Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
C h r i s t o p h U e h l i n g e r
1.1. N om e e u n ità
«Storia delle origini» (Urgeschichte, prim evai history): è così che gli esegeti
designano abitualmente i primi 11 capitoli della Genesi, basandosi sulle
prime parole del libro (berèsit, «in principio»). In realtà, in questi capitoli si
tratta dell’origine del mondo e dell’umanità, di fatti di civiltà (allevamento,
agricoltura, viticoltura, urbanizzazione...) e di cultura (divisione dei popo-
li secondo i continenti, le nazioni e le lingue...). Quasi tutto ciò di cui trat-
tano questi capitoli avviene necessariamente per la prima volta: il giorno e
la notte, passando per la prima nascita o il primo omicidio, fino alla prima
«sbornia»; Dio introduce le leggi fondamentali che reggono il mondo (il
tempo, lo spazio, la vita e la morte, la benedizione e la punizione); si com-
piono atti essenziali come il sacrificio o la preghiera; si provano emozioni,
come la gioia o la vergogna. In queste pagine vi sono molte «prime volte»
PIANO E CONTENUTO
GENESI 1-11
primo patriarca, che non permette più una facile e chiara delimitazione
(12,1-7 echeggia incontestabilmente 11,1-9).
1.2 . P ia n o g e n e ra le
Il blocco di Gen 1-11 è costituito essenzialmente da racconti e tabelle genea-
logiche, introdotte a volte da interritoli contenenti il termine tecnico tòbdót,
«discendenze» (2,4; 5,1; 6,9; 10,1; 11,10.27; 25,12.19; ecc.), che indicano impor-
tanti cesure nel racconto. In base a indizi formali e contenutistici questo
blocco può essere strutturato piuttosto facilmente in quattro grandi parti:
GENESI 1-11
b ' 4,17-24 Da Caino a Lamech I
a 4,25-26 Altri discendenti di Adamo (fino a ! ènós, «umano»)
III. Rifondazioni:
«discendenze di Adamo» (5,1-9,29)
10,1 Titolo
A. 10,2-32 I figli di Noè (o «Tavola delle nazioni»)
B. 11,1-9 Babele: diffusione delle lingue e dispersione delle nazioni
A'. 11,10-26 Da Sem a Terach
11,27-32 Da Terach a Abram (... continuazione nel ciclo di Abramo)
ORIGINE E FORMAZIONE
2 . O R IG IN E E FO R M A Z IO N E
2 .1 . Le grand i ta p p e re d a z io n a li
Molto prima di potersi interessare - per mancanza di documenti - alle
ricerche sulla mitologia e sulla storiografia, la critica moderna di Gen
1-11 ha cercato di chiarire le tensioni interne al solo racconto biblico. J.
Astruc, G.E Eichhorn e altri hanno riconosciuto fin dal XV III secolo che
certi elementi del racconto di Gen 1-11 erano doppi (in particolare, due
racconti della creazione o due cronologie e descrizioni divergenti del
diluvio) e che Dio vi veniva indicato in due diversi modi (YHIVH e
’èlohitn «divinità» o YH W H ’èlohim insieme). Eanalisi dei doppioni, delle
contraddizioni e delle tensioni diede luogo a una «critica delle fonti», il
cui risultato principale resta oggi la distinzione fra due trame narrative
originariamente indipendenti: una detta «sacerdotale» (sigla P, testi in
’èloh im per quanto riguarda Gen 1-11), che la maggior parte dei com-
mentatori considei'a una fonte autonoma; un’altra, presacerdotale o non-
sacerdotale (sigla J, testi in YHWH, salvo eccezioni), che conserva ancora
GENESI 1-11
Un dio tiene le sorgenti di quattro fiumi (cf. Gen 2).
