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Psicologia Clinica C.A.

Etivity appello scritto del 27 aprile 2023


Studente: Giovanni Di Martina
Matricola: PSIS006828

PROGETTO D’INTERVENTO GRUPPALE AD ORIENTAMENTO GESTALTICO IN


REGIME AMBULATORIALE PUBBLICO PER TRATTAMENTO DELLE DIPENDENZE

1. INTRODUZIONE

Consapevole che il presente progetto non potrà essere né esaustivo ma


piuttosto foriero di imperfezioni, mi è sembrato opportuno raggruppare i destinatari
del trattamento in una categoria molto ampia e generica che accomunati dal tema
della dipendenza. Avrei potuto scegliere una singola dipendenza (da sostanza, da
alcol) ma mi è parso opportuna questa scelta sia perché coerente con l’impianto
teorico specifico, gestaltico in questo caso, che dalla ricchezza che deriva dal
percorso di uomini e donne che si incontrano e si scoprono accomunati dalla stessa
problematica anche se con sfaccettature diverse, e dalla stessa meta: sentire e
consapevolizzare.

2. I GRUPPI NELLA PSICOTERAPIA DELLA GESTALT

«L’uomo civilizzato del ventesimo secolo è tutto nella testa»1, col rischio di
accostarsi e approcciarsi alla realtà solo attraverso il pensiero e i frutti del pensiero, le
idee, e perdendo il contatto con quelle parti del Sè che emergono sotto forma di grido
nella patologia.

La differenza tra la terapia gestaltica e la maggior parte degli altri tipi di psicoterapia è in
sostanza che noi non analizziamo nulla. Noi integriamo. Quel che cerchiamo di evitare è
precisamente il vecchio errore di confondere la comprensione con la spiegazione. Se
spieghiamo, se interpretiamo, questo può essere senz’altro un giuoco intellettuale
interessantissimo, ma è sempre un’attività sostitutiva, e un’attività sostitutiva è peggio che
non far niente2.

1 A. BRAMUCCI, Il gruppo e la psicoterapia della ‘Gestalt’: storia e tematiche, Studi Urbinati 68, 1998, 853.
2 F.S. PERLS, La terapia gestaltica. Parola per parola, Roma 1980, 75.
1
Con questa apostrofe Perls intende mettere in guardia dal rischio, tutto
occidentale, di concentrarsi esclusivamente sull’intelletto, quasi fosse l’unica facoltà
dell’individuo, e invita a spostarsi sulla comprensione, per uscire dalla testa per
potersi riappropriare di tutte quelle facoltà di cui l’uomo è stato privato. Con questo
non si vuole sacrificare il pensare a favore del sentire ma aiutare ad appropriarsi di
tutte quelle parti che sono state per lungo tempo taciute e soffocate. «Nella terapia
della Gestalt si cerca di giungere ad una integrazione dei diversi livelli
dell’esperienza umana - cognitiva, corporea, sensoria, emotiva, immaginativa - senza
privilegiarne qualcuno in particolare»3.

3. PROGETTO DI INTERVENTO: LA GESTALT E LE DIPENDENZE

Quanto appena esposto non ha fini puramente esplicativi ma è fortemente


legato al progetto di cura e di aiuto per i soggetti qui destinatari del trattamento, cioè
coloro, per le cui esperienze di vita, sono stati condotti a inventare in maniera
creativa (per sopravvivere) una modalità di contatto con l’altro da sé, con l’ambiente
o chi lo abita, nella forma tipica delle dipendenza.
Nei pazienti affetti da questa patologia l’uso o l’abuso diventano una vera e
propria dipendenza (ciò è anche vero nel caso della privazione da qualcosa, come di
chi si rifiuta di assumere il cibo, tale rifiuto diventa una vera e propria dipendenza, di
cui non si può fare a meno).
Pertanto la finalità del progetto di intervento e di cura dovrà condurre alla
comprensione di quale vissuto provoca e permette alla dipendenza di ripetersi.
La domanda che dovrà guidare la terapia di gruppo sarà: qual è il legame che la
persona ha con la sostanza, con la persona, con l’azione, con la privazione con cui
instaura un rapporto di “incoercibile bisogno”? Nella dipendenza il legame con
l’oggetto desiderato, da cui non si può fare a meno, è segnato da un vissuto
totalizzante, l’oggetto da cui si dipende (o da cui si fa a meno) è tutto. Da ciò dipende
quella coazione a ripetere che è la sola certezza, la sola fonte dalla quale si possa fare
esperienza della propria pienezza: la dipendenza dall’oggetto, il non staccarsene
3 A. BRAMUCCI, Il gruppo e la psicoterapia della ‘Gestalt’: storia e tematiche, Studi Urbinati 68, 1998, 853.
2
diventa elemento così identitario da divenire l’unica fonte che permette di ricreare
una piena gratificazione originaria. Vissuto di fondo nelle dipendenze è la percezione
di avere dentro un vuoto. Per questo è importante attivare processi che permettano di
poter distinguere la specifica esperienza di vuoto.

