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LA G E N E S I

INTRODUZIONE

V a lo r e s to r ic o d e lla G e n e s i. — Com e gene (De Principiis, lib. iv, n. 16; Contr.


già si è detto, il libro della G en esi narra C e ls . y lib. iv, 38 ; vi, 60), mentre gli antichi
la storia deirum anità dalla creazione del attacchi furono rinnovati da C elso (Contr.
mondo fino alla dispersione dei popoli ori­ Cels.y lib. iv, 3 6 ; vi, 60) e da Porfirio
ginati da N oè (i, 1-xi, 2 6 ) , e la storia del (E useb., H. E., v ili, 19; Socrates, H. E.,
popolo ebreo dalla vocazione del suo capo­ in , 23), e specialm ente da G iuliano apostata
stipite Abramo fino alla morte di G iuseppe (S. C irillo A ., Contr. Iulianum, lib. il e in ).
in Egitto (xi, 2 7 - l , 2 6 ) . I razionalisti moderni fecero eco agli an­
Ora lasciando per il com mento le varie tichi e, quantunque in seguito alle scoperte
questioni particolari, a cui dà luogo il primo recenti n e ll’Egitto e n e ll’Assiria, siano co­
libro del Pentateuco, gioverà trattare sepa­ stretti ad am m ettere che la storia dei pa­
ratamente e più a lungo la questione gene­ triarchi da Àbramo in poi contiene almeno
rale del suo valore storico, tanto più che una parte di verità, si accordano però nel
anche in tempi recenti sorsero in proposito riguardare com e leggenda e miti le narra­
varii errori, che la C hiesa dovette condan­ zioni dei primi undici capitoli della G en esi,
nare. ad eccezione forse del diluvio, che può es­
sere ritenuto alm eno in parte per una cata­
E rro ri . a n tic h i. — I primi attacchi strofe reale. Altri però negano il valore sto­
contro il valore storico della G en esi, e spe­ rico di tutta la G en esi.
cialm ente dei primi capitoli, ebbero luogo Così pensarono L. de W ette, Ewald,
nelle antiche scuole di Alessandria. Q uivi N öldeke, Schräder, e cc ., e tra i più recenti
i Giudei com inciarono a gettare il dileggio sostengono tali teorie : E. Ryle (The early
sulle favole delle m itologie pagane, e i filo­ Narratives of G enesis, Londra 1892), Ha­
sofi greci, dopo aver tentato di spiegare stings (Dictionary of thè Bible, art. Cosmo-
come sim boli i miti pagani, attaccarono a go ny , e cc .), C heyne (Encyclopaedia biblica,
loro volta le narrazioni della G enesi, sfor­ art. Creation, Deluge, ecc.), Gunkel (G e ­
zandosi di mostrare che erano assurde, ed nesi s übersetzt und erklärt, Göttinnen 1901),
equivalevano a sem plici m iti. I dottori Driver (The Book of Genesis, Londra 1904),
G iudei, quali Aristobulo (O rigene, Contr. Budde (Das Alte Testament und die Ausgra­
Celsum, iv, 51) e Filone (Legis Allegoriae, bungen, G iessen 1903), Holzinger (Genesis,
lib. I, t. I, p. 44, 5 2 ; lib. n , p. 7 0 ; De Tübingen 1898), Dillmann (Genesis, Leipzig
mundi opificio, t. I, p. 37, 38) e le loro 1892), Strack (Genesis, M ünchen 1894), ecc.
scuole, si lasciarono scuotere dalle diffi­ Vedi una esposizione di questi errori nel
coltà, e credendo di m eglio salvare la vera­ Dict. de la Bib, art. Mytique (sens.).
cità della Scrittura, interpretarono in senso
allegorico le varie narrazioni. In ciò furono T e o r ie d i a lc u n i c a t to lic i r e c e n ti. —
più tardi seguiti da C lem ente Alessandrino Alcuni cattolici dei nostri giorni, m ossi
(Strom ., lib. v, 1 1 ; lib. vi, 16) e da Ori­ senza dubbio da buone intenzióni, credei-
56 G enesi - In t roduzio ne

tero di poter meglio rispondere alle diffi­ sostanza d ell’insegnam ento da ciò che può
coltà degli avversarti della Bibbia, mettendo essere considerato come un sem plice sim ­
in dubbio, oppure negando, la verità sto­ bolo. La sostanza deU’insegnam ento, ossia
rica di parecchi fatti della Scrittura, e spe­ la parte dogmatica della narrazione che è
cialm ente della G enesi. A tal fine ebbero vera storia, si riduce principalmente a ll’af­
ricorso ai diversi generi letterarii e alle cita­ fermazione della creazione e d ell’innocenza
zioni im plicite, oppure si studiarono di appli­ della prima coppia umana, innocenza a cui
care ai fatti storici, quanto vien detto dei fe ’ seguito il peccato originale. L ’uomo e la
fenomeni naturali, ritenendo che come que­ donna sono destinati l ’uno a ll’altro con una
sti vengono descritti secondo le apparenze certa preeminenza d ell’uomo. L ’uomo è
esterne, così quelli siano narrati secondo composto di anima e di corpo, ebbe il pieno
ciò che comunemente si dice o si crede, possesso della sua intelligenza e fu dotato
senza preoccuparsi gran che della loro ve­ da Dio di immortalità. Sottom esso a una
rità oggettiva. (Vedi Introduzione generale, prova vi soccombette per suggestione diabo­
capo li). Così la pensava Hummelauer nel lica, e perduta l ’innocenza si trovò in preda
noto opuscolo Exegetisches zur Inspiration- agli stimoli deila concupiscenza. Ornai
sjrage, Freiburg i. Br. 1904, e così pensa­ dovrà combattere col male, ma potrà vin­
rono pure i suoi seguaci Nikel (Glaubwür­ cere, benché la lotta abbia luogo nel do­
digkeit des Alten Testament, e cc ., Münster lore e sia seguita dalla morte. La felicità
1908) e Peters (Glauben und Wissen, e cc ., primitiva è perduta per sem pre. Tutti i figli
Paderborn 1907 ; Bibel und Naturwissen­ d ’Adamo nasceranno peccatori, e porteranno
schaft, Paderborn 1907 ; Die grundsätzliche il castigo della colpa. Tuttavia Dio non ab­
Stellung, ecc., Paderborn 1905), ecc. bandonò l ’uomo, ma ordinò un nuovo stato
Il P. Lagrange (Rev. B ib., 1896, p. 207 di cose. Il resto è antropomorfismo, o sim ­
e ss. ; 397 ; 404 e ss.), dopo aver distinto bolo. Così ad esem pio i due alberi del Pa­
nella Bibbia la rivelazione dall’ispirazione, radiso terrestre sono sim boli, e tali sono
a aver affermato che nella Scrittura tutto è pure gli animali condotti davanti ad Adamo,
ispirato, ma non tutto è rivelato, conchiude il serpente seduttore di Èva, le tuniche date
dicendo che non tutto ciò che è ispirato ai nostri progenitori, la spada fiammeggiante
è anche insegnato. Per conoscere poi nella dei Cherubini, ecc. La formazione di Èva
parte solo ispirata (e non rivelata) della dalla costa di Adamo è una parabola (in
Bibbia ciò che è insegnato e ciò che non è questo il P. Lagrange segue Caetano, In
tale, si deve badare a ll’intenzione d ell’au­ Scripturam commentarli, t. I, pag. 22 e ss .,
tore umano. Q uello che l ’autore umano ha Lugduni 1639, il quale pensava che pa­
detto con intenzione di insegnarlo è infalli­ recchi dei fatti narrati fossero sem plici m e­
bilmente vero (R e v . Bib., 1895, p. 567), può tafore), ecc. Gli stessi principii vengono poi
invece non essere tale ciò che fu detto senza applicati a varii altri passi della G enesi
intenzione d ’insegnarlo (Rev. Bib., 1896, (Vedi La méthode historique, ecc., Paris
p. 404-5; 506-7; 516-7). Ora l ’intenzione 1904, p. 198 e ss. ; R. B . t 1901, p. 6 1 9 :
d ell’autore si manifesta dal genere letterario 1902, p. 124).
adoperato, e poiché fra i generi letterarii Q ueste stesse teorie, seguite da Durand,
usati dagli scritrori sacri vi è anche la storia da Prat, da Lesétre, e cc ., furono esposte
primitiva, che è un misto di fatti, e di leg­ con chiarezza ancora maggiore dal P. Za-
gende o tradizioni popolari, in essa fa d ’uopo necchia (Scriptor sacer sub divina inspira-
distinguere il fondo o la sostanza garantita tione, e cc ., Romae 1903, p. 88 e ss.) e dal
dalla veracità divina, e certe circostanze, le P. Bonaccorsi (Questioni Bibliche, Bologna
quali possono essere considerate come m e­ 1904, p. 79-95 e ss.), e vennero portate alle
tafore o allegorie, o accomodazioni ebraiche estrem e conseguenze da M inocchi (La G e ­
della tradizione orale (Rev. Bib., 1896, nesi con discussioni critiche, Firenze 1908,
p. 507-17). p. 2, 4, 12, e cc ., 79-84) e da altri.
Applicando poi alla G enesi i principii Non si deve omettere che alcuni fra gli
posti, il P. Lagrange nella narrazione della scrittori ricordati ed altri ancora (Lenor-
creazione (Rev. Bib., 1896, p. 381 e ss.) mant, Origines de V histoire d * après la
distingue il fondo o la sostanza contenente Bible e les traditions de peuples orientaux,
le verità dogmatiche, e la lor cornice lette­ Paris 1880-82, m esso i all’indice nel 1887;
raria. Il fondo fu rivelato da Dio, la cornice, Loisy, Les m ytes babyloniens et les P re ­
ossia l ’ordine delle varie opere, fu ispirato miers chapitres de la Genèse, Paris 1901 ;
da Dio, ma ha una certa analogia colla Holzhey, Schöpfung, Bibel und Inspiration,
cosmogonia assiro-babilonese. Non si può Stuttgart und W ien 1902 ; Koch, Das zwan­
quindi inferire che Dio abbia create le cose zigste lahrhundert, München 1906 ; Engert,
in quest’ordine, poiché l ’ordine appartiene Die Weltschöpfung, München 1907, ecc.
solo alla cornice letteraria. Sim ilm ente per Vedi anche Zapletal, Der Schöpfungsbe­
quanto si riferisce a Gen. li, 4-m , 24, di­ richt, Regensburg 1911) ritengono che le
stingue (Rev. Bib., 1897, p. 341-379) la narrazioni della G enesi siano u n ’adattazione
G e n e si - In t r o d u zio n e 57

di miti e di leggende assirob ab ilon esi, pur­ unisce assiem e le varie narrazioni. L ’autore
gate da ogni elem ento politeistico. Tutte del Pentateuco e della G enesi, M osè, ha
queste teorie vanno rigettate. voluto infatti m anifestam ente scrivere una
storia sommaria del popolo ebreo. Egli ne
Carattere storico della Genesi. — descrive i principali avvenim enti fino al mo­
Prima di provare il carattere storico della mento in cui sta per entrare in Chanaan,
G enesi, giova richiamare alla m ente due e perciò narra le sue peregrinazioni nel
principii d ell’erm eutica sacra : 1° Le parole deserto durate quarantanni, la sua uscita
di un autore vanno prese nel loro senso dall’Egitto, le persecuzioni ivi sofferte, ecc.
ovvio, ossia nel senso proprio e letterale, a Ora la storia d ’Israele n e ll’Egitto suppone
m eno che forti ragioni non persuadano il m anifestam ente la storia di G iacobbe, di
contrario. Non si potrà quindi interpretare Isacco, e di Àbramo.
in senso allegorico una narrazione, che in M osè però volle ascendere più alto neila
sè e nel contesto si presenta com e storica, storia e far conoscere le prime origini di
e che presa in qu est’ultimo senso non dà Israele, mostrando perchè Dio avesse vo­
luogo ad alcun inconveniente ; 2° N e ll’in- luto in mezzo a ll’umanità perversa sce~
terpretazione della Scrittura si deve ritenere gliersi dapprima alcuni uom ini, e poi una
che il vero senso è quello che ci viene pro­ famiglia, e finalmente un popolo per fam e
posto dalla C hiesa e dall’unanime consenso i depositarii della promessa di un futuro
dei Padri. Ciò posto diciamo, che il carat­ salvatore. Egli fu quindi naturalmente por­
tere storico della G enesi viene dimostrato : tato a connettere Abramo per una lunga
1° dall’indole stessa delle narrazioni e dal serie di antenati a Sem , a N oè, a Seth e a
loro n e sso ; 2° dall’autorità degli altri libri Adamo, i quali tutti avevano ricevuto e tra­
sacri ; 3° dal consenso dei Santi Padri ; mandato ai loro discendenti la promessa del
4° dairinsegnam ento della C hiesa. liberatore. Era poi necessario spiegare per­
chè fu necessario questo liberatore, e quindi
1 ° L ’i n d o l e d e l l e n a r r a z i o n i g e n e s i a c h e si doveva parlare del primo peccato, della
e il nesso con cui sono collegate tra felicità da cui era stato preceduto, e cc ., e
LORO E COL RESTO DELLA STORIA SACRA. — risalire fino a ll’origine stessa del mondo.
Chiunque infatti legga senza preconcetti le Così ha fatto M osè, presentandoci tutti
pagine della G enesi, vedrà subito che tutto questi fatti com e strettamente fra loro col­
l ’andamento della narrazione è quale si ad­ legati, e passando dall'uno a ll’altro senz"
dice a un libro storico, che espone fatti nulla mutare del suo metodo. Anzi sembra
realmente avvenuti, e nulla vi si trova che che egli stesso abbia voluto escludere di
faccia sospettare n e ll’autore l ’intenzione di avanzo la distinzione sul diverso valore sto­
presentare allegorie, o parabole, o leggende. rico, che si vorrebbe da alcuni stabilire tra
Qualunque autore che voglia riferire cose le narrazioni dei fatti prima di Àbramo e
realmente avvenute, non può parlare di­ le narrazioni dei fatti posteriori, poiché ha
versamente, o usare un altro metodo. Nella diviso la G enesi in varie sezioni corrispon­
Scrittura vi sono bensì delle allegorie, delle denti a varii periodi cronologici su ccessivi,
parabole, e qualche favola, ma il loro ca­ e com incia ogni sezione con una formola
rattere appare m anifesto, o dalle afferma­ pressoché identica : queste sono le genera­
zioni d e ll’autore, o dal contesto, o dalla na­ zioni di, e cc., equivalente a : questa è la
tura del racconto. Nulla di questo si verifica storia. Ora se è indubitato che nelle ultime
nel libro in questione, anzi vediamo che sezioni della G enesi tale formola indica una
nello stesso Pentateuco, quando si ricorda vera storia, non vi è alcun motivo per ne­
qualche narrazione della G en esi, o qualche gare che indichi una vera storia anche nelle
sua circostanza, si suppone sem pre che si sezioni precedenti.
tratti di fatti storici. (Vedi p. e s. Esod. x x ,
2° L ’a u t o r i t à d e g l i a l t r i s c r i t t o r i d e l
1 0 ; x x x i , 17, dove si dà come ragione del­
V e c c h i o e d e l N u ovo T e s t a m e n t o . —
l ’istituzione del Sabato il fatto che Dio ha
lavorato sei giorni, e si è ripesato al set­ U n ’altra prova d e ll’autorità storica della G e­
timo giorno). Per conseguenza va applicato nesi ci è fornita dalla testimonianza degli
il grande principio di S. Tommaso (Summa scrittori del V ecchio e del Nuovo Testa­
mento. i quali citano frequentem ente le nar­
Theol.y I. P ., q. CU, a. 1) : In tutte le cose
razioni della G enesi, senza mai lasciar anche
che la Scrittura ci propone per modo di
solo sospettare che non si tratti di fatti
narrazione storica, si deve ritenere come
storici. Basti citare qualche esem pio :
fondamento la verità della storia (e sopra
di essa fabbricare le esposizioni spirituali). 1° La creazione del cielo e della terra,
Perciò le narrazioni della G enesi essendo Gen. i, 1 ; Salm. x x x n , 6, 9 ; l x x x v i i i , 12-
proposte com e storiche, sono da ritenersi 13; c x x x v , 5-9 ; G erem . x , U ; l i , 15;
come tali. Eccli. x v i i i , 1 ; Macab. v i i , 28.
Questa conclusione appare ancor più ma­ 2° Le acque che coprono la terra, Gen.
nifesta se si considera l ’intimo nesso che I, 2 ; Salm. c u i, 6.
58 G enesi - Introduzio ne

3° Creazione del firmamento, Gen. i, S. Pietro riconosce come fatti storici la


6 ; Gerem. x, 12 ; l i , 15. storia di Noè e del diluvio (l Piet. ili, 19
4° Le acque sopra il firmamento, Gen. e ss. ; Il Piet. n, 5 ; n i, 7-9, ecc.), la storia
I, 7 ; Salm. c x l v i i i , 4. di Lot e la distruzione di Sodoma e Gomorra
5° Formazione dei continenti e dei mari, (II Piet. il, 6-8), la benedizione data ad
Gen. I, 2, 6-7, 9-10; Giob. x x x v m , 4-11; Àbramo (Atti, in , 25), le parole dette da
Salm. x x x i i , 7 ; c u i, 6-9; c x x x v , 5-9. Sara (I Piet. in , 6 ; Gen. x v m , 12).
6° Creazione del sole e della luna, Gen. S. Paolo afferma che Dio fece il mondo
I, 14-18; Salm. x x x v , 7-9. e tutte le cose, e che Egli è il Signore del
7° Creazione dell uomo e sua caduta, cielo e della terra [Atti, x v n , 24), e fece
Gen. i-lli ; Sapienza, x, 1-2. l ’uomo di terra (I Cor. xv, 45-47; Gen. n,
8° Dominio delTuomo sugli animali, 7) e a sua immagine (I Cor. x i, 7). Prima
Gen. I, 26, 28 ; E c c li. xvn , 4. fu creato Adamo e poi Èva (I Tim. n , 13),
9° Adamo creato immediatamente da e l ’uomo non è dalla donna, ma la donna
Dio, Gen. I, 26-27; Eccli. x l i x , 19. dall’uomo, e l ’uomo non fu creato per la
10° L ’uomo fatto ad immagine di Dio, donna, ma la donna per l ’uomo (I Cor. x i,
Gen. i, 27; Sap. n, 23; Eccli. x v i i , 1. 8-13; Gen. n , 21-23). Èva fu sedotta dal
serpente, non già Adamo (II Cor. x i, 3 ;
11° Adamo formato di fango, Gen. Il, 7 ;
I Tim. n, 14; Gen. in , 6). Adamo col suo
Giob. x, 8-9 ; Tob. vili, 8 ; Eccli. x v n ,
peccato recò nocumento a tutti i suoi discen­
7, ecc. denti (R o m . v, 12-19), e fu il peccato che
12° Anima soffio di Dio, Gen. li, 7 ; Giob.
introdusse nel mondo la morte (Rom. v, 12,
x x v m , 3, ecc. 14; Gen. in , 3, 19). Abele offrì a Dio
13° Il paradiso, Gen. il, 8 ; Eccli. x l , u n ’ostia migliore di quella di Caino (E br.
28; Ezech. x x v m , 13; x x x i, 8. x i, 4). Enoch fu trasportato perchè non
14° L ’albero della vita, Gen. il, 9 ; Prov. vedesse la morte (Ebr. x i, 5). Noè fu sal­
ili, 18 ; xi, 30 ; x m , 12 ; xv, 4. vato colla sua famiglia n e ll’arca (Ebr. x i,
15° I fiumi del Paradiso, Gen. n , 11-14; 7). Àbramo ubbidì a Dio e partì senza sa­
Eccli. x x iv , 35-37. pere dove andasse, pellegrinò poi per la
16° Èva compagna d’Adamo, Gen. n, 18- terra promessa, abitando sotto le tende con
22 ; Tob. vili, 8 ; Eccli. x v ii, 5. Isacco e Giacobbe (Ebr. x i, 8-10), e rice­
17° Caduta di Adamo dovuta a ll’invidia vette la promessa di una benedizione per
del demonio, Gen. in, 1 e ss. ; Sap. n, 23- tutte le genti (Gal. in , 8). Il sacerdote Mel-
24 ; Os. vi, 7. chisedech benedisse Àbramo, che ritornava
18° Il peccato com inciò nella donna, Gen. dopo aver sconfitti i re elam iti, e ricevette
in, 6 ; Eccli. x x v , 53. da lui le decim e (Ebr. v i i , 1 e ss. ; G e n .
19° Il serpente mangierà la terra, Gen. xiv, 1 e ss.). Àbramo fu giustificato per la
in, 14 ; Is. l x v , 25. fede (Rom. iv, 3 ; Gal. in , 6 ; Gen. xv, 6)
20° L ’uomo tornerà nella polvere, Gen. ed ebbe due figli uno dalla schiava, e l ’altro
i n , 19; Giob. x x x iv , 15; Eccli. x v i i , l ; dalla donna libera (Gal. iv, 22-30; Gen.
x x x i i i , 10. xvi, 1 ; x x i, 1). Sara, sterile, ottenne di
21° La storia del diluvio e della distru­ concepire, benché avanzata in età (Ebr. x i,
zione di Sodoma, la fuga e la benedizione di II ; Gen. x v i i , 15-21 ; x v m , 9-14) ; Àbramo
Giacobbe, la storia di G iuseppe venduto ed fu costituito padre di molte genti (Rom. iv,
esaltato sono ricordate nella Sapienza (x, 16; Gen. x v n , 1), ricevette il segno della
1-14), e l ’Ecclesiastico ricorda le storie di circoncisione (Rom. iv, 1 1 ; Gen. x v n , 9),
Enoch, di Noè, di Àbramo, di Isacco (x l i v , e per avere offerto il suo figlio Isacco meritò
16-26). che gli venisse confermata con giuramento
la benedizione promessa (Ebr. vi, 13 e ss. ;
La lista si potrebbe continuare ancora, Gen. x x i i , 1-18). S. Paolo afferma ancoraché
ma le referenze citate sono più che suffi­ alcuni senza saperlo diedero ospizio agli
cienti a provare la nostra conclusione, la angeli (Ebr. x m , 21 ; Gen. x v m e x ix ), e
quale risulta ancora più chiara dal Nuovo che Isacco figlio della promessa ebbe due
Testamento. figli da Rebecca, il maggiore dei quali fu
Gesù Cristo infatti afferma che Dio da assoggettato al minore (Rom. ix, 7-13; Gen.
principio creò l ’uomo, e lo creò maschio e xx v , 20 e ss.), e che Esau per una pietanza
femmina (Matt. x ix , 4 ; Gen. i, 27), che vendette la sua primogenitura, e ricercò poi
Adamo ispirato da Dio promulgò la legge invano colle lacrime la benedizione dei pri­
del matrimonio (Matt. x ix , 5 ; Gen. lì, 24), mogeniti (Ebr. x n , 16 e ss.). Lo stesso Apo­
che Abele giusto versò il suo sangue (Matt. stolo attesta ancora che Isacco benedì Gia­
x x iii, 3 5 ; Gen. iv, 8). Egli conferma la cobbe ed Esau, e che Giacobbe morente
narrazione del diluvio e della moglie di Lot benedì ciascuno dei figli di G iuseppe. Questi
(Lue. x v n , 26-32), e l ’esistenza di Àbramo, a sua volta prima di morire predisse l ’uscita
di Isacco e di Giacobbe (Lue. x m , 28). dei figli d ’Israele dall’Egitto, e dispose delle
G e n e si - I n t r o d u z io n e 59

sue ossa (Ebr. x i, 20-22 ; Gen. x x v i i , 27 ; gnamento pratico e ordinario riguardi come
x l v i i i , 15 e ss. ; L, 24). storiche le narrazioni della G en esi, è un
S. Giovanni ricorda che Abele fu ucciso fatto indubitato, e non m ancherebbe di su­
da Caino (I Giov. in , 12), e che il demonio scitare scandalo nei fedeli quel predicatore
fu mentitore e omicida fin da principio che insegnasse diversam ente. Basta inoltre
(Vang. v ili, 4 4 ; Gen. ili, 3, 19), e nel- leggere il Catechism o del Concilio di Trento,
l ’Apocalisse (il, 7 ; x x n , 2, 14) parla del­ dove si parla della creazione e del matri­
l ’albero della vita piantato nel paradiso monio, e basta consultare l ’appendice :
(Gen. il, 8, 9). B re v e storia della Religione, che si trova
S. Giacom o (il, 21-23) scrive che Àbramo nel C om pendio della Dottrina cristiana pre­
fu giustificato per la fede e per le opere, scritto da Sua Santità Pio X, per convincersi
e che offrì il suo figlio Isacco. pienamente che la C hiesa, maestra infalli­
S. Giuda (vv. 7, 11, 14) ricorda la via bile di verità e sola legittima interprete
di Caino, Enoch settim o patriarca da della Scrittura, ritiene come storici i fatti
Adamo, e la distruzione di Sodoma e Go­ narrati nella G enesi.
morra. A conferma gioverà qui riferire la ri­
Gli Evangelisti S. Matteo (i, l e ss.) sposta della Com m issio ne Biblica intorno
e S. Luca (ili, 32 e ss.), dando la ge­ al carattere storico dei tre primi capi della
nealogia di N. S. G esù Cristo l ’uno sino G enesi, pubblicata il 30 giugno 1909.
ad Abramo, e l ’altro sino ad Adamo, ven­
gono ancora a confermare le genealogie, I. - Utrum varia system ata exegetica,
che si hanno nella G enesi, relative agli quae ad excludendum sensum litteralem
antenati di Abramo e ai suoi discendenti. historicum trium priorum capitum libri G e-
Q uesti pochi esem pi sono più che suf­ n eseos excogitata et scientiae fuco propu­
ficienti per mostrare com e gii autori del gnata sunt, solido fundamento fulciantur?
V ecchio e del N uovo Testamento abbiano Resp. : N egative.
sempre riguardati com e storici i fatti nar­
rati nella G enesi. II. - Utrum non obstantibus indole et
forma histórica' libri G en eseos, peculiari
3° L a testimonianza dei S anti P adri. trium priorum capitum inter se et cum
— Riguardo a ll’opera dei sei giorni vi fu­ sequentibus capitibus nexu, multiplici testi­
rono bensì alcune divergenze tra' i Padri, e m onio Scripturarum tum veteris tum novi
parecchi tra e ssi interpretarono in senso Testam enti, unanimi fere sanctorum Pa-
allegorico i giorni genesiacd (p. es. San- trum sententia ac traditionali sensu, quem.
t ’Atanasio, Orai, n contr. Arian., n. 49 ab israelitico etiam populo transm issum .
e 60 ; Sant’Agostino, De G enesi contra sem per tenuit Ecclesia, doceri possit, prae-
Man. ; De G enesi ad lift. ; De G enesi in dicta tria capita G eneseos continere non
l i t i , libri x i i ; De C i v . D ei, 1. x i, C o n je ss.y rerum vere gestarum narrationes, quae sci-
1. x i, x ii, x i i i ; Retract., 1. i, 18, e cc .), licet obiectivae realitati et historicae veri-
ma per riguardo ai racconti su ccessivi alla tati respondeant ; sed vel fabulosa ex ve-
creazione, tutti (eccettuati O rigene, C le­ terum populorum m ytologiis et cosm ogoniis
mente A. e tra i recenti il Card. Gaetano) deprompta et ab auctore sacro, expur­
si accordano nel ritenerli come storici, e gato quovis polytheism i errore, doctrinae
molti di essi biasimano apertamente le te­ m onotheisticae accomodata ; vel allegorias
merità di O rigene. Così la pensano ad et sym bola, fundamento obiectivae reali-
esem pio : Sant’Epifanio (H aeres. l x iv , 4, tatis destituta, sub historiae specie ad re­
47), S. Metodio di Olimpia (B ibl. Phot. or. ligiosas et philosophicas veritates incul-
de resurr., Migne P. G ., t. c u i, col. 1112), candas proposita ; vel tandem legendas ex
S. Basilio (In H exae m . hom. ili, 9 ; hom. parte históricas, et e x parte fictitias ad
x, 1), S. G iov. Crisostom o (In G enesim , animorum instructionem et aedificationem
Hom. x i i i , 3), Sant’Agostino (De Gen. ad com positas ?
Hit., 1. vili, cap. 2), e cc ., e quando si leg­ Resp. : N egative ad utramque partem.
gono i loro commentarii e le loro opere di
controversia, si vede subito che non erano III. - Utrum speciatim sensus litteralis
loro sconosciute le principali difficoltà che historicus vocari in dubium possit, ubi
si muovono intorno a tale questione, e agitur de factis in iisdem capitibus enar-
perciò, se non ostante tali difficoltà hanno ratis, quae christianae religionis funda­
creduto di doversi attenere al sen so storico menta attingunt : uti sunt inter caetera,
letterale, si è perchè erano persuasi che rerum universarum creatio a Deo facta in
altrimenti ne sarebbe andata di m ezzo la initio temporis ; peculiaris creatio hom inis,
fede. formatio primae m ulieris ex primo homine ;
generis humani unitas ; originalis protopa-
4° L ’i n s e g n a m e n t o e l a p r a t i c a d e l l a rentum felicitas in statu iustitiae, integri-
C h i e s a . — Che la C hiesa nel suo inse­ tatis et immortalitatis ; praeceptum a Deo
GO G en esi - I n troduzio ne

homini datum ad eius obedientiam proban- necessarie alla composizione del suo libro.
dam ; divini praecepti, diabolo sub ser- Niuno fu presente alla creazione, e d ’altra
pentis specie suasore, transgressio, proto- parte Israele è un popolo relativamente
parentum deiectio ab ilio primaevo inno- giovane, e Mosè è molto più recente degli
centiae statu ; nec non Reparatoris futuri scrittori, che ci hanno dato il libro dei
prom issio? morti, e la stela di Hammurabi, ed altri
Resp. : Negative. noti monumenti. Come adunque egli, che
viveva solo circa 1500 a. C ., potè narrare
IV. - Utrum in interpretandis illis horum la storia di ciò che era avvenuto migliaia
capitum locis, quos Patres et Doctores di­ e migliaia di anni prima?
verso modo intellexerunt, quin certi quid-
piam defininitique tradiderint, liceat, salvo R . — Tutti i Santi Padri spiegano la co­
H cclesiae iudicio servataque fidei analogia, noscenza che Mosè ebbe delle origini del
eam quam quisque prudenter probaverit, mondo e d ell’umanità, ricorrendo alla di­
sequi tuerique sententiam ? vina ispirazione. Lo Spirito Santo potè di­
Resp. : Affirmative. rettamente rivelare a Mosè le cose conte­
nute nella G enesi, oppure, come inclinano
V. - Utrum omnia et singula, verba vi- a pensare gli esegeti moderni, lo m osse ad
delicet et phrases, quae in praedictis capi- utilizzare antiche tradizioni in parte scritte
tibus occurrunt, semper et necessario ac- e in parte orali, facendogliene conoscere
cipienda sint sensu proprio, ita ut ab eo le verità. N iente di più naturale infatti che
discedere numquam liceat, etiam cum lo- Dio stesso abbia rivelato ai nostri proge­
cutiones ipsae m anifesto appareant im­ nitori l ’origine delle cose, e il modo con
proprie, seu metaphorice vel antropomor- cui essi furono creati, e che tale rivela­
phice, usurpatae, et sensum proprium vel zione unitamente alla promessa del M essia
ratio tenere prohibeat, vel necessitas cogat e agli altri fatti della storia primitiva siasi
dimittere ? poi trasmessa di generazione in generazione
Resp. : Negative. e forse anche venisse m essa per iscritto
molti secoli prima di M osè. È certo infatti
VI. - Utrum, praesupposito litterali et
che presso varii antichi popoli si constata
historico sensu, nonnullorum locorum eo-
la presenza di narrazioni più o meno ana­
rumdem capitum intrepretatio allegorica et
loghe a quelle della G enesi, specialm ente
prophetica, praefulgente sanctorum Patrum
per quel che si riferisce alla formazione
et Ecclesiae ipsius exem plo, adhiberi sa-
d ell’uomo per uno speciale intervento di
pienter et utiliter p ossit?
Dio, al paradiso terrestre, e alla primitiva
Resp. : Affirmative. condizione felice d e ll’umanità, alla ca­
VII. - Utrum, cum in conscribendo primo duta, ecc. Ora questo fatto non si può al­
Geneseos capite non fuerit sacri auctoris trimenti spiegare senza ricorrere a una tra­
mens intimam adspectabilium rerum consti- dizione primitiva comune a tutti i rami
tutionem ordinemque creationis comple- della famiglia umana, tradizione che si con­
tum scientifico modo tradere ; sed potius servò in tutta la sua purezza nel popolo
suae genti tradere notitiam populärem, eletto, ma venne invece deformata e in
prout communis sermo per ea ferebat tem­ parte corrotta presso gli altri popoli.
pora, sensui et captui hominum accomo-
datam, sit in horum interpretatione ada- 2a obbiezione. - U n ’altra difficoltà contro
mussim sem perque investiganda scientifici la storicità della G enesi, è tratta dalle ras­
serm onis proprietas? somiglianze, che presentano alcune sue nar­
Resp. : N egative. razioni coi miti e le leggende assiro-babi­
lonesi. Tali rassomiglianze si riferiscono
V ili. - Utrum in illa sex dierum deno­ alla creazione, al Paradiso e alla caduta
m inatone atque distinctione, de quibus in del primo uomo, ai patriarchi antidiluviani,
Geneseos capite primo, sumi possit vox al diluvio e alla torre di Babele.
yom (dies) sive sensu proprio prò die na­
turali, sive sensu improprio prò quodam R . — Gli assiri-babilonesi essendo ancor
temporis spatio, deque huiusmodi quaes- essi di razza sem itica, non deve far mera­
tione libere inter exegetas disceptare liceat? viglia che le loro leggende abbiano una
Resp. : Affirmative. certa rassomiglianza colle narrazioni della
Bibbia ; è però indubitato che vi sono pure
Difficoltà contro la storicità della molte dissomiglianze e che tali leggende,
Genesi. — l a obbiezione. - I razionalisti anche purgate da ogni errore politeistico e
(Gunkel, Die Genesis, Göttingen 1902, morale e religioso, non hanno potuto en ­
p. x i i i - x i v ) negano la storicità della G e­ trare nella Bibbia, e non possono spiegare
nesi, perchè dicono che non si può spie­ nè l ’opera dei sei giorni seguita dal giorno
gare come Mosè abbia potuto trovar le fonti di riposo, come viene descritto nella cosm o­
G e n e si - I ntro d u zio n e Gl

