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Infermieristica in Area Critica

Prof: Fabio Scotti, Silvana Tosi, Matteo Cosi


fabio.scotti@unipv.it, s.tosi@smatteo.pv.it, matteo.cosi@unipv.it

A.A. 2020/2021

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Indice:
Persona in stato di criticità vitale pagg. 3-5
Aspetti organizzativi e strutturali in area critica pag. 5
Unità di base pagg. 6-7
Carrello urgenza pag. 7
Infermiere in area critica pagg. 8-10
Monitoraggio in area critica pag. 10
Sistema di emergenza sanitaria territoriale 118 pagg. 10-14
Interconnessioni ospedaliere e DEA pag. 14
Valutazione delle persone nei DEA pagg. 14-16
Triage pagg. 16-20
Approccio alle vittime da trauma pagg. 20-24
Approccio al paziente: pagg. 24-25
Fase 1: accertamento pagg. 24-25
Fase 2 e fase 3: pianificazione e attuazione pag. 25
Fase 4: valutazione pag. 25
Paziente con problemi emodinamici e cardiologici pagg. 26-29
Ritmi cardiaci pericolosi per la vita pag. 29
Gestione degli accessi vascolari e somm. di farmaci pagg. 29-34
Bisogno di respirare pagg. 35-37
CPAP e NIV pagg. 37-43
Monitoraggio respiratorio avanzato pagg. 43-52
Tracheostomia pagg. 52-53
Delirium pagg. 53-55
Paziente con problemi neurologici pagg. 55-62
Dialisi ed ultrafiltrazione pagg. 62-64
ECMO pag. 64
Ecografia ad uso infermieristico pagg. 64-65
Processo di donazione organi e tessuti pagg. 65-67
Comunicare in terapia intensiva pag. 67
Valutazione del dolore pag. 68

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Test: 30 domande a risposta multipla con domande di ragionamento

PERSONA IN STATO DI CRITICITÀ VITALE

 Caso clinico Gisella: Gisella, 45 anni, laureata in lingue lavora come manager in un’importante ditta;
vive da sola in un appartamento in un paese limitrofo a Pavia, entrambi i genitori sono deceduti, ha
due fratelli che abitano in altre regioni. Gisella è una persona molto sportiva, ama viaggiare, non ha
mai avuto alcun problema di salute. In un sabato di fine settembre, Gisella, come di consuetudine,
esce di prima mattina per dedicarsi ad uno dei suoi hobby preferiti, il jogging. Rientrata a casa,
dopo aver pranzato, si avvia in auto dalla parrucchiera. Durante il tragitto perde il controllo
dell’auto e si ribalta più volte nel campo. Dall’autista dell’auto che era dietro quella di Gisella viene
effettuata prontamente la chiamata al NUE (Numero Unico di Emergenza).

Il concetto occidentale di salute riguarda la persona in forze, che riesce ad avere una vita attiva all’interno
del contesto sociale. La risposta sanitaria nei confronti del soggetto in salute deve essere altamente
tecnologica: è necessario allontanare quindi la malattia, il pericolo di morte e mettere in atto tutte quelle
condizioni che permettano una buona qualità di vita. La stabilizzazione della situazione di criticità vitale è
un primo grande risultato, senza il quale diventa impossibile allontanare l’exitus e dare speranza alla
persona e ai caregiver di una possibile ridefinizione del progetto di vita.
L’area critica è un’area assistenziale in cui esistono tecnologie rapidamente obsolete e di alto costo, sono
presenti delle professionalità elevate ed una continua e sistematica manutenzione. L’ospedale ha un ruolo
sempre più preciso e definito nel trattamento dell’evento acuto e nella crescente complessità delle
situazioni clinico-assistenziali e organizzativo-gestionali. Per area critica si intende qualunque struttura,
servizio o ambito operatorio, in cui personale qualificato si impegni, con l’uso di adeguate attrezzature e
risorse, a soddisfare tutti i bisogni del paziente critico. Inoltre, si intende anche “l’insieme delle situazioni
caratterizzare dalla criticità del malato e dalla complessità dell’intervento medico-infermieristico e l’insieme
delle strutture, servizi o ambiti operativi in cui il personale opera con l’uso di adeguate attrezzature e
risorse per soddisfare tutti i bisogni presentati da persone in condizioni di rischio per la vita”. L’associazione
nazionale degli infermieri di area critica si definisce ANIARTI.
L’area critica comprende un’area situazionale in cui l’intervento non ha come fulcro il ripristino della
funzionalità dell’organo traumatizzato o colpito dalla patologia e la correlata alta capacità di gestire una
tecnologia complessa ma la situazione della persona che manifesta o evidenzia bisogni assistenziali che
devono essere soddisfatti o compensati indipendentemente dalle cause patologiche da cui traggono
origine. La visione infermieristica ha come scopo di superare la concezione settoriale e su base
esclusivamente clinica dell’assistenza al malato “critico” e chiedere una formazione specialistica strutturata
non sulla disciplina clinica, ma sullo specifico disciplinare infermieristico.
Il paziente critico è la persona in una situazione di instabilità-criticità vitale con precario equilibrio fisico e
psichico, soggetto a continui mutamenti clinico-assistenziali. È un individuo in cui esiste o si prevede possa
insorgere a breve scadenza un’insufficienza reversibile dei principali parenchimi, tali da mettere in pericolo
la vita della persona. Si determina ogni qualvolta il sistema “uomo” che perde la sua condizione di equilibrio
e stabilità vitale. Consegue quindi ad un’insufficiente o mancata capacità di adattamento dell’organismo e
insorge quando i sottosistemi che lo compongono non rispondono ai meccanismi compensatori finalizzati al
mantenimento della vita. La criticità vitale è un evento traumatico o insufficienza acuta di un organo o più
organi o più sistemi con conseguente rischio per la vita. Richiede intensività assistenziale medico-
infermieristica comprensiva della gestione competente di tecnologia anche su base informatica che vicaria
le funzioni vitali compromesse. Produce una sedimentazione esperienziale sicuramente significativa ed
indelebile. L’intensività assistenziale è un alto bisogno di assistenza sia tecnica che assistenziale; i sanitari
gestiscono situazioni di lavoro in cui emergenza e urgenza sono la quotidianità. Devono sviluppare abilità

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tecniche, organizzative e devono essere competenti per riconoscere precocemente segni e stintomi del
paziente e dare risposte immediate e corrette. Il paziente critico può essere:
- Alla prima esperienza di vita
- Passato dalla completa autonomia alla totale dipendenza in seguito ad un evento imprevisto
- Già ammalate la cui situazione clinica si aggrava
- In attesa di un trapianto o che convivono con un organo trapiantato e che sperano di poter
ricostruire un proprio progetto di vita
I pazienti critici si differenziano dagli altri pazienti per:
- Gravità
- Dipendenti per la vita da supporti extracorporei
- Dipendenti per la vita dalla costante cura del personale sanitario
- Impossibilità di esprimere i proprio bisogni
- Impossibilità di riferire i sintomi e le emozioni
- Non scelgono volontariamente il loro ricovero
Le strutture nelle quali vengono espletati atti terapeutici sulla persona in condizioni “critiche”. Quindi,
nell’ambito dell’area critica:
- Pronto soccorso - S.S.U.EM. 118
- Rianimazione e Terapia Intensiva - Emodinamica-angiografia
- Sala operatoria
L’emergenza è una situazione statisticamente poco frequente che coinvolge uno o più individui, vittime di
eventi che pretendono un immediato e adeguato intervento terapeutico ovvero il ricorso a mezzi speciali di
trattamento. L’emergenza è una qualsiasi condizione patologica che metta in pericolo la sopravvivenza o la
funzione di organi vitali, in assenza di adeguato trattamento, entro pochi minuti. L’ urgenza è una
condizione statisticamente ordinaria che riguarda uno o pochi individui colpiti da processi patologici per i
quali, per non esistendo un immediato pericolo di vita, è tuttavia necessario adottare, entro breve termine,
l’opportuno intervento. L’urgenza è una qualsiasi condizione patologica che metta in pericolo la
sopravvivenza o la funzione di organi vitali, in
assenza di adeguato trattamento, entro alcune ore
o giorni. Da un momento all’altro l’urgenza può
evolvere in emergenza ma posso attuare prima un
intervento diagnostico. Il fattore tempo è una
differenza tra emergenza ed urgenza: comprende la tempestività degli interventi, la qualità degli interventi
e l’attuazione di linee guida di valutazione/azioni ben definite. Ci si avvale della catena di sopravvivenza,
ossia un insieme di azioni che devono essere attuate in conseguenza e legate tra di loro (se non viene
attuata la catena si spezza). Le reti tempo-dipendenti hanno come obiettivo quello di fornire il prima
possibile al paziente l’intervento più adeguato alla sua patologia. La mancata adozione delle reti determina
un aumento del rischio clinico collegato al differimento nel tempo del trattamento medico-specialistico
necessario al paziente. Con reti tempo dipendenti si identificano le reti clinico-assistenziali in cui, al
verificarsi dell’evento acuto, il fattore tempo costituisce un elemento determinante per la qualità e l’esito
delle cure, in presenza di condizioni ad elevato rischio di mortalità. Le reti principali sono:
- Reti infarto STEMI: la rete per l’IMA permette di attuare la precoce terapia riperfusiva coronarica e
trasporto del paziente con IMA STEMI in sala emodinamica per l’intervento di angioplastica
primaria
- Rete cardiologica: è un’estensione della rete infarto STEMI per quelle patologie cardiologiche che
possono andare incontro ad emergenza clinica
- Rete ictus: permette di attuare la precoce terapia trombolitica nei pazienti con ictus cerebrale
ischemico o trattamento neurochirurgico nei pazienti con ictus emorragico

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- Rete trauma: la rete permette la centralizzazione del paziente con trauma grave al centro più
adeguato a livello ed intensità di cure
- Rete neonatologica e dei punti di nascita: la rete permette il corretto inquadramento delle
gravidanze a rischio, in modo da indirizzare la gestante al punto di nascita più idoneo

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I fattori del processo assistenziale comprendono:
- Tempo: variabile indipendente
- Luogo: possibilità di utilizzare immediatamente specifici supporti tecnologici o la disponibilità di
altri professionisti
- Dati a disposizione: variabili dipendenti dal fattore tempo ed interagenti nella definizione e
attuazione degli interventi
- Tecnologia a disposizione
- Professionalità dell’équipe sanitaria
Due punti cardine dell’area critica sono:
- Monitoraggio intensivo
- Trattamento intensivo

ASPETTI ORGANIZZATIVI E STRUTTURALI IN AREA CRITICA


Secondo i DPR del 14 gennaio 1997 le attività di rianimazione e terapia intensiva sono dedicate al
trattamento intensivo dei soggetti affetti da una o più insufficienze d'organo acute, potenzialmente
reversibili, tali da comportare pericolo di vita ed insorgenza di complicanze maggiori. La configurazione
ambientale delle unità di rianimazione e terapia intensiva può essere a degenza singola o a degenze
multiple. I locali e gli spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle attività erogate. La
dotazione minima di ambienti per la rianimazione e terapia intensiva è la seguente:
- Zona filtro per i degenti - Locale lavoro infermieri
- Zona filtro personale addetto - Servizi igienici per il personale
- Degenze - Deposito presìdi sanitari ed altro
- Locale per pazienti infetti dotato di zona materiale pulito
filtro - Deposito materiale sporco
- Locale medici
La terapia intensiva deve essere dotata di condizionamento ambientale che assicuri le seguenti
caratteristiche igrotermiche:
- Temperatura interna invernale ed estiva: compresa tra 20-24 °C
- Umidità relativa estiva e invernale: 40-60%
- Ricambi aria/ora (aria esterna senza ricircolo): 6 v/h
È inoltre prevista la seguente dotazione minima impiantistica:
- Impianto di gas medicali
- Impianto rilevazione incendi
- Impianto allarmi di segnalazione esaurimento gas medicali
I requisiti minimi tecnologici devono essere:
- Letto tecnico - Monitor per la rilevazione dei parametri
- Apparecchio per anestesia con sistema di vitali
evacuazione dei gas dotato anche di - Aspiratore per bronco-aspirazione
spirometro e di monitoraggio della - Lampada scialitica
concentrazione di ossigeno erogato, - Frigoriferi per la conservazione di farmaci
respiratore automatico dotato anche di ed emoderivati
allarme per disconnessione paziente - Defibrillatore
I requisiti minimi organizzativi comprendono invece che in ogni struttura erogante prestazioni deve
prevedere tra i requisiti organizzativi che la dotazione organica del personale medico ed infermieristico
deve essere rapportata alla tipologia dell'attività svolta e al volume complessivo degli interventi chirurgici
effettuati.
UNITÀ DI BASE [allegato 17]
L’unità di base dell’area critica deve avere delle caratteristiche specifiche:

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- Letto: per un paziente ricoverato in Terapia Intensiva è altamente tecnologico e permette di
assumere molte posizioni diverse. È posizionato lontano dalle pareti, in modo che sia accessibile sui
quattro lati. Ha delle spondine rimovibili, per garantire la sicurezza del paziente; ha delle ruote, nel
caso siano necessari spostamenti urgenti. Appena possibile, ogni paziente è invitato a svolgere la
fisioterapia ed è possibile che durante il giorno sia seduto in poltrona. Il materasso è ad aria, con un
compressore che ne controlla costantemente la pressione, in modo di prevenire la formazione di
piaghe da decubito.
- [allegato 11]Ossigenoterapia: se un paziente ha bisogno di più ossigeno di quello che c'è nell'aria, è
possibile fornirglielo attraverso degli erogatori posti vicino ad ogni letto. Per fare arrivare l'ossigeno
alla bocca e al naso esistono diversi tipi di maschera, talvolta collegate anche ad un umidificatore.
- Ventilatore meccanico: è una macchina che aiuta i polmoni ed i muscoli respiratori in caso di
insufficienza respiratoria. Per effettuare la ventilazione meccanica si possono usare:
 Maschere facciali o nasali applicate al volto della persona e fissate tramite apposite
cinghiette elastiche (ventilazione non invasiva);
 Tubi che dalla bocca (tubo orotracheale) o dal naso (tubo naso-tracheale) arrivano alla
trachea; tubi che attraverso il collo (cannula tracheo-stomica) entrano direttamente nella
trachea (ventilazione invasiva). In questi casi, il paziente non può parlare perché l'aria,
passando all'interno del tubo, non entra in contatto con le corde vocali. Tuttavia, una volta
rimosso il tubo (estubazione), il paziente tornerà a parlare come prima. È possibile che il
ventilatore emetta dei suoni (allarmi), o che il suo monitor si illumini di vari colori.
- Pompe infusionali: lo scopo delle pompe infusionali è quello di garantire una somministrazione di
liquidi (farmaci, alimenti) che rimanga costante nel tempo, scegliendo la velocità di
somministrazione giusta per quel paziente in quel momento. Possono essere collegate a tubicini
morbidi (cateteri) che arrivano nelle vene, nel tessuto sottocutaneo o nello stomaco. Ne esistono di
diversi tipi, a seconda sia necessario essere molto precisi (pompe siringa), oppure per grossi flussi
(pompe peristaltiche). È possibile che le pompe emettano dei suoni (allarmi): questo serve a
segnalare agli operatori la fine delle infusioni o degli ostacoli al flusso. In questi casi, l'allarme non
deve preoccupare: fa parte dei normali controlli che gli operatori svolgono regolarmente.
- Sistema di aspirazione: quando non si riesce a tossire, è necessario rimuovere le secrezioni
bronchiali dai polmoni attraverso un sistema di aspirazione. Per questa ragione, ogni unità paziente
è dotata di un sistema speciale per rimuovere i liquidi da eliminare senza trasmettere infezioni o
creare lesioni.
- Monitor: è uno schermo sul quale vengono visualizzati in continuo i parametri vitali del paziente
(frequenza cardiaca, pressione, temperatura). Grazie all'osservazione continua, si può intervenire
tempestivamente quando qualcosa non va. Dal monitor vengono infatti emessi diversi tipi di
allarme, ciascuno con un proprio significato, udibili in qualsiasi punto del reparto. Ciascun monitor
è inoltre collegato ad uno schermo centrale che consente l'osservazione contemporanea di tutti i
pazienti ricoverati. Grazie all'osservazione costante e computerizzata, gli operatori posso scegliere
la migliore terapia, aggiustandola in continuo e verificandone gli effetti clinici. Questo sistema
sostituisce il "campanello", in quanto il paziente ha un sistema di comunicazione con gli operatori
sempre attivo. È possibile che il monitor emetta dei suoni (allarmi), o che si illumini di vari colori.
- Barra di alimentazione: i macchinari al letto del paziente funzionano principalmente tramite
energia elettrica. Per garantire la funzionalità costante degli strumenti salvavita, essi sono collegati
ad una barra di alimentazione. Un generatore indipendente le fornisce elettricità senza interruzioni
anche in caso di blackout improvvisi.
- Carrelli: per non diffondere infezioni, ciascuna unità paziente è dotata di un carrello contenente
medicinali e materiali specifici per il paziente che occupa quel letto. In Terapia Intensiva ogni
paziente riceve cure personalizzate, a seconda della patologia per cui è ricoverato: spesso è

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necessario utilizzare molti farmaci che prevedono diverse vie di somministrazione (iniezioni,
compresse, fiale) oppure eseguire medicazioni (siringhe, garze, cerotti). Il carrello permette di avere
a disposizione immediatamente tutto ciò che è necessario.
- Smaltimento materiale biologico e rifiuti: il corpo umano produce numerose sostanze,
prevalentemente liquide, che circolano all'interno del corpo. Molto spesso in Terapia Intensiva, per
consentire la cura, è necessario rimuovere o entrare in contatto con tali liquidi. Data la particolarità
di queste sostanze ed il rischio della trasmissione di infezioni, non è possibile smaltirli come normali
rifiuti, ma è necessario un sistema dedicato esclusivamente alle sostanze biologiche. Per questa
ragione ogni unità paziente in Terapia Intensiva è provvista di particolari cestini monouso, in modo
che i rifiuti biologici vengano tenuti separati da tutti gli altri.
- Macchina per la dialisi: quando il rene non funziona, è necessario "lavare" il sangue dalle sostanze
tossiche, togliere i liquidi in eccesso, mantenere costanti gli equilibri di acqua e sali nel corpo. Per
svolgere queste funzioni, il sangue di un paziente in insufficienza renale viene filtrato da una
speciale macchina che sostituisce la funzione dei reni.
- Defibrillatore: il defibrillatore manuale è un apparecchio sanitario che viene usato negli ospedali e
nelle ambulanze quando per una serie di ragioni il cuore si ferma o batte in maniera non corretta.
Questo apparecchio consente di ristabilire nel paziente un battito cardiaco efficace, applicando una
scarica elettrica non pericolosa e tollerata dall'organismo.

CARRELLO URGENZA
Il carrello dell’emergenza è un attrezzatura corredata di apparecchiature vitali e materiale necessario per
affrontare emergenze cliniche e garantire il supporto a persone in condizione critica, consentendo agli
operatori sanitari di disporre di tutti gli strumenti idonei:
- Equipaggiamento standard per l’assistenza cardiorespiratoria
- Attrezzatura specifica per la rianimazione
- Presenza di dispositivi medici e farmaci
- Dispositivi di protezione individuale (D.P.I.)
La dotazione prevista e la relativa collocazione nei
cassetti deve essere uniforme a livello aziendale.
È uno strumento definito critico. È necessario
garantire la perfetta funzionalità e dotazione
completa di presidi. Generalmente costituito da un
piano rialzato, un piano superiore, 4-5 cassetti
scorrevoli anteriormente, una loggia laterale
sinistra e/o destra e posteriore. Ogni U.O. deve
essere dotata del carrello delle urgenze.
Per la gestione di deve:
- Controllo sistematici: dopo ogni utilizzo e secondo protocollo aziendale e della singola U.O.
- Check list dettagliata (dispositivi medici e farmaci)
- Verifica del defibrillatore (test funzionalità, presenza materiale necessario per l’utilizzo: piastre
multiuso, stato carica batteria, gel)
- Bombola di O2 e stato riempimento
- Sigillo datato e firmato
I carrelli dell’emergenza devono essere collocati in posti facilmente accessibili. Il locale di ubicazione del
carrello d’emergenza deve essere segnalato con apposita segnaletica verticale riportante l’apposita scritta
(“Carrello di emergenza, è qui”).

INFERMIERE IN AREA CRITICA

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Le competenze dell’infermiere in area critica sono:
- Competenze a identificare il paziente critico
- Abilità a riconoscere condizioni di criticità/precarietà vitale
- Effettuare prestazioni infermieristiche in un’ottica di personalizzazione e di qualità
- Adozione di metodi e strumenti scientificamente validi
- Conoscenza delle problematiche di carattere etico e deontologico (la comunicazione, il consenso
alle cure, l’accanimento terapeutico, il trapianto di organi)
- Effettua analisi e sintesi dinamica di dati complessi
- Prevede eventuali complicanze che possono insorgere
- Processo decisionale, esecuzione e valutazione di interventi per ridurre al minimo gli effetti avversi
- Miglioramento nella rapidità e nella qualità del recupero
- Monitoraggio continuo e attento dei paziente e dei macchinari
- Sostegno emotivo al paziente e alla famiglia, anche nei casi di morte
- Gestisce relazioni d’aiuto con l’assistito ed i famigliari e comunica efficacemente con i membri
dell’équipe in condizioni di stress
- Opera nel rispetto delle norme che regolano ed influenzano l’ambito operativo dell’area critica e
dei valori etici e deontologici
- Motiva la scelta di interventi assistenziali appropriati secondo l’evidenza scientifica
- Rigoroso nella conservazione, preparazione e somministrazione dei farmaci
- Razione ed eticamente responsabile nella scelta delle risorse da utilizzare
- Aperto all’innovazione e all’apprendimento
- Collabora alla attività di ricerca clinica e di educazione continua
- Flessibile nella pianificazione dell’assistenza infermieristica
- Promuove il miglioramento continuo della qualità assistenziale attraverso modelli organizzativi
basati sulla personalizzazione delle cure infermieristiche e la revisione periodica di strumenti
operativi quali procedure, protocolli e linee guida in modo da contribuire al miglioramento
continuo della qualità assistenziale  un infermiere si prende carico di uno/due/tre pazienti nello
specifico ma può intervenire anche su altri pazienti
- Valuta lo sviluppo della propria competenza professionale, individuando il fabbisogno di
formazione, le strategie e le modalità formative opportune
L’articolo 1 del codice deontologico sui Valori afferma che “L’Infermiere è il professionista sanitario, iscritto
all’Ordine delle Professioni Infermieristiche, che agisce in modo consapevole, autonomo e responsabile. È
sostenuto da un insieme di valori e di saperi scientifici. Si pone come agente attivo nel contesto sociale a cui
appartiene e in cui esercita, promuovendo la cultura del prendersi cura e della sicurezza”. L’articolo 5
invece fa riferimento a Questioni etiche: “L’Infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi etici e contribuisce
al loro approfondimento e alla loro discussione. Promuove il ricorso alla consulenza etica e al confronto,
anche coinvolgendo l’Ordine Professionale”. L’articolo 24, Cura nel fine vita, afferma che “L’Infermiere
presta assistenza infermieristica fino al termine della vita della persona assistita. Riconosce l’importanza del
gesto assistenziale, della pianificazione condivisa delle cure, della palliazione, del conforto ambientale,
fisico, psicologico, relazionale e spirituale. L’Infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento della
persona assistita nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di
elaborazione del lutto”. L’articolo 26, Donazione di sangue, tessuti e organi, afferma che “L’Infermiere
favorisce l’informazione sulla donazione di sangue, tessuti e organi quale atto di solidarietà; educa e
sostiene le persone coinvolte nel donare e nel ricevere”. L’articolo 21, Strategie e modalità di
comunicazione, cita che “L’Infermiere sostiene la relazione con la persona assistita che si trova in
condizioni che ne limitano l’espressione, attraverso strategie e modalità comunicative efficaci”.
L’infermiere deve far proprio il concetto di visione olistica, deve attuare il giusto apprezzamento per l’intera
gamma di influenze su tutte le aree di vita e deve perseguire la salute piuttosto che il trattamento della

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malattia. La persona deve raggiungere la condizione migliore a cui può pervenire tramite, ad esempio, la
riabilitazione precoce. L’infermiere deve attuare un approccio sistematico all’assistenza, almeno inziale. Lo
scopo è quello di chiarire la situazione che mi si presenta e devo dare delle priorità. Si parla di una
valutazione sistematica ABCDE-FGHILMNPR:
- A: airway, vie aeree. Stabilizzazione e mantenimento della pervietà delle vie aeree, anche con l’uso
di dispositivi artificiali, rimozione delle secrezioni polmonari (cannula di Guedel, tubo
endotracheale)
- B: breathing, respirazione. Adeguata ossigenazione e ventilazione, ottimizzazione della posizione
del paziente
- C: circulation, circolazione. Volume e pressioni circolatorie, perfusione di cervello, cuore, polmoni,
reni, stomaco e altri organi, controllo del sanguinamento, ematologia
- D: disability, disabilità: stato di coscienza e fattori che lo influenzano, neurologia sistemica e
localizzata
- E: exposure, esposizione. Esame obiettivo completo, ferite e drenaggi, elettroliti e biochimica,
funzione renale
- F: fluid, bilancio idrico ed equilibrio elettrolitico, somministrazione di fluidi, diuresi
- G: gastrointestinal, funzione del tratto gastrointestinale. Esigenze nutrizionali, eliminazione
- H: history e holistic, storia e visione olistica della persona.
- I: infection, infezioni. Controllo e microbiologia
- L: lines, linee di condotta. Utilità e rischi
- M: medications, farmaci
- N: nursing, infermieristica. Lavoro in team interdisciplinare: garantisce le risorse sufficienti per la
gravità della malattia e la necessità assistenziale
- P: psychology, psicologia. Dolore e comfort, sonno e riposo, gestione del processo di morte
- R: relatives, parenti. Comunicazione, relazione e sostegno (del piano di assistenza e della prognosi a
breve, medio e lungo termine o delle informazioni infermieristiche)
Gli strumenti operativi in area critica fanno riferimento a:
- Modelli organizzativi - Linee guida
- Modelli teorici di riferimento - Protocolli
- Documentazione infermieristica - Procedure
- Processo di assistenza
Tutti gli strumenti elencati fungono da integrazione in realtà complesse, innovative ed evolutive. La loro
esistenza è legata anche al bisogno di uscire da un’esecutività legata ad ordini, prescrizioni, abitudini, per
dare spazio ad una professionalità basata su conoscenze scientifiche e competenze tecniche.
L’assistenza erogata per mansioni è l’equivalente della standardizzazione delle azioni mentre l’assistenza
erogata tramite prestazioni rappresenta la personalizzazione dell’assistenza. In area critica è fondamentale
personalizzare l’assistenza. In caso di emergenza bisogna fornire:
- La miglior assistenza possibile
- Nel minor tempo
- Al minor costo
Quindi ogni partecipante deve svolgere un ruolo ben preciso e contribuire allo stesso fine: la salvaguardia
della vita del paziente e la riduzione massima degli esiti invalidanti. L’articolo 12, Cooperazione e
collaborazione, afferma che “L’Infermiere si impegna a sostenere la cooperazione con i professionisti
coinvolti nel percorso di cura, adottando comportamenti leali e collaborativi con i colleghi e gli altri
operatori. Riconosce e valorizza il loro specifico apporto nel processo assistenziale. L’articolo 13, Agire
competente, consulenza e condivisione delle informazioni, dice che “L’Infermiere agisce sulla base del
proprio livello di competenza e ricorre, se necessario, alla consulenza e all’intervento di infermieri esperti o
specialisti. Presta consulenza ponendo i suoi saperi e abilità a disposizione della propria e delle altre
comunità professionali e istituzioni. Partecipa al percorso di cura e si adopera affinché la persona assistita
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disponga delle informazioni condivise con l’equipe, necessarie ai suoi bisogni di vita e alla scelta
consapevole dei percorsi di cura proposti”.
La documentazione infermieristica è un dovere e diritto di tipo professionale ancor prima che una necessità
di tipo giuridico. L’articolo 33, Documentazione clinica, afferma che “L’Infermiere è responsabile della
redazione accurata della documentazione clinica di competenza, ponendo in risalto l’importanza della sua
completezza e veridicità anche ai fini del consenso o diniego, consapevolmente espresso dalla persona
assistita al trattamento infermieristico”.

