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Codice deontologico

dell’infermiere 2009

Commento a cura del


Collegio IPASVI di Asti
1. L’infermiere è il professionista
sanitario responsabile
dell’assistenza infermieristica.

Si sottolinea quanto promulgato nella


L42 del febbraio 1999: “l’infermiere è
Professionista sanitario, non più
ausiliario di altre figure ma elemento
fondante dell’autonomia professionale.

Marisa Perotti - Giuseppina Bosso


2. L’assistenza infermieristica è servizio
alla persona, alla famiglia e alla collettività.
Si realizza attraverso interventi specifici,
autonomi e complementari di natura
intellettuale, tecnico-scientifica, gestionale,
relazionale ed educativa.

Si rafforza il concetto, sottolineando da un lato


l’ampia portata del ruolo infermieristico
“servizio alla persona, alla famiglia, alla
collettività”, non più e non solo assistenza al
paziente, e dall’altro la vasta gamma di
interventi che discendono da competenze di
varia natura e vengono attuati in modo
autonomo.

Marisa Perotti - Giuseppina Bosso


3. La responsabilità dell’infermiere
consiste nell’assistere, nel curare e
nel prendersi cura della persona nel
rispetto della vita, della salute, della
libertà e della dignità dell’individuo.
4. L’infermiere presta servizio secondo principi
di equita’ e giustizia, tenendo conto dei valori
etici e culturali, nonché del genere e delle
condizioni sociali della persona.

L’infermiere agisce in prima persona, è un soggetto attivo


che opera con autonomia di scelta e responsabilità entro
una cornice di valori derivanti dalla sua storia personale e
dal proprio contesto sociale. Quando si richiama a principi
di equità e giustizia nell’aspetto organizzativo
dell’assistenza tiene conto dei bisogni di ciascuno e li
soddisfa secondo un’eguale presa in carico della persona a
lui affidata. Nella nostra società sempre più multi culturale i
valori etici, religiosi degli assistiti entrano sempre più in
gioco nell’assistenza ed il nostro agire e sapere deve
tenere conto di essi. L’infermiere deve cogliere come
stimolo la diversità culturale etica e religiosa
approfondendo con “intelligenza”, cogliendo cioè
adeguatamente gli elementi in gioco; con “docilità
professionale” ovvero con l’attitudine all’ascolto, a chiedere
consiglio, a lasciarsi illuminare da altri quando è
necessario. E’ nel dialogo tra tutti i soggetti coinvolti che
possono maturare le scelte terapeutiche più idonee al caso,
anche sotto il profilo etico.

Liliana Bussolino
5. Il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e
dei principi etici della professione è condizione
essenziale per l’esercizio della professione
infermieristica.

La visione olistica dell’assistenza è mission storica e


moderna vincolata dalle relazioni sociali e dal contesto
ambientale. L’individuo, nel momento in cui si ammala,
paradossalmente, perde il “rispetto dei suoi diritti”: non
sempre può ed è in grado di esprimerli. L’infermiere è
colui che passa molte ore vicino al paziente, diventando
“la sua voce” .
Riconoscere il coinvolgimento etico in un dato caso
clinico, promuovere il confronto tra le diverse
professioni, può aiutare a percorrere un sentiero dove la
condivisione fa da specchio ai principi etici della
professione aiutando l’infermiere a tutelare l’assistito,
contenendo il senso di abbandono.
La centralità della persona per l’infermiere significa
riconoscerne la dignità in ogni fase della malattia.

Marisa Quirico
6. L’infermiere riconosce la salute come bene
fondamentale della persona ed interesse della
collettività e si impegna a tutelarla con attività di
prevenzione , cura, riabilitazione e palliazione.

Quale professionista rispetta la salute come


richiamato dall’articolo n.32 della nostra costituzione;
d’altro canto come da disposto del comma 2 art 1 del
nostro profilo, la definizione dell’assistenza
infermieristica si esplicita nell’attività di prevenzione,
cura, riabilitazione e palliazione. E’ importante
riaffermare e “riassaporare” l’autonomia
dell’infermiere nell’educare la persona , nel
partecipare al progetto di riabilitazione con altri
professionisti, nell’accompagnarla nella fase di fine
vita.

Patrizia Bergese Bogliolo


7. L’infermiere orienta la sua azione al bene
dell’assistito di cui attiva le risorse
sostenendolo nel raggiungimento della
maggiore autonomia possibile, in particolare
quando vi sia disabilità, svantaggio, fragilità.

L’assistito è la persona - cioè l’essere umano


riconosciuto nella sua realtà e nella sua
inalienabile dignità- nella condizione di
particolare bisogno a cui l’infermiere presta
l’impegno di offrire una risposta, attraverso la
propria professionalità. In particolare, nel suo
imprescindibile ruolo di garante della salute
dell’assistito, l’infermiere si presta a fornire una
risposta adattata alla reale situazione: non
prestazioni standardizzate ma calibrate sui
bisogni della singola persona assistita atte a
mobilitare le sue risorse residue.

Patrizia Bergese Bogliolo


8. “L’infermiere, nel caso di conflitti determinati da
diverse visione etiche, si impegna a trovare la
soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e
persistesse una richiesta di attività in contrasto
con i principi etici della professione e con i propri
valori, si avvale della clausola di coscienza,
facendosi garante delle prestazioni necessarie
per l’incolumità e la vita dell’assistito.”

