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L'impegno ci spinge più in là: verso qualcuno che resti anche quando noi passiamo; verso qualcuno
che ci prende in mano il cuore, se il cuore non regge al salire.
(Don Primo Mazzolari)
L'uomo non è un valido appoggio per l'uomo: nessun uomo, neanche quelli che si offrono come
maestri e guide. Non è piacevole perdere la firma di un garante, ma sulla cambiale della nostra vita
non conviene farci scrivere nomi che, alla scadenza, non possono far fronte all'impegno.
(Don Primo Mazzolari)
Se c'è una situazione che va mutata nella cristianità di oggi è quel rimanere senza convinzione e
senza amore nella casa del Padre. Piuttosto di rimanere alla finestra come tanti cristiani ci
rimangono, e vedere la vita di là come desiderabile, e avere l'impressione che questa casa del padre
sia una prigione, e non avere la gioia e la passione di questa casa: questo non è uno stare nella casa,
questo è occupare la casa con qualcosa che non gli conviene.
(Don Primo Mazzolari)
Chiedeteci: Che cosa voi proponete di essere per Cristo? E vi risponderemo: "Vogliamo essere
qualcuno per lui, come Egli più che qualcuno per noi. Come e quando si arrivi a sentire questa
scelta di Gesù nessuno può saperlo o imporlo. Ci possiamo arrivare come Nicodemo, come
Zaccheo, come Pietro o Paolo o il Buon ladrone. Egli ci attende e ci raggiunge, ci rampogna e ci
consola, sta all'avanguardia e alla retroguardia, a seconda del nostro camminare a ritroso in armonia
con noi stessi. Prendere impegno con Lui è la sua amicizia non vuol dire affatto metterLo dalla
nostra parte, adattarlo al nostro passo, misurarlo con il nostro metro, obbligarlo alle nostre strade.
Egli cammina con ciascuno su tutte le nostre strade, ma non per questo sono sue le nostre strade.
Egli cammina sui campi di battaglia, ma nessuno oserà dire che Egli li ha voluti. Ci impegniamo a
seguirLo, non a farci seguire...Questa è amicizia.
Non è necessario chiederGli che Lui ci conosca fino in fondo, come facciamo o pretendiamo tra di
noi nelle nostre, a volte, futili amicizie: una conoscenza che tante volte si rivela un vuoto d'anima.
Lui ci conosce e come...ma con amore, mai con giudizio. Siamo noi che dobbiamo chiederGLi di
farci conoscere le immense profondità del cuore del Padre, che è un vero abisso di amore. Se ci
tiene dietro, è con il cuore del Buon Pastore che ci tiene dietro: e quando siamo degli smarriti egli
nel suo amore viene sulle nostre tracce ("Impegno con Cristo").
Non resta che rispondere a questo punto alla offerta di Cristo "Vi chiamo miei amici", se siamo
entrati nel cuore di questa rivelazione o no. È questione non solo di amore, ma di felicità. Abbiamo
bisogno della sua amicizia.
(Don Primo Mazzolari)
Oggi, alcuni principi evangelici, che sentiamo come fondamento della nostra vita, non possono
essere subito interamente applicati. Con questo non si vuol dire che non ci sia la possibilità di
vivere con coscienza e dignità cristiana le presenti circostanze: si vuole solo constatare che le
condizioni sono tali da obbligarci a scegliere in molte nostre azioni, non fra il bene e il male, ma fra
un male maggiore e un male minore. Ed il male minore non è sempre quello che, quantitativamente,
implica il minor danno, ma quello che lascia più largo respiro verso il vero bene, vale a dire ci avvii
a una restaurazione di tutte le possibilità cristiane.
Questa agonica alternativa prende tutti i cristiani, ma in particolare coloro che si propongono di
agire nelle grandi attività della vita moderna: l'economia, la finanza, la politica, l'arte. Essi sono
costretti, se vogliono rimanere della propria funzione e quindi nella possibilità di condurre verso il
meglio quella qualsiasi realtà che la provvidenza loro affida, non a transigere o a patteggiare, ma a
farla valere attraverso azioni che, al momento, paiono rinnegarla.
Il loro star male non può essere confortato da un'opinione cristiana, rimasta purtroppo su posizioni
ideali bellissime, ma astratte, la quale non è preparata a comprendere che ora anche un santo, posto
davanti a certe responsabilità, potrebbe agire diversamente. Egli può ritirarsi dall'attività politica o
industriale <<per salvare la propria anima>>, ma ci si può chiedere se queste abdicazioni a vivere
pericolosamente che lasciano strada libera a chi non ha bagagli di principi o interne agonie
rispondano al perdere la vita per salvarla.
(Don Primo Mazzolari)
È mortificante ogni carità che vuol togliermi il dovere della rivolta verso un mondo che moltiplica
l'infelicità. Molti possono mangiare, bere, ruminare e divertirsi in pace, perché non sono straziati
dalle voci del dolore. C'è ancora troppa gente che s'illude che basterà una legge per regolare i guai
di quaggiù, senza impegnarci a fondo, senza impegnare la nostra coscienza contro il nostro
egoismo.
Senza una carità folle, chi potrà salvare il mondo?
(Don Primo Mazzolari)
Non è una strada già fatta, la vocazione, ma una strada da farsi, e col piccone. Essa non spiana né
davanti né dentro; soltanto rinforma il braccio che deve colpire
(Don Primo Mazzolari)
PER USCIRE DAL TUO TEMPIO MIGLIORE DI COME CI SEI ENTRATO.
Ci impegniamo noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri:
né chi sta in alto né chi sta in basso,
né chi crede né chi non crede.
Ci impegniamo senza giudicare
Chi non si impegna,
senza condannare chi non si impegna,
senza disimpegnarci perché altri
non si impegnano.
Sappiamo di non potere nulla su alcuno
Né vogliamo forzare la mano ad alcuno,
siamo ed intendiamo rimanere devoti
al libero movimento di ogni spirito
più che al successo di noi stessi
e dei nostri convincimenti.
Ci impegniamo per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita;
una ragione che non sia una
delle tante ragioni che ben conosciamo,
un utile che non sia una delle solite trappole
generosamente offerte ai giovani
dalla gente pratica.
Si vive una volta sola
E non vogliamo essere giocati
In nome di nessun piccolo interesse.
Non ci interessa la carriera,
non ci interessa il denaro,
non ci interessa il successo di noi stessi,
né delle nostre idee,
non ci interessa passare alla storia.
Abbiamo un cuore giovane e ci fa paura
Il freddo della carta e dei marmi.
Ci impegniamo
non per riordinare il mondo,
ma per amarlo,
per amare anche quello che non possiamo
accettare,
anche quello che non è amabile,
anche quello che pare rifiutarsi all'amore,
poiché dietro ogni volto e sotto ogni errore
c'è insieme una grande sete d'amore:
il volto ed il cuore dell'amore.
(don Primo Mazzolari)
Chi non vede la meta del suo cammino, si attacchi alla croce ed essa lo porterà.
(S. Agostino)
Tu ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te.
(S. Agostino)
Di fronte alle bellezze del creato ti viene spontaneo pensare che il suo Creatore sarà senz'altro "più"
meraviglioso, o non sai andare oltre?
Nel mistero della vita, della Parola, e nell'Eucaristia stessa, forse ti verrà da gridare: "Signore, non ti
vedo". Ma ti sentirai rispondere: "Non importa! Buttati! Ti vedo io. Ci sono io!"
RICOMINCIARE
Ricominciare è come dire
ancora si alla vita,
per poi liberarsi e volare
verso orizzonti senza confini
dove il pensiero non ha paura
e vedere la tua casa
diventare grande come il mondo.
Ricominciare è credere all'amore
e sentire che anche nel dolore
l'anima può cantare
e non fermarsi mai.
MESSAGGIO DI TENEREZZA
Ho sognato che camminavo in riva al mare con il Signore
e rivedevo sullo schermo del cielo
tutti i giorni della mia vita passata.
E per ogni giorno trascorso
apparivano sulla sabbia due orme:
le mie e quelle del Signore.
Ma in alcuni tratti ho visto una sola orma,
proprio nei giorni più difficili della mia vita
Allora ho detto: "Signore
io ho scelto di vivere con te
e tu mi avevi promesso
che saresti stato sempre con me.
Perché mi hai lasciato solo
proprio nei momenti più difficili?"
E Lui mi ha risposto:
"Figlio tu lo sai che io ti amo
e non ti ho abbandonato mai:
i giorni nei quali
c'è soltanto un'orma sulla sabbia
sono proprio quelli
in cui ti ho portato in braccio"
(Anonimo brasiliano)
E' l'animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi.
(Seneca)
Non basta essere sulla buona strada; se infatti ve ne starete seduti ai margini non vi porterà mai alla
meta.
(Proverbio russo)
Signore,
fammi strumento della tua pace:
dov'è odio, ch'io porti amore,
dov'è offesa, ch'io porti il perdono,
dov'è discordia, ch'io porti l'unione,
dov'è dubbio, ch'io porti la fede,
dov'è errore, ch'io porti la verità,
dov'è disperazione, ch'io porti la speranza,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Signore,
fa che io cerchi
di consolare più che di essere consolato,
di comprendere più che di essere compreso,
di amare più che di essere amato,
poiché dando si riceve,
perdonando si è perdonati,
morendo si resuscita a vita nuova.
(S. Francesco)
Se qualcuno ti dice che per vivere devi strisciare, alzati e muori correndo.
METE A.C.R.
Educare il ragazzo a:
- dono di sé‚
- responsabilità
- rapporto personale con Gesù
- vivere la Chiesa
IL MIO SI
Io sono creato per agire
e per essere qualcuno
per cui nessun altro è creato.
Io occupo un posto mio
nei consigli di Dio, nel mondo di Dio:
un posto da nessun altro occupato.
Poco importa che io sia ricco, povero,
disprezzato o stimato dagli uomini:
Dio mi conosce e mi chiama per nome.
Egli mi ha affidato un lavoro
che non ha affidato a nessun altro.
Io ho la mia missione.
In qualche modo sono necessario
ai suoi intenti,
tanto necessario al posto mio
quanto un arcangelo al suo.
Egli non ha creato me inutilmente.
Io farò del bene, farò il suo lavoro.
Sarò un angelo di pace,
un predicatore della verità
nel posto che Egli mi ha assegnato
anche senza che io lo sappia
pur ch'io segua i suoi comandamenti
e lo serva nella mia vocazione.
(John Henry Newman)
L'uomo si realizza nella misura in cui sa imporsi delle esigenze; e le esigenze del Signore sono il
mio bene.
Prima di fare una cosa mi chiederò: "Cosa mi direbbe Gesù Cristo se fosse qui al mio posto?"
UN'ALA DI RISERVA
Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita.
Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un'ala
soltanto, possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche
tu abbia un'ala soltanto. L'altra, la tieni nascosta: forse per farmi
capire che anche tu non vuoi volare senza di me.
Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora a librarmi con te.
Perché vivere non è "trascinare la vita", non è "strappare la vita",
non è "rosicchiare la vita".
Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all'ebbrezza del vento.
Vivere è assaporare l'avventura della libertà.
Vivere è stendere l'ala, l'unica ala, con la fiducia di chi sa di
avere nel volo un partner grande come te!
(Don A. Bello)
PREGHIERA DELL'EDUCATORE
Padre,
davanti a Te che mi senti e mi conosci,
io prego.
Ho scelto di seguirTi
nel servizio educativo per i ragazzi,
che mi porta, ogni giorno, a camminare con loro
in una compagnia discreta e attenta.
Di questi ragazzi conosco resistenze e dubbi,
la loro voglia di vivere, di sognare,
di correre su strade aperte e sicure.
Padre, sostienili, quando incontrano la fatica,
quando noi adulti spegniamo i loro sogni.
Fa che sappiano riconoscere la Tua voce, tra mille voci,
e dà a loro il coraggio di seguirla
con stupore e gioia.
Gesù, fratello e maestro,
che hai voluto che i fanciulli venissero a Te,
sostieni la mia fede,
aumenta la mia speranza,
e quando la mia povertà diventa pigrizia, ripetimi,
come un giorno sulle strade della Palestina:
"Alzati e cammina!"
E io ti seguirò
nella certezza di saperti incontrare
nella vita dei miei ragazzi.
Amen.
(M. P.)
Giovani, pensateci!
Voi siete destinati, che lo vogliate o no,
ad essere la più infelice di tutte le generazioni umane,
o la più felice di tutte.
Sarete i più infelici se, stupidi come in così larga misura
siamo stati noi prima di voi,
contribuirete a lasciarvi trascinare nell'insulsaggine
e nella vergogna dell'idolatria di voi stessi,
a credere che la gioia di vivere sia: Io, Io, Io,
la Mia camera, la Mia fortuna, i Miei soldi...
Guai a voi se vi trovaste ancora
in questo accecamento, in questo abominio!
Guai a voi, perché se fino a ieri
qualcuno ha potuto credere di poter conservare
il proprio benessere materiale pensando solo a sé,
per voi - ed è la vostra fortuna - questo è finito.
Ma voi potrete essere i più felici
tra i figli dell'uomo, tra i figli di Dio,
se finalmente capirete che la felicità di vivere
sta nel cercare la propria gioia
mettendosi al servizio della gioia di tutti.
Se finalmente capirete che il modo di impegnare la vita
è AMARE il prossimo come se stessi,
vale a dire servirlo prima di me,
se è meno felice di me.
(Abbè Pierre)
Se
Se sai mantenere la calma
quando tutti attorno a te la stanno perdendo...
Se sai aver fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te
tenendo, però, nel giusto conto i loro dubbi...
Se sai aspettare senza stancarti di aspettare
o essendo calunniato non rispondere con calunnie
o essendo odiato non dare spazio all’odio
senza tuttavia sembrare troppo buono
né parlare troppo da saggio...
Se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni...
Se riesci a pensare senza fare dei pensieri il tuo fine...
Se sai incontrarti con il successo e la sconfitta
e trattare questi due impostori proprio allo stesso modo ...
Se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto
distorta da imbroglioni
che ne fanno una trappola per ingenui;
guardare le cose - per le quali hai dato la vita -
distrutte e umiliarti a ricostruirle...
Se sai fare un’unica pila delle tue vittorie
e rischiarla in un solo colpo a testa e croce
e perdere, e ricominciare di nuovo senza mai lasciarti sfuggire
una parola su quello che hai perso...
Se sai costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi
a sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li senti più
e così resistere quando in te non c’è più nulla
tranne la volontà che dice loro: “Resistete!”...
Se sai parlare con i disonesti senza perdere la tua onestà
passeggiare con i re senza perdere il comportamento normale...
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici troppo premurosi...
Se per te contano tutti gli uomini, ma nessuno troppo...
Se riesci a riempire l’inesorabile minuto
dando valore ad ogni istante che passa...
tua è la Terra e tutto ciò che vi è in essa
e - quel che più conta - tu sarai un Uomo, figlio mio!
(Rudyard Kipling (1865-1936))
E finché la Terra vivrà, e anche oltre, quel messaggio non morirà mai.
Anche se il vento freddo della vita può portare il gelo nel cuore degli uomini, quel messaggio, da
solo, proteggerà il cuore dalle tempeste della vita.
(Richard Paul Evans)
Prega per penetrare le nubi e correre dietro al sole; prega per dire che tu sei vivo e nulla potrà
chiuderti la bocca.
Prega per gridare che sei libero di inventare il corso della tua vita, ma tu sei solo e hai bisogno che
qualcuno cammini al tuo fianco.
Prega per piangere e cantare, per lamentarti e danzare; prega per mormorare e urlare, ma prega.
Prega per risvegliare il Potente e obbligarlo a calpestare il fango dei tuoi sentieri.
Prega per chiamare Dio come si fanno segni per attirare l’attenzione.
Prega poiché Egli ti ha gettato nell’esistenza e accolto nella sua famiglia.
Prega per essere l’uguale di Dio, poiché a Lui tu parli come ad un amico e l’amico è uguale
all’amico. Un amico nulla rifiuta a colui che ama, e Lui, Dio, sa ciò che è necessario alla tua
felicità.
Prega per dire: io e Lui ci si capisce a parole sussurrate o nei silenzi.
Prega per ricordare al Padre che tu esisti e che lui è responsabile di te.
Prega per riunirti ai tuoi fratelli e a loro legarti.
Dio, i tuoi fratelli, tu: voi insieme rinnoverete la faccia della terra.
(Charles Singer)
Signore Gesù,
ti affido i miei amici:
fa che la loro vita, come pure la mia,
non scorra superficialmente;
dona a tutti noi il coraggio di fermarci,
il coraggio del silenzio,
il coraggio di meditare nel nostro cuore
la tua parola che salva, che nutre, che consola.
Ti affido anche tutti coloro
con i quali il dialogo e la comunione
si fanno più difficili;
ti affido tutti coloro che facilmente giudico,
solo perché la pensano diversamente da me.
Tu insegnami a guardare oltre,
a riconoscere la ricchezza nella differenza
e a scoprire ciò che unisce
più che a cercare ciò che separa.
Amen.
ECCOMI
Eccomi! risponde Abramo alla chiamata del Signore.
Eccomi! è la pronta risposta di Giuseppe a suo padre.
Eccomi! sussurra Mosè al Signore del roveto ardente.
Eccomi! grida il piccolo Samuele balzando sul letto.
Eccomi, manda me! dice la generosa disponibilità di Isaia.
Eccomi, sono la serva del Signore riconosce l’umile Maria nel segreto di Nazaret.
Eccomi, vengo a fare la tua volontà! esclama Gesù davanti al Padre.
Eccomi! dice Dio a gente che non invoca il suo nome.
Eccomi! assicura di rispondere a chi lo invoca.
Eccomi! e sei presenza, disponibilità, docilità, entusiasmo, solidarietà.
Eccomi! il senso della tua vita, in una parola.
Ai nostri più accaniti oppositori noi diciamo: "Noi faremo fronte alla vostra capacità di infliggere
sofferenza con la nostra capacità di sopportare le sofferenze; andremo incontro alla vostra forza
fisica con la nostra forza d'animo. Fateci quello che volete, e noi continueremo ad amarvi. Noi non
possiamo, in buona coscienza, obbedire alle vostre leggi ingiuste, perché‚ la non-cooperazione col
male è un obbligo morale non meno della cooperazione col bene. Metteteci in prigione, e noi vi
ameremo ancora. Lanciate bombe sulle nostre case e minacciate i nostri figli, e noi vi ameremo
ancora. Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case, nell'ora di mezzanotte, batteteci e
lasciateci mezzi morti, e noi vi ameremo ancora. Ma siate sicuri che vi vinceremo con la nostra
capacità di soffrire. Un giorno noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi: faremo
talmente appello al vostro cuore ed alla vostra coscienza che alla lunga conquisteremo anche voi, e
la nostra vittoria sarà una duplice vittoria".
(Martin Luther King, La forza di amare)
È sera.
Gesù, è arrivata la sera.
Tu, alla sera, spesso salutavi gli amici
ma non andavi subito a dormire.
Andavi in un posto tranquillo
e pregavi Dio, tuo e nostro Padre.
Io tante volte mi dimentico persino
di dirti “ciao e grazie”.
Perdonami Gesù,
se oggi non mi sono ricordato di te,
se non ti ho voluto bene
come un amico,
e non ho voluto bene ai miei fratelli.
Dammi un buon riposo.
Tu e tua madre
vegliate su tutti noi.
Grazie Gesù, per questi amici.
Grazie perché mi vuoi bene.
Mi addormento tranquillo.
Buonanotte!
Momenti difficili.
Signore,
dicono che un bambino
non può avere momenti difficili.
I grandi, loro, invece sì.
Tu lo sai, Signore,
anch'io posso essere in difficoltà:
la scuola va male,
un compagno prepotente,
un amico che non ti vuol più vedere...
Signore, non ho paura.
Penso ai miei genitori,
che mi abbracciano,
mi consolano, mi vogliono bene.
Signore,
tu che vesti i gigli del campo,
non lasciarmi mai solo.
Sì, tu sei mio Papà,
tu mi sei sempre vicino,
non mi lasci mai solo, mai,
per questo, Signore,
non ho mai paura.
Se riuscirò ad aprire un angolo nuovo nel cuore di un uomo, anche se solo per lui, io non sarò
vissuto invano
(Gibran Khalil Gibran)
PREGHIERA DI SPERANZA
Padre nostro che sei nei cieli
e che continui a camminare con noi,
con la nostra storia e i nostri problemi,
facci sentire sempre la tua presenza
che ci hai rivelato in Cristo.
Non permettere mai che venga meno
la nostra confidenza in te
soprattutto quando la tristezza
ci opprime e ci sgomenta.
Facci dono di scegliere sempre
la via della vita.
Fa' che amiamo questo nostro tempo
e vi leggiamo sempre i segni del tuo amore.
Dacci la forza per vivere la vita
come un dono ricevuto dalla tua bontà
e da spendere a servizio degli esseri umani
tuoi figli e nostri fratelli e sorelle.
Giuseppe Taliercio
LA PAROLA SI FA PREGHIERA
Rendimi capace di comprendere e dammi la fede che muove le montagne, ma con l'amore.
Insegnami quell'amore che è sempre paziente e sempre gentile; mai geloso, presuntuoso, egoista e
permaloso, l’amore che prova gioia nella verità,
Signore, insegnami a non parlare come bronzo risonante o un cembalo squillante, ma con amore,
sempre pronto a perdonare, a credere, a sperare.
PREGHIERA
Mio Dio, ti ringrazio di tutti i doni che mi fai. Concedimi di usarne sempre per la tua gloria, per la
mia santificazione, per il bene degli altri.
Dammi un cuore lieto, benedici la mia famiglia, proteggi i miei studi, illumina i miei insegnanti,
assisti i miei compagni.
Per i meriti e l'intercessione di S. Giuseppe da Copertino, che pur provando la fatica dello studio e
l'ansia degli esami, ebbe la gioia della promozione invocando la materna assistenza della Madonna,
guida la mia mente, rendi tenace la mia volontà e generoso il mio impegno perché adempia il mio
dovere e meriti la promozione.
ORAZIONE
Ti lodiamo, Signore Gesù Cristo, Dio salvatore degli uomini, stupendamente potente presso il
Padre; ti lodiamo, t'invochiamo, ti preghiamo; assistici con il perdono, con la clemenza facci grazia.
Suscita nei cuori desideri meritevoli di essere soddisfatti; suggerisci parole degne di essere
ascoltate; facci compiere azioni degne di benedizione.
Signore misericordioso,
Tu mi hai dato il coraggio di sentire
che hai bisogno di me,
dammi ancora la forza di amare gli esclusi
tanto quanto Tu mi ami
e hai bisogno di me.
Signore,
Tu sai che essere escluso
significa essere il più povero tra i poveri.
Un uomo ricco o una donna benestante
possono essere esclusi,
come possono esserlo i poveri
di questa piccola terra che Tu ci hai dato.
Fa' che siamo tutti ricchi
nel tuo Regno sulla terra,
sapendo che Tu hai bisogno di noi,
e che noi abbiamo bisogno
l'uno dell'altro.
Il tuo amore, la tua misericordia
e la tua presenza
sono i tesori più grandi
nella mia vita.
Amen.
(Madre Teresa)
C'era una volta un vecchio che non era mai stato giovane. In tutta la sua vita, in realtà, non aveva
mai imparato a vivere. E non avendo imparato a vivere non riusciva neppure a morire. Non aveva
speranze né turbamenti; non sapeva né piangere né sorridere. Tutto ciò che succedeva nel mondo
non lo addolorava e neppure lo stupiva. Passava le sue giornate oziando sulla soglia della sua
capanna, senza degnare di uno sguardo il cielo l'immenso cristallo azzurro che, anche per lui, il
Signore ogni giorno puliva con la soffice bambagia delle nuvole. Qualche viandante lo interrogava.
Era così carico d'anni che la gente lo credeva molto saggio e cercava di far tesoro della sua secolare
esperienza."Che cosa dobbiamo fare per raggiungere la felicità?" chiedevano i giovani."La felicità è
un'invenzione degli stupidi" rispondeva il vecchio. Passavano uomini dall'animo nobile, desiderosi
di rendersi utili al prossimo."In che modo possiamo sacrificarci per aiutare i nostri fratelli?"
chiedevano."Chi si sacrifica per l'umanità è un pazzo" rispondeva il vecchio, con un ghigno
sinistro."Come possiamo indirizzare i nostri figli sulla via del bene?" gli domandavano i genitori. "I
figli sono serpenti" rispondeva il vecchio. "Da essi ci si possono aspettare solo morsi velenosi".
Anche gli artisti e i poeti si recavano a consultare il vecchio che tutti credevano saggio. "Insegnaci
ad esprimere i sentimenti che abbiamo nell'anima" gli dicevano."Fareste meglio a tacere"
brontolava il vecchio. Poco alla volta, le sue idee maligne e tristi influenzarono il mondo. Dal suo
angolo squallido, dove non crescevano fiori e non cantavano uccelli, Pessimismo (perché questo era
il nome del vecchio malvagio) faceva giungere un vento gelido sulla bontà, l'amore, la generosità
che, investite da quel soffio mortifero, appassivano e seccavano. Tutto questo dispiacque molto al
Signore, che decise di rimediare. Chiamò un bambino e gli disse: "Va' a dare un bacio a quel povero
vecchio". Il bambino obbedì. Circondò con le sue braccia tenere e paffute il collo del vecchio e gli
stampò un bacio umido e rumoroso sulla faccia rugosa. Per la prima volta il vecchio si stupì. I suoi
occhi torbidi divennero di colpo limpidi. Perché nessuno lo aveva mai baciato. Così aprì gli occhi
alla vita e poi morì, sorridendo.
A volte, davvero, basta un bacio. Un "Ti voglio bene", anche solo sussurrato. Un timido "Grazie".
Un apprezzamento sincero. È così facile far felice un altro. Allora, perché non lo facciamo?
Signore, tu mi chiami ed io ho paura a dirti di sì.
Tu mi vuoi ed io cerco di sfuggirti.
Tu mi chiedi di entrare nella mia vita, ed io mi rifiuto.
Così non capisco tutto quello che vuoi da me.
Tu ti aspetti il dono completo: questo è certo.
E io talvolta sono pronto a farlo,
nei limiti delle mie possibilità.
Quando la tua grazia mi spinge di dentro,
allora tutto mi pare facile.
Ma appena mi accorgo di quello che devo abbandonare
come è doloroso decidermi!
Allora mi fermo, esito.
O Signore, dammi la forza di non tirarmi indietro.
Aiutami a scegliere quello che vuoi tu.
Io sono pronto.
(Lebret)
Il nostro errore più grave è quello di pretendere da uno proprio le qualità che non ha, trascurando di
valorizzare quelle che ha.
(M. Yourcenar)
Quelli che non sono mai contenti di nessuno sono gli stessi di cui nessuno è contento.
(J. de la Bruyèr)
L'uomo è probabilmente l'unica creatura della terra che desidera scrutare dentro qualcun altro.
(H. Carossa)
Il mondo appare troppo vuoto se lo si vede formato solo da monti, fiumi e città.
Sapere però che da qualche parte c'è qualcuno
con cui restare in contatto anche nel silenzio...
proprio questo rende il nostro pianeta un giardino abitabile.
(J. W. von Goethe)
A voi giovani
Carissimi giovani,
da tempo nutrivo il desiderio di scrivervi per continuare il dialogo franco e diretto che ho con voi
attraverso gli incontri promossi nelle comunità parrocchiali o nelle scuole.
Di fronte al ripetersi quasi quotidiano di eventi di morte, prevalentemente conseguenza dell'uso di
droghe, di sostanze da «sballo», o dello «scriteriato» correre in moto o in auto, alla ricerca di
«eccitazione», che non hanno nulla del valore della libertà e della sapienza, come padre e maestro di
questa diocesi, affidata da Dio alle mie cure pastorali, devo dirvi con amore «vivete con saggezza e
non rattristate l'amore delle vostre famiglie».
- Conosco e apprezzo la vostra generosità, ammiro l'immediatezza dei comportamenti con cui
cercate di smascherare le paure e le falsità di noi adulti.
- Godo nel sapervi impegnati in gesti di solidale compagnia con chi è più debole.
- Sono lieto per la vostra fede che avete il coraggio di testimoniare con vivacità e franchezza.
- Prego per il vostro impegno orientato a definire la vostra identità dentro una storia che si rivela
non affatto autentica rispetto ai valori umani.
- Lotto con voi affinché abbiate una scuola maestra di formazione e poi un lavoro che dia dignità
alla vostra vocazione di uomini e donne.
- Condivido con voi l'indignazione (non assenteismo), verso una politica che non conosce nessun
vostro volto e non progetta con voi il futuro.
- So anche del vostro imbarazzo per una Chiesa che non sempre vi offre l' abbraccio e la
consolazione di madre.
- Guardo i vostri cuori spezzati quando siete costretti a dividervi l'amore dei vostri genitori che, per
ragioni che solo Dio può conoscere, hanno abbandonato la casa dove siete nati.
So tutto questo!
Per questo vi chiedo saggezza, sorgente di bene e di gioia.
Per questo vi ricordo: amate la vita, dono prezioso e inviolabile di Dio.
Vivete in un periodo storico stupendo: un tempo di abbondanza, di libertà, di ampia conoscenza.
Potete celebrare la vita decorandola con tante possibilità di rapporti interpersonali, di mezzi e di
scoperte.
Vi scongiuro: amate la vita, non sciupatela; vivete la vita, non uccidetela; godete della bellezza
della vita, non mortificatela.
Fate della vita una sorgente di gioia per voi, per le vostre famiglie, per i tanti fratelli e sorelle che
condividono con voi il pellegrinaggio terreno.
Custodite la bellezza del vostro cuore, la gioiosità del vostro amore e anche la vivacità dei vostri
sogni: tutto ciò è arte difficile e paziente.
Tutto questo ha bisogno di voi, soprattutto che voi non vi prestiate a che altri giochino su di voi e vi
facciano diventare piccoli o grandi «robot», iniettandovi «moduli» che alimentano la vita con
tecniche da illusionisti.
Vi do qualche suggerimento su alcuni percorsi o atteggiamenti di vita più sperimentati.
Amate divertirvi: bene! Ma ciò non sia mai libertà dalla responsabilità e, soprattutto, non vi manchi
mai la capacità sapienziale delle priorità. La vita non è e non sarà mai un gioco!
Vi piace la discoteca: bene! Ma perché non pensate che la discoteca non è il luogo della «pazzia
svitata»? Perché non pensate che anche il corpo ha la sua dignità e non può essere ridotto a un
oggetto da usare pur con il «consenso felice» dell'altro? Perché non pensate di tornare a casa presto,
senza «rovesciare» i ritmi naturali: la notte è fatta per recuperare le energie fisiche con il riposo e il
sonno.
Non aspettate che sia una delle tante leggi a dirvi l'ora di apertura o di chiusura di un locale: siate
voi capaci di «libertà vera» e di decidere per le ore della saggezza, coniugando divertimento sereno
e lecito con la premura delle famiglie e il rispetto della vita.
Vi piace il sogno: bene! Sappiate godere del sogno della fantasia e dell' amore, rifiutare il sogno
proibito e mortale della droga. Ogni droga è preavviso di morte e di logorio devastante della vita.
La droga è un'edera asfissiante! Liberatevi da questo abbraccio mortale e allontanate i «venditori di
morte» che con suadenti parole vi suggeriscono di «provare...», di «sballare»: lo sballo è stupidità
mortale.
Vi piace andare a correre, vi piace esser liberi: bene! Sappiate con sapienza «usare» la moto o la
macchina. Guidate con prudenza, non fate gare da irrequieti. Rispettate le tante regole che, si dice,
vi fanno studiare a scuola.
Tu guidi: non farti guidare dalla macchina.
Tu pensi: non far pensare la macchina.
Tu usi: non farti usare dalla macchina.
Vi piace «bello»: bene! Ma cercate di non coltivare solo il modello «body-building», l'estetica
«curvata», fatua produzione dei mass media ed eterea impalcatura patinata. Coltivate, piuttosto, la
vostra persona affinché sia bella: corpo e anima; estetica e bontà; bellezza e sapienza;se volete
muscoli e intelligenza.
Vi piace pensare «immenso»: bene! Abbiate il coraggio di entrare e di vivere nell'immensità
dell'amore di Dio. Dio vi ama: per amore vi ha creato; per amore vi ha perdonato; per amore vi
offre moltitudine di doni; per amore vi dona se stesso in Gesù morto e risorto per amore.
Non abbiate paura di Dio. Non abbiate paura del crocifisso e della sua logica d'amore. Abbiate,
invece, paura di chi lo ha messo in croce e di chi condanna ancora a morte tanti fratelli.
Vi ho scritto per amore vostro e delle vostre famiglie.
Vi ho scritto con amore di padre.
Vi ho scritto pensando e amando ogni vostra vita che è un bene personale e una ricchezza comune.
Vi ho scritto perché ho fiducia in voi.
Vi ho scritto con affetto.
(Mons. Edoardo Menichelli,arcivescovo di Chieti-Vasto)
La giovinezza non è un periodo della vita. E' uno stato d'animo che consiste in una certa forma della
volontà, in una disposizione dell'immaginazione, in una forza emotiva, nel prevalere dell'audacia
sulla timidezza e della sete dell'avventura sull'amore per le comodità.
Non si invecchia per il semplice fatto di aver vissuto un certo numero di anni, ma solo quando si
abbandona il proprio ideale.
Se gli anni tracciano i loro solchi sul corpo, la rinuncia all'entusiasmo li traccia sull'anima. La noia,
il dubbio, la mancanza di sicurezza, il timore e la sfiducia sono lunghi lunghi anni che fanno chinare
il capo e conducono lo Spirito alla morte.
Essere giovani significa conservare a sessanta o settant'anni l'amore del meraviglioso, lo stupore per
le cose sfavillanti e per i pensieri luminosi, la sfida intrepida lanciata agli avvenimenti, il desiderio
insaziabile del fanciullo per tutto ciò che è nuovo, il senso del lato piacevole e lieto dell'esistenza.
Resterete giovani finché il vostro cuore saprà ricevere i messaggi di bellezza, di audacia, di
coraggio, di grandezza e di forza che vi giungono dalla terra, da un uomo o dall'infinito.
E quando tutte le fibre del vostro cuore saranno spezzate e su di esse si saranno accumulati le nevi
del pessimismo e il ghiaccio del cinismo,
è solo allora che diverrete vecchi e possa Iddio aver pietà della vostra anima.
"Qui molta gente aveva terra, è stata venduta. Aveva casa è stata distrutta. Aveva figli, sono stati
uccisi. Aveva aperto strade, sono state chiuse. A queste persone io ho già dato la mia risposta: un
abbraccio".
(EZECHIELE RAMIN)
"Ho la passione di chi segue un sogno. Questa parola ha un tale accoramento che se la raccolgo nel
mio animo, sento che c'è una liberazione che mi sanguina dentro...".
(EZECHIELE RAMIN)
"Dopo che Cristo è morto vittima di ingiustizia, ogni ingiustizia sfida il cristiano".
(EZECHIELE RAMIN)
"Amo molto tutti voi e amo la giustizia. Non approviamo la violenza, malgrado riceviamo violenza.
Il padre che vi sta parlando ha ricevuto minacce di morte. Caro fratello, se la mia vita ti appartiene,
ti apparterrà pure la mia morte".
(EZECHIELE RAMIN)
Fu creata una sola persona umana per insegnarti che se qualcuno fa morire anche una sola persona,
la Sacra Scrittura ne tiene conto come se avesse messo a morte tutta l'umanità; e se qualcuno salva
la vita di una sola persona, la Sacra Scrittura ne tiene conto come se avesse salvato tutta l'umanità.
Questo è avvenuto anche per amore della pace fra gli uomini. Nessun uomo può infatti dire ad un
altro: mio padre era più grande del tuo.
(dalla Mishnà ebraica)
Buon anno a te, che stai inchiodato su un letto e non riesci a smettere di maledire la vita che ti ha
riservato tale trattamento, il Signore rivolga su di te il suo volto e ti dia pace.
Buon anno a Te, che vedi il sole a scacchi, che pensi a tutte le cose che potrai fare quando "sarai
fuori", evadendo sulle ali della libertà verso mondi sereni e felici: il Signore rivolga su di te il suo
volto e ti dia pace.
Buon anno a te, che ti risvegli sulla solita panchina del giardino pubblico, magari più infreddolito
del solito, bestemmiando perché un altro anno comincia ma per te nulla è cambiato: il Signore
rivolga su di te il suo volto e ti dia pace.
Buon anno a te, che forse in questa ultima notte, più di altre, hai dovuto soddisfare clienti ubriachi
che tiravano il prezzo, chiedendo uno sconto per il capodanno: il Signore rivolga su di te il suo
volto e ti dia pace.
Buon anno a te, nonno e nonna, lasciato ad ammuffire triste e solitario in uno stanzone
maleodorante, in mezzo a tanti tristi simili, a te che sconti il peso della tua vecchiaia solo, senza più
amici: il Signore rivolga su di te il suo volto e ti dia pace.
Buon anno a te. mamma in difficoltà, famiglia separata, giovane che cerchi la felicità nella droga,
bambino abbandonato, fratello immigrato, papà disoccupato... il Signore rivolga su di voi il suo
volto e vi dia pace.
Infine, buon anno anche a noi tutti, discepoli del Signore Gesù: il Signore rivolga su di noi il suo
volto e non ci dia pace fino a che non capiremo che noi, oggi, siamo la sua mano misericordiosa che
si prende cura delle membra ferite della nostra umanità.
E LO VESTIRONO DA PAZZO
Tempo fa mi è arrivata una telefonata strana, molto strana, dal direttore dell’ospedale psichiatrico.
“C’è da noi ricoverato uno che dice di essere suo amico. Si chiama Gildo..... Ogni giorno, più volte
al giorno, ci parla del suo amico Andrea. Ci ha fornito lui stesso il suo numero telefonico. Se vuole,
può venire a trovarlo.” “La ringrazio, direttore, gli dica che in giornata sono da lui.” E intanto
frugavo nella mente in cerca di qualche segno di squilibrio notato eventualmente in Gildo: nessuno.
Arrivo alla “Casa dei fiori.” Mi presento al direttore e gli manifesto le mie perplessità sul ricovero
del mio amico, una persona sempre tanto serena, equilibrata. Il direttore, quasi a rincuorarmi, mi
ripeteva: “succede, succede..... Ma, come vedrà, non è stato messo tra i furiosi. È nel padiglione dei
malati tranquilli, perché, nonostante indubitabili segni di squilibrio mentale, non è pericoloso, anzi è
tra i più calmi”.
