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Matrimonio
- prof. Marco Gallo -
Premesse al corso
Obiettivi del corso:
fornire elementi culturali (storia del rito cristiano, rituale oggi in uso)
imparare a preparare e celebrare bene il rito del matrimonio
saper discutere e ragionare sulle questioni del matrimonio
Il CONCILIO DI TRENTO (1563) definisce alla forma canonica del matrimonio e la decreta come
necessaria ad validitatem (cfr. Messale di Pio V, 1570); perciò il matrimonio deve essere:
celebrato PUBBLICAMENTE;
con un CONTRACTUS (nessuno può costringere a sposarsi senza la libertà);
secondo le PAROLE PRESCRITTE.
De servo arbitrio
Ciò che è definito da materia e forma e esplicitamente istituita da Gesù; per i cattolici, invece,
la questione fondamentale l’auctor (Gesù compie con un’autorità che va oltre l’esplicita
Lutero può considerarsi il primo dei moderni ma anche l’ultimo dei medioevali: “entrai in
monastero non per la fame ma per la ricerca della salvezza”; la teologia che lo spinge (Gabriele
Bill è il suo maestro) afferma che sono le opera buone che salvano. Ma nessuna opera buona
gli è possibile alla salvezza e giunge così alla sola fide.
Di fronte all’esperienza divina, vi è una rivelazione della salvezza (evangelium) ed una che ci
svela senza dubbio il nostro essere peccatori (kakangelium): a un certo punto si capisce il limite
della natura umana e la radicalizzazione del messaggio di Cristo afferma che l’uomo non può
rispettare la legge e non si salva per le buone opere; ma la buona notizia è che ci si può salvare
per il modo in cui si accoglie Gesù.
Matrimonio come «sacramento» in Lutero
Secondo Lutero il matrimonio non è un sacramento perché Gesù non lo comanda (l’avvenire
della grazia permessa attraverso alcuni elementi visibili: esclusivamente Battesimo ed
Eucaristia); non c’è una parola esplicita che lo istituisce, ed inoltre non c’è alcun elemento
visibile che ponga materia e forma.
Il fatto di negare che questo sia un sacramento, non significa che non raccolga da Ef 5 cose
importanti; scrive Lutero nel De captivitate Babilonica:
Paolo in Efesini 5 riferisce di sua iniziativa a Cristo quelle parole che sono dette sul
matrimonio in Genesi 2 [cfr. Gen. 2,24] o, [seguendo] l’opinione comune, insegna
che in esse [ci] e stato anche trasmesso il matrimonio spirituale di Cristo, quando
dice: «Come Cristo si prende cura della chiesa, poiché siamo membra del suo
corpo, della sua carne e delle sue ossa, [cosi] l’uomo lascerà [suo] padre e sua
madre e si unirà a sua moglie e saranno due in una sola carne. Questo sacramento
e grande: io lo dico riguardo a Cristo e alla chiesa» [Ef. 5,30-32]. Vedi come egli
voglia riferire a Cristo tutto questo suo testo e metta di proposito sull’avviso il
lettore perché comprenda che il sacramento e in Cristo e nella chiesa, non nel
matrimonio.
Il punto è la definizione di sacramento: se si intende qualcosa che ex opere operato, allora
questo non è un sacramento come gli altri e allora non è un sacramento; ma per Paolo questa
relazione è fondamentale (è “vero seminarium”).
Secondo passaggio: in Piccolo catechismo – libretto con l’essenziale dell’annuncio cristiano – vi
è un “libricino sulle nozze”; in esso si capisce che l’epoca di Lutero non è differente dalla
nostra. Il matrimonio tra l’uomo e la donna sono istituiti da Dio stesso nella creazione: la
differenza tra cristiani e altri non è qui! Il matrimonio è dunque una cosa mondana, una cosa
del mondo: nel senso che contraddistingue tutta l’umanità! E allora il compito di regolare
questa relazione, comandata dal Creatore di tutti, non può essere del papa ma va data i
principi. Dunque il matrimonio deve essere pubblico e la poligamia sono la smentita del
comandamento della creazione (“i due formeranno una carne sola”)
Terzo passaggio: per Lutero, il matrimonio è una reale via di santità! Lutero afferma che la vita
monastica infine porta a chiusura ed egoismo, alla superbia; mentre la vera via indicata dalla
creazione sarebbe il matrimonio: dare la vita ai figli, stare con loro ed educarli alla fede (che
avveniva principalmente in casa) fa capire che insieme alla capacità di metter ordine nel
disordine della sessualità (la sessualità rimane remedium concupiscentiae), il matrimonio è
dato da Dio per la trasmissione della fede.
Il matrimonio è, dunque, vero seminarium ecclesiae, luogo di formazione del cristiano in cui si
percepisce l’unità della coppia.
Per Lutero, dunque, il matrimonio è:
non è un sacramento
è una cosa mondana
una reale via di santità
Nel piccolo catechismo si trova anche una liturgia matrimoniale in utilizza il rito latino, con la
stessa struttura: l’idea che il matrimonio sia una via di santificazione, lo fa stare all’interno
della dinamica cattolica. La celebrazione luterana delle nozze è tale e quale a quella cattolica.