L’introduzione di alcuni articoli che fanno


riferimento ad aspetti molto discussi nella bioetica,
tra cui la clausola di coscienza, apre nuovi scenari
in merito all’espressione, da parte del singolo
professionista, delle proprie scelte morali, dei
propri valori personali nonché della condivisione
dei valori professionali
Avvalersi della clausola di coscienza ed
assumersi la responsabilità delle proprie scelte
significa essere in grado di motivarle, di
giustificarle, in quanto azioni liberamente
intraprese, nei confronti dei destinatari ultimi,
ovvero i cittadini e in generale la società, i colleghi
e anche le istituzioni per cui si lavora.
Il dover rendere ragione a un numero così elevato di
persone significa, per l’infermiere, fare i conti con possibili
conflittualità tra i propri ideali e le richieste di agire secondo
scopi fissati dall’azienda, specie nel contesto odierno, in cui
la salute è un bene di mercato la cui distribuzione è
sottoposta a precisi vincoli di budget. L’obiezione di
coscienza (o clausola di coscienza) contenuta nel codice
deontologico deve potersi esercitare non solo nei casi
esplicitamente previsti dall’ordinamento giuridico, ma anche
in tutti i casi che sollevino difficoltà di ordine deontologico
ed etico. La clausola di coscienza non si deve riferire
esclusivamente all’obiezione professionale, ovvero il no
pronunciato verso azioni e gesti che contraddicono il
significato riconosciuto di assistenza infermieristica,
dovrebbe essere giustificata anche solo in base a
convincimenti personali, protetta sia sotto il profilo
deontologico che giuridico. In questo caso, sotto il profilo
deontologico, se l’atto è in sé ammesso, si riconosce che
possa contrastare . con i valori del singolo
e quindi essere personalmente rifiutato.
L’affermazione della clausola di coscienza ricorda
ed educa al fatto che ogni azione professionale
infermieristica ha una valenza etica, che la
riflessione sui valori e la loro concretizzazione non
può essere delegata. Inoltre tiene aperta la
possibilità anche per temi nuovi in relazione allo
sviluppo tecnologico e scientifico; tutela il
professionista e garantisce il rispetto del principio di
autonomia dell’infermiere, garantendo la dialettica
tra libertà e dignità della persona assistita e libertà e
dignità dell’infermiere.
Il fatto che il professionista debba comunque farsi
garante delle prestazioni necessarie all’incolumità e
la vita dell’assistito impedisce “l’abuso” di tale
opzione, che non può essere di comodo o di
opportunismo.

Paola Franco
9. L’infermiere, nell’agire professionale, si
impegna ad operare con prudenza al fine di
non nuocere.

In questo articolo si riprende il motto


ippocratico “primum non nocere”,
indispensabile per l’infermiere agire con
prudenza e valutare quotidianamente la
qualità di vita dell’assistito.

Wilma Gentile
10. L’infermiere contribuisce a rendere
eque le scelte allocative, anche
attraverso l’uso ottimale delle risorse
disponibili.

Il riordino del SSN (1992-1993), con


l’introduzione dei criteri di
aziendalizzazione, privatizzazione,
responsabilizzazione, mira ad aumentare
l’efficacia, l’efficienza e la produttività del
sistema anche in termini di utilizzo delle
risorse. L’infermiere che è parte attiva,
vigila affinchè le scelte siano guidate da
principi etici.

Wilma Gentile
11.L'infermiere fonda il proprio operato su
conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze
attraverso la formazione permanente, la riflessione critica
sull'esperienza e la ricerca. Progetta, svolge e partecipa
ad attività di formazione. Promuove, attiva e partecipa alla
ricerca e cura la diffusione dei risultati.

L’art. 11 rappresenta la sintesi della moderna professione


infermieristica: infatti, l’infermiere risulta inserito in una realtà
complessa e multidisciplinare, non statica, ma in costante e
progressivo mutamento. L’abrogazione del mansionario, il
passaggio da “professioni sanitarie ausiliarie” a “professioni
sanitarie” e la conseguente autonomia professionale da
tempo richiesta, nonché la “riforma degli ordinamenti didattici
universitari”, ha avviato un processo di rinnovamento dei
percorsi formativi, che si realizza nel potenziamento della
formazione di base, nella possibilità di una formazione
complementare e nella formazione universitaria postbase. A
fronte del progredire delle conoscenze tecniche, della ricerca,
delle modalità di approccio al paziente sviluppate su una
nuova sensibilità comune, la professionalità infermieristica
deve distinguersi per capacità di adattamento e per costante
ricerca dell’innovazione, L’infermiere viene considerato come
un elemento perfettamente integrato in un sistema che ha
come fulcro e obiettivo l’assistenza e la cura del paziente.
Inoltre, all’infermiere è richiesta una forte attenzione all’analisi
critica dell’esperienza e della ricerca, al fine di attingere da
entrambe un patrimonio di competenze e conoscenze che
possono contribuire alla crescita costante della qualità della
professione
Wilma Gentile-Manuela Menegaldo
12. L’infermiere riconosce il valore della ricerca, della
sperimentazione clinica e assistenziale per
l’evoluzione delle conoscenze e per i benefici
sull’assistito.

L’art. 12 del Codice Deontologico completa e specifica l’art.


precedente, “chiudendo il cerchio” attorno alla necessaria e
fondamentale attività di formazione e crescita professionale
costante, affiancando alla ricerca anche la
sperimentazione. Questo art. non pare voler cogliere il
merito della differenza tra ricerca e sperimentazione, ma
sottolinea ed enfatizza il valore di entrambe. La ricerca e la
sperimentazione, qui intese sia come cliniche che
assitenziali, rappresentano, pertanto, un valore
fondamentale solo se volto a tutelare contestualmente ed
inscindibilmente lo sviluppo delle conoscenze tecnico/
scientifiche ed il raggiungimento di benefici per l’assistito,
ponendo così le necessarie basi per la definizione di nuovi
modelli assistenziali. Ricerca come stimolo per l’infermiere,
affinchè possa risolvere i problemi assistenziali utilizzando
informazioni clinicamente rilevanti, nel rispetto del diritto
alla salute dei cittadini .

Wilma Gentile-Manuela Menegaldo


13. L’infermiere assume responsabilità in base al
proprio livello di competenza e ricorre, se necessario,
all’intervento o alla consulenza di infermieri esperti o
specialisti. Presta consulenza ponendo le proprie
conoscenze ed abilità a disposizione della comunità
professionale.

Le parole chiave dell’art.13 sono “responsabilità –


competenza – consulenza”, quest’ultimo termine ancora
poco usato tra i professionisti infermieri.
L’articolo riconosce la specificità e la competenza
dell’infermiere esperto in relazione ad un’attività o di fronte
ad un problema assistenziale.
Pone l’accento sul senso di responsabilità dell’infermiere
che, di fronte ad una situazione d’incertezza assistenziale,
ricorre alla consulenza di un collega esperto: questo,
responsabilmente, si fa strumento al servizio innanzitutto
del paziente, nonché dei colleghi, per consentire loro di
poter attuare una valutazione delle alternative possibili,
nell’ottica di un’assistenza più efficace alla persona.

