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1.

INTRODUZIONE
“Dio: al quale nessuno può degnamente accedere se non passando per il Crocifisso.” (s. Bonaventura)

● Se questo studio non ti crocifigge, cioè fa male alla mente, non saprai chi è Dio perché non c’è altro modo di conoscerlo.
o Dobbiamo convertire la mente: conoscere Dio non significa conoscere qualcosa di Lui, vederlo da lontano, ma
vivere e convertire la mente!

“Non c’è in un’intera vita cosa più importante che chinarsi perché l’altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi.” (L. Pintor)

● È la frase di un comunista!
o Non ti devi permettere mai di buttare via nessuno! Ciascuno delle persone che incontro è quella parola che
solo quella persona mi può dare.
o Anche nel peggiore degli eretici c’è qualcosa che Dio mi può dire solo attraverso quella persona.
● O la teologia ci aiuta a fare a chinarsi e aiutare all’altro di rialzarsi o faremo male! Non c’è studio che ci può far
diventare più superbi ed arroganti di qualsiasi altro studio.
o Se mai vi sentite più in alto di qualsiasi altra persona, saprete che non andate bene.
o Dio non ci ha salvato innalzandosi, ma chinandosi verso di noi!

Le virtù diventate stolte (M. Delbrel)

Ci hanno ben spiegato che tutto quanto dobbiamo fare sulla terra è amare Dio.
E perché noi non esitassimo, nella preoccupazione di sapercisi impegnare, Gesù ci ha detto che il solo modo, il solo mezzo, il solo
cammino, era di amarci l’un l’altro.
Questa carità che è anch’essa teologale perché ci salda inseparabilmente a Lui, è l’unica soglia, l’unica porta, l’unico ingresso
all’more di Dio.
A questa porta giungono tutte le strade che sono le virtù.
Tutte sono, in fondo, fatte soltanto per condurvici, più rapidamente, più gioiosamente, più sicuramente. Una virtù che non
termini là, è una virtù diventata solta.
Intorno al monte di Dio, intorno alla vetta dell’amore di Dio, essa girerà invano, senza poterne scalare le pareti lisce e alte.
Il solo punto vulnerabile, la sola breccia,
il solo varco è l’amore di questi poveri essere simili a noi,
così poco amabili perché troppo simili alla nostra personale mediocrità.
E forse sarà un piacere arrivare a un’umiltà sensazionale
o a una povertà imbattibile o a una castità ineccepibile.
Ciò potrà forse soddisfarci,
ma se questa umiltà, questa povertà, questa castità, questa obbedienza, non ci avranno fatto incontrare la bontà;
se quelli della nostra casa, della nostra strada, della nostra città,
avranno ancor sempre fame, avranno ancora sempre freddo,
se saranno sempre così tristi, così ottenebrati,
se saranno sempre così soli,
noi saremo forse degli eroi
ma non saremo di quelli che amano Dio.
Perché capita per le virtù come per le vergini sagge
che, con la lampada in mano, restano sedute a quest’ultima porta,
la porta dell’amore, della sollecitudine fraterna,
la sola porta che s’apre alle nozze di Dio con i suoi.
II. Prospettiva di fondo

● Cristologia: la singolarità di Gesù Cristo, il Figlio di Dio


o L’evento cristologico si manifesta come un evento singolare, datosi nella storia, che ha però valore universale
▪ Tutti sono presenti nella storia, ma solo la sua storia da il senso ha tutte le storie in tutti i tempi e tutti
i luoghi.
o Non separare mai forma e contenuto della singolarità cristologia
▪ L’assolutezza del cristianesimo (contenuto), ossia il riconoscimento del fatto che Dio si rivela in modo
pieno e definitivo in Gesù Cristo nella forza dello Spirito, coincide con il massimo svuotamento
(forma), la massima donazione di sé, la totale perdita che, nella Pasqua, Gesù vive a favore degli
uomini.
● L’amore può avere solo la forma fino alla fine, e non quando te lo meriti.
● La croce è unico modo con cui l’amore si può manifestare!
▪ In Gesù si rivela come Amore: nulla di più assoluto dell’amore, nulla di più relato dell’amore.
● L’amore è assoluto ma per esserlo ci deve essere la relazione.
▪ Se uno ama, cura anche i dettagli!
o Gesù è il Figlio
▪ Non si può comprendere nulla della singolarità della Persona di Gesù se non alla luce della sua
identità filiale: il rapporto che lo unisce al Padre nello Spirito è la ratio et causa della creazione.
▪ La prospettiva trinitaria non si aggiunge, quindi, a quella cristologica: tra cristologia e teologia
trinitaria vi è una perfetta circolarità ermeneutica.

Pag 85.

PARTE BIBLICA: DALLA PROCLAMAZIONE ALLA STORIA: GESÙ AGLI INIZI DELLA CRISTOLOGIA

2. GESÙ DI NAZARET NELL’ORIZZONTE DELLE ATTESE GIUDAICHE


Possiamo dividerla in DUE GRANDI AREE:

1. la CRISTOLOGIA
o “Cristo” (unto) è un titolo: è un attributo che viene riconosciuta a un certo soggetto.
▪ Compare anche nel PT.
o Titolo Cristo fa vedere già una confessione di fede della prima comunità perché riconosce Gesù come Cristo e
lo fa alla luce della Pasqua, cioè è un titolo postpasquale
o La cristologia si occupa di tutta la riflessione e dell’approfondimento che è avvenuto nella Chiesa delle
origini dopo la risurrezione di Gesù perché solo con la Pasqua i discepoli veramente riconoscono che Gesù è
Cristo e proclama l’identità di Gesù alla luce della Pasqua.
o Le FONTI sono i Vangeli, ma anche la tradizione, i primi racconti della comunità: gli atti e le lettere paoline che
in alcuni casi sono anche precedenti ai Vangeli.
▪ Raccogliamo la riflessione sull’identità e sulla proclamazione di Gesù di Nazaret come Figlio di Dio.
2. la GESUOLOGIA
o Nella vita terrena di Gesù, quale consapevolezza di sé Lui manifesta? Cosa dice di sé stesso nei Vangeli?
▪ Gesù è uno spicker che riguarda un altro, oppure annunciando il Vangelo ci già dice che cosa Lui sa di
essere e come questo si manifesta gradualmente.
● Tutte le volte in cui Gesù apre il mistero della sua persona o prende le distanze dalla Torra,
non viene accettato.
o C’è stata una teologia liberale che ha detto che la fede in Cristo è nata con la Chiesa primitiva, che questa
denominazione non ha un suo fondamento storico in Gesù
▪ Noi cercheremo di ripercorre i Vangeli per vedere gli elementi che distinguono la persona di Gesù e
si vede che lui sa benissimo chi sia!
o Le FONTI sono i Vangeli.

All’interno del materiale evangelico usiamo TRE CRITERI per cercare che cosa dice Gesù di essere, per raggiungere la sua
consapevolezza, sono i nostri criteri per discernimento di alcuni testi per vedere la singolarità di Gesù:
1. DISCONTINUITÁ: c’è qualcosa che segna una differenza.
o Mettiamo in confronto con il PT: come si rapporta con tutta la storia della salvezza nel PT e tante volte è
evidente la discontinuità.
o Discontinuità con la tradizione apostolica: il Figlio dell’uomo lo troviamo nei Vangeli; in altre parti non si dice
mai Figlio dell’uomo nonostante Gesù l’abbia usato quasi sempre.
▪ Questo ci porta al discorso tipico di Gesù.
2. COERENZA (gli elementi che lo compongono non sono in contraddizione)
o Esterna: quello che Gesù dice di sé deve essere comprensibile all’interno del contesto esterno a Lui.
▪ Se Gesù avesse parlato in inglese, sarebbe totalmente senza senso. Non totale discontinuità, certo che
prende le distanze, ma non è un estraneo.
o Interna: riguarda gli atteggiamenti, gli insegnamenti e gesti di Gesù sono coerenti.
3. MOLTEPLICE ATTESTAZIONE: un racconto, un evento, compare in più fonti
o Quando alcuni gesti sono raccontanti in varie fonti, siamo vicini a quello che realmente Gesù ha detto e fatto.
o Siamo storicamente più sicuri.

Noi entriamo in gesuologia, cioè come la persona di Gesù si inserisce dentro il clima culturale e religioso del suo popolo.

2.1. LE SPERANZE MESSIANICHE DI ISRAELE

L’incarnazione avviene nel tempo e nella storia, cioè nel tempo preciso, a compimento di un percorso lungo di salvezza che parte
da Abramo e giunge a maturazione e porta il popolo di Israele ad accogliere Gesù. Quali sono i pilastri più importanti delle
aspettative che Israele aveva nei confronti di Dio?

Israele vive perennemente in questo stato di attesa, stanno ancora attendendo il Messia. Le speranze messianiche possiamo
sintetizzare TRE GRANDI COLONNE:

● PIENA E VERA CONOSCENZA DI DIO: il momento di compimento delle promesse avverrà quando Israele avrà una
piena conoscenza di Dio e la avranno tutti e non solo gli scribi.
o Israele attende qualcuno che porti il popolo alla conoscenza piena di Dio.
o La cifra, la categoria centra dell’attesa di questo Dio è la REGALITÀ: in questo si vede ciò che Israele pensa –
cercano che il Regno di questo Re si realizzi, sia in senso politico che spirituale.
▪ Gesù apposta parla del Regno di Dio! Entra nel cuore dell’attesa.
● TEMA DELLA PROMESSA E DELL’ALLEANZA: Dio per avere il patto con il suo popolo ha fatto un’alleanza
o La formula dell’alleanza: io sarò il vostro Dio, voi sarete il mio popolo.
▪ È un legame nuziale: io mi impegno con voi e voi dovete essere fedeli.
▪ Perciò Dio dona il Decalogo: se Israele seguirà la legge del Signore, la volontà di Dio su di mondo si
mostrerà e si potrà realizzare il Regno.
o Ma già i profeti invitano a sperare in una nuova alleanza che non sarà scritta sulla pietra ma nei cuori!
● MEDIAZIONI SALVIFICHE: questa regalità che si basa su un’alleanza e una promessa, Israele sa che si compirà
attraverso i mediatori
o Adonai è totalmente ascendente, l’incarnazione è totalmente inconcepibile; allora l’alleanza è possibile solo
attraverso un mediatore
▪ Vicino anche alla filosofia greca.
o Sono due canali di mediazione di cui Israele ha fatto esperienza:
▪ Umane: persone che hanno avuto il compito di far conoscere al popolo di Israele la volontà di Dio:
Abramo, Mosè, profeti
● Loro non sono dei
▪ Potenze impersonali: la gloria di Adonai, lo spirito di Adonai, la sapienza che viene quasi
personificata
● Non sono individui, ma neanche Adonai, non si sa bene dove collocarli, ma sono la
personificazione dell’agire di Dio, non direttamente ma attraverso delle forze

Queste attese ci dicono che Gesù compare sulla scena di questo popolo che attendeva per secoli il Regno di Dio e l’alleanza
definitiva e qualche mediatore che medierà totalmente. L’attese si intrecciano.
*Intertestamento è il secolo precedente e seguente all’incarnazione. Non è che tutto il popolo sta tremando dall’attesa. Si vede
nel popolo politico, ma l’attesa vera e propria era presente tra gli Esseni, ma soprattutto in quelli che sono “i poveri di Adonai”,
non la categoria solo sociologica, ma sono quelli che non hanno nulla se non Dio. Quelli che vivono bene sotto i romani, non è
che stavano aspettando Dio.

1.2. IL COMPIMENTO DELLE ATTESE DI ISRAELE IN GESÙ DI NAZARET

Il significato che hanno 30 anni di Gesù all’interno di gesuologia. Noi spesso abbiamo l’immagine di Gesù pensando agli ultimi
tre anni del silenzio.

1. Il primo elemento importante che ci dice qualcosa su Dio è il SILENZIO.

*Le grandi realtà maturano nel silenzio, nella chiarezza della vista interiore, nel sacrificio nascosto e nell’abnegazione. Le
forze che non fanno strepito sono quelle che veramente valgono.

● Dio ha scelto di entrare nel mondo esattamente nella forma di silenzio che non è una pubblicità, ma ci rivela qualcosa
su Dio.
o Gesù è entrato nel mondo con l’annunciazione che non avviene nel Tempio di Gerusalemme, ma in Galilea da
quale non può venire niente di buono. La notte è il momento dell’inattività dell’uomo, quando è più
vulnerabile.
● Mentre tutto il mondo tace, quel silenzio diventa il luogo adatto perché Dio possa entrare nella sua creazione.
o Maria è vergine del silenzio. Se sei veramente nell’ascolto, stai zitto.
o Quanto ci dà fastidio quando qualcuno parla mentre noi parliamo.
o Lei tace per dare assoluta precedenza a Dio. Il silenzio dice tutta la profondità di quello che sta succedendo.
● Dio entra nel mondo solo attraverso spazio del silenzio e ci entra sempre così! Solo chi ama è capace di offrire la
passività di lasciare iniziativa all’altro e di tacere.

2. Il primo senso che è stato attivato è il TATTO essendo dentro il corpo di Maria, entrando in contatto con lei.

La prima esperienza che Gesù ha fatto in questo mondo è la stessa che abbiamo fatto anche noi, cioè il tatto. L’esperienza
primordiale di Dio fatto carne è quella che arriva a tutti noi dal tatto – toccare la carne di un’altra.

● L’esperienza della fede ha al suo principio il fatto di toccare la carne di Gesù. Si vede anche oggi nell’eucaristia dove il
corpo si pone dentro il nostro corpo.
o Il cristianesimo è una persona che ho toccato con mano, e non un’ideologia.
● Quanti solo vogliono toccare Gesù nel Vangelo: l’esperienza della fede non è solo intellettualistica, ma corporea. Dio si
è fatto carne e non la dottrina. Il corporeo è la prima evidenza dell’incarnazione: quella carne parla di Dio, e si può
incontrare solo attraverso la carne.

3. L’ASCOLTO è il terzo elemento.

Quando Verbo entra nel mondo, e quando nasce non è che subito inizia a predicare, ma è infante, cioè non parlante. La
parola di Dio fatta carne entra nel mondo come infante: come fa parola a non parlare?

● La Parola ascolta! Dio che ha creato il mondo, per la prima volta dall’eternità ascolta con gli orecchi umani la sua
creazione.
o Dall’eternità il Verbo è colui che ascolta il Padre, cioè era rivolto verso Dio e di solito quello che è rivolto è
l’atteggiamento di chi ascolta, di chi riceve.
o Quando si incarna il Verbo di Dio vive questo suo essere ascolto in maniera umana. Gesù non ha cominciato a
palare in due mesi, ma come tutti noi: ascoltando e ripetendo i suoni e vedendo il riconoscimento degli altri.
● Una creatura ha insegnato alla Parola di parlare.
o Quanta l’umiltà ci deve essere!
● Da Giuseppe Gesù ha imparato tutta la mitezza e la fortezza dell’amore.
o Gesù ha imparato ciò che Dio ha affidato all’uomo, cioè il lavoro. Il Figlio di Dio ha imparato il lavora da una
creatura: anzi, è identificato con il lavoro di suo padre.
! Questa è stata vita di Dio per 30 anni e erano solo 3 anni di ministero pubblico.

● Per 30 anni Gesù ha vissuto la nostra vita, senza miracoli, senza predicazioni.
● Dio ha vissuto nella normalità di cui non sappiamo quasi niente e questo ci costringe al SILENZIO.
● Sembrano insignificanti, ma in realtà custodiscono un significato profondissimo. Quelli 30 anni ci dicono tutta la
profondità degli AFFETTI, le costellazioni che ha attorno Gesù., cioè dei legami.
o Gesù ha imparato l’umanità! Parla proprio della sua propria esperienza! Lui conosce la vita perché l’ha
conosciuta per 30 lunghi anni.
● Non ci è permesso di disprezzare nulla della nostra umanità!
o C’è bisogno che non solo facciamo fare le esperienze forti, ma gli aiutiamo a vivere bene la quotidianità.
o Nazaret è luogo di crescita di Dio ed è la grammatica dell’annuncio del Regno.

Gesù comincia a proclamare il Regno e lasciare Nazaret quando arriva al culmine della sua maturità. Il tempo per l’inizio della
predicazione di Gesù è esattamente il tempo della sua vita fisica. In Cristo abita corporalmente la pienezza della divinità.
L’umanità di Dio non è accidentale, ma corrisponde totalmente alla sua proclamazione del Regno.

