il
narcisismo di fondo (risposte paesaggio), le spinte affermative e di autovalorizzazione (risposta araldica)
e la sensibilità estetica (risposte artistiche). Si scorge la presenza di una certa instabilità emotiva (risposta
euforica) e di alcuni problemi conflittuali non risolti, ma tanto pressanti da essere inseriti nelle risposte
(risposte confabulate) e da spingere, talora, il soggetto a ripiegamenti regressivi (risposte naturali, e
cartoni animati). Si avverte, infine, il bisogno inconscio di nascondere qualche aspetto non apprezzato
della propria personalità con artifici variabili, a seconda, valorizzanti o autoprotettivi (risposta vestito), in
ambivalenza, talora, con implicazioni aggressive e di dominio.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 9 Sessione 2 – CASISTICA – parte b
DESCRIZIONE Numero molto elevato di risposte (superiore al doppio del limite massimo previsto). Tempo
medio di reazione nella norma. Modo di comprensione equamente ripartito fra le risposte globali (G, G/
e DG) e le risposte dettaglio (D e Dd). Degna di nota è l'incidenza delle risposte globali incomplete (G/),
delle dettaglio piccolo (Dd) e delle dettaglio bianco (Dbl). Una risposta fusione figura-sfondo (FFS).
Successione prevalentemente disordinata. Bassa percentuale delle risposte forma (F%), non sempre
percettivamente corrette (F+). Tipo di risonanza intima (T.R.I.) espanso (59%) e marcata- mente
intratensivo (25:9½), ma con una qualità del colore abbastanza calda (CF/FC = 6:3½). Una risposta
movimento inanimato (m); notevole incidenza del chiaroscuro (CHS, CHST, CHSP).
Percentuale di risposte animali (A+Ad), che si posiziona sotto il livello medio (34%); molto elevata, per
contro, quella delle risposte umane (H+Hd = 37%), viste quasi esclusivamente intere e con frequenti
implicazioni fantastiche. Ricca varietà degli altri contenuti, fra cui si segnalano risposte del gruppo
aggressivo (Fuoco, Orr e Sad), anatomiche (Anat), sessuali (Sex), euforiche (Euf), Vestito e Maschera. Due
risposte confabulate (Conf) e tre contaminate (Cont). Incidenza molto bassa delle risposte banali (Ban);
molto alta delle risposte originali (O%), circa un quarto delle quali non è, però, corretto dal punto di vista
percettivo. Scarso il turning; non altri fenomeni particolari.

INTERPRETAZIONE Il reattivo segnala un'intelligenza di ottimo livello (G, M, H, O%), di tipo intuitivo (alto
G%), disponibile sia alla sintesi che all'analisi (Modo di comprensione equilibrato), anticonformista,
molto polemica e oppositiva (Dbl), dotata di una fervida immaginazione (O%), la cui spinta creativa,
libera da schemi, la porta, però, a valicare occasionalmente l'obiettività e l'aderenza al concreto (O+, O-),
rendendola poco adattabile allo standard e al pensiero medio ambientale. La buona reattività
intellettuale (tempo medio di reazione) è stimolata anche dall'ambizione esibizionistica (aumento del
numero delle risposte). Come fattori di disturbo per la piena estrinsecazione intellettuale si segnalano:
l'eccessiva tendenza alla sottilizzazione e alla minuziosità (alte Dd%) e l'insicurezza nell'associare (alta
incidenza di G incomplete), dovuta a situazioni emozionali estese all'approfondimento dei rapporti
relazionali (H Fant).
Vita affettivo-emotiva estremamente interiorizzata (T.R.I. espanso e marcatamente intratensivo), tanto
da incidere negativamente, anche a causa della già citata creatività libera da schemi (O+, O-), sui rapporti
interpersonali, pur se molto desiderati, dando luogo a frustrazione (CF). Ne conseguono compensazioni di
tipo negativo, quali la fuga dalla realtà (Fant), che condiziona una insufficiente maturità emotiva,
l'aggressività (risposte del gruppo aggressivo: Fuoco, Orr e Sad) e le frustrazioni ad essa secondarie con le
loro possibili valenze sado-masochistiche (Sad e Orr), i conflitti non risolti a contenuto sessuale (Sex) e
l'instabilità emotiva di fondo (Euf). Il rifugio regressivo nel mondo fantastico dell'infanzia (Fant, Bot, Nat,
Cart An) conferma la presenza di problemi conflittuali non risolti (m) e tanto prementi da essere inseriti
nelle risposte (Conf e Cont). Si avverte, infine, il bisogno inconscio di nascondere alcuni aspetti non
graditi della propria personalità con artifici variabili, valorizzanti o autoprotettivi, talora in ambivalenza
con implicazioni aggressive, sessuali o di dominio (Vestito, Maschera).

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 9 Sessione 3 – CASISTICA – parte c
DESCRIZIONE Numero di risposte leggermente inferiore alla norma (14), con un tempo medio di reazione
un po' aumentato (14'). Modo di comprensione decisamente deviato verso le risposte globali (G, + G +
DG). Due risposte dettaglio grande (D). Una risposta dettaglio bianco (Dbl). Successione non valutabile
per lo scarso numero di risposte. Incidenza molto bassa di risposte forma (F%), sempre percettivamente
corrette (F+). Tipo di risonanza intima (T.R.I.) espanso (57%) e moderatamente intratensivo (4 : 3), con
una qualità calda del colore (CF/FC = 2 : 2); significativa incidenza delle risposte chiaroscuro (CHS). Bassa
percentuale di risposte animali (A = 21%) (una delle quali antropomorfizzata), molto elevata di umane (di
cui una fantastica) (H+Hd = 36%); notevole la presenza del dettaglio umano (Hd). Scarsa varietà degli altri
contenuti, fra cui emergono le risposte Vestito e gastronomiche (Gastr). Una sola risposta banale (Ban);
molto elevata la percentuale di risposte originali (O%), non sempre del tutto rispettose dell'obiettività (O-
e O+). Uno shock colore alla tavola II, uno shock al grigio alla tavola VI. Abbastanza frequente il turning.

INTERPRETAZIONE Il reattivo segnala un'intelligenza di ottimo livello, intuitivo-sintetica (alto G%, elevato
numero di risposte M e H), dotata di una fervida immaginazione (O%), la cui spinta creativa,
anticonformista e libera da schemi, la porta a valicare, occasionalmente, l'obiettività e l'aderenza al
concreto (O+, O-), rendendola poco adattabile allo standard e al pensiero medio ambientale (una sola
risposta Ban e basso A%). Come fattore di disturbo per la piena estrinsecazione intellettuale si
segnalano : l'inibizione (basso numero di risposte) e l'insicurezza (aumento del tempo di reazione con
turning frequente). Vita affettivo-emotiva intensa, ma interiorizzata (T.R.I. espanso e intratensivo), al
punto da incidere negativamente, a causa della già citata creatività libera da schemi (O+, O-), sui rapporti
interpersonali, pur desiderati. Si segnala anche la presenza di conflitti interiori non risolti, generatori di
frustrazioni (CF). Si avverte il bisogno inconscio di nascondere alcuni aspetti non graditi della propria
personalità con artifici variabili, prevalentemente autoprotettivi (risposte Vestito).

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 9 Sessione 4 – CASISTICA – parte d
DESCRIZIONE Tempo medio di reazione aumentato; numero di risposte nella norma. Modo di
comprensione deviato verso le risposte globali (G + G = 56%), con una presenza significativa delle
dettaglio bianco (Dbl=18%), prevalentemente incluse. Successione ordinata. Nella media la percentuale
delle risposte forma (F%), per la maggior parte obiettive. Tipo di risonanza intima (T.R.I.) tendente alla
coartazione (30%), decisamente extratensivo, con un colore caldo (CF/FC = 3:1½). Una risposta
movimento inanimato (m); notevole incidenza del chiaroscuro nelle tre forme: semplice, tattile e
prospettico (CHS, CHST, CHSP). Percentuale media di risposte animali (A+Ad) e di risposte umane (H+Hd).
In queste ultime è marcata la presenza del dettaglio (3 dettaglio : 1 intera). Discreta varietà degli altri
contenuti, fra cui si rilevano risposte aggressive, pelle, nuvole e maschera (l'elevata presenza di risposte
anatomiche non è significativa, vista la professione medica del soggetto). Incidenza leggermente
aumentata delle risposte banali (Ban); elevata di risposte originali (O%), un terzo circa delle quali è
percettivamente dubbio. Due shock colore alle tavole II e III e uno shock al grigio alla tavola V. Una critica
alla tavola IV. Molto frequente il turning.

INTERPRETAZIONE Il reattivo segnala un'intelligenza creativa, teorica e scrupolosa, ma incostante negli


interessi, più disposta alla sintesi e all'intuizione che all'analisi, con un sottofondo polemico di natura
critica, talora espresso, ma con maggior frequenza represso. Vita affettivo-emotiva fondamentalmente
desiderosa di rapporti umani, ma incapace di realizzarli per la personale oppositività di fondo e per il
modo prevalentemente aggressivo-difensivo del soggetto di vivere le varie situazioni. . Notevoli cariche
d'ansia conseguono all'incapacità di realizzare gli auspicati validi rapporti interpersonali, che risultano
anche bloccati dall'insicurezza, oltre che dalla scontrosità appena segnalata. Il bisogno di affermazione
frustrato dalla passività rivela tensioni e conflitti non risolti, proprio per l'incapacità di attuarne le
istanze. Qualche conflitto non risolto potrebbe anche sussistere nel campo delle relazioni sessuali.
Appare, appena abbozzato, il bisogno di evadere regressivamente dalla realtà e di riscattare una parte
del mondo fantastico dell'infanzia. Si acquisisce, infine, la tendenza a coprire la propria personalità di
fondo con artifici variabili, a volte valorizzanti e a volte protettivi.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 10 Sessione 1 – BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE RAGIONATA – parte a
Nota preliminare. La bibliografia sul reattivo del Rorschach è immensa. L'argomento è stato trattato da
studiosi di tutto il mondo in molte centinaia di volumi, monografie, articoli, comunicazioni congressuali e
dispense per corsi di lezioni. L'esposizione acritica di un lungo elenco di titoli, in parte già segnalati da
altri testi, non risponderebbe allo scopo essenzialmente didattico e pragmatico di questo libro, diretto a
proporre una nuova e più agile metodologia applicativa. Ci limiteremo pertanto ad illustrare
sinteticamente le caratteristiche di alcuni volumi fondamentali sul test del Rorschach, per orientare nelle
scelte di consultazione i nostri lettori che desiderino confrontare la tecnica da noi proposta con altri
indirizzi largamente seguiti. Per i motivi ora esposti seguiremo, nella successione espositiva, anziché il
comune ordine alfabetico, un criterio concettuale. Per le opere tradotte nella nostra lingua, citeremo i
dati bibliografici dell' edizione italiana.
Rorschach, H. (1937), Psychodiagnostik, Hans Huber, Bern. Quest'opera rappresenta la base geniale di cui
tutte le successive acquisizioni sono da considerarsi solo un complemento. Ne manca purtroppo
l'edizione italiana e ciò deve considerarsi una pecca della nostra editoria, che ha pubblicato testi anche
pleonastici sul tema; noi ci siamo serviti della traduzione francese (Rorschach, H. (1937),
Psychodiagnostic, P.U.F., Paris 1947). Riteniamo la sua lettura ancora fondamentale per chi s'interessi del
metodo, qui limpidamente esposto dal suo ideatore, uno studioso alieno dalle astratte
intellettualizzazioni di alcuni suoi continuatori e sempre concretamente volto all'obiettivo
psicodiagnostico.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 10 Sessione 2 – BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE RAGIONATA – parte b
De Pergola, E. (1952), Il metodo psicodiagnostico di Rorschach. Tecnica e significato, Astrolabio, Roma. È
l'esposizione sintetica, di Autore italiano, concettualmente più vicina alla metodologia originale. Si può
reperire oggi soltanto nelle biblioteche. Di estrema chiarezza, è una lettura indispensabile per chi non sia
in grado di avvicinare il testo del Rorschach in altre lingue. Bohm, E. (1967), Lehrbuch der Rorschach
Psychodiagnosik, tr. it. Manuale di psicodiagnostica di Rorschach,. Giunti e Barbera, Firenze 1969. È
probabilmente il trattato più esteso e completo scritto sull'argomento. Le sue 600 pagine possono
sconcertare chi si accosti da neofita al reattivo, sebbene la parte di testo dedicata ai principianti sia
contrassegnata da una linea a margine. Comprende indicazioni molto approfondite sui vari orientamenti
applicativi, note storiche preziose altrove assenti ed anche un'esposizione di psicopatologia rigidamente
freudiana, che purtroppo snatura gli intenti psicodiagnostici originari della tecnica. Rimane un'essenziale
opera di consultazione e di approfondimento, non consigliabile, malgrado gli accorgimenti limitativi,
come prima lettura.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 10 Sessione 3 – BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE RAGIONATA – parte c
Passi Tognazzo, D. (1968), Il metodo Rorschach. Elementi di tecnica psicodiagnostica. Giunti e Barbera,
Firenze. Questo breve, chiaro volume può essere considerato un «piccolo Bohm ». Il suo scopo,
eminentemente informativo, è senz'altro raggiunto. Il testo, compilato in gran parte alla luce della
precedente opera, offre tutti i dati necessari a chi voglia rendersi conto della metodologia com'è
applicata oggi in prevalenza. È l'opera che più consigliamo per un confronto obiettivo e rapido con le
nostre modifiche. Loosli-Usteri, M. (1969), Manuel pratique du test de Rorschach, tr. it. Manuale pratico
del test di Rorschach. OS, Firenze 1969. L'Autrice è certo una delle personalità più autorevoli fra i
continuatori del Rorschach. La sua fama è largamente legata all'applicazione del test ai soggetti in età
evolutiva, cui però la sua esposizione non si restringe. Alcune modifiche e alcune nuove siglature
consigliate dalla Loosli-Usteri sono entrate ormai nell'uso comune. Se pure dissentiamo in qualche punto
dalle innovazioni suggerite nell'opera, la consigliamo ugualmente come lettura complementare di grande
interesse.
Klopfer, B., Davidson H. H. (1968), Das Rorschach-Verfahren, tr. it. La tecnica Rorschach. Manuale
introduttivo., OS, Firenze 1971. Con il Klopfer, l'applicazione del Rorschach ha assunto nuove dimensioni,
allontanandosi notevolmente dalla metodologia originale. L'opera è certo dotata di una sua peculiare
genialità, a volte sconcertante e a volte centratissima. Non è possibile dunque giudicarla in modo
complessivo ed univoco. Ne respingiamo la tendenza all'iperclassificazione, non sempre produttiva, e
l'impiego drastico dell'inchiesta, suscettibile di alterare le prime percezioni dei soggetti. Apprezziamo
invece altri settori vitalissimi del testo, come l'illustrazione acuta delle tavole e delle loro più intime
caratteristiche. L'esposizione dei casi è sempre assai vivace e stimolante. Il volume resta comunque, a
nostro parere, un'opera di complemento per chi non ne condivida tutti i presupposti, per altro oggi
abbastanza seguiti in Italia.

IL REATTIVO DI RORSCHACH NELL'ETÀ EVOLUTIVA E NELL'ADULTO SECONDO IL METODO FRANCESCO


PARENTI, PIER LUIGI PAGANI – parte 10 Sessione 4 – BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE RAGIONATA – parte d
Schafer, R. (1954), Psychoanalytic interpretation in Rorschach testing, tr. it. L'interpretazione
psicoanalitica del test di Rorschach. Boringhieri, Torino 1971. L'utilizzazione del reattivo è qui piegata ad
obiettivi del tutto estranei ai suoi fini d'origine, ma sicuramente carichi di suggestione. Le risposte sono
acquisite in chiave costantemente simbolica e adattate alle situazioni prefigurate della psicoanalisi
ortodossa. Il nostro dissenso su questo indirizzo è già stato espresso nell'in-troduzione e nel testo. Esso è
legato sia a un diverso orientamento concettuale, sia all'opinione che l'analisi approfondita non può
essere condotta con un reattivo applicato preliminarmente. Consigliamo comunque la lettura di
quest'opera, assai utile per un vitale raffronto critico.
Rapaport, D. (1945), Diagnostic Psychological Testing, tr. it. Reattivi psicodiagnostici, Boringhieri, Torino
1975. Solo una parte di questo volume è dedicata al reattivo del Rorschach. Esso affronta globalmente
tutta la tematica dei test, partendo da presupposti quanto mai affini a quelli che c'ispirano. L'Autore
sostiene infatti che non è possibile formulare una diagnosi psicologica basata su un solo re attivo e
ribadisce l'indispensabilità dell'impiego di batterie di test e di colloqui sufficientemente approfonditi.
L'esposizione è sempre di natura critica e non si perde mai in un freddo tecnicismo sperimentale. Per
quanto riguarda specificamente il Rorschach, non condividiamo parte delle osservazioni avanzate,
mentre ne acquisiamo con entusiasmo altre. È appunto il carattere critico del volume a delinearne lo
scopo e i potenziali lettori. Si tratta infatti di un testo per psicologi già esperti e quindi di una lettura
interessantissima di secondo grado, da seguirsi idealmente più come un significativo dibattito che come
un approccio pedagogico.

L’INTERVENTO CON GLI ADOLESCENTI ANALISI DI CASI E MODALITÀ DI TRATTAMENTO SESSIONE 1 –


INTRODUZIONE
I mutamenti sociali hanno prodotto negli ultimi tempi un cambiamento anche nella popolazione
adolescenziale come è stato affermato da più autori tra cui Charmet . I ragazzi, secondo l’autore, oggi
sono figli di una famiglia che propone modelli affettivi e relazionali, molto meno etici e normativi.
Oggi sia i padri che le madri spesso condividono gli stessi valori e svolgono le stesse funzioni genitoriali,
c’è ampia libertà e poche regole, queste sono spesso negoziate senza essere sotto costante
contestazione.
L’attuale famiglia non gode più al proprio esterno di una rete di protezione e non può più affidarsi
all’interno a una presenza materna stabile e continuativa. Alla rigida suddivisione di ruoli che
caratterizzavano la famiglia del passato è venuto sostituendosi negli ultimi decenni un nuovo
equilibrio ancora fragile e spesso conflittuale: una certa sovrapposizione di ruoli, con più flessibilità,
reciprocità, maggiore apertura al dialogo.

L’INTERVENTO CON GLI ADOLESCENTI ANALISI DI CASI E MODALITÀ DI TRATTAMENTO SESSIONE 2 –


RUOLO GENITORIALE
La crisi del padre come depositario unico dell’autorità e del potere familiare ha portato maggiore
democrazia affettiva nelle relazioni familiari. La nuova figura paterna non disdegna di svolgere una
funzione affettiva anche precoce con il figlio,sviluppa nuove competenze comunicative e apprende ad
usare il linguaggio degli affetti.
La madre ha imparato a spostare parte dei propri interessi e competenze fuori dalla famiglia pur
mantenendo le competenze affettive, così da essere nel rapporto con i figli intercambiabile con il partner.
Questo nuovo ruolo essendo tutto da scoprire e sperimentare può comportare a volte dei rischi che
possono sconfinare in un astensionismo educativo, ma anche come espressione positiva con un’efficace
contrattualità relazionale.
Se all’interno c’è una sinergia affettiva, il rapporto con l’esterno risulta essere più marcato di
preoccupazioni e timori con una tensione a proteggere l’appartenenza del nucleo familiare. Si delinea un
quadro con una cultura affettiva della famiglia tendenzialmente democratica al suo interno e barricata e
difesa nei confronti dell’esterno.
Le angosce dei genitori sono spesso presenti legate ai fantasmi di minacce incombenti e rendono incerto
il confine fra una sana prudenza e il panico per il futuro.
L’adolescenza come fase di maggiore apertura verso l’esterno né rappresenta quindi un momento capace
di incrinare per sempre tranquillità e benessere familiare.
L’INTERVENTO CON GLI ADOLESCENTI ANALISI DI CASI E MODALITÀ DI TRATTAMENTO SESSIONE 3 – I
GENITORI
I GENITORI
Un adolescente concede meno dialogo e una madre che lavora può andare in crisi:alcune si spaventano,
altre si arrabbiano e altre si sentono in colpa. Per tutte può esserci la prospettiva di ridurre il lavoro per
poter riprendere il controllo sul figlio. In generale non è una buona soluzione, è sicuramente più utile
accettare la sfida del cambiamento e imparare a decifrare i nuovi codici di comunicazione.
E’ più importante proporre un proprio modello di presenza sociale perché i figli assorbono ciò che i
genitori propongono e per un figlio adolescente diventa un motivo di fiducia e rispetto. Piuttosto se il
figlio entra in crisi è più importante il ritorno del padre sulla scena educativa.
Come abbiamo già detto al padre un tempo era affidato il ruolo etico-normativo,mentre alla madre
quello affettivo. Ciò comportava una spinta alla responsabilizzazione e alla separazione per i figli da parte
del padre e a una protezione e un controllo da parte della madre.
La nuova famiglia si propone con una latitanza del ruolo paterno tradizionale: “una società senza padri”.
Sono presenti quindi due nuovi modelli paterni: il padre assente o il padre materno.
Le attuali crisi adolescenziali hanno spesso come destinatario il padre. Quindi esigono un ritorno del
padre sulla scena educativa oppure segnalano una difficoltà nell’organizzare una separazione da un padre
troppo presente e coinvolto. Diventa quindi necessario ricalibrare meglio la distanza dal figlio.

L’INTERVENTO CON GLI ADOLESCENTI ANALISI DI CASI E MODALITÀ DI TRATTAMENTO SESSIONE 4 – GLI
ADOLESCENTI
GLI ADOLESCENTI
L’adolescente può vivere momenti difficili con variazioni di comportamento. Le situazioni di particolare
tensione sono numerose e spesso è difficile stabilire quali comportamenti sono reattivi a un temporaneo
stato di stress e quali sono più strutturati e prevedibili di un disturbo. Ci sono dei fattori comuni che un
adolescente deve affrontare.
Il primo sono le relazioni con i genitori, cioè la capacità di passare in questo periodo della sua vita dalla
dipendenza emotiva dai genitori a una maggiore indipendenza.
Il secondo è legato alle relazioni con i coetanei, cioè scegliere come amici altri adolescenti con cui poter
diventare adulto.
Il terzo è la percezione che l’adolescente ha di sé, sia nel suo ruolo maschile o femminile, sia nella
capacità di modificare l’immagine di sé bambino.
Se durante lo sviluppo adolescenziale osserviamo criticità in questi punti ciò indica che possono esserci
state potenziali aree di disturbo nel corso dell’infanzia e che durante l’adolescenza emergono .
Approvazione e rassicurazioni genitoriali non sono più sufficienti e il riconoscimento dei coetanei non
funzionano in quanto i modelli adolescenziali sono diversi da quelli proposti dai genitori.
Ci sono molte occasioni in cui un adolescente può mutare il suo umore, può avere sensazioni che la sua
vita sia priva di valore o fare qualcosa di insolito rispetto al suo comportamento abituale: per
comprendere la situazione è importante capire come l’adolescente reagisce alla situazione di stress.
Processo di crescita è sinonimo di rischio, non si cresce se non si accetta di rischiare separandosi dai
genitori e ricercando un’identità personale autonoma.
Essere adolescenti significa trovarsi in un contesto relazionale e culturale privo di certezze.
Un ruolo importante nel favorire la comparsa del rischio è la tendenza ad agire, cioè
trasformare in gesto, comportamento, azione, un conflitto intrapsichico. Gli adolescenti usano il
linguaggio del corpo, dell’azione, che con il supporto del gruppo può acquisire un carattere violento e
trasgressivo.
In questa fase non va poi trascurata la relazione che l’adolescente ha con il proprio corpo.
Le modalità con le quali un adolescente esprime disprezzo nei confronti del proprio corpo sono
molteplici, così come sono diversi i sistemi di punizione e di controllo che l’adolescente mette in atto.
Numerose condotte a rischio esprimono dunque il conflitto dell’adolescenza,esistente fra mente e corpo,
ancora non del tutto integrati tra loro.
Un dato da non sottovalutare mai è un tentativo di suicidio anche se lo si considera dimostrativo: se un
adolescente ha tentato di suicidarsi ha molte probabilità di riprovarci in maniera decisiva. Non si può
sottovalutare il rischio.
In adolescenza il suicidio non è quasi mai il sintomo di una malattia mentale diagnosticabile, quindi
l’intervento non può essere il trattamento psichiatrico.
Si sta registrando un aumento della percentuale di morti per suicidio fra i giovani di età compresa fra i 14
e 24 anni.
Nel caso di una presa in carico di un adolescente che ha tentato il suicidio è opportuno supportare anche
il contesto familiare.
Quale significato può avere questo gesto per un adolescente?Un'intenzione è sicuramente quella
comunicativa. Il messaggio è quasi sempre rivolto ai genitori o agli amici e la cosa più urgente è quella di
aiutare il destinatario o i destinatari a comprenderlo per dare una risposta.
Se l’adolescente comprende che il messaggio è stato recepito e che si possono attivare nuovi canali di
comunicazione, il rischio tende a diminuire.
Pensiamo che sia il tentato suicidio che il suicidio siano una delle tante azioni mediante le quali gli
adolescenti tentano di trovare una soluzione immediata al dolore e all’angoscia che stanno vivendo.
Si rende necessario cercare di aiutare l’adolescente a sottrarsi dal compiere questo gesto cercando di
recuperare una diversa capacità di esprimere il dolore .
Ciò che un adolescente sembra provare prima di compiere il gesto suicidarlo è un sentimento: la
vergogna. L’adolescente vuole sfuggire alla vergogna .
Nei casi di suicidio o tentato suicidio c’è sempre un dolore inesprimibile. Un dolore narcisistico che
comporta un’immensa vergogna e sembra che l’unico modo per cancellarlo sia il gesto definitivo della
morte, una sorta dunque di riscatto spettacolare.
Sembra che gli adolescenti di oggi sappiano sperimentare poco la colpa, ma abbiano più paura della
vergogna perché la vergogna fa perdere la faccia.
Il modello di intervento deve essere tempestivo e prevedere colloqui psicologici sia per il ragazzo, sia per
i genitori, importante è evitare di banalizzare l’accaduto.

PSICOTERAPIA DELLE DIPENDENZE:ANALISI DI CASI E MODALITÀ DI TRATTAMENTO SESSIONE 1 –


CONSIDERAZIONI IN TEMA DI DIPENDENZA – PARTE A
Dipendere significa avere essenziale bisogno di non poter stare senza. La dipendenza assume forme
diverse in base all’oggetto da cui si dipende. L’interpretazione del fenomeno parte dall’osservazione
degli aspetti che fanno nascere il bisogno di dipendenza.
La “ tossicità “ delle sostanze utilizzate per placare il bisogno crea una specificità della dipendenza dalle
sostanze stupefacenti e dagli alcolici che le differenzia dalle altre forme. Dal punto di vista psicodinamico
nell’ambito del Disturbo Correlato a Sostanze, non esistono differenze legate al tipo di sostanza usata ma
alla modalità dell’uso e al fatto che tutte le sostanze producono, assunte a certe dosi e con determinate
modalità dei disturbi.

PSICOTERAPIA DELLE DIPENDENZE: ANALISI DI CASI E MODALITÀ DI TRATTAMENTO SESSIONE 2 –


CONSIDERAZIONI IN TEMA DI DIPENDENZA -PARTE B
Il rapporto terapeuta-paziente, nelle varie fasi del trattamento e nelle sue articolazioni e disarticolazioni,
offre ricorrenti opportunità in senso evolutivo. Zimberg S. (1998) afferma che il transfert può essere
spostato su di una relazione di dipendenza che è necessaria perché la terapia abbia successo.
In un transfert di dipendenza il paziente è più recettivo alle indicazioni e ai suggerimenti della terapia.
Frances R. e al.(1998) nel trattare gli alcolisti hanno osservato che per la maggior parte di loro spostare la
dipendenza da una sostanza chimica come l’alcool a un terapeuta, un gruppo, rappresenta
un’evoluzione.
Freud dedicò al tema della tossicodipendenza alcune osservazioni ponendo l'accento sulle componenti
regressive che caratterizzano il tossicodipendente.
Egli lo “considerò vittima di una fissazione alla fase orale dello sviluppo e quindi incapace di staccarsi da
un oggetto d'amore che lo nutre e gli placa la sofferenza del bisogno, a causa di un'intensificazione
costituzionale della sensibilità erogena della regione labiale“.
Khantzian e Wurmser hanno studiato il problema del “significato autoterapeutico della
tossicodipendenza e della incompiutezza della formazione dell'identità“.
Olievenstein ha poi sottolineato il fatto che nella fase di crescita spesso intervengono elementi di
disturbo legati alla relazione con la madre.
L'autore ha centrato la sua attenzione su quello che definisce effetto “specchio“ che egli attribuisce allo
sguardo della madre e allo “sguardo di ritorno“ di questa, che dovrebbe fornire al bambino delle
indicazioni nel corso della crescita consentendogli di completare la cosiddetta fase di
separazione. Se ciò non si verifica, il soggetto rimane “impigliato in una condizione a metà tra uno stadio
dello specchio riuscito e uno stadio dello specchio impossibile”. Olievenstein parla di “frattura dello
specchio” e questa sarebbe per l’autore una delle possibili cause dello sviluppo della dipendenza.
Kohut ha delineato l'evoluzione della rappresentazione di sé e ha messo l'accento sul fatto che il
narcisismo primario sia progressivamente intaccato dall' imperfezione dell'accudimento materno.
Quando la “relazione con la madre è intercalata da gravi carenze con effetto traumatico, la delusione nei
confronti del genitore viene allontanata attraverso il mantenimento della primitiva immagine idealizzata
e allo stesso modo il sé grandioso si perpetua allo scopo di lenire la sofferenza del trauma subito”. Ne
consegue un indebolimento dell'Io che diventa incapace di sopportare le frustrazioni e può dunque
incorrere nel comportamento dipendente per “allontanare il senso di inadeguatezza”.
Kernberg pone attenzione alla fase di “separazione-individuazione” ritenendo che quando emergono
problemi nel momento di allontanamento dalla madre nei primi stadi della relazione madre-bambino
possono insorgere problemi nella formazione di una corretta identità, ne consegue uno stato di
frustrazione con successivo comportamento di dipendenza.

PSICOTERAPIA DELLE DIPENDENZE ANALISI DI CASI E MODALITÀ DI TRATTAMENTO SESSIONE 3- ALCUNE


CHIAVI INTERPRETATIVE DELLA DIPENDENZA-PARTE A
Adler e poi Dreikurs ci forniscono alcune chiavi di lettura per interpretare il fenomeno della dipendenza.
Viene sottolineata l'importanza delle relazioni infantili con le figure dei genitori e soprattutto con la
figura della madre; se il rapporto con la figura materna è stato viziante, il bisogno di mantenere vie
facilitate può indurre a imboccare la strada della dipendenza da sostanze, nelle sue varie forme.
Dreikurs, psichiatra austriaco, allievo di Alfred Adler, evidenzia quattro “falsi scopi” che un bambino può
perseguire nel tentativo di trovare una propria collocazione, e specificatamente: attenzione indebita,
lotta per il potere, retribuzione e vendetta e totale inadeguatezza
Il bambino scoraggiato usa come mezzo per sentirsi inserito l'attenzione indebita.
“Influenzato dalla supposizione erronea di avere un significato solo in quanto sia al centro dell'interesse,
il bambino rivela una grande abilità ad attirare l'attenzione,scoprendo tutti i sistemi per tenere gli altri
occupati con lui. Egli mira più ad attrarre l'attenzione che a partecipare”.
La lotta per il potere “in genere sopravviene dopo che il genitore ha tentato di bloccare la domanda di
attenzione da parte del bambino; quest'ultimo allora decide di impiegare la forza per sconfiggere il
genitore, provando un gran senso di soddisfazione dal rifiuto a obbedire“. Dreikurs ricorda che uno dei
riferimenti fondamentali per distinguere una “richiesta di attenzione da una dimostrazione di
forza è il comportamento del bambino di fronte alla correzione: se vorrà semplicemente essere al centro
dell'interesse, rinuncerà a dare fastidio, quando sia rimproverato; ma se la sua intenzione è di mostrare
la propria forza, i tentativi per farlo smettere intensificheranno soltanto il suo comportamento di
disturbo”.
L'intensificazione della lotta per il potere diventa retribuzione e vendetta. “Il bambino nel suo
scoraggiamento, può ricorrere alla vendetta quale unico sistema per accertarsi del proprio significato e
della propria importanza. Ormai è convinto di non poter essere amato e di non avere nessuna possibilità
di affermarsi; sente di contare qualcosa solo in quanto fa agli altri il male che sente di subire e così il suo
falso scopo diventa quello della retribuzione e della vendetta”. (Il termine “retribuzione” è riferito
all’autoconvinzione del “diritto a ricevere” che il bambino ha nell’infanzia e può essere interpretato come
“ricompensa”).
Il bambino insicuro “...rinuncia del tutto, pensa di non aver possibilità di inserirsi in nessun caso. E' come
se questi bambini dicessero: «Qualunque cosa facessi,scoprireste quanto io sia incapace. Perciò
lasciatemi in pace», sono bambini che non pongono più gli altri al proprio servizio, ma che rinunciano a
priori”; è questo lo scopo della totale inadeguatezza.
Drogarsi trasmette al soggetto una percezione fittizia del mondo che equivale a una fuga dalla realtà. Si
tratta però di uno stato effimero che dura il tempo dell'effetto della sostanza e che scompare nel
momento in cui questo effetto cessa,lasciando il posto, soprattutto nel caso di alcune sostanze, a effetti
negativi quali possono essere il malessere e la depressione. Questa alternanza di stati emotivi
fornisce un messaggio preciso e mantiene l'idea della loro dimensione finzionale,perché il soggetto che fa
uso di sostanze sa che quelle sostanze agiscono su di lui e che le sensazioni percepite sono dovute alle
sostanze stesse. Questo significa che l'assunzione delle sostanze persegue un effetto inferiorizzante in
quanto il soggetto sa che quello che vive o percepisce non è dovuto a lui ma alla sostanza stessa. Si
tratta cioè di una compensazione negativa. Anche le sensazioni di benessere nella relazione
interpersonale che possono essere ottenute sotto l'effetto della marijuana e delle altre sostanze
cosiddette “ empatogene “ hanno lo stesso significato; non consentono all'individuo di liberarsi della
problematica specifica e, per contro, lo inducono a perseverare nell'uso al fine di inseguire il benessere
temporaneo legato all'effetto di questa sostanza.
L’appartenenza a una famiglia problematica, può assumere la dimensione che Adler attribuisce, nel suo
costrutto teorico, al complesso d’inferiorità. un altro tipo di inferiorità può essere dato dalla
predisposizione all’abuso. La ricerca ha dimostrato che alla base della dipendenza esiste spesso una
trasmissione genetica.
Anche l’atteggiamento che il soggetto assume conferma questo inquadramento. Il rifiuto della
predisposizione, il bisogno di dimostrarsi superiore a questa sono alla base di quegli atteggiamenti di
sfida o di negazione che, di fatto, mantengono la dipendenza; è sempre difficile riuscire a far accettare ai
pazienti che il loro problema può nascere da un’inferiorità .
Come Adler sostiene in “Superiority and Social Interest”, dietro ogni bambino viziato “c'è una madre che
mette in ordine”; il soggetto viziato non impara mai a mettere in ordine da solo e il fatto di ottenere
sempre che qualcuno soddisfi i propri desideri personali e il mancato addestramento ad attivarsi per
ottenere, possono favorire l'uso di sostanze; questo permette di “ ottenere senza sforzo” anche sul
piano della soddisfazione personale. Dinamiche di questo tipo dovrebbero orientare verso sostanze che
forniscano una sensazione di piacere quali: derivanti dell'oppio,la cocaina, l'ecstasy ed altro.
La relazione con la persona che vizia ha delle caratteristiche particolari che difficilmente si possono
ritrovare nel contesto delle normali relazioni interpersonali.
Da ciò deriva una carenza del sentimento sociale che spinge all'isolamento.
Il bambino viziato sperimenta una situazione originaria in cui l'attenzione è costantemente centrata su di
lui. Questo elemento è negativo dal punto di vista pedagogico in quanto nella vita non è possibile essere
sempre al centro dell'attenzione; la perdita di questa centralità sarà mal sopportata da chi è stato in
questa posizione all’interno della famiglia.
Il problema della viziatura genera nel viziato-adulto un disagio affettivo; le sensazioni che egli percepisce
nella relazione col suo contesto sociale sono sensazioni che differiscono, per carenza, da quelle vissute
nell’ambito della relazione viziante; sono sensazioni non più riproducibili, ma ricercate dal soggetto
viziato che vive un disagio da carenza nella relazione col mondo; tali sensazioni coinvolgono appieno la
dimensione affettiva della relazione.