MONITORAGGIO IN AREA CRITICA


Per attuare il monitoraggio si hanno a disposizione vari dispositivi:
- Monitoraggio parametri vitali (monitor)
- Sostegno delle funzioni vitali (ventilatori automatici, sistemi emodialisi, sistemi di assistenza
circolatoria esterna)
- Management di farmaci e nutrienti (pompe infusionali)
- Devices per specifiche funzioni (sistemi di raffreddamento/riscaldamento, defibrillatori, pacemaker)
L’aumento del numero e della complessità della tecnologia può generare errori che nascono dall’agire con
troppa sicurezza la quale abbassa la soglia di attenzione del rischio. Gli scopi del monitoraggio sono:
- Fornire una visione globale dello stato del paziente
- Segnalare precocemente l’insorgenza di eventi patologici
- Fornire informazioni per la miglior scelta terapeutica e verifica della corretta applicazione
- I parametri vitali vengono trascritti su apposite cartelle, facilmente consultabili, anche se le
apparecchiature tengono in memoria i dati, che vengono poi consultati tramite software
- Le osservazioni specifiche sul paziente, la frequenza e la durata dovrebbero essere basate sulla
valutazione clinica e su protocolli specifici
- Medici ed infermieri dovrebbero essere addestrati a raccogliere le osservazioni e le misurazioni sul
paziente in maniera standardizzata
- Il personale deve essere conscio dei limiti del monitoraggio dei parametri vitali, range di normalità
non garantiscono uno stato fisiologico normale
- I trends sono più importanti delle singole misurazioni
- I processi che si generano dopo che l’informazione viene raccolta (registrazione-comunicazione al
resto dell’équipe, le modificazioni sulla terapia) sono importanti come l’accuratezza nella revisione
del parametro
Il monitoraggio deve quindi essere individualizzato. Il monitoraggio inizia dalla conoscenza del singolo
paziente:
- “Range di normalità” e i “range di tollerabilità” per un determinato parametro (limiti di allarme
individualizzati)
- Variabilità individuale: sesso età, abitudini (atleta, sedentario, fumo, dieta), patologie pregresse,
farmaci utilizzati cronicamente
- Meccanismo di compenso
- Insorgenza di eventi patologici
- Artefatti

[allegato 12] [allegato 13] [allegato 14] [allegato 15] [allegato 16]
SISTEMA DI EMERGENZA SANITARIA TERRITORIALE 118
Esiste un numero unico in caso di emergenza che è il 112: questo numero poi instrada verso altri numeri in
base ai vari ambiti necessari. Il NUE 112 non è ancora presente in tutto il territorio italiano. Le motivazioni
della creazione sono legate ad aspetti di semplicità nel memorizzare il numero di emergenza, alla gratuità
del servizio, ma soprattutto alla standardizzazione delle soluzioni tecnologiche che consentono di dotare

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tutti i servizi di emergenza della funzione di localizzazione geografica del chiamante, della gestione dei
sistemi di chiamata automatica da veicolo in movimento, dei servizi multilingua e dello scambio di
chiamate…
Il servizio 118 nasce con il DPR del 27 marzo 1992 che sancisce come la responsabilità operativa è affidata al
personale infermieristico professionale della centrale, nell’ambito dei protocolli decisi dal medico
responsabile della centrale operativa. Il 118 è il numero de Servizio Sanitario Emergenza Urgenza, un
servizio pubblico attivo su tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di garantire 365 giorni l’anno, 24 ore su
24, una risposta adeguata alle situazioni di emergenza o urgenza sanitaria e delle maxi-emergenze tramite
l’invito di mezzi di soccorso appropriati. A seguito dell’emanazione del DPR, l’Emergenza sanitaria sul
territorio si è trasformata da “servizio” che prevedeva il semplice invio dell’ambulanza sul luogo dell’evento
ed il successivo trasporto del paziente al Pronto Soccorso più vicino, ad un vero e proprio “sistema di
soccorso”, che consiste nell’integrazione della fasi di soccorso con l’invio del mezzo meglio attrezzato per il
cosiddetto trattamento extraospedaliero “Stay and Play” (rimani e lavora), così da incidere sull’intervallo di
tempo in cui la vittima rimane senza adeguata terapia (Therapy Free Interval) prima del trasporto
all’ospedale più idoneo. Dal ’92, tutte le Centrali Operative sono state rese attiva nel 2004. Il modello
organizzativo risulta articolato come segue:
- Sistema di allarme sanitario, dotato di numero telefonico di accesso breve ed universale “118”, in
collegamento con le Centrali Operative alle quali fanno capo tutte le richieste telefoniche di
emergenza sanitaria. La Centrale Operativa garantisce il coordinamento di tutti gli interventi
nell'ambito territoriale di riferimento ed attiva la risposta ospedaliera 24 ore su 24.
- Sistema territoriale di soccorso, Costituito dai mezzi di soccorso distribuiti sul territorio: mezzi di
soccorso di base (con soccorritori), mezzi di soccorso avanzati (professionisti medici e infermieri),
eliambulanze
- Rete di servizi e presidi
I DEA possono essere:
- Ospedale sede di D. E. A. di I Livello: garantisce oltre alle prestazioni fornite dagli ospedali sede di
Pronto Soccorso anche le funzioni di osservazione e breve degenza, di rianimazione e,
contemporaneamente, deve assicurare interventi diagnostico-terapeutici di medicina generale,
chirurgia generale, ortopedia e traumatologia, cardiologia con UTIC (Unità di Terapia Intensiva
Cardiologia). Sono inoltre assicurate le prestazioni di laboratorio di analisi chimico-cliniche e
microbiologiche, di diagnostica per immagini, e trasfusionali.
- Ospedale sede di D. E. A. di II Livello: assicura, oltre alle prestazioni fomite dal DEA I livello, le
funzioni di più alta qualificazione legate all’emergenza, tra cui la cardiochirurgia, la neurochirurgia,
la terapia intensiva neonatale, la chirurgia vascolare, la chirurgia toracica, secondo le indicazioni
stabilite dalla programmazione regionale. Altre componenti di particolare qualificazione, quali le
unità per grandi ustionati, le unità spinali ove rientranti nella programmazione regionale, sono
collocati nei DEA di II livello, garantendone in tal modo una equilibrata distribuzione sul territorio
nazionale ed una stretta interrelazione con le centrali operative delle regioni.
Cos’è il 118? È il soccorso sanitario di urgenza ed emergenza che si basa sul coordinamento delle urgenze
ed emergenze sanitarie in un ambito territoriale.
Il NUE 112 è il numero di telefono per chiamare i servizi di emergenza in tutti gli Stati dell'Unione Europea.
Le ragioni della scelta di questo sono legate ad aspetti di semplicità nel memorizzare il numero di
emergenza, alla gratuità del servizio, ma soprattutto la standardizzazione delle soluzioni tecnologiche che
consentono di dotare tutti i servizi d'emergenza della funzione di localizzazione geografica del chiamante,
nella gestione dei sistemi di chiamata automatica del veicolo in movimento, dei servizi multilingua e dello
scambio delle chiamate in modo integrato tra i quattro servizi di soccorso (Carabinieri, Polizia, Vigili del
fuoco ed Emergenza Sanitaria). Le Centrali Uniche di Risposta (CUR) in Lombardia sono Milano, Brescia e
Varese. Il NUE offre:

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- Risposta tempestiva alle chiamate di emergenza/soccorso
- Localizzazione o identificazione del chiamante da telefonia fissa o mobile
- Servizio di interpretariato telefonico in tempo reale
- Accesso ai cittadini sordi via SMS
- Centralizzazione della raccolta di tutte le chiamate di soccorso
- Sicurezza e tracciabilità della chiamata
- Gratuità del servizio
La centrale operativa del 118 è gestita da operatori tecnici non sanitari, infermieri e medici rianimatori
adeguatamente formati ed addestrati. Ha il compito di organizzare e gestire, nell'ambito territoriale di
riferimento, le attività di emergenza sanitaria, di garantire il coordinamento di tutti gli interventi nel
momento in cui accade l’evento sino alla collocazione del paziente nella destinazione definitiva e di attivare
la risposta ospedaliera 24 ore su 24.

Nella centrale operativa si attuano:


- Ricezione delle richieste di soccorso
- Raccolta dati e valutazione del grado di complessità dell’intervento da attivare
- Attivazione dell’intervento stesso inviando sul posto i mezzi di soccorso disponibili più adeguati
scegliendo tra MSB (Mezzo di Soccorso di Base), MSI (Mezzo di Soccorso Intermedio) o MSA (Mezzo
di Soccorso Avanzato).
- Coordinamento dell’intervento mantenendo attiva la comunicazione con il personale sul target
- Scelta dell’ospedale di destinazione
- Registrazione degli eventi
L’obiettivo primario del 118 è la Therapy Free Interval minimizzando il tempo di arrivo dei soccorsi e
portando sul luogo dell’evento le migliori risorse assistenziali e terapeutiche disponibili, stratificate secondo
un codice progressivo di gravità. La tempestività e l'adeguatezza dell’intervento sanitario possono ridurre
del 20-30% la mortalità e gli esiti invalidanti in numerose patologie, comprese quelle cardiovascolari.
La gestione del soccorso avviene mediante codici di gravità:
- Bianco: differibile, nessun indice di gravità
- Verde: non urgente, nessuna compromissione delle funzioni vitali
- Giallo: urgenza, potenziale compromissione delle funzioni vitali
- Rosso: estrema urgenza e compromissione delle funzioni vitali

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Gli utenti che possono chiamare sono:
- Utente tranquillo - Utente giovane
- Utente arrabbiato - Utente psichiatrico
- Utente straniero - Utente molto agitato
- Utente anziano
Il Mezzo di Soccorso di Base (MSB): ambulanza con a bordo la presenza di almeno 2 soccorritori qualificati
ai servizi 118 con certificazione regionale ed eventualmente BLS-D (uso del defibrillatore semiautomatico);
uno di essi copre il ruolo di autista, un altro quello di capo-equipaggio e un altro ancora quello di
soccorritore. La quasi totalità è dotata di DAE e anche di presidi per eseguire ECG a 12 derivazioni.
Il Mezzo di Soccorso Intermedio (MSI) è di norma un’autoambulanza o un veicolo leggero veloce.
L’equipaggio è composto da:
- Un autista-soccorritore certificato
- Un infermiere abilitato all’uso di specifici protocolli
Il Soccorso Avanzato Preospedaliero con Infermieri è un mezzo di soccorso che consente un livello di
soccorso intermedio che si realizza con:
- Corretta, precisa ed affidabile valutazione dell’evento e del paziente
- Attuazione di trattamenti
- Sorveglianza e contenimento delle situazioni a rischio evolutivo
- Capacità di esecuzione di interventi infermieristici risolutivi
- Possibilità che l’ospedalizzazione del paziente sia mirata al centro più adeguato alla patologia
- Appoggio a mezzi medicalizzati
- Formazione sul campo delle figure di supporto
Il Mezzo di Soccorso Avanzato (MSA) può essere:
- Ambulanza medicalizzata: Con a bordo soccorritori, medico anestesista o rianimatore ed infermiere
- Automedica: automobile non adibiti al trasporto dei pazienti e che, guidata da un soccorritore ,
trasporto medico ed infermiere sul luogo dell'evento il supporto ai mezzi di base: in caso di
necessità e seguiranno il paziente a bordo dell'ambulanza
- Elisoccorso: utilizzato per garantire un’assistenza sanitaria ad alto livello di intensività con tempi di
intervento molto rapidi, specie in località isolate o remote, e per permettere una veloce
ospedalizzazione della vittima alla struttura ospedaliera idonea, anche se questa distante dal luogo
dell’evento. L’equipaggio è formato da pilota-comandante, tecnico elicotterista, medico anestesista
o rianimatore, infermiere 118 e soccorritore del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e
Speleologico)
Bisogna chiamare il 118 quando c’è un reale o presunto pericolo di vita, quando la persona perde coscienza
e non si riprende, quando la persona ha dolore toracico, quando la persona ha subito un grave trauma
(incidente stradale, domestico, sportivo, lavoro) oppure in caso di ricovero urgente. Non bisogna chiamare
quando NON c'è reale o presunto pericolo di vita, per richiesta di ambulanza quando il trasporto non è
urgente (visite ambulatoriali), per richiesta di visita medica non urgente al proprio domicilio o per
informazioni di natura sociosanitaria (orari ambulatori). Quando si chiama il 118 si deve:
- Identificare il luogo
- Identificare il tipo di evento
- Consentire l’invio di soccorsi adeguati
- Seguire direttive su cosa fare
- Tipo di evento:
 Traumatico
 Malore
 Ambientale
- Segnalare se la persona è sveglia e parla, respira, si muove

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Il tempo medio per la raccolta delle informazioni è 60 secondi ma può anche essere più lungo in base alla
gravità delle condizioni.
INTERCONNESSIONI OSPEDALIERE E DEA
L’osservazione breve intensiva (OBI) è un luogo in cui vengono presi in carico pazienti con:
- Alta criticità e basso rischio evolutivo - Necessità di un iter diagnostico e
- Bassa criticità e potenziale rischio terapeutico non differibile e/o non
evolutivo gestibile in altri contesti assistenziali
- Alta probabilità di reversibilità - Monitoraggio clinico
- Alta intensità assistenziale - Pianificazione di strategie terapeutiche
- Esecuzione di test diagnostici
Il tutto erogato in arco di tempo definito e limitato per determinare il livello di trattenimento assistenziale
più idoneo. È vietato in OBI l’accesso a pazienti con:
- Instabilità dei parametri vitali - Ricoveri programmati
- Rischio infettivo - Attività eseguibili in regime ambulatoriale
- Agitazione psicomotoria con o in Day Hospital
comportamenti lesivi per sé o per gli altri - Carenza dei posti letto in altre unità
- Condizioni che richiedono ricovero in operative, in attesa del ricovero del
urgenza paziente
- Tutte le attività e/o prestazioni erogabili - Pazienti già destinati a dimissione dopo la
in altre modalità assistenziali valutazione in Pronto Soccorso
Il Pronto Soccorso non vive a sé ma ci sono anche le MECAU (Medicina e Chirurgia d’Accettazione
d’Urgenza) che sono composte da:
- Pronto Soccorso - Medicina d’urgenza
- OBI - TSI (Terapia Sub-Intensiva)
L’effetto farfalla indica che una cosa che viene o non viene fatta, in qualsiasi posto dell’ospedale (che non è
un sistema chiuso), può provocare problemi in qualsiasi altro ambiente connesso all’ospedale stesso. Una
paziente è stata registrata per dispnea e deve essere visitata per indossare una CPAP. L’area di trattamento
da cui dovrebbe essere vista è occupata da pazienti che dovrebbero stare in OBI dove, a sua volta, sono
presenti pazienti che dovrebbero stare nei reparti.

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VALUTAZIONE DELLE PERSONE NEI DEA


La valutazione del paziente può essere attuata tramite scale di valutazione. Queste ci permettono di
standardizzare dei comportamenti dei pazienti, di eliminare alcune discussioni ma anche di capire quale sia
la soluzione migliore per intervenire in un paziente.
[allegato 5] [allegato 6]Una scala di valutazione è la NEWS2 (National Early Warning Score), valuta il rischio
evolutivo di un paziente ed è cambiata nel tempo fino ad arrivare a dover rilevare:
- PA - FR
- FC - TC
- ACVPU
 Alert
 Confusion: valuta la confusione del paziente che è sveglio e cosciente ma non sa dove si
trova, si agita  da ictus, infarto, traumi gravi, sepsi
 Verbal
 Pain
 Unresponsible
- Saturazione (O2)

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Questa scala ha una migliore identificazione dei pazienti che possono avere la sepsi, ha un miglioramento
del punteggio per i pazienti con insufficienza respiratoria ipercapnica e riconosce l’importanza della
confusione o delirio di nuova insorgenza. Questa scala possiede due “righe” di saturazione: la prima è per
coloro che non hanno patologie pregresse mentre la seconda per i pazienti che hanno patologie come la
BPCO che quindi compromette la saturazione. Gli esiti di questa scala sono:
- 0-4: esito migliore, è necessario avvisare il medico
 0: controllo ogni 12 ore
 1-4: controllo ogni 6 ore
- 5-6: rivalutazione clinica urgente e azioni, pensare alla sepsi, controllo ogni ora
- > 7: valutare che il paziente sia nel posto giusto, monitorizzazione continua
Questa scala non è validata per i pazienti disabili e anziani.
Un’altra scala di valutazione è l’APACHE:
- [allegato 20] APACHE II: non può essere utilizzata per il confronto mortalità osservata e prevista;
tuttavia, continua ad essere un’utile misura sintetica dei bisogni
- APACHE III
- APACHE IV
Sono presenti dei calcolatori che calcolano l’esito di questo esito che è molto meno rapido della scala
precedente, soprattutto se i dati devono essere inseriti manualmente.
Queste scale sono sensibili ma non sono specifiche ossia ci dicono che il paziente non è in buone condizioni
ma non ci garantiscono che il paziente sia in uno stato di sepsi (oltre all’APACHE e alla NEWS2):
- SOFA: respirazione, coagulazione, bilirubina, ipotensione, GCS, creatininemia. Un punteggio SOFA >
2 è presente un rischio di mortalità complessivo di circa il 10% in una popolazione ospedaliera
generale con sospetta infezione
- Q-SOFA: indaga la PAS < 100, GCS < 15, FR > 22 con copresenza di infezione o elementi che fanno
pensare alla presenza di sepsi
- SIRS Scale: è necessaria la presenza di almeno due tra i seguenti criteri:
 Frequenza cardiaca > 90 battiti al minuto
 Temperatura corporea < 36 °C o > 38 °C
 Aumento (tachipnea) o riduzione (bradipnea) della frequenza respiratoria
 Numero di globuli bianchi nel sangue < 4.000 per mm³ (leucopenia) o > 12.000 per mm³
(leucocitosi), oppure aumento > 10% di forme immature di neutrofili
Identificare la sepsi non è solo un problema di scala ma anche di qualità dei dati, che devono essere
continuamente aggiornati, e di visione del paziente. Se si sospetta un problema di sepsi non bisogna esitare
nel chiamare il medico, non comunicargli cosa si vuole fare ed evitare lo spostamento del paziente tra
reparti con conseguente perdita di continuità dei controlli (il tempo legato al trasporto sarà tempo perso e
non verranno attuati interventi terapeutici che possono complicare la condizione). Una altro problema può
essere l’assenza di un antibiotico da somministrare o di chi lo somministra, oppure infusioni interrotte per
andare a fare esami diagnostici (piuttosto il paziente deve essere accompagnato con la somministrazione).
Come mi accorgo che il paziente ha qualcosa che non va? [allegato 10]
- Confusione e disorientamento - Febbre o sensazioni di freddo
- Respiro frequente e corto - Dolore severo
- Tachicardia - Sudorazione profusa
Un’altra scala di valutazione è la Chest Pain Score. La CPS è una scala utile per valutare il dolore toracico in
un paziente, per capire se il dolore è anginoso oppure no. Valuta alcuni item tra cui:
- Localizzazione (retrosternale, precordiale, collo o mascella o epigastrio, apicale)
- Irradiazione (entrambe le braccia, spalla o schiena o collo o mascella)
- Caratteristiche (schiacciamento o compressione, pesantezza, penetrante o come una pugnalata)
- Severità (dolore severo, dolore moderato)

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- Influenzato da (nitroglicerina sublinguale, posizione, respiro)
- Associato a (dispnea, nausea e vomito, sudorazione, storia di angina da sforzo)
Se la scala fornisce un esito non grave non è detto che il dolore che io sento non sia associato ad una
patologia grave che non sia l’angina, come la dissecazione aortica ad esempio. Inoltre, questa scala non è
utile per la valutazione delle donne ma solo degli uomini.
I segni e i sintomi di allarme devono essere forniti dal paziente e non solamente dal monitor collegato al
paziente. Se il monitor continua a suonare significa che non è stato impostato correttamente, la sovra-
monitorizzazione limita il paziente, si possono attuare degli errori nei limiti, errori legati ai presidi utilizzati
oppure errori legati alla registrazione dei dati. Un modo per evitare le morti impreviste è la rilevazione
continua dei parametri vitali: non si può però monitorizzare tutti però, è necessario usare le risorse in base
alle disponibilità che ho. La sincope da seduto a sdraiato è ancora più grave di quella da sdraiato; attenzione
ai disturbi neurologici. È necessario distinguere e riconoscere per accertare problemi imminenti:
- Vertigini non posizionali - Disidratazione delle mucose
- Vertigini con cefalea - Pallore, differenza di temperatura e di
- Instabilità posturale gonfiore degli arti
- Capogiri - Marezzatura, causata da shock di circolo
- Cefalea intensa improvvisa periferico e manifesta con macchie
- Cianosi periferica delle labbra sottocutanee
- Pallore delle mucose - Petecchie

TRIAGE [allegato 2] [allegato 3] [allegato 4]


