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CAPITOLO 1

La creazione e il tempo

Il dio creatore, secondo alcuni miti dell'antica India,


aveva in mano un tamburo e suonandolo ha creato e orga­
nizzato tutto l'universo facendo sorgere il mondo dal caos
e scandendo le fasi della sua esistenza. Il potere del dio
creatore è simboleggiato dalle poche note e dal ritmo par­
ticolare della musica, che non è nient'altro che una rap­
presentazione del tempo. Il tempo, per usare un'altra im­
magine, è la culla del nostro universo. L'antica religione
indiana aveva intuito questa verità fondamentale e l'aveva
resa con un'immagine ricca di connotazioni: un tamburo
nelle mani di un dio.
Il dio indiano Shiva, il «re della danza» (Nataraja), tie­
ne anch'egli un tamburo in una delle sue sei mani per rit­
mare l'eterno ciclo della nascita e della morte, della crea­
zione e della distruzione. La danza del dio Shiva
rappresenta la vita dell'universo nei suoi diversi aspetti:
tempo, ritmo, trasformazione, armonia, generazione, na­
scita, alternanza di morte e rigenerazione.
Qyello che la religione indiana ha intuito e reso con
immagini potenti, lo ritroviamo in forma diversa nella
Bibbia, in particolare nel libro della Genesi. Le immagini
sono diverse, ma il messaggio è analogo: il tempo è la di­
mensione fondamentale del nostro mondo e della vita
umana. Il primo capitolo di Genesi descrive la creazione
del mondo in sette giorni, e il quadro della settimana non
è solo un artificio letterario che permette di organizzare
meglio la descrizione dell'atto creatore. La settimana è
8 JEAN-LOUIS SKA • Antico Testamento. 2

anch'essa opera del Creatore e rivela una delle intenzioni


basilari sulla creazione. Per dirlo in poche parole, il mon­
do è tempo, l'universo è storia e la priml settimana dell'u­
niverso contiene in nuce il lungo itinerario del nostro
mondo e quello, molto più breve, di ognuno dei suoi abi­
tanti. Una lettura di Genesi 1 permette di suffragare que­
sta idea.

Il racconto della Genesi


La prima opera compiuta dal Creatore è la creazione
della luce (Gen 1,3) che, separata dalle tenebre, scandisce
il primo ritmo dell'universo, quello del giorno e della not­
te. L'alternanza del giorno e della notte è, in effetti, il
ritmo basilare del tempo. Qyesta opera basta per il primo
giorno, il che vuol dire che abbiamo in questo primo mo­
mento della creazione il tempo allo stato puro e niente
altro. In seconda battuta, il secondo giorno, Dio crea lo
spazio, vale a dire la volta celeste o firmamento (Gen 1,4).
Segue, il terzo giorno, l'apparizione della terra e la crea­
zione delle piante. Il quarto giorno, quello che si trova al
centro della settimana (3 + 1 + 3) e che si chiama giusta­
mente in tedesco Mittwoch («il mezzo della settimana»),
interrompe in qualche modo la sequenza perché uno si
aspetta di assistere, dopo la creazione della vegetazione,
alla creazione degli animali. Tutto, in realtà, è pronto per
questa realizzazione perché Dio ha creato le condizioni
necessarie: gli animali hanno i loro spazi particolari, terra,
cielo e mare, e il cibo indispensabile alla loro sopravviven­
za. Il quarto giorno, però, è dedicato alla creazione di
tutt'altra cosa: il Sole, la Luna e le stelle. Il testo parla in
modo vago del «grande luminare» (il Sole), del «piccolo
luminare» (la Luna) e delle stelle, con ogni probabilità per
evitare di dare nomi a elementi che, nella religione della
Mesopotamia, erano divinità molto venerate.
Dio crea il quarto giorno il grande orologio e il calen­
dario dell'universo. Finora abbiamo solo il giorno e la
CAPITOLO 1 - La creazione e il tempo 9