L’intenzione di Lutero non è dunque quella di diminuire attenzione e importanza al matrimonio,
anzi! Lutero vuole dare ancora maggior importanza, pur non considerandolo tra i sacramenti.
Dire che non è un sacramento non significa renderlo non indissolubile.
Calvino
Calvino è un umanista, esperto di fonti antiche: la sua teologia e filosofia è ben diversa da
Lutero. Per lui, il punto fondamentale è che quando Dio crea l’umanità non crea (nel primo
racconto) l’uomo individuale, ma lo crea anzitutto maschio e femmina (ed essendo posto
come primo è, per Calvino, più importante): l’uomo è dunque pensato e creato da Dio
originariamente come unità di maschio e femmina e la forma eccezionale dell’umano sarebbe
dunque quella senza il proprio partner. “Il maschio non è che la metà dell’umano e per questa
ragione la femmina gli è stata data per compagna, perché i due siano uno”. L’uomo è creato
come una creatura in attesa di compagnia e non è soddisfatto diversamente: perciò ognuno
impari ad accontentarsi della propria donna. Il matrimonio è anzitutto integrazione della
persona e aiuto reciproco. L’aspetto della compagnia, della comunione di vita, è ugualmente
fondamentale come la procreazione. Ma ciò non fa della relazione di coppia un sacramento;
per lui Ef 5 fa un discorso cristologico (Cristo-Chiesa).
La grande differenza con Lutero è l’antropologia: Lutero non cambia nulla dal punto di vista
ecclesiologico; i calvinisti sono invece “riformati” e vivono una riforma diversa dai luterani.
Altra differenza è la finalità di comunione che Lutero non sottolinea e che è solo calvinista.
Il sacramento del matrimonio nell’insegnamento del Concilio di Trento
Due criteri fondamentali da tener presenti:
1. Trento sceglie di comporre i suoi testi non in modo sistematico ma ribadendo solo ciò che
si sta perdendo (mentre il CVII sceglierà un linguaggio affermativo, Trento sceglie un
linguaggio negativo: “non”); è un’ermeneutica sulla forma negativa dei testi che lascia
“porte aperte” ad ulteriori aggiunte e chiarimenti, che lascia libertà su tutto ciò che non
viene ribadito.
2. il Concilio di Trento è durato tantissimo: convocato dall’imperatore Carlo V, essendo in
Germania in procinto della rottura dell’impero, pochi riescono a raggiungere Trento (solo
trentatré vescovi); obiettivo era ristabilire la comunione nell’impero e, benché fossero
invitati anche luterani e calvinisti, non potendo raggiungere Trento, i suoi testi sono stati
letti a lungo e seriamente e perciò sono stati ribaditi i punti non convincenti. Bisogna
dunque tener conto con serietà della lettura storica fatta nel Concilio.
Sul matrimonio il primo lavoro di Trento è dunque teologico, in due passaggi:
ortodossia: perché è un sacramento
ortopratica: si lavora sulla forma canonica, sulla pratica (su come si deve fare bene)
Il Concilio di Trento definisce ultimamente quale sia il Canone dei libri: così come è appuntato
in modo indispensabile il numero dei libri del canone, così anche il numero dei sacramenti!
Trento ribadisce che “Dove non c’è matrimonio non c’è la Chiesa”: non ci può essere una Chiesa
senza matrimonio perché senza questa forma mancherebbe l’incontro con Dio (mentre
potrebbero anche mancare i monaci, per esempio). Dire che non esiste comunità credente
senza matrimonio significa riconoscere il valore fondamentale del matrimonio!
Trento non vuole contenere tutta la dottrina, ma solo i punti che si perderebbero; ma la teologia
post-tridentina ignora questo criterio e si sofferma a commentare i canoni tridentini,
perdendo così – paradossalmente – ciò che non in Trento non venne ribadito.
La questione a seguito del Decreto Tametsi diventa come definire la gran massa di forme di vita
che restano fuori dalla validità stabilita da Trento. Due posizioni fondamentali:
MELCHIOR CANO afferma che essendo un sacramento (segno sacro, celebrazione
ecclesiastica, atto di culto), non tutti i matrimoni sono sacramento: per esempio, se uno
si sposa non davanti alla Chiesa, quello non è un sacramento. Per essere segno sacro
hanno bisogno di una forma sacra: la benedizione, la celebrazione, il consenso espresso
davanti alla chiesa (o in chiesa). La forma sacra manifesta la sacralità della forma stessa.
Inizia quindi una constatazione della sacralità della formula abbia necessità della
benedizione ecclesiale: per Cano, in qualche modo, il ministro del matrimonio è il prete.