Mando un’occhiata, attraverso lo spioncino, nel salone dove trascorrono il periodo della ricreazione:
vedo Gildo che gioca tranquillo a carte con altri tre.
Mi rivolgo al direttore: “prima di incontrarlo, vorrei sentir da lei quali siano i segni di pazzia che
Gildo quotidianamente manifesta.”
“Gildo - mi risponde - è venuto a visitare un amico..... ma un nostro paziente, che tutti chiamano
Furia, l’ha pestato a sangue. Non sappiamo perché, né riusciamo a capire di chi sia la colpa. Qui
non si sa mai a chi dare ragione. Ma ciò che mi ha lasciato perplesso sulla sua salute mentale, è che
Gildo si è messo a sorridergli, reazione - lo ammetterà - non affatto normale. E ancor più mi
preoccupa il fatto che, incontrando Furia, non solo torna a sorridergli, ma, parlando con lui o con
noi, sembra non ricordare per nulla l’episodio increscioso. Praticamente ha perso la memoria.
Vede quelli con cui gioca a carte? Ce n’è uno, ghiotto di caramelle, che lo insulta in continuazione:
ebbene, Gildo lo sceglie come compagno di giuoco e gli offre caramelle. Al mattino dice a tutti
buon giorno col sorriso di chi sembra felice di stare qui. Di tanto in tanto lo chiamo per chiedere
referenze sui compagni, ma parla sempre bene di tutti. Come avrà capito da questi episodi e da altri
simili - mi disse - siamo di fronte a un comportamento del tutto fuori del normale.”
Alla mia richiesta di lasciarlo uscire con me che mi sarei preso la responsabilità, rispose che un
malato con tali segni di squilibrio doveva essere tenuto sotto controllo.
“Direttore, io conosco bene Gildo: da tanti anni, da sempre, direi, è come lei lo ha descritto. Questa
è la sua normalità, e non ne guarirà mai, lo spero. Questa è la sua vita, la sua scelta: vuol vivere la
vita di un altro pazzo, che 2000 anni fa ha portato tra gli uomini questo stile di vita originale, che
rivoluziona la normalità degli uomini, un pazzo che si chiama Gesù. Anche lui dai suoi parenti era
ritenuto fuori di sé; ha detto suo il comandamento dell’amore reciproco; ha comandato di amare i
nemici, di pregare per coloro che ti maltrattano, di perdonare settanta volte sette, cioè sempre. Ha
detto che l’amore più grande è dare la vita per gli altri; a chi ti toglie il mantello ti invita a dare
anche la tunica, perché chi dona la vita la trova; chi dona tutto riceve il centuplo. Ha persino coman-
dato di porgere l’altra guancia a chi ti dà uno schiaffo, definendo beati i poveri, i perseguitati, i
sofferenti..... Gildo ha fatto sua la vita di Gesù.”
“Roba da pazzi!” - esclama il direttore.
“Ha proprio ragione! Di fatto, prima di crocifiggerlo, Gesù, lo hanno trattato da pazzo, vestendolo
da pazzo. Anche i santi dicono che l’amore vero porta ad amare fino alla follia.”
Il direttore, più che mai allarmato, mi apostrofa: “allora lei condivide la pazzia di Gildo?”
“Sì - risposi - perché la pazzia dell’amore è l’unica che fa rinsavire il mondo.”
Il muro
In un deserto aspro e roccioso vivevano due eremiti. Avevano trovato due grotte che si
spalancavano vicine, una di fronte all’altra.
Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni, uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato
alla perfezione.
L’altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente. Si fermava a conversare con i rari
pellegrini, confortava e ospitava coloro che si erano persi e coloro che fuggivano. “Tutto tempo
sottratto alla meditazione e alla preghiera” pensava il primo eremita che disapprovava le frequenti,
anche se minuscole, mancanze dell’altro.
Per fargli capire in modo visibile quanto fosse lontano dalla santità, decise di posare una pietra
all’imboccatura della propria grotta ogni volta che l’altro commetteva una colpa.
Dopo qualche mese davanti alla grotta c’era un muro di pietre grigio e soffocante. E lui era murato
dentro.
TALVOLTA intorno al cuore costruiamo dei muri, con le piccole pietre quotidiane dei risentimenti,
le ripicche, i silenzi, le questioni irrisolte, le imbronciature.
Il nostro compito più importante è impedire che si formino muri intorno al nostro cuore. E
soprattutto cercare di non diventare” una pietra in più nei muri degli altri.
Un professore di filosofia, in piedi davanti alla sua classe, prese un grosso vasetto di marmellata
vuoto e comincia a riempirlo con dei sassi, di circa 3 cm. di diametro. Una volta fatto chiese agli
studenti se il contenitore fosse pieno ed essi risposero di sì. Allora il Professore tira fuori una
scatola piena di piselli, li versa dentro il vasetto e lo scosse delicatamente. Ovviamente i piselli si
infilarono nei vuoti lasciati tra i vari sassi. Ancora una volta il Professore chiese agli studenti se il
vasetto fosse pieno ed essi, ancora una volta, dissero di sì .Allora il Professore tira fuori una scatola
piena di sabbia e la versa dentro il vasetto. Ovviamente la sabbia riempì ogni altro spazio vuoto
lasciato e coprì tutto. Ancora una volta il Professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno e
questa volta essi risposero di sì, senza dubbio alcuno. Allora il Professore tira fuori, da sotto la
scrivania, 2 lattine di birra e le versa completamente dentro il vasetto, inzuppando la sabbia. Gli
studenti risero.
"Ora," disse il Professore non appena svanirono le risate, "voglio che voi capiate che questo vasetto
rappresenta la vostra vita. I sassi sono le cose importanti - la vostra famiglia, i vostri amici, la vostra
salute, i vostri figli - le cose per le quali se tutto il resto fosse perso, la vostra vita sarebbe ancora
piena. I piselli sono le altre cose per voi importanti: come il vostro lavoro, la vostra casa, la vostra
auto. La sabbia è tutto il resto......le piccole cose."
"Se mettete dentro il vasetto per prima la sabbia," continua il Professore "non ci sarebbe spazio per i
piselli e per i sassi. Lo stesso vale per la vostra vita . Se dedicate tutto il vostro tempo e le vostre
energie alle piccole cose, non avrete spazio per le cose che per voi sono importanti. Dedicatevi alle
cose che vi rendono felici: giocate con i vostri figli, portate il vostro partner al cinema, uscite con
gli amici. Ci sarà sempre tempo per lavorare, pulire la casa, lavare l'auto. Prendetevi cura dei sassi
per prima - le cose che veramente contano. Fissate le vostre priorità ...il resto è¨ solo sabbia." Una
studentessa allora alza la mano e chiese al Professore cosa rappresentasse la birra. Il Professore
sorrise. "Sono contento che me l'abbia chiesto. Era giusto per dimostrarvi che non importa quanto
piena possa essere la vostra vita, perché c'è sempre spazio per un paio di birre."
Il sassolino
Il potente re Milinda disse al vecchio sacerdote: “Tu dici che l’uomo che ha compiuto tutto il male
possibile per cent’anni e prima di morire chiede perdono a Dio, otterrà di rinascere in cielo. Se
invece uno compie un solo delitto e non si pente, finirà all’inferno. E’ giusto questo? Cento delitti
sono più leggeri di uno?”
Il vecchio sacerdote rispose al re:
“Se prendo un sassolino grosso così, e lo depongo sulla superficie del lago, andrà a fondo o
galleggerà?”
“Andrà a fondo”, rispose il re.
“E se prendo cento grosse pietre, le metto in una barca e spingo la barca in mezzo al lago, andranno
a fondo o galleggeranno?”
“Galleggeranno”.
“Allora cento pietre e una barca sono più leggere di un sassolino?”
Il re non sapeva che cosa rispondere. E il vecchio spiegò:
“Così, o re, avviene agli uomini. Un uomo anche se ha molto peccato ma si appoggia a Dio, non
cadrà nell’inferno. Invece l’uomo che fa il male anche una volta sola, e non ricorre alla misericordia
di Dio, andrà perduto”.
InterCedere
Cammino
tra vetri sparsi
di crocci che scriccriano
Scavalco corpi
a terra
fiati si alzano
urli bestemmiano
al Cielo
Mi chino leggera
su chi
giace
e raccolgo pensieri
i lamenti
i dolori
li prendo
con un bacio
dolce
si appoggiano alle labbra
Poi
quando arriva
la Notte
mi alzo
e riporto
a Lui
ogni dolore
COSA VUOLE IL SIGNORE DA NOI
Udii un anziano ragionevole e buono, perfetto e santo, dire:
Se sentirai la chiamata dello Spirito, ascoltala
e cerca di essere santo con tutta la tua anima,
con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze.
Se però, per umana debolezza non riuscirai ad essere santo,
cerca allora di essere perfetto con tutta la tua anima,
con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze.
Se tuttavia, non riuscirai ad essere perfetto
a causa della vanità della tua vita,
cerca allora di essere buono con tutta la tua anima,
con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze.
Se, ancora, non riuscirai ad essere buono
a causa delle insidie del Maligno,
cerca allora di essere ragionevole con tutta la tua anima,
con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze.
Se, infine, non riuscirai ad essere santo, né perfetto, né buono,
né ragionevole a causa del peso dei tuoi peccati,
allora cerca di portare questo peso di fronte a Dio
e affida la tua vita alla divina Misericordia.
Se farai questo, senza amarezza, con tutta umiltà
e con giovialità di spirito a causa della tenerezza di Dio
che ama gli ingrati e i cattivi, allora comincerai a capire
cosa sia ragionevole, imparerai ciò che é buono, lentamente aspirerai
ad essere perfetto, e infine, anelerai ad essere santo.
Se farai tutto questo ogni giorno, con tutta la tua anima,
con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze,
allora io ti garantisco, fratello e sorella:
non sarai lontano dal Regno di Dio!
Il terrorismo minaccia tutte le società. Mentre il mondo si prepara ad agire contro di esso, a tutti noi
è stata ricordata la necessità di capovolgere le situazioni che consentono la crescita di un simile odio
e di simili azioni malvagie. Dobbiamo affrontare la violenza, il fanatismo e l'odio con una
risolutezza ancora maggiore. Il lavoro delle Nazioni Unite deve continuare, e nello stesso tempo
dobbiamo impegnarci a favore delle tragiche conseguenze dei conflitti, dell'ignoranza, della povertà
e della malattia. Farlo non rimuoverà ogni fonte di odio, non servirà di prevenzione ad altri atti di
violenza. Ci saranno sempre coloro che odiano e uccidono, anche se si fosse messa la parola fine ad
ogni ingiustizia sulla terra. Ma se il mondo sarà in grado di provare che intende proseguire, che
persevererà nella creazione di una comunità internazionale più giusta, più generosa, più genuina
attraverso tutte le frontiere religiose e razziali, allora il terrorismo sarà sconfitto.
(Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite)
SCOPRI L'AMORE
Prendi un sorriso
regalalo a chi non l'ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente
fa' bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima
posala sul volto di chi non ha mai pianto.
Prendi il coraggio
mettilo nell'animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà
e donala a chi non sa donare.
Scopri l'amore
e fallo conoscere al mondo.
(Gandhi)
PREGARE E AGIRE
Bisogna sempre pregare
come se l'azione fosse inutile
e agire come se la preghiera
fosse insufficiente.
(Santa Teresa di Lisieux)
Se sei arrabbiato con qualcuno, e nessuno dei due fa nulla per sistemare le cose... fallo tu.
Può darsi che oggi questa persona voglia ancora essere tua amica,
e se non fai qualcosa, forse domani potrebbe essere troppo tardi.
Se sei innamorato di qualcuno, però questa persona non lo sa....diglielo.
Magari oggi anche questa persona è innamorata di te,
se non glielo dici oggi, può darsi che domani sia troppo tardi.
Se muori dalla voglia di dare un bacio a qualcuno... daglielo.
Forse anche questa persona vorrebbe avere un tuo bacio,
e se non glielo dai oggi, può darsi che domani sia troppo tardi.
Se ami ancora una persona che credi ti abbia dimenticato... diglielo.
Forse questa persona ha sempre continuato ad amarti,
e se non glielo dici oggi, forse domani sarà troppo tardi.
Se hai bisogno dell'abbraccio di un amico... chiediglielo.
Magari lui ne ha bisogno ancora più di te,
e se non glielo chiedi oggi, forse domani sarà troppo tardi.
Se hai degli amici che apprezzi veramente... diglielo.
Forse anche loro ti apprezzano,
e se lasci che se ne vadano, o che si allontanino da te,
forse domani sarà troppo tardi.
Se vuoi bene ai tuoi, e non hai mai avuto l'opportunità di dimostrarglielo...fallo.
Oggi sono lì con te, e puoi ancora dimostrarglielo,
ma se se ne andassero... domani potrebbe essere troppo tardi.
Quando la vita spesa in Cristo per gli altri ci porta al calvario e alla croce, spesso la luce della
risurrezione è talmente lontana da perdere ogni significato. La sofferenza può essere così amara e
così totalizzante da spingerci in una situazione di disperata solitudine, di fallimento senza rimedio:
la forza del Vangelo per il quale abbiamo tentato di vivere ci si vanifica in mano.
Anche i discepoli di Gesù hanno vissuto questa esperienza: Cristo che muore è ai loro occhi il segno
della fine di tutto, di una speranza delusa, di uno scacco totale. Singolare è allora la figura delle
donne sotto la croce.
Non è pensabile che a i loro occhi potessero esserci prospettive diverse.
Anche per loro Gesù muore, anche per loro il domani è nelle tenebre. Ma c'è un amore più forte
che, nel buio, le tiene ai piedi della croce: ed è a questo amore semplice ma pieno, piccolo ma
autentico, che per primo si rivela la resurrezione di Gesù.
L'amore delle donne è una strada anche per noi: tante volte ci troviamo nel buio, nella solitudine,
nello sradicamento totale, nell'assurdo, nel silenzio di Dio. Ma come le donne sono rimaste ai piedi
di un Dio che muore, così la nostra preghiera insistente e il nostro silenzio fedele di fronte a un Dio
che sembra non rispondere, ha in sé il germe della speranza: anche a noi, come alle donne, si
manifesterà la gloria di Gesù che risorge, l'amore di un Dio che non delude. L'amore di Dio è per
sempre.
Il maestro sentenziò:
Se la pietra dicesse: "Una pietra non può costruire una casa", non si avrebbero case.
E se la goccia dicesse: "Una goccia non può formare un fiume", non si avrebbero fiumi.
E se il chicco di grano dicesse: "Una spiga non può fare un campo", non si avrebbe raccolto.
E se l'essere umano dicesse: "Un gesto d'amore non può salvare l'umanità", non si avrebbero mai né
giustizia, né pace, né dignità, né felicità sulla terra.
Ci sono uomini che lottano tutta la vita. È di loro che non possiamo fare a meno
(B. Brecht)
Chi vuol fare qualcosa sul serio trova una strada.... gli altri una scusa
Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica aeronautica, il calabrone non può volare, a causa della
forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare.
Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare.
La verità dell'altro non è in ciò che ti rivela, ma in ciò che non sa rivelarti. Perciò se vuoi capirlo,
non ascoltare ciò che dice, ma ciò che non dice
(K. Gibran)
Vivere la vita è il compito più difficile; è troppo facile lasciarla scivolare sulle nostre coscienze
O Padre,
il fremito di violenza della terra,
gli orrori continui della storia,
le lacrime che rigano il volto dell'uomo
ci strappano il grido e la domanda:
perché? perché, Padre mio?
La Tua Parola vera e sicura
ci racconta che il mondo è ferito
perché l'uomo è scappato dal Cuore
e ha respinto l'abbraccio di Dio,
inventando il peccato
che è terra feconda di pianto e di morte.
Ma Tu, o Padre, non puoi vivere
senza abbracciare i tuoi figli.
Per questo hai inviato il Figlio dell'eternità
per cercare i figli del tempo:
Egli ha portato il Tuo Fuoco divino
nel freddo della nostra voluta distanza.
Padre, aiutaci a piangere il peccato
per sentire le tue mani che cercano,
accarezzano, perdonano e trasmettono la vita
che non avrà mai fine.
Amen!
L'aragosta
Tanto tempo fa, quando il mondo era nuovo, una certa aragosta decise che il Creatore aveva fatto un
errore.
Così fissò un appuntamento per discutere con Lui la questione.
“Con tutto il dovuto rispetto” disse l’aragosta, “Vorrei protestare per il modo in cui ha disegnato il
mio guscio. Vedi, appena mi abituo al mio rivestimento esterno, ecco che devo abbandonarlo per un
altro molto scomodo. Oltretutto è una perdita di tempo!”
Il Creatore replicò: “Capisco, ma ti rendi conto che è proprio il lasciare un guscio che ti permette di
andare a crescere dentro un altro?”
“Ma io mi piaccio così come sono”, disse l’aragosta.
“Hai proprio deciso così?” chiese il Creatore. “Certo!” rispose l’aragosta.
“Molto bene” sorrise il Creatore “D’ora in poi il tuo guscio non cambierà e tu continuerai ad essere
così come sei ora”. “Molto gentile da parte tua” disse l’aragosta, e se ne andò.
L’aragosta era molto contenta di poter indossare lo stesso vecchio guscio, ma giorno dopo giorno
quel che era prima una leggera e confortevole protezione cominciò a diventare ingombrante e
scomodo. Alla fine l’animale non riusciva più a respirare. Con grosso sforzo tornò a parlare con il
Creatore.
“Con tutto il rispetto” sospirò l’aragosta, “contrariamente a quello che mi avevi promesso, il mio
guscio non è rimasto lo stesso. Continua a restringersi sempre di più!”
“No di certo” sorrise il Creatore. “Il tuo guscio è rimasto della stessa misura. Quello che è successo
è che TU sei cambiata all’interno del guscio!”
Il Creatore continuò: “Vedi, tutto cambia, continuamente. Nessuno resta lo stesso. E’ così che ho
creato le cose. La possibilità più interessante che tu hai è quella di poter lasciare il tuo vecchio
guscio, quando cresci.”
“Aaah, capisco!” disse l’aragosta. “Ma devi ammettere che ciò è abbastanza scomodo!”
“Si” rispose il Creatore. “Ma ricorda: ogni crescita porta con sé la possibilità di un disagio, insieme
alla grande gioia di scoprire nuovi aspetti di sé stesso. Dopo tutto, non si può avere l’uno senza
l’altro!”
“Tutto ciò è molto saggio!” rispose l’aragosta.
“Ogni volta che lascerai il tuo vecchio guscio” continuò il Creatore “e sceglierai di crescere,
costruirai una forza nuova in te. E in questa forza troverai nuove capacità di amare te stessa e di
amare coloro che ti sono accanto…di amare la vita stessa! E’ questo il mio progetto per ognuno di
voi.”
Un po' d'argento
"Rabbì, che cosa pensi del denaro?" chiese un giovane al maestro.
"Guarda dalla finestra", disse il maestro, "cosa vedi?"
"Vedo una donna con un bambino, una carrozza trainata da due cavalli e un contadino che va al
mercato".
"Bene. Adesso guarda nello specchio. Che cosa vedi?"
"Che cosa vuoi che veda rabbì? Me stesso, naturalmente".
"Ora pensa: la finestra è fatta di vetro e anche lo specchio è fatto di vetro. Basta un sottilissimo
strato d'argento sul vetro e l'uomo vede solo se stesso".
Ascoltami, o Dio!
M'avevano detto che Tu non esistevi
ed io, come un idiota, ci avevo creduto.
Ma l'altra sera, dal fondo della buca di una bomba,
ho veduto il Tuo cielo.
All'improvviso mi sono reso conto
che m'avevano detto una menzogna.
Se mi fossi preso la briga di guardare bene
le cose che hai fatto Tu,
avrei capito subito che quei tali
si rifiutavano di chiamare gatto un gatto.
Strano che sia stato necessario
ch'io venissi in questo inferno
per avere il tempo di vedere il Tuo volto!
Io ti amo terribilmente...........
ecco quello che voglio che Tu sappia.
Ci sarà tra poco una battaglia spaventosa.
Chissà?
Può darsi che io arrivi da te questa sera stessa.
Non siamo stati buoni compagni fino ad ora
e io mi domando,mio Dio,
se Tu mi aspetterai sulla porta.
Guarda: ecco come piango!
Proprio io, mettermi a frignare!
Ah, se ti avessi conosciuto prima.........
Andiamo! Bisogna che io parta.
Che cosa buffa:
dopo che ti ho incontrato non ho più paura di morire.
Arrivederci!
(Questa preghiera è stata trovata nello zaino di un soldato morto nel 1944 durante la battaglia di
Montecassino)
La Predica di S. Francesco
Un giorno, uscendo dal convento, san Francesco incontrò frate Ginepro. Era un frate semplice e
buono e san Francesco gli voleva molto bene.
Incontrandolo gli disse: «Frate Ginepro, vieni, andiamo a predicare».
«Padre mio» rispose, «sai che ho poca istruzione. Come potrei parlare alla gente?».
Ma poiché san Francesco insisteva, frate Ginepro acconsentì. Girarono per tutta la città, pregando in
silenzio per tutti coloro che lavoravano nelle botteghe e negli orti. Sorrisero ai bambini,
specialmente a quelli più poveri. Scambiarono qualche parola con i più anziani. Accarezzarono i
malati. Aiutarono una donna a portare un pesante recipiente pieno d’acqua.
Dopo aver attraversato più volte tutta la città, san Francesco disse: «Frate Ginepro, è ora di tornare
al convento».
«E la nostra predica?».
«L’abbiamo fatta… L’abbiamo fatta» rispose sorridendo il santo.
PREGHIERA DI UN SENATORE
Tempo fa fu chiesto ad un importante Ministro di aprire una nuova sessione del Senato.
Tutti si aspettavano le solite dichiarazioni, ma questo é ciò che sentirono:
Padre Celeste, veniamo davanti a Te, quest'oggi,
per chiedere il Tuo perdono e cercare la Tua guida.
Sappiamo che la Tua Parola dice:
"Guai a chi chiama il bene, male e il male, bene";
ma questo é esattamente ciò che abbiamo fatto.
Abbiamo perso il nostro equilibrio spirituale e invertito i nostri valori.
Ti confessiamo che:
Abbiamo ridicolizzato la Verità Assoluta della tua Parola,
chiamando ciò "pluralismo";
abbiamo adorato altri dèi,
chiamando ciò "multi-cultura";
abbiamo approvato la perversione,
chiamando ciò "stile di vita alternativa";
abbiamo ucciso i nostri nascituri,
chiamando ciò "scelta";
abbiamo sparato contro gli anti-abortisti,
chiamando ciò "legittimo";
abbiamo trascurato la disciplina dei nostri figli,
chiamando ciò "formazione della stima di sé";
Abbiamo abusato del potere,
chiamando ciò "politica";
abbiamo desiderato la roba degli altri,
chiamando ciò "ambizione";
abbiamo contaminato l'ambiente con profanità e pornografia,
chiamando ciò "libertà di espressione";
abbiamo ridicolarizzato i venerandi valori dei nostri antenati,
chiamando ciò "illuminismo".
Oh Dio,
cerca e sonda i nostri cuori, quest'oggi.
Purificaci da ogni peccato e rendici liberi.
Guida e benedici
quegli uomini e quelle donne che sono stati mandati
per indirizzarci al compimento della Tua Volontà.
Te lo chiediamo nel Nome del Tuo Figlio,
il Salvatore Vivente, Gesù Cristo.
PREGHIERA
Squarcia il cielo e scendi.
Tu sei il Signore,
il benvenuto nel mio cuore.
Anche se sei coperto di sudiciume.
Anche se vieni da un paese straniero.
Anche se sei solo.
Anche se piangi, io ti riconoscerò.
Io ti prenderò per mano
come un amico aspettato per tanto tempo.
Tu mi dirai le parole
che io saprò comprendere, le ascolterò
e il mio cuore sarà nella gioia.
Io ti seguirò e assieme entreremo
nella casa dei miei amici e io dirà loro:
Guardate!
E' tornato colui che il nostro cuore attendeva.
CANTO BRASILIANO
Dio solo può dare la fede;
tu, però, puoi dare la tua testimonianza.
Dio solo può dare la speranza;
tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli.
Dio solo può dare l’amore;
tu, però, puoi insegnare all’altro ad amare.
Dio solo può dare la pace;
tu, però, puoi seminare l’unione.
Dio solo può dare la forza;
tu, però, puoi dare sostegno ad uno scoraggiato.
Dio solo è la via;
tu, però, puoi indicarla agli altri.
Dio solo è la luce;
tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti.
Dio solo è la vita;
tu, però, puoi far rinascere negli altri il desiderio di vivere.
Dio solo può fare ciò che appare impossibile;
tu, però, potrai fare il possibile.
Dio solo basta a se stesso;
egli, però, preferisce contare su di te.
Un giorno, quando ero una matricola al liceo, vidi un ragazzino della mia classe che tornava a casa
da scuola. Il suo nome era Kyle. Mi pareva portasse a casa tutti i suoi libri. Pensai tra me e me:
"Perché mai porta casa tutti suoi libri il venerdì? Deve essere veramente un secchione!". Io avevo il
fine-settimana già organizzato (feste ed una partita di calcio con i miei amici l'indomani) e così
alzai le spalle e continuai per la mia strada.
Mentre camminavo, vidi un gruppo di ragazzi dirigersi verso di lui. Gli buttarono tutti i libri per
terra e lo fecero inciampare così da farlo cadere nel fango. I suoi occhiali volarono sull'erba del
prato, lontani da lui. Lo guardai e vidi una terribile tristezza nei suoi occhi.
Mi commossi, e così andai verso di lui mentre strisciava per cercare i suoi occhiali. Vidi una
lacrima nei suoi occhi. Mentre gli porgevo i suoi occhiali, gli dissi: "Quei ragazzi sono degli
imbecilli!" Mi guardò e rispose sottovoce: "Grazie". Il suo viso si illuminò di un sorriso che
mostrava vera gratitudine.
L'aiutai a raccogliere i suoi libri, e gli chiesi dove viveva. Seppi così che viveva vicino a me, ed
allora gli chiesi perché non ci fossimo mai visti prima. Rispose che era andato in una scuola privata
prima di allora.
Parlammo per tutto il viaggio di ritorno a casa, ed io portai i suoi libri. Scoprii così che era un
ragazzo scherzoso e simpatico. Gli chiesi se voleva venire alla partita di calcio sabato con me ed i
miei amici. Rispose di sì. Così trascorremmo insieme il fine-settimana, e più conoscevo Kyle, più
piaceva a me ed ai miei amici.
La mattina del lunedì seguente rincontrai Kyle con l'enorme pila di libri, lo fermai e gli dissi:
"Ragazzo, ti farai davvero dei muscoli se vai avanti di questo passo!"
Lui rise e gli presi dalle mani la metà dei libri.
Nei quattro anni, successivi io e Kyle diventammo grandi amici.
Quando iniziammo a pensare all'università sapevamo che le nostre strade si sarebbero divise, ma la
lontananza non ci avrebbe mai separato.
Kyle era il migliore della classe ed io l'ho sempre stuzzicato dicendogli che era un secchione.
Doveva preparare il discorso per il diploma. Ero contento di non dover essere io ad alzarmi e a
parlare davanti a tutti. Il giorno del diploma, vidi Kyle.
Era un ragazzo alto e ben messo, e stava davvero bene con i suoi occhiali. Lui aveva più
appuntamenti di me con le ragazze, e questo qualche volta mi rendeva geloso. In questa occasione
molte ragazze lo corteggiavano. Si notava che era nervoso, e così gli diedi una pacca sulla schiena e
gli dissi "Ehi, sei grande". Mi guardò con uno di quei suoi sguardi pieni di gratitudine e
sorrise dicendomi: "Grazie".
Alla fine si schiarì la voce, e cominciando il suo discorso, disse: "Il diploma è un momento per
ringraziare quelli che ti hanno aiutato negli anni difficili. I tuoi genitori, i tuoi insegnanti, i tuoi
fratelli, forse un allenatore, ma soprattutto i tuoi amici. Sono qui per dire che dare la propria
amicizia a qualcuno è il dono più grande che si possa donare. Voglio raccontarvi una storia".
Io guardavo il mio amico incredulo mentre raccontava la storia del nostro primo incontro. Aveva
progettato di uccidersi quel fine-settimana.
Raccontò di come aveva pulito il suo armadietto in modo di evitare questo a sua madre, e così si
portò tutta la sua roba a casa. Mi guardava intensamente e mi fece un sorriso.
"Sono stata salvato. Il mio amico mi ha salvato da una tragedia."
Sentii la folla sorpresa: davanti a loro c'era un ragazzo bello e popolare che diceva a tutti del suo
momento di più grande debolezza.
Ho visto sua madre e suo padre guardarmi e sorridermi dello quello stesso sorriso carico di
gratitudine.
Solo in quel momento ne compresi la profondità .
Non sottovalutare mai l'importanza delle tue azioni. Con un piccolo gesto puoi cambiare la vita di
una persona in meglio o in peggio. Dio ci mette tutti nella vita di tutti per dare un impatto e portare
un cambiamento.
Tacere
Tacere nell’offesa
è saper conservare le proprie forze.
Tacere nella preghiera
è l’estasi della preghiera:
quando si ama molto
non lo si sa esprimere.
Tacere nella sofferenza
è adorazione,
abbandono cieco di se stessi all’Amore.
Tacere nel lavoro
è abitare anticipatamente nei cieli,
perché l’unica occupazione dei beati
è di amare in silenzio.
Tacere di se stessi
è sapersi dimenticare.
Tacere nelle contraddizioni
è umiltà.
Tacere con se stessi
è vivere in Dio,
nella solitudine infinita in cui egli abita.
I DUE BOSCAIOLI
Due boscaioli lavoravano nella stessa foresta ad abbattere alberi. I tronchi erano imponenti, solidi e
tenaci. I due boscaioli usavano le loro asce con identica bravura, ma con una diversa tecnica: il
primo colpiva il suo albero con incredibile costanza, un colpo dietro l’altro, senza fermarsi se non
per riprendere fiato e per rari secondi.
Il secondo boscaiolo faceva una discreta sosta ogni ora di lavoro.
Al tramonto, il primo boscaiolo era a metà del suo albero. Aveva sudato sangue e lacrime e non
avrebbe resistito cinque minuti di più. Il secondo era incredibilmente al termine del suo tronco.
Avevano cominciato insieme e i due alberi erano uguali!
Il primo boscaiolo non credeva a i suoi occhi: «Non ci capisco niente! Come hai fatto ad andare così
veloce se ti fermavi tutte le ore?». L’altro sorrise: «Hai visto che mi fermavo ogni ora, ma quello
che non hai visto è che approfittavo della sosta per affilare la mia ascia».
Il pacco di dolci
Lasciatemi raccontare una storia vissuta da una amica in un aeroporto, che mi fu raccontata da una
missionaria.
Aveva preso con sé nella borsa per il viaggio un pacco di dolci. Seduta nella sala d’attesa, aveva
cominciato a leggere il giornale, quando d’un tratto l’uomo seduto di fronte, cominciò a prendere un
dolce dalla scatola sul tavolo. La signora, contrariata, pensò che quell’uomo non aveva alcun
pudore. Interiormente era furiosa, ma si rimise a leggere il giornale e prese un dolce. L’uomo tornò
all’attacco prendendo un secondo dolce e poi un terzo… “Avrebbe potuto almeno chiedermi il
permesso!” pensò tra sé e si sbrigò a prendere un altro dolce. Alla fine non rimaneva che un solo
dolce. Osservò con un occhio discreto da sopra il giornale, per vedere che cosa avrebbe fatto
l’uomo. Lui prese il dolce, lo spezzò in due e ne mangiò una metà, rimettendo l’altra nella scatola e
spingendola in direzione della signora.
Era veramente troppo! La signora si alzò dal tavolo arrabbiata e disillusa. Nell’aereo continuò a
pensare a quella scena che aveva vissuto, scotendo la testa, quando improvvisamente, aprendo la
borsa, si accorse che c’era il “suo” pacco di dolci…
L’uomo di fronte a lei, aveva condiviso gentilmente con lei un pacco di dolci che apparteneva a lui!
IL TEMPO
Per scoprire il valore di un anno,
chiedilo a uno studente che e' stato bocciato all'esame finale.
Per scoprire il valore di un mese,
chiedilo a una madre che ha messo al mondo un bambino troppo presto.
Per scoprire il valore di una settimana,
chiedilo all'editore di una rivista settimanale.
Per scoprire il valore di un'ora,
chiedila agli innamorati che stanno aspettando di vedersi.
Per scoprire il valore di un minuto,
chiedilo a qualcuno che ha appena perso il treno, il bus o l'aereo.
Per scoprire il valore di un secondo,
chiedilo a qualcuno che è sopravvissuto a un incidente.
Per scoprire il valore di un millisecondo,
chiedilo ad un atleta che alle Olimpiadi ha vinto la medaglia d'argento.
Il tempo non aspetta nessuno.
Raccogli ogni momento che ti rimane, perchè ha un grande valore.
Condividilo con una persona speciale, e diventerà ancora più importante.
Tormentando il manico della borsetta, una donna diceva: "So che mio marito sa essere tenero e
affettuoso. Con il cane si comporta così".
La castità sembra essere uno dei problemi che assillano maggiormente i giovani.
L’ho detto in più occasioni e lo ribadisco: ma perché non parliamo con la stessa enfasi e con lo
stesso interesse di come ci riesce difficile “amare il nostro nemico” o “perdonare”?
È incredibile, dovunque... all'università, dove lavoro, tra i miei amici, tutti appena sanno che sono
credente mi chiedono se ho fatto o meno l'amore prima del matrimonio... CHE PALLE!!!
Certo che leggendo anche il vostro interesse per l'argomento, mi sembra di essere un marziano...
sembra che l'elemento più importante, il fondamento della nostra fede sia la morale sessuale.
sembra che il problema più grande nelle coppie di credenti sia fare o meno l'amore prima del
matrimonio con la mia ragazza, sinceramente, ho problemi molto più grandi e la sessualità è solo un
fiocchetto di neve sulla punta di un iceberg.
Personalmente la vedo come la chiesa, ma basta parlarne... è come essere davanti ad un tramonto, il
più bello della storia e non riuscire a goderselo perchè c'è una zanzara che ronza... e, quando ci
chiedono di raccontare quello che abbiamo visto raccontiamo della zanzara dimenticandoci del
sole...
La provvidenza
Ricordati, o Padre, che sono tua creatura,
ricordati che tu mi hai suscitato alla vita.
Io non ero
e tu mi hai pensato;
e tu mi hai chiamato dal nulla
e mi hai fatto questo dono di rispondere:
io sono.
Tu hai guidato con segreta provvidenza
la via della mia esistenza.
Tu hai disposto le tappe del mio cammino.
Da lontano mi hai chiamato
perché io ti rispondessi vicino.
Ed ecco sono, creatura delle tue mani,
argilla deforme e immagine del tuo volto.
Ricomponi in me le tue sembianze,
o Signore,
non giudicarmi se io le ho obliate.
Io sono fragile nelle tue mani potenti,
la mia infermità è indice del tuo dominio,
ma le tue mani sono pietose,
sono pietose anche quando ci opprimono,
le tue mani sorreggono e sostengono,
le tue mani puniscono e vivificano.
Io abbandonerò ad esse la mia vita,
il dono che tu mi hai fatto, io ti confiderò;
dove niente si perde, perderò l’essere mio,
in te, o Padre, mio principio e mia fine.
(Paolo VI)
Dammi la mano
Guidami, luce amabile,
tra l’oscurità che mi avvolge.
Guidami innanzi, oscura è la notte,
lontano sono da casa.
Dove mi condurrai?
Non te lo chiedo, o Signore!
So che la tua potenza
m’ha conservato al sicuro
da tanto tempo,
e so che ora mi condurrai ancora,
sia pure attraverso rocce e precipizi,
sia pure attraverso montagne e deserti
sino a quando sarà finita la notte.
Non è sempre stato così:
non ho sempre pregato
perché tu mi guidassi!
Ho amato scegliere da me il sentiero,
ma ora tu guidami!
(John Henry Newman)
Rimpiangevo il passato
e temevo il futuro.
Ad un tratto il Signore ha parlato:
Il mio nome è "Io sono".
Si è fermato. Io ho atteso. Lui ha continuato:
"E' duro vivere nel passato,
con le sue colpe e i suoi rimpianti.
Io non sono lì. Il mio nome non è: Io ero.
E' duro vivere nel futuro,
con i suoi problemi e le sue paure.
Io non sono lì. Il mio nome non è: Io sarò.
E' facile, invece, vivere nel presente.
Io sono lì. Il mio nome è: Io sono”
LE QUATTRO CANDELE
Le quattro candele, bruciano, si consumano lentamente.
Il luogo era talmente silenzioso, che si poteva ascoltare la loro
conversazione...
La prima diceva:
"Io sono la pace,
ma gli uomini non riescono a mantenermi: penso proprio che non mi resti
altro da fare che spegnermi!"
Così fu, e a poco a poco, la candela si lasciò spegnere completamente.
La seconda diceva:
"Io sono la fede,
purtroppo non servo a nulla. Gli uomini non ne vogliono sapere di me, e per
questo motivo non ha senso che io resti accesa."
Appena ebbe terminato di parlare, una leggera brezza soffiò su di lei e la
spense.
Triste triste, la terza candela, a sua volt disse:
"Io sono l'amore,
non ho la forza per continuare a rimanere accesa. Gli uomini non mi
considerano e non comprendono la mia importanza.
Essi odiano perfino coloro che più li amano, i loro familiari."
E senza attendere oltre, la candela si lasciò spegnere.
Inaspettatamente...
un bimbo in quel momento entrò nella stanza e vide le tre candele spente.
Impaurito per la semioscurità disse:
"Ma cosa fate! Voi dovete rimanere accese, io ho paura del buio!".
E così dicendo scoppiò in lacrime. Allora la quarta candela impietositasi
disse:
"Non temere,
non piangere:
finché io sarò accesa,
potremo sempre riaccendere
le altre tre candele:
io sono la speranza".
Con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime, il bimbo prese la candela della
speranza e riaccese tutte le altre.
Che non si spenga mai la speranza dentro il nostro cuore...
...e che ciascuno di noi possa essere lo strumento, come quel bimbo, capace
in ogni momento di riaccendere con la sua Speranza la Fede, la Pace e
l'Amore!!!
IL RICCO E IL POVERO
Tempo fa, in un villaggio, scoppiò un incendio. Un ricco e un povero, fino a quel giorno buoni
vicini di casa, persero tutti loro averi.
Il povero rimase nella pace, il ricco invece cadde in una cupa disperazione.