notte. Dopo il quarto giorno, l'universo è prowisto di


quanto è necessario per misurare il tempo. Le quattro fasi
della Luna permettono di calcolare le settimane e i mesi.
La rivoluzione della Terra attorno al Sole - questo, però,
lo sappiamo solo oggi - si compie in un anno. Gli antichi
avevano già notato che le stagioni dipendono dalla posi­
zione del Sole sull'orizzonte. La settimana e il mese sono
quindi determinati dalle fasi della Luna, l'anno invece è
stabilito dal Sole. Inoltre, l'osservazione delle stelle, in
particolare dei «segni dello zodiaco», permette anch'essa
di stabilire con più precisione il calendario. Infine, il testo
parla di «tempi determinati», di «feste». Si tratta, in paro­
le semplici, delle ricorrenze del calendario liturgico. Il
quarto giorno, pertanto, è, così come il primo, interamen­
te dedicato all'organizzazione del tempo.
Nessuno si meraviglierà che dopo il primo e il quarto
giorno, l'ultimo giorno della prima settimana della crea­
zione sia anch'esso consacrato al tempo come tale. �esta
volta, però, la cosa è diversa perché Dio non «fa» niente,
al contrario di tutti i giorni precedenti. Nel settimo gior­
no, come dice il testo biblico, Dio si astiene dal lavoro: si
riposa, «santifica» questo giorno e lo benedice. I verbi
usati, «santificare» e «benedire», appartengono al vocabo­
lario della teologia e della liturgia. Il decalogo parlerà di
«santificare» il sabato (Es 20,8; Dt 5,12). Ora, il verbo
«santificare» in ebraico ha un significato ben preciso. È
santo quello che appartiene in modo esclusivo a Dio,
come dicono con la dovuta chiarezza testi quali Es 31,12-
17; 35,1-3 o anche lo stesso decalogo, sempre in Es 20,11.
Il testo più esplicito in merito è Es 31,14:

Osserverete il sabato, perché è santo per voi: chi lo pro­


fanerà sarà messo a morte, perché chiunque vi farà un
lavoro sarà eliminato dal mezzo del suo popolo.

L'osservanza del sabato è materia di vita o di morte, si


tratta quindi di un problema «vitale» per Israele. Non os­
�ervare il sabato è chiamato «profanazione», «dissa-
crazione». Il delitto non è quindi un delitto qualsiasi, ma
un delitto contro Dio stesso perché tocca qualche cosa di
«sacro».

IL GRANDE CODICE DELL'IMMAGINARIO OCCIDENTALE


.,
Fondamentale per il nostro discorso[ ...] è traéciare una netta distin­
zione di natura metodologica ed ermeneutica tra due coppie tema­
tiche, spesso confuse tra loro con esiti deleteri in entrambe le sedi,
scientifica e teologica. La prima coppia comprende due percorsi le­
gittimi e autonomi: da un lato, l'evoluzione, che designa una teoria
scientifica destinata a spiegare l'origine e lo sviluppo delle specie
viventi in forme sempre più complesse e sofisticate e attraverso pro­
cessi selettivi; d'altro lato, la creazione che è, invece, una dottrina fi­
losofica e teologica, presente nella Bibbia (ma non solo), la quale in­
dica un rapporto di dipendenza metafisica tra il creato e una «Causa
prima» che pone l'awio all'essere e al suo evolversi (la cosiddetta
creatio continua o prowidenza), senza elidere però le «cause secon­
de» insite nel creato stesso.
Si tratta di due prospettive che hanno un proprio statuto epistemo­
logico che dev'essere custodito e praticato con coerenza e rigore
[ ... ). Da questa corretta distinzione si è, però, sviluppata una sorta di
diversione fuorviante che ha dato origine alla seconda coppia nella
quale i piani si confondono, confliggendo tra loro. Da un lato, sorge
l'evoluzionismo che è una trasposizione ideologica dell'evoluzione
come filosofia della natura, persino della società e dell'intero essere,
arrogandosi quasi il diritto di essere una «philosophia prima» che
tutto spiega. [ ...) D'altra parte, per reazione si configurava il creazio­
nismo (o «creation science») che commetteva lo stesso errore meto­
dologico, anche se in senso antitetico: usava, cioè, la dottrina teolo­
gica della creazione per contrastare e contestare la teoria scientifica
dell'evoluzione, spesso appellandosi ai testi biblici adottati in chiave
fondamentalista (soprattutto negli Stati Uniti). Una variante più no­
bile, ma ugualmente discutibile in sede epistemologica, è la tesi
dell'lntelligent Design, proposta inizialmente da Michael Behe e Wil­
liam Dembski. Costoro si basano sulla presenza in natura di «com­
plessità irriducibili» che meglio si spiegherebbero ricorrendo a un
«progettista intelligente».