Dal punto di vista ospedaliero, ma che può anche essere adattato in altri contesti, il triage ha subito
un’evoluzione sin dagli inizi dell’800: all’inizio si cerca di recuperare i soldati feriti sul campo di battaglia e
curarli, in modo tale che potessero tornare a combattere oppure rientrare a casa. Veniva quindi eseguita
una sorta di selezione in base alla disponibilità e capacità di assistenza. Così oggi, al pronto soccorso, viene
effettuata una scelta nel caso in cui ci si trovassero più paziente da trattare. Allo stesso modo in reparto, se
suonano tre campanelli diversi, è necessario fare una scelta in base alle priorità e alle richieste che ci
vengono avanzate. Il concetto di triage è però più ampio e può essere adottato sia in ambito ospedaliero
che territoriale. Il triage, quale primo momento d’accoglienza delle persone che giungono in PS, è una
funzione infermieristica volta alla identificazione delle priorità assistenziali attraverso la valutazione della
condizione clinica dei pazienti e del loro rischio evolutivo, in grado di garantire la presa in carico degli
utenti e definire l’ordine d’accesso al trattamento. Durante questa fase, che viene attuata
necessariamente dall’infermiere, si definiscono i pazienti in base alle loro priorità assistenziali. Come si
possono capire le priorità? Si effettua una valutazione del paziente e di come questo può evolvere. Si inizia
quindi il percorso di “presa in cura” del paziente. È necessario:
- Individuare dei pazienti urgenti e loro immediato inoltro all’area di trattamento e/o a specifici PDTA
- Attribuzione a tutti pazienti di un codice di priorità che regoli l’accesso in base all’urgenza e al
potenziale rischio evolutivo
- Determinare un’area di trattamento appropriata
- Mantenere e migliorare l’efficacia complessiva della struttura di PS
- Ridurre lo stato di ansia della persona
- Rivalutazione le condizioni dei pazienti in attesa
I codici attribuibili dal 2001 sono rosso, giallo, verde e bianco. Nel 2019 i codici sono diventati:
1. Rosso (codice 1)  attivazione percorso immediata. Richiede intervento aggressivo e immediato,
non può esservi tempo di attesa. La definizione fa riferimento alla perdita di funzione:
 Respiratoria  Neurologica in atto
 Cardiocircolatoria  Rischio immediato di morte

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2. Arancione (codice 2)  attivazione percorso entro 15 minuti, sorveglianza diretta,
monitorizzazione. Rischio di compromissione di una funzione vitale d’organo di apparato. Sono
situazioni ad elevato rischio evolutivo, minaccia incombente per la vita, possibilità di
peggioramento in pochi minuti. Rischio di perdita della funzione d’organo o apparato anche senza
perdita della vita se non si interviene in breve tempo. Pazienti che richiedono interventi rapidi o
con dolore acuto.
3. Azzurro (codice 3)  attivazione percorso entro 60 minuti. Condizione generale senza rischio
evolutivo ma con sofferenza o ricaduta sullo stato generale. Non vi è evidenza di rischio evolutivo,
richiede intervento specifico (anche prestazioni o percorsi complessi per organizzazione e risorse),
dolore moderato.
4. Verde (codice 4)  attivazione percorso entro 120 minuti. Condizione senza rischio evolutivo.
Solitamente richiedere prestazioni o percorsi non complessi, normali, dolore lieve richiedono
interventi di bassa complessità o protocolli predeterminati.
5. Bianco (codice 5)  attivazione percorso entro 240 minuti. Condizioni non urgenti di minima
rilevanza clinica. Problemi cronici o patologie di minima rilevanza, dolore scarso o nullo, per i quali
possono essere previsti percorsi alternatici tipo day-service, MMG, poliambulatori, case della
salute. Anche in questa circostanza ci sono percorsi alternativi.
È necessario evidenziare il bisogno di salute ed individuare quale sia il professionista sanitario che meglio
può trattare quel problema. Esistono una serie di modificatori di triage, ossia elementi esterni che incidono
sulla scelta del codice da utilizzare:
- Problemi legati alla sala d’attesa
- Presenza di protocolli per patologie tempo-dipendenti
- Tipologia di struttura ospedaliera: distanza della struttura in cui si attua l’intervento necessario
- Percorsi interni codificati
- Età, sesso, disabilità
- Condizioni di fragilità
- Violenza di genere

Oggi non esistono tanti sistemi di triage che prendono in considerazione il carico assistenziale. Esistono due
assiomi che possono essere distinti:
- Bassa instabilità clinica può accompagnarsi ad alta complessità assistenziale
- Generalmente alta instabilità clinica richiede alta complessità assistenziale
Il triage è regionale. La regione, ad oggi più in forza è la Toscana. La scelta del percorso rappresenta l’esito
di una combinazione di più valutazioni:

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- Condizioni cliniche e rischio evolutivo
- Assorbimento di risorse
- Bisogni assistenziali
Dalla combinazione di queste tre dimensioni valutative discendono vari percorsi assistenziali. Ma questo
codice colore è anche un codice di intensità? Molti ospedali sono suddivisi in base alle intensità di cura che
devono essere fornite ai pazienti. Lo schema di triage globale è il seguente:

L’inizio del triage, ovvero la valutazione sulla porta, deve essere garantito di norma entro 5 minuti a tutti
coloro che accedono al Pronto Soccorso. L’identificazione è molto importante e deve essere sempre messa
in atto per evitare errori, soprattutto in occasioni di somministrazione di farmaci o emotrasfusione, ad
esempio. La valutazione sulla porta è la prima immagine che si ha di una persona: attuazione ABCDE,
qualora ci fosse un “NO” tra le risposte il codice attribuibile sarà rosso. Osservo il paziente e soprattutto la
comunicazione non verbale, cosa trasmette, il viso e l’espressione. È necessario stare ad attenti all’errore di
fissazione: sono convinto che il paziente sia in una determinata condizione e imposto l’assistenza su ciò che
penso, senza valutare che potrebbero insorgere altre condizioni. La valutazione soggettiva prevede la
raccolta dati tramite l’intervista e l’individuazione del sintomo principale:
- Evento presente (dinamica e descrizione) - Sintomi associati
- Dolore - Storia medica passata
Il metodo da utilizzare prevede domande aperte e che l’infermiere guidi l’intervista. È necessario porsi in
maniera cauta ed empatica, non bisogna usare il ”perché” nelle frasi. AAA:
- Attend (attenzione)
- Assess (valutazione)
- Address (indirizzare il paziente)
La valutazione oggettiva prevede di osservare, sentire ed ascoltare. È necessario raccogliere:
- Dati osservati: come appare il paziente
- Dati misurati: parametri vitali, scale
- Dati ricercati: esame fisico mirato, dinamica ed evoluzione
È necessario quindi informare la persona, visualizzare e contestualizzare ciò che osserviamo, attuare
trattamenti dal meno invasivo al più invasivo, valutazione testa-piedi. Le cause del sintomo possono anche
essere distanti dalla manifestazione sintomatica (es. un paziente ha la gamba gonfia da quattro giorno, può
avere una trombosi e quindi chiedo al paziente se gli manca il fiato quando cammina, se presenta
tachicardia). Valuto la fragilità del paziente: anziani allettati, disabili, persone che hanno subito violenza,
pazienti con HIV, pazienti oncologici, pazienti con malattia rara, pazienti con problemi sociali, pazienti che
usano droghe, i carcerati, coloro che hanno problemi di alcolismo, pazienti con patologia psichiatrica.
È necessario controllare la comunicazione: non bisogna invadere lo spazio intimo (prossemica) e saper
anche avvalersi di una comunicazione transculturale. È necessario porre attenzione anche alle informazioni
contrastanti: è necessario in questo caso tener conto dei segni e sintomi con prognosi peggiore (se il
paziente mi riferisce di aver avuto due ore fa e il parente la sera precedente, prendo in considerazione le
parole del paziente). È fondamentale non provocare dolore in maniera inutilmente: se una porzione ha
un’alterazione visiva non è necessario provocare ulteriore dolore premendo sulla zona, ma si possono

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indagare eventuali irradiazioni del dolore o zone secondarie. Porre attenzione a non fare errori nella
rilevazione dei parametri vitali. A questo punto si passa all’attribuzione dei codici di priorità [allegato 1]:

I fast track sono percorsi in cui il paziente viene indirizzato direttamente ad un ambulatorio specialistico
dove lo prendono in carico, lo trattano e poi lo dimettono al domicilio. I See and Treat sono ambulatori
gestiti dagli infermieri in cui il paziente viene preso in carico (per patologie minori come piccole ferite),
trattato e dimesso. L’infermiere di flusso invece facilita alcuni percorsi per determinati pazienti oppure
prende in carico i malati per gestirne il trattamento. La sorveglianza prevede il controllo del paziente anche
durante i momenti di attesa, ad esempio. La rivalutazione deve essere attuata in base:
- Alla pianificazione
- A protocolli/codici
- Alle condizioni di salute
Se si verifica un aggravamento durante la valutazione la si interrompe e si fa accedere il paziente se
necessita di cure immediate. Se penso di dover ricontrollare un paziente dopo 5 minuti poiché si trova in
condizioni potenzialmente allarmanti devo rivalutarlo. Se il paziente è in peggioramento questo è in rapida
evoluzione e quindi bisogna trattarlo. Per la rivalutazione si deve:
- Considerare l’evolutività - Nuovi elementi anamnestici
- Variazione della sintomatologia - Osservazione diretti e nuovi test
- Variazione dei parametri vitali
L’attività professionale mirata a consentire il monitoraggio clinico dei pazienti in attesa, mediante il rilievo
periodico dei parametri soggettivi/oggettivi che consentiranno di cogliere tempestivamente eventuali
variazioni dello stato di salute.

20
http://pediatriajunior.altervista.org/rianimazione-cardiopolmonare-pediatrica-in-situazioni-particolari/
http://scenario.aniarti.it/index.php/scenario
http://www.areu.lombardia.it/web/home/servizionue112
https://www.camera.it/temiap/2016/09/23/OCD177-2353.pdf

APPROCCIO ALLE VITTIME DA TRAUMA [allegato 23]


Il trauma è responsabile del 7% della mortalità nel mondo e costituisce, a livello planetario, la prima causa
di morte per le persone di età inferiore a 40 anni. In Italia si registrano circa 18.000 decessi per trauma
all’anno e il trauma è la causa di oltre 1 milione di ricoveri ospedalieri. Nel mondo occidentale la stima di
invalidità permanente conseguente agli eventi traumatici è di 3 invalidi circa per ogni decesso.

 Gisella è sveglia e cosciente, i primi soccorritori, il medico rianimatore e l'infermiere a bordo


dell’automedica, valutata la scena, la dinamica dell’incidente e il meccanismo di lesione, si
avvicinano all’auto ribaltata nel campo e trovano Gisella incastrata in auto, lucida, amnesica per
l’accaduto che da subito riferisce di non aver sensibilità e motilità agli arti inferiori. Dall’équipe di
soccorso avanzato viene effettuata la valutazione primaria ABCDE che evidenzia: persona cosciente,
collaborante, spaventata, respiro eupnoico, espansione bilaterale, tachipnea e SpO 2 98%, cute
pallida, lieve sudorazione algida, PA 100/55mmHg e FC 55 bpm r., nessuna emorragia esterna
evidente, polso radiale presente ma flebile, assenza di sensibilità e motilità agli arti inferiori e scarsi
movimenti del cingolo scapolare nella parte superiore. Esame obiettivo testa-piedi: testa nulla da
sengalare, collo dolore NRS 9, torace con livido a livello della cintura di sicurezza, no dolore alla
palpazione, addome piano e trattabile, arti inferiori senza traumi evidenti, linea di anestesia a
livello dorsale. Successivamente con tecniche di mobilizzazione a traumatiche, avvalendosi
dell’estricatore, del collare cervicale della tavola spinale, con l'aiuto dei vigili del fuoco, Gisella viene
estratta dall'abitacolo dell'auto e viene caricata sull’ambulanza. Vengono monitorizzati i parametri
vitali dall'infermiere in modo continuo, viene reperito un accesso venoso periferico, somministrato
un analgesico ed effettuata una valutazione primaria ABCDE e ecografia fast (diagnosi precoce
emotorace, emoperitoneo, emopericardio, pnx). Nel frattempo, la centrale operativa 118, ricevute
le notizie dal medico sul posto, ha provveduto ad avvisare il pronto soccorso, che tempestivamente
allertato rianimatore, radiologo, chirurgo e neurochirurgo, allertando anche l’équipe di sala
operatoria. L’équipe di soccorso avanzato sul luogo dell'evento, dopo la rivalutazione delle
condizioni cliniche della signora, riparte per raggiungere il DEA-pronto soccorso del Policlinico San
Matteo. All'arrivo in pronto soccorso la sala dedicata alle urgenze traumatologiche è già stata
predisposta e preparata, l'équipe è tutta presente e pronta a prendersi carico della paziente e
iniziare il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale della persona politraumatizzata, con
sospetto trauma spinale. Viene effettuato il triage (scegliere, classificare, valutare).

Durante il soccorso devo:


- Valutazione della scena
 Identificare il problema
 Delimito il problema spazialmente
 Valuto le dimensioni del problema
 Identifico pericoli evidenti: fuoco, fili elettrici caduti, sostanze pericolose, traffico, veicoli o
strutture pericolanti, materiale sparso, frammenti potenzialmente pericolosi o fumatori
 Mezzi di soccorso/assistenza
 Attenzione al pubblico: confusione, rumore, aumento dell’emotività, interferenze, fumo
- Autoprotezione: valutare attentamente i rischi per il personale di soccorso, paziente o altri
- Valutazione dinamica dell’evento e meccanismo di lesione

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- N° coinvolti e mezzi da attivare
- Valutazione primaria ABCDE e trattamento se necessario .
 Valutare il paziente
 Identificare pericoli immediati
 Assicurare le funzioni vitali
 Trasportare immediatamente (load and go)
 Fare la valutazione secondaria (stay and play)
- Trattamento sulla scena:
 Instaurare pervietà nelle vie  Controllare le emorragie
aeree  Stabilizzare le fratture
 Stabilizzare il rachide cervicale
- Rianimazione se necessaria
- Immobilizzazione atraumatica (rachide)
- Valutazione secondaria e stabilizzazione
- Monitoraggio e rivalutazione
- Trasporto nell’ospedale idoneo
I tipi di eventi possono essere vari: incidenti di autoveicoli (collisione del veicolo, collisione del corpo sul
veicolo, collisione degli organi sul corpo), incidenti tra motoveicoli, investimento di un pedone o ciclista,
caduta dall’alto, aggressione ma anche infortunio sul lavoro/domestico o altro.
Ci sono degli indicatori di elevata energia cinetica all’impatto elencati in tabella:

I fattori che influenzano l’outcome nel paziente politraumatizzato sono vari. La prima ora viene definita
“Golden Hour” in quanto si verifica l’influenza della qualità del primo soccorso sulla prognosi finale.
Esistono anche i 10 minuti di platino che comprendono la valutazione iniziale, l’estricazione, la rianimazione
iniziale e il trasporto rapido e assistito in un ospedale adeguato. La valutazione primaria o inziale prevede il
controllo dei parametri vitali e deve essere rapida (< 90 sec) e mirata, e deve identificare interventi
indifferibili e necessità di trasporto immediato. Gli obiettivi di questa valutazione sono prevenire l’ipossia,
mantenere la volemia ed effettuare una mobilizzazione atraumatica.
La mortalità da trauma può presentarsi:
- 1° picco: dopo pochi minuti
- 2° picco: dopo pochi minuti a molte ore
- 3° picco: da giorni a settimane

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La valutazione primaria ABCDE deve essere attuata in 90 secondi e prevede:
- A: immobilizzazione del rachide cervicale:
 Soggetti non coscienti: liberare le vie aeree da corpi estranei, sublussazione della
mandibola (manovra eseguita raramente), posizionare cannula orofaringea, proseguire
rapidamente con il controllo della ventilazione e circolazione, prepararsi rapidamente per
procedure quali intubazione tracheale o presidio extra-glottico, detensione pnx iperteso,
puntura inter-cricoidea
 Soggetti con vie aeree a rischio: proseguire nella valutazione ma se risultasse necessario
ricorrere all’intubazione tracheale o altre procedure di controllo delle vie aeree
 Soggetti con vie aeree sicuramente libere
L’indicazione all’intubazione tracheale prevede che il paziente abbia le vie aeree ostruite, che sia a
rischio di inalazione, che sia in ipoventilazione in respiro spontaneo o ipossia persistente dopo O 2 o
in stato di coma con GCS < 8. Un paziente che parla indica che vi è pervietà delle vie aeree,
ventilazione presente e perfusione cerebrale. È necessario valutare e frequentemente rivalutare la
pervietà delle vie aeree. Le prime vie aeree completamente ostruite portano a:
 Perdita di conoscenza in 2 minuti
 Arresto respiratorio in 2-6 minuti
 Arresto cardiaco in 5-10 minuti
 Danno cerebrale irreversibile
L’ostruzione delle prime vie aeree può essere dovuta a:
 Caduta della lingua (coma)  Edema o spasmo delle vie aeree
 Materiale estraneo, anche vomito  Trauma delle vie aeree
o sangue
L’intubazione orotracheale è una tecnica che può essere attuata da colui che ha la competenza per
farlo (formazione specifica), in genere medico oppure rianimatore.
- B: valuto il respiro e la ventilazione. Ci si avvale dello schema di valutazione OPACS (osserva-palpa-
ascolta-conta-saturimetro). Nei soggetti non coscienti o coscienti con respiro presente:
 Somministro O2 terapia
 Monitoraggio pulsossimetro e capnografo
 Ventilazione manuale con pallone auto-espansibile, eventuale IOT
 Trattamento del pnx iperteso
In area critica l’Ambu deve essere usato
sempre con reservoir e ossigeno che
permettono di avere percentuali di
somministrazione prossime al 100% di
ossigeno. La ventilazione con Ambu Si
effettua utilizzando un pallone di Ambu
con ossigeno ad alti flussi senza
reservoir, la percentuale di ossigeno
fornita al paziente è del 60%. Un
problema di pervietà delle vie aeree e di
ventilazione può essere causa di morte
evitabile precoce fino al 40% dei casi.
- C: circolazione. Valuto il polso radiale, la PA e l’ECG. È necessario controllare eventuali segni clinici
di ipovolemia come tachicardia, ipotensione, vasocostrizione, estremità pallide e fredde, tachipnea,
stato confusionale fino al coma (shock emorragico). Per controllare le emorragie:
 Duplice accesso venoso periferico di grosso calibro: catetere di 14G con una sacca a
pressione che permette di infondere 450ml di cristalloidi al minuti
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 Terapia infusionale: i farmaci vasocostrittori possono essere considerati solo dopo il
rimpiazzo volemico, lo scopo è irrorare gli organi senza arrivare a valori PA normali
 Trattamento pnx iperteso
 Valuto il “Load and Go” che permette di caricare il paziente e portarlo via
Valuto quindi il polso (frequenza, forza e sede) e la cute (temperatura, colore e umidità). Il rapporto
indicativo tra polso e pressione in caso di paziente in stato di shock deve essere:
 Polso radiale persistente, PA sistolica superiore a 80 mmHg

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 Polso femorale presente, PA sistolica superiore a 70 mmHg
 Polso carotideo presente, PA sistolica superiore a 60 mmHg
In caso di shock emorragico la priorità assoluta è di chiudere il rubinetto (quindi arrestare
l’emorragia). È necessario quindi controllare le emorragie tramite compressione diretta,
immobilizzazione, trazione; si utilizza il tourniquet. Blocco l’emorragia e posiziono gli accessi venosi
periferici, qualora non riuscissi passo ad un accesso intraosseo. In un contesto di emergenza
l’intraossea si pone come una strategia rapida ed efficace. I siti consigliati sono quattro:
 Tibia prossimale adulto e  Femore distale
pediatrico  Omero prossimale
 Tibia distale adulto e pediatrico
- D: si valuta tramite scala AVPU e Glasgow Coma Scale. Se il paziente è tipo P o U (AVPU) o con GCS
< 8 è necessaria l’intubazione orotracheale. AVPU:
 A: alert (stato di allerta)
 V: verbal (risposta a stimoli verbali)
 P: pain (risposta a stimoli dolorifici)
 U: unresponsive (non risponde agli stimoli)
- E: esposizione del corpo della vittima (nel rispetto della privacy) per cercare lesioni e rimuovere
abiti bagnati. È necessario trattare eventuali lesioni:
 Protezione dall’ipotermia
 Preparare il paziente per il trasporto (mobilizzazione atraumatica)
 Valutazione dolore e trattamento non farmacologico, somministrazione di analgesici su
indicazione medica
 Comunicazione con CO 118
Si attua l’esame testa-pedi valutando capo, collo, torace, addome, arti e dorso.

La valutazione secondaria si effettua per raccogliere ulteriori informazioni utili alla scelta dell’ospedale di
destinazione, ma anche per la scelta se rimanere sul posto o recarsi all’ospedale. Si effettua quindi
l’anamnesi tramite l’acronimo AMPLE:
- A: allergie
- M: medicine prese normalmente
- P: precedenti malattie
- L: l’ultimo pasto
- E: eventi correlati al trauma
Le indicazioni per un trasporto immediato (dopo una prima valutazione) sono:
- Arresto cardio-respiratorio - Problemi non risolvibili di pervietà delle
vie aeree
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- Ferite penetranti - Fratture multiple, soprattutto pelvi e
- Sanguinamento rilevante interno o femore
esterno - Livello di coscienza instabile
- Shock compensato - Meccanismo di lesione suggestivo di
trauma grave
Durante il trasporto è necessario:
- Mantenere la pervietà delle vie aeree - Monitoraggio clinico e strumentale
- Mantenere l’immobilizzazione - Rivalutazione

APPROCCIO AL PAZIENTE:

FASE 1: ACCERTAMENTO
Si effettua in situazioni di pericolo per la vita, in cui la principale priorità è di preservare la vita. Il tempo è
l’elemento essenziale per una rapida identificazione e intervento dei problemi di salute dei pazienti. Spesso
le difficoltà del paziente riguardano problemi delle vie aeree, alla respirazione e alla circolazione. Anche un
repentino cambiamento nel concetto di sé (pensieri di suicidio) nei ruoli o nelle relazioni (conflitti sociali o
atti violenti) possono innescare un’emergenza. L’accertamento d’emergenza è centrato su pochi modelli
essenziali di salute, perciò non è completo. È fondamentale valutare le priorità: se un paziente sta de-
saturando non posso focalizzarmi sull’incapacità di deambulare. Metto in atto la valutazione ABCD:
- A: pervietà delle vie aeree
- B: respiro (cianosi, pallore, FR)
- C: circolazione
- D: deficit neurologici
Se il paziente è in grado di parlare posso porre una serie di domande aggiuntive riguardanti le sue
sensazioni. Un paziente diabetico, anche se non ha mai avuto un infarto, va trattato come se avesse un
infarto in corso in quanto il diabete ha una predisposizione alta nello sviluppo di patologie cardiache.

FASE 2 E FASE 3: PIANIFICAZIONE E ATTUAZIONE


L’infermiere di fronte a sintomatologie che facciano sospettare un infarto miocardico in corso dovrà
velocemente effettuare una valutazione dello stato di salute e di coscienza (ABCD sempre) de paziente e:
- Avvertire il medico - Reperire un accesso venoso periferico (se
- Posizionare il paziente in Semi-Fowler o il paziente va incontro a shock reperire
Fowler (posizione a letto in cui testa e un accesso è più difficile)
tronco sono sollevati con le ginocchia - Posizionare ossigenoterapia
flesse e dritte) - Tranquillizzare il paziente
Ogni reparto ha i suoi protocolli e le sue linee guida ma possiamo dire che in linea generale si dovrà, nel
caso di imminente esecuzione di intervento di ri-perfusione (coronarografia, fibrinolisi e/o angioplastica):
- Verificare che il paziente abbia firmato il - (Verificare il digiuno)
consenso, compreso e accettato la - Eseguire il prelievo ematico: la procedura
procedura necessita di altri valori biochimici come
- Verificare la congruità e la pervietà creatinina, emoglobina e coagulazione
dell’accesso venoso - Tagliere protesi e accessori (dentiera)
- Eseguire la tricotomia - Se da protocollo posiziona un catetere
- Somministrare eventuale terapia vescicale, in genere non sempre
- Monitorare i parametri vitali e la necessario (è necessario rimuovere
sintomatologia l’urina di 300 in 300cc)
- Monitorare attraverso ECG o telemetria - Vestire il paziente con grembiule
l’attività elettrica cardiaca chirurgico, calzari, mascherina

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- Trasferire il paziente in UTIC ed
Emodinamica
I rischi principali a cui si va incontro sono:
- Rischio di difficoltà respiratoria secondaria a edema polmonare
- Alcuni pazienti durante l’IMA presentano o rischiano EPA (edema polmonare acuto): sarà
necessario mantenere monitoraggio e documentazione costante dei parametri vitali (PA, FC, SpO 2)
- Eseguire al sospetto un esame obiettivo valutando eventuali suoni respiratori anormali come
gorgoglii e fischi
- Prelevare se prescritto un EGA
- Compilare un bilancio idroelettrolitico, monitorare la diuresi che non dovrà essere mai inferiore a
30ml/h
- Preferire una dieta iposodica
Le complicanze che si possono verificare nel paziente infartuato sono:
- Aritmie - Shock cardiogeno
- Embolia polmonare

FASE 4: VALUTAZIONE
Durante questa fase valuto gli interventi attuati e che le condizioni del paziente siano migliorate, anche in
collaborazione con altri professionisti o con il medico. Qualora non si presentassero miglioramenti è
necessario riprogrammare gli interventi.

