Cristologia 2020-2021
Premesse
• L’esperienza drammatica del «secolo breve»
Il trauma dei conflitti mondiali e delle atrocità indicibili compiute dall’uomo nel ‘900, ha messo profondamente
in discussione l’idea stessa di Dio imperante nella teologia (quale Dio dopo Auschwitz?)
La fede, nella Bibbia, dice la giusta disposizione dell’uomo di fronte a Dio. Nell’uomo Gesù non solo questi
atteggiamenti non possono mancare, ma si troveranno in forma archetipa
La reticenza a usare lo stesso termine, fede, per Gesù e per noi, nasce dal rischio di non sottolineare la
singolarità di Gesù
La fede di Gesù («colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» Eb 12,2) è il suo rapporto di apertura
totale e singolare con il Padre: è in questo spazio che si apre, per noi, la possibilità di credere, lasciandoci
incorporare nel Figlio, partecipando, per grazia, al suo rapporto filiale con il Padre
Una questione ri-aperta
• La divino-umanità di Gesù
Il tema della fede di Gesù chiede di ripensare al modo in cui divinità e umanità si incontrano in Lui. In Gesù tutto
è divino-umano. La relazione che lo unisce eternamente al Padre, con l’incarnazione è vissuta dal Figlio in modo
autenticamente umano, e quindi fondando e rendendo possibile quel rapporto con Dio che la Bibbia ha sempre
chiamato fede
il divino, l’altro da noi e dal mondo, entra in Il logos, il cammino della ragione filosofica, è
una relazione personale e singolare, nel suo intrecciato alla densità del mito, e si
darsi storico - anzi, nel suo fare storia -, con le comprende come una ricerca razionale e
creature umane. La fede è un affidarsi rigorosa del senso ultimo della realtà; ricerca
fondato a Colui che, nella storia, si è rivelato che, per onorare se stessa, deve sempre
un Dio affidabile rimanere aperta al darsi della verità
SULLA FEDE «DI» E «IN» GESÙ
La difficoltà, quasi congenita da parte di una certa inflessione del pensiero occidentale, a parlare di fede
a proposito dell’esperienza religiosa vissuta da Gesù, deriva in buona parte da un determinato concetto
di fede che, insensibilmente, s’è venuto a imporre soprattutto in seguito a quell’incontro tra fede
cristiana e logos greco di cui s’è detto.
Una considerazione rigida del rapporto tra fede e ragione, quasi fossero due istanze parallele, ha
portato:
• a sottovalutare nell’esercizio della ragione la dimensione di libertà/affidamento che le è co-
essenziale, nonché il suo radicamento e la sua destinazione al mistero
• a sottovalutare nella fede la sua dimensione intrinseca di conoscenza. Questo, però, ha fatto sì che
il valore e il significato della fede fossero tutti misurati nei termini dell’intellettualità
• la fede, in opposizione alla ragione, è stata intesa come conoscenza di verità per sé non evidenti
all’uomo
Il termine maggiormente usato, nel Nuovo Testamento, per esprimere questo atteggiamento di Gesù è
«obbedienza»: che non dice soltanto attivo compimento della volontà del Padre, ma, prima di tutto, ascolto
e accoglienza di Lui (ob-audire), delle sue parole e opere, della vita stessa che come tale viene dal Padre.
La singolarità di Gesù (unigenito del Padre, a lui consostanziale) non toglie che egli, in quanto autentico
israelita oltre che vero uomo, vivesse nei confronti del Padre una relazione di totale apertura e recettività,
di piena fiducia e affidamento.
Gesù si sa e agisce come il Figlio di Dio/Abbà: e come Figlio tutto si riceve e si ridona a Dio, il quale,
essendo Abbà, nulla tiene per sé solo ma tutto di sé comunica al Figlio. L’identità di Gesù con-siste (= essere
in sé) nel suo ex-sistere (= essere fuori di sé, verso l’altro), nella sua relazionalità: egli si sa Figlio di fronte,
anzi «nel» rapporto d’intima comunione col Padre: «Io e il Padre siamo uno» (Gv 10, 30).
Tale rapporto si esprime, umanamente, nella dinamica della fede: come esperienza/conoscenza del Padre
e come fiducia/affidamento in Lui - un rapporto che, pur essendo percepito da Gesù come immediato, è al
tempo stesso da lui vissuto storicamente, e dunque esige la crescita, il rischio della libertà, la prova.
Gesù non è soltanto l’autore della fede (nei suoi confronti), ma anche il modello compiuto della fede (nei
confronti del Padre).
Due conseguenze
la profondità di questa relazione si Tale relazione «è» lo Spirito Santo, in
realizza, e può esser accolta dai quanto Egli è l’ex-sistere reciproco (=
discepoli, nell’«ora» di Gesù: la sua l’essere l’uno nel e per l’altro) del Padre
pasqua di morte e resurrezione e del Figlio
GESÙ ABBANDONATO È LA FEDE
Nella sua morte e resurrezione, Gesù è presentato dal Padre al mondo come il Figlio: colui che,
nella sua identità e libertà, è l’espressione, il volto, la realtà personale ed escatologica dell’avvento
del regno di Dio.
Incontrando il Risorto, i discepoli riconoscono in Gesù di Nazareth l’agire escatologico di Dio che
Gesù stesso ha annunciato. La struttura della fede pasquale dei discepoli è, dunque, formalmente
trinitaria. Essi accolgono e aderiscono all’avvento di Dio in Gesù.
Il dono dello Spirito Santo passa per Gesù, che lo effonde «senza misura»: perché in lui, in Gesù, Dio
è pienamente presente e operante in mezzo a noi.