"Moishele", disse allora il ricco, "come è possibile che tu sia così tranquillo quando tutto ciò che
avevamo è bruciato nell'incendio?"
"A me è rimasto il mio Dio", rispose il povero, "il tuo è bruciato con la casa".
(Storielle di rabbini mendicanti e malandrini) (Daniel Lifschitz)
IL DENARO
può comprare una casa ma non un focolare;
può comprare un letto ma non il sonno;
può comprare un orologio ma non il tempo;
può comprare un libro ma non la conoscenza;
può comprare una posizione ma non il rispetto;
può pagare il dottore ma non la salute;
può comprare l'anima ma non la vita;
può comprare il sesso ma non l'amore.
MAESTRO DI SPERANZA
Signore, abbiamo allenato i nostri occhi
a leggere i segnali che indicano ciò che accadrà,
come il contadino che vedendo, il germoglio del fico,
sa dell'imminente primavera;
abbiamo affinato i nostri strumenti per prevedere e programmare;
ma ogni giorno ci ritroviamo stupiti di fronte al male e al dolore:
non lo avevamo previsto, né programmato,
ci sentiamo sconfitti.
Ci siamo dimenticati che il tuo annuncio di libertà
risuona per chi sperimenta l'amaro sapore della schiavitù.
Gesù, maestro di speranza,
insegnaci a ritrovare nella negatività dell'esperienza quotidiana
i segni del compimento della salvezza che tu ci hai donato.
Sovrabbondò...
Non guardare il tuo negativo,
se non credendo all'amore misericordioso.
Non vedere la tua debolezza,
se non come dimora della potenza di Dio.
Non avvertire l'altezza dell'ostacolo,
se non come segnale dell'altezza del volo.
Non sottolineare la rovinosa caduta,
se non per intensificare l'esercizio dei muscoli predisposti per rialzarti.
Non rammaricarti dell'abisso della tua caduta,
se non per gioire della profondità abissale del cielo spalancato per te.
Non guardare la gravità della tua colpa,
se non per ringraziare del dono dell'innocenza.
Non esaminare la tua miseria,
se non per esaltare la Misericordia.
Non ricordare l'abbiezione sofferta,
se non per godere degli onori che Dio-Padre ti fa al tuo ritorno a casa.
Non ricordare il senso dello sconforto,
se non per aumentare la gioia di figlio di Dio.
Non dolerti della sconfitta,
se non per gioire della fortuna di poter sempre ricominciare.
Non osservare l'abisso della valle di lacrime,
se non per bearti della vetta che la sovrasta.
Non fermarti al vuoto in cui ti senti smarrire,
se non per stupirti della pienezza del mare.
Non sottolineare la tua nuvola nera,
se non per rallegrarti dei giochi di luce che essa ti offre.
Non guardare dove abbondò il peccato,
se non per cantare che proprio là sovrabbondò la grazia.
A mani vuote
Ai tempi di re Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori.
C’era un pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla.
Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta portando qualche dono, invitarono anche lui.
Ma lui disse: “Io non posso venire: sono a mani vuote, che posso dare?”
Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero.
Così arrivarono dove era il bambino, con sua madre e Giuseppe.
Maria aveva tra le braccia il bambino e sorrideva
vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana o qualche frutto.
Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di avvicinarsi.
Lui si fece avanti imbarazzato.
Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori,
depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote.
Il Signore che nasce possa colmare tutta la nostra vita
per farci portatori di un Dono sempre nuovo,
il più bello di tutti.
Il padre guardava il suo bambino che cercava di spostare un vaso di fiori molto pesante. Il piccolino
si sforzava, sbuffava, brontolava, ma non riusciva a smuovere il vaso di un millimetro.
"Hai usato proprio tutte le tue forze?", gli chiese il padre.
"Sì", rispose il bambino.
"No", ribatté il padre, "perché non mi hai chiesto di aiutarti".
Qualche tempo fa quando un gelato costava molto meno di oggi, un bambino di dieci anni entrò in
un bar e si sedette al tavolino. Una cameriera gli portò un bicchiere d'acqua.
"Quanto costa un cono super?" chiese il bambino. "Mille e duecento lire" rispose la cameriera. Il
bambino prese delle monete dalla tasca e cominciò a contarle.
"Bene, quanto costa un cono semplice?" In quel momento c'erano altre persone che aspettavano e la
ragazza cominciava un po' a perdere la pazienza. "Mille lire!" gli rispose la ragazza in maniera
brusca.
Il bambino contò le monete ancora una volta e disse: "Allora mi porti un cono semplice!". La
cameriera gli portò il gelato e il conto. Il bambino finì il suo gelato, pagò il conto alla cassa e uscì.
Quando la cameriera tornò al tavolo per pulirlo cominciò a piangere perché lì, ad un angolo del
piatto, c'erano duecento lire di mancia per lei.
Il bambino non chiese il cono super per riservare la mancia alla cameriera.
Canto brasiliano
Dio solo può dare la fede,
tu, però, puoi dare la tua testimonianza.
Dio solo può dare la speranza,
tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli.
Dio solo può dare l'amore,
tu, però, puoi insegnare all'altro ad amare.
Dio solo può dare la pace,
tu, però, puoi seminare l'unione.
Dio solo può dare la forza,
tu, però, puoi dare sostegno a uno scoraggiato.
Dio solo è la via,
tu, però, puoi indicarla agli altri.
Dio solo è la luce,
tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti.
Dio solo è la vita,
tu, però, puoi far rinascere negli altri
il desiderio di vivere.
Dio solo può fare ciò che appare impossibile,
tu, però, potrai fare il possibile.
Dio solo basta a se stesso,
egli, però, preferisce contare su di te.
La sapienza eterna di Dio ha previsto fin dal principio la croce che Egli ti invia dal profondo del suo
cuore come un dono prezioso. Prima di inviartela, egli l'ha contemplata con i suoi occhi onniscienti,
l'ha meditata nel suo divino intelletto, l'ha esaminata alla luce della sua sapiente giustizia, e le ha
dato calore stringendola tra le sue braccia amorose; poi l'ha soppesata con ambo le mani se mai non
fosse d'un millimetro troppo grande o di un milligrammo troppo greve...
Poi l'ha benedetta nel suo nome santissimo, l'ha cosparsa col balsamo della sua grazia e col profumo
del suo conforto.. Poi ha guardato ancora a te, al tuo coraggio...
Perciò la croce viene a te dal Cielo, come un saluto del Signore, come un'elemosina del suo
misericordioso amore."
(S. Francesco di Sales)
Sono nato nudo, dice Dio, perchè tu
sappia spogliarti di te stesso.
Sono nato povero perchè tu possa
considerarmi l'unica ricchezza.
Sono nato in una stalla perchè tu
impari a santificare ogni ambiente.
Sono nato debole, dice Dio ,perchè
tu non abbia mai paura di me.
Sono nato per amore perchè tu
non dubiti mai del mio amore.
Sono nato di notte perchè tu creda
che posso illuminare qualsiasi realtà.
Sono nato poersona, dice Dio, perchè
tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.
Sono nato perseguitato perchè tu
sappia accettare tutte le difficoltà.
Sono nato nella semplicità
perchè tu smetta di essere complicato.
Sono nato nella tua vita, dice Dio,
per portare tutti alla casa del Padre.
(Lambert Noben)
In questo brano del Vangelo di Matteo vediamo l'adempiersi della profezia di Geremia: "Susciterò a
Davide un germoglio giusto - dice il Signore". Giuseppe, figlio di Davide, riceve l'annuncio di
questa futura nascita, che anche Isaia aveva annunciato proclamando: "Ecco, la vergine concepirà e
partorirà un figlio".
Insieme però vediamo che l'adempimento di questa realtà, già preparata da lungo tempo, non si
attua senza un dramma personale, e molto doloroso.
Giuseppe credette di dover rinunciare a Maria, di dover rinunciare al matrimonio con lei, che era la
gioia della sua vita, ed era preparato al sacrificio che gli pareva la volontà del Signore. I grandi doni
di Dio sono abitualmente preceduti da grandi pene: Dio deve allargare le nostre anime per poterle
riempire del suo dono, che è troppo grande per noi.
E Giuseppe fu preparato così alla grazia che era non soltanto per lui, ma per tutto il mondo, per tutto
il popolo: essere chiamato a fare da padre al Salvatore del mondo, a Gesù, che salverà il popolo dai
suoi peccati. E anche a vivere nella gioia profonda e nella castità perfetta una unione spirituale,
intima, con Maria.
Possiamo ammirare la forza d'animo di Giuseppe. Egli, essendo giusto, decise di rinunciare a Maria
ma senza fare uno scandalo e accettò il sacrificio così nel silenzio. Questo è, certo, indice di una
grande forza d'animo. Però ciò che è ancora più bello, dopo, è la sua docilità alla parola del Signore.
Quando noi dobbiamo fare un sacrificio, spesso la nostra mente si irrigidisce, il nostro cuore si
chiude, ci facciamo duri e non vogliamo più sentire niente. Invece Giuseppe, pronto al sacrificio,
deciso a rimanere aperto alla parola di Dio, non era per niente chiuso in se stesso. L'Angelo del
Signore, venendo, trova un'anima aperta, alla quale può rivelare le grandi promesse di Dio, dandogli
certamente la gioia più grande della sua vita.
Chiediamo al Signore la grazia di essere allo stesso tempo forti nelle prove della vita e aperti ai
disegni di Dio, che sono sempre più belli di ciò che noi pensiamo. Siamo certi che quando Dio
sembra chiedere una cosa dura, prepara grazie grandi.
(Albert Vanhoye)
Se non ci fermiamo
a cogliere luce
nel sorriso dei bambini,
se non ci fermiamo
a cogliere il cielo
nelle lacrime di chi non ha voce,
se non ci fermiamo
a cogliere il silenzio
di chi non sa pregare-
non parliamo di Natale.
Se non ci muova pietà
per chi piange solo
per chi muore innocente,
non pensiamo ai regali.
Natale sarebbe uno scherno
se non accendiamo una luce
nel segreto dell'anima
per cercare ancora
un cammino di fede,
dove la purezza dei piccoli
ci colmi di speranza
facendoci nuovi nella mano di Gesù.
(Aminah Corsini)
Fa', o Signore,
che non perda mai il senso del sorprendente.
Concedimi il dono dello stupore!
Donami occhi rispettosi del tuo creato,
occhi attenti, occhi riconoscenti.
Signore, insegnami a fermarmi:
l'anima vive di pause;
insegnami a tacere:
solo nel silenzio si può capire
ciò che è stato concepito in silenzio.
Tutto è tempio!
Tutto è altare!
Rendimi, Signore, disponibile alle sorprese:
comprenderò la liturgia pura del sole,
la liturgia mite del fiore;
sentirò che c'è un filo conduttore
in tutte le cose... e salirà
il voltaggio dell'anima.
Amen
(Michel Quoist)
Un uomo si sentiva perennemente oppresso dalle difficoltà della vita e se ne lamentò con un famoso
maestro di spirito. «Non ce la faccio più! Questa vita mi è insopportabile».
Il maestro prese una manciata di cenere e la lasciò cadere in un bicchiere pieno di limpida acqua da
bere che aveva sul tavolo, dicendo: «Queste sono le tue sofferenze». Tutta l'acqua del bicchiere
s'intorpidì e s'insudiciò. Il maestro la buttò via.
Il maestro prese un'altra manciata di cenere, identica alla precedente, la fece vedere all'uomo, poi si
affacciò alla finestra e la buttò nel mare. La cenere si disperse in un attimo e il mare rimase
esattamente com'era prima. «Vedi?» spiegò il maestro. «La cenere rappresenta i tuoi problemi, le
tue incertezze, le tue paure. Ogni giorno devi decidere se essere un bicchiere d'acqua o il mare».
NATALE
Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti.
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è ancora chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce tra due ladri?
(Salvatore Quasimodo)
LA STORIA
La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da raccontare.
E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera".
Ma è solo un modo per convincerti
a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto o dà ragione.
La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.
E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può cambiare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.
La difficoltà nello spiegare "perché sono cattolico" consiste nel fatto che vi sono diecimila ragioni,
tutte riconducibili ad un'unica ragione: che il cattolicesimo è vero
(G.K. Chesterton)
La Chiamata
Ascolta! Il Signore ti chiama!
Il tuo cuore sussulta.
Il Signore ti chiama.
Ascolti la Sua voce ma non capisci il senso.
Puoi tu così fragile e debole fare quello che Lui ti dice?
Lui ti chiama.
Vuole usare te per portare la salvezza all'umanità.
Vuole la tua fragilità per manifestare la Sua potenza.
Vuole il tuo cuore per manifestare il Suo amore.
Vuole il tuo "si" per manifestare la Sua presenza.
Ascolta! Lui ti conosce, sa i tuoi limiti,
li conosce più di te e sa che sono più di quanto tu sai.
Ma Lui è Dio e fa cose grandi con mezzi piccoli, insignificanti.
Lui manifesta la Sua onnipotenza nella debolezza.
Se tu sai di essere debole, Lui ti può usare.
Con Dio noi faremo cose grandi.
Ascolta, non dire di no! Lui aspetta il tuo si! Non aspettare
di essere perfetto, non attendere mille certezze, non ragionare a lungo. Fidati di Lui.
Dai la tua vita, la tua debolezza, il tuo cuore, la tua mente, la tua libertà e tutto nella
tua vita sarà benedizione.
Ciò che Dio assume, perché tu gliene dai il permesso,
diventa strumento di salvezza.
Dì sì! Molti fratelli disperati aspettano te,
perché aspettano Lui.
E Lui si vuole servire di te per salvare loro.
Dì sì! Il mondo è troppo buio, senza Dio.
Lui è la luce del mondo e vuole attraverso te
illuminare ogni uomo.
(Don Salvatore Tumino, dal libro Amare è)
Credo che gli amici siano angeli silenziosi che ci aiutano a rimetterci in piedi quando le nostre ali
non si ricordano più come si fa a volare.
Abbiamo partecipato
alla mensa della tua Parola,
abbiamo ascoltato il tuo messaggio.
La tua Parola ci aiuti a proseguire
sulle strade della vita.
Sia realmente luce e lampada ai nostri passi,
perché il nostro cammino sia coerente
e senza fermate o cadute.
Acqua che ci disseta,
per accettare ciò che siamo,
senza desiderare ciò che non abbiamo.
Spada che taglia il bene e il male,
per conservare l'uno e distruggere l'altro.
Grano che porti frutto,
perché ogni nostra azione
sia un gesto d'amore.
Signore,
noi siamo i soliti fessi. Quelli che "al dunque" non si tirano mai indietro.
Quelli che non sanno mai trovare la scusa per dire "non sono potuto venire".
Quelli che dicono "ormai ci siamo impegnati, non possiamo più tirarci indietro"
Quelli che si ritrovano "sempre gli stessi" a lavorare, a sgobbare.
Quelli che devono inghiottire bocconi perché gli altri, oltre a non lavorare, ti prendono anche in
giro.
Signore…è duro.
Siamo sempre in tanti ad avere idee, a progettare, a programmare. Ma poi, a lavorare, chi scappa di
qua, chi fugge di la, chi non può, chi non si ricorda…
E noi siamo i "soliti fessi". Ci arrabbiamo, diciamo che questa è l’ultima volta…che non ci
cascheremo più.
Ma sappiamo che non è vero…noi non siamo soli. Ci sei Tu.
Tu non hai mai tagliato la corda. Aiutaci a stare in tua compagnia. Anche Tu ci sei sempre.
(T.Lasconi)
IN UN MOMENTO DI ONESTÁ
Signore,
quando credo che il mio cuore sia straripante di amore
e mi accorgo, in un momento di onestà,
di amare me stesso nella persona amata,
liberami da me stesso.
Signore,
quando credo di aver dato tutto quello che ho da dare
e mi accorgo, in un momento di onestà,
che sono io a ricevere,
liberami da me stesso.
Signore,
quando mi sono convinto di essere povero
e mi accorgo, in un momento di onestà,
di essere ricco di orgoglio e di invidia,
liberami da me stesso.
E, Signore,
quando il regno dei cieli si confonde falsamente
con i regni di questo mondo,
fa' che io trovi felicità e conforto solo in te.
(Madre Teresa)
Ti voglio regalare la formula della santità. Eccola: Primo: allegria. Ciò che ti turba e ti toglie la pace
non viene da Dio. Secondo: i tuoi doveri di studio e di pietà. Attenzione a scuola, impegno nello
studio, impegno nella preghiera. Tutto questo non farlo per ambizione, ma per amore del Signore.
Terzo: far del bene agli altri. Aiuta i tuoi compagni sempre, anche se ti costa sacrificio. La santità è
tutta qui.
(don Giovanni Bosco)
La pace.
LA PACE VERRA'
Se tu credi che un sorriso è più forte di un'arma,
Se tu credi alla forza di una mano tesa,
Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più importante di ciò che li divide,
Se tu credi che essere diversi è una ricchezza e non un pericolo,
Se tu sai scegliere tra la speranza o il timore,
Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo piuttosto che l'altro, allora...
LA PACE VERRA'
Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore,
Se tu sai gioire della gioia del tuo vicino,
Se l'ingiustizia che colpisce gli altri ti rivolta come quella che subisci tu,
Se per te lo straniero che incontri è un fratello,
Se tu sai donare gratuitamente un po' del tuo tempo per amore,
Se tu sai accettare che un altro, ti renda un servizio,
Se tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora...
LA PACE VERRA'
Se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta,
Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria,
Se tu sai accogliere il misero che ti fa perdere tempo e guardarlo con dolcezza,
Se tu sai accogliere e accettare un fare diverso dal tuo,
Se tu credi che la pace è possibile, allora...
LA PACE VERRA'
(Charles de Foucauld)
Né un soldo Né un uomo
La mattina presto abbiamo l'abitudine, qui nell'ospedale di Emergency a Kabul, di dare una occhiata
ai titoli dei quotidiani su Internet. Dalla prima riga dell'editoriale del Corriere del 2 febbraio vengo a
sapere di essere un Signor Né- Né, neologismo coniato dal Signor Francesco Merlo nel commentare
la dichiarazione di Armando Cossutta di non essere «né con Saddam né con la guerra».
Così, additato come Signor Né-Né, ho cercato di capire meglio chi sono e come la penso leggendo
il resto dell'articolo. Dopo poche righe ho scoperto - e mi ha sorpreso - di essere una «scoria del
pacifismo», una «serpe», anzi un «lupo», di più, una astuta «volpe». Mancavano il dobermann, il
grizzly e lo squalo bianco, ma mi sono preoccupato lo stesso, specie dopo aver saputo, qualche riga
più sotto, di essere uno che «solletica il "me ne frego" irresponsabile, il qualunquismo».
Perbacco, mi sono detto, o qualcosa di simile. Se ha ragione il Signor Merlo sono davvero in una
brutta situazione. Così ho deciso di verificare se la penso davvero come il Signor Né-Né.
«Né con lo Stato né con le Br»: no, qui il signor Merlo si sbaglia. Da sempre odio il terrorismo,
sono stato contro le Br e per lo Stato. Lo sarei ancora oggi, in un momento in cui mi sembra che lo
Stato italiano e le sue istituzioni siano orientati in direzioni che non apprezzo.
Rincuorato dal non essere almeno quel tipo di Signor Né-Né, ho continuato la lettura.
«Né con la Resistenza né col fascismo»: anche qui - ma come è possibile? - il Signor Merlo si
sbaglia. Io sono sempre stato antifascista e ho un grande rispetto, e anche una grande passione, per
lo spirito della Resistenza che ha portato, tra l'altro, ad elaborare la Costituzione del mio Paese.
E sono talmente attaccato a quei valori e alla Costituzione, che mi ha indignato il vedere che vari
governi italiani – di centrosinistra e di centrodestra - hanno in passato deciso di portare il mio Paese
in guerra votando contro la nostra Costituzione, che sento anche mia.
«Né con Hitler né con gli ebrei»: come va giù pesante, Signor Merlo. Io sono nato dopo la Seconda
guerra mondiale, non ho ricordi diretti ma ho ascoltato storie, letto libri, visitato luoghi. Mi è
capitato di piangere sui luoghi dell'Olocausto - tra le tragedie più grandi nella storia dell'uomo -
come mi è successo anni dopo visitando Ground Zero, e in altri luoghi a Lei sconosciuti. Non sono
mai stato dalla parte di Hitler - in questo concordo - ma sto, per motivi che le sarebbero
incomprensibili, dalla parte delle vittime. Dalla parte degli ebrei e di tutti gli altri massacrati con
loro dalla follia nazista. Per le stesse ragioni sto dalla parte delle vittime del terrorismo. E della
guerra, Signor Merlo, che è la più diffusa forma moderna di terrorismo.
E' scandalizzato, Signor Merlo, da questa affermazione? Provi lei a trovare parola più adatta che
«terrorismo» per descrivere una «attività umana» - quale è la guerra - che uccide e mutila e ferisce e
annichilisce esseri umani, il novanta per cento dei quali civili innocenti.
Guerra a Saddam, l'anno scorso c'erano i Talebani e Osama, qualche altro «mostro» è già in
fabbricazione. Avanti, alle armi, bombardiamo tutti, per i prossimi cinquant'anni. Ogni volta, alla
fine di una delle guerre contro i «mostri»... il mostro è ancora lì. Mentre almeno il novanta per cento
delle vittime delle guerre sono civili. Povera gente, che si vede innaffiata di bombe perché il suo
Presidente, di solito, è un dittatore in disgrazia che ha litigato con gli alleati di prima.
«Effetti collaterali» vengono chiamate, non so se anche lei abbia usato quel termine. Spero di no.
Perché sono certo, Signor Merlo, che lei si indignerebbe, e soffrirebbe anche molto, nel sentire
liquidare la morte di suoi familiari sotto un bombardamento come «effetto collaterale».
Novanta per cento di vittime civili: è un dato statistico, Signor Merlo, come lei ben sa. Di tutte le
guerre nell'ultimo mezzo secolo.
Ero quasi sicuro, a questo punto, di non avere alcuna delle caratteristiche del Signor Né-Né, e
invece mi è arrivata la mazzata: «Né un soldo né un uomo». Ebbene, lo ammetto pubblicamente, su
questo punto sono un Signor Né-Né. Credo infatti che l'Italia non dovrebbe fornire né un soldo né
un uomo a nessuna guerra. Anzi credo che il Parlamento italiano dovrebbe condannare la guerra -
non dovrebbe essere difficile, la Costituzione la «ripudia» - e starne rigorosamente fuori.
Mi piacerebbe, glielo confesso Signor Merlo, che qualche membro del Parlamento presentasse una
mozione proprio come l'ha suggerita lei: «né un soldo né un uomo» per la guerra. Ci aggiungerei
solo «e neppure una base aerea né un permesso di sorvolo». Vorrei l'Italia fuori dalla guerra, vorrei
vedere etica e umanità, e senso di giustizia, nella classe politica italiana. Vorrei l'Italia fuori dalla
barbarie.
Forse vale la pena di parlare della barbarie, Signor Merlo.
Nel 1996 Madeleine Albright, allora Ambasciatore Usa all'Onu prima di diventare Segretario di
Stato, fu intervistata dalla televisione americana Cbs sull'embargo all'Iraq. «Abbiamo sentito che
mezzo milione di bambini sono morti in conseguenza all'embargo. Ne valeva la pena, era
necessario?» chiede l'intervistatore.
Risponde la Albright: «Penso che questa sia una scelta molto dura, ma la posta in gioco... we think
the price is worth it ». Pensiamo che per quella posta ne sia valsa la pena.
La barbarie, appunto. Vede, Signor Merlo, io credo che un cervello umano normale, di fronte alla
domanda «valeva la pena di ammazzare mezzo milione di bambini?» non possa rispondere «Sì».
Se invece qualcuno lo fa, come ha fatto la Signora Albright, se risponde «Sì, ne è valsa la pena», io
le assicuro, Signor Merlo, di non aver più bisogno di inventarmi mostri esotici con i quali
guerreggiare: il mostro è già lì davanti ai miei occhi.
E' stato talmente disumano quel progetto di distruzione dell'infanzia irachena che due responsabili
dell'Onu si sono dimessi «per non essere complici di un genocidio». Cinquecentomila bambini sono
stati uccisi in Iraq tra il 1991 e il 1998 a causa dell'embargo, come confermano rapporti dell'Onu,
documenti accessibili a tutti.
A proposito, di questo ha mai scritto nei suoi editoriali, Signor Merlo?
O crede anche lei che ne sia valsa la pena? In ogni caso, avendo confessato di essere un Né-Né,
almeno su una questione, mi è venuta anche qualche curiosità. Perché vede, Signor Merlo, i suoi
Né-Né sembrano un pugno di fanatici furbastri, che hanno optato per «il modo peggiore, il più
ipocrita di stare con Saddam».
Anzitutto mi piacerebbe sapere quanti italiani sono dei Né-Né. Quanti di noi sono contrari alla
guerra all'Iraq, a quanti di noi fa schifo la prospettiva di un nuovo massacro per il petrolio, senza
perciò essere sostenitori di Saddam Hussein? Perché non ce lo dice, Signor Merlo? Lei ha accesso
alle fonti, lei è l'informazione. A me, che sono semplicemente un chirurgo, risulta che ben oltre i
due terzi degli italiani sono contrari alla guerra. A lei? Questo almeno potrebbe farcelo sapere, ci
sarebbe utile, sapere quanti siamo.
Invece no. Lei preferisce il dileggio, l'insulto; e la retorica: «E' vero infatti che noi occidentali
sappiamo che il pacifismo assoluto è un'utopia infantile, perché la storia delle relazioni
internazionali è fatta di guerre, e le paci vanno difese con le armi perché rappresentano la guerra in
riposo». Ma lei, Signor Merlo, è sicuro di poter spendere concetti di questo calibro a nome di «noi
occidentali»? «Liberiamoci, dunque, del signor Né-Né. Per una volta, smascheriamolo "prima"».
Ecco: smascheriamolo, andiamo a vedere il pericoloso filoterrorista nemico della sicurezza
mondiale che si cela sotto le sembianze di Rosy Bindi.
Il che, nel codice di un certo giornalismo, significa di solito via libera all'insulto, alla menzogna,
alla calunnia preventiva: smascheriamolo «prima».
Mi spiace, Signor Merlo, è troppo tardi.
Già dal 15 febbraio, lei si accorgerà - ma in fondo lei lo sa già, è che non le va di scriverlo, o a
qualcuno non va che lei lo scriva – di quanti Né-Né ci sono in Italia e in Europa.
Sa, Signor Merlo, ho l'impressione che il partito della guerra del petrolio - quello di Bush junior
della Harken e di Bush papà del Carlyle Group (dove stanno anche un po' di parenti stretti di
Osama), quello di Dick Cheney della Halliburton, di Condoleezza della Chevron, di Rumsfeld
della Occidental, il vertice della «grande democrazia americana» tanto per capirci - non passi un
gran momento. Forse nemmeno gli amici «dell'amico George» sono messi molto meglio.
Vorrebbero portare l'Italia in guerra, un'altra volta, e la gente non ne vuol sapere. Imbavagliano
l'informazione in modo da renderla indistinguibile dalla propaganda – ne sa qualcosa, Signor
Merlo? - oppure la gente non li ascolta. Rendono i telegiornali molto simili al Carosello di buona
memoria, eppure le persone continuano a pensare, a riflettere, a porsi domande.
Arrivano al punto di predire la distruzione di Firenze in diretta tv, e un milione di persone sfila
pacificamente e solidarizza coi cittadini, tutti insieme contro la guerra.
Che cosa sta succedendo, Signor Merlo, i Né-Né sono sfuggiti di mano, hanno opinioni diverse da
quelle degli «opinionisti»? A un attento editorialista come Lei suggerirei di stare a vedere cosa
succederà in Italia, Signor Merlo, se il Governo proporrà di entrare in guerra violando la
Costituzione e se il Parlamento lo deciderà, votando contro l'opinione dell'ottanta per cento dei
cittadini italiani. Ho come la sensazione che non filerà via liscia, che i cittadini si siano stancati di
fare da telespettatori, che i padroni delle testate debbano rassegnarsi a non essere anche padroni
delle teste...
(Gino Strada)
DIMENTICARMI
Signore,
si, vorrei la gioia,
e la vorrei con tutte le mie forze,
ma per ora non ti so offrire
che lacrime e lacrime.
Tu però, Signore,
che sei nell'anima mia,
sai quel che voglio,
e con quanta intensità lo voglio.
Chiudo gli occhi e il cuore
a tutto ciò che passa e muta.
Aiutami tu a dimenticare.
Dimenticare, dimenticarmi, dimenticata.
Gesù, intendo oggi iniziare
una vita particolarmente nascosta in te,
una vita veramente nuova,
che intendo logorare nella perseveranza
del dovere quotidiano
sino all'eroicità,
malgrado l'oscillare della natura
e delle circostanze.
Signore, se a te piace e se lo vuoi,
dammi la gioia del soffrire per tuo amore;
ma se è nei tuoi disegni questa povertà,
sono felice così.
(SUOR MARIA TERESA DELL'EUCARESTIA)
Quaresima.
Tra le sabbie del mio deserto,
sotto il sole infuocato del mio tempo,
cerco un pozzo che abbia acqua pulita,
capace di togliere la sete d'infinito che è dentro di me.
So che esiste da qualche parte
perchè sono inquietato dal mistero
e devo trovarlo prima che scenda la notte.
Attingo acqua dal pozzo del denaro ed ho sempre più sete;
al pozzo del piacere e sento prosciugarmi la gola.
Attingo acqua al pozzo del successo
e mi sento annebbiare la vista,
al pozzo della pubblicità e mi ritrovo come uno schiavo.
Sono forse condannato a morire di sete,
inappagato cercatore di certezze assolute?
Ma se scavo dentro di me,
sotto la sabbia alta del mio peccato;
se scavo nei segni del tempo,
sotto la sabbia ammucchiata
dal vento arruffato del quotidiano,
trovo la sorgente di un'acqua viva e pura,
che disseta in eterno,
tanto che chi ne beve non ha più sete
perchè è generata e filtrata
dal tuo amore, o Signore, generoso e gratuito,
era già promessa nei tempi antichi
ed ora è sgorgata in abbondanza nel segno della tua Parola.
Mi disseto a questa sorgente,
custodita dalla mia Chiesa,
che per questo si fa ogni giorno fontana del villaggio
per salvare tutti gli assetati del mondo.
Amen.
(A.Dini, La parola pregata)
Non bisogna giudicare gli uomini dalle loro amicizie: Giuda frequentava persone irreprensibili!
(E. Hemingway)
La libertà non è una cameriera tuttofare che si può sfruttare impunemente. Né un paravento
sbalorditivo dietro il quale si gonfiano fetide ambizioni.
(Raoul Follerau)
O gli uomini impareranno ad amarsi o, infine, l'uomo vivrà per l'uomo, o gli uomini moriranno.
(Raoul Follerau)
Io non capisco
come non ti stanchi di me.
Tu sei continuamente alla mia presenza
ed io ti guardo
solo per qualche tratto,
poi scappo
e riprendo la mia libertà,
perchè credo che solo così
sono me stesso.
Io non capisco
perchè tu non ti stanchi di me
e non mi lasci al mio destino,
ma poi so
che solo tu sei il mio destino,
solo in te mi posso rispecchiare,
solo in te sono me stesso.
Solo in te posso riposare,
solo in te posso crescere.
Senza di te posso solo seccare.
(E.Olivero, Preghiere metropolitane)
La Felicità
Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di
incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontreremo,
sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.
Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre,
ma tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa,
che non vediamo quella che è stata aperta per noi.
La miglior specie di amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico
e camminarci insieme, senza dire una parola, e quando vai via
senti come se fosse stata la miglior conversazione mai avuta.
E' vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo,
ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.
Dare a qualcuno tutto il tuo amore non è un'assicurazione che sarai amato a tua volta!
Non ti aspettare amore indietro, aspetta solo che cresca nei loro cuori,
ma se non succede accontentati che cresca nel tuo.
Ci vuole un minuto per offender qualcuno, un'ora per piacergli,
e un giorno per amarlo, ma ci vuole una vita per dimenticarlo.
Non cercare le apparenze, possono ingannare.
Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.
Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso
per far sembrare brillante una giornataccia.
Trova quello che fa sorridere il tuo cuore.
Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto
che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!
Sogna ciò che ti va, vai dove vuoi, sii ciò che vuoi essere,
perché hai solo una vita e una possibilità di far le cose che vuoi fare.
Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce,
difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano,
speranza sufficiente a renderti felice.
Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto,
probabilmente anche loro si sentono così.
Le più felici delle persone non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa,
soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.
La felicità è ingannevole per quelli che piangono, quelli che fanno male,
quelli che hanno provato, solo così possono apprezzare l'importanza
delle persone che hanno toccato le loro vite.
Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare
bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.
Quando sei nato stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.
Vivi la tua vita in modo che quando morirai tu sorrida.
Alla fine non ricorderemo le parole dei nostri nemici,
ma i silenzi dei nostri amici.
(Martin Luther King Jr.)
Ai nostri giorni si racconta una storia molto simile a quella del Vangelo: un figlio, fuggito di casa,
come il figliuol prodigo, aveva paura di non essere riaccolto e di non ottenere il perdono dai suoi
genitori. Allora decise di scrivere una lettera al padre:
<<Vorrei tornare, ma ho paura di non essere più accettato. Se così fosse, preferisco non tornare. Per
questo, domenica prossima, passerò davanti a casa tua. Se siete disposti a riprendermi, mettete un
fazzoletto bianco su un ramo dell’albero di fronte a casa, in segno che mi perdonate. Se non vedrò il
fazzoletto, non cercherò nemmeno di entrare…>>
La domenica dopo, il giovane, nervoso, prese l’autobus che passava davanti a casa sua. Quando
stava per arrivare, temendo il peggio, chiuse gli occhi e si chinò, nascondendosi il viso nelle mani.
Allora domandò al passeggero seduto vicino alla finestra: "Siamo già arrivati all’angolo?"
"Si."
"Vede una casa verde con una porta di legno?"
"Si."
"Lo vede un grande rovere?"
"Si."
"C’è un fazzoletto bianco su uno dei rami?"
L’altro non gli rispose e il cuore del giovane venne meno. L’autobus procedeva sulla sua strada e il
giovane chiese di nuovo con angoscia: "Per favore, guardi bene se c’è un fazzoletto bianco."
"…Mio DIO, ci sono tutti gli alberi coperti di lenzuola bianche! Non ho mai visto tante lenzuola
bianche come quelle che ci sono davanti a quella casa!"
D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda
(Italo Calvino)
Ragazzi, ragazze di tutto il mondo, sarete voi a dire NO al suicidio dell'umanità. “Signore, io vorrei
tanto aiutare gli alti a vivere. Questa fu la mia preghiera da adolescente. Credo di esserne rimasto,
per tutta la mia vita, fedele... Ed eccomi al crepuscolo di una esistenza che ho condotto il meglio
possibile, ma che rimane incompiuta”.
Il tesoro che vi lascio, è il bene che io non ho fatto, che avrei voluto fare e che voi farete dopo di
me.
(Raoul Follereau)
Un pensatore francese ha scritto: "Qualche cosa mi dice che è la parola più umile e la più difficile,
quella parola che tutto l'Occidente non hai mai potuto pronunciare, e che dobbiamo imparare a dire,
senza la quale sprofondiamo: la parola perdono." (Lacoue- Labarthe). D'accordo! 'Perdono' è una
parola che guarisce e arricchisce. Ne volete le prove? Eccole!
Il perdono porta un'ondata d'aria buona nel mondo dei sentimenti. Disinquina la nostra "pattumiera"
emotiva, troppe volte triste, fredda, aggressiva. Il perdono rallegra due persone: chi lo dà e chi lo
riceve. Rallegra soprattutto chi lo dà. Il grande oratore Henri Lacordaire era solito dire: "Volete
essere felici per un istante? Vendicatevi! Volete essere felici per sempre? Perdonate!".
Il perdono è la strada maestra del disgelo. Guai se nessuno perdonasse! La convivenza umana
sarebbe un groviglio di vipere. A cominciare dalla famiglia. Una volta un matrimonialista ha detto:
"Prima del matrimonio, aprite bene tutti e due gli occhi; dopo il matrimonio, chiudetene uno!".
Sembra una battuta, in realtà è molto di più.
Il perdono è l'ultima parola di chi ama. "Che cosa sarebbe un amore che non giunge al perdono?", si
domandava il Papa Giovanni Paolo II in un discorso alle coppie (20 settembre 1996).
Il perdono è saggezza. La legge dell'occhio per occhio non fa che aumentare il paese dei ciechi. Il
perdono interrompe la spirale dell'odio.
Ecco alcune meraviglie del perdono. A condizione - è chiaro -che sia perdono. Perdono non è
"buonismo": non è accettare il male; non è confondere il lecito e l'illecito. Perdono non è
dimenticare (chi dimentica il male, può ripeterlo), ma è mollare la preda.
Il perdono non è debolezza. Gandhi ha ragione: "Solamente chi è forte è capace di perdonare". Il
perdono autentico è un capolavoro di umanità. Quando Giovanni Guareschi tornò dai campi di
concentramento, la moglie Ennia non mancò di cogliere negli occhi del reduce un inconfondibile
lampo di fierezza, per cui gli fece osservare: "Giovannino, sembra che abbia vinto la guerra..." E lui
replicò calmo: "Sì, mi sento un vincitore perché in diciannove mesi sono riuscito a non odiare
nessuno!".
Ho imparato...
che quando sei innamorato... si vede.
Ho imparato...
che basta una persona che mi dice che gli ho migliorato la giornata... per migliorare la mia.
Ho imparato...
che è più importante essere gentili che corretti.
Ho imparato...
che posso sempre pregare per qualcuno quando non ho la forza per aiutarlo in qualche altro modo.
Ho imparato...
che anche se la vita vuole che tu sia serio... tutti hanno bisogno di un amico per divertirsi.
Ho imparato...
che a volte a una persona serve solo una mano da tenere e un cuore che capisce.
Ho imparato...
che i soldi non comprano la classe.
Ho imparato...
che sono le piccole cose nella vita che la rendono cosi'bella.
Ho imparato...
che sotto alla corazza di ognuno c'e' sempre qualcuno che vuole essere amato e apprezzato.
Ho imparato...
che dio non ha fatto tutto in un giorno... cosa mi fa pensare che io ci riesca?
Ho imparato...
che ignorare i fatti... non cambia i fatti...
Ho imparato...
che quando vuoi vendicarti di qualcuno... lasci solo che quel qualcuno continui a farti del male.
Ho imparato...
che l'amore, non il tempo... guarisce le ferite.
Ho imparato...
che il modo piu' facile per crescere come persona, e' circondarmi di persone piu' intelligenti di me.