Marisa Perotti - Giuseppina Bosso


14. L’infermiere riconosce che l’interazione
tra professionisti e l’integrazione
interprofessionale sono modalità
fondamentali per far fronte ai bisogni
dell’assistito.

I rapporti professionali con i colleghi e gli altri


operatori sanitari sono un argomento che
tradizionalmente è presente nei codici deontologici.
L’aumento della complessità degli interventi
assistenziali dovuto sia all’invecchiamento della
popolazione che all’incremento delle patologie
cronico degenerative, ha reso fondamentale
lavorare in equipe richiedendo una maggiore
interazione e integrazione fra le varie figure
sanitarie.
Lavorare in èquipe non è semplice perché si
scontrano e confrontano ruoli, opinioni e a volte
risulta difficile decidere “chi fa che cosa”.
Il riconoscimento della propria e altrui
professionalità è da parte del professionista un atto
non solo di rispetto ma di piena fiducia delle
capacità altrui.

Valeria Moro
15. L’infermiere chiede formazione e/
o supervisione per pratiche nuove o
sulle quali non ha esperienza

La complessità della risposta assistenziale in


risposta ai sempre crescenti e diversificati
problemi prioritari di salute può manifestare il
divario tra le competenze raggiunte dall’operatore
e quelle necessarie a garantire una prassi efficace.
Tenuto conto dei dettami dell’art. 11 – 12 ed a loro
integrazione tale articolo richiama la costante
attenzione dell’infermiere a misurarsi ,
consapevole dei propri limiti , rispetto all’efficacia
dei suoi interventi assistenziali ed a chiedere
formazione e/o supervisione al collega esperto
( come riferito all’art.13).

Patrizia Bergese Bogliolo


16. L’infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi
etici vissuti nell’operatività quotidiana e promuove
il ricorso alla consulenza etica, anche al fine di
contribuire all’approfondimento della riflessione
bioetica.

Nella storia del nostro e agire e sapere professionale ci si


è sempre mossi con una retta disposizione morale basata
sull’intelligenza personale, la solerzia, la previdenza, ed il
“buon uso della ragione”. Nel corso dell’operatività
abbiamo incontrato e incontriamo tutt’ora problemi etici
condizionati dalla pressione emotive, dalla fretta, da una
carente competenza o da opzioni ideologiche diverse che
implicano discernimenti morali. Con l’approfondimento etico
si vuole dare uno strumento per approfondire il nostro
sapere professionale la dove l’etica si occupa di principi
morali finalizzati alla promozione della qualità della vita e
alla persona in relazione, mentre la bioetica mira alla
promozione di una migliore qualità della vita facendo
interagire l’etica con la biomedicina, il biodiritto, la filosofia
sistematica, la teologia, le scienze antropologiche.In questo
contesto l’infermiere è chiamato a scoprire quali sono le
fonti della dignità umana per poter distinguere e fare
discernimento sulle proprie azioni e sulle conseguenze
morali che ne derivano.

Liliana Bussolino
17. L’infermiere, nell'agire professionale è
libero da condizionamenti derivanti da
pressioni o interessi di assistiti, familiari,altri
operatori, imprese, associazioni, organismi.

I condizionamenti quali atteggiamenti palesemente in


contrasto con i principi fondamentali del C.D., non si
ispirano a divergenze di opinione nell’ambiente di lavoro
che spesso si verificano e contribuiscono a chiarire le
diversità a favore della crescita del gruppo, ma sono
espressione di quelle situazioni in cui un diverso punto di
vista viene portato avanti con veemenza o con modalità
tali che possano ricondurre ad un atteggiamento di
condizionamento o ad una pressione . La risposta resta il
dialogo ed il confronto con chi opera la pressione,
intervento volto a tutelare l’autonomia professionale in
risposta a due finalità: quella del perseguimento proprio
della professione di tutelare l’interesse della persona
assistita e quello della specifica competenza del
professionista nel realizzare attraverso interventi specifici,
la promozione della vita e della salute della persona
assistita.

Patrizia Bergese Bogliolo


18. L’infermiere, in situazioni di emergenza-urgenza,
presta soccorso e si attiva per garantire l’assistenza
necessaria. In caso di calamità si mette a
disposizione dell’autorità competente.

L’ infermiere in situazioni di emergenza-urgenza, ovvero in


ambito di area critica, e’ colui che garantisce un’assistenza
ottimale al paziente con reali o potenziali problemi che ne
mettono in pericolo la vita. A tale scopo l’infermiere deve
essere qualificato attraverso aggiornamenti specifici e
dovra’ essere in grado di:- valutare la qualità, l’entità e la
priorità dei problemi del paziente, utilizzare apparecchiature
attrezzature e presidi complessi;- interagire con gli altri
operatori e i servizi che intervengono nell’assistenza al
paziente critico;- prestare particolare attenzione alla
necessità di mantenere livelli di competenza adeguati ai
livelli di qualità delle prestazioni richieste. Questo
adeguamento verrà garantito mediante un aggiornamento
continuo anche in considerazione della rapidità di
evoluzione dell’assistenza infermieristica in area critica.
L’infermiere che svolge la professione al servizio della
salute e della vita, e’ chiamato prima ancora di qualsiasi
legge o regolamentazione aziendale, ad una responsabilità
individuale facente parte del proprio percorso
professionale. Pertanto il mettersi a disposizione della
comunità e/o delle autorità competenti, in caso di calamità,
e’ per l’infermiere un’ intima convinzione che va al di sopra
di ogni obbligo giuridico.

Franca Baldi
19. L’infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito
e valuta con lui i bisogni assistenziali, anche al fine di
esplicitare il livello di assistenza garantito e facilitarlo
nell’esprimere le proprie scelte.

Ambiente e salute, servizi e presidi, cittadini e operatori


sanitari sono profondamente ed inevitabilmente inseriti in
un contesto sociale sempre più evoluto grazie all’alta
tecnologia che, se da un lato è destinata a migliorare la
vita, dall’altro rende sempre più evidente un inquietante
divario che penalizza anzitutto i rapporti umani e spirituali e
poi molti aspetti legati alla qualità della vita e della
eventuale necessità di cure. La cultura della salute e della
prevenzione costituiscono un bene assolutamente primario
sia per lo sviluppo personale, che sociale ed economico
della persona e quindi di tutta la comunità e sono
intimamente connesse alla tutela ambientale per cui
l’acquisizione di questi fattori deve avvenire sia in ambito
individuale che collettivo; l’infermiere, professionista
capace di contestualizzare gli avvenimenti e le situazioni,
secondo una visione olistica ed empatica del cittadino e
della comunità di inserimento, informa e invita i medesimi
ad attuare, concretamente e con coscienza, i migliori
comportamenti a partire dalle scelte della vita quotidiana.
L’infermiere offre dunque , in sinergica collaborazione e/o
come anello di congiunzione fra le varie altre figure
coinvolte, un grande contributo come educatore e
formatore per la promozione di stili di vita basati su tre
criteri prioritari: equilibrio, sobrietà e semplicità.

