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CRISTOLOGIA SISTEMATICA
La teologia dei Padri fino al 250 circa

1. Due tipi di cristologia

Il Cristo dei vangeli e quello dei concilii sono entrambi consegna-


ti dalla Chiesa.
Due sono originariamente gli schemi a cui i padri si rideriscono
per spiegare il mistero di Cristo: lo schema discendente del Verbo di Dio
che si fa uomo (Verbum caro) e lo schema ascendente dell’uomo Gesù di Na-
zareth che viene risuscitato da Dio e innalzato con lui nella gloria (ho-
mo-deus).
Il nostro testo (Mysterium salutis) preferisce chiamare il primo
schema cristologia della preesistenza e il secondo cristologia dell’ ele-
vazione.
Nel primo schema Gesù è un essere divino che si fa uomo, vive come
un uomo, muore come un uomo e, mediante la resurrezione, ritorna al Pa-
dre. Nonostante questa cristologia della preesistenza abbia finito per
prevalere, non dobbiamo dimenticare che un tempo la Chiesa ha annunciato
il messaggio di Gesù Cristo anche senza questa concezione.
Dagli Atti degli Apostoli e da altri testi del NT promana l’altra
comprensione di Gesù secondo l’annuncio che abbiamo indicato come cristo-
logia dell’elevazione: egli è l’uomo che è vissuto ed è morto come il
profeta e come l’ubbidiente Servo di Dio, e che mediante la resurrezione
dalla morte è stato nominato Signore.
Nel NT coesistono entrambi gli schemi. Ciò è possibile grazie alla
concezione semitica dell’unione tra azione e parola di Dio: l’azione sal-
vifica di Dio in Gesù di Nazareth è efficace per l’uomo in quanto egli è
la stessa Parola di Dio che, dopo aver agito nella storia e nei profeti,
ora si è fatta carne. Ma quanto più profondamente il cristianesimo pene-
trò nel mondo ellenistico, tanto più questa unione di evento e paro-
la/Parola costituì un problema. L’intellettualismo greco separava infatti
fra loro pensiero, parola e azione.

2. Le testimonianze più antiche

Tra i gruppi giudeo-cristiani vi sono gli ebioniti, che Giustino


tollera in comunione con la chiesa per un certo tempo (purché non co-
stringano gli altri a seguire le leggi giudaiche), mentre Ireneo li con-
sidera eretici. Dice Giustino che “essi confessano sì che Gesù è il Cri-
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sto, ma lo predicano come uomo che deriva dagli uomini”. Testimonia Ire-
neo che per loro Gesù è il figlio di Giuseppe e di Maria, un uomo comune
ma straordinariamente santo; nel suo battesimo è disceso su di lui un es-
sere divino, il Cristo (o anche un angelo chiamato Cristo, la Sophia
dell’AT, lo Spirito Santo) e che Dio decide di adottare.
I tratti di questa produzione giudeo-cristiana (Kerigmata Petrou,
Anabathmoi Iakobou, Pastore di Erma) non influenzata né da Paolo, né da
Giovanni e soppiantata verso il 200 dalle prime sintesi cattoliche: a)
manca il termine logos e ricorre invece Spirito Santo (quest’ultimo con i
tratti della sapienza veterotestamentaria); b) l’uomo Gesù viene collega-
to con questo Spirito preesistente sia con l’ausilio dell’adozione e
dell’inabitazione, sia mediante identificazione. I due schemi cristologi-
ci qui ancora coesistono: l’uomo Gesù (che è il Servo di JHWH) si identi-
fica con lo Spirito preesistente.

3. Ignazio

Caratteristica di Ignazio è l’arditezza con la quale egli attribui-


sce a Dio la realtà umana che è in Gesù, fino a parlare del sangue e del-
la passione di Dio. Oltre all’umanizzazione di Dio egli afferma esplici-
tamente la divinizzazione di Gesù “nostro Dio”, Dio che è “apparso umana-
mente”, nato e non nato, nato tanto da Maria quanto da Dio. Il Gesù di
Ignazio è veramente uomo e più che uomo: Dio, Figlio e Parola di Dio.
L’accentuazione della realtà storica della vita terrena di Gesù con
la sua portata salvifica lo porta a scontrarsi con il docetismo: se que-
ste vicende di nostro Signore furono un fatto solo apparente, allora
anch’io sono vincolato al Signore solo apparentemente.
Gesù è l’autorivelazione di Dio, cioè la sua Parola che proprio
nella vita umana opera la salvezza. Dio rivela se stesso facendo nascere
un uomo che gli ubbidisce fin nella morte e che dunque diventa attraverso
morte e resurrezione la via per la nuova vita. Gesù è il compimento
dell’azione svolta da Dio per il popolo antico.