PAZIENTE CON PROBLEMI EMODINAMICI E CARDIOLOGICI


“Qualsiasi dolore riferito dalla base del naso all’ombelico anteriormente e dalla nuca alla 1esima vertebra
posteriormente, che non abbia causa traumatica o chiaramente identificabile che lo sottenda è da
considerata potenzialmente ad una SCA”. Da un punto di vista infermieristico, nell’approccio a questo
paziente, ci interessa valutare le sedi di dolore in caso di angina; le sedi di dolore principale sono:

Alla base dell’assistenza abbiamo la raccolta dati e l’osservazione: se una persona lamenta dolore
localizzato non bisogna sottovalutarlo ma è necessario porre molta attenzione e riportare agli altri

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infermieri. La SCA è una delle più importanti emergenze del nostro tempo e lo scopo del trattamento è
quello di correggere le aritmie minacciose e prevenire lo scompenso cardiaco riducendo l’estensione del
danno miocardico in base alle linee guida. la Sindrome Coronarica Acuta comprende:
- Dolore toracico severo e prolungato o angina instabile, non associati a danno permanente del
muscolo cardiaco
- Infarto miocardico, anche conosciuto come attacco cardiaco, nel quale si verifica la morte del
tessuto muscolare cardiaco. Può presentarsi con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) oppure
senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI)
Dal punto di vista clinico, nella maggior parte dei casi il sopraslivellamento ST indica un occlusione in atto o
imminente di un ramo coronarico che richiede un intervento di ricanalizzazione immediata del vaso
responsabile. Nell’infarto senza sopraslivellamento del tratto ST mancano i segni di occlusione acuta, si ha
una mio-necrosi con grado più avanzato di coronaropatia, situazione più comune nella popolazione anziana
(somministrazione di trombolitici e antiaggreganti).
Esiste anche un’angina instabile secondaria ad:
- Ipossiemia
- Crisi ipertensive
- Uso di cocaina o farmaci simpaticomimetici che aumentano la richiesta di O
Se queste condizioni persistono per tempistiche lunghe il danno manifesto può anche arrivare ad avere una
condizione irreversibile. In caso di infarto si accuseranno diversi sintomi, variabili da persona a persona:
alcuni soggetti possono sviluppare infarto anche in assenza di dolori, ma con nausea, vomito ed eruttazioni.
Nessuno dei segni e sintomi possono bastare per una diagnosi certa di SCA ma è necessario attuare un iter
specifico con il medico. Le cause di dolore toracico:
- Cardiovascolari: angina stabile/instabile, IMA, dissezione aortica, pericardite
- Polmonari: embolia polmonare, PNX spontaneo, polmonite
- Muscolo-scheletrica: costocondrite, discopatie, Herpes Zoster, nevrite intercostale
- Psicologiche: disordini psicosomatici
- Gastrointestinali: patologie biliari, gastroenterite
Altro punto fondamentale è il metodo con cui si interroga il paziente; questo dovrebbe essere il più
omogeneo possibile tra i diversi operatori e organizzato in modo standard per non condizionare le risposte.
Durante l’accertamento dovremo attuare:
- Osservazione: ricerco informazioni sul paziente
- Intervista: processo di interazione e comunicazione per raccogliere dati attraverso scambi di
comunicazione
- Esame fisico: analisi del funzionamento del corpo, usando palpazione, percussione, auscultazione e
ispezione
- Intuizione: uso dell’introspezione, dell’istinto e dell’esperienza clinica per esprimere un giudizio
sull’assistenza al paziente
È necessario quindi valutare il dolore:
- Qualità: tipologia di dolore - Gravità: scala NRS
- Irradiazione: in che zone si estende - Fattori scatenanti: come è comparso,
- Tempo: quando è iniziato e se è continuo cosa lo fa migliorare o peggiorare, cosa
o intermittente stava facendo
In caso di SCA i campanelli d’allarme comprendono:
- Dolore al petto simile a bruciore, - Dolore irradiato in altre parti del corpo,
pressione o senso di oppressione che braccio sinistro e mandibola
dura diversi minuti - Nausea ed emesi
- Improvvisa e forte sudorazione (diaforesi) - Mancanza di fiato (dispnea)

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I segni e i sintomi possono variare a seconda di sesso, età e se dispone di una condizione medica di base,
come il diabete.
Oltre alla NRS, per la valutazione del dolore può essere applicata la Chest Pain Score (CPS) che valuta
localizzazione, carattere, irradiazione e sintomi associati al dolore con un punteggio finale che può essere
inferiore a 4 (< 4) che indica un dolore atipico con bassa probabilità di angina; oppure superiore a 4 (> 4)
che indica un dolore tipico con intermedia-alta probabilità di angina. La CPS permette di definire la tipicità
rispetto all’atipicità dei sintomi e lo strumento è stato validato in un’ampia coorte di pazienti.
Al PS, di fronte ad un paziente con dolore toracico, è necessario attuare immediatamente interventi di
monitoraggio dei parametri vitali e reperire un accesso venoso. Fondamentale inoltre rilevare:
- ECG a 12 derivazioni - PVC (pressione venosa centrale)
- SpO2 - TC
- Monitor cardiaco - Prelievo ematico
- FC - Telemetria
Il tempo che intercorre dall’ingresso in PS all’inizio della procedura di angioplastica coronarica percutanea
(PTCA) nel paziente con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) viene
chiamato “door-to-balloon-time” (D2BT). D2BT + iter + protocollo operativo  secondo le linee guida la
somma di questi tempi non deve superare i 90 minuti (il processo
di triage può influenzare di molto questo tempo).
In alcuni casi è necessario avvalersi di un monitoraggio molto
accurato della PA ossia la misurazione invasiva della pressione
arteriosa. È il sistema più affidabile di misurazione continua in
“tempo reale” della PS sistolica, diastolica e medica. Offre il
vantaggio di un accesso non doloro, semplice ed a rischio
contenuto per il campionamento di sangue arterioso. Viene
attuata nei pazienti critici o traumatizzati o sottoposti a chirurgia
maggiore nei quali è importante:
- Rilevare improvvise modificazioni della PA
- Seguirne il trend
- Valutare la risposta alla terapia
La rilevazione selle PA cruente avviene attraverso l’inserimento di un catetere all’interno di un vaso o di una
cavità. I sistemi di misurazione elettronica prevedono l’utilizzo di trasduttori di pressione oggi monouso. A
cosa serve il trasduttore? Converte l’onda meccanica generata dal flusso ematico in onda elettrica. Il
trasduttore viene collegato al paziente mediante un sistema di tubi e una sacca di lavaggio. La corretta
preparazione e gestione del sistema è fondamentale per un utilizzo affidabile dello stesso. La sacca di
questo sistema deve essere ad alta pressione in modo tale che venga impedito il reflusso ematico; quando
si effettua l’EGA si ruota il rubinetto, si raccorda la siringa e si
ricava sangue arterioso. Per valutare se si tratta di sangue
arterioso o venoso devo valutare principalmente la CO 2 che, nel
sangue venoso, è molto più alta. È possibile quindi anche
effettuare emogasanalisi seriate, soprattutto in pazienti con
insufficienza respiratoria o co alterazioni dell’equilibrio acido-
base o necessità di eseguire > 3-4 EGA/die. È giusto fare lo 0
dopo un emogasanalisi oppure quando vedo dei valori anomali
sul monitor. Per un corretto funzionamento, il trasduttore deve essere posto
alla stessa altezza del cuore, quindi a livello dell’asse cardiaco. L’onda che
dovrebbe essere rappresentata non deve presentare assolutamente anomalia
e deve essere regolare; qualora presentasse un’anomalia sarebbe indice di
alterazioni cardiache.

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La pressione venosa centrale:
- È aumentata da:
 Iperidratazione che aumenta il ritorno venoso
 Insufficienza cardiaca o stenosi dell’arteria polmonare, che limita l’efflusso venoso e porta a
congestione venosa
 Respirazione a pressione positiva, sforzo
- È ridotta da:
 Shock ipovolemico da emorragia
 Shift di fluidi
 Disidratazione
Gli interventi infermieristici che devono essere attuati sono:
- Preparazione e mantenimento del sistema
- Raccolta e valutazione di dati
- Cura del catetere del sito
- Prevenzione delle complicanze:
 Infezioni nosocomiali (dalla cute o dai rubinetti)
 Migrazione del catetere:
o Migrazione in avanti verso il ventricolo o l’atrio di dx
o Irritazione endocardica, contrazioni ventricolari premature
o Trombosi venosa
 Pressione del flusso e della sacca
 Ostruzione
 Emorragia

 Uomo di 54 anni presenta dolore toracico iniziato da circa 40 minuti. Il dolore è precordiale, diffuso
ma localizzabile, di forte intensità. Il paziente è agitato, leggermente confuso e sudato. Continua a
lamentarsi del dolore e riferisce di aver nausea. L’esame clinico non rileva segni di trauma toracico
o di flebite a livello delle gambe. La FC è 100bpm (ritmo sinusale), PA 110/60 mmHg bilateralmente.
Polsi presenti e simmetrici. TC 36.3°C. il paziente ha 26 atti respiratori al minuto ed è leggermente
dispnoico. Il paziente è alto 165cm, pesa 87kg ed ha un BMI di 31.9kg/m 2.

RITMI CARDIACI PERICOLOSI PER LA VITA


1. Fibrillazione Atriale: mancanza dell’onda P nell’elettrocardiogramma. Alcuni soggetti convivono con la
FA a bassa frequenza tramite l’assunzione di farmaci: non è un pericolo imminente ma deve essere
gestita tentando la cardioversione farmacologica in primis e successivamente, se necessario, la
cardioversione elettrica. La FA ad alta frequenza in un soggetto deve essere, se non controllata
farmacologicamente, mediata tramite cardioversione elettrica in quanto può diventare pericolosa per
la vita. Se, in reparto, una persona non ha mai presentato questa complicanza, ma ora inizia a
manifestarsi lo posso capire tramite l’osservazione del saturimetro che presenta valori anomali, con
l’alternanza di valori alti e valori bassi.
2. Blocco Branca Sinistra: è un’anomalia della conduzione cardiaca in cui si ha l’attivazione del ventricolo
sinistro che è ritardata e di conseguenza si contrae dopo il ventricolo destro. Questo blocco potrebbe
nascondere un infarto e quindi posso presumere che l’infarto si sviluppi e, in tal caso, devo essere
pronto all’intervento. Il BBS può essere causato da:
- Stenosi aortica calcifica - Infarto miocardico acuto
- Cardiomiopatia dilatativa
3. Tachicardia Ventricolare: all’elettrocardiogramma si presenta come una rapida successione di
complessi QRS slargati. Le onde P possono essere indipendenti dai complessi QRS (dissociazione atrio-
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ventricolare). Se vi sono condizioni predisponenti può evolvere in aritmie gravissime come la torsione di
punta o la fibrillazione ventricolare. Se un paziente non rientra dalla TV seguirà un immediato arresto
cardiaco uno svenimento ed è quindi necessario intervenire prontamente.
4. Fibrillazione Ventricolare: è stata descritta come “attività cardiaca, asincrona e frazionata del cuore”.
5. IMA: si possono presentare segni elettrocardiografici di infarto STEMI e di infarto NSTEMI. La
valutazione laboratoristica dell’IMA viene definita dall’aumento di alcune sostanze nel sangue o enzimi
miocardio specifici. La troponina I (con anche mioglobina e CKMB)viene usata oggi per la diagnosi
differenziale nel dolore toracico dubbio. Alcuni pazienti con infarto miocardico sviluppano onde Q di
necrosi; i pazienti in cui non vi sono aumenti significativi di troponina potrebbero essere affetti da
angina instabile.
Il paziente in arresto cardio-circolatorio presenta un assenza dell’attività meccanica del cuore con caduta
del battito a valori prossimi allo zero. Si verifica una perdita di coscienza dopo 6-10 secondi e, dopo un
intervallo di tempo variabile, si può verificare arresto respiratorio  RCP immediata: dopo circa 7 minuti il
danno risulta irreversibile.

GESTIONE DEGLI ACCESSI VASCOLARI E SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI


Molte sono le linee guida e le società scientifiche che pubblicano sulla gestione degli accessi venosi e dei
farmaci. Un accesso vascolare è una procedura attraverso la quale di ottiene l’accesso alla parte venosa del
torrente circolatorio, in modo temporaneo o definitivo, tramite l’induzione di un catetere (tubo) in un vaso.
Gli accessi possono essere periferico o centrale. Le complicanze principali possono essere:
- Meccaniche: 100% prevenibili
- Trombotiche: 80% prevenibili
- Infettive : 100% prevenibili
Inizialmente è necessario valutare il
paziente per decidere tipologia e sito di
accesso. Si valuta età, diagnosi, anamnesi,
precedenti veni punture e cateteri venosi,
tipo e durata della terapia infusionale,
condizione della cute e del sito di inserzione, screening coagulativo e conta piastrinica, preferenze del
paziente, stile di vita, acquisizione del consenso. Per l’anamnesi invece devono valutare la presenza di
nefropatie, chirurgia pregressa o futura, chemio o radioterapia pregresse. È necessario valutare anche il
patrimonio vascolare tramite l’utilizzo di ultrasuoni: ricerca delle possibili sedi di incanulamento per
determinare il sito ottimale di veni-puntura valutando calibro e collassabilità, profondità, pervietà, rapporti
anatomici con strutture sensibili (arterie, vene, pleura, trachea, nervi). Per quanto riguarda la veni-puntura
è raccomandato l’utilizzo di tecnica ecografica in tempo reale; c’è unanimità nella comunità scientifica
nell’indicare le tecniche di veni-puntura eco-guidata in grado di aumentare il successo di posizionamento al
primo tentativo, rendere la procedura di impianto più sicura riducendo il rischio di complicanze (puntura
arteriosa; ematoma; pnx; emotorace; puntura nervosa; infezioni; trombosi).

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Gli accessi venosi possono essere periferici. Si definisce accesso venoso periferico un catetere la cui parte
terminale si localizza in qualunque vaso tributario della vena cava superiore o inferiore. L’accesso vascolare
periferico non è indicato per la somministrazione di infusioni con osmolarità > 900mOsm, pH < 5 o > 9,
farmaci irritanti o vescicanti. Al di fuori del contesto perioperatorio e di emergenza, è indicato l’utilizzo di
cannule con il minor calibro possibile. Tutti gli accessi devono essere irrigati con soluzione salina (flushing)
dopo ogni utilizzo. La rimozione dell’accesso periferico è indicata in caso di:
- Malfunzionamento - Infezione locale
- Flebite - Cessata necessità
Oppure gli accessi possono essere centrali. Si definisce un catetere la cui parte terminale si localizza a livello
della giunzione atrio-cavale in vena cava inferiore. L’accesso venoso centrale è indicato per la
somministrazione di infusioni con osmolarità > 900mOsm, pH < 5 o > 9, farmaci irritanti o vescicanti. Il
numero minimo di lumi possibile è in relazione alle esigenze, durante l’impianto è necessario il
monitoraggio tramite ECG e SpO2 o anche ultrasuoni. Le tipologie di catetere centrale sono:
- Cateteri venosi ad inserzione centrale
- Cateteri venosi ad inserzione femorale
- Cateteri venosi ad inserzione periferica
Per quanto riguarda la preparazione della sede e il posizionamento:
- Informazioni generali:
 Informare in maniera appropriata il paziente prima di inserire un catetere venoso
 Ottenere dal paziente un consenso informato in accordo con le procedure aziendali
 Assicurarsi che il sito dove sarà inserito il catetere sarà visibilmente pulito prima di
applicare la soluzione antisettica; se visibilmente sporco, pulirlo in maniera appropriata
prima di applicare la soluzione antisettica
 Depilare il sito di inserzione soltanto quando necessario…
- Rimozione immediata:
 Nel sospetto di un danno nervoso

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 Nel caso di puntura arteriosa accidentale
- Posizionamento di ago-cannule:
 Non eseguire più di due tentativi per ciascun operatore e non superare il numero
complessivo di quattro tentativi
- Cateteri venosi centrali:
 Attenersi al bundle di inserzione dei cateteri
 Igiene delle mani
 Antisepsi cutanea con clorexidina > 0.5% in soluzione alcolica
 Massime precauzione di barriera sterili
 Evitare il posizionamento di cateteri in elezione nella femorale degli adulti obesi
- Materiale:
 Check list standardizzata
 Carrello o kit dedicati
 Ecografo
- Tecnica:
 Percutanea (tecnica di Seldinger)
 Controllo punta (vena cava superiore o giunzione cavo-atriale)
- Connettori senza ago:
 Devono potersi collegare al dispositivo o alla porta di accesso della linea infusionale
mediante un meccanismo di chiusura tipo luer-lock, così da garantire una connessione
sicura
 Disinfettare i connettori senza ago prima dell’utilizzo del dispositivo
 Nel sostituire il connettore utilizzare tecnica no touch
 Accedere ai connettori senza ago soltanto con dispositivi (siringhe, prolunghe, linee
infusionali) sterili
- Somministrazione:
 Prima di utilizzare il connettore senza ago disinfettarlo manualmente, strofinando
vigorosamente e rispettando il tempo di azione dell’antisettico usato
 Il materiale di disinfezione deve essere sempre disponibile accanto al letto del paziente
- Dispositivi aggiuntivi:
 Integrati tra loro (o connessi con meccanismo luer lock)
 Solo su indicazione clinica
 Limitare l’utilizzo di rubinetti
- Stabilizzazione del catetere:
 Satureless free
 I cateteri venosi vanno stabilizzati o fissato utilizzando specifici dispositivi di stabilizzazione
disegnati per tale scopo
- Lavaggio e chiusura:
 Prima di ogni infusione è buona regola lavare il catetere venoso e verificare il ritorno di
sangue all’aspirazione
 Dopo ogni infusione endovenosa, occorre lavare il catetere venoso (flush) per eliminare
tracce residue di farmaco all’interno del lume, allo scopo di ridurre il rischio di interazione
tra medicinali incompatibili
 Al momento della chiusura del catetere il lume del catetere deve essere riempito con una
soluzione (lock, fisiologica) che ha scopo di ridurre il rischio di occlusione intraluminale e/o
infezioni batteriche catetere-correlate
 Flush con tecnica pulsatile, volume pari al doppio del volume interno del sistema, lasciare
una piccola quantità di soluzione fisiologica per evitare l’effetto rimbalzo
33
 Chiusura cateteri per dialisi
 Lock antimicrobico
- Valutazione sistematica:
 Ispezionata periodicamente per controllare l’integrità, per verificare la precisione
dell’infusione e le date di scadenza della soluzione da infondere, nonché per verificare
l’aspetto della medicazione
 Esaminare con attenzione il sito di posizionamento del catetere e l’area circostante, per
individuare arrossamenti, dolorabilità, edema e secrezioni; osservare e palpare attraverso
la medicazione integra e annotando quanto riferito dal paziente in termine di sintomi quali
dolore, parestesie, intorpidimento
- Medicazione:
 Scopi del fissaggio: prevenire le rimozioni accidentali, consentire l'ispezione dell’exit site
non interferendo con il circolo venoso e/o la somministrazione di terapie
 Lavaggio mani con gel a base alcolica oppure con sapone medicato e acqua, prima e dopo
ogni contatto con il catetere vascolare
 Indossare guanti puliti per ogni manipolazione del catetere e guanti sterili per il
confezionamento di una nuova medicazione
 Far asciugare bene l’antisettico cutaneo prima di applicare la medicazione; nel caso di
soluzioni a base di clorexidina alcolica, attendere almeno 30 secondi
 Le medicazioni con membrane semipermeabili trasparenti vanno sostituite almeno ogni 5-7
giorni; le medicazioni con garza e cerotto sterile almeno ogni due giorni. La medicazione
deve essere sostituita se bagnata, sporca e staccata
 La medicazione va subito sostituita in caso di secrezione, dolorabilità della sede o altri segni
sospetti, oppure quando si è allentata o dislocata
 Prendere in considerazione medicazioni a rilascio continuo di clorexidina
- Valutazione del sito di infusione:
 VES (visual exit site)

- Linee infusive:
 Il set di somministrazione continua, sia primari che secondari sostituiti periodicamente con
frequenza non superiore a 96 ore e inferiore a 7 giorni
 Quando l'infusione e intermittente il 7 di somministrazione va sostituito ogni 24 ore
 I set di somministrazione usati con soluzioni per nutrizione parenterale “all-in-one” vanno
sostituiti ogni 24 ore
 I set di somministrazione utilizzati per l’infusione di semplice emulsioni lipidiche vanno
sostituiti ogni 12 ore
 Il set di somministrazione utilizzato per infusione di Propofol va sostituito ogni 6 o 12 ore
 Quando si infonde una emotrasfusione, filtri e set di somministrazione vanno sostituiti al
termine di ogni unità di sangue o comunque ogni quattro ore
34
Negli USA dal 2008 non vengono rimborsati i seguenti avversi in quanto prevenibili con un corretto
approccio:
- Embolia polmonare (in pazienti non già portatori di TVP)
- Decubiti (se non preesistenti)
- Sepsi urinarie da catetere vescicale (in pazienti non già portatori di CV)
- Corpi estranei, ritenuti in seguito a procedure invasive
- Sepsi batteriemiche da catetere vascolare
L’obiettivo di un programma di prevenzione efficace dovrebbe essere l’eliminazione della CRBSI (Catheter-
related bloodstream infection). Le raccomandazioni della gestione delle complicanze infettive
comprendono:
- Eseguire esami colturali prima di iniziare l’antibiotico terapia empirica
- Presenza di shock o spesi al timing per iniziare la terapia antibiotica è 60 minuti post diagnosi
- La comparsa di febbre in pazienti portatori di catetere venoso centrale da almeno 48 ore va,
sempre, indagata attraverso l’esecuzione di emoculture da vena periferica e da catetere venoso
centrale. Il catetere emoculturale che si positivizza almeno due ore prima offre indicazioni sul focus
infettivo primario
Il bundle è uno strumento clinico-gestionale di dimostrata efficacia clinica ed economica nella riduzione e
nella prevenzione di infezioni ospedaliere correlate a catetere. Per l’impianto è necessario:
- Igiene delle mani prima di ogni approccio al catetere
- Massime precauzioni di barriera all’impianto
- Disinfezione cutanea con soluzioni alcoliche a base di clorexidina 2%
- Sito ottimale di veni-puntura
- Impianto eco-guidato
La gestione prevede l’attuazione di tecniche asettiche per l’accesso e/o la sostituzione dei connettori
needleless e per la sostituzione della medicazione ed ogni atto manutentivo del catetere. È necessario
inoltre lavaggiare il catetere con soluzione fisiologica sterile 20ml con tecnica pulsante ad ogni utilizzo e
rivalutare quotidianamente il catetere stesso  sono consigliate anche medicazioni semipermeabili
trasparenti in modo tale che la valutazione del catetere e del sito di inserzione sia più rapida e continua.
Prima della somministrazione di un farmaco
devo chiedermi che farmaco sto
somministrando, le sue caratteristiche e
associazioni farmacologiche e devo calcolare il
dosaggio. Gli errori più frequenti riportati nella
pratica clinica quotidiana sono:
- Scambio di farmaci per nome o
confezioni confondibili (LASA)
- Scambio di siringa
- Errore nella via di infusione
- Etichettatura inadeguata/assente
- Diluizioni/dosaggi errati o erroneamente
riportati
- Contaminazione o inquinamento del preparato da somministrare
Le cause maggiori di errore sono:
- Durante la preparazione: siringhe non chiaramente identificabili, differenti concentrazioni di
farmaco, fiale o ampolle simili di farmaci diversi
- Durante la somministrazione: dosaggi non adeguati, scambi di siringa, mancato check tra gli
operatori

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L’etichettatura deve essere effettuata per bottiglie, sacche e siringhe e deve riportare, oltre al nome del
paziente a cui si deve somministrare anche la via di somministrazione, ad esempio:
- Linea venosa di somministrazione - Linea di monitoraggio invasiva
- Via epidurale - Camera di gocciolamento
- Tipo di catetere
Il catetere di Swang-Ganz si usa nei casi in cui sia necessario avere più informazioni riguardanti
l’emodinamica del paziente instabile, per un inquadramento diagnostico/terapeutico ed assistenziale più
preciso. Il catetere di Swang-Ganz è introdotto in arteria polmonare e, tramite l'avanzamento nelle camere
cardiache, consente di misurare un maggior numero di parametri (gittata cardiaca, resistenze vascolari
polmonari, indici di precarico, postcarico). Ha indicazioni in caso di:
- IMA acuto grave - Cardio-chirurgia
- Shock - Studio emodinamico per patologie
- Insufficienza respiratoria grave cardiache congenite
Le vie d’accesso sono:
- Vena giugulare interna destra e sinistra
- Vena succlavia destra e sinistra
- Vena femorale
È utile per la rilevazione di:
- Volume minuto cardiaco: metodo della termodiluizione  Cardiac Output o gittata cardiaca
- Indice cardiaco: volume minuto relativo alla superficie corporea
- Pressioni polmonari:
 PAP  Diastolica: 5-15 mmHg
 Sistolica: 15-20 mmHg  Media: 10-17 mmHg
- PCWC (pressione di incuneamento o wedge): 5-12 mmHg
Le complicanze possono essere:
- Immediate:
 Sanguinamento, puntura accidentale dell’arteria, pnx
 Turbe del ritmo (ventricolari)
 Arrotolamento del catetere e o
formazione di nodi
- Tardive:
 Rottura del palloncino
 Rottura dell’arteria polmonare
 Infarto polmonare
 Lesione tricuspide
 Trombosi
 Infezioni (endocarditi/sepsi)
- Durante il reporting della terapia
somministrata: eventi avversi non
riconosciuti o non segnalati
contribuiscono ad una inadeguata
interpretazione epidemiologica del problema in ambito clinico
BISOGNO DI RESPIRARE

 Caso clinico: viene prescritto trattamento in CPAP, diuretico EV, cateterizzazione vescicale in
paziente agitata, che ha fame d'aria, con maschera reservoir per un edema polmonare acuto, la
paziente lievemente obesa, utilizza i muscoli respiratori accessori, appare molto affaticata (fatica a
dire più di una singola parola), FR42bpm, FC110bpm, PA 160/100mmHg. La paziente è già

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monitorizzata, il saturimetro non è disponibile, non ha un accesso venoso poiché il patrimonio
venoso è molto scarso e richiederà diverso tempo per reperirlo, come si pianificherà il suo
intervento?