Ho imparato...
che ogni persona che conosci... merita di essere salutata con un sorriso.
Ho imparato...
che nessuno e' perfetto... finche' non ti innamori
Ho imparato...
che la vita e' dura... ma io di piu'!!!
Ho imparato...
che le opportunita' non vanno mai perse... quelle che lasci andare tu... le prende qualcun altro.
Ho imparato...
che quando serbi rancore e amarezza... la felicita' va da un'altra parte.
Ho imparato...
che bisognerebbe sempre usare parole buone... perche' domani forse si dovranno rimangiare.
Ho imparato...
che un sorriso e' un modo economico per migliorare il tuo aspetto.
Ho imparato...
che non posso scegliere come mi sento... ma posso sempre farci qualcosa.
Ho imparato...
che quando tuo figlio appena nato, tiene il tuo dito nel suo piccolo pugno... ti ha agganciato per la
vita.
Ho imparato...
che tutti vogliono vivere in cima alla montagna... ma tutta la felicita' e la crescita avvengono mentre
la scali.
Ho imparato...
che e' meglio dare consigli solo in due circostanze... quando sono richiesti e quando ne dipende la
vita.
Ho imparato...
che meno tempo spreco... piu' cose faccio.
Il grillo e la moneta
Un saggio indiano aveva un caro amico che abitava a Milano.
Si erano conosciuti in India, dove l'italiano era andato con la
famiglia per fare un viaggio turistico.
L'indiano aveva fatto da guida agli italiani, portandoli a esplorare gli angoli più caratteristici della
sua patria. Riconoscente, l'amico milanese aveva invitato l'indiano a casa sua. Voleva ricambiare il
favore e fargli conoscere la sua città. L'indiano era molto restio a partire, ma poi cedette
all'insistenza dell'amico italiano e un bel giorno sbarcò da un aereo alla Malpensa.
Il giorno dopo, il milanese e l'indiano passeggiavano per il centro della città. L'indiano, con il suo
viso color cioccolato, la barba nera e il turbante giallo attirava gli sguardi dei passanti e il milanese
camminava tutto fiero d'avere un amico cosi esotico. Ad un tratto, in piazza San Babila, l'indiano si
fermò e disse: «Senti anche tu quel che sento io?».
Il milanese, un po' sconcertato, tese le orecchie più che poteva, ma ammise di non sentire nient'altro
che il gran rumore del traffico
cittadino.
«Qui vicino c'è un grillo che canta», continuò, sicuro di sé, l'indiano.
«Ti sbagli», replicò il milanese. «Io sento solo il chiasso della città. E poi, figurati se ci sono grilli
da queste parti».
«Non mi sbaglio. Sento il canto di un grillo», ribattè l'indiano e decisamente si mise a cercare tra le
foglie di alcuni alberelli striminziti. Dopo un po' indicò all'amico che lo osservava scettico un
piccolo insetto, uno splendido grillo canterino che si rintanava brontolando contro i disturbatori del
suo concerto.
«Hai visto che c'era un grillo?», disse l'indiano.
«È vero», ammise il milanese.
«Voi indiani avete l'udito molto più acuto di noi bianchi...».
«Questa volta ti sbagli tu», sorrise il saggio indiano.
«Stai attento... ». L'indiano tirò fuori dalla tasca una monetina e facendo finta di niente la lasciò
cadere sul marciapiede.
Immediatamente quattro o cinque persone si voltarono a guardare.
«Hai visto?», spiegò l'indiano.
«Questa monetina ha fatto un tintinnio più esile e fievole del trillare del grillo. Eppure hai notato
quanti bianchi lo hanno udito?»
(dal libro L'importante è la rosa, Bruno Ferrero, Editrice Elle Di Ci)
Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità
di fare le cose che vuoi fare.
(Paulo Coelho)
Cattie-Brie possiede una combinazione d'innocenza e di scherzosa cattiveria e per quanto sia dotata
di comprensione, di empatia e di compassione, anche se lo da poco a vedere, in lei c'è un aspetto di
pericolosità che intimorisce gli avversari e riempie di aspettative i potenziali amanti.
[...]
Io so cosa provo quando la guardo e credo di comprendere i sentimenti. A quel livello la cosa
sembra semplice e ovvia e tuttavia sul piano pratico diventa molto complicata.
(Drizzt Do'Urden, da "La Lama Silente", di R. A. Salvatore)
Sii con Dio come l’uccello che sente tremare il ramo e continua a cantare, perché sa di avere le ali.
(San G.Bosco)
È più facile dominare chi non crede in niente, e questo è il modo più facile di conquistare il potere.
(da Never Ending Story)
Ti senti vecchio?
Non si diventa vecchi
perché ci sono piovuti addosso
un certo numero di anni:
si diventa vecchi
perché si sono abbandonati i propri ideali.
Gli anni solcano la pelle;
rinunciare al proprio ideale solca l'anima.
Le preoccupazioni, i dolori, i timori e la disperazione
sono nemici che, lentamente, ci piegano verso la terra
e ci fanno diventare polvere prima della morte.
Giovane è colui che è capace di stupore e meraviglia.
Come il bambino insaziabile, egli si domanda: "E poi?"
Egli sfida gli avvenimenti e trova gioia nel gioco della vita.
Voi siete giovani, quanto lo è la vostra fede,
vecchi come il vostro dubbio,
giovani come la vostra fiducia in voi stessi,
giovani come la vostra speranza,
vecchi quanto il vostro abbattimento.
Rimarrete giovani, finché vi conserverete recettivi,
a ciò che è bello, buono e grande.
Recettivi ai messaggi della natura, dell'uomo, dell'infinito.
Essere giovani, non è questione di età,
è questione di apertura del cuore al mistero, a Dio.
(generale Douglas A. MacArthur)
Spirito di Dio,
fa' della tua Chiesa
un roveto che arde di amore per gli ultimi.
Alimentane il fuoco col tuo olio,
perché l'olio brucia anche.
Da' alla tua Chiesa tenerezza e coraggio,
lacrime e sorrisi.
Rendila spiaggia dolcissima
per chi è solo e triste e povero.
Disperdi la cenere dei suoi peccati.
Fa' un rogo delle sue cupidigie.
E quando, delusa dei suoi amanti,
tornerà stanca e pentita a Te,
coperta di fango e di polvere
dopo tanto camminare,
credile se ti chiede perdono.
Non la rimproverare.
Ma ungi teneramente
le membra di questa sposa di Cristo
con le fragranze del tuo profumo
e con l'olio di letizia.
E poi introducila,
divenuta bellissima senza macchie e senza rughe,
all'incontro con Lui
perché possa guardarlo negli occhi senza arrossire,
e possa dirgli finalmente: "Sposo mio".
(don Tonino Bello, Vescovo)
L'aborto è il più grande distruttore della pace perché, se una madre può uccidere il suo stesso figlio,
cosa impedisce che io uccida te e che tu uccida me? Non c'è più nessun ostacolo.
(Madre Teresa di Calcutta)
Acqua...o vino?
Il signore di un castello diede una gran festa, a cui invitò tutti gli abitanti del villaggio aggrappato
alle mura del maniero. Ma le cantine del nobiluomo, pur essendo generose, non avrebbero potuto
soddisfare la prevedibile e robusta sete di una schiera così folta di invitati.
Il signore chiese un favore agli abitanti del villaggio: "Metteremo al centro del cortile, dove si terrà
il banchetto, un capiente barile. Ciascuno porti il vino che può e lo versi nel barile. Tutti poi vi
potranno attingere e ci sarà da bere per tutti".
Un uomo del villaggio prima di partire per il castello si procurò un orcio e lo riempì d'acqua,
pensando: "Un po' d'acqua nel barile passerà inosservata... nessuno se ne accorgerà!".
Arrivato alla festa, versò il contenuto del suo orcio nel barile comune e poi si sedette a tavola.
Quando i primi andarono ad attingere, dallo spinotto del barile uscì solo acqua. Tutti avevano
pensato allo stesso modo, e avevano portato solo acqua.
Un bimbo raccontava alla sua nonna che tutto andava male: la scuola, problemi con la famiglia,
malattie, ecc. Intanto, la sua nonna preparava un biscotto. Dopo averlo ascoltato, la nonnina gli
dice: “Vuoi fare merenda?” il bimbo risponde: “certamente”.
“Prendi, eccoti un poco di olio da cucinare”. “Mmm, ma non è buono da mangiare da solo!” dice il
bimbo.
“Cosa diresti di un paio di uova crude?” “Mamma mia, che disgustose saranno, nonna!” "Allora
gradisci un po’ di farina di grano, o magari un po’ di lievito?” “Nonna, sei diventata matta, tutto
questo è immangiabile”!
Allora la nonna rispose: “Sì, tutte queste cose sembrano ripugnanti, se le consideri separate. Però se
le metti tutte insieme in maniera adeguata, formano un meraviglioso e delizioso biscotto!"
Il bimbo e il vecchio
Eravamo l'unica famiglia nel ristorante con un bambino. Io misi a sedere il nostro piccolo Daniel su
un seggiolone per bimbi e mi resi conto che tutti erano tranquilli mentre mangiavano e
chiacchieravano.
Improvvisamente Daniel si mise a gridare dicendo: "Ciao amico!" Batteva il tavolo con le sue
manone ciccione. I suoi occhi erano spalancati per l'ammirazione e la sua bocca mostrava l'assoluta
mancanza di denti. Con molta gioia egli rideva e si dimenava. Mi guardai attorno e capii che cosa
lo stava così tanto attraendo.
Era uno straccione con un cappotto logoro sulle spalle, sporco, unto e rotto. I suoi pantaloni erano
larghi e con la chiusura aperta fino alla metà; le dita dei suoi piedi si affacciavano attraverso quelle
che furono delle scarpe. La sua camicia era sporca ed i suoi capelli non erano più stati toccati da
lungo tempo. Le sue basette erano lunghe e folte ed il suo naso aveva così tante vene che sembrava
una mappa.
Non eravamo molto vicini a lui per sentirne l'odore, ma di sicuro puzzava fortemente. Le sue mani
cominciarono a muoversi per salutare: "Ciao piccolo; come ti chiami?", disse l'uomo a Daniel. Uno
sguardo veloce tra me e mia moglie: "Che facciamo?" Daniel continuava a ridere e a ripetere:
"Ciao, ciao amico." Tutti nel ristorante guardavano noi e il mendicante.
Il vecchio sporco stava scomodando il nostro bel figliolo. Cominciarono a servirci la cena, mentre
quell'uomo continuava a parlare e a gesticolare con Daniel. Tutti ci trovavamo a disagio per
l'atteggiamento di quell'uomo. In più era anche ubriaco. Mia moglie ed io eravamo chiaramente in
imbarazzo e non sapevamo cosa fare. Mangiammo in fretta e in silenzio; Daniel invece, molto
inquieto, mostrava tutto il suo repertorio al mendicante che gli rispondeva con gesti infantili
imitando quelli dei bambini piccoli. Finalmente, finito di mangiare, ci dirigiamo verso la porta
d'uscita. Mia moglie andò a pagare il conto e accordammo di ritrovarci fuori, nel parcheggio.
Il vecchio si trovava molto vicino alla porta di uscita, ed io pregavo sottovoce il Signore che ci
facesse uscire prima che quel matto potesse avvicinarsi a Daniel. Passai vicino all'uomo, dandogli la
mia schiena e tentando di trattenendo il respiro, per non respirare l'aria che il vecchio aveva
respirato.
Mentre io facevo questo, Daniel andò rapidamente in direzione del mendicante e gli alzò le sue
braccia per farsi prendere in braccio. Prima che io potessi intervenire, Daniel saltò in braccio al
mendicante e lo abbracciò. Poi, in un atto di totale fiducia, amore e sottomissione mise la sua testa
sulla spalla del povero.
Quell'uomo chiuse gli occhi. Due grosse lacrime gli solcarono le guance. Le sue mani vecchie e
rugose, piene di cicatrici e dolore, molto soavemente accarezzavano la schiena di Daniel. Non
avevo mai visto nella mia vita due esseri volersi bene così profondamente in così poco tempo. Mi
trattenei atterrito.
Il vecchio uomo sospirò con Daniel ancora tra le sue braccia e poi, aprendo lentamente gli occhi, mi
fissò dicendomi, con voce forte e sicura: "Abbia cura di questo giovanotto!"
In qualche modo gli risposi: "Lo farò", con un immenso nodo alla gola. Egli separò Daniel dal suo
petto, lentamente, come se avesse un dolore, e me lo diede in braccio. Presi Daniel mentre il
vecchio mi diceva: "Dio la benedica, signore. Lei mi ha fatto un regalo immenso."
Riuscii a malapena a dire un sommesso grazie. Con Daniel in braccio. uscii di corsa verso l'auto.
Mia moglie si domandava perché stavo piangendo stringendomi così forte al petto Daniel, e perché
continuavo a ripetere: "Dio mio, Dio mio, perdonami."
Avevo appena assistito all'amore di Cristo attraverso l'innocenza da un piccolo bambino che non si
fermò all'apparenza e non fece alcun giudizio; un bambino che vide un'anima ed alcuni genitori che
invece videro solo un mucchio di vestiti sporchi. Ero stato un cristiano cieco, rimproverando invece
il bimbo che cristiano lo era fino in fondo.
Sentii che Dio mi stava interrogando: "Sei disposto a condividere con me tuo figlio per un
momento, quando Io l'ho fatto per tutta l'eternità?" Quel vecchio, inconsciamente, mi riportò alla
mente le parole di Gesù: "Io vi assicuro che chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non
entrerà in esso." (Luca 18,17).
Se sapessi...
Se sapessi...
che è l’ultima volta
che ti guardo mentre ti addormenti,
ti rimboccherei meglio le coperte,
e chiederei a Dio di vegliare sulla tua anima.
Se sapessi...
che è l’ultima volta
che ti vedo uscire dalla porta,
ti abbraccerei e ti bacerei
per poi richiamarti per un altro bacio ancora.
Se sapessi...
che è l’ultima volta
che sento la tua voce,
registrerei ogni gesto e ogni parola,
così da poterli rivedere, giorno dopo giorno.
Se sapessi...
che è l’ultima volta
in cui posso fermarmi per un momento per dirti "Ti voglio bene“,
invece di andarmene, dato che lo sai che ti voglio bene,
mi fermerei per dirtelo infinite volte.
Se sapessi...
che è l’ultima volta
che posso essere lì, per passare la giornata con te,
perché sono sicuro, che ci saranno ancora giorni in cui potremo farlo,
non ti lascerei nemmeno per un momento.
Ci sarà sempre una mattina
in cui dopo aver commesso degli errori
avremo bisogno di una seconda possibilità
per mettere a posto le cose...
ci sarà sempre un altro giorno
per dire "Ti voglio bene“
e ci sarà sempre un’altra possibilità
per dire “Posso fare qualcosa per te?”...
ma nel caso mi sbagliassi
e ci fosse rimasto solo oggi,
voglio dirti che ti voglio bene
e che spero che non ci dimenticheremo mai.
Il domani non è stato promesso a nessuno,
né giovane né vecchio,
e oggi potrebbe essere l’ultima possibilità
che abbiamo di tenerci stretta la vita.
Così perché non fai oggi
quello che rimandi a domani?
Domani potrebbe non arrivare mai.
Ti pentirai profondamente,
di non esserti preso del tempo
per un sorriso, un abbraccio o un bacio,
e di essere stato troppo occupato, per offrire a qualcuno
quello che poi avrebbe espresso come ultimo desiderio.
Ricordati dei tuoi cari oggi
e sussurra loro nell’orecchio,
dì loro, quanto li ami,
e quanto li amerai sempre.
Prenditi il tempo per dire "Mi dispiace“,
"Ti prego ascoltami ", "Grazie", "E’ tutto a posto"
e se non ci sarà nessun domani
non ti pentirai di quello che hai fatto oggi.
INTRAPRENDERE IL VOLO
C'era un uccello che ogni giorno trovava rifugio tra i rami secchi di un albero isolato in mezzo a
un'estesa pianura.
Un giorno un forte vento fece cadere l'albero.
Il povero uccello dovette volare lontano, al di là della pianura per trovare un albero su cui rifugiarsi.
Finalmente raggiunse un bosco pieno di alberi carichi di frutta.
"Se l'albero vecchio fosse rimasto in piedi l'uccello non avrebbe intrapreso il volo".
Spirito Santo,
che riempivi di luce i Profeti e accendevi parole di fuoco sulla loro bocca,
torna a parlarci con accenti di speranza.
Frantuma la corazza della nostra assuefazione all'esilio.
Ridestaci nel cuore nostalgie di patrie perdute.
Dissipa le nostre paure. Scuotici dall'omertà.
Liberaci dalla tristezza di non saperci più indignare per i soprusi consumati sui poveri.
E preservaci dalla tragedia di dover riconoscere
che le prime officine della violenza e della ingiustizia sono ospitate nei nostri cuori.
Donaci la gioia di capire che tu non parli solo dai microfoni delle nostre Chiese.
Che nessuno può menar vanto di possederti.
E che, se i semi del Verbo sono diffusi in tutte le aiuole,
è anche vero che i tuoi gemiti si esprimono nelle lacrime dei maomettani
e nelle verità dei buddisti,
negli amori degli indù e nel sorriso degli idolatri,
nelle parole buone dei pagani e nella rettitudine degli atei.
(don Tonino Bello, Vescovo)
L’abate deve ricordare sempre quel che è e come viene chiamato, sapendo che si esige di più da
colui al quale si è affidata maggiore responsabilità. Occorre che si renda conto esattamente della
difficoltà e delicatezza del compito che si è assunto di guidare le anime e di adattarsi, con spirito di
servizio, alle diverse necessità di molti...
Dopo essere stato eletto, l’abate pensi sempre quale peso si è assunto; pensi a chi dovrà rendere
conto del suo governo e sappia che «deve» giovare più che dominare. Per questo bisogna che sia
dotto nella legge di Dio, per sapere da quale fonte attingere «il nuovo e il vecchio». Integro, sobrio,
comprensivo, faccia sempre in modo che la misericordia la vinca sulla giustizia: e allora anche lui
otterrà di essere trattato nella stessa maniera.
I vizi li dovrà odiare, ma i fratelli li ami sempre. Anche quando si tratterà di correggere, lo faccia
con prudenza e moderazione, perché non succeda che a voler raschiare troppo la ruggine si rompa il
vaso. Consideri sempre con diffidenza la sua fragilità e si ricordi che la canna incrinata non bisogna
spezzarla. Non diciamo con questo che debba tollerare il rafforzarsi dei vizi, ma che deve eliminarli
con prudenza e carità, nel modo che giudicherà utile per ciascuno in particolare. E si sforzi di essere
amato piuttosto che temuto.
Starà attento a non diventare causa di agitazione, a non essere inquieto, pignolo, ostinato, geloso e
troppo facile al sospetto, perché non avrebbe mai pace. Nei suoi ordini sia previdente e assennato:
tanto nelle cose di Dio che negli affari temporali, si comporti con discernimento e moderazione,
tenendo presente la discrezione del patriarca Giacobbe che diceva: Se faccio camminare troppo i
miei greggi, mi morranno tutti in un giorno (Gen 33,13). In base a questo e ad altri esempi, suggeriti
dalla discrezione che è madre delle virtù, disporrà tutto in modo che i forti possano desiderare di più
e i deboli non si scoraggino.
(Regola di san Benedetto, 2,1-2; 64,7-19)
Nella Chiesa che va alla ricerca dei segni ci sono diversi temperamenti, diverse mentalità: c’è
l’affetto di Maria, l’intuizione di Giovanni, la massiccia lentezza di Pietro; si tratta di diversi tipi, di
diverse famiglie di spiriti che cercano i segni della presenza del Signore. Ma tutti, se sono
veramente nella Chiesa, hanno in comune l’ansia della presenza di Gesù tra noi. Esistono dunque
nella Chiesa diversi doni spirituali, da cui hanno origine diverse disposizioni: alcuni sono più
veloci, altri più lenti; tutti comunque si aiutano a vicenda, rispettandosi reciprocamente, per cercare
insieme i segni della presenza di Dio e comunicarceli, nonostante le diversità delle reazioni di fronte
al mistero. In questo episodio troviamo l’esempio di una collaborazione nella diversità: ciascuno
comunica all’altro quel poco che ha visto, e insieme ricostruiscono l’orientamento dell’esistenza
cristiana, laddove i segni della presenza del Signore, di fronte a gravi difficoltà o a situazioni
sconvolgenti, sembrano essere scomparsi…Quando manca la presenza dei segni visibili del
Signore, bisogna scuotersi, muoversi, correre, cercare comunicazione con gli altri, con la certezza
che Dio è presente e ci parla. Se nella Chiesa primitiva Maddalena non avesse agito in tal modo,
comunicando ciò che sapeva, e se non ci si fosse aiutati l’un l’altro, il sepolcro sarebbe rimasto là e
nessuno vi sarebbe andato; sarebbe rimasta inutile la risurrezione di Gesù. Soltanto la ricerca
comune e l’aiuto degli uni agli altri portano finalmente a ritrovarsi insieme, riuniti nel
riconoscimento dei segni del Signore.
(C. M. Martini)
Nel giorno decisivo del Giudizio la domanda che ci sarà rivolta dal Signore non sarà tanto: "Sei
stato credente?", quanto piuttosto: "Sei stato credibile?"
Gesù chiama Levi, un peccatore, un pubblicano, un lontano dal regno di Dio. Non ci può essere
dimostrazione più evidente che la vocazione è un fatto gratuito, un’azione creatrice. Quando Dio
chiama, crea nel chiamato la forza per rispondere: lo fa su misura per la missione a cui lo destina.
Dio non vuole l’emarginazione di nessuno. Ogni peccatore può trovare la via del bene se i buoni
sanno convivere e banchettare con lui. La missione di Gesù, e quindi anche della Chiesa, non è
quella di alzare barriere di protezione, ma di abbatterle per mescolarsi col mondo. Una società che
emargina i traviati, non è una società cristiana.
Per me sarebbe un'umiliazione tremenda se qualcuno mi domandasse: "Che stai facendo? Perché lo
stai facendo?" e dovessi rimanere a bocca aperta senza rispondere. Ed educo i miei ragazzi così, a
saper dire in qualunque momento della loro vita, che cosa fanno e perché lo fanno.
(don Lorenzo Milani)
Io non capisco
come tu non ti stanchi di me.
Tu sei continuamente alla mia presenza
ed io ti guardo
solo per qualche tratto,
poi scappo
e riprendo la mia libertà,
perché credo che solo così
sono me stesso.
Io non capisco perché tu non ti stanchi di me
e non mi lasci solo al mio destino,
ma poi so
che solo tu sei il mio destino,
solo in te mi posso rispecchiare,
solo in te sono me stesso.
Solo in te posso riposare,
solo in te posso crescere.
Senza di te posso solo seccare.
(E. Olivero - Preghiere Metropolitane)
Dio ti ama. Gli interessi personalmente, continuamente, appassionatamente, prova la tua gioia in te.
Gli sei necessario, il tuo cuore lo rallegra, la tua indifferenza lo stupisce, la tua amarezza lo strazia.
Vuole con te una relazione continua. Se non credi a questo, se non ti senti sollevato da questa
certezza significa che non hai capito che Dio è Padre.
(Louis Evely)
L'uso migliore della vita è di spenderla per qualcosa che duri più della vita stessa.
(William James)
Il topogogno è una rara specie animale che vive e si sviluppa a Pavia e a Piacenza.
A Pavia, in particolare, tali simpatici animaletti si annidano nei dintorni di via ferrini, e nelle viuzze
che la incrociano.
Il topogogno è un mammifero raro e particolare, infatti esiste solo nel genere femminile; rimane
tuttora ignoto agli studiosi come possa perciò sopravvivere.
nonostante tale mistero, esso prospera felice nelle sue tane stranamente somiglianti alle abitazioni
umane, ingerendo i più svariati e curiosi cibi dolci, salati e di ogni tipo mischiati insieme.
il topogogno, infine, è un animale semisociale a tratti, avendo le sue particolari preferenze in
termini di amicizie e rapporti, tra i quali predilige gli esseri umani, specie di sesso maschile.
una specie nuova, insomma, che necessiterà ancora anni e anni di studio. Gli scienziati non
demordono!
Someday we'll die. Someday we couldn't fight, and someday we won't win. But it's not today.
Today we'll fight as good as it's possible. And today we'll win.
(Aragorn, The Lord of the Rings)
Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore, magari un giorno il
coraggio degli uomini cederà, e abbandoneremo i nostri amici e spezzeremo ogni legame di
fratellanza... ma non sarà oggi… OGGI NOI COMBATTIAMO!!!
(Aragorn, davanti ai Neri Cancelli di Mordor)
Chiesi a quegli uomini: "Che cosa portate avvolto in quel lenzuolo, fratelli?"
E loro risposero: "Portiamo un cadavere, fratello".
Chiesi ancora: "Lo uccisero o morì di morte naturale?"
"Ciò che chiedi è di difficile risposta, fratello. Tuttavia, sembra essere un assassinio".
Chiesi: "E come fu assassinato, di spada o d'arma da fuoco, fratelli?".
"Non fu coltello, né arma da fuoco; è stato un crimine molto più perfetto.
Un crimine che non lascia nessuna traccia".
"Allora, come l'hanno ucciso?", insistei.
E loro risposero con calma: "Quest'uomo, lo ha ucciso la fame, fratello".
Non vi turbate al pensiero di come farete. È sufficiente che l'abbiate detto al buon Dio.
Egli ha buona memoria.
(Beata Jeanne Jugan, fondatrice della congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri)
Ci sono quelli che danno poco del molto che hanno e lo danno per ottenere riconoscenza, ma questo
segreto desiderio guasta i loro doni.
Ci sono quelli che hanno poco e danno molto e sono proprio quelli che credono nella vita e nella
generosità della vita. E il loro scrigno non è mai vuoto.
Ci sono quelli che danno con gioia. E questa gioia è la loro ricompensa.
i sono quelli che danno con dolore. E questo dolore è il loro battesimo.
È bene dare quando si è richiesti, ma è meglio dare quando, pur non essendo richiesti,si
comprendono i bisogni degli altri. Tutto quello che hai, un giorno sarà dato via; perciò, dà adesso,
così la stagione del dare sia la tua, non quella dei tuoi eredi.
(K. Gibran)
Di solito coloro che perdonano troppo a se stessi sono più rigorosi con gli altri.
(San Francesco di Sales)
Consolare un amico precipitato nella sventura e nell'insuccesso è facile, ma godere appieno del suo
successo e della sua fortuna è difficile, perché il tarlo dell'invidia e dell'egoismo è più forte di ogni
altra energia spirituale.
(Oscar Wilde)
Il Creatore, che è libero, potrebbe vedere se stesso solo in ciò che è libero.
Se il creatore vuole creare la propria immagine, deve crearla nella libertà.
Che Dio crei nell'uomo la propria immagine sulla terra, significa che l'uomo somiglia al Creatore
nell'essere libero.
(D. Bonhoeffer)
Da tutti i tatticismi, dai compromessi, dalle eccessive distinzioni che rischiano di spazzare via la
verità, liberaci, o Signore!
Coraggio, gente!
La Pasqua ci dice
che la nostra storia ha un senso,
e non è un mazzo di inutili sussulti.
Che quelli che stiamo percorrendo
non sono sentieri ininterrotti.
Che la nostra esistenza personale
non è sospesa nel vuoto
né consiste in uno spettacolo senza rete.
Precipitiamo in Dio.
In lui viviamo,
ci muoviamo ed esistiamo.
Coraggio, gente!
La Pasqua vi prosciughi
i ristagni di disperazione
sedimentati nel cuore.
E, insieme al coraggio di esistere,
vi ridia la voglia di camminare
(Don Tonino Bello)
Vivi come desidererai di aver vissuto quando sarai sul letto di morte.
(Christian Farchtegott Gellert)
Nessuno merita le tue lacrime, e chi le merita non ti farà mai piangere
(Gabriel García Márquez)
L'ESPERIENZA DI DIO
Sovente l'esperienza mi ha fatto pensare che se Dio non fosse esistito saremmo stati costretti a
inventarlo perché senza di Lui e di ciò che Lui rappresenta non riusciamo a vivere e siamo già in
difficoltà ai primi vagiti o ai primi passi. Senza la fede in Dio è come se abitassimo in una casa
senza tetto o volessimo leggere di notte senza lampada. Ma Dio non occorre inventarlo perché è già
inventato ed è così vicino che ne possiamo sentire il respiro quando tacciamo o preghiamo.
Certo esistono problemi di visibilità, ma questi non dipendono da lui, ma dalle nostre complicazioni
infinite. Dio è semplice e noi lo abbiamo complicato. E' vicino e noi lo pensiamo lontano.
E' nel reale e negli avvenimenti e noi lo cerchiamo nei sogni e nelle utopie impossibili.
Il vero segreto per entrare in rapporto con Dio è la piccolezza, la semplicità del cuore, la povertà di
spirito: tutte cose che vengono frustrate in noi dall'orgoglio, dalla ricchezza e dalla furbizia.
Gesù lo aveva detto:
"Se non sarete come bambini... non entrerete" (Mt 18, 3)
e non aveva certo voglia di scherzare o di prenderci in giro.
Il vedere o il non vedere Dio dipende dal nostro occhio: se è un occhio semplice lo vede,
se è un occhio maligno non lo vede. La mia fortuna fu di nascere in un popolo povero e tra quella
meravigliosa gente di campagna impastata di semplicità e piccolezza. Mio padre e mia madre erano
piccoli piccoli ed erano fatti apposta per credere e sperare. Io mi sono trovato con la mia mano
nelle loro mani. E tutto fu più facile. Quanto mi sono sentito in pace con loro e come stata serena la
mia infanzia! Ero come entrato dentro una grande parabola dove Dio era di casa e io ero con Lui
sempre.
Se per distrazione o superficialità mi dimenticavo qualche volta di Lui, ci pensava il dolore o il
mistero a richiamarmene la presenza. Ma soprattutto erano gli avvenimenti a unificare adagio
adagio il tutto. Certo che il mistero continuava a circondarmi,
anzi si infittiva sempre più man mano che crescevo e cercavo di capire.
Il mistero!
Quello, il mistero, era come il ventre della mamma che mi conteneva e che mi generava alla vita,
in quella penombra così discreta e dolce delle sue viscere.
Cosa c'è di più vero e di più semplice di un ventre di donna che contiene un figlio?
Ma cosa c'è di più misterioso e incomprensibile se ti metti a ragionare sul come, sul perché, sul
quando?
Sì, il segreto è essere bambini! In lui, nel bambino, c'è una intuizione di base data da Dio stesso.
Dio dà la vita all'uomo, gli dà il pane per sostenerlo e gli dà questa intuizione che è la fede per
guidarlo e illuminargli Il cammino.
E la dà a tutti. Tutti!
La dà non soltanto agli ebrei e ai cristiani, ma a tutti, tutti, tutti.
L'ha data a Paolo quando diceva
"In Dio viviamo, ci muoviamo e siamo" (At 17, 28),
l'ha data a me, duemila anni dopo Paolo, la dà agli uomini che vivono sotto le tende dell'Islam, la
dà agli induisti che nascono sulle rive del Gange, o ai buddisti del Nepal e della Cina.
E' Dio il catechista del mondo e il Suo spirito che è l'Amore scavalca ogni frontiera e raggiunge i
figli che ha creato e che sono suoi e che non può dimenticare.
Da quando conosco Dio so che Lui non può dimenticarsi di noi e ci fa il catechismo anche se
viviamo in una terra lontana dove nessun missionario giungerà mai a parlarci di Lui.
Certo che il catechismo di Dio è semplice, semplice come è Lui ed è fondamentale per vivere da
uomini e per realizzarci nella felicità.
Ed è in tutti.
Voi lo conoscete:
- Dio è il vivente ed è buono.
- Dio è il principio e la fine.
- Tutto il creato è segno di Lui creatore, è il Trascendente.
- Le cose reali sono il suo volto e la testimonianza della sua presenza.
- Dio ci parla attraverso gli avvenimenti, e la storia è la risposta alla Sua parola.
- Dio è eterno e noi siamo eterni con Lui.
- L'amore è la pienezza della sua legge.
- La vita va verso la resurrezione, e gli stati di morte sono i passaggi,
i salti di qualità, la "pressura" per capire la vita.
Più moriamo a noi stessi e più ci liberiamo della morte.
Ma allora dove sta la difficoltà?
Com'è possibile non credere? Com'è possibile non accogliere il dono fatto dal padre che è Dio al
suo bambino che è l'uomo? Giovanni stesso dice che ciò è possibile:
"Venne tra i suoi e i suoi non l'hanno accolto" (Gv 1, 11).
Sì, è possibile, è possibile non accogliere Dio ma questo non dipende da Dio, dipende da noi. Per
accoglierlo, e non lo ripeteremo mai a sufficienza, bisogna essere bambini e in più poveri.
Difatti Gesù dirà che la buona novella è annunciata ai poveri. Ma qui occorre intenderci: cosa
significa essere bambini, essere piccoli? Significa forse essere piagnucolosi e immaturi? E cosa
significa essere poveri? Avere i pantaloni stracciati o la casa brutta? Certo che no. E la Bibbia si
impegna in tutto il suo lungo cammino a farci capire il significato di queste due parole così
importanti nel rapporto con Dio. Piccolo è l'uomo che non ha sicurezze definitive e cerca nella
realtà che lo circonda la sua continua realizzazione. Povero è colui che non trasforma in idoli le
cose che possiede e sente nel profondo che nulla riuscirà a saziarlo se non l'Assoluto. Non c'è via di
scampo perché il contrario di piccolezza è potere, e il contrario di povertà è ricchezza. Israele non
riuscì a capire il Cristo perché era impegolato nel potere e il ricco non seguì Gesù perché idolatrava
le sue ricchezze. Qualcuno potrà sorridere davanti a tanta semplificazione esposta sul tremendo
problema della fede oggi, circondati come siamo da un'ondata di ateismo che sembra coprire la terra
stessa; e d'altra parte qualcuno può rimanere stupito della mia affermazione che la fede in Dio è data
a tutti come dono iniziale, come la vita, il pane, il respiro. Non pretendo di convincere: cerco di
esporre con semplicità la mia esperienza di Dio.
Ognuno ha il suo cammino.
C'è chi vede Dio come il Creatore. C'è chi lo intuisce come l'Essere.
C'è chi lo definisce l'Architetto del mondo, il Motore Immobile.
C'è chi è arrivato a Lui attraverso la Bellezza, l'Estetica, il Numero, la Logica, l'Eterno, l'Infinito e
chi l'ha sentito come l'Altro, il Trascendente. Se io dovessi dirvi come sono giunto a Dio, al termine
della mia esistenza terrena, vi direi: per me tutte queste strade elencate mi hanno aiutato e le ho
battute ora in un senso, ora in un altro. Ma ciò che più mi ha aiutato, facendomi uscire dal dubbio
sistematico,
è stata l'Esperienza di Dio.
Quando qualcuno, specie dopo il mio ritorno dal deserto, mi chiede:
«Fratel Carlo, tu credi in Dio?»,
io gli rispondo:
«Sì, te lo dico nello Spirito Santo, credo».
E se, incuriosito, continua a chiedermi:
«Quali sono i documenti che porti per affermare una così grande verità?»,
io conchiudo:
«Te ne porto uno solo: credo in Dio perché lo conosco».
Sperimento la sua presenza in me ventiquattro ore su ventiquattro; conosco e amo la sua Parola
senza mai metterla in dubbio. Avverto i suoi gusti, il suo modo di parlare, soprattutto la sua volontà.
Ma è proprio qui, nel conoscere la sua volontà, che tutto torna difficile. Quando io penso che la sua
volontà è il Cristo stesso e il suo modo di vivere è morire d'amore, lo vedo allontanarsi all'infinito
da me.
Dio torna lontano, lontano, lontano come inaccessibile. Come faccio a vivere come è vissuto Gesù?
Come faccio ad avere il coraggio di soffrire e morire d'amore come il Cristo stesso?
Io così falso, così ingiusto, così avaro, così pauroso, così egoista, così orgoglioso?
Sono chiacchiere le nostre di credere o non credere in Dio!
E' pura speculazione, il più delle volte inutile.
Ciò che conta è amare e noi non sappiamo o non vogliamo amare.
Ora capisco perché Paolo ebbe tanta forza di espressione quando giunse al punto esatto del
problema spiegandosi con i Corinzi:
"Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la
pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi la carità, sono un nulla" (1 Cor, 13, 1-2).
Ecco dove sta il vero problema: io corro il pericolo di essere un nulla perché non so amare. Non
chiedetevi più se credete o non credete in Dio, chiedetevi se amate o non amate.
E se amate, non pensate ad altro, amate. E amate sempre di più fino alla follia, quella vera e che
porta alla beatitudine: la follia della Croce, che è cosciente dono di sé e che possiede la più
esplosiva forza di liberazione per l'uomo. Che questa follia. d'amore passi attraverso la scoperta
della propria povertà, quella vera, quella di non saper amare, è un fatto. Ma è anche un fatto che
quando giungiamo a questo limite invalicabile dell'uomo, interviene tutta la potenza creativa di Dio
che non solo ci dice:
"Io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21, 5),
ma aggiunge:
"Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne" (Ez: 36, 26).
Ed è per questo che quando amiamo sperimentiamo Dio,
conosciamo Dio e il dubbio sparisce come nebbia al sole.
(...) Il nostro camminare sulla terra è già un camminare verso il Cielo.
Guardare un'alba o un fiore è già un guardare Dio. Scoprire una galassia con il telescopio è come
avvicinare la tua piccolezza alla Sua grandezza, e il lambire la luce in un prato fiorito è già
intravedere il vestito dell'Eterno. Quando mi innamoro di qualcosa o di qualcuno sento il Suo
richiamo, e quando sono divorato dall'insaziabilità che mi regala una creatura avverto che solo Dio
è l'Assoluto.
No, non è più un segreto voler conoscere Dio nell'esperienza,
perché tutto il conoscere è esperienza di Lui. Ora ho capito che non esiste altra via, anche se
misteriosa, e sovente dolorosa, e tutti la percorriamo, anche senza volerlo. E' Lui stesso che l'ha
tracciata.
Persino il peccato mi conduce sulla Sua strada e forse mi conduce più di ogni altra cosa.
Difatti fuggendo da Lui ho sentito dolorosamente la Sua mancanza e nel ritorno ho conosciuto
meglio il Suo cuore. E' talmente vera la cosa, da far dire a Santa Teresa:
"Oh potessi peccare senza offendere nessuno,
peccherei perché imparerei meglio a capire il mio Dio".