gonia mosaica (vedi nota Gen. n, 3), nè notte, e la stabilisce com e corpo notturno
gli altri avvenim enti della Bibbia. per regolare i giorni, ecc.
La leggenda babilonese sulla creazione VI Tavoletta (rimangono pochi fram­
era conosciuta da lungo tempo grazie ad menti). - Per dare adoratori agli dèi, Marduk
alcuni frammenti di Beroso (275 a. C .) forma gli uomini prendendo del suo sangue,
riferitici da Eusebio (Chron. i, 19, 15, oppure, secondo altri, sem plicem ente del
ed. Schöne) e dal neoplatonico Damasco sangue.
(Quaestiones de primis principiis, XX,
VII Tavoletta (lacune considerevoli). -
p. 3S4, ed. Kapp.), ma sopra di essa gettò
Marduk è glorificato nel consesso degli dèi.
nuova luce la scoperta di gran parte del
Si riassumono le varie opere di Marduk e
poema intitolato Enuma elis, fatta da
i varii titoli che ha per e ssere onorato dagli
G. Smith, e da questi pubblicata nel 1876.
dèi e dagli uomini. Egli viene chiamato
Più tardi si trovarono altri frammenti, e
produttore dei grani e delle piante, delle
può essere che col tempo si riesca ad avere
erbe e degli uom ini, ed è probabile che
l ’opera intera. 11 poema nella forma attuale
nelle parti mancanti del poema si parlasse
rimonta a circa 2000 e più anni a. C ., ma
anche degli anim ali, com e si ha in altri
per il fondo è molto più antico. Occupa
frammenti (Dhorme, op. cit. p. 83 e ss.).
sette tavolette e comprende 994 linee (Cf.
Dhorme, Choix de textes religieux Assiro- Ora se con questa leggenda si confronta
babyloniens, p. 3 e s s ., Paris 1907). la narrazione della G enesi, si vedrà subito
I Tavoletta. - Prima che vi fosse il cielo, che le rassom iglianze si riducono a poca
e prima che vi fosse la terra, e prima che cosa. Da una parte e d all’altra vi è un caos.
vi fossero gli dèi, vi erano Apsu (FOceano) L ’ebraico theom (abisso delle acque) può
e Tiamat (il mare) e confondevano assiem e forse infatti equivalere al babilonico tiamtu
le loro acque. Apsu e Tiamat generano (mare) = Tiamat. La creazione del firma­
dapprima gli dèi, ina questi avendo turbato mento e la divisione delle acque superiori
il riposo di Apsu , egli si accorda con Tia- dalle inferiori (Gen. i, 6-8) ha una certa
mai e ordisce una trama affine di distrug­ analogia colla divisione di Tiamat • e una
gerli. Ma Ea, il più astuto degli dèi, scopre certa analogia vi è pure per la creazione
la trama, e le fa abortire. Allora Tiamat, degli astri, del sole e della luna, delle erbe
pieno di ira, genera serpenti e dragoni e e degli animali e degli uomini. Leggende
uom ini-scorpioni ed altri mostri, che lo più antiche però attribuiscono la creazione
aiutino, e Li lancia contro gli dèi. d e ll’uomo, non a Marduk, ma a Ea, e se ­
II Tavoletta. - Ea riferisce al suo padre condo altre leggende Ea ora avrebbe creato
Ansar i disegni di Tiamat, e Ansar manda un uomo, ora due, ora più, ma sem pre
contro Tiamat un altro suo figlio per nome quando gli uomini già esistevano sulla
terra.
Anu, il quale però alla sola vista di Tiamat
prende la fuga. Allora Ansar spedisce Mar- Le dissom iglianze sono molto maggiori.
duk figlio di Ea. Questi acconsente a La cosm ogonia babilonica non solo è poli­
muover guerra a Tiamat a condizione di e s ­ teista, ma non è neppure creazione. La
cosm ogonia della G enesi è m onoteista e
sere prima esaltato n e ll’assem blea degli dèi.
vera creazione. Nella prima preesistono
Ili Tavoletta. - Ansar manda il suo m es- l ’oceano ( A p s u ) e il mare (T iam at), che
saggiero Gaga a convocare gli dèi a ban­ generano poi il cielo e la terra ; gli dèi sono
chetto. Que'sti si riuniscono, mangiano e creati, ma subito si ribellano, e la lotta
bevono, si ubbriacano e schiamazzano. fra Tiamat e Marduk, che avrebbe potuto
IV Tavoletta. - Gli dèi conferiscono a riuscire fatale a qu est’ultimo, è puerile, è
Marduk il potere di creare e di annientare, indegna della divinità. N ella G enesi invece
ed egli fa subito mostra del potere ricevuto tutto è sublim ità, sem plicità e dignità ! Dio
facendo scomparire e poi apparire di nuovo opera come si conviene alla grandezza della
un vestim ento. Armatosi poi di un arco, sua natura, non ha da fare sforzi, nè da
di una rete e di parecchi venti im petuosi, lottare, dice e tutto si fa. Nella cosm o­
si avanza contro Tiamat, e con una saetta gonia caldaica non si fa m enzione della
gli trapassa il corpo e lo uccide. Poi ne luce, e la produzione d e ll’uomo è grottesca,
sparte in due il cadavere, come si sparti­ com e è grottesco l ’asserire che Alarduk
rebbe un pesce, e con una metà ne copre creò l ’uomo affinchè gli dèi avessero una
il cielo e per mantenere in alto le acque dimora che rallegrasse il loro cuore, e che
tira la serratura e pone un guardiano con per crearlo ebbe l ’aiuto di Arourou. D ’altra
ordine di non lasciare uscire le acque. Poi parte in nessuno dei documenti finora pub­
costruisce parecchie città per gli Dei, Anu blicati si parla della settimana, del riposo
Bel, Ea. divino, e della creazione della prima coppia
V Tavoletta (molte lacune). - Marduk umana. Per conseguenza se si può ammet­
mette nel cielo le stelle, i pianeti, la luna, tere che i babilonesi avessero conservato il
il sole. Fa brillare la luna, e le affida la ricordo molto affievolito e alterato della
62 G e n esi - Int roduzio ne

creazione del mondo, le loro leggende non sinistra, che stendono la mano ai frutti, e
bastano però a spiegare l ’origine delle nar­ dietro al personaggio di sinistra un ser­
razioni della G enesi. pente. I due personaggi infatti sono vestiti
Anche per i fatti raccontati Gen. li-m , e seduti, e quello che ha le corna rappre­
si è voluto trovar l ’origine nei miti babilo­ senta un dio, e non si può provare che
nesi (M inocchi, La Genesi, Firenze 1908, l ’altro rappresenti una donna e non piut­
p. 76 e ss.). Così il Paradiso terrestre è tosto u n ’altra divinità, e che il serpente
una riproduzione di ciò che si legge nel­ che sta di dietro sia un tentatore. La scena
l ’epopea di G ilgam es (Dhorme, op. cit., potrebbe benissimo rappresentare due dèi
p. 233 e 277), l ’albero della vita allude presso l ’albero della vita, e il serpente po­
all’albero di Eridou (Dhorme, op. cit., trebbe essere il loro protettore.
p. 98), e Adamo non è altro che Adapa Sim ilm ente non è certo che i Cherubini
(Dhorme, op. cit. p. 148-161), ecc. posti a custodia del Paradiso alludano ai
Se però si osservano attentamente i testi tori alati posti a ll’entrata dei palazzi assiri.
indicati, si vedrà subito che sono ben lungi Lenormant aveva bensì letto nel 1873 su
dal poter dar ragione delle narrazioni della di un amuleto il nome Kirubu, ma tale let­
G enesi, e si constaterà la verità di quanto tura fu riconosciuta sbagliata, e finora non
afferma il P. Lagrange (Rev. Bib., 1897, si è trovato n e ll’assiro un nome corrispon­
pag. 377), che presso i popoli antichi, dente all’ebraico Cherubini.
Israele eccettuato, nessuna tradizione ri­ Si deve ancora aggiungere che solo la
corda espressam ente la storia del peccato G enesi annunzia la disfatta del demonio
originale, nè per quel che si riferisce alla tentatore per opera del futuro M essia ri­
sostanza delle cose, nè per quel che si rife­ paratore.
risce alle circostanze (Vedi n. Gen. in , 24). Per riguardo ai patriarchi antidiluviani,
II mito di Adapa è certo molto antico, ed Beroso ci ha conservato una lista di dieci
ha forse qualche vaga e lontana analogia re : Aloros, Alaparos, Amelon, Ammenon,
coila storia di Adamo, ma non può in alcun Megalaros, Daonos, Evedorachos, Amem-
modo essere la fonte, a cui fu attinta la psinos, Otiartes, Xisoutros, i quali avreb­
narrazione della G enesi. Adapa non è lo bero regnato in com plesso 120 sari, ossia
stesso che Adamo, poiché egli non è il 432 mila anni. Questi re sarebbero i dieci
primo uomo, nè il rappresentante di tutta patriarchi antidiluviani, che vengono chia­
l ’umanità, ma un uomo qualunque fra gli mati nella G enesi (v, 1 e ss.) : Adam,
altri, che probabilmente va identificato con Seth, Enos, Cainan, Malalael, Iared, Enoch,
Alaparos o Adaparos, il secondo fra i dieci Mathusalem, Lamech, N oè. Tanto gli uni
re primitivi ricordati da Beroso. Secondo la che gli altri ebbero una longevità straor­
leggenda egli fu creato da Ea, ma un giorno, dinaria, e durante la vita d ell’ultimo di
avendo spezzato le ali del vento del Sud, ciascuna serie (Xisoutros e Noè) venne il
venne citato davanti a Anu. Ea allora lo diluvio.
avvertì che gli sarebbe stato offerto da Vi è certamente qualche rassomiglianza
mangiare, da bere, da vestirsi, e dell’olio, fra le due narrazioni, ma le divergenze
e lo consigliò di accettare l ’olio e il vestito, sono pure assai notevoli sia nei nomi, sia
ma di ricusare il nutrimento e la bevanda, nella qualità delle persone, e sia negli anni
perchè questi gli avrebbero causato la che ciascuno ha vissuto. Presso Beroso in­
morte. Avvenne invece che il cibo e fatti si tratta di re di Babilonia, e si indi­
l ’acqua offertigli erano un cibo e u n ’acqua cano gli anni favolosi del loro regno ; nella
di vita, e così Adapa, avendoli rifiutati, G enesi invece si parla degli autori o capi
restò privo dell'immortalità. del genere umano, e si indicano gli anni
Ora è chiaro che qui non vi è alcuna della vita di ciascuno. Parecchi nomi poi
analogia con Èva sedotta dal serpente. Si sono assolutam ente diversi, e mentre ad
può domandare inoltre perchè mai Ea fece es. Evedorachos (ass. Enmeduranki) che si
credere alimento di morte l ’alimento della vuole identificare con Enoch, fu il re che
vita? Volle forse ingannare o fu ingannato? secondo Beroso ebbe più lungo regno
D ’altra parte Adapa fu privato dell’immor­ (64.800 anni), Enoch invece fu il patriarca
talità, perchè ubbidì agli ordini del suo dio, antidiluviano che ebbe vita più corta (300
mentre il contrario avvenne in Adamo. Di anni). Con ragione pertanto i migliori as-
più nella G enesi la proibizione riguarda non siriologi escludono che la lista della G enesi
già l ’albero della vita, ma l ’albero della dipenda da quella di Beroso, e per sp ie­
scienza del bene e del male, e i vestimenti gare le rassomiglianze che vi si riscontrano
dati a Adamo ed Èva son ben altra cosa, e si può ammettere che rappresentino en­
vengono dati per ben altro m otivo che i trambe la tradizione primitiva, conservatasi
vestimenti di Adapa. Nè si opponga in con­ pura nella Bibbia, e deformatasi presso i
trario il famoso cilindro babilonese rappre­ Babilonesi (Ved. n. Gen. v, 31).
sentante un albero carico di frutti e due La stessa osservazione va applicata alla
personaggi seduti l ’uno a destra e l ’altro a narrazione del diluvio che si ha nella
G e n esi - I n t r o d u z io n e 63

G enesi (Ved. n. vili, 12) e n e ll’epopea di M osè nei suoi Cantici e da tanti altri autori
G ilgam es (Dhorme, op. cit. p. 100 e ss. ; ispirati? D ’altra parte come si poteva par­
120-127). La narrazione caldaica è antichis­ lare al popolo di verità così sublim i senza
sima ed era già fissata per scritto 2000 anni far uso di antropomorfismi e di m etafore?
avanti Cristo. L ’uomo salvato dal diluvio In ultimo, come si è già osservato altrove,
viene chiamato Utnapistim, e altrove riceve n e ll’interpretazione della Scrittura si deve
il nom e di Atra-hasis ( = Hasisatra = Xi- seguire la C hiesa, a cui appartiene di de­
soutros), e l ’autore del terribile disastro è terminare in quale senso debbansi pren­
Bel, il quale contro la volontà degli altri dere le varie narrazioni bibliche.
dèi decide di inondare tutta la terra, e di Ora, come si è pure veduto, la Chiesa
far perire tutti gli uomini. Ea, m osso a com­ ha sem pre riguardato e riguarda come sto­
passione del re Utnapistim , si sforza di rico il libro della G enesi e specialm ente i
salvarlo, e riesce nel suo intento, facendogli primi capitoli e perciò ogni buon cattolico
costruire u n ’arca, nella quale egli si ri­ deve attenersi a quanto la C hiesa insegna,
fugia coi suoi parenti e cogli animali del e uniformare il suo giudizio a quello della
campo, durante l ’inondazione causata dal di­ C hiesa.
luvio. Il cataclism a è così spaventoso che Relativamente alle interpretazioni allego­
gli stessi dèi atterriti cercano un rifugio, riche o spirituali dei Santi Padri, abbiamo
salendo sino al cielo di Anu. Il Dio Bel già detto che, se vi è qualche divergenza
se l ’ebbe a male quando si accorse che fra loro per quanto si riferisce al primo
Utnapistim era scampato al flagello, ma si capo, tutti, eccettuati O rigene e C le­
placò per l ’intervento di Ea, ed elevò Utna­ mente A ., si accordano nel ritenere la
pistim, la sua m oglie e il pilota d e ll’arca storicità della G en esi. Le loro interpreta­
alla dignità di dèi, concedendo loro l ’im­ zioni allegoriche non escludono, ma anzi
mortalità. Abbiamo notato altrove (G e n . suppongono i fatti storici e si basano sopra
vili, 12) i punti di contatto e le divergenze di e ssi.
che vi sono fra la leggenda babilonese e la Sappiamo infatti da S. Paolo (II Cor.
narrazione biblica, per spiegare i quali non x , 6) che gli avvenim enti del Vecchio Te­
è necessario ricorrere a ll’influenza degli stam ento erano figure di ciò che doveva
scritti babilonici sui libri sacri verificatasi avverarsi nel N uovo Testam ento, e quindi
al tempo della cattività (Goldziher, ecc.) tali avvenim enti, oltre a ll’essere conside­
o dei re (Kuenen, Budde, ecc.) o delle rati in sè nella loro realtà storica, possono
lettere di Teli El-Amarna (G unkel, Za- ancora essere riguardati come figure, e ve­
pletal, e cc .), ma basta ammettere u n ’unica nire spiegati in relazione alle cose figurate.
tradizione conservatasi pura nella famiglia Così ha fatto parecchie volte San Paolo
di Àbramo, alteratasi invece presso gli (I Cor. x , 1 e ss. ; Gal. iv, 22 ; Ebr. vi e
altri sem iti. vii), e così sul suo esem pio hanno fatto i
L ’indipendenza della Bibbia da Babi­ Santi Padri e i Dottori della C hiesa, ma da
lonia è sostenuta dai migliori assiriologi ciò non è lecito conchiudere che e ssi non
che si sono occupati della questione, quali : ritenessero come storici i fatti, che con­
Iensen, Zimmermann, H om m el, Ierem ias, siderano come figure e tipi di cose avvenire.
Grimme, Meyer,- ecc. N iuno dei Padri (sempre eccettuati C le­
Riguardo alla torre di Babele nulla finora mente e Origene) ha mai detto che le nar­
si è trovato nelle iscrizioni cuneiformi razioni della G enesi siano sem plici leg­
(Ved. n. Gen. x i, 9). gende o m iti, o parabole o allegorie.
Intorno a ll’autorità storica della G enesi
3a obbiezione. - Contro la storicità della si possono consultare : M échineau, L'histo-
G enesi si portano ancora com e argomenti : ricité des trois prem ie rs chapitres de la
1° gli indizi di poesia che si scorgono spe­ Genèse, Rome 1910; Rinieri, Bibbia e Ba­
cialm ente nei primi capitoli, e 2 ° le inter­ bele, e cc ., Siena 1910; Dict. Ap., Babylon
pretazioni allegoriche di numerosi passi et la Bible, G e n è s e ; Brucker, Questions
date dai Santi Padri. actuelles d ’Écriture sainte, Paris 1895 ;
L'Église et la critique biblique, Paris 1908;
R. È facile però rispondere a tali diffi­ Vigouroux, Les L iv re s saints et la critique
coltà. Possiam o ammettere benissim o che rationaliste, Paris 1904 ; La Bible et les
nei primi capitoli vi sia della poesia, e si découvertes modernes, Paris 1896; Dict. de
possa scorgere il parallelismo, ma tale Théol., G e n c s e ; Dict. de la Bib., Mythique
poesia era inevitabile. Com e infatti si sa­ ( scns) ; Pelt, Histoire de VA. 7 \, Paris
rebbero potute narrare opere così meravi­ 1907 ; N ikel, Genesis und Keilschriftfor-
gliose anche colla massima sem plicità, schung, Freiburg i. B. 1903; Das Alte
senza colpire fortemente l ’immaginazione Testament im Lichte der altorientalischen
del lettore? La poesia è nelle cose stesse, Forschungen : I.D ie biblischc Urgeschichte,
e l ’uso del parallelismo non è contrario alla M ünster 1909 ; IV.DieP atriarch cn gcsch ichte,
verità. Non fu esso infatti adoperato da Münster 1912; Euringer, Die Chronologie
64 G enesi - I nt roduzio ne

der biblischen Urgeschichte, Münster 1909; cialmente d ell’uomo, e loro assicura il ne­
Göttsberger, Adam und Eva, Münster 1910; cessario alimento.
H eyes, Joseph in A egypten , Münster 1911 ; Dio è pure il padre amoroso, che crea
i Commentarii di Hetzenauer, Murillo, l ’uomo a sua imm agine e som iglianza, gli
Dier, e la Thcologia Biblica di H etze­ conferisce innum erevoli doni di natura e
nauer, ecc. di grazia, e quale sovrano legislatore gli
impone leggi e precetti positivi. G iudice
severo punisce la violazione del suo co­
I m iti a s tr a li. — Fra le aberrazioni ra­
mando nei nostri progenitori e nella loro
z io n a n te riguardo airinterpretazione della
discendenza, prende vendetta del sangue di
Bibbia va ancora ricordata quella che tenta
Abele, colpisce col diluvio gli uomini pre­
di spiegare tutto coi miti astrali. Stucken
varicatori, ne confonde i disegni orgogliosi,
(.Astralmyten der Hebräerf Babylonier und
e li disperde sulla terra. Pieno di m iseri­
Aegypten, Leipzig 1896-1901), H. W inckler
cordia perdona la colpa, e promette il Re­
(Him mels und Weltenbild der Babylonier,
dentore, veglia su N oè, gli fa delle pro­
Leipzig 1903), H. Zimmern (Die Keilin-
m esse e gli impone nuove leggi e rinnova
schrijten und das Alte Testament, Berlin
con lui l ’alleanza. Finalmente nella persona
1903), e cc., si sono sforzati di provare che
di Àbramo si sceglie un popolo per fam e
i patriarchi non sono che divinità astrali
il depositario delle rivelazioni e delle pro­
venerate nei principali santuarii della Pale­
m esse, ed esercitando una provvidenza
stina, e trasportati poi n e ll’albero genealo­
paterna su Abramo, Isacco e Giacobbe,
gico degli Ebrei. Così p. es. Àbramo non conduce Israele in Egitto, ove fa innalzare
è che il dio Sin, oppure una sua emana­
G iuseppe alla diginità di viceré, e prov­
zione, Sara è la dea Istar sposa del dio
vede acchè i figli di Giacobbe diventino
Sin. Anche Giacobbe sarebbe un dio lu­ un popolo.
nare. Giuseppe invece è un dio solare, e
L ’uomo è creato immediatamente da Dio,
Mosè una emanazione di lahve-Tammuz
e viene elevato all’ordine soprannaturale.
della steppa. Applicando gli stessi principii C onoscitore del bene e del male e dotato
ai Giudici e ai Re trovarono che G iosuè è di libertà, egli trasgredisce il precetto di­
il genio del santuario di Beniamin, Sansone vino, e perde la grazia e lo stato di inte­
un dio solare, Debora è Astarte, Saulle grità. Col pentimento riacquista la grazia,
appare anch’egli come una figura m itolo­ ma non già i doni preternaturali, e rimane
gica del dio Luna. Davide rappresenta in­ soggetto alla concupiscenza, al dolore e alla
vece un eroe solare, ecc. morte.
Non è necessario spendere molte parole Dio è l ’autore del matrimonio, e a ll’uomo
a confutare questi sogni, giacché si tratta incombe il dovere di essere il capo di fa­
di interpretazioni soggettive e al tutto arbi­ miglia, mentre la donna deve star soggetta.
trarie e ridicole. Nel testo si sopprime ciò 1 primi figli di Adamo esercitarono l ’agri­
che non va a genio, si torturano in m ille
coltura e la pastorizia; le altre arti non
modi i nomi proprii, i numeri, le indica­ furono inventate che più tardi. I discen­
zioni geografiche, si mettono a raffronto le
denti di Caino si abbandonarono al mal fare,
cose più disparate, e poi si conchiude ciò
e trassero nelle loro vie anche gli altri.
che si vuole. Se i figli di G iacobbe, perchè Ma in ogni tempo, specialm ente nella di­
dodici, non sono che i dodici segni dello scendenza di Seth, vi furono dei giusti, e
zodiaco, si potrebbe dire altrettanto dei do­ quando i popoli divennero idolatri, Dio ne
dici figli che spesso si incontrano nelle scelse uno fra i discendenti di Sem acciò
famiglie. E se si applicassero gli stessi in esso si conservasse il vero culto e la
principii ai fatti più recenti che vediamo vera religione.
coi nostri occhi, si verrebbe alla stessa
Per riguardo al culto e alla religione la
conclusione, che cioè non si tratta, se non
G enesi ci presenta Caino ed Abele, che
di miti astrali di niun valore reale. con diverse disposizioni offrono sacrifizi a
Dio, il quale accetta gli uni e rifiuta gli
I m p o r ta n z a d e lla G e n e s i. — Il libro altri. Si parla di Enos com e di un fedele
della G enesi ha una grandissima impor­ adoratore di Dio, e si afferma che Noè
tanza sotto l ’aspetto dogmatico, morale e uscito dall’arca sacrificò vittime cruente a
religioso. Dio, il quale le gradì. Àbramo, Isacco,
Infatti fin dalla prima pagina ci vien pre­ Giacobbe professano il monoteismo più
sentato Dio come il creatore onnipotente di puro, e Dio si manifesta parecchie volte
tutte le cose, che si eleva infinitamente al ad Àbramo, facendogli le più ampie pro­
di sopra di tutti gli esseri creati, e da cui m esse per lui e per la sua discendenza, ne
tutto dipende, e a cui tutto obbedisce. Dio prova la fede e l ’obbedienza, e lo costi­
è ancora il provisore universale, e come tuisce padre di tutti i credenti. Dio ap­
tale provvede alla conservazione e alla pro­ pare anche ad Isacco ed a Giacobbe, e i
pagazione dei vegetali, degli animali e spe­ luoghi, dove avvengono le apparizioni divine,
G e n esi - I n t ro d u z io n e 65

diventano centri di culto, nei quali si erige N icola di Lira, di Tostato e di Dionigi Car-
un altare, si invoca il nome del Signore, e tusiano, ecc.
si offrono sacrifizi. Le prom esse fatte ad Fra i moderni vanno ricordati : Girolamo
Abramo vengono confermate ad Isacco e Oleastro, Steucho, C ornelio Alapide, Bon-
poi a Giacobbe. Q uest'ultim o erige a Bethel frerio, G iansenio, Frassen, Gaetano, Cal-
una stela in onore di Dio, e la consacra m et, e cc., i quali hanno commentato tutto
con u n ’unzione di olio, ed offre in parecchi il Pentateuco. Per la G enesi basti indicare :
luoghi sacrifizi a Dio. G. Hammeri, C o m m . in G e n . y Dilingae
Oltre al sacrifizio la religione patriarcale 1564; Silvio, Com. in 4 priores lib. Pent.,
comprendeva ancora altri riti, quali l ’osser­ A nversa 1678; B. Pereira, Com ment, et
vanza del sabato e la pratica della circon­ Disput. in G e n e s im , Romae 1589-1598 ;
cisione, segno d e ll’alleanza contratta tra Ystella, C om m ent, in Gen. et E x od.y Romae
Dio e Àbramo. Era riconosciuto il vincolo 1601 ; Iac. de la H aye, Com . litt, in Gen.
del giuramento, e si usavano purificazioni, et E x o d Parigi 1636, 1641 ; Fem andio, In
si mutava il vestim ento, si facevano voti e G en., Lione 1618; Fr. de Schrank, Com-
si davano benedizioni. La G en esi insegna mentarius litteralis in G enesim , Soulzbach
pure l ’esistenza degli angeli, la loro natura 1835; T. Lamy, Com m ent, in lib. Geneseos,
spirituale, ecc. Ved. Dici, de ThéoL, ar­ M alines 1883-1884 ; A. Tappehorn, Erklä­
ticolo G enèse. rung der G enesis, Paderborn 1888; H. Cre-
lier, La G enèse, Paris 1889 ; H umm elauer,
P r in c ip a li c o m m e n ti c a t to lic i s u lla C om m ent, in G en., Parigi 1895; B. N e-
G e n e s i. — Lasciando da parte i Com m enti teler, Das Buch Genesis, M ünster 1905;
già ricordati su tutto il Pentateuco, basterà G. H oberg, Die Genesis nach dem L ite­
nominare, fra gli antichi, i Fragmenta in ralism erklärt, Freiburg in B ., 2a ed ., 1908 ;
G enesim di Sant’Ippolito, e poi O rigene, Hetzenauer, C om ment, in librum Genesis,
Selecta et homiliae in G e n e s i m ; Diodoro Graz 1910; Murillo, El Genesis, Roma
di Tarso, Fragmenta in G e n e s i m ; S. Efrem, 1914; Dier, G enesis übersetzt und erklärt,
In G e n e s i m ; S. G iov. Crisostom o, Homiliae Paderborn 1914, ecc.
in G e n e s i m ; Serm ones in G e n e s i m ; Teo­ Fra i commenti protestanti o razionalisti
doro di M opsuestia, Fragmenta in G e n e s im ; si possono ricordare : Fr. Tuch, Com mentar
Teodoreto, Quaestiones in G e n e s im ; San- über die Genesis, Halle 1838 ; Fr. Delitzsch,
t ’Ambrogio, H exaem eron e varii altri trat­ C om m entar über die Genesis, Leipzig 1887 ;
tati ; San Girolamo, L ib er hebraicarum Wright, The book of Genesis in hebrew,
quaestionum in G e n e s i m ; Sant’Agostino, Londra 1859 ; Spureil, N otes on the text of
De Genesi contra Manichaeos; De G enesi the book of G enesis, 2a ed ., Oxford 1896;
ad litteram imperfectus lib e r ; De G enesi ad G ossrau, Com mentar zur G enesis, Halber­
litteram, libri x i i ; S. Cirillo A ., Glafyra in stadt 1887 ; A. Dillmann, Die Genesis,
G e ne sim e Fragmenta; Procopio di Gaza, 6a ed., Leipzig 1892; H. Holzinger, G enesis
In G enesim interpretatio; Alcuino, Inter- erklärt, Freiburg in B. 1898; H. G unkel,
rogationes et responsiones in G e n e s im ; Ra- Die Genesis, G öttingen 1901 ; R. Driver,
bano Mauro, Com mentarli in G e n e s i m ; The book of Genesis, Londra 1904 ; L. Strack,
Walafrido Strabene, Glossa ordinaria; San Die G e n e sis, 2a ed ., Munich 1905; C. Mor­
Brunone d ’Asti, Expositio in G e n e s i m ; gan, The book of Genesis, Londra 1911;
Ruperto, Jn G e n e s im ; S. Tommaso, Po­ Skinner, A critical and exegetical com ­
stilla... in lib. Geneseos. Vanno pure ricor­ mentary on Genesis, Edimbourg 1911 ;
dati i com menti di Ugo di S. Caro, di O. Procksch, Die G enesis, Leipzig 1913.

5 — Sacra B ib b ia , vol. III.


GE NE SI

C A P O I.

Creazione della materia primordiale, 1-2. — Primo giorno. Creazione della luce, 3 - 3 .
— Secondo giorno. Divisiotie delle acque e creazione del firmamento, 6-8. —
Terzo giorno . Creazione delle piante, 9-13. — Quarto giorno. Creazione degli
astri, 14-19. — Quinto giorno . Creazione dei pesci e degli uccelli, 20-23. —
Sesto giorno. Creazione degli animali terrestri e deII*uomo, 24-31.