Ogni persona tende all’indipendenza e la desidera, ogni persona forma un unicum che presenta bisogni
fondamentali; quando un bisogno non è soddisfatto, la persona non è completa né dipendente.
I vari step da attuare sono:
1. Identificazione della persona, parte fondamentale per il trattamento dei pazienti
2. Valutazione soggettiva
3. Valutazione oggettiva
4. Codice di priorità
Si devono prendere in considerazione informazioni quali la sua situazione precedente il ricovero, conoscere
quindi le storie pregresse, conoscere la situazione attuale, valutare la saturazione target, pianificazione e
valutazione del paziente. Alcuni interventi che si possono attuare sul paziente con problemi respiratori sono
il cambiamento della postura, la somministrazione di farmaci, posizionamento di NIV e CPAP. L’ossigeno è
un farmaco e come tale serve una prescrizione, se una donna non respira e devo contattare il medico prima
le posiziono l’ossigeno (anche senza prescrizione) e poi chiamo il medico.
La parte fondamentale inizia con il riconoscimento e l’attivazione del sistema di risposta d’emergenza. Per
capire se un paziente respira bisogna controllare la cute, se presente tachipnea, valutare l’impegno
respiratorio e considerare anche l’aspetto neurologico. Nei pazienti con patologie croniche polmonari può
esserci un accumulo di CO2 che provoca uno stato di narcosi, ipercapnia fino a coma e morte. Per ridurre
questa condizione si deve utilizzare la NIV in quanto è presente un meccanismo che spinge l’aria all’interno
dei polmoni in quanto il paziente non riesce a farlo in autonomia. Esiste un sistema rapido per capire se un
paziente respira bene o male: quante parole riesce a dire senza riprendere fiato?
- Mai - Ogni poche parole
- Ad ogni frasi - Rumori respiratori
L’ultimo step della respirazione prevede che l’anziano si metta in posizione piegata in avanti con le braccia
aperte a causa della difficoltà respiratoria. Oppure chiede di voler mettere giù le gambe perché è stato
troppo sul letto.
Nella valutazione soggettiva si chiede al paziente:
- Che disturbo ha? - Dormiva con più cuscini in questi giorni?
- Descrizione del sintomo - Ha dolore toracico?
- Ha la febbre - Ha patologie pregresse?
- Gonfiore alle gambe?
L’assistenza prevede quindi la somministrazione di ossigeno tramite venturi o occhialini fino a correzione
(reservoir, venturi, occhialini), rimuovo eventuali protesi (solo se mobili in bocca al paziente), posizionare il
paziente in posizione seduta di Fowler alta (60-80°) in quanto diminuisce il ritorno venoso al ventricolo
destro, aumenta la capacità polmonare, aumenta la capacità vitale del paziente e diminuisce il lavoro
respiratorio. Un paziente altamente instabile non può stare giù dal letto. I limiti che si possono trovare in
relazione alla postura sono:
- Appoggio dei piedi - Scivola giù dal letto
- Non ha energie per tenere eretta la - PDC/intubazione di difficile gestione
schiena, si sfianca e si chiude in avanti - Materasso antidecubito
- Obesità/ascitico: la pancia fa compressione sul diaframma
Successivamente si deve spogliare il paziente, per quanto serva a noi, quindi per posizionare un casco non
sono adatte maglie con il collo alto. Poi si monitorizza il paziente e si posiziona un accesso venoso. La
monitorizzazione è essenziale:
- Cosa? Tc, PA, FR, FC, Sat., Dolore, Cute, Diuresi

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- Quando? Ogni 5 min nella prima ora o di continuo
- Limiti? Massimo o minimo
Se la paziente è in condizioni di emergenza è necessario attuare un monitoraggio continuo se disponibile
che permette di rilevare FR, FC, Sat., PA a tempistiche inizialmente ravvicinate, se poi le rilevazioni sono
costanti posso aumentare le tempistiche. Qualora il paziente assumesse farmaci o subisse cambiamenti
devo adattarmi anche con la rilevazione dei parametri. Il dolore può essere rilevato ogni mezz’ora nelle
prime due ore. La temperatura deve essere rilevata sicuramente all’arrivo e successivamente ad orari
diversi in base alla diagnosi medica. Cianosi, cute e viso e meccanica respiratoria devono essere rilevate di
continuo; la diuresi invece ogni 30 minuti circa (anche per valutare l’effetto del diuretico). Dopodiché devo
posizionare dei limiti di allarme al monitor in base alle esigenze e alla condizione della paziente:
- FR: limite massimo 130/135 (prevenire eventuali aritmie); limite minimo 90 in prima fase (per
capire se il paziente migliora), a 70 successivamente e così via
- FC: limite massimo 46; limite minimo 20
- PA:
o Sistolica: limite massimo 180; limite minimo 120 (e poi controllo che non scenda ancora)
o Diastolica: limite massimo 120; limite minimo 70
È necessario successivamente somministrare la terapia che può essere farmacologica (Furosemide,
Cortisone e Aerosol) oppure non farmacologica tramite Ventilazione Non Invasiva (NIV), CPAP e BPAP.
Effettuare la cateterizzazione. Il cateterismo Foley rimane la causa più comune di infezione nosocomiale
nella pratica medica: il 64.9% è potenzialmente evitabile. Il catetere può essere posizionato in caso di
necessario controllo della diuresi, in caso di forte difficoltà respiratoria con difficoltà di assunzione della
posizione supina.
L’EGA va eseguito solo se la terapia di ossigeno è stabile da almeno 15 minuti. È inutile eseguirla a chi
desatura al volo senza ossigeno, non appena svegliati, oltre 15 minuti dall'ultima bronco-aspirazione e
almeno 20-30 minuti dall'inizio della terapia con ossigeno. Non bisogna togliere l’ossigeno per capire
quanto satura in AA e tantomeno togliere l’ossigeno e poco tempo prima di fare il prelievo in quanto i livelli
di ossigeno risulterebbero alti.
La somministrazione di ossigeno può avvenire tramite CPAP, NIV ma anche tramite la somministrazione ad
alti flussi. L’HFNC (High Flow Nasal Cannula) consiste in un sistema a circuita aperto di erogazione
dell’ossigeno, umidificato e riscaldato, nel quale viene impostata una FiO2 da somministrare e un flusso di
gas (>70 L/min) tale da essere superiore al picco di flusso del paziente. Si avrà:
- La riduzione dello spazio morto anatomico; tale effetto è reso possibile dall’impiego di naso-
cannule non occludenti le narici, che permettono la fuoriuscita dei gas che vengono “lavati”
- L’effettiva somministrazione della FiO2 impostata (da 0.21 a 1)
- La generazione di una pressione positiva: l’HFNC è in grado di generare una PEEP variabile dai 3 ai 5
cmH2O, considerata sufficiente ad incrementare il volume polmonare e reclutare alveoli collassati;
a differenza della CPAP non consente però di monitorare con precisione l’entità delle pressioni
somministrate
- La fluidificazione delle secrezioni e il miglioramento della clearance muco-ciliare, grazie alla
somministrazione di ossigeno adeguatamente riscaldato ed umidificato (a 37°C la miscela di gas
presenta il 100% di umidità relativa)
Tali caratteristiche permettono di prevenire la secchezza delle prime vie aeree, rendendo la metodica più
confortevole per il paziente e assicurandone così l’aderenza alla terapia. Mentre l’interfaccia per la
ventilazione non invasiva incrementa lo spazio morto, le cannule nasali ad alto flusso lo diminuiscono.
Si utilizzano per:
- Trattamento dell’insufficienza respiratoria acuta (IRA) nei nati pretermine e nella bronchiolite del
neonato
- Trattamento dell’IRA ipossiemica del paziente adulto in terapia intensiva

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- Sebbene diversi studi inizialmente abbiano escluso i pazienti con ipercapnia, alcuni dei meccanismi
alla base degli effetti degli alti flussi (wash-out dello spazio morto naso-faringeo, riduzione delle
resistenze del naso-faringe, generazione di una modesta PEEP) hanno stimolato la ricerca di
possibili applicazioni della HFNC anche in scenari clinici diversi dall’IRA ipossiemica, quali le
riacutizzazioni di BPCO con acidosi respiratoria scompensata.

CPAP E NIV [allegato 9]


I caschi da CPAP sono device usati per pazienti con problemi respiratori:
- Situazioni connotate da deficit meccanico della ventilazione alveolare polmonare: s’intende con
“ventilazione ” la capacità del paziente di mantenere un adeguato ricambio d’aria all’interno dei
polmoni, di consentire, cioè, quel regolare e sufficiente apporto di ossigeno agli alveoli polmonari, e
quindi al sangue, attraverso un adeguato movimento della cassa toracica che diviene, altresì,
indispensabile a rimuovere dal sangue l’anidride carbonica che si forma nel corso dei processi
metabolici dell’organismo e che, in quantità elevata, rappresenta un grave rischio per la vita stessa
del paziente. Le condizioni che rendono difficoltosa la respirazione sono l’obesità e le malattie
neuromuscolari
- Situazioni caratterizzate dalla tendenza delle vie aeree a “chiudersi” nel corso del riposo notturno
- Situazioni caratterizzate da insufficienza respiratoria secondaria alla presenza di liquido negli
alveoli polmonari (insufficienza e scompenso cardiaco, edema non cardiogeno, polmoniti, BPCO
riacutizzata)
Ogni casco ha una dimensione specifica (L, M, S) in base al tipo di paziente. All’interno del contenitore del
device è contenuto lo schema di montaggio e tutti i libretti contenenti le istruzioni per un corretto utilizzo
del dispositivo. Il casco ha una struttura molle e trasparente: la porzione liscia è quella posteriore per
evitare eventuali decubiti quando il paziente si appoggia al letto; la porzione anteriore invece possiede due
aperture:
- Valvola anti-soffocamento: l’assenza di questa valvola può portare alla morte del paziente, qualora
un dispositivo non la avesse il paziente deve essere controllato a vista
- Valvola di apertura: si apre a rotazione e permette di entrare nel casco per attuare l’igiene, dare
cibo o da bere
Il casco ha una dimensione chiusa ed è morbido nella porzione inferiore ma può anche essere rigido in base
alla ditta che lo produce. Tutti i caschi da CPAP hanno l’aria in entrata e in uscita: l’aria che entra è arricchita
di ossigeno, in un percentuale che può essere scelta in base alle esigenze. Il casco riesce a mantenere la
PEEP (pressione positiva di fine espirazione), ossia la pressione continua che viene generata nel casco anche
durante la fase espirativa. Per generare più pressione nel casco devo utilizzare una valvola, ossia la valvola
di PEEP, che fa in modo che l’aria espirata dal paziente fuoriesca. La valvola, al suo interno, possiede una
molla che, se ridotta, aumenterà la resistenza generata. Sono presenti dei valori (5, 10, 15, 20cm) che
corrispondono alla resistenza esercitata dalla valvola: meno è il valore e minore è la forza necessaria per
aprire la valvola e premere la molla. Se posiziono la valvola in uscita (dopo aver rimosso il tappo di chiusura)
devo fare attenzione a posizionarla nei fori inferiori che non si occludono.
Sono presenti vari fori nella porzione inferiore:
- Foro frontale: per far passare ad esempio la cannuccia per bere. Possono essere usati device in
silicone che facilitano l’entrata di sondini (anche SNG che però sono leggermente differenti in
quanto hanno un dispositivo di ancoraggio del sondino) per far bere il paziente riducendo la perdita
di pressione al minimo
- Fori laterali: per entrata e uscita dell’aria. Alcuni hanno una zona di anti-soffocamento quindi se io,
per qualche motivo, occludessi uno di questi fori con l’anti-occlusione, questi pescherebbero
comunque all’esterno lateralmente

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Per il posizionamento della PEEP è possibile utilizzare raccordi, qualora fossero di due marche differenti; in
alternativa si può posizionare in un altro foro però senza la valvola di soffocamento e quindi il paziente
deve essere sorvegliato. Per il flusso di ingresso invece è necessario posizionare un filtro che ha lo scopo di
attenuare il rumore. Tolgo il tappo e lo posiziono a livello dei fori inferiori nella parte opposta della zona di
uscita. Al filtro collego un tubo, un tubo corrugato, che è ruvido all’esterno con struttura spirale che
impedisce lo schiacciamento anche accidentale. All’interno il tubo della CPAP che si collega al filtro è liscio
per evitare turbolenze che generano rumore.
Per inviare il flusso d’aria si utilizza il flussimetro, composto da due canali:
- Bianco: ossigeno
- Nero e bianco: aria (21%) e ossigeno
Questi sono tacchettati nella porzione superiore e possiedono i filtri. A questo dispositivo si connette il tubo
del paziente così che ossigeno e aria possano essere somministrati al paziente tramite il passaggio nel filtro.
Per il posizionamento il paziente deve poter posizionare la testa allo schienale. Se il casco fosse troppo
rumoroso la ditta fornirebbe anche dei tappini per le orecchie.
Per passare da reservoir a CPAP è necessario che il paziente:
- Si spogli: per permettere il corretto posizionamento del casco rimuovo maglietta a meno che
intima, spalle e alto torace devono essere liberi in quanto è lì che fa presa il casco, rimuovo i monili,
le protesi acustiche  l’ossigeno è infiammabile e quindi tutto ciò che può provocare un scintilla
deve essere rimosso
- Venga monitorizzato: monitorizzo i parametri vitali
- Venga preso un accesso venoso
A questo punto regolo i flussi d’ossigeno in base alla prescrizione medica, aggancio il tubo dell’ossigeno al
casco, posiziono la PEEP in uscita e, a quattro mani, posiziono il casco da CPAP: posiziono le mani ad
apertura della parte inferiore ed inserisco il casco attorno alla testa, agganciandolo con gli appositi lacci. Il
casco si gonfia ed ha una certa resistenza per la presenza del flusso di ossigeno. È necessario anche,
soprattutto in questo periodo di pandemia, posizionare anche un filtro in uscita: durante l’espirazione la
valvola della PEEP si sposta e più aumenta la resistenza più aumenta la pressione con anche sintomi
associati come mal di orecchie. Nel momento dell’innesto, con l’ingresso e con l’uscita, può accadere che la
valvola di soffocamento venga chiusa dalla pressione all’interno; alcune volte per innescare questa chiusura
basta un respiro del paziente mentre altre è necessario chiuderla aumentando la pressione. Qualora si
avesse una difficoltà riduzione del flusso di ossigeno e la pressione si abbassa la valvola si riapre in
autonomia.
Il set CPAP di Boussignac invece utilizza una sola fonte di ossigeno tramite un tubo che sfocia in una
valvola: da una parte aspira l’aria dell’ambiente e dall’altra si dirige verso la faccia del malato tramite una
maschera facciale oro-nasale. Anche la maschera può avere delle dimensioni differente in base alle
necessità a partire dalla radice del naso fino al mento (S, M, L). Si può somministrare con il flussimetro ad
almeno 30L. All’apertura dell’ossigeno si miscela con l’aria e viene somministro. È presente uno strumento
apposito come sistema di ancoraggio della maschera, possibilmente intrecciati. Le caratteristiche della
maschera sono:
- Comunicazione scarsa - Posso fare aerosol
- Rumore medio ma meglio isolabile - Posso fare broncoscopia
- Scarsa protezione dal vomito - Posso dare da bere più agevolmente
- Scarsa regolazione di PEEP e % di - Basso spazio morto
ossigeno
La CPAP a Venturi (VentiMask) funziona tramite l’effetto Venturi.

 È possibile studiare la variazione di pressione di un liquido in un condotto, inserendo dei tubi


manometrici. L'esperimento dimostra che il liquido raggiunge nei tubi altezze diverse: minore dove

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la sezione si rimpicciolisce (in cui aumenta la velocità) e maggiore quando la sezione si allarga
(ovvero quando la velocità diminuisce). Dato che la pressione del liquido aumenta all'aumentare
dell'altezza raggiunta dal liquido nei tubi manometrici, è possibile dire che ad un aumento della
velocità corrisponde una diminuzione della pressione e viceversa, cioè all'aumento della pressione
corrisponde una diminuzione della velocità.

Il flusso in ingresso della CPAP può arrivare in due modi:


- Modalità passiva: tramite flussimetro, per pressione si genera un flusso di aria all’interno o tramite
sistema Venturi
- Modalità attiva: è presente una macchina che spinge tramite una turbina (che agisce per corrente
elettrica) l’aria all’interno del casco
Il sistema Venturi permette di risparmiare l’ossigeno ed è molto più indicato in caso di trasporto del
paziente. Per attuarlo si connette la fonte che è fatta da un sistema Venturi appunto, che ha due elementi:
- Flusso blu (A): fonte principale, si aggancia ad una fonte di ossigeno che permetta di fare un certo
volume di litri
- Flusso bianco (B): fonte occasionale e secondaria, possiede un tappo che permette la chiusura
I sistemi di CPAP che si utilizzano sono vuoti (non deve esserci acqua al loro interno) e bisogna sempre
controllare che le due parti delle fonti siano ben avvitate e chiuse. I due flussi si agganciano entrambi a due
fonti di ossigeno. La ditta dice, in un apposito tabellino allegato, quanti litri si mettono sul canale A e sul
canale B per avere diverse quantità di ossigeno. L’effetto Venturi aspira l’aria dall’ambiente con l’umidità
(questo facilita la ventilazione del paziente) e la converte a differenze invece dell’effetto passivo da
impianto in cui l’aria è secca ed è unita ad ossigeno ed azoto in laboratorio. Quindi, tramite il flusso blu, il
sistema fa passare l’ossigeno che entra nella maschera; se per qualche motivo volessimo dare il 100% di
ossigeno (mentre nell’altro sistema bisogna chiudere l’aria e lasciare solamente l’ossigeno) in questo caso si
deve posizionare un dispositivo che chiude l’ingresso dell’aria.
I caschi da NIV, quindi ventilazione non invasiva, viene usata per specifiche indicazioni cliniche e in
determinate tipologie di pazienti. I pazienti in cui si usa la NIV presentano condizioni di:
- Tachipnea
- Dispnea ingravescente con uso evidente dei mm accessori e/o dissincronismo toraco-addominale
- Ipossiemia nonostante la somministrazione di ossigeno ad elevate concentrazioni (PAO 2/FiO2 < 200)
- Pazienti in cui il ricorso alla ventilazione invasiva non è disponibile o indicato (tumori in fase
terminale, età molto avanzata) oppure pazienti che rifiutano l’intubazione.
La NIV permette di incrementare la ventilazione alveolare aumentando il volume corrente ed eliminando
CO2, riducendo anche la quota di lavoro compiuta dal paziente. Si fornisce al paziente pressione positiva
durante l’inspirazione che sostiene lo sforzo del paziente. L'attività è innescata dal paziente e il ventilatore
da un supporto inspiratorio.
Gli effetti principali sono:
- Migliorare il pH - Ridurre la PEEP intrinseca
- Diminuire la PaCO2 - Diminuire l’affaticamento diaframmatico
- Migliorare la PaO2 - Prevenire l’intubazione tracheale
- Diminuire la fatica dei muscoli respiratori
Ogni casco ha una dimensione specifica (L, M, S) in base al tipo di paziente. All’interno del contenitore del
device è contenuto lo schema di montaggio e tutti i libretti contenenti le istruzioni per un corretto utilizzo
del dispositivo. Rispetto a quello da CPAP ha meno spazio morto, è più rigido e più piccolo. Il casco ha una
dimensione chiusa ed è morbido nella porzione inferiore ma può anche essere rigido in base alla ditta che
lo produce. Tutti i caschi da NIV hanno l’aria in entrata e in uscita con dei fori laterali. Sono presenti invece
vari fori nella porzione inferiore:
- Fori frontali:

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 Per far passare ad esempio la cannuccia per bere. Permette l’entrata di sondini per far bere
o nutrire il paziente il paziente riducendo la perdita di pressione al minimo
 Per far fuoriuscire eventualmente il sondino che gli è stato posizionato. Questo possiede un
taglio che permette di piegare il copri-foro in modo tale che la sonda possa essere
posizionata nel buco e il tappo riesca a stringere la sonda e chiudere il foro
- Fori laterali: per entrata e uscita dell’aria. Alcuni hanno una zona di anti-soffocamento quindi se io,
per qualche motivo, occludessi uno di questi fori con l’anti-occlusione, questi pescherebbero
comunque all’esterno lateralmente
All’interno dell’apertura inferiore è presente un telo che riduce ulteriormente lo spazio morto (volume non
interessato allo scambio con i polmoni) e sorregge la testa del paziente: è utile anche per distribuire il
carico della testa. Per il fissaggio del casco sono presenti dei fissatori che si agganciano a bottoni presenti
nella porzione inferiore del casco (ma possono essere anche direttamente legati al casco senza che si
possano staccare). Al casco può essere anche innestata una valvola che fa vedere se il flusso di aria che
passa all’interno del casco del paziente è sufficiente: è una valvola ad acqua tarata in modo tale che posso
valutare la pressione interna al casco (la taratura non deve mai lasciare la lineetta rossa iniziale. La valvola
di riempimento del casco da NIV ha un sistema di chiusura e prevede l’utilizzo di una siringa per aumentare
il volume ed inserire l’aria nel casco. La PEEP intrinseca potrà essere settata inizialmente ad un valore di
5cmH2O al fine di evitare ancora di più l'aumento dell' iperinflazione dinamica. La pressione inspiratoria di
supporto come obiettivo quello di migliorare la ventilazione facilitando abbassamento del diaframma.
Nel momento dell’innesto, con l’ingresso e con l’uscita, può accadere che la valvola di soffocamento venga
chiusa dalla pressione all’interno; alcune volte per innescare questa chiusura basta un respiro del paziente
mentre altre è necessario chiuderla aumentando la pressione. Qualora si avesse una difficoltà riduzione del
flusso di ossigeno e la pressione si abbassa la valvola si riapre in autonomia. Esistono delle controindicazioni
assolute e delle controindicazioni relative della NIV. Per generare la pressione invasiva (NIV) è necessaria la
presenza di una turbina che spinga l’aria ad ogni atto respiratorio: deve spingere nel casco che tende a
dilatarsi meno (più rigido) così da non assorbire la spinta generata dalla turbina. Come iniziare:
- Si inizia con valori bassi si pressioni/volumi: IPAP (ingresso)  8-12 cmH2O ed EPAP (exit) 3-5
cmH2O
- Si prosegue con un aumento graduale di 2 cmH 2O delle pressioni inspiratorie fino a 10-20 cmH 2O,
fintando da alleviare la dispnea, ridurre la FR e aumentare il volume corrente
Il casco NIV è:
- Trasparente - Minori lesioni da pressione
- Pochi modelli - Possibilità di tenere il SNG
- Controllo delle perdite - Tollerato per giorni
- Ben tollerato - Minor spazio morto e minor elasticità
- Basso rischio di inalazione rispetto ai caschi da CPAP
Il casco ha maggior spazio morto rispetto a tutti gli altri device per NIV ed è quindi meno efficace degli altri
dispositivi: il paziente però preferisce il casco per tutti gli aspetti positivi elencati sopra.
L’umidificazione non è richiesta di routine nei pazienti ventilati in NIV ma deve essere attuata se riferita
secchezza delle mucose o presenta secrezioni respiratorie spesse e tenaci.
È necessario anche istruire il paziente che può sputare se presenta espettorato: è sufficiente che apra la
valvola e che sputi sul fazzoletto. Si può anche bronco-aspirare il paziente, mantenere una corretta umidità,
facilitare con tosse e far sputare (con il casco è più semplice), valutare l’escreatocoltura, clapping e seguire
il paziente e stimolarlo.