Ma questa è una delle tante follie che sa pensare l'Amore quando è autentico. Però è certa una cosa:
quando giungi lì non ti fa più paura nemmeno il male. Hai vinto e sai che Dio vince.
Peccato però che la vittoria non sia ancora definitiva. Ed è ancora la ragione che torna all'attacco e
ti indebolisce nella posizione raggiunta. Sì, lo confesso: ciò che mi ha reso più difficile
l'accettazione di Dio come esperienza, come incontro, è stata proprio la ragione, meglio, la ragione
che non ama,
la ragione di chi ragiona troppo, la ragione che non sa accettare il suo limite e che, pur non avendo
ancora tutti i dati del conoscere, si permette di dire a ogni nuova scoperta: ma questa è cosa
impossibile!
(...) Stanco di ragionare ho cercato di amare.
Mi sono pensato come bimbo in braccio a Dio come a mia madre. Mi sono addormentato così.
Allora mi è venuta incontro la contemplazione. E la contemplazione è amorosa. E' al di là della
meditazione, anche la più alta e la più profonda. E nella contemplazione che ho avuto l'esperienza
di Dio. Se nella ragione covava il dubbio, nella contemplazione il dubbio scompariva. Ho
sperimentato che Dio si dà a chi si abbandona totalmente. E nel suo darsi e nel tuo darti tu non
ragioni più.
L'amore vero è pazzia, pazzia di Dio, pazzia della creatura.
(...) Fratello, vuoi un consiglio?
Non perdere più tempo nel chiederti se Dio esiste.
Ci pensa il Reale a dirtelo in tutti i modi. Tutto l'esistere te lo ripete.
E se tu non lo vedi, vuoi proprio dire che sei cieco,
e se non lo senti, significa che sei sordo.
Non sforzarti più, e un lavoro inutile. Cerca di toccarlo e tu lo puoi toccare nell'amore.
Ama e tutto diventa logico, facile, vero. Lo puoi toccare direttamente nella notte della
contemplazione, quando Lui si svela nella tua passività amorosa.
Lo puoi toccare indirettamente servendo le creature in un servizio autentico e gratuito.
Ma ama.
Il problema di Dio è un problema di comunicazione. E la comunicazione si chiama Spirito Santo.
Dio lo scopriamo come incontro ma dentro, non fuori di noi. Dentro, non fuori di Lui.
(...) Nella presa di Lui, come comunicazione vitale, avvertivo la relatività di tutte le cose e l'assoluto
della nostra partecipazione alla vita divina che è l'eterno amore di Dio. E la ragione, dove si era
ficcata?
Lei sempre pronta a far domande indiscrete, dove si era nascosta mentre io contemplavo?
Era in ginocchio, vicino, nella sabbia arida, ridotta finalmente al silenzio;
anch'essa folgorata come lo ero io. Come una bambina.
Piccola come vuole l'amore. E io dicevo estasiato: grazie mio Dio! Grazie.
(...) Sì, fratelli, e concludo.
L'intimità divina è il massimo dell'esperienza che ho potuto fare di Dio.
L'intimità divina è sempre stata la risposta più chiara sulla sua esistenza e sulla sua presenza nella
mia vita.
(Carlo Carretto, estratto da "Ho cercato e ho trovato")
Un uomo è tanto più rispettabile quanto più sono le cose di cui si vergogna.
(George Bernard Shaw)
Un uomo decise di addomesticare due piccioni. Insegnò loro a ritornare, dopo ogni volo, al luogo di
partenza. I due piccioni impararono a ritornare, ma uno dei due arrivava sempre prima dell'altro.
L'uomo pensava: «Come mai non tornano insieme? Forse perché uno dei due fa fatica a ritrovare la
via di casa...». Pensò di legare i due piccioni insieme dicendosi: «Così riusciranno ad orientarsi, a
ritrovare entrambi il cammino più breve e ad arrivare a destinazione contemporaneamente». E così
unì la zampina dell'uno a quella dell'altro con una catenella e li fece volare. Siccome però i due
piccioni non volavano alla stessa velocità e non mantenevano la stessa distanza; più volavano e più
si ostacolavano a vicenda. Ad un certo punto, stremati, caddero dal cielo. Non riuscendo più a
volare, ostacolati dal peso e dagli strattoni dell'altro, piombarono a terra e morirono. Se fossero stati
liberi di volare, ciascuno secondo la propria inclinazione, avrebbero continuato, chi prima chi poi, a
ritrovare la via di casa.
(Racconto cinese)
Nella rilettura della legge data dal Signore al suo popolo, il cosiddetto discorso della montagna in
Matteo, Gesù riporta all'essenziale la vita della fede, evita ogni scoglio moralista, fugge il rischio
dell'esteriorità religiosa. Oggi affronta un tema impegnativo, quello della non-violenza, del
paradosso del dono di sé, del gesto eclatante che suscita conversione. Anzitutto una precisazione:
quel famoso "porgi l'altra guancia" è stato troppo spesso interpretato come una specie di
rassegnazione di fronte alla violenza, come se i cristiani debbano lasciarsi spazzare via dall'iniquità
del mondo. Leggete la passione secondo Giovanni, amici: Gesù durante il processo viene
schiaffeggiato da una guardia e non solo non porge l'altra guancia ma chiede ragione di quel gesto
ingiusto e gratuito. Sì, il credente è chiamato ad essere mite come una colomba ma astuto come un
serpente, sa cioè difendere le proprie ragioni, rispetta la propria dignità, offre comprensione e
ascolto e le chiede. In certi momenti, però, è la logica del paradosso, dell'eccesso, a rappresentare
l'ultima possibilità di intesa e di conversione. Non è forse ciò che farà Gesù stesso accettando di
finire in croce? Non affrontiamo la vita con una mentalità mondana, sappiamo leggere dietro le
situazioni le ragioni profonde, gli aspetti che altri non vedono. Dietro una vita bruciata c'è sempre la
possibilità di un riscatto, dietro un nemico violento c'è sempre un uomo da incontrare. Amiamo i
nostri nemici, per essere figli del Dio che fa piovere sopra i giusti e i malvagi!
(don Paolo Curtaz)
Logica stringente e scomoda, verità ineccepibile e che pure dimentichiamo: Gesù ci chiede in cosa
si distingue la nostra vita da quella degli altri, dai fratelli che non credono. Amare coloro che ci
amano, ascoltare i simpatici o chi ci fa i complimenti è la cosa più semplice e istintiva che possiamo
fare. Ma l'atteggiamento del discepolo va oltre: cerca ragioni e dialogo, non mette se al centro, ma
l'altro, compatisce le proprie e le altrui debolezze e fragilità; difficile, improponibile se ciò viene
vissuto come una specie di eroico sacrificio. Possibile se questo diventa estensione dello stile di vita
di Dio in noi. Perciò Gesù ci chiede di imitare il Padre nel suo amare chiunque, nell'aspettare
pazientemente che anche il figlio più lontano e ostinato alla fine si converta. Apriamo il cuore alla
nuova logica di Dio, oggi, con le persone antipatiche, con chi ci vuole fare le scarpe in ufficio, con
dignità e verità sappiamo andare oltre l'istinto, il moto di stizza o di nervosismo; con semplicità e
verità vogliamo bene, cioè auguriamo il bene a tutti coloro che incontriamo sul nostro cammino. Un
ultimo appunto: per evitare eccessi o che un cristiano si senta in dovere di essere diverso, migliore,
perfetto, san Luca riporta le stesse ammonizioni, e corregge Matteo dicendo: "Siate misericordiosi
come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli". La perfezione di Dio non consiste in una
specie di asettica e benevola superiorità, ma in un incontro tra la nostra miseria e il suo cuore, la
misericordia, appunto, di chi sa guardare alla povertà con comprensione e cordialità.
(don Paolo Curtaz)
Signore, insegnaci parole e comportamenti che mai siano motivo dello scandalo in ostacolo
all’efficacia delle beatitudini evangeliche. Signore, rendici docili in questo mondo violento, veri
testimoni di novità di vita e rendici anche credibili e pieni di dignità nel professare con forza
evangelica la verità del mondo e della vita!
L'esperienza se non è illuminata dalla riflessione serve solo a contare quante volte commettiamo lo
stesso errore.
(G. Vicarelli)
Signore, grazie per la tua misericordia che è benefica con me quando mi vedi buono e quando mi
vedi malvagio. Rendici misericordiosi, oggi: che la tua perfezione di amore si rifletta, un poco
almeno, nell'accoglienza che sapremo dare a tutti i fratelli che oggi incontreremo, Dio benedetto nei
secoli!
Lascia te stesso e troverai me. Non preferire nulla, non attaccarti a nulla e ci guadagnerai sempre.
(Imitazione di Cristo)
Agnostico è colui che non crede a niente e pretende che gli altri credano a lui.
(Smiles)
Chi è sospettoso non avrà mai amici.
C'è una verità elementare, la cui ignoranza uccide innumerevoli idee e splendidi piani: nel momento
in cui uno si impegna a fondo, anche la provvidenza allora si muove.
Infinite cose accadono per aiutarlo, cose che altrimenti mai sarebbero avvenute...
Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di poter fare, incominciala.
L'audacia ha in sé genio, potere, magia. Incomincia adesso.
(Johann Wolfgang Goethe)
Sia fatta la tua volontà Signore. Perché tu conosci la debolezza dl cuore dei tuoi figli e a ciascuno
concedi solo il fardello che può sopportare. Che tu comprenda il mio amore, perché è l'unica cosa
che possiedo realmente, l'unica cosa che potrò portare con me nell'altra vita.
Fa che esso si mantenga coraggioso, puro e sempre vivo, malgrado gli abissi e le trappole del
mondo.
(Paulo Coelho)
Abbiamo dimenticato cosa sia guardarsi l'un l'altro, toccarsi, avere una vera vita di relazione, curarsi
l'uno dell'altro. Non sorprende se stiamo morendo tutti di solitudine.
(Leo Buscaglia)
Nella solitudine, nella malattia, nella confusione, la semplice conoscenza dell’amicizia rende
possibile resistere, anche se l’amico non ha il potere di aiutarci. Basta che esista.
L’amicizia non è sminuita dalla distanza o dal tempo, dalla prigionia o dalla guerra, dalla sofferenza
o dal silenzio. È in queste cose che essa mette le radici più profonde, ed è da queste cose che
l’amicizia fiorisce.
(Pam Brown)
Dinanzi al mio amico non devo scusarmi, non devo difendermi, non devo dimostrare nulla; vicino a
lui trovo la pace.
(Antoine de Saint-Exupèry)
Le esperienze più grandi della mia vita le ho avute quando due vite si intersecavano e due esseri
umani riuscivano a comunicare.
(Leo Buscaglia)
Il rimedio migliore per quando si è tristi - replicò Merlino, cominciando ad aspirare e mandar fuori
boccate di fumo, - è imparare qualcosa.
È l'unico che sia sempre efficace. Invecchi e ti tremolano mani e gambe, non dormi alla notte per
ascoltare il subbuglio che hai nelle vene, hai nostalgia del tuo unico amore, vedi il mondo che ti
circonda devastato da pazzi malvagi, oppure sai che nelle chiaviche mentali di gente ignobile il tuo
onore viene calpestato. In tutti questi casi vi è una sola cosa da fare: imparare. Imparare perché la
gente parla tanto e che cosa la fa parlare. È l'unica cosa che la mente non riesca mai ad esaurire, mai
ad alienare, mai ad esserne torturata, mai a temere o a diffidare, mai a sognarsi di esserne pentita.
Imparare è il rimedio per te.
(Terence H. White, The Once and Future King, C.P.)
Il Fuoco
Sei persone, colte dal caso nel buio di una gelida nottata, su un'isola deserta, si ritrovarono ciascuna
con un pezzo di legno in mano. Non c'era altra legna nell'isola persa nelle brume del mare del Nord.
Al centro un piccolo fuoco moriva lentamente per mancanza di combustibile. Il freddo si faceva
sempre più insopportabile.
La prima persona era una donna, ma un guizzo della fiamma illuminò il volto di un immigrato dalla
pelle scura. La donna se ne accorse. Strinse il pugno intorno al suo pezzo di legno. Perché
consumare il suo legno per scaldare uno scansafatiche venuto a rubare pane e lavoro? L'uomo che
stava al suo fianco vide uno che non era del suo partito. Mai e poi mai avrebbe sprecato il suo bel
pezzo di legno per un avversario politico.
La terza persona era vestita malamente e si avvolse ancora di più nel giaccone bisunto, nascondendo
il suo pezzo di legno. Il suo vicino era certamente ricco. Perché doveva usare il suo ramo per un
ozioso riccone?
Il ricco sedeva pensando ai suoi beni, alle due ville, alle quattro automobili e al sostanzioso conto in
banca. Le batterie del suo telefonino erano scariche, doveva conservare il suo pezzo di legno a tutti i
costi e non consumarlo per quei pigri e inetti.
Il volto scuro dell'immigrato era una smorfia di vendetta nella fievole luce del fuoco ormai spento.
Stringeva forte il pugno intorno al suo pezzo di legno. Sapeva bene che tutti quei bianchi lo
disprezzavano. Non avrebbe mai messo il suo pezzo di legno nelle braci del fuoco. Era arrivato il
momento della vendetta. L'ultimo membro di quel mesto gruppetto era un tipo gretto e diffidente.
Non faceva nulla se non per profitto. Dare soltanto a chi dà, era il suo motto preferito. Me lo
devono pagare caro questo pezzo di legno, pensava. Li trovarono così, con i pezzi di legno stretti
nei pugni, immobili nella morte per assideramento. Non erano morti per il freddo di fuori, erano
morti per il freddo di dentro.
(Bruno Ferrero)
Insegnami, Signore, a sentire il bisogno di essere perdonato da chi ferisco, in serena umiltà. E
perdonato da chi mi ama, senza paura di perdere la sua stima davanti al mio errore.
Perdonato da me stesso quando mi deludo penosamente ai miei stessi occhi. Perdonato dalla mia
famiglia, senza dubitare del suo amore quando scopre le mie infedeltà.
Perdonato da chi ho tradito nelle speranze, desideroso di raccogliere il peso della condanna come
giusta conseguenza della delusione inflitta.
Perdonato da quelli che non sanno neppure di dovermi perdonare, perché la mia pigrizia, le mie
omissioni, li hanno colpiti alle spalle senza che se ne accorgessero.
Insegnami, Signore, a scoprire in ogni incontro un motivo nuovo per sentirmi bisognoso di perdono
senza lasciarmi schiacciare dai sensi di colpa.
Perdonami non per il male commesso soltanto, ma soprattutto per quella mia iniziativa mancata, per
quella pigrizia, per quel fascino accondisceso delle mie comodità.
Ma insegnami soprattutto a sentirmi sempre bisognoso di venire perdonato da Te: voglio vederti
inesorabile nello sguardo e sorridenti le tue labbra.
Tu hai ogni mattina un sogno luminoso di bellezza sulla mia giornata e mi ritrovo ogni sera con una
manciata di nebbia, di mediocrità, fra le dita.
Insegnami ad attingere dall’esperienza del tuo perdono quotidiano, dopo la revisione di vita serale,
l’entusiasmo per svegliarmi domattina seriamente intenzionato a vivere vivo, intensamente, ogni
attimo della giornata.
Insegnami a credere che il tuo perdono non volta semplicemente pagina, dimenticando, ricostruendo
la stima, ma ricostruendo invece dal di dentro la persona stessa: davvero, come dice la tua Parola, tu
“fai nuove” tutte le cose!
Davvero tu fai nuovo tutto l’uomo, come questo paralitico, ri- creato di dentro, ricostruito e
guizzante di fuori. Tu ci salvi interi, corpo e anima, già qui un poco e poi per sempre e del tutto “di
là”!
E Tu doni alla tua Chiesa il servizio del perdono, affinché, anche quando io non fossi più capace di
credere in me dal di dentro di me, proprio allora io potrei ascoltarti nel sacramento mentre ripeti a
me, dal di fuori, nelle labbra della tua Chiesa: “alzati e cammina!”
Insegnami una familiarità fedele, raffinata e periodica, con il sacramento del perdono, ricercato
personalmente, ogni volta che scopro il tuo sguardo su di me più deluso e più trepidante del solito!
Insegnami a diventare più amabile, lasciandomi perdonare, dai fratelli e da Te!
Grazie perché del mio peccato hai fatto luogo d’appuntamento per un Amore più grande!
Signore! Siamo davvero stanchi! Siamo stanchi, Signore, di questo mondo di cartapesta dove la
beffa è nascosta dal sorriso e il Mercato strangolatore finge l’abbraccio del filantropo.
Siamo stanchi di un futuro senza spiraglio di Speranza, né per noi, adulti, sazi e disperati, né per i
più tanti degli uomini, giovani e affamati, insidiati dalla nefasta tentazione di diventare come noi!
Siamo stanchi di un mondo dove il crollo dei miti delle speranze collettive sembra lasciare posto
solo per l’eterno “dio quattrino” sul “libero mercato” che vende sulle bancarelle la sorte dei popoli
al miglior offerente.
Siamo stanchi e delusi perfino delle conquiste della giustizia contro Tangentopoli e “Cosa nostra”:
spruzzano il veleno dai foruncoli dei processi ma non sanno come svelenire il sangue della nostra
anima!
Siamo stanchi di combattere contro i mulini a vento! Ma siamo stanchi soprattutto di combattere
contro noi stessi!
“Figliolo mio” - ti dice il Signore - “non temere: io ho vinto il mondo. E sarò con voi fino alla fine
del mondo”! Non ti impongo il giogo di un codice, ma làsciati spuntare le ali dell’Amore: vola
senza paura!
Non fare la faccia dell’impegnato: disegnati il volto dell’innamorato! L’Amore vincerà. Anzi, sta
già vincendo!"
Grazie, Signore Gesù, per il “ristoro” che già fin d’oggi l’avventura di questa vita evangelica mi
regala.
Grazie per la tenerezza vissuta nell’incontro con chi ti cerca insieme con me!
Grazie per la scoperta del Tuo palpito nel cuore di chi amo!
Grazie per il bacio con cui mi sfiori la fronte dell’anima quando prolungo nella preghiera l’attesa di
fronte all’invisibile Tuo volto.
Grazie per l’esultanza nell’incontro con lo sguardo luminoso di chi mi guarda dopo averti guardato!
Grazie per l’esaltante promessa di un universale svelamento del mistero del dolore oltre la soglia
della tomba!
Grazie perché sperimento fin d’oggi il Tuo “riposo” promesso, perché il Cielo è già fiorito su questa
terra, nel cuore di quelli che credono all’Amore!
I veri amici amano condividere i momenti preziosi che la vita riserva loro,
come le piccole cose dell'esistenza per cui vale la pena di vivere ogni giorno.
Va' dovunque tu debba andare, e passa parola!
(Sergio Bambarén)
Un pensiero per riflettere
C'è sempre la possibilità di vivere in modo diverso.
È la paura del giudizio degli altri che impedisce di decidere con la propria testa.
(Sergio Bambarén)
Padre, mi abbandono a Te, fa' di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me, ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me, e in tutte le tue creature:
non desidero nient'altro, mio Dio. Rimetto l'anima mia nelle tue mani, te la dono, mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore, perché ti amo. E per me un'esigenza di amore, il donarmi a Te,
l'affidarmi alle tue mani, senza misura, con infinita fiducia: perché Tu sei mio Padre.
(Charles de Foucauld)
Troppo tardi ti ho amata, bellezza sempre antica e sempre nuova, troppo tardi ti ho amata. Eri
dentro di me, ma io ero fuori e senza bellezza e mi precipitavo verso quelle bellezze che tu hai fatto
e che, senza di te, non potrebbero esistere. Tu sei sempre con me, ma io non ero con te.
(Sant'Agostino)
Quando avrai detto si a Dio e lo avrai nel cuore, possederai l'ospite che non ti darà più riposo.
(Paul Claudel)
Sono sempre rimasto stupito della grande libertà interiore di Gesù, del suo modo di vedere e
giudicare nel profondo le persone. Ma, come educatore, ancora più sono esterefatto della capacità
del Maestro di insegnare le cose senza offendere. Se Gesù avesse indovinato il pensiero di Simone
dicendogli: "Che brutta linguaccia che sei, Simone!" probabilmente lo avrebbe perso, lo avrebbe
costretto a rifugiarsi nell'amor proprio, svergognandolo davanti ai commensali. Macché: Gesù gli
pone un caso, chiede a lui di giudicare, lo invita a capire. E Simone capisce. Capisce senza
offendersi, si mette dal punto di vista del Maestro, anche Simone ora guarda il cuore e non la
regola, vede l'amore e non la peccatrice. Quanto ci insegna questa pagina! Ad essere rispettosi degli
altri, a condurli per mano, con delicatezza, a capire le misteriose e liberanti logiche di Dio.
(don Paolo Curtaz)
Il legno buono non cresce negli agi. Più il vento è forte più gli alberi sono forti.
Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze del tuo corpo;
so la tua viltà, i tuoi peccati e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei...
Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai.
Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti
non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei.
In ogni istante ed in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità,
nella fedeltà o nell'infedeltà, amami come sei...voglio l'amore del tuo povero cuore;
se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un
serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore? Non sono io l'Onnipotente?
E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore,
non sono io padrone del mio amore? Figlio mio, lascia che ti ami, voglio il tuo cuore.
Certo voglio col tempo trasformarti, ma per ora ti amo come sei...e desidero che tu faccia lo stesso;
io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza,
amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido:
Gesù ti amo. Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza,
né del tuo talento. Una cosa sola m'importa, di vederti lavorare con amore.
Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor
proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose;
no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai...perchè ti ho creato soltanto per amore.
Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re!
Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allargare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la
tua indigenza, moriresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e
mancare di fiducia. Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte;
voglio che tu faccia anche l'azione più insignificante solo per amore.
Conto su di te per darmi gioia...Non ti preoccupare di non possedere virtù; ti darò le mie.
Quando dovrai soffrire ti darò la forza. Mi hai dato l'amore, ti darò di saper amare al di là di quanto
puoi sognare. Ma ricordati, amami come sei...
Ti ho dato mia madre: fa passare tutto dal suo cuore così puro.
Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all'amore, non mi ameresti
mai..Và...
(Mons.Lebrun)
Quando qualcuno mi offende sono il primo ad accorgersi che egli è vittima di uno spirito malvagio.
Sono il primo a dover pregare per lui e donargli l'amore del Padre perché sia salvato.
Un maestro viaggiava con un discepolo incaricato di occuparsi del cammello, erano nel deserto.
Una sera arrivati ad una locanda il discepolo era talmente stanco che non legò il cammello. "Mio
Dio", pregò coricandosi, "prenditi cura del cammello, te lo affido".
Il mattino dopo il cammello era sparito. "Dov'è il cammello?", chiese il maestro. "Non lo so",
rispose il discepolo, "Devi chiederlo a Dio! Ieri sera ero così sfinito che gli ho affidato il nostro
cammello, non è certo colpa mia se è scappato o se è stato rubato, ho esplicitamente domandato a
Dio di sorvegliarlo, è Lui il responsabile! Tu mi esorti sempre ad avere la massima fiducia in Dio,
no!".
"Abbi sempre la più grande fiducia in Dio, ma prima lega il tuo cammello" rispose il maestro,
"perché Dio non ha altre mani che le tue".
(Bruno Ferrero - Le mani di Dio)
Non permettere mai che qualcuno venga a te e vada via senza essere migliore e più contento.
Sii l’espressione della bontà di Dio. Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi, bontà nel tuo sorriso
e nel tuo saluto. Ai bambini, ai poveri e a tutti coloro che soffrono nella carne e nello spirito,
offri sempre un sorriso gioioso. Dai a loro non solo le tue cure ma anche il tuo cuore.
(Madre Teresa di Calcutta)
Anche un uovo perfetto deve rompersi, perché nasca una nuova vita.
(Edward Gloegger)
Una parabola quella dei talenti che ci svela come il Vangelo abbia talmente inciso il pensiero
occidentale da modificarne il linguaggio.
Quando una persona è capace, ha delle risorse, diciamo che ha "talento", senza sapere che il talento
è la famosa moneta affidata ai servi della parabola. Abbiamo dei talenti, dunque, e questa è una
bellissima notizia: chi più, chi meno, ad ognuno è affidato un capitale da far fruttare, una risorsa da
mettere a disposizione.
Tutti, senza eccezioni, anche quelle persone che non riescono ad accorgersene e che - peggio -
passano il tempo ad invidiare i talenti degli altri nascondendo il proprio sottoterra. E' difficile
accorgersi dei propri talenti: con i giovani propongo sempre una veglia di preghiera: ognuno ha un
foglio bianco. Su di una facciata chiedo loro di scrivere le cose da eliminare dal loro carattere i loro
difetti... musica di sottofondo, tutti si impegnano a scrivere... poi chiedo loro di scrivere sul retro del
foglio i loro pregi, i loro talenti... dovreste vedere gli sguardi smarriti! Tutti indugiano, scuotono la
testa e, quando proprio va bene, tirano fuori un piccolo aspetto positivo.
No, amici, il Signore ci chiede di prendere coscienza delle nostre qualità, per metterle a servizio
degli altri. Esiste una malsana interpretazione dell'umiltà che vedo molto diffusa tra i discepoli:
quella di dire "non valgo a nulla". Non è umiltà, è depressione! Immaginatevi la faccia di Dio che
vuol fare di noi dei capolavori, che ci ha creato con misteriosa provvidenza e arte e che si sente dire
"Faccio schifo"!
Amici, mettete a frutto i vostri talenti, individuateli, anzitutto e poi donateli ai fratelli. Senza
bisogno di essere premi Nobel della medicina, per carità! Magari riconosco come un dono la
capacità di pazientare, o di ascoltare, o di perdonare, il mio buonumore, la mia sincerità, la mia
capacità di accorgermi degli altri, e, con semplicità, ne faccio dono agli altri. Buona settimana
intenti a far fruttare i nostri talenti, amici!
(don Paolo Curtaz)
O Padre, ti ringraziamo per averci chiamato a edificare il tuo Regno: a ciascuno di noi hai affidato
un compito, secondo le sue capacità. Ci chiedi solo una cosa, di non rimanere inerti, di non lasciarci
vincere dallo scoraggiamento e dalla sfiducia. «...Tanto, non serve a niente!», sembrano dire molti
cristiani di oggi, confusi nella massa di quelli che si lasciano vivere, che demandano ad altri il
compito di edificare la società. Tu invece, Signore, ci vuoi attivi, disponibili a rischiare in prima
persona al posto tuo, per te, come i servi della parabola che hanno ricevuto dal padrone il mandato.
Sì, perché tu hai saputo, hai voluto rischiare; ti sei messo in gioco quando hai deciso di nascere dal
grembo di una donna, non ti sei tirato indietro di fronte al disprezzo e alla morte: tu hai fatto la tua
parte da uomo. Su questa terra, nel tuo tempo. Adesso tocca a noi! Perché il tuo nome venga
glorificato per sempre tra gli uomini.
Ama finché non ti fa male, e se ti fa male, proprio per questo sarà meglio.
Perché lamentarsi?
Se accetti la sofferenza e la offri a Dio, ti darà gioia.
La sofferenza è un grande dono di Dio: chi l’accoglie, chi ama con tutto il cuore,
chi offre se stesso ne conosce il valore.
(Madre Teresa di Calcutta)
Davvero, Signore, non c’è peggior cieco di chi non voleva vedere: e quello sono io! Purtroppo
troppo spesso vedo troppo tardi!
Quella volta che dopo l’incidente mi sono dovuto fermare a casa, e il mondo ha continuato a girare
lo stesso: non ho voluto capire che avrei potuto fermarmi a riflettere un giorno anche senza finire
all’ospedale!
Quella volta che mi è venuta a parlare una persona che non mi parlava mai. Ma io non ho capito che
la volta seguente avrei potuto essere io a fare il primo passo.
Quella volta che la nuova legislazione fiscale mi ha improvvisamente aumentato l’imponibile. Ma
io non ho capito che mia moglie mi diceva da tempo che avremmo potuto fissare una percentuale
mensile per i missionari senza andare in fallimento.
Quella volta che mi sono arrivati in casa quei parenti lontani ed è stata tanta festa anche se quasi
non ci conoscevamo. Ma io non ho voluto capire che mio figlio aveva ragione nel dire che
potevamo prendere in affidamento un bambino sconosciuto, che il posto in casa c’era.
Quella volta che mi sono lasciato trascinare a quel “deserto”, tutto il giorno davanti alla Bibbia e
all’Eucarestia, e poi mi sono accorto che alla sera mia moglie era diventata proprio più bella! Ma io
non ho voluto capire che più bello lo ero diventato anzitutto io, capace di guardarla con quei miei
occhi ripuliti!
Quella volta che ho assistito mia madre, con il cuore in subbuglio sul letto d’ospedale, prima di
ricevere da lei quel bacio che sarebbe stato l’ultimo. E ho sentito il rimpianto di non averla
abbracciata più spesso prima. Ma io non volevo capire che questi miei 100 anni passano veloci e
non tornano mai più!
Un giorno, una giovane donna ricevette una dozzina di rose con un biglietto che diceva: "Una
persona che ti vuole bene". Senza però la firma. Non essendo sposata, il suo pensiero andò agli
uomini della sua vita: vecchie fiamme, nuove conoscenze. Oppure erano stati la mamma e il papà?
Qualche collega di lavoro? Fece un rapido elenco mentale. Infine telefonò ad un'amica perché
l'aiutasse a scoprire il mistero. Una frase dell'amica le fece all'improvviso balenare un'idea. "Dì: sei
stata tu a mandarmi i fiori?". "Sì". "Perché?" "Perché l'ultima volta che ci siamo parlate eri di umore
nero. Volevo che trascorressi un giorno pensando a tutte le persone che ti vogliono bene".
Paolo, con la faccia triste e abbattuta, si ritrovò con la sua amica Carla in un bar per prendere un
caffè. Depresso, scaricò su di lei tutte le sue preoccupazioni... e il lavoro... e i soldi... e i rapporti
con la sua ragazza...e la sua vocazione!... Tutto sembrava andar male nella sua vita.
Carla introdusse la mano nella borsa, prese un biglietto da 50 EURO e gli disse: “Vuoi questo
biglietto?” Paolo, un po' confuso, all'inizio le rispose: “Certo Carla... sono 50 EURO, chi non li
vorrebbe?” Allora Carla prese il biglietto in una mano, lo strinse forte fino a farlo diventare una
piccola pallina. Mostrando la pallina accartocciata a Paolo, gli chiese un'altra volta: “E adesso, lo
vuoi ancora?”
“Carla, non so cosa intendi con questo, però continuano ad essere 50 EURO. Certo che lo prenderò
anche così, se me lo dai.” Carla spiegò il biglietto, lo gettò al suolo e lo stropicciò ulteriormente
con il piede, riprendendolo quindi sporco e segnato. “Continui a volerlo?” “Ascolta Carla, continuo
a non capire dove vuoi arrivare, rimane comunque un biglietto da 50 EURO, e finché non lo
rompi,conserva il suo valore....”
”Paolo, devi sapere che anche se a volte qualcosa non esce come vuoi, anche se la vita ti piega o
accartoccia, continui a essere tanto importante come lo sei stato sempre... Quello che devi chiederti
è quanto vali in realtà, e non quanto puoi essere abbattuto in un particolare momento.”
Paolo si paralizzò guardando Carla senza dire una parola, mentre l'impatto del messaggio entrava
profondamente nella sua testa. Carla mise il biglietto spiegazzato di fianco a lui, sul tavolo, e con un
sorriso complice disse: “Prendilo, ritiralo perché ti ricordi di questo momento quando ti senti male...
però mi devi un biglietto nuovo da 50 EURO per poterlo usare con il prossimo amico che ne abbia
bisogno.” Gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò verso la porta. Paolo tornò a guardare il
biglietto, sorrise, lo guardò e con una nuova energia chiamò il cameriere per pagare il conto...
Attendere è pregare
Dio,
tu hai scelto di farti attendere
tutto il tempo di un Avvento.
Io non amo attendere.
Non amo attendere nelle file.
Non amo attendere il mio turno.
Non amo attendere il treno.
Non amo attendere.
Non amo attendere nelle file.
Non amo attendere il mio turno.
Non amo attendere il treno.
Non amo attendere prima di giudicare.
Non amo attendere il momento opportuno.
Non amo attendere un giorno ancora.
Non amo attendere perché non ho tempo
e non vivo che nell'istante.
D'altronde tu lo sai bene,
tutto è fatto per evitarmi l'attesa:
gli abbonamenti ai mezzi di trasporto
e i self-service,
le vendite a credito
e i distributori automatici,
le foto a sviluppo istantaneo,
i telex e i terminali dei computer,
la televisione e i radiogiornali...
Non ho bisogno di attendere le notizie:
sono loro a precedermi.
Ma tu Dio
tu hai scelto di farti attendere
il tempo di tutto un Avvento.
Perché tu hai fatto dell'attesa
lo spazio della conversione,
il faccia a faccia con ciò che è nascosto,
l'usura che non si usura.
L'attesa, soltanto l'attesa,
l'attesa dell'attesa,
l'intimità con l'attesa che è in noi
perché solo l'attesa
desta l'attenzione
e solo l'attenzione
è capace di amare.
Tu sei già dato nell'attesa,
e per te, Dio,
attendere,
si coniuga come pregare.
(Jean Debruynne)
Spirito di Dio,
che agli inizi della creazione ti libravi sugli abissi del mondo,
e trasformavi in sorriso di bellezza il grande sbadiglio delle cose,
scendi ancora sulla terra, questo mondo che invecchia
sfioralo con l'ala della tua gloria.
Spirito Santo,
che hai invaso l'anima di Maria,
donaci il gusto di sentirci "estroversi", rivolti, cioè, verso il mondo.
Mettici le ali ai piedi
perché, come Maria, raggiungiamo in fretta la città,
la città terrena che tu ami appassionatamente.
Spirito del Signore,
dono del Risorto agli apostoli del Cenacolo,
gonfia di passione la vita dei tuoi preti.
Rendili innamorati della terra,
capaci di misericordia per tutte le sue debolezze.
Confortali con la gratitudine della gente
e con l'olio della comunione fraterna.
Ristora la loro stanchezza,
perché non trovino appoggio più dolce per il loro riposo
se non sulla spalla del Maestro.
(TONINO BELLO)
Signore,
non ti cercheremo in esperienze limite,
ma nel limite di ogni esperienza:
lì dove la febbrilità della vita
avverte la nostalgia dell'amore e del gioco;
lì dove la verificabilità della scienza
si apre alla sete
di una Bellezza più grande;
lì dove l'ideologia del regno dell'uomo
ceca una Parola,
che rompa il silenzio della morte
e dia senso alla vita.
Lì umilmente la nostra fede
intonerà il tuo canto:
il canto del Signore in terra straniera,
canto di amore e di pace,
canto di bellezza
e di non consumata speranza.
Vieni, Signore Gesù!
E' giunta l'ora di prendere il largo, di sciogliere gli ormeggi della nostra piccola barca e andare.
La luce della stella cometa da est ci chiede di uscire dalla torre d'avorio del nostro quieto vivere.
Il suono delle campane che si fa sempre più forte ci chiama a non scappare di fronte ad una realtà
con sempre meno speranza.
Il sapore dei bambini che ha portato il vento ci invita a non farci trascinare dalla corrente o
sospingere dalla marea.
Il profumo dei pini che arriva da nord ci dice di non partire a capofitto solo perché dobbiamo far
qualcosa.
Il freddo della neve che inizia a cadere ci esorta a prendere il largo con coscienza, studiando bene la
rotta, portando con se nella propria piccola barca solo quelle poche cose veramente necessarie per
non appesantirla inutilmente.
La rotta è quella verso il paese dove la pace è possibile, dove giustizia e libertà si baceranno, il
paese dove il tempo non ha fine, verso il paese del Natale.
E questa è una cosa che ti riguarda, che riguarda anche te.
Molto tempo fa c'era un uomo che aveva tre figli ai quali voleva molto bene. Non era nato ricco, ma
con la sua saggezza e il duro lavoro era riuscito a risparmiare un bel po' di soldi e a comperare un
fertile podere.
Divenuto vecchio cominciò a pensare a come dividere tra i suoi figli ciò che possedeva. Un giorno
decise di fare una prova per capire quale dei tre figli fosse il più saggio.
Li chiamò al capezzale e diede a ciascuno cinque soldi e chiese loro di comperare qualcosa che
riempisse la sua stanza che era vuota e spoglia. Ciascuno dei figli prese il denaro e uscì per esaudire
i desideri del padre.
Il figlio più grande pensò che era un lavoro facile. Andò al mercato e comperò la prima cosa che gli
capitò sotto gli occhi: un fascio di paglia.
Il secondo figlio pensò per qualche minuto, poi girò per tutte le bancarelle dei mercato e alla fine
comperò delle bellissime piume.
Il figlio più piccolo rifletté a lungo sul problema e si chiedeva: «Che cosa c'è che costa solo cinque
soldi e che può riempire una stanza?». Solo dopo aver pensato per un bel po' di tempo trovò quel
che faceva al suo caso e il suo volto si illuminò.
Andò in un piccolo negozio e comperò con i suoi cinque soldi una candela e dei fiammiferi.
Tornando a casa era felice e si domandava cosa avessero comperato i suoi due fratelli.
Il giorno seguente, i tre figli si presentarono al padre. Ognuno portò il suo regalo. Il più grande
sparse la paglia sul pavimento, ma era così poca che fu appena sufficiente per coprire un angolo. Il
secondo mostrò le sue piume, ma riempirono appena due angoli. Il padre era molto deluso dei suoi
due figli maggiori.
Allora si rivolse al più piccolo: « E tu che cosa hai comprato? ».
Il ragazzo accese la candela con un fiammifero e la luce di quell'unica fiamma si diffuse per la
stanza e la riempì.
Tutti sorrisero.
Il vecchio padre fu felice del regalo del figlio più piccolo. Gli diede tutti i suoi averi, perché aveva
capito che quel ragazzo era abbastanza intelligente per farne buon uso ed avere cura dei suoi fratelli.
Traguardo.
Al termine della scalata,
non c'è la scalata ma la sommità.
Al termine della notte,
non c'è la notte ma l'aurora.
Al termine dell'inverno,
non c'è l'inverno ma la primavera.
Al termine della disperazione,
non c'è la disperazione ma la speranza.
Al termine della morte,
non c'è la morte ma la vita.
Al termine dell'umanità,
non c'è l'uomo ma l'Uomo-Dio.
(Joseph Folliet)
Esistono molte cose nella vita che catturano lo sguardo ma solo poche catturano il tuo cuore: segui
quelle
(Winston Churcill)
Vedo in te due uomini, quello che sei e quello che potesti essere.