4.Giustino

Con Giustino l’accento si sposta dal Signore che proclama il Vange-


lo al Figlio di Dio preesistente, “secondo Dio”, sapienza, “logos del
quale partecipa l’intero genere umano”. L’incarnazione e le realtà della
vita terrena di Gesù quasi non giocano un ruolo decisivo. Qui è dimenti-
cato che precisamente questi eventi sono la potente parola salvifica di
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Dio. Egli parla sì dell’importanza salvifica della passione, ma in nessu-


na parte stabilisce un nesso esplicito tra questo potere salvifico e la
dignità divina della Parola.

5. Ireneo

In Ireneo la visione di Ignazio circa la vita terrena di Gesù come


compimento dell’azione svolta da Dio per il popolo antico si unisce alla
convinzione che Giustino ha della presenza definitiva della parola crea-
trice.
Ireneo è l’uomo dell’unità: unità della creazione e della salvezza
divina, unità di anima e corpo, unione dell’uomo con Dio nell’unico Gesù
Cristo. Il nucleo del pensiero di Ireneo consiste nell’asserzione che la
Parola creatrice e un uomo di carne, sangue e anima sono realmente un
soggetto unico. Altri temi importanti sono la recapitulatio e lo scambio.
La gloria di Dio è l’uomo vivo, che Dio ha creato per amore con le
sue mani (cioè mediante il Figlio e lo Spirito) “affinché avesse qualcuno
cui poter concedere i suoi benefici”, cioè per amore. L’eterno Figlio di
Dio “è diventato carne e sangue secondo la creazione originaria per sal-
vare alla fine in se stesso ciò che all’inizio era perito in Adamo”. Però
egli nacque da una vergine per indicare che questa salvezza è avvenuta
per opera di Dio e non per iniziativa umana. “Questo Figlio dell’uomo è
il Cristo, il Figlio di Dio” l’unico e identico (contro gli gnostici e
Marcione che separavano Gesù dal Cristo).
La croce non è un sacrificio espiatorio ma la via dell’obbedienza
percorsa dal nuovo Adamo per restaurare la natura umana corrotta dalla
disubbidienza del primo Adamo, ricostituendo in sé la creazione origina-
ria. La recapitulatio di Ireneo significa riportare sotto un unico capo,
riassumere in forma breve la storia della salvezza, e ricostituire la
creazione originaria. È un percorso a ritroso: come il vecchio Adamo era
passato dalla vita alla morte tramite la disubbedienza, il nuovo Adamo
doveva passare dalla morte alla vita tramite l’obbedienza. Ecco allora
che Ireneo può dire che “il Signore ha adempiuto la legge della morte per
diventare il primo nato dai morti”. Allo stesso modo, noi non dobbiamo
soltanto vedere e ascoltare il nostro Maestro, bensì dobbiamo anche se-
guire le sue azioni per partecipare al suo sapere vivificante circa il
Padre. Il vertice di questa obbedienza vivificante è stata la morte in
croce.
Altro tema importante è il tema dello scambio: “la Parola di Dio si
è fatta uomo e il Figlio di Dio si è fatto Figlio dell’uomo affinché
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l’uomo diventi Figlio di Dio accogliendo la Parola. Infatti, come avremmo


potuto noi partecipare all’eternità e all’immortalità se prima L’Eterno e
l’Immortale non fosse diventato ciò che noi siamo?”. Il Figlio non assume
soltanto una natura umana, ma anche un destino umano e una vita umana; e
l’uomo non viene divinizzato in modo generico, bensì è “reso figlio”. Il
figlio obbediente si fa uomo per rendere gli uomini figli obbedienti. E-
gli è dunque per noi la via: la nostra divinizzazione è un “seguire la
Parola” lungo tutta la via della vita fino alla morte. (Non un semplice
accogliere nel cuore gli insegnamenti del Maestro, ma praticarne i miste-
ri)

6. Clemente Alessandrino

Per Clemente il redentore è soprattutto il Maestro, e l’opera della


salvezza consiste principalmente in questo: che il logos divino si dà a
conoscere, che egli illumina gli uomini e li educa ad una vita nuova.
L’umanità di Cristo e l’incarnazione quasi si riduce ad una funzione pe-
dagocica. Perfino il cammino della passione è visto come “istruzione ce-
leste”: l’esistenza umana di Gesù diventa solo un mezzo dell’istruzione
divina. Anche l’idea dello scambio propria di Ireneo viene riletta in
questo senso: “la Parola divenne uomo affincé anche voi abbiate a impara-
re da un’uomo come l’uomo può diventare Dio”.