ROBERTO BELLARMINO afferma che ogni consenso dei battezzati è ipso facto un sacramento,
in forza dell’affermazione di Cristo che dice “l’uomo non osi separare ciò che Dio ha
unito”; la celebrazione del matrimonio, nella forma di vita che inaugurano mostrano il
legame di Cristo con la Chiesa: dunque ministro sono gli sposi e ogni matrimonio vissuto
bene insieme realizzano la benedizione di Cristo anche senza il prete.
Queste due scuole differiscono nel fatto nella definizione di sacramento:
nella scuole di Cano il sacramento è un sagno sacro che necessita di una forma pubblica
precisa e la fede deve essere esplicita;
nella scuola di Bellarmino, il sacramento è relazione e il matrimonio è valido e
indissolubile anche se gli sposi non lo riconoscono.
Si sceglie la forma di Bellarmino perché dal punto di vista pastorale non sarebbe possibile
dichiarare nulli tutti quei matrimoni; resta allora che sacramento è quell’atto in cui i ministri
sono gli sposi, perché a fare il sacramento è il consenso.
All’inizio dell’Illuminismo si vuole affermare che essendo atto di tutti, autorità del matrimonio
è lo Stato, non la Chiesa: il matrimonio passa dunque nel tempo dall’essere familiare, ad
essere ecclesiale, ad essere civile.
Ma nella logica del Bellarmino questo non è accettabile: se ogni consenso fa un sacramento
perché rappresenta il legame Cristo-Chiesa, allora lo stato si sta intromettendo. La reazione
della Chiesa è quella, quindi, di dire che il matrimonio civile non è niente.
Dei casi particolari mettono in difficoltà la visione bellarminiana: per esempio, quando un
battezzato sposa una non battezzata, allora non si può sciogliere (mentre nella logica paolina
sì).
La logica di Cano mostra con più ricchezza quello che definisce il sacramento:
il ministro non coincide con il recettore
forma e materia non coincidono
la benedizione del sacerdote è una formula consacratoria
sacramento come atto di culto mostra la stretta relazione tra sacramento e aver fede
Se è così, nella celebrazione liturgica di Cano è ciò che concorre a cambiare la realtà (mentre
quella di Bellarmino è una scuola giuridica).
La Pace di Westfalia afferma che per la pace perpetua occorre che la pace sia fatta
razionalmente e non su questioni di religione; occorre un legislatore esterno alle religioni che
decida per tutti. Da qui nascerà l’illuminismo (poiché la religione è vista come motivo di
contesa – perché vista come cosa personale e privata – serve una posizione razionale per la
pace).
Il passo che arriverà a far scrivere a Leone XIII la sua enciclica è la stesura della Ordonnance de
loi (ordonans de lua) del 1779, per cui i preti possono fungere da ministri dello stato ma
devono seguire un insieme di regole fissate.
Si aggiunge la questione della contraccezione. Uno stato comincia a porsi il problema della
fertilità della popolazione quando la popolazione deve essere formata e specializzata per
poter lavorare in fabbrica e deve essere sana (1930: nasce la pillola contraccettiva nella
questione sanitaria). Far studiare tanti figli è troppo costoso e l’aspetto sanitario e scolastico
deve essere regolamentato. Culturalmente si parla di “rivoluzione sanitaria”.
Nell’Ottocento – secondo la legge civile – poteva sposarsi chi dimostrava di avere i mezzi per
sostenere la famiglia; allora sono molte ancora le coppie che vivono more uxorio, senza
celebrare le nozze.
Per questo motivo Pio XI scrive in quell’anno la Casti connubii: volutamente datata nello stesso
anno della conference of Lambert, prima Chiesa che accoglie l’uso dei contraccettivi. Notiamo
anzitutto che quando la Chiesa parla del matrimonio intende la famiglia; ora si sposta un
linguaggio.
Nel Novecento si diffonde il Positivismo, che toglie di mezzo Dio in favore della tecnica; la Casti
connubii dice che la tecnica non è la soluzione alla questione umana, ma sta in un rapporto
dialettico con l’umano (la questione “bomba atomica” lo mette in luce); la tecnica serve a se
stessa, diceva Jasper, come il Positivismo non si è accorto.
Dunque, mentre la conference of Lambert si ferma ad una questione morale, Pio XI ha uno
sguardo più ampio, filosofico. E anche la filosofia giungerà – dopo la Seconda Guerra Mondiale
– a rendersi conto che la tecnica non è per sé a servizio dell’uomo (anche se può esserlo).
Pio XI, dunque, pone una questione finissima: la finalità dell’umano è il dono di sé!
Se fino al 1600 si pensava che la donna fosse solo il “nido” di un patrimonio genetico dato tutto
dall’uomo, solo successivamente si approfondiscono le questioni della fertilità. Il processo di
regolazione delle nascite è in conflitto con la volontà di Dio? Per rispondere, Pio XI deve rifarsi
a due correnti filosofiche: agostiniana (dell’ordine dei tre beni: fides, proles, sacramentum)
per cui vivere la famiglia è dar vita a quanto Dio permette naturalmente; tomista (illuminato
da un aristotelismo che toglie il pessimismo sulla sessualità) e la teologia del fine del
matrimonio, per cui è un fatto naturale, e la coppia è chiamata alla stabilità per cui due si
amano e stanno insieme per aiutarsi e metter al mondo un figlio (due fini: procreativa e
unitiva).
