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Teorie e tecniche della dinamica di gruppo

Gruppo analisi e psicodramma


nel 900 vengono sviluppati varie tipologie di gruppi e diversi modelli di gruppo.
Parlando di gruppi sviluppati nel 900 parliamo di:
1. Joseph Pratt: medico internista che lavorava a Boston e con pazienti tubercolotici
utilizza il metodo dell’aula nel 1904;
2. Trigant Burrow psicologo analista che per primo utilizza il termine “analisi di gruppo”,
lavora negli stati uniti e ha il suo modello
3. Jacob Moreno fondatore dello psicodramma che conduce i primi gruppi con i bambini
nel 1910 e fonda nel 1921 lo psicodramma.

Nel periodo della grande depressione questi grandi pionieri lavoravano sul territorio
americano.

Il metodo dell’aula o “The Class Method”


(inizia nel 1904 ed è il primo setting gruppale con finalità cliniche) I partecipanti non sono
seduti in cerchio come avviene di solito nei gruppi, i pazienti sono seduti in file (come in
un'aula universitaria) con di fronte il referente.
Pratt fa delle riunione (che sono una sorta di trattamento morale per i pazienti) in cui
vengono discussi, insieme a questi pazienti tubercolotici, gli aspetti medici e psicologici della
malattia, la tubercolosi nel primo 900 portava le persone ad essere ricoverati in sanatori (per
curare ad esempio i polmoni) lontano dalle città, abbandonando famiglia e lavoro e c’erano
insorgenze di tipo psicologico.
Secondo pratt questi incontri avevano quindi degli esiti positivi sul morale dei pazienti, in
seguito viene esteso il metodo dell’aula in cui parla solo il conduttore coi pazienti psichiatrici
e fu il primo passo nell’esperienza di psicoterapia di gruppo.
Marsh utilizzò questo metodo in comunità terapeutiche, mentre Lazell utilizzò la conferenza
come strumento terapeutico per schizofrenici.
Il gruppo viene considerato un facilitatore socio emotivo del programma terapeutico, non è
però lo strumento principale, questo perché c’è solo il conduttore che parla e non si
capitalizza il pensiero del gruppo, le comunicazioni tra i partecipanti del gruppo.

I gruppi psicoanalitici
Burrow ha intuizione all'opera pionieristica del gruppo e mette i partecipanti in cerchio.
Sostiene che i nevrotici, sviluppino tale disturbo a causa nelle relazioni con gli altri e
soprattutto hanno origine con la famiglia originaria, per cui il gruppo per lui che é uno
psicoanalista della società freudiana (presidente della società psicoanalitica freudiana)
Lui era il presidente della società freudiano e sostiene che il gruppo sia il luogo migliore in
cui osservare le problematicità delle relazioni che danno origine a questi conflitti nevrotici e
concepisce il gruppo come uno strumento non secondario e per queste intuizioni viene
espulso dalla società analitica freudiana, perchè a quel tempo gli psicoanalisti erano
ortodossi e sentivano il bisogno di continuare la teoria freudiana senza applicarla ai gruppi,
solo molti anni dopo la società psicoanalitica accetterà l’analisi dei gruppi.
Burrow ritiene che vi sia tra le persona la tendenza di essere attratto dall’altro e sono forze
che portano a comunicare e sviluppare affettività nei confronti dell’altro, tuttavia vi è una
forza opposta che porta ad evitare la comunicazione con l’altro e questa è causata da
convenzioni e norme sociali, da insegnamenti culturali (per esempio sentenze che vengono
comunicate ai figli come “non parlare e non frequentare gli sconosciuti” e questo porta il
soggetto ad un conflitto interno tra il desiderio di approcciarsi agli altri e la paura), Burrow
cerca di far rivivere nei gruppi ciò che è successo all’individuo nella famiglia, all'interno del
gruppo.

I modelli analitici creati:


- “Analisi in gruppo”: si pone in rapporto di continuità teorica con la psicoanalisi
freudiana, questi analisti continuano ad usare la psicoanalisi per ogni singolo nel
gruppo, questo modello si sviluppa soprattutto negli anni 30’ quando gli psicoanalisti
avevano molti più pazienti.
Questi psicoanalisti accettano i principi e la tecnica negando però la specificità del
gruppo considerandolo un luogo altro dove praticare la psicoanalisi di singoli.
Schilder e Wender avviano questi gruppi negli Stati Uniti, sono gruppi a finalità
terapeutica condotti con il metodo della conferenza (il metodo dell’aula), ma Slavson
riteneva che in gruppo si poteva portare avanti una terapia basata sull'intervista
analitica che portava ad una maggiore visibilità degli atteggiamenti transferali dei
pazienti grazie alla presenza dei “transfer multilaterali” e al fatto che il gruppo era per
ciascun paziente una riproduzione del nucleo familiare.
Stando in gruppo il paziente vive gli altri come una persona di famiglia e riprodurre le
problematiche sugli altri individui del gruppo.
Wolf e Schwartz nel 1962 pubblicano il trattato “psychoanalysis in group” (la
psicoanalisi dei gruppi). Wolf introdusse nel trattamento la “seduta alternata” in cui i
pazienti si trovavano in una seduta settimanale gestita dai pazienti senza analisti per
tutta la durata del setting, ma questo porterà parecchi problemi, perché il gruppo è un
processo costante di sicurezza, nell’assenza di conduttore si verificano momenti di
rabbia, confusione, instabilità, questo processo verrà portato all’interno del gruppo
per svariate settimane, quindi i due studiosi abbandonano questo progetto.
Wolf postula il concetto dell’io collettivo, con il quale ciascun membro finisce per
identificarsi e dal quale riceve appoggio, stando in gruppo questo è un contenitore
dell’ansia dei partecipanti e si verifica una diminuzione dell'ansia.
Le caratteristiche che definiscono il trattamento gruppale sono:
1. L’individuo può constatare in relazione alle esperienze degli altri di non
essere il solo ad avere problemi: rinviene il ridimensionamento della
sofferenza;
2. L’individuo riscopre se stesso e doti nascoste: si verifica un aumento
dell’autostima;
3. L’individuo può rivivere le proprie relazioni familiari e i propri conflitti nascosti
realizzandoli nel gruppo;
4. L’individuo sperimenta trasfer laterali, ossia quelli che si realizzano verso gli
altri componenti del gruppo;
5. L’individuo può raggiungere la coscienza dei propri comportamenti e dei
propri atteggiamenti e di come questi influenzano gli altri individui.

- “Analisi di gruppo”: fondata da Bion dall'esperienza nell’ospedale psichiatrico militare


inglese di Northfield, l’analisi di gruppo riconosce una specifica dimensione psichica
del gruppo, ma lo riconosce come oggetto dell’analisi.
L'atteggiamento del terapeuta resta psicoanalitico e il gruppo è trattato come come
se fosse un individuo.
Bion è un analista formato a Londra in cui ha sempre lavorato ed è un modello che si
sviluppa tra gli anni 42/43 in cui mette insieme i reduci della seconda guerra
mondiale, e questo metodo è già un superamento dell’analisi individuale di gruppo.
Bion è un ufficiale medico e ha l’intenzione di vedere il gruppo come una cura per il
crollo emotivo dei reduci, a quei tempi non era ancora stato diagnosticato il disturbo
post-traumatico da stress, che portano ad un senso di apatia ed immobilismo, in
questo esperimento Bion osservo che nell’ospedale vi fosse un clima di apatia e intuì
che i comportamenti collettivi prendevano una forma di problemi, per esempio,
burocratici ed amministrativi ma che avevano aspetti ben si più profondi e psicologici
e decise di unire i pazienti in un gruppo senza dare precise indicazioni, erano liberi di
comunicare ciò che volevano, e Bion osservava la comunicazione facendo un’analisi
del contenuto delle comunicazioni dei pazienti collegandolo a quello che postulava
essere nell'inconscio del gruppo.
Bion si trovava a fare un analisi della mente del gruppo e non dei singoli pazienti
individualmente.
Ad un mese dall’inizio dell'esperimento avvennero notevoli cambiamenti.
I gruppi avevano cominciato a funzionare bene e tra i componenti il rapporto era di
cordialità e di collaborazione, quindi il morale risali, il senso di apatia scomparve,
c’era la sensazione di essere tutti impegnati in un compito valido e importante e
attraverso questa maggiore collaborazione, iniziativa e responsabilità da parte di tutti,
l’ospedale divenne nel complesso più efficiente.

Bion comprese che era importante osservare tutto ciò che avveniva nel gruppo,
anche a livello dell’inconscio gruppale, questo era utile perché molto di ciò che
avviene a livello non conscio nei gruppi ha ripercussioni sullo svolgimento del
compito per il quale il gruppo è stato creato, quando manca uno scopo emerge
l’inconscio del gruppo e si trovo ad analizzare gli assunti bi base che possono essere
di dipendenza, attacco-fuga o di accoppiamento.
Bion definisce il gruppi come un insieme di persone che si trovano tutte allo stesso
grado di regressione per effetto delle rinunce che derivano dal contatto di ciascuno
con la vita effettiva del gruppo.
Il gruppo ha una sua vita affettiva di odio e amore e i singoli si ritrovano ad avere
delle reazioni che possono portare anche ad una rinuncia di contatto (a prendere
delle distanze).
Bion non ha condotto molti gruppi, ne condusse 2 / 3 e già negli anni 50’ smise di
condurre gruppi perché sosteneva di non avere un modello in testa sufficiente per
affrontare la terapia di gruppo, questo permetterà a Fulks di dare l'ingrediente in piu
con la gruppoanalisi creando un modello esaustivo e utile rispetto al gruppo.
Gli assunti di base di Bion:
1. Assunto di dipendenza: il gruppo si riunisce allo scopo di essere sostenuto da
un capo che gli dia protezione, nutrimento spirituale e materiale (per esempio
il gruppo che si ritrova in Piazza San Pietro in attesa del discorso del Papa);
2. Assunto di accoppiamento: riguarda lo scopo per il quale si è formato il
gruppo che si comporta come se attendesse l’arrivo di un lieto evento, di un
messia, di una speranza che cambierà le sorti del gruppo stesso, in questo
gruppo i sentimenti sono all’estremo opposto dei sentimenti di odio,
distruttività e disperazione.
Sono sentimenti di speranza, che per essere conservati devono prevedere
una situazione ove il capo del gruppo non sia nato; è infatti una persona o
un’idea che salverà il gruppo, ma perché ciò avvenga la speranza messianica
non si deve mai realizzare;
3. Assunto attacco-fuga: il gruppo si riunisce per combattere o fuggire a
qualcosa, il capo pone al gruppo richieste che possono essere percepite
come un attacco o una fuga, il capo può essere concepito come colui che
guiderà gli sforzi del gruppo, verso l’attacco contro il nemico o nella difesa da
esso.
Ogni gruppo ha una modalità nel far emergere questi assunti di base, secondo Bion
qualsiasi gruppo oscilla tra la posizione in assunto di base e quella di gruppo di
lavoro, all’interno di un gruppo di lavoro si alternano sentimenti differenti a seconda
dell’assunto di base prevalente in quel gruppo, inoltre l’individuo, attraverso
l'esperienza del gruppo, vive stati mentali particolari che non si sperimentano in altri
momenti della vita.
Giustifica la scelta del termine “gruppo di lavoro” in quanto sembra esprimere più
compiutamente aspetti importanti del livello della vita mentale del gruppo o a cui
esso si riferisce: la capacità di consapevolezza e gli sforzi di cooperazione volontaria
messi in atto dai membri al fine di portare a termine i compiti programmati.
Le caratteristiche del gruppo bioniano:
1. L’analista considera il gruppo nella sua totalità e presta scarsa o nessuna
attenzione agli individui;
2. Si tratta di un gruppo di apprendimento per esperienza, non un gruppo
terapeutico ma un gruppo che fa riferimento all’utilizzazione e alla
trasformazione dei vissuti emotivi;
3. Il gruppo bioniano provoca una regressione eccessiva nei membri con
conseguente attivazione di parti psicotiche della mente;
4. Nel gruppo non è prevista una fase per reintegrare le parti scisse.
Per questi ultimi due punti il gruppo bioniano non viene usato per persone
gravemente malate ma per scopi esperienziali.

I teorici del conflitto focale di gruppo:


Whitaker e Lieberman elaborano un modello secondo il quale il gruppo è considerato
come totalità che agisce sugli individui e sui loro conflitti inconsci, infatti il conflitto
focale è un conflitto inconscio e condiviso dai componenti che si determina
lentamente nel gruppo.
Il conflitto viene determinato a partire dalla contrapposizione di un motivo
disturbante- il desiderio- e un motivo reattivo -la paura- che pervadono il gruppo e ne
orientano le energie, il conflitto focale è quindi un unità di vita del gruppo
comprendente un periodo durante il quale una singola coppia di motivo disturbante e
di motivo reattivo domina il gruppo, l’unità di realizza a seguito di una soluzione
efficace.