Pag 102.

Come la figura di Gesù si evidenzia nel confronto con ciò che era prima e con i gruppi più significativi del giudaismo?

1.2.1. CONFRONTO TRA GESÙ E MOVIMENTO PENITENZIALE DI BATTISTA


C’è un legame molto forte e si vede nel Vangelo: tutti collocano l’inizio del ministero di Gesù che è preceduto dal battesimo dal
Battista.

● Giovanni Battista non era unico personaggio che amministrava o predicava un battesimo, ma c’erano vari personaggi.
C’erano tanti battezzatori che proponevano questi riti di purificazione che erano volti a far ridestare al popolo la
coscienza di Dio e la conversione dei costumi.

Per diversi di questi movimenti, il rito del battesimo nell’acqua teneva anche di imporsi a sostituire i riti del Tempio , cioè come
un’alternativa, come più autentici, per denunciare una certa formalità del Tempio.

La prima comunità cristiana ha iniziato a raccogliere i racconti del Battesimo quando si aveva l’evidenza della differenza tra
Gesù e il Battista per evitare di far sembrare Gesù come uno di quei battisti .

● Es. il battesimo al Giordano era complesso di annunciarlo, era più facile ignorarlo: come può essere un Messia in fila con
i peccatori?

La comunità può raccontare questo battesimo riempiendolo del significato nuovo quando si vede questa differenza. Rispetto a
tutti gli altri battisti, GIOVANNI ACQUISTA DELLE CARATTERISTICHE che lo rendono diverso da tutti gli altri che lo fanno
emergere:

1. Il messaggio di Giovanni è ESCATOLOGICO (riguarda le cose ultime, definitive) e APOCALITTICO (riguarda la rivelazione
del mondo di Dio).
o Giovanni battezza perché sono vicine le cose ultime.
o Questa rivelazione è centrata attorno a tema del giudizio che è imminente.
2. L’IMMINENZA DELLA VENUTA DEL PROFETA ESCATOLOGICO che è definito come il più forte.
o Questo messaggio risponde alla venuta del profeta degli ultimi tempi.
o Il profetismo nel tempo di Gesù era sparito, invece Giovanni annunzia questo profeta promesso.
3. La CONVERSIONE che anche tutti gli altri predicavano, ma è vista come un mezzo per sfuggire all’ira di Dio: convertiti,
altrimenti l’ira di Dio scenderà su di te e ti eliminerà.
o La conversione non è data dalla grazia. Giovanni predica attrizione: non che hai cuore contrito.
4. La PORTATA UNIVERSALE E AGGREGATIVA DELLA SUA PREDICAZIONE E CONVERSIONE.
o Non ci sono strati sociali, non si rivolge solo a una categoria di persone.
5. Forte accento soprannaturale, cioè la NECESSITÀ DELLA GRAZIA
o L’uomo da solo è incapace di cambiare; deve volerlo, ma occorre affidamento sincero a Dio.
LE CARATTERISTICHE CHE FANNO EMERGERE LA SINGOLARITÀ DI GESÙ

Con queste caratteristiche Gesù di accosta al principio del suo ministero.

La storicità del battesimo di Gesù è sicura.

● È garantita dal fatto che se non fosse storico un evento del genere, sarebbe stato più comodo all’evangelista di non
raccontarlo perché è difficile la interpretazione di quell’evento.
● Questo anche fa vedere che Gesù riconosce il valore di Giovanni, ma dopo il Battesimo Gesù prende una strada
diversa.

La predicazione e lo stile di Gesù fin dall’inizio convergono fortemente dallo stile del Battista, tanto che Giovanni va in crisi e
manda a chiedere a Gesù se è lui quello che doveva venire e devono aspettare un altro.

Il Battesimo è inserito nei Vangeli non per dire che Gesù era peccatore, ma perché è primo momento in cui si indica il
compimento pasquale, si intravede già la logica della Pasqua.

● Non è un peccatore e non ha bisogno del battesimo. Gesù si immerge nel peccato del mondo, per salvare e redimere il
mondo.
o Fa vedere questa solidarietà che Gesù manifesterà nei confronti dell’umanità peccatrice.

Altre due caratteristiche differenziano: I TONI E LO STILE DELLA PREDICAZIONE DI GESÙ sono molto diversi rispetto a quelli del
Battista.

● Se il Battista ha nell’ira e nel giudizio il tema centrale, Gesù invece predica anzitutto la MISERICORDIA.

L’altra differenza è nello STILE DI VITA

● Giovanni è povero e vive nel deserto e non è inserito nel tessuto sociale del tempo e in modo molto ascetico.
● Invece Gesù è pienamente inserito e vive nel contesto sociale, mangia, beve, partecipa alle feste, frequenta il tempio e
la sinagoga, dialoga con tutti.

Per la prima volta in Israele c’è un MAESTRO CHE CHIAMA E SCEGLIE I SUOI DISCEPOLI e non i discepoli che sceglievano un
maestro.

● Paolo sceglierà Gamaliele.


● Questo dice il primato dell’elezione della chiamata di Dio rispetto alla scelta dell’uomo.

1.2.2. RAPPORTO TRA GESÙ E IL TEMPIO E LA LEGGE


GESÙ E FARISEI

Il FARISEISMO era la corrente religiosa più alta, più pura.

● Israele era diviso in molti gruppi. I farisei non erano semplicemente preoccupati solo di formalità.
● Si riporta nei Vangeli una figura cattiva dei farisei per la situazione della Chiesa delle origini, cioè dei cristiani nel
tempo quando i Vangeli erano scritti: uno scontro con i farisei.
o Dopo la distruzione del tempio spariscono i sacerdoti; la guida spirituale diventano i farisei, i custodi della
legge della Torà.
▪ Solo dopo la distruzione e il primato dai farisei inizia il distacco dal giudaismo e porta il
cristianesimo a prendere forti distanze.
o Invece nel primo tempo i cristiani erano considerati come un gruppo tra gli ebrei, un po’ fanatici.
● Gesù ha stimato il fariseismo.
o Tra i primi cristiani venivano quasi tutti dal momento farisaico perché erano più religiosi.
o Ma certo che Gesù contesta un certo modo di osservare la legge, non legalismo, ma l’amore. Gesù non entra
in conflitto proprio con i farisei, ma dialoga con lui; i sadducei, cioè i sacerdoti lo condannano.

IL TEMPIO E LA LEGGE erano due fuochi della religiosità ebraica, in modo particolare dei farisei. Frequentare il tempio era cosa
molto raccomandata. Come si comporta Gesù rispetto al tempio e alla legge? Mostra sia vicinanza che distacco.
L’ATTEGGIAMENTO DI GESÙ DINNANZI AL TEMPIO

Dalla riforma di Giosia il TEMPIO era diventato sempre più il simbolo dell’unicità di Dio e dell’unità del popolo.

● Al monoteismo rispondeva un solo tempio per un solo popolo a pregare unico Dio.
o Un modo di centralizzare che ha valore anche politico.
● Il valore unico del tempio era fuori discussione: nel NT c’è un silenzio rispetto ai riti e alle preghiere che venivano
compiute.
o Solo la Lettera agli Ebrei rimanda il lettore un po’ al culto del Tempio. Nel resto del NT non se ne parla.
● Dopo il 70 porta la Chiesa a confrontarsi più con il tema della legge che con il tempio.
o Gesù frequenta il Tempio con la tranquillità, ma anche la prima comunità cristiana che stavano nel Tempio
lodando Dio.

Gesù riconosce la simbolica del Tempio, ma introduce anche NOVITÀ RIVOLUZIONARIA: il compimento del valore del Tempio
che rappresentava Dio che era in mezzo al suo popolo.

Ora è inaugurata una nuova era per un nuovo popolo con un nuovo tempio che è Gesù stesso.

Ci sono TRE LUOGHI EVANGELICI IMPORTANTI per la concezione di Gesù rispetto al Tempio:

1. L’EPISODIO DALLA CACCIATA DEI VENDITORI DAL TEMPIO (raccontato da tutti evangelisti)
o I sinottici lo collocano alla fine del ministero pubblico, Giovanni lo colloca all’inizio della predicazione
pubblica.
o Non è purificazione del tempio!
▪ La presenza di questi venditori, di animali, era una cosa richiesta dalla legge.
▪ I riti del tempio prevedevano che tu dovessi offrire qualcosa. Era necessario poter acquistare la
vittima per poter offrire al tempio; lo stesso per cambiare le monete.
▪ Erano delle possibilità necessarie per poter svolgere secondo la Legge il proprio culto.
o Gesù non entra nello spazio sacro: entra nel cortile degli uomini, ma non entra nel cortile centrale dove
potevano entrare solo i sacerdoti.
o Il valore di questo segno è escatologico: Gesù sta indicando il compimento e la fine di questo tempio.
▪ Non sta dicendo che questo tempio è cattivo; ma questo valore del Tempio è terminato perché si
compiono le profezie che annunciavano un nuovo tempio spirituale che è aperto a tutti i popoli.
● Un nuovo tempio libero da ogni traffico materiale, non costruito dalle mani d’uomo. Questo
tempio adesso è presente.
o I sacerdoti non lo chiedono come si è permesso, ma con quale autorità fa questo?
▪ Loro hanno capito il significato, perché se tu elimini la materia prima del culto, scompare quel culto,
ma se scompaiono i culti, scompaiono anche i sacerdoti stessi.
● I sadducei vedono minacciato il loro potere. Non sono interessati al discorso commerciale.
o Dio stesso ha stabilito i sacerdoti e culti, e se tu li elimini, con quale autorità lo fai? Hai un’autorità più
grande di Dio?
▪ Certo che vogliono farlo fuori per tutto questo perché viene a saltare tutto l’ebraismo.
▪ Se Gesù lo fa e sa di compiere un’azione di genere, vuol dire che sa benissimo che lui stesso sia il
luogo dove onorare Dio.
2. MC 13 – DISCORSO ESCATOLOGICO: Gesù parla dei tempi ultimi e annuncia la distruzione di questo Tempio.
3. LA ROTTURA DEL VELO DEL TEMPIO al momento della morte di Gesù: segno di una frattura che non verrà più ricucita.
o È ingresso in una nuova alleanza.

L’ATTEGGIAMENTO DI GESÙ DINANZI ALLA LEGGE

Nel momento in cui la prima comunità cristiana ci tramanda l’esperienza prepasquale, siamo in un momento dove si fa tanta
polemica con la legge perché la comunità cristiana pian piano si distanzia dalla Legge.

● Questo clima di distanza con la legge è tipico della prima comunità cristiana, ma non possiamo prenderla così e
trasportarlo alla vita prepasquale.
o C’è chi dice che Gesù sia stato semplicemente un conservatore e ha interpretato la legge più profondamente.
o Gli altri dicono che c’è totale distacco.
● C’è sempre CONTINUITÀ NELLA DISCONTINUITÀ.
o Mt vede Gesù come il compimento della Legge di Mosè.
▪ Quando si parla della Legge si pensa alla Torà, ma anche alla tradizione orale che spiegava
l’osservanza della Legge.

Sono 5 CARATTERISTICHE DEL CONFRONTO TRA GESÙ E LA LEGGE:

1. La SOVRANA AUTORITÀ DI GESÙ: exusia che significa che viene fuori dal tuo essere.
o È commento che la gente dice di Gesù: Gesù parla con un’autorità sua.
o Le cose che Gesù dice costituiscono una nuova e vera legge nella quale antica legge confluisce.
▪ Gesù non è ultimo capitolo della legge antica, ma lui è il centro e tutto acquista senso solo in
riferimento a Lui.
2. PER OBBEDIRE A DIO, ALLA VERA LEGGE, SI DEVE OBBEDIRE A GESÙ:
o Solo attraverso Gesù si obbedisce alla volontà di Dio.
o L’antica legge non viene subito cancellata, ma essa si può vivere solo obbedendo a Gesù.
▪ Non prende e corregge la legge antica, ma non si può osservare se non attraverso e nella persona di
Gesù.
3. Gesù INTERPRETA LA REALTÀ ATTUALE CON AUTORITÀ SUA. Gesù svela il senso dell’evento attuale non riferendosi alla
legge antica, ma lo interpreta Lui stesso.
o Gli interpreti e gli scribi della Legge ai tempi di Gesù non si sarebbero mai permesso di descrivere il significato
dell’evento attuale. Un rabbino rimanda alla legge come il principio con quale si può illuminare l’evento
attuale.
4. In casi di conflitto con la Torà l’atteggiamento di Gesù non cerca di sistemare le cose, ma GESÙ PRENDE LE DISTANZE
RICHIAMANDOSI AL PRINCIPIO.
o Per esempio, caso del ripudio; Mosè ha detto così per la durezza del vostro cuore, ma in principio non era così.
o Può cambiare la legge solo chi l’ha dato. Vuol dire che Gesù conosce le intenzioni del Legislatore che è Dio.
▪ Gesù si appella alla volontà di Dio ancora prima della legge di Mosè: è evidente che Gesù prende
autorità che è solo di Dio e ci sta dicendo che Lui è Dio!
5. GESÙ SI MANIFESTA PIÙ ATTENTO ALL’UOMO, al trasgressore, al peccatore, più che alla Legge.
o Di fronte chi ha peccato davanti alla Legge, Gesù non vuole ricuperare la Legge, ma la persona. E questo
genera uno scandalo perché per un maestro la Legge era sacra. Si condanna il peccato, ma non il peccatore.

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3. GESÙ DI NAZARET, PROFETA DEL REGNO E FIGLIO DELL’UOMO

3.1. GESÙ DI NAZARET, IL PROFETA DEL REGNO

3.1.1. MESSIANISMO E PROFETISMO


Gesù è stato una figura che con le sue parole e i suoi gesti si è differenziato dagli altri in Israele. Gesù si manifesta come Messia
vero che Israele attendeva, ma lo fa in un modo che non corrispondeva in tutto alle attese di Israele.

Il titolo “PROFETA” significa che porta parola di Dio: ascolta e trasmette la Parola di Dio.

● Gesù è stato interpretato dalla gente come profeta.


o È una categoria che era morta ormai in Israele già da secoli. Con la fine dell’esilio era finito anche il profetismo.
o Gli apostoli invece non dicono che Gesù sia il profeta e neanche Gesù usa mai per sé stesso direttamente
questo titolo. Lo fa solo due volte: Nessun profeta può morire fuori da Gerusalemme (Lc 13,33); Nessun
profeta è ben accetto in patria (Lc 4,24).
● Nella successiva letteratura cristiana il titolo del profeta scompare, vuol dire che questa categoria era tipica per il
tempo di Gesù.

Nel periodo intertestamentario si unisce piano al concetto di “MESSIANISMO”.


Il Messia era soprattutto il Re che era unto dal Signore e che partecipava alla santità di Dio e aveva il compito di favorire la
fedeltà del popolo all’alleanza e anche la stabilità politica. Invece il profeta era una persona attraverso quale indicava ultimi
tempi. Messia raccoglieva in sé l’autorità di Dio e la capacità di portare il popolo al pieno compimento dell’alleanza.

3.1.2. GESÙ IL PROFETA DEL REGNO


Dentro questa tradizione da un lato la predicazione, l’annuncio del Regno da parte di Gesù, lo avvicina alla categoria dei
profeti, ma anche lo distinguono.

● Isaia o altri profeti sono importanti per la parola che portava e obbedienza era data a Dio che parlava attraverso profeti,
invece per Gesù significa obbedire a Lui, cioè il messaggio coincide con la persona.
o Il Regno di Dio è Gesù stesso. Si entra nel Regno accogliendo Gesù!
o Gesù non parla del messaggio che non lo riguarda.

Dall’altra parte tutte le volte in cui, anche indirettamente, Gesù parla di sé come profeta o accetta questo titolo, avviene sempre
nel contesto della sofferenza e del martirio.

● Il modo in cui Gesù annuncerà e donerà il Regno è sofferenza, il martirio.

3.1.3. LE CARATTERISTICHE DEL MESSAGGIO DEL REGNO NELLA PREDICAZIONE DI GESÙ


Mc 1,15: il tema è riassunto con “il tempo è compiuto, il Regno si è avvicinato: convertitevi e credete nel Vangelo!” C’è un
indicativo e l’imperativo: l’indicativo motiva l’imperativo – bisogna convertirsi perché il Regno di Dio è prossimo.