Mariangela Musso
20. L’infermiere promuove stili di vita sani, la
diffusione del valore della cultura della salute e della
tutela ambientale, anche attraverso l’informazione e
l’educazione. A tal fine attiva e sostiene la rete di
rapporti tra servizi e operatori.

Oggi la persona che intraprende un percorso diagnostico-


terapeutico, quale ne sia l’ambito, non è più avvolta e
condizionata dall’antico e fino a ieri molto radicato,
paternalismo medico.
La persona, finalmente, diviene (o deve essere posta in
condizioni di divenire) partecipe diretto e con autonomia
decisionale, nell’itinere che direttamente lo riguarda ed ha
la certezza del diritto di chiedere ed ottenere adeguate e
dettagliate risposte ai propri bisogni assistenziali.
L’infermiere, grazie allo specifico impegno valoriale e
formativo, si accosta alla persona, anzitutto in ascolto e poi
costantemente nella logica di un reale accompagnamento
eticamente responsabile dell’assistenza e questo ancora di
più in caso di disabilità, fragilità e svantaggio fisico,
psichico e sociale della persona stessa. L’infermiere
diviene così figura garante verso la persona e la sua
famiglia, tutelandone i diritti e la dignità, sostenendolo e
non sostituendosi ad esso nel percorso di conoscenza,
riflessione e decisione in totale autonomia.

Mariangela Musso
21. L’infermiere, rispettando le indicazioni
espresse dall’assistito, ne favorisce i rapporti con
la comunità e le persone per lui significative,
coinvolgendole nel piano di assistenza. Tiene
conto della dimensione interculturale e dei bisogni
assistenziali ad essa correlati.

Si evidenziano 3 concetti fondamentali:


-principio di autonomia: rispettando le indicazioni
dell’assistito
-caregiver: favorendo i rapporti e coinvolgendo le persone a
lui più care anche nel piano d’assistenza
-dimensione interculturale e bisogni ad essa correlati
Il primo contatto della persona immigrata con una struttura
sanitaria, molto spesso è l’infermiere, che si trova di fronte
una persona destabilizzata e vulnerabile in quanto
sradicata dalla propria comunità e che prova paura nel
vedere compromesso il proprio stato di salute, inteso anche
come rapporto sociale.
Per favorire una conoscenza delle culture e comprendere i
bisogni ad esse correlati è utile il supporto del mediatore
culturale.

Giusi Macchia – Marisa Quirico


22. L’infermiere conosce il progetto diagnostico-
terapeutico per le influenze che questo ha sul
percorso assistenziale e sulla relazione con
l’assistito.

L’articolo sottolinea l’importanza della relazione che


si instaura con la persona assistita.
L’infermiere, ponendo attenzione alla comunicazione
verbale e non verbale, ai messaggi, alle informazioni
provenienti dall’assistito, impara a conoscere le
influenze che il piano terapeutico produce su quella
persona.
La sensibilità e la consapevolezza sono gli strumenti
che permettono di accompagnare ed aiutare
l’individuo ad affrontare al meglio tutto il percorso
terapeutico.

Giusi Macchia – Marisa Quirico


23. L’infermiere riconosce il valore dell’informazione
integrata multi professionale e si adopera affinché
l’assistito disponga di tutte le informazioni necessarie
ai suoi bisogni di vita.

Il fine della richiesta del consenso informato è quello di


promuovere l’autonomia dell’individuo nell’ambito delle
decisioni sulla sua salute. E’doveroso evidenziare che
ottenere il consenso ad interventi terapeutici, non consiste
in una pura e semplice sottoscrizione di un foglio di carta.
Consenso deve significare partecipazione,
consapevolezza, libertà di scelta e di decisione della
persona. La validità del consenso è connessa ad una
preventiva e completa informazione. Il consenso informato
non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico,
deve esser inteso come un momento di quella alleanza
terapeutica fondamentale per affrontare in modo corretto la
malattia.
Per poter esprimere o negare il proprio consenso l’utente
deve essere opportunamente informato sulla questione in
oggetto. La persona deve dimostrare di aver ben capito il
motivo, gli effetti e le possibili alternative degli interventi a
cui sta per sottoporsi

Paola Franco
24. L’infermiere aiuta e sostiene l’assistito nelle
scelte, fornendo informazioni di natura assistenziale
in relazione ai progetti diagnostico terapeutici e
adeguando la comunicazione alla sua capacità di
comprendere.

Le informazioni possono essere recepite in modo diverso a


seconda dell’età del soggetto, delle condizioni psico-fisiche,
sociali e culturali. Un consenso senza un’adeguata
informazione viene sentito come un consenso strappato,
spersonalizzato, senza basi di autenticità. Capita spesso di
imbattersi in un paziente che semplicemente chiede: “se
fossi suo parente cosa mi consiglierebbe?”. Ci sono
persone che non sanno valutare criticamente le
informazioni ed esigono quasi consigli garantiti più
dall’affettività che dalla ragione. Per aiutare veramente il
paziente nelle scelte sono necessarie formazione del
personale, linee guida comuni, modulistica adeguata,
attività informative per la popolazione.

Paola Franco
25.. L’infermiere rispetta la consapevole ed
esplicita volontà dell’assistito di non essere
informato sul suo stato di salute, purchè la
mancata informazione non sia di pericolo
per sé o per altri

Da questo articolo si evince il principio di


autonomia che viene affermato e sancisce il
rispetto della libertà dell’individuo e delle
decisioni del paziente.
L’infermiera orienta la sua assistenza al bene
dell’assistito, bene che è espressamente
correlato all’autonomia dall’utente anche
quando la mancata informazione non sia di
pericolo per sé o per gli altri.