- “Analisi mediante il gruppo”: l’autore di riferimento è Foulkes, esgli definisce il proprio


modello “psicoterapia gruppoanalitica”.
Foulkes considera il proprio modello come una pratica clinica congruente a una
concezione matriciale della mente e multi personale della nevrosi (effetto delle
relazioni che l’individuo ha da quando è nato ad oggi e da ciò che lo ha preceduto).
Foulkes nasce in Germania ed è un medico e si occupa inizialmente di
neurofisiologia ed è l’assistente di Goldstein che ha studiato le reti neuronali del
cervello come i neuroni sono collegati in rete e permettono lo sviluppo di processi
mentali superiori, come il pensiero critico.
I principi fondamentali del modello (“psicoterapia gruppoanalitica”) di Foulkes sono:
1. Situazione totale: comprende tutte le circostanze oggettive della realtà e le
regole, osservate nell'incontro e va considerata come lo schema di riferimento
per l’interpretazione di tutti gli eventi, ovvero in gruppo analisi le persone non
hanno un compito, come nelle analisi di gruppo di Foulkes e lui osserva e
guarda le situazioni e quelle regole implicite inconsce che i singoli hanno
all’interno del gruppo;
2. Tutte le persone coinvolte vanno riunite insieme regolarmente per una
discussione piena e franca, perché la terapia psicoanalitica mediante il
gruppo funzioni, non ci si può trovare una volta al mese ma regolarmente con
una certa continuità, quindi settimanalmente o 2, 3 volte la settimana e viene
iniziata una discussione in cui il conduttore cerca di invitare löe persone a
sviluppare associazioni libere (fondamentale nella psicoanalisi di Freud e
nella psicologia analitica di Jung legata all’esperienza di un sogno), per cui il
gruppo che si ritrova per un ora e mezza, due volte a settimana inizia a
diventare un gruppo che sviluppa associazioni libere fluttuanti.
3. Il leader deve usare la sua abilità nei migliori interessi del gruppo, cerca di
facilitare la comunicazione del gruppo e lo aiuta a crescere, anche
emotivamente.
Foulkes distingueva molto il concetto di rete e matrice:
● Rete: l’esistenza umana e quindi l’identità psichica acquistano senso di
riferimento alle reti (per esempio le reti network), tra le quali riveste
importanza la rete della famiglia di origine, poter comunicare coi parenti e
rispetto alle reti gli individui sono punti nodali legati da processi transpersonali
che attraversano, come comunicazioni inconsce gli individui che
appartengono alla rete.
I processi transpersonali (in questi processi, passano comunicazioni di cui
non siamo consapevoli) hanno sia una dimensione verticale
(transgenerazionale, una sorta di eredità culturale) sia una dimensione
orizzontale, attuale, che costituisce lo sfondo in cui hanno luogo l’interazione
tra le persone che condividono la rete;
● Il concetto di matrice: Foulkes concepisce la matrice come una struttura
matriciale e identifica tre matrici principali (che possono passare nel gruppo,
solo se la rete è stabilizzata):
1. Matrice personale: che riguarda l’individuo a partire dal suo gruppo
familiare e istituzionale (per esempio: essere il più piccolo di 5 fratelli,
in cui gli altri ci dicono cosa dobbiamo fare ed è una matrice di identità
familiare ed è una matrice che si porta dietro sino all’età adulta), ci
sono aspetti che caratterizzano la mente e forgiano la nostra identità;
2. Matrice di base o di fondazione (quello che Jung descriveva come
“inconscio collettivo”: transpersonale e transgenerazionale (che si
inserisce come un codice scritto all'interno del nostro DNA), i cui
contenuti trascendono le esperienze personali (tutto quello che
inconsciamente abbiamo assimilato della cultura e sono uno stampino
della nostra identità).
Le persone si comportano in base allo stampo che va oltre a quella
che è lo stampino di matrice personale;
3. Matrice dinamica: per fare riferimento alla rete di comunicazione
inconscia che ha luogo nei gruppi, questa si attiva nei gruppi in seduta
in seduta.

A differenza di Bion, Foulkes fa interventi incentrati sia sul gruppo che sul singolo ma
cerca di leggere i comportamenti dei singoli come modalità di espressione di queste
matrici interne che il singolo ha (ogni matrice è una gruppalità interna).
Il gruppo terapeutico gruppoanalitico è costituito da massimo 8 persone (questo
perché per Foulkes il numero ideale di partecipanti è 7, ma questo è un numero
dispari per cui è preferibile 8, con metà uomini e metà donne, quando possibile) che
si incontrano periodicamente in presenta di un conduttore o terapeuta e che possono
produrre e analizzare i propri sintomi e i propri modi di interagire allo scopo di
raggiungere una soluzione dei conflitti (una persona arriva nel gruppo e afferma di
essere angosciata con dei sintomi e questi verranno trattati con la modalità delle
libere associazioni).
Il conduttore deve condurre solo nei momenti di necessità: il fatto di tenersi sullo
“sfondo” non deve essere confuso con passività, deve avere come obiettivo più che
l’interpretazione, l’analisi cioè costituire e mantenere la situazione analitica di gruppo.
Il vero compito del conduttore è mantenere la discussione liberamente fluttuante che
diventa l’equivalente della libera associazione con valore interpretativo (è il gruppo
con il lavoro del gruppo, che gestisce il gruppo stesso).

Ruffiot, Eiguer e Puntali hanno cercato di applicare la terapia psicoanalitica-gruppale, alle


famiglie,il loro obiettivo è di fornire un modello stabile di terapia impostato su due elementi:
1. Il setting deve essere regolare (con modalità verbali ma con il modello
gruppoanalitico);
2. L’intervento terapeutico deve privilegiare l'interpretazione e le tecniche verbali.

I gruppi possono essere suddivisi anche per grandezza:


- Ci sono i “piccoli gruppi” fino a 8-12 partecipanti (è l’alveo maggiore per i gruppi di
cura e psicoterapia);
- ci sono i “gruppi mediano” tra i 14-14 fino i 30-40 a seconda degli autori (secondo
alcuni il gruppo mediano termina a 30, secondo altri il gruppo con 38 partecipanti è
ancora ritenuto gruppo mediano);
- I “large group” o “grandi gruppi” gruppi a cui partecipanti più persona 50-60 ma
anche 100 e in grandi convegni possono esserci 500 o addirittura 600 partecipanti.
Inoltre, i gruppi possono essere:
- Chiusi: è un gruppo che inizia e termina senza persone esterne che subentrano;
- Aperti: chiunque può partecipare al gruppo, senza limiti;
- Semi aperti: è un gruppo che spesso continua nel tempo (come il gruppo in una
psicoterapia psicodrammatica o analitica continuativa) dove si susseguono negli anni
nuovi pazienti (qualcuno finisce, altri verranno inseriti) e c’è una selezione con dei
colloquio per chi si vuole inserire nel gruppo per vedere se è il caso di inserire
quell’individuo in quel gruppo o meno.
I gruppi operativi
Sono stati condotti da Pichon-Rivière e dalla scuola che a lui si richiama i gruppi operativi e
trovano applicazione dagli anni cinquanta.
La finalità del gruppo è quella di mobilitare, elaborare e rimuovere le strutture stereotipate di
pensiero che hanno origine dall’ansia che si determina in presenza di cambiamenti.
L’ansia è depressiva per l’abbandono del legame precedente e percutoria determinata dal
nuovo legame e dall’insicurezza che ne deriva.
Il gruppo operativo è centrato sul compito e ha come finalità quella di apprendere a pensare
in termini di risoluzione delle difficoltà nate e manifestate nel campo gruppale e non in quello
di ciascuno dei partecipanti.

I gruppi interattivi
Uno degli più autorevoli studiosi del gruppo interattivo è Fern Cramer-Azima, in Italia il
maggior esponente è stato Vanni.
La connotazione dei gruppi interattivi, oltre al numero limitato di componenti, è affidata alle
interazioni nel loro complesso e all’uso di tutti i canali comunicativi, tutto ciò che accade nel
gruppo (gesti, atti, parole) viene valorizzato.
L’insieme delle comunicazioni inconsapevoli risulta maggiormente visualizzabile.

Ulteriori orientamenti in psicoterapia


Tre sono gli orientamenti della terapia di gruppo matrice non psicoanalitica:
1. Lo psicodramma J. L. Moreno;
2. La terapia della Gestalt;
3. I gruppi di incontro.

● Lo psicodramma J. L. Moreno
Moreno formula la teoria e la tecnica psicodrammatica fondando a Vienna il Teatro
della spontaneità nel quale gli attori senza far uso di copioni recitavano liberamente
parti trattate dalla loro esperienza (esempio: una persona ricorda che la settimana
prima stava facendo jogging e per strada una macchina non gli ha dato la
precedenza, allora questa persona ha insultato il macchinista che si è fermato e da
questa esperienza non è scappato come solitamente si comporta ma ha preso la
decisione di affrontare l’uomo, esponendo le sue opinioni, questo tipo di conflitto
viene rappresentato all’interno del teatro).
Moreno nacque in Romania e si trasferisce a Vienna, Moreno ammira molto il teatro
e ha l’idea che la nostra vita si svolga come su un palcoscenico in cui abbiamo il
compito di essere dei creatori, Moreno creo lo psicodramma, il sociodramma e la
sociometria.
Moreno ebbe il modo di assistere ad un vero e proprio caso di risoluzione sistematica
in una ragazza che aveva recitato il ruolo di prostituta (episodio della violenza di
Barbara nei confronti di George), la casuale scoperta del valore catartico della
rappresentazione drammatica di una scena, fu alla base della costruzione della
teoria di Moreno
Moreno studiava le vite dei santi e il rapporto tra il Dio e l’Io, nei suoi lavori c’è
sempre questa aspirazione dell’assoluto, dell’ispirazione e del Dio.
Se una donna porta al gruppo il dubbio se interrompere la gravidanza o meno, si può
mettere in scena svariate situazioni, ma si può mettere in scena sopra una scala o
sull’alto la figura di Dio e che questa donna lo rappresenti e che lui püossa
esprimersi su questo problema etico.
Moreno inseriva la figura di Dio anche per affrontare problemi etici.
Prima di rappresentare con queste modalità gli psicodrammi sviluppo il teatro della
spontaneità, portava una compagnia di attori in luoghi di aggregazione e faceva
questo teatro permettendo ad ognuno di rappresentare spontaneamente dei ruoli
senza che vi fosse un testo scritto di cosa dire e fare e una esperienza di questo
teatro era il “giornale vivente” ossia mettere in scena degli avvenimenti riportati sul
giornale e rappresentarlo di fronte al pubblico, rappresentano episodi di cronaca nera
di ciò che avveniva a Vienna ne spesso erano presenti molti avvenimenti di prostitute
su cui Moreno aveva un certo occhio di riguardo (condusse nel 1910 uno dei primi
gruppi con gruppi di prostitute per renderle coscienti dello sfruttamento che vivevano
e favorire una loro solidarietà e cooperazione).
Raccontato le cronache voleva attivare una discussione sulle relazioni sociali e di ciò
che accadeva nel collettivo viennese.
Da qui prese sviluppo lo psicodramma, ossia il gioco dei ruoli in cui moreno invitava
a prendere parte ad un numero illimitato di ruoli (c’era per esempio chi non aveva
mai vissuto una relazione amorosa e che quindi non sanno fare il ruolo del
corteggiatore e gli viene chiesto di partecipare allo psicodramma con quel ruolo).
Per Moreno la sofferenza psichica è l’effetto della coartazione della creatività e della
spontaneità e la spontaneità e la creatività della tecnica psicodrammatica
costituiscono il principale fattore terapeutico, il cultime dell’azione terapeutica è
definita da Moreno “catarsi”, ossia il termine che indica la liberazione, attraverso la
messa in scena, delle costruzioni e dei condizionamenti che impediscono di vivere
relazioni autentiche.
Nel 1925 si trasferisce negli stati uniti e riceve riconoscimenti anche come ideatore di
tecniche sociometriche, molto usata nella cultura americana negli anni 30’.

Nel modello moreniano il gruppo è centrale, partecipa alla scelta del tema da
rappresentare, costituisce uno spazio psichico propizio alla libera espressività, può
interagire con il protagonista, elabora alla fine il tema trattato ed è esso stesso
destinatario dell’intervento terapeutico.
Secondo Moreno la personalità è costituita da un’articolazione e sovrapposizione di
ruoli diversi, che spesso non corrispondono alle più autentiche emozioni e preferenze
espresse dall’individuo, inoltre l’insieme dei ruoli non è sempre regolato dall’armonia,
cosicché l’individuo vive condizioni di conflittualità.
Attraverso lo psicodramma si possono ripristinare condizioni di equilibrio, all’interno
dello psicodramma non è solo la parola il veicolo della riflessione ma anche l’azione,
la quale mette in scena e drammatizza il conflitto interiore.

● La terapia della Gestalt


F. Perls è considerato il fondatore della terapia della Gestalt.
Il paziente attraverso l’aiuto del terapeuta e in un contesto di gruppo, puo
teatralizzare i suoi conflitti personali e renderli visibili.
Il paziente viene fatto accomodare su una “sedia calda” considerata luogo di
teatralizzazione di gruppo e aiutato dal terapeuta a comunicare le proprie emozioni e
quindi a promuovere una corrente di consapevolezza. Secondo Perls più che
analizzare i sentimenti occorre renderli vividi e attualizzare: ad esempio, chiedendo
al paziente di non analizzare verbalmente la vergogna ma di essere la vergogna.

● I gruppi di incontro
Figura di rilievo è quella di Rogers e la sua terapia centrata sul cliente: per lo
studioso la finalità dell’intervento psicologico è quella di creare le condizioni in cui la
persona possa esprimere le sue capacità di autorealizzazione. Questo è il concetto
su cui si basa il gruppo di incontro in cui il conduttore è detto “agevolatore”e deve
mantenere un contesto relazionale positivo di reciproca accettazione.

Kurt Lewin (baso i suoi lavori sui principi della teoria della Gestalt) ha influenzato il pensiero
dei gruppi, lui creò la “teoria di campo” in cui studio il campo gruppale.
Lewi spiega il comportamenti in relazione alla situazione in cui lo stesso si verifica, i motivi
del comportamento di una persona non si ricercano in ciò che è accaduto alla stessa ne
corsa della sua vita passata, ma si prendono in esame le interrelazioni attuali tra la persona
e l’ambiente.
Arriva da lui il concetto di “dinamica di gruppo” e da lui prendono l’avvio i T-group (i gruppi
formativi)

I gruppi nell’area formativo-esperienziale


I T-group
I T-group nascono nel 1946 quando Lewin osserva che dare informazioni (dare dei
feedback) ai partecipanti di un gruppo sul loro modo di interagire e sui loro atteggiamenti, fa
in modo che l'apprendimento sia più efficace in quando non solo cognitivo ma anche
emotivo.
Può essere definita una situazione di apprendimento in cui gli individui che vi partecipano
acquistano sensibilità ai fenomeni del gruppo, ed affinano la percezione che hanno di sé e
degli altri.
Nel momento in cui si vive l'esperienza, si riflette sull’esperienza stessa.
Secondo Lewin infatti, ogni persona ha bisogno del gruppo per definire la propria identità,
per esprimere se stessa ed i suoi molteplici aspetti.
Nei T-group i partecipanti (non più di una decina di persone disposte a cerchio) si
immergono nella situazione, e ciò che avviene nel gruppo lo vivono ed analizzano in
maniera simultanea, nel qui ed ora.
Il conduttore introduce l'esperienza e dichiara gli obiettivi, i ruoli, i tempi, e la metodologia e
lascia che dal nulla nascono le interazioni. Il conduttore si astiene dal partecipare
all’interazione ma cerca di mantenere il gruppo centrato su se stesso e sulle interazioni che
si svolgono nel “qui e ora”. Il conduttore cerca di mantenere un clima di tolleranza, non –
valutativo, di accettazione.