'In principio creavit D eus caelum et ter­ *In principio Dio creò il cielo, e la terra.
rain. 2Terra autem erat inanis et vacua, et 2E la terra era informe e vuota, e le te­
ténebrae erant super faciem abyssi : et Spi- nebre erano sopra la faccia d e ll’abisso : e

1 P s . XXXII, 6 et CXXXV, 5 ; Eccli. XVIII, 1; Act. XIV, 14 et X V ll, 24.

C he tale poi sia qui la su a significazione, viene


CA PO I. indicato non solo dalle parole in p rin cip io , ma
anche dal fatto che M osè voleva istru ire ii popolo
1. N e ll’introduzione (1, l-II, 3) sì d escriv e la in to rn o alla prim a origine delle co se, e che il
creazione della m ateria prim ordiale (I, 1-2), l ’opera popolo infatti l’intese nel se n so di una vera p ro ­
dei sei giorni (I, 3-31), il rip o so di D io e la duzione dal nulla, com e consta da li M acab. V II,
santificazione del settim o giorno (li, 1-3). 2S; Salm . C X LV II, 5, e da G iu sep p e Flavio che
In p rin cip io , cioè al principio del tem p o . Tale traduce con Exuaev.
è la spiegazione d i S . B asilio, S a n t’A m brogio, San- Il cielo. N e ll’ebraico vi è il p lurale, che indica
t’A gostino, ecc., co n ferm ata dai C oncilii L atera- i varii sp azi celesti s o v ra p p o sti l’uno all’altro
nense IV e V aticano (se ss. I li , cap . 1). Le p arole (Cf. n . II C o r. X II, 2). La frase il cielo e la terra,
in principio (ebr. b eresith) vanno p rese in sen so seco n d o il m odo di e sp rim e rsi degli E brei, s i­
asso lu to , ed indicano che prim a vi era nulla ec­ gnifica tu tto l’un iv erso , e tale è il se n so che ha
cetto Dio (C f. n. G iov. I, 1). La sp ieg azio n e di in q u e sto luogo, com e co n sta dal cap. II, 1. Si
alcuni P a d ri, i quali per q u e sto p rincipio in tesero tratta p erò del cielo e della te rra non ancora
il Figlio di Dio (C f. G iov. V III, 2 5 ; C o lo ss. I, 16; o rganizzati, ma inform i, ossia della m ateria p ri­
E br. I, 2), è oggi a b b an d o nata. — D io (ebraico m ordiale (Cf. S ap . XI, 8).
' E lo h im , p lu rale m aestatico dal sin g o lare JEloha M osè descrivendo l’origine della n atura visi­
usato solo in p o esia, G iob. X II, C; XXV, IO, ecc.) bile, non perla e sp licitam en te della creazione degli
etim ologicam ente deriva da JE l (forte, p o ten te), angeli, la tocca però im plicitam ente al cap. II, 1,
o p p u re da ’alah (tem ere, v en erare), e significa dove afferm a che Dio creò i cieli e la terra e tutto
T essere po ten te per eccellenza, o p p u re colui che il loro ornato. O ra gli angeli sono ap p u n to l ’ornato
si deve tem ere 0 v en erare. Siccom e il verbo creò del cielo em p ireo (III Re, XXII, 19), com e gli astri
è al sin g o lare, il p lu rale ' Elohim non è per nulla so n o l ’ornato del cielo stellare (D eur. X V ll. 3),
un vestigio di p oliteism o, ma allude p ro b ab ilm en te e i venti, le folgori, le nubi, gli uccelli, ecc.,
al cum ulo im m enso delle perfezioni divine, e forse l ’orn ato del cielo a ereo (Salm . C I1. 2 1 ; C H I,
anche alle p erso n e della SS* Trinità (S ch ò p fer, 4, ecc.). P ro b ab ilm en te gli angeli furono creati al
Z schokke, ecc.). — C reò. L ’ebraico c o rris p o n ­ principio del tem po assiem e alla m ateria (Cf. San
den te bara’ nella form a K al esp rim e s em p re una T o m ., 1, q. LX, a. 3), e perciò alcuni pensano che
azione p ro p ria di D io, e non viene mai ap p licato essi sian o co m presi nella parola cielo. Non è p o s­
all’uom o. O rd in ariam en te significa la creazione in sibile d eterm in are anche solo ap p ro ssim a tiv a ­
stre tto s en so , cioè il passaggio dal nulla a ll’e si­ m ente il tem po tra sco rso dal prim o atto creativo
stenza, poiché non si trova mai congiunto con un di Dio sino a noi. C hecché sia di ciò, è certo che
nom e indicante la m ateria, di cui una cosa è fatta. in q u e sto prim o versetto M osè insegna che il
68 G e n e s i , I, 3 -5

ritus Dei ferebatur super aquas. 3Dixitque lo spirito di Dio si moveva sopra le acque.
Deus : Fiat lux. Et facta est lux. 4Et vidit 3E Dio disse : Sia la luce. E la luce fu.
Deus lucem quod esset bona : et divisit lu- 4E Dio vide, che la luce era buona : e di­
cem a ténebris. 5Appellavitque lucem Diem, vise la luce dalle tenebre. 5E nominò la

3 H ebr. XI, 3.

m ondo non è etern o , ma ha ricevuto l ’esistenza giorni ciascuno. Nel prim o periodo (3-13) Dio s e ­
nel tem po per un atto creativo di Dio. £ ancora para la luce dalle ten eb re (1* giorno), le acque
da notare che alcuni riguardano le prim e parole s u p erio ri dalle inferiori (2° giorno), la terra d a l­
della G enesi come un titolo, o un som m ario del l ’acqua (30 giorno), e così vengono create tre
racconto che segue (C. H etzen au er, h. 1.), ma la regioni ( o pus d istin c tio n is), ossia la regione della
spiegazione adottata è più com une e ci sem bra da luce, la reg io ne d ell’aria e d e ll’acqua, e la r e ­
preferirsi. gione della te rra . Nel secondo periodo (14-31)
2. M osè lasciando ora da parte il cielo, di cui Dio popola (o p u s o rn a tu s) le tre regioni di abi­
non parlerà più se non inquanto ha relazioni colla tatori (e s e r c iti); la regione della luce di astri
terra (v. 11 e s s.), d escrive Io stato , in cui qu esta (4° giorno), la regione d e ll’acqua e d e ll’aria di
si trovava dopo la prim a creazione. Essa era pesci e di uccelli (5“ giorno), e la regione della
inform e (ebr. th ò h u )% ossia in uno stato di caos terra di anim ali e d ell’ uom o (6° giorno). E da
e di con fu sio n e, e vuota (ebr. vabohu), ossia n otare ch e l’acqua e l’aria vengono considerate
spoglia di ogni o rnam ento, vale a dire di p ian te com e una regione sola, e che le p iante, e ssendo
e di anim ali (Cf. Is. XLV, 18; G erem . IV, 23). infisse al su o lo, fanno parte della regione che è
Non essen d o ancora stata creata la luce, le te­ la te rra . C osì adunque Dio crea dapprim a la m a­
nebre erano sopra la faccia d ell'a b isso , cioè rico ­ teria, e poi vi s e p a ra le tre regioni, e quindi p ro ­
privano tutta la sua superficie. L ’ebraico thehom duce gli abitatori. La descrizione, com e si vede,
(abisso) significa acque c o p io se e abbondanti (D eut. procede seco ndo un ordine logico, ciò però non
V ili, 7), e anche m are (E sod. XV, 5, 8, ecc.). La esclu d e che fra le varie o p ere di Dio vi sia stata
terra quindi, oltre all’e sse re ravvolta fra d e n sis­ una reale su ccessione di tem po (Cf. S. T o m ., I,
sim e teneb re, era ancora rico p erta da una co ­ q. LXX1V, art. I e s s.).
piosa m assa di acqua. — Lo spirito di D io%ossia P rim o giorno (3-5). E D io, che già aveva creata
Dio colla su a virtù vivificante (G en. XLI, 3 8 ; la m ateria, d isse. Q u e st’ultim a parola rip etu ta
Esod. XXX!, 3 ; Salm . C H I, 3 0 ; S a p . I, 7) si sin o a dieci volte nel racconto della creazione,
m oveva sopra te acque fecondando la m ateria significa com andare. L ’im m agine è tolta d a ll’uom o,
caotica, e p rep aran d o la ad e sse re organizzata. Le il quale su o le m anifestare este rn a m e n te la su a
parole spirito di Dio p o treb b ero anche in ten d ersi volontà per m ezzo della parola. Sia fatta la luce.
nel senso di un vento im petuosissim o (l’ebraico La frase latina : fiat lux riproduce assai b en e la
ruah, com e il latino sp iritu s, può significare sia sublim e concisione d e ll’ebraico y ’hi 'o r , sia la luce.
spirito che v en to t e l ’aggiunta di Dio indica talvolta Il com ando di Dio è o n n ipotente, e all’istante
un superlativ o , com e p. es. m onti di D io , cedri produce il su o effetto, com e indicano le parole
di D io, ecc.), ma tale spiegazione non solo è con­ e la luce fu fa tta , e nei versetti seguenti e fu fatto
traria a tu tta la tradizione dei P ad ri, e ai passi così. Q u esta ste s s a verità è insegnata nel salm o
paralleli della S crittu ra, ma è ancora esclu sa dal XXXII, 9. M entre prim a regnavano solo le te ­
verbo si m u o v ev a , il cui co rrisp o n d en te ebraico n eb re, ora regna anche la luce, e con essa
m erachefeth significa letteralm en te covava, o m e­ com incia ad ap p arire l ’ordine e la varietà. Non
glio svolazza , o si librava, com e fa aquila so p ra i è possibile d eterm in are la natura di q u esta luce,
suoi piccoli (D eut. XXXII, 11), il ch e non può in e m entre alcuni pensano che essa provenisse dalla
alcuna guisa convenire a un vento im petuoso. condensazione, e dalle varie com binazioni e a lte ­
D opo la rivelazione del Nuovo T estam en to noi razioni, a cui andavano soggette le m asse c o ­
vediam o nelle d ette parole indicata la terza p e r­ sm iche, le quali com inciavano a ra g g ru p p a rsi,
sona della Santissim a T rin ità. altri ritengono che si tratti già della luce del sole,
Non sap p iam o quanto tem po sia trasco rso i n il quale p u r essendo ancora in via di form azione,
la prim a creazione della m ateria e la su a o rg a­ com inciava a far p e n etrare i suol raggi attrav erso
nizzazione, quale è d escritta nei versetti seg u en ti. l’atm osfera te rre stre , la quale andava purifican­
E nota l ’ipotesi di varii scienziati, i quali p en ­ dosi per la solidificazione di tante sostanze, che
sano che a ll’origine si av esse una nebulosa dotata trovandosi allo stato di vapori form avano attorno
di vario m ovim ento, dalla quale pro v en n ero poi alla terra una nebbia oscura e im penetrabile ad
i varii corpi librati nello spazio, e tra q u esti la ogni raggio di luce. 11 disco so lare rim aneva però
terra. D istaccatasi dalla nebulosa so lare, la terra sem p re invisibile dalla terra (Cf. San T om ., I,
andò man m ano con d en san d o si e raffreddandosi, q. LXV11, a. 4 ad 2). Ved. n. 5.
e vi fu un periodo, in cui le acque rico p riro n o 4. Dio rid e. Dio viene qui ra p p re se n ta to come
tutta la sua superfìcie. La S crittura non ha nulla un artefice, che contem pla e approva la bontà e
in contrarici, poiché in qu esti due prim i versetti 1’ utilità d e ll’ opera su a. Era buona, ossia corri­
afferm a solo che tutta la m ateria fu creata da D io, sp o n d ev a p erfettam ente al fine, per cui era stata
e descrive la condizione in cui si trovava la terra c reata. La stessa osservazione vale per tutte le
avanti al prim o giorno, ma non indica p er quale altre o p ere della creazione. D ivise la luce dalle
via e attrav erso a quali rivoluzioni essa vi sia tenebre in modo che si avesse una successione
pervenuta. di luce e di tenebre.
3. Nei versetti 3*31 si descrive l ’opera dei sci 5. N o m in ò , ecc., m ostrando così la su a so v ra ­
giorni, la quale si com pie in due periodi di tre nità e il su o dom inio su tutte le cose (Cf. Il, 19),
G e n e s i , I, 5 69

et ténebras Noctem : factumque est véspere luce G iorno, e le tenebre Notte. E della
et mane, dies unus. sera e della mattina si com piè il primo
giorno.

e fissandone l ’ordine e la stab ilità . T ale è la s p ie ­ Tw elve le c tu re s , ecc., L ondon, 1849: M olloy,
gazione di S. G iovanni C riso sto m o . A ltri, con San- G éologie et R é v é la tio n , P a ris , 1877, ecc.) a ttri­
t ’A gostino pen san o che D io abbia nom inato in buiro n o la form azione degli stra ti geologici e dei
quanto com andò ad Adam o di no m in are, o p p u re fossili a u n a creazione an te rio re ai sei giorni gene-
fu causa che v en isse nom inato. siaci. S econdo costoro il prim o versetto delia
La luce G iorno. Q ui si tra tta del giorno n a tu ­ G e n esi in d icherebbe la creazione di un m ondo
rale, c h e va dal m attino alla s e ra , ed è o p p o sto a n te rio re , con p iante, anim ali, ecc. Q uesto m ondo
alla notte. Della sera, ecc. N ell’ebraico si legge : s areb b e a n d ato quasi d is tru tto a motivo di un
e fu sera e fu m a ttin o . Q u esto prim o g iorno co­ g ran d e cataclism a so p ra v v en u to , che avrebbe ri­
m inciò al m om ento in cui Dio d isse : sia la lu c e , dotta la te rra allo stato di tohu vabohu (v. 2)
e si p rolu n g ò alla s e ra e alla no tte e term in ò al e av reb b e dato origine alla form azione degli s tra ti
m attino. C osì sp ieg an o S . B asilio e S . G iovanni e d e i fossili. D opo q u e sto , D io avrebbe re s ta u ­
C risostom o . Gli antichi B abilonesi e gli Egizi ra to l ’o p era su a in sei giorni ord in arii, com e è
contavano i giorni da un m attino a ll’altro (Cf. n a rra to al v e rsetto 3 e s e g u e n ti. Tale sp ie g a ­
H u m m elau er, h. 1. ; H e tze n a u e r, h . 1.). Altri s p ie ­ zione non poggia però so p ra alcun solido fo n d a­
gano : e della sera , a cui seg u ì la n o tte , e del m en to , poiché nulla nel sac ro testo fa s u p p o rre
m attin o , a cui seg u ì il giorno si com piè il prim o q u e sto g ra n d e cataclism a tra il v e rsetto 1 e il
giorno. In q u esto caso la p arola sera in d ich ereb b e v e rsetto 2, e d 'a ltra parte gli s tra ti geologici si
la notte caotica, che p reced ette la creazione della p re sen ta n o com e form ati da u n ’azione lenta e
luce, e si avrebbe una rag io n e del p erch è gli reg o lare e non già violenta e catastrofica.
Ebrei co n ta ssero i giorni d a una se ra a ll’a ltra . 2° S p ieg a zione ideale o allegorica. P arecchi
Il prim o giorno. N e ll’eb raico , tan to qui com e in P a d ri (C lem ente A ., O rigene, S a n t’A tanasio, San-
tutti i num erali seg u en ti fino al s e s to , m anca l ’a r­ t ’A gostino, ecc.) pe n sa n o invece che Dio abbia
ticolo determ in ativ o , e quindi si p o treb b e tra ­ c re ato tu tto assie m e , e che i giorni genesiaci non
d u rre un p rim o gio rn o , un secondo g io rn o , ecc. indichino già una su ccessio n e re a le , ma siano
R iguardo alla n atu ra di q u esti giorni vi so n o tra sem p lici m etafo re, o sim boli di visioni angeliche,
i cattolici tre principali spiegazioni : o q u a d ri d estin ati a ra g g ru p p a re le varie o p ere
1° Spieg a zio n e letterale. N um erosi P ad ri e T e o ­ di D io. S. T om m aso (li S en t. D ist. X II, q. 1,
logi (B asilio, A m brogio, G iov. C ris ., G reg o rio a. 2) b en ch é afferm i che la spiegazione le tterale
N az., e cc .t, lasciano alla parola giorno il se n so è più co m u n e, e tuttavia m ostri le su e p referenze
n a tu ra le .d i un o sp azio di 24 o re, e p e n sa n o che p er l ’allegorica, conchiude però dicendo, che si
dopo cre ata la m ateria, il m ondo sia sta to co ndotto deve ris p o n d e re agli argom enti d e ll’una e d el­
da Dio allo stato attuale nello sp azio di sei giorni l ’altra (Cf. S u m . T h ., 1, q. LXV1, a. 1 e s s .).
naturali. A q u e sta spiegazione si m uovono g ra ­ La q u estio n e è ancora oggidì d ib attu ta, e benché
vissim e difficoltà da parte della geologia, della fra i m o d ern i ben pochi neghino che nella form a­
paleontologia, ecc. Infatti la geologia insegna che zione del m ondo vi sia stata una su ccessio n e re a le ,
la te rra non p e rv en n e allo stato a ttu ale s e non m olti però riten g o n o , che i varii giorni p re s c in ­
dopo una lunga serie di trasfo rm azio n i dovute dano da ogni realtà oggettiva, e c o rrisp o n d a n o
a ll’azione lenta delle cau se n atu rali. La p aleo n ­ sem p licem en te a d iverse visioni avute da Adamo
tologia poi ci m ostra nei più p rofondi stra ti della (H u m m elau er, h. 1., e D er B iblische S c h o p fu n g s-
terra una quantità im m ensa di fossili, d i p iante e b ericht, 1877, e N ochm als der bib. S c h o p fu n g sb e -
di anim ali vissuti in e p o ch e assai differenti, m olto richty 1898; H ob erg , Die G en esis, 1899, 1908;
prim a che la te rra fosse nello s ta to attu ale e S ch o p fe r, G eschictite des A lten T e s ta m e n t, ecc.,
1 uom o lla b ita sse . P e r q u e ste e m olte altre r a ­ 1906; B ib el und W isse n sc h a ft, ecc., 1896; No-
gioni la spiegazione le tterale è stata q u asi da tutti g ara, M ozioni bibliche, II. 11 P e n ta te u co , ecc.,
abbandonata. Alcuni au to ri più recen ti (S orignet, 1914, ecc.), o p p u re ra p p re se n tin o la co n sa c ra ­
La C osm ogonie de la B ib le y P a ris , 1854 ; L au ren t, zione dei giorni della settim an a alla com m em ora­
B tu d es g éo lo g iq u c s... su r la C o sm o g o n ie , e cc., zione delle varie opere di Dio (C lifford, D ublin
P a ris , 1853; G atti, In s tit. a p o l.-p o le m ., R om a, R e v ie w , 1881 ; E. d e G ry se, De H exaëm ero,
1867 ; 'Veith, Die A nfänge d er M e n sch e n w elt, 1889, ecc.), o p p u re siano d e stin ati a pro p o rre
W ien, 1865; Bosizio, Das H exa em ero n u. die G eo­ l’opera della creazione com e un prototipo della
logie,, M ainz, 1865; Die Geologie u. die S ü n d flu t, settim an a per aver occasione di inculcare il riposo
M ainz, 1877; T rissl, S ü n d flu t oder G le tsc h e r? e del Sabato (M ichaelis, STatur und O ffe n b a ru n g ,
Das biblische S ech sta g exverk, M ünchen-R egens- 1855; R eu sc h , B ibel und N ature, 3* e d ., 1870, ecc.).
burg, 1894 ; B urg, B ib lisch e C h ro n o lo g ie, T rie r, T ra gli allegoristi vanno pure classificati : S top-
1894, ecc.), h a n n o b en sì tentato di sp ieg a re la pan:, S ulla cosm ogonia m osaica, 1877; S em eria,
form azione dei diversi stra ti e dei fossili ric o r­ La cosm ogonie m o sa ïq u e , R ev. B ib ., 1S93, p a ­
rendo al diluvio, ma o ltreché re sta se m p re in sp ie ­ gina 437, e c c .; T ep e, In stitu t, th e o l., t. 11, p. 461
gabile p erch è negli stra ti a n terio ri al q u a te rn a rio e s s ., ecc.
non si trovi traccia d e ll’uom o, non è possibile O ra, se è indubitato che la spiegazione allego­
am m ettere che le m asse enorm i degli stra ti te llu ­ rica toglie ogni om bra di opposizione tra la S c rit­
rici, e gli innum erevoli fossili che racch iu d o n o , tura e le scienze positive, ben difficilm ente però
abbiano potu to form arsi in sì poco tem p o e sian o re sta salva la veracità sto rica della S crittu ra.
di origine così re c en te. Q u esta infatti (E sod. XX, 9 -1 1 ; XXXI, 15-17) in ­
P arecch i altri autori (B uckland, G eology and tima a ll’uom o di lavorare per sei giorni e rip o ­
M ineralogy, London, 1830; C ard . W isem an, sa rsi al sab ato , perchè Dio ha lavorato sei giorni
70 G e n e s i , I, 6-S

6Dixit quoque Deus : Fiat flrmaméntum cD isse ancora Dio : Sia il firmamento nel
in mèdio aquarum : et dividat aquas ab mezzo alle acque : e separi le acque dalle
aquis. 7Et fecit Deus flrmaméntum, divi- acque. 7E Dio fece il firmamento, e se ­
sitque aquas, quae erant sub firmaménto, parò le acque, che erano sotto il firmamento
ab his, quae erant super fìrmaméntum. Et da quelle, che erano sopra il firmamento.
factum est ita. *Vocavitque Deus fìrmamén­ E così fu fatto. 8E Dio chiamò il firmamento
tum Caelum : et factum est véspere et Cielo. E della sera e della mattina si compiè
mane, dies secündus. il secondo giorno.

T P s. CXXXV, 5 et CXLVI1I, 4 ; Jer. X, 12 et LI, 15.

alla form azione del m ondo e si rip o sò al sab a to , i giorni genesiaci e i periodi geologici, gli autori
e non già perchè Dio ha m ostrato ad Adamo la più recenti am m ettono solo un accordo nelle linee
creazione in sette visioni, o perchè M osè co n ­ generali, come si vedrà in seguito, anzi alcuni
sacrò i giorni della settim ana alla com m em ora­ (per esem p io H etzenauer, T h eo l, B ib .y voi. 1,
zione delle opere di Dio, o perchè a ll’autore pag. 4 9 9 ; C o m m . in G en., pag. 41) am m ettono
ispirato piacque di p re sen ta re la creazione in che i varii giorni genesiaci siano ordinati non già
sette quadri, ecc. cronologicam ente, ma solo idealm ente tra loro.
3* Spiegazione concordistica. P e r ovviare agli M urillo (£ / G ^ncsis, ecc., pag. 249. Roma,
inconvenienti delle due p recedenti spiegazioni, n u ­ 1914) ritiene invece che i giorni genesiaci ra p p re ­
m erosi autori m oderni (Pianciani, In historiam sen tin o una serie di periodi cronologicam ente sue-
creationis m osaicam com mentatici, 1S51 ; A\eignan, cessiv i, che p otrebbero e sse re di ineguale dura-
Le m onde et l ’h o m m e p rim itif, 18G9; V igouroux, zione e fo rse anche di incerto num ero, durante
Man. B ib ., I, n. 2 7 3 ; Pozzy, La terre et le récit i quali si sv o lse l’o pera creatrice di Dio.
biblique de la création, 1874 ; M otáis, M oise, La B enché, tutto considerato, il concordism o m o­
Science et l'E xég'ese, 1882; B raun, U eber C o sm o ­ d erato ci sem bri p referibile, tuttavia non sono
gonie v. S ta n d p u n k t C hristl. W issen sc h a ft, 18S9; da con d an n arsi i sistem i contrarii, che salvano la
K reichgauer, Das S ech sta g ew erk, 1907; i teologi veracità della Sacra S critura. La C om m issione
Satolli, P alm ieri, P a q u e t, C. P esch , Tan- Biblica (30 giugno 1909) ha infatti dichiarato che
query, ecc.) ritengono che i giorni genesiaci co r­ la parola giorno può pren d ersi sia nel sen so di
rispondano a lunghi periodi di tem po, e si accor­ un giorno ordinario, e sia nel sen so di un certo
dino, alm eno nelle linee generali, coi periodi spazio di tem po, e che è lecito, salvo sem p re il
geologici. Infatti la parola jóm (giorno) non indica giudizio della C hiesa, e l'analogia della fede,
necessariam en te uno spazio di 24 ore, ma s p e s ­ seg u ire quella sentenza che si crede più pro b a­
sissim o significa un tem po in d eterm inato. C osì bile, n e ll’in terpretazione di quei passi dei tre
per e se m p ;o G en. II, 2, si legge che Dio riposò prim i capitoli della G enesi, che i P a d ri e i D ot­
il settim o giorno da tu tte le opere che aveva c o m ­ tori hanno d iversam ente in te rp reta to , lungi dal-
p iu te . O ra, q u esto giorno dura da più di 6000 anni I’aver insegnato alcunché di certo e di definito
e durerà ancora. Sim ilm ente G en. II, 4, si legge : (Cf. per più am pii p a rtic o la ri: D ict. Vig., C o sm o ­
nel giorno in cui il Signore Dio fece il cielo e la gonie ; B ru k e r, Q u est, a d . d ’E criture S ., 1895,
terra, benché poco prim a sia stato detto che Dio pag. 107; la n sse n s, De D eo C reatore, 1905,
fece il cielo e la terra in sei giorni (Cf. Esod. X, pag. 295 e ss. ; T anquerey, De Deo creante, ecc.,
6 ; Lev. V II, 35-36; D eut. IX, 2 4 ; Is. XLV111, 7 ; 1911 ; P esch , De Deo creante, ecc., 1908, pag. 32
Ezech. V II, 7, ecc.). C he poi M osè non in ten ­ e s s . ; H etzenauer, C om m entarius in G enesim ,
desse parlare di giorni ordinarli di 24 ore ma di 1910, pag. 39 e s s ., ecc.). In tali questioni, dice
lunghi periodi, si può d e d u rre dal fatto che solo S. T om m aso (S u m . T h ., I, q. LXV111, a. 1),
al qu arto giorno egli ricorda la produzione del si devono osservare due c o se : la p rim a, di rite­
sole, da cui tuttavia sono m isurati i giorni o rd i­ nere con tutta ferm ezza la verità della Sc rittu ra ;
nar» . Se p ertan to i prim i tre giorni genesiaci, nei e la seco n d a , che potendo la Scrittura ricevere
quali non vi era ancora il so le, ra p p re sen ta n o m olte sp ieg a zioni, non si deve talm ente aderire
lunghi periodi, si può conchiudere per analogia a qualcuna di qu e ste , che se ven isse a constare
che anche i tre giorni seg u en ti non siano giorni essere fa lso quel che si credeva essere senso della
ordinar» di 24 ore, e che le parole sera e m attino S crittu ra , lo si voglia tuttavia difendere com e tale,
indichino sem p licem en te il principio e il fine di e ciò affinchè la Scrittura non sia esposta agli
un dato periodo. Q uesti periodi furono chiam ati scherni degli in fe d e li, ecc.
giorni o perchè essi dovevano esse re il tipo della 6-8. Secondo giorno. Firm am ento è la tra d u ­
settim ana (P alm ieri, Vigouroux), o perchè furono zione del greco cr£péoD|ia, usato dai LXX, da
presentati com e giorni nelle visioni per mezzo Aquila, da Sim m aco e da Teodozione. L ’ebraico
delle quali Dio li fece co n o scere ad Adamo (B raun, raqi’ali, significa piuttosto este n sio n e , espansione
P e sch , ecc.). In qu esta spiegazione resta salva (Cf. Is., XL, 2 2 ; Salm . C H I, 2). M olto p ro b a ­
la veracità della S crittu ra, che p resen ta la c re a ­ bilm ente viene con questi nomi indicata l’atm o ­
zione delle cose com e fatta su ccessiv am en te, e sfe ra , ossia il cielo aereo, nel quale volano gli
assiem e re stan o salvi i dati delle scienze naturali, uccelli, si condensano le nubi, ecc., e dal quale
i quali esigono un tem po assai lungo tra la prim a cadono le pioggie, ecc. (Ved. n. 1). All’occhio
form azione della terra e la prim a produzione della sem bra u n ’im m ensa volta concava e solida, e
vita, e tra questa e la creazione d ell’uom o. £ però non è quindi a m eravigliare che come tale venga
da notare che m entre i primi concordisti c re d e ­ descritto dagli scrittori sac ri, i quali parlano delle
vano che vi fosse una concordanza perfetta tra cose m ateriali secondo che appariscono ai sen si,
G e n e s i , I, 9 -1 4 71

9Dixit vero Deus : Congregéntur aquae, 9D isse ancora Dio : si radunino le acque,
quae sub caelo sunt, in locum unum : et che sono sotto il cielo, in un solo luogo :
appareat arida. Et factum est ita. 10Et vo- e apparisca l ’arida. E così fu fatto. 10E Dio
cävit Deus äridam, Terrain, congregatio- nominò l ’arida Terra, e le raccolte delle
nèsque acquärum appellävit Maria. Et vidit acque chiam ò Mari. E Dio vide, che ciò
Deus quod esse t bonum. 11Et ait : Gér- era buono. 11E disse : G ermini la terra
minet terra herbam viréntem , et faciéntem erba verdeggiante, e che faccia sem e, e
sem en, et lignum pomiferum fäciens fru- piante frutifere, che diano frutto secondo
ctum ¡uxsta &enus suum , cujus sem en in la loro sp ecie, e che in sè stesse abbiano
sem etipso sit super terram. Et factum est la loro sem enza sopra la terra. E così fu
ita. 12Et prótulit terra herbam viréntem , et fatto. 12E la terra produsse erba verdeg­
faciéntem sem en juxta genus suum , li- giante, e che fa sem e secondo la sua sp e­
gnümque fäciens fructum, et habens unum- cie ; e piante che dànno frutto, e delle quali
quódque sem éntem secündum spéciem suam . ognuna ha la propria sem enza secondo la
Et vidit Deus quod esset bonum. 13Et factum sua sp ecie. E Dio vide che ciò era buono.
est véspere et mane, dies tértius. 13E della sera e della mattina si compiè il
terzo giorno.
14Dixit autem Deus : Fiant luminaria in 14E Dio disse : Siano fatti dei luminari

10 Job . XXXVIII, 4 ; P s. XXXII, 7 et LXXXVI1I, 12 et CXXXV, 6. 14 P s . CXXXV, 7.

non avendo essi intenzione di farci co n o scere l’in ­ d evono ric o p rire com e di un am m anto. E rb e , ecc.
tim a n atu ra delle co se. Altri p e n sa n o che si tra tti N ell’ebraico so n o indicate tre sp ec ie di vegetali :
del cielo stellare. E s ep a ri, ecc. Ecco lo sco p o a d e sh e = erba m inuta, ossia la v erdura dei p ra ti,e c c .,
cui è destin ato il firm am ento. D io fe c e , ecc. Ecco ch e sem b ra c re sc e re senza sem e , teseb = erba che
l’esecuzione d e ll’ordine dato. S e p a rò , ecc. E ssen d o porta s e m e t ossia i legum i e i cereali, Jez perì. =
p re cipitati i vapori più d en si che avvolgevano la alberi ch e h a nno fru tto , il quale racchiude den tro
te rra , i vapori più leggieri d e ira ria saliro n o in di sè il sem e . 11 fru tto e il sem e sono diversi a
alto re stan d o v i so sp e si allo stato di nubi. C osì seco n d a della diversità delle sp ec ie , a cui i vege­
l’atm osfera se p a rò realm en te le acque ch e erano tali a p p arte n g o n o . Alcuni (H u m m elau er, H e tz e ­
sotto il firm a m en to , o ssia che eran o sulla terra n a u er, ecc.) p e nsano che nel testo si parli solo
allo stato liquido, da quelle che erano sopra il di due sp ec ie di vegetali, riten e n d o che la parola
firm a m en to , ossia eran o in alto allo stato di va­ d esh e sia un term ine generale p er indicare tu tti i
pore. E fu fa tto così. V iene indicata la pro n ta vegetali. C hecché sia di ciò, va riten u to che colla
obbedienza della n a tu ra . I LXX u n isco n o q u e ste num erazione p recedente l ’autore sac ro ha voluto
parole al v ersetto 6 e aggiungono al v ersetto 8 : inculcare che tutto il reg n o vegetale ebbe origine
E Dio vide che ciò era buono. P ro b ab ilm en te però da D io. R esta così e scluso il trasform ism o a ss o ­
si tratta di u na glo ssa, poiché per testim onianza luto, che insegna e sse rsi la vita sv ilu p p a ta sulla
di O rigene e di S . G irolam o le d ette parole già terra sen za alcun intervento di D io. Siccom e poi
ai loro tem pi non si trovavano nel testo m as- nel testo si afferm a p u re che Dio s te s s o creò la
soretico e p re sso A quila, Sim m aco e Teodozione varietà delle piante (e degli anim ali) re s ta ancora
(Cf. Lam y, h. 1.).- e sclu so il siste m a di coloro, i quali pongono che
C ielo. N ell’ebraico vi è il p lu rale sh a m a im , che tutti i viventi siano per su ccessive evoluzioni p ro ­
significa etim ologicam ente a lto, o p p u re s p le n - venuti da una cellula prim itiva (C onf. V igouroux,
d e n te t ecc^ (Cf. H e tze n a u e r, h . 1.). M. B . t t. I, n. 2S3 ; L e s L ivres S a in ts et la critique
9-13. Terzo giorno. Nel terzo giorno Dio sep a ra rationaliste, 5 e d ., t. Ili, 266 e ss.)
la te rra dalle acque (9-10), e p ro d u ce le piante 12. E la terra , ecc. Il com ando divino viene
il 1-13). S i radunino le a cq u ey ecc. Le a cq u e, che p ro n ta m e n te eseg u ito . C he fa s e m e . D io pose così
erano so tto il cielo, rico p riv an o tu tta la s u p e r­ nelle p iante il principio, per cui si rinnovano
ficie della te rra (Salm . C H I, 6), e D io loro co ­ co n tin u am en te e si pro p ag an o sulla te rra . A questo
m anda di ra d u n a rsi in un sol lu o g o , ossia nel perio d o si riferisc e l’epoca geologica detta p a ­
luogo ad esse fissato (l’O ceano), in m odo che leozoica, il cui carattere dom inante è l ’a p p a ri­
apparisca l'arida (lett. Vasciutto), vale a dire e m e r­ zione della vita seg u ita poi da una ricca veg eta­
gano i c o n tin en ti. La te rra andava s em p re più zione, della quale so n o testimoni*! g l’im m ensi stra ti
raffreddand o si alla superfìcie e si copriva di di carbon fossile. D urante q u e sto tem po l’atm o­
acque. Ala la m assa ignea che si agitava al di sfe ra è carica di densi vapori, che intercettan o
d e n tro , faceva sì che la prim a crosta si co n ­ alla te rra la vista del s o le ; e non lasciano p e n e ­
tra e sse in varii luoghi e si av essero così so llev a­ tra re che una luce diffusa, pallida e sbiadita ; il
m enti e d e p re ssio n i, che v en n ero a form are i calore e l ’um idità sono grandi, e perciò le piante
continenti e i m ari. Q u esto p eriodo coi due p re ­ cresco n o con rapidità m eravigliosa. C om inciano
cedenti c o rrisp o n d e a llo r a azoica della geologia. pu re ad a p p arire alcune, sp ecie di anim ali in fe ­
10. Terra. L ’ebraico *erez deriva dalla radice rio ri, l ’au to re sacro però non ne parla, non c o sti­
’arai che significa e ss e re solido, ferm o, ecc. M ari, tu endo esse il carattere d e ll’epoca.
plurale di in ten sità p er den o tare l’abbondanza. 14-19. Quarto giorno. D ei lum inari. Q uesto
11. E d isse (ebr. D io ): g e rm in i, ecc. Dio dona nom e co m p rende le stelle, il so le, i pianeti, ecc.
alla terra il potere di p ro d u rre i vegetali, che la D istin g u a n o , ecc. Essi sono destinati a un triplice
72 G e n e s i , 1, 15 -2 3

firmaménto caeli, et dividant diem ac nel firmamento del cielo, e distinguano il dì


noctem, et sint in signa et témpora, et dies e la notte, e siano per segni, e per (di­
et annos : 15Ut luceant in firmaménto caeli, stinguere) i tempi, i giorni e gli anni : IAe
et illuminent terram. Et factum est ita. 18Fe- risplendano nel firmamento del cielo, e il­
citque Deus duo luminaria magna : lumi- luminino la terra. E così fu fatto. ieE Dio
ndre majus, ut praeésset diéi : et luminàre fece i grandi luminari : il luminare mag­
minus, ut praeésset noeti : et stellas. 17Et giore, affinché presiedesse al giorno : e il
pósuit eas in firmaménto caeli, ut lucérent luminare minore, affinchè presiedesse alla
super terram, “ Et praeéssent diéi ac noeti, notte : e le stelle. 17E le collocò nel fir­
et dividerent lucem ac ténebras. Et vidit mamento del cielo, affinchè rischiarassero
Deus quod esset bonum. 19Et factum est la terra, ,8e presiedessero al giorno e alla
véspere et mane, dies quartus. notte, e dividessero la luce dalle tenebre.
E Dio vide che ciò era buono. 19E della
sera e della mattina si com piè il quarto
giorno.
20Dixit étiam D eus : Producant aquae 20D isse ancora Dio : Producano le acque
réptile animae vivéntis, et volatile super rettili animati e viventi, e uccelli che vo­
lerram sub firmaménto caeli. 21Creavitque lino sopra la terra sotto il firmamento del
Deus Cete grandia, et omnem änimam vi- cielo. 2IE Dio creò i grandi P esci, e tutti
véntem atque motäbilem, quam produxe- gli animali che hanno vita e moto, pro­
rant aquae in sp écies suas, et omne vola­ dotti dalle acque secondo la loro sp ecie, e
tile secundum genus suum. Et vidit Deus tutti i volatili secondo la loro sp ecie. E Dio
quod esset bonum. 22Benedixitque e is, di- vide che ciò era buono. 22E li benedisse,
cens : C réscite et multiplicam ini, et re- dicendo : C rescete, e m oltiplicatevi, e po­
pléte aquas maris : avésque multiplicéntur polate le acque del mare : e si moltiplichino
super terram. 23Et factum est véspere et gli uccelli sopra la terra. 23E della sera e
mane, dies quintus. della mattina si com piè il quinto giorno.