TRE CARATTERISTICHE DELL’ANNUNCIO ORALE DEL REGNO:

A. ACCOGLIENZA DI GESÙ PER POTER ENTRARE NEL REGNO DI DIO ALLA FINE DEI TEMPI
o Per il giudaismo il Regno di Dio era inteso come attuale sovranità di Dio sull’Israele che forse in futuro si
sarebbe aperto alle altre nazioni. Perciò stona che l’Israele era sotto la sovranità dei Romani.
o Nei Vangeli il carattere escatologico è molto forte: non ha colorazione politica, ma è qualcosa di finale, è un
dono gratuito da Dio, un bene che l’uomo non può raggiungere con le sue forze e non lo può costringere a
venire.
▪ Ma per poter entrare nel Regno di Dio alla fine dei tempi, ora devi accogliere Gesù perché Lui è
l’attualità del Regno.
▪ Il Regno di Dio è prossimo perché Gesù è qui e non perché i Romani se ne stanno andando via.
▪ Gesù è il presente del Regno finale (già e non ancora).
B. La DIMENSIONE TEOLOGICA E CRISTOLOGICA.
o Il Regno che viene non è un’opera umana, ma viene da Dio ed è un dono.
o La qualifica di questo Regno noi lo conosciamo solo in Cristo. In Cristo ci ha rivelato che il Regno di Dio che
aspettiamo ha la forma di un Padre che ha generato i suoi figli e li chiama alla comunione con sé.
▪ Solo in Cristo conosciamo che Dio è un padre.
▪ Questo Israele non se lo aspettava. La fisionomia filiale di Gesù diventa la cifra per capire che tipo del
Regno stiamo aspettando.
C. DIMENSIONE SOTERIOLOGICA
o La riflessione soteriologia si è sviluppata solo dopo la Pasqua
o Prima della Pasqua Gesù ha parlato della dimensione soteriologica attraverso la salvezza, anche se meno
esplicitamente.
o Il centro del Regno, di questa dimensione soteriologica, Gesù annuncia attraverso il PERDONO DEI PECCATI. La
grazia di cui Lui è luogo ha come sua forma massima annuncio di una salvezza che ti viene a raggiungere
anche da peccatore e tu libera.
▪ Si parla più della grazia, che del giudizio.

3.1.4. I SEGNI DELLA VENUTA DEL REGNO NEL MINISTERO PROFETICO DI GESÙ
I gesti diventano epifania di questo regno. Riguarda tutte le azioni e gesti che gli apostoli ci riportano. Ci fanno vedere anche le
caratteristiche del Regno di Dio.
GESÙ ESORCISTA E TAUMATURGO

● Taumaturgia significa un’opera miracolosa, non solo i miracoli, ciò che eccede le leggi della natura e suscita interesse e
meraviglia.
● I miracoli occupano uno spazio molto largo. Se si togliessero i miracoli, ci resterebbe poca cosa.
o È una delle caratteristiche di Gesù che lo rende molto ricercato.
● Del miracolo la concezione biblica non interessa tanto eccezionalità come oggi. Il miracolo era importante in quanto è
una IEROFANIA (cioè una manifestazione di Dio, del sacro). Non guarda tanto che cosa è successo di eccezionale, ma si
interessa di chi si è manifestato, cioè l’intervento di Dio nella storia, cioè chi sta all’origine di questi miracoli.
o È talmente vero questo che la prima comunità non riportano neanche tutti i miracoli e neanche raccontano i
particolari dei miracoli.
o Si può notare dal fatto che per esempio Paolo in tutta la sua opera non parla mai dei miracoli di Gesù.
▪ Se fossero importanti i miracoli per sé stessi, Paolo riporterebbe tanti miracoli. Questo ci dice anche
che i miracoli sono storici e sicuri.
● Il miracolo nei Vangeli, proprio perché ha lo scopo di rivelare qualcosa di Gesù, non porta mai la fede di nessuno.
o Gesù la fede la chiede sempre prima del miracolo.
o Esattamente quelle folle che hanno visto più miracoli, volteranno le spalle.
o Il miracolo non provoca la fede di nessuno, cioè il miracolo non ha valore in sé, ma la fede è data dal rapporto
che la persona ha con Cristo.
▪ Il tipo della relazione che persona ha Gesù permette di riconoscere il valore dei miracoli.
● Ma è anche vero che il Regno di Dio non poteva essere annunciato con credibilità senza i miracoli, cioè senza che Dio
facesse vedere che Dio libera dal male.
o La malattia non è mai qualcosa di positivo in sé, e perciò Gesù libera da essa.

Questa liberazione di Dio dal male è ancora più presente negli ESORCISMI che sono tantissimi. Il potere di Satana è costretto ad
arretrare. Di fronte alla venuta di Gesù, Satana deve ritirarsi. Fin dall’inizio, già nelle tentazioni, si vede un confronto tra Gesù è
Satana.

● L’uomo biblico del PT aveva una paura matta del Maligno.


o Si parla rarissimamente di Satana, perché si ha grandissima paura che non si conosce bene.
● Invece con i Vangeli si parla tantissimo degli esorcismi.
o Perché gli evangelisti possono raccontarlo con questa tranquillità? Perché è finalmente venuto Colui che è più
forte e il Satana è sconfitto.
▪ Il Satana ora ha potere solo quello che noi gli permettiamo.
▪ Con la Pasqua di Gesù Satana è stato definitivamente sconfitto. Questo è un segno certo della
venuta del Regno.

Sia i miracoli, sia gli esorcismi non sono importanti per la loro spettacolarità, ma sono importanti per ciò che dicono di Colui che
gli compie e che non può non appartenere al Regno di Dio.

GESTI DI RICONCILIAZIONE

● La prima comunità cristiana nella fase prepasquale riconosce nei gesti di Gesù la riconciliazione tra Dio e l’umanità
che Israele attendeva da secoli!
o Di fronte all’evidenza della divisione tra gli uomini e Dio e l’impossibilità dell’uomo con le sole sue forze di
vivere in comunione tra i fratelli, non aspettava altro che questa riconciliazione: con Dio, con i fratelli e con il
creato.
o Pensate al primo peccato: il peccato, che è divisione, inquina tutte le relazioni fondamentali. Con venuta di
Gesù tutte queste relazioni si riconcilieranno.
● La comunità post pasquale racconta alcuni gesti che Gesù ha compiuto che riconosce come primizia di quella
riconciliazione promessa per i tempi ultimi.
o Questo è un elemento caratteristico dell’opera di Gesù. Anche Giovanni il Battista che annuncia il giudizio,
invece in Gesù non vede questo.
▪ Gesù contraddice le attese: era evidente che Gesù annuncia la riconciliazione.
● La prima scelta, la prima azione che la comunità cristiana riconosce come l’inizio della riconciliazione è la
CONVOCAZIONE DELLA COMUNITÀ a vita comune con Lui.
o La convocazione di un nuovo Israele, la prima forma in cui Israele attendeva la riconciliazione, sarebbe una
comunità capace di vivere in armonia nello spazio dell’alleanza con Dio.
o Prima sempre il discepolo sceglieva il maestro, invece Gesù sceglie i suoi discepoli e li chiama alla vita comune.
Questo era il primo segno della comunità riconciliata.
▪ Pensiamo solo alla composizione dei Dodici: è una scuola di riconciliazione fraterna.
● Gesù poi offre e manifesta la peculiarità e la specificità della sua persona dando IL PERDONO AI PECCATORI PUBBLICI,
è facilmente documentabile. Gesù quando perdona i peccati, sorge il conflitto forte soprattutto con i farisei.
o Se tu dici io ti perdono peccati, tu stai facendo la facoltà che è solo di Dio.
o La cosa che rompe ulteriormente gli schemi religiosi mentali è che questo perdono che Lui offre e dona
avvenga prima che il peccatore si sia pentito.
▪ Si pensava che Dio perdona i peccati alle condizioni che tu ti penta e offra a Dio il sacrificio per i
peccati.
● Il perdono per Israele c’era, ma richiedeva le condizioni!
▪ Gesù non fa così: è la prossimità di Dio in Gesù al peccatore e il perdono che viene offerto che
genera il riconoscimento dei propri peccati e il pentimento.
● Mentre sei peccatore Dio ti si avvicina e suscita il pentimento e la conversione.
● La prossimità di Gesù genera ed è origine del pentimento.
● La confessione è celebrazione della misericordia di Dio, del perdono di Dio, ma già il
riconoscimento dei peccati e il desiderio di chiedere il perdono sono frutti della grazia di Dio!
o L’amore del Padre non finisce mai! Ti ama anche quando sei in mezzo ai porci e solo la relazione con Dio ti
sveglia e ti suscita il desiderio del perdono.
o Questa vicinanza di Gesù è scombussolante per tutti gli uomini religiosi: si rompe il poter stabilire in modo
netto un recinto per sapere chi è dentro e chi è fuori per essere sicuri di essere giusti e avere indicatori che mi
dicano se mi merito la grazia di Dio…
▪ Gesù non è una conferma alla mia bontà! Se faccio fatica ad essere buono non è giusto che quello che
pecca così tanto diventa buono perché si converte per iniziativa di Gesù.

*Riguardo la confessione e la pastorale: non va bene né la rigidità (che la legge viene prima della persona) né “va bene tutto”. In
nessuno di questi casi non c’è stima della persona né le si vuole bene.

LE PARABOLE

● Parabalein significa mettere vicino, confrontare.


● Le parabole sono i gesti, ma racconti orali. Noi la definiamo un’opera narrata.

Le parabole sono un evento in un duplice significato:

● Sono QUALCOSA CHE ACCADE MENTRE VIENE RACCONTATO.


o Mentre Gesù racconta una parabola introduce in quello che è una normalità di situazione nota agli
ascoltatori un elemento che stona.
▪ Gli ascoltatori si trovano a proprio agio, ma Gesù introduce un fattore che mette in discussione tutto.
o La parabola alla fine implica di fatto una decisione pratica: non è un contenuto teorico, io non so qualcosa di
più, ma io per forza di cose devo decidere. Le parabole finiscono quasi sempre con una domanda che toglie
all’uditore la tranquillità.
▪ La parabola chiama la tua libertà a pronunciarsi, suscita un atteggiamento pratico.
o Esempio di un elemento che disturba: parabola del Padre misericordioso .
▪ Era spesso che succedeva che il figlio andava all’estero, cioè era scandaloso per la famiglia perché
andava in terra pagana. E quelli che ascoltano conoscono questa situazione. Ma la famiglia non
avrebbe mai di nuovo accolto figlio. Invece Gesù dice che il padre si commuove e lo accoglie, lo
abbraccia.
o Al termine della parabola tu dovrai compiere una scelta: se seguire questa novità e negarla e scegliere altro.

Le parabole non erano così diffuse e si vede che i primi 30 anni di Gesù in silenzio diventano così evidenti nelle parabole.

● Gesù là ha conosciuto i costumi, le usanze.


o Quando Gesù parla del seminatore si vede bene che Gesù conosce bene queste dinamiche.
● Gesù sceglie il LINGUAGGIO DELLE IMMAGINI, DELLA POESIA. Non usa il linguaggio giuridico, ma parla della vita, parla
un linguaggio poetico, meno preciso di quello sacerdotale, ma molto più vicino alla vita, parla al cuore e suscita una
reazione.

La parabola non è un’allegoria, cioè dove ogni elemento ha un significato diverso.

● Proprio perché quando vengono scritti i Vangeli il contesto comincia ad essere distante dal contesto di Gesù e la
gente non avrebbe più capita le parabole, si fanno le spiegazioni.
o Ma la parabola spiegata perdeva tutta la sua efficacia che era aperta e chiusa.
▪ Gesù usava un’immediatezza di comprensione.
o Invece nei tempi di Gesù la parabola non aveva bisogno di spiegazione.
▪ Per esempio: quando Gesù dice: Chi vuole essere il mio discepolo, prenda la croce… Ma come lo
poteva dire prima della Pasqua.

3.2. GESÙ DI NAZARET, IL FIGLIO DELL’UOMO

L’espressione Figlio dell’uomo in maniera molto evidente ci riconduce al livello di Gesù. Questa espressione negli altri e dopo
nel resto del NT quasi scompare. Invece nei Vangeli è molto importante e diffusa.

3.2.1. IL FIGLIO DELL’UOMO NEL MONDO PALESTINESE


Non era usatissima. Generalmente era un’espressione che poteva indicare o un uomo qualsiasi oppure la cosa più frequente,
era un’espressione per indicare la grandezza dell’uomo, per dire la dignità dell’uomo, oppure per indicare il Messia futuro
facendo il riferimento soprattutto al Daniele 7,13. “Simile ad un figlio dell’uomo”.

3.2.2. FIGLIO DELL’UOMO NELL’USO DELLE COMUNITÀ APOSTOLICHE


È quasi totalmente assente.

Nella fase più matura questa espressione lascia spazio al titolo Figlio di Dio. Man mano che ci si allontana dal contesto giudaico,
questa espressione sarebbe stata incomprensibile per cui non si usa più.

IL FIGLIO DELL’UOMO NEGLI EVANGELI

● È MOLTO PRESENTE QUANTITATIVAMENTE.


o Se Gesù non la avesse veramente usata molto, non sarebbe mai presente. Gli evangelisti riportano questo
termine, nonostante questo titolo rischia di non essere capito e ambiguo.
● Tutte le volte è CONTENUTA IN DETTI APPARTENENTI A GESÙ, SEMPRE LO DICE GESÙ.
● È sempre SOGGETTO DI UN’AZIONE E NON UN TITOLO A VUOTO.
o Queste azioni quasi sempre si fa riferimento al suo DESTINO DI SOFFERENZA.
▪ Sottolinea che il destino di questo Figlio dell’uomo, cioè suo, è la sofferenza e la morte.
▪ Sta correggendo la categoria del Figlio dell’uomo escatologia in Daniele che è glorioso.
● Certo che Figlio dell’uomo è glorioso, ma lo realizza attraverso la sofferenza e questo
l’Israele non se lo aspettava.
o Questo ci dice che la croce e la gloria stanno sempre insieme. Noi non crediamo nel Crocifisso e nel Risorto, ma
nel Crocifisso Risorto! Mai separati!
o Non è tanto mai Figlio dell’uomo, quanto quando realizza questa gloria nel dono di sé! Il dono di sé è la forma
della gloria di Dio, e non è un accidente.

*I libri sulle parabole:

● G. Rossè, Il volto nuovo di Dio. ‘Quando Gesù parlava in parabole, EDB


● B. Maggioni, Le parabole evangeliche, Vita e pensiero

4. GESÙ, IL PADRE E LO SPIRITO


È un capitolo trinitario. La sollecitazione di questa riflessione è figlia di una polemica, di una discussione che ci è stata, quasi che
la dottrina trinitaria fosse stata un’invenzione della Chiesa post pasquale. È vero che la prima dogmatizzazione della Trinità,
dobbiamo aspettare il Concilio di Nicea. Sembra che Gesù non abbia mai parlato esplicitamente e consapevolmente che Lui è
Figlio del Padre nello Spirito Santo. Ci sono elementi nella vita di Gesù che ci porta all’autocoscienza di Gesù di questa identità
trinitaria e solo frutto della riflessione della comunità cristiana?

4.1. PATERNITÀ E FILIAZIONE DIVINA NEL GIUDAISMO E NELLA COMUNITÀ CRISTIANA PRIMITIVA

Sullo sfondo del rapporto unico e singolare di Gesù con Dio che chiama Padre sta il titolo “figlio di Dio” che cambia il titolo
“figlio dell’uomo. Gesù ha manifestato nei suoi modi di parlare e di operare un rapporto con Dio d’Israele che si distingueva da
quello che era rapporto degli ebrei con Dio.

4.1.1. NEL GIUDAISMO


La PATERNITÀ non era la categoria religiosa tipica di Israele, ma usano il titolo “SIGNORE”, cioè il re, colui che instaura e vuole
instaurare il suo regno sulla terra.

● Mai l’idea della paternità era diventata prima di Gesù la modalità preferita né dominante per esprimere il rapporto
dell’uomo con Dio.

Nell’AT, nei salmi, a volte Dio viene chiamato Padre, ma non era mai la categoria principale, ma usano questo titolo come
METAFORA, e non mai naturale; salvaguardano sempre la differenza.

o Non c’è nessun’idea di generazione del popolo attraverso rapporto con Dio.
● La metafora del Padre dice l’infinita tenerezza, e aveva una connotazione storico salvifica collettiva. Se un ebreo osava
indicare Dio come Padre, lo faceva IN SENSO COLLETTIVO: NOSTRO PADRE!

