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Yalom
INTRODUZIONE
Yalom attraverso questo libro vuole offrire una guida e fornire ispirazione alla futura generazione di
psicoterapeuti. Desidera mettere in guardia gli studenti contro il settarismo e suggerire invece un
pluralismo terapeutico, in cui l’intervento, per essere efficace, deve essere il risultato di differenti
approcci terapeutici. All’interno del testo però parte da una cornice di riferimento interpersonale ed
esistenziale, facendo sì che le ragioni dei suoi consigli derivino dall’una o l’altra delle due
prospettive.
Yalom afferma che:
quando opera all’interno di una cornice di riferimento interpersonale, parte dal presupposto
che i suoi pazienti precipitino nella disperazione per l’incapacità di sviluppare e sostenere
rapporti interpersonali gratificanti;
quando opera all’interno della cornice di riferimento esistenziale parte dal presupposto che i
pazienti cadano nella disperazione dopo essersi confrontati con gli aspetti crudeli della
condizione umana, i “dati di fatto” dell’esistenza.
Dato che la maggior parte del suo lavoro deriva da una cornice esistenziale, chiarisce meglio la
definizione di questa branca della psicoterapia e gli aspetti ad essa connessi.
Definizione → la Psicoterapia esistenziale è un approccio terapeutico dinamico che si concentra
sulle problematiche radicate nell’esistenza stessa. L’aggettivo “dinamico” indica la presenza di
forze in conflitto all’interno di un individuo che generano il pensiero, le emozioni e il
comportamento dello stesso. Come le varie terapie psicoanalitiche, essa presuppone:
- la presenza di forze inconsce che influenzano il comportamento cosciente
- l’idea che il conflitto interiore dipenda anche dal confronto con i “dati di fatto”
dell’esistenza.
Infatti, se mettiamo da parte le preoccupazioni della vita quotidiana e riflettiamo profondamente
sulla nostra condizione nel mondo, arriviamo alle strutture profonde dell’esistenza, ossia alle
“questioni ultime”, che sono fondamentalmente 4:
la morte
la solitudine
il significato della vita
la libertà
Contenuto e Processo → per quanto riguarda il contenuto (ossia le parole effettivamente
pronunciate e le questioni affrontate) secondo Y. un terapeuta efficace non dovrebbe mai forzare la
discussione verso un’area precisa di contenuto, la terapia non dovrebbe essere guidata dalla teoria
ma dalla relazione. In merito al processo invece (ossia la relazione personale tra paziente e
terapeuta) Y. ritiene che un incremento della sensibilità per i problemi esistenziali possa influenzare
la natura della relazione stessa e influire su ogni singola seduta.
Nel “dono della terapia” Yalom riassume 85 suggerimenti per il lavoro degli psicoterapeuti futuri,
sintesi di anni di pratica clinica, integrando idee e tecniche ritenute utili da lui stesso nel lavoro
terapeutico. Attraverso questo libro Y. sembra riuscire a chiarire la sua posizione; anche se utilizza
il termine “paziente” (colui che soffre, che sopporta) vuole incoraggiare un rapporto terapeutico
basato sull’impegno, l’apertura e l’egualitarismo.
Divide inoltre i suoi suggerimenti in categorie o sezioni, in modo da renderli più comprensibili:
1. PRIMA SEZIONE (1-40): affronta la natura del rapporto terapeuta-paziente, enfatizzando il
qui ed ora e la rivelazione di sé del terapeuta.
2. SECONDA SEZIONE (41-51): suggerisce metodi per esplorare le preoccupazioni riguardo
la morte, il significato della vita e della libertà.
3. TERZA SEZIONE (52-76): affronta le questioni che si presentano nello svolgimento
quotidiano della terapia.
4. QUARTA SEZIONE (77-83): riguarda l’uso dei sogni durante la terapia.
5. QUINTA SEZIONE (84-85): esamina i rischi e i privilegi del ruolo di terapeuta.
SUGGERIMENTI
1. Rimuovete gli ostacoli alla crescita
Y. riprende i concetti della Horney (appartenente al movimento “neofreudiano” che tiene conto
della vasta influenza dell’ambiente interpersonale che avvolge il singolo e dà forma alla struttura
del carattere) all’interno del suo libro “Nevrosi e sviluppo della personalità”, secondo cui l’essere
umano possiede una propensione innata alla realizzazione di sé stesso; rimuovendo gli ostacoli,
l’individuo può svilupparsi e diventare un adulto pienamente realizzato. Il compito del terapeuta è
quindi quello di identificare e rimuovere gli ostacoli che possono bloccare la strada ai pazienti,
lasciando che il resto avvenga automaticamente, attraverso quelle forze di autorealizzazione insite
nel paziente stesso.
2. Evitate le diagnosi
Sebbene una diagnosi sia fondamentale per la riflessione sul trattamento di molte situazioni gravi
con un sostrato biologico, la diagnosi è spesso controproducente nella psicoterapia quotidiana di
pazienti meno gravi, in quanto limita la capacità di mettersi in relazione con l’altro come persona.
Potrebbe accadere infatti che una volta stabilita la diagnosi, il terapeuta presti meno attenzione agli
aspetti del paziente che non rientrano in essa. Un altro aspetto da considerare è il fatto che la
diagnosi può agire come una “profezia che si autorealizza”; bisogna quindi mantenere una certa
obbiettività nel progetto terapeutico non prendendo troppo sul serio il sistema diagnostico del DSM,
evitando di minacciare la natura spontanea e creativa dell’avventura terapeutica.