fine, c io è : 1° a d istinguere il giorno dalla notte co n sid erati da molti popoli com e dèi, non sono che
facendo sì che l’uno seg u a all’a ltra ; 2° a e sse re umili cre atu re d i Dio destinate a servizio del­
segni per gli agricoltori, i viaggiatori, i navi­ l'uom o.
ganti, ecc., e ad indicare i te m p i delle varie s ta ­ 20-23. Q uinto giorno. Q uesto periodo c o rri­
gioni, delle feste, ecc., i giorni civili, e gli anni, sp o n d e all’era geologica detta m esozoicar o di tra n ­
che sono ap p u n to m isurati dal corso del s o le ; sizione, caratterizzata dalla produzione della fauna,
3* a illum inare la terra (v. 15). delle acque e d e ll’aria. A ppaiono bensì anche al­
Nei LXX si legge : Siano fatti dei lum inari nel cune sp ecie inferiori di m am m iferi, e alcune nuove
firm am ento del cielo per illum inare la terra e sp ecie di vegetali, ma non costituendo esse il
distinguano, ecc. carattere principale d e ll’epoca, l ’autore sacro le
16. D ue lum inari che paragonati agli altri astri passa so tto silenzio, non avendo egli intenzione
appaiono veram ente più grandi. Il lum inare m ag­ di scriv ere un libro di geologia.
giore■, che regola (p r e sie d e ) il giorno, c il sole. P ro ducano, ecc. 11 testo ebraico va tradotto :
Il lum inare m inore, che regola la notte, è la luna. B ru lich in o, ossia producano in grande abbondanza,
Le s telle , che a ll’occhio com pariscono più piccole, te acque rettili (lett. un brulicame) di anima v i­
benché in realtà molte di esse sian o più grandi v en te. Q uesto genitivo serv e di apposizione al
della luna e del sole. M osè parla delle cose s e ­ nom e p reced ente e indica che si tratta di anim ali
condo la loro ap p aren za e ste rn a ,-n o n avendo egli viventi. Il nom e sh e re i non significa qui solo i
intenzione di far un trattato di astronom ia o di rettili p ro p riam en te d e tti, ma com prende anche i
geologia. pesci di ogni genere, ossia tutti gli anim ali a cq u a ­
tici. E uccelli che volin o . N ell’ebraico si legge :
17. Le collocò, ecc. N ell’ebraico e nelle altre
e g li uccelli volino sopra la terra, e così non viene
versioni si legge : E Dio li (questo pronom e li
indicato, ma n e p p u re viene negato che e ssi siano
si riferisce & lum inari e non a sielle) collocò, ecc.
stati prodotti dalle acque. S o tto il firm am ento.
A ffinchè, ecc. Indica di nuovo i tre fini per cui
L ’ebraico potrebbe anche tra d u rsi per il firm a­
furono creati gli astri, risch iarare la terra, p re ­
m ento, ecc. 1 LXX aggiungono : e fu fatto così.
sied ere al giorno e alla notte, ossia e ssere segni,
e indicare i tem pi, ecc. (v. 14), e dividere la luce 21. I grandi pesci, ossia i grandi anim ali acqua­
dalle teneb re. tici e amfibii, cetàcei, cocodrilli, ecc. P rodotti
P urificatasi l’atm osfera per l’asso rb im en to d el­ (ebr. brulicati) dalle acque (v. 20). Secondo la
l’acido carbonico op erato dalle piante carbonifere, loro specie. M entre nel testo latino si ha ora
il cielo si sgom bra dalle den se nubi e la luce degli species e ora g e n u s , nel testo ebraico viene sem pre
/s tri giunge alla terra in tu tto il su o sp len d o re. usata la stessa parola m in, equivalente a specie.
Altri pensano che il sole, il quale già prccsisteva E da notare che in q uesto versetto viene usato
nello stato di form azione, al quarto giorno abbia per la seconda volta il verbo bara1 = creò (Cf.
rag g iu n te lo stato di condensazione n ecessario per n. 1), il quale non indica qui la creazione p ro ­
e sse re un focolare intenso di luce e di calore p riam ente detta, ma uno sp eciale intervento di D io.
(Cf. C ram pon, h. 1.). C hecché sia di ciò, M osè 22. Li benedisse Dio, com e si ha n e ll’ebraico
insegna qui evidentem ente che gli astri del cielo e nel greco. D icendo. Siccom e gli animali hanno
G en esi, I, 24-2G 73

2 *Dixit quoque Deus : Prodücat terra ani­ 24D isse ancora Dio : Produca la terra ani­
marti vivéntem in gènere suo, juménta, et mali viventi secondo la loro sp ecie, animali
repttlia, et béstias terrae secundum sp écies dom estici, e rettili, e fiere della terra se ­
suas. Facttìmque est ita. 25Et fecit Deus condo la loro sp ecie. E così fu fatto. 25E
béstias terrae juxta sp écies suas, et ju­ Dio fece le fiere della terra secondo la loro
ménta, et omne réptile terrae in gènere sp ecie, e gli animali dom estici, e tutti i
suo. Et vidit Deus quod esset bonum, 26Et rettili della terra secondo la loro sp ecie. E
ait : Faciämus H om inem ad imäginem et Dio vide che ciò era buono, 2Ce disse :
sim ilitüdinem nostram : et praesit piscibus Facciamo l ’Uom o a nostra im m agine, e

26 Inf. V, 1 et IX, 6 ; 1 C o r. XI, 7 ; C ol. Ili, IO.

l ’udito, Dio indirizza loro la parola, il che non invece, parlando di sè s te sso usa la prim a p e r­
fece colle piante prive di sen so . C re sce te , ecc. sona p lu rale. C iò su p p o n e m anifestam ente che
Ecco in che c o n siste la b en ed izio n e di D io. Gli in Dio vi siano più p e rso n e, com e infatti rico ­
anim ali ricevono la virtù di rip ro d u rsi e di p ro ­ noscono i P a d ri S . Teofilo A ., S a n t’Irineo, S an-
pagarsi, e di p e rp e tu a re così la loro sp ec ie . Da t ’Epifanio, S a n t’A m brogio, S a n t’A gostino, S . C i­
qu este parole si può d e d u rre che gli anim ali fu ­ rillo A ., S. Cirillo G ., S. G reg. N iss., S . Giov.
ro n o prodotti allo stato p e rfe tto in m odo cioè che C ris ., T e o d o reto, ecc. (Cf. H u m m e la u er, h. 1.).
fossero in grado di ad em p iere il com ando ric e ­ Alcuni recen ti (K nobel, R einke, ecc.) hanno bensì
vuto. voluto sp ieg a re q u e sto plurale di prim a p ersona
24-31. S e sto giorno. C om e già il terzo giorno, com e un sem plice plurale m aestatico, ma dato
così ora il sesto è caratterizzato da d u e o p ere p u re che un tale modo di p arlare fosse già in
di Dio. Si ha così d ap p rim a la produzione degli uso al tem p o di Alosè (il che è negato dai p ro ­
anim ali te rre stri (24-25) e poi la creazione d el­ te stan ti D illm an, G u nkel, ecc.), è im possibile
l ’uom o (26-31). Q u esto g ran d e p eriodo c o rri­ p o ter s p ieg a re in q u e sto se n so la frase analoga
spo n d e a ll'è ra geologica d etta neozoica, la cui del cap . Ili, 32, nella quale è n ecessario ric o ­
caratteristica è costituita dal reg n o dei m am m i­ n o scere un vestigio della T rinità. P e r conseguenza
feri e d a ll’ap p arizio n e deH’uom o. Q u e sta èra la spiegazione dei P adri è la sola possibile. Va
com prende i te rre n i terziari e q u a te rn a ri. poi asso lu tam en te rigettata la sentenza di alcuni
p ro te sta n ti (G unkel, H olzinger, ecc.) i quali nel
Produca. L ’ebraico c o rrisp o n d e n te va trad o tto :
detto p lu rale vorreb b ero trovare un vestigio di
m etta fu o ri la terra a n im a li, ecc. D opo aver p o p o ­
antico politeism o (Cf. M urillo, h. 1.).
lato il m are e l’aria di innum erevoli c re atu re , Dio L 'u o m o . L ’ebraico c o rrisp o n d e n te *adam è
viene ora a p o p o lare di abitatori anche la te rra .
un nom e co m une, che deriva probabilm ente da
Gli anim ali p rodotti vengono divisi in tre classi :
*adama (te r ra ), e indica l ’um ile n ostra origine.
behem ah, o ssia anim ali dom estici, com e buoi,
L ’e sse re al singolare lascia c o m p re n d e re l’unità
cam elli, p eco re, ecc. ; r e m e sh , ossia anim ali che
della sp ec ie um ana (Atti, XVII, 26). A nostra
striscian o sulla te rra , sian o essi rettili p ro p ria ­
im m agine e som iglianza. N ell’ebraico si legge :
m ente detti, com e i s e rp e n ti, e siano anim ali
a nostra im m a g in e , secondo la nostra som iglianza ,
inferiori ai grandi q u ad ru p ed i, come verm i, in­
setti, ecc. ; chayeto Je re z , o ssia le b estie della e V, 3, a sua som iglianza, secondo la sua im m a ­
g ine. Q u este due e sp re ssio n i sono p re sso c h é si-
terra, il qual nom e com p ren d e tutti gli altri a n i­
nonim e (G en. 1, 2 7 ; V, 1), ma riu n ite assiem e
mali della te rra , e ‘ sp ecialm en te i selvatici e
d àn n o più -forza e vivacità al concetto ed indi­
feroci. C om e è chiaro q u esta classificazione è
cano che l ’uom o ha una tale rassom iglianza con
fatta secondo le ap p aren z e e ste rn e .
Secondo le loro sp ecie. Da ciò è ch iaro che D io, da p o ter e sse re chiam ato im m agine di Dio
(I C or. XI, 7). Q u esta rassom iglianza c o nsiste
di ciascuna sp ec ie furono creati i due sessi,
p rin cip alm en te in q u e sto che l’uom o ha u n ’anim a
senza di che la sp ecie non sareb b e stata com ­
sp iritu a le e im m ortale dotata d ’intelletto e di
pleta e perfetta.
volontà, e quindi capace di conoscere e di am are
25. R ettili della terra, così detti per d istin ­ D io. N e ll’uom o vi è pure una lontana im m agine
guerli dai rettili del m are m enzionati al v e r­ della S antissim a T rin ità, e la stessa configura­
setto 20. Siccom e qu esti anim ali vengono creati zione del corpo indica qualche cosa di grande
nello s te s s o giorno che l’uom o, si può arg u ire fatto per dom inare.
che e ssi vengano ancora a p a rtecip are della b e n e ­ P resieda. N ell’ebraico e nel greco, ecc., vi è
dizione data a ll’uom o (v. 28), e cosi si sp ie g h e ­ il plu rale, che va tradotto dom inino. Dio si volge
rebbe p erch è non ricevano una benedizione p ro ­ a tu tta la specie um ana e le conferisce il d o ­
pria, com e la ricev ettero gli anim ali del m are e minio e la sovranità su tutti gli anim ali (Cf. Salm .
delPacqua (v. 22). V ili, 8). In forza di q uesto dom inio l’uom o può
26. E disse Dio. C osì sì legge n e ll’ebraico u sare di tutti gli anim ali e farli serv ire ella sua
e nel greco. D io, che colla sem p lice su a parola p ro p ria u tilità. Alle bestie e a tutta la terra. Al­
aveva prodotto tu tte le cose, al m om ento di dare cuni (Cf. H e tze n a u e r, h. I.) preferiscono il testo
l’esistenza a ll’uom o, re di tu tta q u an ta la c re a ­ siriaco : alle bestie dom estiche e a tutte le fiere
zione, sem b ra raccogliersi un ista n te, e dop o della terra (Cf. v. 24). Col peccato l ’uom o p e r­
e sse rsi consigliato con sè ste sso e aver rig u a r­ d ette alquanto della sua so v ran ità, ma, ciò non
dato oll’originale tolto a m odello, dice : Facciamo o stan te, per mezzo della ragione egli riesce, b e n ­
l'u o m o . Si osserv i che m en tre l ’au to re sacro p a r­ ché talvolta con m aggiore difficoltà, ad a ss o g ­
lando di Dio usa la terza p erso n a sin g o lare, Dio g ettarsi gli anim ali anche più feroci.
74 G e n e s i , I, 27-31

maris, et volatilibus caeli, et béstiis, uni- somiglianza : e presieda ai pesci del mare,
versaéque terrae, omnique réptili quod mo- e ai volatili del cielo, e alle bestie, e a
vétur in terra. 27Et creàvit Deus homi­ tutti i rettili, che si muovono sopra la terra.
nem ad imàginem suam : ad imaginem Dei 27E Dio creò l ’uomo a sua immagine : lo
Qreàvit illum, masculum et féminam creàvit creò a immagine di Dio, li creò maschio
eos. 2SBenedixitque illis Deus, et ait : Cré­ e femmina. 28E Dio li benedisse e disse :
scite et multiplicamini, et repléte terram, et C rescete e moltiplicate, e riempite la terra,
subjicite earn, et dominamini piscibus ma­ e assoggettatela : e abbiate dominio sopra i
ris, et volatilibus caeli, et univérsis ani- pesci del mare, e i volatili del cielo, e tutti
màntibus, quae movéntur super terram. gli animali, che si muovono sopra la terra.
29Dixitque Deus : Ecce dedi vobis ornnem 29E Dio disse : Ecco che io v ’ho dato tutte
herbam afferéntem sem en super terram, et le erbe, che fanno sem e sopra la terra, e
univèrsa ligna quae habent in sem etipsis tutte le piante che hanno in sè stesse se ­
sem éntem gèneris sui, ut sint vobis in menza della loro sp ecie, perchè a voi ser­
escam : 30Et cunctis animàntibus terrae, vano di cibo : 30e a tutti gli animali della
omnique vólucri caeli, et univérsis quae terra, e a tutti gli uccelli del cielo, e a
movéntur in terra, et in quibus est ànima quanto si muove sopra la terra, nel quale è
vivens, ut hábeant ad vescéndum . Et fa­ anima vivente, affinchè abbiano da man­
ctum est ita. 31Viditque Deus cuncta quae giare. E così fu fatto. 31E Dio vide tutte le
fécerat : et erant valde bona. Et factum est cose, che aveva fatte, ed erano buone assai.
véspere et mane, dies sextus. E della sera e della mattina si compiè il
sesto giorno.

27 S ap. II, 2 3 ; Eccli. XVII, 1; M atth. XIX, 4. 28 Inf. V ili, 17 et IX, I. 29 Inf. IX, 3.
3i Eccli. XXXIX, 21 ; M arc. VII, 37

27. L ’au to re, isp irato , rap ito di m eraviglia alla e quindi p resenta agli uom ini il cibo necessario
considerazione della grandezza d e ll’uom o, ripete affinchè p ossano rinnovare le loro forze. Tutte le
per tre volte che egli fu creato da D io, e insiste erbe che fanno s e m e %cioè i legum i, i cereali, ecc.
due volte sul fatto che fu creato a im m agine di (Ved. n. 11). Tutte le p ia n te , ecc., ossia tutti
Dio. Anche qui com e al v. l e al v. 21 si ha gli alberi fru ttiferi. Della loro specie. Q ueste pa­
il verbo b a r a che indica u n ’azione propria di role m ancano n e ll’ebraico e nel greco, a Q uan­
Dio. L 'u o m o è qui, com e al v ersetto preced en te, tu n q u e Dio abbia fatto l’uom o padrone della vita
un nom e collettivo che indica la prim a coppia di tutti gli animali per trarn e i vantaggi, che
um ana, e perciò viene ra p p re se n ta to sia dal p ro ­ posso n o so m m inistrargli ; con tutto ciò, co n ce­
nome singolare e sia dal p lu rale. La creazione d endo adesso a lui per suo cibo l ’erbe o le frutta,
dell’uom o è n arrata con m aggiori particolari nel ci dà tutto il m otivo di credere, che dalle carni
capo segu en te. E dottrina di S. Tom m aso e di degli anim ali si a ste n e sse ro gli uom ini, fino a quet
quasi tutti i teologi che l’uomo sia stato creato tem po in cui l’uso di e sse fu e sp ressa m e n te
nello stato di grazia santificante, e che quindi c onceduto, come vedrem o (G en. IX, 3) ». M ar­
fosse im m agine di Dio non solo n e ll’ordine na­ tini. Tale è il sentim ento di parecchi P adri e
turale, ma anche n e ll’ordine so p ra n n atu rale. Li in terp reti (H olzinger, K aulen, H etzenauer, ecc.).
creò m aschio e fem m in a . Dal fatto che Dio creò Altri però (A lapide, C alm et, C aetano, H um m e-
una sola coppia um ana si deducono la grande lau er, H oberg, ecc.) ritengono, che anche prim a
legge della m onogam ia (Ved. n. M att. XIX, 4), del diluvio l ’uso delle carni non fosse vietato.
e l’unità fisica e m orale di tu tta la razza um ana 30. Dio provvede anche agli anim ali il loro
(Ved. n. Atti, XVII, 2G). Solo i LXX om ettono n u trim en to . N ell’ebraico e nel greco si legge :
le parole : a sua im m agine. a tu tti gli anim ali... (io d o y sottinteso) Verba
28. B en ed isse. Ved. n. 22. La fecondità d e l­ verde (lett. ogni verzura di erba) per nutrim ento.
l’uom o, il su o dom inio sulla terra e la su a s o ­ M osè afferm a quindi in generale che il regno
vranità sugli animali sono un dono e una b e n e ­ vegetale deve serv ire di cibo al regno anim ale.
dizione di Dio. C rescete , ecc. Dio approva così Alcuni in terp reti (C f. H etzenauer, h. 1.) p retesero
solennem en te il m atrim onio, per mezzo del quale che prim a del peccato d ell’uom o tutti gli animali
la specie um ana deve co n serv arsi e pro p ag arsi. fossero erbivori, ma giustam ente San T om m aso
A ssoggettatela, ossia occupatela come di vostro (I, q. 96, a. 2, ad. 2) rigetta tale sentenza, o sse r­
dom inio, coltivatela e godete I frutti, che essa vando che per il peccato d ell’uom o non ha potuto
produce (II, 5, 15; III, 17 e ss.). Abbiate do­ esse re m utata la natura degli anim ali. C osì fu
minio,, ecc. Dio dà a ll’uom o potestà su tutti gli fa tto . Q ueste parole si riferiscono a tutta l ’opera
anim ali, in modo che egli può farli serv ire ai del sesto giorno (24-30^.
proprii usi e bisogni, e anche al p roprio so ste n ­ 31. Erano buone assai. M entre le singole opere
tam ento. D opo le parole i volatili del cielo, i della creazione erano state dichiarate buone, il
LXX aggiungono : tutti gli anim ali dom estici e loro com plesso viene ora dichiarato buono assai,
tutta la terra, e tu tti i reitili che si m uovono vale a dire ottim o e perfetto nel suo genere, e
sopra la terra. ciò sia per l’ordine m irabile che risplende fra le
29. Dio provvede non solo alla conservazione varie parti (Salm . XVIII, 2) e sia a motivo d e l­
della specie, ma anche a quella degli individui, l’uom o, che è il com plem ento delP universo ed è
G en e s i, li, 1-3 75

C A P O II.

I l Sabato, 1 -3 . — Titolo d e lla p r i m a se zio n e , 4 . — L ' u o m o n e l p a r a d i s o t e r r e s t r e , 5 - / 7 .


— C re azio n e d i È v a , 18 - 2 3 ,

‘Igitur perfécti sunt caeii et terra,et om nis ^ o s ì furono compiuti i cieli e la terra,
om àtus eórum. 2Com plevitque D eus die e tutto il loro ornato. 2E Dio ebbe compiuta
séptim o opus suum quod fécerat : et re- il settim o giorno l ’opera, che aveva fatta :
quiévit die séptim o ab univèrso òpere quod e si riposò nel settim o giorno da tutte le
patràrat. 3Et benedixit diéi séptim o, et san- opere, che aveva fatte. 3E Dio benedisse il
ctificàvit illum : quia in ipso cessàverat ab settim o giorno; e lo santificò : perchè in
omni opere suo, quod creavit Deus, ut fa- e sso si era riposato da ogni sua opera, che
ceret. aveva creata e fatta.

2 Ex. XX. 11 et XXXI. 17: D eu t. V. 14: H eb r. IV. 4.

fatto a im m agine e som iglianza di D io. N el­ Il prim o verbo si riferisce alla creazione della
l’ebraico e nel greco si legge : ed ecco che erano m ateria, il secondo alla sua organizzazione.
baone assai. Si tratta quindi di una perfezione e Anche gli Egiziani, i B abilonesi, gli A ssiri, i Fe­
di una bontà p re sen te . nici, i G reci, ecc., ebbero le loro cosm ogonie più
0 m eno affini alla cosm ogonia biblica. Da questo
fatto n u m ero si ra z ionalisti (D river, G unkel, De-
litzsch, H o lzinger, B udde, S c h ra d e r, W inckler,
C A PO II.
Z im m ern) co nchiusero che la narrazione m osaica
1-3. Il rip o so di Dio Q uesti tre v ersetti a p ­ non è altro ch e una serie di antichi m iti rito c ­
partengono ancora alla n arrazione del cap o p re ­ cati e p u rg ati da ogni politeism o.
U na tale conclusione non può in alcun m odo
cedente. C osì fu r o n o , ecc. Si ha qui una b reve
s o ste n e rs i, tro p p o grandi esse n d o le differenze
ricapitolazione di q u an to fu detto nel cap o p re ­
che esisto n o tra la cosm ogonia biblica e le
c edente. Il loro ornato. N ell’ebraico la loro m i-
lisiaf o p p u re il loro esercito. Q u esta e sp ressio n e cosm ogonie degli altri popoli. E d ifa tti: 1* N ella
indica tutti gli e sse ri che si m uovono nel cielo e cosm ogonia biblica regna il più a ssoluto m ono­
nella te rra . teism o, n elle altre invece si ha il politeism o più
g ro sso lan o (C f. I. H eh n , Die biblische und die
2. E bbe c o m p iu ta , ecc. N el settim o g iorno Dio babylonische G o tte sid ee , Leipzig, 1914). O ra è
ebbe com piuta l ’o p era s u a , nel sen so che cessò assu rd o am m ettere che il solo popolo E breo, a
dal p ro d u rre nuovi generi e nuove sp ecie di cose. p referen za di altri popoli più colti e più civili,
Il settim o giorno. Il te sto sam aritan o , i LXX, abbia p o tu to p e r naturale evoluzione p a ssa re dai
l’itala, il siriaco, ecc., h an n o sesto g io rn o , ma si politeism o al m onoteism o (Cf. L em onnyer, La
tratta prob ab ilm en te di una co rrezio n e, e la le ­ révélation p rim itiv e , P a ris , 1914, p. 244). 2* S e ­
zione della Volgata è p referita dai critici. R ip o sò , condo la B ibbia in principio nulla e sisteva ec­
non nel sen so che abbia c essato da ogni o p e ra ­ cetto Dio ; e la m ateria ricevette l’esistenza da
zione (G iov. V, 17) e lasciato di reg g ere e g o ­ D io ; nelle altre cosm ogonie invece la m ateria è
vern are il m ondo, m a nel se n s o che cessò dal su p p o sta increata ed e te rn a . Cosi p re sso gli
pro d u rre nuovi g en eri e nuove s p ec ie . So p ra la Egiziani al principio si trova l ’acqua (Cf. Ma-
significazione m isterio sa di q u e sto rip o so divino sp ero , H istn ire ancienne des p e u p le s de l ’O rìen t,
Ved. n. E b r. IV, 3 e s s. C om e si sa il giorno P a ris, 1909, pag. 31 e s s .) ; p re sso i Fenici vi
/estivo fu poi tra sfe rito alla D om enica in m e­ è un caos te n e b ro so (C f. L agrange, E tudes sur
moria della risu rrez io n e di G esù C risto . les religinns s é m itiq u e s , P a ris , 1905, p. 405);
3. B e n e d isse il settim o giorno an n etten d o v i p re sso i B abilonesi vi sono acque dolci (A p s u )
m olteplici grazie e benefizi per gli uom ini, che e acque salse (T ià m a t). C f. L agrange, op. cit.,
l'av e sse ro o sse rv a to . Lo santificò sep aran d o lo da pag. 370 ; p re sso i greci PO ceano è il padre degli
tutti gli altri giorni concessi al lavoro, e ris e r­ Dei (Il’iade, XIV, 201, 302), ecc. 3* N ella Bibbia
vandolo per sè e co n secrán d o lo al su o rip o so . Dio è in d ip en d en te dalla m ateria e crea il m ondo
L’uom o esse n d o q u an to alla n a tu ra im m agine di con una sem plice p a ro la ; nelle a ltre cosm ogonie
Dio (I, 26 e s s.), deve anche e sse re tale q u an to gli De» nasco no dalla m ateria e il m ondo non è
all’operazio n e, e quindi ha da lavorare per sei ch e il risu lta to di g u erre e di lotte scoppiare fra
giorni, e da rip o sa rsi il Sabato. Da q u e sto m odo gli Dei (Cf. autori citati, loc. cit.). 4* In n e s ­
di parlare sem b ra si possa d e d u rre ch e Dio fin suna cosm ogonia estran e a alla Bibbia è n arrata
da principio abbia a sse g n ato il Sabato al su o l’istituzione del S abato e della settim an a . Gli
culto in m em oria della creazione, e che quindi sforzi fatti da D elitzsch, G unkel, ecc., e tra noi
l'o sserv an z a del Sabato sia stata p raticata da da M inocchi, p e r p rovare il co n trario , fallirono
Adamo e dai su o i figli. C osì p e n sa n o p arecchi m iseram en te, com e am m ettono gli stessi p ro ­
fra i m igliori in te rp reti. Aveva creata e fa tta . testan ti B arth, Bezold, S trac k , ecc. (Cf. H etze-
L’ebraico va trad o tto : aveva creato p e r farla. n a u er, C o m m . in G e n .t pag. 3 0 ; Theologia Bi-
70 G en esi, II, 4 -5

Mstae sunt generaliónes caeli et terrae, 4Queste sono le origini del cielo e della
quando creata sunt, in die quo fecit Do­ terra, quando essi furono creati, nel giorno
minus Deus caelum et terram : aEt omne in cui il Signore Iddio fece il cielo e la
virgultum agri antequam orirétur in terra, terra : 5E ogni pianta del campo prima che
omnémque herbam regiónis priur/}uam ger- nascesse sulla terra, e ogni erba della cam­
minàret : non enim pluerat Dóminus Deus pagna prima che spuntasse : perocché il
super terram, et homo non erat qui opera- Signore Iddio non aveva mandato pioggia

blica, t. I, pag. 505 e s s . ; H u m m elau cr, C o m m . creati. L ’ebraico si potrebbe meglio tra d u rre con
in G en., pag. 78). Vi è senza dubbio una qualche dopo che fu ro n o creati. Le parole seguenti : nel
rassom iglianza tra la narrazione biblica e la giorno in cui (l’ebraico potrebbe anche trad u rsi
narrazione caldaica, ma oltreché essa è ben poca sem p licem en te : dopo che il Signore fe c e , ecc.)
cosa, come si può vedere p resso C om andin (b ic i. il S ignore, ecc., sono sinonirae delle precedenti
A poi., e c c .; Babylone et la B ib le , col. 338 e s s.), quando fu ro n o creati. Il Signore D io. N ell'ebraico
è ancora indubitato che la narrazione caldaica si legge : Iehovah- 'E lo h im . Intorno a q uesto s e ­
ra p p re sen ta una deform azione e una corruzione condo nom e Ved. n. I, I. Iehovah (ebr. m .T )
della rivelazione e della tradizione prim itiva quale deriva dalla radice hayah ( = / u , v isse , ecc.) e si­
ci è stata conservata in tutta la sua purezza nella gnifica p ro p riam ente colui che è, ossia l ’E ssere
Bibbia (Cf. H etzen au er, C onim . in G en ., p. 34 asso lu to ed eterno (Cf. Esod. HI, 14). La pro­
e s s . ; Theologia B ib ., t. I, pag. 511 e s s . ; nunzia esatta delle quattro lettere è incerta,
L em onnyer, La révélation p rim itive, pag. 240 benché sia probabile che si debbano leggere
e s s.). II poem a caldaico della creazione si può la h v e h . D opo la cattività gli Ebrei cessaro n o per
avere trascritto e tradotto p resso D horm e, C hoix ris p e tto dai pronunziare qu esto nom e, e quindi
de te x tes, ecc., P a ris, 1907, pag. 1 e s s. Intorno i LXX nella loro traduzione vi so stituirono Kvpio^
a ll’argom ento si possono pure trovare utili indi­ = Signore (Volg. D om inus) e i M assoreti vi
cazioni p re sso : Lamy, C om m . in G en ., t. I, seg n aro n o le vocali del nom e A donai, che s i­
pag. 141 e s s . ; B runengo, L ’im pero di N inive e gnifica pad ro ne, signore, e che viene pure a ttri­
di Babilonia, P rato , 1885; V igouroux, La Bible buito a Dio.
et les découvertes m o d ern es, P a ris, 1896, t. I, Nei d u e capi II-1M (Cf. anche Esod. IX, 30)
pag. 205 e s s. ; Rinicri, Bibbia e B a b e le , Siena, M osè unisce assiem e i due nom i affinchè si com ­
1910, p. 135 e s s . ; .M échineau, L 'h isto ricité, ecc., p renda che la h v e h , Dio d e ll’alleanza e della r e ­
Rome, 1910, pag. 113 e s s . ; M urillo, op. cit., denzione, t Io s tesso che *E lo h im , Dio della
p. 210 e ss. ; Z apletal, L e récit de la création, ecc., creazione. I d u e nomi indicano quindi lo stesso
G enève, 1904, pag. 55 e s s. vero Dio creatore e re d e n to re del m ondo. Ri­
R iguardo alla teoria m itico-naturale di alcuni guardo alle false deduzioni di alcuni critici dal­
cattolici relativa a ll’in terp retazio n e dei prim i ca­ l’uso di qu esti due nom i, Vedi Introduzione. Il
pitoli della G enesi (Vedi quanto è detto n e ll’ In ­ ciclo e la terra. Tale è pure la lezione dei LXX.
troduzione g en erale, e nel d ecreto d ella C o m ­ N ell’ebraico si ha : la terra e il cielo. 11 greco e
m issione biblica), essa va rig ettata non essen d o la Volgata uniscono l’ultim a parte di q uesto v e r­
com patibile col concetto cattolico deH’ispirazione setto al v ersetto seg u e n te : Dio fece il cielo e
e con quanto la C hiesa ha sem p re insegnato, e la terra, e ogni pianta, ecc. L ’ebraico però vuole
i Santi P ad ri con unanim e con sen so ci h anno un p u n to ferm o alla fine di qu esto versetto.
tram andato. 5. Q uesto v e rsetto e i due seguenti sono al­
4. La prim a pp.rte della G enesi (II, 4-XI, 26) q u an to oscuri nella Volgata e nei LXX. Ecco il
com prend e la sto ria di tu tta l’um anità dalla testo ebraico corrisp o n d en te : E niun arboscello
creazione alla d isp ersio n e dei popoli, e si divide del cam po ere ancora sulla terra, e nessuna erba
in cinque sezioni, la prim a delle quali (II, 4-1V, della cam pagna era ancora germ inata, perchè il
26) è intitolata sto ria o generazione del ciclo e Signore Dio non aveva mandato pioggia sulla
della terra, e tratta dello stato di innocenza (11, terra, e non vi era l ’uom o che coltivasse il suolo.
4-25), della caduta (III, 1-24) e della divisione E una nebbia (o vapore) saliva dalla terra e
dei figli di Adamo in buoni e cattivi (IV, 1-26). irrigava tutta la superficie del suolo. E form ò il
Q ueste sono, ecc. Q u esto versetto da alcuni Signore Dio l'u o m o della polvere del suolo, e gli
viene rig u ard ato come un som m ario della n a rra ­ alitò nelle nari un soffio di vita, e l'uom o fu
zione p re c e d e n te ; i migliori in terp reti m oderni fatto (o divenne) anima (ossia anim ale) vivente.
però lo co n sid eran o come il titolo della prim a M osè si riferisce probabilm ente al terzo giorno
sezione (II, 4-lV, 26) d ella prim a parte della della creazione, e dà la ragione per cui sino allora
G enesi, e ciò conform e ai titoli analoghi che si la terra era rim asta spoglia di vegetazione. M an­
leggono al principio delle altre sezioni (V, 1 ; cava infatti la n ecessaria um idità, poiché Dio non
VI, 9 ; X, I ; XI, 10). Cf. anche XI, 2 7 ; XXV, aveva ancora m andato pioggia s u ll’arida te rra ,
12, 19, ecc. e non vi era ancora l'uom o a coltivarla e a irri­
Le origini. L ’ebraico tholedoth (lett. genera­ garla. Altri (Cf. C ram pon, h. I.) però ritengono
zioni, deriva da yalad — generò) ha qui piuttosto che Atosè si riferisca al sesto giorno della
il sen so di sv ilu p p o o di sto ria. M osè infatti creazione, im m ediatam ente prim a che Dio c reasse
passa ora a n a-rare la storia su ccessiva del cielo Adamo. In tal caso si avrebbe qui la descrizione
e della terra inquanto è co n n essa colla sto ria dei non della terra in generale, ma solo di quella
prim i uom ini. A (al fine rip ete con alcune am ­ co ntrada, che fu la prim a abitazione degli uom ini,
plificazioni il racconto della creazione delle erbe la quale viene pre sen ta ta come arida e priva di
e deH’uom o, e d escrive a lungo lo stato in cui pioggia, e perciò spoglia, non già di tutte le
si trovavano i prim i uom ini. Q uando furono piante e le erbe, ma solo di quelle che sono utili
G e n e s i , 11, (5-8 77

retur terram : 6Sed fons ascendebat e terra, sopra la terra, e non vi era l ’uomo che la
irrigans universam superficiem terrae. 7For- coltivasse : 6Ala saliva dalla terra una fonte
mävit igitur Dominus D eus höm inem de che inaffiava tutta la superficie della terra.
limo terrae, et inspirävit in fäciem ejus 7I1 Signore Iddio adunque formò l ’uomo di
spiraculum vitae, et factus est homo in fango della terra, e gli ispirò in faccia un
animam viventem . soffio di vita : e l ’uomo fu fatto anima vi­
vente.
8Plantäverat autem Dom inus D eus pa- 8Ora il Signore Iddio aveva piantato da
radisum voluptätis a principio : in quo principio un paradiso di delizie : dove col­