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Il lavoro infermieristico di sincronizzazione è uno degli aspetti più importanti che segnano il successo o il
fallimento assieme alla morfina. Si deve attuare ciò che viene definito come trigger. Se io inspiro
profondamente l’aria si sposta da dove la pressione è maggiore a dove è minore, quindi la pressione interna
al polmone in fase di inspirazione è negativa perché il polmone si contrae: la macchina capisce che la
pressione è negativa e quindi aiuta il paziente ad inspirare  essendo il casco con maggior spazio morto
non sempre il casco percepisce esattamente quando io sia in fase di inspirazione e quindi ci possono essere
errori. Il paziente deve capire che quando la macchina cerca di spingere aria “dentro” di lui, questo deve
seguire l’andamento della macchina. È necessario quindi fare in modo che macchina e paziente si
sincronizzino. Di tutte le interfacce, gli studi hanno riportato che il casco comporta più problemi di sincronia
paziente-ventilatore a causa della sua parete morbida, dello spostamento verso l'alto e dell'elevato volume
interno di compressione. I rischi della NIV sono:
- Congiuntiviti - Inalazione ab ingestis
- Ritenzione di secrezioni - Rumore
- Ostruzione delle vie aeree - Disturbo del sonno
- Distensione gastrica (rischio di aria nello - Sensazione di soffocamento
stomaco) - Decubiti
Per la preparazione dell’ambiente è necessario:
1. Informare il paziente del possibile disagio 5. Avere un monitor
e tranquillizzarlo 6. Presidi di comfort (medicazioni avanzate,
2. Preparare il materiale pensando alle fasi occhialini protettivi)
3. Leggere come usare il presidio 7. Posizionare il paziente ben seduto
4. Assicurarsi di avere il carrello ed urgenza 8. Educarlo a farsi aiutare dalla macchina
Sia in caso di CPAP che di NIV, non si può tenere niente che possa generare scintille nel casco, quindi né
apparecchi acustici, né auricolari, né metalli in quanto viene erogato ossigeno e questo è altamente
infiammabile. Le cinghie del casco possono essere mantenute per massimo due ore se ascellari o con
pressioni limitate; se invece viene mantenuto per lungo tempo l’alternativa è il posizionamento di pesi che
mantengono il casco fisso. Con il casco aumenta l’eruttazione e anche l’insorgenza di polmoniti. Inoltre, è
necessario porre molta attenzione all’alimentazione soprattutto da PEG, ponendo molta attenzione alla
sovradistensione  controllare e rallentare l’infusione dei nutrienti. È necessario che il ciclo di CPAP sia
organizzato in base ai pasti, durante i quali deve essere rimosso. Se il paziente non migliora ed ha una FR >
30 atti al minuto il paziente non può mangiare ma è necessario prima ristabilire la respirazione. Un piano
chiaro di alimentazione e soddisfacimento dei bisogni (relazione con i famigliari, culturale) deve essere
organizzato entro le 24 ore ed inserito in cartella infermieristica. Un altro problema è il bilancio idrico
(soprattutto se ventilazione non umidificata come le NIV nelle prime 24 ore) che deve essere redatto e
controllato. È necessario quindi idratare i pazienti che vengono “prosciugati” dall’aria secca: idratazione
delle mucose. L’umidificazione non deve essere presa in considerazione per NIV in emergenza ma si deve

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considerare se dura per molte ore o giorni. Si umidifica a 29-30° e 100% di umidità relativa. Per quanto
riguarda invece l’eliminazione urinaria non è indispensabile posizionare il catetere. Nelle donne, quando
devono urinare, si può posizionare la padella ma non sempre le persone saranno predisposte in quanto
alcune pazienti potrebbero non aver le forze di alzare il bacino per posizionare il presidio. Negli uomini si
può utilizzare il pappagallo. L’alternativa è il posizionamento del CV con tutte le difficoltà che si possono
manifestare (pazienti obesi, con grandi difficoltà respiratorie, con problemi di prostata). L’ eliminazione
intestinale deve essere soddisfatta se possibile in padella rispetto al pannolone. È possibile sdraiare il
paziente se non è nei primi momenti del trattamento o non sta evolvendo verso l’intubazione. Anche se
non possono alzarsi o stare seduti, si sconsiglia la comoda perché lo sforzo può provocare grave ed
improvvisa perdita di forze e poi non si riesce più a posizionarsi a letto. Durante il sonno è possibile che ci
siano dei rumori che devono essere bloccati tramite specifiche valvole e la posizione assunte generalmente
è semi-seduta. I pazienti devono essere incoraggiati a sedersi fuori dal letto come tollerato e quando sono a
letto devono essere posizionati in posizione verticale. Un altro problema è quello della comunicazione che
può essere risolto mediante l’utilizzo di una maschera idonea. L’igiene del volto e l’idratazione delle
mucose del cavo orale dopo il trattamento in casco o maschera è un aiuto al miglioramento della
compliance del paziente al trattamento. L’igiene del cavo orale deve essere eseguita ogni due ore così
come la cura degli occhi. Il lavaggio completo del corpo deve essere eseguito quotidianamente o più spesso
in base alla diaforesi (sudorazione) del paziente e al livello di tolleranza del paziente (compresa la rasatura
del viso). Nelle prime 4 ore, in base alla situazione in cui ci si trova, il paziente può stare da solo solamente
qualora ci sia la certezza che non possa soffocare, può stare con i parenti a patto che siano correttamente
informati, può bere.
Si possono ritenere indicatori di fallimento della terapia i seguenti fattori:
- Aumento del distress respiratorio (SpO2, frequenza e meccanica respiratoria)
- Peggioramento dell’encefalopatia o dell’agitazione
- Insufficiente toeletta bronchiale
- Rifiuto della maschera facciale o nasale
- Instabilità emodinamica con conseguente ipotensione causata dall’aumentata pressione polmonare
che quindi provoca lo schiacciamento della vena cava e la riduzione dell’apporto di sangue al cuore
- Peggioramento dell’ossigenazione
- Aumento dell’ipercapnia
Il comfort del paziente può essere associato a:
- Riduzione della FR
- Riduzione della dispnea
- Riduzione dell’utilizzo dei muscoli accessori
La NIV nasale è una maschera ben tollerata, consente
l’alimentazione e l’espettorazione, la comunicazione e si riduce la
claustrofobia, grazie anche alla riduzione dello spazio morto.
Richiede però ottima collaborazione da parte del paziente.
La NIV oro-nasale è una maschera trasparente, garantisce il controllo delle perdite e ne esistono molti
modelli; le controindicazioni sono in caso di paziente
claustrofobico, con ridotta tolleranza, con emesi e si possono
verificare lesioni da pressione (naso soprattutto e mento) e
secchezza degli occhi per le perdite di liquidi (aumento delle
infezioni). Il paziente non può essere lasciato solo.
Il paziente riceve dalla macchina una spinta quanto inspira e
quindi l’aria spinta, soprattutto in caso di pasto recente, può
recarsi nell’esofago e provocare vomito che, se non liberato, può
portare anche soffocamento. È necessario controllare quale maschera si stia usando:

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- Maschera ventilata: ossia l’aria espirata fuoriesce dalla maschera, da usare sui ventilatori senza
valvola espiratoria, hanno una perdita controllata e nota sono monotubo e possiedono una valvola
anti-asfissia
- Machera non ventilata: ossia l’aria espirata fuoriesce all’interno della macchina stessa, da usare in
ventilatori a circuito chiuso, non hanno perdite e la ventilazione è bitubo
Esiste anche la NIV totale face, ossia che copre tutto il viso e tutta la fronte: il
principio è lo stesso dello scafandro. È una maschera trasparente, controlla le
perdite ma ne esistono pochi modelli. Alcuni problemi sono la claustrofobia,
la ridotta tolleranza, l’emesi, le lesioni da pressione, l’appannamento e le
lesioni/infezioni oculari.
In qualsiasi tipo di NIV è necessario ridurre la trazione e la compressione per
eliminare i decubiti. Fondamentale anche ridurre le trazioni date dal peso
stesso del tubo  regolare le fascette per ridurre le fuoriuscite.
Si tratta di un presidio pluriuso ma solamente dallo stesso paziente.

MONITORAGGIO RESPIRATORIO AVANZATO [allegato 22]

 Andrea, sposato, di 57 anni, si presenta dispnoico, agitato, confuso, non collaborante, apre gli occhi
solo allo stimolo verbale, tenta più volte di togliersi la maschera di Venturi, FC 110 bpm ritmico, PA
180/110 mmHg, FR 25 atti al minuto, apiretico (TC 36°C), sudato, SpO 2 78%. La Glasgow Coma Score
ha prodotto un valore pari a 6 e si decide di intubare il paziente.

Le vie aeree sono la via di ingresso dell’ossigeno nel corpo umano. A riposo, il cuore batte circa a 72bpm e
quindi il totale risulta di 5 litri di sangue spinti in 1 minuto. Mediamente si ha 150gr di emoglobina per ogni
litro di sangue che possono trasportare circa 200ml di ossigeno ciascuno: viene quindi messo in circolazione
1L di ossigeno ogni minuto (5 per 200mL). Se ad un paziente viene prescritta l’emotrasfusione il numero di
sacche scelta varia in base ai livelli di emoglobina e in ogni sacca saranno contenuti 200mL di O 2. La pervietà
delle vie aeree, in area critica, è una delle priorità. Da qui, la necessità, specialmente in emergenze ed
urgenza, è necessario:
- Lavorare in sincronia con le diverse figure dell’équipe
- Riconoscere e conoscere le priorità
- Conoscere i materiali necessari per i supporto al paziente
I pazienti che richiedono la gestione delle vie aeree sono coloro con:
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- Alterazioni dello stato di coscienza o in uno stato depresso
- Traumi cranici, accidenti cerebro-vascolari, convulsioni, malattie metaboliche
- Segni di ipossia ed insufficienza respiratoria
- Ogni altra patologia in cui può esserci una compromissione diretta di una via respiratoria
In ambito di rianimazione e terapia intensiva la gestione delle vie aeree avviene attraverso:
- Intubazione oro-tracheale:
 Vantaggi:
o Eseguibile velocemente (preferibile in caso di emergenza)
o Nessun trauma nasale
o Possibilità di usare tubi di grandi dimensioni (n°8-n°9)
 Svantaggi:
o Occlusione dovuta a morsicatura del tubo
o Trauma/avulsione dentale
o Rischio di lesioni laringee
o Maggior difficoltà nell’igiene e nel cavo orale
o Maggior rischio di dislocazione/estubazione
La gestione e la valutazione sono a carico dell’infermiere. L’anestesista intuba, si fissa il tubo e una
volta terminato la gestione spetta al personale infermieristico.
- Intubazione naso-tracheale:
 Vantaggi:
o Indicata nelle fratture mandibolari
o Permette una buona igiene del cavo orale
o Esecuzione possibile nel paziente vigile
 Svantaggi/complicanze:
o Rischio epistassi
o Possibilità di sinusite post-estubazione
o Ulcerazione delle cavità nasali
o Limitazioni nella scelta della dimensione del tubo
- Tracheotomia o tracheostomia
L’intubazione consente l’inserimento di un tubo nelle vie aeree che permette di realizzare una connessione
tra la trachea e l’esterno (fonte di ossigeno). L’intubazione provoca condizioni fisiologiche nuove nelle vie
aeree, vengono alterati sia il riscaldamento che l’umidificazione dei gas inspirati e si modifica anche il
normale drenaggio delle secrezioni tracheo-bronchiali. La persona intubata è allettata, non può muoversi.
Lo strumento per la visione diretta della glottide e delle corde vocali è il laringoscopio: composto da un
manico nel quale sono inserite batterie per la fonte luminosa e da lame che possono essere diverse per
forma e dimensione.
Per la preparazione all’intubazione è necessario distinguere:
- Ambito operatorio: il paziente viene intubato in anestesia generale
- Ambito rianimatorio: il paziente può essere sveglio, parzialmente sedato, agitato, disorientato
Risulta quindi essere necessario l’uso di farmaci:
- Sedativi (benzodiazepine)
- Anestetici (Midazolam, Propofol)
- Curari miorilassanti (Nimbex – Cisatracurio, Esmeron – Rocuronio): sono somministrati sempre
dopo gli anestetici ed ognuno di essi possiede un antidoto
Per preparare il paziente all’intubazione è necessario:
- Informare e tranquillizzare il paziente quando possibile

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- Monitoraggio dei parametri, saturimetria in primis (si deve fare in modo che la rilevazione avvenga
ogni 2-5 minuti dopo la somministrazione dei farmaci, per scongiurare variazioni repentine) 
qualora il paziente avesse un’arteria incanulata si può effettuare l’EGA o valutare la PA in continuo
- Posizione supina ed eventuale protesi dentaria
- Adeguata igiene del cavo orale
- Individuare la narice più libera e accurata pulizia ed aspirazione delle vie aeree superiori
- Ossigenazione con FiO2 100%, attuata con Ambu: anche se per pochi secondi la persona rimane
senza ossigeno non succede nulla ma a lungo termine la sua risposta sarà migliore
- Preparazione del materiale che può essere necessario subito in terapia intensiva e quindi si deve
sempre tener pronto un carrello servitore con il materiale:
 Preparazione del materiale su un piano di lavoro.
 Lubrificare il tubo (e il mandrino) se richiesto: i mandrini sono a punta smussa, sono di
metallo malleabile, rivestiti di materiale plastificato. Vengono inseriti all’interno del tubo
prima dell’inserimento e consentono di fargli acquisire curvature particolari per risolvere
situazioni di intubazioni difficili.
 Provare la tenuta della cuffia gonfiandola e sgonfiandola. Nei pazienti intubati e
tracheotomizzati è buona norma il controllo della pressione della cuffia tracheale: un
eccessivo gonfiaggio potrebbe causare lesioni tracheali, mentre un tubo con la cuffia non a
tenuta, favorisce lo scolo delle secrezioni salivari nelle vie aeree  si usa la manometro-
cuffia per misurare i valori di pressione. La pressione capillare della mucosa tracheale di
attesta tra 20-30 mmHg, si ha un’iniziale sofferenza a 22mmHg con ostruzione totale dei
capillari a 37mmHg. Si può verificare quindi un danno ischemico prolungato che può
provocare una stenosi tracheale permanente (la pressione del palloncino deve essere
controllata più o meno tre volte al giorno.
 Preparare la lama adeguata sul laringoscopio: la lama fa da supporto alla fonte luminosa
che, alimentata dalle batterie contenute nel manico, consente l’illuminazione della cavità
da esplorare. Molto utilizzato è il laringoscopio a fibre ottiche nel quale la lampadina è
inserita nel manico e nella lama è presente un fascio di fibre ottiche che convogliano la luce
verso la punta della lama. Lama del Mc-Coy, è una lama particolare, dotata di punta mobile
capace di alzare la glottide. Viene usata durante le intubazioni difficili.
 Controllare la funzionalità del laringoscopio.
 Ricordarsi della pinza di Magill in caso di intubazione naso-tracheale: la pinza di Magill è
costituita da particolari curvature per non ostacolare la visuale dell’operatore. È uno
strumento utilizzato per guidare il passaggio del tubo dalla cavità faringea all’adito laringeo
nell’intubazione naso-tracheale. Può essere usata per facilitare l’introduzione del sondino
nasogastrico Può essere utilizzata per rimuovere materiale solido dalla faringe, corpi
estranei.
 I tubi tracheali sono composti da:
o Un corpo con segnato una scala in cm della lunghezza del tubo
o Una cuffia a manicotto collegata mediante un condotto sottile ad un palloncino spia
per il controllo della pressione di gonfiaggio
o Una parte distale che termina a becco di flauto per facilitare il passaggio attraverso
le corde vocali
o Una parte prossimale dotata di raccordo standard di 15 mm per essere collegata al
sistema di ventilazione
 La cannula di ha lo scopo nel paziente incosciente di sollevare la lingua evitandone la
caduta all’indietro e la conseguente ostruzione delle vie aeree. La misura della canula
corrisponde alla distanza tra il lobo dell’orecchio e la rima delle labbra. L’inserimento della

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cannula avviene con la curvatura rivolta inizialmente verso il palato e successivamente la si
ruota di 180° per inserirla correttamente.
 La scelta del farmaco avverrà da parte del medico di base:
o Alle condizioni cliniche del paziente
o Sulla base dei suoi parametri vitali al momento dell’intubazione
 È necessario attuare una ventilazione pre-intubazione:
o Prima dell’intubazione il paziente va sempre ventilato manualmente con FiO 2
o Ricordiamo l’importanza di avere nella postazione letto sempre a disposizione
l’U.R.M. connesso alla fonte di ossigeno
o Poi si procede all’inserimento della cannula di Mayo
o Si inizia ventilazione pre-intubazione

Se il paziente è cosciente attendere la somministrazione dei farmaci prima di procedere con manovre
invasive
Che tubo usa? Armato? Che lama utilizza? Che farmaci vuole utilizzare? Sono
le tre domande che devono essere poste all’anestesista. Prima
somministriamo l’anestetico così il paziente prima si addormenta e solo
successivamente somministro il farmaco curaro: questo perché, essendo il
curaro un farmaco paralizzante, il rischio è di paralizzare il paziente se sveglio
alla somministrazione.
In alcuni casi di intubazione può essere richiesta la Manovra di Sellik. Può
essere richiesta dal medico e consiste nella compressione con il dito indice e
medio della cartilagine cricoidea verso il basso durante la manovra di
intubazione. Questa manovra consente di occludere meccanicamente l’esofago che rimane schiacciato tra
la cartilagine cricoidea e i corpi vertebrali. Serve per evitare durante l’intubazione che il paziente vomiti
(riflesso frequente durante l’intubazione) e di conseguenza inali i liquidi gastrici (buona norma sarebbe
infatti avere precedentemente posizionato un S.N.G.). Viene facilitata inoltre la visione della trachea da
parte del medico.
L’assistenza post-intubazione prevede che:
- Cuffiare il tubo appena avvenuto l’inserimento:
 Utilizzare manometro se disponibile altrimenti cuffiare piano fino alla scomparsa dei rumori
 Solitamente sul palloncino spia è segnata la quantità massima; ogni paziente ha
un’anatomia diversa
- Connettere il tubo ai presidi per la ventilazione
 Il medico imposta i parametri ventilatori e la concentrazione di ossigeno prescritta (O 2 è un
farmaco)
 Assicurare il giusto grado d’umidificazione
- Verificare la simmetria delle espansioni toraciche
- Segnare la profondità di inserimento del tubo
- Fissare il tubo con la fettuccia
- Collegare il tubo oro-tracheale al Catheter Mount e al filtro antibatterico
- Collegarli al circuito del ventilatore
- Rivalutare i parametri vitali

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- Collaborare nel posizionamento del SNG
[allegato 24] La ventilazione meccanica è una forma di terapia strumentale che attraverso l’utilizzo di un
ventilatore meccanico, supporta il paziente con insufficienza respiratoria grave, permettendogli di ventilare
adeguatamente e mantenendo scambi gassosi nella norma tra polmoni e ambiente. Quando si parla di
ventilazione meccanica si fa riferimento a:
- Frequenza respiratoria: è il numero di atti respiratori che una persona compie ogni minuto. Il
valore si modifica con l'età; in un adulto si attesta tra 12 e 20 atti al minuto. All'aumentare della
frequenza respiratoria si associa normalmente una ventilazione poco efficace in quanto i polmoni
non riescono a svuotarsi completamente
- FiO2: è la trazione inspirata di ossigeno, ovvero la quantità di O 2 ispirata da un paziente ; si esprime
in percentuale. La FiO2 ambientale e al 21%
- Volume corrente: quantità di aria che entra ed esce dai polmoni ad ogni atto respiratorio.
Normalmente è stimato tra i 7-8 mL/kg di peso corporeo
- PIP (picco di pressione inspiratoria): e la pressione più alta generata dal ventilatore per erogare il
volume corrente prestabilito. Varia in base alla resistenza delle vie aeree alla compliance
polmonare. La PIP ottimale in un adulto inferiore a 40cmH 2O
- PEEP (pressione positiva di fine espirazione): è una pressione che il ventilatore applica durante le
pause tra la fine dell' espirazione e l'inizio dell' inspirazione successiva, impedendo il ritorno della
pressione a livello atmosferico. La PEEP è utilizzata per migliorare l’ossigenazione dei pazienti che
non rispondono gli incrementi di FiO2 e per evitare l’atelettasia polmonare (collasso degli alveoli)
- PAW: Pressione delle vie aeree, indica la pressione totale erogata dal ventilatore virgola che fine
inspirazione dovrebbe coincidere con la somma di PSV e PEEP
- Volume/minuto: è la quantità di gas inspirata ed espirata ogni minuto. Si calcola moltiplicando la
frequenza respiratoria e il volume corrente
- Trigger inspiratorio: è una funzionalità del VM utilizzata quando il ventilatore è in modalità
assistito: permette al paziente di dare inizio ad un atto inspiratorio che viene poi supportato dalla
macchina, migliorando la sincronizzazione tra la macchina e il paziente
- Capnografia: monitoraggio in continuo della concentrazione di CO 2 nell’aria espirata tramite
l’analisi dei campioni ottenuti direttamente dalle vie aeree
- ETCO2: en tidal CO2 cioè CO2 di fine espirazione
La ventilazione inizia nel momento in cui il paziente è nella fase critica, in cui le funzioni vitali sono
compromesse. Superata la fase critica del paziente, l’obiettivo è quello di svezzare il paziente, ovvero
passare da una fase in cui il ventilatore si sostituisce al paziente, ad una fase in cui il paziente torna ad
essere autonomo. Questa fase di svezzamento, detto weaning, è tanto più lunga quanto più lungo il tempo
in cui il paziente rimane ventilato. Ad esempio, in un paziente durante un intervento chirurgico, senza
patologie polmonari e senza compilazioni durante l’intervento, la fase di svezzamento sarà molto breve.
Sarà sufficiente sostenere il paziente fino al momento del completo risveglio e somministrare poi, se
necessario, O2 terapia come supporto. Viceversa, un paziente reduce da un lungo periodo di coma, anche
farmacologico, il weaning necessita di più tempo prima di tornare ad essere completamente autonomo dal
punto di vista respiratorio. Questo passaggio deve essere fatto in maniera graduale, valutando
costantemente le condizioni del paziente, i suoi parametri vitali, la dinamica respiratoria, i valori dell’EGA.
Il ventilatore può essere impostato:
- In modalità volumetrica: ha l’obiettivo di far sì che il paziente mantenga un volume corrente
costate stabilito dall’operatore
- In modalità pressometrica: il ventilatore eroga sempre le stesse pressioni positive scelte
dall’operatore, a prescindere dal volume corrente che sarò sviluppato dal paziente
- In modalità SIMV (Synchronised Intermittent Mandatory Ventilation): durante gli atti inspiratori
spontanei del paziente, normalmente assistiti dal ventilatore, si sovrappone in sincronia con essi un

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numero predeterminato di atti respiratori controllati. Volume corrente o supporto di pressione di
questi ultimi vengono stabiliti dall’operatore

La tipologia di ventilazione viene scelta dall’anestesista/rianimatore sulla base di:


- Quanto il paziente è autonomo dal puto di vista respiratorio
- Dal grado di sedazione
- Sulla base di quanto il ventilatore deve sostituirsi alla stanza muscolare del paziente
Nel paziente ostruttivo in fase acuta e sottoposto a ventilazione controllata la diatriba tra ventilazione
volumetrica e pressometrica è fuorviante, quello che è veramente
importante è scegliere il volume corrente appropriato da raggiungere.
Si possono presentare anche segni e sintomi associati all’intubazione
scorretta. Se il paziente si presenta agitato, sudato, o tachipnoico; se
presenta tosse, se si modificano in maniera importante i parametri
vitali come la PA, la FC, la SpO2, è necessario andare a vedere come
ventila il paziente. A questo, spesso, si associa il fatto che il ventilatore,
nel quale sono impostati dei parametri “normali” e fisiologici entro i
quali il paziente si deve attenere, suona. Anche l’ingombro di
secrezioni nell’albero bronchiale comporta disagio al paziente, che si
può presentare agitato e con un’alterazione dei parametri ventilatori
con conseguente allarme del ventilatore. È inoltre fondamentale
ricordare come non sia fisiologica la presenza del tubo orotracheale e
che questo comporta spesso disagio o fastidio nel paziente sveglio. Si
parla di disadattamento quando il paziente non riesce a ventilare in
maniera sincrona con il ventilatore meccanico, situazione che
comporta scambi non efficaci e una ventilazione inadeguata.
L’intervento prevede che sia fondamentale capire cos’è cambiato nel paziente:
- Il paziente si sta svegliando e quindi mal tollera la ventilazione?
- Ha un ingombro di secrezioni?
- Il supporto che gli viene dato dal ventilatore è troppo o troppo poco e il paziente presenta delle
apnee o ha una frequenza respiratoria troppo alta?
Se non si è in grado di migliorare le condizioni da soli (talvolta è solo necessario bronco-aspirare il
paziente), è fondamentale allertare il medico, che provvederà – ad esempio - a modificare i parametri del
ventilatore.