GIAHFRANCO RAvAs1, Darwin e il Papa. li falso dilemma tra evoluzione e creazione, EDB, Bo­
logna 2013, 32-34.
Nei racconti di creazione nel Medio Oriente antico, la
conclusione è generalmente la stessa: il dio creatore si fa
costruire un tempio dove potrà essere venerato come so­
vrano dell'universo da lui creato. Nel nostro racconto, in­
vece, il Dio creatore della Bibbia non costruisce né si fa
costruire un tempio. Si riserva solo un «tempo sacro», il
sabato appunto. Il tempio sarà costruito molto dopo. Pri­
ma, Dio chiederà a Mosè di costruire un santuario porta­
tile nel deserto, la cosiddetta «tenda dell'incontro» (Es
24-31; 35-40), poi Salomone costruirà il famoso tempio
di Gerusalemme (lRe 5-8). Il primo «luogo» dell'incon­
tro fra Dio e l'umanità, però, è un giorno, non un luogo.
Il Dio della Bibbia abita il tempo prima di abitare lo spa­
zio. La dimensione temporale precede quindi la dimen­
sione spaziale. È quanto afferma il nostro racconto della
creazione: il Dio di Geo 1 è un Dio del tempo e della
storia. Solo in un secondo momento, e molto più tardi, si
sceglierà un luogo particolare dove abitare.
Le esperienze d'Israele hanno certamente avuto un'in­
cidenza non trascurabile sulle concezioni che appaiono in
questo capitolo scritto, come comunemente accettato da
una grande maggioranza di esegeti, durante o poco dopo
l'esilio. Il tempio è stato distrutto dall'esercito babilonese
nel 586 a.C. e parte del popolo è stata esiliata (2Re 25,1-
21; Ger 39,1-10; 52,12-27). Israele, però, non ha perso la
fede nel suo Dio, non ha perso «contatto» con lui, perché
ha scoperto che egli non era legato a un luogo particolare
come, ad esempio, il tempio di Gerusalemme. Il Dio
d'Israele conduce la storia del suo popolo e la storia dei
popoli. La sua dimora è quindi la storia, dove esercita il
suo dominio. La sua dimora terrena non è nient'altro che
un simbolo della sua presenza in ogni luogo e in ogni mo­
mento della storia del suo popolo.
12 JEAN-LOUIS SKA -Antico Testamento. 2

Mondo greco e mondo biblico


Molti esegeti, sulla base di queste ;sservazioni, hanno
'
voluto individuare nella Bibbia e nel mondo semitico una
mentalità particolare, distinta dalla mentalità diffusa nel
Medio Oriente antico o in Grecia, in particolare a propo­
sito del tempo. La Bibbia avrebbe una concezione del
tempo lineare, mentre la Grecia così come le culture del
Medio Oriente antico avrebbero una concezione ciclica
del tempo. Inoltre, è stato più volte affermato che la Bib­
bia privilegia la dimensione temporale mentre la Grecia
favorisce un modo di pensare essenzialmente spaziale.
Alla radice di queste differenze diversi autori pensavano
di poter individuare la distanza che separa una religione
rivelata, quella biblica, dalle cosiddette religioni «natura­
li» e dalle loro «mitologie».'
Un esempio particolarmente chiaro di questo modo di op­
porre Bibbia e Grecia, Gerusalemme e Atene, è uno studio
dell'esegeta svizzero Oscar Cullmann pubblicato subito dopo
la seconda guerra mondiale, nel 1946. Il libro è intitolato Cri­
sto e il tempo. Altri studi di quest'epoca hanno voluto eviden­
ziare i caratteri distintivi della «mentalità biblica» in contrasto
con quella della Grecia e con le culture del Medio Oriente
antico. In un modo che deve molto alla teologia dialettica di
Karl Barth, le differenze fra Grecia e Israele sono spesso rias­
sunte in una serie di antitesi: spazio/tempo, tempo ciclico/
tempo lineare, statico/dinamico, mitologia/rivelazione.
Nel mondo greco, la concezione ciclica del tempo ob­
bliga a considerare il tempo come prigione dalla quale oc­
corre scappare. La salvezza è di conseguenza vista secondo
un modello spaziale, come passaggio da un quaggiù tem­
porale a un aldilà eterno. Nel mondo biblico, in particolare
nel Nuovo Testamento, la salvezza è temporale perché si
compie nel tempo concepito in modo lineare, vale a dire