7 I C or. XV, 45.

all'u o m o (Cf. M otais, J lo is^ , la Science et e x é - s i deve quindi rite n e re che il prim o uom o sia
g è se , pag. 126 e s s .). O ra è ap p u n to in q u esta q u an to a ll’anim a e sia quan to al c o rp o fu creato
regione che D io piantò il p arad iso te rre s tre , in im m ed iatam ente da D io. £ p u re d o ttrina com une
cui pose i prim i p aren ti. Non si può n eg are che dei teologi c h e D io nello s te s s o tem po form ò il
q u e sta sp ieg azio n e abbia p u re il su o grado di c o rp o d e ll’uom o e vi infuse l’anim a (C f. S. T om .,
p ro b ab ilità, ben ch é la prim a ci sem b ri p re fe ri­ S u m . T h .y 1 P a rt., q. 91, a rt. 4), e che l’uom o
tile . P rim a che n a sc e sse , vale a d ire, n o n era fu creato a d ulto e p e rfe tto , e venne arricchito
ancora na ta ... n on era ancora germ inata. non solo di grazia, ma anche di tu tti quei doni
6. U na fo n te . C osì tra d u sse ro p u re i LXX. ch e eran o rich iesti dalla su a condizione di capo
N e ire b ra ic o si ha una nebbia o un v ap o re. Saliva di tu tto il g enere um ano (Ved. M urillo, op. c it.,
dalla terra p er ev ap o razio n e, e co n d en satasi ri­ pag. 260).
cadeva so tto form a di ten u e ru g iad a, la quale Non è possibile p re c isa re l ’epoca della prim a
però non bastav a a fecondare la te rra . Fu n e ce s­ ap p arizio n e d e ll’uom o sulla te rra . 11 testo ebraico
sario uno speciale in terv en to di Dio affinchè la e la n o stra V olgata ci dànno 4220-4225 anni prim a
terra si rico p risse, di vegetali. di G esù C risto , ma il testo greco dei LXX ce
ne dà 5199 circa, e il testo S am aritano p re sen ta
7. S piega più accu ratam en te la creazio n e d el­ un n u m ero d ifferente. N elle condizioni attuali dei
l ’uom o. Form ò. L ’ebraico yazar si dice del v a ­ testi non siam o in grado di sa p e re quale sia il
saio, che m odella un v aso di c re ta . Dio fo rm ò nu m ero g enuino, e d ’altra parte è noto c h e tutti
non già colle mani co rp o rali, ma colla su a v o ­ i calcoli fatti sulle diverse genealogie p re s e n ta ­
lontà onnip o ten te. Le o p ere della potenza di Dio teci dalla B ibbia, il più delle volte si basan o
vengono s p e s s o nella S c rittu ra attrib u ite alle so p ra sem p lici ip otesi. Ad ogni m odo gli s c ie n ­
mani di Dio (Cf. Salm . XCIV, 5 ; Salm . C I, 26). ziati più coscienziosi am m ettono che b a sta n o un
L 'u o m o di fango (ebr. di polvere) della terra.
diecim ila a m i per sp ieg a re tu tti i fatti che hanno
N e ll’ ebraico vi è una eleg an te paro n o m asia : ra p p o rto a ll’ apparizione d ell’ uom o sulla te rra
haàdam *afar m in haàdam ah, da cui si deduce (C f. V igouroux, B ., t. I, n. 314 e s s . ; H agen,
che il nom e Adam o deriva da }adam ah (terra L e x . B i b .‘ Chronologia ; D ie. V ig., C hronologie ;
ro ssa ), che fu la m ateria, di cui Dio form ò il D eim el, Veteris T estam . C hronologia, ecc., Rom a,
corpo del prim o uom o (C f. 1 C or. XV, 47 ;
1913). R iguardo alle genealogie bibliche p a ra ­
S ap. V II, 1). La parola uom o qui non significa
gonate con quelle degli Egizi e dei C aldei, C f.
i due sessi com e a l-c a p . I, 27, ma so lo Adam o,
P a n n ie r, G eneal. bibl. cum M o n u m . A eg et Cliald.,
o più p ro p riam en te il so lo co rp o di A dam o. Gli
ln su lis, 1887.
ispirò, ossis soffiò, in faccia (ebr. nelle narici)
un soffio di -vite, cioè un soffio vivente e vivi­ 8. N ei v ersetti 8-15 si descrive il paradiso te r­
ficante. Q u esto soffio pro v en ien te dalla bocca di re s tre , in cui D io collocò l ’uom o. T utto il co n ­
Dio è l ’anim a um ana creata im m ediatam ente da testo d im o stra che non si tratta qui di una s e m ­
Dio, e da lui infusa nel co rp o . Si dice che Dio plice allegoria, ma di un vero fatto reale (Cf.
soffiò l’anim a nelle narici o nella faccia, p erch è H u m ., p ag . 131). A veva piantato. Dio si m ostra
nelle narici s i m an ifesta in modo sp eciale la pieno di p atern a so llecitudine per l ’uom o. Da
respirazion e e la vita. Fu fa tto , ossia d ivenne, prin cip io , vale a d ire nel terzo giorno della c re a ­
anima v iv e n te , cioè anim ale vivo. B enché l’uom o zione, o p p u re sem p licem en te prim a della c re a ­
convenga nel gen ere cogli altri anim ali, si diffe­ zione d e ll’uom o. È però da o sse rv a re che il
renzia però da essi per gran tra tto , essen d o egli term in e ebraico co rrisp o n d e n te (m iq q e d e m ) s i­
fatto ad im m agine di Dio, ed avendo u n ’anim a gnifica p iu tto sto ad O rien te , com e infatti tra d u s ­
intelligente e im m ortale. sero i LXX e l ’antica itala, e indica che il p a ra ­
Se l’uom o d iv en n e anim ale v iven te in virtù del diso era situ ato ad O riente d e ll’E den, o meglio
soffio ricev u to da Dio, vuol dire che prim a non dello scritto re sac ro . Un paradiso. L ’ebraico gan
era ta le ; dal che si ded u ce che Dio non infuse significa parco o giardino piantato ad alberi. I
già l ’anim a um ana nel corpo di un anim ale p e r­ LXX lo tra d u sse ro con Trapuòeieco^ (da cui il nostro
fezionato, com e v o rreb b ero i seg u aci d e ll’evo- paradiso) analogo a ll’ebraico pardes, che deriva
luzionism o, ma b en sì in un co rp o da lui ste sso dallo zendo pairi-daeza, che significa ap p u n to
im m ediatam ente form ato. D ’altra parte s e si am ­ parco. — Di delizie. N ell’ebraico si legge b e 'e d e n ,
m ette, com e si deve am m ettere, ch e il verbo equivalente a n e lV E d en , dal che si vede che Eden
ispirò indica u n ’azione im m ediata di D io, com e è un nom e p ro p rio indicante la regione, in cui
si può so ste n e re che il verbo fo rm ò non indichi era situ ato il paradiso (Cf. IV, 16). P reso com e
esso pure u n ’szione im m ed iata? (Cf. n. Il, 19). nom e com une significa delizia, piacere, o p p u re ,
78 G e n e s i , 11, 9- 14

pósuit hom inem quem formaverat. 9Pro- locò l ’uomo che aveva formato. *E il Si­
duxitque Dóminus Deus de humo omne gnore Iddio aveva prodotto dalla terra ogni
lignum pulchrum visu, et ad vescéndum sorta di alberi belli a vedersi, e di frutto
suave : lignum étiam vitae in mèdio pa­ dolce a mangiare : e l ’albero della vita in
radisi, lignümque sciéntiae boni et mali. mezzo al paradiso, e l ’albero della scienza
10Et fiuvius egrediebatur de loco voluptàtis del bene e del male. 10E da questo luogo di
ad irrigandum paradisum, qui inde divi- delizie usciva, per adacquare il paradiso, un
ditur in quatuor capita. “ Nomen uni Phi- fiume, il quale di là si divide in quattro
son ; ipse est qui circuit omnem terram capi. 11II nome del primo è Phison : questo
Hevilath, ubi nàscitur aurum : 12Et aurum è quello che gira attorno il paese di H evi­
terrae illius optimum est : ibi invenitur lath, dove è l ’oro : 12E l ’oro di questo paese
bdéllium, et lapis onychinus. lsEt nomen è ottimo : ivi si trova (pure) il bdellio, e
flüvii secundi Gehon : ipse est qui circumit la pietra onice. 13E il nome del secondo
omnem terram Æthiôpiae. MNomen vero fiume è Gehon : questo è quello che gira
flüminis tértii, Tygris : ipse vadit contra As- attorno tutta la terra d ’Etiopia. 14I1 nome
syrios. Flüvius autem quartus, ipse est Eu­ poi del terzo fiume è Tigri, che scorre verso
phrates. gli Assirj. E il quarto fiume è l ’Eufrate.

11 Eccli. XXIV, 35.

facendolo derivare d all’assiro i-di-nu, p ianura. form ando così quattro canali, com e il Nilo e il
Ecco l’esatta traduzione del testo ebraico di tutto P o al com inciare del loro delta.
questo versetto : II Signore Iddio piantò un giar­ 11-12. Il nom e, ecc. L 'a u to re sacro riferisce
dino nelVE den ad O rien te, e quivi pose l'u o m o , i nomi del quattro fiumi. 11 prim o è il P h iso n ,
che egli aveva form ato. su l quale si danno maggiori particolari. Gira
9. Aveva p ro d o tto , ecc. Non si tratta qui del­ a ttorno, alm eno da una parte (Cf. N um . XXI, 4).
l ’opera del terzo giorno, ma solo del parad iso H evilath (Ved. n. 14). N ell’ebraico H avila. Q uesta
te rre stre , in cui Dio volle, p e r così dire, riu n ire reg io n e è pure ricordata al cap. X, 7, 29. D ove
quanto di bello aveva s p a rso sulla te rra , acciò è V o t o . P uò e ssere che l’oro degli Israeliti d e ri­
l’uom o ivi potesse tra sco rre re i su o i giorni lieti vasse loro da tale contrada. E ottim o, ossia è
e felici. L ’albero della vita, così chiam ato perchè p u ro . N ell’ebraico non vi è il sup erlativ o . Il
i suoi frutti, m angiati di tanto in tanto d all’uom o, sen so non m uta, poiché si deduce chiaram ente
avevano la virtù di conservare la vita p re sen te , che l ’oro, di cui si parla, era più apprezzato che
finché fosse piaciuto a Dio di chiam are l’uom o a quello di altre regioni. Bdellio. Secondo gli uni
godere deH’eterna felicità. I frutti d elle altre piante (H u m m elau er, Fillion, ecc.) si tratterebbe di una
servivano a ll’uom o di nu trim en to , invece i frutti resin a o gomma odorifera e assai preziosa, di
delP albero della vita dovevano m antenerlo in una co lo r b ian castro, della quale parla anche Plinio
perpetua giovinezza. È chiaro che tale virtù era (XII, 9, 35), il che ci sem bra più p ro b ab ile;
un effetto della libera volontà di Dio. secondo altri (H etzenauer, ecc.) invece si tra tte ­
L'albero della scienza, ecc., così chiam ato reb b e di rperle. La m anna viene .paragonata
perchè, a motivo della proibizione fatta da Dio (N um . XI, 7) al bdellio, ma non consta se ciò
di m angiare dei suoi frutti, doveva far conoscere avvenga a motivo del colore o della lucidità (Cf.
a ll’uom o sp erim en talm en te la differenza che corre H agen, L ex. Bib. B déllium .). La pietra. Q uesto
tra l ’ubbidienza e la disubbidienza a Dio, tra la nom e, m esso davanti a onice e non a bdellio,
felicità prom essa alla prim a, e il castigo sev ero m ostra chiaro c h e, m entre l ’onice è una pietra
m inacciato alla seconda. Q u e st’albero infatti ci preziosa, tale non è lo bdellio. — O nice è una
precipitò in un abisso di mali, e ci fece per specie di agata a varii colori, ma non è possibile
triste esperienza conoscitori del bene e del m ale. d eterm in are con precisione il sen so della parola
Non è da credere però che esso fosse cattivo ebraica co rrisp o n d en te, che viene tradotto nelle
per natura su a. Colla proibizione fatta di m an­ più diverse m aniere, benché tutti si accordino nel
giare dei suoi frutti, Dio volle far atto di so v ra ­ rite n e re che si tratta di una p ie tra preziosa
nità, acciò l'u o m o riconoscesse la sua dipendenza (Cf. H u m m elauer, h. 1.).
da lui, e non si c red esse padrone assoluto di 13. G ehon o m eglio G ihon secondo l ’ebraico.
tanti beni, che lo circondavano, ma si co n sid e­ Etiopia. N ell’ebraico si ha C h u sh . Q uesto nom e,
rasse com e sem plice u su fru ttu ario (Cf. S. G io­ terra di C h u sh , indica quella parte d e ll’Asia, che
vanni C ris., H o m . 16 in G en.). In m ezzo al prim a della d isp ersio n e dei popoli era abitata
paradiso. Q ueste parole si riferisco n o sia all’al­ dai figli di C h u sh discendente di C ham , i quali
bero della vita e sia all’albero della scienza (HI, più tardi si stabilirono poi in Africa nella re ­
8). Anche qui il co n testo dim ostra che si tratta gione detta Etiopia. C osì si spiega perchè i LXX
di veri alberi, e non già di sem plici allegorie e la Volgata abbiano tradotto Etiopia.
(Cf. S a n t’A gost., De G en. ad liti. V III, 4, 6). 14. Tigri, n e ll’ebraico chiddeqel, d all’assiro di-
10. Da questo luogo di delizie. N ell’ebraico si klat, ed ikla t, e dal persiano tigra. N ell’antico
ha : dalVF.den u sciva, ecc. Q uesto fiume aveva zendo tighri significa freccia, e può esse re che a
quindi la su a so rg en te fuori del p aradiso, ossia questo fiume sia stato dato tal nome a motivo
n ell’Eden, e d o p o aver attrav ersato e irrigato il della rapidità del su o corso. Verso gli Assiri.
paradiso, si divideva in quattro capi o ram i, Il* testo ebraico va tradotto a oriente di Assmr.
G e n e s i , II , 15 -1 8 79

15Tulit ergo Dóminus Deus hom inem , et 15I1 Signore Iddio adunque prese l ’uomo,
pósuit eum in paradiso voluptàtis, ut ope- e lo collocò nel paradiso di delizie, affinchè
rarétur, et custodirei illum : 16Praecepitque lo coltivasse, e lo custodisse : 18e gli co­
ei dicens : Ex omni Ugno paradisi cóm ede : mandò, dicendo : Mangia di ogni albero
17 De ligno autem sciéntiae boni et mali ne del paradiso : 17ma non m angiare del frutto
cómedas : in quocumque enim die com é- d e ll’albero della scienza del bene e del
deris ex eo, morte m oriéris. 18Dixit quoque male : poiché in qualunque giorno n e man­
Dóminus Deus : Non est bonum e sse hó- gerai, indubbiam ente morrai. “ D isse ancora

In origine l ’A ssiria non doveva e ste n d e rsi che Altri so n o d ’avviso che il luogo del P a ra d iso
sulla riva occidentale del T igri. Solo più tardi i te rre s tre si trovasse p re sso il G olfo p e rsic o , dopo
discendenti di A ssur si s p in se ro sulla riva o rien ­ il p u n to in cui il Tigri e l ’E ufrate si c o n g iu n ­
tale. P arecch i in te rp reti p e n san o che A ssu r indichi g o n o ; altri invece lo cercano p re sso la città c al­
qui la città di tal nom e, a O rien te della q uale dea di nom e E rid u ; ed altri lo pongono n e ll’india
sco rre il T igri (Cf. H u m m e la u er, h . 1., H etze- nella p ian u ra di P a m ir; altri n e ll’A rabia; ed altri
nauer, h. 1. Vedi anche S ch rad er-W in ck ler-Z im - finalm ente p re sso B abilonia. C om e si vede i dati
m ern, Die K eilin sch riften und das Alte T e s t., che si po sseggono so n o al tutto insufficienti a
B erlin, 1903, pag. 32). p o ter tro n care la q u estione (Cf. V igouroux, M . B .,
E u fra te . N ell’ebraico Ferath, d a lP a ssiro pu- n. 2 8 7 ; H e tze n a u e r, h . 1.; H u m m e la u er, h. 1. ;
rattu e dal p ersian o u fra tu s. Siccom e su q u e sto Z sch o k k e, H is t. Sac. A. T ., 1910, pag. 3 1 ; P e lt,
fiume non si dà alcuna indicazione, è ch iaro che H ist. de VA. 7 ., 1907, pag. 5 2 ; E ng elk em p er,
esso doveva e sse re ben con o sciu to dagli Ebrei. Die P a ra d iesesfliisse, M ü n ste r, 1901 ; H agen, L ex.
Si fa q u estio n e tra gli e ru d iti sul ^ o g o dove B ib . P a ra d isu s; D ict. Vig. P aradis, ecc.). Sulle
si tro v asse il parad iso te rre s tre . Non o stan te i antiche tradizioni relative al P a ra d iso te rre s tre
dati, che ci forniscono i v ersetti 10-14, si deve C f. V igouroux, M. B . t n. 2 8 8 ; L em onnyer, La
confessare che le discussioni av v en u te in tu tti i révélation p r im itiv e , P a ris , 1914, pag. 240.
tem pi h a n n o p o rtato ben poca luce su tal p u n to , 15. P rese l'u o m o , ecc. Da ciò si deduce che
e la ste ssa varietà e m oltiplicità di o p inioni l ’uom o fu creato fuori del P a ra d iso te rre s tre . Egli
em esse in tu tti i tem pi, m ostra c h iaram en te che non doveva p e n sa re che un tale soggiorno gli
il problem a non può ricev ere da noi u na s o lu ­ fo sse cosa dovuta, ma e sse re p e rsu aso che erg
zione precisa. un atto di pura bontà da parte di Dio. Affinchè
La m aggior p arte dei m oderni ritien e ch e il 10 c o ltiva sse. Dio non creò Adamo acciò ste sse
P a ra d iso te rre s tre fosse situ a to n e ll’A rm enia, là in ozio, ma affinchè coltivasse il paradiso, con­
dove a poca d istan za l ’uno d a ll’&ltro h a n n o la serv an d o n e l’am enità, e lo custo d isse dagli ol­
loro sorgen te il T igri e l’E u frate. Quivi nascono traggi degli anim ali, e sp ecialm en te lo c o n se r­
pure due altri fiumi : il K u r e IM ras (chiam ati v asse per s è e per i suoi discendenti m ediante
C yrus e A raxes dagli antichi), i quali, dopo un l ’obbedienza e la so ttom issione a D io. Viene qui
certo perco rso , si riu n isco no assiem e e si g e t­ indicata la nobiltà e la san tità del lavoro, che
tano nel M ar C aspio. nello stato d ’innocenza non sareb b e stato faticoso,
11 K u r p o treb b e in q u esto caso identificarsi col e pieno di affanno, ma un dolce sollievo e un
P hison (v. 11), e il p aese di H evila th colla Col- lieto esercizio di virtù.
chide, te rra già fam osa p e r le su e ricchezze, e
dove infatti gli A rgonauti and aro n o a cercare il 16-17. Affinchè A damo ric o n o sce sse la sua d i­
vello d ’oro (P lin. XXI11, 3). L M ras (detto anche p en d en za, e avesse occasione di m o stra re la sua
oggi G eihun er-Ras) sareb b e il G ehon (v. 13), obbedienza e farsi dei m eriti, D io gli im pone un
e la terra di C hu sh (Etiopia) po treb b e e sse re p recetto , proibendogli una cosa di per s è non
identificata c*on quella parte d e ll’A rm enia c h ia­ cattiva, qual è il non m angiare del fru tto di un
mata dagli antichi C assiotis o Cossaia o regio dete rm in a to albero. Mangia di ogni albero. Qui
C ossaeorum . S e si am m ette q u esta sen te n z a , si si m ostra la bontà e la condiscendenza di D io.
deve però co n ch iu d ere che la topografia della D el fr u tto de ll'a lb e ro , ecc. Q ui si m ostra la
regione in seg u ito al diluvio e ad altre rivoluzioni so v ra n ità di D io e la su a indipendenza. P e r
te rre stri ha dovuto e sse re pro fo n d am en te m u tata. in d u rre più facilm ente A damo ad ubbidire Dio
Altri, seg u e n d o F. D elitzsch, p en san o che il gli m inaccia sev e rissim e pene. In qualunque
P a ra d iso te rre s tre fosse situ a to nella pianura (as­ giorno (ebr. nel g io r n i), ossia quando ne m a n ­
siro Edin) b agnata dal Tigri e d a ll’E u frate, là gerai, ecc. M orrai in d u b b ia m e n te , vale a dire
dove i due fiumi sco rro n o a poca distanza l ’uno sarai so g g etto alla m orte. S ep a ra to si da Dio per
dall’altro. L ’E ufrate sareb b e il fiume che u scen d o 11 peccato, l ’uom o cadrà so tto il peso della d is ­
dall’Eden entrava ad irrigare il P a ra d iso e poi soluzione, che Io condurrà alla m orte. Egli non
si divideva in q u attro capi, l ’uno dei quali è lo avrà più diritto ai frutti d e ll’albero della vita,
stesso E u frate, l ’altro, ossia il P h iso n , sareb b e e quindi non potrà più tener lontana da sè la
il canale d e ll’E u frate che costeggia l’Arabia (detta m orte (Ved. n. Rom. V, 12; S ap . I, 13; C f.
tìe v ila , G en. X, 7), detto P allacopasy e il terzo, C o n c. T rid. s e s s. V). La frase morte m orierìs
ossia il G e h n n y an d reb b e identificato col canale è un ebraism o, che equivale a morrai certam ente.
detto S ch a t en N ilt che bagna la M esopotam ia Nel testo greco i tre verbi del v e rsetto 17 sono
inferiore (terra asiatica di C h u sh ). Siccom e poi alla seco n d a p ersona plurale, il che dim ostra che
il Tigri sco rre ad un livello più b asso , e riceveva la probizione fatta ad Adamo si estendeva anche
l’acqua d a ll’E u frate per mezzo di molti canali, ad Èva.
potrebbe e sse re co n sid erato com e un ram o del- 18. Nei versetti 18-25 viene narrata la c re a ­
l ’E ufrate. zione della donna e la istituzione divina del
80 G e n e s i , II, 19—
22

minem solum : faciàmus ei adjutórium si­ il Signore Iddio : Non è bene che l ’uomo
mile sibi. sia so lo ; facciamogli un aiuto sim ile a lui.
19Formatis igitur, Dóminus Deus, de 19Avendo adunque il Signore Dio formati
humo cunctis anirnantibus terrae, et uni- dalla terra tutti gli animali del campo, e
vérsis volatilibus caeli, addüxit ea ad A- tutti gli uccelli d e ll’aria, li condusse ad
dam, ut vidéret quid vocdret ea : omne Adamo, perchè egli vedesse il nome da
enim quod vocavit Adam animae vivéntis, darsi ad essi : e ogni nom e, che diede
ipsum est nomen ejus. 20Appellavitque Adam Adamo agli animali viventi, è il vero nome
nominibus su is cuncta animantia, et uni­ di e ssi. 20E Adamo pose nomi convenienti
vèrsa volatilia caeli, et omnes béstias ter­ a tutti gli animali, e a tutti i volatili del­
rae : Adae vero non inveniebâtur adjùtor l ’aria, e a tutte le bestie della terra : ma
sim ilis ejus. non si trovava per Adamo un aiuto, che a
lui som igliasse.
21Immisit ergo Dóminus Deus sopórem in 21Mandò adunque il Signore Iddio ad A-
Adam : cumque obdormisset, tulit unam de damo un profondo sonno : e m entre egli era
costis ejus, et replévit carnem prò ea. 22Et addormentato, gli tolse una delle sue co-
aedifìcdvit Dóminus Deus costam, quam stole, e m ise della carne in luogo di essa.
tulerat de Adam, in mulierem : et adduxit 22E della costcla, che aveva tolto da Adamo,

m atrim onio. Alosè continua così ad e sp o rre con 20. A tu tti gli anim ali. L ’ebraico va tradotto :
maggiori particolari q u anto avvenne nel sesto a tu tti gli anim ali dom estici. Le bestie della terra
giorno della creazione, quando cioè Dio creò i sono le fiere. Sono indicate le tre specie di
due sessi (Cf. I, 27). N on è b e n e , ecc. P e r n a­ anim ali già ricordate al c ap . I, 24. N on si tro­
tura l ’uom o è un anim ale socievole, e Adamo fu va va , ecc. Adamo aveva bensì trovato nei diversi
creato acciò per mezzo di lui si p ro p ag asse anim ali un qualche aiuto, ma non già tale che
l ’ um ana n atu ra. P e r rag g iu n g ere qu esto fine som igliassse a lu i, vale a dire che c o rrisp o n ­
aveva bisogno di un aiuto, che av esse la sua d esse alle esigenze della sua natura, fosse dotato
stessa natura (sim ile a lu i), e con lui po tesse di *anima ragionevole, e p otesse intenderlo e
convivere in intim a unione, e dar o p era alla am arlo e un irsi a lui per propagare la specie.
generazione. Si co m prende quindi come Dio dica Dio faceva così sen tire ad Adamo l ’isolam ento
che non è bene che l ’uom o sia solo. Nè ciò co n ­ ed eccitava in lui il desiderio di com pagnia, che
traddice a S. Pao lo (I C or. V ii, 7), il quale ben p re sto Egli a v re b b t appagato.
afferm a e sse re buona cosa l ’a ste n e rsi dal m atri­ 21-22. So n no profondo e m isterioso. Tale è
m onio, poiché qui si parla di un bene relativo il significato d ell’ ebraico corrisp o n d en te, che
ella specie um ana, e per un tem p o , in cui il anche i LXX tra d u sse ro con estasi. Adamo però
m ondo non era ancora popolato, m entre invece d o v ette con servare la pienezza della su a co­
l’A postolo parla di un b ene, ch e si riferisce al­ scienza, e vedere quanto Dio fece so p ra di lui
l’individuo, e per un tem po in cui il m ondo è e inten d ern e il significato m isterioso. Gli tolse
popolato. Facciam ogli, ecc. N ell’ebraico io gli una delle sue costole. Siccom e Adamo doveva
farò un aiuto. Il s en so non m uta. C om e alla e sse re il principio di tutta la sp ecie um ana, Dio
creazione d ell’uom o, così a quella della donna, lo creò da principio con una costola di più, che
Dio fa p reced ere una deliberazione. poi gli tolse per fabbricare Èva. Altri pensano
19. A vendo fo rm a ti, ecc. Tale è p u re il sen so che al luogo di quella tolta, Dio ne abbia creata
d e ll’ebraico, dal che si deduce che gli anim ali u n ’altra. N e fabbricò , ecc. Il corpo di Èva non
furono creati prim a d ell’uom o, come è d e tto al fu quindi tratto im m ediatam ente dalla te rra , e
cap. 1, e non già dopo, come preten d o n o i razio­ molto m eno dal corpo di un anim ale, come
nalisti, che qui si afferm i. Dalla terra, si riferisce v o rreb b ero gli evoluzionisti, ma fu form ato con
solo agli anim ali del cam po. L i c o n d u sse , ecc. una costola di A damo. La m enò ad Adam o r i­
Qui non si tratta di una sem plice visione, ma sco sso dal sonno estatico, affinchè egli vedesse
di un fatto reale estern o . P erchè v e d e sse , ecc. come avesse a chiam arla (v. 19). Alcuni (Ori-
C onsideran d o la varietà degli anim ali, che gli gene, C aetano, H um m elauer, H oberg, S chòpfer,
sfilavano davanti, Adamo doveva vedere quali S elb st, ecc.) hanno pensato che in questi ver­
fossero le qualità e le attitudini di ciascuno, setti si narri sem plicem ente una visione, ma tale
quale utilità avrebbe potuto tra rn e , ecc., e quindi, spiegazione è non solo contraria alle decisioni
come padrone, doveva im porre loro un nome della C om m issione Biblica, ma ancora all’in te r­
co rrisp o n d en te. L ’autore sacro fa o sserv are che pretazione dei Santi P a d ri, e allo s te s s e contesto.
ogni nom e im posto da Adamo è il vero n o m e , Se infatti si tra tta sse di una sola visione, come
ossia corrisp o n d e p erfettam en te alla natura dei mai Adamo avrebbe potuto afferm are di Èva è
diversi anim ali. L ’ebraico però va trad o tto : p er­ o sso delle mie o ssa , ecc., ed è stata tratta dal-
c h è... qualunque nom e p o n esse Adam o a ciascun V u o m o ? (v. 23). C om e S. P aolo (1 C or. XI, 8,
anim ale, esso fo sse il suo nom e. Dio volle che 12) avrebbe potuto dire che l'u o m o non è dalla
i nomi im posti da Adamo co rrisp o n d e sse ro alle donna ma la donna dall’u o m o ? (Cf. H etzenatier,
cose, il che su p p o n e che Adamo fo sse stato h. 1. ; V igouroux, ili. B ., t. I, pag. 2S6; L es
dotato di una scienza tu tta sp eciale. 1 rettili e ÌAvres S aints et la critique rationaliste, 4* ed .,
gli anim ali acquatici non furono condotti a t. IV, pag. 137 e s s.).
Adamo, forse perchè tra essi non avrebbe p o ­ P u re am m ettendo il carattere storico della
tuto trovare un aiuto apprezzabile. creazione di Èva, i P ad ri vi hanno veduto una
G e n e s i , II, 2 3 — III, 1 81

earn ad Adam. 23Dixitque Adam : Hoc nunc, il Signore Iddio ne fabbricò una donna : e
os ex ossibus m eis, et caro de cam e m e a : la m enò ad Adamo. 23 E Adamo disse : Ecco
haec vocabitur Virago, quoniam de viro adesso Tosso delle m ie ossa, e la carne della
sumpta est. 24Quamobrem relinquet homo mia carne : ella avrà nom e dall’uomo, pe­
patrem suum , et matrem, et adhaerebit rocché è stata tratta dalTuomo. 21 Perciò
uxori suae : et erunt duo in cam e una. l ’uomo lascerà il suo padre, e la madre, e si
25Erat autem ut^rque nudus, Adam scilicet unirà alla sua m oglie : e i due saranno una
et uxor ejus : et non erubescebant. sola carne. 250 r a l ’uno e l ’altra, Adamo
cioè, e la sua m oglie, erano nudi : e non
ne avevano vergogna.

C A P O III.

Te?iiazione e p e c c a to d i A d a m o e d i È v a , 7 - 7 . — L a condann a , 8- 2 0 . — A d a m o e d
È v a s c a c c i a ti d a l p a r a d i s o t e r r e s t r e , 21 - 24 .