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Sintomatologicamente, è necessario valutare se il paziente si presenta agitato, sudato, o tachipnoico; se
presenta tosse, se si modificano in maniera importante i parametri vitali come la PA, la FC, la SpO 2, è
necessario andare a vedere come ventila il paziente. A questo, spesso, si associa il fatto che il ventilatore,
nel quale sono impostati dei parametri “normali” e fisiologici entro i quali il paziente si deve attenere,
suona. Anche l’ingombro di secrezioni nell’albero bronchiale comporta disagio al paziente, che si può
presentare agitato e con un’alterazione dei parametri ventilatori con conseguente allarme del ventilatore. È
inoltre fondamentale ricordare come non sia fisiologica la presenza del tubo orotracheale e che questo
comporta spesso disagio o fastidio nel paziente sveglio. Si parla di disadattamento quando il paziente non
riesce a ventilare in maniera sincrona con il VM, situazione che comporta scambi non efficaci e una
ventilazione inadeguata. È fondamentale capire cos’è cambiato nel paziente:
- Il paziente si sta svegliando e quindi mal tollera la ventilazione?
- Ha un ingombro di secrezioni?
- Il supporto che gli viene dato dal ventilatore è troppo o troppo poco e il paziente presenta delle
apnee o ha una frequenza respiratoria troppo alta?
Se non si è in grado di migliorare le condizioni da soli (talvolta è solo necessario bronco-aspirare il
paziente), è fondamentale allertare il medico, che provvederà - ad esempio - a modificare i parametri del
ventilatore. Nel controllo delle infezioni respiratorie notevole importanza rivestono anche gli umidificatori
delle vie aeree. L’umidificazione può essere fatta attraverso sistemi:
- Passivi: in caso di ventilazione prolungata è necessario condizionare i gas, poiché i flussi di aria
artificiale sono molto secchi e bypassando la cavità nasale, non vengono riscaldati e umidificati dal
corpo umano. È necessario provvedere artificialmente mediante filtri scambiatori di umidità e
calore (HME) detti anche nasi artificiali Il limite è che aumentano lo spazio morto e le resistenze
delle vie aeree. Nei pz con difficoltà ad eliminare CO 2 possono non essere indicati
- Attivo: indispensabile per garantire le condizioni simili a quelle fisiologiche. Se non si umidificano
adeguatamente le vie aeree? Raffreddamento ed essiccamento vie aeree con conseguente:
 Addensamento delle secrezioni
 Inadeguata azione ciliare
 Aumento della densità e viscosità dei gas inspirati
Gli umidificatori sono Innovativi in quanto permettono la separazione assoluta tra i gas di ventilazione e
l’acqua che viene utilizzata per creare umidità e calore, si creano così sistemi chiusi che garantiscono un

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elevato standard igienico ed un’ottima prevenzione delle infezioni nosocomiali. Il circuito va sostituito ogni
sette giorni. Posizionato in prossimità del circuito a lato del paziente. Hanno un’ottima efficienza
umidificante e sono adattabili a qualunque tipo di tecnica ventilatoria. Vanno sostituiti ogni 24/48 ore.
L’assistenza infermieristica al paziente intubato prevede:
- Postura: tra 30°/45° in quanto permette una migliore espansione toracica, migliore espettorazione
e la riduzione del rischio di reflusso gastroesofageo e ab ingestis
- Gestione del tubo endotracheale:
 Controllare la posizione del tubo in base alla profondità segnata al momento
dell'intubazione
 Verificare il fissaggio del tubo al viso del paziente e sostituzione fettuccia
 Alternare a destra e sinistra la posizione del tubo ogni giorno come profilassi antidecubito
ogni 12 ore
- Monitoraggio della pressione della cuffia tracheale: la pressione della cuffia del tubo tracheale va
mantenuta tra i 20 e 30cm H2O per garantire una tenuta adeguata e prevenire le complicanze. La
cuffia tracheale svolge diverse funzioni:
 Garantisce il posizionamento del tubo nella trachea evitandone la dislocazione
 Mantenere costanti i volumi di ventilazione
 Evita le perdite d’aria durante la ventilazione del paziente
 Protegge le vie aeree da possibili inalazioni di sangue e salive
 Limita i traumi sulla mucosa della trachea
Il sovra-gonfiaggio della cuffia porta alla presenza di decubiti, danno ischemico o stenosi tracheale
permanente; il sotto-gonfiaggio invece può portare dislocamento della cuffia tracheale
(estubazione), polmoniti ab ingestis, VAP (polmonite associata a ventilazione meccanica) ma anche
incostanza dei volumi di ventilazione. È stato condotto uno studio osservazione nel 2015 sulla
pressione della cuffia: oltre la metà dei pazienti non ha avuto bisogno che la cuffia venisse gonfiata
o sgonfiata mentre su 25 si è dovuto intervenire una volta, su sette pazienti si è intervenuto due
volte mentre sui restanti tre volte  è necessaria quindi un’assistenza continua. Il sistema più
comune di misurazione è il manometro che consente una rilevazione accurata, fornisce un dato
istantaneo ma saltuario ed è causa di contaminazioni. Esistono sistemi in grado di monitorare
continuamente la pressione della cuffia endotracheale che costituiscono un risparmio di tempo in
terapia intensiva: segnalano costantemente se il livello pressorio rimane nel range corretto (20-30
cmH2O). Nella parte inferiore del device un segnale verde indica il raggiungimento della pressione
della cuffia ad un valore tra i 20 e 30 cmH 2O. Dopo il posizionamento, la regolazione della pressione
viene eseguita con una siringa, insufflando aria fino alla comparsa del segnale verde
- Igiene del cavo orale: la pulizia del cavo orale è particolarmente importante nei pazienti intubati e
sedati poiché questi pazienti presentano alterazione dei meccanismi fisiologici quali idratazione,
salivazione, masticazione, movimenti della lingua, necessità di mantenimento del cavo orale
integro. È stato dimostrato che la mucosa del cavo orale si deteriora velocemente in particolare
quando il paziente respira con la bocca, viene aspirato o respira ossigeno con cannule nasali.
L’igiene del cavo orale è quindi un aspetto importante dell’assistenza infermieristica in terapia
intensiva sia per le ricadute rispetto alle infezioni nosocomiali, sia per la qualità di vita del paziente
stesso. In un paziente ventilato artificialmente la colonizzazione dell'orofaringe diventa una
condizione oltre modo favorevole lo sviluppo di un quadro di VAP: da qui la necessità di espletare
adeguatamente la pulizia del cavo orale. Si può valutare, tramite scale di valutazione, lo stato di
salute del cavo orale: si valutano le condizioni di gengive, saliva, denti, lingua e della funzionalità
dello stesso. Fino a poco tempo fa si eseguiva l’igiene con acqua e clorexidina; oggi esistono molti
presidi, tra cui collutori o creme barriera, usati per l’igiene. L’occorrente per l’igiene del cavo orale
comprende:

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 Spazzolini da denti con setole morbide
 Soluzione antisettica/collutorio
 Soluzione di acqua ossigenata da usarsi solo in presenza di traumi con lesioni
 Abbassa lingua
 Bicchiere
 Guanti non sterili
- Bronco-aspirazione: rimozione meccanica delle secrezioni dell’albero tracheobronchiale. Si utilizza
una fonte aspirante (aspiratore) e un sondino inserito nelle vie aeree tramite una via naturale o
artificiale. Per controllare se è necessaria l’aspirazione si può valutare il monitor oppure appoggiare
una mano sul petto nudo del paziente, cercando di auscultare eventuali rumori, simil gorgoglio, che
indicano la presenza di secrezioni. L’aspirazione delle secrezioni è una manovra funzionante in
quanto il ristagno delle secrezioni predispone alle infezioni respiratorie in pazienti. È la tecnica che
garantisce la pervietà delle vie aeree ma di certo può aumentare le infezioni stesse se non eseguita
correttamente e in assoluta sepsi. Questa manovra va eseguita quando si rileva la presenza di
secrezioni tramite sondini di diametro appropriato da non occludere completamente il lume del
tubo. Si deve connettere il sondino al sistema e poi si devono indossare guanti sterili. L’aspirazione
deve essere rapida e la pressione negativa va applicata al momento del ritiro del sondino, devono
essere compiuti movimenti circolari in risalita (se si scende in aspirazione il rischio è quello lesivo) e
non si deve oltrepassare il tubo endotracheale. Si possono usare sondini a circuito chiuso evitando
disconnessioni e conseguenti contaminazioni. Lo schienale durante questa manovra deve essere tra
30-60°, così che venga favorita anche l’espettorazione per le secrezioni più superficiali.
La VAP è una polmonite contratta in ospedale che si sviluppa 48-72 ore dopo l’intubazione endotracheale.
La VAP è la più comune infezione acquisita nei reparti di terapia intensiva e rappresenta il 25% di tutte le
infezioni assorbendo il 50% degli antibiotici somministrati. Può essere:
- Early VAP: insorge tra le 48-96 ore della ventilazione
- Late VAP: insorge dopo le 96 ore della ventilazione
Le raccomandazioni principali che devono essere attuate sono l’attuazione del lavaggio sociale delle mani
(se non è possiible effettuare il lavaggio antisettico), il cambio di guanti continuo tra i pazienti ed è inoltre
necessario aprire il meno possibile i circuiti. Esistono alcuni presidi che consentono l’esecuzione delle
manovre senza distaccamento del tubo, questo riduce il rischio di infezione. La diagnosi di VAP è molto
probabile quando si presenta:
- Peggioramento degli scambi respiratori
- Comparsa radiologica di un nuovo addensamento
- Tramite criteri microbiologici
- Con leucocitosi, aumento della PCR
- Aumento delle secrezioni
- Iperpiressia
L’insieme di questi fattori rende molto probabile una corretta diagnosi di VAP. Le quattro pratiche
raccomandate per la prevenzione sono:
- Elevazione della testata del letto di almeno trenta gradi
- Sospensione della sedazione
- Igiene del cavo orale
- Aspirazione con tubi endotracheali appositi
Nella letteratura scientifica si definisce bundle gruppo di (poche e semplici) procedure o comportamenti
per i quali sussistano prove di efficacia quando applicate contemporaneamente piuttosto che
singolarmente. Il bundle quindi correttamente applicato nella routine assistenziale produce risultati migliori
rispetto alla somma dei risultati delle singole procedure che lo compongono.

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I tubi di aspirazione subglottica contrastano la tendenza delle secrezioni oro-nasali e dei detriti cellulari di
raccogliersi sopra la cuffia del tubo endotracheale e sotto le corde vocali. Questa raccolta crea un terreno di
coltura fertile per i microrganismi presenti nel tratto naso-orofaringeo, che porta a proliferazione eccessiva
e rappresenta una delle principali cause di VAP. Questi tubi hanno avuto un impatto significativo sulla
riduzione delle polmoniti in questi reparti.
Le complicanze che possono insorgere a seguito di una VAP sono:
- Infezioni - Stimolazione vagale
- Ipossiemia - Traumi della mucosa
- Fame d’aria - Broncospasmo
- Collasso alveolare - Iper o ipotensione arteriosa, aritmie
L’esecuzione precoce della tracheotomia (in sostituzione all’intubazione) faciliterebbe lo svezzamento
ventilatore attraverso la riduzione la sedazione, diminuendo l'esposizione agli agenti infettivi che
potrebbero generare un' infezione delle vie respiratorie.
La rimozione del tubo endotracheale può essere dovuta a cause accidentali oppure programmate. In
rianimazione è programmata in caso di processo di weaning (respirazione autonoma) con finale
svezzamento della ventilazione meccanica che viene concluso. L’assistenza all’estubazione comprende:
- Preparare il materiale per eventuale intubazione
- Preparare farmaci
- Controllare materiale per ossigenoterapia, per aspirazione di secrezioni
- Informare la persona assistita
- Posizione del paziente semi seduta
- Rimuovere fissa-tubo
- Aspirare le secrezioni (non per più di 10-15 secondi)

TRACHEOSTOMIA [allegato 21]


È l’introduzione in trachea di una protesi (cannula trachostomica) attraverso i tegumenti della parete
anteriore del collo (3°, 4° anello cricoideo). Le principali indicazioni alla tracheotomia possono essere
raggruppate nelle seguenti categorie:
- Ripristino della pervietà dello spazio respiratorio nei casi di ostruzione delle alte vie aeree
- Necessità a lungo termine di ventilazione artificiale meccanica
- Incapacità di mantenere il controllo delle prime vie aeree (ad es. nei pazienti con gravi patologie
neurologiche)
- Mantenimento di un adeguata toelette delle vie aeree nei pazienti con inefficacia del meccanismo
della tosse (patologie neuromuscolare e del midollo spinale)
Inoltre, il posizionamento della tracheostomia permette:
- Efficace ventilazione polmonare
- Appropriata ossigenazione tissutale e un adeguato stato di benessere
- Rapido recupero post-intervento
- Ventilazioni a pressione positiva a lungo termine
- Riduzione del disagio e del trauma di una prolungata intubazione oro-tracheale
La tracheotomia, come tutte le procedure invasive, comporta un rischio di potenziale complicanze,
differenziabili in precoci, quindi insorte nel corso o subito dopo la procedura stessa e tardive, quindi
verificatesi ad una certa distanza di tempo:
- Complicanze precoci: emorragia, pneumotorace, enfisema sottocutaneo, ipossia e lacerazione della
parete tracheale, decannulazione accidentale
- Complicanze tardive: granulomi, stenosi tracheali, tracheomalacia, infezioni dello stoma, fistole
tracheo-esofagee e tracheo-innominate (tra trachea e arteria anonima), decannulazione
accidentale.

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La cannula mantiene la tracheostomia pervia consentendo una normale respirazione. La parte curva del
tubo è posizionata nella trachea, mentre la flangia nella parte esterna. Può essere cuffiata o non cuffiata,
fenestrata o non fenestrata. Quando viene sostituita, le linee guida indicano come la cannula sporca debba
essere immersa in acqua tiepida contenente un detergente enzimatico diluito secondo le indicazioni di
ciascun prodotto per 5 minuti. La cannula viene quindi sciacquata (anche con l'aiuto di uno scovolino, se
molto incrostata) e riposta in un contenitore a bagno con un detergente disinfettante per almeno 30
minuti. Al termine di questo procedimento la cannula deve essere sciacquata con bidistillata sterile,
asciugata e riposta dunque nel contenitore personalizzato.
Un’ulteriore procedura che consente di prevenire le complicanze è la tracheo-aspirazione, la quale
permette la rimozione delle secrezioni tracheali qualora queste siano abbondanti e possano costituire un
rischio per il paziente. È importante sottolineare come questa manovra deve essere eseguita solo quando
clinicamente necessaria. Le indicazioni per questa procedura sono:
- Presenza di secrezioni visibili
- Presenza di rumori respiratori all’auscultazione toracica
- Sospetta inalazione di materiale gastrico
- Incremento obiettivo del lavoro respiratorio
- Peggioramento dei valori arteriosi dei gas nel sangue
- Picchi di pressione inspiratoria durante la ventilazione con volume controllato o riduzione di
volume corrente durante la ventilazione a pressione controllata.
Per l’aspirazione delle secrezioni si deve:
- Utilizzare una sonda da aspirazione monouso, sterile
- DPI, guanti sterili, sondino sterile del calibro giusto (non deve occupare più della metà del diametro
interno)
- Durata dell’aspirazione inferiore ai 10-15 secondi
- Controllo secrezioni aspirate (circuito chiuso)
- Utilizzare al massimo due passaggi di aspirazione
- Non instillare la soluzione fisiologica allo 0.9% prima di aspirare, non facilita la rimozione delle
secrezioni tracheobronchiali.
Inoltre, almeno una volta al giorno è necessario:
- Eseguire l’antisepsi zona peristomale
- Pulizia contro-cannula (protocollo o sostituzione con contro-cannula sterile)
- Controllare la pressione della cuffia (18-22mmHg). Valori < 18mmHg polmonite ab ingestis; valori >
22mmHg stenosi tracheale

DELIRIUM
È un disturbo della coscienza accompagnato da un'alterazione della cognizione che può manifestarsi come:
- Impoverimento della memoria
- Linguaggio disconnesso
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- Disorientamento o disturbo della percezione che si può invece manifestare con allucinazioni,
illusioni
Si sviluppa in un breve periodo di tempo, da ore a giorni, e ha un andamento incerto e i costante. Alla base
del delirium c'è un'idea delirante, definibile come un pensiero patologico poiché non corrisponde a realtà,
non è veritiero e attendibile, non ha collegamenti con il passato o con l'esistenza attuale del soggetto. È
un'idea radicata che non può essere modificata con ragionamenti razionali. Il paziente delirante ha
un'inclinazione morbosa verso queste idee ed è attaccato ad esso in maniera ostinata. Esiste un difetto di
giudizio della realtà. Il delirium è una sindrome multifattoriale che ha un esordio acuto e termina dopo
pochi giorni (molte volte questo disturbo può perdurare per molto tempo, soprattutto se sottovalutato). È
importante sottolineare il fattore temporale poiché è quello che permette di distinguere il delirium dalla
demenza. È necessario ricordare che la demenza ha un’insorgenza graduale, un deficit intellettivo, disturbi
della memoria, cambiamento dell’umore e della personalità, assenza della coscienza. Le forme di delirium
sono:
- Delirium iperattivo: E caratterizzato da uno stato di ansia, irrequietezza, vigilanza aumentata,
agitazione psicomotoria severa il comportamento aggressivo. Questo determina un aumento del
rischio di rimozione dei device e dei presidi invasivi
- Delirium ipo-attivo: prevale apatia, e straniamento, letargia, appiattimento emotivo. Il paziente
appare poco responsivo e rallentato dal punto di vista psico motorio
- Delirium misto: vede alternarsi delle due forme sopra descritte in modo fluttuante
In terapia intensiva le forme di delirium più frequenti ci sono quelli ipo-attive e miste, spesso sotto
diagnosticate, soprattutto nelle realtà in cui non esiste un monitoraggio costante. La valutazione del
delirium è parte del monitoraggio neurologico quotidiano. La prima fase consiste nel valutare il livello di
coscienza attraverso una scala validata: la Richmond Agitation Sedation Scale (RASS). È impossibile da
indagare a livelli profondi di sedazione (RASS < -4): questi livelli sono definiti come stato di coma e in questi
casi non si somministra il CAM-ICU e si descrive il paziente con “Non valutabile per delirium”. Da -3 in su
bisogna indagare il delirium.

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La seconda fase valuta invece il funzionamento cognitivo:
Nel CAM-ICU, il delirium è definito da quattro caratteristiche diagnostiche:
1. Alterazione acuta o fluttuazione dello stato mentale (il paziente presenta in modo diverso dal suo
stato mentale di base? Il paziente ha presentato fluttuazioni dello stato mentale nelle ultime 24h?)
2. Disattenzione (mi stringa la mano quando sente la lettera A. leggere la seguente lista di lettere S A V
E A H A A R T. Errore: non stringe quando si pronuncia “A” o stringe sulle altre lettere. In alternativa
può essere utilizzato il test delle immagini)
3. Alterazione del livello di coscienza (il paziente è agitato, sedato o incosciente? Valutazione RASS
diversa da zero)
4. Pensiero disorganizzato (un sasso galleggia nell’acqua? Ci sono pesci nel mare? Un Kilo peso più di 2
Kili? Si può usare un martello per piantare un chiodo? Ordine semplice: mi mostri queste dita
(mostrare 2 dita). Ora faccia lo stesso con l’altra mano > di 1 errore CAM-ICU positivo, delirium
presente)
Si accerta la presenza di delirium quando un paziente risulta positivo al punto 1 e 2, ed inoltre ad almeno
uno dei punti 3 o 4. Qualora ciò non venga soddisfatto, il CAM-ICU è negativo, ovvero il paziente non
presenta delirium. Si consiglia di valutare i pazienti di terapia intensiva almeno una volta a turno (o
comunque ogni 8h) e in concomitanza con cambiamenti dello stato clinico del paziente.
Il delirium è associato a esiti negativi, che vanno dal prolungamento della degenza ad un aumento della
mortalità. È considerato un fattore predittivo indipendente di esiti come:
- ↑ mortalità
- ↑ durata del ricovero
- ↑ tempo di ventilazione
- ↑ costi
- ↑ fallimento dello svezzamento respiratorio
- ↑ deficit cognitivi a lungo termine
- ↑ dimissioni verso riabilitazione o struttura di lungo degenza
In terapia intensiva i pazienti che sviluppano delirium vanno incontro ad un incremento dei tempi di
ventilazione e dell’uso di farmaci, a fallimenti di weaning respiratorio, ad un aumento di deficit cognitivi a
lungo termine. Dunque, se non riconosciuto precocemente e trattato con efficacia, il delirium produce
effetti dannosi per i pazienti ma anche demotivanti per gli infermieri e medici oltre che dispendiosi per il
Servizio Sanitario.

PAZIENTE CON PROBLEMI NEUROLOGICI

 La signora Bianchi si trova alle ore 18.00 in casa davanti alla televisione, quando percepisce di non
essere in grado di comunicare e non riesce ad alzarsi dal divano. Il marito si accorge della situazione
e chiama il 112. La signora Bianchi è una donna di 75 anni, coniugata, viene aiutata dalla figlia che
abita al piano superiore della loro villetta. Da quando aveva 61 anni è in terapia intensiva per
ipertensione arteriosa e diabete non insulino dipendente.
La sig. Bianchi viene trasportata in codice giallo in PS, vengono riscontrate afasia di Broca (afasia
non fluente), emiparesi fracio-brachio-crurale destra e ipertensione. La paziente viene sottoposta a
diversi esami: la TC cerebrale evidenzia piccola area di sfumata ipo-densità cortico-sottocorticale in
sede occipito-parietale sx, compatibile con lesione parenchimale ischemica di data recente e ipo-
densità diffusa della sostanza bianca dei centri semiovali, con qualche aspetto micro-lacunare da
sofferenza parenchimale su base ischemica cronica.
La diagnosi è di insufficienza cerebro-vascolare acuta. La signora Bianchi viene inviata in stroke unit
dopo aver preavvisato il medico e l’infermiere referente che la paziente può essere sottoposta a
terapia fibrinolitica. Alle 20.30 giunge in barella in stroke e si raccolgono i seguenti dati:

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 PA 150/75 mmHg (non invasiva  Sat. 97% (in continuo)
ogni 15 minuti)  Glicemia dtx 130mg/dL (si inizia il
 FC 65bpm e TC 37.6°C profilo glicemico)
Dati neurologici: emiparesi destra e afasia motoria, pupille isocoriche, isocicliche, foto-reagenti. Si
eseguono prelievi per routine ematica e ECG, si mantiene CVP. Il neurologo, dopo aver raccolto tutti
i dati necessari, decide di sottoporre la paziente a terapia fibrinolitica appunto per questo motivo,
la paziente permane in stroke; l'infermiere compila un piano di assistenza, con monitoraggio
assiduo dello stato neurologico e dei parametri vitali. Dopo la somministrazione di r-tPA (attivatore
tissutale ricombinante del plasminogeno), la paziente presenta subito ripresa totale del linguaggio
e della capacità motoria del soma destro.

Il percorso assistenziale di questi pazienti è stato descritto nelle Linee Guida SPREAD. Le cause di alterazioni
dello stato di coscienza possono essere sia intracraniche che extracraniche:

L’ictus rappresenta la seconda causa di morte e la terza causa di disabilità a livello mondiale, è la prima
causa di disabilità negli anziani e il rischio aumenta con l’età. Si può distinguere in:
- Ictus ischemico: mancato apporto ematico all’encefalo
- Ictus emorragico: emorragia a livello cerebrale
 Emorragia subaracnoidea
 Emorragia intracerebrale primaria
Dovuto spesso alla presenza di aneurismi cerebrali congeniti presenti all’interno delle vie
encefaliche che si rompono.
I fattori di rischio principali sono:
- Fattori non modificabili: età, sesso, razza, fattori genetici ed etnici, storia di gravidanza patologica,
menopausa precoce
- Fattori modificabili che possono richiedere il trattamento farmacologico: pressione arteriosa
elevata, dislipidemia, fibrillazione atriale, cardiopatie, ipertrofia ventricolare sinistra, diabete,
obesità, iperomocisteinemia, stenosi carotidea
- Fattori modificabili legati allo stile di vita: fumo, consumo di alcol, dieta ed esercizio fisico
Il trauma cranico è una lesione causata al complesso cranio-cefalico da forze fisiche meccaniche, diretto i
indirette, che hanno una potenza tale da arrecare una lesione funzionale o strutturale dell’encefalo. Le
lesioni possono essere focali o diffuse. In base alla presenza o meno di una comunicazione tra contenuto
intracranico ed ambiente esterno, settico, il trauma è diviso in aperto e chiuso.
Si possono verificare danni locali o danni sistemici:

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Gli ematomi intracranici post-traumatici sono invece una raccolta ematica intracranica conseguente ad un
trauma cranico. In rapporto alla sede della raccolta gli ematomi possono essere:
- Epidurali/extradurali (tra dura madre e osso)
- Subdurali (tra dura madre ed encefalo)
- Emorragie subaracnoidee
- Intracerebrali (precoci, tardivi)
Tutte queste patologie o condizioni possono portare ad alterazioni dello stato di coscienza. Questa è il
prodotto di due funzioni ossia la vigilanza o stato di veglia e la consapevolezza di sé e dell’ambiente.