4. IL PROCESSO E IL SET

Vivere un percorso terapeutico in un gruppo di Gestalt permette di


sperimentare un senso di contenimento dei confini e di calore, un rientrare
nell’atmosfera uterina in cui si abbaia la chiara percezione di essere al sicuro, in cui
nulla che accade possa essere pericoloso4. Oltre alla sicurezza, altro elemento
fondamentale nella terapia è la possibilità di fare esperienza e sperimentare
(lavorando in gruppo) nuove e molteplici possibilità del sé, che è l’obiettivo
principale di tale tipo di terapia di gruppo.
Per questo è opportuno che il gruppo sia formato da 8-10 persone, che il
terapeuta ospiterà in una stanza molto grande il cui pavimento sarà completamente
coperto da tappeti, con cuscini alle pareti, e delle sedie disposte a cerchio in modo
che tutti possano vedersi. Il terapeuta avrà un posto fisso, mentre i pazienti
sceglieranno il loro posto all’inizio di ogni seduta. Il percorso avrà una durata medio-
lunga, con termine non rigidamente fissato all’inizio. Le sedute si svolgeranno
inizialmente a cadenza settimanale, per poi incontrarsi due volte al mese dopo il
primo anno e avranno la durata di 2 ore ciascuna. La ragione che sottende la
riduzione del numero di sedute è legata alla finalità terapeutica propria di questo tipo
di gruppo di trattamento delle dipendenze. Potrebbero infatti venirsi a creare nuove
dipendenze legate allo stesso percorso terapeutico; quindi il potersi pian piano
sperimentare coesi ma in-dipendenti permette di poter andare liberamente nel mondo
e integrare autonomia e appartenenza, senza oscillare in maniera sbilanciata nell’una
o altra modalità.
I componenti saranno invitati, prima del costituirsi del gruppo, ad incontrarsi
col terapeuta per 3/4 incontri individuali, nei quali si cercherà di individuare la

4 Ibidem, 859.
3
domanda relativa alla richiesta di aiuto, le problematiche e difficoltà relazionali, la
sintomatologia, nonché la valutazione delle capacità metacognitive, il contesto
sociale e familiare in cui il singolo è inserito. In seguito il terapeuta-conduttore si
confronterà con altri colleghi psicoterapeuti di differenti approcci teorici e
metodologici, educatori, psichiatri appartenenti alla medesima istituzione, per poter
decidere insieme il tipo di percorso e se il format gruppo potrà effettivamente, on
base alle indagini fatte, essere di aiuto allo specifico paziente. Infatti, sebbene la
conduzione spetterà ad un solo conduttore ad orientamento gestaltico, il progetto
terapeutico prevede lo scambio, la collaborazione e il supporto di diverse figure che
periodicamente verranno coinvolte e aggiornate circa il processo terapeutico
gruppale.

Una volta stabilito l’ingresso nel gruppo, verranno illustrate le condizioni


contrattuali relative a quanto su esposto, ai costi della terapia erogati tramite ticket,
all’impegno di non incontrarsi al di fuori della terapia e di non assentarsi se non per
ragionevoli motivi, nella consapevolezza che ogni componente risulta essere
elemento terapeutico fondamentale per il percorso di tutto il gruppo, il cui risultato e
la cui forza risulta andare ben oltre la semplice sommatoria di tutti i componenti: «nel
nostro lavoro cerchiamo di creare possibilità in cui l’individuo da un lato si
sperimenti in contatto con, dall’altro si riconosca come colui che ha esperito. Egli
può in tal modo aggredire solo gli elementi che vuole introiettare nel Sé,
abbandonando nell’ambiente tutto ciò che attualmente non gli appartiene»5.
Il gruppo intraprende così un lungo viaggio nel quale i viandanti sono costituiti
da persone che possono sperimentare di sentirsi accolte e accettate. Il gruppo diventa
un laboratorio, uno spazio creativo per poter esprimere e dove parlare dei propri
vissuti e problemi personali e relazionali. All’interno di questo tipo di gruppo il focus
non ricade tanto su cosa accade, ovvero sulle dinamiche interpersonali e gruppali, ma
sul come, sulle modalità attraverso le quali la singola persona entra in contatto con gli
altri componenti6.