Un giorno quei due si incontreranno e allora sarai un grande [adattare].
VI DO UN NUOVO COMANDAMENTO
"Che vi amiate l'un l'altro come io ho amato voi".
Mi chiamate il REDENTORE e non vi fate redimere.
Mi chiamate la LUCE e non mi vedete.
Mi chiamate la VIA e non mi seguite.
Mi chiamate la VITA e non mi desiderate.
Mi chiamate il SIGNORE e non mi servite.
Mi chiamate la SAPIENZA e non mi interrogate.
Mi chiamate il MAESTRO e non mi credete.
Mi chiamate ONNIPOTENTE e non vi fidate di ME.
Se un dì non vi riconoscerò, non meravigliatevi!
(Iscrizione nel Duomo di Lubecca)
Non senti mai il triste imbarazzo di vivere questo carnevale tutto l’anno dove ciascuno, per la paura
di scoprire l’invisibile che porta dentro, mette la maschera della normalità fuori, vivendo in una
folla di solitari?
IN SILENZIO SORRIDEVI.
Quante volte vorremmo urlare
ma crediamo che nessuno ci ascolti
che a nessuno interessi
che nessuno trovi il tempo di capire...
con quegli occhi grandi tu
non parlavi e sorridevi.
Ora, nel gelo di questa notte,
una delle più rigide di questo lungo inverno
ci hai lasciato da soli a gridare
al nostro cieco e sordo individualismo
a tutte le cose che avremmo voluto dirci ma che,
per stupide convenzioni, non ci siamo mai dette,
lo sai, con te mi sono sempre sentita a casa
ma nel freddo che c'è fuori ci siamo trovate e ci siamo perse
in questo mondo frenetico che ci allontana da tutto
e ci lascia soli, fragili e affranti!
la tua lezione è troppo cara, troppo.
Ma tu ci hai voluto insegnare a vedere
al di là del nostro piccolo, della nostro guscio, del nostro egoismo
proveremo ad imparare a aiutarci, a capirci ad amarci
ad essere più umili e più aperti, ad accettarci
proveremo a guardare gli altri con occhi diversi
vedrai la tua lezione non andrà persa, CREDICI!
Proveremo ad essere UMANI, come te dolce e silenziosa Amica mia.
Ma non sarà mai più come prima.
MAI più come prima!
Buona notte CERBIATTO!
Grazie per quello che sei e per quello che ci hai dato.
Sarai insieme a noi per sempre, non dimenticarci.
I TUOI AMICI.
Una bambina torna dalla casa di una vicina alla quale era appena morta, in modo tragico la
figlioletta di otto anni.
"Perché sei andata?", le domanda il padre.
"Per consolare la mamma".
"E che potevi fare, tu così piccola, per consolarla?".
"Le sono salita in grembo e ho pianto con lei".
Un uomo aveva sempre il cielo dell'anima coperto di nere nubi. Era incapace di credere alla bontà.
Soprattutto non credeva alla bontà e all'amore di Dio. Un giorno mentre errava sulle colline che
attorniavano il suo villaggio, sempre tormentato dai suoi scuri dubbi, incontrò un pastore. Il pastore
era un brav'uomo dagli occhi limpidi. Si accorse che lo sconosciuto aveva l'aria particolarmente
disperata e gli chiese:
"Che cosa ti turba tanto, amico?'".
"Mi sento immensamente solo".
"Anch'io sono solo, eppure non sono triste".
"Forse perché Dio ti fa compagnia..."
"Hai indovinato".
"Io invece non ho la compagnia di Dio. Non riesco a credere al suo amore. Com'è possibile che ami
gli uomini uno per uno? Com'è possibile che ami me?".
"Vedi laggiù quel villaggio?", gli chiese il pastore, "Vedi le finestre di ogni casa?"
"Vedo tutto questo".
"Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola e la
più nascosta, ogni giorno viene baciata dal sole, nell'arco della giornata. Forse tu disperi perché
tieni chiusa la tua finestra".
NATALE
I
Sibila il vento tra i comignoli scuri
E le stelle brillano sul vellutato parquet blu.
Solo una breve sosta, appoggiati ai muri,
Il naso rivolto all'equazione stellata.
La via è ben segnata, il risultato ora certo.
- Avete mai temuto di fallire?
- Può forse l'uomo dirsi sicuro di qualcosa?
- Non ha più importanza, ormai.
Prosciughiamo insieme
Le fiasche già magre.
Uno sguardo d'intesa, intesa profonda
E un sospiro, prima di ripartire.
Gli ultimi passi, trepidanti.
II
- Seguite la cometa!
Un sussurro lontano
Perduto nelle strade,
Inghiottito dalle metropolitane,
Dai centri commerciali,
Dai bus. Eppure percettibile.
La voce giovane di un vecchio,
Bianchi i capelli e angelico il cipiglio.
Ah, e se i tre non fossero stati
Troppo saggi per non esser folli
E avessero ignorato quel richiamo?
III
Quanto tempo ormai è passato,
Misurato, scandito da innumerevoli passi.
Eccolo lì, il luogo tanto cercato
Visto sfumato, appena accennato
Nelle divinazioni, tratteggiato nelle profezie.
- Avete mai temuto di fallire?
- Può forse l'uomo dirsi sicuro di qualcosa?
- Non ha più importanza, ormai.
Due più due fa quattro,
I calcoli astrali
Non ci hanno ingannato.
Una lacrima felice sembra sfiorare
La lunga barba dei tre pellegrini.
Ora che il sogno è realtà
Posson continuare a sognare.
IV
Invisibili scivolano tra le vie
Come la pioggia tra le tegole.
- Che luogo strano!
- E che tempo!
- Strani entrambi,
Ma non malvagi.
Quanti ne abbiamo visti così?
Ecco, la stella ammiccando si adagia
E attende come un gatto pigro.
Bussano. Bussano…
V
Bussano alla porta.
- Chi siete?
- E' qui
- Quel bambino, da poco nato,
- Salvatore del mondo?
- Dall'Oriente
- Ci ha guidato la stella
- La Sua stella
- Che pazzia è mai la vostra?
- Due più due fa quattro
- Una matematica
- Una metafisica
- Avicenna, Averroè, Zarathustra
- Qui v'è una giovine
- Vergine partoriente
- Giuro che nessuna donna è stata qui.
- Ricordati.
- Essa era ammantata
Di celeste serenità
- Il Salvatore del mondo
- Pazzi! Calcoli folli
E inutili speculazioni
Sono le vostre!
Tornate donde siete venuti,
Tornate al fango delle strade!
VI
L'uscio sbatte.
- Ricordo, ora ricordo!
La ragazza spossata!
L'uomo troppo giovane
Per sembrare così vecchio!
- Avete un posto per me e mia moglie,
Straziata dalle doglie e ormai prossima a partorire?
- No vecchio. Sparisci!
Poco più che bambina!
Non ti avvicinare!
Via! Via!
La porta si apre.
Buio e freddo, ora, nel vicolo.
EXITUS IN FORMA DI CANZONE
Canzone,
Viaggia per terra e per mare
Veloce, più dei tre pellegrini d'Oriente.
Cercano una piccola rosa
Pura e bella,
Come bagnata dalla rugiada.
E quando quell'antitetica coppia,
Lui giovane invecchiato
Lei vergine gravida,
Busserà alla porta della vostra quotidianità
Siate buoni,
Offritegli ristoro, tepore
Un po' di calda umanità.
(Alessandro Basilico, dicembre 2002)
O Lord, remember not only the men and women of good will, but also those of ill will. But do not
remember all the sufferings they have inflicted on us; remember the fruits we have bought thanks to
this suffering? our comradeship, our loyalty, our humility, our courage, our generosity, the
greatness of heart which has grown out of all this. And when they come to the judgement, let all the
fruits that we have borne be their forgiveness.
Io credo nel sole anche quando non brilla. Io credo nell'amore anche quando non lo sento.
Io credo in Dio anche quando tace.
(Anonimo ebreo)
Pietro Wu Guosheng era il gestore di una locanda in una provincia cinese. Del suo albergo aveva
fatto la sede di una comunità di cristiani ai quali insegnava il messaggio evangelico e coi quali
pregava, guidandoli come un pastore, data la mancanza di sacerdoti. Quando fu trascinato davanti al
Mandarino, fu torturato perché egli si rifiutava di calpestare la croce di legno che i suoi giustizieri
avevano gettato davanti a lui. Alla fine fu ucciso a causa del suo rifiuto.
Leggo questa sintesi biografica in un saggio sulla Cina del '700-'800: il protagonista è il primo
martire cristiano nato nel Celeste Impero (era l'anno 1814 e Pietro aveva 46 anni), beatificato con
altri martiri cinesi da Leone XIII nel 1900. La sua è, per certi versi, una storia ordinaria di martirio,
simile alle molte che ci sono giunte, spesso con eccessi edificanti, dai primi secoli cristiani. C'è,
però, un elemento che mi sembra significativo e originale: il martire cinese non vuole assolutamente
calpestare la croce di legno posta per terra.
Questa scelta - che forse un moralista avrebbe superato con qualche restrizione mentale - mi sembra
una sorta di simbolo generale. Se dovessimo guardare alla nostra vita, quante volte siamo passati,
senza imbarazzo, sui valori in cui credevamo, frantumandoli e fingendo di guardare più avanti. C'è
nella storia di ciascuno una catena di compromessi e di tradimenti che ci hanno forse salvato la
carriera, il successo, i beni materiali, ma hanno umiliato e fin soffocato il respiro dell'anima, la
nostra coscienza e coerenza. Il coraggio della fedeltà agli ideali e ai valori in cui si crede è la vera
testimonianza e la gloria autentica di una persona.
Una volta una mamma, preoccupata per la figlia che aveva preso la brutta abitudine di abbuffarsi di
dolci, si recò da un vecchio saggio. Lo scongiurò: "Per favore parla tu con mia figlia in modo da
persuaderla a smettere con questo vizio. Accetti?". Il saggio rimase un attimo in silenzio, un po'
imbarazzato, poi concluse: "Riporta qui tua figlia fra tre settimane, e allora parlerò con lei, non
prima". La donna se ne andò perplessa, ma senza replicare.
Tornò, come le era stato proposto, tre settimane dopo, rimorchiandosi dietro la figlia, golosa,
insaziabile. Stavolta il saggio prese in disparte la ragazza e le parlò dolcemente, con parole semplici
e assai persuasive. Le prospettò gli effetti dannosi che possono causare i troppi dolci. Quindi le
raccomandò una maggiore sobrietà.
La madre, allora, dopo averlo ringraziato, nell'accomiatarsi, gli domandò: "Toglimi una curiosità...
Mi piacerebbe sapere perché non hai detto queste cose a mia figlia tre settimane fa".
"Tre settimane fa" rispose tranquillamente il saggio, "il vizio di mangiare i dolci l'avevo anch'io!".
Erano tempi difficili, marcati dai dubbi e angoscia; tante voci si contendevano il mio cuore.
Contavo i miei talenti e le mie infinite possibilità. La mia vita mi aveva dato tanto e mi prometteva
tanto. Chiedi troppo, Signore! Da tempo, tuttavia, una voce inconfondibile rubava spazi alla mia
vita, una voce delicata ma inarrestabile scandiva chiaramente il suo appello: “Ti ho chiamato per
nome”. Guarda altrove, Signore! Ti ho pensato come unico, ti ho voluto irripetibile, ti ho amato da
sempre, ti ho arricchito con doni specifici e indispensabili per la missione che ti voglio affidare.
Non ancora, Signore! Eppure, non sono nato per incomodare, né posso passare in questo mondo
indistinto. Segno, come Cristo, devo essere e diventare per compiere la missione impellente del
Padre.
Eccomi Signore!
Quello che tu puoi fare è solo una goccia nell'oceano, ma è ciò che dà significato alla tua vita.
(Albert Schweitzer)
L'unica cosa importante, quando ce ne andremo, saranno le tracce d'amore che avremo lasciato.
(Albert Schweitzer)
Salvami dalla sventura di chi fa di tutto in pubblico per crearsi un volto fittizio e luccicante, mentre
in privato si distende e si lascia andare, ritrovandosi vile, depresso, irritato, bramoso, pigro,
violento, ingordo, triste, vuoto e brutto.
Die when I may, I want it said of me that I plucked a weed and planted a flower wherever I thought
a flower would grow.
(Abraham Lincoln)
Ho scritto il tuo nome sulla sabbia, ma l’onda l’ha cancellata. Ho inciso il tuo nome su un albero,
ma la corteccia è caduta. Ho scolpito il tuo nome sul marmo, ma la pietra si è rotta. Preso dalla
disperazione, ho nascosto il tuo nome nel mio cuore e là il tempo l’ha conservato.
Il profumo
Gli indù raccontano una strana leggenda. La leggenda del capriolo delle montagne.
Tanti anni fa, c'era un capriolo che sentiva continuamente nelle narici un fragrante profumo di
muschio. Saliva le verdi pendici dei monti e sentiva quel profumo stupendo, penetrante, dolcissimo.
Sfrecciava nella foresta, e quel profumo era nell'aria, tutt'intorno a lui.
Il capriolo non riusciva a capire da dove provenisse quel profumo che tanto lo turbava. Era come il
richiamo di un flauto a cui non si può resistere. Perciò il capriolo prese a correre di bosco in bosco
alla ricerca della fonte di quello straordinario e conturbante profumo.
Quella ricerca divenne la sua ossessione. Il povero animale non badava più né a mangiare, né a
bere, né a dormire, né a nient'altro. Esso non sapeva donde venisse il richiamo del profumo, ma si
sentiva costretto a inseguirlo attraverso burroni, foreste e colline, finché affamato, esausto, stanco
morto, andò avanti a casaccio, scivolò da una roccia e cadde ferendosi mortalmente.
Le sue ferite erano dolorose e profonde. Il capriolo si leccò il petto sanguinante e, in quel momento,
scoprì la cosa più incredibile. Il profumo, quel profumo che lo aveva sconvolto, era proprio lì,
attaccato al suo corpo, nella speciale "sacca" porta muschio che hanno tutti i caprioli della sua
specie.
Il povero animale respirò profondamente il profumo, ma era troppo tardi...
(Bruno Ferrero, L'importante è la rosa)
C'era una volta un uomo che non credeva nel Natale. Era una persona fedele e generosa con la sua
famiglia e corretta nel rapporto con gli altri, però non credeva che Dio si fosse fatto uomo come,
secondo quanto afferma la Chiesa, è successo a Natale. Era troppo sincero per far vedere una fede
che non aveva.
“Mi dispiace molto, disse una volta a sua moglie che era una credente molto fervorosa, però non
riesco a capire che Dio si sia fatto uomo; non ha senso per me."
Una notte di Natale, sua moglie e i figli andarono in chiesa per la messa di mezzanotte. Lui non
volle accompagnarli. "Se andassi con voi mi sentirei un ipocrita. Preferisco restare a casa. Vi
starò aspettando." Poco dopo la famiglia uscì mentre iniziò a nevicare. Si avvicinò alla finestra e
vide come il vento soffiava sempre più forte. "Se è Natale, pensò, meglio che sia bianco". Tornò
alla sua poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere un giornale.
Poco dopo venne interrotto da un rumore seguito da un altro e subito da altri. Pensò che qualcuno
stesse tirando delle palle di neve sulla finestra della sala da pranzo. Uscì per andare a vedere e vide
alcuni passerotti feriti, buttati sulla neve. La tormenta li aveva colti di sorpresa e, per la
disperazione di trovare un rifugio, avevano cercato inutilmente di attraversare i vetri della finestra.
"Non posso permettere che queste povere creature muoiano di freddo... però come posso aiutarle?"
Pensò che la stalla dove si trovava il cavallo dei figli sarebbe stato un buon rifugio, velocemente si
mise la giacca, gli stivali di gomma e camminò sulla neve fino ad arrivare nella stalla, spalancò le
porte e accese la luce. Però i passerotti non entrano.
"Forse il cibo li attrarrà," pensò. Tornò a casa per prendere delle briciole di pane e le disseminò
sulla neve facendo un piccolo cammino fino alla stalla. Si angustiò nel vedere che gli uccelli
ignoravano le briccole e continuavano a muovere le ali disperatamente sulla neve. Cercò di
spingerle in stalla camminando intorno a loro e agitando le braccia. Si dispersero nelle diverse parti
meno verso il caldo e illuminato rifugio.
"Mi vedono come un estraneo e che fa paura", pensò. "Non mi viene in mente nulla perché possano
fidarsi di me... Se solo potessi trasformarmi in uccello per pochi minuti, forse riuscirei a salvarli".
In quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare. L'uomo restò immobile, in
silenzio, ascoltando il suono gioioso che annunciava il Natale. Allora si inginocchiò sulla neve:
"Ora si, capisco, sussurrò. Ora vedo perché hai dovuto fare tutto questo!"
A volte, più che di un mondo nuovo, c'è bisogno di occhi nuovi per guardare il mondo.
(Claudio Baglioni)
A volte, più che di un mondo nuovo, c'è bisogno di occhi nuovi per guardare il mondo. Ho ascoltato
solo qualche volta - e per caso - le canzoni di Claudio Baglioni e capisco come possa la sua voce
essere gradita a molti. Ora mi imbatto nella citazione di una sua frase, mentre leggo una rivista, e mi
piace condividerla coi miei lettori che forse conoscono più di me le sue canzoni. La frase contiene
una verità spesso affermata in forme diverse nella storia del pensiero, anche se con ragionamenti più
complessi. C'è una realtà oggettiva che è fondamentale, ma esiste anche una soggettività che è
decisiva nella percezione di quella realtà. Spesso si ricorre all'immagine delle lenti che, se scure,
obnubilano tutto l'orizzonte. Il mondo talvolta ci pare tutto brutto e malvagio perché è il nostro
sguardo a non essere più abilitato a cogliere i colori e le diversità.
C'è una sorta di daltonismo spirituale che assegna il grigio a tutta la realtà rendendola odiosa e
insopportabile. Gli occhi dell'anima sono, quindi, decisivi per giudicare la realtà. Lo scrittore
inglese Chesterton nella sua opera più importante, Ortodossia, evocava la battuta di una bambina
che diceva: «Un ottimista è un uomo che vi guarda gli occhi, un pessimista un uomo che vi guarda i
piedi». L'uomo vero e realista dovrebbe essere capace di passare dai piedi al volto, di cogliere le
variegate sfumature dell'essere e della vita. Più che aggrapparci a vagheggiamenti illusori di
trasformazione radicale del mondo, considerandolo sotto il segno del Maligno, proviamo a
purificare il nostro occhio intorbidito per scoprire il bene in azione, come suggeriva anche s.
Caterina da Siena: «Occorre levare la nebula dell'intenebrimento della malizia e dell'amor proprio,
levare questa nebula affinché il vedere rimanga chiaro».
(Gianfranco Ravasi)
La storia è il tempo che vola senza riparare al bene non fatto e senza allontanare il male che ancora
si farà... Eppure sappiamo che ogni destino si può capovolgere come con una pedata si rivolta un
sasso, mettendo al sole quel che stava in ombra.
(Enrico Emanuelli)
Capita a tutti, camminando in campagna, di ribaltare con una pedata una pietra infitta nel terreno, ed
ecco la sorpresa di scoprire sotto di essa, nell'umidità protetta di quello scudo, un formicolio di vita,
di insetti, di semi, un microcosmo nascosto. Sopra c'era solo aridità, sotto c'era fermento. Così è
l'esistenza umana: teniamo celate tante energie, atti, pensieri, doti che potrebbero dare frutto e
spandere vitalità nel mondo. E, invece, restano solo un segreto e continuiamo ad essere freddi e
aridi come la superficie del sasso, fino all'estremo confine della morte.
(Gianfranco Ravasi)
Povero Giuseppe, quante gliene sono successe nella vita! Dapprima Dio che gli ruba la ragazza, poi
la fatica – lui falegname abituato a pialla e chiodi – di dover capire un bambino così
straordinariamente ordinario ed una moglie (amatissima) tutta avvolta dal Mistero. Infine ci siamo
messi anche noi cristiani a riempire i buchi che il vangelo lascia ampiamente scoperti, come se non
bastasse ciò che oggi Matteo ci racconta di Giuseppe, inventandoci un'improbabile figura del
silenzioso falegname di Nazareth per soddisfare la nostra curiosità. Tra Maria e Giuseppe c'è amore,
Matteo solo pudicamente, come Luca, ci dice del loro rapporto. Sono "promessi sposi", cioè più che
fidanzati nella cultura di Israele. Per un anno – fidanzati - potevano vivere coniugalmente senza
però coabitare. Perciò l'unico che sapeva che quel figlio non era suo era proprio lui, Giuseppe.
Osiamo immaginarci la notte insonne di Giuseppe che viene a sapere della gravidanza di Maria?
Cos'avrà pensato di lei? Quanta sofferenza e dolore nel suo cuore... dunque si era sbagliato a
stimare questa ragazza di Nazareth? La legge chiedeva che Maria venisse denunciata e – di
conseguenza – condannata a lapidazione. Giuseppe la ama, vuole salvarla, trova un escamotage:
dirà che è stufo di lei, la ripudierà dicendo che non la vuole più in moglie, salvandole la vita e
l'onore. Matteo – da buon ebreo – descrive questo atteggiamento come "giusto". Giuseppe è
"giusto", cioè irreprensibile, autentico, onesto, di alto profilo; non giudica secondo le apparenze, pur
ferito a morte, sa superare il suo orgoglio e usa misericordia verso la donna che ama. "Giusto" come
i giusti dell'antico testamento, come i pii davanti a Dio, come i retti di cuore che tanto la Scrittura
loda. E – durante la notte – il sogno, l'invito a fidarsi, a dare una improbabile chiave di lettura a
questi eventi che significa abbracciare l'inaudito di Dio. E – leggete, ve ne prego! – Giuseppe si
sveglia e dà retta all'angelo e prende con sé la follia di Dio. Grande, immenso Giuseppe. Quante
cose ci dici, oggi, quanti suggerimenti ci dai tu, uomo abituato alle poche parole e a stare defilato e
che pure sei stato scelto come tutore e custode di Dio.
(don Paolo Curtaz)
Non affaticarti per aggiungere giorni alla tua vita, ma aggiungi vita ai tuoi giorni.
Vorrei parlarvi della fragilità. S. Paolo, riflettendo sulla sua storia, si accorge che la sua fragilità ha
permesso alla Parola di essere più credibile, infine Gesù, nel vangelo, viene ostacolato nell'annuncio
dall'incredulità dei suoi concittadini che lo conoscono fin troppo bene per dargli retta.
Vorrei parlarvi della fragilità, quindi. Della fragilità degli uomini di fede e dei nuovi profeti che
sono gli uomini di chiesa. So bene che si tratta di un discorso spinoso, eppure me lo trovo
continuamente dinanzi, come una barriera, come una specie di dito puntato, come muro che blocca
l'avanzata del percorso di fede, la ragione fondamentale della fatica di molti amici che non si
avvicinano alla fede a causa della fragilità dei cristiani. Una fragilità reale, documentata,
un'infedeltà fin troppo evidente nel corso della storia, e tutti sappiamo – alle volte più per stereotipo
che per oggettiva e documentata conoscenza – degli errori commessi da Papi, Vescovi e semplici
cristiani. Il ragionamento è semplice, disarmante: gli uomini di fede, spesse volte, non danno una
gran testimonianza di coerenza nella loro vita: non nella preghiera, non nella tolleranza, non nella
vita evangelica. Quindi, si conclude, il vangelo è una montatura e chi ne parla un presuntuoso in
malafede, magari pure moralista. Il ragionamento non fa una grinza, specie in questo tempo di
schizzoide in cui si esige dagli altri un'integra rettitudine morale salvo essere pronti a giustificare
sempre se stessi davanti ai piccoli compromessi e alle piccole ruberie quotidiane. E' un
ragionamento giusto, ma lontano dal vangelo anni luce, perché non tiene conto della natura degli
uomini e della natura di Dio, perché proietta sugli altri le nostre frustrazioni.
Vi annuncio solennemente una verità che potrà sconvolgervi: i cristiani non sono perfetti e forse
neanche più buoni degli altri e forse nemmeno tanto coerenti. Ma questo non basta a fermare la
Parola, non basta a fermare il Cristo, non sgambetta il contagioso annuncio della Parola. Stupiti?
Leggetevi il vangelo: gli apostoli, ben lontani dal nostro modello asettico e irrealista di uomo di
fede (ricordate Pietro e Paolo?), vivono la loro pesantezza con realismo e tragicità. Ma Gesù li ha
scelti, perché sappiano comprendere le miserie degli altri, accettando anzitutto le proprie. La chiesa,
mi si secca la lingua a predicarlo, non è la comunità dei perfetti, dei giusti, dei puri, ma dei
riconciliati. Ci crediamo? Lo desideriamo? Lo accettiamo? O ancora vogliamo correggere il
vangelo perché noi, in fondo in fondo, siamo un po' meglio della gente che critichiamo? Sogno il
sogno di Dio: una comunità di persone che si accolgono per ciò che sono, che hanno il coraggio del
proprio limite, che non hanno bisogno di abbassare l'altro per sentirsi più in alto. Gesù è rifiutato, e
con lui viene rifiutato il vangelo e la presenza di Dio: troppo umano questo Messia, troppo pesante
il suo passo, banale il suo vivere, troppo povero, troppo fragile. Non è forse un rischio che corriamo
anche noi? Talmente attenti a sottolineare l'incoerenza etcetera da non accogliere il vangelo,
talmente scandalizzati dai presunti difetti degli altri da non voler entrare a un altro livello di
autenticità e vedere che l'essenziale non è la coerenza costi quel che costi, ma la misericordia. Così
Israele, nella sua splendida e luminosa storia, ci parla di questi uomini di Dio – i profeti – capaci di
leggere il presente, non di indovinare il futuro, e di richiamare a Dio la realtà. Ma il destino dei
profeti, lo stesso Gesù lo sperimenta, è di essere ignorati in vita e celebrati da morti. Ancora intorno
a noi uomini e donne profetizzano, leggono la realtà, ci richiamano all'essenziale, innalzano la loro
voce nel deserto mediatico che ci circonda. Un vecchio polacco Parkinsoniano richiama forte alla
pace, ammonisce i potenti del mondo che – garbatamente – gli sorridono e lo ignorano. Coraggio,
amici, riconosciamo e diventiamo profeti, lasciamo che il vangelo ci aiuti a leggere questi tempi e
raccontiamolo – Dio benedetto – questo Vangelo. Malgrado la nostra fragilità.
(don Paolo Curtaz)
Quando attorno a te c'è quiete e tu ti fermi terrorizzato, quando il lavoro diventa una fuga
dall'angoscia e dalla responsabilità, quando senti battere in te il cuore crudele e maligno del lupo
della steppa, allora non cercare un narcotico nel rumore e nella fretta snervante. Fissa risolutamente
la tua immagine finché non avrai trovato il fondo.
Non è la prima volta che ospitiamo nella nostra oasi di riflessione quotidiana la voce di un cristiano
autentico che seppe testimoniare la sua fede anche nell'impegno sociale da una posizione
diplomatica e politica alta: è lo svedese Dag Hammarskjöld, morto in un incidente aereo dovuto a
sabotaggio nel 1961, mentre era in missione di pace in Congo. Dalle sue note Tracce di cammino
(Qiqajon 1992) traggo oggi questa considerazione sulla crisi interiore. Non sempre brilla nel nostro
cielo la luce; non di rado ci sembra di essere piombati sotto un'eclisse e tutto perde colore e
bellezza. Ciò che prima ci entusiasmava, ora ci deprime.
La quiete che ci dava serenità, ora ci angoscia. Il lavoro che riempiva i nostri giorni, ora è solo un
modo per non pensare e agire senza responsabilità. I viaggi che prima erano conquista e apertura
d'animo, ora sono evasione e frenesia. La musica si fa rumore, le persone infastidiscono, il gusto
sembra essersi regolato solo sul sapore della cenere. E soprattutto il cuore s'incattivisce come «lupo
nella steppa». Ebbene, in quel momento, anziché cercare un narcotico, chimico o spirituale che sia,
è necessario - suggerisce Hammarskjöld - fermarci e fissare noi stessi, scavando fino al fondo
dell'anima. Proprio per questo ho proposto una simile riflessione di domenica, quando più forte è la
solitudine e la nausea per chi è in crisi, ma quando è anche più facile stare in silenzio e guardare
seriamente e pacatamente in se stessi.
(Gianfranco Ravasi)
Dio è dalla parte del perseguitato. Sempre. Se un giusto perseguita un giusto, Dio è dalla parte del
perseguitato. Se un empio perseguita il giusto, Dio è dalla parte del perseguitato. Se un empio
perseguita l'empio, Dio è dalla parte del perseguitato.
All'antico testo dell'Haggadah pasquale ebraica, ossia al racconto della liberazione esodica, si sono
associate nei secoli benedizioni, memorie, riflessioni, inni e commenti. In una di queste aggiunte ci
imbattiamo nelle righe che oggi proponiamo e che mettono in luce il vero volto del Dio biblico, un
Dio liberatore, che si schiera sempre dalla parte delle vittime, degli ultimi, degli oppressi. Come lo
si acclama nel Salmo 68, egli è «il padre degli orfani e il difensore delle vedove». Significativa è
l'ultima frase del testo citato: «Se un empio perseguita un empio, Dio è dalla parte del
perseguitato». In quel momento il Signore mette da parte la sua giustizia e fa prevalere l'amore per
la persona conculcata, prescindendo dalla sua qualità umana e morale.
La lezione che Dio ci offre è, dunque, chiara. Schierarsi accanto a chi vince e prevarica è,
purtroppo, facile e spontaneo e venire in soccorso al vincitore è un'arte sempre praticata, perché -
come diceva un verso dell'Orlando furioso di Ariosto - «fu il vincer sempre laudabil cosa, vincasi
per fortuna o per ingegno». Abbastanza facile (almeno per impulso di generosità) è sostenere il
giusto perseguitato ed è già un passo avanti rispetto al comportamento precedente. Ma difendere
l'antipatico, il perverso, il criminale, quando è a sua volta fatto oggetto di un'ingiustizia e di una
violenza, è molto più arduo. Sottile è la tentazione di dirgli: «Ben ti sta!», esaltando una sorta di
legge del taglione o di «sana» vendetta. Il testo giudaico ci conduce, invece, già allo spirito
evangelico secondo il quale bisogna essere come Dio che fa piovere o brillare il sole su giusti e
ingiusti senza discriminazioni.
(Gianfranco Ravasi)
PADRE, TU MI AMI
Padre, tu mi ami:
tu sai cio' che fai,
tu hai esperienza
e non sbagli i colpi...
Tu sei l'artista;
io sono la pietra da scolpire,
tocca a te fissarmi
nella tua forma.
Le prove sono un sacramento
della tua volonta':
fa' che io non renda inutili
questi tuoi gesti,
con le mie impazienze.
(Edel Quinn)
Capita di essere felici senza saperlo, di dare generosamente senza pensare di essere generosi e
capita di scoprire che la gratitudine è un sentimento raro poco sentito e poco praticato. Capita di
veder rovesciata l’esistenza in un attimo e capita che per essere ancora un po’ simile a quel che eri
prima, ci vogliano mesi e mesi di pazienza e di attesa.
Coloro che non s'adeguano sono il sale della terra, sono il colore della vita, condannano sé stessi
all'infelicità, ma sono la nostra felicità.
Una passione vera e infelice è un lievito avvelenato che resta in fondo all'anima e che guasterebbe
anche il pane degli angeli.
Si siede di fronte a me su un Eurostar una signora, mi riconosce e dice: «Sono fortunata di aver il
posto davanti a lei perché così riesco a risolvere una piccola questione pratica: volevo da tempo
inviarle una frase per il Mattutino che leggo ogni giorno e non sapevo come fare». Ed ecco che,
qualche giorno dopo, al mio indirizzo ricevo questa citazione dalle Memorie d'oltretomba, romanzo
autobiografico postumo (1849) dello scrittore francese François R. de Chateaubriand. Naturalmente
io da quel viaggio riesco a capire perché questa frase fosse così importante per quella signora,
avendo conosciuto da lei la sua vicenda personale.
Sta di fatto, però, che essa è un po' vera per tutti, a prescindere dal fatto che si tratti di passione
d'amore. Nell'esistenza, infatti, ci accade di vivere esperienze che lasciano tracce profonde
nell'anima; sono veri e propri solchi che non possono essere più spianati o ferite che non riescono a
rimarginarsi. Esse generano appunto passioni che trascinano con sé un corollario di angosce, di
pene, di tormenti, di affanni, persino di sofferenze fisiche e insonnie. È curioso, infatti, che in
italiano abbiano la stessa radice «patire, passione, patimento, patema, patetico, patologia». Il cuore
resta quasi avvelenato e non c'è possibilità di strappare dal fondo di se stessi questa radice maligna
che intacca pure la vita spirituale (come dice Chateaubriand, «guasta anche il pane degli angeli»).
Eppure bisogna pure dire che esiste il vocabolo «apatico» per designare chi non prova mai una
passione, e anche questa è una grave malattia che non dà la pace ma solo l'atonia mortale
dell'anima. Il fremito della passione è, infatti, necessario per amare e per vivere autenticamente
anche la stessa fede.
(Gianfranco Ravasi)
Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardarne un altro dall'alto al basso solamente quando
deve aiutarlo ad alzarsi.
(G.G. Marquez)
Dio è morto, Marx è morto, Freud è morto e anch'io non mi sento tanto bene.
(Woody Allen)
Fino a 20 anni non mi importava di cosa la gente pensasse di me. Dopo i 20 anni mi preoccupavo
disperatamente di cosa pensasse di me. Dopo i 50 anni capii che in realtà la gente non pensava
minimamente a me.
Molti cristiani professano di essere pronti a morire per la loro fede. Ma io preferirei che si
sforzassero di vivere per la loro fede.
(Vincent McNabb)
La vita è come uno specchio: sorridile, ed è incantevole; guardala con cipiglio e diventa malvagia.
(Edwige Feuillière)
Attendere
Se dovessi dirvi cos'è che più importa per noi che vogliamo credere ad un Cristianesimo che
veramente incida sulla vita moderna, vorrei dire che il grande atteggiamento è la vittoria sulla
paura.
Perché non prego, perché ho paura di perdere tempo, perché ho paura dell'aridità.
Ciò che è chiesto a noi dallo sposo divino è di essere fedeli nell'attesa di lui che viene.
E quel Dio che viene verso di noi.
E noi dobbiamo essere preparati ad attenderlo, ma con la convinzione che ci porterà sempre una
novità.
La freschezza della Chiesa, è quella di credere nella novità di Dio.
La Chiesa di oggi non subisce, per caso, la tentazione della paura?
Dio è novità. E quando vedo una Chiesa che ha paura della novità posso sorridere.
La Chiesa non sta in piedi perché io sono bravo o non sono bravo.
La Chiesa sta in piedi perché ha lo Spirito.
L'atteggiamento di chi vuole affrontare la contemplazione nella vita è proprio questa sicurezza in
Dio. E questa testimonianza che fa gridare alla nostra fede: «Cristo risorto è la nostra forza!».
Ed è per questo che, direi particolarmente oggi, dobbiamo dare l'impressione proprio nella Chiesa
stessa, di non volere delle sicurezze.
E proprio nel coraggio di non volere sicurezze e di fidarsi non dell'organizzazione, non della mia -
direi - preghiera di ieri, ma di gettarmi con grande fiducia nel potere di Cristo risorto, nell'azione
dello Spirito Santo in me che mi abita e nella fiducia infinita in un Padre che mi dà la vita, in questo
trovo la mia pace e quindi la mia contemplazione.
(C. Carretto)
Beati quelli che sanno ridere di se stessi, non avranno mai finito di divertirsi.
Beati quelli che sanno distinguere una montagna da un ponticello di una talpa, saranno risparmiate
loro molte preoccupazioni.
Beati quelli che sono capaci di riposare e dormire senza bisogno di cercare scuse, diventeranno
saggi.
Beati quelli che sanno tacere e ascoltare, impareranno molte cose nuove.
Beati quelli che sono abbastanza intelligenti da non prendersi sul serio, saranno stimati dai loro
amici.
Beati voi, se saprete guardare seriamente le piccole cose e serenamente le cose serie, andrete lontani
nella vita.
Beati voi se saprete apprezzare un sorriso e dimenticare uno sberleffo, la vostra strada sarà piena di
sole.
Beati voi se saprete interpretare sempre benevolmente gli atteggiamenti altrui, anche quando le
apparenze sono contrarie, passerete per ingenui, ma è il prezzo della carità.
Beati quelli che pensano prima di agire e ridono prima di pensare, eviteranno di commettere
sciocchezze.
Beati voi se saprete sorridere quando vi interrompono, vi contraddicono o vi pestano i piedi, il
Vangelo comincia a penetrare nel vostro cuore.
Beati soprattutto voi che sapete riconoscere il Signore, in tutti quelli che vedete, avrete incontrato la
vera luce, avrete trovato la vera saggezza; siete entrati nella casa delle Beatitudini
Postdoc
Si sta come di luglio
sugli alberi
le pere
(Daniele Maria Braga)
Il sole non aspetta che lo si preghi per far parte della sua luce e del suo calore. Anche tu fa tutto il
bene che dipende da te senza attendere che te lo si domandi.
Non giudicare ciascun giorno in base al raccolto che hai ottenuto, ma dai semi che hai piantato.
(Robert L. Stevenson)
Il raccolto non è subito visibile; la costanza e l'attesa sono leggi dello spirito insuperabili. Anche il
contadino deve attendere il fluire delle stagioni e la madre lo scorrere dei nove mesi. Ma se hai
seminato con amore, alla fine un frutto ci sarà, anche se tu non lo potrai gustare. Sarà Dio a
raccoglierlo.
Il cinico è uno che, sentendo profumo di fiori, si guarda attorno in cerca di una bara.
(Henry L. Mencken)
Tra vent'anni non sarete delusi delle cose che avrete fatto, ma di quelle che non avrete fatto.
(Mark Twain)
Ogni uomo ha un suo compito nella vita, e non è mai quello che egli avrebbe voluto scegliersi.
(Hermann Hesse)
Se un uomo ha una grande idea di sé stesso, si può essere certi che è l'unica grande idea che ha
avuto in vita sua.
(Proverbio Inglese)
Ci sono cose che spesso non possiamo fare e di solito sono le più importanti.
(Robert Musil)
Sono convinto che anche nell'ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il
nostro destino.
(Giacomo Leopardi)
Non dire a Dio quanto è grande la tua tempesta, ma di alla tempesta quanto è grande il tuo Dio.
Sono più le persone disposte a morire per degli ideali, che quelle disposte a vivere per essi.