Lewin conia anche il termine di “action research” (ricerca/azione o ricerca/intervento), si


riferisce ad un modello di ricerca che collega la ricerca stessa al cambiamento e
miglioramente dei sintomi sociali con i quali viene in contatto.
La ricerca azione studia in che modo avviene il cambiamento ed in quale misura, quali sono
i fattori che possono ostacolarlo, quali interventi adottare nel caso in cui il cambiamento non
avvenga, quali sono gli effetti dell’intervento nel breve e lungo termine.

L’interpretazione francese
Didier Anzieu
Anzieu è il caposcuola dell’orientamento francese, rielabora in maniera critica la teoria di
Lewin, conduceva sia gruppi gruppoanalitici e psicodrammatica con una teoria kleiniana e si
trova a vedere il gruppo come un luogo di messa in comune di immagini interiori e delle
angosce dei partecipanti che vengono comunicati e messi insieme nel calderone del gruppo.
Parla dell’Io pelle (l’io ha una fragilità come la pelle) dopo le ferite di esperienze della vita,
deve sviluppare cicatrici, formare una nuova pelle e nuovi meccanismi protettivi e fa
un'analogia tra il sogno e il gruppo, ritiene che entrare nei gruppi è come entrare in un
sogno.
Si ritrova anche a dire che l’essenza del gruppo è costituita sulla base di una relazione
immaginaria definita “illusione gruppale”, l'avere a che fare con le rappresentazioni
dell’inconscio porta a viversi in un mondo immaginale, e da l'illusione che senza le quali non
è possibile pensare alla sua esistenza.
Il gruppo rappresenta la relazione immaginaria di un desiderio.
Didier Anzieu, parla di tre forme di transfer in un gruppo:
1. Transfert centrale: dal singolo partecipante al terapeuta (quello che si trasferisce
inconsapevolmente sul terapeuta) o su una coppia di terapeuta (il conduttore e
l’osservatore);
2. Transfer laterali: verso i partecipanti al gruppo, sempre inconscio verso i personaggi;
3. Transfer su tutto il gruppo.
Viene anche visto un transfert positivo che è rivolto al gruppo e un transfert negativo che è
rivolto al grande gruppo o al sociale.

René Kaes
Kaes propone una costruzione dell’apparato psichico gruppale come una costruzione
transizionale comune ai membri di un gruppo .
Questa costruzione è transizionale in quanto assicura una mediazione reciproca tra
l’universo intrapsichico e l’universo sociale.
Postula l’esistenza di due componenti dell’apparato psichico di gruppo:
- Gli organizzatori psichici (interni all’individuo): sono definiti come configurazioni
inconsce tipiche di relazioni tra oggetti, costituiscono modi inconsci di rappresentare
il gruppo, Kaes ne individua quattro:
1. L’immagine del corpo: comprende sia l’immagine del proprio corpo sia quello
della madre, a partire da essere si costituiscono dei modi di rappresentare il
gruppo;
2. La fantasmatica originaria: Kaes sostiene che i fantasmi originari hanno delle
proprietà gruppali in quanto articolano, rappresentano e mettono in scena un
insieme coerente di relazioni e processi tra gli oggetti psichici, li suddivide in:
● Fantasmi intrauterini: che fanno vivere il gruppo come ventre materno
quindi un sicuro rifugio dai pericoli;
● Fantasmi della scena primaria: questi sono interpretazioni dei rapporti
sessuali fra genitori;
● Fantasmi di seduzione: riguardano la messa in scena delle avances
sessuali che il soggetto desidera e rifiuta e che subisce passivamente;
● Fantasmi di castrazione: hanno origine dalla difesa dell’angoscia che
ha origine dalla minaccia della perdita del pene.
I fantasmi danno origine all’enigma della differenza dei sessi e quindi ragazzi
e ragazze danno luogo a scenari rappresentativi diversi.
3. I complessi familiari e le imago: costituiscono dei fattori inconsci alla base
della vita familiare, si tratta di organizzazioni dello sviluppo psichico
caratterizzati da intensi sentimenti contraddittori.
L’imago è una rappresentazione inconscia dei personaggi che orientano
elettivamente il modo in cui il soggetto percepisce gli altri;
4. L’apparato psichico soggettivo: la rappresentazione del gruppo viene
elaborata attraverso “l’oscura conoscenza” del funzionamento e delle
componenti dell’apparato psichico soggettivo.
- Gli organizzatori socio culturali (esterni all’individuo e provengono dalla società):
essi provengono dalla elaborazione sociale dell’esperienza di differenti forme di
gruppalità, l’insieme di tale elaborazione sociale definisce la cultura.

Lo psicodramma classico
Quando parliamo di psicodramma analitico, parliamo di psicodramma junghiano.
I precursori storici dello psicodramma:
Jacob Levy Moreno nacque a Bucarest il 18 maggio 1889, fu il primogenito di 6 figli in una
famiglia di ebrei sefarditi ed ebbe una cultura ebraica e cristiana.
Moreno crebbe a Vienne e fu un adolescente ribelle.

Alla fine dell'800 partecipa ad un movimento spiritualista che tende a restituire il


valore dell’agire al comportamento, alla vitalità gioiosa dell’uomo, riflette sull'azione
che puo portare continuamente a creare, lo psicodramma offre l’azione e si
comprende e si conosce, e si può riuscire a sviluppare maggiormente una
costruzione della vita tramite l’azione, per questo motivo agli psicodrammi è utile
selezionare persone di alto rischio di omicidio e suicidio (per queste persone è meglio
scegliere una psicoterapia non posicodrammatica, questo perché nello psicodramma
c’è una forte tendenza a sviluppare l’azione nello psicodramma).

Studia medicina e psichiatria con Wagner Von Jauregg ed incontra Freud a lezione nel 1912
(fece anche delle critiche dicendo che Freud non avesse sufficientemente letto ed imparato
dalla vita dei santi, questo perché, per Moreno, i santi di qualunque religione sono modelli
guida), in questi anni Moreno non aveva ancora attivato lo psicodramma ma già dal 1908
iniziò a condurre dei gruppi con bambini, nel 1914-15 con delle prostitute.
Moreno organizza gruppi con bambini nel giardino pubblico di Augarten a Vienna, perché
era interessato al modo in cui il bambino si rapporta al mondo esterno, con espressioni di
grande spontaneità e creatività (chiamati da Moreno fattori S e C), non vincolati da schemi
precostituiti.
Nell’atto concreto la spontaneità e la creatività sono intimamente fuse e il bambino impara a
conoscere attraverso il gioco.

Il primo psicodramma risale al 1921 per poi fondare nel 1922 il Teatro della spontaneità, nel
1925 emigrerà a Beacon (negli Stati Uniti) dove fonderà il teatro dello psicodramma (durante
il suo lavor negli Stati Uniti ebbe in cura un pazienbte depresso che pensava molto al
suicidio, quindi durante lo psicodramma venivano messe in atto scene in cui il protagnonista
si suicidava, una volta mise in atto il funerale (in periodi di tristezza, come faceva questo
paziente, molti si chiedono chi parteciperà al proprio funerale), Moreno chiese di esser euno
dei parenti e poi uno degli amici e di essere anche lui stesso nella bara, dopo queste
rappresentazioni il paziente non ebbe piu pensieri suicidi, la sua depressione migliorò al
punto di abbandonare l’ospedale).

Moreno a Vienna lavora all’interno di un alveo culturale che ha sviluppato una rivoluzione nel
teatro nel primo 9000 (fino all’800 il teatro era rappresentare dei testi scritti da autori teatrali
in cui ogni autore rappresentava una parte già scritto, nel primo 900 si recita a soggetto, 6
personaggi in cerca di autore, ognuno nel teatro recita una sua parte soggettiva e ciò che
emerge è la verità soggettiva o soggettive nelle esperienze teatrali).
Allo psicologo non interessa come sia andata realmente la realtà ma come il soggetto ha
vissuto quella realtà.
Moreno incontra Hitler mentre gioca con dei bambini, nel 1925 sarà costretto a scappare
negli Stati Uniti dove fonderà un teatro, nella periferia di New York e questa è inserito in una
clinica, si curano anche reazioni schizofreniche con lo psicodramma (esempio: in un delirio,
un uomo disoccupato americano era convinto di essere Hitler ed esigeva che ogni persona
lo salutasse come se fosse il Fuhrer, la moglie disperata non riesce più a sopportare questa
condizione e moreno allora allestisce le condizioni del mondo hitleriano e mette in scena
questo teatro, Moreno riteneva fosse importante comprendere le esperienze deliranti del
soggetto dall’interno e dopo svariate settimane il paziente si tagliò i baffetti, cambio
pettinatura e uscì dall’esperienza delirante, a quel punto cadde in depressione perché si
sentiva un americano disoccupato, che aveva dato problemi in famiglia e a veva visto che i
suoi vicini lo vedevano come un pazzo ed è in questo momento che il paziente ha bisogno di
un trattamento individuale per aiutarlo a reggere la depressione quando si sgonfia il delirio).
Moreno fondo il comitato internazionale che unisce i terapeuti di gruppo dei 5 continenti,
oltre che lo psicodramma, il sociodramma e la sociometria:
- Lo psicodramma: è un metodo terapeutico ideato da Jacob Levy Moreno e consiste
nell'esplorazione di eventi personali, ricordi, sogni, scene virtuali e conflitti attraverso
l’azione drammatica e la rappresentazione scenica delle interazioni di ruolo (si
possono mettere in scena il conflitto avuto in famiglia la settimana prima, un sogno
che ci ha particolarmente sconvolto).

- Il sociodramma: il sociodramma è per Moreno un metodo di drammatizzazione e


rappresentazione utile ad esplicitare e elaborare tematiche conflittuali di ordine
sociale e relazioni tra gruppi e ideologie collettive (Moreno lavora nelle carceri, con
uomini di colore e non, ecc..);

- La sociometria: la sociometria è la disciplina che misura le relazioni umane e le


proprietà psicologiche di una specifica popolazione con un approccio quantificabile,
sperimentabile e metrico.
Utilizza la formulazione di questionari sociometrici, la stesura in forma di
rappresentazioni grafiche della scelta sociometriche chiamate sociogrammi, per
analizzare la rete sociometrica.
In senso piu ampio è per Moreno l’utilizzo dell’azione con esercizi sociometrici per
applicare la psicologia sociale ai piccoli e grandi gruppi.
La sociometria nei gruppi può essere attuata attraverso azioni.

Lo psicodramma
All’interno dello psicodramma fondamentale è la spontaneità, la creatività e il riscaldamento.
- La spontaneità: è la percezione intima di sentire viva la disponibilità a mobilitare le
proprie energie intellettuali, affettive, fisiche per inventare risposte adatte alla
situazione, questa è il prerequisito di ogni esperienza creativa e opera nel presente,
nel qui ed ora, inoltre gioca una funzione antitetica all’ansia (attraverso esercizi di
riscaldamento si alza la spontaneità, si riesce a diminuire l’ansia e favorisce
situazioni in cui si sviluppa maggiore fiducia nel gruppo), stimola quindi a trasformare
la realtà, a rompere gli schemi, a evitare le cristallizzazioni e ad affrontare i rischi del
cambiamento.
Attraverso gli psicodrammi si cerca di rompere le catene di ripetizioni e di ruoli.
- La creatività: la Matrix è il substrato bio-psicologico in cui matura l’atto creativo, il
luogo costituisce l’ambiente favorevole alla creatività, da un contesto permeato di
spontaneità (nei gruppi ci sono regole che favoriscono la spontaneità come il
contratto di confidenzialità, per mantenere il segreto professionale e si è invitati
dall'astenersi dal giudizio, questo crea un ambiente favorevole per la spontaneità e
quindi anche per la creatività).
Lo status nascendi è il momento in cui l’atto si va svolgendo e nel quale soltanto
sussiste la creatività, l’atto creativo da il sentimento della sorpresa e dell’inaspettato
ed ha la capacità di trasformare la realtà data.
- Il riscaldamento (warm-up): Le esperienze di riscaldamento favorisce il massimo di
congruenza tra razionalità ed emotività e diminuiscono la percezione della
spontaneità come pericolosa.
Nell’uomo la spontaneità si esprime attraverso adeguate esperienze di riscaldamento
della sua validità, della sua energia psichica e fisica.
La fase iniziale del riscaldamento tende a liberare la spontaneità limitando le fonti
esogene dell’ansia.