Se guardiamo ALL’USO TIPICO DELLE PRIME COMUNITÀ CRISTIANE troviamo che l’appellativo padre diventa dominante, ma
questi erano ebrei convertiti.

● Le prime comunità non solo vedono nel titolo FIGLIO DI DIO il titolo più rappresentativo per esprimere la sua persona,
ma per conseguenza DIO È PADRE!
● E questo diventa il titolo preferenziale che prevale sul “Signore”, conservando una netta distinzione tra la filiazione di
Gesù e la filiazione dei cristiani: Quella di Gesù è una filiazione naturale, invece la nostra è una filiazione adottiva, resi
tali per l’incorporazione all’unico figlio che si riceve nel Battesimo.
o Nel NT questa distinzione è netta. Noi siamo stati salvati per grazia, non per diritto.

In mezzo c’è la novità assoluta di Gesù. Uno degli elementi su quali Gesù mostra la diversità rispetto al suo ambiento che dopo si
vede anche nei cristiani: è proprio questa categoria di paternità.

4.1.2. GESÙ E IL PADRE NELLA TRADIZIONE EVANGELICA


Il dato che emerge molto importante è la DESIGNAZIONE DEL PADRE NEI CONFRONTI DI DIO. Dio è quasi sempre appellato
come titolo di “Padre”, anche in bocca di Gesù. I detti evangelici, quando Gesù si rivolge a Dio chiamandolo Padre, possiamo
suddividerli in tre parti:

● Ci sono i detti in cui si parla di Dio come PADRE senza nessun pronome.
o Si trova anche a volte nel PT.
● Quelli che riferiscono l’espressione di PADRE VOSTRO riferito ai discepoli.
● È più importante perché ha nessun parallelo in letteratura ebraica, è PADRE MIO.
o Mai un ebreo singolo oserebbe chiamare Dio come Padre mio!
o Questa espressione appare nei luoghi di rivelazione dell’identità di Gesù. Gesù non può rivelarci più
profondamente chi Lui è, se non rivelandoci la relazione che ha con il Padre.
▪ Questo è il segreto di Gesù. Per Gesù essere Figlio è determinante. La sua identità è determinata dal
rapporto con Padre.

LA PREGHIERA DI GESÙ:

Gli studi di molti studiosi delle preghiere di Gesù hanno condotto univocamente a concludere tutto all’unisono: ci fa vedere che
Gesù abitualmente quando pregava si rivolgeva a Dio chiamandolo ABBÀ.

● È vero che nel materiale evangelico noi troviamo solo una volta Mc 14,36 la parola Abbà.
● Ma uno studio approfondito storico e letterario di tutte le tradizioni delle preghiere di Gesù, si vede che Gesù usava
sempre Abbà.

Sappiamo che la preghiera è il luogo di eccellenza nel quale emerge la profondità di relazione tra persona e Dio. Gesù esprime
una totale confidenza con il linguaggio filiale. Questo esprimeva proprio l’intimità della paternità naturale, si riferisce a
qualcuno che mi ha dato vita: un figlio naturale usa per il padre naturale.

4.1.3. LE CARATTERISTICHE NUOVE DEL RAPPORTO FILIALE TRA GESÙ E IL PADRE


1. Il modo di pregare di Gesù infrange la prima barriera dominante presente in tutto il mondo delle religioni che è quella
della SEPARAZIONE TRA IL SACRO E IL PROFANO. Una distinzione tra il tempo sacro (shabbat) e l’ordinario.
o Pensiamo solo all’importanza della domenica prima: il vestito per la domenica!
▪ Davanti alla chiesa c’era una piazza, uno spazio che non è ancora sacro, ma ti invita a staccarti, a
orientarti verso il sacro.
o La parola Abbà apparteneva al linguaggio profano, familiare: una parola appartenente solo all’ambito
profano che un ebreo non avrebbe mai usato nella religione, per Gesù diventa la parola migliore per chiamare
Dio.
o Il rapporto con il Padre segna tutto, ogni ambito della vita di Gesù : qualsiasi gesto che Gesù fa è in
riferimento a Dio: non c’è più distinzione tra sacro e profano! Il Padre è in tutti ambiti della vita, e non solo nel
tempio!
2. Il modo di pregare di Gesù TRASCENDE I RAPPORTI VERTICALI TRA L’UOMO E DIO.
o Gesù non chiama Dio Padre in quanto è ebreo, ma perché è Figlio .
▪ Gesù non si mette mai insieme con noi! Gesù il Padre nostro non lo prega con noi: preghiamo insieme
la preghiera che Gesù ci ha insegnato.
▪ Gesù non dice mai “padre nostro”, ma fa distinzione tra Padre mio e Padre vostro.
3. Questa esperienza filiale ha le CARATTERISTICHE:
A. Gesù si riferisce al Padre come ALL’ORIGINE DEL SUO ESSERE PERSONALE, della sua missione e del suo potere!
▪ Per Gesù Padre è la sua origine, Gesù viene dal Padre, Padre è tutto di Gesù!
B. Il rapporto di Gesù con il Padre si dà in forma della RECIPROCITÀ DELL’AMORE. È la reciprocità assoluta che
non confonde i ruoli, ma tutto ciò che è del Padre è del Figlio, e tutto ciò che Figlio fa è del Padre. In questa
reciprocità esplode il VOCABOLARIO DELL’AMORE PER DEFINIRE DIO.
▪ Solo nel Cantico dei Cantici si parla dell’amore, anche se non si usa il nome di Dio, ma per gli Ebrei era
evidentissimo.
▪ Questo vocabolario dell’amore ha il suo vertice nel rapporto di Gesù con il Padre.
C. L’essere dal Padre e l’essere per il Padre nell’amore in Gesù si esprime con la CONSAPEVOLEZZA
DELL’ILLIMITATEZZA DELL’AMORE PER IL PADRE.
▪ Gesù porta nel mondo il traboccare dell’eccedenza dell’amore del Padre su tutto il mondo.
▪ La RECIPROCITÀ non è esclusiva, ma EFFUSIVA nel mondo.
● Gesù infatti la interpreta così la sua missione nel mondo: effondere l’amore. La missione di
Gesù è manifestazione del volere del Padre che è l’amore!
▪ Il Padre guardando il mondo i figli dispersi da radunare. Gesù darà la vita affinché siano radunati i figli
di Dio che erano dispersi. E anche Gesù vede il mondo con questo sguardo.
D. Se la preghiera all’Abbà esprime la via unica di Gesù di Nazaret, è pur vero che Gesù ha insegnato i discepoli a
pregare dicendo Padre nostro nello Spirito del Padre mio. Gesù non prega con noi Padre nostro, ma noi lo
possiamo PREGARE COME ABBÀ NELLO SPIRITO DEL PADRE DI GESÙ.
▪ Questa filialità adottiva genera in noi la nuova forma di fraternità non di carne, ma data dalla grazia!

4.2. IL RAPPORTO TRA GESÙ DI NAZARET E LO SPIRITO

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Se noi guardiamo la comunità cristiana delle origini vediamo delle COMUNITÀ FORTEMENTE CARISMATICHE (per esempio
Corinto).
● Stupisce di fronte a questa esplosine della manifestazione dello Spirito vedere una sobrietà della presenza dello
Spirito nelle fonti prepasquali.
o Ci aspetteremo dalle comunità carismatiche che raccontano di Gesù come carismatico di eccellenza.
● Quasi si parla di un SEGRETO PNEUMATOLOGICO in modo simile al segreto messianico.
o Il rapporto tra Gesù e lo Spirito non poteva essere inteso bene se non solo alla luce della Pasqua , per non
inserire Gesù dentro un cliché già noto che avrebbe reso falsa la sua identità.
▪ Questa diventa la manifestazione di un rapporto che Gesù aveva da sempre con lo Spirito.

L’esperienza di Spirito in Israele era una PREROGATIVA PER L’ECCELLENZA, è modo in cui Dio entra nel mondo salvaguardando
la sua trascendenza.

● Nel PT ruah definisce il volto di Dio verso la creazione, il suo intervenire per dare vita nel mondo.
● Se Israele attendeva Messia come l’uomo dello Spirito non aveva però mai pensato che l’effusione dello Spirito,
escatologica, sarebbe venuta attraverso Messia.
o Si pensava che Messia avrebbe preparato il mondo ad accogliere lo Spirito, ma non sarebbe Messia a donare lo
Spirito perché Messia che aspettavano era un uomo!
▪ Come un uomo può regalare lo Spirito?

L’esperienza della Chiesa apostolica: è una chiesa che vive nella sovrabbondanza della percezione di ciò che Spirito compie,
eppure ci racconta con molta descrizione nella fase prepasquale tra Gesù e lo Spirito. Una delle cose che caratterizzano la vita
terrena di Gesù è questa presenza segreta, ma forte, nello spingere i movimenti esteriori e interiori di Gesù : Spirito spinge
Gesù nel deserto…

Il luogo per l’eccellenza nel quale la tradizione della Chiesa primitiva ha riconosciuto la prima manifestazione pubblica del
rapporto tra Gesù e lo Spirito è il BATTESIMO.

● Il Battesimo era letto come una unzione.


● Il battesimo di Gesù è la prima manifestazione che lo Spirito di Dio riposa su Gesù: quasi come una piccola pentecoste
che annuncia la vera pentecoste: quel Battesimo è un preludio al battesimo dello Spirito nel fuoco che verrà nella
Pasqua.
● La comunità delle origini porta più in profondità questa lettura: fermandosi al Battesimo potrebbe essere pericolo di
pensare che lo Spirito riposi e scenda su Gesù dal battesimo in poi, e che prima non era così.
o Perciò nella tradizione evangelica abbiamo anche Mt e Lc che ci parlano anche del concepimento attraverso lo
Spirito. Invece lo Spirito era da sempre su Gesù.

Alcune CARATTERISTICHE DI NOVITÀ DEL RAPPORTO TRA GESÙ DI NAZARAT E LO SPIRITO:

▪ È evidente che tutte le ricorrenze della relazione tra Gesù e lo Spirito sono sempre collocate nel QUADRO DEL
RAPPORTO TRA GESÙ E IL PADRE. Non sono due relazioni separate.
o Posso capire la relazione con lo Spirito solo attraverso la relazione tra Gesù e il Padre .
o Da una parte Gesù dice di essere Messia che dona lo Spirito: sembra che lo Spirito apparitene a Gesù, ma
anche Gesù parla in alcuni passi dello Spirito del Padre.
▪ Allora di chi è lo Spirito? Lo Spirito è sia del Padre sia di Gesù.
▪ Questo ci dice che non posso comprendere lo Spirito se non come esattamente la PERSONA CHE
UNISCE IL PADRE E IL FIGLIO, COME IL VINCOLO, COME IL DONO COMUNE!
▪ Lo spazio per capire lo Spirito è lo spazio di dialogo interpersonale tra Gesù e il Padre.
● Lo Spirito è luogo di questa reciprocità.
▪ Gesù parla dello Spirito, ma anche alcune volte parla nello Spirito, invece non si rivolge mai allo Spirito! Non è mai il tu
del dialogo di Gesù. Ma quando si rivolge al Padre è sempre il luogo in cui compare lo Spirito. Lo Spirito non è il tu di
Gesù, ma è IL NOI PERSONALE DEL PADRE E DEL FIGLIO, la persona nella quale avviene l’amore tra Gesù e il Padre, è lui
personalmente il vincolo di unione tra Gesù e il Padre.
o Lo Spirito è in persona exstasi del Figlio verso il Padre, e del Padre verso il Figlio.

4. L’ANAMNESI DELLA CROCE E DELLA RISURREZIONE


Il capitolo più importante!!!

*Teologia dei tre giorni – Von Balthasar

L’ANAMNESI è il modo in cui la Chiesa ci ha consegnato il ricordo, la memoria, della croce e della risurrezione del Signore.

Piccolo ripasso: Il MODO IN CUI SI SONO FORMATI I VANGELI, da punto di vista della scrittura.

● Le prime redazioni scritte sulla vita di Gesù sono i racconti della passione. Poi c’è racconto premarciano… Accanto a
questo primo nucleo si aggiungono gli scritti sulla vita pubblica di Gesù: le raccolte di detti o dei fatti. Poi si aggiungono i
vangeli dell’infanzia che ci raccontano Lc e Mt. Giovanni riporta anche il prologo che ci parla del principio. La
risurrezione inaugura il ritorno a Colui che gli ha mandato.

Noi ora studiamo qualcosa dell’identità di Gesù quale emerge nei racconti della passione.

4.1. LA CENA CRISTIANA: LUOGO DELL’ANAMNESI ECCLESIALE

Le prime raccolte erano quelle sulla passione di Gesù erano PER L’USO LITURGICO.

● Non c’era bisogno di raccontare la passione, perché tutti l’avevano vista. Il luogo in cui nasce la tradizione scritta è la
liturgia, è “funzionale” al culto.
● Quando la comunità si raduna per la cena del Signore, fa memoria, celebra, e chi presiede l’eucaristia è Gesù nella
persona del ministro. Gesù è vivo!

Per celebrare l’eucaristia la comunità inizia a raccogliere e a scrivere la passione, la morte e la risurrezione di Gesù e questo è
nucleo della futura preghiera eucaristica.

● È esattamente il nucleo da quale sono partiti i vangeli.


● I racconti della passione comprendono l’ultima cena, Getsemani, l’arresto, il processo e condanna, la morte, la
sepoltura, racconti delle apparizioni.

Un’ultima distinzione importante: gli studiosi amano parlare di una PASSIONE SEGRETA E UNA PASSIONE PUBBLICA.

● La passione segreta è l’ultima cena e Getsemani, invece la passione pubblica comincia dall’arresto.
o Si parla della passione segreta perché nessuno sapeva che cosa è successo se non sono stati presenti, tra i
discepoli.
● Un lettore che legge il racconto dall’arresto in poi si fa l’idea di Gesù: come una vittima, un fallito, uno che non
risponde, che potrebbe difendersi, invece non reagisce, non si ribella… Sembra uno che accetta di subire ciò che altri
decidono.
o Se non ci fosse la passione segreta nella quale si vede il dramma che Gesù attraversa, cioè nei quali si vede la
LIBERTÀ DI GESÙ CHE SI STA GIOCANDO, che sceglie di dare la vita, avremmo l’immagine di Gesù che gli è
capitata la morte.
o Gesù ha interpretato in anticipo quello che dopo era impossibile a vedere: è impossibile per un ebreo
guardare la croce e vedere l’amore!
o La passione segreta ci fa vedere la consapevolezza di Gesù che è Figlio amato e come sceglie di dare la vita
per noi, e una volta fatta questa scelta non torna più indietro.
▪ Senza questo non avremmo mai capito come è possibile che Gesù ha potuto avere paura di fronte alla
morte. Tutti hanno paura di fronte alla morte.

4.2. DALL’ANAMNESI DELLA CENA A QUELLA DELLA PASSIONE, MORTE E RISURREZIONE DI GESÙ

Entriamo nella passione del Signore togliendoci i calzari. Ci approcciamo con l’umiltà di cuore e la verginità della mente di non
sapere molte cose. Non approcciamo questi misteri semplicemente in modo accademico. Solo la croce non può essere vissuta
solo nell’immaginazione.

4.2.1. IL GETSEMANI
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Racconto nella Scrittura: Mt 26,36-46; Mc 14,32-42; Lc 22,39-46; Gv 12,27-33; Eb 5,7-10.

Che il fatto sia storico è certo!

● Ce lo dice l’attestazione molteplice (conservata in più fonti), se non fosse storico non si comprenderebbe perché
inserire nella Scrittura la figura di Gesù così scomoda: se si vuole annunciare Messia, perché annunciare Gesù debole, se
non è storico?
o Gesù sembra avere i sentimenti così umani da renderlo uguale a qualsiasi uomo. Se si vuole fare il discorso
apologetico, dove qui posso vedere Dio? Lo riportano perché era un fatto certamente storico!

Getsemani ci presenta questa lotta, questo momento di prova profondissima, una lotta, prima dell’inizio della sua passione
pubblica.