Liliana Bussolino - Giusi Macchia


26. L’infermiere assicura e tutela la riservatezza nel
trattamento dei dati relativi all’assistito. Nella raccolta,
nella gestione e nel passaggio di dati, si limita a ciò che è
attinente all’assistenza.
Per commentare questo articolo del codice proponiamo un
caso: “ Il sig. Francesco, 82 anni, è stato ricoverato nel
reparto di medicina per cancro al polmone con MTS
cerebrali. A casa vive solo e non ha parenti che si occupino di
lui. Al momento dell’accettazione in reparto il sig. Francesco
è lucido e orientato. Ad una settimana dal ricovero le
condizioni del paziente si aggravano. Nell’arco di pochi giorni
perde conoscenza e dipende dal personale per tutte le attività
assistenziali. Un pomeriggio Marina, l’infermiera di turno,
viene a sapere dal collega Daniele che il sig. Francesco,
prima del ricovero in reparto, era agli arresti domiciliari a casa
sua per reati di pedofilia. Marina ha una reazione di disgusto
e indignazione, (pensa ai suoi bambini di 5 e 7 anni) e
dichiara apertamente che lei si rifiuta di prestare assistenza a
quell’uomo; chiede al collega di provvedere lui ai bisogni del
paziente. Daniele pensa che avrebbe dovuto restare zitto
perché il sig. Francesco gliene aveva parlato in un momento
di sconforto una notte in cui era stato male e lui era di turno”.
Il caso presentato è indicativo di quanto un atto di leggerezza
e superficialità possa creare talvolta situazioni critiche nella
quotidianità, quando i dati riferiti non siano strettamente legati
all’aspetto assistenziale. La trasmissione dei dati costituisce
un aspetto critico del nostro operare.

Liliana Bussolino - Giusi Macchia


27. L’infermiere garantisce la continuità
assistenziale anche contribuendo alla
realizzazione di una rete di rapporti
interprofessionali e di una efficace gestione degli
strumenti informativi.

Con l’aumento dei costi del S.S.N., l’ospedale è sempre


di più il luogo di cura per patologie acute e le degenze
sono sempre più brevi, quindi, alla dimissione, il paziente
necessita ancora di assistenza, sostegno e riferimenti
territoriali per i suoi bisogni (“servizio a rete” P.S.N.
98/2000).
L’infermiere deve quindi trasmettere le informazioni
pertinenti del caso ai colleghi ed altri operatori in una
integrazione professionale con al centro l’assistito, senza
dimenticare di coinvolgere i caregivers.
Le informazioni, precise, accurate e complete, potrebbero
essere trasmesse con una documentazione
infermieristica, e per garantire un continuo scambio di
informazioni tra professionisti dei servizi territoriali ed
ospedale e viceversa, sarebbe auspicabile l’attivazione di
una casella di posta elettronica dell’unità operativa,
reperibile su documento integrato di dimissione, per
creare una rete di comunicazione ed interazione tra i vari
professionisti che hanno in carico il paziente, per una
continuità e personalizzazione dell’assistenza.

M.A. Pinna
28. L’infermiere rispetta il segreto professionale
non solo per obbligo giuridico, ma per intima
convinzione e come espressione concreta del
rapporto di fiducia con l’assistito.

Il segreto professionale è un aspetto di deontologia per


eccellenza.
L’art 28 è una sorta di ponte che collega il codice
deontologico attuale con quelli precedenti: il testo è
infatti pressoché identico al codice del 1999 (comma
4.8) ed a quello del 1977 (art. 3).
L’articolo ha forma sintetica e lapidaria: il segreto
professionale viene rispettato non solo perché
regolamentato da leggi dello Stato, quanto piuttosto
perché rispecchia un intimo convincimento etico,
espressione della cultura professionale e risposta
concreta alla fiducia che la persona assistita ripone
nell’infermiere.

Stefania Calcari
29. L’infermiere concorre a promuovere le migliori
condizioni di sicurezza dell’assistito e dei famigliari
e lo sviluppo della cultura dell’imparare dall’errore.
Partecipa alle iniziative per la gestione del rischio
clinico.

Questo articolo del codice deontologico orienta il


comportamento dei professionisti e dell'agire
professionale affrontando l’argomento della
sicurezza. Nel precedente codice veniva richiesto
all’infermiere di declinare la responsabilità quando
riteneva di non poter agire con sicurezza. Il nuovo
codice promuove la gestione del rischio clinico e
diffonde la cultura della sicurezza basata sul principio
“imparare dall’errore”, rafforzando i meccanismi di
tutela del cittadino e partecipando alla formazione sul
tema. Concludo con una frase di K.Popper:
“… la differenza tra l’ameba e Einstein è che sebbene
ambedue usino il metodo del tentativo e
dell’eliminazione dell’errore, all’ameba dispiace
sbagliare mentre Einstein ne è stuzzicato: egli cerca
consciamente i suoi errori nella speranza di imparare
dalla loro scoperta ed eliminazione.”

Valeria Moro
30. L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla
contenzione sia evento straordinario, sostenuto da
prescrizione medica o da documentate valutazioni
assistenziali.
Questo articolo, nella sua chiara formulazione, rappresenta la
sintesi delle moderne modalità organizzative dell’attività
infermieristica.
Vedere inserito un articolo sulla contenzione apre l’orizzonte
ad una riflessione circa l’esistenza di un problema concreto
con cui l’infermiere continua a scontrarsi nella prassi
quotidiana, essendo pur vero che la modalità di contenzione,
a tutt’oggi sia prevalentemente farmacologica, anche se
doverosamente contestualizzata.
L’importanza del principio di straordinarietà della contenzione
fisica, risiede soprattutto nel suo valore programmatico: infatti
pone le basi per consolidare il modello assistenziale che
pone al centro la persona e la sua dignità, anche per
ridisegnare e ridiscutere protocolli operativi per un uso
effettivamente residuale ed appropriato della contenzione.
A tale processo saranno chiamati a partecipare tutti i soggetti
coinvolti nell’attività sanitaria, quindi non solo il personale
medico ed infermieristico, ma anche gli organi direttivi che
dovranno contribuire a “pensare” una diversa organizzazione
dell’assistenza che si svincoli da pratiche consolidate e
sfugga dalla logica di un servizio che, anche alla luce
dell’attuale situazione economica, deve privilegiare il
contenimento dei costi rispetto ai criteri di qualità ed
attenzione alla persona

Manuela Menegaldo
31. L'infermiere si adopera affinché sia presa
in considerazione l'opinione del minore
rispetto alle scelte assistenziali, diagnostico-
terapeutiche e sperimentali, tenuto conto
dell'età e del suo grado di maturità.