GENESI 1-11
solenne e formale rispetto al racconto precedente:
Luso del doppio nome YH W H ’èlohim , «Dio Divinità», nei capitoli 2 -3 (for-
mula composita che ha dei paralleli in iscrizioni tarde di Paimira) è emble-
matico per il comportamento dei redattori che hanno cercato di armoniz-
zare le fonti preesistenti. La creatività del loro lavoro appare, ad esempio,
nel trattamento delle due versioni genealogiche, che essi comprendono
come due discendenze alternative: luna che passa per Caino, l’assassino, e
giunge fino al brutale Lamech I; l’altra che, partendo da Set, sostituto di
Abele, e da suo figlio Enos ( ’ènós, l’«umano» di fronte a Dio), generazione
dei primi adoratori di YHWH (4,26), giunge a Lamech II, padre di Noè. Il
loro lavoro deve essere stato particolarmente arduo nel racconto del dilu-
vio, che non si poteva ragionevolmente raccontare due volte di seguito...
R assumerebbe la paternità redazionale (se non d’autore) di materiali che,
nella vecchia ipotesi documentaria, erano difficilmente compatibili con i
«Bene proprio» (S ondergut) di R:
testi J(E), afor tio r i quando si attribuì loro un’origine preesilica. Del resto,
nessuno di questi racconti ha dei paralleli nella mitografìa del Vicino
Oriente antico. Questi nuovi passi (nei quali si potrebbe ancora distingue-
re il sostrato originale dalla vernice aggiunta da R) permettono di situare
GENESI 1-11
abbastanza bene gli interventi che noi riuniamo sotto la sigla R nel IV e
forse ancora nei primi anni del III secolo a.C. Il motivo dell’albero della
vita introduce il tema dell’immortalità (per quanto ipotetica possa essere),
forse alle prese con teorie grecofenicie sull’immortalità dell’anima umana.
Il frammento (di origine enochica?; cf. il c. 6 del libro di Enoch) sugli ange-
li sedotti deriva da questa stessa preoccupazione e vi aggiunge la nozione
delle generazioni intermedie dei giganti e degli eroi, nota fin dalla Teogo-
nia e dal Catalogo delle donne attribuiti a Esiodo (VII sec.) e poi ripresa
ripetutamente dagli autori greci ed ellenistici. Dopo l’apparente contraddi-
zione di un racconto che descrive il comportamento impudico di Cam (l’A-
fricano!), la maledizione di Canaan (la cui discendenza da Cam è artificia-
le) si risolve considerando i due come protagonisti sfortunati di versioni
divergenti (una nella prospettiva della storia nazionale, costruita sull’oppo-
sizione fondamentale fra Canaan e Israele; l’altra nella prospettiva di un
racconto protostorico comprendente la sorte dell’intera umanità, fra cui
l’espansione di Iafet [rappresentante del mondo greco] in terra semitica,
con il congiungimento delle due dimensioni nella sconfitta di Tiro da parte
di Alessandro Magno nel 332-331 a.C.). Il celebre racconto della costruzio-
ne incompiuta di Babele, una sorta di seconda caduta, collettiva, dopo quel-
la della prima coppia (cf. 3,3.22 e 11,6) utilizza motivi che risalgono proba-
bilmente all’epoca degli splendori assiri sotto Sargon II e Sennacherib
(Uehlinger) e trovano una nuova risonanza nel momento in cui Alessan-
dro intraprende senza riuscirvi la ricostruzione di Babilonia e della sua zig-
gurat Etemenanki (Witte).