(Herman Hesse)
Tutto è relativo. Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà ben lieto di sapere che ha
ancora sette anni di disgrazie.
(Albert Einstein)
A volte basta un attimo per scordare una vita, ma a volte non basta una vita per scordare un attimo.
(Jim Morrison)
Un solo giorno, in tutta l'eternità, ti appartiene: quello in cui ti trovi adesso; una volta finito,
scompare e non tornerà più. Bada dunque a non uscirne vuoto e senza averne tratto profitto.
(Yussef Busnaya)
Tutti ti ammirano, ti complimentano, ti ballano intorno. Ebbene? Conti qualcosa per qualcuno?...
Accorgersi che tutto questo è come un nulla se un segno umano, una parola, una presenza non lo
accoglie, lo scalda.
Scriveva queste righe nel suo diario, Il mestiere di vivere, Cesare Pavese, dicendo una verità che era
autobiografica: era uno scrittore stimato, aveva anche un alone di popolarità, era circondato da una
folla di conoscenti, aveva il dono dell'arte. Eppure, giunto a sera, ritiratosi con se stesso, spenti gli
echi degli applausi, egli si ritrovava solo, insoddisfatto, svuotato interiormente. Sappiamo quale sia
stato il tragico approdo della sua esistenza, così come era accaduto e accadrà a molti che pure hanno
raggiunto il picco della fama. Essere ammirati, immersi nell'onda piacevole del successo, può solo
accontentare chi è superficiale e banale, come accade a certi personaggi televisivi, votati a una
veloce epifania ma anche a un repentino oblio.
Ciò che, invece, conta - e, alla fine, anche per costoro, una volta tramontato il clamore - è “un segno
umano, una parola, una presenza” che darebbe senso sia al successo, sia al crepuscolo. È accaduto
anche a me, in qualche occasione positiva o in alcuni eventi importanti da me vissuti, di provare
questa sensazione: avrei voluto che mi vedesse in quel momento mia madre che sarebbe stata felice
con me e, invece, a sera ritrovavo solo la mia normalità in una camera, con la sterile emozione dei
complimenti di cortesia ormai del tutto svanita. "Tutto questo è come un nulla", annotava Pavese, se
non c'è il calore e l'accoglienza di una presenza veramente umana e amata.
(Gianfranco Ravasi)
Benedizione agli amici che alla mia porta, senza essere chiamati, senza essere sperati, sono però
venuti.
Mi ha un po’ commosso la testimonianza di un’anziana signora che mi raccontava la tristezza delle
sue domeniche: «Sto accanto al telefono con la sottile speranza che squilli perché, se così fosse,
vuol dire che c’è ancora qualcuno che si ricorda di me». E, invece, il telefono o il citofono restano
quasi sempre muti. Quella signora è una della folla delle solitudini che popolano i nostri palazzi,
gente forse malata, anziana, straniera, o più semplicemente dimenticata da tutti. Per loro, ma un po’
per tutti, acquista particolare significato la frase che ho sopra citato.
Ne spiego l’origine: si tratta della scritta che il famoso teologo e cardinale inglese ottocentesco,
John Henry Newman, aveva fatto incidere su una piccola lapide accanto alla sua porta di casa.
Avere un amico che, senza essere chiamato o ricattato con una lamentela («ma non vieni mai a
trovarmi!», «sai che non sto bene e sono solo», e così via), senza essere atteso, si è fatto vivo con
affetto, è un vero dono. Nella vita ho avuto la fortuna di avere incontrato molte persone che mi si
sono affezionate e io a loro. Proprio per questo, capisco l’amarezza di chi non ha nessuno. Anche se
per colpa di un cattivo carattere o per altre ragioni, le persone sole e isolate devono essere comprese
e perdonate. Vivere in un deserto di sentimenti è, infatti, un incubo ed è già una punizione. Come
appello, potremmo, allora, trascrivere le parole di Gesù così: «Ero solo e siete venuti a farmi
compagnia…».
È di notte che è bello credere nella luce, dobbiamo forzare l’aurora a nascere, credendoci.
Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che possa non cominciare mai davvero.
(John Henri Newman)
Poco dopo la morte di Rabbi Moshe di Kobryn, fu chiesto a uno dei suoi discepoli: «Per il tuo
maestro qual era la cosa più importante?». Il giovane si mise a riflettere per un po', e rispose:
«Quello che stava facendo in quel momento!».
Cercare riconciliazione e pace implica una lotta all’interno di sé. Non è un cammino facile. Nulla di
duraturo si costruisce facilmente. Lo spirito di comunione non è qualcosa di ingenuo, è allargare il
proprio cuore, è profonda benevolenza, esso non ascolta i sospetti.
(Frère Roger, fondatore della Comunità ecumenica di Taizé)
Migliaia e migliaia di anni di tempo/ non racchiudono il minuscolo secondo di eternità/ di quando
mi hai baciato/ di quando ti ho baciata/ un mattino, nella luce di un sole invernale,/ in un parco di
Parigi,/ a Parigi su questa terra/ che è una stella.
(Jacques Prévert)
Interroga la grazia non la scienza, il desiderio non l'intelletto, il sospiro della preghiera non la brama
di leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l'uomo, la caligine non la chiarezza. Interroga non la
luce ma il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio.
(S. Bonaventura)
Tra due parole scegli sempre la minore perché è nella semplicità pacata che ama avvolgersi e
rivestirsi la verità.
(Paul Valéry)
Nella vita se non si hanno legami si hanno catene.
Padre perché c'è ancora cattiveria nel mondo dopo tanti anni dalla venuta di Gesù? "Figlio mio,
pure il sapone esiste da sempre, ma c'è chi resta sporco. Non è mica colpa del sapone".
(Don L. Traglia)
Siate intransigenti nel dovere di amare. Non venite a compromessi, non retrocedete. Ridete in faccia
a coloro che vi parleranno di prudenza, di convenienza, che vi consiglieranno di mantenere 'il giusto
equilibrio': questi poveri campioni del 'giusto mezzo'! E poi soprattutto credete nella bontà del
mondo. Nel cuore di ogni uomo vi sono tesori prodigiosi e voi scovateli. La più grande disgrazia
che vi possa capitare è di non essere utili a nessuno, che la vostra vita non serva a nulla. Siate
invece forti ed esigenti, coscienti di dover costruire la felicità per tutti gli uomini, vostri fratelli, e
non lasciatevi sommergere dalle sabbie mobili degli incapaci. Lottate a viso aperto. Non permettete
l'inganno attorno a voi. Siate voi stessi e sarete vittoriosi.
(Follereau)
La Virgola
C'era una volta una virgola seccata dalla poca considerazione in cui tutti la tenevano. Perfino i
bambini delle elementari si facevano beffe di lei.
Che cos'è una virgola, dopo tutto? Nei giornali nessuno la usa più. La buttano, a casaccio.
Un giorno la virgola si ribellò.
Il Presidente scrisse un breve appunto dopo un lungo colloquio con il Presidente avversario: "Pace,
impossibile lanciare i missili" e lo passò frettolosamente al Generale.
In quel momento la piccola, trascurata virgola mise in atto il suo piano e si spostò. Si spostò solo di
una parola, appena un saltino.
Quello che lesse il Generale fu: "Pace impossibile, lanciare i missili".
E scoppiò la Guerra Mondiale.
(Bruno Ferrero, Il segreto dei pesci rossi)
Non c'è nessuno che comprenda veramente la sofferenza degli altri. Nessuno che ne condivida
sinceramente la gioia. Si crede sempre di andare l'uno verso l'altro e invece si cammina soltanto
accanto.
(Schubert)
Quando si è avuto una volta la fortuna di amare intensamente, si spende la vita a cercare di nuovo
quell'ardore e quella luce.
Accadono cose che sono come domande, passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde.
(A. Baricco)
Se pieghi il ferro con le mani non ti inorgoglire, ieri un chicco di riso ti fece tossire fino al calar del
sole.
(Saggezza orientale)
Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno, è sedersi accanto e sapere che non sarà mai più
tuo.
Preghiera di uno che si è perso, e dunque, a dirla tutta, preghiera per me. Signore Buon Dio, abbiate
pazienza, sono di nuovo io.
Dunque, qui le cose vanno bene, chi più chi meno, ci si arrangia, in pratica, si trova poi sempre il
modo di cavarsela, voi mi capite, insomma, il problema non è questo.
Il problema sarebbe un altro, se avete la pazienza di ascoltarmi. Il problema è questa strada, bella
strada questa che corre e scorre e soccorre, ma non corre diritta, come potrebbe e nemmeno storta
come saprebbe, no. Curiosamente si disfa.
Credetemi (per una volta voi credete a me) si disfa. Dovendo riassumere, se ne va un po' di qua, un
po' di là, presa da improvvisa libertà. Chissà.
Adesso, non per sminuire, ma dovrei spiegarvi questa cosa, che è cosa da uomini, e non è cosa da
Dio, di quando la strada che si ha davanti si disfa, si perde, si sgrana, si eclissa, non so se avete
presente, ma è facile che non abbiate presente, è una cosa da uomini, in generale, perdersi. Non è
roba da Voi. Bisogna che abbiate pazienza e mi lasciate spiegare. Faccenda di un attimo.
Innanzitutto non dovete farvi fuorviare dal fatto che, tecnicamente parlando, non si può negarlo,
questa strada che corre, scorre, soccorre, sotto le ruote di questa carrozza, effettivamente, volendo
attenersi ai fatti, non si disfa affatto.
Tecnicamente parlando.
Continua diritta, senza esitazioni, neanche un timido bivio, niente.
Diritta come un fuso. Lo vedo da me. Ma il problema, lasciatevelo dire, non sta qui. Non è di questa
strada, fatta di terra e polvere e sassi, che stiamo parlando. La strada in questione è un'altra. E corre
non fuori, ma dentro. Qui dentro. Non so se avete presente: la mia strada.
Ne hanno tutti una, lo saprete anche voi, che tra l'altro, non siete estraneo al progetto di questa
macchina che siamo, tutti quanti, ognuno a modo suo. Una strada dentro ce l'hanno tutti, cosa che
facilita, per lo più, l'incombenza di questo viaggio nostro, e solo raramente, ce lo complica. Adesso
è uno dei momenti che lo complica. Volendo riassumere, è quella strada, quella dentro, che si disfa,
si è disfatta, benedetta, non c'è più. Succede, credetemi, succede. E non è una cosa piacevole. Io
credo che quella vostra trovata del diluvio universale, sia stata in effetti una trovata geniale. Perché
a voler trovare un castigo, mi chiedo cosa sia meglio che lasciare un povero cristo da solo in mezzo
a quel mare. Neanche una spiaggia. Niente. Uno scoglio. Un relitto derelitto. Neanche quello. Non
un segno per capire da che parte andare, per andarci a morire.
... So perfettamente qual è la domanda, è la risposta che mi manca.
Corre questa carrozza, e io non so dove. Penso alla risposta, e nella mia mente diventa buio. Così
questo buio io lo prendo e lo metto nelle vostre mani. E vi chiedo Signore Buon Dio di tenerlo con
voi un'ora soltanto, tenervelo in mano quel tanto che basta per scioglierne il nero, per scioglierne il
male che fa nella testa, quel buio nel cuore, quel nero, vorreste? Potreste anche solo chinarvi,
guardarlo, sorriderne, aprirlo, rubargli una luce e lasciarlo cadere che tanto a trovarlo ci penso poi
io, a vedere dov'è.
Una cosa da nulla per voi, così grande per me. Mi ascoltate Signore Buon Dio? Non è chiedervi
tanto, è solo una preghiera, che è un modo di scrivere il profumo dell'attesa. Scrivete voi dove
volete il sentiero che ho perduto. Basta un segno, qualcosa, un graffio leggero sul vetro di questi
occhi che guardano senza vedere, io lo vedrò. Scrivete sul mondo una sola parola scritta per me, la
leggerò. Sfiorate un istante di questo silenzio, lo sentirò. Non abbiate paura, io non ne ho. E scivoli
via questa preghiera con la forza delle parole, oltre la gabbia del mondo, fino a chissà dove. Amen
(A. Baricco, Oceano mare)
Sometimes I think a scientist should be required to go through college with a 3rd grader at his side
to explain normal mind functions of the average human. You know, just for things like in order for
your arm to extend out of a cows mouth when you stick it in their ass your arm has to be of a
greater length than the cows body, or to be able to keep your head out of water your height has to be
greater than the depth of the water. Simple things like that, they somehow do not understand. I
wonder how they make it on their own sometimes.
L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione.
(Oscar Wilde)
"Lucido" è quando credi soltanto a metà di ciò che ti dicono. "Brillante" è quando sai a quale metà
credere.
A volte è difficile fare la scelta giusta perché o sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della
fame.
(Totò)
Acquisisci nuove conoscenze mentre rifletti sulle vecchie, e forse potrai insegnare ad altri.
(Confucio)
Ad alcuni uomini le illusioni sulle cose che stanno loro a cuore sono necessarie come la vita stessa.
(Nicolas De Chamfort)
Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma i silenzi dei nostri amici.
(Martin Luther King)
Alla fine, non vieni misurato per quanto intraprendi ma per quanto realizzi.
(Donald Trump)
Alla gioventù si rimprovera spesso di credere sempre che il mondo cominci solo con essa. Ma la
vecchiaia crede ancor più spesso che il mondo cessi con lei. Cos'è peggio?
(Friedrich Hebbel)
Almeno una volta nella vita ogni uomo cammina con Cristo verso Emmaus.
(Oscar Wilde)
Ci sono eventi nella vita, situazioni, in cui tutto è messo in discussione, anche la nostra fede, anche
le nostre scelte che sappiamo autentiche e positive, anche il nostro desiderio di amare. Terremoti
che radono al suolo tutto, che ci lasciano pieni di acciacchi. Proprio in quel momento scopriamo se
veramente crediamo, se davvero abbiamo fede, se abbiamo costruito la casa sulla roccia della
Parola. O sulla sabbia delle opinioni. Fidati, affidati, non demordere, credi, spera, ama.
(don Paolo Curtaz)
Ti supplico, mio Dio, cerca di esistere, almeno per un poco, per me. Apri i Tuoi occhi su di me, ti
supplico. Non avrai altro da fare che questo: seguire ciò che succede in me e intorno a me. Può
sembrare ben poca cosa ai Tuoi occhi, o Signore! Sforzati di vedere e vedermi, te ne prego! Vivere
senza testimoni, quale inferno! Per questo, forzando la mia voce, io grido, io urlo: Padre mio, ti
supplico e piango: esisti...fatti vicino...che veda il Tuo amore!
(Zinoi)
Anche un nano, salendo di gradino in gradino una scala alta abbastanza, può giungere più in alto di
un gigante.
(Proverbio cinese)
Attirare l'attenzione è uno dei primi requisiti per ottenere dei risultati.
(Maxwell Sackheim)
Avete mai notato che la gente ne sa molto di più quando cercate di dire qualcosa, che non quando
chiedete qualcosa?
Baciare è un modo per mettere due persone così vicine da non vedere cosa c'è di sbagliato in loro.
Beato chi non si aspetta nulla, perché non sarà mai deluso.
(Alexander Pope)
Bella ed amabile illusione è quella per la quale i dì anniversari di un avvenimento, che per la verità
non ha a fare con essi più di un qualunque altro dì dell'anno, paiono avere con quello un'attinenza
particolare, e che quasi un'ombra del passato risorga e ritorni sempre in quei giorni, e ci sia davanti.
(Giacomo Leopardi)
Bevi la vita a grandi sorsi, perché quando sarà finita, non ti sarà bastata.
Bimbo mi chiedi cos'è l'amore? Cresci e lo saprai. Bimbo mi chiedi cos'è la felicità? Rimani bimbo
e lo saprai.
(Proverbio cinese)
Bisogna eliminare non solo le azioni ma anche i pensieri non necessari, perché così non tireranno
dietro, come inevitabile conseguenza, neppure le azioni inutili.
(Marco Aurelio)
Bisogna rendere ogni cosa il più semplice possibile, ma non più semplice di ciò che sia possibile!
(Albert Einstein)
Bisognerebbe tentare di essere sempre felici, non foss'altro per dare l'esempio.
(Jacques Prevert)
Cammina con qualunque tempo: il grano matura con il sole e con la pioggia...
Capita a volte di sentirsi per un minuto felici. Non fatevi cogliere dal panico: è questione di un
attimo e passa.
(Gesualdo Bufalino)
C'è qualcosa di peggio che avere un'anima malvagia. È avere un'anima assuefatta.
(Charles Pèguy)
C'è un momento per lavorare, e uno per amare. Il che non lascia altro tempo a disposizione.
C'è un tempo giusto per andarsene anche quando non si ha un posto dove andare.
Cerca di essere sempre te stesso, così un giorno potrai dire di essere stato l'unico.
Voglio perdonarmi:
di inseguire la stella inaccessibile,
di essere fragile, di aver vergogna del mio dolore,
di accusarmi nella sventura,
di mantenere il desiderio di una perfezione irraggiungibile,
di essermi reso complice del mio persecutore,
di essermi messo fuori dal mio cuore,
di aver rimuginato accuse offensive nei miei confronti,
di non essere stato capace
di prevedere tutto, di odiarmi
senza compassione, di sentirmi impotente
ad accordare il perdono agli altri.
In breve, voglio perdonarmi
di essere umano.
(Jean Monbourquette)
L’esperienza è quello che ottieni quando non ottieni quello che vuoi.
Per ogni attaccamento pagherai un prezzo di infelicità. Devi imparare a godere delle cose
impedendo a te stesso di diventarne schiavo.
Ricomincia Sempre!!!
Non ti arrendere mai, Neanche quando la fatica si fa sentire,
Neanche quando il tuo piede inciampa, Neanche quando i tuoi occhi bruciano,
Neanche quando i tuoi sforzi sono ignorati, Neanche quando la delusione ti avvilisce,
Neanche quando l'errore ti scoraggia, Neanche quando il tradimento ti ferisce,
Neanche quando il successo ti abbandona, Neanche quando l'ingratitudine ti sgomenta,
Neanche quando l'incomprensione ti circonda, Neanche quando la noia ti atterra,
Neanche quando tutto ha l'aria del niente, Neanche quando il peso dei peccati ti schiaccia...
Invoca il tuo Dio,
Stringi i pugni, Sorridi...
E ricomincia!
Se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non deve andare perduto... è quello il luogo dove
devono essere! Ora il vostro compito è di costruire a quei castelli le fondamenta...
(H.D.Thoreau)
Nel pieno e cordiale rispetto della distinzione tra Chiesa e politica, tra ciò che appartiene a Cesare e
ciò che appartiene a Dio, non possiamo non preoccuparci infatti di ciò che è buono per l'uomo,
creatura e immagine di Dio: in concreto, del bene comune dell'Italia
(Papa Benedetto XVI all'assemblea generale della Cei, 24 maggio 2007).
Non fare agli altri ciò che vorresti che loro facessero a te. Potrebbero avere gusti diversi dai tuoi
(George Bernard Shaw, 1856 - 1950).
PACE E GUERRA
Venite a Madrid
LUIS SEPÚLVEDA
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid. Erano donne, uomini, bambini, anziani, la
semplice e pura umanità che cominciava un altro giorno, un giorno di lavoro, di sogni, di speranze,
senza sapere che la volontà assassina di qualche miserabile aveva deciso che fosse l'ultimo.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, questa città amata in cui tutti arrivano e tutti sono
benvenuti. Venite a vedere gli appunti, i libri, le cose sparse fra i resti del massacro. Venite a vedere
un giorno morto e il dolore di una società che ha gridato mille volte il suo diritto di vivere in pace.
Scrivo queste righe mentre ascolto i notiziari e posso solo pensare alla tristezza delle aule, delle
tavole, delle case a cui non ritorneranno più quelle centinaia di cittadini, di fratelli e sorelle le cui
vite sono state stroncate in un miserabile atto di odio, perché l'unico obiettivo del terrorismo è l'odio
contro l'umanità, perché non c'è causa che possa giustificare l'assassinio collettivo, perché non
esiste idea che valga un genocidio, perché non esiste giustificazione alcuna di fronte alla barbarie.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, assassini, e verificate che sebbene è certo che ci
avete sprofondato nel dolore, lo è altrettanto che con questo crimine inqualificabile una volta di più
non avete conseguito nulla. Il valore dei madrileni che immediatamente si sono riversati a
soccorrere i feriti, a donare il sangue, a facilitare il lavoro delle forze di sicurezza e di salvataggio, è
stata l'immediata risposta morale di una città fraterna, di una cittadinanza responsabile e solidale.
Mentre scrivo queste righe so che gli assassini stanno nelle loro tane, nei loro ultimi nauseabondi
nascondigli perché non ci sarà luogo sulla o dentro la terra dove possano nascondersi e sfuggire al
castigo di una società ferita. So che guardano la televisione, ascoltano la radio, leggono i giornali
per misurare i risultati della loro codardia, l'infame bilancio di un atto che ripugna e che ha trovato
solo la condanna dell'umanità intera.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, venite a vedere il giorno inconcluso, venite a
vedere il dolore che lascia allibiti, a sentire come l'aria di un inverno che si ritira porta il «perché?»
per i parchi amorosi, le fabbriche, i musei, le università e le strade di una città il cui unico modo di
essere è e sarà sempre l'ospitalità. Assassini; la vostra zampata d'odio ci ha causato una ferita che
non si chiuderà mai, però siamo più forti di voi, siamo meglio di voi, e l'orrore non interromperà né
piegherà quella normalità civica, cittadina, democratica che è il nostro bene più prezioso e il
migliore dei nostri diritti.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, anche il cinismo di quelli che hanno provato a
lucrare sul dolore di tutti, di quelli che manipolano le lacrime e la disperazione, di quelli che non
vedono orfani, vedove, esseri mutilati ma solo voti.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, di questa città che ha gridato «pace» con voce
unanime, e il suo grido è stato ignorato da un servo dell'imperialismo nordamericano, da un lacché
del signore della guerra che pretende di governare il mondo, ed è solo riuscito a portare l'orrore in
Europa.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, il lavoro sereno di medici e infermiere, il gesto
triste dei governanti solitari, e anche il sorriso infame di un buffone italiano, l'unico al mondo ad
assecondare Aznar con le sue menzogne.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, bagnateci le vostre mani e scrivere «pace» su tutti
i muri della terra.
"ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando." "che sia troppo tardi, madame."
(oceano mare)
L'unica cosa da fare quando si spezza un sogno è... raccogliere i pezzi e costruirne un altro.
Quando ti trovi davanti a due decisioni, lancia in aria una moneta. Non perché farà la scelta giusta al
posto tuo, ma perché nell'esatto momento in cui la moneta è in aria, saprai improvvisamente in cosa
stai sperando di più.
Sapeva leggere Novecento, non i libri. Quelli sono buoni tutti. Sapeva leggere la gente, i segni che
la gente si porta addosso, posti, rumori, odori. La loro terra, la loro storia, tutta scritta addosso. Lui
leggeva e con cura infinita catalogava, sistemava, ordinava in quella immensa mappa che stava
disegnandosi in testa. Il mondo magari non l'aveva visto mai, ma erano quasi trent'anni che il
mondo passava su quella nave. Ed erano quasi trent'anni che lui su quella nave lo spiava. E gli
rubava l'anima.
(Max Tooney - La leggenda del pianista sull'oceano, film del 1998 con Tim Roth, regia di Giuseppe
Tornatore)
Non è che i ricordi si dissolvano e scompaiano. Sono tutti lì, nascosti sotto la crosta sottile della
coscienza. Anche quelli che credevamo perduti per sempre. A volte ci restano per tutta la vita, lì
sotto. Altre volte invece succede qualcosa che li fa ricomparire.
(Gianrico Carofiglio)
Niente, come assistere allo sgretolamento di un'abilità che davi per scontata, riesce a evocare con
più forza l'idea inquietante del tempo che passa.
(Gianrico Carofiglio)
Un pensiero assurdo che però ne mise in moto altri, inclusa l'idea di lasciar perdere tutto. Per
qualche minuto, anzi, mi parve di averlo proprio deciso, di lasciar perdere tutto, e per quei minuti
provai un senso di totale padronanza, di equilibrio instabile e perfetto. Il senso di perfezione che
hanno solo le cose provvisorie e destinate a finire presto.
Mi ricordai di una vacanza in auto attraverso la Francia, tanti anni prima, con Sara e altri amici.
Arrivanno a Barritz, l'atmosfera fuori tempo di quel posto ci piacque molto e decidemmo di
fermarci. Fu lì che presi qualche lezione di surf e dopo infiniti tentativi riuscii a stare tre, quattro
secondi in piedi sulla tavola e sull’onda. In quel momento capii perché i surfisti - i veri surfisti -
sono così pazzi e perché l'unica cosa che davvero gli importa è salire sull'onda e rimanerci il più a
lungo possibile. Il resto si fotta. Non c'è niente di più perfetto di quella provvisorietà.
(Gianrico Carofiglio)
Quando Charlie Brown si maschera con questo sacchetto di carta munito di buchi per gli occhi,
all'improvviso, improvvisamente, diventa simpatico, popolare, gli altri ragazzini del campeggio
vanno da lui per consigli e aiuto. Insomma, diventa un altro
(Gianrico Carofiglio)
Una cosa che Keating-Williams dice ai ragazzi: qualunque cosa si dica in giro, parole e idee
possono cambiare il mondo
(Gianrico Carofiglio)
Adorno diceva che la forma più alta di moralità è non sentirsi mai a casa, nemmeno a casa propria.
Sono d'accordo. Bisogna sempre essere un po' fuori posto
(Gianrico Carofiglio)
Non è vero che un amico si vede nel momento del bisogno, un amico si vede sempre
(Roberto Benigni)
La verità spesso soffre di più per il calore dei propri difensori che per le argomentazioni dei propri
oppositori.
(William Penn)
Questa è la civiltà: hai tutto quello che vuoi quando non ti serve
(Totò)
Sì, siamo estremisti, siamo estremisti nella volontà di giustizia, di eguaglianza, di pace.
(Martin Luther King)
If you want to tell people the truth, make them laugh, otherwise they'll kill you.
(Oscar Wilde)
Regalare il proprio dolore agli altri è il più bell’atto di fiducia che si possa fare
(Alessandro D’Avenia)
Solo chi fa domande sui dettagli ha provato a sentire cosa sente il tuo cuore. I dettagli. I dettagli: un
modo di amare davvero
(Alessandro D’Avenia)
Mi aggiro per le strade polverose di Roma, di Alessandria e di Bisanzio, che poi ho scoperto essere
diventata Costantinopoli poi, poi Istanbul, in mezzi agli strepiti e alle urla della gente do fuoco a
migliaia di libri. Mi sbarazzo di tutti quei sogni di carta e li trasformo in cenere. Li trasformo in
fumo bianco. Ecco la risposta. Incenerire i sogni. Bruciare i sogni è il segreto per abbattere
definitivamente i propri nemici perché non trovino più la forza di rialzarsi e ricominciare. Non
sognino le cose belle delle loro città delle vite altrui, non sognino i racconti di altri, così pieni di
libertà e di amore. Non sognino più nulla. Se non permetti alle persone di sognare, le rendi schiave.
E io, saccheggiatore di città, adesso ho bisogno solo di schiavi, per regnare tranquillo e indisturbato.
E cosi non rimanga parola su parola ma solo bianca cenere dei sogni antichi. Questa è la distruzione
più crudele: rubare i sogni alla gente. Lager pieni di uomini bruciati con i loro sogni. Nazisti ladri di
sogni. Quando non hai sogni li rubi agli altri perché non li abbiano neanche loro. L’invidia ti brucia
il cuore e quel fuoco divora tutto…
(Alessandro D’Avenia)
Dobbiamo abituarci all’idea: ai più importanti bivi della vita, non c’è segnaletica.
(Ernest Hemingway)
The best time to plant an oak tree was twenty-five years ago. The second best time is today.
(James Carvillee)
Non bisogna mai contraddire una donna. Basta aspettare: lo farà da sola.
(Humphrey Bogart)
Ciò che più apprezzo è l'intelligenza, perché l'onestà e il coraggio di una persona a volte non
servono per il dialogo.
(Jorge Luis Borges)
Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente.
(Berthold Brecht)
Era come se Gesù gli dicesse: “Mi puoi rinnegare mille volte, mi puoi rinnegare durante tutta la
vita, ma non dimenticare mai di amarmi, non privarmi mai del tuo amore!”.
(Mauro Giuseppe Lepori)
Non c’è nulla di più potente di un’idea di cui sia venuto il tempo.
(Victor Hugo)
Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i
propri figli e i figli dei nostri figli.
(Carlo Alberto Dalla Chiesa)
I politici sono come i pannolini: vanno cambiati spesso e per lo stesso motivo.
(Mark Twain)
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)
Quella sensazione per la quale stai chino a zappare e tentare di far crescere qualcosa mentre la
foresta va in fiamme, gli animali scappano, i tronchi si accartocciano eppure ha senso innaffiare.
(Ilda Curti)
Coloro che non sanno vivere ora non vivranno mai. Tu cosa fai?
(Piet Hein)
PREGHIERA DI NATALE
E' Natale, Signore,
o è già subito Pasqua?
Il legno del presepio è duro,
come legno di croce.
Il freddo ti punge
quasi corona di spine.
L'odio dei potenti ti spia e ti teme.
Fuga affannosa nella notte.
Sangue innocente di coetanei,
presagio del tuo sangue.
Lamento di madri desolate,
eco del pianto di tua madre.
Quanti segni di morte, Signore,
in questa tua nascita.
Comincia così
il tuo cammino tra noi,
la tua ostinata decisione
di essere Dio, di non sembrarlo.
Le pietre non diverranno pane.
Non ti lancerai dalle dorate cime del tempio.
Non conquisterai i regni dell'uomo.
Costruirai la tua vita d'ogni giorno
raccogliendo con cura meticolosa,
con paziente amore,
tutto quello che noi scartiamo:
gli stracci delle nostre povertà,
le piaghe del nostro colore,
i pesi che non sappiamo portare;
le infamie che non vogliamo riconoscere.
Grazie, Signore, per questa ostinazione,
per questo sparire,
per questo ritrarti,
che schiude un libero spazio
per la mia libera decisione di amarti.
Dio che ti nascondi,
Dio che non sembri Dio,
Dio degli stracci e delle piaghe.
Dio dei pesi e delle infamie,
io ti amo.
Non so come dirtelo,
ho paura di dirtelo,
perché talvolta mi spavento
e ritiro la parola;
eppure sento che devo dirtelo:
io ti amo.
In questa possibilità di amarti,
che la tua volontà mi schiude,
divento veramente uomo.
Amo gli stracci, le piaghe,
i pesi di ogni fratello.
Piango le infamie di tutto il mondo.
Scopro di essere uomo,
non di sembrarlo.
Il tuo Natale è il mio Natale.
Nella gioia di questo nascere,
nello stupore di poterti amare,
nel dono immenso di vivere insieme,
io accetto, io voglio, io chiedo
che anche per me, Signore,
sia subito Pasqua.
(don Luigi Serenthà)
Una puntura di zanzara, prude meno, quando sei riuscito a schiacciare la zanzara.
(Ugo Ojetti)
Son passati diversi giorni dal mio compleanno. 35 anni. I compleanni con le cifre 0 o 5 mi fan
sempre una certa impressione. Un po' come mi mettessero di fronte alla domanda "Cosa hai fatto
finora del tuo tempo?". O "E adesso che hai una certa età che fai?". A 35 anni sai che ci sono cose
che ormai non otterrai più. Non è una sensazione facile da descrivere: tu sai che c'è qualcosa che
desideri da morire, ma essa ti è preclusa, per quanti sforzi farai non potrai averla. Ci sono persone
(ne conosco molte) che di fronte a questo smettono di vivere, non che si suicidino, nel senso che
cominciano a sopravvivere, a "far passare il tempo". Il concetto di passatempo è una delle cose che
più mi urtano: il tempo è il fattore scarso della nostra vita, non dico di vivere in ansia, ma proprio
non sento la necessità di farlo passare, di sciuparlo. Sono talmente tante le cose che vorrei fare che
tutto mi serve tranne un passatempo.
(Alessandro Campi)
Ho paura perché sono felice, e una felicità così grande puoi provarla solo quando stai per perderla.
(Il cacciatore di aquiloni)
Spesso, di fronte a momenti di sconfitta, alla perdita di un affetto, ad una delusione professionale,
sento usare espressioni come “morto un papa se ne fa un altro”, oppure “non è la fine del mondo, ci
saranno altre occasioni”, o “chiodo scaccia chiodo”.
In generale è vero. Il mondo va avanti, la vita continua, il fallimento di ieri può diventare una
opportunità domani. Le persone vanno e vengono, i sentimenti spesso si attenuano, cambiano. Si va
avanti, un po’ per inerzia, un po’ seguendo la corrente di turno, oppure perché si trova una nuova
strada che riesce a rinnovare forze, energie, passioni.
Ma ci sono anche fatti e persone che sono e rimangono unici. Sono circostanze nelle quali ti accorgi
che quell’emozione, quel sentimento, quell’incontro, quell’esperienza sono una singolarità
irripetibile. Te ne accorgi perché pensando al passato ti rendi conto che non era mai successo nulla
di simile. Te ne accorgi perché ti rendi conto che quella combinazione di fattori, sentimenti,
emozioni è unica e speciale. Ti accorgi che era stata toccata la corda più profonda del tuo cuore e
del tuo essere. Poi magari ti capita dell’altro, nuove situazioni anche positive, ma quella magia così
profonda e radicale non si ripete più.
Situazioni come queste capitano poche volte nella vita. Spesso te ne rendi conto quando sono
passate, quando le hai perse, perché dall’assenza capisci quanto era speciale ciò che c’era. E il
dolore e la tristezza allora diventano quasi insopportabili. Ti chiedi come hai potuto lasciare andare
“quella cosa unica”, come hai potuto perderla.
E ti coglie l’angoscia e l’impotenza per quella singolarità irripetibile che non sai come far tornare.
(Alfonso Fuggetta)
Spazio ombelicale. Aut. Min. rich. Se vi regalano Il viaggiatore dei fratelli Daren e Daniel Simkin
(Fazi) siete già nei guai. Perché quel bellissimo, maledetto libretto vi ricorderà un sacco di cose a
cui non stavate pensando. Perché voi viaggiate, ma non vi rendete conto che il tempo passa. Anche
se cercate di fermarlo, il tempo, con il vostro attivismo. Per non pensarci: tanto, alla fine, ci pensa
lui. Con «il tempo in valigia» sarò domani a Ferrara, per fermarmi dopodomani a Fermo, perché
nomina sunt conseguenza delle cose. E per qualche giorno non sarò reperibile, o quasi, perché c'è da
fare. Alla fine di questa interminabile corsa a tappe, da quando sono tornato dagli Usa, a metà
maggio, avrò girato 58 diverse località e iniziative. Con uno 'stop' da sistemare, perché non
funziona, mi dicono. Unici momenti di svago le visite dal dentista, gandhiano finché si vuole (il
dentista), ma non proprio rilassante (l'esperienza). Mi viene in mente quella canzone: «ahi, Bersani,
non ti avessi mai seguito». Che poi magari si finisce con Tremonti premier, per dire, sostenuto
anche da noi. Con entusiasmo.
Tra qualche giorno, per rendere ancor più 'periodizzante' questo momento, saranno trentacinque e
tutto ricomincerà, perché nel mezzo del cammino sono da tempo, non solo metaforicamente,
cercando quel senso che si è abbondantemente smarrito: forse l'abbiamo dimenticato in autogrill,
tipo Pane e tulipani, il senso. Forse in una stazione ferroviaria. O più probabilmente in una piazza,
alla fine di un comizio elettorale, perché il 2010 è iniziato presto, con una difficile campagna per le
Regionali. Che abbiamo perso, ovviamente.
Ora sono qui, a casa, che nemmeno ci credo che stasera sono a casa. Ma so di dover ripartire presto,
e lo scoprirete tra qualche ora, quando svelerò il contenuto della mia personalissima campagna
d'estate, quella che il Pd ha annunciato ma non ha mai sviluppato. Peccato. E sarà ancora un
viaggio, di tipo diverso, però, per ascoltare le persone e le cose. Oltre certamente il dibattito di
questi giorni, oltre l'eterogenesi dei Fini e i colpi di coda dei caimani, oltre tutti questi politicismi
che mi tolgono il respiro.
E dopo l'estate succederanno alcune cose, che non vi dico adesso, perché voglio conservarmi gran
parte dell'effetto sorpresa. Del resto, la soddisfazione più bella degli ultimi tempi è contenuta in una
intervista a Sandro Veronesi su Vanity Fair. Caos calmo. Anzi, caos e basta, perché la calma, di
questi tempi, non mi appartiene. E dobbiamo anche smetterla di elaborare lutti, se proprio volete la
mia. E vivere. E magari «scrivere e lottare», se ci riusciamo. Fa bene.
(Giuseppe Civati)
Le persone non cambiano, perché sono la somma degli atteggiamenti, comportamenti, credenze e
attitudini che sviluppano per adattarsi all'ambiente nel quale nascono, crescono e vivono. Questi
attitudini a volte si raffinano, altre si modellano, altre ancora peggiorano, ma si modifica solo un
componente caratteriale, non il carattere in sé, quello rimane immutabile.
(Alma Gjini)
Non è l’essere arrabbiati che conta, è l’essere arrabbiati per le cose giuste. Le dissi: guardalo dalla
prospettiva darwiniana. La rabbia serve a renderti efficiente. Questa è la sua funzione per la
sopravvivenza. Ecco perché ti è stata data. Se ti rende inefficiente, mollala come una patata
bollente.
(Philip Roth)
Come tutti, da giovane avevo deciso di essere un genio, ma per fortuna mi è venuto da ridere
(Lawrence Durell, Clea, 1960)
In ogni uomo c'è una parte di solitudine che nessuna intimità umana può colmare.
(Olive Schreiner)
I tre quarti delle malattie delle persone intelligenti provengono dalla loro intelligenza.
(Marcel Proust)
We try to live responsible, logical lives. But we can't tell our hearts how to feel. Sometimes our
hearts lead us to places we never thought we wanted to go. And sometimes our hearts can be the
sweetest, gentlest things we have. Sometimes our hearts can make us feel miserable, angry, excited
and confused. All at once.
(Liz Parker, personaggio di Roswell)
There's zero correlation between being the best talker and having the best ideas.
(Susan Cain)
Penso che la notte sia buia per poter immaginare le tue paure con meno distrazioni.
(Calvin e Hobbes)
Che fortuna possedere una grande intelligenza non ti mancano mai le sciocchezze da dire.