La domanda è quale sia la finalità che viene prioritaria. L’impostazione aristotelica dei fini chiede
di porre un ordine: dice Tommaso che per la sopravvivenza della specie è comprensibile che il
fine primario sia quello procreativo e secondario è quello unitivo. Ecco perché il fine primario
per la Scolastica è quello procreativo, ma non certamente l’unico!
Unito ad un certo pessimismo del corpo umano, questa idea dilaga nel pensare il primario come
unico. È un’idea spesso portata avanti in ambito anglicano e anche Casti connubii ripropone
proprio che il fine primario sia generativo e secondariamente unitivo.
La ricezione di questa enciclica è molto sofferta: alcuni non sanno leggerla (lo sguardo è
filosofico e non tutti colgono), ma la lettura del fine sessuale nella corrente scolastica porta
ad un dialogo ancora più complesso. Si sviluppa la filosofia personalistica, che è esattamente
la reazione alla filosofia cartesiana dell’individuo: persona è “maschera”, è dunque l’insieme
delle sue relazioni e dunque vi è anzitutto una società nella quale ci si inserisce. La filosofia
personalistica rilegge il matrimonio dicendo che il fine procreativo e unitivo vanno rivisti:
la famiglia è una cellula politica di relazione (società e Chiesa non possono costituirsi
senza)
nella famiglia l’aspetto del mutuo aiuto è fondamentale tanto quanto la generatività.
In due Costituzioni del CVII si parla particolarmente di famiglia:
Lumen gentium (piccolo chiesa domestica)
Gaudium et spes (rapporto Chiesa e mondo)
Humanae Vitae
Nella realizzazione di HUMANAE VITAE ci si spacca in due documenti: quello di minoranza (portato
avanti dal teologo Karol Wojtyla e assunto infine da Paolo VI) ha un fondo tomista: l’atto
sessuale è per sua natura la relazione nella quale si procrea, limitare la fertilità con mezzi
tecnici significa cercare una finalità nella tecnica e non nella natura, perché finalità dell’uomo
è desiderio del dare la vita (ma certo ci possiamo leggere una gerarchia del fine procreativo su
quello unitivo).
Familiaris Consortio
Difficile che una posizione del genere – pur non distante dalla sensibilità diffusa – venga
facilmente accolto: è un documento che viene gelato dal clima di polemica in cui è emerso.
Allora Giovanni Paolo II, percependo che qui c’è uno “scisma nascosto”, convoca un sinodo
sulla problematica della famiglia che si svolge nel 1981-1982. L’anno successivo esce
Familiaris Consortio (1983), che non tiene quasi conto del dibattito e pone un discorso
assertivo, dal respiro primaverile.
La diffusione della rivoluzione sessuale pone delle domande nuove, e allora la riflessione tiene
dentro la questione della FERTILITÀ, ma anche cosa sono quei cristiani che non celebrano le
nozze (more uxorio), coloro che prima erano chiamati “concubini” o “pubblici peccatori” ed
ora sono indicati con SITUAZIONI IRREGOLARI.
Questi i temi principali:
lettura della famiglia e del matrimonio resta scolastica (metafisica e non antropologia di
tipo storico);
sulla morale riprende l’impostazione di Humanae vitae;
ci si interroga seriamente sulle situazioni di chi non celebra il matrimonio (nn.80-84); si
evidenziano sei casi:
matrimonio “per esperimento”
unioni libere di fatto
cattolici uniti con il solo matrimonio civile
separati
divorziati non risposati
divorziati risposati
Familiaris Consortio impegna al n.84 i pastori ad un grave compito di DISCERNIMENTO:
Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le
situazioni. C'è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare
il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per
loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono
infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell'educazione dei
figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente
matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido.
Criteri fondamentali per il DISCERNIMENTO a cui e chiamata tutta la comunità di fronte a tali
vicende sono: la carità nella verità, la chiarezza nei principi, l’accoglienza e misericordia.
Problema del controllo delle nascite. La FC vuole riaffermare l’Humanae Vitae, compiendo però
cambiamento nell’uso dei concetti: si formalizza la distinzione tra METODO NATURALE e METODO
ARTIFICIALE. Il magistero in questo modo già accetta che si parli di metodi per regolare la
fertilità.
Il naturale è accettabile, l’artificiale è immorale perché è manipolazione (naturale / artificiale
è cosa diversa da “secondo / contro natura”).
ARTIFICIALE è quella dimensione dialettica che però può essere pro o contro la natura;
evidentemente la mortalità dell’artificiale è discernibile a partire dalla finalità (se è concorde
o meno alla natura).
Ovviamente, la maturazione accompagna quel dibattito che continua a sospettare che ciò che
è chimico e tecnico non faccia il bene di nessuno.