Un concetto dello psicodramma di Jacob Levy Moreno è il co-inconscio, Moreno parla sia di
co-conscio che di co-inconscio (Jung parlava di inconscio collettivo), questi stati non sono un
appannaggio di un solo individuo, ma è sempre una proprietà comune (lega come in vasi
comunicanti due persone del gruppo), questo presuppone che Moreno (non era uno
psicoanalista) ma vede l’inconscio come un deposito mentale pieno di contenuti diversi che
può avere dei vuoti che devono essere riempiti da esperienze emotive, il co-inconscio lega
per esempio quando un protagonista si trova a dare la parte (nello psicodramma) ad un altro
partecipante chiamandolo a partecipare come io-ausiliario il figlio o la madre e spesso in
questa scelta si coglie qualcosa dell’altro molto simile rispetto all’esperienza vissuta con il
figlio o la madre e si attiva un legame intenso tra due persone che probabilmente hanno
avuto esperienze simili, e moreno utilizza anche il concetto di tele che etimologicamente
dalgreco significa “distanza” e serve per indicare il legame elementare esistente tra gli
individui.
Il tele tiene uniti gli individui del gruppo, attraverso il co-inconscio (è la più semplice unità di
sentimento che viene trasmessa tra un individuo e l’altro), non possiede un'esistenza sociale
propria, è un'astrazione, un unità sociogenica che serve a facilitare la trasmissione della
nostra eredità (lega all’interno dell’atomo sociale).
La trasmissione della nostra eredità sociale, il modo di comportarsi con gli altri avviene
attraverso il tele (legame forte tra i membri di una famiglia ma che si sviluppa anche tra i
partecipanti di un gruppo).
L’atomo sociale è l’unità non ulteriormente divisibile a cui partecipa un individuo per
soddisfare il proprio bisogno di espansione affettiva (come una coppia di fidanzati, la
famiglia, anche i partecipanti al gruppo del corso di teorie e tecniche della dinamica di
gruppo, questi sono tutti atomi sociali).
Il concetto di atomo sociale è importante nella creazione nell'espressione di riscaldamento in
uno psicodramma (nel warm-up si tende a lavorare all’inizio su coppie, ossia la più piccola
unità di atomo sociale).

Sono 5 gli strumenti di base dello psicodramma:


1. Il palcoscenico (che nel teatro classico dello psicodramma, Moreno allestiva, in cui
c’è tutto in una dimensione di “morbilità” vengono evitati gli spigoli);
2. Il protagonista (colui che racconta gli episodi da rappresentare, come uno sciamano
nello psicodramma, crea i personaggi e gli ambienti in cui si sviluppa la scena);
3. Il direttore dello psicodramma (il ruolo dello psicoterapeura/conduttore, colui che
facilita il processo delle rappresentazioni);
4. Gli io-ausiliari (i partecipanti che vanno a rappresentare i personaggi della mente del
protagonista);
5. Il pubblico (assistono all’azione scenica).

Mentre le principali tecniche di psicodramma sono:


1. L’intervista al protagonista (solitamente in uno psicodramma analitico in cui le
persone sono in cerchio, o sul palcoscenico emerge una persona che vuole portare
la sua esperienza, il direttore procederà ad un'intervista per capire cosa presentare e
quali siano le difficoltà e quali ruoli internamente sono in conflitto).
Moreno cercava di capire come l’angoscia era iniziata, com’è attualmente e come in
un futuro potrà essere superata, quindi si ha un protagonista emerso che presenta
dei ricordi e il conduttore dirà al protagonista di scegliere gli io-ausiliari;
2. Quando la scena inizia a svilupparsi il conduttore potrà proporre delle tecniche, come
l’inversione dei ruoli (quando il protagonista fa un cambio e diventa un attore della
sua presentazione, potrà rappresentare la madre, il padre, intervenire con parole e
azioni come quel familiare e chi rappresentava il padre o la madre, può
rappresentare il ruolo del protagonista):
- Il doppio (permette al conduttore di avvicinarsi all’atto del protagonista negli
psicodramma, o porsi lateralmente ed esplicitare vissuti, sentimenti, pensieri
che il conduttore identificandosi con il protagonista, il conduttore cerca con
l’empatia di ipotizzare qual è l’esperienza del protagonista in certe scene);
- Il soliloquio (tecnica che permette, soprattutto quando c’è un trauma, il
protagonista si trova ad essere interrotto da qualcosa che lo spiazza, dal
poter astenersi dal rispondere subito, è entrare negli interstizi della mente e
poter fare esperienza di che cosa attraversa il protagonista, se si sta
rappresentando una telefonata in cui il protagonista non si aspettava quella
conversazione, ed è la propria madre che incalza e fa continue domande e il
protagonista è assorto in tutt'altra situazione si può chiedere a questo di fare
un soliloquio, ossia che cosa frulla nella sua mente in quel momento e il
protagonista potrà dire ciò che pensa, come per esempio dire che ha il
desiderio di chiudere in faccia il telefono alla madre, esprime cosa attraversa
la mente del protagonista in quel momento ed è importante nel momento di
un trauma perché se avviene un incidente stradale, il protagonista arriva al
gruppo e quando c’è stato l’incidente ha dovuto mantenere il controllo della
situazione, estrarre i documenti e rispondere alle domande di chi interveniva
ma quando arriva nello psicodramma con, magari, il collo bloccato e gli si
chiede di essere seduto come quando era appena terminato l’incidente, il
protagonista che in quel momento mantiene il controllo delle emozioni, nello
psicodramma gli viene chiesto di rappresentare la semirealtà
psicodrammatica e di fare un soliloquio, può esternare le emozioni bloccate
nell’evento dell’incidente);
- Lo specchio (permette al protagonista di vedere la scena dall’esterno, il
protagonista che ha già rappresentato con gli ausiliari la sua scena, viene
invitato dal conduttore qualcuno che lo rappresenti e potrà osservare la scena
del conflitto, della memoria traumatica, ecc… dall’esterno, potrà osservare gli
attori che li rappresentano, le interazioni di ruolo, i messaggi, le frasi, ecc..
attiva un rapporto tra l’io riflessivo/osservatore che osserva la dimensione
psicodrammatica in gioco e l’io coinvolto nella scena traumatica o nel
conflitto);

Al termine della scena sarà il protagonista che porrà fine allo psicodramma (ed è importante
perché nel gruppo si verificano stati alterati di coscienza e lievi trans ed è quindi importante
che il protagonista aiuti l’io-ausiliario ad uscire dal ruolo, se questo non avvenisse per
qualche ora i soggetti sperimentano i vissuti e le emozioni del ruolo rappresentato. (questo si
chiama the rolling)

3. Lo sharing (i partecipanti e il pubblico, possono raccontare esperienze della propria


vita, legate al vissuto rappresentato, sono associazioni libere, questa condivisione
rende uno stato di vicinanza dal pubblico al protagonista).

Un concetto importante per Moreno è il concetto di “ruolo”, questo è un modello organizzato


di comportamento (come se chiedessimo ad un bambino di fare la parte della mamma
durante un gioco, sa già perfettamente come si deve comportare), la funzione del ruolo è
quella di penetrare nell’inconscio del mondo sociale e di dare ad esso una forma e un
ordine, ma è anche quella di strutturare l’evolversi della personalità individuale in sistemi di
ruolo (per esempio attraverso il ruolo nel diventare medico, un soggetto timido che faceva
fatica ad uscire di casa, si ritroverà a dover frequentare tante persone collegate al ruolo che
svolge nella società, quindi il ruolo lavorativo può portare alla modifica della personalità,
inoltre, il ruolo da ordine al caos), il ruolo sviluppa una serie evolutiva di ruoli.
Anche Moreno parla di matrici e parla di ruoli e contro ruoli nello sviluppo della propria
identità:
- La matrice materna coincide con la vita fetale e le prime settimane di vita del
neonato;
- La matrice di identità si forma entro l’ottavo mese, è la condizione di emersione
dall’indistinto con la percezione dello spazio e del tempo, del piacere e del
dispiacere, dell’unità corporea e dei confini;
- La matrice familiare inizia a formarsi entro i 2-3 anni con la percezione del terzo;
- La matrice sociale si sviluppa attorno ai 5-6 anni nel rapporto tra fratelli e si struttura
nell’età scolare;
- La matrice valoriale si sviluppa nella prima adolescenza scegliendo valori, riferimenti
etici e criteri guida per i propri ruoli (sono ruoli che verranno portati avanti per il resto
della vita).
Moreno nello psicodramma, spesso rappresentava una sequenza di tre scene:
1. Come è iniziato il problema;
2. Come è la situazione attuale del protagonista;
3. Come può uscire da questa situazione e superarla nel futuro.
Queste tre scene vengono definite “la sequenza dei giochi”.

Psicodramma junghiano
A parigi negli anni 50 si sviluppano 3 associazioni di psicodrammatisti analisti tra
questi ci autori che portano avanti una ricerca secondo il modello freudiano nello
psicodramma.

Lo psicodramma junghiana (Jung non ha mai tenuto gruppi di psicodramma, perché ha


sempre sviluppato terapie individuali, aveva paura dei gruppi, fino a quando cambierà idea
ma non farà mai psicodramma sui gruppi) è una teoria della tecnica psicodrammatica
(inversione dei ruoli, lo sharing, il doppiare, Moreno aveva la teoria del fatto che l'universo è
come un teatro, un idea cosmologica e che la spontaneità e la creatività erano alla base
dell’azione, invece nello psicodramma junghiano viene seguita la teoria di Jung) condotta da
un terapeuta e da un osservatore (un'altra figura di analista che osserva il processo della
seduta e racconterà alla fine della seduta cosa ha visto e sentito, amplificando i sogni e i
giochi rappresentato, dando un senso alle rappresentazioni dei partecipanti) in accordo con
le ricerche della psicologia analitica sulle immagini dei sogni, la postulazione dell’esistenza
di un inconscio personale e di un inconscio collettivo e della tipologia di Jung.
Lo psicodramma junghiano è un'esplorazione dei personaggi che affollano il teatro del sogno
del protagonista in cui il simbolo è l’espressione di un modo di essere la cui esistenza risiede
nell’immagine stessa (è un modo per raccontare come ci sentiamo).
L'espressione migliore di un fatto relativamente sconosciuto ma la cui esistenza è
considerata necessario, il simbolo contiene una dinamica energetica degli opposti.
Jung scrive che la struttura di un sogno è come un dramma in cui il sognatore è l’attore, il
regista, l’autore del testo, il pubblico e il critico teatrale, per cui quando ci si trova di fronte
alla rappresentazione di un sogno ci troviamo con dei personaggi che sono ruoli interni del
protagonista, ogni personaggio del sogno è un insieme di pensieri, ha la sua filosofia e i suoi
sentimenti che vanno esplorati.
I simboli preparano all’esperienza anche se il sognatore non è consapevole di ciò che
accade e non è ancora stato mentalizzato dal sognatore, inoltre, il simbolo ha la capacità di
contenere la tensione tra gli opposti (come il simbolo del tao).

Freud credeva che il sogno è il guardiano del sonno e il sogno permette far
vivere al soggetto un'esperienza ansiogena, con un'ansia minore per evitare
che gli individui si svegli.

I sogni vengono molto utilizzati nei gruppi, con la Social Dreaming Matrix dove si esplora nei
gruppi la matrice sociale dei sogni.

Per Jung c’è una tipologia in cui le persone hanno un atteggiamento estroverso o introverso:
- Introversione: tipica degli individui che traggono le proprie motivazioni principalmente
dall’interno (da fattori soggettivi);
- Estroversione: individui con atteggiamenti per cui trae motivazione da fattori esterni.
L’interno di questi due atteggiamenti ci sono 4 funzioni psichiche fondamentali (due razionali,
due irrazionali):
- Razionali:
1. Il pensiero (una persona introversa ha come prima funzione il pensiero e
quindi il sentimento è in ombra, è una persona molto capace logicamente);
2. il sentimento (una persona introversa di tipo sentimento farà molta fatica qa
far conoscere le sue riflessioni ma sarà uno scrittore o un pensatore
silenzioso);
- Irrazionali:
3. Intuizione (chi è di tipo intuizione da molta importanza ai sogni, percepisce
meno coi 5 sensi ed è disordinato e spesso un soggetto di tipo intuizione ha
molti problemi con la sensazione)
4. Sensazione (chi è di tipo sensazione interagisce molto coi 5 sensi.
Queste 4 funzioni compongono la nostra psiche.

Lo psicodramma junghiano coniuga il lavoro di Moreno e di Jung (i due pionieri della cultura
psicologia dell’ultimo secolo).
Nella psicologia analitica il fatto di sviluppare dei gruppi è qualcosa che all'inizio è stato
osteggiato, la prima testimonianza nell’ambito dell’associazione di psicologia analitica, fu
dell’inglese Bob Olson che presento una conferenza al congresso degli analisti junghiani
segnalando che ciò che stava per trattare era un argomento forse considerato disgustoso,
ossia che affrontava l’analisi in gruppo che a quel tempo era qualcosa di inconcepibile.
Lo stesso Jung si trovava a considerare per molto tempo il gruppo come rischioso e
pericoloso, scriveva che il gruppo ha uno stato di collettiva uniformità, con perdita del senso
di responsabilità individuale e gli veniva dagli studi di psicologia sociale.
Il partecipare ai gruppi per Jung aveva il rischio del mantenimento di un indesiderabile
indipende infantile caratterizzata da un falso senso di sicurezza originato dall’appartenenza
al gruppo.
Poi nei gruppi si verifica una forte suggestionabilità con una conseguente sottomissione al
leader e all’idea del gruppo, inoltre cerca anche il rischio della perdita delle difese dell’io che
può condurre ad una incontrollata invasione dell’inconscio (come quando i gruppi sono
grandi come il large group, dopo profondi silenzi c’è uno stato di regressione del
partecipante che porta anche al dissolversi delle difese dell’io e l’emersione del materiale
inconscio porta a degli agiti).
Nel 1936 Jung mise in guardia gli allievi dei pericoli per l’individualizzazione di caratterizzarsi
come differente dalle richieste delle famiglie e delle culture.
Ma si trovò anche con una domanda posta da Hilling che nel 1955 gli chiese “cosa ne
pensava della psicoterapia di gruppo?” e Jung a sei anni dalla morte cambio una valutazione
rispetto ai gruppi e disse che lui stesso aveva fondato un gruppo 40 anni prima (il circolo
psicologico di Zurigo).
Jung comprese che chi lavora in analisi individuale differenza l’aspetto dell’archetipo
“individuo e collettività”.
Gli archetipi hanno spesso una dinamica di opposti (polarità individuale e collettiva) e,
secondo Jung, sviluppare una terapia di gruppo è indispensabile per l’educazione sociale
dell’essere umano, mentre l’analisi individuale (che non è sostituibile) differenzia tutto il
mondo psichico interno e le due forme di psicoterapia sono complementari.
Inoltre Jung scrisse che il pericolo della terapia di gruppo è essere limitati dal livello collettivo
mentre il pericolo dell’analisi individuale è il trascurare l’adattamento sociale.
Molti autori hanno elaborato l’approccio di gruppo nell’ambito junghiano, ponendosi come
riflessione che rapporto ci fosse nello psicodramma tra il doppio e l’ombra (doppiare è anche
trasmettere contenuti ombra) p sulle forme di trasfert.
Didier Anzieu (analista francese) che svolgeva sia psicodrammi che analisi di gruppo, parla
di tre forme di transfer in un gruppo:
4. Transfert centrale: dal singolo partecipante al terapeuta (quello che si trasferisce
inconsapevolmente sul terapeuta) o su una coppia di terapeuta (il conduttore e
l’osservatore);
5. Transfer laterali: verso i partecipanti al gruppo, sempre inconscio verso i personaggi;
6. Transfer su tutto il gruppo.