PSICOTERAPIA DELLE DIPENDENZE ANALISI DI CASI E MODALITÀ DI TRATTAMENTO SESSIONE 4- ALCUNE


CHIAVI INTERPRETATIVE DELLA DIPENDENZA-PARTE B
Il rapporto con il soggetto che fa uso di sostanze è caratterizzato da movimenti oscillanti tra il polo della
richiesta di aiuto e quello dell'aggressività.
Frances R. e al. (1998),ritengono che il terapeuta debba essere dotato di una salutare capacità di tollerare
di essere raggirato dai pazienti dipendenti, assai abili e manipolatori, poiché tale capacità riduce al
minimo le reazioni controtransferali dannose.
Parenti f. osserva: “Già di partenza il tossicomane è spesso un individuo debole,emotivamente a livello
infantile, con la sindrome caratteriale del bambino viziato. La dipendenza dalle sostanze tossiche lo fa
ulteriormente regredire e lo conduce a elaborare un tipo di richiesta analoga al «pianto cattivo» con cui
nell'infanzia si esige l'osservanza di una promessa non mantenuta”. E prosegue affermando che “Il
drogato vive la sua scelta o come una finzione eroica o come una protesta scettica verso un mondo ostile.
La tenuta di questo artificio gli impone la recitazione di una superiorità emarginata e un disprezzo per i
«cosiddetti normali», nei confronti dei quali egli deve avanzare le sue esigenze con protervia e non per
manifestare gratitudine quando sono appagate, per non far crollare tutto il suo edificio compensatorio”.
L’autore Steffenhaghen “postula che ogni comportamento è mediato dal tentativo dell’individuo di
proteggere l’autostima nell’ambiente sociale. La preservazione del concetto di sé è la variabile più
importante che soggiace all’inizio, alla continuazione e alla cessazione dell’abuso di droghe…La droga
diviene l’espressione dello Stile di Vita di persone che sono state viziate o trascurate, in quanto in
ambedue i casi, per motivi diversi, sono state impedite nello sviluppo della capacità di padroneggiare le
situazioni e di raggiungere obiettivi adeguati alle proprie possibilità. La persona viziata risulta da una
madre superprotettiva che si prende ogni responsabilità,impedendo al bambino di sviluppare
l’autostima; la persona «trascurata» è stata un bambino senza attenzioni, né lodi, né biasimo, un
bambino lasciato ai suoi espedienti e ai suoi sbagli”.
Il caso del bambino trascurato ha conseguenze diverse per quello che riguarda il problema della
dipendenza.
Adler ritiene che il bambino alla nascita sia già caratterizzato da un sentimento di inferiorità “fisiologico”
. Per questo motivo egli ha bisogno di essere circondato di persone che siano in grado di sostenerlo in
quello che egli non è in grado di fare.
A questo proposito è importante che le figure di riferimento sappiano essere al suo fianco non
sottolineando la componente “fisiologica“ dell'inferiorità ma semplicemente vicariandola; nello stesso
tempo devono incoraggiare il bambino verso l'acquisizione di quei progressivi livelli di autonomia di cui è
capace in relazione all'età. Se questo non accade, il bambino percepirà una sensazione di
disagio legata al fatto di trovarsi in una situazione cui non sa far fronte. Nel caso in cui l'atteggiamento
delle figure di riferimento sia poi di rifiuto, il bambino si troverà a dover sperimentarsi con il fatto di
sentirsi non accettato. Ciò amplificherà il suo sentimento di inferiorità favorendo l’insorgere di un
complesso di inferiorità.
Il complesso d’inferiorità trasmetterà la sensazione di non essere adeguato e di non valere. Per questo
motivo l'individuo tenderà a evitare i compiti che la vita gli propone cercando degli espedienti per non
affrontarli. Anche sul piano affettivo l'abbandono assume importanza in quanto comporta una perdita
della autostima.
Il maltrattamento è all'origine dei complessi che portano all'evitamento di quei compiti che la vita
propone e da questo deriva un malessere, che ha una dimensione affettiva; il malessere accompagna
l'individuo in ogni momento della sua esistenza, creandogli disagio e compare anche nelle relazioni
interpersonali. Da questo stato emotivo si può passare alla dipendenza da sostanze.
Soggetti con tendenza all’abuso di sostanze, in età adulta, sono impazienti.
Si tratta di persone che non si sentono mature di fronte agli scopi della vita .
Si osserva in queste persone l’esigenza di raggiungere subito successo. Secondo Adler la ricerca del
piacere è l'origine del comportamento che porta alla dipendenza.
Chi ha smesso di lottare di fronte alle difficoltà della vita sin dall’infanzia,compensandosi con i sogni ad
occhi aperti, nella vita adulta sarà incline a ricercare mezzi che forniscano piacere. Il drogato è incapace
di affrontare le avversità della vita e tende alla ricerca di piaceri momentanei. Come Adler, anche
Dreikurs sostiene che la base psicodinamica della dipendenza è la stessa delle nevrosi e delle
perversioni, in quanto si tratta sempre di soggetti che hanno uno sviluppo sbagliato del modo di guardare
alla vita e al sociale, per carenza di sentimento sociale.
Il sentimento sociale è dunque altrettanto importante per la comprensione del fenomeno. Alla base
dell'abuso si trovano soggetti che hanno un sentimento sociale carente .
Alcolisti e drogati presentano caratteristiche di sospettosità, hanno difficoltà a socializzar, anticipano
spesso l'aggressività e tendono a essere gelosi.
Alcol e le droga favoriscono l’illusione di significatività e cioè ci si “illude di essere”.
I dipendenti hanno spesso mete troppo elevate che non possono essere realizzate e ciò produce
frustrazione . Usano la sostanza per alleviare il proprio sentimento di frustrazione lasciandosi trasportare
dalla fantasia che li porta ad immaginare di essere arrivati.
Per spiegare le dinamiche che stanno alla base dell’alcolismo Adler parla di “intelligenza privata”; questa
che si osserva anche nei nevrotici, consiste nell’elaborazione di un’intelligenza personale diversa dal
senso comune il cui scopo è di giustificare le azioni e i pensieri. Così, per gli alcolisti, la vita comporta
delle preoccupazioni ma ci sono dei mezzi con cui una persona può superare le sue difficoltà. L’azione
dell’alcolista è intelligente se la si guarda in relazione alla meta di superare le difficoltà in un modo
facilitato e personale. Tutti coloro che sono d'accordo con questa meta agiscono come l'alcolista. Quello
che distingue l'intelligenza individuale e isolata del nevrotico dalla ragione è che quest’ultima, a
differenza della prima, ha una validità generale che corrisponde al benessere comune.
Più volte Adler considerò l'alcolismo un sintomo nevrotico, dovuto a un errato adattamento alla vita .
L’autore sostenne che “l'alcol viene usato spesso come una circostanza attenuante”. Mettere in evidenza
“il piano di vita sbagliato che si è formato nell'infanzia e si è mantenuto successivamente” consente di
ottenere il cambiamento. In sostituzione al “coraggio liquido” fornito dagli alcolici o chimico
delle droghe e dei farmaci , si deve favorire nel dipendente l'inserimento nel
contesto sociale lasciando intravedere i vantaggi di una tale prospettiva.
Gli Ansbacher ritengono che “In tutti i casi di assunzione di droghe, ci troviamo a trattare con gente che
sta cercando di alleviare una certa situazione. Si potrebbe quindi affermare che tossicodipendenza e
alcolismo sono «sogni ad occhi aperti dell’adulto». Queste persone hanno sviluppato il loro carattere in
una situazione molto viziante che li vedeva dipendenti dagli altri e che, solitamente, implicava lo stretto
coinvolgimento della madre. Abituati alla costante presenza di una persona,ogni situazione che ne
preveda l’assenza appare ora inaccettabile”.
La dipendenza viene spesso usata come elemento di pressione sulla famiglia e come accusa nei confronti
della stessa. Uno dei finalismi dell'alcolismo è quello di evitare le decisioni. La predisposizione innata
all'abuso può essere invocata quando una persona vuole eludere le domande che la vita gli propone.
Gli Ansbacher (1997) osservano che spesso l'inizio della tossicodipendenza lascia intravedere un acuto
sentimento di inferiorità sottolineato dalla timidezza, dal piacere a isolarsi, dall'accentuata sensibilità,
dall'impazienza, dall'irritabilità e da sintomi nevrotici quali l'ansia, la depressione e le difficoltà sessuali.
Il trattamento delle problematiche connesse all’abuso di sostanze è possibile solo se si tiene conto della
loro complessità. Questi pazienti giungono all’ osservazione sfiduciati, depressi, aggressivi. Si tratta
quindi di favorire un cambiamento che miri a ripristinare nel soggetto la capacità di avere fiducia in se
stesso e negli altri. Parenti F. (1983) affermava che una guarigione in senso psicologico dovrebbe
coincidere con l’attenuazione della distanza che esisteva fra il soggetto e il resto dell’umanità e
con un migliore appagamento dei tre compiti vitali dell’uomo: amore, lavoro e amicizia. Un terapeuta
deve dunque essere in grado di stabilire una buona alleanza con il paziente; sapere “controllare” il
controtransfert; tenersi aggiornato sugli aspetti innovativi della ricerca e inoltre deve saper
personalizzare il trattamento alle “individualità” del singolo utente.
Pienkowski e Stein dell’Istituto adleriano di San Francisco, rifacendosi a una loro casistica indicano che il
primo obiettivo del trattamento è quello di raggiungere la completa astinenza. Per ottenere questo
risultato in genere è necessario un periodo di ricovero; raramente si raggiunge questo obiettivo in una
situazione extra ospedaliera. Al termine del periodo di astensione dall’uso, se il paziente è libero da
sostanze, si può iniziare la terapia vera e propria articolandola in varie fasi a seconda dei casi. Gli stessi
protocolli americani prevedono un periodo in comunità della durata di almeno 12 mesi, cui deve seguire
un periodo di presa in carico per il reinserimento. Quando il paziente è libero dall’effetto delle sostanze e
sufficientemente stabilizzato, si può iniziare una psicoterapia secondo gli schemi di intervento che si
usano per le nevrosi.
Già negli anni 30 Dreikurs riportava alcune osservazioni fatte da autori che valutarono la possibilità di
usare la terapia di gruppo con gli alcolisti e studiarono lo speciale significato che assumono le relazioni
dell'alcolista nei confronti di chi si prende cura di lui. L’autore ricorda che a Vienna è stato istituito il
counseling di gruppo per gli alcolisti, e che i pazienti vengono inseriti in comunità di ex-alcolisti
dall'inizio del trattamento. Appare significativo che questo scritto del 1932 riporti concetti molto vicini a
quelli che hanno portato alla costituzione dell’Associazione Alcolisti Anonimi nel 1929.
Dreikurs afferma che la predisposizione alla dipendenza è un’inferiorità d'organo e per questo è
necessario trovare delle supercompensazioni incoraggianti che riescano a colmare questa situazione di
inferiorità. Questo può essere ottenuto attraverso il lavoro nei gruppi di auto-aiuto. Il risultato può
essere raggiunto più facilmente con gli alcolisti rispetto a tutti gli altri soggetti che fanno uso di sostanze.
La partecipazione ai programmi di gruppo offre un modello di cooperazione che il soggetto affetto da
dipendenza non ha mai sperimentato nella vita per i motivi legati alle sue caratteristiche di personalità
oppure all’ambiente .
LA PSICOTERAPIA DI GRUPPO - SESSIONE 1- FATTORI DI TIPO TERAPEUTICO
Punto focale è rappresentato dal chiedersi in che modo la terapia di gruppo può aiutare i pazienti?
Fattori curativi sono presenti in tutti i gruppi terapeutici pur assumendo rilevanza diversa in base alle
finalità che si pone il gruppo.
I fattori terapeutici tradizionali presenti in un gruppo possono essere così sintetizzati:informazione,
infusione di speranza, universalità,altruismo, riepilogo correttivo del gruppo primario familiare, sviluppo
di tecniche di socializzazione, comportamento imitativo,apprendimento interpersonale, coesione di
gruppo, catarsi.
INFORMAZIONE: è stato osservato che molti pazienti al termine di una terapia di gruppo hanno appreso
informazioni sul funzionamento psichico, sul significato dei loro sintomi e sul processo psicoterapeutico.
INFONDERE SPERANZA: molte terapie di gruppo attribuiscono importanza all’infusione di speranza. I
membri dell’ Alcoholics Anonymous che hanno raggiunto la guarigione diventano spesso leader dei
gruppi e mobilitano la speranza nei pazienti. Nei membri si radica la profonda convinzione di poter
essere meglio capiti da chi ha vissuto esperienze analoghe e ne è uscito vincitore.
UNIVERSALITA’: nonostante la complessità delle problematiche umane, molti denominatori risultano
essere comuni ai membri di un gruppo terapeutico, i quali ne percepiscono le analogie.
Irvin D. Yalom psichiatra e Professore presso la facoltà di medicina di Stanford in California (1974) per
dimostrare questo concetto di universalità proponeva ai membri di gruppi di trainig terapeutico di
impegnarsi in un compito TOP SECRET. Si chiede ai membri componenti il gruppo di scrivere in modo
anonimo su un foglio il loro segreto più intimo,il leader raccoglie poi gli scritti e li ridistribuisce tra i
partecipanti, in modo che ognuno riceverà il segreto di un altro. Ogni componente sarà invitato a leggere
ad alta voce il segreto che ha in mano e nello stesso momento gli si chiederà di rivelare che cosa
proverebbe se quel segreto fosse il suo.
L’esercizio permetterà di dimostrare l’universalità di certi problemi ed evidenzierà l’empatia dell’altro e
la sua capacità di comprensione.
Yalom rileva come molti segreti risultino simili e con tematiche principali predominanti.
ALTRUISMO: Jerome Frank sottolinea l’importanza dell’altruismo in molte forme diverse di cura. Ogni
persona ha necessità di sentirsi utile all’altro.
Durante il corso della terapia di gruppo i pazienti possono condividere con gli altri membri problemi
simili. Scoprire di poter essere di supporto ad altre persone genera un forte impulso all’autostima.
RIEPILOGO CORRETTIVO DEL GRUPPO PRIMARIO FAMILIARE: i pazienti di solito intraprendono la terapia
di gruppo avendo alle spalle esperienze di disagio sperimentate nel loro primo gruppo che è la famiglia
d’origine.
Il gruppo terapeutico ripropone le dinamiche della famiglia. L’esperienza nel gruppo terapeutico può
rievocare molti dei primi ricordi legati alla famiglia.
La risoluzione di problemi con i membri del gruppo o con il terapeuta può rappresentare l’elaborazione di
cose incompiute del passato. Il “riepilogo” della famiglia originaria diviene un momento correttivo nella
misura in cui non si lascia che i possibili rapporti conflittuali emergenti nel gruppo terapeutico
irrigidiscano la struttura dello stesso.
• TECNICHE DI SOCIALIZZAZIONE: l’apprendimento della socialità diviene fattore di cura che agisce in tutti
i gruppi terapeutici. Nella terapia di gruppo di tipo psicodinamico , i pazienti si possono rendere conto di
certi comportamenti non adattivi. Per esempio afferma Yalom, un paziente che nella sua conversazione
sociale si dilungava ossessivamente in dettagli, se ne rese conto per la prima volta in gruppo terapeutico.
Per anni egli era consapevole solo del fatto che gli altri lo evitavano.
• COMPORTAMENTO IMITATIVO: i pazienti durante la psicoterapia assumo modalità di comportamento
spesso simili a quelle dei terapeuti o dei compagni del gruppo. Lo stesso Bandura ha evidenziato che
l’imitazione è una forza terapeutica efficace. Nella terapia di gruppo può accadere che un paziente
sviluppi dei benefici nell’osservare la terapia di un altro soggetto presente nel gruppo con una
costellazione di problemi simili.
• APPRENDIMENTO INTERPERSONALE: Bowlby evidenzia come l’attaccamento sia insito in noi. Il
trattamento psicoterapeutico di gruppo dovrebbe essere volto alla correzione delle distorsioni
interpersonali.
• COESIONE DI GRUPPO: i pazienti nella terapia di gruppo ritengono la coesione di gruppo una modalità
di aiuto fondamentale nella loro esperienza. L’esito terapeutico autopercepito dall’individuo risulta
essere in relazione all’attrazione individuale verso il gruppo e alla coesione di tutto il gruppo. L’esito
positivo del paziente è in relazione con l’attrazione individuale verso il gruppo e anche con la
popolarità del gruppo, variabile collegata all’appoggio e all’accettazione da parte del gruppo.
• I soggetti che hanno ottenuto un esito positivo hanno avuto un maggior numero di rapporti
reciprocamente soddisfacenti con gli altri membri.

LA PSICOTERAPIA DI GRUPPO SESSIONE 2- IL RAPPORTO TERAPEUTICO SECONDO CARL ROGERS


Rogers parte dal presupposto che quando esistono le premesse di un rapporto ideale terapeuta-paziente,
entra in atto un processo così caratterizzato:
-il paziente è sempre più libero nell’esprimere i suoi sentimenti
- Inizia a fare l’esame di realtà e a operare una discriminazione tra i suoi sentimenti e la le sue percezioni
dell’ambiente.
-Diventa consapevole dell’incoerenza di certe sue esperienze
-Diventa sempre più consapevole dei sentimenti che sono stati negati o deformati nella coscienza.
-Il suo concetto dell’io diviene più conforme alle sue esperienze
-Gli riesce più facile ricevere senza sentirsi minacciato
-Si trova sempre più a sperimentare sé stesso
-La sua reazione alle esperienze è sempre meno legata alla percezione della valutazione di sé fatta dagli
altri.
Secondo Rogers il primo compito dell’ indivduo è rappresentato dall’autoesplorazione nel senso che il
terapeuta nella psicoterapia individuale e di gruppo deve creare le condizioni favorevoli per
“l’autoespansione”.
Nei suoi ultimi anni Rogers si era molto interessato all’esperienza di gruppo come fattore terapeutico.
Rogers ritiene che l’esperienza umana sperimentata a livello profondo nel gruppo sia fondamentale per il
paziente. L’accettazione reciproca dei membri del gruppo è un processo che richiede dei tempi di
maturazione del gruppo stesso.
L’accettazione da parte degli altri e l’accettazione di sé sono interdipendenti.
L’accettazione di sé dipende fondamentalmente dall’accettazione da parte degli altri. L’accettazione degli
altri risulta però pienamente realizzabile solo se il soggetto è in grado di accettare se stesso.
Di solito, inizialmente i componenti del gruppo possono sperimentare un profondo disprezzo di sé e degli
altri.
Secondo Rogers l’autostima è in stretta connessione con il concetto di coesione di gruppo.
Quanto più un soggetto è attratto verso il gruppo, tanto più rispetta il giudizio espresso dal gruppo
stesso. Tanto più il soggetto rispetta il giudizio del gruppo, tanto più presta attenzione e prende
seriamente il divario che può sussistere tra la stima che riceve da parte del pubblico e la sua autostima.
L’esistenza di un simile divario può provocare nel soggetto uno stato emotivo di dissonanza che cercherà
di eliminare. Se la stima pubblica è bassa a causa della non-partecipazione al compito del gruppo,
qualunque difensiva messa in atto dal soggetto per affrontare il divario sfocerà in un abbassamento della
stima pubblica.
Un metodo negativo per affrontare il divario è spesso quello di svalutare il gruppo.
Un metodo positivo per affrontare il divario consiste nella capacità da parte dell’individuo di elevare la
propria stima pubblica modificando quei tratti di atteggiamenti non accettati dal gruppo.

LA PSICOTERAPIA DI GRUPPO - SESSIONE 3-ANALISI DEL PASSATO NELLA PSICOTERAPIA DI GRUPPO


• Come afferma Irvin D. Yalom :
• “Il materiale passato, appartenente ai primi anni di vita , ha una funzione nel processo terapeutico di
gruppo, questo materiale assume però una forma e una funzione notevolmente diverse da quelle della
terapia analitica individuale tradizionale.
• Si può indagare il passato non per spiegare il presente , non per richiamare alla memoria esperienze
rimosse , non per chiarire ed elaborare i principali traumi del passato, ma piuttosto per collaborare allo
sviluppo della comprensione di gruppo accrescendo la comprensione e l’accettazione reciproca tra i
membri.
• … il riesame e la rievocazione del passato servono fondamentalmente a legare i membri del gruppo,
aumentando le probabilità di percezione delle somiglianze e stimolando la disponibilità ad aprirsi…”
• “…rielaborare il passato soddisfa anche le nostre esigenze di ordine, comprensione e padronanza sul
piano conoscitivo di elementi spesso sconnessi ed enigmatici “
• RIPORTIAMO A TITOLO ESEMPLIFICATIVO ALCUNI RICORDI DEI PARTECIPANTI ALLA PSICOTERAPIA DI
GRUPPO PRESSO L’UNIVERSITA’ DELLA TERZA ETA’-UNITRE DI MILANO.
• I partecipanti al gruppo sono stati invitati a riflettere sulla seguente tematica:
• “IL MIO RAPPORTO CON IL CIBO IERI E OGGI”
• A- Ho dei ricordi bellissimi dell’infanzia vissuta in una numerosa famiglia patriarcale (18 persone)
contadina; non c’era ricchezza ma mangiavamo solo cose che si preparavano al momento. Aspettavo
con ansia S.Lucia per poter mangiare i mandarini. RICORDO ANCORA IL LORO PROFUMO E ANCHE
QUELLO DEI BISCOTTI DI MIA MADRE.
• Il cibo che non volevo mangiare era il minestrone che invece attualmente preferisco.
• B- Esisteva un ottimo rapporto per tutti con il mangiare , era un momento importante per fare festa
quando c’era la trebbiatura e l’uccisione del maiale. Nelle festività natalizie non mi piaceva mangiare il
capitone. ATTUALMENTE MI PIACE MANGIARE DI TUTTO E SPERIMENTARE SAPORI NUOVI.
• C- La mia infanzia fino ai sette anni l’ho trascorsa con la nonna materna. Mi ricordo solo di particolari
momenti come la merenda in cui prediligevo lo zabaione con l’aggiunta di caffè d’orzo,Frequentavo
l’asilo e ricordo un piatto che non mi piaceva: la minestra con la pasta grossa che galleggiava in tanto
brodo.
• D- In casa mia non erano molto insistenti, a 14 anni ho avuto un periodo di rifiuto del cibo tanto che mi
ammalai di anemia. Non mi importava più niente di nessuno. Sono stata curata ma non riuscivo a
riprendermi. Però quello che mi ha dato una spinta a reagire è stata una frase colta per caso “Come è
diventata brutta la Rina , cosa le è successo” è stato come uno schiaffo, mi sono lavata e ricordo che per
nascondere l’eccessivo pallore usai carta crespa rossa inumidita. Quando poi incontrai la stessa persona e
vidi la meraviglia sul suo volto fui immensamente felice e mi sforzai , ricominciai a mangiare e a ritornare
la ragazza che ero stata.ORA CERCO DI NON IGRASSARE”
• E- Nel 1941 ( guerra) quando avevo a tre mesi e mezzo , mia madre ha perso il latte per la mastite e mi
hanno detto che ho continuato l’alimentazione a base di riso cotto più o meno.
• Poi non mi ricordo però di avere più avuto problemi con il cibo.
• F- Nell’adolescenza ,causa insoddisfazione età, ambiente, vita ero un po’ rotondetta e mangiavo tanto
per compensazione, così finchè non ho avuto vita autonoma ed indipendente.
• Nei periodi però di dispiaceri e forti preoccupazioni aumentavo di peso. ORA TENDO A CONTROLLARE
IL CIBO PERCHE’ SONO PREOCCUPATA PER IL PESO. QUANDO SONO IN COMPAGNIA E DESIDERO
MANGIARE NON MI FACCIO PERO’ PROBLEMI.
• G- Nell’infanzia ero molto selettiva nei confronti del cibo . Mangiavo poco e solo determinati cibi.
Preferivo non mangiare carne ma solo uova . Mangiavo poco a tavola ma facevo volentieri merenda, ero
libera di scegliere. Mia madre si arrabbiava con me per il rifiuto di determinate pietanze e spesso
dissentiva con mio padre che era invece del parere di lasciarmi in pace.
• Questo fenomeno si è attenuato gradualmente . Ho incominciato ad apprezzare i dolci che da bambina
non riuscivo a mangiare quasi per niente. NELL’ ETA’ ADULTA SONO ARRIVATA AD APPREZZARE QUASI
TUTTI GLI ALIMENTI E CERCO DI CONTROLLARMI PER NON AUMENTARE DI PESO ANCHE SE QUESTO E’
COMPLESSIVAMENTE NELLA NORMA.
• H- Il mio ricordo del cibo legato all’infanzia è legato agli odori, a mia mamma che faceva dolci e sughi e
da lì mio amore per la cucina.
• Infanzia: ero una bambina all’ingrasso, soprattutto per colpa di mia nonna.
• Adolescenza: ragazza cicciottella che cercava inutilmente di seguire diete, contrastata dalla famiglia che
diceva :”stai bene così”.
• Vent’anni: la linea del corpo si delinea da sola e fortunatamente lega con la moda del momento: seni
prosperosi delle maggiorate anni ’50. Mi sento più fiduciosa in me stessa.
• 30-40 anni: dopo i figli mi appesantisco ma accetto senza troppi drammi.
• ADESSO 56 ANNI: VIVO UNA FASE DEPRESSIVA MOLTO SERIA, RARAMENTE HO VOGLIA DI MANGIARE,
ME LO IMPONGO CERCANDO CIBI SOSTANZIOSI E CHE VADANO GIU’ FACILMENTE. NON OSO
PERMETTEMI DI AMMALARMI PERCHE’ SONO SOLA.
• I- 1920-1940 rapporto ottimale con il cibo, madre mantovana ottima cuoca e golosetta, un vero piacere
• 1940-1946 guerra e dopoguerra ancor più misero rapporto con il cibo molto meno frequente ma ci si
abitua a tutto.
• 1947-1989 . Il cibo è un vero piacere , mi piace cucinare e la golosità , ragionevole, non mi procura
eccessivi problemi di linea e di salute.
• 1990- la scoperta del diabete e la storia termina qui ( quella piacevole almeno). Ora il cibo è
l’indispensabile contorno delle numerose pastiglie che devo ingoiare durante la giornata.
• L- nell’infanzia non mi piaceva il cibo , né il gusto dei vari piatti , ero sempre sotto peso. Mangiavo solo
dai nonni. Mi ricordo che mia madre era grassa e mio padre piccolino e magro.
• Mia madre mangiava tanto e ingrassava , cercava sempre di seguire una dieta. Io mi vergognavo di lei.
Fio a 10 anni non avevo mai fame. Andando in gita all’estero ho provato cibo diverso e gustoso e così ho
cominciato a mangiare. Mi prendevano in giro a scuola per la mia magrezza e mi chiamavano Olivia.
• Anche da adulta ero magra finchè sono stata in ospedale con le flebo e così ho deciso di mangiare.
• ADESSO MANGIO TROPPO, HO SEMPRE FAME.
• M- Sono stata una bambina e un’adolescente cicciottella ma l’ho saputo dopo,nel senso che mai è stato
un problema avere dei chili in più. Anzi! Per mia nonna era un segnale di bellezza ed opulenza. Solo in età
adulta il cibo ha assunto un ruolo importante nella famiglia perché l’aspetto fisico ( che nel frattempo si
era ridimensionato) mi gratificava molto, quindi doveva essere mantenuto al meglio. OGGI CHE INIZIA
UNA NUOVA FASE DELLA MIA VITA SONO SPESSO IN CONFLITTO CON IL CIBO CHE MI PROCURA GIOIA E
DOLORI ( GIOIA NEL GUSTO, DOLORI NELLE TAGLIE IN PIU’ DEGLI ABITI).
• CONSIDERAZIONI: ATTRAVERSO IL RACCONTARSI.
• CONSIDERAZIONI:ALL’INTERNO DEL GRUPPO, ATTRAVERSO L’ESPLORAZIONE DEI RICORDI DEL
PASSATO, SI ACCRESCE LA CONOSCEZA E IL LEGAME TRA I COMPONENTI E SI FAVORISCE LO SVILUPPO
DELL’EMPATIA.
• IL RACCONTARSI DIVENTA ELEMENTO TERAPEUTICO PER IL GRUPPO.

LA PSICOTERAPA DI GRUPPO - SESSIONE 4- LO SVILUPPO DEL SENTIMENTO DI COLLETTIVITA’


ATTRAVERSO IL GRUPPO: RIFLESSIONI TEORICHE
• La psicologia individuale pone l’accento sul fatto che tutti i problemi della vita umana richiedono
capacità e preparazione alla collaborazione, segni visibili del sentimento di collettività.
• La miglior soluzione ai problemi della vita risiede in uno sviluppo dl sentimento di collettività.
• La psicoterapia di gruppo deve favorire lo sviluppo del sentimento di collettività.
• Il sentimento di collettività implica anche il concetto di adattamento.
• I pazienti possiedono risorse, spesso utilizzate in passato, di conseguenza anche una semplice spinta
derivante da qualche situazione accaduta in terapia può supportare la persona ad affrontare la vita in
maniera adattiva.
• Il termine “spirale adattiva” sta ad indicare il processo nel quale una modificazione del paziente causa
delle modificazioni nel suo ambiente interpersonale. La “spirale adattiva” si oppone al circolo vizioso che
di solito intrappola il paziente .
• Possiamo quindi parlare di fattori terapeutici esterni al gruppo. Il caso che si verifica comunemente è
quello di rapporti migliorati con persone che ruotano intorno al paziente. Si può avere anche un
cambiamento positivo in ambito lavorativo o scolastico.
• La concentrazione nell’hic et nunc è fondamentale per il processo terapeutico .
• Lo psic.oterapeuta attento al processo non tende ad occuparsi esclusivamente del processo verbale ,
inteso come ciò che il paziente dice, ma anche del “come” e del “perché” dice ciò .
• L’impostazione psicoterapeutica “hic et nunc” tende a concentrare l’attenzione su ciò che sta
accadendo nel gruppo al presente, proprio in quel preciso momento. Concentrare l’attenzione sul “qui ed
ora” è efficace perché il comportamento interpersonale di ciascun paziente all’interno del gruppo è una
rappresentazione del suo comportamento interpersonale al di fuori del gruppo.

ANALISI DI CASI SESSIONE 1- OSSERVAZIONE DI ALCUNE TIPOLOGIE DI PAZIENTI NELLA PSICOTERAPIA DI


GRUPPO NELL’AMBITO DI UNA PSICOTERAPIA DI GRUPPO POSSONO EMERGERE DIVERSE TIPOLOGIE DI
COMPORTAMENTO DA PARTE DEI PAZIENTI
-Il soggetto che tende a monopolizzare il gruppo
Irvin D. Yalom così lo descive: R., che era nel gruppo da sette settimane , si mise a decantare con un lungo
e già noto discorso il miglioramento che aveva riportato. Raccontò in modo minuzioso che per lui il
problema principale era stato quello di non avere compreso gli effetti nocivi che il proprio
comportamento aveva sugli altri…il terapeuta osservò che alcuni membri erano irrequieti…mentre altri
avevano assunto un atteggiamento indifferente e rassegnato.. Il terapeuta interruppe R. ( il
monopolizzatore) chiedendo al gruppo quante volte avevano sentito raccontare da R. questa storia. I
membri del gruppo furono concordi nel dire che l’avevano sentito parlare così ad ogni incontro. I membri
parlarono del loro senso di irritazione nei confronti di R. e del timore di attaccarlo per paura di ferirlo.
Qualcuno accolse invece con piacere la monopolizzazione di R. perché non voleva esporsi e rivelarsi al
gruppo, altri affermarono di non avere interrotto R. per apatia.
CONSIDERAZIONI: E’ EFFICACE CONCENTRARSI SULLA MANIFESTAZIONE DELL’IO NEL GRUPPO DEL
PAZIENTE E SULLA RISPOSTA DEGLI ALTRI MEMBRI AL SUO COMPORTAMENTO. IL PAZIENTE DEVE ESSERE
MESSO DI FRONTE AL PARADOSSO CHE PER QUANTO EGLI POSSA DESIDERARE DI ESSERE ACCETTATO,
TUTTAVIA PERSISTE IN UN COMPORTAMENTO CHE GENERA IRRITAZIONE E FRUSTRAZIONE .
-Il soggetto che si lamenta e rifiuta l’aiuto
Secondo Irvin D. Yalom : Tale paziente chiede aiuto al gruppo in modo esplicito o implicito, presentando
problemi e lamentele e rifiutando in seguito l’aiuto che gli viene offerto. Egli sembra essere orgoglioso
della insolubilità dei suoi problemi e basa il suo rapporto con gli altri componenti del gruppo sul fatto che
è più bisognoso d’aiuto degli altri.
Un paziente di questo tipo disse ad un altro componente del gruppo: “ E’ una perdita di tempo ascoltarti,
i miei sono problemi importanti , i tuoi sono superficiali”. Il paziente lamentoso che rifiuta l’aiuto parla
esclusivamente di sé ma quando il gruppo e il terapeuta rispondono al suo appello, il paziente rifiuta
l’aiuto.
CONSIDERAZIONI:TALE SITUAZIONE PRODUCE NEL GRUPPO UN SENSO DI DISAGIO ED IMPOTENZA.

Il soggetto moralista
Secondo Irvin D. Yalom : La caratteristica di tale soggetto è il bisogno di essere riconosciuto, dimostrando
che l’altro ha torto.
Anche se il gruppo inizialmente può provare empatia per lui, l’empatia si trasforma in irritazione nel
momento in cui i membri del gruppo si rendono conto che il suo interesse principale consiste nel
raggiungere una posizione di superiorità morale e non nel condividere con gli altri le esperienze. Se un
altro membro del gruppo cerca di assumere una posizione di superiorità,, il moralista entra in conflitto
con l’intruso. Pazienti con questo modello di comportamento risultano profondamente turbati da
sentimenti di vergogna e di ira.
CONSIDERAZIONI:PER LA FORMULAZIONE DI UN PROGRAMMA PSICOTERAPEUTICO E’ IMPORTANTE
RICONOSCERE IL RUOLO SVOLTO DALLA VERGOGNA E DELLA RIDUZIONE DELL’AUTOSTIMA NELLA
DINAMICA DI QUESTI PAZIENTI. SE IL GRUPPO E’ AIUTATO A CAPTARE LA VERGOGNA CHE E’ ALLA BASE
DELLE POLEMICHE VIOLENTE DI AUTOAFFERMAZIONE DEL PAZIENTE, ALLORA GLI RISPONDERA’ IN
MODO COSTRUTTIVO.

Il soggetto assistente del terapeuta


Secondo Irvin D. Yalom : Tale soggetto agisce in modo di ottenere l’approvazione del terapeuta e del
gruppo. Vuole mostrare agli altri la sua competenza.
Molti membri del gruppo possono reagire al suo senso di superiorità con l’antagonismo.
CONSIDERAZIONI: L’ASSISTENTE AL TERAPEUTA CON IL PASSARE DEL TEMPO HA BISOGNO DI ASSUMERE
IL RUOLO DI PAZIENTE E AMMETTERE I PROBLEMI CHE SONO IN CONFLITTO CON IL SUO BISOGNO DI
ESSERE SUPERIORE.