● Una lotta, un dramma, che non avviene minimamente al cospetto del diavolo! È presentato malissimo nel film
Passione.
● Invece è il DIALOGO, NELL’ORIZZONTE DELLA PREGHIERA, che Gesù vive il dramma della solitudine nella passione.
● Gesù comincia a PERMETTERE AL PECCATO DEL MONDO DI ENTRARE NEL SUO CUORE.
O Getsemani nella memoria della prima comunità vede al centro dell’evento il dialogo, LA PREGHIERA DI GESÙ
AL PADRE SUO.

Sono DUE GRANDI TEMPI EVANGELICI DEL GETSEMANI:

● IL RAPPORTO CON IL PADRE


o Gesù prega il Padre e lo chiede che passi il calice della prova, e il Padre non risponde.
o Il silenzio del Padre diventa attestazione per Gesù che quell’ora è veramente giunta . Il calice non viene
ritirato. Non vi è nessuna consolazione: la preghiera di Gesù non trova una risposta udibile.
● IL RAPPORTO CON I DISCEPOLI
o È un rapporto drammatico e fallimentare: ai discepoli Gesù chiede di vegliare con Lui perché ha bisogno di
consolazione e di amicizia.
▪ Chiede da loro di partecipare. A questa richiesta di solidarietà non viene data nessuna risposta, anzi
si addormentano. Per tre volte chiede il conforto, la consolazione, e questa richiesta cade nel vuoto.
o Anche nel racconto della Trasfigurazione si dice che i discepoli avevano il sonno, ma c’era lo spettacolo della
gloria! Invece qui si addormentano: quasi dicendo che non vogliono vedere un Dio così!
▪ Gesù davvero condivide tutta la fatica, il dramma, di sentirsi alla fine della sua vita terrena, e non
riceve il conforto.
▪ È un segno tangibile del fallimento con i suoi: tutti iniziano ad abbandonarlo: primo abbandono lo
vive con i tre più intimi discepoli!
▪ Una progressiva solitudine fino alla croce dove si sente abbandonato dal Padre.

È interessante che questa relazione con il Padre e questo dramma del rapporto con i suoi, GESÙ LO ELABORA NELLA
PREGHIERA!

● Nella preghiera l’uomo viene in contatto con la sua identità più profonda! Gesù non si ferma a fare una riflessione
esistenzialista, ma compie questo passo pregando, come lo farà anche sulla croce.
o Non è introspezione, ma giunge alla verità della sua missione pregando.

Quando noi viviamo i momenti della prova la prima tentazione che Maligno fa è allontanarci da Dio! Sappiamo che di fronte a
Dio troviamo tutta la verità. Se sono sporco, non posso andare da Dio! Questo lo dice il Maligno!!! Questa è la cosa peggiore.

INTERPRETAZIONE TEOLOGICA di questo evento possiamo dividerla IN TRE PROPOSTE:

A. GORDONI

Interpreta questa richiesta di Gesù di PASSARE IL CALICE non come la richiesta di Gesù di non morire; Lui sapeva che andava a
morire, anzi l’ha già menzionato tre volte prima. Non è che Gesù chiede al Padre di non morire, ma passi da me questo calice è la
DILAZIONE DI AVERE DEL TEMPO SUPPLEMENTARE, ma non per prepararsi Lui alla morte, ma di dare ultima possibilità di
conversione del suo popolo.
● Di fronte all’evidenza che il popolo non l’ha accolto, Gesù non è contento di questa ostilità! Gesù patisce il rifiuto degli
uomini. È il cuore di Gesù che è tutto per l’uomo e dice: ma è possibile che avvenga la mia morte senza che proprio
nessuno abbia creduto?!
● Chiede un tempo di più per la missione, di dare un’ulteriore possibilità di riconoscimento di chi l’ha rifiutato.

Il silenzio del Padre conferma a Gesù che ciò che sembra assurdo, sarà il contesto nel quale Lui dovrà dare la vita: di fronte al
popolo di Dio che l’ha abbandonato.

B. VON BALTHASAR

Vede L’ANGOSCIA DI GESÙ COME L’INGRESSO DI LUI NEL PECCATO.

● In quel buio che ogni peccato porta con sé, perché il peccato è menzogna, è sottrazione di luce.
● Il peccato ha delle conseguenze in noi: mi allontano da Dio e anche dimentico il gusto delle cose di Dio.
o Questa insensibilità alla grazia è frutto del peccato.
● Gesù pur non avendo peccato, essendo innocente, non per un peccato personale, ma le conseguenze, il buio del
peccato di tutta l’umanità comincia ad entrare nel cuore di Gesù. Tutto il peccato del mondo entra nel cuore di uno!

Verrebbe da dire che Gesù, sapendo che non ha peccato, soffre meno di noi per queste conseguenze. Ma non è vero, perché
soffre di più solo colui che sa tutta la preziosità del bene, solo chi è totalmente puro , conosce il dramma e l’inaccettabilità di
ogni peccato!

● Noi che siamo complici, diciamo: andiamo a confessarci e basta… I santi riconoscono e sentono di più loro peccati: io
per il mio Sposo devo vincere ogni imperfezione che potrebbe ferire l’Amore!
● Quando l’Agnello di Dio senza peccato prende su di sé tutto il peccato del mondo, pensate che abisso entra nel cuore
di Gesù.
o A volte Balthasar esagera anche su questo.

C. RATZINGER

Concentra la sua riflessione considerando la fatica, il dramma di Gesù, non come una sua non volontà di obbedire al Padre. In
Gesù non c’è nessuna lacerazione.

Dal peccato delle origini fino ad oggi, LA VOLONTÀ UMANA, LA SUA ABITUDINE DEL PECCATO, HA INDEBOLITO LA VOLONTÀ
UMANA!

● Una storia di peccati renderà sempre più debole quella volontà che è stata creata buona.
o Se io rompo lo stesso osso, certo che diventerà più fragile ed è più possibile che si rompe di nuovo allo stesso
posto.
o Ogni peccato ha dimensione sociale perché ogni peccato ferisce tutti! Ogni nostro peccato inquina l’aria della
Chiesa e del mondo.
● La volontà umana non è più abilitata tanto a dire di sì a Dio, anche se abbiamo ben chiaro che dobbiamo fare.

La fatica è, che Gesù che ha assunto veramente la volontà umana, non peccatrice, ma debilitata dal peccato, soffre proprio
questo dramma. NEL GETSEMANI GESÙ RIPORTA ALL’OBBEDIENZA QUELLA VOLONTÀ UMANA ORMAI ALLENATA ALLA
DISOBBEDIENZA!

● E riportarla all’obbedienza è fatica e sudore, ma è tanto e solo amore! Per cui Gesù vive e vuole anche umanamente
quello che vuole Padre!
● Questa volontà ristabilita avviene in un giardino, come è avvenuta anche la prima disobbedienza!

Il Getsemani si conclude con l’arrivo delle guardie guidate da Giuda. Gesù chiama Giuda l’amico!

● La fedeltà di Gesù al suo amore per noi non viene meno di fronte all’evidenza del tradimento perché le scelte di Dio
sono per sempre!
o Noi che cosa diremmo in quella situazione??? Meglio non fare l’elenco.
Balthasar parla di un gioco delle consegne: dall’arresto in poi parte una serie di consegne sempre più perversa. Gioca un po’
sull’ambivalenza del verbo TRADERE: che vuol dire trasmettere (consegna positiva) e tradire (consegna negativa)!

● Giuda consegna Gesù alle guardie, le guardie al Sinedrio, Sinedrio a Erode, Erode a Pilato, Pilato alla folla e la folla alla
morte. Ogni passaggio è un passo in avanti verso la sua morte.
● Dentro queste consegne maligne Gesù sta vivendo la sua consegna d’amore : il Padre consegna il Figlio, il Figlio si
consegna e che morendo consegna lo Spirito!
o E fa la sua consegna vivendo esattamente dentro di quello che noi abbiamo scelto per lui: Dio vive la croce
come consegna d’amore; nella morte che noi gli doniamo, lui esattamente vivendo questo consegna a noi la
vita!
o Dio non ha scelto la croce e la sofferenza, ma l’abbiamo scelto noi per Dio, e Dio ha scelto l’amore!
o Queste consegne di uomini vengono trasformate dall’amore di Dio!
▪ Per la prima volta qualcuno passa attraverso questo tunnel buoi pieno di odio, con l’amore!

4.2.2. IL PROCESSO
Parliamo di processo, non di processi, anche se questo unico processo ha due luoghi: PROCESSO RELIGIOSO e POLITICO.

Ha un’importanza storico-sociale: la crocifissione ha avuto un impatto storico-sociale fortissimo; è un evento pubblico. Questa
vicenda è entrata anche nei meccanismi del potere umano.

*Purtroppo, noi nella pastorale non tocchiamo molto le questioni sociali, ma siamo nella grande spiritualità. La morte di Gesù ha
un grandissimo valore sociale: educhiamo i giovani a vivere la quotidianità! Contro Cristo anche i meccanismi di potere si sono
messi!

Dio redime tutta l’umanità, compresi i momenti sociali.

Due elementi religioso-politici sono riportanti dai sinottici e da Giovanni. Nei sinottici è più materiale nel Sinedrio. Giovanni
molto più racconta il colloquio con il Pilato.

A. Questa SEDUTA NOTTURNA CON IL SINEDRIO:

● Era impossibile radunare il Sinedrio di notte che erano tutti i sacerdoti, tutti gli anziani e scribi. Con tutta la probabilità
Gesù è stato processato da un consiglio, cioè da un gruppo ristretto che era consiglio di tutto il sinedrio.
o Forse giorno dopo è stata una conferma di un’assemblea più grande di questi elementi notturni.
o Questo processo non aveva nessuna valenza perché non potevano mettere nessuno alla morte.
● All’inizio vengono presentati dei falsi testimoni e tutte queste accuse non bastano perché loro non sono d’accordo tra
loro. Il sommo sacerdote interviene e va da Gesù: Sei tu il Figlio del Dio vivente? Gesù risponde: Io lo sono e vedrete
Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio e venire sulle nubi! Sommo sacerdote dice: Non abbiamo bisogno più dei
testimoni, perché è evidente la bestemmia!
o Gesù rispondendo cita i testi della Scrittura:
▪ Sal 110,1: Oracolo del Signore al mio Signore, siedi alla mia destra: dice salmo dell’intronizzazione del
Re;
● Veniva cantato quando il nuovo re si sedeva sul trono: si sa che il Re d’Israele è Dio, e
questo Dio dice al nuovo re di sedersi alla sua destra!
● Questo re è una figura umana.
▪ Dn 7,13 parlando del Figlio dell’uomo.
● Invece questa figura appartiene al mondo celeste, l’apparizione della gloria di Dio.
▪ Quando tieni queste due cose separate, vanno benissimo, ma quando Gesù unisce queste due figure:
dice le sue due nature, umana e divina! E questo per gli Ebrei era abbastanza per la condanna di
morte.
o Se Gesù avesse detto solo che è Messia, sarebbe come tanti altri. Invece Gesù dà una risposta nuova e
sconvolgente che il sommo sacerdote ha capito benissimo; e questo non coincide assolutamente con Dio che
adorano gli Ebrei.

B. PROCESSO POLITICO DAVANTI AL PILATO IN GIOVANNI


Gli Ebrei non possono condannare a morte, perciò portano Gesù davanti al potere politico. Se nel Sinedrio l’orizzonte è titolo di
Messia, il titolo intorno a quale ruota il dialogo tra Gesù e Pilato e il TITOLO DI RE! Gesù nel processo con Pilato si manifesta
come il vero re.

Giovanni fa L’INVERSIONE DEI RUOLI: quando in un racconto mentre racconto quello che è successo inverto dei ruoli senza che
tu te ne accorga: in tribunale Pilato è giudice e Gesù è imputato. Alla fine, Pilato ne esce che era giudice esce come colpevole,
invece Gesù esce come vero giudice che esercita il suo potere sulla croce. Dio è vero giudice ma non giudica come i giudici di
questo mondo.

● Giovanni usa spesso questa inversione: per esempio, Gesù e Samaritana: all’inizio Gesù è assetato e chiede da bere alla
Samaritana, invece alla fine è la Samaritana che ha sete.

Pilato cerca che cosa è la verità, e Gesù sta in silenzio dicendo che la verità non si cerca in quel modo!

● La menzogna chiede a colui che è la verità che cosa è la verità, certo che Gesù sta in silenzio.

Pilato in un certo punto, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo presenta: Ecce homo! Colui che non sembra più l’uomo, viene
presentato come vero uomo. Il vero luogo dove sarà fatto il vero giudizio è la croce!

4.2.3. LA CROCIFISSIONE
Ci troviamo al nucleo del racconto: pensate solo quanto rallenta il racconto. Di tutto l’altro gli evangelisti parlano in maniera
molto snella e breve, invece quando ci avviciniamo alla passione, il racconto si ferma, rallenta tantissimo! È la narrazione più
importante e custodita più di tutte!

● Il mondo oggi odia la lentezza: invece la vita, l’amore, ha bisogno dei tempi lunghi! Non passare in fretta, ma fermati!
o L’icona per l’eccellenza è Maria che stava, e non che passava! Anche il racconto evangelico ci sta educando a
stare sotto la croce.

SINOTTICI

La pericope che narra la morte di Gesù è Mc 15,33-39.

Marco solennizza il racconto della morte di Gesù attraverso nota letterario dei DUE GRANDE GRIDI DI GESÙ SULLA CROCE al
versetto 34: un grido che poi viene reiterato prima di spirare!

● Il PRIMO GRIDO è: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?


● Invece il SECONDO GRIDO non ha parole, ma Gesù muore gridando.

Proprio vedendolo morire così il centurione dice: Questo era il Figlio di Dio!

L’enfasi su questa morte è segnata dai segni apocalittici rivelativi che accompagnano la morte di Gesù: il buio sulla terra, lo
squarciarsi del velo del tempio, in Mt anche il terremoto.

Un grido che è ultimo atto di una vita: Gesù è morto gridando a squarciagola.

● Noi nasciamo gridando. Il Figlio di Dio è morto gridando ed espirando l’ultimo grido.
o Se noi non leggiamo in Dio la verità dell’umano, dove andiamo a leggerla?!
o La modalità del nostro nascere ce la consegna il morire di Gesù. Il grido della vita con quale noi nasciamo è
costato la vita di Dio!

L’autore in merito delle parole pronunciate da Gesù si ferma sul GRIDO DELL’ABBANDONO perché è quella più problematica.
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” è inizio del SALMO 22.

● Ci viene ricordato anche nell’originale ebraico! Quando vengono riportate le parole così significa che queste parole
sono importantissime.
● Il significato non è tanto psicologico, quanto teologico: questo grido ci sta comunicando qualcosa di Dio.

Questo grido ha una duplice valenza che va tenuta insieme:


● Dobbiamo riconoscere che Gesù PROCLAMA DI SENTIRSI VERAMENTE ABBANDONATO DA DIO!
o Non dice Abbà, ma dice Eli, cioè Dio, nome comune di Dio!
o Si sente abbandonato nel senso biblico che Dio non è venuto nel suo soccorso.
o Tanti salmi riportano proprio questa disperazione, e quasi sempre c’è alla fine una lode, ma per Gesù questo
non capita perché Padre non interviene a salvarlo, neanche donandogli conforto della sua presenza.
▪ Gesù muore proprio da solo.
● Quello di Gesù è un GRIDO DI PREGHIERA: anche se non sente più la presenza dell’Abbà, comunque si rivolge a Lui,
prega colui dal quale si sente abbandonato. Gesù si affida, si abbandona a colui dal quale si sente abbandonato:
questo ci dice che non è un grido disperato, ma è una preghiera al centro di una solitudine estrema.
● Quando un giudeo citava il primo versetto del Salmo era come se l’avesse pregato tutto: Il Salmo 22 inizia con questo
grido dell’abbandono e finisce con il versetto che Dio l’ha salvato.
o Si dice allora che Gesù già stava alludendo alla conclusione in gloria dello stesso salmo.
▪ Ma il salmo è per Gesù, e non Gesù per il salmo: è nell’esperienza di Gesù che si legge l’espressione di
quel salmo, e non Gesù in confronto con il salmo.
o Gesù muore gridando l’abbandono, non perché è disperato, ma nel colmo dell’abbandono Gesù si abbandona
attraverso la preghiera al Padre dal quale si sente abbandonato.
● A questo grido si associa la CONFESSIONE DI FEDE DEL CENTURIONE ROMANO. Di questo parlano Mc e Mt. Vedendolo
morire così il pagano centurione afferma che quell’uomo era figlio di Dio.
● Invece nel Vangelo di Marco la professione di fede del centurione è compimento del versetto primo del Vangelo!
o Il grido che manifesta l’intimo di Gesù diventa l’epifania più grande di figliolanza divina.
o È questa professione di fede fa un pagano: Gesù diventa il tempio per tutti i popoli!