Il Magistero di Benedetto XVI allarga ancora il discorso: un battezzato non scomunicato è parte
della comunione della Chiesa.
Amoris Laetitia
Giungiamo al Magistero di Francesco. Sono due i sinodi sulla famiglia e il matrimonio: sono
convocati per la preoccupazione che le persone non si sposano più, che il matrimonio non è
più sentito come importante. Dunque è una questione anzitutto ecclesiologica, e sarà in
continuità con il successivo sinodo sui giovani, che mette in luce la preoccupazione della fede
oggi.
Il titolo: AMORIS LAETITIA, LA GIOIA DELL’AMORE
citazione di una espressione presa Benedetto XVI (Porta fidei) – Deus Caritas est.
legame con Evangelii Gaudium – quale Chiesa? Quale rapporto con il Vangelo e con Dio?
la proposta non è offrire categorie per definire o regole per agire, ma leggere con calma
la dinamica della salvezza nell’amore. Un evento linguistico (Schönborn): n.134 come
crescere nell’amore? Tutti posti di fronte a questa dimensione.
due Sinodi (2014 e 2015), due conclusioni (Relatio Synodi, Relatio Finalis)
poliedro: necessita di una inculturazione in situazioni molto diverse (n.7), evitando di
voler cambiare tutto o di cercare norme da applicare (n.2).
INTRODUZIONE: la gioia dell’amore
La chiave di lettura: uscire dalla logica del documento sul matrimonio e sulla famiglia per una
logica di pastorale sull’amore. “Ricordando che il tempo è superiore allo spazio, desidero
ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con
interventi del magistero” [3].
È dunque urgente domandarsi perché il matrimonio non è più desiderabile.
Essere GENERATIVO significa:
SOGNARE qualcosa di nuovo;
CONCEPIRE e METTERE AL MONDO;
EDUCARE, dedicare del tempo;
LASCIAR ANDARE a meno di rimangiarsi la generazione.
Un altro livello riguarda i rapporti tra governanti: siamo nei TRATTATI DI VASSALLAGGIO; molto più
elaborati dei precedenti; hanno sempre:
Preambolo. Si indicano i soggetti implicati, con quali popoli rappresentano.
Prologo. E narrativa, racconta la storia della relazione tra i popoli o i sovrani fino a quel
momento.
Stipulazioni. E una parte normativa che contiene al suo interno:
Dichiarazione fondamentale o comandamento fondamentale. In cosa consiste
l’impegno che i sovrani pongono in essere. Si parla di protezione, fedeltà, aiuto
reciproco, persino di amore.
Condizioni particolari. Come questa dichiarazione fondamentale sarà realizzata?
Implicazioni militari, tributi da pagare, azioni richieste perché si realizzi la dichiarazione
fondamentale.
Clausole. Di questo documento entrambi devono avere una copia, che deve essere
periodicamente leggo in modo pubblico.
Lista dei testimoni. Di solito sono le divinità dei popoli o dei sovrani.
Benedizioni o maledizioni. Sono indicate le conseguenze positive o le sanzioni se le due
parti mantengono o violano l’impegno preso.
Esempio di questo è GIOSUÈ 24.
1-2: preambolo
3-13: prologo storico narrativo che dice la relazione tra i due presenti
14a: dichiarazione fondamentale
14b: condizioni particolari
…preambolo e prologo permettono le condizioni e ne danno le motivazioni
19-20: benedizioni e maledizioni
22 e 27: testimoni
Un trattato di vassallaggio contiene già al suo interno i motivi e le conseguenze del patto. Tale
trattato è, dunque, certamente bilaterale ma anche asimmetrico: tutte le azioni sono fatte
solamente da Dio (cfr. prologo).
Questo tipo di alleanza si ritrova in molti altri testi (Dt 31; 2Re 22,23; Ne 8).
Se prendiamo ESODO 19,3-8, siamo all’interno della Legge dei comandamenti: l’Alleanza del Sinai
è certamente bilaterale. Mosè è MEDIATORE tra Dio e il popolo; ma il racconto è la narrazione
della liberazione dall’Egitto dal punto di vista di Dio: la dichiarazione fondamentale di questa
alleanza è diventare uno parte della vita dell’altro, non un’imposizione ma una proposta (“se
vorrete…” suppone la possibilità di un rifiuto). Condizione del patto bilaterale è che entrambe
le parti lo accolgano liberamente (anche se è sbilanciata, asimmetrica). Ma tale libertà non
prevede una accettazione parziale! Il popolo è posto davanti ad una scelta difficile. LA LIBERTÀ
IMPONE LA SCELTA.
CONSEGUENZA di una tale alleanza (cfr. Es 19,5-6) è che “voi sarete miei ed io sarà vostro”:
è un linguaggio nuziale! Il termine segullah (proprietà) indica non una proprietà
“statale” ma intende una PROPRIETÀ PERSONALE del sovrano.