LA PSICOTERAPIA DI GRUPPO SESSIONE 2-ANALISI DI TEMATICHE AFFRONTATE NELLA PSICOTERAPIA DI


GRUPPO ATTRAVERSO L’ANALISI DEL SOGNO
Nella psicoterapia di gruppo con gli anziani che manifestano disagio psicologico lavoriamo utilizzando la
tecnica della narrazione.
Riportiamo un esempio di psicoterapia di gruppo con anziani.
L’intento è quello di conoscere se stessi per meglio comprendere le radici del proprio disagio. Attraverso
il racconto del proprio vissuto personale e il confronto, i partecipanti al gruppo traggono beneficio dal
condividere empaticamente le proprie esperienze.
Il percorso psicoterapeutico prevede anche l’individuazione di strategie condivise per meglio affrontare
le problematiche del quotidiano.
L’esperienza riportata è quella di anziani partecipanti ad un gruppo di psicoterapia presso l’Università
della Terza Età-UNITRE di Milano.
•Il gruppo è composto da 15 persone che manifestano problematiche di depressione .
•Tra le tematiche affrontate è stato scelto come esempio il sogno.
•Il terapeuta introduce la tematica del sogno al gruppo per poi invitare i partecipanti a raccontare i
propri i sogni finalizzati alla comprensione del proprio stile di vita.
•Tra gli esempi di tematiche che si affrontano citiamo oltre all’interpretazione del sogno qui riportata
come esempio: le fantasie ad occhi aperti, i ricordi,il senso d’inferiorità e di superiorità, l’amore,il
rapporto con il cibo , il significato della vita , i cambiamenti psicofisici.
Aspetti teorici del sogno raccontati dal terapeuta al gruppo : Il terapeuta, attraverso un linguaggio
semplice, invita il gruppo a riflettere sul significato del sogno.
Terapeuta: Se noi pensiamo al sogno nell’antichità, esso aveva un significato completamente diverso da
quello dei giorni nostri.
Le interpretazioni dei sogni presenti ad esempio nella Bibbia vedevano nel sogno un’intuizione
dell’avvenire. Il sogno nell’antichità privilegiava gli aspetti della predizione, quindi oracoli e sibille erano
molto legati ad esso.
Freud fu sicuramente il primo a dare una svolta scientifica al sogno ed estremamente interessanti sono le
letture di alcuni casi che vedono in primo piano l’interpretazione del sogno secondo il modello freudiano.

Non possiamo però ridurre la nostra vita semplicemente alle problematiche nevrotiche legate alla sfera
sessuale anche se in taluni casi può comunque essere ritenuta valida.

La nostra emotività la esprimiamo in quei frammenti che ci lascia il sogno e che fanno parte della nostra
vita quotidiana.
Dobbiamo utilizzare il sogno come ogni altra manifestazione psichica.
Il sogno diviene uno strumento per meglio conoscere se stessi, per capire qual è il nostro comportamento
nel presente , qual è stato il nostro comportamento nel passato e per comprendere le nostre possibilità
di comportamento nel futuro.
Attraverso il sogno noi possiamo rivivere situazioni sia positive che negative.
La situazione minacciosa può ad esempio essere rappresentata nel sogno attraverso :
-un esame scolastico imminente
-un nemico
-L’idea della vittoria può essere invece rappresentata nel sogno attraverso.
-un volo verso l’alto
-Il pericolo può essere rappresentato attraverso l’abisso, l’affondare, la caduta.
Esistono diverse tipologie di sogno: sogni ricorrenti, sogni legati alla situazione attuale, incubi, sogni ad
occhi aperti, incubi.
Ci sono situazioni che pur sognando al risveglio non ricordiamo.
Quando manifestiamo il sogno esso subisce sempre delle manipolazioni.
Nel sogno si lavora attraverso il metodo delle associazioni libere ed è importante nell’ambito del sogno
individuare le parole chiave.
Attraverso le associazioni possiamo trarre dal sogno un significato concreto.
Nel sogno noi possiamo anche avere delle percezioni e delle sensazioni , quindi il sogno ci può ricordare
un odore, un colore, il freddo , il caldo ecc.
Per associazioni sul sogno si intende tutto ciò che si produce riferendoci a quel preciso tema onirico:
osservazioni, autointerpretazioni, descrizione di stati emotivi provati durante e dopo il sogno.
Adler suggerisce che il metodo per l’interpretazione dei sogni deve tenere in considerazione lo stato
d’animo che i sogni stessi lasciano dietro di sé.
L’autore ci mette però in guardia rispetto al sogno ed afferma:” Le metafore e i simboli possono essere
usati a sproposito, possono combinarsi in diversi significati, possono dire due cose nello stesso tempo…”
E’ interessante notare come Adler metta in discussione il simbolismo fisso nei sogni.
Poiché ogni essere umano è diverso dagli altri è altrettanto vero che i suoi simboli non possono avere lo
stesso significato per un’altra persona. Nonostante ciò egli ammette l’esistenza di “problemi umani
comuni” e di i tipici modalità per affrontarli.
Riteniamo interessante notare come il sogno ci permetta di delineare la “linea di vita” di una persona.
A questo proposito Adler così esprime: “ Se si scompone un sogno che sembra incomprensibile nelle sue
componenti e se si riesce a sapere dal sognatore cosa queste singole componenti significano per lui , con
una certa diligenza e un certo acume , risulterà l’impressione che dietro al sogno siano in gioco delle
forze che tendono verso una certa direzione. Questa direzione si rivelerà anche in altre situazioni della
vita di quella persona ed è determinata dal suo ideale personale , e dalle deficienze e dalle difficoltà di
cui essa sente il peso. Con questa tecnica si ottiene la linea di vita della persona o almeno una parte di
questa linea”.

LA PSICOTERAPIA DI GRUPPO SESSIONE 3- ANALISI DI SOGNI CHE EVIDENZIANO IL RAPPORTO CON LA


FIGURA MATERNA –A
Paziente : “Mi trovo in una stazione ferroviaria .
Sono stanca perché ho corso, sono in ansia ed ho paura di perdere il treno.
Mi dirigo verso il binario e vedo delle persone che parlano con il conduttore del treno.
Riconosco i miei genitori, c’è anche una terza persona che non distinguo perché nascosta, come da una
nebbia.
Guardo il volto di mia madre: mi appare giovane, sorridente, molto bella.
Il conduttore, alla mia vista, mostra molta comprensione : è disposto a rimandare la partenza, nell’attesa
dell’arrivo di mio marito.
Io non sono tranquilla e non mi spiego il motivo di ritardo di mio marito.
E’ UN SOGNO RICORRENTE”.
Terapeuta: il primo lavoro è individuare le parole chiave del sogno.
Paziente: la stazione, i genitori,il marito, il treno, il conduttore del treno.
Terapeuta: quando si fanno le associazioni bisogna liberare la mente , infatti il sogno è sempre un
qualcosa costruito sull’illogicità.
Paziente: i miei genitori sono molto anziani , abitano abbastanza vicino e per me sono molto importanti,
specialmente mia madre alla quale sono stata sempre molto legata e tra noi c’è sempre stato un ottimo
rapporto.
La mamma è una persona molto energica , forte di carattere, dominante, emotiva e probabilmente mi ha
trasmesso questa emotività.
Mio padre è molto schivo, riflessivo razionale, a lui sono molto legata.
Sono sempre stata vicina ai miei genitori anche dopo il matrimonio con visite periodiche e continue.
La figura di mio marito per me è molto importante, però non sempre sono riuscita ad avere quella
comprensione che desideravo.
I rapporti tra mio marito e miei genitori sono buoni.
Il treno mi fa pensare ad un cambiamento , a una fuga dalla realtà, il conduttore è una persona che mi
vuole aiutare in questo.
Infatti desidero cambiare determinate realtà che non accetto e che si riferiscono al rapporto coinvolgente
con mia madre , pur essendoci un grande affetto.
La terza persona potrebbe essere mio fratello anche lui coinvolto ma in maniera minore.
INTERPRETAZIONE: il conduttore del treno rappresenta il desiderio da parte della signora di diventare più
autonoma; il treno simbolizza la personalità. Prevale la voglia di andare da soli e di sganciarsi ma da sola
non ce la fa.
•Il marito non arriva perché ritiene che il rapporto con la madre deve gestirlo da sola, mentre lei
vorrebbe essere supportata.
•Il treno bisognerebbe farlo partire ma non parte mai. Il marito dovrebbe darle una mano ma non arriva
mai, la difficoltà a staccarsi dalla madre è notevole.
•La signora dovrebbe pensare anche a se stessa , non si tratta di abbandonare la madre ma di studiare
altre modalità per gestire la situazione.

LA PSICOTERAPIA DI GRUPPO SESSIONE 4- ANALISI DI SOGNI CHE EVIDENZIANO IL RAPPORTO CON LA


FIGURA MATERNA
Paziente B : Il sogno del vecchio
Racconto del sogno : “Passeggiavo per una strada deserta, sentivo un grande bisogno di compagnia per
cui mi rallegrò moltissimo l’incontro con Silvia, una mia compagna di scuola.
Avevamo incominciato a conversare piacevolmente, quando mi accorsi che un vecchio si era fermato
vicino a noi e ci ascoltava curiosamente.
Gli chiesi che cosa facesse in quel posto e che cosa volesse, non rispose ma continuò a guardarci fisso con
un’espressione che non mi piaceva affatto e quindi mi spaventava.
Evidentemente produceva lo stesso effetto anche a Silvia perché cominciammo subito a scappare
prendendo strade diverse.
Il vecchio preferì seguire me. Arrivata al portone aperto di una casa, mi rifugiai dentro chiudendomi
subito a chiave. Mi chiedevo dove fossero i padroni di casa e quando sarebbero tornati ma non uscivo
per paura di vedere il vecchietto.
Passato qualche giorno, sentii suonare il campanello e andai ad aprire, sicura che fossero i padroni di
casa, invece era ancora lui, con la stessa espressione che mi sconcertava e che mi fissava con un’aria di
trionfo. Gridando per lo spavento mi sono svegliata”
Aggiunge : “questo sogno è avvenuto tanti anni fa, mi è rimasto impresso”.
Terapeuta: Il primo lavoro è individuare le parole chiave del sogno.
Paziente: la strada deserta, Silvia, il vecchio, il guardare fisso , lo scappare , la casa, il portone.
Terapeuta: quando si fanno le associazioni bisogna liberare la mente , infatti il sogno è sempre un
qualcosa costruito sull’illogicità.
Paziente: “pensando ad una strada deserta mi viene in mente la desolazione, il timore di brutti incontri in
quanto qualche anno prima, quando frequentavo una scuola serale mi è capitato verso le 9 o le 10 di sera
di essere stata importunata da una persona di mezza età che non conoscevo.
Silvia non era nemmeno una mia amica ma solo una compagna di scuola per la quale avevo tanta
ammirazione essendo molto brava negli studi e aveva più o meno la mia stessa età. Della mia compagna
finita la scuola non ho più saputo niente.
Il vecchio mi ricorda un satiro con una espressione che fa capire di volere qualcosa.
L o scappare mi fa pensare che cercavo un rifugio per non vedere quella persona anziana che guardava
senza parlare, io temo di più queste persone di quelle che fanno le loro proposte apertamente.
La casa è disabitata ma nonostante questo mi sento al sicuro perché il vecchio non può entrare.
Io ho avuto una madre piuttosto possessiva , per cui a una certa età ho sentito il bisogno della mia libertà
e indipendenza e l’unico modo per averla , poiché i genitori non cambiano, è stato quello di andare a
vivere da sola.
Il padre si disinteressava dei miei problemi, era di mentalità molto aperta, mi lasciava fare e mi trattava
come un’adulta mentre al contrario il comportamento di mia madre era possessivo e autoritario.
La mamma assumeva un ruolo maschile imponendomi sempre la sua volontà.
Ho desiderato tanto uscire di casa, avere la mia indipendenza fin dall’età di 15 anni.
INTERPRETAZIONE: sicuramente , da quanto esposto, c’è un episodio vero di molestia ma anche di
violenza psicologica.

Paziente C: il sogno della casa


Racconto del sogno: “Questo è un sogno ricorrente. Io sogno sempre case di tutti i tipi. Ville, villette,
villoni, appartamenti, case,case,case dappertutto ma non sogno mai la mia dove abito oggi, sempre le
altre case.
Io ho abitato, nel sogno, in ville sontuose, antiche e moderne, spesso risogno le stesse case. Quello che
mi assilla è che sono sempre sporche e devo sempre pulirle.
Per fortuna, ogni tanto c’è qualcuno che mi aiuta e quasi sempre è mia madre, morta nel 1979, oppure a
volte è mio fratello, molto raramente mio marito ma, più che aiutarmi, gironzolano per casa.
Sogno spesso persone che non ci sono più, mia suocera, mio suocero ma quella che mi aiuta è sempre
mia madre. All’inizio quando entro le case non sono sporche e solo in un secondo tempo me ne accorgo
che necessitano di essere pulite”.
Terapeuta: Il primo lavoro è individuare le parole chiave del sogno.
Paziente: case, sporco,mamma.
“Il rapporto con la mia casa che non sogno mai non mi preoccupa più di tanto, mi piace, ci vivo bene, è
piccolina ma va bene per me, soprattutto dopo che è stata ristrutturata dieci anni fa..
Nella descrizione il vecchio è associato alla figura materna , una madre molto autoritaria che proibisce e
non condivide l’uscita di casa della figlia. E’ la madre che impedisce alla figlia di attuare la propria
indipendenza.
Nel sogno l’ entrata in quella casa acquisisce un senso di liberà, però con il timore che qualcuno possa
riportarla nella vecchia situazione.
Conclude la paziente : dopo la conquistata libertà i rapporti con i genitori sono rimasti buoni e ammette
di aver trovato in se stessa una maggior sicurezza non avendo più la madre che l’assillava.
Nelle case del sogno vivo con i miei famigliari normalmente con i soliti problemi come nella vita reale
avviene.
Se mi invitano in una casa d’amici ci vado volentieri, mi piace osservare, vedere come sono i mobili,
notare certe cose come i quadri alle pareti.
Sporco: nella realtà mi piace l’ordine e la precisione, e per esempio, se io apro un armadio, mi piace
trovare tutto in ordine specialmente le cose piegate come i golfini. Ho lavorato in un negozio di
abbigliamento in realtà e ci voleva ordine e precisione. Se invece trovo polvere su un mobile non mi
interessa.
Mia mamma era una persona ordinata, molto dolce e se lasciavo in giro qualcosa la metteva a posto, non
ho mai pensato di assomigliarle , lei faceva tutto e mi diceva: “stai tranquilla che ci penso io”.
L’ordine mi è stato imposto dal lavoro e all’inizio, quando dovevo imparare, ho avuto momenti di grande
disagio. Non ho mai cambiato posto di lavoro e il negozio è diventato un po’ come la mia casa. Ora che
sono andata in pensione mi rimane l’atteggiamento verso l’ordine e alla precisione che mi è stato
trasmesso anche dal modello materno. Se vado da qualcuno e vedo le cose in disordine soffro molto”.
INTERPRETAZIONE:Dal sogno emerge una situazione di disagio nel rapporto con la figura materna che la
fa sentire inadeguata e non le permette di esprimersi. La sua vera casa è un qualcosa di estraneo ed ecco
che l’unica possibilità di realizzarsi diviene il negozio nel quale lavora. Il mettere in ordine i golfini assume
una valenza quasi ossessiva.
•Le case che la signora continua a sognare e “non sono le sue” potrebbero esprimere un desiderio di
evadere dal modello di precisione che la madre si aspettava da lei.

IL CASO DI L.: ANALISI DEI SENTIMENTI DI AMORE E DI DOLORE ESPRESSI DALLA PAZIENTE - SESSIONE 1-
DESCRIZIONE DEL CASO
• L. è una signora sulla cinquantina, longilinea, dai capelli biondi corti, molto vivace, sportiva
nell’abbigliamento.
• Il suo viso è espressivo e dotato di grande carica comunicativa.
• Quando si presenta al primo colloquio appare molto provata e tesa, è in uno stato depressivo intenso
in seguito alla recente morte del coniuge.
• Vive con un figlio studente universitario brillante.
• Al primo colloquio appare in preda ad un delirio mistico-religioso, i contenuti sono molto confusi ma si
intravedono quegli spazi di razionalità che mi fanno capire che si potrà lavorare insieme.
• Durante il primo colloqui mi pongo in un atteggiamento empatico, questo la rassicura e pone le basi per
l’inizio del nostro futuro lavoro psicoterapeutico.
• L. esprime più volte nei primi incontri il timore di essere pazza, si lavorerà per farle acquisire
consapevolezza che non lo è.
• Dopo i primi colloqui si procede all’accordo terapeutico. Inizia così il nostro percorso.
• Compito della prima fase di questo percorso è stato quello di esplorare e comprendere lo stile di vita
della paziente.
• La seconda fase ha permesso alla paziente di acquisire consapevolezza del suo stesso stile di vita,
riconoscendone gli errori che lo hanno condizionato .
• Intendiamo proporre le poesie prodotte dalla paziente , emblematiche di questa sua seconda fase del
percorso terapeutico in cui sembra aver recuperato un buon equilibrio emotivo-affettivo.

IL CASO DI L.: ANALISI DEI SENTIMENTI DI AMORE E DI DOLORE ESPRESSI DALLA PAZIENTE SESSIONE 2-
POESIA : AMORE-DOLORE
• POESIA DI L. Amore-dolore
• Non si può quantificare il grado di dolore, amore
• unica cosa uno non può vivere senza l’altro.
• Un sottile velo divide queste qualità,
• queste qualità apparentemente differenti fortemente uguali.
••
La mamma con il bimbo
• amorosa domani
• quella mamma
• davanti ad un bocciol di rosa una lacrima
• riversa cadrà
• Uomo innamorato dato tutto per scontato felicità
• gioia finalmente compresa.
• Quand’ecco giorno triste
• pochi mesi
• son bastati la vita
• scivola fra le dita
• solo una pausa di dolor
• pur addolcita
• sussurrò
• volevo solo te
• Amicizia tutto dona con impeto con trasporto
• contenta di sè
• infiltrandosi nei più
• il cor suo lo sa
• un dolore l’ aspetterà
• l’agonia avverrà
• morte ci sarà.
• Attutire il colpo si dovrà con un pizzico di saggezza,
• negar
• non si può il dolor
• più in là osservando
• lentamente comunicare
• AMORE e DOLORE
• RIFLESSIONI :
• Il problema che si pone L. è quello del dolore e della sofferenza in quanto la morte si presenta come
espressione estrema del dolore.
• La morte fa paura perché costituisce il distacco supremo da tutto ciò che di più caro si ha: gli a amici, le
persone care, la stessa vita.
• Il momento della morte si identificherà con il momento del distacco, della lacerazione dei sentimenti
più intimi e personali .

IL CASO DI L.: ANALISI DEI SENTIMENTI DI AMORE E DI DOLORE ESPRESSI DALLA PAZIENTE
SESSIONE 3- POESIA:IL GIOVANOTTO E L’ANIMA
• Il giovanotto e l’anima
• Piccolo ometto curioso
• ragazzino fiducioso dei tuoi genitori.
• Cresciuto cerchi al di là di te sicurezza
• e amor
• tutto questo ti delude , spaventa
• riprometti a te di parlare con mamma.
• Indietreggi
• dici: anche mamma non sa niente.
• Cerchi nell’etere una risposta ma chissà questo dove ti porterà,
• forse nella confusione che proprio da lei volevi fuggire?
• Prova a cercare in me la tua anima,
• prova a confidarmi le perplessità che hai di fronte alla vita
• come ci si comporterebbe.
• Ora per il lavoro, ora per lo studio ,
• ora per l’amore.
• Forse l’anima tua
• esperienza avrà
• contenta sarò
• unita alla mente utilmente
• potrebbe donarti
• luce anche se intermittente
• RIFLESSIONI :affermò Adler : “La legge fondamentale della vita è dunque la vittoria sulle difficoltà…La
direzione dello sviluppo psichico come quella dello sviluppo corporeo , tende costantemente a superare
le difficoltà mediante una giusta soluzione dei problemi che il mondo ci pone.
Ogni soluzione erronea deriverà da uno sviluppo fisico e psichico inadeguato”.