Un autore junghiano riflette sulla forma di transfer su tutto il gruppo e ha ritenuto che ci
potesse essere una forma particolare di transfert verso il gruppo come se ci si trovasse di
fronte all’archetipo della grande madre, presente soprattutto nell’area del mediteranneo
(dove i bambini sono iper protetti dalla famiglia e fanno fatica a separarsi dalla madre e a
dire “no me ne vado”), viene quindi ipotizzato da Wittmund che ci sia questa caratteristica
nell’analisi di gruppo in cui si sviluppa una dimensione archetipica differente da quella
dell’analisi duale e postula che questa dimensione corrisposta all’archetipo della grande
madre, ovvero ci sia nel partecipare ad un gruppo sia la presenza di aspetti positivi (sentirsi
protetti dal gruppo, sentirlo come un grembo materno) ma essere in un gruppo può
rappresentare anche l’essere in contatto con elementi negativi quali la possessività (il
gruppo non vuole che un partecipante trascorso un periodo di anni di analisi, decida di
lasciare il gruppo).

Lo psicodramma junghiano ha forti elementi rituali e il rito ha il compito di proteggere contro


l'inflazione dell’inconscio, il protagonista in uno psicodramma junghiano sente se stesso
come parte di una realtà mitica che lo pone in un ambiente universale (uno di questi riti può
essere quello di confidenzialità).
Il rito protegge dal caos e che crea nel qui ed ora un suo nuovo mondo (esempio: si può
chiedere al protagonista come si svilupperà il futuro della sua vita dopo la guerra).
Ci possono anche essere riti di inizio in uno psicodramma, come il rito delle presentazioni, o
riti per terminare un gruppo questo perché è importante che il gruppo termini con dei vissuti
positivi (uno di questi riti, può essere il rito di gratitudine in cui il gruppo si pone in cerchio e
vengono invitati i partecipanti ad andare verso una persona del gruppo e ringraziarlo per
qualcosa che è accaduto nella partecipazione al gruppo, o anche all’esterno, l’individuo va
verso un partecipante e dice “ti ringrazio per …”).
Cassier (nel 1946) ha osservato che il mito aspira alla totalità e che c’è una relazione tra lo
psicodramma junghiano e la tragedia greca, in entrambi il pubblico/l’osservatore, non dà
suggerimenti ai personali, ma i personaggi devono affrontare il processo durante la
rappresentazione.

Lo psicodramma junghiano è un lavoro di psicologia immaginativa in cui il compito del


direttore è di mettere insieme e portare all’attenzione le immagini presenti nelle storie dei
partecipanti, che possono essere utili ai protagonisti (ciò include immagini, ricordi, sogni e
scene di immaginazione attiva).
La rappresentazione dei ruoli è importante nello psicodramma junghiano, così come la
rappresentazione del luogo immaginato.
Particolare attenzione è posta sul come alcune immagini presentate da individui vadano a
costituire significati che sono prospetticamente utili per l’intero gruppo.
Dopo lo sharing, alla fine di ogni sessione, un osservatore farà eco al senso dei sogni che
sono stati rappresentati, usando uno stile narrativo.
La narrazione arricchirà la rappresentazione con amplificazioni mitopoietiche e si impegnerà
per collegare i temi individuali con i temi dell’inconscio collettivo del gruppo.
L’osservazione ha una forte funzione di contenimento, la narrazione finale conferisce
significato alla sessione ed è fattore terapeutico vitale.
Da un punto di vista rituale, l’osservatore è testimone e protettore della trasformazione del
gruppo.
Il conduttore alchemicamente, dissolve i conflitti e scioglie i nodi.
L’osservatore raccoglie gli elementi dispersi e li ristruttura dentro un nuovo senso di
collettività integrata, è la memoria autoriflessiva del gruppo e l'osservazione è una medicina
narrativa, storia storia che risana, che individua eventuali discrepanze e tesse i fili della
trama tra passato e presente.
Uno dei compiti più importanti dell’osservatore è di identificare il tema collettivo che anima il
gruppo, la trama mitica che unisce la rappresentatione.
L’osservatore apre nuove prospettive, possibilità e pianta i semi generatori di creatività,
permettendo al nuovo e l'inesplorato di entrare nel gruppo.
L'osservazione è lo spazio della memoria, la storica e mitica continuità del gruppo (nello
psicodramma classico non c’è questa fase dell’osservazione e questa amplificazione ai
giochi, ma termina, semplicemente con lo sharing).

Differenze tra lo psicodramma classico e lo psicodramma junghiano


1. Nello psicodramma classico c’è un pubblico seduto, nei gradoni del teatro dello
psicodramma e c’è una scena che si svolge, negli psicodrammi junghiani e in quelli
analitico la scena avviene al centro del cerchio del gruppo (le persone sono sedute in
un cerchio).
2. Nello psicodramma classico si da molta attenzione alla spontaneità, allo stimolare la
creatività e ai ruoli e si fa un atomo sociale mentre lo psicodramma junghiano si
concentra molto di più sulle immagini, quindi vengono rappresentate l'immagine di un
sogno ma si possono rappresentare anche le allucinazioni di uno schizofrenico
(allucinazioni: contenuti mentali che possono essere letti ed interpretati come i sogni)
e il conduttore localizza e rappresenta queste immagini, mentre una persona parla e
racconta delle storie della sua vita, viene rappresentata un'espressione simbolica di
quel racconto.
3. Nello psicodramma classico si ha un protagonista ogni seduta mentre nello
psicodramma junghiano si possono avere 2 o più protagonisti in ogni seduta e ogni
volta il protagonista rappresenta la sua scena, si fa il the rolling (si toglie il ruolo) e
poi si ascolta lo schering o la condivisione;
4. Una grande differenza tra i due è il termine dello psicodramma: lo psicodramma
classico è condotto da un solo conduttore, quello analitico spesso da due conduttori
e c’è un conduttore che alla fine delle rappresentazioni farà una osservazioni,
chiamate osservazioni narrative (coi traumatizzati si sta studiando l’efficacia delle
terapie narrative, nel trauma spesso i pazienti traumatizzati da un incidente, da una
guerra, da un terremoto, ecc… questi traumi attivano una dissociazione nella
memoria e non si ricordano episodi contigui accaduti, nella terapia narrativa vengono
invitati a scrivere una storia collegata a ciò che accadeva nel periodo del trauma e
racconta ciò che lo ha traumatizzato oltre che cio che accadeva successivamente al
trauma nella sua vita e spesso si cerca di riattivare collegamenti amnestici che non ci
sono più, vengono dissociati nella memoria e nello psicodramma quando
l’osservatore narra ciò che è accaduto nella seduta è come se si facesse una storia
del gruppo o di ciò che è stato rappresentato e si da un significato e un senso a ciò
che ha rappresentato un protagonista, questo perchè il protagonista potrebbe essere
confuso sull’accaduto o su ciò che ha raccontato e sentirsi raccontare ciò che è stato
osservato aiuta a vedere le cose in altri modi).

Jung: lo sguardo interiore del sogno


Jung ritiene che esistono due forme di pensiero:
1. Il pensiero indirizzato: che opera con il linguaggio e serve a comunicare ed è
fantastico e sfibrante, ma crea acquisizioni nuove, adattamenti, limita la realtà e
cerca di influire su di essa;
2. Il sognare o fantasticare: che opera con contenuti già pronti, senza sforzo ed è
guidato da motivi inconsci e mette in libertà tendenze soggettive.
3 sono gli scritti espressamente dedicati al sogno di Jung, tuttavia dal punto di vista teorico
nessuno dei tra contributi è paragonabile a “L’interpretazione dei sogni” di Freud, non vi è,
tuttavia, scritto di Jung, nel quale non si parli di sogni, in cui non ci sia riferimento al mondo
onirico piuttosto che alle vicissitudini del sognatore.

Secondo Jung il sogno è la piccola porta occulta che conduce alla parte più nascosta e
intima dell’anima, aperta su l'originaria notte cosmica che era anima assai prima che
esistesse una coscienza dell’io.
In maniera più scientifica definisce che i sogni non sono invenzioni intenzionali e volontarie,
ma fenomeni naturali che sono proprio ciò che rappresentano.
Essi non ingannano, non mentono, non falsificano, non nascondono nulla ma enunciano
ingenuamente ciò che essi sono e ciò che essi intendono. Possiamo anche capire la ragione
per cui sono così strani e difficili.
L’esperienza, infatti, ci mostra che si sforzano sempre di esprimere qualcosa che l’io non sa
e non capisce.

Inizialmente la riflessione junghiana è ancorata al pensiero freudiano in riferimento ai


concetti di:
- Complesso rimosso;
- Desiderio e censura.
e ai meccanismi di:
- Processo primario;
- Spostamento;
- Condensazione;
- Sovradeterminazione, o “polivalenza delle immagini oniriche”.
Freud sostiene che il vero significato e il messaggio del sogno sia trasformato dalla censura
in una forma mascherata per confondere l’io.
Il sogno si collega così con i complessi rimossi da cui perviene l’energia che consente loro di
manifestarsi.
Durante il viaggio americano del 1909 la differente interpretazione del “sogno della casa”
segna la rottura con Freud il passaggio dalla prima alla seconda metà della vita per Jung.
Pur riconoscendo senza invidia il merito della scoperta del metodo d’indagine di Freud, qui si
possono ritrovare le radici di una diversa epistemologia del sogno e della sua
interpretazione.
Al centro del distacco sono la trasformazione del concetto di “libido” contenuto in “simboli
della trasformazione” (1911/1952) e il “significato prospettico” del sogno, i principali punti di
distacco riguardano:
- L’interpretazione della simbologia a carattere esclusivamente sessuale;
- L’idea del sogno come soddisfazione di un desiderio rimosso inconscio;
- La tecnica utilizzata.
Il modello junghiano è articolato attorno a 4 vertici costruttivi, il sogno è quindi:
- Prodotto dall’inconscio;
- Orientato secondo una prospettiva finalistica;
- Espresso in forma di composizione drammatica;
- Centro del lavoro analitico.
Le dimensioni differenti attorno alle quali si articola l’analisi del legame tra sogno e inconscio
sono 4, si può quindi dire che il sogno è:
- Naturale, spontaneo e obiettivo: L’accezione naturale sottolinea la mancanza di
artifici o compromessi, il sogno è un prodotto “vero” dell'inconscio.
Secondo Jung, lontano ormai dalla prospettiva freudiana, non vi è alcun tentativo di
ingannare);
- Indipendente dalla coscienza, involontario e nel sonno: l’oscurità del sogno non
è, per Jung, il segno di un lavoro di codifica, ma è analoga all’oscurità che si
percepisce di fronte a ciò che è parlato in un’altra lingua.
Una lingua lontana, perduta nella storia individuale e prima ancora nella storia del
collettivo (la lingua dell’inconscio).
In quanto “prodotto della psiche inconscia”, il sogno è indipendente dalla coscienza e
assume le proprietà di un processo involontario, è comunque teorizzato un legame
con la coscienza, in quando non è possibile prescindere dalla continuità con essa;
- Generato da un moto affettivo: alla base della formazione del sogno vi è un moto
affettivo, esso stesso potenzialmente soggiacente alla rimozione, in cui sono coinvolti
i complessi (il sogno ha origine da un moto affettivo in cui sono coinvolti i complessi
abituali, come era prevedibile, perché, essendo i punti nevralgici della psiche, essi
sono i primi a reagire a una situazione esterna problematica);
- Individuale, autoreferenziale e aperto all’interno: il quarto vertice costitutivo del
modello junghiano si riferisce alla qualità del sogno come elemento privato e
personale, non per questo, tuttavia, così personale da non essere al tempo stesso
anche parte di una vicenda collettiva, il sogno riguarda “dentro”, ma
contemporaneamente “lontano”.
Il sogno è strettamente connesso all'unicità del sognatore. La soggettività è il dato
che rende il sogno unico e in questa prospettiva è riconosciuta all’individuo la
specificità del suo essere e l’importanza della sua esistenza in quanto storia
individuale.