*Sed et serpens erat callidior cunctis ani- *Ora il serpente era il più astuto di tutti
mäntibus terrae quae fecerat Dominus Deus. gli animali della terra che il Signore Iddio
Qui dixit ad m ulierem : Cur praecepit vobis aveva fatti. Ed esso disse alla donna : perchè

2» 1 Cor. XI, 9. M atth. XIX, 5 ; Alare. X, 7 ; E p h . V, 31 ; I C or. VI, 16.

figura profetica della C h iesa, uscita dal costato isp ira to da D io (C f. M att. XIX, 5 e C onc. T rid .,
aperto di G esù C risto addorm entato so p ra la croce. 1. cit.). Il s u o sg u ard o profetico si esten d e al
Dice perciò S a n t’A gostino (S erm . 328) : Adamo fu tu ro , ed egli parla non solo del su o m atri­
dorm e affinchè sia form ata Èva, G esù C risto m onio, ma anche di quello dei su o i d iscendenti.
m uore, affinchè sia form ata la C h iesa. A G esù Le su e parole vogliono dire che l’affetto che unirà
C risto m orto è tra fo rato il costato, affinchè ne l’uom o alla moglie sarà così forte da sciogliere
sgorghino i S acram en ti, pei quali si form i la anche i più intim i vincoli di san g u e . L ’uom o si
C hiesa. M artini (C f. E p h e s. V, 22-23). stacch erà dalla fam iglia che lo ha gen erato e fo n ­
Form ando Èva dalla costa di Adam o, D io ha derà u n ’altra fam iglia. Saranno una sola c arne ,
voluto ancora indicare l'u n ità della sp ecie um ana l’uno cioè avrà d iritto sul c orpo d e ll’altro in
(S an t’A gostino, De civ. D ei, X II, 21), l’intim a ord in e al fine del m atrim onio. Da q u e ste parole
unione che deve e siste re tra l’uom o e la donna G esù C risto m ostrò l ’indissolubilità del m a tri­
(S an t’A gost., ibid., 27) e per conseguenza l ’in­ m onio (Cf. M att. XIX, 5 e s s . ; I C or. V II, 3
dissolubilità del m atrim onio (v. 24), e la so tto - e s s .). E ancora da o sse rv a re che l’unione d e l­
m issione che la donna d eve a ll’uom o, e il ri­ l’uom o colla donna è una figura d e ll’unione di
s p e tto che l’uom o deve alla d o n n a. La donna G esù C risto colla C hiesa (E fes. V, 22 e s s .). In
non fu tra tta dalla te sta di Adam o acciò non qu esti v ersetti, com e è chiaro, si afferm a l ’origine
si c re d e sse a lui su p erio re , nè fu tratta dai piedi divina del m atrim onio.
acciò non venisse rig u ard ata come serv a o schiava, 25. N o n ne avevano vergogna , perchè fino
ma fà form ata della co sta, acciò v en isse riten u ta allora non e sisteva alcun co n trasto e alcuna lotta
com e com pagna della vita. tra l’uom o in terio re e l’e ste rio re , tra lo sp irito
23. A d a m o , isp irato da Dio (C onc. T rid ., s e s s. e la c arn e. L ’uom o era sta to cre ato da Dio nello
XXIV, in p rin c.), d is se , ecc. Egli rico n o sce in stato di giustizia originale e di integrità, egli
Èva la sua com pagna, e le im pone il nom e. Ecco perciò aveva ricevuto non solo la grazia s a n ti­
a d e sso , ecc. L ’ebraico va trad o tto : Q uesta a d e ss o , ficante, m a ancora una scienza conveniente, il
o p p u re fin a lm en te ( è ) o sso , ecc. Adamo allude dom inio su g li anim ali, la perfetta so ttom issione
agli anim ali ch e gli sfilarono d avanti, e m en tre della p a rte inferiore alla su p e rio re , ed era stato
allora non aveva tro v ato chi gli ra sso m ig liasse, po sto in u na condizione che avrebbe potuto non
ora, pieno di gioia, rico n o sce in Èva una co m ­ a n d ar so g g etto al patire e alla m orte. Dio gli
pagna degna di s è , e com e un altro s è s te s s o . aveva inoltre p re p a ra to un am enissim o soggiorno
Siccom e Èva era form ata della costa d e ll’uom o, in cui av reb be potuto tra sco rre re 1 suoi giorni
Adamo le im pone un nom e ch e indica q u e sta su a senza om bra di dolore, ecc. P e r sen te n z a com une
origine. Avrà nom e d a ll'u o m o . L ’ebraico va tra ­ dei P a d ri e dei T eologi, qu esto stato di felicità
dotto : si chiam erà uom a ('ish sh a h , fem m inile del d u rò po ch issim o tem po, e tosto so p ra v v en n e il
m aschile *ish = uom o) perchè è stata tratta dal­ peccato.
l'u o m o . Gli antichi latini avevano il nom e vira
(derivato da vir) per significare la s p o sa (Cf. CA PO HI.
G eorges). C om e è chiaro una tale denom inazione
sareb b e falsa, se veram en te Èva non fo sse stata 1. Nei v e rse tti 1-7 si descrivono la tentazione
tratta dalla costa di Adam o. e il peccato dei nostri progenitori.
24. P erciò, ossia per q u esto motivo che la Il ssrp en te (anche n e ll’ebraico vi è l’articolo
donna fu creata per e sse re di aiuto a ll’uom o, determ inativo) vero e re a le , che Dio aveva c re ato .
l ’uomo lascierà, ecc. C hi parla è ancora Adamo Q u esto s e rp e n te era però lo stru m e n to di uno

6 Sacra B ib b ia , voi. III.


82 G e n e s i , I I I, 2 -6

Deus ut non com ederétis de omni ligno pa­ Dio vi ha comandato di non mangiare del
radisi ? 2Cui respóndit mulier : De fructu li- frutto di tutte le piante del paradiso? 2La
gnórum, quae sunt in paradiso, véscim ur : donna gli rispose : Noi mangiamo del frutto
3De fructu vero ligni, quod est in mèdio delle piante, che sono nel paradiso. 3Ma del
paradisi, praecépit nobis Deus ne comede- frutto d ell’albero, che è nel mezzo del para­
rémus, et ne tangerémus illud, ne forte mo- diso, Dio ci ordinò di non mangiarne, e di
riàmur. 4Dixit autem serpens ad mulierem : non toccarlo, affinchè per disgrazia non mo­
Nequáquam morte moriémini. 3Scit enim riamo. 4Ma il serpente d isse alla donna :
Deus quod in quocumque die com edéritis Voi non morrete punto. 5Ma Dio sa, che in
ex eo, aperiéntur óculi vestri : et éritis qualunque giorno ne mangerete, si apri­
sicut dii, scién tes bonum et malum. ranno i vostri occhi : e sarete come Dei,
avendo conoscenza del bene e del male.
6Vidit igitur mulier quod bonum esset 6Vide adunque la donna, che il frutto del­
lignum ad vescéndum , et pulcrum óculis, l ’albero era buono a mangiare, e bello a

4 11 C or. X!, 3. c Eccli. XXV, 3 3 ; I Tim . II, 14.

sp irito m alvagio, chiam ato Sa ta n a , o serpente com e è nella Volgata, non esp rim e un dubbio
antico (Apoc. XII, 9), del quale è scritto che è <Cf. M att. IV, 7 ; V, 25). Èva aveva p re sen te alla
il padre della m enzogna, e che fu omicida fin m ente non solo il p recetto, ma anche la pena
da principio (Giov. V ili, 44), e che per la sua m inacciata.
invidia la m orte entrò nel mondo (Sap. II, 24).
Q ui si su p p o n e m anifestam ente la caduta degli 4-5. Il dem onio p assa ad accusare Dio di m en ­
angeli ribelli, benché di essa M osè non parli in zogna e di invidia. .Von m orrete... Dio sa, ecc.
modo esplicito. Satana si sforzò e riuscì a tra ­ Tale proposizione non avrebbe potuto trovar c re ­
scinare l ’uom o nella ribellione a Dio. T utto il denza nella donna se in essa non fosse già
racconto è storico, e va rig ettata l’interpretazione en trato l ’am ore della p ropria libertà, e una s u ­
allegorica o mitica di O rigene, C lem ente A., C ae- perba p resunzione d i sè stessa'. S i apriranno i
tano, lahn , L agrange, ecc. Ved. Introduzione. — v o stri occhi, m etafora per dire vedrete ciò che
A stu to , «in cattivo sen so (Cf. 11 C o r. XI, 3). adesso non vedete, acquisterete cioè una scienza
L ’astuzia o la prudenza del serp e n te erano prò- più p erfetta di quella che avete. Sarete com e
verbiali (Cf. M att. X, 16). Siccom e n e ll’uom o D ei (!’ ebraico Elohim andrebbe p iuttosto tra ­
innocente non vi erano passioni d iso rd in ate, la dotto col sin golare Dio), ossia sarete più sim ili
tentazione non poteva p rovenire che d all’e ste rn o . a Dio di quello che ora siate, p erchè conoscerete
D isse alla d onna, come a colei che era più debole il bene e il m ale, il vero e il falso, ecc. Dio aveva
e più facile ad e sse re sed o tta. Sen ten d o si p ro ­ chiam ato l ’albero vietato (II, 17) l'albero della
tetta da D io, Èva non aveva alcun tim ore del scienza del bene e del m ale, e quindi il d e ­
s e rp en te , e dotata come era di tanta scienza, do­ monio lo accusa di aver proibito ai nostri p roge­
vette subito co m p ren d ere che chi le parlava a nitori di m angiarne per invidia, vale a dire a f­
quel modo non poteva e sse re che uno s p irito . finchè non acq u istassero , m angiandone, una cogni­
Perchè Dio vi ha com andato di n o n , ecc., ossia zione più profonda.
perchè Dio non vi ha p erm esso di m angiare 6. E ntrato il disordine neU’anim a, la concu­
indistintam en te di tutti i c ib i? P e rc h è ha posto piscenza com incia a far sen tire i suoi effetti. Èva,
un lim ite alla vostra lib e rtà ? N ell’ebraico si ch e altre v o l'e aveva veduto quel frutto senza
le^ge : Dio vi ha veram ente com andato di non e sse re com m ossa, ora com incia a riguardarlo con
m angiare, ecc. P ossibile che abbia lim itata la d iso rd in e, ne considera la bontà e la bellezza
vostra lib e rtà ? I frutti non sono essi tutti b u o n i? con crescen te passione, finché cede m iserabil­
Il testo originale potrebbe anche trad u rsi : Dio m ente. G radevole all’aspetto. N ell’ ebraico si
vi ha veram ente d e tto : non m angerete del fru tto legge : desiderabile p er avere in telletto , e si
di alcun albero ? Secondo la prim a traduzione il allude alla prom essa del dem onio che il m angiare
dem onio cerca di rivocare in dubbio e re n d e re del frutto avrebbe dato la scienza. C olse e m an­
odioso il precetto esag eran d o n e l ’e ste n sio n e ; s e ­ giò. II peccato è consum ato, la ribellione è co m ­
condo l’altra, egli m en tireb b e sfacciatam en te. S e n ­ piuta. Èva non si contentò di questo, ma ne
tendo rivocare in dubbie la bontà e la giustizia diede al suo m arito (n ell’ebraico si aggiunge :
di Dio, Èva avrebbe potuto e dovuto riconoscere che era con lei, ossia, di cui essa era com ­
il dem onio, e su b ito allontanarsi, essa invece non pagna) il quale ne m angiò. (Nei LXX si legge :
vi pose m ente, e com inciò a com piacersi della e ne m angiarono Adamo, cioè, ed Èva). Adamo
propria indipendenza, e ascoltò volentieri le p a ­ non fu sed o tto com e Èva dal s e rp e n te (I Tim . 11,
role del s erp en te . 14), nè cred ette alte parole di lui, ma non ebbe
2-3. M angiam o, ecc. R ispondendo al dem onio il coraggio, che pure avrebbe potuto e dovuto
Èva stabilisce d ap p rim a la verità del fatto , di­ avere, di re siste re a ll’esem pio e alle lusinghe
cendo che possono m angiare di tutti i fru tti, uno della sua com pagna, e ced ette cadendo m ise ra ­
solo e c c e ttu a to ; ma a su a volta esag era il p re ­ m ente. Anche Adamo però non avrebbe così
cetto aggiungendo : di non toccarlo, e attenua la ap ertam en te violato il com ando ricevuto, se prim a
pena m inacciata om ettendo in qualunque giorno nel suo in terno non avesse com inciato a nu trire
e certam ente (Cf. II, 17). P er disgrazia (lat. forte) moti di com piacenza di s è stesso , e di su p erb ia,
manca n e ll’ebraico. Ad ogni m odo la frase anche per cui volle s o ttra rsi al com ando di Dio ed
G e n e s i , I I I , 7 -1 3 83

aspectüque delectäbile : et tulit de fructu vedere, e gradevole a ll’aspetto : e colse del


illius, et comédit : deditque viro suo, qui frutto, e ne mangiò : e ne diede al suo ma­
com édit. ’Et apèrti sunt óculi ambórum : rito, il quale ne mangiò. 7E si apersero gli
cumque cognovissent se e sse nudos, con- occhi ad am bedue : ed avendo conosciuto,
suérunt fólia ficus, et fecérunt sibi peri- che erano nudi, intrecciarono delle foglie di
zómata. fico, e se ne fecero delle cinture.
8Et cum audissent vocem Dòmini Dei 8E avendo udita la voce del Signore Iddio,
deambulantis in paradiso ad auram post m e­ che camminava nel paradiso al tempo della
ridiem, abscóndit se Adam et uxor ejus a brezza del pom eriggio, Adamo con la sua
facie Dòmini Dei in m èdio ligni paradisi. m oglie si nascose dal cospetto del Signore
9Vocavitque Dóminus Deus Adam, et dixit Iddio in mezzo agli alberi del paradiso. 9E
ei : Ubi e s ? 10Qui alt : Vocem tuam audivi il Signore Iddio chiamò Adamo, e gli disse :
in paradiso : et timui, eo quod nudus e s­ Dove s e i? 10Ed egli risp o se: Ho udito la
serti, et abscóndi m e. lxCui dixit : Q uis tua voce nel paradiso ed ho avuto timore,
enim indicävit tibi quod nudus e sse s, nisi perchè io era nudo, e mi sono nascosto.
quod ex ligno, de quo praecéperam tibi ne 11A cui disse D io : Ma e chi ti fece cono­
com éderes, com edisti ? scere, che eri nudo, se non l ’aver mangiato
del frutto, del quale io ti aveva comandato
di non m angiare?
12Dixitque Adam : M ülier, quam dedisti 12Adamo disse : La donna che mi desti
mihi sóciam , dedit mihi de ligno, et com èdi. per compagna, mi ha dato del frutto, e io
13Et dixit Dóminus Deus ad m ulierem : l ’ho mangiato. 13E il Signore Dio disse alla
Quare hoc fecisti ? Quae respóndit : Ser- donna : Perchè facesti tal cosa ? Ed ella

e sse re a lui uguale (C f. S a n t’A gostino, D e civ. form a visibile ai n ostri progenitori, e tra tte n e rsi
D ei, XIV, 13, ecc.). Da ciò si deduce ch e il prim o fam igliarm ente con essi. Nè ciò deve re c are m e­
peccato d e ll’uom o fu la s u p erb ia (Eccli. X, 14; raviglia, qu ando si pen si che Dio u sa tanta co n ­
C f. S. T o m ., II, llae, q . 163, a. 1). Q u esto p ec­ d iscendenza c o ll’uom o peccatore, da dargli in
cato fu gravissim o non tan to da parte d e ll’og­ cibo e bevanda la su a carne e il s u o s an g u e . La
getto, qu an to p iu tto sto a ragione delle c irc o ­ voce che li chiam ava. L ’ebraico c o rrisp o n d e n te
s tan ze, se cioè si con sid eran o lo stato di re tti­ p o treb b e tra d u rsi meglio con il rum ore. Dal r u ­
tudine e di p erfezione in cui A damo ed Èva si m ore dei p assi che sen tiv an o , A damo ed Èva
trovavano, la facilità con cui il p recetto poteva su b ito conobbero che era Dio che si avvicinava.
e sse re o sserv ato , la so len n ità e la sev erità con M entre p e rò prim a del peccato gli andavano in ­
cui Dio l ’aveva intim ato e san zio n ato , e final­ co n tro com e ad am ico, ad esso invece si sen to n o
m ente le conseguenze che d o v ev an o deriv arn e.
pieni di tim ore, e corrono a nasco n d ersi, m o­
E infatti verità di fede che Adamo peccando recò
stra n d o con ciò che è re tta la loro amicizia con
nocun.ento non so lo a sè s te s s o , ma ancora a
D ìo, e che il loro intelletto è già o tten eb rato .
tutti i suoi discen d en ti (Cf. R om . V, 12-19 e
A l tem p o della brezza , cioè verso s e ra , quando
C onc. T rid ., s e s s. VI, can . 2).
cioè in O riente si leva un lieve venticello, e
Nella caduta dei n o stri p ro g en ito ri si ha un
tu tto invita a godere lo spettaco lo della n atu ra.
esem pio delle arti che il dem onio in ogni tem po
B enché l ’uom o abbia abbandonato D io, Dio non
usa p e r trascin are gli uom ini al peccato, e della
ab bandona l’uom o.
m aniera con cui Dio p erm ette che i peccati s e ­
guenti sian o pena dei p reced en ti. 9-13. Dio interroga A damo ed Èva sul male
fatto , ma e ssi, p u r c o nfessando la loro colpa,
7. S i apersero gli occhi in m odo ben d iv erso
cercan o di s c u sa rsi. D ove s e i, ossia in quale
però da q u el, che aveva p ro m esso il se rp e n te
stato ti trovi, p erchè non mi vieni in c o n tro ? Le
(v. 4). A damo ed Èva con o b b ero il bene che
p arole di Dio so n o un rim p ro v e ro . A damo co n ­
avevano p e rd u to , p e rd en d o Dio e la su a grazia,
fessa di e ss e re nudo, e quindi im plicitam ente di
e conobbero p u re il m a le, in cui eran o precip itati,
e sse re colpevole, ma si sc u sa . C hi ti fece cono­
e sen tiro n o to sto la loro anim a agitata dalle più
violenti e ribelli p assio n i. Spogliati della grazia scere, ecc. Dio vuole la confessione esplicita
della colpa. Anche prim a A damo era nudo, e tu t­
e della giustizia originale, sp erim e n taro n o i prim i
tavia non aveva alcun tim ore. C he se ora sente
frutti della ribellione della carne co n tro le s p i­
gli stim oli della concupiscenza, si è perchè ha
rito (cono b b ero di essere n u d i), e ne ebbero
p eccato. La donna che mi hai data, ecc., Adamo
vergogna, e non avendo rim edio per togliere il
co n fessa finalm ente il suo fallo, ma ne rigetta la
m ale, cercaro n o di nasco n d erlo intrecciando foglie
colpa su Èva, e quasi su Dio s tesso che g liel’ha
di fico e facen d o sen e delle cin tu re. Fico. L ’e ­
data per com pagna. Anche Èva c onfessa e sp lici­
braico co rrisp o n d e n te indica sem p re il fico o rd i­
tam ente il su o fallo, ma ne dà la colpa al s e r­
nario, e non già la così d etta m usa paradisiaca.
p en te. L ’esem pio di Adamo e di Èva è im itato
8. N ei v e rsetti 8-20 si d escrive il castig o in ­ dai loro d iscen d en ti, i quali bene s p e s so invece
flitto ai no stri pro g en ito ri, e si annunzia il futuro di c o n fe ssa re um ilm ente i loro peccati e dom an­
rip a ra to re. A ven d o urfifo, ecc. Nei giorni d el­ d arn e p erd o no, cercano sc u se e pretesti per
l’innocenza Dio soleva co m p arire v erso sera in d im inuirli e nasconderli.
84 G e n e s i, III, 14- 15

pens decépit me, et comèdi. l4Et ait Dó- rispose : Il serpente mi ha sedotta, ed io
minus Deus ad serpéntem : Quia fecisti ho mangiato. 14E i! Signore Dio disse al
hoc, m alédíctus e s inrer ómnia animàntia et serpente : Perchè tu hai fatto questo, ma­
béstias ‘errae : super pecrus tuum grcdiéris, ledetto sei tra tutti gli animali, e le bestie
et terram cóm edes cunclis diébus vitae tuae. della terra : tu camminerai sul tuo ventre,
I5lnim icitias ponam inter te et mulierem, et e mangerai terra tutti i giorni di tua vita.
sem en tuum et sem en illius : ipsa cónteret ,5Porrò inim icizia fra te e la donna, e fra
caput tuum, et tu insidiáberis calcáneo ejus. il tuo sem e e il sem e di lei. Essa schiac-
cierà la tua testa, e tu insidierai al calcagno
di lei.

14. Dio pronunzia la sentenza seg u en d o l ’o r­ Porrò inim icizia. In luogo della breve am i­
dine del peccato, com inciando cioè dal s erp en te cizia o c o n se n so dii volontà, che vi è sta to fra
(14-15), e poi p assan d o alla donna (16) e final­ te ed Èva, io porrò un odio profondo e un p e r­
m ente a ll’uom o (17-19). D isse al serp en te. B en­ p etu o d issen so di volontà fra te e la donna , fra
ché la m aledizione di Dio cada d irettam en te su l il tuo sem e e il sem e di lei. Le parole di Dio
serp en te m ateriale, colpisce però principalm ente so n o p rincipalm ente d irette al dem onio nascosto
il dem onio, di cui »1 serp e n te m ateriale era s e m ­ nel serp e n te . La donna che sarà cosi opposta al
plice stru m en to . Dio fa come un buon p ad re, che s e rp e n te non può e sse re Èva, ma è Alaria S a n ­
non solo punisce l’uccisore del su o figlio, ma tissim a, come già pensavano i P ad ri S. Giustino»
spezza ancora il pugnale om icida. H ai fatto q u e ­ S a n t’lrin eo , S. C ipriano, ecc. (Vedi i testi presso
s to , hai cioè sedotta la donna. S e i m aledetto tra Lamy, h. 1.). S e m e del serpente sono tutti gli
tu tti, ossia più che tutti, gli animali (ebr. animali angeli perversa, i quali seguirono Lucifero nella
dom estici) e le bestie della terra (ebr. fiere del ribellione co n tro Dio. Altri pensano che si deb­
cam po). T utte le creatu re sono soggette alla bano inchiudere anche gli uom ini peccatori, ma
maledizione (Rom. V II!, 20-22), ma niun anim ale ciò non ci sem bra probabile. S e m e della donna
lo è più del s e rp e n te , e più di esso ispira r i­ non p ossono e sse re i sem plici figliuoli di Èva,
brezzo all’uom o. C am m inerai, ossia striscierai, su l i quali furono ben lungi d a ll’e sse re s em p re o p ­
tuo ventre per terra, e quindi, m angiando il tuo posti al dem onio, ma è solo G esù C risto, il
cibo, m angierai ancora ta terra per tu tta la tua vita. quale, essen d o stato concepito senza concorso di
Non è da cred ere che prim a il se rp e n te cam m i­ uom o, può esse re chiam ato per eccellenza sem e
nasse coi piedi, ma Dio d o p o il peccato rivolse della donna (Cf. Gal. IV, 4 ; Lue. I, 26 e ss.) e
in pena e castigo quella condizione di co se, che p e r di più schiacciò veram ente il capo al s e r ­
prim a rien trav a n ell’ordine della n atu ra. Q u este pen te. Si o sservi che tra la donna e il s e rp en te
parole però (sfr/scierai, m angierai, ecc.) applicate viene annunziato lo s tesso odio che tra il sem e
in sen so traslato al dem onio indicano che egli d e ll’uno e il sem e d e ll’a ltra ; e perciò se tra
sarà profondam ente um iliato. (Che tali frasi ab­ G esù C risto e il dem onio vi fu tale opposizione
biano questo sen so si deduce da M ich. V II, 16 che escluse qualsiasi anche m inim a connivenza
e s s . ; Is. XL1X, 2 3 ; Salm . LXX1, 9 e anche dalle tra P an o e l’altro, si dovrà dire che sim ile o p p o ­
L ettere di Teli. A marna L ., XL1I, 35. C f. H etze- sizione sia pure esistita tra la donna e il s erp en te ,
nauer, h. 1.). Egli infatti vide d istru tto il su o il che senza dubbio non sareb b e stato qualora
re g n o ; e Puom o trascinato nella ribellione a Dio Alaria Santissim a per i m eriti di G esù C risto non
sarà reden to col sangue di G esù C risto, e andrà fosse stata preservata im m une non solo da ogni
a sed e rsi nel cielo, e Dio ne avrà una gloria colpa attuale, ma anche dalla colpa originale
molto m aggiore di quella chc il dem onio ha (Cf. Bolla Ineffabilis D e u s; H etzenauer, h. 1.;
voluto rapirgli. Theologia Biblica, voi. I, pag. 554 e ss.).
15. Q uesto versetto con ragione viene c h ia­ E ssa. N ell’ebraico vi è il pronom e m aschile
mato il protovangelo, poiché contiene la prim a esso ( h u ) t che si riferisce a sem e della donna.
prom essa del futuro L iberatore. La tradizione Anche il verbo schiaccerà è alla forma m aschile,
cristiana e giudaica è infatti unanim e nel rico n o ­ e così pure è m aschile il suffisso (ebr. ennu =
scere che qui si parla del Alessia, ed è ancora di lui) unito alla parola calcagno. D ’altronde
da notare, come n e ll’atto ste s s o in cui Dio con­ anche il testo S am aritano (hu)> i LXX (aùróq),
danna Puom o p revaricatore, p rom ette a nostra l ’itala ( ip s e ) t la v e rs ;one siriaca (is iu d ) m o­
consolazione un nuove Adamo, il quale rip a re rà stra n o chiaram ente che q uesto pronom e va rife ­
tutti i danni che il prim o Adamo ha causati colla rito a G esù C risto, sem e della donna. H oberg e
sua disubbidienza (Cf. Rom. V, 15 e s s.). In V ercellone pensano quindi che S. G erolam o abbia
relazione al s erp en te m ateriale Dio annunzia che tradotto c o ll’antica itala ip se, ma che poi qualche
vi oarà perpeM o odio tra esso e la donna, la am an u en se, vedendo che m ancava la concordanza,
posterità dell'u r.o e la posterità d ell’altra, e che abbia so stitu ito ipsa. Altri però (Cf. H um m e-
la donne e i suoi figliuoli schiaccieranno quando lauer, h . 1.) pensano che S. G erolam o stesso
che sia la testa al s e rp e n te , m entre qu esti colla abbia tradotto ipsa. La questione non ha grande
sua astuzia cercherà di m ordere il calcagno di lei. im portanza, poiché sia la lezione della Volgata
Le parole di Dio hanno però un sen so più sublim e latina, sia la lezione del testo ebraico, per il
e principalm ente inteso dallo Spirito Santo, e a n ­ sen so si accordano perfettam ente. L’una e l’altra
nunziano al dem onio, antico s e rp en te , e su ltan te per infatti annunziano la vittoria definitiva del Re­
la vittoria rip o rtata s u ll’uom o, che esso andrà p ie­ d entore su l d em o n io ; m entre però il testo ebraico
nam ente disfatto, e che una donna, novella Eva, m ette in m aggior evidenza l ’azione di G esù C ri­
per mezzo del suo Figliuolo gli s c h ia c c e rà com ­ sto , la Volgata m ette in m aggior evidenza l’azione
pletam ente la testa. di Alaria S antissim a, che con G esù ha cooperato
G e n e s i , 111, 16-1 9 85

18 Alulíeri quoque d ix it : M ultiplicábo 16E disse pure alla donna : lo m oltipli­


aerúmnas tuas, et concéptus tuos : in d o cherò i tuoi affanni, e le tue gravidanze :
lóre páries fílios, et sub viri potestáte eris» partorirai con dolore i figliuoli, e sarai sotto
et ipse dominábitur tui. la potestà del marito, ed egli ti dominerà.
17Adae vero d ix it : Quia audisti vocem ,7E ad Adamo disse : Perchè hai ascol­
uxóris tuae, et com edísti de ligno, ex quo tata la voce della tua m oglie, e hai man­
praecéperam tibi ne com éderes, maledícta giato del frutto, del quale io ti aveva co­
térra in ópeFe tuo : in laboribus cóm edes ex mandato di non mangiare, maledetta la terra
ea cunctis diébus vitae tuae. 18Spinas et trí­ per quello che hai fatto : da essa con grandi
bulos germinábit tibi, et cóm edes herbam fatiche trarrai il nutrimento per tutti i giorni
terrae. 1#In sudóre vultus tui vescéris pane, della tua vita. 18Essa ti produrrà spine e
doñee revertáris in terram de qua sumptus triboli, e tu mangerai l'erba della terra.
e s : quia pulvis es, et in púlverem rever- 19Mangerai il pane col sudore del tuo volto,
téris. fino a che tu ritorni alla terra, dalla qual«
sei stato tratto : perocché tu sei polvere,
e in polvere tornerai.

16 I C o r. XIV, 34.

alla redenzio n e del m ondo. Ad ogni m odo è certo o ch e la donna d e sid e ra u n irsi al m arito, o p p u re
che se M aria S an tissim a ha schiacciato il capo del che i su o i desiderii dipendono dal m arito, a cui
s e rp e n te , lo ha sch iacciato p e r mezzo del su o essa deve o b b ed ire. 1 LXX hanno tradotto : tu
Figliuolo G e sù , il qu ale è il vero d eb ellato re e ti rivolgerai al tuo m arito, com e per ricevere o r­
trionfatore di Satan a, e se essa fu p reserv ata dini (C f. A lapide, h . 1.; S elbst, h. 1.). I dolori
dalla colpa di origine lo fu p e r i m eriti di G esù della donna sono non solo un castigo, ma a n ­
C risto m orto su lla croce. Schiaccierà la tua testa , cora un m ezzo di purificazione.
ossia ti vincerà p ien am en te rid u cen d o ti a ll’im-
17. La sen te n z a contro Adamo si apre con
potenza e all’im possibilità di nu o cere (C f. Sa Ira.
alcune co n siderazioni, che fanno risa lta re la g ra ­
LXVII, 2 2 ; CIX, 6, ecc.). — Tenderai insidie.
vezza della su a colpa. Invece di ascoltare la voce
N ell’ebraico vi è lo ste sso v«rbo, che p re c e d e n ­
di D io, ha ascoltata la voce di una d o n n a ; ha
tem ente fu trad o tto , schiacciare. II c o n te sto p erò
voltato le sp alle a Dio per non d isg u sta re Èva.
esige che qui venga trad o tto m orderai, o ferirai
M aledetta, ecc. Dio non m aledice d irettam ente
il su o calcagno. Il s e rp e n te , striscian d o per ten-a,
l’uom o, ma la te rra , la quale non p ro d u rrà più
può insidiare e m o rdere il calcagno d e ll’uom o,
frutti senza il lavoro faticoso d e ll'u o m o . P er
ma l’uom o, che cam m ina d iritto, può ad esso
quello che hai fa tto , cioè p er il tuo peccato. T ale
schiacciare la testa. A pplicate a G esù C risto q u este
è il sen so delle parole in opere tuo, com e consta
parole significano che Egli vincerà il dem onio
d a ll’ebraico e dalle altre v e rsioni. La sterilità
colla debolezza e l ’inferm ità della n atu ra um ana
della terra farà c o m p re n d e re a ll’uom o lo stato
assu n ta . Il calcagno significa ap p u n to la n atu ra
m iserab ile, a cui si è rid o tto col peccato. Con
um ana. Il D em onio p er mezzo dei su o i m in istri
fa tic h e , ecc., in opposizione al mangiò del v e r­
farà m ettere a m orte G esù C risto , ma la m orte
setto 14.
di G esù C risto sarà la sconfìtta del dem onio e
la liberazione d e ll’uom o (Cf. O s. X III, 14; G iov. 18. T i p ro d u rrà , ecc. B enché lavorata, la terra
XII, 31 ; C oloss. II, 15; J G iov. I li, 8). C on G esù si m o strerà ingrata alle tue fatiche, e ti p rodurrà
C risto e per mezzo di G esù C risto , anche il sp in e o rovi, e triboli, ossia cardi selvatici. M an-
genere um ano vincerà il dem onio schiacciandogli gerai V erba , vale a dire i legum i, i cereali, che
il capo (Ved. Rom. XVI, 20). la te rra p ro d u rrà m ediante il tuo lavoro.
16. La donne non solo sarà p a rtecip e del 19. S u d o re del v olto, effetto e segno di un
castigo inflitto a Adamo ( 1 7 ! 9 ) , m a ricev erà a n ­
lavoro faticoso. Dio intim a la legge del lavoro,
cora un castigo sp eciale, analogo alle condizioni
e c o n d an n a 1’ ozio e 1’ infingardaggine (Cf. li
della su a e sis te n z a ; e ciò perch è fu la prim a
T e s s. Ili, IO). A nche senza il peccato l ’uom o
a peccare, e tra sse an co ra Adamo al peccato.
avrebbe dovuto lavorare (II, 15), ma il lavoro
M oltiplicherò (ebr. m oltiplicherò g ran d em en te), i
non sareb b e stato congiunto colla fatica e col
tuoi affanni e le tue gravidanze, ossia i dolori e
do lo re. Fino a che ritorni, ecc., ossia per tutta
le m iserie ch e vanno congiunte coli» g ravidanza,
partorirai con dolore, ecc. D opo e ss e re stata p u ­ la vita. Dio infligge ad A damo e ai suoi d isce n ­
nita nella su a qualità di m ad re, viene punita denti il castigo minacciato (li, 17). Egli aveva
nella sua qualità di sp o sa : sarai sotto la p o te stà ... creato l ’uom o in tale condizione che se avesse
ti dom inerà. La p o testà d e ll’uom o sulla donna si obbedito non sare b b e andato soggetto alla m orte.
fece sen tire in m odo così terribile p resso I popoli L ’uom o cad de, e allora la legge della d isso lu ­
pagani. E ssa era rig u ard ata com e una sch iav a, zione com inciò a com piere l’opera sua sul corpo
e lo è ancora là dove non è p en etrato il c ris tia ­ um an o , per modo che ogni uom o che nasce va
nesim o (Cf. I T im . 11, I l e s s.). Invece di sarai ancora in contro alla m orte. E però da osserv are
sotto la potestà del m arito, n e ll’ebraico si legge : che il lavoro e la m o rte, benché castigo del p e c ­
il tuo desiderio si porterà verso il tuo m arito, cato, so n o ancora un m ezzo r e r fare penitenza
e sp ressio n e un p o ’ o scu ra, che può significare e fuggire il peccato (Ved. n. Rom. V, 12 e s s .'
Su G en esi, III, 2 0 -2 4

20Et vocavit Adam nomen uxóris suae, “°E Adamo pose alla sua m oglie il nome
Heva : eo quod mater esset cunctórum vi- di Èva, perchè ella era la madre di tutti i
véntium . 21Fecit quoque Dóminus Deus viventi. 21E il Signore Iddio fece ancora ad
Adae et uxori ejus tünicas pelliceas, et in­ Adamo e alla sua m oglie delle tonache di
duit eos : 22Et ait : Ecce Adam, quasi unus pelle, e li vestì : 22e disse : Ecco che
ex nobis factus est, scien s bonum et malum : Adamo è diventato come uno di noi, cono­
nunc ergo ne forte mittat manum suam, et scitore del bene e del male : ora adunque
sumat étiam de Ugno vitae, et cómedat, et (impediamogli) che a sorte non stenda la
vivat in aetérnum. sua mano, e colga anche dalfalbero della
vita, e ne mangi, e viva in eterno.
23E il Signore Iddio lo mandò fuori del
23Et em isit eum Dóminus Deus de para­ paradiso di delizie, affinchè lavorasse la
diso voluptàtis, ut operarétur terram de qua terra, da cui era stato tratto. 24E scacciò
sumptus est. 24Ejecitque Adam : et collo- Adamo, e pose dei Cherubini davanti al
càvit ante paradisum voluptàtis Chérubim, paradiso di delizie con una spada fiammeg­
et flàmmeum glàdium atque versàtilem , ad giante, che si vibrava in giro, per custo­
custodiéndam viam ligni vitae. dire la via d ell’albero della vita.