IL CASO DI L.: ANALISI DEI SENTIMENTI DI AMORE E DI DOLORE ESPRESSI DALLA PAZIENTE
SESSIONE 4 - POESIA: INNO ALLA VITA
• POESIA :INNO ALLA VITA
• In un negozio da me conosciuto
• c’era un bambino bello e paffuto
• nella carrozzina era disteso
• tra un respiro e l’altro
• un succhiotto muoveva il suo labbro.
• Il mio sguardo si abbassò sino a scorgere il suo
• gli occhi miei si specchiavano, vagavano, cercavano
• in
• un mare calmo azzurro
• conciliante.
• La mano mia si avvicinò e lui calmo
• l’afferrò tocco dolce e più deciso
• al contatto di quella manina
• il mio cor sorrise corrisposta
• dal suo sguardo sorridente rassicurante
• modo il suo cor invitante.
• Stampato ho qui nel petto il sigillo dell’amor
• io vorrei arrivare a voi, dentro noi,
• gli occhi riveder invitanti andare a avanti.
• Sulla strada lasciar cader vecchi brandelli bianchi stanchi.
• Sorridere alla vita
• ricominciar a radunar
• forza, coraggio, onestà, caparbietà.
• L’anima certa si rallegrerà
• ci ringrazierà ricordandosi quella scintilla
scaturita da un contatto
• della vita
• in quel cucciolo di bambino
• Incontrato quel mattino.
• RIFLESSIONI: Afferma Alfred Adler :” La madre sviluppando l’amore per i figli si offre come il partner più
adatto per fornire al bambino la prima esperienza di una relazione con gli esseri umani. Dalla madre
vissuta come “prossimo” nelle fasi iniziali di sviluppo del sentimento sociale, partono i primi stimoli che
conducono il bambino ad inserirsi nella vita come elemento in un insieme e a selezionare i contatti con il
mondo che lo circonda”.
• SUCCEDE SPESSO CHE IL PAZIENTE SCELGA DI COMUNICARE AL TERAPEUTA ATTRAVERSO POESIE O
RACCONTI DA LUI PRODOTTI.
• QUESTO MATERIALE RISULTA PREZIOSO IN QUANTO ESPRESSIONE DEL VISSUTO DEL PAZIENTE.
• NELLA PRIMA POESIA AMORE-DOLORE L. E’ PROVATA DALLA PERDITA DEL MARITO
• MA SI STA SFORZANDO DI AFFRONTARE QUESTO MOMENTO ATTRAVERSO “UN PIZZICO DI SAGGEZZA”.
IL DOLORE SI PUO’ SUPERARE ATTRAVERSO L’AMORE.
• NELLA SECONDA POESIA IL GIOVANOTTO E L’ANIMA L. AFFRONTA LA TEMATICA DEL RAPPORTO CON IL
FIGLIO. L. STA CERCANDO UNA MODALITA’ DI COMUNICARE CON IL FIGLIO CHE E’ SFUGGENTE E CIO’ LE
PROVOCA SOFFERENZA.
• NELLA TERZA POESIA INNO ALLA VITA L. ESPRIME TUTTA LA SUA GIOIA PER LA VITA. E’ NATO DA POCO
IL NIPOTINO E VUOLE INIZIARE A SORRIDERE ALLA VITA.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA(2002) – PARTE 1 - SESSIONE 1 - LA FAMIGLIA MALATA – PARTE A
Nel libro “ Un buco nell’anima guarire dalla malattia droga “ di Guido Vergani dialogo
con Roberto Bertolli e Furio Ravera (2002)-LIBRI SCHEIWILLER, ritroviamo un
atteggiamento tipico della famiglia nei confronti del figlio che manifesta disagio psichico
e psicopatologia.
Riportiamo alcuni stralci dal capitolo settimo del testo: “Droga come malattia e malattia negata, spesso
non solo dallo stato che lascia fare alle comunità…Negata anche dalle famiglie che non vogliono vedere o
si vergognano del figlio tossicomane o imprecano contro i mali della società, i tempi, la iattura della
droga facile, quasi ad ogni angolo di strada, e raramente si guardano dentro, pensano alla
fragilità dei figli e ai propri errori.
…Nella nostra esperienza la vergogna sociale è all’ordine del giorno… La negazione è un fatto ricorrente
ed è anche emotivamente giustificabile. Quasi sempre è l’angoscia a determinare quella cecità. Intuire
che un figlio è precipitato nella droga è tragicamente doloroso e qualunque essere umano cerca di
ridurre il dolore ,rimandando una totale presa di coscienza del problema. L’angoscia annebbia qualsiasi
genitore. Il solo concepire che il proprio figlio abbia un problema è già l’anticamera di un’ accecante
disperazione”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 1
Nel testo si evidenziano esempi in negativo del comportamento di padri e madri di fronte al sospetto o
alla certezza della droga.
Si afferma: “Raggruppare i genitori in due, tre gruppi di comportamento è ovviamente una
semplificazione, perché ogni padre e ogni madre dovrebbero rientrare in più categorie. Ma è funzionale
al racconto. C’è il gruppo del “non ce ne siamo mai accorti”.
E’ la frase tipica che, ai primi incontri fra noi, il paziente e i genitori, delinea una lunga storia di droga. Di
solito, rivela una specie di rinuncia alla verifica, un accontentarsi della prima risposta data dal figlio o
dalla figlia alla loro ansietà, un continuo architettare i sospetti, un atteggiamento succube della minaccia:
“me ne vado da casa” alla recita del: “non avete fiducia in me”.
…Il secondo, vasto gruppo è quello del: “credevamo che tutto fosse andato a posto”.
Sono i genitori che hanno già saputo: un’epatite, la telefonata del padre di un amico drogato, un qualsiasi
incidente di percorso, hanno svelato la tossico mania. Anche in questi caso abbiamo notato il ripetersi di
identiche sequenza. Il tossicomane impiega tutte le sue energie per convincere che l’episodio è
sporadico, che non succederà più e,per “rifarsi una verginità” accetta persino il ricovero in clinica per la
disintossicazione”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 1 - SESSIONE 3 - LA FAMIGLIA MALATA – PARTE C
Tra le domande che ci si pone c’è quella: “accetta di curarsi?”. Si evidenzia nel testo: “non esattamente.
Anzi, la disintossicazione fa parte della malattia perché la si usa per insabbiare nuovamente il problema,
per tranquillizzare i genitori. La sua funzione è quella della cortina fumogena. Nel corso del ricovero, il
paziente-imbroglione- minimizza il suo problema, è, in genere, molto reticente nel raccontare la sua
storia di tossicomane e invoca il segreto professionale perché padre e madre non sappiamo più di quello
che hanno già scoperto. Lo si dichiara ai genitori e spesso succede che digeriscano il divieto,rinnovando
comunque la fiducia a chi, proprio per quell’arroccarsi nel segreto professionale dei medici, dimostra di
non meritarla...
…Per l’esperienza che abbiamo accumulato lavorando con le famiglie, possiamo dire che non pochi
genitori vogliono farsi turlupinare. E’ un inganno che trova un fertile terreno anche nel legittimo ma
irrealizzabile desiderio delle famiglie di risolvere tutto nei tempi della disintossicazione. Un breve
ricovero e chiuso l’incidente, con il figlio che giura e spergiura di non ricaderci… La nostra esperienza è
anche fitta di famiglie che ci hanno totalmente e coraggiosamente accompagnato nella vicenda
terapeutica dei figli. Del resto, senza la loro fiducia e il loro appoggio e il loro dolente capire, le guarigioni
sarebbero state assai meno. La domanda iniziale ci stimolava a esempi in negativo, non per il gusto della
critica, ma a scopo propedeutico…”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA(2002) – PARTE 1 - SESSIONE 4 - LA FAMIGLIA MALATA – PARTE D
Nel testo “Un buco nell’anima – Guarire dalla malattia droga” si evidenzia inoltre un quarto gruppo di
comportamenti famigliari di fronte all’evento droga. Così si afferma: “E’ la categoria del: “ci penso io”. Le
appartiene il padre di Anna, una eroinomane di venti anni. Le aveva strappato una confessione, le aveva
imposto di ricoverarsi in clinica per “ripulirsi”. Self-made-man, aveva una sconfinata fiducia in se, era
abituato ad agire di testa propria. Sapeva lui che fare: “Pensate a disintossicarla, che al resto provvedo
io. Le faccio passare la voglia di drogarsi”. Nessuna richiesta di spiegazioni, nessuna domanda,
nessun approfondimento. I nostri tentativi di dare qualche consiglio, almeno di cautela, si scontrarono
con un muro di cieco convincimento. Se insistevamo l’uomo si faceva ostile e chiuso. La madre non
esisteva. Piangeva e basta. Ci rassegnammo al ruolo di impresa di pulizia, ostacolati come eravamo nella
certezza che occorresse un progetto terapeutico.
…Giunse il giorno delle dimissioni dalla clinica. In tre settimane Anna aveva recuperato la forma fisica, ma
non aveva mostrato il minimo interesse alla conoscenza dei propri problemi, era rimasta passiva nei
colloqui individuali e nei gruppi quotidiani di confronto.
Se ne andò. Passò circa un mese. Trainata dal padre inferocito Anna tornò. Era fatta:volto inespressivo,
pupille a spillo, rese ancora più evidenti dall’iride azzurra. Era stata relegata in camera sua senza il
permesso di uscire. Ma la camera aveva ovviamente una finestra e, sotto, passava e ripassava il suo
ragazzo, un tossicomane, un piccolo spacciatore che non voleva perderla ne come fidanzata ne come
finanziatrice…
Quest’ultimo esempio ha, però, un risvolto positivo. Il padre di Anna non chiude gli occhi,vigila e, anche
se a modo suo, interviene. Ma è comunque negativo e tipico della categoria che potremmo chiamare fai
da te: nessuna richiesta di pareri competenti e un sostanziale rifiuto della scienza medica, psichiatrica.
Nel campo delle tossicodipendenze succede tanto spesso che possiamo considerare questo modo di
comportarsi come un sintomo specifico del nucleo famigliare in cui ci sia un caso di tossicomania. Come il
tossicomane compie con la droga un tentativo di automedicazione così la sua famiglia,attraverso il fai da
te, ripete l’automedicazione.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 2 SESSIONE 1 – QUESTO SIGNIFICA CHE ANCHE LA FAMIGLIA
DEL TOSSICODIPENDENTE E’ MALATA? – PARTE A
Nel libro “Un buco nell’anima guarire dalla malattia droga“ di Guido Vergani dialogo con Roberto Bertolli
e Furio Ravera (2002)-LIBRI SCHEIWILLER, si afferma quanto segue in riferimento alla domanda “Questo
significa che anche la famiglia del tossicodipendente e’ malata?”: “In qualche maniera, sì. Ma è
necessario spiegare bene cosa si intende per famiglia malata. La famiglia può essere rappresentata come
un sistema di relazioni molto complesso. Ciascun membro si impegna in un suo modo peculiare,
influenzando così il sistema. La malattia droga, il disagio psichico di uno dei membri producono una
variazione negativa del sistema che tende a irrigidirsi in meccanismi monotonamente ripetitivi. Ognuno
dei familiari si sente come costretto all’interno di un ruolo, una specie di cristallizzazione dell’identità.
…Questo incarceramente dentro i ruoli riduce notevolmente l’efficienza dei vari membri del sistema e,
quindi, del sistema stesso di fronte ad un problema. Accade così che ogni familiare appare più impegnato
a dare espressione al proprio ruolo che a trovare una soluzione. E’ quel che abbiamo constatato negli
ultimi quindici anni, lavorando con i tossicomani e i loro familiari e confrontando le nostre affermazioni
con il patrimonio culturale delle varie correnti della psicologia contemporanea.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDOVERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 2 SESSIONE 2 – QUESTO SIGNIFICA CHE ANCHE LA FAMIGLIA
DEL TOSSICODIPENDENTE E’ MALATA? – PARTE B
Ci si chiede se questo chiudere gli occhi, questo minimizzare possano diventare sostanziale complicità.
Si afferma nel testo “Un buco nell’anima – Guarire dalla malattia droga”: “…Nello spiegare ai genitori
che cosa è capitato al loro ragazzo, alla loro figliola, noi non abbiamo sfumature perché si rendano
conto che di malattia si tratta. Siamo franchi, anche nel portare in primo paino rel responsabilità
familiari, le eredità genetiche. Sono molto i fattori che provocano l’evento droga. Il tossicomane ha
probabilmente ereditato una certa struttura del carattere o della psiche. Come si eredita un certo tipo
di fegato, di pancreas, così si eredita anche un certo sistema nervoso. Gli studi testimoniamo che la
vulnerabilità dell’abuso ha anche un’origine genetica. Poi, ecco la trama dei sentimenti, degli eventi
delle storie familiari che hanno, per così dire, concimato le fragilità, gli scompensi di quel tessuto
psichico e caratteriale di quella personalità.”
E’ dunque meglio raccontare la realtà: “Meglio, perché di fronte ad un figlio che si sta uccidendo, è
spaventoso, è devastante non tentare di comprenderne tutte le cause… Interrogarsi sui propri errori
su quel che non si è fatto… anche sul troppo che si è dato. Noi abbiamo avuto tanti genitori che
hanno combattuto con dignità, amore e grinta che si sono dati da fare. Se la comunità riesce ad
instaurare una corretta collaborazione con la famiglia, e in particolar modo con il padre, nel 90% dei
casi i ragazzi guariscono.
…Se, in queste situazioni di emergenza, in queste burrasche, il padre riagguanta saldamente il timone
della barca, che magari aveva lasciato per il troppo lavoro, per vicende coniugali, sentimentali o
disattenzione, la fine del tunnel si fa assai più vicina. Il problema è che, a volte, non avviene e il timone
non ha mani o ha mani senza polso. A volte la debolezza diventa complicità, collusione.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 2 SESSIONE 3 – QUESTO SIGNIFICA CHE ANCHE LA FAMIGLIA
DEL TOSSICODIPENDENTE E’ MALATA? – PARTE C
Ci soffermiamo ora sul tema della complicità. Si afferma nel testo: “C’è la complicità del non vedere, della
parziale coscienza di quel che è il figlio. Spesso, i genitori alimentano dentro di loro un’immagine che non
c’è più: il figlio buono, bravo, affettuoso. Un po’ grossolanamente, per andare meglio a segno, noi
diciamo a questo mezzi-ciechi:“Cominciate a vedere il Mario canaglia, a fare i conti con lui, perché solo
così riuscirete,riusciremo, ad aiutare quell’altro Mario, il buono.”…Talvolta, i tossicomani sono i più
deboli, non i più malati della famiglia. Il malato vero è solo più forte e non ha inciampato: il suo
malessere non è venuto in superficie, è rimasto nel profondo. Spesso, come dicevano i vecchi psichiatri, il
malato è l’unica grondaia che scarica il tetto. Le altre sono otturate. Quando piove, l’acqua ha quel solo
scarico e straborda. Il malato, magari, è l’unico che esprime, rompendosi per fragilità, la patologia della
famiglia.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 2 SESSIONE 4 – QUESTO SIGNIFICA CHE ANCHE LA FAMIGLIA
DEL TOSSICODIPENDENTE E’ MALATA? – PARTE D
…Certo, la complicità è di per se malata. Nella fase di disintossicazione in clinica, il ragazzo riceveva dalla
madre panettoni su panettoni. Eravamo sotto Natale, ma quell’assiduità dolciaria ci insospettì, aprimmo
un panettone, lo affettammo e dentro ci trovammo una dose di eroina e una siringa. La mamma ci disse
che non resisteva all’idea che suo figlio soffrisse per la forzata astinenza.
Un padre ci portò il suo ragazzo. Noi nel colloquio di avvio, siamo molto espliciti, facciamo contratti
terapeutici molto severi in modo da chiarire sin dall’inizio che sarà un’esperienza dura, con regole
inflessibili sia per i genitori, sia per il paziente. Quel padre annuiva, condivideva i nostri
comandamenti,faceva la predica al figlio che protestava. Andarono al bar della clinica e, ce lo raccontò
chi stava dietro al bancone, il padre disse al figlio: “Tu, al dottore, digli sempre di si che,poi, noi due ci
mettiamo d’accordo”.
…Esempi di patologica debolezza, di amore malato, ce ne sono a centinaia. Quando i ragazzi dopo un
lungo periodo di cure in comunità, iniziando la fase del rientro, arrivano a Milano e si riavvicinano alle
famiglie, devono vivere autonomamente e mantenersi con il lavoro che si sono cercati, niente soldi,
niente regali dai genitori. Questo è più di un consiglio. E’ una regola del patto terapeutico”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 3 SESSIONE 1 – “TUTTO E SUBITO” PUO’ INQUINARE LA
MENTE, IL COMPORTAMENTO DEI PIU’ FRAGILI – PARTE A
Come viene evidenziato nel libro “Un buco nell’anima – Guarire dalla malattia droga”: “I colloquio con i
genitori dei ragazzi in cura testimoniano che, nella stragrande maggioranza dei casi, le famiglie dei
tossicomani hanno un comune denominatore: un bisogno del figlio assume le caratteristiche di un
turbamento dello stato di quiete. Per evitare l’ansia generata dall’insorgere di un bisogno, queste
famiglie sono sempre più disposte ad anticipare i bisogni stessi, senza interrogarsi su di essi. Da qui, le
radici del cattivo rapporto che i tossicomani hanno con i loro desideri. Quando non si verifica quel
“tutto e subito” al quale sono stati abituati, vivono i bisogni come un disturbo, perché questi, per essere
soddisfatti, impongono di costruire un progetto, di perseguirlo e di attendere i tempi di realizzazione.
…L’esperienza clinica ci ha dimostrato che tale aspetto è molto frequente nelle storie dei
tossicodipendenti e che è un terreno favorevole alla droga, droga capace di spegnere le emozioni che
segnalano l’urgenza del bisogno e di produrre al contempo una sensazione di pseudo benessere.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 3 SESSIONE 1 – “TUTTO E SUBITO” PUO’ INQUINARE LA
MENTE, IL COMPORTAMENTO DEI PIU’ FRAGILI – PARTE B
Ci si domanda se un trauma può essere anche l’eccessiva protezione. Si afferma nel testo “Un buco
nell’anima – Guarire dalla malattia droga”: “Spesso la tossicomania è il rifiuto del dolore da parte di
ragazzi allevati nell’assurda certezza del “tutto facile”, educati come se fosse possibile tenere sempre a
distanza il dolore… In questi anni di lavoro abbiamo osservato che il tossicomane e i suoi famigliari sono
spesso accomunati dal fatto di non tollerare a sufficienza l’esistenza di problemi e dal fatto di negarne
l’esistenza quando la soluzione non è a portata di mano. La nostra esperienza ci ha portati a formulare
un’ipotesi sulla famiglia del tossicomane, ovvero sul modo in cui il sistema di relazione di una famiglia si
ammala fino ad arrivare a “produrre” la tossicomania in uno dei suoi membri.
…L’impressione più frequente è quella di trovarsi di fronte a nuclei famigliari nei quali è prevalente
l’impiego meccanismi di negazione come sistemi di difesa dalla frustrazione e dal dolore. Nella storia di
questi pazienti, abbiamo spesso individuato la comparsa di strategie di “evitamento”, un vero e proprio
disturbo di personalità… Strategie che trovano la complicità della famiglia. Ecco, allora, le storie
scolastiche con continui cambiamenti di ginnasi e licei… Ecco, la promozione quasi “comprata”… Ecco, le
stesse tecniche di “evitamento” di qualsiasi ostacolo nelle amicizie, nelle relazioni sentimentali, persino
nella pratica dei divertimenti sportivi… Ecco, la famiglia che non educa alla realtà e ai suoi inevitabili
dolori, alle sue incombenti frustrazioni.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 3 SESSIONE 3 – “TUTTO E SUBITO” PUO’ INQUINARE LA
MENTE, IL COMPORTAMENTO DEI PIU’ FRAGILI – PARTE C
Alla domanda “Cosa può fare, come si deve comportare la famiglia?”, rileviamo quanto segue: “…Per la
terapia, la famiglia migliore è quella che accetta di andare al fondo del dolore, di non fermarsi al primo
sollievo. Il tossicodipendente è un’entità immedesimata nell’esecuzione di un gesto il “farsi”,
monotamente uguale, mentre intorno a lui la famiglia si agita febbrilmente per fermare quel gesto
autodistruttivo. Si sviluppa così un potente ricatto d’ansia e di paura cieca che altera la visione del
traguardo, del’obiettivo. Allora,spesso si punta alla disintossicazione, alla sospensione dell’assunzione di
sostanze come traguardo finale, mentre un reale risultato terapeutico è raggiungibile solo se si mettono
in atto cure tese a modificare quel che sta sotto alla tossicomania, solo se il tossicodipendente e la sua
famiglia compiono il passo della comunità terapeutica o di serie cure alternative. Concludere la prima
tappa è consolatorio, ma non risolve il problema.
…Per il tossicomane il silenzio del sintomo è illusorio; per i familiari è un sollievo che placa la lunga,
tremenda, devastante ansia. Accontentarsi significa essere nuovamente complici di un “evitamento” del
dolore. La “restituzione del dolore”, al tossicomane e a ciascun membro della sua famiglia è un processo
di conoscenze e chiarificazione che attribuisce a ciascuno le sue angosce, in una strettoia che nega
consolazioni ma prevede il sollievo solo nel radicale dissotterramento di quel che c’è sotto al sintomo e
nel definitivo cambiamento.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO “UN
BUCO NELL’ ANIMA GUARIRE DALLA MALATTIA DROGA“ DI GUIDO VERGANI DIALOGO CON ROBERTO
BERTOLLI E FURIO RAVERA (2002) – PARTE 3 SESSIONE 4 – “TUTTO E SUBITO” PUO’ INQUINARE LA
MENTE, IL COMPORTAMENTO DEI PIU’ FRAGILI – PARTE D
Si afferma inoltre nel testo “Un buco nell’anima – Guarire dalla malattia droga”: “I familiari devono
accettare la pena del distacco, della certezza che il figlio cresce quanto più si separa da loro, di una
lontananza programmatica, con rare telefonate e rarissime visite. Devono accettare la fatica dell’anima di
guardarsi dentro confrontandosi con altri genitori in riunioni settimanali. Devono soprattutto accettare
che il proprio figlio soffra per trarre dalla sofferenza la forza e l’impulso a modificare la condizione che
lo fa soffrire. Alle famiglie dei tossicomani noi promettiamo lacrime e un lungo percorso.
Ci chiedono tranquillità e noi restituiamo ansia e dolore. Non solo per lealtà. E’ un atto terapeutico. Quasi
sempre i genitori si aspettano che la comunità e il successivo cammino curativo, nella fase di rientro,m gli
restituiscano il figlio di prima.
…Ma non è quel “prima” che gli restituiremo la guarigione non passa da quel “prima”,anzi è il distacco da
come si era, anche da come si era quando non ci si drogava. Il ruolo del figlio all’interno della famiglia
non sarà più lo stesso. Se la terapia ha funzionato, il ragazzo non sarà più in linea con il progetto
vagheggiato dal padre o dalla madre. Sarà la realizzazione di un autonomo progetto esistenziale. Nelle
patologie da dipendenza… i figli sono quasi “siamesi” dei genitori e guarirli addestrarli all’autonomia è
come amputare un braccio al padre, alla madre. Per questo occorre essere molto chiari nel momento del
contratto terapeutico. Un figlio guarito equivale ad un figlio cambiato, cresciuto. E crescere non vuol dire
snaturarsi. Se giocano con onesta questa difficile partita, anche i genitori cambiano. Nel corso della
terapia, tutta la famiglia si riassetta su equilibri più sinceri.
…Ci si chiede se giocare con onestà significa impegnarsi, partecipare parallelamente alla terapia
attraverso gli incontri settimanali fra genitori, fare un muro contro i possibili rigurgiti di debolezza del
figlio? Tutto questo, ma anche qualcosa di più. Significa affidarci il ragazzo perché davvero
guarisca e non per liberarsi comunque da quella presenza angosciante e devastante. Succede, ed è anche
legittimo che una famiglia non ne possa più perché un tossicomane riesce a dilaniare tutte le esistenze
che gli ruotano attorno”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DALLA FAMIGLIA ALL’INDIVIDUO – LA DIFFERENZIAZIONE DE SE’ NEL SISTEMA FAMILIARE“ DI MURRAY
BOWEN (A CURA DI MAURIZIO ANDOLFI E MARCELLA DE NICHILO) (1979) – PARTE 1 SESSIONE 1 –
RIFLESSIONI SU: “LA TEORIA DELLA FAMIGLIA NELLA PRATICA CLINICA” – PARTE A
Riportiamo alcune riflessioni di Murray Bowen, psichiatra e professore alla Georgetown University,
Washington D.C., una delle figure di primo piano della terapia familiare e relazionale americana.
Dal testo di Murray Bowen “Dalla famiglia all’individuo – La differenziazione del sé nel sistema
familiare” (1979).
Riportiamo alcuni stralci del capitolo “La Teoria della famiglia nella pratica clinica” in cui si fa
riferimento agli orientamenti teorici e clinici dell’autore.
“La mia esperienza con le famiglie dura da dodici anni e comprende più di diecimila ore di
osservazione di famiglie in psicoterapia. Durante i primi cinque anni di pratica “familiare” ho anche
fatto delle psicoterapie individuali e avuto pazienti in psicoanalisi, Il termine “psicoterapia familiare”
era riservato alla situazione in cui due o più componenti della famiglia erano visti insieme. Lo sforzo
tecnico consisteva nell’analizzare il processo emotivo già esistente tra i membri della famiglia e nel
cercare di mantenermi emotivamente al di fuori di essa, cosa che chiamavo: “Non coinvolgermi nel
transfert”. Di ciò discuterò in seguito. In quegli anni mi servivo del termine “psicoterapia individuale”
nel caso in cui vedevo solo un componente della famiglia. Non avevo ancora sufficientemente
elaborato il mio funzionamento emotivo, ne sviluppato tecniche per evitare il transfert.
…Facevo una distinzione netta tra psicoterapia famigliare e individuale. La consideravo famigliare quando
il processo emotivo riguardava l’ambito della famiglia e individuale quando ciò non era possibile. In
quegli anni un altro processo evolutivo si stava compiendo. Dopo aver trascorso migliaia di ore in sedute
con le famiglie, diventò sempre meno possibile vedere un individuo senza “vedere” tutti gli altri
componenti della famiglia seduti come fantasmi assieme a lui. La percezione di una persona come
segmento di un più ampio sistema familiare ha diretto il mio modo di riflettere e di rispondere
all’individuo cambiando il mio approccio di base alla psicoterapia.
Durante gli ultimi sette anni, il mio lavoro è stato interamente rivolto alla psicoterapia della famiglia,
anche se circa un terzo delle ore è stato dedicato a un solo componente di una famiglia. La maggior parte
dell’esperienza clinica si è concentrata nella pratica privata. Vedendo una quarantina di famiglie per un
massimo di trenta ore alla settimana. Negli anni passati ho visto poche famiglie più di una volta alla
settimana; ho poi constatato che un numero di famiglie sempre maggiore raggiungeva gli stessi risultati
con appuntamenti meno frequenti. E’ stato difficile per me comunicare la nozione di come evitare il
transfert, come pure quella di fare psicoterapia familiare lavorando solo con un membro della famiglia.
Spero sia possibile chiarire tale concetto in questo articolo.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DALLA FAMIGLIA ALL’INDIVIDUO – LA DIFFERENZIAZIONE DE SE’ NEL SISTEMA FAMILIARE“ DI MURRAY
BOWEN (A CURA DI MAURIZIO ANDOLFI E MARCELLA DE NICHILO) (1979) – PARTE 1
SESSIONE 2 – RIFLESSIONI SU: “LA TEORIA DELLA FAMIGLIA NELLA PRATICA CLINICA” – PARTE B
…Osservando insieme i membri della famiglia si possono notare numerose sfaccettature del fenomeno
umano, oscure in qualsiasi forma di intervista individuale. Ogni persona che osservi quotidianamente
famiglie i cui membri sono in relazione tra loro e in interazione di dati clinici che non corrispondono a
modelli concettuali individuali.
Uso i termini “sono in relazione con” e “interagiscono con” perché questi sono alcuni dei termini
inadeguati usati per descrivere il fenomeno famiglia. Di fatto i componenti della famiglia sono, fanno,
agiscono, interagiscono, assumono posizione, in una tale varietà di modi che struttura e ordine sono
difficili da vedere. Qualcosa è sbagliato in ogni termine usato. Fino ad ora le ricerche nel campo della
famiglia hanno cercato di isolare certe aree per studi selezionati e controllati.
…Nel 1957 uno dei miei collaboratori fece uno studio su: “Il dialogo agito in una intensa relazione”
concentrandosi sul non verbale. Questo voleva essere un tentativo di ricostruire un “dialogo” coerente
da una sequenza aggressiva tra una madre e una figlia,eliminando l’audio. Birdwhistell e Scheflen hanno
dato un contributo significativo,definendo come “cinesi” il sistema di “linguaggio del corpo” automatico
in ogni rapporto.
Una delle aree di studio prescelte è stata quella della “comunicazione” che a livello più semplice è quella
verbale. Sono stati elaborati studi sul linguaggio e sui diversi tipi di comunicazione trasmessi sotto forma
di sfumature nel tono di voce, inflessioni, modi di parlare – comunicazioni che ciascuno apprende fin
dall’infanzia e usa senza “sapere” di saperlo.
…Bateson, Jackson e collaboratori, partendo dall’analisi della comunicazione verbale,hanno sviluppato la
loro teoria del “doppio legame”, rilevando all’interno di un’unica affermazione messaggi conflittuali. In
alcune famiglie, le comunicazioni non verbali e le percezioni extrasensoriali agiscono anche in modo
preciso. Il vantaggio di usare termini come “comunicazione” o sistema “transazionale” consiste nel fatto
che si presta a una più precisa analisi di ricerca. Lo svantaggio invece è che il concetto è limitato e che
perciò è necessario usarlo con ampi margini di interpretazione. Per esempio, nella voce “teoria
della comunicazione” deve rientrare tutta una gamma di comunicazioni: quella verbale, quella tramite
l’azione, quella non verbale, quella extrasensoriale, le comunicazioni emotive; a tutto ciò si aggiungono
altre modalità quali la risposta viscerale di un componente della famiglia all’ansia o il cambiamento di un
umore in un altro. Qualunque sia l’approccio usato ogni ricercatore deve scegliere il proprio modo di
concettualizzare il fenomeno famiglia.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DALLA FAMIGLIA ALL’INDIVIDUO – LA DIFFERENZIAZIONE DE SE’ NEL SISTEMA FAMILIARE“ DI MURRAY
BOWEN (A CURA DI MAURIZIO ANDOLFI E MARCELLA DE NICHILO) (1979) – PARTE 1 SESSIONE 3 –
RIFLESSIONI SU: “LA TEORIA DELLA FAMIGLIA NELLA PRATICA CLINICA” – PARTE C
…Un sorprendente gruppo di modelli clinici, presenti in certo grado in tutte le famiglie,darà una visione
sintetica del sistema relazionale della famiglia. Essi seguono il modello generale del processo familiare
che diagnostica, classifica, attribuisce caratteristiche a certi componenti della famiglia. Le osservazioni
possono dimostrarsi ragionevolmente congrue, saltuariamente congrue oppure incongrue secondo le
dichiarazioni fatte da una famiglia in merito a una situazione. In un mio lavoro ho descritto in dettaglio il
“processo di proiezione della famiglia” tramite il quale un problema viene trasmesso a un membro
della famiglia durante anni di rimproveri e di critiche poi codificate da una diagnosi. Nella famiglia le
sopravvalutazioni sono irrealistiche quanto le sottovalutazioni, anche se queste ultime sono più frequenti
nell’ambito psichiatrico. Colui che è stato etichettato può resistere alle osservazioni della famiglia e
provocare una discussione, oppure può opporsi e ammetterle, o anche sollecitarle. In quest’ultimo caso
le caratteristiche assegnate diventano un fatto operativo.
…Le discussioni della famiglia su argomenti quali “rifiuto” “amore” e “ostilità”,costringeranno il terapista
a valutare di nuovo l’uso che egli stesso fa di tali termini. Secondo me, il “rifiuto” è uno dei meccanismi
più utili per mantenere l’equilibrio in una situazione di relazione. E’ costantemente presente tra la gente
e di solito non menzionato. A un certo punto di questo processo uno dei comportamenti della famiglia
solleva vivacemente il problema del rifiuto e la discussione ha inizio. Quando il rifiuto è presente in tutti i
componenti della famiglia, è colui che protesta per “il rifiuto” a rifiutare gli altri, piuttosto che l’inverso.
Dichiarazioni positive sulla presenza o l’assenza di “amore”, accompagnate da reazioni e controreazioni
possono trovare spazio senza che ci sia prova oggettiva di un cambiamento affettivo all’interno della
famiglia. Qualunque cosa s’intenda per amore, è un fatto che molti componenti della famiglia reagiscano
con forza a dichiarazioni sull’argomento. Il cattivo uso e l’abuso del concetto di “ostilità” rientra
nella stessa categoria. La medesima cosa si può dire in termini quali “maschile”,“femminile”,
“aggressivo”, “passivo”, “omosessuale”, “alcolista”.
…Un buon esempio è rappresentato dall’uso del termine “alcolista”. In una famiglia, da due generazioni
si parlava del nonno come di un “alcolista”. Il nonno aveva avuto successo,era stato abbastanza
responsabile, tranne che con sua moglie, donna molto ansiosa. Trovò un motivo per andare a vivere
lontano da lei, da allora in poi non bevve che moderatamente. La definizione che di lui aveva dato la
moglie fu accettata dai figli e trasmessa ai nipoti. Una terapia da me fatta con un’altra famiglia illustra un
altro aspetto del problema. La moglie aveva descritto nei minimi dettagli l’alcolismo del marito, io le
chiesi che ne pensava del problema. Egli convenne di avere effettivamente un problema con gli alcolici,
Quando gli chiesi quanto beveva s’adirò: “Senti, scocciatore, se ti dico che ho un problema con l’alcol, ce
l’ho veramente!”. Quando gli fu chiesto quanti giorni lavorativi aveva perso a causa del bere disse: “Uno!
Me ne sono proprio preso uno quella volta!”. Può essere grossolanamente inaccurato scambiare per
realtà dichiarazioni come queste: “Era un alcolista”. Può essere invece accurato e anche indicativo di una
realtà del sistema di relazione prendere la dichiarazione così: “Un componente della famiglia ha
detto che un altro era alcolista”. Tale metodo va applicato all’intera gamma dei termini usati nel sistema
relazionale della famiglia.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DALLA FAMIGLIA ALL’INDIVIDUO – LA DIFFERENZIAZIONE DE SE’ NEL SISTEMA FAMILIARE“ DI MURRAY
BOWEN (A CURA DI MAURIZIO ANDOLFI E MARCELLA DE NICHILO) (1979) – PARTE 1 SESSIONE 4 –
RIFLESSIONI SU: “LA TEORIA DELLA FAMIGLIA NELLA PRATICA CLINICA” – PARTE D
…”Tratterò ora del concetto di famiglia come sistema. Per il momento non cercherò di definire di che tipo
di sistema si tratti. Non una sola parola o termine potrebbe essere adeguato senza ulteriore precisazione,
e la precisazione falserebbe il concetto di sistema.
La famiglia è un sistema nella misura in cui il cambiamento di una parte del sistema è seguito da un
cambiamento comprensorio di altre parti del sistema. Preferisco pensare alla famiglia come a una varietà
di sistemi e sottosistemi. I sistemi funzionano a tutti i livelli di efficienza, che vanno da un livello ottimo a
quello di totale malfunzionamento o fallimento. E’ necessario anche pensare in termini di
superfunzionamento. Esso può variare da una compensazione della super funzione ad una non
compensazione della superfunzione stessa… Il funzionamento di ogni sistema dipende dal
funzionamento dei sistemi più ampi di cui fa parte e dei suoi sottosistemi.
…”Partendo dall’osservazione delle famiglie ho cercato di definire e di concettualizzare sia alcuni dei
modelli ripetitivi di funzionamento della famiglia, sia il modo in cui i vecchi modelli si attenuano e i nuovi
cominciano a predominare. La ricerca è iniziata con la schizofrenia: un componente della famiglia era in
uno stato di disfunzione totale e di collasso. Le modalità erano così chiare da non poter sfuggire, ma per
collocarle in una prospettiva più ampia era necessario lavorare tenendo conto dell’intero spettro di
disfunzione umana. Uno degli aspetti più importanti della disfunzione famigliare consiste nel pari livelli di
superfunzionamento di un’altra parte del sistema... Da una parte questo è un meccanismo reciproco e
flessibile che agisce lentamente: un componente della famiglia automaticamente funziona di più per
compensare il cattivo funzionamento di un altro che è temporaneamente malato. Ci sono poi gli stati
cronici, fissi di superfunzionamento di disfunzione in cui non vi è più flessibilità. Un esempio potrebbe
essere quello della madre dominante e del padre passivo. La super attività di solito è vista come
necessità a compensare lo scarso funzionamento dell’altro.
…Alcuni dei principali modelli di funzionamento osservati nelle famiglie sono stati formulati in concetti
base che includono la teoria familiare della malattia emotiva. Sarebbe più accurato parlare proprio di
“disfunzione familiare”. Modalità generali di disagio emotivo riscontrabili nella famiglia, sono anche
presenti in malattie fisiche e in disfunzioni sociali quali il comportamento irresponsabile e la
delinquenza… I sintomi dovunque compaiano nella famiglia sono prove di disfunzione, sia che appaiano
in una veste emotiva, fisica, conflittuale o sociale. Risultati promettenti si sono ottenuti quando
si è cercato di vedere i sintomi emotivi come prove di disfunzione familiare, piuttosto che come fenomeni
intra-psichici.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DALLA FAMIGLIA ALL’INDIVIDUO – LA DIFFERENZIAZIONE DE SE’ NEL SISTEMA FAMILIARE“ DI MURRAY
BOWEN (A CURA DI MAURIZIO ANDOLFI E MARCELLA DE NICHILO) (1979) – PARTE 2 SESSIONE 1 –
RIFLESSIONI SU: “LA TEORIA DELLA FAMIGLIA NELLA PRATICA CLINICA” –PARTE E
…Secondo Bowen: “Anche il terapista fa parte del concetto di famiglia come sistema. E’ una
combinazione di sistema teorico-terapeutico in cui la teoria determina la terapia e le osservazioni che
emergono dalla terapia possono a loro volta modificare la teoria. Ho continuato a seguire l’ottica
originaria pur modificando continuamente sia la teoria che la terapia. Nel corso di questa mia ricerca, c’è
stato un sempre maggiore distacco emotivo dalla famiglie. Più famiglie si vedono e più ci si allontana dai
ristretti confini concettuali della teoria individuale, più ci si distacca da questi ultimi e più è facile vedere i
modelli familiari.
…per esperienza ho appreso che più un terapista impara di una famiglia più la famiglia impara di se
stessa e che più impara la famiglia più impara il terapista. E’ un ciclo continuo… Il terapista divenne da
una parte una specie di “esperto” nel comprendere i sistemi familiare, dall’altra una specie di
“ingegnere” nell’aiutarle a stabilire da sole il proprio equilibrio funzionale.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DALLA FAMIGLIA ALL’INDIVIDUO – LA DIFFERENZIAZIONE DE SE’ NEL SISTEMA FAMILIARE“ DI MURRAY
BOWEN (A CURA DI MAURIZIO ANDOLFI E MARCELLA DE NICHILO) (1979) – PARTE 2 SESSIONE 2 –
RIFLESSIONI SU: “LA TEORIA DELLA FAMIGLIA NELLA PRATICA CLINICA” – PARTE F
…Prosegue Bowen: “L’obiettivo generale perseguito era quello di aiutare i componenti della famiglia a
diventare esperti del sistema e capaci di riconoscerlo così bene da far si che la famiglia potesse riadattarsi
da sola senza l’aiuto di un esperto esterno, se e quando il sistema familiare fosse nuovamente sotto
tensione. L’ottimo si raggiunge quando il sistema familiare comincia a cambiare in direzione della
guarigione e quando i componenti importanti della famiglia sono sempre presenti alle sedute. In alcuni
casi la famiglia peggiorava durante la terapia: il più debole diventava ancora più debole, in risposta alla
superfunzione.
…Il terapista si pone sempre un problema iniziale: stabilire l’orientamento del sistema. La maggior parte
della famiglie sono inviate con diagnosi di disfunzione. Uniformandosi al modello medico, si aspettano
che il terapista mostri o dica loro come cambiare il figlio senza comprendere e modificare la parte che gli
riguarda nel sistema familiare … Io evito sia di formulare le diagnosi, sia di servirmi di altri concetti medici
quali malato o paziente.
Mi oppongo con tenacia alla tendenza della famiglia a considerarmi “terapista”. Al contrario cerco di
pormi come consulente di problemi familiare nelle prime sedute e come “supervisore” degli sforzi della
famiglia nel corso del tempo.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DALLA FAMIGLIA ALL’INDIVIDUO – LA DIFFERENZIAZIONE DE SE’ NEL SISTEMA FAMILIARE“ DI MURRAY
BOWEN (A CURA DI MAURIZIO ANDOLFI E MARCELLA DE NICHILO) (1979) – PARTE 2 SESSIONE 3 –
RIFLESSIONI SU: “LA TEORIA DELLA FAMIGLIA NELLA PRATICA CLINICA” – PARTE G
…Per Bowen: “La famiglia è un insieme di diversi tipi di sistemi. Può ben essere disegnata sistema sociale
o culturale, sistema di giochi, sistema di comunicazione, sistema biologico o in parecchi altri modi. Ai fini
della definizione del sistema teorico-terapeutico, penso alla famiglia come ad una combinazione di
sistemi emotivi e relazionali. Il termine “emotivo” si riferisce alla forza che motiva il sistema e
“relazionale” al modo in cui si esprime.
Quest’ultimo comprende la comunicazione, l’interazione e altre modalità di rapporto.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DALLA FAMIGLIA ALL’INDIVIDUO – LA DIFFERENZIAZIONE DE SE’ NEL SISTEMA FAMILIARE“ DI MURRAY
BOWEN (A CURA DI MAURIZIO ANDOLFI E MARCELLA DE NICHILO) (1979) – PARTE 2 SESSIONE 4 –
RIFLESSIONI SU: “LA TEORIA DELLA FAMIGLIA NELLA PRATICA CLINICA” – PARTE H
Secondo Bowen in letteratura ci sono più discordanze che consensi sulla definizione e sulla relazione tra
emozione e sentimento. Sul piano operativo afferma l’autore: “considero un sistema emotivo qualcosa di
profondo in contatto con processi cellulari e somatici. Considero il sistema affettivo come un ponte che
da un lato è in contatto con parti del sistema emotivo, dall’altro con quelle del sistema intellettivo. Nella
mia esperienza clinica ho stabilito una chiara distinzione dei sentimenti (che hanno a che fare
con la coscienza soggettiva) e le opinioni (che concernono la logica e il ragionamento del sistema
intellettivo). La frequenza con cui la gente dice: “sento che…” quando intende dire: “credo che…” è così
comune che credo che molti usino le due parole come sinonimi. Qualunque sia la validità delle idee al di
la del modo in cui vengono scelti questi concetti, esse giocano un ruolo predominante nella scelta dei
concetti stessi.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DANZANDO CON LA FAMIGLIA – UN APPROCCIO SIMBOLICO-ESPERIENZIALE“ DI CARL A. WHITAKER E
WILLIAM M. BUMBERRY (1988) – PARTE 1 SESSIONE 1 – CAPITOLO 2 : “LA PERSONA DEL TERAPEUTA:
INTEGRITA’ PERSONALE E STRUTTURA DEL RUOLO PROFESSIONALE” – PARTE A
Affermano Whitaker e Bumberry nel testo “Danzando con la famiglia”: “Il processo della terapia della
famiglia ruota intorno a persone/relazioni non ad interventi tecnici o astrazioni teoriche. In quanto
essere umano, il terapeuta è una figura centrale. Come affermano Betz e Whitehorn (1975): la dinamica
della psicoterapia si trova nella persona del terapeuta. Teoria e tecnica prendono vita e forma soltanto
quando sono filtrate attraverso la persona del terapeuta.
…”Come terapeuti saremmo sciocchi a non riconoscere l’enorme importanza che rivestono la nostra
personalità, i nostri presupposti filosofici e tendenze personali, ai fini del processo terapeutico. Le nostre
concezioni circa la natura degli esseri umani, il potere delle relazioni, l’essenza del ruolo del terapeuta,
dirigono le nostre emozioni spesso senza il consenso cosciente. Perché la psicoterapia sia effettivamente
un incontro umano, è necessario che il terapeuta abbia mantenuto la capacità di essere una persona. In
quanto terapeuti professionisti si deve essere interessati quanto basta a entrare nella famiglia e a
coinvolgersi in essa, pur mantenete abbastanza amor proprio per opporsi al mandato culturale di
sacrificare se stessi per salvare la famiglia… Ma il terapeuta professionista non può sperare di essere
utile, non parliamo poi di sopravvivere se viene troppo travolto dall’altruismo…

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DANZANDO CON LA FAMIGLIA – UN APPROCCIO SIMBOLICO-ESPERIENZIALE“ DI CARL A. WHITAKER E
WILLIAM M. BUMBERRY (1988) – PARTE 1 SESSIONE 2 – CAPITOLO 2 : “LA PERSONA DEL TERAPEUTA:
INTEGRITA’ PERSONALE E STRUTTURA DEL RUOLO PROFESSIONALE” – PARTE B
Prosegue Whitaker nel testo “Danzando con la famiglia”: “Per essere utili ad una famiglia in difficoltà, il
terapeuta deve essere chiaro riguardo alla struttura del ruolo professionale che adotterà… Io ritengo che
la guida fondamentale del mio ruolo professionale sia il massimo potenziamento della crescita di tutte le
persone coinvolte nel processo terapeutico, compresa la mia crescita. Anzi, la mia forse più di tutte. La
mia capacità di essere utile agli altri è mantenuta soltanto se resto consapevole del mio bisogno di
crescere e di evitare l’esaurimento professionale. Tuttavia è più di una funzione preventiva: infatti quello
che ho da offrire è la mia capacità di essere autentico, di essere vivo durante le sedute, di rispondere in
modo personale. Ciò richiede che anche io tragga qualcosa dalla situazione non esiste in realtà il
cosiddetto altruismo puro”.
SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DANZANDO CON LA FAMIGLIA – UN APPROCCIO SIMBOLICO-ESPERIENZIALE“ DI CARL A. WHITAKER E
WILLIAM M. BUMBERRY (1988) – PARTE 1 SESSIONE 3 – CAPITOLO 2 : “LA PERSONA DEL TERAPEUTA:
INTEGRITA’ PERSONALE E STRUTTURA DEL RUOLO PROFESSIONALE” – PARTE C
Whitaker affronta la questione della responsabilità del terapeuta: “Una delle questioni più difficili per il
terapeuta è quella di identificare quale sia la sua responsabilità nei confronti della famiglia con cui
lavora. E’ un punto ingannevole per i presupposti impliciti, non detti, che contraddistinguono le posizioni
adottate. Tanto più un terapeuta sente il bisogno di prendersi la responsabilità del cliente, tanto meno
crede nella capacità di questi di essere una persona competente. Non dovremmo convincere i pazienti
che sono degli inetti. Per esempio, ho rimuginato a lungo sull’idea di interpellare il maestro di un
bambino per discutere i suoi problemi di comportamento. La ragione fondamentale è che non voglio
rafforzare l’idea che i genitori siano stupidi. Sono loro che devono parlare con l’insegnante, non io.
Conoscono il figlio meglio di quanto io potrò conoscerlo, lo amano più di quanto potrei amarlo io.
Prosegui l’autore: “La mia posizione è quella di sforzarmi di essere disponibile verso la famiglia senza
essere responsabile per loro. Tratto con loro ad un livello simbolico, “come se”, senza mai prendere un
effettivo ruolo di vita. Il mio scopo è di essere personalmente responsivo quanto più posso, voglio che
abbia luogo un interscambio a livello umano, ma sto attento ad evitare qualsiasi tentativo da parte loro
di delegare la responsabilità per la loro vita. E’ la loro partita, non la mia. In realtà, la mia responsabilità
consiste nello spingerli ad accettare la piena responsabilità per il loro modo di vivere”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DANZANDO CON LA FAMIGLIA – UN APPROCCIO SIMBOLICO-ESPERIENZIALE“ DI CARL A. WHITAKER E
WILLIAM M. BUMBERRY (1988) – PARTE 1 SESSIONE 4 – CAPITOLO 2 : “LA PERSONA DEL TERAPEUTA:
INTEGRITA’ PERSONALE E STRUTTURA DEL RUOLO PROFESSIONALE” – PARTE D
Afferma Whitaker: “Date le mie personali tendenze e concezioni sulle persone, e su quanto comporta la
crescita, dovrò prendere alcune decisioni professionali… Pertanto ritengo mia responsabilità organizzare
la partita in favore del cambiamento. Voglio creare le condizioni che favoriscano la possibilità di una
crescita reale… Questa preparazione della partita richiede che tutta la famiglia partecipi alla seduta. Sono
convinto che l’organismo familiare sia la vera fonte del potere e dell’influenza; non dare la giusta
considerazione a questo significa creare una situazione in cui qualsiasi crescita sarebbe soltanto una
pseudo crescita che la rete familiare più estesa potrebbe disfare per ritornare all’originale equilibrio
omeostatico.
…”In questo settore, sarò colui che si assume la responsabilità. E’ un po’ il caso del chirurgo al quale
occorrono certi strumenti prima di iniziare un’operazione seria. Sarei stupido a cominciare senza la
possibilità che l’impresa abbia successo. La presenza di tutta la famiglia è l’unico modo che conosco per
generare sufficiente ansia e motivazione al cambiamento”...
SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DANZANDO CON LA FAMIGLIA – UN APPROCCIO SIMBOLICO-ESPERIENZIALE“ DI CARL A. WHITAKER E
WILLIAM M. BUMBERRY (1988) – PARTE 2 SESSIONE 1 – CAPITOLO 2 : “LA PERSONA DEL TERAPEUTA:
INTEGRITA’ PERSONALE E STRUTTURA DEL RUOLO PROFESSIONALE” – PARTE E
Per quanto riguarda la struttura del ruolo professionale Whitaker: “Oltre agli innumerevoli fattori
personali che influenzano il nostro modo di essere terapeuti entra in gioco il modello professionale più
formalizzato. La formazione professionale, i concetti e i valori che leggiamo nei libri, i corsi di
aggiornamento e i supervisori, sono tutti fattori che contribuiscono a questo modello in evoluzione… Una
delle prime questioni da affrontare è quella di definire che cosa sia un terapeuta. Come definisci il nostro
ruolo e la nostra funzione professionale? Che cosa siamo disposti a fare? Come sceglieremo di rispondere
nelle varie situazioni cliniche? Non esiste un modello clinico preconfezionato che possiamo adottare. La
nostra interpretazione ideografica delle idee altrui crea il nostro marchio di fabbrica particolare.
Esaminiamo questo problema.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DANZANDO CON LA FAMIGLIA – UN APPROCCIO SIMBOLICO-ESPERIENZIALE“ DI CARL A. WHITAKER E
WILLIAM M. BUMBERRY (1988) – PARTE 2 SESSIONE 2 – CAPITOLO 2 : “LA PERSONA DEL TERAPEUTA:
INTEGRITA’ PERSONALE E STRUTTURA DEL RUOLO PROFESSIONALE” – PARTE F
Whitaker afferma: “Il ruolo del terapeuta sia una sorta di posizione genitoriale, forse più una funzione
pseudo genitoriale, dato che il mio investimento non è mai tanto grande come quello che pongo nel
mondo reale. Non sono disposto a portarmi a casa la famiglia se hanno bisogno di un posto dove
abitare… Il mio coinvolgimento appartiene più alla sfera del genitore simbolico. Forse il concetto che
rende meglio l’idea è quello di genitore adottivo temporaneo… Offro di essere coinvolto ma mi riservo la
possibilità di decidere che voglio uscirne, non è un impegno a vita, infine, c’è uno scambio di
denaro, il che rende chiaro il fatto che il nostro non è un rapporto di altruismo incondizionato. Partendo
da questo modello di base, è più facile evitare la tentazione di essere eletto al ruolo di coniuge, fidanzato
o fratello”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DANZANDO CON LA FAMIGLIA – UN APPROCCIO SIMBOLICO-ESPERIENZIALE“ DI CARL A. WHITAKER E
WILLIAM M. BUMBERRY (1988) – PARTE 2 SESSIONE 3 – CAPITOLO 2 : “LA PERSONA DEL TERAPEUTA:
INTEGRITA’ PERSONALE E STRUTTURA DEL RUOLO PROFESSIONALE” – PARTE G
L’autore Whitaker riporta uno scorcio di una seduta di copia in crisi:
Moglie: Allora che ne pensa, dottore? Ha sentito quali sono tutti i nostri problemi e vede quanto sono
infelice? Sicuramente lei ha lavorato con altre coppie in situazioni simili. Crede che farei bene a
divorziare?
Terapeuta: Questo non saprei dirglielo. Tra l’altro, io non sono disponibile sono sposato da 47 anni e non
sono disposto a lasciare mia moglie per lei. E nemmeno credo nella poligamia.
Afferma Whitaker: “La mia risposta mira sia a portare in superficie la corrente manipolativa sotterranea,
sia a far notare l’assurdità di chiedere ad un altro di gestire la propria vita. Il concetto basilare
dell’associazione merita anche un esame più ravvicinato quando si lavora con le famiglie. Mentre è
relativamente facile riuscire a dare empatia e sostegno ad un individuo in difficoltà, la faccenda diventa
molto più complessa con la famiglia.
Qualsiasi commento facciamo viene udito e filtrato da varie orecchie. Un gesto di comprensione verso la
moglie viene interpretato dal marito come se lei ci avesse incantato al punto di farci credere alla sua
versione della storia. Se diciamo ad un genitore che è duro allevare i figli, questi ultimi pensavo che
stiamo dalla parte del nemico. Gli esempi di questa specie di errata interpretazione selettiva sono
innumerevoli.
La soluzione consiste nell’informarli che l’insieme della famiglia è il nostro punto focale,che non abbiamo
alcun interesse nel prendere posizione a favore o contro un singolo membro o sottogruppo, che stiamo
spingendo tutta la famiglia a crescere”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
“DANZANDO CON LA FAMIGLIA – UN APPROCCIO SIMBOLICO-ESPERIENZIALE“ DI CARL A. WHITAKER E
WILLIAM M. BUMBERRY (1988) – PARTE 2 SESSIONE 4 – CAPITOLO 2 : “LA PERSONA DEL TERAPEUTA:
INTEGRITA’ PERSONALE E STRUTTURA DEL RUOLO PROFESSIONALE” – PARTE H
Secondo Whitaker: “Uno dei doveri fondamentali di terapeuti è quello di essere onesti. A nessuno serve
un sostegno fasullo. Essere una prostituta psicologica può offrire un certo grado di conforto distorto, ma
non è quello che serve. Quindi fa parte del ruolo stabilire le condizioni in cui si può sviluppare la libertà di
essere sinceri o onesti con loro, senza sputare sentenze. Quando contestiamo la famiglia agiamo in base
alla nostra onestà, non con l’intento di indurli ad accettare il nostro commento. Dire: “credo che non
siate sinceri” è un po’ diverso dal dire: “siete bugiardi”. Non accuso, ne voglio convincerli a qualcosa, ma
soltanto esprimere la mia impressione”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
.CONSIDERAZIONI NOTTURNE DI UN TERAPEUTA DELLA FAMIGLIA DI C. A. WHITAKER (1990)
SESSIONE 1- DEFINIRE IL CONTESTO DELLA TERAPIA FAMIGIARE-PARTE A
Secondo Whitaker, è importante definire il contesto della terapia famigliare, per l’autore: “ la condizione
essenziale per il successo della psicoterapia-l’anestesia necessaria per la sua riuscita- è la risonanza
personale che il terapeuta sperimenta in risposta alla sua introiezione del dolore della famiglia. Se il
terapeuta non è in grado di entrare in empatia con questo dolore, non riuscirà a portare avanti una
buona psicoterapia”.
Abbiamo selezionato alcuni dei criteri terapeutici, a nostro avviso significativi,suggeriti da Whitaker:
• - Il terapeuta deve programmare il tempo, il luogo e lo spazio.
• - Quando comincia la terapia, il terapeuta deve imparare ad impedire che la famiglia si scinda in fazioni.
• - Il terapeuta deve essere libero di aggiungere creatività ai processi di cambiamento che i membri della
famiglia cominciano ad elaborare man mano che essi definiscono la loro posizione “io”.
• - I migliori risultati il terapeuta li ottiene prendendo meta-iniziative. Le meta-iniziative includono la sua
iniziale empatia con la famiglia, quindi l’individuazione rispetto alla famiglia stessa, per provare che è una
persona distinta e,infine, il suo riavvicinamento per incoraggiare i singoli membri a definire e ricostruire
la famiglia come unità.
- Il terapeuta deve stimolare gli aspetti dell’unità famigliare che emergono durante la seduta
psicoterapeutica