L’articolo esprime l’importanza di considerare la persona di


minore età come soggetto titolare di bisogni, aspettative e
diritti, nel rispetto del suo grado di evoluzione. L’attenzione
dell’infermiere verso il bambino o adolescente deve
consentire la massima espressione di pensiero critico e di
volitività che se elevati, lo assimilano all’adulto con la
possibilità di far prevalere la sua volontà rispetto a quella
dei genitori. Secondo la carta del diritti del bambino in
ospedale, Il minore ha diritto ad essere coinvolto nel
processo di espressione di volontà rispetto alle pratiche
sanitarie che lo riguardano. Un assenso/dissenso
progressivamente consapevole in rapporto alla
maturazione del minore, va sempre promosso e ricercato
anche e soprattutto attraverso le relazioni familiari. Tenuto
conto che il bambino non ha tutti gli strumenti per utilizzare
appieno un’informazione adeguata ad esprimere una scelta
circa decisioni legate alla malattia, va tuttavia considerato
che il silenzio aumenta le paure. E’ fondamentale
instaurare con il bambino e la sua famiglia una relazione
improntata sul rispetto e sulla collaborazione, ricercando lo
spazio per l’ascolto, i tempi, le modalità e gli strumenti
comunicativi più idonei, primo fra tutti un linguaggio quanto
più vicino a quello del bambino ricorrendo anche al gioco,
alle narrazioni, ai disegni, alle immagini.

Patrizia Bergese Bogliolo


32. L’infermiere si impegna a promuovere la tutela
degli assistiti che si trovano in condizioni che ne
limitano lo sviluppo o l’espressione, quando la
famiglia e il contesto non siano adeguati ai loro
bisogni.

Questo articolo richiama la responsabilità


dell’infermiere in senso generale, non solo di fronte
ad un bisogno di tipo sanitario: questa
responsabilità implica la tutela dell’assistito anche
per situazioni quali maltrattamenti o incuria che, se
non in senso fisico, sicuramente influiscono
negativamente sulla persona, a maggior ragione
quando si tratta di minore o di persona socialmente
debole, come l’anziano o, spesso in alcuni contesti
sociali, le donne.

Marisa Perotti
33. L’infermiere che rilevi maltrattamenti o privazioni
a carico dell’assistito mette in opera tutti i mezzi per
proteggerlo, segnalando le circostanze, ove
necessario, all’autorità competente.

L’Infermiere nell’esercizio della sua attivita’professionale,


come Incaricato di Pubblico Servizio, ha l’obbligo nei casi
ove sussista l’ipotesi di un reato di maltrattamento e/o
menomazione a carico di una persona da lui assistita di
qualunque sesso, eta,’ condizione sociale essa sia, di
segnalarlo agli organi di legge, avvalendosi di strumenti
come la compilazione del Referto all’Autorita’ Giudiziaria.
(Vedi i continui episodi di cronaca:abusi sessuali, percosse,
etc. su fasce deboli della popolazione bambini, anziani,
donne).
La necessita’ di segnalare i maltrattamenti e/o gli abusi e’
tanto piu’ importante per quei colleghi che giornalmente
prestano la loro assistenza in ambio territoriale, emergenza
extraospedaliera, pronto soccorso, in quanto si trovano in
una posizione unica per raccogliere elementi di importanza
giudiziaria. E’ altresi’ importante attivare, in questi ambiti
d’intervento, quegli Enti preposti alla protezione della
persona interessata (es. Servizi Sociali). Ricordando che la
“mission” principale dell’Infermiere e’ il “prendersi cura”
della persona, in una logica olistica, cioe’ considerando
l’essere umano, il suo contesto sociale ed ambientale
soprattutto quando l’assistito vive momenti difficili e percio’
ancora piu’ bisognoso di aiuto e sostegno.

Franca Baldi
34. L’infermiere si attiva per prevenire e
contrastare il dolore e alleviare la sofferenza.
Si adopera affinché l’assistito riceva tutti i
trattamenti necessari.

Fa parte dei diritti della persona assistita


ricevere un trattamento che preveda
prevenzione e sedazione del dolore.
Il dolore rappresenta un evento complesso
e globale che va affrontato con strategie
adeguate: interventi tecnici, procedura
antalgiche e/o terapie alternative.
Oggi è aumentato l’impegno dell’infermiere
a prevenire ed alleviare i sintomi del dolore
richiamando l’attenzione nell’ambito del
gruppo multi professionale.

Giuseppina Bosso
35. L’infermiere presta assistenza qualunque sia la
condizione clinica e fino al termine della vita
dell’assistito, riconoscendo l’importanza della palli
azione e del conforto ambientale, fisico, psicologico,
relazionale, spirituale.

Uno dei fondamentali compiti etici degli infermieri è cercare


di alleviare il dolore della persona quando la guarigione non
è più un obiettivo raggiungibile e sembra di non poter fare
ormai più nulla.
Alleviare i sintomi, confortare la persona nel senso più
ampio del termine, cercare per quanto è possibile di ridurre
tutti quei fattori che incidono negativamente sulla qualità di
vita della persona a noi affidata: nel nostro sistema
ospedalocentrico spesso i pazienti sono costretti a
spostamenti dolorosi e faticosi, che implicano un grosso
dispendio delle poche forze che rimangono loro, per avere
accesso a terapie, quali quella trasfusionale, domiciliabili
con difficoltà.
In SALUTE, enciclopedia medica volume 13 (Tumore -
Prevenzione e cura) la definizione di “palliazione”è:
intervento destinato ad alleviare i sintomi di una malattia
senza agire sulla causa e quindi senza portare a
guarigione...lo scopo principale delle cure palliative è quello
di migliorare anzitutto la qualità di vita piuttosto che la
sopravvivenza, assicurando ai pazienti e alle loro famiglie
un’assistenza continua e globale

Marisa Perotti
36. L’infermiere tutela la volontà dell’assistito di
porre dei limiti agli interventi che non siano
proporzionali alla sua condizione clinica e
coerenti con la concezione da lui espressa
sulla qualità della vita.