5 M. MENDITTO - F. RAMETTA, Le possibilità del Sé, «Caleiodoscopio» 3/4, 7.


6 J. ZINKER, Processi Creativi in Psicoterapia della Gestalt, Milano 2015, 66.
4
Nel trattamento delle dipendenze in un gruppo a orientamento gestaltico una
forte enfasi è data al sentire. Sembrerà strano ma alla domanda “cosa senti?” molti
rimarranno senza parole, senza calore, proprio perché il sentire è stato, per molteplici
motivi, bloccato e soffocato da quando ciascuno ha deciso di non dargli ascolto per
sopravvivere al dolore. Solo per esemplificare, sappiamo bene come nei gruppi di
pazienti anoressici il grande rischio sia quello di soffermarsi sul sintomo: tutto quanto
ruota attorno ad esso, ovvero al corpo visto. Si è perso ogni contatto corpo sentito! Le
sensazioni, le percezioni, sono state bloccate, interrotte nel loro fluire.
La dipendenza, con i sintomi specifici di ciascuna tipologia, «diventa
l’occasione per il cambiamento, il corpo si apre e la sofferenza diventa l’inizio della
possibilità di sentire il corpo e di sciogliere le retroflessioni, possibilità che - allo
stesso tempo - apre al dolore, al vuoto ed alla solitudine da tanto tempo custoditi»7.
Il sintomo non è altro che un “appello alla relazione”8 e il gruppo con i suoi
partecipanti diventa il teatro attraverso il quale poter recupera quei contatti interrotti e
possibilità di raggiunger l’latro in modo sano e nutriente.
Per questo la strutturazione del Setting nel gruppo gestaltico segue questi
principi base:
1. Innanzi tutto viene data priorità all’esperienza attuale prestando attenzione non
tanto al passato ma al qui ed ora ovvero a quanto accade a livello fenomenologico
nel e tra i membri del gruppo diventa oggetto di lavoro tra i componenti;
2. Sviluppo della consapevolezza nel gruppo aiutando i membri del gruppo a
concentrarsi su ciò che accade nel momento presente sull’azione che si sta
compiendo, su ciò che si sta sentendo e sui sentimenti che si stanno provando.
Sarà un eventuale blocco che si verifica nella situazione attuale a far emergere
una situazione del passato che è rimasta aperta, dando così la possibilità nel
lavoro col gruppo (ad esempio mettendo in scena l’evento con il coinvolgimento
degli altri componenti) di elaborarla e finalmente di chiuderla;

7 V. CONTE, La modalità relazionale narcisistica nella postmoderni e il lavoro terapeutico in Gestalt Therapy, GTK 4,
Ragusa 2013, 29.
8 A. SICHERA (2001), A confronto con Gadamer: per una epistemologia ermeneutica della Gestalt, in M. SPAGNUOLO
LOBB (ed.), La Psicoterapia della Gestalt. Ermeneutica e clinica, Milano, 17-41.
5
3. Contatto attivo tra i partecipanti grazie al quale si sperimentano somiglianze e
differenze con gli altri;
4. Rappresentare quanto accade tramite “esperimenti” attivi ed “esercizi” di gruppo.
Gli esercizi sono progettati e pensati prima dal terapeuta; gli esperimenti nel
gruppo invece vengono costruiti in base a quanto accade nel gruppo nel momento
presente (ad es. se un componente racconta un sogno il conduttore può chiedere a
diversi partecipanti di mettere in scena il sogno e rivestirsi dei panni dei diversi
personaggi e/o dei diversi vissuti, sentimenti, oggetti, animali che emergono dal
racconto). La rappresentazione e la possibilità del protagonista di potersi parlare
con diverse parti di sé si apprende pian piano ad entrare in contatto con e proprie
rappresentazioni interne.