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
.CONSIDERAZIONI NOTTURNE DI UN TERAPEUTA DELLA FAMIGLIA DI C. A. WHITAKER (1990)
SESSIONE 2- DEFINIRE IL CONTESTO DELLA TERAPIA FAMIGIARE-PARTE B
Whitaker afferma: “ Separiamo ora i quattro linguaggi della terapia famigliare: Il linguaggio della
sofferenza e dell’impotenza , che i membri usano quando arrivano; il linguaggio delle inferenze , che il
terapeuta usa , all’inizio, nello strutturare il processo famigliare;il linguaggio delle opzioni,che il
terapeuta utilizza nel pieno della terapia per aiutare la famiglia a sviluppare la libertà di essere
irrazionale e personale, e infine, il linguaggio della separazione che comporta il condividere e il
riconoscere che separarsi è un dolce tormento…E’ evidente che migliore è il contesto, migliore è il
processo. Sono convinto che processo sia fondamentalmente più importante di progresso:infatti non si
sa mai dove il processo possa condurre e il progresso può essere un’illusione”.
“La famiglia può estromettere, togliere potere al singolo terapeuta e spesso anche a una squadra di
terapeuti. E’ perciò fondamentale stabilire l contesto della terapia famigliare ed è meglio farlo prima
dell’inizio della terapia. Chiunque prenda i primi contatti con la clinica o con il singolo terapeuta
familiare, è la persona che corre maggiormente il rischio di distruggere la terapia prima ancora di averla
cominciata. Questo avviene quando cerca di manipolare la famiglia tentando di imporre un cambiamento
condotto secondo il suo modo di vedere e suscitando immediatamente la ribellione della famiglia. I
singoli membri vogliono decidere per conto loro, mentre la persona che ha fatto il primo passo è
sovente uno dei manipolatori della famiglia stessa. Così, quando il terapeuta riceve la telefonata, deve
stare ben attento a preservare la dignità e l’indipendenza della famiglia come unità e quella degli altri
membri, sia come individui, sia come diadi”.

SUPPORTO ALLA FAMIGLIA DEL PORTATORE DI DISAGIO PSICHICO E PSICOPATOLOGIA: DAL TESTO
.CONSIDERAZIONI NOTTURNE DI UN TERAPEUTA DELLA FAMIGLIA DI C. A. WHITAKER (1990)
SESSIONE 2- DEFINIRE IL CONTESTO DELLA TERAPIA FAMIGIARE-PARTE C
Whitaker suggerisce come affrontare una richiesta di appuntamento da lui definita alla cieca:
“Raramente accetto la richiesta iniziale del tipo in cui la mamma chiama e dice:
P. il mio medico ha detto che la mia asma è psicosomatica che devo venire da lei.”
T. “Bene .d’accordo. Venga con suo marito e i bambini”.
P. “Ma non ne ho parlato a mio marito”
T. “Allora mi dispiace. Sarà meglio che lo faccia. Dopo, mi richiami di nuovo”.
P. “Mio marito non crede nella psichiatria”
T. “Benissimo se lui non crede nella psichiatria, è meglio che vi mettiate d’accordo fra di voi prima
di venire da me, perché non voglio che mi si rimproveri di aver causato il suo divorzio.”
Whitaker afferma che, poco dopo, la signora richiama dicendo che la famiglia è d’accordo sul prendere
l’appuntamento tutti insieme.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 1 SESSIONE 1 – PREMESSE TEORICHE – PARTE A
Chi si avvicina alla Psicologia Individuale non può non condividere l'assioma adleriano secondo il quale
non siamo in grado di pensare, di sentire, di volere, di" agire senza avere in mente un fine ed è proprio
l'ammettere di avere un fine che ci permette di accostarci alla realtà [2]. Sarà dunque il perseguimento di
un fine ultimo a determinare l'intera vita dell'anima umana e di conseguenza possiamo veramente
concepire l'organo psichico solo in funzione del fine che il soggetto si propone. In realtà, in Adler
causalismo e finalismo sono intimamente collegati in una successione temporale a tal punto che
l'orientamento teleologico della Psicologia Individuale sarà definito proprio finalismo causale [31].
Il contatto tra due sostanze chimiche, reazione scientificamente spiegabile, non si verifica se si prende in
considerazione il comportamento, in quanto esso può avere effetti diversi su individui con caratteristiche
diverse. Secondo Adler..ciò accade perché l'uomo è spinto dall'intenzionalità, che non può sussistere in
due sostanze chimiche. La Psicologia Individuale in quanto psicologia dinamica parte dall'osservazione di
fenomeni che effettivamente avvengono, anche se questi e le reazioni che inducono possono essere
sottoposte a infinite varianti. Se pensiamo per esempio ad una frase essa può generare effetti diversi a
seconda della comunicazione non verbale e del tono di voce di chi la pronuncia [31].
PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E
FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 1 SESSIONE 2 – PREMESSE TEORICHE – PARTE B
Adler, supportato dall'osservazione, dalla costruzione d'ipotesi e dalla sperimentazione, proprie del
metodo scientifico, è consapevole che tutti gli organismi siano orientati verso la sopravvivenza e per
conseguirla debbano, quindi,progettare il proprio avvenire. La Psicologia Individuale si fonda dunque sul
presupposto che la personalità sia un' unità diretta verso uno scopo. Il vero ordine della vita e della
psiche diviene dunque l'agire per un obiettivo. Per Adler bisogna sempre interrogarsi non solo sul "da
dove?" e sul "perché?", ma anche e soprattutto sul "a che scopo?" e sul "verso dove?".
«Se il movimento fosse semplicemente causale e repentino non sarebbe mai sufficiente per giustificare lo
sforzo che richiede, deve esserci quindi una meta da raggiungere» (4, p. 40). Osserviamo, dunque, come
l'organismo umano si muova spesso in una realtà confusa e poco chiara e abbia continuamente bisogno
dì previsione e di sicurezza. Nasce da qui il bisogno per l'uomo di pianificare il futuro
immaginandone uno sempre più appagante del presente. «In ogni essere umano, noi possiamo scoprire,
dentro tutte le spinte parziali, una spinta complessiva. Tutti i nostri sforzi tendono al conseguimento di
una posizione in cui sia stato raggiunto un senso di sicurezza in cui, cioè, abbiamo la sensazione che tutte
le difficoltà della vita sono state superate e che noi alla fine, in relazione alla situazione complessiva che
ci circonda siamo usciti salvi e vittoriosi. Se è questo il nostro scopo, allora tutti i movimenti e le
espressioni debbono essere coordinati e ridotti all'unità, e la meta è costretta a svilupparsi in modo da
conseguire un'ideale di meta finale. Nella lotta per il raggiungimento della meta finale della sicurezza', la
mente si trova sempre di fronte alla necessità di concretare il suo scopo [ ... ]. La direzione scelta dalla
mente può, in realtà, essere anche disastrosa, ma viene scelta perché la mente erroneamente la
concepisce come la più vantaggiosa. Tutti gli errori psicologici consentono quindi una scelta della
direzione da dare al movimento.
Il fine della sicurezza è comune a tutti gli esseri umani ma alcuni non individuano in che direzione si trovi
la sicurezza e i loro movimenti concreti li portano fuori strada»
La cornice teorica che abbiamo fino ad ora delineato ci permette di interpretare la vita come movimento
che si sviluppa attraverso un passato, un presente ed un futuro ed il comportamento di un individuo può
essere compreso solamente prestando attenzione agli obiettivi verso cui si orienta. Ma -una visione
teleologica implica un Sé creativo con il compito d'integrare le molteplici esperienze, di orientare il
comportamento e di ipostatizzare lo stile di vita che a sua volta governa la struttura della personalità. Ed
è proprio lo stile di vita, impronta soggettiva dell'individuo, che attribuisce significato alle nostre
esperienze attraverso una trama che non è mai "rigida" ma aperta ai cambiamenti. L'essere umano nel
tumulto di emozioni, fantasie e pensieri, attraverso le proprie costruzioni finzionali, tende sempre verso
un obiettivo che progetta liberamente e verso il quale proietta poi tutte le sue azioni.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 1 SESSIONE 3 – PREMESSE TEORICHE – PARTE C
Ma se «la legge fondamentale della vita è il superamento [ ... ] poiché l'uomo aspira alla perfezione, la
sua psiche è in costante movimento e avverte la propria pochezza nei confronti della meta da
raggiungere. Solo la sensazione di aver conseguito una posizione sufficientemente avanzata in questo
sforzo permette all'uomo di avvertire il proprio valore e gli trasmette un sentimento di tranquillità e
felicità. Quindi essere uomini significa avvertire un senso di inferiorità che esige di essere superato. La via
che porta alla vittoria è molteplice quanto la meta di perfezione cercata» (5, pp. 48-49).
Nell'approccio alla Psicologia Individuale è, inoltre, estremamente attuale il rapporto interazionale
mente-corpo: «Noi veniamo a trovarci faccia a faccia con queste interazioni tra mente e corpo, mentre
sono in azione, abbiamo, cioè,davanti a noi un individuo - anima e corpo - che deve essere curato, e se la
nostra cura poggia su basi erronee non potremo curarlo. La nostra teoria deve necessariamente fondarsi
sull'esperienza e deve necessariamente essere verificata. Noi viviamo in mezzo a queste interpretazioni,
e questo fatto rappresenta la più grande sfida a trovare il punto di vista corretto» (4, p. 39). Osserviamo
come il corpo non sia mai lasciato solo nello sviluppo delle sue potenzialità, in quanto la mente può
intervenire per aiutarlo. È risaputo che fin dai primi giorni di vita maturi una collaborazione di crescita tra
mente e corpo, impegnati in una cooperazione come parti indivisibili di un tutto unico. Ogni movimento
dell'uomo nasconde sempre un significato ed è la mente che gli conferisce questo significato.
La psicologia, perciò, diventa scienza della mente e «l'oggetto della psicologia è l'esplorazione del
significato implicito di tutte le espressioni di un individuo, per trovare la chiave che permetta di
individuare il suo scopo e di paragonarlo con gli scopi degli altri individui» (Ibid., p. 41).

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 1 SESSIONE 4 – PREMESSE TEORICHE – PARTE D
Ogni movimento espressivo, sentimento, volontà, azione, sogno e, anche tutti i fenomeni psicopatologici
sono in funzione di un piano di vita unitario ed è proprio,dal tendere alla meta che nasce l'unità della
personalità: tutta la vita è movimento verso la crescita, verso l'espansione. La relazione umana
rappresenta, a sua volta,una lotta per una posizione di superiorità e la nevrosi è una costruzione fittizia
difensiva che conduce il soggetto a raggiungere una meta di superiorità. A questo proposito Adler,
esprimendosi sulla natura e sulla formazione del carattere, afferma che «ciò che si intende normalmente
per carattere è manifestazione di una certa forma espressiva dell'anima umana, che tenta di assumere
una posizione di fronte alla vita. Anche il carattere è un concetto sociale cui si può ricorrere solo facendo
riferimento alle relazioni fra l'uomo e l'ambiente [ ... ]. Il comportamento di un uomo nasce dal fine
ultimo che si è prefissato, identificabile con il raggiungimento della potenza, della superiorità, del
predominio sugli altri. Questo scopo influisce sulla concezione del mondo, sull'immagine della vita, sulla
dinamica espressiva. I tratti del carattere dell'uomo non sono altro quindi che le manifestazioni esteriori
delle sue linee di movimento. Sono le basi che ci consentono di riconoscere un individuo di fronte ai suoi
simili, alla collettività, ai problemi dell'esistenza» (3, pp. 135-136).
Un soggetto in continuo conflitto con l'ambiente e tendente al predominio, svilupperà in modo
particolare tratti di personalità quali ambizione, diffidenza e invidia e gelosia, tratti di carattere funzionali
a sostenere una lotta. Il finalismo compare molto presto nel bambino ed è paragonabile a «un' energia
che forma e dirige, operando in modo che non esistano due individui perfettamente uguali, ma
ognuno rappresenti una particolare e originale unità» (Ivi).

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 2 SESSIONE 1 – IL "MAL-ESSERE" NEL MODELLO ADLERIANO E NEL MODELLO FENOMENOLOGICO –
PARTE A
Il modello adleriano, orientato al finalismo causale, ci fornisce dunque una chiave di lettura per la
comprensione del senso esistenziale di alcune manifestazioni psicopatologiche. È infatti possibile notare,
nella maggior parte dei soggetti affetti da psicosi, la presenza di ideali esasperati: gli schizofrenici
aspirano spesso ad essere Dio. Secondo la teoria adleriana lo scopo perseguito dallo psicotico è quello di
eludere i propri compiti fondamentali di vita come l'amore, l'amicizia, il lavoro portandolo a sviluppare
una sofferta tensione fra bisogno di sicurezza e bisogno di affermazione individuale. Il suo disegno,
connotato da ambivalenza,non gli permetterà di condividere la vita relazionale e sociale con gli altri:
riuscirà ad esprimersi solo attraverso un vissuto delirante in alternativa alla realtà del "senso
comune".
Interessanti a questo proposito le osservazioni di Adler sulla personalità del ballerino russo Vaslav
Nijinsky (1890-1950), famoso danzatore del balletto imperiale, la cui carriera fu interrotta da una psicosi
nel 1919. Adler, leggendo il diario di Vaslav,confermò la sua teoria sulle dinamiche della schizofrenia e ne
studiò la personalità prepsicotica evidenziando anche la possibilità e le modalità di recupero. I prodromi
premorbosi del ballerino sembrano riflettere la predisposizione ad uno stile di vita viziato. Adler ritiene
che in ogni bambino parzialmente psicotico,prima che la malattia si manifesti, è sempre possibile
rintracciare i segni di una particolare condizione dell'esistenza in concomitanza con un insuccesso che
porta ad un calo dell'interesse sociale [8].
Un'esasperazione dell'ideale di superiorità è possibile solo quando l'individuo, avendo smarrito il reale
interesse di comunicazione con l'altro, perde anche il senso della ragionevolezza e della comprensione.
Ma l'obiettivo dell'ideale esasperato pone anche il soggetto di fronte a tali difficoltà da rendere inefficace
il senso comune: ne deriva un blocco che inibisce e sotterra il sentimento sociale.
Lo schizofrenico si presenta inesorabilmente nella sua veste di strenuo difensore dell'irrazionalità
opponendosi con tutte le sue forze alla realtà nei cui confronti interpone una certa distanza.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 2 SESSIONE 2 – IL "MAL-ESSERE" NEL MODELLO ADLERIANO E NEL MODELLO FENOMENOLOGICO –
PARTE B
Un'interessante lettura del vissuto psicotico, non distante per certi aspetti dal modello adleriano, risulta
essere l'orientamento fenomenologico, che non interpreta il sintomo in sé ma in relazione a quanto esso
possa modificare il modo di essere-nel-mondo e di far-parte del mondo. L'altro-da-noi appare nella sua
umana ragione di essere e nella sua intenzionalità incrinata, ma non infranta, anche se l'area
dell'enigmaticità e la strenua angoscia esistenziale restano ferme nel loro silenzio e nella loro ambigua e
dilaniata sofferenza [9].
Ma per quanto riguarda l'intenzionalità, possiamo interpretare la schizofrenia, come «un ammasso di
macerie e un'aggregazione anarchica di sintomi, o una forma di esistenza dotata di senso: anche se
diversa dalla nostra. [ ... ] I modi di comunicare con il mondo e la coscienza dell'io, il tempo e lo spazio,
non rappresentano entità astratte e teoriche ma dimensioni reali dell'esistenza che si modificano nelle
loro connotazioni strutturali quando l'esperienza psicotica sconvolge le normali e quotidiane articolazioni
della vita» (lO, pp. 96-97).
Si crea una sorta di «cerchio magico attorno all'ammalato, che gli impedisce di avvicinarsi alla realtà della
vita, di guardare la verità in faccia, di ammettere una decisione o un esame sul suo valore. I compiti
professionali, esami, rapporti sociali, amorosi e matrimoni offrono, non appena si presentano come
problemi di vita, la causa attuale» (l, p. 98). Riteniamo che la sofferenza, sia di tipo psicotico
che non, è sempre affiancata dalla solitudine, dal ritiro in se stessi e talvolta è proprio la ricerca
dell'isolamento, della distanza in senso adleriano, che riesce a dare un senso al dolore e alla disperazione
del soggetto. Se prendiamo ad esempio le nevrosi coatte possiamo osservare come il lavarsi, la paura di
toccare,il ripercorrere le strade già percorse, il distruggere i lavori iniziali o il lasciarli incompiuti siano
espressioni del tema della distanza e in questo senso Adler ci richiama al concetto di "arrangernent"
come espressione fisica della distanza stessa.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 2 SESSIONE 3 – IL "MAL-ESSERE" NEL MODELLO ADLERIANO E NEL MODELLO FENOMENOLOGICO –
PARTE C
Secondo l'interpretazione fenomenologica, nelle forme ossessive più intense il distacco dalla realtà è
evidente e l'eliminare questa difficoltà attraverso la comunicazione e attraverso l'apertura al mondo
circostante risu-lta estremamente complesso. L'esperienza ossessiva ci allontana dal quotidiano, da ciò
che può essere considerato ovvio, viene a mancare la fiducia in se stessi e negli altri: si è scoraggiati.
Tutto diviene terribilmente ostile, ogni cosa è percepita in modo oscillante. Ciò che è inatteso viene
vissuto come devastante e si diviene schiavi di una logica della programmazione-esasperata. Ci si
allontana sempre più dal reale, si cerca rifugio nella solitudine, una solitudine sconcertante in ogni sua
sfaccettatura.
La "scelta" di vita ossessiva non concede nessuna distrazione e le ripetizioni, seppur nella loro ovvietà,
divengono infinite ed inarrestabili.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 2 SESSIONE 4 – IL "MAL-ESSERE" NEL MODELLO ADLERIANO E NEL MODELLO FENOMENOLOGICO –
PARTE D
«A questo scacco, a questa acuta percezione di non riuscire a realizzare l'ideale di perfezione e di
precisione (disperatamente ricercato e perduto), si accompagna una coscienza di colpa che si fa intensa e
lacerante, e si fa portatrice di un'ulteriore angoscia: in una circolarità di sofferenze senza fine che si
rincorrono e si potenziano reciprocamente. Ne conseguono, così, idee che si aggrovigliano e si
susseguono precipitosamente e ostinatamente, impulsi che si accendono e riaccendono inesorabilmente
e confusamente; azioni che si realizzano e si ripetono nella ricerca di una "perfezione" assoluta che non
lasci spazio ad alcuna incertezza ed ad alcuna imprecisione» (11, p. 169).
Il nevrotico non si chiederà mai "cosa deve fare per crearsi un'esistenza armonica" ma come "forgiare la
sua vita per soddisfare la sua tendenza al predominio".
«Il paziente accentua i suoi sintomi, che da tutta la sua esperienza gli si formano nel modo di cui lui ha
bisogno e che gli sono necessari per la glorificazione della sua personalità» (2, p. 45).

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 3 SESSIONE 1 – LA PSICOTERAPIA ADLERIANA A CONFRONTO CON QUELLA FENOMENOLOGICA –
PARTE A
Secondo Adler la fase più rilevante della terapia «è lo scoprire il sistema o il piano di vita dei nevrotici [ ...
l. La comprensione e la visione generale di questo piano si possono ottenere nel modo migliore con una
immedesimazione intuiti va e con una comprensione creativa dell'essenza del paziente. [ ... l Uno degli
stratagemmi più importanti della psicoterapia consiste nell'attribuire il lavoro e il successo della
guarigione al paziente stesso, cui bisogna mettersi a disposizione» (lbid., pp. 46-47). Può essere utile al
fine di ottenere chiarimenti, rilevanti per il terapeuta, sulla comprensione della nevrosi del paziente,
porre la seguente domanda: «Cosa farebbe se lei guarisse con la mia cura?» (Ibid., p. 50). Chi ha provato
a porre questa domanda ad un paziente avrà potuto verificare che «il paziente risponderà nominando
proprio quell'azione alla quale egli sfugge scoraggiato mediante la sua nevrosi» (lvi).

Adler di fronte alla malattia mentale assume un atteggiamento di fiducia. Egli pensa che lo stimolare nel
paziente l'interesse per gli altri consenta di imboccare un percorso di "cura": «La premessa più
importante alla guarigione è lo smantellamento della finzione rafforzata del malato, secondo la quale il
mantenimento dei propri valori può avvenire solo al di fuori della società e della logica comune» (4, p.
72). Ci si chiede come possa perseguirsi un incremento del sentimento sociale di fronte a pazienti chiusi
nella loro "solitudine artistica"? È indispensabile proporsi come «partner esente da rischi, che non voglia
cioè né umiliare, né imporre proprie soluzioni. Operata, con pazienza e gradi, la conquista affettiva, si
potrà dirigere verso l'obiettivo più ambizioso: avviare la coppia terapeutica verso la speranza e la
progettazione. La terza fase, che nei trattamenti adleriani assume una dimensione maggiore, è quella in
cui l'analista e l'analizzato percorrono assieme il grafico del recupero, sempre dentellato e spezzettato da
frustrazioni che sembrano in attivare il collaudo, dopo ciascuna delle quali il soggetto, aiutato dalla sua
guida, sappia accantonare le nostalgie di una nuova regressione» (lbid., p. 73).

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 3 SESSIONE 2 – LA PSICOTERAPIA ADLERIANA A CONFRONTO CON QUELLA FENOMENOLOGICA –
PARTE B
Osserviamo che «quando il paziente in trattamento individuale-psicologico giunge alla fase di impegno
per il recupero, non è solo divenuto consapevole che le sue precedenti finalità erano inconsistenti e
improduttive, ma ha ricevuto un processo di incoraggiamento, che lo stimola a formulare nuovi progetti,
nella speranza di trovare in essi una più gratificante realizzazione dei tre compiti vitali: sessualità ed
affetti, intelligenza e lavoro, amicizia e fluidi rapporti interpersonali. Prende così corpo un'ambivalenza
dinamica fra la vecchia linea direttrice scalfita dall'autocritica, ma ancora permeata-di suggestioni
negative, e il nuovo piano di vita, certamente più faticoso e sofferto, ma vitalmente alternativo a tante
esperienze di frustrazione provate in passato» (25, p. 9). «L'incoraggiamento è uno degli aspetti più
importanti di ogni sforzo correttivo» (36, p. 169) e deve passare attraverso l'analisi del termine opposto,
cioè attraverso lo scoraggiamento, inteso come «una malattia subdola che corrode la serenità dell'animo,
appanna la mente e paralizza la progettualità. [ ... ] I passi successivi che l'operatore dovrà-compiere
consisteranno nell'indirizzare la persona che gli si affida verso il lato utile della vita e nell'aiutarla a
trovare la sua personale modalità di cambiamento, entrando strategicamente nelle sue modalità
decisionali e, soprattutto, facendo leva sull' incoraggiamento» (lbid., pp. 169-170).
Da un punto di vista fenomenologico, in sintonia con la psicologia adleriana, il recupero deve passare
attraverso il vivere-con i pazienti: I'intersoggettività, come modo radicale di essere e di essere-in-
relazione, si costituisce così come premessa comune alle diverse modalità di articolazione terapeutica
[lO]. L'affettività diviene struttura portante della cura ed ogni cura è correlata radicalmente con il mondo
degli affetti: ogni attività di cura implica strategie complesse che necessitano d'integrazione [11].

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 3 SESSIONE 3 – LA PSICOTERAPIA ADLERIANA A CONFRONTO CON QUELLA FENOMENOLOGICA –
PARTE C
«Confrontarsi con anime ferite dalla sofferenza, coglierne l'intensità, la spontaneità, esige (richiede) di
sapere decifrare cosa c'è, cosa vive, cosa risuona nel- l'interiorità degli altri. [ ... ] Richiede di aprirsi alle
emozioni: a queste esperienze antitetiche, alle esperienze razionali, ma dotate comunque di conoscenza,
e capaci di rendere sempre più degna e ricca la vita di ogni giorno [ ... }. Ascoltare il silenzio di un'anima
che soffre, o il suo grido, al di là di ogni parola, è indubbia- mente un rischio, una sfida, una fatica [ ... ].
Nel contesto di ogni relazione umana si nascondono significati sommersi che possono consentire, a chi
soffre, di ritrovare inattese scialuppe sulle quali salvarsi anche con in mari in tempesta» (lbid., p. 191).
Nella cura è necessario considerare anche il linguaggio del silenzio e quello dei gesti e ciò è riconosciuto
anche dalla Psicologia Individuale ed è altrettanto vero che «se qualcosa allevia il dolore e riapre il cuore
alla speranza, sono le parole che nascono dalla capacità di risalire dai volti, dagli sguardi, dalle parole
spezzate che ascoltiamo, a volte anche dai silenzi, di risalire da tutto questo a forme di immedesimazione
autentica con le intenzioni, le angosce, le inquietudini, le speranze degli altri» (lbid., p. 196).
Anche il terapeuta adleriano «accoglie quasi incondizionatamente le manifestazioni emotive del paziente
alleandosi con i frammenti più evolutivi del Sé e scoraggia gli agiti autolesivi» (36, p. 218). Nella cura dei
pazienti borderline «il terapeuta deve poter accogliere il paziente a lungo prima di poter lavorare
intensivamente sui meccanismi della scissione in modo che ciò risulti tollerabile. Le confrontazioni,
validanti, incoraggianti, più ancora che le interpretazioni in senso stretto costituiscono sovente una
modalità di lavoro specifica rispetto alla scissione, attivando, come se fossero collanti, tentativi di
ricoesione del Sé» (lbid., p. 272).

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FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 3 SESSIONE 4 – LA PSICOTERAPIA ADLERIANA A CONFRONTO CON QUELLA FENOMENOLOGICA –
PARTE D
Sono proprio le emozioni che vanno a modificare l'equilibrio psichico, agendo sulla sfera affettiva e
conseguentemente sull'umore. Ma le emozioni influenzano anche l'equilibrio vegetativo e somatico
causando pallore, rossore, palpitazioni, sudore etc. Nella sofferenza dell'esperienza psicopatologica si
stagliano, durante il rapporto terapeutico, quelle emozioni che tendono a separare come l'ira, la
tristezza, la nausea, l'angoscia. Ed ecco che incalzante ricompare il tema della distanza come espressione
del disagio; tra i compiti del terapeuta adleriano ci sarà anche quello di far recuperare àl paziente
l'esperienza di stati emotivi che uniscono quali appunto la compassione, intesa come pura espressione
del sentimento sociale, e la gioia che lascia intravedere il desiderio di comunicare [26].
«Il modello adleriano che pone al di sopra di ogni programma l'avviamento degli individui ad equilibrati
rapporti interpersonali, fornendo loro le indicazioni per una condotta attiva, solidale e incoraggiante
nella comunità umana, fa della Psicologia Individuale, una vera teoria dell'uomo, la sola teoria dell'uomo
fra le tre dottrine storiche della psicologia del profondo, la psicologia sociale per antonomasia» (/bid., p.
38). «La psichiatria - sostiene Borgna - o è psichiatria sociale o non è psichiatria: parola tematica, questa,
di ogni psichiatria fenomenologica che non intenda arroccarsi nei labirinti inutilmente sofisticati della
pura teoresi (della pura riflessione teorica) ma che si confronti con la realtà personale e interpersonale,
individuale e sociale, della sofferenza e della sofferenza psichica emblematicamente» (11, p. 197).
Rovera fa riferimento al modello bio-psico-sociale, multifattoriale, di rete sostenendo che «una società
multi etnica, come quella del futuro in Italia, esige una formazione attenta al dialogo, al confronto,
all'ascolto e alla consapevolezza di non poter comprendere totalmente l'altro, lasciando spazio alla
volontà e al desiderio di aprirsi alla relazione, per stabilire relazioni di aiuto corrette» (35, p. 233). Ritorna
ricorrente il tema della distanza che crea disagio: «Gli immigrati provano quasi sempre sentimenti di
insicurezza, di estraneità, di inadeguatezza. Il sentirsi straniero e il sentire lo straniero suscitano intime
paure e contemporaneamente vicinanza e lontananza, esclusione ed inclusione, articolazione e
marginalità» (/bid., p. 234). Il rapporto terapeutico, in quest'orizzonte, può essere letto alla luce del
modello bio-psico-sociale: «Il terapeuta e il paziente sono individui unici e irrepetibili nella loro unità bio-
psico-sociale, ma pure la loro interazione intersoggettiva ed interpersonale è singolare ed irripetibile»
(/bid., p. 247).