Bordoni dedica una parte sulle RICERCHE STORICO CRITICHE DI MC NELLA PASSIONE: gli studi hanno dimostrato che Mc ha
attinto a sua volta da un racconto precedente che assume nome di racconto premarciano.

● Le prime narrazioni della morte di Gesù erano una narrazione della passione di Gesù ritmata attraverso i salmi: si
prendeva un salmo di passione e di gloria di un giusto e si usava quel salmo come scheletro per raccontare la passione
di Gesù.
o Un esempio: Geremia: tutti vanno contro di lui, nonostante sia giusto, ma in questa passione del giusto che è
un genere letterario a un certo punto interviene Dio, lo libera dai nemici e gli ridona la vita.
o Il Salmo 22 e il Salmo 31: Sicuramente questi salmi sono stati alla base del modo in cui i primi racconti di
passione si sono formati con la differenza che Dio non interviene nel caso di Gesù durante la vita, ma
interviene alla risurrezione.
▪ Questo segna uno stacco: mai nella passione del giusto finisce così, invece in Gesù questa visione
viene cambiata.

REDAZIONE GIOVANNEA (GV 19,16-37)

Ci sono le 5 PERICOPI (noi studiamo terza, quarta e quinta pericope):

1. L’arrivo di Gesù al Golgota e tema dell’iscrizione di Pilato


2. Gesto dei soldati sotto la croce: divisione vesti e tunica
3. Le parole di Gesù alla madre e al discepolo.
4. Le ultime parole di Gesù e il compimento.
5. Quello che accade subito dopo la morte di Gesù: quello che i soldati fanno e non fanno a Gesù.

TERZA PERICOPE: LE PAROLE DI GESÙ ALLA MADRE E AL DISCEPOLO

Noi vediamo il tema della morte di Gesù e quello che segue. “Dopo questo, Gesù sapendo…”.

● Dopo questo significa dopo che Gesù ha consegnato la madre al discepolo e il discepolo alla madre perché era
importantissimo, non poteva essere tutto compiuto senza di questo.
● Il significato della madre e il discepolo indica loro importanza nello spazio cristologico : non è un gesto di pietà verso la
madre, ma il coinvolgimento di Maria e il discepolo di coloro che abitano già lo spazio di manifestazione e di gloria che,
per Giovanni si trova sulla croce.
● Quando Giovanni parla che Dio glorificherà Gesù, parla della croce! Per Giovanni la croce è il momento del Cristo
glorioso.
o Maria e Giovanni rappresentano la primizia della Chiesa che nasce ai piedi, lì dove la gloria del Signore
scende e prende il possesso della terra.
▪ Se Sion era l’immagine della città santa e della gloria di Adonai, ora la Chiesa diventa questa città
santa e la vera gloria di Dio risplende in Gesù Crocifisso.
▪ Infatti, Maria non viene chiamata madre, ma donna. È la prima vera donna, la madre di tutti i viventi,
immagine della Chiesa.
▪ Il popolo messianico viene radunato dove viene manifestata la gloria a Dio, cioè sulla croce: l’amore
fino alla fine.

QUARTA PERICOPE: LE ULTIME PAROLE DI GESÙ E IL COMPIMENTO

Per tre volte ricorre la SEMANTICA DEL COMPIMENTO.

● Da una parte le parole a Maria e al discepolo, dall’altra il segno della sete sono cornice del compimento.
o Il compimento non poteva essere fino a quando non vi era la consegna della Madre al discepolo e finché non
venisse espressa la sette!
● Gesù di che cosa ha sete? Sicuramente, ha sete anche fisica del corpo che diventa cifra di una sete ben più grande che
consuma il cuore di Cristo.
● Il tema della sete è già stato presente:
o La Samaritana nel capitolo 4 dove si dice che lui è l’acqua viva e se la bevi non avrai più sete.
o Ma c’è anche un altro passo: a Gerusalemme: Gv 7,37-38: se qualcuno ha sete, venga a me e beva… Siamo
sulla stessa onda. Fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo fianco.
▪ Al versetto 39 dice che questo Gesù parla dello Spirito Santo che non è ancora venuto perché Gesù
non è ancora stato glorificato.
▪ Lui che ha promesso di saziare la sete degli altri, ora ha sete Lui: è la sorgente che ha sete.
o Esprime LA SETE DI COMPIERE L’OPERA DI DIO, ciò per cui è stato mandato: la salvezza nostra, di dare l’inizio
alla nuova creazione.
o Come se dicesse che ha dato tutto quello che doveva dare. Donata tutta l’acqua è consumato dalla sete che il
disegno di Dio si compia.
▪ Perciò Gesù può gridare: è compiuto! Non si dice chi o che cosa è compiuto! È compiuto il disegno del
Padre: che l’uomo si salvi! Ora questo è finalmente compiuto.

Perché qualcosa si compia è necessario che abbia avuto un inizio. La parola: è compiuto, sta rimandando il lettore al Genesi
1,1: In principio, Dio creò cielo e la terra.

● Il COMPIMENTO DELLA CROCE È IL COMPIMENTO DELLA CREAZIONE: Dio ha creato il mondo in vista dell’alleanza con
Lui! Finalmente questo si è realizzato sulla croce: qui inizia la nuova creatura.
● Ma c’è un altro “In principio era il Verbo”: vuol dire che è anche COMPIMENTO DELLA RIVELAZIONE DI DIO: sulla croce
viene rivelata fino in fondo l’identità di Cristo, del Verbo eterno di Dio!

QUINTA PERICOPE (31-37): QUELLO CHE ACCADE SUBITO DOPO LA MORTE DI GESÙ: QUELLO CHE I SOLDATI FANNO E NON
FANNO A GESÙ.

La COLLOCAZIONE TEMPORALE di Giovanni: l’ora nona (tre del pomeriggio) nel Vangelo di Giovanni dove siamo alla vigilia della
Pasqua.

● Nel tempio venivano presentati e uccisi gli agnelli che dopo nella notte sarebbero consumati. Per Giovanni Gesù muore
proprio a quell’ora. Il vero Agnello muore nel momento in cui gli agnelli della prima alleanza venivano sgozzati a dire
che quelli agnelli non servono più perché ora c’è il vero Agnello, quello che veramente toglie i peccati del mondo.

Quello che i soldati non fanno: NON GLI SPEZZANO NESSUN OSSO.

● Diventa attestazione di chi è colui verso il quale non compiono quel gesto: è una cristologia in diretta – cristologia
dell’agnello tipica per Giovanni.

Ma UN SOLDATO CON LA LANCIA GLI TRAFIGGE IL FIANCO E SUBITO ESCONO IL SANGUE E L’ACQUA.
● Anche questo viene letto nell’ottica del compimento: questo gesto del soldato compie un’altra profezia: Zaccaria
12,30-13,1: guarderanno a lui che hanno trafitto. Vi sarà per la casa di Davide lamento come per il figlio unico e
subito scaturisce una sorgente per gli abitanti di Gerusalemme per pulire le impurità.
o Gesù è veramente figlio unico e per lui veramente faranno lamento, e dalla ferita del fianco uscirà una
sorgente che pulirà i peccati di tutti.
▪ Ecco perché poi sono visti come i sacramenti.

Questa fonte che zampilla, questo compimento, nel momento in cui Gesù dice che è compiuto, Gesù china il capo e CONSEGNA
LO SPIRITO.

● Il verbo paradidomi che vuol dire trasmettere/consegnare: Gesù muore consegnando lo spirito.
o Si intende per lo spirito lo Spirito Santo.
o Gesù veramente consegna la vita divina.
o La verità ultima che dice il nostro essere figli di Dio è che ci è stato consegnato lo Spirito che ora è dentro di
noi. Nella nuova creazione Dio effonde lo Spirito Santo come alla creazione ha dato ruah al primo uomo.

4.3. L’ESPERIENZA DELL’ANNUNCIO DEL RISORTO

Si tratta di un FATTO CHE TRASCENDE IL LIVELLO STORICO: Gesù non appartiene più allo spazio e al tempo nostro. Gesù entra
nella metastoria, ma è un fatto che lascia le sue tracce nella storia nonostante non sia documentabile. Nessuno ha visto
risorgere Gesù, ma i diversi lo hanno visto Risorto. I testimoni sono quelli che hanno visto Gesù Risorto e non quelli che hanno
visto la risurrezione perché nessuno ha visto la risurrezione.

L’esperienza e l’annuncio del Risorto sono luogo fondamentale in cui vive la Chiesa.

Solo partendo dall’incontro con il crocifisso, cioè è stata la presenza e l’incontro con il Risorto che ha condotto la Chiesa delle
origini a fare la memoria di quello che è stata la vita di Gesù precedente, che ha permesso che quella memoria non decadesse.

● La risurrezione fa vedere che la consapevolezza certa di aver incontrato vivo e risorto colui con quale avevano vissuto li
porta a ricordare tutto quello che hanno vissuto con loro.
● La risurrezione è il motivo che determina la necessità di fissare la memoria di una storia che continua, che è viva, di
qualcuno che è in vita, ma che anche tornerà e nell’attesa del suo ritorno ricordiamo la sua memoria che è vivente.
o La risurrezione non è allontanarsi dalla storia, ma la storia di Gesù rimane il centro della professione di fede.

Anche in questo caso come per la crocifissione il luogo vitale in cui nascono i primi racconti delle professioni è LA LITURGIA.

● Nel contesto cultuale cominciano a fiorire le prime confessioni di fede brevi: Gesù è risorto, oppure Maranatha, viene
Signore Gesù.
o Si chiamano le omologie – le brevi frasi in cui tutti ci riconosciamo che sono professioni di fede.
● Anche i primi racconti dell’apparizione del risorto si sono formati nella liturgia.
● Invece, la risurrezione nella cristologia manualistica era presentata come grande miracolo che confermava l’autorità di
Gesù come l’inviato da Dio con intento solo apologetico.
o Era la prova della sua divinità, e non l’identità su Dio.

*H. Kessler, La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio…, Queriniana.

La risurrezione è un evento singolare perché non appartiene più alla storia, ma la trascende. Gesù non è più limitato dallo spazio
e tempo eppure conserva un corpo, mangia il pesce arrostito.

La conoscenza del Risorto è possibile non a chiunque, ma solo ai TESTIMONI PRIVILEGIATI.

● Non è fatto storico che si può accertare. Noi conosciamo la veridicità della risurrezione attraverso la testimonianza di
coloro che hanno incontrato il Risorto.
● Incontrare il Risorto diventa possibile solo per L’INIZIATIVA DEL RISORTO STESSO: è una cristofania.
o Maddalena non provoca l’incontro con il Risorto, ma è sempre iniziativa di Gesù perché anche la risurrezione di
Gesù non si attendeva nessuno.
o Se già nella vita terrena di Gesù non bastava vederlo ed ascoltarlo, a maggior ragione la risurrezione. Non
avrebbe convinto nessuno se Gesù Risorto fosse apparso, perché senza la fede è impossibile riconoscerlo.
▪ Questo non ci allontana dall’evento, ma è l’unico modo per accedervi.
● Un gruppo degli Ebrei inizia a proclamare che Messia è un Crocifisso e questo è assurdo e non si spiega con
un’autogenesi. Questo ci fa vedere che c’era un’autentica esperienza con Lui, altrimenti sarebbe proprio impossibile
questo fatto, soprattutto l’annuncio del Risorto! Non può la prima comunità generare la fede nel Risorto, tanto meno
nel Crocifisso.

4.3.1. LA CERTEZZA DELLA FEDE E DELLA PREDICAZIONE APOSTOLICA SULLA RISURREZIONE DI GESÙ DI NAZARET
La Chiesa manifesta la certezza di fede che Cristo sia Risorto. I testimoni pasquali affermano di aver incontrato personalmente
Gesù vivo e di questo ne sono assolutamente convinti. LE CARATTERISTICHE DELL’ESPERIENZA che questi testimoni affermano:

A. Il CARATTERE OGGETTIVO DI QUESTA ESPERIENZA: testimoni dicono di essersi incontrati con una persona reale di
fronte alla quale loro sono stati in condizione di passività, perché è Cristo che aveva perso l’iniziativa.
B. Essi parlano di un vedere che non è una mera esperienza interiore, ma è un VEDERE REALE che tocca il testimone nei
suoi sensi. Ha raggiunto sfera dei sensi corporea.
C. La RIVELAZIONE DEL RISORTO TRASFORMA PROFONDAMENTE IL TESTIMONE, lo cambia. Diventano i testimoni
proprio da questo incontro.

Queste tre caratteristiche motivano la convinzione nella certezza della fede che non è frutto del ricordo nostalgico, ma è
un’esperienza oggettiva.

4.3.2. I RACCONTI PASQUALI


Ruotano intorno a due grandi realtà:

A. LE APPARIZIONI DEL RISORTO

Abbiamo 8 racconti di apparizioni nei Vangeli che non vuol dire che non sono stati altri:

● 5 racconti riguardano i testimoni ufficiali, cioè agli apostoli riuniti,


● 3 sono riservati a persone singole o a piccoli gruppi.

Alcune apparizioni sono situate:

● Le APPARIZIONI DI GERUSALEMME hanno uno schema narrativo sviluppato intorno ai tre elementi (es. Emmaus):
o L’iniziativa del Risorto
o Il travaglio, la difficoltà del riconoscimento che dice che la libertà del destinatario è in gioco
o La missione dei testimoni
● Le APPARIZIONI DI GALILEA sono debitrici a una cristologia dell’esaltazione: il Risorto prende iniziativa e incute
l’adorazione ai testimoni, lo adorano e ricevono dei comandi della missione.
o Gv 21: non c’è difficoltà del riconoscimento. Fanno vedere un Gesù molto più solenne.

B. IL SEPOLCRO VUOTO

Non ha valenza della prova. Matteo racconta anche delle guardie che devono dire le bugie.

Il sepolcro non diventa l’evidenza della risurrezione. Perché diventi parlante c’è il BISOGNO DELLA FEDE. Sicuramente il
ritrovamento della tomba vuota è un fatto storico; è un segno assolutamente necessario per la veridicità della testimonianza,
ma non è la prova e non suscita la prova. È un segno controllabile lasciato nel mondo dell’evento non controllabile perché
metastorico. Se visto all’interno della fede può essere il segno che basta per offrire la speranza nella risurrezione (apostolo
Giovanni che arriva al sepolcro e crede anche se non ha visto ancora il Risorto).

5. LA CRISTOLOGIA NELLA FEDE E NELLA PROCLAMAZIONE DELLA CHIESA DEL NT


Nel quale modo la Chiesa primitiva nella fase post pasquale ha fissato la fede nel Crocifisso risorto e come ha espresso questa
fede?
5.1. LA RISURREZIONE DI CRISTO CROCIFISSO, CENTRO E FONDAMENTO DELLA CRISTOLOGIA DEL NUOVO TESTAMENTO

Nell’evento della risurrezione nasce la cristologia post pasquale perché conclude la fase terrena. L’evento della Pasqua e il
dono dello Spirito Santo definisce la completezza della rivelazione. La Chiesa comincia a professare la fede in questo. Perciò
partiamo dalla risurrezione.

5.1.1. LA RISURREZIONE DI CRISTO COME PUNTO DI PARTENZA DELLA FEDE CRISTOLOGICA DEL NUOVO TESTAMENTO
La fede dei discepoli in Gesù non inizia prima della Pasqua, non è ancora fede cristologica.

● La stessa confessione di fede di centurione non è cristologica, ma manca la risurrezione per capire meglio.
o Non è fede piena pasquale, ma è un inizio, una fede cristologica ancora implicita, parziale.
o Ma non si può dire che prima della Pasqua i discepoli non avevano la fede in Gesù, un certo affidamento. Solo
questa vita precedente con Gesù terreno rende possibile ai discepoli dire che quel Gesù è risuscitato: Quel
Gesù che voi avete ucciso…
o L’anamnesi della vita terrena diventa parte integrale dell’annuncio .
▪ Solo alla luce della Pasqua i discepoli possono giungere alla piena comprensione dell’identità di Gesù
che non annulla il ricordo dell’esistenza terrena di Gesù.