Uno degli apporti più importanti di Jung è la prospettiva finalistica del sogno, per Jung il
sogno non è solo casuale ma non per questo è determinato dall’appagamento di un
desiderio.
Per la comprensione del sogno ciò che contribuisce a determinarlo non è meno importante
di ciò verso cui il sogno è indirizzato, ovvero Jung accetta che ci sia qualcosa che determini
il sogno (qualcosa di accaduto prima, una causa), mentre Freud recupera il passato, Jung
sviluppa una concezione dinamica che riguarda ciò che il presente stesso del sogno, pur
risalendo al passato, dice per il futuro (una volta compresi i simboli di un sogno non hanno
più un energia che porta a riprodurre quel tipo di sogno).
Per Jung ci sono sogni in cui c’è un accadimento che tende ad attivare il sogno ma dice
anche che non è meno importante di ciò verso cui il sogno è indirizzato (i sogni non
traggono l’energia per svilupparsi dalla causa precedente ma dal dove stiamo andando, per
esempio una persona pensa di fare un viaggio e fa dei sogni su come sarà quel viaggio,
prospetticamente e in modo finalistico, molte donne sognano il bambini e il genere quando
ancora non sono ancora incinte).
La considerazione finalistica del sogno significa non una negazione delle cause del sogno
ma una diversa interpretazione dei materiali raccolti in riferimento ai sogni.
Jung vede tre funzioni:
- Equilibratrice: questa funzione è indirizzata al bilanciamento psicologico.
È espressione di un’attività dell’inconscio volta a recuperare e a mantenere stabilità
tra contenuti psichici consci e inconsci in relazione dialettica tra loro;
- Compensatrice: questa funzione è l’elemento di maggior innovazione, un pilastro
del pensiero junghiano sul sogno.
Lo scopo primario della compensazione, è di evidenziare, rimarcare e segnalare tutti
gli atteggiamenti, pensieri e comportamenti che nella vita conscia sono stati
trascurati e non hanno considerato il punto di vista inconscio.
Nella compensazione ci si ritrova con il sogno che propone anche altri punti di vista.
La compensazione rappresenta una forma di “autogoverno” dell’organismo psichico
ai fini di un “adattamento completo” e reciproco tra l’inconscio e la coscienza.
Quando manca la “sintonia con l’inconscio” si crea una lacuna riempita di paura
anziché di comprensione, per colmare la quale lavora la funzione di compensazione
come espressione del punto di vista dell'inconscio.
Anche per questo il sogno non è immediatamente riconosciuto, parla in un’altra
lingua, ma parla anche di ciò che manca, di ciò che è opposto, di ciò che è distaccato
e che assume una forma emblematica, ad esempio, nella dissociazione tra essere e
dover essere.
Quindi la funzione equilibratrice è volta a stabilire un cambio dialogico tra contenuti
consci e inconsci, la funzione compensatoria costituisce un momento più specifico di
correzione di contenuti relativi a vissuti individuali e soggettivi, connessi a situazioni
reali;
- Anticipatrice o funzione prospettica: questa funzione ha carattere di anticipazione
di eventi o accadimenti e sottolinea le caratteristiche di plasticità del sogno e dei
contenuti onirici.
Questa è uno sguardo verso il futuro di vicende o di avvenimenti attesi, ma no
sempre già presenti nel campo della coscienza.
La funzione prospettica indica quello che meglio si accorda al valore di equilibrio e di
compensazione che gli è assegnato (i sogni preparano, annunciamo o mettono in
guardia da determinate situazioni, spesso assai prima che si traducono in realtà).
La funzione di compensazione e quella prospettica costituiscono un livello di analisi relativo
alla situazione specifica dell’individuo e contribuiscono alla realizzazione della funzione
equilibratrice.

Il processo di individuazione rappresenta il fine ultimo della terapia e, più in generale, è


l’espressione della dialettica tra il destino e il progetto di ogni storia individuale, attraverso un
percorso che consente di “diventare se stessi” come soggetto unico, differenziato da ogni
altro, ma compiutamente in relazione.
È quindi fondamentale dipanare il filo che lega sogni successivi, cogliere il senso che la
sequenza di sogni lascia intendere, la traccia che da un punto all’altro segna il cammino.
Una serie di sogni consente di individuare motivi ricorrenti e variazioni sul tema, così come
trasposizioni di registro e ribaltamenti di piano.
Nella concezione junghiana il sogno è narrazione drammaturgica e azione scenica (già in
Freud c’è l’idea che nella forma manifesta del sogno si esprima la dissimulazione
caratteristica della teatralità sociale).
Più in generale, secondo la lettura egoistica del sogno, il sognatore vedrebbe se stesso
variamente mascherato nei suoi personaggi, secondo Jung, il sognatore opererebbe in ogni
possibile ruolo previsto o richiesto dalla scena teatrale.

Nella composizione drammatica del sogno è possibile rintracciare tre aspetti o temi
principali:
1. La struttura del testo: secondo Jung, il copione dell’azione teatrale, “la
sceneggiatura”, tende ad assumere una forma costante riconducibile a una struttura
simile a quella del dramma, egli distingue tra:
- Esposizione: il luogo dell’azione;
- Sviluppo: in cui la situazione si complica e subentra una certa tensione;
- Culmine o peripezia: momento in cui accade qualcosa di decisivo oppure si
verifica un cambiamento radicale;
- Soluzione o lysis: che rappresenta il risultato del lavoro onirico, la soluzione
proposta dall’inconscio.
Ci sono sogni , tuttavia, in cui tutto si riassume in un’immagine, una figura, una voce
in cornice vuota;

2. Il linguaggio simbolico: il sogno parla la lingua dell’inconscio, un linguaggio


simbolico, figurativo, che utilizza metafore, che parla per immagini e si esprime per
analogie, è una lingua che non si padroneggia nel campo della coscienza.
L’importanza del simbolo consiste nell’espressione di un collegamento tra linguaggi
differenti per consentire una più alta comunicabilità tra la dimensione conscia e
quella inconscia (le immagini del sogno hanno un lori valore, il simbolismo nel sogno
non nasconde, ma insegna);

3. Il materiale originario: in questo spazio emergono gli elementi di cui il sognatore


stesso è portatore come testimone di un passato dell’umanità, di un’eredità inconscia
che rivive in ciascuno come patrimonio inscritto di un’eredità collettiva.
Qui si presenta quell’ambito di riflessione di Jung che distingue tra inconscio
personale e collettivo postulando la coesistenza di una opsiche originaria e di una
persona (ci sono due principali tipologie di sogni quelli con contenuto personale e
quelli che hanno un significato per la collettività nel suo complesso).
- I grandi sogni parlano per materiale archetipico che compone la struttura più
profonda della vita psichica e tende ad affiorare soprattutto nei periodi decisivi
della vita in cui è indispensabile ricevere e accogliere un messaggio di valore
universale (in questo ambito sono particolarmente importanti e significativi i
sogni archetipici infantili, questo perché il bambino è molto vicino al mondo
inconscio da cui non si è ancora distaccato e data la continuità tra i due
mondi, può portare materiale che affiora).

Il sogno è materiale nucleare di ogni analisi (se non aprla il sogno piu difficilmente aprla
l’analisi).
Il lavoro sui sogni consente di cogliere pienamente la rete di quegli elementi inconsci
determinanti per il recupero della storia personale e per la sua riappropriazione da parte del
soggetto.
L’analisi dei sogni rappresenta il quarto vertice del modello junghiano i cui temi principali
sono:
- I fondamenti di metodo: Jung ritiene che si possa cogliere l’espressione simbolica
seguendo una prospettiva che porti dalle immagini personali a quelle dell’inconscio
collettivo.
Ritiene sia possibile lavorare sul sogno solo presupponendo che la conoscenza e la
comprensione delle immagini sia anzitutto del soggetto, quindi l'accostarsi al sogno
va visto come l’avvicinare un oggetto del tutto ignoto.
Il nucleo di metodo per l’analisi del sogno si fonda sulla distinzione tra due piani di
analisi:
1. Il piano oggettuale;
2. Il piano soggettuale.
Ad ogni passaggio nella lettura del testo onirico ci di deve domandare se il sogno
deve essere interpretato al livello soggettivo o se l’immagine si riferisce al soggetto
stesso.
“Il metodo può essere destizzo nelle sue linee generali:
● il paziente fornisce un sincero resoconto del suo passato biografico;
● Egli raccoglie i suoi sogni e altri prodotti dell’inconscio e li sottopone
all’analisi;
● Il procedimento analitico cerca di individuare il contesto proprio di ogni
elemento del sogno, ecc. tale scopo si ottiene riunendo le associazioni
relative a ogni elemento dato. Questa parte del lavoro analitico è svolta
principalmente dal paziente;
● Il contesto chiarisce l’incomprensibile testo del sogno, allo stesso modo in cui
i testi corrotti e lacunosi divengono leggibili mediante l’aiuto di paralleli
filologici;
● In questo modo è possibile stabilire una lettura del testo del sogno, la quale
comunque non implica ancora una comprensione del significato del sogno. La
determinazione del significato è una questione di pratica, vale a dire che il
significato apparente va messo in relazione e a confronto con l’atteggiamento
cosciente. Senza tale confronto è impossibile vedere il significato funzionale
del sogno.
● Di regola il significato del sogno è compensatorio rispetto all’atteggiamento
cosciente, vale a dire, aggiunge a quest’ultimo ciò che gli mancava.”

- Le indicazioni sul procedimento di analisi: nel procedimento di analisi bisogna


privilegiare l’amplificazione rispetto all’associazione libera, questo consente di
aderire totalmente al contenuto manifesto del sogno e quindi al vero messaggio che
vuole trasmettere e di giungere sino agli elementi di natura archetipica nel caso la
struttura sia prevalentemente mitologica.
Il passaggio successivo è caratterizzato dalla selezione del materiale raccolto e da
una ulteriore rielaborazione (la ricostruzione di ciò che ci segnala attraverso i ricordi).
Al termine per valutare la “rispondenza” del processo di interpretazione nelle risposte
del sognatore si verifica:
1. Se questa trova riscontro nel paziente;
2. Se funziona per il soggetto, se fornisce vitalità per la situazione contingente;
3. Se viene confermata nei sogni successivi.

- La specificità di regole e risorse: per accostarsi a un’analisi basata su dati concreti


e reali, è necessario approfondire campi d’indagine quali la mitologia e le fiabe, il
simbolismo, la storia delle religioni e il folklore.
La capacità di accoglimento, l’intuizione e l’intelligenza sono doti essenziali per
stabilire un dialogo e favorire la crescita all’interno della relazione.

Per riconoscere e contenere le proiezioni, il terapeuta può avvicinare i sogni unicamente


dopo aver effettuato un percorso di analisi personale, il primo sogno portato in seduta è il
sogno iniziale e spesso rivela al terapeuta con chiarezza l’intero programma dell’inconscio e
in genere tende a esser piu chiaro di quelli successivi.
Verso la fine della terapia il soggetto si avvicina gradualmente a un livello collettivo e
l’inconscio, che si è svuotato dei suoi contenuti, stabilisce un rapporto diretto con la
coscienza, i sogni iniziano quindi a esaurirsi e ad assumere significati sempre più archetipici.
I nostri sogni ci precede sempre ed indicano in qualche modo un possibile cammino.
I sette metodi del sogno e la loro rappresentazione nello psicodramma junghiano
Macrobio ha cercato di sviluppare alcune categorie dei sogni che non sono tutti uguali (ci
possono essere i sogni, gli incubi, ecc…).
Karl Jaspers (uno psichiatra) cerca di descrivere il sogno, descrivendo i fenomeni psichici
(anche allucinazioni e deliri) dall’esperienza soggettiva di chi lo vive.
Dice che nel sogno gli elementi che sono presenti costantemente nella vita psichica nello
stato di veglia sono aboliti, manca una vera coscienza della personalità e vengono
commesse azioni completamente estranei dalla personalità vigile e ci porta anche ad avere
un etica differente nel sogno (per esempio nel sogno uccidiamo) e non decidiamo di fare
quelle cose, ma ci troviamo a compiere azioni non in base ad un cosciente atto volontario, si
sgretolano i collegamenti con le figure e le tendenze volontarie oltre a mancare la
rappresentazione del passato e dell’avvenire, l’individuo che sogna vive solo il presente
(negli eventi non c’è un passato o un futuro ma l'individuo che sogna vive solo nel presente).
Si vivono successivamente, a breve distanza di tempo gli uni dagli altri, o anche
contemporaneamente gli avvenimenti più contraddittori, senza meravigliarsene.

I sogni si presentano con intensità, modalità e caratteristiche diverse e probabilmente si


formano nella psiche umana con obiettivi differenti che possono essere:
- Di compensazione;
- Di elaborazione di un trauma;
- Per il cambiamento di un atteggiamento cosciente;
- Una fissazione e contenimento di tracce mnestiche e ricordi difficilmente accettabili;
- Per l’elaborazione dei conflitti e dinamica degli opposti;
- Come avvenimento, premonizione, presa di coscienza di eventi o tendenze future,
veicolo di messaggi e informazioni sociali.

Le sette categorie dei sogni


Macrobio scrive “Commentarii in Somnium Scipionis” distinguendo i sogni in 5 categorie a
cui poi se ne aggiungeranno altre 2:
1. Il sogno somnium o sogno simbolico;
2. La visione o sogno visio;
3. L’oracolo o sogno oraculum;
4. Il sogno insomnium o incubo;
5. Il sogno phantasma (poco importanti che si sviluppano durante l’addormentamento)
6. Il sogno ricorrente
7. Il sogno o “grande sogno” (o sogni sociali)
Si potrebbero anche aggiungere i sogni lucidi che sono sogni in cui il sognatore ha
consapevolezza che sta sognando, in questi sogni a volte si è in grado di guidare il sogno e
un’altra categoria potrebbero essere i sogni di carattere spirituali.

● Il sogno somnium o sogno simbolico


Questa categoria è costituita da tutti quei sogni simbolici per i quali è necessario un lavoro di
comprensione e di traduzione interpretativa, la trama è come un rebus da decodificare.
Questi sogni ci chiedono di comprendere l’inizio, dare poca importanza all’inizio è un po
come entrare in un cimenta in ritardo e non capire quindi la trama del film.
Si tratta quindi di cogliere con attenzione il luogo dove si svolgono le scene iniziali di un
sogno.
Il sogno biblico narrativo del Faraone è un sogno simbolico, in cui Giuseppe chiamato ad
interpretare interpreta questo sogno dei 14 anni successivi che dovranno arrivare, questi
saranno divisi in 7 anni di abbondanza e 7 anni di carestia.