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FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 4 SESSIONE 1 – LA POESIA COME MODALITÀ DI COMUNICAZIONE DEL PAZIENTE – PARTE A
Le emozioni che uniscono e che separano giungono al terapeuta sotto diverse forme di linguaggio: il
corpo che parla, la memoria, gli stati d'animo, l'immaginazione, il disegno, ma anche il linguaggio
creativo-poetico. Le espressioni creative sono particolarmente fluide quando ci troviamo in presenza di
sofferenze psicopatologiche di tipo psicotico e non: «Le emozioni, dunque, quelle della tristezza e della
disperazione, dell'angoscia e della nostalgia, della morte volontaria come ultima speranza di vita e della
morte di una persona cara come irrevocabile frattura esistenziale, quali si riescono a cogliere in alcuni
testi poetici diversi nella loro qualità espressiva e creati va ma accomunati da un'analoga lacerazione
psicologica ed umana: ritrasfigurata e riaccesa da parole dicibili ed indicibili che aiutano ad intendere
meglio i modi di essere di ogni umana sofferenza: psicotica e non-psicotica» (11, pp. 111-112).
Ci addentriamo ora nel labirinto delle "emozioni" che Laura, interprete paradigmatica della situazione
che stiamo analizzando, riesce a comunicare proprio attraverso la magia di una poesia che proviene dal
cuore. La distanza si esprime «quando la sofferenza scende nella nostra anima (nei nostri cuori), e ci
tortura nelle nostre fibre più nascoste e segrete, lacerandole e spezzandole, essa tende a separarci dal
mondo delle persone e dal mondo delle cose; isolandoci -ed incrinando, in misura più o meno intensa e
radicale, la nostra relazione con gli altri: quella che è, cioè, la intersoggettività come struttura portante
della condizione umana» (lbid., p. 130). Il senso della sofferenza di Laura, signora sulla cinquantina,
longilinea, dai capelli corti, sportiva nell'abbigliamento, forse un tempo donna "vivace" si manifesta
attraverso il suo volto ancora "espressivo" di una profonda angoscia. Quando si presenta al primo
colloquio, appare molto provata e tesa anche a causa della recente morte del coniuge. Vive con un figlio,
studente universitario brillante ma difficile da gestire.
Manifesta già dal primo colloquio un delirio mistico-religioso che l'accompagnerà a lungo nel percorso
terapeutico, anche se tenuto "a bada" dalla cura farmacologica del suo psichiatra. L'eloquio "confuso"
lascia però intravedere quegli spazi di razionalità che mi fanno capire che si potrà lavorare insieme.
L'atteggiamento empatico di accoglienza è quello che mi ha aiutato a porre le basi del nostro futuro
lavoro analitico. Laura non ha avuto paura, si è fidata di me anche quando mi esprimeva il suo timore di
essere "pazza". Laura nel momento in cui porta le poesie è in terapia da circa due anni (siamo nel 1998),
prosegue fino al 2002. Poi interrompe perché si sente più sicura, ritiene di potercela fare. Ogni tanto
ritorna per aggiornarmi sui suoi "amori"; il figlio nel frattempo si è laureato, svolge un lavoro di prestigio,
si è sposato. Non vedo Laura dal 2005, ma nel settembre del 2007 mi ricontatta, vuole riprendere
l'analisi. Una fase di cambiamento ha sconvolto Laura, sta per diventare nonna, nell'agosto del 2007 ha
una nuova crisi, mentre è in chiesa e sta accendendo delle candele. Si sente staccata dalla realtà "come
se" fosse un angelo: il vuoto intorno, confusione in testa, è spaventatissima, corre dallo psichiatra, ha
bisogno di farmaci.
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FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 4 SESSIONE 2 – LA POESIA COME MODALITÀ DI COMUNICAZIONE DEL PAZIENTE – PARTE B
Laura rivive, pensando al nipote, le paure e le angosce che aveva sempre nutrito per il figlio. Ma quando
c'era il marito riceveva "energia", perché lui era un pranoterapeuta. La luce delle candele è in fondo per
lei quel simbolo di energia, calore, affettività che sta ancora cercando attraverso un rapporto affettivo
stabile con un partner. Laura, trasgressiva sessualmente, ha sempre portato dentro di sé un forte senso
di colpa. L'antitesi tra l'amore per gli angeli, Dio, la Madonna e il lasciarsi andare sessualmente con i più
"svariati maschili" che le prestavano attenzione ha logorato e lacerato la sua autostima. Dalla morte del
marito, ha iniziato una relazione con un uomo sposato, più giovane di lei di cinque anni. Sente un forte
coinvolgimento fisico, ma non si aspetta nulla. Non c'è progettualità, ma la dipendenza è forte, non vuole
rinunciare e si accontenta dei frammenti di tempo che le vengono furtivamente concessi. In questi ultimi
mesi ha conosciuto anche una persona con la quale può condividere un sentimento di compartecipazione
emotiva, sta sperimentando la magia di uno scambio affettivo armonico con un partner che si sta
prendendo cura di lei. Laura in questa fase è piena di energie e sta sviluppando anche i suoi interessi
culturali. Accoglie ogni settimana il nipotino, il figlio e la nuora e si sente appagata nel suo ruolo di
nonna.
I suoi pensieri ogni tanto si confondono nella luce delle candele quasi a confermare quella sua lontana
paura di essere pazza. Ma da un punto di vista finalistico il pensare di essere pazza è strumentale: non
essere pazza implicherebbe scegliere. Laura non riesce a controllare le sue emozioni, sperimenta eccessi
emozionali, sentimenti estremi ed intensi che la distanziano talvolta dal mondo, quasi proteggendola in
quel suo perdersi nella suggestione della luce di una candela o nel mal di testa che le permette di
estraniarsi e rinunciare ad eventuali impegni. La mente di Laura spesso si agita precipitando in una
spirale di ansia che le impedisce di scegliere ciò che per lei può essere costruttivo. Come afferma Erich
Fromm, «il senso di solitudine provoca l'ansia; anzi è l'origine di ogni ansia. [ ... ] Il bisogno dell'uomo,
dunque è il bisogno di superare l'isolamento, di evadere dalla prigione della propria solitudine.
L'impossibilità di raggiungere questo scopo porta alla pazzia, poiché, il panico della completa separazione
può essere vinto solo da un isolamento dal mondo esterno così totale da cancellare il senso di
separazione, perché allora il mondo esterno, dal quale si è separati, scompare» (17, pp. 26-27).

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FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 4 SESSIONE 3 – LA POESIA COME MODALITÀ DI COMUNICAZIONE DEL PAZIENTE – PARTE C
La soluzione sessuale con il partner più giovane diventa per Laura un modo per superare la separazione
ma è anche vero che «l'atto sessuale, senza amore, non riempie mai il baratro che divide due creature
umane, se non in modo assolutamente momentaneo» (lbid., p. 30). Nella poesia "Amore-Dolore", il tema
che Laura affronta è quello "dell'amore" come fusione interpersonale che nel momento in cui genera
separazione diviene dolore. Il dolore della sofferenza, in quanto la morte viene presentata come
espressione estrema del dolore stesso. La morte fa paura perché rappresenta il distacco supremo da
tutto ciò che di più caro si ha: gli amici, le persone amate, la stessa vita. Il momento della morte si
identifica con i momenti del distacco, della lacerazione dei sentimenti più intimi e personali. «Quando si
vive l'evento, la morte non si è ancora verificata, quando si è verificata non la si vive più, quindi la morte
non esiste prima che si verifichi e cessa di essere nel momento stesso in cui si verifica» (13, p. 48).
AMORE-DOLORE Non si può quantificare il grado di dolore, amore unica cosa non può vivere senza l'altra
Un sottile velo divide queste qualità, queste qualità apparentemente differenti fortemente uguali. La
mamma con il bimbo amorosa domani quella mamma davanti a un bocciol di rosa una lacrima riversa
cadrà. Uomo innamorato dato tutto per scontato felicità gioia finalmente compresa. Quand'ecco giorno
triste pochi mesi san bastati la vita scivola tra le dita solo una pausa di dolor pur addolcita sussurrò:
volevo solo te. Amicizia tutto dona con impeto con trasporto contenta di sé infiltrandosi nei più il cor suo
lo sa un dolore l'aspetterà un dì se questa non s'accorgerà l'agonia avverrà morte certa ci sarà. Attutire il
colpo si dovrà con un pizzico di saggezza, negar non si può il dolor più in là osservando lentamente
comunicare AMORE e DOLORE

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FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 4 SESSIONE 4 – LA POESIA COME MODALITÀ DI COMUNICAZIONE DEL PAZIENTE – PARTE D
Nella poesia "Inno alla vita" si innesca sempre il tema dell' amore inteso come premura, rispetto,
responsabilità e conoscenza. L'amore per Laura è premura soprattutto nell'amore della madre per il
bambino. Amore è interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo e la responsabilità diviene
risposta al bisogno, espresso o inespresso, di un altro essere umano: rispetto come aspirazione a che
l'altra persona cresca e si sviluppi per quello che è, in quanto non c'è rispetto senza conoscenza della
"persona reale". Cura e responsabilità sarebbero cieche se non fossero guidate dalla conoscenza [17].
Attraverso il linguaggio simbolico della poesia Laura esprime un'emozione che tende ad unire: si riduce la
"distanza" attraverso la gioia, che mostra il desiderio di comunicare agli altri la propria soddisfazione
[26]. L'emozione che unisce, la gioia per la nascita del nipote e per la prospettiva di un amore appagante,
può modificare la stabilità psichica, agendo sulla sfera affettiva, e conseguentemente sull'umore [26].

INNO ALLA VITA In un negozio da me conosciuto c'era un bambino bello paffuto nella carrozzina era
disteso tra un respirar e l'altro un succhiotto muoveva il suo labbro. TI mio sguardo si abbassò fino a
scorgere il suo gli occhi miei si specchiavano, vagavano, cercavano in un mare calmo azzurro conciliante.
La mano mia si avvicinò e lui calmo l'afferrò tocco dolce e più deciso. Al contatto di quella manina il mio
cor sorrise corrisposta dal suo sguardo sorridente rassicurante modo il cor suo invitante. Stampato ho qui
nel petto il sigillo dell' amor. lo vorrei arrivare a voi, dentro noi, gli occhi riveder invitanti andare a-vanti.
Sulla strada lasciar cader vecchi brandelli bianchi stanchi Sorridere alla vita ricominciar a radunar forza,
coraggio, onestà, caparbietà. L'anima certa si rallegrerà ci ringrazierà ricordandosi quella scintilla
scaturita da un contatto della vita. In quel cucciolo di bambino incontrato quel mattino.

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FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 5 SESSIONE 1 – LAURA ED EVGENIJ: QUALE PROGETTUALITÀ? – PARTE A
Ma ecco come si racconta, ora, Laura: «Laura è nonna di Samuele, gioia, felicità. Con la gioia mi sto
rinnovando. A mio figlio non davo fiducia, vedevo solo me stessa, mi preoccupavo troppo. Come trovare
l'equilibrio, non è facile alla mia età. Ora sto camminando anche se ogni tanto la paura mi frega. La paura
sono le mie fantasie, ma la paura del vuoto è naturale. Ogni tanto ho paura di far cadere dalle mie
braccia Samuele. Ho paura di essere inadeguata, il nuovo mi fa paura. Ma non è paura, forse è solo
inadeguatezza. Mi è difficile lasciare dopo otto anni Paolo. Sì, è sposato, ma sessualmente mi appaga.
Ora che sa che ho un amico che si interessa a me, è diventato più premuroso nei miei confronti. Sto
vivendo male la religione, frequentare un uomo sposato è in contrasto con i miei valori religiosi. Ma in
fondo non faccio male a nessuno, in silenzio ho rispettato la sua famiglia. Non mi devo sentire
"condannata", devo volermi bene». «Ho fatto un sogno e mi ha lasciato bene. Faccio una premessa, ho
conosciuto questo compagno al corso di dialetto milanese, mi è simpatico e si chiama Giacomo come mio
marito che è morto. Mi telefona, è una persona colta, non è sposato, è un bell'uomo, gli è morta la
madre da qualche anno e prima viveva con lei».
«Ho sognato che ero sul divano e vedo di fianco a me una ragazza giovane, briosa e bella. Rideva, sì
sorrideva. lo dico sarà vera? La tocco, mi alzo e percepisco una bella presenza. Cammino con lei. Sento
poi tangibile un corpo maschile che si avvicina e mi dice: sì, puoi farlo e mi sentivo bene, un bene quasi
materno, senza pulsioni sessuali. Solo tenerezza. Lascio il sogno. Mi sveglio, sento una carica positiva,
sono felice». In sintesi, attraverso le associazioni libere, Laura attribuirà al suo sogno questo significato:
«Voglio essere la ragazza del sogno, l'amico che ho incontrato è vero e posso coltivare con lui numerosi
interessi, è tangibile, sono alla ricerca di tenerezza, di protezione e posso farlo, cioè posso decidere di
uscire dalla solitudine di un rapporto basato solo sull'esperienza sessuale, quasi assimilabile
all'esperienza di trance che mi procura il lasciarmi trasportare dalle luci delle candele». Possiamo pensare
che Laura stia iniziando ad intravedere nell'amore un sentimento attivo che non può essere costrizione e
si sente dunque pronta a una nuova progettualità.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 5 SESSIONE 2 – LAURA ED EVGENIJ: QUALE PROGETTUALITÀ? – PARTE B
Dopo una settimana dal sogno, Laura mi comunica di aver riflettuto e di non voler rinunciare a Paolo, il
rapporto ora lo vive più serenamente, perché non si sente inferiore a lui in quanto l'amico appena
conosciuto le permette di vivere senza nascondersi similmente a come Paolo vive con la moglie. Parlerà
chiaro a Giacomo, gli dirà che con lui vuole solo un'amicizia profonda, ma la sessualità non ci può stare,
almeno per il momento. Laura ha pensato che Giacomo potrebbe anche andarsene, ma si sente
abbastanza forte, è riuscita a superare quel senso di inadeguatezza che per tanti anni l'ha accompagnata.
Ha "acquisito la consapevolezza" - così si esprime - che le voci che la tormentavano non erano quelle del
"diavolo" che voleva punirla ma "era lei" che sentendosi in colpa, per la continua trasgressione di quei
"principi religiosi" secondo i quali chi crede in Dio commette peccato nel caso frequenti uomini sposati, si
era creata stati allucinatori di voci che la rimproveravano. li rifugio in un mondo psicotico le ha
consentito di vivere a una "certa distanza" dal reale: non solo la "voce del diavolo", ma anche
l'allucinazione della "luce delle candele" hanno offerto a Laura lo stratagemma fittizio per non tradire la
religione, per non commettere peccato, per non sentirsi sporca.
Laura nel suo dramma richiama Evgenij Irtenev, il protagonista del racconto "Il diavolo" di Tolstoj.
Eugenij si confida con lo zio: «Be', io pensavo che fosse una cosa così, che a un certo punto avrei troncato
e che sarebbe finita lì. E avevo troncato ancor prima del matrimonio [ ... l- Poi ad un tratto, e non so
neanch'io perché - davvero, sai. Certe volte ti vien proprio da creder che esistano le stregonerie -l'ho
veduta, e il verme m'è entrato nel cuore, e adesso mi divora. lo ingiurio me stesso, perché comprendo
tutto l'orrore della mia azione che ora potrei commettere in qualsiasi minuto, e ci sto andando io stesso
incontro a questa cosa, e se non l'ho ancora fatto è stato soltanto perché Dio mi ha salvato. Ieri stavo
andando da lei [ ... ]. Salvatemi da me stesso. Ecco quello che vi chiedo. Oggi per puro ·caso mi hanno
impedito di farlo, ma domani o un altro giorno, non me lo impediranno [ ... ]. E lo zio esclama: "Ma dì,
possibile che tu sia talmente innamorato?" - rispose lui - "Ma no, no, è tutt'altra cosa. Non si tratta di
quello, è una qualche forza che mi ha preso e che mi tiene. lo non so cosa fare. Forse troverò le forze e
allora"» (37, -p. 224).

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FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 5 SESSIONE 3 – LAURA ED EVGENIJ: QUALE PROGETTUALITÀ? – PARTE C
Lo zio diventa per Evgenij come lo psicoterapeuta per Laura: «L'aver confidato allo zio quel suo mistero,
e, soprattutto, i tormenti di coscienza e di vergogna che egli patì dopo quel giorno di pioggia, restituirono
la ragione a Evgenij» (Ibid., p. 225). Egli, come Laura, riconquistò la progettualità: «In quella settimana
Evgenij andò più volte in città, a ritirare il denaro per il viaggio, e dava disposizioni sia a casa che in ufficio
riguardo all' azienda, e ridi venne allegro, e si riavvicinò alla moglie, e cominciò a riaversi dal punto di
vista morale» (Ivi).
Purtroppo, come spesso accade in psicoterapia, e ciò è causa di grave frustrazione per lo psicoterapeuta,
assistiamo a imponenti recidive, rovinose e spesso irreversibili. Evgenij avrà una ricaduta: «Già, io sarei
quello che tronca quando decide di troncare - diceva a se stesso - [ ... ] Perché io pensavo, sì, di essere
libero, ma non ero libero. [ ... ] Sì, due vite ho davanti, adesso» (Ibid., p. 229). Evgenij si rende conto che
deve effettuare una scelta: «Perché lei è un diavolo. Un diavolo, proprio; Perché lei si è impadronita di
me contro la mia volontà. Ammazzarla, sì. I modi di uscirne sono due: ammazzare mia moglie, oppure
ammazzare lei. Perché così non si può vivere, non posso vivere così. Non posso. [ ... ] Non si può. Ci sono
solo due vie d'uscita. Ammazzare mia moglie oppure ammazzare lei. Oppure ... Ah sì, ce n'è anche
un'altra: ammazzare me» (Ibid., pp. 229-230). Tolstoj nella variante del finale del racconto fa pronunciare
a Evgenij queste parole: «Ma possibile che io non possa dominare me stesso? [ ... ] Ma non c' è nessun
Dio. Ma io non voglio, non voglio. E' il diavolo, sì lei è il diavolo. [ ... ] Trasse di tasca il revolver e una
volta, due, tre le sparò nella schiena» (Ibid., p. 234). Molte storie di follia ancor oggi sono portatori di una
progettualità: il suicidio o l'omicidio.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: FINALISMO ADLERIANO E


FENOMENOLOGIA: IL CASO DI "LAURA" A CONFRONTO CON "EVGENIJ IRTENEV" DI DANIELA BOSETTO –
PARTE 5 SESSIONE 4 – LAURA ED EVGENIJ: QUALE PROGETTUALITÀ? – PARTE D
Se Evgenij «era malato di mente quando si suicidò (primo finale) o quando commise il delitto (secondo
finale) - così si esprime Tolstoj - allora tutti gli uomini sono malati di mente quanto lui, e i più malati di
mente sono indubbiamente coloro che negli altri uomini scorgono sintomi di follia che non scorgono in sé
medesimi» (Ibid., p. 235). Laura è riuscita a riconoscere in se stessa i sintomi di una follia riconducibili alle
proprie emozioni ingigantite in una personalità insicura che aveva perso fiducia nella vita. Laura, a
differenza di Evgenij, sta continuando la psicoterapia, luogo privilegiato delle emozioni caratterizzate dal
dolore, dall' angoscia, dalla tristezza, dalla nostalgia, ma anche dalla gioia. Ed è proprio nel setting che si
mescolano come in un processo alchemico "senso" e "non-senso" della vita, paura e desiderio della
morte, progettualità e smarrimento. Laura sembra, al momento, decisa a non voler naufragare.
PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 1 SESSIONE 1 – FINZIONE E PSICOLOGIA INDIVIDUALE – PARTE A
Estratto dalla Rivista di Psicologia Individuale, Anno XXXVIII, LuglioDicembre 2010, Numero 68 Summary
- THE AESTHETIC FICTIONS IN THE INDIVIDUALPSYCHOLOGY THEORY. In this work I analyze the role of
the aesthetic finction according the adlerian model. I put a particular attention IO the story of the dream
of a patient, highlighting the analogy between dreams and poetry. Then, I underline the aesthetic
finctions,since these are representation forms capable of arousing strong ernotions.
Keywords: AESTHETIC FlCTION, DREAM, EMOTIONS

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 1 SESSIONE 2 – FINZIONE E PSICOLOGIA INDIVIDUALE – PARTE B
Il termine finzione deriva da fingere e richiama alla mente il termine plasmare. La finzione può essere
dunque intesa come un modo di dar forma alla realtà, di rappresentarla. Se la finzione diviene
rappresentazione personale della realtà, è nel vivere "come se" che i pensieri, le emozioni e le percezioni
vengono elaborate in modo soggettivo, acquisendo così un significato personale.
Parenti, nel definire la finzione, la descrive come una modalità, in vario grado non obiettiva, di valutare
se stessi e il mondo, elaborata al servizio di finalità prevalenti che l'individuo persegue [20]. Possiamo
notare come il concetto di finzione,cardine del pensiero adleriano, tragga le sue origini dalla filosofia di
Hans Vaihinger.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 1 SESSIONE 3 – FINZIONE E PSICOLOGIA INDIVIDUALE – PARTE C
Secondo il filosofo la finzione «non ha bisogno di essere vera e neppure di apparire probabile; non è
sottoposta a verifiche sperimentali, ma è una figura retorica che viene conservata fintantoché si dimostra
utile e viene subito scartata quando cessa di essere efficace o quando può essere sostituita da un'altra
migliore» (23, p.726).
Vaihinger ne individua alcune tipologie, anche se il nostro interesse si rivolgerà in modo particolare a
quelle estetiche.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 1 SESSIONE 4 – FINZIONE E PSICOLOGIA INDIVIDUALE – PARTE D
Tale classificazione comprende:
- finzioni astrattive;
- finzioni simboliche o analogiche;
- finzioni euristiche;
- finzioni pratiche;
- finzioni estetiche.
Queste ultime sono considerate forme di rappresentazioni capaci di suscitare emozioni di alto livello,
come ad esempio la poesia e il sogno.
PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 2 SESSIONE 1 – ANALOGIA TRA SOGNO E POESIA – PARTE A
Adler sostiene come il sogno sia la fabbrica delle emozioni e come l'importante del sogno sia l'emozione
che lascia dietro di sé. L'attività del sogno è finzionale per i suoi aspetti simbolici, analogici, metaforici, Il
sogno, nell'ambito finzionale che lo caratterizza, fa sempre riferimento ad una simbologia soggettiva, che
si dipana in una dimensione pragmatica.
Il sogno può essere visto come luogo in cui il potere creativo della mente favorisce lo sviluppo di una
progettualità mirata al cambiamento. Le finzioni estetiche sono dunque legate all'attività onirica. Il tema
delle finzioni estetiche è affrontato da diversi autori, i quali ci invitano a riflettere sull'analogia tra poesia
e sogno.
Già Alexander Gottlieb Baumgarten, filosofo tedesco vicino a Leibniz, affronta la questione delle finzioni
estetiche e così si esprime: «L'immaginazione è un ingrediente psicologico che concorre alla forza o alla
virtù della produzione poetica, cui si ricollega, come in tutta la scuola leibnizio-wolffiana, l'ambito
delle finzioni» (9, p. 357). Per Baumgarten «ci possono essere delle finzioni strettissimamente vere,
quelle a cui non manca che la percezione: ciò che si apprende dal passato attraverso la storia, ciò che si
scorge da lontano nel presente, ciò che si progetta per il futuro, come la torre nell'anticipazione
dell'architetto» (lvi.)

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 2 SESSIONE 2 – ANALOGIA TRA SOGNO E POESIA – PARTE B
Jorge Luis Borges, da parte sua, sviluppa un'interessante riflessione. Secondo l'autore «il senso della vita
è il sogno. L'ha detto Schopenhauer e l'ha detto Hume. Si è sentito che c'era un'intimità, un intimo
legame tra i loro sogni e la vita. O piuttosto che la vita è una maniera del sogno. O che il sogno è una
maniera della vita ... e poi conviene credere nella possibilità di creare il proprio avvenire, modificare il
proprio avvenire. Questa è forse un'illusione, come un'illusione necessaria è il libero arbitrio. Ma per
continuare a vivere dobbiamo credere nei libero arbitrio, dobbiamo fare piani per un futuro certamente
incerto, e del quale l'unica cosa che sappiamo è che non potrà somigliare ai nostri sogni. Intanto facciamo
tutto come se fossimo immobili» (lO, p. 57).
Nicola Abbagnano riconosce negli stessi sogni che si accompagnano alle vicende della nostra vita reale,
espressioni e sintomi di un atteggiamento positivo dell'uomo di fronte al proprio incerto futuro. Per
l'autore i sogni non sono frutto dell'azione di chi vuole obliare o respingere la vita vissuta, ma sono
«barlumi di gioia, possibilità di vittorie e di pace che fanno da contrappeso agli aspetti negativi e' aiutano
a vincerli. Ben radicati nella realtà in cui viviamo, accettiamo il sogno che la vita ci offre» (1, pp. 121-122).

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 2 SESSIONE 3 – ANALOGIA TRA SOGNO E POESIA – PARTE C
Mauro Mancia, considerato uno dei padri delle neuroscienze in Italia così si esprime: «È la poetica del
sogno che conferisce una rappresentazione formale alle passioni che danno significato alle nostre
esperienze. Meltzer propone anche di estendere il concetto di linguaggio, così da includervi il sogno
inteso come un linguaggio interno, o meglio un linguaggio poetico che descrive il mondo interno. Ma
allora, se il sogno, come altre attività creati ve dell'uomo, è capace di dare ai significati emotivi di cui
sono cariche le esperienze una rappresentazione formale per mezzo di un linguaggio poetico,
quest'ultima, in quanto tale entra nel dominio dell'estetica [ ... ] possiamo pensare al sogno come ad un
momento privilegiato in cui la parte infantile dell'uomo usa la lingua interna della poesia per comunicare
lo stato della sua mente. Simbolizzazione e narrazione, insieme a condensazione e spostamento, all'uso
di metafore e metonimie, sineddoche e allitterazioni o di fenomeni di similarità e simmetria, permettono
un' omologazione tra il lavoro del sogno e i processi attivi nella poesia [ ... ] ambedue, sogno e poesia,
appaiono come una comunicazione interna al Sé che usa un linguaggio interno teso a trasformare
un'esperienza emotiva in una rappresentazione di uno stato della mente [ ... ] la bellezza del sogno
appare così analoga a quella della poesia [ ... ] l'attualizzazione del paradigma che si ha in un testo
poetico e la rappresentazione di un testo onirico entrano ambedue nel dominio dell'estetica» (16, p. 45).

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 2 SESSIONE 4 – ANALOGIA TRA SOGNO E POESIA – PARTE D
Alfred Adler in "Prassi e teoria della Psicologia Individuale" osserva a sua volta che «il sogno non usa
quasi mai - o solo in seguito ad una caratteristica particolare di chi sogna - avvenimenti recenti, immagini
del recente. Ma per risolvere un problema attuale esso ricorre a paragoni più semplici, più astratti, più
infantili, che hanno un sapore di immaginazioni più espressive, poetiche [ ... ] l'elemento analogico dei
pensieri del sogno appare sempre nel "come se" con cui la persona che sogna inizia il suo racconto» (3,
pp. 194-195).
Lo stesso autore in "Cosa la vita dovrebbe significare per voi" afferma che lo scopo dei sogni dev'essere
nelle emozioni che lascia dietro di sé. Il sogno è soltanto il mezzo,lo strumento per stimolare sentimenti e
sensazioni. Lo scopo del sogno sono i sentimenti che esso lascia dietro di sé [5].

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 3 SESSIONE 1 – IL SOGNO SI SERVE DEL LINGUAGGIO POETICO –
PARTE A
Nella poesia creare un 'immagine significa dare vita e corpo ad un aspetto reale dell' esistenza, mentre
invece se creiamo una forma in poesia possiamo offrire campo fertile alla fantasia dell'intelletto. Le
parole che compongono una lingua non vivono separate ma si richiamano tra loro o perché hanno in
comune il significato o perché sono in opposizione (contrari) o perché hanno in comune la forma, ma non
il significato (omonimi) o per associazione di idee.
La parola che ruota intorno ad un campo semantico si chiama parola-chiave ed è quella che racchiude
l'argomento stesso della poesia. Individuare la parola chiave significa comprendere il significato della
poesia. La parola chiave genera sempre un campo semantico. Per analogia, se pensiamo al sogno, è
proprio attraverso l'individuazione delle parole chiave del sogno che si sviluppano poi le associazioni
libere.
Secondo la Psicologia Individuale, attraverso l'individuazione delle parole chiave del sogno, possiamo
accedere ai dati della nostra parte emozionale.
Ascoltando i frammenti di terapia dei nostri pazienti, che ci provengono anche dal racconto dei loro
sogni, è facile cogliere l'ansia o il coraggio, l'allegria o la tristezza che pervadono una persona. Come
afferma Hillman «I sentimenti possono essere piacevoli e spiacevoli, costruttivi e distruttivi, espansivi e
ritentivi. Tutti questi sentimenti, queste sfumature, questi umori appartengono alla gamma
umana. Possono essere crudeli, malvagi e socialmente inaccettabili, ma la loro esistenza all'interno della
psiche fa parte della nostra natura. Sono potenzialità della nostra personalità, e la storia dell'uomo
presenta un'estensione incredibile di sentimenti possibili» (14, p. 102).
Il paziente che racconta la sua storia, il suo sogno, si serve del linguaggio poetico in quanto ci trasmette
emozioni che parlano attraverso il sentimento. Non possiamo parlare di sentimento senza far riferimento
all'emozione, considerata da Hillman evento totale della personalità, basata forse sull'affetto, che ha una
componente affettiva e contiene una dimensione di sentimento.
PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 3 SESSIONE 2 – IL SOGNO SI SERVE DEL LINGUAGGIO POETICO –
PARTE B
Pier Luigi Pagani, rifacendosi al pensiero di Adler, ribadisce che le emozioni sono da considerarsi come
delle dinamiche affettive capaci di conferire all'esistenza di ogni essere umano un'esperienza senza
confronti. Le emozioni del paziente si associano tra loro e nel loro esprimersi divengono poesia. Nel
seminario del 18 ottobre 2008 - organizzato dall'Istituto Alfred Adler di Milano presso l'Ospedale San
Carlo di Milano -, dall'emblematico titolo "Riconoscere le emozioni/vivere gli affetti" interessanti
risultano, a questo proposito, gli interventi di Pagani e Borgna.
Pier Luigi Pagani evidenzia gli stati emotivi che separano come l'ira, la tristezza, la nausea, l'angoscia e
che avvicinano come la compassione e che uniscono e separano nello stesso tempo come la vergogna,
invitandoci a riflettere proprio sulla loro caratteristica fondamentale e cioè di essere in grado di associarsi
tra loro.
Borgna evidenzia invece come le emozioni siano risposte affettive legate ad eventi che ci provengono
dall'esterno e mette in luce la loro rapida eclissi e il loro bruciarsi nel momento in cui si sperimentano. Il
linguaggio poetico del paziente si esprime nel rapporto psicoterapeutico attraverso emozioni che si
alternano spesso in modo vorticoso e contraddittorio e hanno il potere di sconvolgere.
Rollo May nel suo libro "L'amore e la volontà" così si esprime: «Un aspetto curioso che non cessa mai di
sorprendere le persone nel corso della psicoterapia,è che dopo aver confessato la loro collera, il loro
risentimento e persino il loro odio verso il coniuge, e dopo avergli mosso rimproveri per tutto il tempo
della seduta, finiscono per poi provare un sentimento d'amore verso di esso [ ... ] nel corso dell 'analisi il
negativo viene portato alla luce, con la speranza - che si rivela fondata abbastanza spesso da giustificare
questa regola - che il positivo abbia modo di emergere da sé [ ... ]. Amore e odio non sono in opposizione
polare ma procedono pari passo» (15, p. 146).
I sentimenti che si esprimono attraverso il racconto di un sogno sono paragonabili ad una poesia dove
l'immaginario, nel suo di spiegarsi attraverso le emozioni suscitate dalle associazioni libere del paziente,
diviene terapia. In questo senso le finzioni estetiche assumono la forma di rappresentazione capaci di
suscitare emozioni di alto livello.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 3 SESSIONE 3 – IL SOGNO SI SERVE DEL LINGUAGGIO POETICO –
PARTE C
Una comprensione del processo associativo delle emozioni può essere recuperata anche avvicinandosi
all'importante figura biblica di Giobbe. Una recente analisi del personaggio è stata sviluppata con
profondità da Gianni Vacchelli nel suo libro "Dagli abissi oscuri alla mirabile visione". Il libro di Giobbe
viene visto dall'autore come una tempesta di poesia altissima, di rivelazioni ed oscurità. Giobbe è l'uomo
delle emozioni, tormentato dalla sofferenza [22].
Ci troviamo di fronte ad una ricerca profondissima dove la gioia iniziale è instabile ma quella finale, che
passa attraverso la sofferenza, sarà solida. Giobbe,osserva Vacchelli, viene descritto come perfetto.
Purezza e perfezione sono la sua forza ma anche la sua debolezza. Vivendo infatti in funzione della
perfezione si rischia di non vivere pienamente e la lebbra che devasterà la pelle di Giobbe sarà per lui una
grande prova che susciterà nuove emozioni. Nel passaggio dal perfetto all'imperfetto Giobbe si rinnova.
L'autore biblico descrive un ambiente, un'atmosfera,una famiglia dove tutto è statico, soffocato e ciclico.
Giobbe nella sua perfezione è immaturo, ma uno "tsunami" presto si abbatterà su di lui, saranno
ondate violentissime dove tutto verrà sconvolto anche sul piano emotivo e ogni dolore potrà essere
compreso attraverso Giobbe. Il messaggio emotivo non è la sofferenza ma la legge ontologìca di
morte/resurrezione. Non c'è spiegazione per la morte dei figli e neppure giustificazione ma, secondo
Vacchelli, l'ecatombe narrata è simbolica e metaforica, il linguaggio del lutto giobbico deve essere
recepito in una ricerca di vita. Dunque ogni nostro dolore, anche se non giustificato,può essere fattore di
risveglio.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 3 SESSIONE 4 – IL SOGNO SI SERVE DEL LINGUAGGIO POETICO –
PARTE D
Ma il risveglio spesso è lentissimo ed è anche per questo, a nostro parere, che le psicoterapie possono
apparire interminabili e spesso dolorose e altrettanto doloroso sarà il distacco se assumerà una
connotazione abbandonica. Il paziente maturo dovrà prepararsi al distacco e interpretarlo in un'ottica di
rinascita, non come un dolore, ma come risveglio.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 4 SESSIONE 1 – IL SOGNO DI FRANCESCA – PARTE A
Se il sogno è finzione estetica, in quanto tale, può essere visto come un dramma in cui si recitano diversi
ruoli quali quelli di autore, regista, attore, suggeritore e anche spettatore. Come afferma Marie-Louise
VonFranz, «se si cerca di capirlo in questa luce, esso offrirà al sognatore una comprensione il più delle
volte sorprendente di ciò che avviene psichicamente in lui "a sua insaputa", per così dire.
La sorpresa può essere penosa, piacevole o illuminante a seconda di come accettiamo nella nostra
coscienza il sogno-spettacolo» (12, p. 3).
Prenderemo ora in considerazi:one il sogno-spettacolo di Francesca. Il racconto del sogno è il seguente:
«Dicevo a mia madre ti odio, la guardavo dal basso in alto, come se fossi sdraiata, la respingevo». Dalle
associazioni libere di Francesca emerge che la parola chiave del sogno è "madre". Ripensando alla madre,
la definisce fredda ed insensibile. Le viene in mente il fumo, la luce rossa della sigaretta accesa in camera.
Ripensa alla vecchia casa dove tutti volevano andare a dormire a turno con papà.
«Noi sorelle dormivano in una stanza, mio fratello in un'altra». Ricorda un bel terrazzo. In quella casa ci
rimangono fino al compimento dei suoi 12 anni.
«Nella nuova casa ognuno ha la sua stanza. Papà non fumava. La mamma fumava in soggiorno ed io me
ne andavo in camera mia. Non si è mai posta il problema. Fumatrice accanita. Passava con la tazza di
caffè. L'odore di caffè non mi piaceva. Mix di caffè e fumo che disgusto! Provo ancora tanta rabbia. Mia
madre è ingombrante nella presenza anche se nella quotidianità cerco di non pensare a lei».
Le associazioni libere di Francesca evidenziano il tema della distanza. Francesca raccontando il suo sogno
accede alla sua parte emozionale, l'immaginario diviene terapia, la metafora è Francesca quando parla
del suo mondo interiore. Come nella poesia la parola chiave si fa rivelatrice di significati più profondi,
così nel sogno di Francesca la parola chiave "madre", attraverso il potere creativo della mente, diviene
rivelatrice di un vissuto emotivo costellato da sentimenti emotivi che separano. Nella storia di Francesca
ritroviamo il tema della "distanza".

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 4 SESSIONE 2 – IL SOGNO DI FRANCESCA – PARTE B
Francesca si laurea brillantemente in discipline letterarie e ritenendo di non poter raggiungere il massimo
dei risultati in quel settore si orienta alla scelta di un lavoro poco gratificante e non in linea con la sua
formazione. Il compagno con cui vive è spesso criticato e si rende conto di desiderarlo solo quando è
lontano per motivi di lavoro. Francesca decide di non frequentare più le amicizie comuni ad entrambi
perché si sente a disagio. Vive un senso d'inferiorità nei confronti delle altre coppie perché non ha figli e
non trova argomenti di dialogo costruttivi.
Francesca preferisce chiudersi in se stessa nell'affannosa ricerca di una distanza dall'altro, unica modalità
finzionale per sentirsi a proprio agio. A tre anni dall'inizio della psicoterapia nasce una figlia. Francesca si
sente una persona nuova.
Ecco come esprime le sue emozioni: «Ora mi sento forte rispetto a certe cose. Ho chiesto il part-time al
lavoro. Sono andata in ufficio leggera, senza paure. Mi sento più forte e decisa a rivendicare i miei diritti.
Prima ero impaurita». Prosegue Francesca: «Devo farcela, sono io la forza di mia figlia, non posso
permettermi di stare male, c'è la bimba. Prima riempivo il vuoto con il cibo. Non esisteva per me il
mondo esterno. Nei momenti in cui mi viene ancora voglia esagerata di cibo e quindi vivo un conflitto,
non faccio che ripetermi "Mia figlia non deve apprendere il mio modello, non deve cogliere la mia
modalità malata di gestire il cibo".
Quando mi viene l'ansia da cibo mi chiedo da dove viene il vuoto. Forse non sono felice e soddisfatta,
non lo sono mai stata. Il rapporto con il mio compagno ... è troppo difficile parlane. L'ho amato molto agli
inizi della nostra storia, adesso non so dire se mi piace. Sono stata con lui fino ad ora per fare un figlio. Mi
viene da dire me ne vado. Non so se voglio stare con lui, mi piace solo come papà. Non
riesco a pensarlo come compagno per la vita. Tante cose non mi piacciono di lui.
Ha dei momenti di rabbia forte, violenta. Una rabbia repressa che non mi piace.
Lui impronta tutto sul sesso. Mi fa star male. Lui è immaturo soprattutto a livello emotivo. Non di
ragionamento. Non sa gestire da adulto i suoi sentimenti, è in balia alle emozioni di un tardo
adolescente. Di lui mi ero fatta un'idea diversa. Pensavo fosse una persona forte e sicura ma non lo è.
Non è facile stare con lui,lui stesso ha bisogno di una persona più forte. Siamo simili, traballiamo sempre.
In una coppia uno dei due deve essere più forte. Due persone fragili non si possono aiutare. È un
ragazzino, non un uomo di quarantacinque anni. La sua volgarità mi fa pensare a mia madre, lei diceva
parolacce per intercalare, mi vergognavo di lei. Vorrei stare con una persona di cui essere fiera. Per
parecchi anni non ho parlato con mia sorella perché in lei vedevo me. Anni di silenzi e di lotta
contro il mio specchio. In lei rivedo me».