Nel caso della RISURREYIONE si tratta di un fatto che appartiene alla metastoria e quindi non può essere documentato: non c’è
una narrazione della risurrezione, ma delle apparizioni del Risorto.

● Ne abbiamo l’attestazione solo nelle TESTIMONIANZE, che vuol dire che il linguaggio della testimonianza coincide con
l’evento stesso. Noi non raggiungiamo la realtà della risurrezione se non per il linguaggio della testimonianza.

Perché un evento sia storico c’è bisogno delle fonti, dei documenti. La parola che ci trasmette quell’evento permette all’evento
di essere fissato nella storia. Il linguaggio che viene impiegato dalla prima Chiesa ci dice qualcosa della natura dell’evento . Non
ci può raccontare il fatto, ma ci annunzia il senso. La fede testimoniale diventa parte dell’evento stesso.

La risurrezione nel NT, che è punto di partenza della fede cristologica, viene testimoniata con una PLURALITÀ DEI LINGUAGGI.

● Quello di Gesù non è una rianimazione, non è paragonabile alla risurrezione della figlia del Giairo, di Lazzaro…
o I linguaggi che NT usa per esprimere la risurrezione non permettono che si capisca che Gesù sia rianimato, ma
è già nella metastoria.

QUALI SONO QUESTI LINGUAGGI?

● Si usa il LINGUAGGIO DELLA RISURREZIONE che si esprime attraverso i verbi: il RIALZARSKI oppure il RISVEGLIO ALLA
VITA NUOVA, non alla precedente.
o Da questo viene anche il cimitero che significa dormitorio.
● C’è anche altra semantica collegata al tema della ELEVAZIONE che significa innalzare verso l’alto:
o viene a volte detto che Cristo è stato elevato, portato in alto: questo indica che Gesù con la risurrezione viene
innalzato al mondo di Dio.
● Poi c’è linguaggio dell’ESALTAZIONE che è unito spesso alla GLORIFICAZIONE: spesso sono associati.
o Esaltare significa innalzare per far conoscere, dire a tutti l’eccellenza di quella persona, questo è anche il
senso della gloria che è manifestazione di tutta la bellezza che ha il peso: Il Padre ha esaltato il Figlio e l’ha
glorificato come il suo Figlio amato.

5.1.2. LA RISURREZIONE DI CRISTO COME COMPIMENTO DELLA CROCE E COME EVENTO CRISTOLOGICO-PNEUMATOLOGICO
Abbiamo visto che punto di partenza coincide con il linguaggio, vediamo qualcosa di suo CONTENUTO.

La risurrezione non è per nulla una pagina che si volta e che supera la crocifissione. La Chiesa confessa sempre il CROCIFISSO
RISORTO che è la pienezza della fede: dobbiamo tenere sempre queste due dimensioni!

● Infatti, nel corpo di Gesù crocifisso rimangono i segni dei chiodi perché sono i segni dell’amore, della sua identità
ultima!
● Non parliamo della sofferenza, non è fissazione di una tortura, non è questa identità di Dio, ma l’Amore che non si
tira mai indietro. Non ci è salvata la sofferenza di Gesù, ma l’amore di Gesù!
o Nei campi di concentramento ci sono state le cose peggiori! Non è questo che ci ha salvato, ma l’amore con le
quali Lui ha vissuto quelle sofferenze!
o Dio non dona la sofferenza, non dona la croce, ma lo possiamo vivere come l’occasione per amare!
o Non amo il mio cancro, mai, ma amo gli altri e amo Dio anche nel cancro. Bisogna stare attenti ai linguaggi, ma
bisogna fare l’ermeneutica.

La risurrezione viene interpretata come la gloria del Crocifisso! L’ETERNIZZAZIONE L’AMORE OFFERENTE DI GESÙ NELLA
CROCE – questa è la risurrezione.

● L’amore che si offre sulla croce viene fissato come identità di Dio che è Amore fino alla fine. È la definizione più vera di
Dio: l’amore che è più forte della morte.
● La risurrezione eternizza questo amore offerente di Gesù donandocelo nello Spirito!

COL 2,9: IN CRISTO ABITA CORPORALMENTE LA PIENEZZA DELLA DIVINITÀ. DOBBIAMO SAPERE A MEMORIA!

EB 9,14: GESÙ HA OFFERTO SÉ STESSO PER UNO SPIRITO ETERNO.

● Nello Spirito Santo Cristo si è offerto. Lo Spirito Santo ha condotto e guidato Gesù nell’offerta, e non è solo la forza
della volontà, ma era l’Amore che è Spirito Santo.
● Interpreta l’offerta dell’amore che Gesù ha fatto sulla croce come una spinta guidata dallo Spirito Santo.
● Questo è reso possibile nella Pasqua, perché Gesù dona lo Spirito; quell’amore offerente Gesù non lo tiene per sé, ma
lo dona a noi.
o La Pasqua porta in noi quello stesso amore di Gesù; non è uno spettacolo.
o Lo Spirito rende accessibile a tutti gli uomini in tutti i tempi e in tutti gli spazi quell’amore di Gesù, altrimenti
questo tutto sarebbe solo un ricordo sbiadito.
o Invece questo amore è vivo, anche nell’eucaristia: noi siamo partecipi a questo amore, a quella grazia che ci
raggiunge oggi e nello Spirito ci trasforma.

Il NT descrive questo rapporto tra la cristologia e pneumatologia attraverso vari linguaggi:

A. IL CRISTO RISORTO PER IL DONO DELLO SPIRITO GENERA LA FEDE PASQUALE

Giovanni: il Cristo risorto per il dono dello Spirito genera la fede pasquale. È una prospettiva SINCRONICA: risurrezione di
Gesù e il dono dello Spirito sono sincronizzati, cioè vengono insieme. Il giorno della Pasqua coincide con il dono dello
Spirito.

● La sera del giorno di Pasqua Gesù entra nel cenacolo, saluta e soffia dicendo: Ricevete lo Spirito Santo. E genera la fede
pasquale.
● Giovanni aveva già parlato dell’effusione dello Spirito sulla croce: questo vuol dire che dobbiamo abituarci che esiste
un tempo cronologico e kairologico: il tempo è spazio di Dio!

B. IL CRISTO RISORTO PER IL DONO DELLO SPIRITO DÀ L’INIZIO ALLA NUOVA CREAZIONE

Prospettiva paolina per il quale il Cristo risorto per il dono dello Spirito dà l’inizio alla nuova creazione.

● Paolo non racconta in nessuna delle lettere della pentecoste, ma dice che gli effetti della presenza del Risorto, della
salvezza operata da Cristo nella Pasqua, sono manifestati dall’opera dello Spirito.
● Come la prima creazione è arrivata attraverso lo Spirito così la nuova creazione inizia da Cristo per l’opera dello
Spirito.
● Qui c’è anche il discorso dei carismi: Spirito distribuendo i doni manifesta la presenza del Cristo.
o Se sono una cosa sola con Gesù lo si vedrà dallo Spirito

C. LA RISURREZIONE E IL DONO DELLO SPIRITO NELLA PENTECOSTE

Prospettiva di Luca per il quale la pentecoste è il compimento della risurrezione, ma è anche la manifestazione del cammino
della Chiesa nel mondo, della testimonianza.
● La narrazione di Luca è DIACRONICA e pone la pentecoste 50 giorni dopo la Pasqua che non vuol dire che in quel
tempo non ci è stato lo Spirito: non è contrario a Giovanni.
● La pentecoste di Luca fa vedere che il dono dello Spirito abilita la Chiesa a dar testimonianza del Risorto.
o Come è avvenuto anche per Gesù: è stato concepito dallo Spirito Santo alla nascita, ma è con il battesimo che
è abilitato a testimoniare alla missione della predicazione.
o Per Luca la vita del discepolo deve imitare la vita di Gesù.

5.1.3. LA RISURREZIONE DI CRISTO E L’UNITÀ DELLA CRISTOLOGIA DEL NT


Vediamo molto PLURALISMO: nei linguaggi, nelle prospettive teologiche. Se facciamo una ricerca al livello delle fonti, troviamo
un’attestazione primordiale? La risposta è: NO. Non c’è un linguaggio, un modo di confessare il risorto che è stato all’origine di
questa pluralità. Ma l’origine della risurrezione è pluralità: ci è stata data in molti modi.

L’UNITÀ DELLA CRISTOLOGIA DEL NT non è data da un’unica teologia madre, ma è costituita dalla Chiesa stessa.

● È la Chiesa stessa il centro di unità della fede. La Chiesa lo dirà in tanti modi di questo evento, ma è la famiglia che
unisce tutto questo, cioè il vincolo di comunione ci accomuna.
● Tutti condividiamo la stessa fede anche se lo esprimiamo in modi diversi. Essere una cosa sola è il centro di unità della
nostra fede.

Non vuol dire che dobbiamo diventare relativisti, ma la realtà di Dio ha tante facce. Non fate mai l’errore di entrare in logica di
una scuola. Dio non lo si può dire in un modo solo perché Lui è Trinità e dialogo.

5.1.4. DA FEDE DELLA CHIESA PRIMITIVA NEL CRISTO CROCIFISSO RISORTO E LA SUA ESPERIENZA NELLE TRADIZIONI CRISTOLOGICHE PRELETTERARIE
Parliamo delle TRADIZIONI ORALI. La fede cristologica è cominciata ad essere professata in modo orale. Ci sono DUE
ESPRESSIONI PRINCIPALI PRELETTERARIE:

● KERIGMA: l’annuncio della fede da parte della Chiesa all’esterno, cioè la predicazione missionaria che ha avuto come
primo ambito il mondo giudaico, e poi l’ellenismo.
o La Chiesa non ha aspettato di scrivere le prime formule da avere un sussidio da dare, ma annunciavano
oralmente.
o Il cristianesimo è essoterico che vuol dire che non tiene i segreti, ma annuncia.
● OMOLOGIA: vuol dire stessa parola, stesso discorso, cioè un’espressione nelle quali tutti ci riconosciamo.
o Questo ha un CONTESTO LITURGICO: Maranatha, Gesù è il Signore…
▪ Vengono utilizzate quando comunità prega ed essa inizia a fare il linguaggio liturgico proprio.
▪ Varie sfumature liturgiche, ma si formano le formule di fede che prima sono molto brevi. Dopo si
svilupperanno gli inni scritti, ma prima di questo sono le espressioni della preghiera.

6. L’EVENTO DEL CROCIFISSO-RISORTO AL FONDAMENTO DELLO SVILUPPO DEI DIVERSI MODELLI RAPPRESENTATIVI DELLA
CRISTOLOGIA DEL NT

251

Cominciano a formarsi i modelli cristologici che sono scritti.

6.1. I PRINCIPALI MODELLI RAPPRESENTATIVI DELLA CRISTOLOGIA DEL NUOVO TESTAMENTO

Un MODELLO CRISTOLOGICO è il modo in cui in una comunità ben precisa (in un luogo geografico dentro un orizzonte
culturale) parla con preferenza di Gesù, cioè quella sfumatura tipica di quella comunità quando parla o celebra o annuncia il
Cristo Risorto.

● Per esempio, in un gruppo di studio, forse si preferisce parlare di più di Gesù Maestro, che non vuol dire che per noi
non è Cristo, il Pastore… A seconda della tipicità della comunità si sceglie la preferenza di parlare di Gesù.
● Con questo linguaggio si afferma la fede in Cristo con l’accentuazione delle categorie di Gesù che sono più vicine a
quella comunità.
o Dal titolo Maestro non potremmo allargare il discorso che noi siamo discepoli, di mettersi alla scuola di Gesù…
Si sviluppa un modo di dire, il linguaggio della sapienza e dell’ignoranza…
I VARI MODELLI CRISTOLOGICI che sono tanti. Vediamo tre categorie:

6.1.1. MODELLI CRISTOLOGICI A DUE STADI


Parliamo degli STADI nel senso di due momenti successivi. Sono i più antichi, primi che si sono formati, che confessano
l’identità di Gesù a partire dalla successione di due momenti, di un prima e un poi che descrivono chi è Lui.

1. RISURREZIONE – PARUSIA (manifestazione, il ritorno del Cristo)


o Questo è più antico in assoluto, il primo che si è formato.
o Non c’è nessuna menzione della morte, perché non c’è bisogno di ricordarlo perché tutti l’hanno visto. Non è
che questo modello non crede, ma è vicina all’esperienza degli inizi sia riguardo il tempo sia riguardo lo spazio.
2. SECONDO LA CARNE – SECONDO LO SPIRITO.
o Carne in questo senso si riferisce alla vita terrena, invece lo Spirito si riferisce a dopo la risurrezione in cui
diventa spirito datore di vita.
3. UMILIAZIONE – ESALTAZIONE (modello sapienziale)
o La vita terrena viene vista come umiliazione e la risurrezione esalta colui che aveva accettato di abbassarsi.
Qui si vede la croce come massima umiliazione.

6.1.2. MODELLI CRISTOLOGICI A TRE STADI


È momento successivo. I momenti di tre stadi rappresentano un’evoluzione che parla della preesistenza: più ci si allontana dal
contesto originario, più c’è il bisogno di esplicitare di più. Prima questo era normale e non c’era bisogno di esplicitare anche se
credevano in questo.

1. MODELLO SAPIENZIALE è l’evoluzione del modello umiliazione-esaltazione.


o Presenta la preesistenza, poi lo stadio di vita terrena (carne, morte, umiliazione) e poi la glorificazione
(parusia, lo Spirito, la risurrezione e l’esaltazione).
2. MODELLO DELLA RIVELAZIONE che riguarda soprattutto le lettere pastorali:
o Si parla della preesistenza, poi dell’incarnazione e della risurrezione.
3. MODELLO SACERDOTALE è tipico della lettera agli Ebrei che è quella più liturgica:
o Parla della preesistenza, poi dell’offerta/sacrificio del sommo sacerdote (così è vista la vita terrena di Gesù), e
poi della risurrezione e dell’ascensione (come l’ingresso nel vero santuario nel Cielo).

6.1.3. IL MODELLO PIÙ EVOLUTO CHE RAFFRONTA DIRETTAMENTE PROTOLOGIA ED ESCATOLOGIA


È il CONFRONTO TRA I DUE ADAMI: il primo Adamo e il secondo (il vero) Adamo (Cristo).

o In realtà il vero primo Adamo è Cristo perché Adamo è stato creato in Lui.
o C’è questa distinzione tra livello cronologico e ontologico.

6.2. DAL TESTO DI R. PENNA

6.2.1. LA PIÙ ARCAICHE CONFESSIONI DI FEDE: 1 COR 15,3-5 E RM 1,3B-4A: ESEGESI E COMMENTO
Le CONFESSIONI DI FEDE sono i testi brevi nelle quali la Chiesa esprime la fede in Cristo; non sono ancora degli inni, ma piccole
formule.

1 COR 15,3-5:

Vi ho trasmesso in primo luogo ciò che anch’io ho ricevuto:

che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture

e che fu sepolto

e che risuscitò il terzo giorno secondo la Scritture

e che apparve a Cefa, poi a Dodici.


A. ANTICHITÀ PREPAOLINA

Questo testo lui non l’ha inventato, ma ci trasmette il testo che non è il suo.

● Infatti, ce lo dice anche lui: trasmette qualcosa che qualcuno ha trasmesso prima a lui.
● Un altro elemento che ci fa vedere questo è la PARATASSI (“e che… insieme di coordinate diverse dal “kai” per la
memorizzazione) che è evidente in questo testo.
o Questo stile non è greco, è in greco, ma usa il modo ebraico.
o Questo ci dice che Paolo sta tramandando il testo tramandato in aramaico ma lasciandolo nella sua
traduzione.

B. LA STRUTTURA

Il testo è strutturato in quattro righe.

Ci sono DUE AFFERMAZIONI PIÙ IMPORTANTI, la prima e la terza: che Cristo MORÌ per i nostri peccati secondo le Scritture e
che RISUSCITÒ il terzo giorno secondo le Scritture.

Invece la seconda e la quarta sono una CONFERMA, un’esplicitazione della prima e della terza, cioè si conferma la verità della
morte e della risurrezione.

● Queste sono due conferme a ciò che precede: è così vero che era morto che era sepolto! È così vero che è risuscitato
che è pure apparso!
o Si crea questo parallelismo che sottolinea l’unitarietà del piano salvifico.