Eapproccio diacronico qui proposto sulla scia di Witte si ricollega in gran
parte a J. Wellhausen e ai suoi successori, ma senza negare la pertinenza
delle critiche recenti: il primo racconto (o J primitivo) ingloba gli elemen-
ti che un tempo erano attribuiti a una fonte pre-J; la redazione teologica (=
J «ampliato») riprende molti materiali che erano assegnati in precedenza a
JE; conformemente all’attuale tendenza, la successione J-P è, se non rove-
sciata, perlomeno precisata: J primitivo ha certamente preceduto P, men-
tre J ampliato è probabilmente posteriore ad esso. Ma il modello di Witte
è molto interessante soprattutto a livello di R. Si può facilmente compren-
dere l’interesse di R di arricchire la concezione teocentrica di P mediante
la teologia quasi-sapienziale di «J ampliato». Colpisce soprattutto la grande
diversità dei materiali introdotti da R, che appare un collezionista di tradi-
zioni, colto e abile, più che un erudito che cerca di imporre la propria sin-
tesi. Nulla ci obbliga ad attribuire tutti gli interventi redazionali a un’unica
mano, ma essi non mancano certamente di coerenza, per cui la sigla col-
lettiva (e anche l'intuizione di Franz Rosenzweig, che propose di tradurle
R con rabbènù, «nostro maestro») è giustificata. Ma non dobbiamo dimen-
ticare che questi scribi svolgevano il loro lavoro di raccolta delle tradizioni
ORIGINE E FORMAZIONE
GENESI 1-11
Solo a partire dalla fine degli anni ’60 la comparazione fra i racconti bibli-
ci delle origini e i loro cugini del Vicino Oriente ha riacquistato tutta la sua
importanza (comparare, al riguardo, i commentari di von Rad e di Wester-
mann), ampiamente scollegata, indubbiamente, dagli ellenizzanti. Rispetto
al XIX secolo, il corpus si è notevolmente arricchito di testi sumeri e acca-
dici, fra cui soprattutto l’epopea del «supersaggio» (A trahasìs), unico testo
cuneiforme finora conosciuto che collega, come il racconto biblico, crea-
zione e diluvio, l’epopea di Gilgamesh, la cui dodicesima tavoletta contie-
ne un racconto del diluvio molto vicino a quello del nostro «J primitivo», e
una versione sumera del diluvio che deve essere all’origine della tradizio-
ne conosciuta da Beroso (come testimonia il nome del protagonista, Ziu-
sudra, che diventa XioouGpoe). Si è trovato un frammento dell’epopea di
Gilgamesh, datato al XIV-XIII secolo a.C., anche a Meghiddo, purtroppo
fuori contesto (è tuttavia inverosimile che la tradizione biblica risalga a una
tradizione scribale «cananea» dell’età del bronzo). Una generazione di ricer-
catori ha confrontato i racconti biblici e i loro cugini sumero-accadici, con
molti risultati interessanti grazie alla sinossi ormai possibile. I testimoni
cuneiformi più importanti si estendono su un lungo periodo che va dagli
inizi del II millennio all’epoca di Assurbanipal, a metà del VII secolo. È dif-
ficile precisare l’esatta forma letteraria che avevano queste tradizioni nelle
scuole e archivi mesopotamici e semiti occidentali, nel VI-III secolo a.C.,
cioè nelle epoche (neobabilonese, achemenide ed ellenistica) in cui furono
redatti e successivamente riuniti i testi di Gen 1-11. Solo alcuni studi recen-
ti cercano di includere la Grecia nell’impresa. Ma sarebbe opportuno
riprendere non solo gli pseudoepigrafi - ormai meglio conosciuti grazie a
Qumran, dove la figura di Gilgamesh è ancora attestata in 4Q 530 II 2 e in
4Q531 fr. 17,12 - ma anche gli autori ellenistici, per determinare più esat-
tamente il posto che occupano le «origini» bibliche nella letteratura litogra-
fica, cosmogonica e storiografica del Vicino Oriente e del Mediterraneo
antichi.