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 4 SESSIONE 3 – IL SOGNO DI FRANCESCA – PARTE C
Adler, nel "Temperamento nervoso", si chiede come la finzione si manifesti nella vita psichica e come si
realizzi concretamente. La sua manifestazione principale è rappresentata da quello che Adler descrive
come pensiero antitetico. Secondo Adler, per comprendere la lotta che il nevrotico sostiene
continuamente bisogna avere un quadro completo dei suoi dispositivi psichici, i quali, simili ad antenne
sensibilissime, gli forniscono uno strumento di misura e di paragone che, tenendo sempre viva la sua
attenzione scatenano in lui i più vari e controversi sentimenti: amore, odio, speranza, paura, dubbio,
attesa [2].

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI. ARTICOLO DA RIVISTA: LE FINZIONI ESTETICHE NELLA TEORIA
INDIVIDUALPSICOLOGICA – PARTE 4 SESSIONE 4 – IL SOGNO DI FRANCESCA – PARTE D
La poesia del sogno è dunque la poesia delle emozioni. Le emozioni, in un'ottica individualpsicologica,
sono interpretate come «forme psichiche in movimento,limitate nel tempo. È opportuno fare una
distinzione tra le emozioni che, da un punto di vista sociale, tendono a separare e quelle che tendono ad
unire. Le emozioni che separano, quali l'ira, la tristezza e la paura non sono manifestazioni imprevedibili
e misteriose ma, anzi, sorgono e si mostrano solo quando servono a uno scopo che è conforme al metodo
di vita o alla linea direttrice dell'individuo e hanno come obiettivo quello di produrre un cambiamento
della situazione in senso più favorevole all'individuo stesso» (2, pp. 248).
A questo proposito riteniamo che la poesia e il sogno, in quanto finzioni estetiche capaci di suscitare
emozioni, possano rispondere a molti interrogativi dell'uomo.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI SESSIONE 1 – PAZIENTE CON NEVROSI OSSESSIVA:


PRESENTAZIONE DEL SOGGETTO
I disturbi fobico ossessivi rappresentano un valido motivo di accesso al percorso psicoterapeutico.
Riportiamo il caso di un paziente la cui nevrosi ossessiva è associata ad elementi depressivi.
Si tratta di un uomo di 53 anni, coniugato con 5 figli, proprietario di un’azienda di rilievo.
Si presenta in modo trascurato anche se ad un’attenta osservazione i suoi abiti appaiono di buon taglio e
di stoffa pregiata.
Comunica in modo attento e preciso con una esposizione di tipo perfezionista.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI SESSIONE 2 – PAZIENTE CON NEVROSI OSSESSIVA:


MANIFESTAZIONE DEL COMPORTAMENTO OSSESSIVO
Da due anni il paziente manifesta una coazione che lo spinge all’acquisto di dolciumi e prodotti di tipo
gastronomico in quantità elevatissime, con un’ ambivalenza fra desiderio e ripugnanza.
Tutte le sere, quando la famiglia si è addormentata, egli consuma in solitudine un pasto
abbondantissimo, che gli provoca poi un forte senso di colpa accompagnato da una sintomatologia di
tipo gastro-intestinale.
Il racconto di tipo autobiografico da parte del paziente può essere oggetto di interpretazione. Figlio unico
di una madre apprensiva, molto affettuosa e con tendenze depressive. Il padre abbandona la famiglia
quando il paziente ha sette anni e dimostra uno scarso senso di responsabilità e interesse nei confronti
del figlio. La madre, al contrario, per mantenere il figlio agli studi si dedica a lavori umili di ogni tipo. Il
padre non svolge lavoro regolare, si lega a varie figure femminili e muore dodici anni dopo aver
abbandonato la famiglia per infarto.
Il paziente, a causa di difficoltà economiche dovrà interrompere gli studi universitari. Affronta un’attività
in proprio e seppur con modalità ansiose riesce ad avviare un azienda. Si sposa con una donna molto
bella e di carattere pacato. Per molti anni la sua vita affettiva e sessuale risulta appagante. Da alcuni anni
la moglie appare un po’ trascurata, i figli falliscono negli studi e si dimostrano poco ambiziosi e
collaborativi.

PROGETTO TERAPEUTICO: ANALISI DI CASI SESSIONE 4 – PAZIENTE CON NEVROSI OSSESSIVA:


INTERPRETAZIONI
Possiamo osservare come nell’età evolutiva la figura del padre sia risultata molto distante suscitando nel
paziente un’ambivalenza fra una rabbia palese e una sorta di invidia inconscia che precipiterà poi nella
decadenza e nella fine precoce del genitore.
Nel paziente adolescente nasce l’esigenza di capovolgere il modello del padre attraverso un’ansioso ed
attivo impegno nell’attività lavorativa, un forte attaccamento alla famiglia e una spinta a generare figli.
In età matura la famiglia inizia ad eludere il paziente: la moglie non più attraente e non più generativa di
figli fa riemergere nel soggetto una sorta di rivalorizzazione di quel padre denigrato ma libero da ogni
schema. Il paziente mette in atto una fuga ed essendo l’evasione sessuale impedita dal suo modello etico
sviluppa, come compensazione, una bulimia ossessiva. Al cibo viene assegnato un ruolo simbolico di
protesta: il rituale si impone con modalità coatte suscitando nel soggetto sensazioni di piacere e di
rifiuto. Il paziente pur avendo acquisito un parziale insight, dovrà lavorare per svincolarsi dal suo rituale
serale ossessivo.
INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 1 – UTILIZZO DEL T.A.T. IN
AMBITO PSICOTERAPEUTICO: PRESENTAZIONE DEL TEST – PARTE A
Francesco Parenti e Pier Luigi Pagani presentano il T.A.T. come modalità di valutazione dello stile di vita
nell'età evolutiva.
Premessa: Il Thematic Apperception Test del Murray rimane tuttora, nonostante l'invecchiamento della
sua iconografia, un metodo proiettivo di grande validità per l'approfondimento dei temi conflittuali
censurati o attenuati a livello di coscienza. A differenza di altri test, rigidamente tarati e codificati nella
loro tecnica di applicazione, il T.A.T. è uno strumento assai duttile,che si piega, senza eccessive forzature,
all'orientamento interpretativo di chi se ne serve. In questa nostra esposizione introduttiva
sull'argomento, affiancandoci alle tecniche più comuni d'ispirazione psicoanalitica od eclettica e
comunque quasi sempre causaliste,desideriamo proporre un uso del reattivo teleolozicamente impostato
secondo la psicologia individuale adleriana. La ricerca qui esemplificata è stata condotta in prevalenza su
soggetti in età evolutiva. Se ne possono però dedurre, con opportune modifiche settoriali,indicazioni per
l'adattamento della metodologia a pazienti di ogni età.
Dal test tradizionalmente impiegato affiorano situazioni complessuali o conflittuali suggerite
segretamente dalla globalità o da alcuni dettagli delle immagini. Tenute valide queste acquisizioni, è
possibile a nostro parere approfondire l'indagine verso la ricerca delle compensazioni mediante le quali
l'individuo in esame tenta di superare o aggirare la condizione frustrante significata.
L'assieme degli elementi tratti dalle varie tavole consente in molti casi di strutturare un mosaico
interpretativo più o meno esteso dello « stile di vita ». Con questo termine intendiamo riferirei alla
risultante dei molti aspetti comportamentali e delle idee che sostengono il perseguimento,lungo una
particolare linea direttrice, di un fine ultimo eventualmente fittizio e inconscio.
Ometteremo qui, per i limiti di spazio che ci siamo imposti, dandole per acquisite, la descrizione e le
nozioni correnti sul T.A.T., per cui rinviamo alla copiosa lettura sul tema. Segnaleremo solo in apertura
alcune modifiche alla metodologia usuale d'applicazione.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 2 – UTILIZZO DEL T.A.T. IN


AMBITO PSICOTERAPEUTICO: PRESENTAZIONE DEL TEST – PARTE B
Tavole utilizzate nella ricerca
In base ad un'analisi condotta su circa 500 soggetti in età evolutiva (dai 4 ai 18 anni) abbiamo selezionato
alcune tavole di sicura proiettività, che consigliamo come essenziali, accantonando le altre perché meno
evocatrici di un substrato profondo e spesso capaci di appesantire l'esame, suscitando reazioni
d'insofferenza o di astensionismo, quanto mai congeniali all'instabilità infantile e adolescenziale. Ecco le
figure da noi suggerite per un'applicazione costante, eventualmente integrabili con aggiunte a scelta
dell'esaminatore quando si riscontri una maggiore disponibilità del paziente: tavole 1 - 2 - 3BM - 4 - 5 -
6GF - 6BM - 7GF - 7BM - 8BM - 9GF - lO - 13B - 13MF - 14 - 16 - 20.
Precisiamo che le seguenti tavole sono state escluse non per la scarsa proiettività, come le altre, ma per
le loro potenzialità traumatizzanti, in quanto fonti non rare di reazioni depressive o autodistruttive: 12M
- 15 - 18GF ; 18BM.

LEZIONE 81 – INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 3 – UTILIZZO


DEL T.A.T. IN AMBITO PSICOTERAPEUTICO: PRESENTAZIONE DEL TEST – PARTE C
Destinazione delle tavole con alcune varianti rispetto allo standard
TAV. 1: per tutti i soggetti.
TAV. 2: per tutti i soggetti di sesso femminile. La tavola è risultata al nostro controllo poco produttiva per
il sesso maschile, poiché mancano elementi specifici ben evidenziati che consentano un'identificazione.
TAV. 3BM: per tutti i soggetti. L'estensione deriva dall'assenza di caratteristiche precise di sesso
nell'unico personaggio rappresentato. Assai frequente è infatti la sua interpretazione come donna o
ragazza oltre che come uomo o ragazzo.
TAV. 4: per tutti i soggetti.
TA V. 5: per tutti i soggetti. ,
TAV. 6GF: per tutti i soggetti di sesso femminile.
TAV. 6BM: per tutti i soggetti di sesso maschile.
TAV. 7GF: per tutti i soggetti di sesso femminile.
TAV. 7BM: per tutti i soggetti di sesso maschile.
TAV. 8BM: per tutti i soggetti di sesso maschile.
TAV. 9GF: per tutti i soggetti di sesso femminile.
TAV. 10: per tutti i soggetti.
TAV. 13B: per tutti i soggetti. L'estensione deriva dalla sua intensa e generale proiettività, non certo
ristretta come nelle intenzioni originali ai soli bambini maschi.
L'età del piccolo eroe e la situazione suscitano con grande frequenza potenzialità evocatrici in ogni
persona.
TAV. 13~·I1:F: per i soggetti di ambo i sessi sopra i 14 anni.
TAV. 14: per tutti i soggetti.
TAV. 16: per tutti soggetti.
TAV. 20: per tutti soggetti.

LEZIONE 81 – INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 4 – UTILIZZO


DEL T.A.T. IN AMBITO PSICOTERAPEUTICO: PRESENTAZIONE DEL TEST – PARTE D
L'esplicazione introduttiva non deve seguire, a nostro parere, rigidi schemi prefigurati, ma adattarsi
all'età, alla cultura e alle caratteristiche psicologiche del soggetto. Il paziente sarà invitato ad osservare le
illustrazioni ed a inventare su ognuna di esse una storia o almeno una situazione. Questi concetti sono in
genere sufficienti e ben compresi. Se però si acquisiscono pure descrizioni o banalizzazioni prive di
proiettività, riteniamo doveroso insistere con moderazione,invitando il soggetto a creare narrazioni più
costruite ed emotivamente vitali. E' indispensabile però evitare ogni esemplificazione condizionante.
Questo tipo di intervento ci sembra legittimo nel T.A.T., mentre è giustamente da bandirsi nel
Rorschach. La nostra ricerca ha dimostrato più volte l'efficacia della stimolazione ben controllata,
ottenendo elementi di sicura proiettività da parte di pazienti prima inibiti.
La tavola 16, bianca, richiede un diversi approccio. Si inviterà l'esaminato a immaginare e a descrivere
prima una scena e poi a costruire su di essa una storia.
Accade comunque non di rado di recepire risposte basate sul bianco o sul vuoto (neve, deserti, fogli
bianchi da disegno, ecc.). Se vi si può scorgere ugualmente una proiettività simbolica di stati d'animo, si
dovrà registrarne il significato senza intervenire. Se si presentano invece elementi per sospettare una
mancata comprensione del compito, questo dovrà essere ulteriormente spiegato, sollecitando
il soggetto a immaginare delle figure come se fossero disegnate.
INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 1 – FATTORI
D‘INTERPRETAZIONE DEL T.A.T. – PARTE A
1 - Comunicazione diretta di ricordi personali
Può accadere, con frequenza modesta, che una o più tavole sollecitino nel soggetto la narrazione di
ricordi personali, presentati apertamente come tali. Gli elementi devono essere acquisiti adlerianamente
non solo in chiave causalista, ma valutando l'impronta comportamentale e le opinioni alla luce di un
possibile fine ultimo perseguito. Ciò consente una ricostruzione almeno parziale dello stile di vita
all'epoca dei fatti riferiti. La selezione dei ricordi ci offre inoltre dati per chiarire lo stile di vita attuale.
2 - Identificazione con un personaggio.
Il paziente in questo caso, assai più frequente, effettua un'invenzione non direttamente autobiografica,
ma inserisce nel personaggio che ha stimolato il fenomeno alcune analogie con la propria personalità
come è od è stata realmente,come desidera o come teme che sia. L'operazione può essere compiuta in
modo obiettivo o con esasperazioni senz'altro indicative della sua posizione compensatoria nei confronti
di uno o più problemi.
3 - Ricostruzione di figure umane vicine al soggetto
Possono essere evocate figure paterne, materne, di fratelli, di amici o di altre persone comunque
significative. Anche qui la ricostruzione può essere obiettiva od esasperata nel senso dell'idealizzazione o
della critica. Il tipo di strutturazione che tali immagini assumono nella psiche del paziente illumina certo
alcuni aspetti del suo stile di vita.
4 - Proiezione di eventi desiderati o temuti
Si determina in questi casi un sondaggio su potenzialità avvertite, in cui è facile scorgere sicure analogie
con la dinamica dei sogni o delle fantasie extraoniriche. Il fine di tali dinamismi è abitualmente quello di
dar corpo a un'espansione fittizia della volontà di potenza o del sentimento sociale o invece quello di
collaudare preventivamente artifici aggressivi od elusivi nei confronti di una situazione ipotizzata.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 2 – FATTORI D‘


INTERPRETAZIONE DEL T.A.T. – PARTE B
5 - Proiezione di opinioni generali od orientamenti ideologici.
Il fenomeno ha un'incidenza notevole specie nel nostro tempo, in cui ideologia e politica hanno un ruolo
sempre più rilevante a livello individuale. I rapporti fra volontà di potenza e sentimento sociale hanno in
questi casi modo di estrinsecarsi assai bene, fornendo dati per la psicodiagnosi. Notevole importanza ha
l'atteggiamento del soggetto verso le idee standard dell'ambiente o di suoi settori, scandendo variabili di
adeguamento o di anticonformismo, secondo schemi soggettivi o di gruppo.
6 - Proiezione di una linea compensatoria
La narrazione di artifici di compenso aggressivo, passivi o astensionistici può realizzarsi anche senza una
sicura identificazione con il personaggio che agisce o pensa. Alcune volte, anzi, l'attribuire vie di
compenso desiderate o attuate a figure umane assai diverse dal soggetto rappresenta un meccanismo di
mascheramento o di difesa.
7 - Proiezione di sintomi.
L'ansia, la depressione, le fobie, l'ossessività del soggetto compaiono spesso con ruoli differenti nelle
narrazioni, riflettendo una condizione soggettiva proiettata. I sintomi di malattie organiche sono in
genere un'indicazione di patofobia. La presentazione emotivamente molto sentita di pericoli denota
sovente altre fobie a vario contenuto.
8 – L’ ideazione anomala nella strutturazione delle storie
Ha un indubbio valore diagnostico che può avanzare il sospetto di psicosi o personalità psicopatiche.
9 - Proiezioni a tematica sessuale
Il loro ruolo è quanto mai complesso e passa di caso in caso dall'appagamento fittizio di desideri inevasi
alla segnalazione di sentimenti di colpa o d'inferiorità, dalla presentazione di perversioni desiderate o
esplicate alla formulazione di critiche o di compiaciuti esibizionismi.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 3 – FATTORI D‘


INTERPRETAZIONE DEL T.A.T. – PARTE C
10 - Proiezione di modelli umani idealizzati o avversati
I primi configurano il fine ultimo verso cui s'incanala la linea direttrice affermativa del soggetto, i secondi
più spesso mète non perseguibili per inferiorità e deprezzate per compenso.
11 - Proiezione dei concetti di «alto e basso» o di «virilità e femminilità»
Sono una delle chiavi di volta della psicologia individuale e contribuiscono a chiarire come il soggetto
recepisca, condivida, soffra o avversi gli schemi che l'ambiente gli ha fornito.
12 - Orientamento analitico e non proiettivo nelle narrazioni
Persegue fini d'inibizione autoprotettiva o di valorizzazione perfezionista, consentendo giudizi assai
diversi.
13 - Deviazioni nel favoloso o nel surreale
Nell'infanzia, età in cui sono frequenti, possono anche significare solamente l'impronta culturale ricevuta
dal bambino. In seguito delineano sempre più marcatamente un'evasione compensa tori a e una fuga
dalla realtà.
14 - Aggressività e dissocialità nelle storie
Possono essere vissute da due punti di vista opposti, suscettibili però di reciproche contaminazioni:
quello dell'attore e quello della vittima. Intuitiva è l'interpretazione dei due ruoli nell'ambito dello stile di
vita. Il settore ha grande importanza nella diagnosi precoce della dissocialità minorile, anche come pura
potenzialità.
15 - Proiezione di fermenti autodistruttivi
Denuncia idee larvate o più pressanti di suicidio, quasi sempre nell'età giovanile con una componente
rivendicativa verso la famiglia e l'ambiente. Rappresenta comunque un segno d'allarme.
16 - Substrato affettivo-emotivo delle storie
Contribuisce a chiarire sia il tono dell'educazione ricevuta dal soggetto (normale, iperaffettiva o
anaffettiva), sia il modo di reagire ad essa strutturando le regole della propria emotività. Nell'infanzia e
nell'adolescenza sono assai frequenti le narrazioni che riflettono carenze in campo affettivo.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 4 –


FATTORI D‘INTERPRETAZIONE DEL T.A.T. – PARTE D
17 - Proiezione del problema «solitudine»
Suona spesso a conferma di un senso di esclusione sociale, presentandosi a volte come elemento
imprevisto in soggetti apparentemente inseriti.
18 - Segnalazione diretta o indiretta degli interessi
E' un settore di grande rilievo dello stile di vita nell'età evolutiva. E' possibile acquisire in questo campo
varianti che si estendono dall'astensionismo, alla monotematicità, all'eclettismo.
19 - Banalizzazioni senza proiettività
Sono tipiche dell'inibizione, che può rappresentare un atteggiamento specifico verso la situazione-esame
o un aspetto generico dello stile di vita. Si acquisiscono anche nei dissociali come artificio autoprotettivo.
20 - Livello e qualità dell'esposizione
Denotano il grado di culturalizzazione, illuminando anche su caratteristiche dell'ambiente.
21 - Segni carenziali
Sono multiformi e complessi, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Le carenze più lievi
prendono corpo nella semplice descrizione senza costruzione narrativa (tipica peraltro del bambino più
piccolo). Ricordiamo poi l'insufficiente padronanza del linguaggio, le incoerenze nella strutturazione del
pensiero, gli errori di percezione, più frequenti nei dettagli, e le errate interpretazioni di ruoli umani ed
oggetti.
***
Il valore degli elementi acquisiti prende corpo in rapporto alle caratteristiche del soggetto e del suo
ambiente di vita.
Un altro elemento importante di valutazione è la ripetizione dei temi, che ne ribadisce la significatività. E'
opportuno notare però che talora l'intensità di una sola indicazione è tale da renderla dominante.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 1 – CASISTICA


ESEMPLIFICATIVA CON SOMMINISTRAZIONE DEL T.A.T. – CASO 1
CASO N. 1
A.N. - sesso maschile - anni 8 e mesi 10.
Sintesi dei dati raccolti
Secondogenito con un fratello di 12 anni e una sorellina di 2. Nato a termine da parto eutocico. Parla
precocemente. Sviluppo psicofisico nella norma. Anamnesi patologica familiare e personale banale.
Famiglia di ceto medio. Durante la giornata entrambi i genitori sono assenti per lavoro e i figli sono
affidati a una signorina, poco gradita dal soggetto. La madre, nel tempo limitato che trascorre in casa, è
comunque imparzialmente affettiva con i figlioli. Il padre è piuttosto apatico, ma sempre gentile in un suo
tono distaccato.
Il soggetto ha un comportamento spesso aggressivo con entrambi i genitori e con la sorella minore,
indifferente o un po' timoroso verso il fratello maggiore. A tratti palesa affettuosità nei confronti della
madre. Alla sua prevalente aggressività in famiglia, fa da contrappeso un atteggiamento passivo e
intenzionalmente gratificante nei rapporti extrafamiliari, diretto alla conquista di potenziali amici. I
suoi tentativi però in genere falliscono anche per una scarsa attitudine fisica ai giochi sportivi.
Dall'insuccesso sociale è derivato un ripiegamento verso interessi solitari (raccolta di francobolli e
modelli di macchine, lettura di fumetti avventurosi).
Frequenta la terza elementare con ottima condotta e rendimento medio-superiore. L'insegnante
comunque lamenta in lui una certa tendenza al disordine.
Il ricorso all'esame psicologico è motivato da una sintomatologia fobica in atto da circa un anno. Il quadro
è iniziato con la paura del buio, poi estesa ad ogni situazione implicante un rischio anche modesto. Si è
aggiunta da qualche mese un'anoressia limitata ai pasti consumati in casa: quando il bambino è invitato
presso parenti od amici e quando pranza al ristorante mostra buon appetito o addirittura golosità.
Protocollo del T. A. T.
TAV. 1
« Questo bambino è stufo di stare lì col violino a studiare. Allora si guarda in uno specchio ».
TAV.3BM
« E' un ragazzo che piange ... -Perché?- . Non lo so. Forse perché nessuno gli dà retta. Magari si è
spaventato per qualche cosa o qualcuno gli ha fatto del male »,
TAV.4
«Hanno litigato. La donna tiene l'uomo e lui vuole andarsene. Per me ha ragione lui».

TAV. 5
« Qui c'è una stanza vecchia e una donna vecchia che entra dentro. Si spaventa da morire e sviene perché
ha visto un ladro. -Che cosa succede poi?- Non lo so ... il ladro scappa e lei quella sera sta male ».
TAV.6BM
« E' un figlio grande con la sua mamma. Parlano del suo lavoro o dell'università e tirano in lungo mentre
gli altri aspettano da mangiare».
TAV.7BM
« Questo non mi sembra un nonno perché ha la faccia cattiva e quello più giovane ha paura. Ma poi
pensa che è più forte lui e la paura gli passa ».
TAV.8BM
«Dei medici stanno operando una donna alla pancia. Davanti c'è la fidanzata e pensa che la donna
muore. Poi muore davvero ».
TAV. 10
«Un uomo bacia una donna perché si stanno sposando. Sono contenti ».
TAV. 13B
« C'è un bambino senza scarpe seduto davanti a una casa di legno. Si è proprio stufato di stare lì a fare
niente ».
TAV.14
« Vede la città e si spaventa e sviene. -Perché?- Non era abituato a guardarla dall'alto ».
TAV. 16
« Ci sono due macchine che fanno un incidente e c'è un ferito. Lo portano all'ospedale con l'ambulanza e
poi si salva ».
TAV.20
« E' un poliziotto che mi piace, che ho visto in un film. E' uno con la faccia da buono, che parla poco. Nel
primo tempo tutti lo picchiano, ma poi vince. Mi piace per quello ».
Interpretazione e analisi dello stile di vita
Le narrazioni partono sempre da una valutazione globale obiettiva delle immagini, di cui però trascurano
alcuni dettagli.
Una tendenza all'eccesso di sintesi è superabile in molti casi con l'incoraggiamento a continuare o con
qualche domanda non influenzante. E' possibile acquisire i seguenti spunti proiettivi sullo stile di vita del
soggetto: 1) Inquadramento pessimistico della realtà e dell'ambiente (Tavole 3BM - 5 - 7BM -
20).
2) Compensazioni ambivalenti del pessimismo di base, in parte improntate al perseguimento di un
modello ipervirile con note di aggressività (Tavole 4 - 7BM) o alla prefigurazione di interventi esterni
rassicuranti (Tavola 16) e in parte invece ad un astensionismo passivo e sofferto (Tavole 3BM - 5).
3) Proiezione concreta delle fobie e particolarmente della patofobia (Tavola 8BM) e dell'acrofobia (Tavola
14), quest'ultima non emersa dai colloqui preliminari.
4) Reiterata presentazione del problema «noia », implicante un senso di esclusione sociale (Tavole 1 -
13B).
5) Carenze affettive nell'ambito della famiglia, con rivendicazione polemica dell'attenzione materna in
competizione con il fratello maggiore (Tavola 6BM). Situazione analoga, fondata sull'impressione di
essere trascurato dagli altri, anche nell'ambiente extrafamiliare (Tavola 3BM).
6) Fantasia compensatoria di un'armonia affettiva idealizzata, che rivela anche i primi interessi
correttamente orientati verso l'altro sesso (Tavola 10).
7) Modello ideale perseguito, che tiene conto dei temi soggettivi d'inferiorità e li compensa in modo
evidentemente compiaciuto con la trasformazione del debole in eroe (Tavola 20).
L'interpretazione finalistica della sintomatologia fobica consente di rilevare la sua utilizzazione come
artificio di richiamo verso la madre e in subordine anche come alibi per autogiustificare un
comportamento non congeniale al modello perseguito e quindi devalorizzante. L'alternarsi di soluzioni
attive e rinunciatarie mostra una disponibilità di recupero incoraggiante ma non ancora sostenuta da
sufficiente sicurezza.
Per estensione è possibile interpretare anche l'anoressia e inserirla nello stile di vita del ragazzo. In seno
alla famiglia essa può valere ancora come richiamo d'attenzione. La sua scomparsa in situazioni
socialmente integrate (inviti a pranzo, ristorante, ecc.) ne ribadisce il significato.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 2 – CASISTICA


ESEMPLIFICATIVA CON SOMMINISTRAZIONE DEL T.A.T. – CASO 2
CASO N. 2
C. G. - sesso femminile - anni 10
Sintesi dei dati raccolti
Figlia unica. Nata a termine da parto eutocico. Ritardo di origine non chiarita nello sviluppo del
linguaggio, che prende corpo bene solo verso i 3 anni e poi diviene rapidamente fluido. Normale lo
sviluppo psicofisico negli altri settori. Anamnesi patologica familiare negativa. Anamnesi patologica
personale: affezioni banali (tutti i comuni esantemi, forme influenzali, tonsilliti), ma raggruppate così da
comportare episodicamente periodi piuttosto prolungati di permanenza a letto o almeno a casa.
Da circa due anni sono comparsi dei tic al volto, con un progressivo incremento della frequenza e
dell'intensità. Di qui il ricorso all'esame psicologico.
La famiglia, piccolo-borghese, è composta solo dai genitori e dal soggetto. La madre è piuttosto insicura e
sembra tendere a vittimizzarsi. E' comunque molto affettuosa con la figlia. Il padre esibisce un
autocontrollo esteriore e una tendenza all'imposizione delle proprie idee, mai direttamente violenta
(perché basata sulla razionalità), ma spesso recepita dalla moglie come frustrante.
Anche nei confronti della figlia è ipercorrettore, se pure senza eccessi di aggressività.
Il soggetto ha sempre manifestato maggiore confidenza verso la madre. Nei confronti del padre palesa
invece un atteggiamento di fondo inibito, che sconfina nel timore scontroso in occasione dei rimproveri.
Ha una buona integrazione di superficie con i compagni di scuola ed anche con i coetanei con cui ha
rapporti durante le vacanze estive. Non ha però modo di fare amicizie extrascolastiche in città, perché i
genitori sono piuttosto schivi e non amano ricevere estranei. In casa legge molto e con scelte eclettiche,
nei limiti di quanto le è concesso. Presenta un amore per gli animali, che i familiari giudicano troppo
morboso e criticano entrambi (talora rientra da scuola con cani randagi, che a suo dire la seguono).
Frequenta la quarta elementare senza problemi né di condotta, né di profitto.
Protocollo del T. A. T.
TAV. 1
«E' un bambino che non riesce a suonare il violino, ma vorrebbe riuscirei perché gli piace. La sua mamma
gli dice di smettere perché si affatica, ma lui piange e vorrebbe andare a lezione da un maestro. Però non
glielo permettono ».
TAV. 2
« E' una ragazza che decide di scappare e di andare in città a studiare. I suoi vivono in campagna, ma a lei
non piace ».
TAV.3BM
« E' una ragazza che è andata al mare e non ha trovato gli amici dell'anno prima. E' triste perché anche il
periodo più bello dell'anno è diventato brutto ».

TAV. 4
« Sono un marito e una moglie che hanno appena avuto una discussione. Non stanno proprio litigando,
ma forse è peggio. Continua sempre così: lui vuole aver ragione e lei sta zitta, ma non gli dà
soddisfazione. Allora lui vuole andarsene, ma non fa sul serio ».
TAV. 5
« La mamma entra e non trova la figlia. Fa una tragedia. Poi lei salta fuori: era solo uno scherzo. La
mamma piange e non la sgrida, ma non capisce lo scherzo ».
TAV. 6GF
« Sono sempre marito e moglie. Lei sta scrivendo una lettera e lui le dice: non va bene così, hai sbagliato
tutto. Lei risponde: e allora scrivile tu le lettere, che sei tanto bravo ».
TAV. 7GF
« La madre legge alla figlia una storia, perché le vuol bene e vuol farle compagnia. La bambina fa finta
d'interessarsi per non dispiacere alla mamma ».
TAV. 9GF
«Mi viene una storia lunga. Posso raccontarla? Dunque, c'era la guerra e due sorelle sono scappate su
un'isola deserta. Vivono lì per un anno come Robinson Crusoè.
Ogni tanto devono scappare o nascondersi perché ci sono delle belve feroci. Poi arriva una nave con dei
soldati. Vedono che sono nemici e si spaventano. Ma c'è una sorpresa: il padre si era arruolato coi
nemici, le trova lì e le porta in salvo».
TAV. 1O
« Un marito verso i quarant'anni deve partire per la guerra. Sta via per quattro anni e ritorna ferito e
paralitico. La moglie lo abbraccia e lo farà guarire ».
TAV. 13B
« Questo bambino non aveva amici perché gli altri tiravano i sassi nei nidi e lui aveva il cuore tenero.
Allora sua mamma adotta un altro bambino, così lui ha compagnia ed è contento ».
TAV. 14
«Una banda incarica un uomo di rubare. Lui finge solamente, ma non ruba. Allora la banda si vendica e lo
denuncia alla polizia. Anche se è innocente nessuno gli crede. Allora si butta in mare per ammazzarsi ».
TAV. 16
« Vedo una classe con i banchi, la maestra e gli scolari. Un bambino molto bravo si ammala e deve fare
una lunga assenza. Quando torna resta indietro e nessuno lo vuole aiutare. Ma lui è ricco, può pagarsi un
maestro, privato e diventa di nuovo uno dei primi ».
TAV. 20
« Non so, mi viene una storia di guerra, ma ne ho già dette due e voglio cambiare. Potrebbe essere un
giallo. Un uomo si nasconde per spiare qualcuno ».
Interpretazione e analisi dello stile di vita
Le narrazioni, particolarmente ricche nel contenuto ed evolute nel linguaggio, partono sempre con
obiettività dalle immagini, per liberare in seguito invenzioni che prescindono largamente dalla figura.
La loro proiettività è molto intensa e sufficiente per ricostruire su queste basi lo stile di vita del soggetto:
1) Inquadramento affettivo, ma nel con tempo critico e insoddisfatto della figura materna, di cui non è
posto in dubbio l'amore, ma la capacità di comprendere (Tavole 1 - 5 - 7GF).
Questo angolo di visuale sembra condividere in parte le critiche paterne, inserendovi però i frutti di un
rapporto affettivamente anche se non intellettualmente valido.
2) Inquadramento complesso e contraddittorio della figura paterna, di cui il soggetto sembra sottolineare
le carenze affettive, avanzando nel contempo un'esigenza e una speranza, almeno immaginata, di
recupero. Del padre, insomma, non sono poste in dubbio l'intelligenza e la sicurezza, ma è denunciata da
principio l'aridità emotiva, con una successiva fantasia di reintegrazione più armonica (Tavole 4 - 6GF -
9GF). La riabilitazione del padre avviene in una storia (Tavola 10) dopo un'emblematica punizione.
3) Intenso desiderio di un rapporto più costante con l'ambiente dei coetanei, ora in parte ostacolato
dall'isolamento della famiglia, la quale si propone al soggetto come poco gratificante perché carente di
stimoli (Tavole 2 - 3BM). L'integrazione extrafamiliare non sembra però esente da problemi. Si acquisisce
infatti un confronto frustrante fra la propria sensibilità e la durezza altrui {Tavola 13B). Si rileva inoltre
una fondamentale sfiducia nella comprensione e nella solidarietà dei coetanei (Tavole 14 - 16). Il mondo
esterno è talvolta drasticamente inquadrato con note di crudeltà spinta sino al sadismo.
4) Compensazioni non univoche del sentimento di diversità e dell'isolamento affettivo: a volte
rinunciatarie sino all'autodistruzione (Tavola 14) e a volte invece ipercompetitive e indirizzate verso
l'autovalorizzazione (Tavola 16). Fra i dati acquisiti preliminarmente i tic propongono una semantica di
ripulsa simbolica dell'ambiente e delle circostanze frustranti. L'amore un po' morboso per gli animali
pare invece compensare con una degradazione rassicurante le difficoltà dei rapporti umani.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 3 – CASISTICA


ESEMPLIFICATIVA CON SOMMINISTRAZIONE DEL T.A.T. – CASO 3
CASO N. 3
C.S. - sesso maschile - anni 13 e mesi 1.
Sintesi dei dati raccolti
Figlio unico. Nato a termine da parto eutocico. Sviluppo psichico assai precoce, sviluppo fisico nella
norma. Anamnesi patologica familiare banale. Anamnesi patologica personale: intervento e reintervento
per fimosi a 3 e a 7 anni, due volte traumi da caduta con ferite superficiali suturate, enuresi tuttora in
atto, con periodi di remissione.
I genitori, dipendenti comunali, manifestano violente tensioni reciproche anche in presenza del figlio. Il
conflitto si è ultimamente alquanto attenuato. Padre e madre sono entrambi estroversi ed emotivi, con
alternanze di severità e permissività nel comportamento educativo. La madre, comunque, sia nei
confronti del marito che del figlio, è più pronta a cedere, dopo impennate aggressive di breve durata.
Il soggetto ha sempre mostrato un notevole eretismo, con alternanze del tono emotivo. Nei rapporti con
i coetanei tende ad imporsi come capo, ma non è sempre accettato. Di qui una selezione delle amicizie in
base alle gratificazioni ricevute.
Frequenta la terza media, con ottimo profitto, ma con una condotta disturbante per aggressività o
petulanza.
Il ricorso all'esame psicologico è motivato dall'enuresi e dal comportamento scolastico.
Protocollo del T.A.T.
TAV. 1
« I suoi genitori hanno la fantasia che lui diventi un grande violinista e lo fanno studiare. Ma il violino gli
sembra uno strumento antiquato, si annoia e preferisce i complessi ».
TAV.3BM
« Ha fatto del male ~ qualcuno. Aveva ragione, però ha esagerato. Adesso si pente».
TAV. 4
« E' un marito stanco della moglie, perché pensa a un'altra. Vede? Dietro c'è la sua fotografia. La moglie
cerca di farlo ragionare e gli parla dei figli. Lei pensa più di lui alla famiglia ».
TAV. 5
« Sente un rumore di notte, entra nella stanza. e scopre qualcosa di macabro ... insomma anche se non
proprio macabro, almeno diverso, una cosa che la sorprende, insomma ».