L’espressione della volontà del paziente è il


momento centrale del rapporto infermiere/
persona, che induce a trovare un punto di
equilibrio tra i valori dell’infermiere e le richieste
dell’assistito. Si ribadiscono gli obiettivi
fondamentali dell’essere infermiere, che pone al
centro la persona, con maggiore
consapevolezza della propria autonomia
professionale.
La tutela dell’assistito si manifesta nel prendersi
cura, nell’accettarlo come protagonista unico in
ogni fase della sua vita.

Wilma Gentile
37. L’infermiere, quando l’assistito non è in grado di
manifestare la propria volontà, tiene conto di quanto
da lui chiaramente espresso in precedenza e
documentato.

In questo articolo si fa riferimento al Testamento Biologico,


definito anche Living Will (volontà espresse in vita),
“Biocard” o “carta di autodeterminazione” (dicitura
utilizzata dalla Consulta di Bioetica): documenti che
registrano le disposizioni dei pazienti circa le future
prestazioni e terapie mediche che non vorrebbero ricevere
in stato di incapacità a manifestare la propria volontà. In
Italia questa tematica è stata affrontata dal Comitato
Nazionale di Bioetica nel 2003, dando parere favorevole
all’introduzione del testamento biologico. L’Infermiere per la
peculiarità del suo essere più vicino all’assistito venendo a
conoscenza dell’esistenza di queste volontà documentate
deve rispettarle e farsi portavoce anche per chi ha “poca
voce”.Le disposizioni anticipate espresse devono avere
carattere pubblico, non devono contenere disposizioni
aventi finalità eutanasiche e il Comitato Nazionale
sottolinea che le volontà dell’utente non devono imporre al
medico e all’infermiere di andare contro la loro scienza e
coscienza. Così formulato il documento vuole
salvaguardare l’autonomia del paziente e le responsabilità
del personale sanitario.

Liliana Bussolino
38. L’infermiere non attua e non partecipa a
interventi finalizzati a provocare la morte,
anche se la richiesta proviene dall’assistito.

In quest’articolo si fa riferimento alle “direttive


anticipate” (testamento biologico), e in qualche modo
anche alla “clausola di coscienza”, sottolineando il
“principio di beneficenza” (il dovere degli operatori sanitari
di promuovere il bene assicurando le cure e l’assistenza
necessaria per la vita della persona).
Apre nuovi scenari in merito all’espressione, da parte del
singolo professionista delle proprie scelte morali, dei propri
valori personali nonché della condivisione dei valori
professionali.
Di conseguenza è importante per l’infermiere acquisire e
sviluppare competenze in merito alla capacità di fare
riferimento ad un modello di processo decisionale etico per
poter affrontare quotidianamente le situazioni assistenziali
che si propongono.
Ma essendo le norme deontologiche anche vincolanti,
l’infermiere non può partecipare ad interventi finalizzati a
provocare la morte, anche se la richiesta proviene
dall’assistito.

Giusi Macchia
39. L’infermiere sostiene i familiari e le persone di
riferimento dell’assistito, in particolare nella
evoluzione terminale della malattia e nel momento
della perdita e della elaborazione del lutto.

Questo articolo pone in evidenza la vastità del


campo operativo infermieristico, che è non solo
“assistenza” e non solo verso “un paziente”, ma si
allarga alla famiglia e alle persone di riferimento,
del singolo paziente, per sostenerle nel difficile
periodo dell’evoluzione terminale della malattia, e
nel momento della perdita della persona cara.
L’infermiere si avvale della sua preparazione per
accogliere emozioni, ammortizzare reazioni e
aiutare a comprendere o almeno ad accettare la
perdita di una persona cara; un compito non facile,
è un lungo percorso che si realizza con l’ascolto e
la disponibilità, che attraverso la credibilità e la
fiducia, porta poi all’accettazione della morte.

Giusi Macchia
40. L’infermiere favorisce l’informazione e
l’educazione sulla donazione di sangue, tessuti
ed organi quale atto di solidarietà e sostiene le
persone coinvolte nel donare e nel ricevere.

L’art. 40 affronta l’argomento delicatissimo della


donazione.
Per quanto riguarda la donazione di sangue, anche se
un po’ a macchia di leopardo sul territorio nazionale, in
seguito alle campagne d’informazione si è avuta una
buona risposta alla carenza di emocomponenti, con
una buona fidelizzazione dei donatori, che nella nostra
provincia vanta un primato; diversa è invece la visione
relativa alla donazione di organi.
E’ fondamentale che tutte le figure professionali
agiscano per una corretta informazione scientifica ed
educazione delle persone con cui entrano in contatto,
in modo da limitare la disinformazione che impedisce
spesso una scelta serena e consapevole, non solo per
la persona che decide in vita di donare, ma anche e
soprattutto per i familiari nel momento doloroso del
lutto.

Marisa Perotti
41. L'infermiere collabora con i colleghi e gli altri
operatori di cui riconosce e valorizza lo specifico
apporto all'interno dell'équipe.

Questo articolo sottolinea l’importante contributo


dell’infermiere rispetto all’efficace azione del
team assistenziale ed in particolare richiama
l’importanza della valorizzazione del ruolo
dell’OSS. L’infermiere di oggi che si sa
confrontare con l’organizzazione in cui opera,
deve essere in grado di superare il modello per
compiti a favore di un’organizzazione per
processi che in particolare per quanto attiene
l’assistenza e con il coinvolgimento sinergico di
altri operatori, sia in grado di elevare lo standard
di risposta alla persona assistita.

Patrizia Bergese Bogliolo


42.L’infermiere tutela la dignità propria e
dei colleghi, attraverso comportamenti
ispirati al rispetto e alla solidarietà.

l’infermiere nel suo agire è modello di


comportamenti rispettosi e che tendono alla
solidarietà verso la persona assistita.
La specificità dell’infermiere si delinea
nell’assistenza , nell’organizzazione, nei processi di
formazione dei futuri professionisti e anche nelle
scelte politiche inerenti alla “salute” della collettività
nazionale. In una società orientata sempre di più
all’immagine, l’infermiere deve tendere a difendere
e diffondere il fondamentale ruolo del professionista
responsabile dell’assistenza. È anche dall’esempio
che emerge l’agire proprio dell’infermiere, un
esempio ispirato dai valori etici.

