La creazione e il tempo
GIAHFRANCO RAvAs1, Darwin e il Papa. li falso dilemma tra evoluzione e creazione, EDB, Bo
logna 2013, 32-34.
Nei racconti di creazione nel Medio Oriente antico, la
conclusione è generalmente la stessa: il dio creatore si fa
costruire un tempio dove potrà essere venerato come so
vrano dell'universo da lui creato. Nel nostro racconto, in
vece, il Dio creatore della Bibbia non costruisce né si fa
costruire un tempio. Si riserva solo un «tempo sacro», il
sabato appunto. Il tempio sarà costruito molto dopo. Pri
ma, Dio chiederà a Mosè di costruire un santuario porta
tile nel deserto, la cosiddetta «tenda dell'incontro» (Es
24-31; 35-40), poi Salomone costruirà il famoso tempio
di Gerusalemme (lRe 5-8). Il primo «luogo» dell'incon
tro fra Dio e l'umanità, però, è un giorno, non un luogo.
Il Dio della Bibbia abita il tempo prima di abitare lo spa
zio. La dimensione temporale precede quindi la dimen
sione spaziale. È quanto afferma il nostro racconto della
creazione: il Dio di Geo 1 è un Dio del tempo e della
storia. Solo in un secondo momento, e molto più tardi, si
sceglierà un luogo particolare dove abitare.
Le esperienze d'Israele hanno certamente avuto un'in
cidenza non trascurabile sulle concezioni che appaiono in
questo capitolo scritto, come comunemente accettato da
una grande maggioranza di esegeti, durante o poco dopo
l'esilio. Il tempio è stato distrutto dall'esercito babilonese
nel 586 a.C. e parte del popolo è stata esiliata (2Re 25,1-
21; Ger 39,1-10; 52,12-27). Israele, però, non ha perso la
fede nel suo Dio, non ha perso «contatto» con lui, perché
ha scoperto che egli non era legato a un luogo particolare
come, ad esempio, il tempio di Gerusalemme. Il Dio
d'Israele conduce la storia del suo popolo e la storia dei
popoli. La sua dimora è quindi la storia, dove esercita il
suo dominio. La sua dimora terrena non è nient'altro che
un simbolo della sua presenza in ogni luogo e in ogni mo
mento della storia del suo popolo.
12 JEAN-LOUIS SKA -Antico Testamento. 2
M.
1
EuADE, Il mito dell'eterno ritorno. Archetipi e ripetizione, Boria, Roma
1999.
CAPITOLO 1 - La creazione e il tempo 13
LA LINEA E IL CIRCOLO
È necessario che noi partiamo da questa constatazione fondamentale,
e cioè che per il Cristianesimo primitivo, come pure il giudaismo
biblico e per la religione iraniana, l'espressione simbolica del tempo
è la linea [ascendente], mentre per l'ellenismo è il circolo.
Poiché nel pensiero greco il tempo non è concepito come una linea
continua che abbia un inizio ed una fine, ma come un circolo, il fatto
che l'uomo sia legato al tempo vi è necessariamente inteso come
una schiavitù e una maledizione. Il tempo si dis1:iiega secondo un ci
clo eterno e [ognuno) si sforza di liberarsi dalla morsa di questo ciclo
eterno, di liberarsi dal tempo stesso.
1 Greci non riescono a pensare che la liberazione possa prodursi at
traverso un atto compiuto da Dio nella storia temporale. La liberazio
ne può consistere, per essi, soltanto nel passare dall'esistenza di
quaggiù legata al ciclo del tempo, ad un aldilà, sottratto al tempo e
sempre accessibile.
La rappresentazione della felicità secondo i Greci è dunque spaziale,
determinata dall'opposizione quaggiù-aldilà, e non temporale, ca
ratterizzata quindi dal contrasto fra il presente e l'avvenire. Non può
esser determinata dal tempo, in quanto [esso) viene ciclicamente
concepito.
O. Cuu.MANH, Cristo e il tempo. La concezione del tempo e della storia nel Cristianesimo
pnmitivo, EDB, Bologna 2005, 74-76. Traduzione di B. Ulianich.
1
G.vos RAo, 'JbeologiedesA/ten Testamentsll,Kaiser Verlag,Miinchen 1968, 117.
14 JEAN·LOUIS SKA · Antico Testamento. 2
3
C. TRESMONTANT, Essai sur la pensée hébraique, Cerf, Paris 1953, 33.
• H. BERGSON, L'rooluzione creatrice, Raffaello Cortina, Milano 2002.
CAPITOLO 1 - La creazione e il tempo 15
IL CALENDARIO
Presso gli Ebrei, il ciclo cultuale iniziava in primavera; il capodanno
civile, invece, veniva celebrato in autunno, ma il calcolo dei mesi si
faceva partendo dalla primavera. Il Primo libro dei Re (6-8) ha con
servato tre nomi di mesi fenici e l'Esodo un vecchio nome semitico
occidentale (abib). A partire dall'esilio, si adottarono anche i nomi
babilonesi (nisan, ijjar, ecc.) e il mese intercalare si poneva general
mente prima di nisan (veadar). Seleuco introdusse anche l'uso dei
nomi macedoni, corrispondendo il mese di di6s a tisri. Intorno al 30
d.C. ci fu uno spostamento, secondo cui di6s corrispondeva a mar
chesvan e xanthicos a nisan. Era l'osservazione della luna nuova di
nisan che fissava tutto il calendario: normalmente essa seguiva l'e
quinozio di primavera (nell'epoca seleucida, verso il 25 marzo), po
tendo l'intervallo raggiungere 29 giorni. La settimana degli Ebrei era
indipendente dalle fasi lunari, per cui una festa non lavorativa come
la pasqua di solito non cadeva di sabato. Apparendo la luna nuova di
sera, si finl per contare i giorni da un tramonto del sole all'altro: il
giorno del plenilunio di nisan (pasqua) cominciava dunque il 14 di
nisan alla sera. La notte era divisa in tre veglie (Es 14,24; Gdc 7,19;
1Sam 11, 11 ). I Romani ne contavano quattro; dividevano poi il tem
po tra il sorgere e il tramonto del sole in 12 ore, e così l'ora sesta ca
deva a mezzogiorno.
18 JEAN·LOUIS SKA • Antico Testamento. 2
V ab luglio/agosto gorpéo
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