TAV.6BM
« Questo ha sbagliato e adesso si trova nei guai. Roba di donne oppure ha preso dei soldi dove lavora. Lo
dice alla madre, che si addolora e cerca di aiutarlo, ma poi si arrabbia. Finiscono per litigare ».
TAV.7BM
« Questa figura non mi dice proprio niente, sono due che parlano e basta. Vuole proprio che inventi
qualcosa? Va bene, parlano di lavoro ».
TAV.8BM
« E' la storia di un incidente di caccia. Il ragazzo qui davanti non sapeva sparare e ha ferito qualcuno per
sbaglio. Adesso lo stanno operando. Lui è molto preoccupato e spera che guarisca ».
TAV.10
« E' un atto d'amore fra un uomo e una donna. Si può notare tutto il bene che si vogliono. Però ... forse la
storia è un po' diversa: mi sembra che la donna stia per piangere ».
TAV.13B
« Qui c'è povertà e solitudine. Il bambino pensa agli amici più felici di lui. Oppure una storia tutta diversa.
E' felice anche nella povertà perché si sente libero ».
TAV. 14
«Va verso l'unico punto di luce. Insomma è il discorso della vita. Ha vissuto male, è stato in prigione e
adesso vuole cambiare ».
TAV. 16
« Potrei vedere due ragazzi innamorati che si tengono per mano e corrono. Vogliono godere al massimo
di quel momento. Forse in avvenire non saranno mai così felici».
TAV.20
« Mi sembra un criminale ... non trovo la parola ... stanco. Ormai non può più tornare indietro, anche se
forse vorrebbe farlo ».
Interpretazione e analisi dello stile di vita
Le narrazioni sono sintetiche, sempre obiettive, bene impostate e capaci di significare i seguenti spunti
indicativi dello stile di vita:
1) Reiterata presentazione di un senso di colpa o almeno di un'autocritica sofferta (Tavole 3BM - 6BM -
8BM - 14 - 20). Le compensazioni a questo substrato sono ancora incerte e contraddittorie, alternando
propositi di recupero secondo il sentimento sociale a un'attesa passiva di soluzioni liberatrici e
all'accettazione rassegnata di una contaminazione ormai ineluttabile. I temi di autocolpevolizzazione
riguardano l'aggressività e la dissocialità. L'ambiente, ricostruito dal soggetto, li acquisisce con
insufficiente comprensione o imposta azioni punitrici.
2) Figure genitori ali vissute globalmente come incapaci di comprendere a fondo il soggetto (Tavola 1),
ma notevolmente differenziate l'una dall'altra. La figura materna, e quindi quella femminile, è vissuta
con un ruolo di vittima e sicuramente come più affettiva ed etica (Tavola 4), anche se non in grado di
capire a fondo il figlio (Tavola 6BM). Quella paterna è ricostruita con maggiore critica ed ostilità, con
caratteristiche di durezza e di minore affettività nei confronti della famiglia (Tavola
4). In una storia (Tavola 10) il ragazzo sembra auspicare un rapporto affettivamente valido fra i due sessi,
ripiegando però subito in un pessimismo che vittimizza la donna. La difesa verso la figura paterna è
ribadita dallo shock di rifiuto, che rende scontrosamente povera l'interpretazione, alla tavola 7BM.
3) Tentativo di compensare l'insufficiente realizzazione emotiva familiare con una ricerca affettiva
correttamente indirizzata verso l'altro sesso (Tavola 16), anche se poi la sua validità è parzialmente
inficiata da un'attribuzione di provvisorietà.
4) Confronto autoinferiorizzante e senso di esclusione nei rapporti con i coetanei (Tavola 13B).
5) Immediato rifiuto compensatorio di questa interpretazione, sostituita da un'idealizzazione introversiva
e aggressiva (Tavola 13B). I temi elaborati in questo complesso sembrano essere anche socio-economici.
6) Il positivo auspicio di recupero, simbolizzato nella tavola 14, ha sicuramente un valore generale, ma
presume in modo assai significativo la decolpevolizzazione.
L'interpretazione finalistica dell'enuresi è quella adlerianamente classica che attribuisce al sintomo un
valore di richiamo e di protesta, diretto ad impegnare l'ambiente familiare ad una maggiore attenzione
affettiva e ad un'armonizzazione. Il comportamento aggressivo nell'ambito della scuola sembra
paradossalmente ispirarsi all'ipervirilità paterna, nel contempo osteggiata ed eretta a modello.
L'ambivalenza determina come corollario il senso di colpa. I simbolismi liberatori, sebbene ancora incerti,
possono essere acquisiti come potenziali tà di recupero.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO SESSIONE 4 – CONSIDERAZIONI SULL’


UTILIZZO DEL T.A.T. SECONDO IL MANUALE DI UTILIZZO DEL T.A.T. DI VICA SHENTOUB
Vica Shentoub è la fondatrice della scuola francese di interpretazione del T.A.T. Il suo manuale
pubblicato nel 1990 viene poi tradotto in italiano nel 1995 (Centro Scientifico Editore Torino).
Secondo l’autrice “il T.A.T. può essere proposto in qualsiasi situazione che implichi o necessiti un esame
psicologico che abbia come obiettivo l’indagine approfondita del funzionamento psichico di un
individuo”.
Prosegue Vica Shentoub “in generale il soggetto si trova in una situazione di richiesta o di sofferenza
soprattutto quando presenta dei problemi di tipo psicopatologico: la risposta da dare ha bisogno di una
riflessione effettiva che permetta di proporre l’orientamento più appropriato per trattare le sue difficoltà.
Questa riflessione è fondata su un serio lavoro di esplorazione delle diverse modalità di funzionamento
psichico di cui dispone il soggetto. In questa prospettiva un esame psicologico onesto comprende due
prove proiettive (il Rorschach e un test tematico, soprattutto il T.A.T., il C.A.T. o il Patte Noir per bambini
con età inferiore ai nove anni) associate, se è opportuno, ad una prova di valutazione del funzionamento
intellettivo (Chabert C., 1987)”.
Nel campo della ricerca, il T.A.T. può anche essere utilizzato singolarmente, senza alcuna altra prova
psicologica: gli obiettivi di questa procedura in effetti sono parzialmente diversi da quelli che
caratterizzano la clinica: quando si tratta di un’indagine a scopo diagnostico (e terapeutico), lo psicologo
deve sforzarsi di ottenere il massimo di informazioni per giungere ad un’analisi più acuta possibile
delle diverse modalità di funzionamento psichico del soggetto e delle loro effettive articolazioni che
costituiscono la sua organizzazione mentale”.
Per comprendere il problema degli anziani si può utilizzare il S.A.T. Senior Apperception Technique
(Leopold Bellak e Sonya S. Bellak).
Tale test segue il modello di interpretazione del T.A.T. e prevede una classificazione delle storie in
categorie dalle quali è possibile trarre dati che permettono di delineare un profilo psicologico della
persona anziana con particolari riferimenti a: conflitti significativi, concezione del mondo, natura
dell’ansia, difese messe in atto, struttura dell’inconscio. Le 16 tavole, non necessariamente da
somministrare al completo, tendono a riprodurre diverse situazioni emotivamente significative nella
terza età.
Data di pubblicazione: 1997.
Curatore edizione italiana: Liana Valente Torre.
Tempi di somministrazione individuale: 30 minuti circa.
Numero delle tavole: 16.
Destinatari: anziani.
INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: ANORESSIA NERVOSA
SESSIONE 1 – PREMESSA
I genitori di una ragazza di sedici anni, studentessa liceale, chiedono l’intervento di uno psicoterapeuta in
favore della figlia. Alla ragazza è stata diagnosticata un’anoressia nervosa, iniziata qualche mese prima.
Nel colloquio preliminare, la personalità della madre emerge subito come dominante. Il padre appare
insicuro e si premura di ribadire con ansia ogni affermazione della moglie. Ecco il loro racconto.
Tutto comincia con una dieta dimagrante intrapresa per un sovrappeso davvero trascurabile e contro il
parere dei genitori (leggasi della madre). La perdita di peso è rapidissima, la ragazza raggiunge una
condizione-forma, interrompe la dieta, ma dopo breve tempo la riprende senza una motivazione
apparente, il che crea delle tensioni insopportabili in famiglia. La madre sostiene che, prima di questo
episodio,la figlia aveva sempre accettato di buon grado i “suoi giusti consigli”. Ora il soggetto,
sebbene reduce da un ricovero durante il quale le sono state praticate delle trasfusioni, è in condizioni
fisiche molto scadute.
Nella prima seduta, la paziente dichiara la sua spontanea disponibilità a un trattamento analitico. Parla
con una vocina flebile e mostra atteggiamenti un po’ ricercati, di tipo isterico. Sul tempo il suo vissuto
fluisce, ricco di elementi significativi.
Terzogenita, preceduta da due fratelli autonomi e distaccati, ha trascorso un’infanzia caratterizzata da un
legame intenso con la madre, suadente e direttiva, pronta a risolvere tutti i suoi problemi. Verso il padre
ha avuto sempre un orientamento polemico che ancora mantiene e che sembra avere implicazioni di
disprezzo. Nel corso della pre-adolescenza, la suggestione di una compagnia di coetanei si fa
sentire e accende competizioni preoccupate con le amiche, basate soprattutto su un confronto estetico
per lei devalorizzante. Il raggiungimento di un peso forma con la dieta la rassicura e stimola anche ad un
certo esibizionismo.
La situazione che determina la ripresa della dieta e l’inizio della vera anoressia è da principio censurata,
ma poi affiora sul filo di un transfert armonico. Un amore adolescenziale per un giovane universitario,
seguace di una setta religiosa orientale,sembra per qualche tempo ricambiato, ma sfocia in
un’improvvisa e acuta delusione: il presunto candidato-partner rivela di avere fatto un voto di castità e di
aspirare a trasferirsi in India.
L’interpretazione analitica scaturisce limpida. La raggiunta sicurezza sui propri valori estetici aveva
indotto la paziente a conquistare un partner “semidivino”, con l’intento segreto di rovesciare
positivamente il debole modello paterno e di battere la madre nella realizzazione femminile. La
successiva frustrazione contamina di rischi potenziali la via della piena femminilità e sollecita, con la
compensazione anoressica, una garanzia autolesiva contro future, simili delusioni.
Un’osservazione del terapeuta sorprende la ragazza e pone le basi per un graduale insight: la sua
convinzione di fallimento è frutto di un equivoco, poiché il giovane asceta non aveva respinto lei, ma
tutte le donne; forse anzi, nei suoi confronti, aveva provato una tentazione affettiva, poi travolta dal
coinvolgimento mistico.
Il recupero è lento e contraddittorio, tanto da comportare una breve fase bulimica, accompagnata da
atteggiamenti di sfida nei confronti di ogni figura maschile. La bulimia transitoria, dunque, ha sapore di
protesta virile. L’inizio dell’università in una facoltà scientifica e una cauta amicizia amorosa con un
giovane medico segnano, dopo ben tre anni, una crescita psicologica con prospettive di stabilizzazione.
INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: UN CASO DI DEPRESSIONE
SESSIONE 2 – IL CASO
La paziente ha 25 anni, inizia il percorso psicoterapeutico manifestando la convinzione di non essere mai
stata amata dalla famiglia di origine, di non aver raggiunto successo negli studi, nei rapporti d’amore e
nel matrimonio.
La paziente è separata da due anni dal marito, il quale si rifiuta di comunicare con lei. I genitori, pur
essendo un valido supporto economico, a suo dire, non sono solidali con lei. Le sorelle sono a detta della
paziente più fortunate perché realizzate dal punto di vista affettivo. Ritiene che gli uomini dimostrino nei
suoi confronti solo un interesse sessuale.
La paziente esige dallo psicoterapeuta l’immediata soluzione dei suoi problemi, nasce così un transfert
distorto. Lo psicoterapeuta spiega alla paziente che un valido recupero può derivare solo dalla conquista
di una autonomia basata autocriticamente sull’insight e seguita dall’elaborazione di un nuovo stile di
vita. Un nuovo transfer collaborativo emergerà in competizione con il precedente di tipo rivendicativo ed
accusatorio.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: UN CASO DI DEPRESSIONE


SESSIONE 3 – SINTESI DEGLI ELEMENTI BIOGRAFICI ACQUISITI
Paziente primogenita, seguono due sorelle minori. Durante l’infanzia i genitori poco maturi
emotivamente alternavano momenti positivi a momenti conflittuali. Il padre, uomo di fascino,
manifestava tratti esibizionistici. La madre, donna attraente, era debole ed insicura. Entrambe i genitori
concedevano scarse riserve affettive alla primogenita, mentre la secondogenita e la terzogenita erano
avvantaggiate per i progressivo fruire di una maturazione emotiva dei genitori.
La paziente aveva strutturato una caratteristica dominante, esigere ad ogni costo anche con modalità
sgradevoli, tratto questo successivamente radicalizzato nel confronto con le sorelle più gratificate.
A livello di quadro dinamico infantile la paziente apparirà polemica con gli insegnanti e svilupperà una
competitività un poco persecutoria con i compagni.
La sua vita affettiva sarà orientata alla conquista di una figura maschile affascinante come il padre,
presumendo già di non avere da lui attenzione.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: UN CASO DI DEPRESSIONE


SESSIONE 4 – RESISTENZA AL PERCORSO PSICOTERAPEUTICO
Il quadro depressivo vero e proprio prende corpo per gradi. I primi rapporti amorosi sono boicottati da
un più discreto eccesso di richiesta. Il susseguirsi degli abbandoni provoca un’accentuazione dello stile
accusatorio, e il più pregnante strumento punitivo indirizzato verso il maschio diviene l’autodistruzione
spinta sino ai tentativi di suicidio. Il trauma maggiore nasce dalla fuga del marito. La paziente non
ammette l’improduttività delle sue compensazioni e le esaspera ancora nei nuovi rapporti, costellati da
una sequenza di abbandoni.
Durante il trattamento psicoterapeutico sopraggiunge per la paziente l’illusoria stabilizzazione di un
legame affettivo nuovo. La depressione sembra attenuarsi.
Quando il nuovo partner se ne va riemerge nella paziente la depressione.
Il trattamento psicoterapeutico deve recuperare nella paziente l’aspetto progettuale.
In questa seconda fase il lavoro psicoterapeutico risulta più fluido rispetto alla fase precedente. La
recidiva ha ostacolato l’iniziale recupero già ben avviato e la paziente sostiene l’inesorabilità della sua
condizione depressiva e l’assoluta non disponibilità di tutti gli uomini ad accettare il suo stile di vita. La
paziente viene invitata a riflettere sul fatto che l’ultima relazione sentimentale è sopraggiunta forse
troppo presto, prima che si fosse verificato un reale rinnovamento dello stile di vita. Il transfer positivo,
seppur con fatica, si riassetta. Il caso evidenzia come l’autolesività sia spesso utilizzata nella depressione
come strumento d’accusa che soffoca i veri bisogni. La paziente proseguirà nel suo percorso
psicoterapeutico.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: ANORESSIA NERVOSA


SESSIONE 1 – PREMESSA
I genitori di una ragazza di sedici anni, studentessa liceale, chiedono l’intervento di uno psicoterapeuta in
favore della figlia. Alla ragazza è stata diagnosticata un’anoressia nervosa, iniziata qualche mese prima.
Nel colloquio preliminare, la personalità della madre emerge subito come dominante. Il padre appare
insicuro e si premura di ribadire con ansia ogni affermazione della moglie. Ecco il loro
racconto.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: ANORESSIA NERVOSA


SESSIONE 2 – IL CASO
Tutto comincia con una dieta dimagrante intrapresa per un sovrappeso davvero trascurabile e contro il
parere dei genitori (leggasi della madre). La perdita di peso è rapidissima, la ragazza raggiunge una
condizione-forma, interrompe la dieta, ma dopo breve tempo la riprende senza una motivazione
apparente, il che crea delle tensioni insopportabili in famiglia. La madre sostiene che, prima di questo
episodio, la figlia aveva sempre accettato di buon grado i “suoi giusti consigli”. Ora il soggetto,
sebbene reduce da un ricovero durante il quale le sono state praticate delle trasfusioni, è in condizioni
fisiche molto scadute.
Nella prima seduta, la paziente dichiara la sua spontanea disponibilità a un trattamento analitico. Parla
con una vocina flebile e mostra atteggiamenti un po’ ricercati, di tipo isterico. Sul tempo il suo vissuto
fluisce, ricco di elementi significativi.
Terzogenita, preceduta da due fratelli autonomi e distaccati, ha trascorso un’infanzia caratterizzata da un
legame intenso con la madre, suadente e direttiva, pronta a risolvere tutti i suoi problemi. Verso il padre
ha avuto sempre un orientamento polemico che ancora mantiene e che sembra avere implicazioni di
disprezzo. Nel corso della pre-adolescenza, la suggestione di una compagnia di coetanei si fa
sentire e accende competizioni preoccupate con le amiche, basate soprattutto su un confronto estetico
per lei devalorizzante. Il raggiungimento di un peso forma con la dieta la rassicura e stimola anche ad un
certo esibizionismo.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: ANORESSIA NERVOSA


SESSIONE 3 – INTERPRETAZIONE
La situazione che determina la ripresa della dieta e l’inizio della vera anoressia è da principio censurata,
ma poi affiora sul filo di un transfert armonico. Un amore adolescenziale per un giovane universitario,
seguace di una setta religiosa orientale, sembra per qualche tempo ricambiato, ma sfocia in
un’improvvisa e acuta delusione: il presunto candidato-partner rivela di avere fatto un voto di castità e di
aspirare a trasferirsi in India.
L’interpretazione analitica scaturisce limpida. La raggiunta sicurezza sui propri valori estetici aveva
indotto la paziente a conquistare un partner “semidivino”, con l’intento segreto di rovesciare
positivamente il debole modello paterno e di battere la madre nella realizzazione femminile. La
successiva frustrazione contamina di rischi potenziali la via della piena femminilità e sollecita, con la
compensazione anoressica, una garanzia autolesiva contro future, simili delusioni.
Un’osservazione del terapeuta sorprende la ragazza e pone le basi per un graduale insight: la sua
convinzione di fallimento è frutto di un equivoco, poiché il giovane asceta non aveva respinto lei, ma
tutte le donne; forse anzi, nei suoi confronti, aveva provato una tentazione affettiva, poi travolta dal
coinvolgimento mistico.
INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: ANORESSIA NERVOSA
SESSIONE 4 – RECUPERO
Il recupero è lento e contraddittorio, tanto da comportare una breve fase bulimica, accompagnata da
atteggiamenti di sfida nei confronti di ogni figura maschile. La bulimia transitoria, dunque, ha sapore di
protesta virile. L’inizio dell’università in una facoltà scientifica e una cauta amicizia amorosa con un
giovane medico segnano, dopo ben tre anni, una crescita psicologica con prospettive di stabilizzazione.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: PSICOSI REATTIVA


SESSIONE 1 – PREMESSA
L., una giovane di ventisette anni, entra in terapia per una forma delirante persecutoria esplosa due mesi
prima e ora strutturata con una certa sistematizzazione, punteggiata però da numerose incoerenze
interne. La paziente teme di essere spiata, cerca dovunque microfoni nascosti, a volte elabora anche
idee di “furto del pensiero”. Il soggetto offre un’anamnesi psicopatologica famigliare e personale
negativa.
La diagnosi di psicosi reattiva si propone sul trattamento e si conferma sulla scia del decorso. La risposta
al trattamento è sorprendentemente rapida e lascia affiorare a gradi un’autocritica sulle idee deliranti, il
cui fondamento, dopo appena un mese, è dichiarato inconsistente. Prende corpo, con progressiva
lucidità, il vissuto della giovane e un poco più tardi il significato dello stress scatenante.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: PSICOSI REATTIVA


SESSIONE 2 – IL CASO
Tutti i componenti la famiglia di L. (i genitori e un fratello maggiore di tre anni) hanno un carattere più
che riservato e non coltivano amicizie. Dal punto di vista estetico la paziente, che tende all’obesità, non è
gradevole, ma si distingue dai famigliari per una costante e un po’ ansiosa iniziativa nei rapporti umani. I
suoi tentativi sono accolti con condiscendenza e con una simpatia alquanto distaccata.
Nessun uomo si è mai interessato a lei fino a pochi mesi prima della comparsa dei sintomi.
L’episodio che genera il quadro sviluppa e spezza subito crudamente un’illusione, Un collega di lavoro
mostra nei suoi confronti attenzioni amichevoli che inducono un equivoco. Quando si accorge dei
sentimenti di L., il giovane prende bruscamente le distanze con una frase raggelante: “Fisicamente non
sopporto le donne grasse, è più forte di me!”. Dopo pochi giorni compaiono le prime manifestazioni del
delirio.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: PSICOSI REATTIVA SESSIONE 3 –


INTERPRETAZIONE
L’interpretazione analitica scaturisce sorretta anche da altri elementi che qui è impossibile sintetizzare.
La paziente vive come un dramma la chiusura della prima prospettiva amorosa della sua vita e accentua
reattivamente il suo complesso d’inferiorità. Sul piano generale l’accaduto è certo frustrante, ma non
giustifica una sindrome d’abbandono per un rapporto neppure iniziato. Il vissuto particolare di L.,
però, ipertrofizza soggettivamente il trauma e scatena la reazione.

INDIVIDUAZIONE DI MODELLI DI INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO: PSICOSI REATTIVA


SESSIONE 4 – RECUPERO
La finalità inconscia del delirio persecutorio si delinea sempre più chiaramente, come artificio per
frenare, con un rischio enfatizzato di altra natura, l’inconscia ricerca affettiva della paziente. L’essere
oggetto di persecuzione inoltre, in un’ottica fantasmatica, le attribuisce un ruolo fittizio e un’autostima
altrettanto artificiosa.
Il caso si è risolto in quattro mesi. La paziente, con l’aiuto del terapeuta e lungo il filo affettivo di un
transfert non morbosizzato, ha messo a punto nuove compensazioni, la cui analisi esorbita dal nostro
tema. Sino ad oggi, dopo tre anni dall’episodio psicotico, non si è manifestata alcuna recidiva. La diagnosi
è dunque ribadita dal decorso.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 1 – IL CAMBIAMENTO – PARTE A
In psicologia clinica, alla base di ogni tipo d’ intervento, sia che si tratti di counselling o di psicoterapia,
ritroviamo sempre la ricerca di strategie capaci di favorire la modifica di condotte inappaganti. In questa
ottica è necessario favorire un cambiamento.
Il cambiamento si attua favorendo nel soggetto la capacità di avere fiducia in sè stesso. Ciò si consegue
facendogli prendere coscienza che la condotta seguita in precedenza era stata improduttiva, in quanto
non gli aveva permesso di decidere in piena autonomia e non gli aveva consentito di intrecciare fluidi
rapporti interpersonali.
Per realizzare un cambiamento è necessario, per prima cosa, liberare la mente da schemi preconcetti,
così da potere osservare i problemi utilizzando una chiave di lettura in grado di superare il classico
binomio causa-effetto orientando l’attenzione verso una direzione finalistica, cioè verso nuove
possibilità.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 2 – IL CAMBIAMENTO – PARTE B
Nello studiare le strategie per il cambiamento, il terapeuta o il counsellor dovranno esimersi dal fornire
consigli e dal suggerire comportamenti. Sarà invece loro compito allargare il campo, al fine di permettere
al paziente di effettuare nuove scelte, utilizzando un nuovo modo di considerare la realtà circostante.
Kurt Adler, figlio di Alfred Adler, propone ad un paziente che continuava a lamentarsi della propria
situazione (“La Psicologia Individuale di Adler”, a opera di Kurt Adler nel volume curato da B.L. Wolman:
Manuale delle tecniche psicoanalitiche e psicoterapiche) la seguente domanda:
“Questo disturbo che la tormenta tanto non verrà mica dal cielo?”
Il paziente risponde: “No, certo”
Prosegue Kurt Adler: “Allora forse qualcuno gleilo ha trasmesso”
Il paziente: “Non è possibile”
Kurt Adler risponde: “In questo caso, deve essere stato lei stesso a procurarselo!”
Ancora una volta il paziente dice: “Non è proprio così”
Conclude Kurt Adler: “Se è stato lei stesso a procurarsi un guaio che la fa tanto soffrire,
deve aver avuto una bella ragione per farlo!”
Questo tipo di dialogo, secondo Kurt Adler, è utile per far riflettere il paziente su una nuova possibilità di
considerare il proprio problema.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 3 – IL CAMBIAMENTO – PARTE C
Il terapeuta dovrà orientare la persona verso il lato utile della vita e dovrà supportarla nel’individuare la
sua personale modalità di cambiamento soprattutto facendo leva sull’incoraggiamento.
Don Dinkmeyer e Rudolf Dreikurs (nel loro libro “Il processo di incoraggiamento”, GiuntiBarbera, Firenze,
1974) definiscono l’incoraggiamento come “uno degli aspetti più importanti di ogni sforzo correttivo”.
Per comprendere l’incoraggiamento dobbiamo partire dalla definizione di scoraggiamento.
Lo scoraggiamento può essere definito come mancanza o perdita del coraggio che, oltre ad essere il
contrario della paura, è anche una modalità di sentire e di operare in contrapposizione ai pericoli e alle
loro conseguenze.
Pier Luigi Pagani (Il linguaggio dell’incoraggiamento -1997-, Istituto Alfred Adler di Milano) asserisce che
se dovessimo inserire il concetto di coraggio in una scala di valori otterremmo, dal basso verso l’alto la
seguente successione:
TEMERARIETA’
|
CORAGGIO
|
PRUDENZA
|
PAURA

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 4 – IL CAMBIAMENTO – PARTE D
Per Pier Luigi Pagani “tanto la persona coraggiosa che temeraria hanno alla base della loro azione il
rischio, ma se la prima valuta con criterio e buon senso gli effetti del suo atto, altrettanto non fa la
seconda che agisce senza quella necessaria prudenza, che caratterizza appunto chi possiede coraggio.
Possiamo dire che lo scoraggiamento è una persistente condizione di malessere, un guasto, una malattia
cronica della vita di relazione che, lasciata a se, non ha possibilità alcuna di guarigione”.
Prosegue Pier Luigi Pagani: “Qualche tempo fa ho affrontato il tema del disagio e ho definito questa
condizione psicologica negativa come uno stato metafisico caratterizzato da un turbamento subliminale
della serenità dell’animo (e tal ora anche del benessere fisico), capace di indurre ansia e scoraggiamento.
Ho voluto, soprattutto, differenziare il disagio dalla frustrazione, intendendo per frustrazione una
situazione di origine esogena a insorgenza acuta, immodificabile, non superabile e tale da vanificare
l’appagamento di un desiderio o il perseguimento di una meta.
Il disagio, almeno nella mia concezione è invece una frustrazione ad andamento cronico, di natura
endogena passiva e, per questo, capace di incrementare il sentimento di inferiorità.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 1 – IL CAMBIAMENTO – PARTE E
Riteniamo che alla pari del disagio, anche lo scoraggiamento sia una malattia subdola che paralizza ogni
tipo di progettualità. Il coraggio tende a riattivare la fiducia in sè stessi e la capacità di affrontare sia le
situazione contingenti, sia le imprevedibili, facendo si che l’individuo non si senta sconfitto neppure in
caso di insuccesso nella realizzazione di un progetto.
Secondo la teorica individual-psicologica, in quest’ottica, lo scoraggiamento diviene sintomo di un
complesso di inferiorità conseguente ad un rafforzamento del naturale sentimento di inferiorità che
accompagna l’uomo sin dalla nascita.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 2 – IL CAMBIAMENTO – PARTE F
Riportiamo il caso di Massimo (PAGANI P.L., Il disagio e la frustrazione” in La costellazione familiare, Atti
del 5° Congresso Naz. Della SIPI, Stresa 8-9 maggio 1992, a cura di Mascetti A. e Zighetti M., Stampa,
Brunello (VA), 1995). Come riporta Pier Luigi Pagani: “Si tratta di Massimo, un giovane venticinquenne,
studente fuoricorso della facoltà di giurisprudenza, che giunge alla psicoterapia, lamentando una grave
difficoltà di applicarsi nello studio, il timore degli esami che, alla fine, non riesce ad affrontare e, infine,
l’incapacità di intessere valide amicizie. Di media statura, piuttosto magro, il soggetto si presenta vestito
in modo elegante, reggendo in mano una valigetta ventiquattro ore, la quale mostra poi contenere solo
qualche affetto personale. Massimo racconta di vivere con i genitori e il fratello minore in una città del
Nord e di svolgere, oltre all’attività di studente, anche quella di aiutante presso lo studio di un anziano
avvocato, del quale vorrebbe un giorno prendere il posto…
…Descrive la madre come la persona di maggiore influenza, possessiva e scoraggiante, e il padre senza
mentalità pratica, privo di ruolo, preoccupato solo di soddisfare i suoi hobby: la caccia e la pesca. Inoltre,
dimostra di provare un forte senso di inferiorità nei confronti del fratello minore”.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 3 – IL CAMBIAMENTO – PARTE C
Il terapeuta dovrà orientare la persona verso il lato utile della vita e dovrà supportarla nel’individuare la
sua personale modalità di cambiamento soprattutto facendo leva sull’incoraggiamento.
Don Dinkmeyer e Rudolf Dreikurs (nel loro libro “Il processo di incoraggiamento”, GiuntiBarbera, Firenze,
1974) definiscono l’incoraggiamento come “uno degli aspetti più importanti di ogni sforzo correttivo”.
Per comprendere l’incoraggiamento dobbiamo partire dalla definizione di scoraggiamento.
Lo scoraggiamento può essere definito come mancanza o perdita del coraggio che, oltre ad essere il
contrario della paura, è anche una modalità di sentire e di operare in contrapposizione ai pericoli e alle
loro conseguenze.
Pier Luigi Pagani (Il linguaggio dell’incoraggiamento -1997-, Istituto Alfred Adler di Milano) asserisce che
se dovessimo inserire il concetto di coraggio in una scala di valori otterremmo, dal basso verso l’alto la
seguente successione:
TEMERARIETA’
|
CORAGGIO
|
PRUDENZA
|
PAURA

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 4 – IL CAMBIAMENTO – PARTE H
Afferma Adler: “Ma supponiamo che un individuo sia scoraggiato e che non riesca a pensare che se fa
degli sforzi realistici riuscirà a migliorare la situazione. Egli sarà ugualmente incapace di sopportare i suoi
sentimenti di inferiorità, lotterà ancora per liberarsene, ma ricorrerà a metodi che non lo faranno
progredire. La meta che si prefigge è ancora quella di “riuscire a vincere le difficoltà” ma invece di
superare gli ostacoli cercherà di inebriarsi per sentirsi superiore. Se noi guardassimo i suoi movimenti
senza spirito di comprensione, penseremmo che essi sono privi di scopo e ci darebbero l’impressione di
non essere rivolti a migliorare la situazione. Appena ci rendiamo conto però che egli è spinto a lottare per
adeguarsi, ma che ha ormai perduto la speranza di mutare una situazione oggettiva, tutti i suoi
movimenti cominciano ad apparirci coerenti”.
(ADLER, A. -1931-m What life should mean to you, tr. It. Cosa la vita dovrebbe significare per voi, Newton
Compton, Roma, 1994).

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 1 – IL CAMBIAMENTO – PARTE I
Don Dinkmeyer e Rudolf Dreikurs (Il processo d’incoraggiamento, Giunti-Barbera, Firenze 1974)
affermano: “Lo scoraggiato è preparatissimo a scoraggiare gli sforzi di coloro che
tentano di infondergli coraggio e di correggere la sua distorta immagine di sé perché è assai capace di
convincerli delle loro inadeguatezze”.
Essi avvertono: “Una cosa è importante ricordare: nonostante tutti i nostri sforzi e le nostre più oneste
intenzioni , noi non diventeremo mai ne tanto esperti ne così capaci da superare tutti gli ostacoli che lo
scoraggiato frapporrà sulla nostra strada, ma se abbiamo il coraggio di riconoscerci imperfetti, allora
certamente miglioreremo; anche senza raggiungere mai la perfezione, potremo diventare tuttavia più
abili, più costruttivi, più incoraggianti”.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 2 – IL CAMBIAMENTO – PARTE L
Molti ritengono che “incoraggiare equivalga ad esprimere compiacimento. C’è differenza tra i due
atteggiamento. L’incoraggiamento consiste nel far sentire all’individuo che “vale la pena” di tentare e nel
fornirgli “sicurezza”.
Come afferma Mezzena (Comunicazione verbale al 6° Convegno Nazionale della SIPI, Napoli, 20 aprile
1996): “Il bambino ha bisogno d’incoraggiamento, come una pianta necessita di sole e di acqua. L’essenza
dell’incoraggiamento è quella di accrescere la fiducia del bambino in se stesso e di suggerirgli che egli
vale per quello che è e non semplicemente per quello che potrebbe essere. Solo quando genitori e
insegnanti lo incoraggiano il bambino manifesta la sua forza interiore. L’incoraggiamento produce
coraggio. Il coraggio invincibile è quello di saper essere imperfetti”.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 3 – IL CAMBIAMENTO – PARTE M
Afferma Pagani: “Se appare il disagio, lo stile di vita (che compendia poi in sé il più completo significato di
personalità) rimane alterato: il livello dell’autostima si abbassa al punto di annullarsi completamente,
crolla il rispetto per se stessi e si diventa timidi, paurosi, estremamente vulnerabili.
E’ indispensabile, quindi, essere in grado di individuare lo scoraggiamento al suo primo manifestarsi e
possedere le tecniche adatte a reinfondere il coraggio sufficiente per affrontare la vita.

PROGETTO TERAPEUTICO: CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO DELL’INCORAGGIAMENTO IN


PSICOTERAPIA SESSIONE 4 – IL CAMBIAMENTO – PARTE N
Dreikurs e Cassel (Disciplina senza lacrime, Ferro, Milano, 1976) suggeriscono venti punti, alcuni dei quali
utili al fine di alimentare la spinta vitale dell0jncoraggiamento. Ne selezioniamo alcuni dei più
significativi.
a) Aspirare ad ottenere un miglioramento, anche minimo, non ricercare la perfezione
b) Apprezzare di più l’impegno, che i risultati conseguiti
c) Dimostrare fiducia
d) Non considerare mai gli errori come se fossero degli insuccessi
e) Stimolare il soggetto, ma non spingerlo oltre le sue reali capacità
f) La lode non ha lo stesso valore dell’incoraggiamento
g) Aiutare l’individuo ad accettare di non essere perfetto
h) Ricordare che lo scoraggiamento è contagioso
i) Vincere il pessimismo e tendere ad un approccio ottimistico della vita perché l’ottimismo non
incoraggia solamente noi ma tutti coloro che ci sono vicini.

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