(Anton Pavlovic Cechov)
La vita non è una corsa ma un tiro al bersaglio: non è il risparmio del tempo che conta, bensì la
capacità di trovare un centro.
(Susanna Tamaro)
Gli uomini sono come le piastrelle: se li stendi bene la prima volta, puoi camminarci sopra per anni.
Il lavoro più importante dei cristiani è quello di contribuire alla costruzione dei sogni
In tutta la vita non c'è cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo,
possa rialzarsi.
(Annalena Tonelli)
Se ami il deserto, non dimenticare che Dio gli preferisce gli uomini.
(Madeleine Delbrel)
Nella vita ci sono rischi che non possiamo permetterci di correre e ci sono rischi che non possiamo
permetterci di non correre.
(Peter F. Druker)
È difficile capire perché fra tutte le voci e i modi di camminare e di fare l’amore in cui ci
imbattiamo, capita quella, capita quello che ci raggiunge proprio lì, dove fa sempre freddo, e a quel
punto non può che rimanere. È difficile capirlo, ma da qualche parte lo sappiamo subito.
(Chiara Gamberale)
La cultura della lamentela in questi anni ha raggiunto livelli terribili, è la cosa più negativa che ci
sia, perché cancella davvero ogni possibilità di riscatto e cambiamento. Innamorarsi delle proprie
sfighe è rassicurante e ti fa vivere in un territorio protetto, in un mondo che riconosci e ti rassicura.
Ogni epoca impone una forma di resistenza, la nostra è non essere lamentosi.
(Mario Calabresi)
Finché non trovi qualcosa per cui lottare ti accontenti di qualcosa contro cui lottare.
(Chuck Palahniuk)
Perché a volte ci vuole il coraggio di essere davvero felici, di raccogliere un momento ordinario e
trasformarlo in epico. Ci vuol coraggio a ridere di gusto di fronte a questa vita, ci vuole forza per
scartare il negativo e portar dentro solo il meglio, conservare solo l’essenza della gioia. E quel
coraggio ce l’abbiamo dentro, è tutta una questione di scelta
(Anton Vanligt)
Che quando ti dicono che col tempo passa, non accennano al fatto che nel frattempo stai di merda.
Nel mondo che immaginavo il suo amore mi dava la forza di andare avanti, di esplorare tutti i miei
limiti. Nel mondo della realtà, invece era un'ossessione immensa e totale. Che assorbiva tutte le mie
energie, occupava ogni mio spazio.
(Paulo Coelho)
“Be’, io penso che sia esaltante riuscire a fare di ciò che si ama il proprio lavoro”
[…] “Non succede mai. Si può partire con quella speranza, si può credere di farlo, di fare ciò che ci
è sempre piaciuto fare, ma poi ci si accorge che si sta semplicemente facendo, e ciò che ci è sempre
piaciuto fare è sconvolto stritolato proprio dal fatto che lo si stia facendo.”
(Chiara Gamberale – Color lucciola)
Non misurare mai l'altezza del monte prima d'aver raggiunto la cima. Allora vedrai quanto era
basso.
(Dag Hammarskjöld)
Se muore lei per me tutta questa messa in scena del mondo che gira, possono anche smontare,
portare via, schiodare tutto, arrotolare tutto il cielo e caricarlo su un camion con il rimorchio,
possiamo spegnere questa bellissima luce del sole che mi piace tanto, ma tanto. E lo sai perché mi
piace? Perché mi piace lei illuminata dal sole, tanto.
(Roberto Benigni)
Se una borsa d’acqua calda non la riempi di acqua calda non serve a niente, rimane così, come una
frittella di gomma moscia… Per la vita è un po’ la stessa cosa. Bisogna riempirla, è fatta per
questo… Magari quando è piena non ci pensiamo neanche, ma se si svuota ce ne accorgiamo
eccome!
(Chiara Gamberale – Arrivano i pagliacci)
Il tempo è come un fiocco di neve, scompare mentre cerchiamo di decidere cosa farne.
(Romano Battaglia)
Trascorriamo la vita sperando in un domani diverso che non verrà mai. Accumuliamo denaro e case
nella speranza che un giorno queste ricchezze ci serviranno per vivere meglio, lasciamo passare il
tempo con la convinzione che tutto ciò diventi verità. Ma la verità è nel nostro presente e non ci
accorgiamo degli attimi che da soli valgono un'intera esistenza per il loro significato.
(Romano Battaglia)
La notte non è mai così nera come prima dell'alba ma poi l'alba sorge sempre a cancellare il buio
della notte. Così ogni nostra angoscia, per quanto profonda prima o poi trova motivo di attenuarsi e
placarsi, purché lo vogliamo. Sappiamo che c'è la luce perché c'è il buio che c'è la gioia perché c'è il
dolore che c'è la pace perché c'è la guerra e dobbiamo sapere che la vita vive di questi contrasti.
(Romano Battaglia)
Nella vita ci sono giorni pieni di vento e pieni di rabbia, ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di
dolore, ci sono giorni pieni di lacrime; ma poi ci sono giorni pieni d'amore che ci danno il coraggio
di andare avanti per tutti gli altri giorni.
(Romano Battaglia)
La speranza non è ottimismo. La speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà
successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia
successo o meno.
(Vaclav Havel)
Essere contro una società multietnica è come vivere in Alaska ed essere contro la neve.
(Faulkner)
If someone is in need of knowledge and you can provide it, but you don’t, you are guilty of a crime
against the human spirit…
Se qualcuno ha bisogno di una conoscenza, tu potresti dargliela e non lo fai, sei colpevole di un
crimine contro lo spirito umano…
Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto
(Seneca)
Ti chiesi Dio la forza per raggiungere l’esito
e tu mi hai fatto debole perché imparassi a obbedirti.
Ti chiesi salute per fare grandi cose
e mi hai dato la malattia perché potessi fare cose migliori.
Ti chiesi potere per essere apprezzato dall’altro,
mi hai dato la debolezza perché io provassi la necessità.
Ti chiesi ricchezza per essere felice
mi hai dato la povertà perché imparassi la prudenza.
Ti chiesi cose che potessero rallegrare la vita,
ho ricevuto la vita per godere di tutte le cose.
Amerigo, lui, aveva imparato che in politica i cambiamenti avvengono per vie lunghe e complicate,
e non c'è da aspettarseli da un giorno all'altro, come per un giro di fortuna; anche per lui, come per
tanti, farsi un'esperienza aveva voluto dire diventare un poco pessimista.
D'altro canto, c'era sempre la morale che bisognava continuare a fare quanto si può, giorno per
giorno; nella politica come in tutto il resto della vita, per chi non è un balordo, contano quei due
principi lì: non farsi mai troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che fai potrà
servire.
(La giornata d'uno scrutatore - Italo Calvino)
La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se
vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini.
(Antonio Gramsci)
Senza l’allegria della bellezza, la verità diventa fredda e giace spietata e superba
(Papa Francesco)
Non possiamo pretendere di risolvere i problemi pensando allo stesso modo di quando li abbiamo
creati.
(Einstein)
Le persone sono come le vetrate, scintillano e brillano quando c'è il sole, ma quando cala l'oscurità
rivelano la loro bellezza solo se c'è luce dentro
(Elisabeth Kuebler Ross)
Ci sono due modi di diffondere luce: essere la candela oppure essere lo specchio che la riflette.
(Edith Wharton)
«sono solo degli schiavi!» sentì dirsi chi aveva pietà dei gladiatori lasciati morire nelle arene.
«sono umani inferiori!» ricevette in risposta chi aveva pietà per gli indigeni uccisi dai colonizzatori.
«sono solo streghe!» si sentì rispondere chi diceva che era ingiusto uccidere donne sul rogo.
«sono solo neri!» dissero a chi provava pietà nel vedere uomini e donne legati a catene costretti a
raccogliere i fiori di cotone.
«sono solo Ebrei!» urlarono addosso a chi provava pena nel vederli morire in camere a gas.
«sono solo bambini!» fu la risposta data a chi non riusciva a comprendere il perché dello
sfruttamento minorile.
«sono solo delle donne!» dissero a chi contro l'opinione maschilista riteneva giusto il loro diritto al
voto.
Una forma molto insidiosa di paura è quella che si maschera come buon senso o addirittura
saggezza, condannando come sciocchi, inconsulti, insignificanti o velleitari i piccoli atti di coraggio
quotidiani che contribuiscono a salvaguardare la stima per se stessi e la dignità umana.
(Aung San Suu Kyi)
Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei
compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo
che alla fine ho vinto tutto
(Michael Jordan)
A noi giovani costa doppia fatica mantenere le nostre opinioni in un tempo in cui ogni idealismo è
annientato e distrutto, in cui gli uomini si mostrano dal loro lato peggiore.
(Anna Frank)
Passo un periodo in cui non faccio nulla, in cui vedo passare miseramente la vita, in cui mi accorgo
del mio terribile egoismo, m'accorgo che sono intelligente come tutti gli altri uomini, che davanti a
me si apre l'aurea porta della mediocrità, per sempre. Senza una briciola di volontà, con un orgoglio
infame, non riuscirò a nulla.
(Dino Buzzati)
I ricordi sono come il vino che decanta dentro la bottiglia: rimangono limpidi e il torbido resta sul
fondo. Non bisogna agitarla, la bottiglia.
(Mario Rigoni Stern)
Se è la pace che vuoi, cerca di cambiare te stesso, non gli altri. È più facile proteggersi i piedi con
delle pantofole che ricoprire di tappeti tutta la terra.
(Anthony De Mello)
La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno
o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia
solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice.
(José Saramago, L’anno della morte di Ricardo Reis, 1984)
Il luogo dove noi veniamo alla luce fonda il nostro cielo di memoria, lascia una traccia indelebile
nel nostro pensare. Ci lega indissolubilmente alla terra. Di lì, proprio da quel luogo, partiamo per il
nostro viaggio esistenziale. Di lì partiamo per imparare a vivere. Quel luogo lo portiamo dentro,
anche se siamo altrove. Quel luogo, tuttavia, che ci riempie d’amore al ricordo del primo incontro
con questo mondo… può anche “tradire”. Un giorno lo guardiamo e lo sentiamo estraneo.
Guardiamo gli altri frequentatori e scopriamo di non avere più nulla in comune con loro. Un giorno
qualsiasi, questo luogo sembra troppo angusto per contenerci: lì abbiamo sofferto e lì vogliamo
lasciare quel dolore. Non si diventa grandi, se non si recidono i legami con i pezzi desueti di noi.
Non si diventa grandi, se non si ha il coraggio di cambiare. Non si diventa grandi, se non si
sperimenta la scelta di altri luoghi, questa volta elettivi, più consoni a ciò che siamo diventati. Un
luogo non è un feticcio, ma lo scenario del nostro agire. Forse, passiamo la vita a transitare per i
luoghi e a cercare quello ideale in cui posarci. Alla fine scopriamo che il “nostro” luogo è la somma
di tutti i luoghi incontrati ed è dentro di noi: un paesaggio infinito d’incontri. E allora si comprende
che il luogo che abbiamo scelto ricorda quelli affini e quelli contrari, quelli a cui siamo legati e
quelli da cui siamo fuggiti. E spesso, alla fine di tutto, possiamo dire: il mio luogo è quello dove
abita una persona che amo.
(Bruna Peyrot, La Cittadinanza Interiore)
Maturare non vuol dire rinunciare alle nostre aspirazioni, ma accettare che il mondo non è obbligato
a soddisfarle.
(Nicolás Gómez Dávila)
La mezza età è quando avete conosciuto talmente tanta gente che ogni nuova persona che incontrate
vi ricorda qualcun altro.
(Ogden Nash)
Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento.
(proverbio cinese)
La giovinezza non sta nel mutare idee e passioni ogni giorno, ma nel provare ogni giorno le proprie
idee e passioni contro la realtà, per vedere se tagliano.
(Ugo Ojetti)
Dite:
è faticoso frequentare bambini.
Avete ragione.
...Poi aggiungete:
bisogna mettersi al loro livello,
abbassarsi, inclinarsi,
curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
E' piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi
fino all'altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.
(Janusz Korczak)
Combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una
potrete vincerne. Quella che s'ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio
(Indro Montanelli)
L’odio dorme sotto una coltre di neve, temi ogni giorno che si leva il sole
(proverbio balcanico)
Ci voleva tutta la malizia e l’ipocrisia del machiavellismo, lasciatemelo dire, per trasformare una
virtú in difetto, e giungere fino ad accusare qualcuno di nutrire un legittimo desiderio di giustizia.
«Giustizialismo»: tanto di cappello! Sarebbe come accusare un innamorato di «amorismo».
(Valerio Magrelli)
The key to being a good manager is keeping the people who hate me away from those who are still
undecided.
(Casey Stengel)
Have you ever observed that we pay much more attention to a wise passage when it is quoted than
when we read it in the original author?
(Philip G. Hamerton)
Non importa quanto lavori duro, o quanto diventi in gamba. Sarai sempre e soltanto ricordato per
quell’unica scelta sbagliata.
(Chuck Palahniuk)
"La legge è uguale per tutti" è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le
teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocar
la uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l'aiuto di quella ricchezza che egli non ha,
allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria.
(Piero Calamandrei)
All of old. Nothing else ever. Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better.
(Samuel Beckett, Worstward Ho ,1983)
Se si sogna da soli è solo un sogno, se si sogna insieme è una realtà che comincia.
(Proverbio africano)
Adoperiamo, per capire il mondo d'oggi, una lingua che si formò per il mondo di ieri. E la vita d'un
tempo passato ci appare più consona alla nostra natura per l'unico motivo che è più consona alla
lingua che parliamo.
(Antoine de Saint-Exupéry)
The important work of moving the world forward does not wait to be done by perfect men.
(George Eliot)
Se pensi di essere troppo piccolo per fare la differenza, prova a dormire con una zanzara.
(Dalai Lama)
Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e
respinge i malati.
(Don Milani)
Non so che cosa Dio abbia deciso di fare attraverso me, ma non ho motivo di preoccuparmene.
(Edith Stein)
Se si domanda a Tizio, che non ha mai studiato il cinese e conosce bene solo il dialetto della sua
provincia, di tradurre un brano di cinese, egli molto ragionevolmente si meraviglierà, prenderà la
domanda in ischerzo e, se si insiste, crederà di essere canzonato, si offenderà e farà ai pugni.
Eppure lo stesso Tizio, senza essere neanche sollecitato, si crederà autorizzato a parlare di tutta una
serie di quistioni che conosce quanto il cinese, di cui ignora il linguaggio tecnico, la posizione
storica, la connessione con altre quistioni, talvolta gli stessi elementi fondamentali distintivi. Del
cinese almeno sa che è una lingua di un determinato popolo che abita in un determinato punto del
globo: di queste quistioni ignora la topografia ideale e i confini che le limitano.
(da Passato e presente, quaderno 15, Gramsci)
Sei una persona di quelle che si incontrano quando la vita decide di farti un regalo.
(Charles Dickens)
Crea tutta la felicità che sei in grado di creare, elimina tutta l'infelicità che sei in grado di eliminare:
ogni giorno ti darà l'occasione, ti inviterà ad aggiungere qualcosa ai piaceri altrui, o a diminuire
qualcosa delle loro sofferenze. E per ogni granello di gioia che seminerai nel petto di un altro,
troverai un raccolto nel tuo petto, mentre ogni dispiacere che toglierai dai pensieri e sentimenti di
un'altra creatura sarà sostituito da meravigliosa pace e gioia nel santuario della tua anima.
(Jeremy Bentham)
“È vero quello che ha detto lo spazzino? Che tutto il male comincia quando si dimentica una
nostalgia?”
“Comincia prima”, rispose il ginn. “Comincia sempre con una speranza perduta.” E più tardi,
quando già il bimbo pensa ai giochi che lo aspettano, il ginn, da tempo di nuovo solo e rinchiuso
dentro la sua torre di ghiaccio, mormora ancora una volta fra sé: “Nessuno può immaginare fino a
che punto può giungere uno che ha perso la speranza”.
(Michael Ende – Lo specchio nello specchio)
Il vero terrore è svegliarsi un mattino e scoprire che la tua classe del liceo sta governando il Paese
(K.Vonnegut)
C'è qualcuno seduto all'ombra oggi perché qualcun altro ha piantato un albero molto tempo fa.
(Warren Buffett, in James O'Loughlin, The Real Warren Buffett, 2002)
Il segreto per essere infelici sta nell'avere il tempo sufficiente per domandarsi se si è felici.
(George Bernard Shaw)
L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte
dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza
coraggio, ma la dilatazione della vita. La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma
lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre,
Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una
presenza che accompagna.
(Papa Francesco)
Passai accanto a duecento persone e non riuscii a vedere un solo essere umano.
(Charles Bukowski)
L’anti-intellettualismo è stato un costante tarlo che si è insinuato nella nostra vita politica e
culturale, nutrito dall’idea sbagliata che democrazia significhi che la nostra ignoranza valga quanto
l’altrui conoscenza.
(Isaac Asimov)
Se veramente ti sta a cuore una causa seria o un argomento profondo, devi tenerti pronto a essere
una persona noiosa.
(Christopher Hitchens)
A me piacciono troppe cose e io mi ritrovo sempre confuso e impegolato a correre da una stella
cadente all'altra finché non precipito. Questa è la notte e quel che ti combina. Non avevo niente da
offrire a nessuno eccetto la mia stessa confusione.
(Jack Kerouac, Sulla Strada)
Quando una cosa difficile ti sembra facile, vuol dire che non hai capito niente.
Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente cose che non vogliono
sentire.
(George Orwell)
Non conosco salvatori della patria ma solo Uomini e Donne che si affrancano dalle oppressioni
(Mino Martinazzoli)
La politica è quella cosa che meno la fai quando dovresti farla, più accusi di non farla quelli che
invece ci provano davvero.
(Alessandro Capriccioli)
Dio non ti proibisce di amare le sue creature, ma ti proibisce di amarle allo scopo di ottenere da esse
la felicità.
(Sant’Agostino, In Ioannis epistulam ad Parthos)
Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore
una volta sola.
(Giovanni Falcone)
Se non ha nessun senso ci risparmia molti fastidi, perché così non siamo costretti a cercarne uno.
(Il re, dopo la lettura della poesia senza senso del Coniglio Bianco, Il mondo di Alice, Lewis
Carroll)
Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta.
(O. Wilde)
Volevo che tu vedessi che cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col
fucile in mano.
Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare
ugualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda.
È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede.
(Nelle Harper Lee - da "Il buio oltre la siepe")
Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione.
All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino,
dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire
uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di
vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il
potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del
diventare… A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. È un esercizio
che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco. (…) Ma io sono un uomo che preferisce
perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è
che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…
(Pier Paolo Pasolini)
Leadership is not about being in charge. Leadership is taking care of those in your charge.
Camminiamo verso la “patria trinitaria”. È in marcia l’uomo sulla terra e il popolo di Dio nella
storia: essa è la meta più grande, che confuta la miopia di ogni possesso mondano e invita alla
povertà accogliente e alla perenne novità del cuore e della vita; essa è l’oltre, che ricorda agli
uomini la loro condizione di pellegrini nell’amore […] e li stimola ad essere perenni viandanti, “per
i quali il giorno non inizia dove finisce un altro giorno e che nessuna aurora trova dove il tramonto
li ha lasciati”; essa è l’orizzonte della speranza, che sostiene l’attesa e riempie già il cuore di fiducia
e di gioia; essa è la forza e la misura dell’amore, perché l’impegno presente sia in grado di
“organizzare la speranza”, e i giorni si nutrano di opere di giustizia e di pace.
(B. Forte, Trinità come storia. Saggio sul Dio cristiano)
How do you measure your life? By the dreams imagined or by the hopes dashed? By the wisdom of
wise words spoken or by the sorrow of silence? By the wealth accumulated or by the amount spent?
By the monument built or by the walls scaled? By defeats and/or by victories, large and small?
(Carrie Mae Weems)
Da cosa valuti la tua vita? Dai sogni immaginati o dalle speranze spazzate via? Dalla saggezza delle
sagge parole pronunciate o dal dolore del silenzio? Dalla ricchezza accumulata o da quella spesa?
Dal monumento costruito o dai muri scalati? Dalle sconfitte e/o dalle vittorie, piccole e grandi?
(Carrie Mae Weems)
We don't know what we want, but we are ready to bite somebody to get it.
(Will Rogers)
La vita è come suonare un assolo di violino in pubblico e imparare a suonare lo strumento mentre si
suona.
(Samuel Butler)
He attacked everything in life with a mix of extraordinary genius and naive incompetence, and it
was often difficult to tell which was which.
(Douglas Adams)
Se si continua a gridare alla rivoluzione e non la si fa, si ottiene soltanto di far crescere l'odio... Non
ci avete pensato?
(Sebastiano Vassalli)
La parte difficile non è scordare il passato, è scordare il futuro che avevi immaginato.
(C. Simple)
I cristiani migliori, i più autentici e vivi, non si collocano necessariamente e neppure generalmente,
tra i sapienti o tra le persone più abili. Né tra gli intellettuali, né tra gli uomini politici, né tra i
detentori del potere o della ricchezza. […] Di conseguenza la loro voce si fa sentire raramente nei
crocicchi delle strade o sulla stampa, i loro atti non hanno, d’ordinario, risonanza e non tengono
occupata la gente. La loro vita è nascosta agli occhi del mondo. Sono nondimeno questi uomini, più
di tutti gli altri, a far sì che la nostra terra non sia un inferno. Ora, la maggior parte di essi non si
chiede affatto, anche ai nostri giorni, se la propria fede sia “adattata” o “efficace”. A loro basta
viverne, vivere di essa come della realtà stessa. […]
Si cercano profeti. Che curiosi profeti, se esistono, quelli di cui voi rivendicate i diritti, e ai quali
vorreste quasi fosse conferito uno statuto legale, un riconoscimento pubblico, una patente! Mai ci
furono tali profeti, se non falsi. Non temete di favorire una tale specie. Non pensate che essa
proliferi già abbastanza?!... Quando sorgono dei veri profeti, le protezioni previste non le potete
impiegare. Sappiate che sono degli uomini banditi, calunniati, umiliati; degli uomini che vengono
accusati. […]
Sappiate che questi uomini mettono contro di sé il mondo intero, resistendo alle passioni popolari
come ai capricci dei grandi, predicando delle verità inopportune, non dicendo agli uomini ciò che
desiderano sentirsi dire, andando da soli contro corrente, disprezzando le idee che ci inebriano. […]
Voi stessi, se li incontraste, non capireste in un primo momento il loro linguaggio; sareste tentati di
odiarli, o di guardarli dall’alto in basso, o di ritenerli fuori tempo; oppure li riterreste al servizio dei
vostri avversari, o li accusereste di fare stupidamente il loro gioco. A meno che, più semplicemente,
vi riesca troppo difficile accorgervi di loro. […]
E se voi stessi un giorno ritenete di aver udito l’appello che rende profeti, sappiate che il pungolo
sarà duro. Sappiate che quando, nonostante ogni vostra resistenza, sarete vinti, dovrete fare
penitenza in sacco e cenere, dovrete morire ai vostri occhi, alle vostre concezioni abituali, poi
agguerrirvi contro tutte le umiliazioni, a cominciare dal disprezzo dei vostri più cari e dalla fuga dei
vostri amici.
(H. De Lubac, Paradossi e nuovi paradossi.)
Non conosciamo mai la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci
(Emily Dickinson)
Scegliere un cammino significa abbandonare gli altri. Se si vogliono percorrere tutti i cammini
possibili si finisce per non percorrerne nessuno.
(Paulo Coelho)
Non sono le luci della festa, e il calore intimo che vi si avvolge, la pietra dello scandalo.
È il vuoto di realtà che vi si installa, il nostro problema.
Natale è un punto di tangenza con il mistero della nostra origine e della nostra destinazione.
Dio non è mai stato così vicino agli esseri umani, come in quel giorno. Quando non vediamo più,
quando non siamo più toccati – e persino feriti – dai segni di quella presenza, possiamo allungare le
prediche e accendere i fari quando vogliamo. L’occasione è persa.
Se invece batte il cuore, per la nostalgia della presenza bambina di Dio, allora tutto può accadere.
Trafitto mille volte, questo Natale. Dagli aguzzi profili delle nostre insensibili città di pietra, dove si
tollerano luci solo per gli ultimi nati di mammona. Dalle terribili ombre di un risentimento disperato
e distruttivo, che viene da oscuri fraintendimenti del Sacro.
Eppure, mai così vicino al nostro impotente senso di struggimento per il vuoto che lascerebbe se
fosse spento.
Guardate i vostri figli. Cercate il respiro della carne del Figlio.
(P.A. SEQUERI, Editoriale: La luce sul vuoto, Avvenire, 6 gennaio 2011)
È grande ciò che comincia dalla fede, eppure viene disprezzato; così come in una costruzione gli
inesperti son soliti dare poca importanza alle fondamenta. Si scava una grande fossa, vi gettano
pietre alla rinfusa, non squadrate né levigate, e non appare quindi niente di bello, come niente di
bello appare nella radice di un albero. Ma tutto ciò che nell'albero ti piace è venuto su dalla radice.
Guardi la radice e non ti piace, contempli l'albero e resti ammirato. Stolto, ciò che ammiri è venuto
su da ciò che non ti piace.
(Dai “Trattati sul vangelo di Giovanni” di sant’Agostino, vescovo)
Non è che io sia più intelligente degli altri; è solo che mi soffermo più a lungo sui problemi
(Albert Einstein)
La legge è preceduta da un “Sei amato” e seguita da un “Amerai”. “Sei amato”: fondazione della
legge, e “Amerai”: il suo superamento.
Chiunque astrae la legge da questo fondamento e da questo fine, amerà il contrario della vita,
fondando la vita sulla legge invece di fondare la legge sulla vita ricevuta. La legge così pervertita
diventa una rete tanto più asfissiante e mortifera quanto più le sue maglie sono fitte. La sua durezza
è da temere meno della sua sottigliezza. Essa si ricongiunge all’idolo come alla sua peggior
trasformazione. Ciò che la tradisce tuttavia – siccome, per nostra salvezza, di fatto si tradisce – è la
soddisfazione di accusare, in cui necessariamente ci precipita questo modo di osservare la legge. Il
Vangelo si fonda su questo punto d'impatto.
(P. BEAUCHAMP, La legge di Dio, Traduzione di M. GAMBARINO (Piemme Religione),
Edizioni Piemme, Casale Monferrato AL 2000, pp. 116-117.)
Comincerai a pensare che due parole scritte allo stesso modo possono avere significati diversi, a
volte contrastanti.
Che la parola 'amare' è un verbo all'infinito bellissimo.
Ma è anche un aggettivo plurale del quale, forse, non ti piacerà il significato.
(Annamaria Uboldi)
Io mi sono più volte lamentato col Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire.
Sarebbe stato così bello poter dire: Gesù ha affrontato la morte anche al nostro posto e morti
potremmo andare in Paradiso per un sentiero fiorito. E invece Dio ha voluto che passassimo per
questo duro colle che è la morte ed entrassimo nell'oscurità che fa sempre un po' paura. Ma qui sta
l'essenziale: mi sono riappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la
morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta
impegnativa noi abbiamo sempre delle "uscite di sicurezza". Invece la morte ci obbliga a fidarci
totalmente di Dio. Ciò che ci attende dopo la morte è un mistero che richiede un affidamento totale:
desideriamo essere con Gesù e questo nostro desiderio lo esprimiamo ad occhi chiusi, alla cieca,
mettendoci in tutto nelle sue mani.
(Carlo Maria Martini)
L’opposto di solitudine non è stare insieme. È stare in intimità.
(Richard Bach)
Proprio a te doveva accadere di concentrare tutta la vita su un punto, e poi scoprire che tutto puoi
fare tranne vivere quel punto.
(Cesare Pavese)
Solo gli inquieti sanno com'è difficile sopravvivere alla tempesta e non poter vivere senza.
(Emily Bronte)
Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune.
(Manzoni, I Promessi Sposi)
Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto, le persone possono dimenticare
ciò che hai fatto, ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire.
(Maya Angelou)
Se è vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, è vero anche che deve schiodare tutti
coloro che vi sono appesi
(Don Tonino, vescovo)
La guerra in un primo momento è la speranza che a uno possa andar meglio, poi l'attesa che all'altro
vada peggio, quindi la soddisfazione perché l'altro non sta per niente meglio e infine la sorpresa
perché a tutti e due va peggio.
(Karl Kraus)
Molto spesso avevo l'idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe
consumato così inutilmente la vita. È un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli
uomini, soprattutto se incasellati nell'esistenza ad orario delle città.
(Dino Buzzati)
Si discute molto sul “senso della vita”. […] c’è una frase di Gesù che mi ha colpito. Lui non ha
detto: «Io sono il senso della vita», ma: «Io sono la vita». Questa differenza non è priva di... senso;
bisogna scoprire quali sono i fattori in gioco nella crisi della religione, e stare attenti a non
nasconderli troppo in fretta con il pretesto che comunque adesso tutto si sarebbe risolto. Al
contrario ho l’impressione che non si sia risolto nulla e che, a lungo termine, il processo cominciato
nel diciassettesimo secolo, che lavorava sulla critica interna della religione, stia continuando. E
d’altronde necessario che prosegua: si potrà ottenere qualcosa solo andando fino in fondo questo
processo critico, e non cercando disperatamente di raffazzonare ciò che non va più.
Vuole dire che bisogna perdere la fede per ritrovarla, o semplicemente, per i credenti, trovare un
linguaggio adatto all’uomo moderno?
Si tratta di ben altro. Innanzi tutto, è importante fare una distinzione fondamentale tra la fine della
cultura religiosa cristiana, in cui questa fede può ritrovare un linguaggio ed esprimersi. È importante
soprattutto la parola che deve essermi rivolta qui e ora, a me e agli uomini così come sono. Era
questo, il Vangelo: una parola detta agli uomini così come sono.
Noi siamo gli eredi di una certa cultura cristiana, una cultura stanca, diventata una lingua morta che
non parla più o parla solo un piccolo numero di iniziati.
(M. Bellet, Il pensiero che ascolta. Come uscire dalla crisi)
L’atteggiamento cristiano è quello “del Dio con me”. Dio è il Dio della mia casa, il Dio della mia
porta, il Dio della mia mensa; è il mio compagno di viaggio, che mi ha dato la mano e al quale io
posso dare la mano; è il Dio della comunione personale, delle pareti domestiche, dell’ottimismo,
della speranza; è il Dio che vince in forma radicale la solitudine, che non è vinta da nessun’altra
compagnia. Ma tutto questo avviene a un patto: che mi abbandoni, mi fidi. Egli dice: “Non sai che
cosa c’è voltato l’angolo, devi fidarti”. […] Egli cammina con noi nella nebbia, non ci permette di
vedere col nostro occhio, perché non vuole che prevediamo col nostro cuore.
(L. Serenthà, La storia degli uomini e il Dio della storia)
Chi non prende nelle sue mani il minuscolo libro del Vangelo con la risoluzione di un uomo che ha
una sola speranza, non può decifrarne né riceverne il messaggio. Poco importa allora che questo
felice disperato, povero di ogni aspettativa umana, prenda quel libro sul ripiano di una ricca
biblioteca o nella tasca del suo vestito di miserabile o in una cartella di studente; poco importa che
lo prenda in una pausa della sua vita o in una giornata simile alle altre, in una chiesa o in una
cucina. In mezzo alla campagna o nel suo ufficio, egli prenderà il libro, ma lui stesso sarà preso
dalle parole che sono spirito. Esse penetreranno in lui come il grano nella terra, come il lievito nella
pasta, come l’albero nell’aria, e lui, se vi consente, potrà diventare come un’espressione nuova di
quelle parole. È lì il grande mistero nascosto del libro del Vangelo. […] Il Vangelo, perché apra il
mistero che è in lui, non chiede né scenario né erudizione né tecnica speciali. Chiede un’anima
prosternata nell’adorazione e un cuore spoglio da ogni affidamento umano. Il Vangelo ci grida da
un capo all’altro che solo Dio è, l’uomo non produce da sé né vita né verità, né amore. Il Regno dei
cieli è l’amore personale di Dio, nel Cristo per ciascuno di noi e di ciascuno di noi per ciascuno
degli altri. È attraverso l’amore di ciascuno che noi possiamo amare l’umanità. È ciascuno che deve
ricevere il Vangelo. La salvezza non è un’astrazione collettiva.
(M. Delbrel, Noi delle strade)
Pazienza, dunque, «significa “portare su” e non affidare a un altro che porti il problema, che porti la
difficoltà: “La porto io, questa è la mia difficoltà, è il mio problema. Mi fa soffrire? Eh, certo! Ma
lo porto”». Pazienza è perciò «portare su». E «pazienza — ha proseguito il Pontefice nella sua
meditazione — è anche la sapienza di saper dialogare con il limite: ci sono tanti limiti nella vita ma
l’impaziente non li vuole, li ignora perché non sa dialogare con i limiti». Forse «c’è qualche fantasia
di onnipotenza o di pigrizia, non sappiamo». Invece «il paziente sa dialogare con i limiti: la
pazienza è una beatitudine, è la virtù di quelli che camminano, non dei fermi o chiusi; è sopportare,
portare sulle spalle le cose non piacevoli della vita, anche le prove; è capacità di dialogare con i
limiti»
Ecco: un cristiano o un gruppo di cristiani, in seno alla comunità d’uomini nella quale vivono,
manifestano capacità di comprensione e di accoglimento, comunione di vita e di destino con gli
altri, solidarietà negli sforzi di tutti per tutto ciò che è nobile e buono. Ecco: essi irradiano, inoltre,
in maniera molto semplice e spontanea, la fede in alcuni valori che sono al di là dei valori correnti,
e la speranza in qualche cosa che non si vede, e che non si oserebbe immaginare. Allora con tale
testimonianza senza parole, questi cristiani fanno salire nel cuore di coloro che li vedono vivere,
domande irresistibili: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché
sono in mezzo a noi? Ebbene, una tale testimonianza è già una proclamazione silenziosa, ma molto
forte ed efficace della buona novella.
(Evangelii nuntiandi, n. 21)
Avete mai osservato che i santi temono l’inferno; ma non lo negano mai; mentre i grandi peccatori
negano l’inferno; ma non lo temono mai?
Perché i moderni negano il peccato. Se negate la colpevolezza umana, voi dovete negare anche il
diritto d’uno stato a giudicare un criminale, e inoltre il diritto di condannarlo alla prigione. Una
volta che voi negate la sovranità della legge, dovete necessariamente negare la punizione. Una volta
negata la sovranità di Dio, si deve negare anche l’inferno. […]
La ragione basilare per la quale i moderni non credono nell’inferno consiste nel fatto che essi
realmente non credono nella libertà del volere e nella responsabilità. Credere nell’inferno è
affermare che non sono indifferenti le conseguenze delle buone e delle cattive azioni. […] È tanto
difficile costruire una nazione libera, senza giudici e senza prigioni, quanto è difficile costruire un
mondo libero, senza giudizio e senza inferno.
Uno stato non può esistere sulla base di un cristianesimo liberale che nega il contenuto di quelle
parole che dirà Cristo nel giudizio finale: “Via da me, voi maledetti, nel fuoco eterno, che fu
preparato per il demonio e i suoi seguaci” (S. Matteo, 25, 41). […]
I moderni negano l’inferno anche perché hanno timore della propria coscienza. Avete mai osservato
che i santi temono l’inferno; ma non lo negano mai; mentre i grandi peccatori negano l’inferno; ma
non lo temono mai?
I moderni si costruiscono un credo secondo il modo con cui vivono; piuttosto che costruirsi un
modo secondo cui vivere. Il demonio non è mai tanto forte come quando riesce a indurre i
materialisti e gli scettici a dipingerlo con le vesti rosse, una coda attorcigliata e un lungo forcone in
mano, è come se avesse fatto dimenticare per sempre la verità profonda e tremenda che egli è un
angelo decaduto.
I moderni che non vivono in accordo con la propria coscienza, hanno bisogno d’una religione che
abbia questi caratteri: una religione senza Croce, un Cristo senza Calvario, un regno senza
Giustizia, una comunità con un “gentile ecclesiastico che non nomina mai l’inferno, per non urtare
le orecchie delicate”.
Coloro che dicono di essere Cristiani, o che limitano il cristianesimo al discorso del monte, sono
invitati a non dimenticare che Nostro Signore chiude quel discorso, che occupa i capi quinto, sesto e
settimo del vangelo di Matteo, con queste parole: “Ogni albero che non fa buon frutto, è tagliato e
gettato nel fuoco. Voi li conoscerete dunque dai frutti. Non chiunque mi dice: Signore, Signore,
entrerà nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno nel
giorno del giudizio: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato in nome tuo e in nome tuo non
abbiamo cacciato i demoni, e fatto in nome tuo molte opere potenti? E io allora dirò loro
apertamente: Io non vi conobbi mai. Andatevene da me, voi tutti operatori d’iniquità” (7, 19-23).
Nel vangelo di San Marco poi si legge: “Se la tua mano ti fa cadere in peccato, mozzala; è meglio
per te entrare monco nella vita, che avere due mani e andare nella Geenna, dove il verme (del
rimorso) non muore e il fuoco non si spegne. E se il tuo piede ti fa cadere in peccato, mozzalo. È
meglio per te entrare zoppo nella vita che avere due piedi ed essere gettato nella Geenna. E se il tuo
occhio ti fa cadere in peccato, cavatelo. È meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo,
che averne due ed essere gettato nella Geenna, dove il verme non muore e il fuoco non si estingue”
(9, 42-48). […]
In ultima analisi, le anime vanno all’inferno per questa unica ragione: perché si rifiutano di amare.
Se le anime vanno all’inferno perché trasgrediscono i comandamenti di Dio, in qual modo esse si
rifiutano di amare? Dio non proibisce la menzogna, l’assassinio, l’impurità, l’adulterio per divertire
se stesso. Questi non sono comandamenti arbitrari. Egli proibisce queste azioni, perché esse fan del
male a noi: perché esse sono un segno del nostro anti-amore. […]
Come il Paradiso è l’eterna benedizione guadagnata da chi s’è spogliato del proprio egoismo e s’è
rivestito di amore, così l’inferno è l’eterna maledizione, guadagnata da chi s’è fatto pienamente
auto-centrista e detestabile. IL PARADISO È COMUNITÀ; L’INFERNO È SOLITUDINE.
(Beato Fulton J. Sheen, da "Vi presento la religione"; titolo originale: A Preface to Religion, 1950;
traduzione dall’inglese di Antonio Cojazzi, Torino, Borla Editore, 1952, pp. 133-136)
"Il momento in cui ho compreso me stesso? Mai. Sempre sereno, ma sempre insoddisfatto".
(David Maria Turoldo).