20. È va , d all’ebraico ha vva h , che significa vita. l’albero della vita desse l’im m ortalità (II, 9), vi
Q uesto nom e, che a prim a vista sem b rereb b e era a tem ere che Adamo s ten d e sse la sua mano
u n ’ironia, è invece l ’esp ressio n e di un atto di anche a q u esto secondo albero, e quindi Dio
fede. Adamo aveva udito la sen ten za di m orte volle im pedirgli ciò, scacciandolo dal paradiso.
pronunziata da Dio co n tro di lui e la sua co n ­ Da q u anto è detto in q uesto versetto si può
sorte, ma aveva p re sen te la p ro m essa di vittoria forse arguire che sino allora Adamo non avesse
fatta al sem e della d onna, e quindi ten n e per m angiato di q u e sto albero. M andò fu o r i, ossia
certo che, non o stan te il peccato, l ’um ana n a ­ com andò ad Adamo di uscire dal p aradiso.
tura non sareb b e andata d istru tta , ma Èva avrebbe 24. Scacciò. Q uesto verbo indica che Adamo
dato a lui figli e figlie. Si osservi che se G esù non di pro p ria volontà si partì dal paradiso.
C risto è di nuovo A damo, si può ancora dire che D avanti al paradiso di delizie. N ell’ebraico si
la nuova Èva è M aria S an tissim a, la quale per ha : a oriente del giardino di E den. A damo non
conseguenza con molta m aggior ragione di Èva s e p p e cu sto d ire il giardino (II, 15); Dio pone
può essere chiam ata m adre dei viventi. altri custodi che ne tengano lontano lo ste sso
21-24. Adamo ed Èva vengono scacciati dal Adamo. D ei C herubini. Con qu esto nom e viene
paradiso te rre s tre . — Fece ancora, ossia p ro b a ­ indicata una classe di angeli (ottava) che circon­
bilm ente insegnò loro a farsi delle tonache di dano il tro n o di Dio (Ezech. 1, 2 2 ; X, 1). Di essi
pelle di anim ali, le quali più che le foglie di si parla s p e s so nella S crittura (Cf. p. es. Salm .
fico valevano a co p rire la loro nudità e a d ifen ­ XVII, I I ; LXXIX, 2 ; X CVIII, 1, ecc.) e le loro
derli dalle in tem p erie. — Le vesti fatte con pelli im m agini si trovavano nel tem pio e so p ra il p ro ­
di anim ali m orti, dovevano ricordare all’uom o, piziatorio (E sod. XXV, 18; XXVf, I ; XXXVII,
che egli era condannato a m orte. P e n san o alcuni 7 e s s., ecc.). L ’etim ologia del nom e è in certa,
che Dio avesse prim a com andato ad Adamo di ma un ricordo di e ssi può forse vedersi nei
fare un sacrifizio di anim ali, per mezzo del quale K iru b i assiri, specie di tori alati dalla faccia
p ro te sta sse la sua fede nel M essia pro m esso , m a­ di uom o, che sorgevano a ll’entrata dei grandi
n ifestasse estern am en te il su o pentim ento per il palazzi di N inive; e nei genii alati che si vedono
m sle fatto e ric u p e ra sse così la grazia p erd u ta, s p e sso scolpiti ai due lati d e ll’albero sacro nei
ma non già gli altri doni (Cf. H u m m elau er, h. 1. ; m onum enti assiri (Cf. V igouroux, La Bible et les
Z sehokke, op. cit., pag. 19). découv. m o J., t. 1, pag. 283, edit. 6*; D ict. Bib.,
22-23. E disse il Signore Iddio. E diventato C herubin ; H agen, L e x , Bib. C h eru b., ecc.). —
com e uno di noi. Non vi ha dubbio che qui si C on una spada fiam m eggiente, ecc. Il testo parla
allude al m istero della S antissim a T rinità, com e di più C herubini e di una sola sp ad a . La natura
am m ettono quasi tutti gli esegeti e i teologi cat­ di q u esta non può e ssere ben pre c isa ta . Nei
tolici (Cf. H um m elauer, H oberg, S elbst, H etze- m onum enti assiri il Dio Bel è ra p p re sen ta to con
nauer, Lam v, ecc. Ved. n. I, 2G). E diffìcile non in m ano la folgore, la quale nei testi cuneiform i
vedere nelle parole di Dio una terribile ironia. viene chiam ata spada di fu o co . P u ò e sse re quindi
Adamo ha voluto e sse re sim ile a Dio, ed eccolo che anche qui si tratti della folgore, e che di essa
sim ile a ll’angelo d ecad u to , spogliato della g ra ­ Dio abbia arm ato i suoi C h eru b in i, i quali dove­
zia, ecc., ha voluto conoscere il bene e il m ale, vano com parire so tto qualche form a sensibile,
ed eccolo agitato dalla concupiscenza. L ’u m ilia­ forse l’um ana. C ustodire la via. La felicità p ri­
zione e la confusione che Adamo doveva provare mitiva ornai è perduta per s e m p re ; l ’uom o non
a queste parole facevano parte della su a p en i­ potrà torn are alla sua patria, se non per la via
tenza. Im pediam ogli. Q uesto verbo in p aren tesi, d ell’espiazione e della penitenza (C f. S ap. X, 1
fu aggiunto per m aggior chiarezza, altrim enti il e s s . ; Lue. XX1I1, 4 3 ; Ebr. XI, 14).
sen so del versetto rim ane so sp eso . Si p o trebbe Anche nelle mitologie di parecchi antichi p o ­
anche sp ieg are : O ra sd u n q u e (scacciam olo dal poli si trovano delle narrazioni che hanno una
paradiso) affinchè non, ecc. .Yon s ten d a , ecc. certa affinità con quanto ci viene insegnato nella
Adamo aveva stesa la m ano c m angiato delPalbero S c rittu ra . C osì p re sso i B abilonesi gli uom ini
ie lla scienza, e siccom e Dio aveva stab ilito che sono form ati di fango bagnato con sangue divino,
G e n e s i , IV , 1-5 87

C A P O IV.

Caino ed Abele , 1-16. — Discendenti di Caino, 17-24. — Seth e la sua discendenza, 23-26.

*Adam vero cognövit uxörem suam H e- *E Adamo conobbe la sua m oglie Èva,
vam : quae concepit et peperit Cain, di- la quale concepì e partorì Caino, dicendo :
cens : Possedi höm inem per Deum. *Rur- -H o fatto acquisto di un uomo per dono di
süm que peperit fratrem ejus Abel. Fuit Dio. 2E di poi partorì il fratello di lui Abele.
autem Abel pastor övium , et Cain agricola. E Abele fu pastore di pecore, e Caino agri­
3Factum est autem post multos dies ut of- coltore. 3Ed avvenne che dopo molto tempo
ferret Cain de fructibus terrae münera Do­ Caino offerse in dono al Signore de'fru tti
mino. della terra.
4Abel quoque öbtulit de prim ogenitis gre- 4Anche A bele offerse d e ’ prim ogeniti del
g is sui, et de adipibus eörum : et respexit suo gregge, e d e ’ più grassi tra essi : e il
Dominus ad Abel et ad münera ejus. 5Ad Signore volse lo sguardo ad A bele, e ai suoi
Cain vero et ad münera illius non r e s p e x it: doni. 5Ma non volse lo sguardo a Caino,

< H e b r. XI. 4.

e nel poem a di G ilgam es si p arla di u n ’isola e l’altra b u o na con a capo S e th . D apprim a però
dei beati, di p arecch i alb eri d ella vita, ecc. ; si d isco rre di C aino e di A bele, 1-16, com inciando
si dice c h e Eabani, form ato a im m agine di D io, dalla loro n ascita e dal loro d iverso g e n ere di
non portava alcun v estim en to , viveva colle b estie occupazioni, 1-2.
e m angiava e rb a, ma poi p e rd e tte la su a libertà C o n o b b e , eufem ism o p e r indicare l ’unione m a­
a cause di u na d o n n a. N el m ito di Adapa si ra c ­ ritale . Q u e sto term in e è usato solo q uando si
c onta, che A dapa avrebbe p o tu to e sse re im m o r­ p arla d e ll’u om o. « Da q uesto luogo i P ad ri ne
tale m angiando il p ane e bev en d o l’acqua della in ferisco n o c h e A dam o ed Èva si m an ten n ero
vita, ma egli ric u sò di fare ciò, e re s tò m o rtale. vergini tu tto il tem po che dim orarono nel p a ra ­
P re s so i G reci vi è il m ito di P ro m eteo , ch e dopo d iso te rre s tre »• M artini. — H o fatto a c q u isto , ecc.,
aver form ato l ’uom o di fango lo anim ò p er mezzo esclam azione di gioia della prim a m adre alla vista
del fuoco ra p ito agli D ei. Gli antichi p arlan o p u re del su o prim o n ato ! E ssa attrib u isce su b ito un
d ell’età d e ll’oro, in cui vi era pace tra l ’uom o tale dono alla bontà di D io, il quale com incia così
e gli anim ali, e l ’uom o non si cibava che di a co m p iere la p ro m e ssa fatta (H I, 15). C aino,
e r te , ecc. O ra, l’ esisten za di tali narrazioni significa a c q u isto , p o s se s s io n e , ecc. — A b e le , in
p re sso sì diversi p opoli, non può sp ieg arsi a ltri­ ebraico significa so ffio, v a n ità , e può e sse re che
m enti se non rico rren d o a u n ’unica tradizione tal nom e gli sia dato p e r indicare la condizione
rim o n tan te alle origini d e ll’um an ità. D ’altra parte di m iseria e di m ortalità, in cui si trovavano gli
se si o sserv a che p re sso gli altri popoli la tra ­ uom ini d opo il peccato, o p p u re per ric o rd a re la
dizione è alterata dalla m itologia e da favole su a m orte p re m a tu ra . P a re c ch i m oderni p re fe ­
grossolane e in su lse, m en tre nella Bibbia la n a r­ risco n o farlo d e riv a re da lP a ssiro babai = figlio,
razione è sem p lice e aliena da ogni p u erilità, non che e n tra n ella com posizione di parecchi nomi
«i tard erà a co n ch iu d ere che la B ibbia, anche p ro p rii.
prescin d en d o d alla su a isp irazio n e, ci ha co n ­ C aino, p rim ogenito, si diede com e Adamo a
serv ata la- tradizione p rim itiva in tu tta la su a c o ltiv are la te rra . Abele invece si diede a pascere
purezza. A lcuni razionalisti (F r. D elitzsch, le n se n , p eco re e c ap re, ecc. D a ciò si vede che l’uom o
S chrader-Z im m ern , S tad e, W ellh au sen , ecc.), p re ­ non si trovò da p rincipio in uno sta to selvaggio,
te se ro ben sì ch e la n arrazio n e bibblica fo sse una ma esercitò un m estiere confacente alle sue con­
derivazione dai miti B abilonesi, ma una tale s p ie ­ dizioni di anim ale ragionevole.
gazione è co n trad d etta dai fatti, e va s em p re 3-5. I sacrifizi di C aino e di A bele. D opo molto
più perd en d o te rre n o fra gli s te s s i razio n alisti te m p o . N e ll’ebraico si legge : alla fine dei g io rn i,
(G u n k e l; H olzinger, N ikel, ecc.). Vedi la q u e ­ e sp re ssio n e che d ’ordinario indica un tem po in ­
stione tra tta ta più diffusam ente p re sso H etze- d eterm in ato , e che qui potrebbe rife rirsi a ll'a n n o
o a u er, h. 1.; Theologia B ib lica , t. 1, p s£ . 5 5 5 ; 130 di A dam o, poiché a p p u n to in q u e sto anno
C ondam in, D ict. A p .y B a b ylo n et la B ib le , col. nacq u e S e ih , che D io so stitu ì ad Abele (v. 25 ;
3 3 9 ; V ig., D ict. B ib ., Paradis te rr e str e ; iMan. B ., V, 3). A lcuni (p. es. H um m elauer) traducono
n . 2 8 8 ; L em o n n y er, La révélation p r im itiv e , ecc., l ’ebraico con alla fine d e ll'a n n o , ossia do p o la
pag. 256 e s s . P e r i testi V ed. D h o rm e, C h o ix de racco lta, ma tale traduzione difficilm ente può giu­
te x te s ..., e cc., pag. 98 e s s . ; 149 e s s . stificarsi. O ffe rse , ecc. A damo ed Èva d o vettero
senza dubbio istru ire i loro figli intorno al dovere
che av ev an o di offrire sacrifizi a Dio per rico n o ­
C A PO IV. s cere il su o s u p re m o dom inio e la loro propria
d ip en d en za e p e r p ro fessa re la loro fede nel
1. Nei v ersetti 1-24 si narra com e la p o sterità M essia p ro m e sso . C osì fin d a ll’origine troviam o
di A damo fin da prin cip io si divise in due fam iglie qui indicate le due sp ecie di sacrifizi : gli uni
tra loro o p p o s te ; l’una cattiva con a cap o C aino, in cru en ti, ch e consistono n e ll’offerta dei frutti
88 G e n e s i , IV , 6-11

iratusque est Cain vehem énter, et concidit e ai suoi doni : e Caino si accese di grande
vultus ejus. *Dixitque Dóminus ad eum : sdegno, e il suo volto fu abbattuto 6E il
Quare iratus e s ? et cur concidit facies tua? Signore disse a lui : Per qual motivo sei
7Nonne si bene égeris, recipies : sin autem adirato? e perchè il tuo volto è abbattuto?
male, statim in fóribus peccàtum aderii? 7Non è egli vero che se farai bene, avrai
sed sub te erit appetitus ejus, et du domi- bene : e se farai male, il peccato sarà su­
naberis illius. bito alla tua porta? Ma l ’appetito di esso
sarà sotto di te ; e tu gli comanderai.
'Dixitque Cain ad Abel fratrem suum : 8E Caino disse ad Abele suo fratello :
Egrediàmur foras. Cumque essent in agro, Andiamo fuori. E quando furono alla cam­
consurréxit Cain advérsus fratrem suum pagna, Caino investì il suo fratello Abele,
Abel, et interfécit eum . e lo uccise.
9Et ait Dóminus ad Cain : Ubi est Abel ®E il Signore disse a Caino : Dove è
frater tuus? Qui respóndit : N éscio : Num Abele tuo fratello? Ed egli rispose : Non
custos fratris mei sum e g o ? 10Dixitque ad lo so : sono io forse il guardiano di mio
eum : Quid fecisti ? vox sànguinis fratris tui fratello? 10E il Signore gli disse : Che hai
clamat ad me de terra. l l Nunc igitur male- fatto? la voce del sangue del tuo fratello
dictus eris super terram, quae apéruit os grida a me dalla terra. n Or adunque tu
suum, et suscépit sànguinem fratris tui de sarai maledetto sopra la terra, che ha aperta

» S ap. X, 3 ; M atth. XXIII, 3 5 ; I Jo an . I li, 12; Ju d ae, 11.

della terra, come fu quello di C aino, e gli altri n are i tuoi desiderii e vincere le tue passioni.
c ruenti, che co n sisto n o neH’im m olazione di a n i­ Altri sp ieg an o : se tu fai m ale, opp u re se tu non
mali, com e fu quello di Abele. £ da osserv are che fai b ene, ma ti lasci agitare da p ensieri di in ­
per il su o sacrifizio Abele scelse dei prim ogeniti vidia, ecc., il p eccato , cioè l’atto estern o c o n su ­
del su o gregge, e dei più grassi tra essi, m o­ m ato, e nel caso il fratricidio, non sta forse alla
stran d o così ch e aveva grande stim a di D io, ed tua porta com e belva c h e spia il m om ento per
era pieno di fede, di sp eran za e di carità (Ved. a ss a lire ? (C f. I P ie t. V, 8). Anche S. G iacom o
Ebr. XI, 4). P e r q u esto egli venne chiam ato scrive (I, 15) : La concupiscenza, quando ha co n ­
giusto (Alati. XX111, 35), e Dio vofse lo sguardo cepito, p arto risce il peccato (Ved. n. ivi). Vedi
a lui, ossia ebbe accetti i suoi doni. Dio invece altre spiegazioni p re sso A lapide, H um m elauer,
non ebbe grati i doni di C aino, p erch è qu esti H o berg, H e tzen au er, ecc.
non offrì i frutti più belli, e m ancava di carità 8. Il fratricidio di C aino. Andiam o fu o ri. Q u e ­
sincera, giacché era dal m aligno e le su e opere ste parole m ancano nell’ebraico, dove si legge :
erano malvagie (I G iov. Ili, 12). P en san o i P ad ri E Caino parlò ad Abele suo fra te llo , e quando
che Dio abbia m anifestato il su o gradim ento a fu ro n o alla cam pagna lo uccise. Si osservi com e
riguardo dei doni di A bele, m andando un fuoco nei v ersetti 8 - t l per ben sei volte Abele vien
dal cielo a co n su m are il sacrifizio (Ved. Lev. IX, detto fratello di C aino. Lo uccise (Ved. n. I G iov.
2 4 ; G iud. VI, 2 1 ; P arai. XXI, 26). C aino ve­ Ili, 12). Abele innocente fu il prim o ad e sse re
dendo preferito Abele arse di ira, e pieno di tri­ ucciso per la giustizia, e la su a m orte violenta è
stezza, di odio e di invidia, abbassò gti occhi a una figura della m orte di G esù C risto.
terra.
9-10. Dio interroga C aino, come già aveva
6-7. Dio non abbandona C aino peccatore, ma
in terro g ato Adamo cd Èva (111, 9), affine di daì-gli
cerca di farlo rie n trare in sè s tesso m ettendogli
s o tt’occhio l’ingiustizia d ell’ira contro il fratello. occasione di co n fessare la sua colpa e chieder*'
perdono. C aino risp o n d e con su p erb a m enzogna
Se farai ben e, cssia se le tue azioni saran n o
buone, e le tue intenzioni pu re, avrai b e n e , ossia (n o n lo s o ), e aggiunge con incredibile arroganza
che non ha nessun obbligo di sa p e re dove sia
sarai accetto al mio sg u ard o , e n ’avrai ricom ­
pen sa. L ’ebraico va trad o tto : se farai bene non il s u o fratello. Allora Dio con severità dom anda :
C he hai fa tto ? ossia, quale delitto hai co m m esso ?
vi sarà esaltazione? ossia, non porterai fu alta
la fro n te ? Ma se farai male, n u tren d o ira ed La voce del sangue (n ell’ebraico vi è il plurale
intensivo dei sangui) del tuo fratello Abele grida
invidia contro il tuo fratello, il peccato che co m ­
a me v e n d e tta . Q uesta sublim e prosopopea m ostra
m etti sarà (subito manca n etl’ebraico) com e un
se rp e n te o una belva accovacciata (tale è il sen so l'atro cità del peccato di C aino, e in generale la
gravezza d ell’om icidio, giacché tutti gli uom ini
dell’ebraico) alla tua p orta , e non ti lascierà più
sono fratelli tra loro. L ’omicidio è uno dei pec­
pace, ma ti to rm en terà giorno e notte. L'a p p etito
cati che gridano vendetta al co sp etto di Dio
di e ss o , ecc., vale a dire l’a p p etito del peccato,
(Cf. n. Ebr. X II, 2 4 ; C iac. V, 4).
ossia la co n cupiscenza, non avrà forza di do m i­
narti, se tu volontariam ente non cederai, ma al 11-12. La sentenza contro C aino. O ra, cioè fin
contrario tu potrai vincerla e dom inarla. N elle da qu esto m om ento, sci (o sarai) m aledetto. D !o
ultim e parole di q u esto v ersetto si afferma so le n ­ non ha m aledetto d irettam ente A damo ed Èva ;
nem ente la libertà d ell’uom o. L ’ebraico è un m aledice però C aino fratricida. La terra stessa
p o ’ diverso : Il suo desiderio si volge a te , ossia che ha sorbito il sangue di Abele si vendicherà,
il peccato ecciterà i tuoi desiderii o si farà d e si­ e per Caino in m odo speciale (III, 17 e ss.)
derare, ma tu gli com anderai, ossia devi dom i­ si m ostrerà avara e du ra, non dando frutti cor-
G e n e s i , IV , 12 -18 89

manu tua. “ Cum operätus fuerls earn, non la sua bocca, ed ha ricevuto il sangue del
dabit tibi fructus suos : vagus et pröfugus tuo fratello dalla tua mano. 12Quando l ’avrai
eris super terram. lavorata, essa non ti darà i suoi frutti : tu
sarai vagabondo e fuggiasco sopra la terra.
“ Dixitque Cain ad Dominum : Major est 13E Caino disse al Signore : La mia ini­
iniquitas mea, quam ut veniam merear. quità è troppo grande, perch’io meriti per­
14Ecce ejicis nie hödie a fäcie terrae, et a dono. 14Ecco che tu oggi mi scacci da questa
fäcie tua abscöndar, et ero vagus et pro- terra, ed io sarò nascosto dalla tua faccia,
fugus in terra : om nis igitur qui invenerit e sarò vagabondo e fuggiasco per la terra :
m e, occidet m e. chiunque pertanto mi troverà, mi darà la
morte.
15Dixitque ei Dominus : Nequäquam ita 15E il Signore gli disse : Non sarà così :
fiet : sed om nis qui Occident Cain, septu- ma chiunque ucciderà Caino, avrà castigo
plum punietur. Posuitque Dom inus Cain sette volte maggiore. E il Signore m ise un
signum , ut non interficeret eum om nis qui segno sopra Caino, affinchè nessun di quelli
invenisset eum . 16Egressüsque Cain e fäcie che lo incontrassero lo uccid esse. ,6E an­
Domini, habitävit pröfugus in terra ad orien­ datosene Caino dal cospetto del Signore, fu
talem plagam Eden. vagabondo sulla terra, e abitò nel paese che
è airorien te di Eden.
17Cognövit autem Cain uxörem suam, 17E Caino conobbe la sua m oglie, la quale
quae concepit, et peperit H enoch, et aedi- concepì e partorì H encch. Egli poi fab­
ficävit civitätem , vocavitque nomen ejus ex bricò una città, che chiam ò H enoch dal
nom ine filii sui, H enoch. 18Porro H enoch nom e del suo figliuolo. 18Ora Henoch ge­
g6nuit Irad, et Irad genuit M aviael, et Ma- nerò Irad, Irad generò M aviael, e M aviael

risp o n d en ti al lavoro, e non p erm etten d o a lui e sem p io per tu tti d e ll’odio che Dio ha contro
di s ta re in un luogo, ma c o strin g en d o lo a vivere l ’om icidio. Un segno e ste rn o , acciò tutti c o n o ­
v agabondo e fuggiasco. N ell’ebraico si legge : sei s c e s se ro che Dio voleva risp e tta ta la vita di lui.
m aledetrto dalla terra, ecc., ossia, vieni scacciato Non si pu ò d eterm inare la natura di q u e sto segno.
lontano dalla te rra , che ha a p e rto , ecc. La più p arte degli in te rp reti (S. G irolam o, A lap.,
13-14. R isp o sta di C aino. La mia iniquità, ecc. H o b erg , H e tze n a u e r, ecc.) p e n sa n o che si tra t­
C aino non si m ostra p entito del m ale fatto, ma ta sse di un trem ore u n iv e rsale delle m em bra,
d ispera del p erd o n o , v enendo così a co m m ettere a ccom pagnato da un a sp e tto tru ce, indizio dei
un nuovo p eccato contro la m isericordia infinita crudeli rim o rsi di coscienza.
di D io. D ella su a colpa non tem e che le c o n se ­ 16. La sentenza viene eseguita. A ndatosene
guenze della vita p re sen te . C hiunque m i troverà, dal c o sp etto del S ig n o re , ossia d a ll’E den dove
m i darà la m orte. L ’ebraico p o treb b e tra d u rsi : avvenivano le m anifestazioni di Dio (14), fu vaga­
il castigo o la pena è troppo grande p e r ch'io bondo sulla terra , ecc. N e ll’ebraico e nel greco
la possa po rta re, ma la traduzione della Volgata invece di q u e ste ultim e parole si legge : abitò nel
risp o n d e meglio al co n testo , e per il sen so si pa ese di N o d a oriente delV E den. Nod significa
accorda c o ll’in terp retazio n e che di q u esto v ersetto esiglio, fuga, e può e sse re che un tal nom e sia
hanno dato i P a d ri, e le antiche v ersio n i. Da s tato d a to a quella regione a causa di C aino s ca c ­
questa terra, ossia dalla reg io n e di E den, nella ciato d a ll’E den.
quale Dio anehe d o p o il p eccato si m anifestava 17. Nei v ersetti 17-24 si dà la genealogia dei
ai nostri pro g en ito ri. Dio scacciò Adamo dal P a ­ d iscen d en ti di C aino. La sua m oglie che, essendo
radiso, ed ora scaccia C aino d all’E den. S arò na­ figlia di A dam o, era ancora su a so rella. Tali
scosto dalla tua faccia, ossia tu non avrai più m atrim onii erano necessarii in quei prim i tem pi.
cura di m e, ed io non mi c u re rò più di te, e H en o ch significa probabilm ente iniziatore o m ae­
chiunque mi tro v erà, mi darà la m o rte. C aino si stro . C aino edificò una città a ssai m odesta, e co n ­
trova agitato da tutti i terro ri della cattiva co­ siste n te in q ualche g ru p p o di c apanne circondate
scienza. E certo che Adamo ebbe altri figli e da un m uro o da un fosso di difesa. Nel testo
figlie dopo C aino ed Abele (V, 4), ed è m olto non si dice che C aino abbia su bito edificato la
probabile che parecchi di e ssi al tem p o del fra ­ città dop o la nascita di Enoch. 11 fatto che egli
tricidio fo sse ro già ad u lti, e quindi si co m prende diede alla città non il suo p roprio nom e, ma quello
come C aino possa tem ere che q u alcuno voglia del su o figlio sem bra m o strare che la fabbricò non
vendicare il san g u e di Abele. tan to p er s è , vagabondo e fuggiasco (v. 12),
15. N on sarà così. Dio ha stab ilito che C aino q u anto p iu tto sto per i suoi discen d en ti. P uò e s ­
rim anga in vita per m olto tem p o ad e sp ia re il sere p erò che egli agitato dai tim ori della co­
castigo inflittogli. N ell’ebraico si legge : perciò se scienza, p e n sa sse anche alla su a d ifesa. Non s a p ­
alcuno ucciderà C a in o, a v rà, ecc. Dio dice : a p ­ piam o dove so rg e sse tale città.
punto perch è c h iu n q u e ti in co n trerà ti u ccid erà, 18. Irad. 1 LXX hanno G aidad, ma ciò è p ro ­
io farò si che ciò non avvenga. C h iu n q u e ucciderà babilm ente dovuto a una falsa lettura d e ll’ebraico.
Caino, sarà pun ito ancor più sev eram en te di lui, M aviael. Nei LXX si ha M alelecl. — L am ech, in
perchè avrà violato non solo la legge n atu rale, ma cui venne per così dire a co n cen trarsi tutta la
ancora una legge positiva. C aino deve e sse re un sen su alità e l ’em pietà della s tirp e di C aino.
90 G e n e s i , IV , 19 -25

viael génuit Mathusael, et Mathusael génuit generò Mathusael, e Mathusael generò La­
Lamech. 19Qui accépit duas uxóres, nomen mech. 1911 quale prese due mogli, di cui
uni Ada, et nomen alteri Sella. 20Genuitque l ’una si chiamava Ada, e l ’altra Sella. 20E
Ada Jàbel, qui fuit pater habitàntium in Ada partorì Jabel, che fu il padre di quelli
tentóriis, atque pastórum. 2,Et nomen fratris che abitano sotto le tende, e dei pastori.
ejus Jubal : ipse fuit pater canéntium ci- 21E il nome del suo fratello fu Jubal : egli
thara et organo. fu il padre d e ’ sonatori di cetra e d ’organo.
22Sella quoque génuit Tubàlcain, qui fuit 22Sella partorì anche Tubalcain, che la­
malleàtor et faber in cuncta opera aeris vorò di martello, e fu artefice d ’ogni sorta
et ferri. Soror vero Tubàlcain, Nóema. di lavori di rame e di ferro. La sorella poi
23Dixitque Lamech uxóribus su is Adae et di Tubalcain fu Noema. 23E disse Lamech
Sellae : Audite vocem meam uxóres Lamech, alle sue mogli, Ada e Sella : — Ascoltate
auscultate sermónem meum : quóniam oc- la mia voce, o mogli di Lamech, — ponete
cidi virum in vulnus meum, et adolescén- m ente alle m ie parole : — io uccisi un uomo
tulum in livórem meum . 4Séptuplum ùltio con una mia ferita — , e un giovinetto con
dàbitur de Cain : de Lamech vero septuàgies un m io colpo. — 24Sarà vendicato sette
sépties. volte l ’omicidio di Caino — , quello di La­
m ech settanta volte sette volte.
25Cognóvit quoque adhuc Adam uxórem 25E Adamo conobbe ancora la sua moglie :
suam : et péperit filium, vocavitque nomen ed ella partorì un figliuolo, a cui pose il
ejus Seth, dicens : Pósuit mihi Deus sem en nome di Seth, dicendo : 11 Signore mi iia

19. P rese due m ogli. Lamech fu il prim o che o sasse ingiuriarlo. C onsta di tre m em bri paralleli,
n o lo l’unità del m atrim onio, quale Dio l ’aveva s ta ­ nel prim o dei quali Lam ech richiam a l’attenzione
bilita da principio (11, 22-24). £ da o sserv are però delle su e mogli, nel secondo narra il fatto, e nel
che la poligam ia quale venne praticata dai p a ­ terzo annunzia la vendetta. Io uccisi (altri tra ­
triarchi À bram o, G iacobbe, ecc., ebbe per ragione ducono ucciderò) un uom o e un uom o giovane (si
una speciale dispensa di Dio. A d a, significa ornato tratta di una sola persona, come vuole la legge
o bellezza. S e lla , significa om bra. Le due mogli del parallelism o) con una mia fe rita , con un mio
sono rico rd ate qui a motivo dei versetti 23 e s s. colpo. L ’ebraico però va tradotto, p e r una ferita
20-21. la b e l, che fu il p a d re, ossia il fondatore che mi ha fatta o mi farà, e p er un colpo (leg­
della vita nom ade, vale a dire di quei che abitano giero) che mi ha dato o darà. Lam ech non ha
sotto le tende e dei p a sto ri, o meglio secondo bisogno di e sse re protetto da Dio com e C aino,
l ’ebraico, di quei che abitano so tto le tende in ma farà da s è . Se alcuno tenterà di ucciderlo,
su b irà una vendetta m aggiore di quella m inac­
mezzo ai greggi. Essi hanno bisogno di an d are ora
ciata a ll’uccisore di C aino, perchè Lamech e i
da una parte e ora d all’altra per trovar pascolo
ai loro arm enti, e quindi sono loro necessarie le suoi figli hanno arm i e sap ran n o u sarle. Secondo
una tradizione ebraica riferita da S. G irolam o,
tende per rip a ra rsi dalle intem perie, lu b a l, fu il
l’uom o ucciso accidentalm ente da Lam ech sarebbe
padre dei suo n a to ri, ossia, secondo l ’ebraico, di
C aino, e il giovinetto ucciso sareb b e colui che
tu tti quelli che m aneggiano la cetra (ebr. kinnór)
ind u sse Lam ech in e rro re facendogli cred ere che
vale a dire stru m en ti a corda, com e l’arp a, la chi­
tarra, ecc., e l'organo. L ’ebraico 'ugab indica tutti nella m acchia vi fosse una fiera, m entre vi era
gli stru m e n ti a fiato, come la co rnam usa, il C aino. Lamech vorrebbe qui assicu rare le su e
mogli di non aver a tem ere per lui, poiché se
flauto, ecc. Si tratta qui, com e è chiaro, di s tru ­
m enti a forma ru d im en tale. una sev era vendetta fu m inacciata a ll’uccisore di
C aino, più severa sarà quella che cadrà s u ll’uc­
22. Tubalcain cominciò a lavorare i m etalli. 11 cisore di Lam ech, ¿1 quale è m eno colpevole di
testo ebraico è un p o ’ incerto, e aggiungendo C aino. AAa questa tradizione, com e fa osservare
qualche parola si potrebbe trad u rre : partorì T ubal­ A lapide, ha tutta l’apparenza di una favola. I LXX
cain lavoratore di m artello. Egli fu il padre di tutti hanno in terp retato diversam ente : H o ucciso un
coloro che lavorano nel rame e nel ferro (Cf. H et- uom o per ferire m e s te s s o , ossia per mio danno,
zenauer, h. 1.). Altri tra d u c o n o : T ubalcain, che col e un giovinetto per im piagare m e s te s s o t ossia
m artello fabbricava varii stru m en ti di rame e di p er far del male a me ste sso , poiché gravissim o
fe rro , ed altri : Tubalcain lavoratore di martello in è il castigo che mi a ttende. La prim a in te rp re ­
ogni opera di rame e di ferro . (Ved. H um m elauer, tazione ci sem bra però da preferirsi. C hecché ne
h. I.). ¿Voema, significa graziosa, o soave. Secondo sia, è certo che i figli di Caino seguirono gli
la tradizione giudaica avrebbe inventata l’arte di esem pi del loro padre, e ricercando unicam ente
filare e di te sse re . P u ò esse re che costei sia la ì beni della vita p re sen te , inventarono le diverse
prim a che andò sp o sa a qualche figlio di S eth , c arti, ma dim enticarono Dio, e il pro g resso m ate­
che da essa abbia com inciato il p ervertim ento che riale si accom pagnò in essi col più brutale p e r­
c ondusse al diluvio. v ertim ento m orale.
23-24. Abbiamo qui la più antica poesia che ci 25-2G. Seth e la sua s tirp e . S e th significa so-
sia stata co n serv ata. Vien detta canto della sp a d a , s titu ito , m esso a luogo d i, ecc. In questo nom e
perchè dovuta a un g u erriero crudele, orgoglioso vi è un giuoco di parole relativo a quanto dice
e blasfem o, il quale b randisce la prim a volta la Eva : Il Signore m i ha dato, ecc. Eva anche qui
6pada o Ja lanoia fabbricatagli dal su o figlio, e fa un atto di fede. Essa aveva dovuto capire che
canta i suoi m isfatti, m inacciando la m orte a chi Abele e non C aino app arten ev a a quel sem e da
G en esi, I V, 2 6 — V , 5 91

aliud pro Abel, quem occidit Cain. 26Sed data u n ’altra discendenza in luogo di Abele
et Seth naius est filius, quem vocävit ucciso da Caino. 26E nacque anche a Seth
Enos : iste coepit invocare nomen Domini. un figliuolo, c h ’egli chiamò Enos : questi
principiò ad invocare il nom e del Signore.

C A P O V.