Il set in cui si lavora è un fattore fondamentale: il modo in cui la stanza è


arredata, la luce, eventuali oggetti sono elementi che fanno parte del cosiddetto
sostegno ambientale e che col passare del tempo creano la familiarità del luogo: sarà
proprio nello sviluppo di un clima di appartenenza che potrà nasce una progressiva
fiducia nei partecipanti9. I partecipanti non sono costretti a parlare se non lo sentono
ma un elemento che accomuna tutti è la visibilità: ciascuno deve avere la percezione
e deve essere visto dagli altri, il corpo, la postura, il modo di stare con, il
gesticolare.10

Ancora più della descrizione scenica è importante la posizione in cui si lavora:


seduti in circolo sulle sedie oppure seduti o sdraiati (a seconda di inibizioni
personali!) su materassi e cuscini. La distanza da terra e/o il movimento del
corpo per i membri di un gruppo Gestalt è un elemento da tenere in
considerazione e sicuramente la posizione delle sedie favorisce meno un certo
rilassamento corporeo, e c’è un minore contatto con il terreno […] Già dai
primissimi minuti della seduta il terapeuta può cogliere tutta una serie di
segnali su come ogni individuo nel gruppo aggredisce l’ambiente e utilizza il

9 A. BRAMUCCI, Il gruppo e la psicoterapia della ‘Gestalt’: storia e tematiche, Studi Urbinati 68, 1998, 865.
10 Ibidem.
6
proprio sistema schelerico-muscolare, il modo di respirare, se sta vicino o
lontano dagli altri, qual’è la distanza dal terapeuta, se è alla ricerca di un
contatto fisico, se è un isolato etc.
La scena iniziale (ed in ogni seduta ci sono continuità e differenze) è quindi un
set animato, dove la persona attraverso il corpo ed i suoi movimenti lancia
frecce - come dice Erving Polster - e così può iniziare la relazione
terapeutica11.

5. CONCLUSIONI

“Smettere di dipendere” potrebbe considerarsi l’obiettivo della terapia, che ne


determinerebbe anche la fine. Tuttavia oltre alla scomparsa o gestione della
dipendenza, ciascun membro potrà portare con se uno zaino pieno di un proprio
equipaggio di apprendimento: la scoperta della presenza della propria sensorialità e la
capacità di cogliere, sopportare e sostenere il terrore delle morte (che accompagna un
po’ tutte le dipendenze, anche quelle affettive) farà venire fuori una dimensione
costitutiva dell’esperienza della dipendenza: la solitudine. Una solitudine attraversata
fino in fondo, fino a toccare il baratro del dolore che tuttavia ha trovati contenimento
e sostegno e, nel tempo, delle vicinanze non troppo invadenti cominceranno ad
assumere valore, ad acquisire un senso. Il volto del terapeuta e degli altri partecipanti
cominceranno ad essere percepiti come alterità di cui potersi finalmente fidare e che
curano e così pian piano, uno sfondo di presenza affettiva continuerà ad essere sentita
e a fare la differenza12.

Ibidem.
11
G. FRANCESETTI, Il disturbo ossessivo-compulsivo: una esplorazione fenomenologia e gestaltica, Quaderni di Gestalt,
12
XXX, n. 1/2017, 76.
7
BIBLIOGRAFIA
BRAMUCCI A., Il gruppo e la psicoterapia della ‘Gestalt’: storia e tematiche, Studi
Urbinati 68, 1998.

CONTE V., La modalità relazionale narcisistica nella postmoderni e il lavoro


terapeutico in Gestalt Therapy, GTK 4, Ragusa 2013.

FRANCESETTI G., Il disturbo ossessivo-compulsivo: una esplorazione fenomenologia


e gestaltica, Quaderni di Gestalt, XXX, n. 1/2017.

MENDITTO M. - RAMETTA F., Le possibilità del Sé, «Caleiodoscopio» 3/4.

PERLS F.S., La terapia gestaltica. Parola per parola, Roma 1980.

SICHERA A. (2001), A confronto con Gadamer: per una epistemologia ermeneutica


della Gestalt, in M. SPAGNUOLO LOBB (ed.), La Psicoterapia della Gestalt.
Ermeneutica e clinica, Milano.

ZINKER J., Processi Creativi in Psicoterapia della Gestalt, Milano 2015.

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