M.
1
EuADE, Il mito dell'eterno ritorno. Archetipi e ripetizione, Boria, Roma
1999.
CAPITOLO 1 - La creazione e il tempo 13

che la salvezza avviene all'interno della storia umana. L' e­


ternità non è in un altro «luogo», bensì in un altro «tempo»,
un futuro che si trova all'orizzonte del presente in cui vivia­
mo. Si potrebbe riassumere questo pensiero in una formula
breve, forse caricaturale: per i greci la salvezza è sopra di
noi, nel cielo stellato delle idee pure, mentre per la Bibbia
la salvezza è davanti a noi, nel ritorno del Cristo risorto.

LA LINEA E IL CIRCOLO
È necessario che noi partiamo da questa constatazione fondamentale,
e cioè che per il Cristianesimo primitivo, come pure il giudaismo
biblico e per la religione iraniana, l'espressione simbolica del tempo
è la linea [ascendente], mentre per l'ellenismo è il circolo.
Poiché nel pensiero greco il tempo non è concepito come una linea
continua che abbia un inizio ed una fine, ma come un circolo, il fatto
che l'uomo sia legato al tempo vi è necessariamente inteso come
una schiavitù e una maledizione. Il tempo si dis1:iiega secondo un ci­
clo eterno e [ognuno) si sforza di liberarsi dalla morsa di questo ciclo
eterno, di liberarsi dal tempo stesso.
1 Greci non riescono a pensare che la liberazione possa prodursi at­
traverso un atto compiuto da Dio nella storia temporale. La liberazio­
ne può consistere, per essi, soltanto nel passare dall'esistenza di
quaggiù legata al ciclo del tempo, ad un aldilà, sottratto al tempo e
sempre accessibile.
La rappresentazione della felicità secondo i Greci è dunque spaziale,
determinata dall'opposizione quaggiù-aldilà, e non temporale, ca­
ratterizzata quindi dal contrasto fra il presente e l'avvenire. Non può
esser determinata dal tempo, in quanto [esso) viene ciclicamente
concepito.

O. Cuu.MANH, Cristo e il tempo. La concezione del tempo e della storia nel Cristianesimo
pnmitivo, EDB, Bologna 2005, 74-76. Traduzione di B. Ulianich.

Altri autori di quell'epoca hanno insistito sul modo


«unico» o «distinto» di pensare il tempo e la storia, modo
caratteristico della Bibbia. Gerhard von Rad, per esempio,
dirà: «Qiesta concezione della storia [lineare] è una delle
maggiori realizzazioni del popolo [d'Israele]».2 Oppure il

1
G.vos RAo, 'JbeologiedesA/ten Testamentsll,Kaiser Verlag,Miinchen 1968, 117.
14 JEAN·LOUIS SKA · Antico Testamento. 2

teologo francese Claude Tresmontant, che oppone anche


lui Grecia e Israele rispetto al tempo:t«I Greci sembrano
essere stati colpiti dal movimento ciclicb [del tempo], all'in­
terno di un insieme che, esso, è in evoluzione. Di questo
movimento di evoluzione creatrice, cosmica o biologica, i
Greci non hanno avuto idea».3 L'idea di evoluzione creatrice
Tresmontant la trova invece nella Bibbia ed è stato, secondo
lui, merito del filosofo Henri Bergson averla riscoperta.4
Possiamo, però, contrapporre in modo così radicale
pensiero greco e pensiero biblico? I greci non hanno avu­
to alcuna idea di un tempo storico e lineare? Possiamo
anche dire che la Bibbia non conosce un tempo ciclico? E
che la sua idea di un tempo lineare in continua ascesa
verso la salvezza ultima permea davvero tutti i libri
dell'Antico Testamento e tutti i periodi della storia
d'Israele? In realtà le cose non sono così semplici. Il pen­
siero greco è più sfumato di quanto vorrebbero gli autori
appena citati. Si può constatare, ad esempio, che Cul­
lmann non cita alcun testo in particolare. Altri autori
sono più critici e mostrano che la filosofia offre più defi­
nizioni del tempo. Aristotele è forse il filosofo che più si è
soffermato sul problema nel suo trattato sulla Fisica. Una
sua definizione del tempo corrisponde effettivamente a
quanto è stato detto in precedenza: «Il tempo stesso sem­
bra essere un circolo» (Fisica IV,223b). Lo Stagirita, tut­
tavia, propone anche un'altra definizione che insiste so­
prattutto sulla successione del tempo: «Il tempo è una
misura del movimento secondo il prima, il dopo e la loro
successione» (IV,223b). In ogni modo, il tempo è spesso
visto sotto un aspetto negativo: «Il tempo logora»
(IV,220), oppure: «Ogni cambiamento equivale, per na­
tura sua, a disfare. Nel tempo tutto è generato e tutto è
distrutto [...]. Si vede che il tempo è causa di per sé di
distruzione piuttosto che di generazione [ ...] perché il