Essere un “regno di sacerdoti” (cfr. Is 61,6) significa dire che a loro è data una dignità riservata
solo ad alcuni, certo, ma a favore di tutti: dunque avere un privilegio ma anche un COMPITO. Si
intende dunque una distinzione precisa (cfr. Is 62,12): dire un’elezione di questo tipo è una
elezione che permette una vicinanza a vantaggio di tutti i popoli della terra (così, più una
coppia è unita, più sarà aperta al mondo: non è vero che una intimità esclude, anzi!). Nella
verità biblica un patto libero, bilaterale e asimmetrico rende sacerdoti e santi (canale di
benedizione per tutti).
Il popolo, dunque, ascolta e accetta liberamente: allora ci sarà una teofania, che però – come
ogni intimità vera – fa un po’ paura.
IN SINTESI:
Nella Scrittura l’alleanza può essere:
Unilaterale
Bilaterale
Patto reciproco
Trattato di vassallaggio 🡪 al centro pone lo scopo
nel patto uomo-Dio: scopo è “io sono tuo, tu sei mio”
libera, bilaterale, asimmetrica, a favore di tutti i popoli
Vediamo ancora Esodo 24,3-8 (a cui fa riferimento la tradizione marciana a proposito
dell’istituzione dell’Eucaristia): comporta che anche la generazione dei figli potrà far parte
dell’alleanza.
C’è un parallelo con DEUTERONOMIO 17, 14-20: Israele, come regno di sacerdoti, è chiamato a
leggere la Torah tutti i giorni della vita.
La prima volta in cui nella Scrittura si parla del sangue, è con il sangue di Abele. Il sangue è
simbolo del possesso di Dio su ogni vita (per questo proibisce di toccarlo). Cfr. LEVITICO 14,14,
ma anche LEVITICO 8,19.24. Si aspergono, dunque, la persona e l’altare. In Es 24 ciò indica una
consacrazione: così Mosè consacra tutto il popolo come popolo di sacerdoti.
L’alleanza è dunque fondata sulla LIBERTÀ, sulla MEMORIA, ma bisogna che le leggi siano SCRITTE,
COMPRESE e RILETTE tutti i giorni: dunque, è vero che è Dio che fa quasi tutto, ma nella libertà
chiede l’impegno reciproco di non avere altri dèi (ecco perché bisogna stare lontani dallo
straniero!).
Ora, diventare “FAMIGLIA DEL SIGNORE”, è diverso dall’essere “popolo del Signore”: è un legame di
parentela, diventa un legame di sangue!
Secondo l’esegesi, ci sono due modi per stipulare l’alleanza:
FORMULA DELL’ALLEANZA
FORMULARIO DELL’ALLEANZA
La samaritana sembra rifiutare l’acqua (di fatto la rifiuta), ma non il dialogo. Proprio il dialogo
sembra impossibile (giudei e samaritani). Proprio il dialogo era l’inizio del cammino del
matrimonio.
DIALOGO SULL’ACQUA VIVA.
Le risposte di Gesù capovolgono la situazione, in modo tale che la donna che era reticente
al dialogo e lei stessa alla fine a chiedere dell’acqua. Quando Gesù è colui che offre, e offre
una fonte di acqua che non si estingue, la donna chiede di disporre di quest’acqua.
Se nel racconto di Genesi 24 avviene come richiesto (la donna da l’acqua), in Genesi 29 è
Giacobbe a dare l’acqua alla futura sposa. Ci vogliono tutti i pastori per rimuovere la pietra
sul pozzo. Invece Giacobbe da solo (rabbini: come un tappo da una bottiglia) rimuove la
pietra e dà da bere al gregge e a Rachele.
C’è un dislivello tra le parole della donna e quelle di Gesù. L’acqua e l’esigenza sponsale
non ancora realizzata in pienezza. La donna inizialmente fraintende! (strategia costante dei
discorsi di Gesù nel vangelo di Giovanni: Gesù a un certo punto inserisce elementi diversi che
gli interlocutori
fraintendono).
Non sorprende pero l’invito di Gesù a chiamare il marito: chiede conto alla donna se ella
può entrare nel dialogo che Gesù le propone. Invitata a prendere consapevolezza della sua
situazione, in un contesto che di solito culmina nel matrimonio.
Motivo del 6: 5 mariti + il 6° non sposato (era l’ora sesta, ricerca di vita sponsale ancora
incompiuta). Il 6 e sempre attesa per il 7° compiuto. Le 6 relazioni non l’hanno ancora aiutata
a cogliere la pienezza.
Il discorso cambia: dove si deve adorare? Motivo del culto. Opposizione tra giudei e
samaritani: epoca post-esilica. I giudei ricostruiscono il tempio ed escludono i samaritani,
non più ammessi alla ricostruzione del tempio. Questi rimpatriati del regno di Israele sono
contaminati attraverso matrimoni misti (cfr. Esdra e Neemia). Accanto alla tradizione
giudaica, pero, la tradizione samaritana ha continuato ad esistere: ricostruiscono il tempio
ed hanno un Pentateuco diverso da quello dei giudei. La samaritana richiama la tradizione di
Osea 2: la samaritana ha molti mariti, e la sposa infedele (matrimonio e culto: problema dello
stabilire la vera relazione con il marito).
