Il prologo contiene molti temi che poi sono sviluppati nel vangelo di
Giovanni. Probabilmente è stato scritto dalla comunità giovannea (Kysar). Nel
prologo il termine logos vuole riferirsi a due diversi concetti: 1. Quello delle
filosofie ellenistiche, in particolare dello stoicismo, come una ragione presente in
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R. KYSAR, Giovanni, Il Vangelo indomabile, p. 41.
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tutto il cosmo; 2. Nella concezione ebraica la Sapienza, che fu personificata e
identificata con la Parola di Dio. Nel cristianesimo il logos è identificato come tutto
questo ma è una persona. Cristo esiste fin dal principio, prima della creazione e
come logos è l’agente della creazione, la forza che struttura tutto fin dal principio.
Nella relazione tra Dio e il Logos esiste sia l’individualità che l’identificazione. È
come Dio, è Dio, ma è una realtà anche individuale. Questo Logos è l’espressività
di Dio, è Dio che si esprime, si manifesta all’uomo. Il prologo inoltre fa essere il
vangelo di Giovanni l’espressione più elaborata della teologia incarnazionalista dei
primi cristiani.
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Il Figlio dell’uomo ha un’origine divina, nella dimora celesta, è inviato da
Padre (la cristologia dell’inviato è molto presente nel quarto vangelo), sarà
innalzato che ha un doppio senso, l’atto della crocifissione e il senso dell’onorare
una persona. Il tema dell’innalzamento racchiude tutta la teologia giovannea: Gesù
si comporta come un sovrano che va verso la sua incoronazione, padrone della sua
vita, che non può essere umiliato. Il Figlio, inviato dal Padre, ha le stesse funzioni di
Dio ed esercita l’autorità del Padre. Il Figlio e il Padre sono uno e sono anche
individuali. Rispondere a Gesù vuol dire rispondere al Padre, se si rifiuta Gesù si
rifiuta Dio. Anche in questo caso la cristologia giovannea è un matrimonio
creativo tra due temi differenti, l’essere Figlio di Dio nell’ebraismo voleva dire
essere obbediente, nel mondo ellenistico voleva dire avere origina divina [p. 75].
Le espressioni simboliche del dualismo nel quarto vangelo si trovano già nel
prologo con la coppia luce/tenebra (Gv 1,5) e ce ne sono molte. Si analizzano questi
dualismi partendo dalla concezione giovannea di kosmos. Quando è utilizzato in
maniera negativa non si riferisce al mondo fisico ma rappresenta il regno
dell’incredulità, del rifiuto della verità rivelata da Cristo e della falsa pretesa che
l’esistenza umana possa essere indipendente da Dio. L’evangelista sembra accettare
un dualismo cosmico tra il mondo e il regno celeste (p. 99), al posto del dualismo
temporale che risulta assente nel IV vangelo. Da una parte il regno di chi sceglie di
comprendere l’esistenza come creature indipendenti da Dio (tenebre, menzogna,
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carne, morte, regno di Satana, basso), l’altro regno di chi sceglie di comprendere la
verità rivelata (luce, verità, spirito, vita e vita eterna, regno di Dio, alto): tutto il
male del mondo è radicato in una errata autocomprensione dell’uomo, esso si
sconfigge con la correzione della falsa comprensione umana. Il IV vangelo è poco
interessato all’immagine di una figura cosmica responsabile del male.
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visione dualistica si è generata dall’esclusione della comunità giovannea dalla
comunità ebraica: così si crea un “noi” e un “loro” soddisfacendo sia una necessità
teologica che una sociale. La teologia, infatti, non è solo un processo mentale ma è
radicata nella situazione sociale del teologo. (p. 118-121)
Capitolo 3 – Vedere è credere: la concezione giovannea della fede
Vedere, udire, e credere del quarto vangelo. Le parole greche nel IV vangelo
indicano sia una percezione sensibile che una percezione di fede. Udire anche può
essere esperienza sensoriale e evento da cui nasce la fede: i giudei non possono
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credere perché non ascoltano correttamente (Gv 8,43). La fede è radicata quindi
nell’esperienza sensoriale ma va anche al di là. Il vedere e ascoltare che produce
fede necessita di una volontà di discernere in modo più profondo la realtà. Questo
vedere oltre è un dono di Dio. C’è di fondo una visione sacramentale. Dio si deve
sperimentare mediante gli eventi sensoriali della vita (1,14). (p. 136-141)
C’è una tensione tra la dimensione presente e futura della salvezza. Ci sono
tre tipi di escatologia nel quarto vangelo: una escatologia futuristica che combacia
con le aspettative protocristiane, una escatologia attuale in quanto le attese dei
cristiani sono già presenti ora nel rapporto con Cristo, e una escatologia celeste per
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cui c’è una dimora in cui i cristiani saranno portati per il perfezionamento del loro
rapporto con Dio. In definitiva è presente una escatologia dialettica in cui è
presente sia una dimensione che guarda al futuro sia una dimensione di salvezza nel
presente. (p. 151-164)