3
C. TRESMONTANT, Essai sur la pensée hébraique, Cerf, Paris 1953, 33.
• H. BERGSON, L'rooluzione creatrice, Raffaello Cortina, Milano 2002.
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cambiamento è, per natura sua, un disfare; se è causa di


generazione e di esistenza, è solo per accidente» (IV,222b ).
O ancora: «Abbiamo l'abitudine di dire che il tempo con­
suma, che tutto invecchia sotto l'azione del tempo, che
tutto si cancella sotto l'azione del tempo, ma non che uno
si istruisce o diventa giovane e bello; in effetti, il tempo di
per sé è piuttosto causa di distruzione poiché è sinonimo
di movimento e il movimento disfa quello che è»
(IV,22la). I greci avvertono spesso nel tempo, per dirlo
con Tresmontant, un movimento di catagenesi, di degra­
dazione.
I greci conoscevano inoltre le genealogie, la successio­
ne delle generazioni e il carattere particolare del tempo
storico, spoglio di ogni riferimento alla mitologia. Erodo­
to per primo, e soprattutto Tucidide, hanno sviluppato
un'idea della storia che è stata, giustamente, considerata
all'origine della moderna storiografia. Cicerone aveva già
chiamato Erodoto «padre della storia» (Leg. 1,1,5).
È quindi per lo più riduttivo considerare che i greci
avessero una visione prettamente ciclica del tempo.
Diverse voci si sono levate contro questa presentazione
troppo unilaterale del pensiero greco. Arnaldo Momiglia­
no, gran conoscitore della storia classica, trova questa
opposizione troppo semplicistica: il pensiero greco è rap­
presentato non dal solo Platone, bensì anche da Erodoto
o Tucidide. Diversamente sarebbe come dire che la
cultura francese non ha sviluppato alcun'idea di storia
perché questo pensiero è assente dalla filosofia di
Cartesio.5 James Barr, specialista di semantica biblica,
trova anch'egli questa opposizione poco fondata. 6
D'altra parte, è anche riduttivo pensare che l'Antico
Testamento conosca un solo modo di concepire il tempo,
nell'occorrenza il modo lineare, dinamico, e in ascenden-

' �- MoMIGLIANO, 1he Classica! Foundations of Modern Historiography,


Unzvm1ty of California Press, Berkeley (CA)-Los Angeles (CA)-Oxford
1990, 29-30.
· J. BARR, Semantica del linguaggio biblico, Il Mulino, Bologna 1961, 23-36.
16 JEAN-LOUIS SKA -Antico Testamento. 2

za verso un punto culminante. Vi sono nella Bibbia alcu­


ne concezioni molto simili a quelle ,del «tempo ciclico»
che sarebbe tipico della filosofi.a greclt o della mitologia.
Basti pensare al libro dei Giudici e allo schema ripetuto
più volte di peccato - castigo - oppressione - grido verso
YHWH - conversione - salvezza. Il libro di Qf>èlet con­
tiene alcuni pensieri che sono difficilmente conciliabili
con l'idea di un tempo biblico lineare (Qf> 1,4-7):

Una generazione se ne va, un'altra viene, e la terra sussi­


ste per sempre. Anche il sole sorge, poi tramonta, e si
affretta verso il luogo da cui sorgerà di nuovo. Il vento
soffia verso il mezzogiorno, poi gira verso settentrione;
va girando, girando continuamente, per ricominciare gli
stessi giri. Tutti i fiumi corrono al mare, eppure il mare
non si riempie; al luogo dove i fiumi si dirigono, conti­
nuano a dirigersi sempre.