Opposizione dei samaritani e dei giudei: per Gesù sono nella stessa situazione. Hanno
incompiutezza nel riconoscere il vero sposo, la vera signoria di Dio. Si e sullo stesso livello.
Dio cerca chi lo adori in spirito e verità. Le divisioni sono azzerate. La sponsalità si esprime in
spirito e verità, non su un luogo fisico.
Sono io che ti parlo. La samaritana non si sofferma su questa risposta. Giungono i discepoli. La
donna corre, ma non dalla sua famiglia, ma dai suoi concittadini (Sicar). Li invita.
Lei che era andata al pozzo in solitudine, per non incontrare nessuno, non vuole adesso essere
più sola. Lei che nascondeva ciò che aveva fatto invita gli altri a vedere uno che le ha proprio
detto ciò che aveva fatto. (trasformazione dello sguardo anche verso se stessa).
Il motivo tradizionale è trasformato: la famiglia della donna sono i concittadini che vanno
incontro all’uomo al pozzo.
31-38 MOTIVO DELLA MIETITURA. Discorso con i discepoli.
Invito a mietere ciò che loro non hanno seminato. Contrariamente a ciò che accade in natura
(ci vogliono mesi tra la semina e la mietitura), qui la mietitura avviene subito per qualcosa di
cui non si è avuto cura.
Cos’è questa mietitura a cui si fa riferimento?
30. mentre i samaritani vengono incontro a Gesù si parla di mietitura. È la messe di Samaria
che va incontro a Gesù, per ora mossa da curiosità, ma poi con riconoscimento.
In Osea 2 lo sposo dà i beni relazionali alla sposa, ma anche la fecondità della vita sponsale.
I samaritani nell’andare incontro a Gesù esprimono il ritorno al vero sposo, in cui loro sono
la messe abbondante.
I discepoli devo imparare ad alzare gli occhi. Essi non riescono a capire. In questo modo (la
messe sono i samaritani), si capisce che Giovanni ha realizzato quello che si chiama la
permutazione del ruolo: all’inizio è presentata solo una donna con una vicenda tormentata.
Essa sta per la comunità di Samaria, la rappresenta. Infatti il riconoscimento viene fatto non
più dalla donna, ma dai samaritani. Giovanni inizia con una donna ma per parlare di una
comunità.
39-42 SONO I SAMARITANI AD AVERE UN RUOLO IMPORTANTE.
Manca la celebrazione del matrimonio. Qui il racconto si conclude con una professione di
fede molto solenne da parte dei samaritani. Fin dall’inizio era diverso il modo di presentare
l’incontro. Questa samaritana non è una donna come Rachele e Rebecca (nubili, le spose
ideali). Questa è già ripetutamente sposata. Nella sua vita però non ha ancora compreso,
sperimentato la dimensione sponsale. Questa donna non è per nulla ideale: è la sposa
infedele, è la tradizione samaritana (ma anche i giudei sono contaminati).
L’atto finale di fede è adeguato. Non si trova uno sposo (occorre essere nubili, andare al
pozzo la sera).
Osea 2,16: sposa nel deserto e Dio che parla sul suo cuore.
Qui il deserto è il caldo dell’ora 6. Lo sposo parla in solitudine sul cuore della sposa, degli
effetti fondamentali che la sposa non ha ancora riconosciuto. Gesù parla al cuore della sposa
infedele (mentre i giudei sono ancora chiusi). Gesù viene a ripristinare il legame sponsale.
La confessione è molto forte: salvatore del mondo. Dimensione universale della salvezza
(cosa che i giudei non possono riconoscere). Il messia è lo sposo salvatore del mondo, che
riporta a sé l’umanità.
Matteo 19,3-12
La struttura di Mt 19 mostra un chiasmo:
discorso sul ripudio: MATRIMONIO
Gesù e i bambini: BAMBINI
il giovane ricco: PATRIMONIO
5. Elementi di complessità
Dal punto di vista dottrinale, la teologia ha continuato a parlare del matrimonio come una
possibilità per tutti; la domanda su cosa porta al matrimonio non è assente, nemmeno tra
coloro che scelgono di convivere. Lavoriamo allora su questi aspetti.
Quando una coppia non ha una vita di fede, dicono i Vescovi nel 1975, il matrimonio dà
comunque loro qualcosa di buono…se lo chiedono, non è verificabile il loro livello di fede.
Bisogna riconoscere che c’è un ritardo perché:
l’impressione che lascia il nostro linguaggio è certamente uno sbilanciamento sul no più
che sul saper valorizzare il positivo.
l’approccio riesce raramente a non essere moralista.
quasi tutte le energie sono dedicate alla preparazione prossima della celebrazione e
molte meno si dedicano a valorizzare la famiglia come risorsa della Chiesa.
le buone pratiche di vita (condomini solidali, progetti “parrocchia-famiglia”, la catechesi
“dei quattro tempi”) sono poco conosciute e ancora embrionali.