Il sogno non deve essere interpretato da una dimensione dell’Io, ma da una dimensione più
ampia, chi interpreta il sogno non deve seguire i dettami della finitezza dell’Io ma
interpretarlo da una posizione più ampia.
Esistono sogni simbolici che hanno un significato prospettico, finalistico, il simbolismo del
sogno porta ad affrontare qualcosa che sta per accedere, cosi come ci sono sogni che
possono prepsarare alla morte, il destino è una delle possibilità che si possono presentare
nei sogni (il sogno è come un'astronave che ci porta informazioni sia dal futuro che dal
passato, la fisica ci mostra gli universi paralleli di passato, futuro e presente e ci sono
contenuti che possono passare da uno all’altro e il sogno è come le visioni quel contenitore
che permettono il passaggio).

Nello psicodramma è importante rappresentare le prime scene del sogno e poi le varie parti
e si chiede al sognatore un'associazione libera, che porti una memoria e queste ci aiutano a
comprendere di cosa sta parlando il sogno.

● La visione o sogno visio


Anche Freud li accenna nel “interpretazione dei sogni”, sono sogni molto rari.
Il sogno visivo ci presenta un’immagine che descrive esattamente come si svilupperà un
evento nella realtà, è una visione di un evento futuro da incontrare.
I sogni visione sono molto rari, non tutti li hanno e sono sviluppati soprattutto da tipi intuitivi.
Macrobio scrisse “la visione ha luogo quando le persone o le cose vedremo in realtà più
tardi, si sognano come saranno allora”, il sogno visione è proprio come si rappresenterà
quella realtà.
I sogni visio è bene rappresentaröi nei gruppi psicodrammatici perché si prende più
coscienza di qualcosa che tende ad accadere ed è bene accompagnarlo con sentimento ed
intuizione.
Poi non è detto che questo sogno sia qualcosa che accade, ma è la possibilità più probabile
tra altre che possa accadere.
(un’ipotesi sul dejavu è quella di una visione sognata, che poi non è stata ricordata e quando
si incontra una situazione simile si ha la sensazione di aver già vissuto quell’istante)

● L’oracolo o sogno oraculum


Questo sogno si manifesta quando ci appare, durante il sonno un parente o un personaggio
venerabile e importante, come un sacerdote o una divinità stessa, per informarci di ciò che
accadrà o non ci accadrà e di ciò che dobbiamo fare o dobbiamo evitare.
Per Jung questi sogno sono esattamente significati perché ci troviamo in presenza di un
intervento diretto del Sé, la voce rivela una conoscenza che affonda le radici nei fondamenti
collettivi della psiche.
Il Sé che parla può essere di un antenato, di un dio o una voce misteriosa fuori campo.
Ciò che la voce dice non può essere discusso perché è una verità che emerge dal profondo,
i sogni oracoli erano molto presenti nell’antichità, il Doi parlava spesso nel sogno,
nell'Eneide, Enea è risvegliato da Ettore che lo avverte che Troia è in fiamme.

● Il sogno insomnium o incubo


Per Macrobio questo tipo di sogno ha luogo quando proviamo, dormendo, le stesse
opprimenti ansie di origine psichiche, fisiche ed esterna che di assillano essendo svegli, e
secondo lui l’incubo non ha bisogno di essere spiegato, perché al termine della notte, gli
effetti dell’incubo passano, ma gli analisti hanno compresero quanto questo sogno sia
importante perché crea angosce con reazioni fisiologiche, è un sogno che lascia un senso di
profonda inquietudine ed oppressione, sono esperienze percepite come spiacevoli e la
persona si sente minacciata da questa presenza.
Nello psicodramma l’incubo è importante rappresentarlo e spesso viene chiesto al sognatore
(come in un immaginazione attiva) di terminare e inventare con le immagini come
risolverebbe quell’incubo o come potrebbe andare avanti.

Spesso l’incubo è un messaggio che l’inconscio cerca di dare per modificare l'atteggiamento
cosciente del sognatore, è un messaggio che cerca di compensare ed equilibrare quello che
sta accadendo nella vita del sognatore.
L’incubo propone attraverso le sue immagine di dare attenzione a qualcosa che va cambiato
nella vita e nell'atteggiamento cosciente del sognatore.

Sia nell'analisi individuale sia nello psicodramma è molto importante lavorarci.


Nello psicodramma oltre ad aver rappresentato l’incubo e l’osservatore alla fine della
sessione narrerà il significato dell'incubo e qual è l’atteggiamento da modificare, nello
psicodramma si può anche cercare di risolvere anche l’incubo stesso nelle rappresentazioni
che si susseguono e stesso utilizzando la tecnica dell’”Helper”, che consiste nell’invitare il
protagonista a trovare una figura che avrebbe voluto vicino per aiutarlo in quella situazione,
si permette così al sognatore di riappropriarsi delle funzioni protettive e salvifiche dell’io
verso se stesso.

● Il sogno phantasma
Questi sogni si verificano al momento dell’addormentamento, si tratta di immagine eidetiche
nelle quasi si possono vedere forme che si ingrandiscono e si rimpiccioliscono come hanno
spesso i bambini, sono immagini che preparano a una dimensione onirica più profonda.
Nello psicodramma non vengono rappresentati, perché ritenuti poco importanti.

● Il sogno ricorrente
Il sogno ricorrente rappresenta un conflitto antecedente la prima presentazione di una serie
di sogni (che possono presentarsi per molti giorni, mesi o addirittura anni)
È frequente soprattutto fra le persone che non hanno mai fatto un'analisi o che ne stanno
appena iniziando una.
Quando è compreso non si manifesta pi e la psiche si apre a nuovi contenuto.
Il lavoro della psicologia analitica consiste, in fondo, nel far emergere, attraverso i sogni le
Gestalt interiori che danno un senso alla vita.
Il sogno ricorrente ha bisogno di essere elaborato sia nello psicodramma che nella terapia
individuale e spesso avviene nelle persone che hanno subito un trauma, l’inconscio prova ad
elaborare quel trauma senza riuscirci e a volte il sognatore ha dissociato la memoria
dell’evento traumatico (anche nel DSM-5 si parla che nel trauma come effetto del PTSD,
dopo un trauma si possono avere anche sogni ricorrenti).
I sogni ricorrenti cessano di ripetersi quando il sognatore rievoca il ricordo collegato al sogno
ricorrente (anche un conflitto infantile può generare questa serie di sogni ricorrenti).
Molte persone in terapia o che fanno analisi cessano di avere sogni di ricorrenti, questo
perché questi sè come se fossero una cronicizzazione di simboli che si ripetono e quindi
cessano di averli per iniziare a elaborare sogni nuovi.

● Il sogno o “grande sogno”


Jung postula l’esistenza di questi “grandi sogni” ossia sogni descritti anche da capi tribù,
sciamani e stregoni e spesso sono sogni che parlano dell’intera comunità che cerca di
trovare nuovi modi o soluzioni per l’umanità.
Gordon Lawrence fu l’ideatore di un modello che si chiama “social dreaming matrix” e
sosteneva che è limitativo vedere un sogno in una chiave interpretativa unicamente
personale e intrapsichica, il sogno non è solo espressione di parti interne, alcuni sogni
hanno un contenuto sociale e percepiscono una dinamica in un campo sociale, gruppale e
comunitario e cercano soluzioni alternative e creative delle tensioni di forze opposte la cui
complessità è spesso rappresentata simbolicamente.
Nei sogni sociali il sognatore, spesso, riesce a cogliere qualcosa del piccolo gruppo o della
comunità in cui è inserito e a dare importanza ai contenuti del sogno per scopi sociali.
Non tutti i sogni sociali hanno una soluzione ma possono essere sogni che mostrano un
problema collettivo.

Il Social Dreaming Matrix è un modello in cui il gruppo viene a porsi non seduto
circolarmente ma in quello che si chiama “fiocco di neve” in cui i partecipanti sono posti
come la struttura del fiocco di neve visto al microscopio con persone dietro, di lato oppure si
può utilizzare una struttura a spirale (di solito il conduttore è seduto vicino al centro della
spirale e ci sono persone di spalle, Lawrence volle questi tipi di setting perché riteneva che
l’inconscio, non è circolare ed è un setting che da la possibilità ad ognuno di essere da solo
all’interno dell’esperienza gruppale e il compito è di raccontare i sogni ed associazione ai
sogni per esplorare la matrice sociale dei sogni).

Gordon Lawrence utilizzava il Social Dreaming Matrix nelle organizzazioni per rendere più
coscienti del problema dell’organizzazione, visto dall’inconscio.
Il sogno con il suo sguardo nell'inconscio ci dice anche profonde verità scomode di cui però
l'organizzazione ne deve prendere atto.

Lo psicodramma online ai tempi d’oggi


Negli Stati Uniti da un paio di anni è stato creato il Tele’Drama, che però ha preso molto
valore nell’ultimo periodo (a causa del Covid).
- “Tele” riprende il concetto di Moreno di “connessione a distanza”, un rapporto di
co-inconscio tra le persone e nello psicodramma online si è a distanza gli uni dagli
altri ma possiamo avere profonde connessioni co-inconscie (se una persona da una
parte ad un altro io-ausiliario che rappresenterà la madre, potrebbe essere in un’altra
regione ma si instaura un grande legame emotivo durante l’azione).
- “Drama” significa “azione”, difatti psicodramma significa azione psichica e spinge
all'azione.
Lo psicodramma online si trova a riflettere sulla possibilità di lavorare sulle azioni ed
è un modello di lavoro in cui si possono sviluppare riscaldamenti (usando le blak out
room) e dove si hanno limiti perché le persone non possono incontrarsi nella stessa
stanza, abbracciarsi, rappresentare interagendo fisicamente, ma è importante
recuperare l’azione anche nello psicodramma online, perché noi apprendiamo
attraverso l’azione.

Nello psicodramma prendendo determinate posture rappresentando dei ruoli, il protagonista


inizia a comprendere meglio alcuni eventi ed esperienze della sua vita, di figure familiari e a
di aspetti interni e nello psicodramma online è importante che i protagonisti e gli ausiliari
vengono invitati ad agire e prende posture di fronte alla telecamera.
Ciò che è estremamente sviluppato nello psicodramma online è il lavoro dell'immaginazione
attiva (raccontare e rappresentare i sogni per poi lasciarsi andare a delle immagini prodotte
come fossero fantasticherie e lasciare che sia l’inconscio a produrle).
Uno dei limiti dell’online è che le persone hanno bisogno di abbracciarsi, incontrarsi e
nell’ultimo periodo chi vive soprattutto da sole ha meno possibilità di relazionarsi.
Quando la seduta di psicodramma online termina i partecipanti si trovano in un passaggio
dallo stare connessi allo sparire nelle connessioni e ritrovarsi da soli nella stanza.
Per alcuni questo è vissuto con dolore e drammatici mentre nelle sedute dal vivo le persone
terminata la seduta parlano nella stanza, oppure escono insieme ecc… c’è un progressivo
prendere le distanze, nell'online è molto più intenso e veloce e quindi bisogna preparare le
persone che non sono pronte a trattare questa separazione e prima della seduta si può
chiedere il vissuto della fine della seduta, il poter parlare del vissuto è un modo di anticipare
la separazione e si possono fare dei riti preparatori.

Fattori terapeutici di gruppo


A partire dagli anni i terapeuti si chiedevano quali fossero i fattori terapeutici dei gruppi.
Yalom fu uno dei più importanti ricercatori dei fattori terapeutici di gruppo.
Yalom è un terapeuta di gruppo americano autore di svariati romanzi sulla psicoterapia, ma
prima di lui altri autori che cercavano una sistematica ricognizione degli specifici fattori
terapeutici attivati dal gruppo.
Nel 1985 due studiosi hanno considerato una definitio di fattori “:il fattore terapeutico di
gruppo un elemento della terapia di gruppo che contribuisce al miglioramento di una
condizione del paziente e che è funzione delle azioni del terapeuta, degli altri membri del
gruppo e del paziente stesso”.

La ricerca di Irving Yalom riporta che ci sono 60 item che sono terapeutiche nei gruppi, che
vengono identificate durante una ricerca per poi inseriti in 12 classificazioni, in ordine
d’importanza (ogni classificazione è composta da 5 item):
1. Apprendimento interpersonale (apprendimento nello stare nelle nuove relazioni con
gli altri);
2. Catarsi;
3. Coesione di gruppo;
4. Comprensione di se;
5. Apprendimento interpersonale (esiti): è un apprendimento a distanza di 2 anni di
gruppo;
6. Fattori esistenziali;
7. Universalità;
8. Infusione di speranza;
9. Altruismo;
10. Ricapitolazione della vita familiare;
11. Guida;
12. Identificazione
Qui si scopre che ciò che cura in terapia di gruppo, è differente da ciò che cura in terapia
individuale.

Social Dreaming Matrix


Il Social Dreaming Matrix fu fondato da Gordon Lawrence (analista junghiano) nel 1982 a
Londra.
Più il gruppo è grande più è facile anticipare qualcosa che sta avvenendo nella comunità, già
nel 1961 Jung aveva compreso che i sogni preannunciano e mettono in guardia su qualcosa
che deve ancora avvenire.
Per Lawrence i conduttori erano dei raccoglitori di sogni e dei facilitatori nella condivisione
sociale dei sogni.
Nel 1982 Lawrence inizia le prime 8 sessioni di sedute della social dreaming matrix e sin
dalle prime esperienze utilizza il concetto di “matrice” (che deriva dal latino “matrix” che
significa utero, origine), i sogni venivano condivisi nella matrice, lui non chiamava il gruppo
“gruppo” ma lo chiamava “la matrice” ed effettuava matrici di social dreaming matrix, ossia
entrare in un utero che genera sogni, simboli, conoscenza e nuovi pensieri.
I sogni condivisi nella matrice potevano affiorare, ossia emerge qualcosa della matrice
inconscia che se sviluppata in un’organizzazione emergia un qualcosa della matrice
inconscia dell’organizzazione, così come nella società o nella cultura in cui il social dreaming
è inserito.
Questo metodo dà la possibilità di esplorare la natura sociale del sognare.
Nelle organizzazioni, per esempio, si puo conoscere l’inconscio delle istituzioni, ovvero si
può costellare le immagini che l’organizzazione presenta.
Gruppi diversi, hanno setting diversi e il social dreaming matrix ci si siede a spirale o in una
configurazione chiamata a fiocco di neve (perché Lawrence riteneva che l’inconscio non
fosse circolare e voleva riprodurre un setting in cui, anche in gruppo, l’individuo si ritrovi da
solo).
Nel social dreaming matrix ci si concentra particolarmente nel sogno, piuttosto che sul
sognatore, questo perché è un metodo di esplorazione e non è una psicoterapia, se ci si
concentra sui sogni e si da il via libera alle associazione libere, si diminuisce l’ansia e
all’angoscia (è un lavoro che passa attraverso il gruppo, come la gruppoanalisi).
La quantità di partecipanti è variabili ma il numero ideale è tra i 20 e i 40 partecipanti con
una durata classica di un’ora e mezza ma anche di un’ora.
Il primo sogno è sempre il più importante perché i successivi derivano poi dallo stesso.