Non è questa la sede per esaminare in dettaglio la grande varietà delle ria-
dizioni del Vicino Qriente e del Mediterraneo antichi relative alla cosmo-
gonia, aH’antropogonia e al diluvio (cf., in francese, le collezioni facilmen-
te accessibili dei Suppléments au x Cahiers évangile). Segnaliamo solo alcu-
ne piste di lettura sinottica che sembrano particolarmente interessanti per
chiarire i testi biblici. Come abbiamo detto, il racconto «J primitivo» è molto
vicino all’epopea di A trahasis, di Gilgamesh X II e di una versione sumera
del diluvio; ma mentre la prima presenta la creazione simultanea di sette
paia (!) di uomini e di donne, Gen 2* parla della creazione di un’unica cop-
pia originaria, concezione attestata anche nel mito sumero «Enki e Nin-
mah», dove la coppia originaria nasce dalla dea-madre Nammu. Nel rac-
conto biblico, la donna appare come l’apogeo della creazione degli esseri
viventi, perché solo essa è in grado di liberare l’uomo dalla sua solitudine;
come abbiamo detto, questa creazione in due tempi dipende probabilmen-
te da una fonte accadica, che potrebbe aver ispirato a sua volta un raccon-
to neoassiro che parla, con un evidente intento politico, della creazione
anzitutto dell’uomo, poi del re (cf. l’identificazione dell’uomo originario
con il re di Tiro in Ez 28!). Benché motivi isolati, come l’episodio degli
uccelli (il corvo, poi la colomba, Gen 8,6-12), nonché la riama generale che
sfocia sul sacrificio (Gen 8,20-21), si ispirino chiaramente alla tradizione
cuneiforme, il riasferimento del mito in un quadro monoteistico poneva
dei problemi ai redattori: nelle versioni antiche, il mito presenta una serie
di divinità (Enlil, che decide il diluvio; Enki/Ea, che avverte chi sopravvivrà
ad esso; la dea-madre Marni/Ishtar che si ribella alla distruzione delle sue
creature...); nelle versioni bibliche, YEIWH svolge tutti questi compiti:
decide in merito al diluvio e anche alla sua fine; ciò che può dare l’impres-
sione di una certa contraddizione (cf 6,5 e 8,21) permette agli autori bibli-
ci di sottolineare la simpatia di YHWH verso la sua creazione e la differen-
za fra l’onnipotenza divina e un dispotismo tutto sommato arbitrario. Il
racconto sacerdotale della creazione in Gen 1, che riassume la molteplicità
del divino nell’appellativo ’è lohim , «divinità» (sing. e plur.), è stato parago-
nato a un documento di Menfi, ricopiato alla fine dell’VIII secolo a.C., nel
quale si afferma che Ptah ha creato il cuore, la bocca e la parola prima degli
altri organi divini, questo per contrastare modelli biologici e sessuali più
tradizionali; è stata evidenziata anche una certa parentela fra la descrizio-
ne del caos primordiale in Gen 1,1-2 e concezioni cosmogoniche egiziane.
Ma il seguito di Gen 1 sembra avvicinarsi maggiormente alle concezioni
babilonesi di una creazione mediante divisioni e ordine di funzionamento,
da collocare a metà strada fra Enùm a elis e il racconto berosiano abbrevia-
to della creazione del mondo da parte di Marduk di Babilonia. Diversa-
mente da questi modelli mitologici, il racconto sacerdotale non ammette
1’esistenza di alcuna forza malvagia o mostruosa in grado di contrastare l’a-
zione creatrice di Dio.
L'albero della vita circondato da due cherubini (cf. Gen 2-3).
GENESI 1-11
sui fondatori. Accontentiamoci di segnalare che la tradizione ha certamen-
te una doppia o anche una tripla origine: accanto alle tradizioni più locali
(i figli di Caino) si trovano tracce di liste sumero-accadiche di antichi re
(note anche a Beroso e a molti altri storici ellenistici) e l’influenza della
cosiddetta storiografìa evemeristica, che ha trasposto certi miti (orientali o
greci) in racconti relativi a eroi della più remota antichità. Così, ad esem-
pio, il dio assiro-babilonese Ninurta, guerriero e patrono delle steppe,
divenne il re Nimrod, grande cacciatore davanti a YHWH e fondatore delle
maggiori metropoli mesopotamiche (Gen 10 ,8-12 )!