7. Origene

Gesù ha avuto un’anima umana? Sì. Il Figlio di Dio assunse un uomo


completo perché “non sarebbe stato redento l’intero uomo se egli non a-
vesse assunto l’intero uomo”.
L’anima di Gesù è l’immagine del Verbo/Logos, il quale è
l’espressione-immagine del Padre; l’anima degli uomini è immagine
dell’anima di Gesù, sulla quale è stata modellata (esemplata). Mentre
l’anima degli uomini si distacca dal proprio modello, l’anima di Gesù a-
derisce totalmente all’immagine eterna del Padre che si esprime nella Pa-
rola eterna. L’incarnazione dell’anima umana in un corpo di cui costitui-
sce la sostanza (anima forma corporis) è il grado di aderenza più basso
(a causa del peccato) con l’immagine eterna del Verbo increato dalla qua-
le dipende, mentre l’anima umana di Gesù quale Verbo incarnato ne costi-
tuisce l’aderenza perfetta, in quanto codesta incarnazione dell’anima è
stata occasionata dall’obbedienza al progetto redentivo di Dio del quale
è funzione. L’anima umana di Gesù fa dunque da mediatrice tra la Parola
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(il Verbo increato di cui è immagine) e la carne. Gesù, Verbo incarnato,


è la forma corporale del Verbo eterno. Ecco la via della salvezza per
noi: aderire a Gesù per aderire alla Parola e giungere infine alla visio-
ne del Padre. Un’adesione reale e non solo morale, che coinvolge tutta
l’esperienza umana nella libertà dell’anima di pensare e amare. Tuttavia
questa adesione volontaria alla Parola è qualcosa di diverso
dall’adesione alla persona del Verbo incarnato come culmine dell’azione
salvifica e redentrice di Dio nella storia. L’autorivelazione dinamica di
Dio nella storia diventa una statica impressione e restaurazione di
un’immagine.

8. Tertulliano

Contro il docetismo e il dualismo gnostico Tertulliano mette in


evidenza la genuinità della carne di Gesù e che l’unico e identico Gesù è
insieme un essere divino e umano, tanto da poter dire con la Scrittura
che “il Figlio di Dio è morto” e che Dio si è fatto uomo per poter mori-
re.
La copiosa riflessione di Tertulliano sulla verità
dell’incarnazione (per la quale ha saputo coniare espressioni e concetti
che saranno usati più tardi con vantaggio) non si accompagna però con una
corrispondente riflessione sulla portata salvifica di questa. Figliolanza
divina e nascita da Maria sono prova dell’umanità e della divinità di Ge-
sù, ma non hanno significato immediato per la nostra salvezza. Nella tra-
dizione più antica, dal momento che il Figlio-obbediente-nonché-Parola-
creatrice conduce la nostra stessa vita, questa si santifica diventando
via che riconduce l’uomo al Padre. Nell’idea dello scambio di Ireneo il
Figlio obbediente di Dio si fa uomo per aiutarci a condurre una vita da
figli obbedienti. In Tertulliano l’accento è diverso: il Figlio di Dio si
fa uomo non per permettere all’uomo di essere veramente e pienamente uomo
nella sua costitutiva essenza di figlio adottivo di Dio, bensì per inse-
gnargli la via verso la divinizzazione: “Dio visse umanamente affinché
l’uomo potesse imparare a vivere divinamente”. Sulla stessa linea anche
Ippolito (“Dio ti ha reso uomo; ma se tu inoltre vuoi diventare Dio, al-
lora sii obbediente al tuo creatore”) mentre Cipriano, allievo di Tertul-
liano, segue invece la tradizione (“Il Figlio di Dio si è fatto uomo per
renderci figli di Dio”).
Importante l’opera di Tertulliano per la teologia successiva.
Nell’unico Gesù Cristo egli distingue due “sostanze”, la divina che egli
chiama anche spirito, e la corporale. Sostanza è per lui materia costitu-
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tiva dell’origine. In Gesù noi vediamo un doppio modo di essere non me-
scolato ma legato in un’unica persona: Dio e uomo.
L’incarnazione non implica un mutamento in Dio perché “Dio si può
mutare in tutte le cose e rimanere nel contempo se stesso”, poiché Dio è
la perfetta affermazione di ogni essere e poiché per lui non c’è nulla
che gli sia opposto.

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