Wilma Gentile
43. L’infermiere segnala al proprio
Collegio professionale ogni abuso o
comportamento dei colleghi contrario alla
deontologia.

Nell’espressione del suo agire in


integrazione con altri professionisti della
salute e qualora ravvisi situazioni o
interventi che non rispettano i valori etici
della persona assistita l’infermiere ha
l’obbligo morale di richiamare il collega/
equipe. La non segnalazione comporta
l’instaurarsi di un rapporto di connivenza
reale, anche se non esplicitato. riteniamo
essere un comportamento da promuovere
quello della segnalazione.

Franca Baldi
44. L'infermiere tutela il decoro personale ed il
proprio nome. Salvaguarda il prestigio della
professione ed esercita con onestà l’attività
professionale.

Questo articolo sottolinea la stretta connessione tra il


corretto esercizio della professione infermieristica e la
rilevanza sociale che all’intera categoria viene
riconosciuta: infatti, nell’adempimento del proprio
lavoro, l’infermiere non rappresentata solo se stesso,
ma il suo comportamento viene ad essere esemplare
del modo di agire e di presentarsi di un’intera
categoria. Ecco, quindi, che ogni sua azione deve
essere improntata al rigoroso rispetto delle norme
deontologiche della professione e di quell’insieme di
regole non scritte di “opportunità e buon senso” che
contribuiscono a mantenerne un profilo di elevata
competenza e di riconosciuta onestà e dignità.

Manuela Menegaldo
45. L’infermiere agisce con
lealtà nei confronti dei colleghi e
degli altri operatori.

Se per lealtà si può intendere il grado di


coerenza tra un comportamento agito nella
pratica e gli ideali di riferimento, è chiaro
comparare il messaggio di questo articolo a
quanto espresso dall’articolo 44. La coerenza,
trasparenza ed aderenza ai principi della
professione devono guidare la relazione
all’interno della “famiglia” professionale ed
interprofessionale .

Patrizia Bergese Bogliolo


46. L’infermiere si ispira a trasparenza e
veridicità nei messaggi pubblicitari e nella
divulgazione delle informazioni, nel
rispetto delle indicazioni fornite dal proprio
organismo di rappresentanza
professionale.

La pubblicità dell’informazione in materia sanitaria


non può prescindere, nelle forme e nei contenuti, da
principi di correttezza informativa, responsabilità e
decoro professionale.
L’informazione, con qualsiasi mezzo diffusa, non sia
arbitraria e discrezionale, ma obiettiva, veritiera,
corredata da dati oggettivi e controllabili.
L’Organismo di rappresentanza professionale deve
vigilare sul rispetto delle regole di correttezza
professionale, affinché la pubblicità avvenga
secondo criteri di trasparenza e veridicità e di non
equivocità, a tutela e nell’interesse dell’utenza.

Stefania Calcari
47. L’infermiere, ai diversi livelli di responsabilità,
contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo
del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto
dei diritti degli assistiti, l’utilizzo equo ed
appropriato delle risorse e la valorizzazione del
ruolo professionale.

L’uso delle risorse è regolamentato da disposizioni in


materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle
amministrazioni pubbliche. La norma giuridica tuttavia,
non può pretendere di regolamentare l’universalità dei
comportamenti umani soprattutto in campi
particolarmente delicati come quello dell’assistenza
infermieristica. Fondamentale è l’integrazione con le
norme deontologiche nel rispetto dei confini di
competenza delle altre professioni.
E’ deontologicamente corretto discutere e “testare” ogni
scelta organizzativa con il personale direttamente
interessato a quella tipologia di attività al fine di ottenere
una corretta valorizzazione professionale nel sostegno
della motivazione.

Valeria Moro
48. l’infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, di fronte
a carenze o disservizi provvede a darne comunicazione
ai responsabili professionali della struttura in cui opera o
a cui afferisce il proprio assistito.
49. L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti,
compensa le carenze e i disservizi che possono
eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera.
rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni,
quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi
sistematicamente il suo mandato professionale.

Negli articoli 48/49 vengono richiamati i concetti di


responsabilità del singolo professionista, responsabilità
della struttura e responsabilità dell’organizzazione delle
attività sanitarie.
Considerando che esiste una soglia minima di buona
organizzazione sotto la quale si incorre in malpractice, il
Codice Deontologico invita il professionista Infermiere a
documentare importanti carenze/disservizi al fine di
ricercarne le responsabilità, rispondere all’inefficienza
organizzativa con interventi efficaci temporanei atti a
ristabilire l’equilibrio, a ricercare, attraverso percorsi
diagnostici/terapeutici, audit clinici ed organizzativi,le
condizioni idonee a garantire la tutela della salute.

Giusi Bosso
50. L'infermiere, a tutela della salute della
persona, segnala al proprio Collegio professionale
le situazioni che possono configurare l’esercizio
abusivo della professione infermieristica.

L’esercizio abusivo di professione è un reato previsto


dall’articolo 348 del Codice Penale, il quale specifica:
“chiunque abusivamente esercita una professione, per la
quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello
Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la
multa da £ 200000 a un milione”.
Le condizioni per l’esercizio legale della professione
infermieristica sono:
-il possesso del titolo richiesto (laurea infermieristica);
-l’iscrizione al Collegio IPASVI;
-l’osservanza dei criteri guida dell’esercizio professionale
dati dal contenuto del Profilo professionale, dalla
formazione di base e post-base, dal Codice Deontologico e
del limite dell’atto medico.
Le situazioni che possono essere configurate nell’esercizio
abusivo della professione infermieristica devono essere
segnalate al Collegio professionale per tutelare la salute,
l’incolumità e l’interesse della persona assistita.

Stefania Calcari
51. L'infermiere segnala al proprio Collegio
professionale le situazioni in cui sussistono
circostanze o persistono condizioni che limitano
la qualità delle cure e dell’assistenza o il decoro
dell'esercizio professionale.

L’infermiere è responsabile nei confronti della


persona assistita, questa responsabilità non deve
venire meno di fronte a carenze che possano
compromettere il livello qualitativo dell’assistenza.
Mantenere il silenzio in queste situazioni significa
venire meno alla tutela degli interessi dei pazienti e
compromettere il decoro dell’esercizio della
professione.

Stefania Calcari

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