2 .3 . A m b ien ti di p ro d u zio n e
È possibile individuare gli ambienti che hanno prodotto testi che a prima
vista sembrano fare parte dell’eredità spirituale dell’umanità? Non bisogna
accontentarsi di riconoscere che in queste pagine noi leggiamo versioni un
po’ provinciali di racconti i cui modelli più elaborati, più sofisticati, si tro-
vavano in quei centri della cultura antica che erano un tempo Menfi, Nini-
ve, Babilonia, poi Atene e Alessandria? Questa stessa constatazione può
fornire qualche idea sul radicamento delle «origini» nell’ambiente dei lette-
rati giudei, alti consiglieri e sacerdoti, alcuni dei quali si trovavano certa-
mente in esilio, se non in missione, all’estero... A partire dall’epoca neoba-
bilonese, spettò sempre più ai templi il compito di erigersi a custodi della
tradizione sia religiosa e scientifica che storica. Dal libro di Ezechiele al Tal-
mud babilonese, non mancano indizi per dimosùare l’esistenza di uno
scambio, a partire dal VI secolo a.C., fra sacerdoti colti babilonesi (mitogra-
fì, indovini e medici) e letterati ebrei della Golah, alcuni dei quali potero-
no probabilmente accedere a una formazione intellettuale in ambiente
cuneiforme. Questi intellettuali, ai quali si devono gli elementi più tradi-
zionali di Gen 1-11, dovevano essere in gran parte sacerdoti colti, preposti
agli studi piuttosto che ai compiti concreti del culto quotidiano, che, in
ogni caso, non poteva svilupparsi in terra d’esilio.
A partire dal V secolo, la biblioteca del tempio di Gerusalemme dovette
raccogliere queste informazioni e conoscenze e trasformarsi in una sorta
di accademia-conservatorio; fu lì che i sacerdoti più brillanti si accinsero a
comporre il cosiddetto racconto «sacerdotale»; e fu ancora lì che, in segui-
to, la mitologia dovette incrociare la corrente sapienziale. Del resto, le «ori-
gini» sono più disposte a tener conto di un’antropologia pessimistica che
ad accogliere le ultime teorie cosmogoniche degli scienziati (greci o egizia-
ni: cf. Gb 38, che sembra più esperto in materia di cosmografìa di Gen 1 ,
che si limita all’essenziale). Al contrario, la letteratura sapienziale (Sai, Gb,
Ct, Sir) fa eco a Gen 1-11 più della storiografìa, del diritto o del profetismo
(ma c f Ez 14,14; Is 54,9; ecc.), anche se queste pagine sono diventate inevi-
tabili per gli storiografi a causa del loro statuto di prologo alla storia nazio-
nale (cf. Ne, Cr; Gs 24,2 ignora ancora le «origini»).
Del resto, la collocazione delle «origini» in testa al grande racconto della
storia nazionale offre un importante contributo alla sua comprensione: dal
punto di vista di P, la scelta di Abramo, poi dei figli di Israele, servirà a
costituire, attorno al sabato, poi al culto, una comunità-modello, la più vici-
na possibile al creatore del mondo e al suo progetto di vita per tutta la
terra. Dal punto di vista di J (o JE, o KD, cf. l’introduzione al Pentateuco),
l’apparente fallimento del progetto di YHWH con Israele troverà in defini-
tiva una parziale spiegazione eziologica attraverso l’antropologia fonda-
mentale, cioè l’appartenenza di questo popolo a un’umanità che pensa a
torto di poter costruire il proprio avvenire contro Dio: la disobbedienza dei
primi uomini, cacciati dal giardino, come, in seguito, Israele dalla sua terra,
predispone in qualche modo la sorte nazionale di Israele (ma, mentre l’in-
gresso dell’Eden resta sbarrato, la fede di Israele si costruirà a partire da un
ritorno...). La redazione finale, che rilegge il prologo in una prospettiva
storiografica che mescola mitografia e antropologia, insisterà sulla neces-
saria separazione fra la sfera divina e il mondo umano. Allora gli uomini
devono scegliere fra Caino/Lamech I o Set/Enos/Noè, fra la violenza o il
rispetto di YHWH; in definitiva, sopravivranno solo i giusti, fra i quali verrà
preparata una via speciale per la discendenza chiamata ad ascoltare e pra-
ticare la Torah, poiché quest’ultima appare ormai come un vero strumen-
to di umanizzazione.
3. T E M I E P O S T E IN GIOCO