Infine, alcune espressioni caratteristiche dell'ebraico


biblico testimoniano che la Bibbia conosce ritmi ciclici
del tempo. Si parla, ad esempio, del «ritorno dell'anno»
- tesubat hassana (2Sam 11,1 = 2Cr 20,1; lRe 20,22.26;
2Cr 36,10) o - letteralmente - del «nuovo circuito dell'an­
no» - t"qu12.at hassanéi (Es 34,22; 2Cr 24,33; cf. lSam
1,22). Un'altra espressione, difficile da tradurre, parla del
momento nel quale l'anno «ridiventa vivo» o «si rifa vivo»
(ka 'et !J,ayyéi) e si trova due volte in un contesto simile,
quello dell'annuncio di una nascita (Gen 18,10.14; 2Re
4,16.17). Un altro testo famoso descrive in modo inequi­
vocabile il ciclo delle stagioni. Si tratta di un oracolo divi­
no collocato alla fine del racconto del diluvio, dopo il sa­
crificio di Noè, ed esprime la volontà di Dio di non
disturbare più i ritmi delle stagioni (Gen 8,22):

Finché la terra durerà /semina e raccolta/ freddo e caldo


/ estate e inverno/ giorno e notte/ non cesseranno mai.

In poche parole, il testo menziona i ritmi fondamen­


tali del tempo: i due momenti più importanti per l'agri·
CAPITOLO 1 - La creazione e il tempo 17

coltura, la semina in autunno e la raccolta in primavera; le


due stagioni principali, l'estate o stagione calda e l'inverno
o stagione fredda; e, infine, il ritmo basilare del giorno e
della notte. Per ragioni ovvie, non vi è in questi versetti
alcun accenno a un tempo lineare. Ritroviamo la stessa
idea in Ger 33,20-21:

Se voi potete annullare il mio patto con il giorno e il mio


patto con la notte, in maniera che il giorno e la notte non
vengano al tempo loro, allora si potrà anche annullare il
mio patto con Davide mio servitore, in modo che egli
non abbia più figlio che regni sul suo trono, e con i sa­
cerdoti leviti miei ministri.

Tutto ciò permette di dire che la nozione di «tempo


ciclico» o, almeno, di eventi che accadono a intervalli rego­
lari e secondo una sequenza simile, non è aliena alla Bibbia.

IL CALENDARIO
Presso gli Ebrei, il ciclo cultuale iniziava in primavera; il capodanno
civile, invece, veniva celebrato in autunno, ma il calcolo dei mesi si
faceva partendo dalla primavera. Il Primo libro dei Re (6-8) ha con­
servato tre nomi di mesi fenici e l'Esodo un vecchio nome semitico
occidentale (abib). A partire dall'esilio, si adottarono anche i nomi
babilonesi (nisan, ijjar, ecc.) e il mese intercalare si poneva general­
mente prima di nisan (veadar). Seleuco introdusse anche l'uso dei
nomi macedoni, corrispondendo il mese di di6s a tisri. Intorno al 30
d.C. ci fu uno spostamento, secondo cui di6s corrispondeva a mar­
chesvan e xanthicos a nisan. Era l'osservazione della luna nuova di
nisan che fissava tutto il calendario: normalmente essa seguiva l'e­
quinozio di primavera (nell'epoca seleucida, verso il 25 marzo), po­
tendo l'intervallo raggiungere 29 giorni. La settimana degli Ebrei era
indipendente dalle fasi lunari, per cui una festa non lavorativa come
la pasqua di solito non cadeva di sabato. Apparendo la luna nuova di
sera, si finl per contare i giorni da un tramonto del sole all'altro: il
giorno del plenilunio di nisan (pasqua) cominciava dunque il 14 di
nisan alla sera. La notte era divisa in tre veglie (Es 14,24; Gdc 7,19;
1Sam 11, 11 ). I Romani ne contavano quattro; dividevano poi il tem­
po tra il sorgere e il tramonto del sole in 12 ore, e così l'ora sesta ca­
deva a mezzogiorno.
18 JEAN·LOUIS SKA • Antico Testamento. 2

ANTICO NOMI BABILONESI MESISOlARI NOMI MACEDONI


TESTAMENTO

I nisan = abib (Es 13,4 marzo/apri� artemisia


ecc.)
Il ijjar = ziv (1 Re 6, 1) aprile/maggio dafsio

lii sivan maggio/giugno panemo

IV tammuz giugno/luglio loòs

V ab luglio/agosto gorpéo

VI elul agosto/settembre iperberetéo

VII tisri = etanim (1 Re 8,2) settembre/ottobre di6s

VIII marchesvan = bui (1 Re ottobre/novembre apelléo


6,38)
IX kisleu novembre/ odunéo
dicembre
X tebet dicembre/gennaio perizio

Xl sebat gennaio/febbraio distro

Xli adar febbraio/marzo xantico

APPENO!a DI LA 8188/A DI GERUWEMME, EOB, Bologna 2009, 25.