4. Coinvolgete il paziente
L’atto di rivelarsi pienamente a un altro ed essere accettati può essere lo strumento più efficace
dell’aiuto terapeutico. Yalom afferma che nulla ha più importanza della cura e del proseguimento
del rapporto con il paziente, infatti ritiene che il terapeuta debba prestare attenzione a ogni piccola
sfumatura sulla loro considerazione reciproca e controllare lo stato del rapporto attraverso domande
quali “Come stiamo andando oggi io e lei?” oppure “Come sente lo spazio tra noi oggi?”.
5. Siate un sostegno
Quando i pazienti, anni dopo, ripensano all’esperienza terapeutica, non ricordano le interpretazioni
del terapeuta ma piuttosto ricordano le sue espressioni di sostegno positive. Secondo Y. è infatti
importante non essere avari ma esprimere regolarmente pensieri e sentimenti positivi verso i
pazienti, in quanto l’accettazione e il sostegno da parte di una persona che ci conosce intimamente
(come il terapeuta conosce il paziente) è un grande supporto. Bisogna però fare attenzione a rendere
sempre il sostegno incisivo, attraverso feedback e interpretazioni.
7. Insegnate l’empatia
Considerando che molti pazienti giungono in terapia perché non riescono a mantenere rapporti
interpersonali gratificanti o non riescono ad immedesimarsi nei sentimenti e nelle esperienze altrui,
è importante considerare l’empatia accurata non solo come caratteristica essenziale del terapeuta,
ma anche del paziente, aiutandolo a svilupparla.
Y. ritiene che dobbiamo aiutare i pazienti a sperimentare l’empatia con noi (i terapeuti), per poi far
sì che essi automaticamente lo faranno nei confronti di altre figure importanti della loro vita.
45. La libertà
Apparentemente la libertà sembra contenere solo connotazioni positive, ma in realtà essa ha anche
un lato oscuro. Vista dalla prospettiva della creazione di sé, delle scelte, della volontà e dell’azione,
la libertà è permeata di ansia. Infatti, attraverso il susseguirsi delle nostre scelte, delle azioni e dei
fallimenti nell’azione, diamo forma a noi stessi e siamo responsabili di noi stessi; non è quindi
possibile evitare questa responsabilità, questa libertà. Come dice Sartre, “siamo condannati alla
libertà”, non possiamo evitarla.
L’iniziale risposta positiva delle EVT ha quindi condotto a un quadro distorto della sua efficacia in
quanto la percentuale di pazienti che mantiene un miglioramento è bassa.
Neuroscienze: abbracciatele
Spesso i terapeuti dibattono sul seguente enigma: “La malattia mentale è prefigurata nei
geni o è il risultato di fattori socio-psicologici?”. Le neuroscienze contemporanee
sembrano rispondere a questa domanda affermando che i geni, da soli, forniscono solo una
parte della causa dello sviluppo della malattia mentale. Ciò è anche supportato dagli studi
sull’ “epigenetica” che indicano la presenza di alcuni fattori che alterano l’attività di un
gene, senza modificare la struttura biochimica del gene stesso. Quindi, non è solo la
struttura molecolare del gene ad essere importante, ma anche i fattori che influenzano la
sua espressione (es. l’ambiente biochimico).
L’ambiente altera la nostra biochimica, che a sua volta controlla l’accensione e lo
spegnimento dell’attività dei geni. La velocità con cui si esprimono i geni, al tempo stesso,
è influenzata da eventi ambientali che si verificano durante lo sviluppo, come le pratiche
educative, i traumi psicologici, i fattori cronici di stress.
Empatia
La ricerca neuroscientifica ha dimostrato che molti pazienti affetti da schizofrenia
mostrano un “deficit del filtro sensoriale”, ossia non hanno la capacità di escludere o
attenuare gli stimoli meno rilevanti (es. il rumore del traffico). In questo modo, si è
riscontrato che la ricerca sul cervello può aumentare l’empatia, consentendo ai terapeuti di
entrare in empatia con il mondo interiore di questi pazienti.
Effetti simili di entrata in empatia con il paziente avendo provato in modo simulato la sua
diagnosi, viene trasmesso dalle opere d’arte; per esempio, Dalì immaginò come una
persona paranoica percepisse un uomo e dipingesse un ritratto con enormi orecchie, occhi
e mani. I terapeuti possono sviluppare empatia quando si rendono conto che al cervello dei
loro pazienti mancano reti neuronali che permettono di elaborare dati sulle emozioni
sociali, come le espressioni facciali. Pazienti affetti da Asperger, possono dover mettere in
azione reti neuronali alternative, imparando con fatica le espressioni facciali e a cosa
corrispondono.
La vita non vissuta e il terrore della morte: lavorando con i pazienti che vivono un intenso
terrore della morte, Yalom ha compreso che esiste una correlazione tra il livello
dell’angoscia della morte e la propria autorealizzazione; più si percepisce la propria vita
come non vissuta, maggiore è la paura della morte. Quindi, il lavoro per ridurre il terrore
della morte, può spesso comportare un aiuto al paziente affinché realizzi sé stesso.
Reazione a catena o effetto domino: si può paragonare la reazione a catena a una sorta di
increspatura, caratterizzata dalla creazione di cerchi concentrici di influenza che possono
incidere sugli altri per anni. I terapeuti, aiutando i pazienti, innescano un effetto domino in
cui la crescita e il cambiamento iniziano a estendersi anche all’esterno.