Il rapporto gerarchico è che non può esserci consapevolezza di sé e dell’ambiente in assenza di stato di
veglio, ma si può essere vigili senza contenuto dello stato di coscienza (es. stato vegetativo).
Il trattamento extraospedaliero di questi pazienti prevede che il personale del 118 deve essere formato per
riconoscere i segni e i sintomi. Il personale dei mezzi soccorso deve ricevere uno specifico addestramento,
con aggiornamento continuo, sul riconoscimento precoce dei segni dell’ictus e sulla gestione del paziente
durante il trasporto:
- ABC (airway, breathing, circulation)
- Parametri vitali (respiro, polso, PA, Sat.)
- Glasgow Coma Scale
- Cincinnati Prehospital Stroke Scale (CPSS)
Se il paziente è in condizioni gravi (GCS score < 9) è raccomandato:
- Assicurare la pervietà delle vie aeree
- Somministrare ossigeno e cristalloidi se necessario
- Procedere, nei casi che lo richiedano, all’intubazione tracheale per proteggere le vie aeree
dall’aspirazione
- Proteggere le estremità paralizzate
La valutazione neurologica deve essere attuata più volte e comprende:
- Intervista:
 Limitazione del campo visivo e motilità oculare
o Emianopsia o Fotofobia
o Diplopia
 Deficit del linguaggio:
o Afasia motoria o Afasia mista
o Afasia sensitiva o Disartria
 Comparsa di disfagia
 Cambiamenti di carattere, nel comportamento, nei processi di pensiero
 Cambiamento nelle capacità motorie (paresi, paralisi), sensitive (parestesie) o nell’andatura

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 Definire il dolore della persona
- Dolore
- Anamnesi patologica remota e prossima
- Anamnesi sociale e famigliare
- Esame clinico
- Esame obiettivo (testa-piedi)
- Parametri vitali
- Scale di valutazione
Il controllo neurologico è fondamentale per un esito ottimale. Si deve stabilire una base di partenze per
ogni parametri e osservare qualsiasi deviazione che potrebbe indicare un peggioramento. Si deve
documentare, monitorare nel tempo, verificare l’efficacia del trattamento e, in caso di paziente sedato, si
effettua una “finestra di sedazione” ad intervalli di tempo prestabiliti (8-12 ore).
Per la valutazione neurologica si procede con:
- Esame clinico:
 Orientamento spazio-tempo (*)  Paresi e paralisi periferiche e dei
 Eloquio nervi cranici
 Postura  Sensibilità
 Motilità  Agitazione ed irritabilità
- Scale di valutazione:
 AVPU
 CPSS (Cincinnati Prehospital Stroke Scale): valuta il paziente con stroke. Il paziente viene
invitato a sollevare le braccia perpendicolarmente al corpo e viene valutata la forza fisica 4
 GCS (Glasgow Coma Scale): semplice e consente un linguaggio comune tra sanitari, viene

utilizzata in fase acuta, prevede la valutazione combinata


delle risposte oculari, verbali e motorie per la valutazione
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del livello di coscienza del paziente. La sua semplicità la rende ripetibile a stretti intervalli di
tempo. È suddivisa in tre parti riguardanti la valutazione di:
o Apertura degli occhi
o Risposta verbale
o Risposta motoria
In relazione al tipo di risposta allo stimolo verbale doloso applicato al paziente, viene
assegnato un punteggio direttamente proporzionale risposta. La somma dei tre punteggi
costituisce l'indice GCS; la somma rappresenta lo score che indica il livello di coscienza della
persona, che può andare da un minimo di 3 al massimo di 15. Il coma corrisponde ad uno
score uguale inferiore a 8
 FOUR (Full Outline of UnResponsiveness) scale: composta da quattro item, ossia risposta
oculare, risposta motoria, riflessi del tronco encefalico e respiro. A ciascuno si attribuisce
un punteggio compreso tra 0 e 4 dove 0 è il punteggio peggiore e 4 il punteggio migliore

 Scale di valutazione della sedazione:


o RASS (Richmond Agitation Sedation Scale) [allegato 25]
o RSAS (Riker Sedation Agitation Scale) [allegato 26]
o RAMSAY sedation score:

- Valutare le pupille:
 Reattività alla luce
 Forma:
o Isocicliche: pupille di uguale forma, circolare
o Anisocicliche: pupille di forma irregolare, non circolari
 Diametro:
o Isocoriche miotiche: pupille di uguale diametro contratte
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o Isocoriche midriatiche: pupille di uguale diametro dilatate
o An-isocoriche: pupille di differente diametro, una pupilla presenta diametro
maggiore dell’altra
 Dimensione:
o Miosi: traumi oculari, lesione ossea dell’orbita, traumi sul collo, frattura della base
cranica, intossicazione da oppiacei
o Midriasi: traumi contusivi del bulbo, traumi cranici, intossicazione (alcol, etere,
cloroformio), cause farmacologiche, asfissia, anossia, neurosi
 Simmetria:
o Isocoriche o An-isocoriche
 Riflesso:
o Fotomotore: si tratta della valutazione della risposta alla presenza di luce sulla
pupilla. Viene effettuato illuminando con luce diretta la pupilla che dovrebbe
contrarsi. Se si contrae il riflesso è presente, se non si contrae è assente
o Corneale: si tratta della stimolazione della cornea con un sottile lembo di garza, che
dovrebbe provocare ammiccamento. Il riflesso corneale può essere assente,
torbido o presente
- Tipologia di respiro:
 Cheyne-Stokes
 Iperventilazione neurogena
 Respiro apneustico
 Respiro a grappolo
 Respiro atassico
- Pressione intracranica cerebrale (PIC) e Pressione di Perfusione
Cerebrale (PPC): la PIC è la pressione all’interno della scatola
cranica ed è il risultato della relazione tra i vari compartimenti
intracranici. Il cranio è un contenitore rigido e inestensibile in cui
sono presenti i seguenti compartimenti: ematico, liquorale e
parenchimale. Il patologico aumento di una delle tre componenti
all’interno della scatola dopo un iniziale modesto compenso si
determina un aumento esponenziale della PIC. Negli adulti i valori i valori normali non superano i 7-
15mmHg, mentre si parla di ipertensione intracranica se i valori pressori sono maggiori ai 20mmHg.
Si deve valutare anche la PPC che si considera ottimale con un valore superiore a 70mmHg. La PPC
spinge il sangue nei vasi, ma è il loro calibro che condiziona il flusso finale ottenuto. L’ipertensione
endocranica può determinare:
 Ischemia cerebrale mediante la riduzione della perfusione cerebrale
 Distorsioni ed erniazioni di tessuto cerebrale in presenza di masse focali
 Idrocefalo da compressione dell’acquedotto di Silvio in presenza di un’ernia cerebrale
Per rilevare la PIC posso avvalermi di:
 Metodo clinico: valuto il peggioramento clinico, una variazione pupillare o bradicardia
 Metodiche invasive: tramite puntura lombare con
posizionamento del manometro oppure cateteri
intracranici (rilevazione continua del parametro)
 intra-parenchimale, intra-ventricolare, sub-
aracnoidea, subdurale. I cateteri possono essere
idraulici o a fibre ottiche. Il catetere è il metodo
più accurato, economico ed affidabile. Il
posizionamento e la gestione di un sistema di
62
monitoraggio della PIC esigono le più severe norme di asepsi. Il trasduttore che permette la
rilevazione costante della PIC deve essere posto a livello del meato uditivo esterno e va
azzerato ad ogni cambio di posizione del paziente. Se vengono impiegati sistemi di
monitoraggio che consentono di derivare il liquor, il cilindro graduato andrà posto
all’altezza del meato acustico esterno o ad un diverso livello, a seconda della quantità che
occorre drenare. Il drenaggio non va collocato troppo in basso rispetto alla testa del
paziente in quanto la quantità maggiore di liquor drenata potrebbe essere eccessiva e
causare il collasso dei ventricoli.
La PIC aumenta fisiologicamente durante qualsiasi manovra che determini un aumento delle
pressioni endo-toraciche ed addominali, o limiti il deflusso venoso cerebrale attraverso le vene
giugulari. Pertanto, tutte le manovra di nursing devono essere precedute da un’adeguata sedazione
che mira a contenere i valori della PIC entro range accettabili. Il metodo più semplice per ridurre la
PIC e mantenere il capo sollevato di circa 30°, in asse con il tronco e non ruotato per favorire il
ritorno venoso. Altri fattori che influenzano l’aumento della pressione sono:
 Ipossia  Bronco-aspirazione
 Ipercapnia  Stress emotivo
 Vasodilatazione cerebrale  Igiene totale o parziale
 Flessione del collo  Mobilizzazione e trasporto
 Dolore  Attività di nursing
 Tosse  Aumento della temperatura
Varie sono le modalità di intervento proposte per il trattamento dell’ipertensione endocranica:
 Mantenere una sufficiente pressione di perfusione cerebrale con una PA media di almeno
90mmHg
 Correggere gli squilibri respiratori e metabolici
 Atteggiamento posturale e sedazione, sollevando il capo del paziente di 15-30°, con
allineamento dell’asse capo-collo-tronco per migliorare la perfusione e facilitare lo scarico
venoso
 Sedazione e analgesia fanno parte di protocolli standard per eliminare puntate ipertensive
in caso di manovre che le possono scatenare
- Esame della
funzionalità
cerebrale
- Esame dei
nervi cranici
- Attività
sensoriale
- Attività
motoria
- Riflessi:
vengono
valutati i
riflessi del
tronco encefalico nel paziente incosciente tra cui
 Riflesso oculo-cefalico: non fare se sospetto trauma cranico. Nel paziente in coma con
tronco-encefalo intatto gli occhi si muovono in modo coniugato dalla parte opposta al
movimento del capo. La deviazione dal lato della rotazione della testa o l’assenza di
movimento indicano sofferenza del tronco
 Riflesso fotomotore

63
 Riflesso corneale
 Riflesso oculo-vestibolare: nel paziente in coma con tronco intatto c’è deviazione lenta
verso il lato stimolato (abolita la fase di ritorno rapido), si verifica una deviazione dis-
coniugata che indica la sofferenza del tronco
 Riflesso glosso-faringeo e riflesso della tosse: importante per valutare il rischio di
inalazione; si evocano stimolando l’orofaringe
 Respiro spontaneo

(*) Le alterazioni dello stato di coscienza possono essere:

Anche in questo caso il tempo è determinante e viene definito Door To Needle, ossia per arrivare
all’intervento con aghi (aspirazione, sala chirurgica).

DIALISI E ULTRAFILTRAZIONE
L’insufficienza renale acuta è un quadro clinico caratterizzato da una rapida riduzione della diuresi, che
porta ad uno scompenso d’organo e ad una potenziale capacità di regressione, determinando un aumento
dell’azotemia, di altri metaboliti escreti dal rene, ritenzione idrica ed alterazioni elettrolitiche. La perdita
della funzionalità renale è misurabile tramite la quantizzazione della creatininemia che consente di stimale
la velocità di filtrazione glomerulare (GFR). Le cause di insufficienza renale in UTI sono:
- Ipotensione severa (necrosi tubulare tossica/ischemica)
- Ipovolemia efficace
- Sindrome da bassa gittata
- Farmaci (MDC iodati, antibiotici)
- Shock settico

IRA: meccanismo
Pre-renale Deficit emodinamico Shock Glicemia renale
Renale Persistente deficit Shock prolungato Necrosi tubulare acuta
emodinamico
Danno parenchimale Primitivo o secondario a Glomerulonefriti,
malattie sistemiche pielonefriti
Post-renale Ostruzione vie urinarie Ostruzioni intrinseche o Nefrolitiasi, neoplasie
ostruzione estrinseche vescicali, ipertrofia
prostatica, masse intra o
extraperitoneali

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IRA: dalla fisiologia alla patologia
Funzione renale danneggiata Meccanismo Effetto
Emuntorio Ridotta escrezione di creatinina e Iperazotemia, ipercreatininemia
derivati azotati
Bilancio idrico Ritenzione di liquidi Edemi
Bilancio elettrolitico Ipo-iper-sodiemia, Iperidratazione, alterazioni
ipo-iper-potassiemia dell’elettrofisiologia cellulare
Equilibrio acido-base Acidosi metabolica Danno e morte cellulare
Alterazioni endocrine Ridotta EPO, ridotta sintesi vit. D Anemia, iperparatiroidismo
secondario

Le metodiche di depurazione extrarenale tradizionali destinate ai pazienti in insufficienza renale acuta e


cronica, sono spesso gravate da effetti collaterali poco tollerabili dai pazienti critici. La terapia sostitutiva
della funzione renale rappresenta la componente più importante nell’approccio terapeutico all’insufficienza
renale acuta e ha subito negli ultimi anni importanti cambiamenti in ambito di terapia intensiva. Le RRT
devono essere considerate dei veri e propri supporti rianimatori alle stregua degli inotropo e della
ventilazione meccanica. Nei pazienti critici le esigenze nutrizionali e terapeutiche comportano infusioni
cospicue di quantità di liquidi anche in pazienti oligo-anurici e in precario compenso cardiovascolare. In
questi casi una continua disidratazione compensatoria, mediante la RRT, dei liquidi infusi contribuisce a
stabilizzare la volemia. La prognosi del paziente dipende dalla patologia di base, anche utilizzando in modo
ottimale le terapie di supporto degli organi insufficienti.
Le condizioni critiche dei paziente fanno propendere generalmente per il trattamento continuo. L’IRA del
paziente critico necessita di un supporto extracorporeo che sia in grado di garantire una stabilità
dell’assetto emodinamico e dell’equilibrio idroelettrico costante nel tempo.
- Vantaggi:
 Stabilità emodinamica
 Cambiamenti atraumatici di colemia ed elettroliti
 Eliminazione dei mediatori di sepsi ed infiammazione
 Non limitazioni alimentari
 Possibilità di modificare il bilancio in qualsiasi momento
 Non necessita di personale specializzato
- Svantaggi:
 Somministrazione continua di anticoagulante
 Scarsa mobilizzazione
 Coagulazione del filtro
 Depurazione lenta
La gestione infermieristica prevede di sorvegliare e monitorare per prevenire o trattare precocemente:
- Ematomi o sanguinamento dell’accesso - Ipotermia
- Trombosi - Ipotensione
- Infezioni e sepsi - Squilibri elettrolitici

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ECMO
L’ECMO (Extra Corporeal Membrane Oxigenation) è una tecnica di supporto meccanico delle funzioni
respiratorie e cardiache. Viene usata:
- Nei pazienti con danno polmonare o cardiaco reversibile refrattario al trattamento medico e
farmacologico convenzionale massimale
- Come “ponte” nei pazienti in attesa di trapianto polmonare o cardiaco (bridge)
Gli obiettivi sono:
- Mettere a riposo i polmoni bypassandoli parzialmente o completamente
- Mettere a riposo il muscolo cardiaco riducendone il consumo di O 2, apportare ossigeno e rimuovere
CO2 ai tessuti, interrompendo il metabolismo anaerobio (insufficienza cardiaca acuta)
- Sostenere le funzioni vitali del paziente in attesa di trapianto polmonare o cardiaco
Esistono vari tipi di assistenza e tipi di incanulazione tra cui l’incanulazione veno-venosa per supporto
polmonare che viene attuata in sito femoro-femorale oppure femoro-giugulare; e l’incanulazione veno-
arteriosa per supporto cardiocircolatorio che si attua in sito femoro-femorale o femoro-ascellare.
L’assistenza infermieristica prevede:
- Monitoraggio dei parametri vitali - Igiene personale
- Monitoraggio dei parametri ventilatori - Lesione da pressione
- Ventilazione non invasiva - Posizionamento del paziente
- Controllo dei parametri ECMO e circuito - Gestione delle linee infusive ed arteriose
- Scoagulazione - Rischio infettivo
- Monitoraggio dei sanguinamenti - Aspetto psicologico

ECOGRAFIA AD USO INFERMIERISTICO


L’ecografo utilizza il ritorno delle onde sonore trasmesse a frequenze molto alte ed attraversa i tessuti
molli. Le sonde utilizzate sono differenti e le frequenze variano in base alla tipologia di sonda: con una
frequenza molto alta riesco a vedere più nel preciso ma può essere che si dissolvano troppo in profondità
tanto da farmi vedere solo la parte superficiale; le basse frequenze invece vanno più in profondità. La guida
ecografica ha aumentato la probabilità di successo di incanulamento periferico al primo tentativo in
pazienti di difficile accesso. Inoltre, si può anche valutare il corretto posizionamento del tubo tracheale in
pazienti critici ventilati meccanicamente. L’ecografia mirata è una modalità per la valutazione
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dell’emergenza e la rapida identificazione di lesioni potenzialmente letali che richiedono un intervento
immediato in pazienti con traumi addominali o per la valutazione della stabilità emodinamica dei pazienti
critici. L'utilizzo di ultrasuoni durante l’iniezione di una piccola quantità di soluzione fisiologica o di aria nel
SNG può essere la soluzione ottimale. La conferma del posizionamento corretto del SNG si è dimostrato
sicuro. L’ecografia gastrica è altamente sensibile e specifica per rilevare o escludere uno stomaco pieno in
scenari clinici in cui la presenza di contenuto gastrico è incerta. Gli infermieri d’urgenza svolgono un ruolo
vitale in molte DE e gestiscono comunemente pazienti con lesioni ossee.
L’utilizzo principalmente è per:
- Calcolo del volume vescicale:
 Globo vescicale  Residuo vescicale
- Valutazione del contenuto vescicale:
 Macro-ematuria, piuria o contenuto complesso
- Valutazione della salienza prostatica
- Verifica del passaggio del catetere in vescica
- Verifica del posizionamento del catetere
 Visualizzazione del palloncino al termine della procedura di introduzione
- Gestione dei problemi intercorrenti
Catetere non inseribile non drenante (ostruzione intrinseca o estrinseca, intra o extra vescicale,
dislocazione)

PROCESSO DI DONAZIONE ORGANI E TESSUTI [allegato 18] [allegato 19]


Il trapianto rappresenta un trattamento terapeutico inserito nei LEA, gratuito, spesso salvavita, che viene
eseguito in strutture pubbliche autorizzate (certificate in modo sistematico e continuo). La scarsità degli
organi è un limite di questo trattamento e anche al diritto di cura. Le tipologie di prelievo che possono
essere attuate sono:
- A cuore battente (morte encefalica)
- A cuore fermo (morte cardiaca)
- Trapianto da vivente
- Donatori di tessuti, sia viventi che per i cadaveri
Cresce il divario tra il numero di pazienti in lista (domanda) e il numero di organi disponibili (offerta).
Questo è causato da:
- Aumento:
 Indicazioni al trapianto  Ri-trapianti
 Miglioramento delle terapie  Patologie
immunosoppressive  Maggior sopravvivenza in attesa
- Riduzione di:
 Giovani donatori
 Organi marginali poco utilizzabili
 Motivazione del personale sanitario
Gli organi che possono essere trapiantati sono:
- Organi toracici: cuore, polmoni
- Organi addominali: reni, fegato, pancreas, intestino
I tessuti invece sono:
- Tessuti solo da vivente:
 Sangue  Membrana amniotica
 Midollo osseo  Sangue da cordone ombelicale
- Tessuti anche da vivente:
 Cute e ossa  Vasi

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- Tessuti da cadavere:
 Cornee  Cute
 Vasi  Epatociti
 Valvole cardiache  Isole pancreatiche
 Osso  Arti
 Tendini e cartilagini  Tessuti complessi
Esistono delle differenze sostanziali tra organi e tessuti. Gli organi hanno un tempo di conservazione breve,
il trapianto deve essere immediato, gli organi sono quasi tutti salva-vita (reni salva-funzione), serve
immunosoppressione (in genere non viene mai sospesa), le fonti sono molto limitate. I tessuti invece hanno
un tempo di conservazione lungo, hanno un innesto dilazionato, sono salva funzione (cute salva-vita), non
sono immunogenici e le fonti sono quasi illimitate.
La Legge di riferimento è la n.° 91 del 01/04/1999 “Disposizioni in materia di prelievi di trapianti di organi e
di tessuti”. La Legge regola sia a livello nazionale, sia a livello regionale e anche a livello locale.
È necessario fare una distinzione tra morte cerebrale e morte cardiaca. La morte cerebrale ha come
prerequisiti clinici una causa nota di coma irreversibile, l'esclusione di potenziali cause reversibili (farmaci,
droghe, disturbi elettrolitici , disturbi endocrini) e una temperatura corporea > 35 °C. Inoltre, si può
manifestare anche uno shock midollare:
- Tempesta vegetativa (ischemia tronco)
- Ischemia cerebrale spesso associata a necrosi subendocardica
- Perdita del controllo nervoso simpatico
Oppure si manifesta in caso di spinalizzazione, quindi I centri nervosi del midollo spinale assumono ruolo di
controllo. La morte cerebrale provoca:
- Alterazioni cardiocircolatorie - Alterazioni metaboliche ed elettrolitiche
- Perdita dell'attività respiratoria - Perdita della termoregolazione
spontanea - Alterazioni coagulative
- Squilibri ormonali
Il donatore di organi deve essere mantenuto per:
- Correggere le alterazioni funzionali che seguono la morte
- recuperare e conservare la qualità degli organi da prelevare
Il trattamento è indirizzato non più alla protezione cerebrale ma alla conservazione degli organi
(monitoraggio, trattamento, prevenzione delle infezioni, valutazione dell'idoneità del donatore e degli
organi). L’infermiere collabora con il rianimatore per identificazione e mantenimento del potenziale
donatore; con il collegio medico per le prove di accertamento di morte; con gli specialisti per attuare
procedure diagnostiche e per valutare l’idoneità degli organi.
Il donatore deve essere monitorato:
- Elettrocardiogramma con rilevazione - Temperatura corporea interna
della frequenza cardiaca - CO2
- Pressione arteriosa cruenta con - Diuresi oraria
rilevazione della pressione media - Emogasanalisi, glicemia, ematocrito,
- Pressione venosa centrale elettroliti, coagulazione ed osmolarità
- Saturazione percutanea d'ossigeno
I presidi che devono essere utilizzati sono:
- Catetere venoso centrale multi-lume - Catetere intra-arterioso
- Accesso venoso periferico di grosso - Sondino naso-gastrico
calibro - Catetere vescicale
- Rilevatore della temperatura corporea - Tubo tracheale cuffiato
interna

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È necessario attuare anche una relazione d’aiuto verso i famiglia. In area critica, la comunicazione e la cura
nei confronti dei famigliari è essenziale e fa parte del processo di assistenza. Inizia dall'ingresso del
paziente.
Il Caring si occupa di:
- Riconoscere - Dedicare tempo
- Rassicurare - Promuovere l'autonomia
- Essere presenti - Essere autenticamente presente
- Dare informazioni - Rispettare gli altri
- Dimostrare vicinanza - Essere motivati
Il punto di vista degli infermieri nei confronti di morte e donazione comprende:
- Conflitto tra concetto di morte, Trattamento di un potenziale donatore e la famiglia
- Considerare parte della cura il trattamento del donatore
- Bisogni spirituali e supporto alla famiglia
- Necessità di revisione dei percorsi formativi universitari
- Necessità di implementare la cultura della donazione nella popolazione
- Accettazione della morte
- Debriefing e consulenza
È fondamentale proporre la donazione: deve passare il messaggio che non si tratta di chiedere ma offrire
un'opportunità.

COMUNICARE IN TERAPIA INTENSIVA


La comunicazione è il principale veicolo attraverso il quale viene sviluppato e mantenuto il rapporto tra
infermieri e pazienti ed è una componente essenziale del ruolo terapeutico dell’infermiere. Diversi fattori
influiscono sulla comunicazione tra i pazienti e il persona di terapia intensiva, come i farmaci sedativi, la
ventilazione meccanica e il livello di conoscenza. Comunicare con i pazienti intubati rappresenta una sfida
per il personale medico infermieristico che potrebbe avere difficoltà a soddisfare le esigenze psicologiche e
di comfort dei pazienti. Della comunicazione se ne parla anche all'interno del Codice deontologico delle
Professioni Infermieristiche, in particolare l'articolo 21 – Strategie e modalità comunicative.
In area critica si parla di comunicazione alternativa aumentativa, termine usato per descrivere metodi di
comunicazione che potrebbero essere usati in aggiunta ai soliti metodi di parola e scrittura quando questi
sono alterati. Ci si avvale, per una comunicazione alternativa, di:
- Scheda di comunicazione: semplice carta e matita, alfabeto, parole, lavagna e tastiera del PC e
include i bisogni di base, nomi di persone e immagini delle parti del corpo
- Tubo per tracheostomia orale con cuffia gonfiata
- Elettro-laringe
- Sistemi di comunicazione elettronica high-tech

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VALUTAZIONE DEL DOLORE
Da una revisione sistematica è stato evidenziato come solo due strumenti siano validi e affidabili
nell’accertamento del dolore:
- Scala C-POT, Critical-Care Pain Observation Tool (considera 4 fattori: tipologia di comportamenti,
espressioni facciali, attività fonatoria, attività respiratoria)
- Scala BPS, dolore nei pazienti sedati ma non devono essere tetraplegici o curarizzati

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