Setting dei gruppi


- Dove e quando è possibile fare gruppi e perché?
I setting in cui possono formarsi i gruppi sono:
1. La scuola;
2. Nelle case di cura (per esempio quelle psichiatriche, in tutto il dipartimento
psichiatrico si possono fare gruppi, ma quando si fanno i gruppi bisogna pensare a
che tipo di pazienti si hanno, come psicosi acute, nevrotici eccc… quindi si devono
scegliere sia i modelli di gruppo da usare, come per gli acuti non si possono fare
psicodramma perché non si possono chiedere di fare inversioni di ruolo, ma può
essere condotto un gruppo con un modello gruppoanalitico di ascolto in cui si
interviene e si raccolgono le esperienze di tutti i pazienti);
3. Nelle organizzazioni (i fanno gruppi formativi, delle volte ci si ritrova con una vera e
propria psicopatologia delle organizzazioni, un'organizzazione può essere adeguata
o patologica, molte organizzazioni hanno vissuti paranoidi e di persecuzione.

S.P.D.C: Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura.


La psichiatria è stata modificata alla fine degli anni 70 con l’avvento di Psichiatria
Democratica di Basaglia che ha portato al parlamento di istituire una legge (la 180) che
interrompeva la prassi di grandi ospedali psichiatrici, con 3000 ricoverati (e molti non
avevano motivo per essere internati).
Con la legge 180 0gni cittadino che si ammala di mente viene valutato per un ricovero
volontario o coatto e viene ricoverato in un servizio sanitario di diagnosi e cura in cui per
legge può stare 15 giorni e viene seguito da equipe che avrà il compito di osservarlo,
valutarlo e fare un progetto terapeutico.
Con la mancanza di posti nell’S.P.D.C (che sono sempre pieni), nei reparti i pazienti hanno
una valutazione diagnostica per poi essere mandato in cliniche private per continuare quella
che dovrebbe essere il percorso terapeutico.
Oltre ai reparti per acuti ci possono essere:
- I centri di salute mentali (i cittadini possono rivolgersi, sono ambulatori di salute
mentale in cui lavorano psichiatri, medici, infermieri, educatori);
- Comunità;
- Il centro diurno (luogo dove si integrano lavori risocializzanti, apprendimenti di abilità
con modelli pedagogici, come imparare a tenersi puliti, piegare i vestiti, ma anche
apprendere a cucinare, fare attività di ceramica, sport, falegnameria, ecc.. ma ci sono
anche attività terapeutiche come lo psicodramma, il socio dramma, la danza terapia,
la musicoterapia…la prima cosa della giornata che avviene in un centro diurno è il
colloquio con un gruppo di accoglienza (il lunedì mattina) in cui si raccolgono le
esperienze dei pazienti del sabato e della domenica che hanno vissuto per elaborare
ciò che i pazienti portano, perché nel fine settimana il centro è chiuso, così come il
venerdì sera si fa un gruppo di accoglienza in cui si parla di cosa i pazienti
penseranno di fare nel fine settimana);
- Day Hospital;
- Centro di terapia familiare;
- Centro di ascolto del disagio giovanile.
Le reti di comunicazioni al centro di un dipartimento di salute mentale devono funzionare
bene (se viene trovato un violento in stazione e portato in un P.S.D.C deve essere seguito,
quindi gli operatori dei diversi posti si devono tenere in stretta comunicazione).

Quali gruppi si tengono nelle diverse unità?


- Negli S.P.D.C si tengono gruppi di un’ora (perché i pazienti di questi gruppi non
hanno la capacità di attenzione più lunga di un’ora), gruppi di parola dove ci può
essere un osservatore in cui alla fine dell’ora racconta il processo del gruppo e che
cos’hanno detto i pazienti, sono gruppi che trattano di cose di realtà ma sono anche
lo spazio del delirio dei pazienti;
- Al centro diurno ci sono pazienti non acuti e ci possono essere gruppi di
psicodramma, arteterapia, musicoterapia, i pazienti vengono invitati dall’equipe in
funziona della patologia ad un certo numero di gruppi la settimana.
In questi gruppi si impara a stare in relazione con gli altri per un periodo prolungato
della giornata (al centro diurno si va dalle 9 alle 17);
- Nelle comunità (comunità per giovani, per anziani ecc..) ci può essere un gruppo
della comunità che si ritrova settimanalmente e decide cosa mangiare, come fare i
turni di pulizia ma anche cosa organizzare per gli ospiti.
È un gruppo non sull’inconscio ma alcuni possono decidere di partecipare ai gruppi
terapeutici del centro diurno;
- Al centro di terapia familiare alcuni pazienti che arrivano in ambulatorio il problema
non è solo il paziente ma il rapporto della famiglia e può fare un ciclo di terapia
familiare, oltre che ai colloquio di sostegno psicologico nel centro di salute mentale e
l’assunzione di farmaci ambulatoriali;
- Centro di ascolto di disagio giovanile (questa è un'unità rara), è consulenza
psicologica per gli studenti nelle scuole, uno degli obiettivi era di evitare un primo
ricovero di un giovane in S.P.D.C e poterli seguire individualmente, ma anche nelle
scuole era possibile fare psicodramma e sociodramma.

La scuola
Gli psicologi che lavorano nelle scuola, devono integrarsi con altre professioni come gli
insegnanti e annualmente anche i presidi.
La scuola è uno dei principali ambienti di vita in sui si sviluppa il giovane, è uno dei luoghi
privilegiati di incontro ove è possibile osservare e agire sul disagio giovanile.
La scuola è un “laboratorio” espressivo dove il giovane può esprimere tanti aspetti della
propria vita come la crescita personale ma anche il disagio, per tali motivi la scuola è stata
scelta come il luogo privilegiato in cui realizzare gli interventi di questo gruppo di lavoro.
si possono attivare:
- Nell’ambito della formazione interna:
● Formazione dei tirocinanti (esempio: seminario ogni 2 mesi);
● Gruppi di studio tematico su come trattare gli attacchi di panico degli studenti,
come lavorare per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili
come fare educazione all'affettività e la sessualità;
● Laboratorio di debriefing psicodrammatico sulle situazione che vivono come
psicologi nei centri di ascolto.

Nell’ambito della prevenzione primaria, erano stati attivati progetti come:


- Progetto “gruppi di accoglienza”;
- Progetto “educazione all’affettività e alla sessualità”;
- Progetto “gruppi tematici”;
- Progetto “orientamento all’università/facoltà di psicologia”;
- Gruppi di psicodramma con adolescenti di 8 incontri, in cui i ragazzi portano sogni,
conflitti coi genitori, l’utilizzo di sostanze stupefacenti, ecc...

(disagi come droghe e anoressie è meglio non affrontarli nelle scuole media e superiori
perché i giovani potrebbero attivare dei comportamenti volti all’utilizzo di droghe o
all’anoressia)

Nel sistema scolastico si formano vari tipi di gruppo:


- Il gruppo classe con disagi come bullismo, conflittualità e disabilità;
- I consigli di classe;
- Il collegio docenti;
- I gruppi dei coordinatori

I disagi portati dagli studenti possono essere fisiologici e patologici (come i comportamenti
sessuali a rischio, l'auto isolamento, la dispersione scolastica, gli attacchi di panico, i
comportamenti autolesivi, l’abulia e i disturbi alimentari).
Ci sono poi disagi che si esprimono con suicidi, malattie, incidenti stradali o eventi sociali.

Trauma collettivo e psicodramma


Le guerre lasciano ferite profonde nei popoli e negli individui, menomazioni del
funzionamento sociale e lavorativo.
Il trauma conseguente è una ferita, una lacerazione che porta disturbi permanenti
nell’economia energetica della psiche.
Sia i reduci da zone di guerra, sia la popolazione civile esposta ad azioni belliche può avere
modificazioni durature della personalità con pesanti ripercussioni a livello biologico
(abbassamento delle difese immunitarie e aumento della mortalità precoce), psicologico,
sociale ed esistenziale per tutto il corso della vita.
Le guerre le costruiscono le persone e le guerre le soffrono le persone, il 90% delle vittime
sono civili, il campo di battaglia sono le case e la durata media (nel nostro tempo) è di 20
anni.

La comunità scientifica per anni si è divisa se considerare il DPTS tra i disturbi d’ansia o
disturbi dissociativi e comunque trattarlo come un disturbo non specificato, ma nel DSM-5
(pubblicato nel 2014) il disturbo post-traumatico da stress viene considerato un disturbo
specifico, distinto e non sovrapponibile ad altri quadri patologici.
Il DPTS si configura quando la persona ha vissuto, o ha assistito, o si è confrontata con un
evento (o molteplici eventi) che hanno implicato morte o minaccia di morte, gravi lesioni o
una minaccia all’integrità fisica propria o di altri.
L’evento traumatico viene rivissuto con:
- Episodi spiacevoli ricorrenti o intrusivi;
- Sogni spiacevoli, ricorrenti dell’evento;
- Con azioni come se l’evento si stesse ripresentando;
- Con allucinazioni ed episodi dissociativi di flashback.
C’è un persistente evitamento degli stimoli che ricordano il trauma, una riduzione marcata
dell’interesse, dei sentimenti di distacco verso gli altri e la diminuzione delle prospettive
future.
I sintomi non sono presenti prima del trauma (sintomi come insonnia, irritabilità e scoppi di
collera, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme).

Il sogno ricorrente come ripetizione del trauma


“la signora vedeva arrivare un treno e ogni volta lei giungeva con le valigie per
prendere quel treno, ma non riusciva a salirci, A volte, il treno non si fermava nella
stazione, semplicemente rallentava e andava oltre, altre volte invece il treno si
fermava ma lei non riusciva a salirvi”

“le chiesi soprattutto di andare indietro nei ricordi e di risalire a quando il sogno si era
presentato per la prima volta. Lei ricordo che la prima presentazione era dagli anni
alla fine della guerra (la Seconda guerra Mondiale), in cui era abbastanza giovane e
nel sogno arrivava con due valigie (...)”

Oppenheim (nel 1989) fu il primo ad utilizzare il termine di “nevrosi traumatica” per


distinguere i problemi funzionali del sistema nervoso in vittime di incidenti, mentre
Menninger e Bion riconobbe l’utilità e l'efficacia della terapia di gruppo nel trattamento delle
sindromi belliche.
Nel 1941 Kardiner osservava i veterani di guerra statunitensi e i sintomi di quello che ora
viene descritto come DPTS e nel 1968 Krystal rivelo che il trauma bellico attiva cambiamenti
duraturi della personalità (sindrome da campo di concentramento).

Nel 2005 a Vienne viene fondata la Fepto Task Force For Peace Building And Conflict
Transformation che solitamente si incontra due volte all’anno e sviluppa un seminario
formativo.
L’obiettivo principale è di insegnare modelli di lavoro e tecniche per chi si prende cura dei
traumatizzati, lavorando con gli operatori sociali, educatori, personale sanitario, psicologi e
soccorritori.
Di fronte a chi ha un trauma, il terapeuta deve ascoltare e contenere ciò che per l’individuo è
incontenibile, con un ascolto attivo e bisogna essere attenti nel non porre giudizi.
Nei gruppi l’inconscio collettivo è molto importante Weinberg dice che l’inconscio sociale è il
co-costruito condiviso inconscio dei membri di un certo sistema sociale (come la comunità,
la società, la nazione o la cultura), esso comprende angosce condivide, fantasie, difese, miti,
memoria e i suoi mattoni sono fatti di traumi scelti (rappresentazioni mentali condivise di
traumi massicci di cui hanno sofferto i nostri ancestori, quando la società regredisce, il
proprio trauma scelto viene riattivato al fine di sostenere l’identità minacciata del gruppo. Il
trauma scelto risiede nell’inconscio sociale proprio come gli archetipi costruiscono e
risiedono nell’inconscio collettivo) e glorie scelte.
Quando si lavora con un gruppo traumatizzato come prima cosa bisogna portarlo in un luogo
sicuro, un Safe Place spesso geograficamente e fisicamente lontano dal luogo dove il
trauma si è creato ed è uno spazio che deve rispondere ai bisogni primari delle persone
traumatizzate, il luogo sicuro delimita il trauma, deve far ricrescere l’autostima minata dal
trauma, inteso come uno spazio psichico interiore dove ci possa sentire più sicuri e sia un
generatore di risorse tra cui non ultima la speranza.
Ed è importante anche portare in quello che viene chiamato “il terzo luogo”, i partecipanti del
gruppo, un posto dove i partecipanti possano esperire un nuovo linguaggio e nuove modalità
espressive e relazionali, è lo spazio del gioco, del teatro, della semirealtà psicodrammatica.
Il luogo del sogno che contiene con i suoi simboli la tensione degli opposti, il luogo delle
fiabe che contengono le energie archetipiche del dramma ma lo elaborano attraverso
l’utilizzo di strumenti magici, ma è anche uno spazio immaginale, mitico simbolico
rappresentativo.
I conflitti non possono essere risolti ma trasformati e l’obiettivo è di trasformare questi
conflitti e questo avviene nel “terzo luogo”.

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