Il matrimonio come sacramento
Il rito del matrimonio cristiano presuppone:
il cammino del fidanzamento (cfr. seconda formula del consenso nel nuovo rito), inteso
come vero discernimento, rischio, prova, gioia, scoperta. L’impressione è che anche il
fidanzamento, avendo perso i suoi riti, sia diventato un accomodarsi, mettendosi al
sicuro dalla paura di rimaner soli (cfr. l’insopportabile tabù della zitella). Cosa significa
vivere il fidanzamento con fede, come discernimento? Sappiamo ancora educarci ai
sentimenti? Diventa perciò chiaro che questo cammino, in realtà, deve essere già iniziato
prima di fidanzarsi, da adolescenti e da bambini.
IL FIDANZAMENTO, ALLORA, COME TEMPO DI DISCERNIMENTO.
una preparazione remota: l’educazione sentimentale ed affettiva è il vero dramma
contemporaneo. Cosa significa dare un nome ai sentimenti? È indispensabile maturare
la capacità di stare da soli, per non strumentalizzare l’altro (cfr. definizione del peccato
come male che facciamo scontare ai nostri cari). Cosa significa reggere alla complessità
della vita uscendo dal progetto di auto salvezza? Il rito del matrimonio presuppone
proprio questo (è infatti innestato sul battesimo! Cfr. Memoria del battesimo nel nuovo
Rito).
IL MATRIMONIO È INNESTATO SUL BATTESIMO E CHIEDE DI CAPIRE IN SENSO BIBLICO UNA RELAZIONE.
Un cammino di fede: il legame tra fede e validità del sacramento è un tema difficile (non
si può certamente legare, come fa notare la FC, la validità del matrimonio a ciò che non
si può verificare, ma seppure il sacramento non presupponga la fede, senza di essa è ben
chiaro che esso perde di rilevanza, per la serietà della libertà umana che Dio ha creato e
rispetta!).
IL CELEBRARE IL MATRIMONIO SENZA FEDE È SÌ POSSIBILE, MA LO RENDE ASSOLUTAMENTE IRRILEVANTE: COME
TUTTI I SACRAMENTI, ANCHE IL MATRIMONIO PORTA FRUTTO SE HA UN ACCESSO DI LIBERTÀ.
Se l’innamoramento è evidente anche se non dichiarato, il rito del dichiararsi cambia tutto
perché “chiede il conto”, svela le carte: cambia tutto ontologicamente!
In tal senso, quando due persone scoprono un innamoramento nascosto, sono chiamate a
riconoscere la vocazione in Cristo: capire che non è solo per loro due, addirittura immaginare
un “per sempre”, ovvero una vittoria del proprio egocentrismo.
Il sacramento del matrimonio, quando è celebrato, riconosce che la grazia era già attiva
(PASSATO) e promettendo nella comunità (PRESENTE) fa di quella relazione una cosa tutta diversa
(FUTURO). Dunque, in positivo e in negativo, la celebrazione cambia tutto: il rito innesta
qualcosa che prima non c’era! SENZA RITO NON C’È DECISIONE!
Ora, ogni rito è trasparenza: già il rito civile è trascendente…ma il religioso fa dire
quell’impegno non a partire da sé, ma a partire da Dio. Il religioso rende vero il civile, ma
mostra che c’è una soggettività diversa: non lo eleva, ma lo illumina!
Alcune urgenze
Resta, come dicevamo, quasi impossibile vedere che i cristiani credono davvero la vita di coppia
è una vera scuola di vangelo (non certo l’unica).
Quando una coppia si impegna, molto spesso la formazione e le domande che la comunità
sembra porre alla coppia “missionaria” sembrano spengere in ben altra direzione rispetto
alla quotidianità del sacramento. La coppia non può cercare esoneri! Essa è missionaria
perché deve «divenire anzitutto ciò che essa è: profonda e intensa comunione di vita e
d’amore che si offre come testimonianza che arricchisce non solo la Chiesa ma anche la
società» (ESM 110).
Tale dimensione non può che farsi politico, oltre che ecclesiale. La famiglia può diventare
un “egoismo allargato”. Ma quale realismo ha una concentrazione sul nucleo familiare che
non vede che i figli vivranno in quella stessa città che trascuriamo, che il tempo sarà
schiavo di quel mondo del lavoro che non miglioriamo, che le solitudini altrui non faranno
che cadere sulla famiglia?
Questa chiamata politica è comunque prima di tutto una dimensione della comunità
ecclesiale. Una Chiesa senza matrimonio non esiste, perché non conoscerebbe la fedeltà
di Cristo, non capirebbe cosa significa aprirsi al diverso (e il primo diverso è il figlio! Magari
adolescente), non saprebbe cos’è l’ecumenismo (guardare prima di tutto a ciò che ci unisce
e non solo a ciò che ci divide). Alcune fragilità ecclesiali dipendono proprio dall’enorme
“sordina” imposta (o autoimposta) dalla famiglia.