Il modello cristologico è a due stadi: umiliazione/esaltazione.

Della morte si dice che è morto PER I NOSTRI PECCATI. La morte di Gesù viene vista nel modo salvifico che non è tanto tipico
per Paolo che di solito sottolinea che Gesù è morto per me! Qui si vede invece L’ASPETTO SOTERIOLOGICO ESPIATORIO.

Della risurrezione di Gesù si sottolinea che è successo IL TERZO GIORNO, che non è in senso cronologico, ma è un’espressione
proverbiale, significa un tempo che ha avuto un inizio e al quale Dio ha posto un termine.

● La morte è iniziata, ma a questa situazione Dio ha posto un termine che segna un cambio che non farà più ritornare
alla condizione precedente.

RM 2,3b-4a

IL TESTO

Paolo, schiavo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, prescelto per l’evangelo di Dio che fu preannunziato mediante i suoi profeti
nelle sante Scritture

A proposito del Figlio suo

Nato dal seme di Davide secondo la carne

Costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità

Dalla risurrezione dei morti,

Gesù Cristo signore nostro.

LA STRUTTURA

● Se noi togliessimo la confessione di fede (la parte che è sottolineata), la frase funzionerebbe.
o Questa è la frase iniziale pensata da Paolo, ma introduce per Figlio suo come se citasse la confessione di fede.
o Qui non sta dicendo che cita il testo che non è suo, ma si vede dalla struttura del testo.
La struttura è fatta con un PARALLELISMO:

Prima frase: NATO (participio al genitivo) DAL SEME DI DAVIDE (complemento d’origine) SECONDO LA CARNE (complemento
modale)

Seconda frase: COSTITUITO (participio al genitivo) Figlio di Dio con potenza SECONDO LO SPIRITO DI SANTITÀ (complemento
d’origine) DALLA RISURREZIONE DEI MORTI (complemento modale).

Il MODELLO CRISTOLOGICO A DUE STADI: secondo la carne/secondo lo spirito.

● Non ha il solito significato di Paolo, che ci fa vedere che questa non è la frase sua: ma qui vuol dire la vita terrena e la
vita dopo la risurrezione.
o Si comprende che Paolo cita testo molto importante e antico che non è suo.

N.B.: manca totalmente ogni accenno alla morte (=formula antichissima).

● Si parla della nascita e dalla risurrezione, ma non esplicitamente della morte che vuol dire che vuole sottolineare la
situazione finale del percorso di Gesù, cioè la gloria e la potenza alle quali giunge con la risurrezione.

Gesù è nato DAL SEME DI DAVIDE: racchiude tutta l’esistenza terrena di Gesù riferendosi alla DISCENDENZA REGALE DI GESÙ.

● È unica volta che nomina Davide. Il retroterra biblico di questo sono tutti i salmi che parlavano dell’intronizzazione del
re: Gesù è veramente re perché discende da Davide.
o È la prospettiva cristologica del Vangelo di Matteo.
● Questa confessione dice che colui che è secondo la carne della discendenza davidica ha ricevuto il vero trono, è stato
veramente costituito re con potenza, nella risurrezione dei morti.

COSTITUITO è al passivo: qualcuno l’ha costituito re, il Padre.

Lo ha fatto SECONDO LO SPIRITO DI SANTITÀ.

● Abbiamo una forte confessione trinitaria: Gesù per intervento di Padre è stato costituito re mediante la risurrezione
secondo lo Spirito di santità. La risurrezione è vista come trionfo di Gesù che è manifestazione del Padre secondo lo
Spirito.

Questa formula ha un ANDAMENTO ASCENSIONALE, pur essendo perfettamente parallela: la struttura sta crescendo, verso
punto maggiore che è la risurrezione dei morti.

● È una storia che tende verso quel punto di ineguagliabile dignità acquisita da Gesù con la risurrezione dai morti.
Attraverso la risurrezione Cristo, nato secondo la carne, acquista quella dignità e potenza della sua identità che prima
nella vita terrena era occultato.

CONCLUSIONE: l’inizio della cristologia del NT parte dall’evento della risurrezione. Tra Rm e 1Cor l’elemento comune è la
risurrezione. Senza la risurrezione non avrebbe potuto compiersi la conoscenza e l’approfondimento dell’identità vera di Gesù.
Rm 1,3b-4a è ancora precedente ai Corinzi, è la più antica confessione di fede che abbiamo nella Scrittura: lo si può dire perché
non c’è la menzione della morte perché non ha bisogno di essere detto poiché era chiaro e noto a tutti. Altro motivo è sicura
matrice giudaica e anche proprio di Gerusalemme: nato da seme di Davide ha senso solo nella città di Davide.

ESEGESI E COMMENTO DI DUE INNI CRISTOLOGICI: FIL 2,6-11


Non entreremo troppo sulla questione se questi inni sono scritti da Paolo, o no, perché non chiaro: ci interessiamo alla
cristologia.

Prima abbiamo parlato delle confessioni di fede brevi, gli INNI hanno un sapore liturgico e una struttura più ampia, hanno un
andamento più narrativo: narrando della vita di Gesù, lo celebrano. Hanno un sapore lirico, poetico, liturgico.

IL TESTO
Il quale, pur essendo in CONDIZIONE DI DIO,

non ritenne un PRIVILEGIO geloso l’essere come Dio,

ma spogliò sé stesso

assumendo la condizione di schiavo,

diventando partecipe degli uomini,

e, trovato all’apparenza come uomo,

umiliò sé stesso

diventando obbediente fino alla morte

e una morte di croce.

Perciò Dio lo SOVRAESALTÒ

E lo gratificò del nome che è superiore a ogni altro nome;

perché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio

di ciò che è nei cieli e sulla terra e SOTTOTERRA,

e ogni lingua confessi che Signore è Gesù Cristo,

a gloria di Dio padre.

ANTICHITÀ PREPAOLINA: sono gli indizi che ci forse dicono che questo testo non l’ha scritto Paolo.

● HAPAX LEGOMENA PAOLINI: sono le parole che in tutta la lettera paolina appaiono solo una volta. (sono messe in
grassetto)
● Questo testo ROMPE VISTOSAMENTE IL CONTESTO PARENETICO: Paolo ha iniziato la lettera dicendo che devono
diventare più umili, ad essere concordi. A un certo punto Paolo già esortato all’umiltà reciproca, e inserisce un testo che
dice molto di più rispetto al motivo per quale Paolo lo potrebbe citare. Paolo sta esaltando l’umiltà, e vuole dare
l’esempio di Cristo, e riporta un inno che cita tutto per rispetto all’inno anche se dice molte più cose di quelle di quali
parla Paolo.
● MODELLO CRISTOLOGICO NON PAOLINO.
● La CROCE QUI È PRESENTATA COME ESEMPIO DI OBBEDIENZA: concetto non paolino.
o Paolo parla della croce come una cosa personale: Cristo è morto per me!
● La SEMANTICA DEL BRANO ECCEDE IL SUO CONTESTO: il brano è citato in blocco in quanto avente già una sua
struttura previa.

Alcuni autori, tuttavia, sostengono una paternità paolina. A noi qui interessa, in ogni caso, la cristologia in esso contenuta.

STRUTTURA

Sono TRE STROFE: prima strofa un versetto, la seconda ha due versetti, la terza strofa ha tre versetti.

● La prima strofa parla della PREESISTENZA del Figlio di Dio.


● La seconda strofa parla della VITA TERRENA SOTTO IL SEGNO DELLA KENOSI (umiliazione, svuotamento).
● La terza strofa parla dell’ESALTAZIONE/GLORIFICAZIONE.

È MODELLO CRISTOLOGICO A TRE STADI: sapienziale.

COMMENTO

1. LA PREESISTENZA

Il quale si riferisce a Cristo Gesù.

CONDIZIONE DI DIO (μορφη θεου).

● Il termine μορφη dice di più di schema che è aspetto esteriore, ma è meno di ουσια che è sostanza. La μορφη non è
mio aspetto esteriore, ma neanche la sostanza, ma sono tutti quegli aspetti che mi sono dovuti per la mia dignità di
uomo.
o Per esempio, se mi portano a spasso con un guinzaglio come un cane, non corrisponde all’uomo. Vuol dire che,
pur essendo Dio, e potendo esercitare il suo essere Dio in tutto, Lui non lo fa.
▪ Per un momento questa sua condizione divina si vede nella Trasfigurazione.

PRIVILEGIO GELOSO (αρπαγμος).

● Si potrebbe intendere o una rapina che io ho intenzione di fare oppure ciò che ho guadagnato con la rapina, il bottino.
o Il Figlio di Dio, pur essendo Dio, non ha ritenuto qualcosa di sottratto, cioè non come un bottino da custodire
e tenere per sé; prima cosa perché non l’ha rapito a nessuno, e poi ha dato la vita perché anche noi
diventiamo i figli addottivi.
▪ Era nella condizione di Dio, ma non l’ha tenuta come il privilegio geloso.

2. KENOSI

MA – c’è un cambio, un’avversativa! SPOGLIÒ SÉ STESSO (εατοον εκενωσεν) è il versetto più importante.

● Vuol dire spogliarsi, svuotarsi. Incarnandosi il Figlio di Dio compie un primo svuotamento.

Assume una CONDIZIONE DI SCHIAVO (μορφη δουλου).

● L’inno non ci sta dicendo che Dio si è svuotato della sua divinità, ma di tutte quelle caratteristiche che gli
spetterebbero da Dio. Gesù poteva mostrarsi con un viso luminoso sempre, ma non lo fa, e tutti pensano che sia un
semplice uomo.
o Gesù sceglie di assumere la condizione di schiavo che è la nostra.
● L’inno sta creando un PARADOSSO ALTISSIMO: Gesù dal punto più alto, dalla condizione di Dio, scende al punto più
basso, alla condizione non di solo uomo, ma di ultimo degli uomini, assume la condizione di schiavi.
o Qui il termine schiavo va intesto come uomo più basso. A volte nell’antichità lo schiavo poteva avere le
funzioni molto importanti.

È strano che si dice che Gesù si svuota non solo perdendo qualcosa, ma ASSUMENDO, e questo è un paradosso.

● L’assumere noi ha richiesto da Figlio di Dio svuotamento dalla condizione di Dio. Dio si svuota non perdendo, ma
assumendo, caricandosi noi!
o Questo lo fa solo l’Amore. L’amore motiva perdita della condizione di Dio.

Questo svuotamento prosegue, dicendo che tutti vedevano un uomo in Gesù e questo per Dio è una kenosi.

UMILIÒ SÉ STESSO (εταπεινωσεν εαυτον); vuol dire che si fa proprio piccolissimo che può essere schiacciato in un attimo.

● Questa kenosi dell’incarnazione continua anche in tutta la vita di Gesù.


o San Francesco d’Assisi: Gesù bambino crescerà sempre di più in piccolezza: sulla croce è il più piccolo.

DIVENTANDO OBBEDIENTE (γεωομενος υπηκοος): sempre più svuotamento di sé.


● Ogni sì pronunciato è uno svuotamento per amore nostro.

È obbediente fino alla morte e a una MORTE DI CROCE (θανατου δε σταυρου).

● L’inno non si limita a dire che Gesù è morto, ma c’è un profondo significato teologico.
o In Dt 21: colui che è appeso al legno, è maledetto da Dio!
▪ Quando Dio crea l’uomo, lo benedice. Ma se Dio lo maledice, perde la condizione di uomo, dice che
è come una bestia. Vuol dire che Dio ha tagliato legame con lui. Per questo Golgota è luogo ateo, per
un Ebreo Dio là non c’è!
▪ Che coraggio ha Maria di stare sotto la croce, di farsi vedere come madre di maledetto di Dio. Non si
vede proprio la condizione di Dio.

3. ESALTAZIONE

PERCIÒ indica una conseguenza necessaria dalla premessa: una volta fatta quell’azione, deve per forza succedere quella
conseguenza.

DIO lo SOVRAESALTÒ (υπερυψωσεν): per la prima volta c’è la parola “Dio”!

● Esaltare lo usa anche Maria nel Magnificat. Invece qua si dice che lo esaltò in maniera enorme, lo super esalta. Questo
dice l’eccellenza di questa esaltazione.
o Gesù è unico esaltato in questa maniera, è esaltato sopra di tutti, e non è ultimo umile degli esaltati.

GRATIFICÒ (εχαρισατο) vuol dire fare grazia, conferire, donare a qualcuno qualcosa che gli spetta, ma con benevolenza.

● Al momento di discesa, di umiliazione, della morte in croce dove Dio non c’è, da lì Dio lo sovraesaltò.
● Qui viene donato il nome che è identità, dignità, cioè gli dà l’identità, la dignità che è più alta di tutto! E tutto questo
succede proprio per tutto quello prima.

Questo NOME a cui si riferisce non è Gesù, ma il nome che Lui riceve nella Pasqua è il SIGNORE che è nome di Dio!

● Nella Pasqua Gesù riceve pienamente la condizione di Dio.


● Viene nominato in questo momento anche il nome di GESÙ che è il nome terreno del Signore: nella gloria, nella
sovraesaltazione non ci perde nulla dell’esistenza terrena, dell’umanità.

Di fronte al Signore tutti riconoscono la sua dignità e per questo si PIEGA OGNI GINOCCHIO! Questo ci dice che anche Gesù è
Dio.

Questo inno ci fa vedere che fin dall’inizio le comunità cristiane vedono la preesistenza di Dio, la sua umiliazione e la sua
sovraesaltazione che lo fa vedere Signore, cioè Dio.

LA CREAZIONE IN CRISTO: COL 1,15-20


IL TESTO

Egli è l’immagine del Dio invisibile,

primogenito di ogni creatura,

poiché in lui furono fatte

tutte le cose nei cieli e sulla terra,

le visibili e le invisibili,

sia i troni sia le signorie sia i principati sia le potestò:


tutto è stato creato mediante lui

e per lui;

ed egli è prima di ogni cosa

e tutto sussiste in lui.

Ed egli è il capo del corpo, la chiesa,

essendo principio, primogenito dei morti,

così da essere lui primo in tutto,

poiché in lui (Dio) si compiacque

di far abitare tutta la pienezza

e mediante lui riconciliare tutte le cose, per lui, pacificando mediante il sangue della sua croce

sia le cose sulla terra sia quelle nei cieli.

LA STRUTTURA

L’inno è diviso in 2 STROFE: 3 versetti sono la prima strofa, 3 versetti sono seconda strofa.

● La prima strofa parla della CENTRALITÀ E MEDIAZIONE DI CRISTO NELLA CREAZIONE (la prima creazione).
o Preposizioni εν (partecipazione), δια (strumento), εις (fine)
● La seconda strofa parla della CENTRALITÀ E MEDIAZIONE DI CRISTO NELLA REDENZIONE (la seconda creazione).

Nell’inno il termine Dio come soggetto di qualcosa compare nel versetto 19. In tutto l’inno IL SOGGETTO UNICO È IL FIGLIO.
Questo inno è tutto concentrato su Cristo.

Sottolineiamo tre attributi e tre funzioni di Gesù.

ATTRIBUTI CRISTOLOGICI

L’immagine del Dio (εικων)

● Cristo approssima al creato il Dio trascendente rendendolo in qualche modo visibile e percepibile.
● Al posto di omousios si potrebbe usare εικων
● L’IMMAGINE in senso forte è presenza di ciò di cui è immagine. Per un ebreo l’immagine di Dio è come presenza di Dio.
Vuol dire che in Cristo la sostanza di DIo si rende presento, cioè che Dio che è trascendente si rende visibile in Cristo.
o Chi vede me, vede il Padre!

Primogenito di ogni creatura (πρωτοτοκος)

● Generato per primo in modo esclusivo.


o Il verbo generare non è mai usato nella Bibbia per le creature, si usa solo per i figli. Non è il primo di una serie.
● Il contesto suggerisce la preminenza e la preesistenza di Cristo

Capo, principio, pienezza (κεφαλη – αρχη – πληρωμα)

● Capo della Chiesa: solo Cristo può rivendicare l’autorità sui credenti, solo Cristo può avere l’autorità.
● Principio: è primo di tutti come vertice eminente
● Pienezza di grazia e di potenza vivificante di cui Cristo risorto dispone per santificare la chiesa e riconciliare il mondo.

Parla della celebrazione dell’autorità di Cristo.

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