Il tempo nel mondo biblico


La Bibbia non ha sviluppato una riflessione astratta e
filosofica sul tempo così come la possiamo trovare nel
mondo greco, ad esempio in alcune opere di Platone e
Aristotele. La Bibbia rimane in genere al livello del pen­
siero descrittivo o narrativo, e di rado assurge al pensiero
filosofico e riflessivo. Forse Qgèlet è uno dei pochi scritti
biblici che giunge a riflessioni più astratte sul tempo. Il
lettore della Bibbia si ricorderà, ad esempio, il famoso
passo di Qg 3,1-8, che inizia così: «Per tutto c'è il suo
tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo».
Il pensiero biblico, in genere, è piuttosto in «presa di­
retta» sulla realtà e sull'esperienza.
Il libro della Genesi contiene due parti principali di lun­
ghezza diseguale. La prima, Gen 1-11, tratta delle origini
CAPITOLO 1 - La creazione e il tempo 19

dell'universo e la seconda, Gen 12-50, degli antenati del


popolo d'Israele. In breve, si può dire che il libro della Ge­
nesi ha come argomento principale le «origini», quelle
dell'universo e quelle del popolo eletto. Il «tempo» descritto
in questo libro ha pertanto un valore particolare perché è
appunto quello dell'inizio, del principio o della fondazione
dell'universo e del popolo di Dio. Ora, nel mondo antico,
tutto quello che è «originario», nel senso etimologico della
parola, ha un valore unico perché decisivo per tutto quello
che segue. La venerazione per le «origini» non è presente
solo nel mondo biblico. La ritroviamo ovunque nel mondo
antico, in particolare nella cultura greca. Secondo Morni­
gliano, la cronologia era importante fra gli storici greci per­
ché «l'antichità o la lunga durata o entrambi erano criteri di
importanza». O ancora: «I Greci, in genere, amano quello
che dura a lungo o, per lo meno, quello che è.molto antico».
Gli specialisti hanno proposto diversi modi per con­
trassegnare il modo biblico di descrivere il tempo delle
origini. Alcuni, come Rudolf Smend, parlano di un tem­
po «eziologico» oppure «paradigmatico». Altri, come
Mare Zvi Brettler, preferiscono parlare, in modo forse più
tradizionale, di «tipologia». In ogni modo, nel mondo
greco, così come nel mondo biblico, esiste uno stretto le­
game fra passato, presente e futuro. Nel mondo greco, si
tratta soprattutto di trarre lezioni dal passato per il pre­
sente e il futuro. Lo storico vuol nutrire il patriottismo o
ancora creare o favorire un forte sentimento di identità in
un momento critico, in particolare davanti a invasioni. In
Israele i racconti sulle origini hanno certamente come pri­
mo scopo di creare un'identità fortemente ancorata a un
passato comune, un'identità che renda il popolo «creato»
in questo modo capace di sopravvivere a tutte le vicende e
alle crisi del presente e del futuro.
20 JEAN·LOUIS SKA · Antico Testamento. 2

PER APPROFONDIRE

BARR J., Semantica del linguaggio biblico, Il Mulino, Bologna 1961.


BeRGSON H., l'evoluzione creatrice, Raffaello Cortina, Milano 2002.
EltADE M., // mito dell'eterno ritorno. Archetipi e ripetizione, Boria, Roma 1999.
MoMtGLtANO A., The Classica/ Foundations of Modem Historiography, University of
California Press, Berkeley ((A)-Los Angeles ((A)-Oxford 1990.
RAD G. voN, Theologie des Alten Testaments Il, Kaiser Verlag, MUnchen 1968 = Teologia
dell'Antico Testamento (Biblioteca teologica 6), Paideia, Brescia 1974.
TRESMONTANT C., Essai sur la pensée hébraique, Cerf, Paris 1953.

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