Discendenza di Adamo per la linea di Seth si?io a Noè , 1-31,

*Hic est liber generatiónis Adam. In die, ’Q uesto è il libro della generazione di
qua creavit Deus hom inem , ad sim ilittìdinem Adamo. Nel giorno che Dio creò l ’uomo, lo
Dei fecit illum . 2M asculum et féminam fece a som iglianza di Dio. 2Li creò maschio
creavit eos, et benedixit illis : et vocävit e fem m ina, e li benedisse : e diede loro il
nomen eórum Adam, in die quo creati sunt. nome di Adam, nel giorno che furono creati.
3Vixit autem Adam centum triginta an- 3E Adamo visse cento trenta anni : e ge­
nis : et génuit ad im aginem et sim ilitüdinem nerò un figlio a sua im m agine e som iglianza,
suam, vocavitque nomen ejus Seth. 4Et facti e gli pose nome Seth. 4E Adamo, dopo aver
sunt dies Adam, postquam génuit Seth, oc- generato Seth, v isse ottocento anni, e ge­
tingénti anni : genuitque filios et filias. 5Et nerò figli e figlie. 5E tutto il tempo che

1 Inf. IX, 6 ; S u p . I, 2 7 ; S ap . II, 2 3 ; Eccli. XVII, 1. 4 1 P a r. I, 1.

cui doveva n ascere la vittoria sul s e rp e n te . O ra b rev em en te la sto ria della creazione d e ll’uom o (I,
Abele era stato ucciso, ma e ssa crede tu ttav ia 26 e s s .). D iede loro il nom e (Ved. n. II, 7).
alla p ro m essa di Dio (III, 15), e alla vista del 3-5. R iassunto della vita di Adam o. Visse cento
nuovo figlio, si ra lle g ra , p en san d o ch e esso è trenta anni (i LXX, 230), ecc. Si indica l’età che
posto in luogo di A bele, per dare origine alla aveva Adam o, quando generò S e th , che Dio aveva
s tirp e , da cui v errà il M essia. C aino, m aledetto eletto a e sse re c ap o s tip ite della linea, da cui
da D io, non conta più nulla p e r Èva. E n o s, s i­ doveva n ascere il A lessia. Un figlio a sua im m a ­
gnifica uom o , ma co n sid erato com e debole. M entre g ine , ecc., ossia generò un figlio interam ente
i figli di C aino confidavano nelle p ro p rie forze, sim ile a s è nella n a tu ra , al quale perciò trasm ise
i discendenti di Seth co n o sco n o la p ro p ria d eb o ­ l ’im m agine e la rassom iglianza con Dio (I, 27),
lezza e dipendenza da D io, e perciò Enos co ­ ma o scu rata dal peccato.
m inciò a invocare, con pubblico culto e riti e G enerò figli e figlie oltre a S eth . Non è n e ce s­
cerim onie sp eciali, il nom e di Jahve (C f. E sod. sario s u p p o rre che tutti siano stati g enerati dopo
VI, 3). La religione nacque c o ll’uom o (v. 3-4), e S e th . T utto il te m p o ... n ovecento trenta anni. Si
quindi E nos non fu l ’in ventore di essa, ma solo tra tta , com e è c h iaro , dal co n testo di anni di dodici
di alcune pratiche d eterm in ate. C om e si v ede, le m esi, di tre n ta giorni ciascuno (V ili, 3-5). Se
due città, cioè quella di Dio e quella del dem onio infatti q u e sti anni non fo sse ro che di un m ese
hanno com inciato a d ilatarsi. Alcuni (Cf. P e lt, com e p re te se ro alcuni, allora si dovrà dire che
H ist. de VA. T .t t. I, p. 78) tra d u c o n o : Allora si E n o s (v. 9) e M alalael (v. 15) divennero padri il
com inciò a invocare il nom e di J a h v e h , e s p ie ­ prim o a se tte anni e mezzo e il secondo a cinque
gano : allora si com inciò a dare ai figli di Seth e mezzo circa. La lunga vita degli antichi p a ­
il nom e di figli di D io, per opposizione ai figli di triarchi devesi attrib u ire in parte alla bontà del
C aino, detti figli degli uom ini. La prim a s p ie g a ­ loro te m p e ra m en to , alla frugalità, alla qualità dei
zione è però più com une e da p re fe rirsi. cibi, e alle s te s s e condizioni m ateriali della vita,
che fo rse e ra n o diverse prim a del diluvio, ma s o ­
p ra tu tto ne è da ricercare la causa nella volontà
C A PO V. dà D io, il q uale voleva che il g en ere um ano si
p ro p a g a sse nel m ondo, e si c o n se rv a sse ro per
1-2. La seconda sezione della prim a parte d ella tradizione orale quelle verità religiose che egli
G enesi (V, 1-VI, 8) ci p re sen ta la genealogia di aveva riv elato. Anche le leggende pagane a ttri­
Adamo p er la linea di S eth sin o a N oè (V, 1-31), b uiscono una lunga vita ai prim i uom ini (Ved.
e ci fa con o scere quali sian o state le c au se del Vig., Le L ivres 5 ., t. MI, p. 471 ; La Bib. et les
diluvio (VI, 1-8). Lo sco p o di qu esta e di altre dèe., t. I, p. 291). Adamo con una vita sì lunga
genealogie è di farci conoscere quali sian o stati gli ebbe agio di vedere la m oltiplicazione e la c o rru ­
antenati del M essia (Ved. M att. I, 1-17; Lue. zione del g enere um ano. Egli passò i suoi giorni
Iti, 23-28). nella p en iten za, e in mezzo a tutte le sciagure
Libro. L ’ebraico c o rrisp o n d e n te s e fe r indica che lo co lp irono, s e p p e s p e ra re nel rip a ra to re
non solo un libro p ro p riam en te d etto , ma anche p ro m e sso , e m eritò di e sse re perdonato (S ap. X,
qualsiasi scritto , ben ch é di b rev e e ste n sio n e (D eut. 1-2) e di e sse re salvo. E m orì. Q u este parole
XXIV, 1, 3, ecc.). Della gen era zio n e, o ssia della rip e tu te per ogni patriarca m ostrano che s e Dio
posterità di A dam o. N e l g io rn o , ecc. R iassum e m an tien e da una parte la sua prom essa (III, 15),
92 G e n e s i, V, 6-26

factum est omne tempus quod vixit Adam, visse Adamo, fu di novecento trenta anni,
anni nongénti triginta, et mórtuus est. e morì.
°Vixit quoque Seth centum quinqué an- 6E Seth visse cento cinque anni, e ge­
nis, et génuit Enos. 7Vixitque Seth postquam nerò Enos. 7E Seth, dopo aver generato
génuit Enos, octingéntis septem annis, ge- Enos, visse ottocento sette anni, e generò
nuitque filios et filias. 8Et facti sunt omnes figli e figlie. 8E tutta la vita di Seth fu di
dies Seth nongentórum duódecim annórum, novecento dodici anni, e morì.
et mórtuus est.
•Vixit vero Enos nonaginta annis, et gé­ •Ed Enos visse novanta anni, e generò
nuit Càinan. ,0Post cujus ortum vixit octin­ Cainan ; 10dopo la nascita del quale visse
géntis quindecim annis, et génuit filios et ottocento quindici anni, e generò figli e
filias. n Factique sunt om nes dies Enos non­ figlie. 11E tutto il tempo della vita di Enos fu
génti quinqué anni, et mórtuus est. di novecento cinque anni, e morì.
12Vixit quoque Càinan septuaginta annis, 12V isse ancora Cainan settanta anni, e
et génuit Alalàleel. 13Et vixit Càinan post- generò M alaleel. 13E Cainan, dopo aver ge­
quam génuit Malaleel, octingéntis qua’dra- nerato M alaleel, visse ottocento quaranta
ginta annis, genuítque filias et filias. 14Et anni, e generò figli e figlie. 14E tutto il
facti sunt omnes dies Càinan nongénti decem tempo che visse Cainan, fu di novecento
anni, et mórtuus est. dieci anni, e morì.
15Vixit autem Maláleel sexagínta quinqué 15E M alaleel visse sessanta cinque anfil, e
annis, et génuit Jared. lcEt vixit Malaleel generò Jared. 16E M alaleel, dopo aver ge­
postquam génuit Jared, octingéntis triginta nerato Jared, visse ottocento trenta anni :
annis, et génuit filios et filias. 17Et facti e generò figli e figlie. 17E tutta la vita di
sunt omnes dies Maláleel octingénti nona- M alaleel fu di ottocento novanta cinque
gínta quinqué anni, et mórtuus est. anni, e morì.
18Vixitque Jared centum sexagínta duóbus 18E Jared visse cento sessanta due anni,
annis, et génuit H enoch. 19Et vixit Jared e generò H enoch. 19E Jared, dopo aver
postquam génuit H enoch, octingéntis annis, generato H enoch, visse ottocento anni, e
et génuit filios et filias. 20Et facti sunt om nes generò figli e figlie. 20E tutta la vita di Jared
dies Jared nongénti sexagínta duo anni, et fu di novecento sessantadue anni, e morì.
mórtuus est.
21 Porro Henoch vixit sexagínta quinqué 21 Ed Enoch visse sessantacinque anni, e
annis, et génuit Mathúsalam. 22Et ambulavit generò Mathusala. 22Ed Enoch camminò con
H enoch cum Deo : et vixit, posquam génuit Dio : e dopo aver generato Mathusala, visse
Mathúsalam, trecéntis annis, et génuit filios trecento anni, e generò figli e figlie. 23E
et filias. 23Et facti sunt om nes dies Henoch tutta la vita di Enoch fu di trecento sessanta
trecènti sexagínta quinqué anni. 24Ambula- cinque anni. 24E camminò con Dio, e di­
vítque cum Deo, et non appàruit : quia tulit sparve : perchè il Signore lo rapi.
eum Deus.
25Vixit quoque Mathusala centum octo- 25E Mathusala visse cento ottanta sette
ginta septem annis, et genuit Lamech. 28Et anni, e generò Lamech. 26E Mathusala, dopo

24 Eccli. XLIV, 16; H eb r. XI, 5.

d all’altra fa eseg u ire la sentenza pronunziata con­ m ondo, non sap p iam o dove, com e più tardi lo
tro l’uom o (II, 17). fu anche Elia (IV Re, II, l i ) . Enoch piacque a
Dio per la sua fede, e può e sse re che Dio abbia
6-20. Si riassu m e la vita di Seth (0-8), di Enos con lui com piuto qu esto m iracolo per far m eglio
(9-11), di C ainan (12-14), di M alalael (15-17), di c o m p ren d ere agli uomini l ’esistenza di u n ’allra
lared (18-20). vita, nella quale riceveranno la ricom pensa per
21-24. R iassunto della vita di Enoch. C am m inò le buone o p ere che hanno fatto (Ved. Eccli. XLJV,
con D io , ossia visse nella più intim a unione con 16). Alla fine del m ondo Enoch verrà di nuovo
Dio praticando la pietà e la giustizia. La stessa a p redicare la penitenza, e avrà una p a rte im p o r­
frase viene rip etu ta a p ro p o sito di Noè (VI, 9) tante nella lotta co n tro l ’A nticristo (Ved. Mal.
e dei sacerdoti (Alalach. II, 6), ed indica qualche IV, 5 ; M att. XVII, 10; e n. A poc. XI, 4). Enoch
cosa di più che il sem plice cam m inare alla p re ­ annunziò ai suoi contem poranei il giudizio finale,
senza di Dio (XVI1, 1). Trecento sessanta cinque ma il libro che va sotto II suo nom e è apocrifo
anni. La sua vita fu relativam ente b rev e. D isparve. (Ved. n. G iud. 14). E chiaro poi che Enoch d i­
Invece di m orì, come si ha per gli altri patriarchi. scen d en te di S eth, non va confuso con Enoch
Il Signore lo rapì. Q uesto modo di parlare indica discendente di C aino (IV, 17).
chiaram en te che Enoch non mori (Sap. IV, 10; 25-27. Si riassum e la vita di A lathusala, il p a ­
Ebr. XI, 5), ma fu da Dio tra sp o rta to fuori de) triarca che ebbe più lunga vita.
G e n e s i , V, 2 7 — VI, 2 93

vixit Alathüsala, postquam génuit Lamech, aver generato Lamech, visse settecento ot­
septingéntis octoginta duóbus annis, et gé- tanta due anni, e generò figli e figlie. 27E
nuit filios et filias. 27Et facti sunt om nes tutta la vita di Mathusala fu di novecento
dies Alathüsala nongénti sexaginta novem sessanta nove anni, e morì.
anni, et mórtuus est.
28Vixit autem Lamech centum octoginta 28E Lamech visse cento ottanta due anni,
duóbus annis, et génuit filium : 29Vocavitque e generò un figlio : 29a cui pose nome Noè,
nomen ejus Noe, dicens : Iste consolabitur dicendo : Q uesti ci consolerà nei travagli e
nos ab opéribus et labóribus mànuum nostra- nelle fatiche delle nostre mani in questa
rum in terra, cui m aledixit Dóm inus. 30Vi- terra, che il Signore ha maledetta. 30E La­
xitque Lamech, postquam génuit N oe, quin- m ech, dopo aver generato N oè, visse cin­
géntis nonaginta quinque annis, et génuit quecento novanta cinque anni, e generò figli
filios et filias. 31Et facti sunt om nes dies e figlie. 3lE tutta la vita di Lamech fu di
Lamech septingénti septuaginta septem anni, settecento settantasette anni, e morì. Ma
et mórtuus est. N oe vero cum quingen- N oè, essend o in età di cinquecento anni,
tórum e sset annórum, génuit Sem , Cham, generò Sem , Cham, e Japheth.
et Japheth.

C A P O VI.

Corruzione deIV umanità, i-8. — Noè e la costruzione delVarca, 9-22 .

*Cumque coepissent hóm ines multiplicàri xOra avendo gli uom ini com inciato a mol-
super terram, et filias procreàssent, 2Vidén- tiplicare sopra la terra, e avendo avuto delle
tes filii Dei filias hóminum quod essen t pul- figliuole, 2i figliuoli di Dio vedendo che le

23-31. R iassunto della vita di L am ech. A nche so n o p re n d e re p e r una generazione im m ediata.


qu esto patriarca non va co n fu so col su o om o­ È ancora da osse rv a re che anche per riguardo
nim o discen d en te da C aino (IV, 18). N o è , s i­ all’età dei diversi patriarchi vi so n o differenze
gnifica consolazione o riposo. D ando q u esto nom e notevoli tra la V olgata col testo ebraico, e i LXX
al s u o figlio, Lam ech m ostrava la su a fede e la e il testo S am aritano. C osì m e n tre l ’ebraico e
sua sp eran za nel sem e p ro m e sso , ossia nel la V olgata danno 1656 anni prim a del diluvio,
Alessia fu tu ro , di c u i N oè doveva e sse re uno i LXX ne danno 2262, e di testo sam a ritan o 1307.
degli an te n ati. N oè fu ancora il c o n so lato re, p e r­ Tali divergenze so n o dovute ai c opisti, giacché
chè egli in au g u rò un nuovo ordine di co se, e nella trascrizione dei codici nulla è più facile ad
dopo il diluvio c o n tra sse una sp eciale alleanza a lte ra rsi com e le c ifre, e q u e ste alterate una
con D io, e p e r la su a virtù m eritò che Dio non volta è s p e s so im possibile p oterle c o rre g g e re . Da
m aledicesse più la te rra , che era stata altra volta ciò si vede che tu tti i calcoli cronologici riflettenti
colpita da m aledizione (V ili, 20 e s s .). Altri p e n ­ i prim i tem pi d e ll’um anità, sono più o m eno
sano che Noè venga - chiam ato consolazione u n i­ p roblem atici, ed è assai difficile, p e r non dire
cam ente perchè in ventore del vino, ch e arreca im p o ssib ile, una e sa tta cronologia (Ved. M. B .,
sollievo nei travagli (Cf. A lapide, H e tzen au er, t. I, n. 314). N um erosi razionalisti (S chrader,
h. 1.), ma tale sp iegazione non ci sem b ra p ro b a ­ Zim m ern , ecc.) p re te se ro che la lista dei dieci
bile, poiché tu tti gli in te rp reti riten g o n o ch e p a tria rc h i d iscendenti da S e th , derivi dalla tra d i­
Lam ech abbia rea lm e n te p ro fetato , e d ’altra p arte zione bab ilo nese dei dieci re antidiluviani co n ­
i profeti non sogliono d ’o rd in ario an n u n ziare serv ata da B ero so . Si fa o sse rv a re però che, se
eventi puram en te n atu rali. N oè g en erò i tre figli vi so n o alcune affinità tra le due liste, le d iv e r­
Sem , Cam e lap h eth q u an d o era giunto a ll’età genze so n o tro p p o grandi, p e rc h è l'u n a abbia
di 500 anni. p o tu to d eriv are d a ll’altra . P iu tto sto si deve a m ­
Q uesta genealogia ci p re sen ta quindi una serie m e tte re che tu tte e due ra p p re s e n ta n o la s te s s a
di dieci p atriarch i antid ilu v ian i, com e quella del tradizione p rim itiva, che ci è stata conservata pura
cap. XI, 10 e s s . ce ne p resen ta u n ’altra di dieci nella B ibbia, m entre p re sso i B abilonesi fu m e­
patriarchi dal diluvio sin o ad A bram o. Non s a p ­ scolata a mille favole (Cf. C ondam in, D ici. A p .,
piamo però se le d u e liste sian o co m p lete, giac­ B a bylon et la B ib le , col. 3 4 2 ; H etzen au er, C om m .
ché potreb b e e sse re che il dieci sia un n u m ero in G e n ., p. 126).
sim bolico, e c h e p e r o tten erlo sian si om essi a l­
cuni m em bri, com e vediam o e sse re stato fatto
da S. M atteo (Ved. n. M att. I, 8) per avere il C A PO VI.
num ero di 14 generazioni da À bram o a D avide,
e da Davide alla cattività, e dalla cattività a G esù 1-2. D opo aver data la genealogia dei d isc e n ­
C risto. Tali sim m etrie serv o n o ad a iu tare la m e­ den ti di C aino e di S eth , l’autore sac ro passa a
m oria, e non so n o co n trarie allo sco p o della p arlare dei m atrim onii contratti dai fijrli di S eth,
genealogia. D ’altra parte le parole generò o figlio, colle figlie di C aino, dai quali ebbe origine una
presso gli E brei e nelle genealogie h anno una g ran d e corru zione, che fu la causa del diluvio.
significazione m olto larga, e non sem p re si p o s­ .4vendo gli uom ini com inciato , ecc. Qui si parla
94 G e n e s i , V I, 3-7

chrae, accepérunt sibi uxóres ex òmnibus, figliuole degli uomini erano belle, presero
quas elégerant. 3Dixttque Deus : Non per- per loro mogli quelle che fra tutte loro
manébit spiritus meus in hómine in aetèr- piacquero. 3E il Signore disse : Il mio spi­
num, quia caro est : eruntque dies illius rito non rimarrà per sem pre neiruom o,
centum viginti annórum. “G igàntes autem perchè egli è carne : e i suoi giorni saranno
erant super terram in diébus illis. Postquam cento venti anni. 4Ora in quel tempo vi
enim ingrèssi sunt filii Dei ad filias hómi- erano dei giganti sopra la terra. Poiché
num, illaéque genuérunt, isti sunt poténtes dopo che i figliuoli di Dio si accostarono
a saéculo viri famósi. alle figliuole degli uomini, ed esse parto­
rirono, ne vennero fuori quegli uomini
potenti famosi ab antico.
5Videns aurem Deus quod multa malitia 5Ma Dio vedendo, che la malizia degli
hóminum esset in terra, et cuncta cogitàtio uomini era grande sopra la terra, e che tutti
cordis intènta esset ad malum omni tèm­ i pensieri del loro cuore erano di continuo
pore, 6Poenituit eum quod hominem fecis- intesi a malfare, 6si pentì d ’aver fatto l ’uomo
set in terra. Et tactus dolóre cordis intrin- sulla terra. E preso da intimo dolor di
secus, 7Delébo, inquit, hom inem , quem cuore, disse : ’Sterminerò dalla faccia della
creavi, a fäcie terrae, ab hómine usque ad terra l ’uomo che ho creato, dall’uomo fino
animàntia, a rèptili usque ad vólucres caeli : agli animali, da* rettili fino agli uccelli del-

'* Inf. V ili, 21 ; M atth. XV, 19.

degli uom ini in generale, e non già dei soli d iscen ­ lion) in te rp reta n o le ultim e parole di questo
denti di C aino. Figliuoli di Dio sono i discendenti versetto nel sen so che Dio abbia lim itata la vita
di Seth, i quali vengono così chiam ati perchè tra d e ll’uom o individuo a 120 anni. Tale spiegazione
essi erasi conservata viva la pietà e la religione fu già confutata da S. G irolam o, ed è contraddetta
(Cf. Esod. IV, 2 2 ; D eut. XIV, 1; Salm . LXXI1, del cap. XI.
15, ecc.). Tale è la spiegazione di S. G iov. C ris., 4. D ei giganti (lett. i giganti). L’ebraico ne-
S a n t’Agost., S. G ero l., S. C irillo A........ Alap.,
philim può derivare dal verbo naphal — che cade
H oberg, H um m elauer, H etzenauer, S chöpfer, ecc. su o si avventa, e significare uomini violenti e
Alcuni antichi (Filone, G iu sep p e Fl., S. G iustino, o p p resso ri, ma potrebbe pure derivare da phalal,
C lem. A., T ertu ll., ecc.) seguiti da parecchi p ro ­ e significare uom ini di grande statu ra . La prim a
testanti (D illm ann, G unkel, F. D elitzsch, ecc.) p e n ­
etim ologia è generalm ente p referita (Ved. Num.
sarono che si trattasse degli angeli, ma tale XIII, 3 3 ; S ap . XIV, 6 ; Eccli. XVII, 8 ; B ar. Ili,
spiegazione va rigettata, poiché gli angeli sono 26, 28). N e vennero fu o ri, ecc. Secondo la Vol­
spiriti, e non possono contrarre m atrim onio cogli gata questi giganti sareb b ero nati dalle unioni
uomini (Ved. M att. XXII, 20); e d ’altra parte non profane ricordate al versetto 2, e andrebbero iden­
già gli angeli, ma gli uomini vennero puniti col tificati cogli uom ini potenti e fam osi. L ’ebraico
diluvio, il che dim ostra che coloro che peccarono potrebbe anche trad u rsi : ora in quel tem po i
furono gli uomini e non gli angeli (Ved. n. II giganti erano sulla terra, e anche dopo che i figli
Piet. II, 4 ; G iuda, 6). Figtiuole degli uom ini. di Dio si accostarono, ecc., dal chc si può d e­
Qui si tratta dei discendenti di C aino, che dim en­ durre che questi giganti o uom ini p repotenti già
tichi di Dio si occupavano solo delle cose p re ­ esistevano, ma crebbero di num ero in conseguenza
denti. P resero per toro m ogli lasciandosi guidare delle unioni profane.
nella scelta dalla libidine. Cosi i figli di Dio si
lasciarono ben presto sed u rre dalle loro mogli 5-7. Dio annunzia il castigo. La m alizia, ossia
p erverse, e caddero nei più gravi disordini m orali. l’opposizione della volontà um ana alla volontà d i­
Quelle che piacquero, ebr. quelle che si scelsero. vina. T utti i pensieri, ecc., ossia tutti i pensieri
c le o pere deH’uom o erano p erversi. Il cuore è
3. Sdegno di Dio, che minaccia castigo, il mio considerato dagli Ebrei come l’organo del pen­
spirito, cioè il soffio della vita che ho dato al­ siero, del sentim ento e della volontà (Ved. M att.
l’uomo (li, 7), vale a dire l’anim a im m ateriale. XV, 19). 5 / pentì. La S crittura parlando a uom ini
N on rimarrà per sem pre (ebr. in eterno, III, 22), presenta Dio come uom o, e quindi, benché Egli
ossia per lungo tem po n eiru o m o , cioè nel genere non vada soggetto nè a dolore nè a pentim ento,
um ano. 11 Signore dice : io farò m orire e d istru g ­ tuttavia si dice che si p e n te , quando a motivo
gerò gli uom ini, perchè sono carne, ossia sono dell'ingiustizia e d ell’ingratitudine degli uom ini,
corrotti e viziosi, e vivono com e se non avessero sottrae loro quei beni, di cui li aveva arricchiti.
anima am m ortale. Altri traducono : il mio spirito Tale esp ressio n e serv e pure a m ostrare la g ra­
non con*enderà sem p re co ll’uom o, il quale si vezza d ell’ingiuria che il peccato fa a Dio, e l ’o r­
m ostra incorreggibile ; è venuto il m om ento di rore che dovrebbe ispirare agli uonim i. — S te r­
fare vendetta. I suoi g iorni, vale a dire il tem po m inerò, ecc. La potenza di Dio è infinita, tutto
concesso al genere um ano per far penitenza, sarà da lui dipende e nulla può resisterg li. Dagli
di centoventi anni, durante i quali Noè fabbri­ uom ini fino, ecc. Gli animali sono travolti nella
cherà l’arca e annunzierà i castighi della giustizia distruzione d ell’uomo perchè furono creati per
di Dio (Il P iet. II, 5), e poi, se non si avrà la l ’uom o, e furono forse un mezzo di cui l’uomo
conversione, verrà il diluvio. Alcuni (p. es. Fil- si servi per offendere Dio.
G en esi, VI, 8-16 95

poénitet enim me fecisse eos. 8Noe vero l ’aria : perocché mi pento d ’averli fatti.
invénit gràtiam coram Domino. 8Ma N oè trovò grazia dinanzi al Signore.
9Hae sunt generatiónes N oe : Noe vir 9Q ueste sono le generazioni di N oè. Noè
justus atque perféctus fuit in generatió- fu uomo giusto e perfetto fra i 6uoi contem ­
nibus suis, cum Deo ambulàvit. I0Et gé- poranei e camminò con Dio. I0E generò tre
nuit tres filios, Sem , Cham. et Japheth. figli, Sem , Cham, e Japheth.
“ Corrupta est autem terra coram Deo, "O ra la terra era corrotta davanti a Dio,
et repléta est iniquitàte. 12Cumque vidis- e ripiena d ’iniquità. 12Ed avendo Dio ve­
set D eus terram e sse corruptam (om nis duto, com e la terra era corrotta (ogni uomo
quippe caro corruperat viam suam super infatti sulla terra aveva corrotta la sua via)
terram), 13Dixit ad Noe : Finis univérsae 13disse a N oè : La fine di tutti gli uomini
carnis venit coram me : repléta est terra è venuta appo di me : la terra per opera
iniquitàte a fàcie eórum , et ego dispérdam loro è piena di iniquità, e io li sterm inerò
eos cum terra. 14Fac tibi arcani de lignis assiem e alla terra. 14Fatti u n ’arca di le­
laevigàtis : m ansiunculas in arca fàcies, et gnami piallati : tu farai n e ll’arca delle pic­
biium ine lin ies intrinsecus, et extrinsecus. cole stanze, e la invernicerai con bitume e
15Et sic fàcies eam : Trecentórum cubitó- di dentro e di fuori. 15E la farai in questo
rum erit longitudo arcae, quinquaginta cu- modo : La lunghezza d e ll’arca sarà di tre­
bitórum latitudo, et triginta cubitórum alti- cento cubiti, la larghezza di cinquanta cu­
tudo illius. 16Fenéstram in arca fàcies, et biti, e Paltezza di trenta cubiti. 16Farai nel­
in cùbito consum m àbis sum mitàtem ejus : l ’arca una finestra, e farai il tetto che vada
óstium autem arcae pones ex làtere : deór- alzandosi fino a un cubito : metterai la porta
sum , coenàcula, et tristega fàcies in ea. d e ll’arca da un lato : vi farai un piano di
fondo, un secondo e un terzo piano.

9 Eccli. XLIV, 17.

8. Dal castigo viene eccettu ato p erch è trad o tto di legnam e resin o so , col che p robabil­
N oè,
egli era giusto. m ente viene indicato il c ip re sso . D elle piccole
9-10. Si ha qui il titolo della terza sezione della stanze (lett. dei nidi), ossia dei piccoli com parti-
G enesi (VI, 9-IX, 29) nella quale si narra la sto ria m enti adatti per ricevere i diversi anim ali. Inver-
di Noè e del diluvio. D opo aver richiam ato (ver­ nicierai con bitum e o pece affine di re n d e rla più
setti 9-10) il v. 31 del capo V, si p assa dap p rim a a im perm eabile.
d escrivere la co struzione d ell’arca (11-22). Q ueste 15. D im ensioni d e ll’arca. C ubiti. 11 cubito m ag ­
sono le g en era zio n i, ossia q u esta è la sto ria di giore o b ab ilonese, equivaleva a m etri 0,52, il
Noè. Fu giusto e p e rfe tto , cioè seco n d o la legge cubito m inore o egizio, equivaleva a m etri 0,48
di Dio in tu tto e per tu tto . C am m inò con Dio (Cf. K o rtleitner, Arch. B ibl. S u m m ., p. 259). E
(Ved. n. V, 22). Fra i suoi co n tem p o ra n ei em pi in certo di quale c ubito qui si parli. Se si tratta
e perv ersi. Tale è il se n so d e ll’e sp ressio n e ebraica del cubito m inore, l’arca avrebbe avuto circa 144
c o rrisp o n d en te a in genera tio n ib u s su is. m etri di lunghezza, 24 m etri di larghezza e 15
11-12. A N oè g iu sto si o p p o n e la d e p ra v a ­ di altezza. Se invece si tratta del cubito m aggiore,
zione degli altri uom ini. D avanti a D io, che non le d im ensioni sa re b b e ro di 156 m etri p er la lu n ­
può ingan n arsi. R ipiena di iniquità. N e ll’ebraico ghezza, di 26 p e r la larghezza, e di 16 p e r l’a l­
di violenza, o ssia ab u so della forza. A veva cor­ tezza. Siccom e l ’arca più che di nave aveva form a
rotto la sua via, ebraism o p er indicare c h e ' ogni di una gran cassa, si c o m prende facilm ente che
uom o era co rro tto nella su a m aniera di vivere. con tali d im ensioni fosse attissim a se non a n a ­
Invece di te n d e re a D io, l’uom o si era dato alla vigare, alm eno a galleggiare e a p o rta r pesi.
dissolutezza e a ll’ingiustizia. D ’altra p a rte la su a capacità era più che suffi­
cien te allo sco p o p er cui Dio la faceva co stru ire .
13. D io pronunzia la sen ten za. La fin e , cioè
la distruzio n e, di tu tti g li u o m in i (lett. di ogni 16. Una finestra. L ’ebraico zollar, significa non
già u n a finestra p ro p riam en te detta, ma u n ’a p e r­
carne e quin d i non solo degli uom ini m a anche
tu ra praticata so tto il tetto, la quale doveva girare
degli anim ali) è venuta appo di m e, ossia è stata
tu tt’a tto rn o a ll’arca per dar luce e aria a ll’intern o .
decretata da m e. Dio però si degna di com unicare
Il tetto d e ll’arca, ecc., oss:a il tetto d e ll’arca non
la sua risoluzione a Noè.
sarà piano ma andrà sollevandosi fino al co m i­
14. Dio com anda a Noè di fare l’arca e gli gnolo p e r l’altezza di un cubito. L ’ebraico però
insegna com e deve co stru irla (14-17). U n ’arca. dà un altro sen so : farai n e ll’arca un'apertura a
L’ebraico tliebah non è u sato che qui, e E sod. II, cui darai un cubito (di altezza) dal tetto. — Da
3, 5, a p ro p o sito della cesta in cui fu esp o sto un lato. Non si indica quale. La porta, la quale
M osè, e significa cassa. L ’origine di q u esto nome doveva e sse re una sola. Vi farai un p ia n o , ecc.
è incerta, e m en tre alcuni pen san o che derivi Noè doveva fare tre piani di com partim enti, affine
d all’egizio, altri lo fanno derivare dal bab ilo n ese. di p o ter più com odam ente alloggiare i diversi
Di legnam i piallati. L ’ebraico c o rrisp o n d e n te va anim ali, e co n serv are loro il cibo necessario .
96 G e n e s i, V I, 17 — V I I , 3

17Ecce ego adducam aquas diluvii super 17Ecco che io manderò sopra la terra le
terram, ut interficiam omnem carnem, in acque del diluvio per far perire ogni carne
qua spiritus vitae est subter caelum : U ni­ in cui è spirito di vita sotto del cielo :
vèrsa quae in terra suni, consuméntur. tutto quello che è sopra la terra perirà.
18Ponàmque foedus ireum tecum : et in- l8Ma io farò il mio patto con te : e tu en­
grediéris arcam tu et filii lui, uxor tua, trerai n e ll’arca tu e i tuoi figliuoli, la tua
et uxóres filiórum tuórum tecum. 19Et ex m oglie, e le mogli dei tuoi figliuoli con te.
cunctis animantibus univérsae carnis bina 19E farai anche entrare n e ll’arca due di
induces in arcam, ut vivant tecum : mascu- ciascuna sp ecie di tutti gli animali, un
ltni sexu s et feminini. 20De volucribus m aschio e una femmina, affinchè si con­
iuxta genus suum, et de juméntis in gènere servino con te. 20Degli uccelli secondo la
suo, et ex omni réptili terrae secundum loro specie, e delle bestie secondo la loro
genus suum : bina de omnibus ingrediéntur sp ecie, e di tutti i rettili della terra se ­
tecum, ut possint vivere. 21Tolles igitur te­ condo la loro specie, due entreranno con te
cum ex òmnibus escis, quae mandi possunt, n e ll’ arca, affinchè possano conservarsi.
et comportabis apud te : et erunt tam tibi, 2P renderai dunque con te di tutte quelle
quam illis in cibum. cose, che si possono mangiare, e le por­
terai presso di te (n e ll’arca) e serviranno a
te, e a loro di cibo.
22Fecit igitur Noe ómnia, quae praecé- “ Fece adunque Noè tutto quello, che
perat illi Deus. Dio gli aveva comandato.

C A P O VII.

Noè entra ?iell’arca, i- ió . — I l diluvio, 17-24,

^ ix itq u e Dominus ad eum : Ingredere *E il Signore gli disse : Entra n e ll’arca


tu, et omnis domus tua in arcam : te enim tu, e tutta la tua fam iglia; poiché io ti ho
vidi justum coram me in generatiöne hac. riconosciuto giusto dinanzi a me in m ezzo
2Ex ömnibus animäntibus mundis tolle a questa generazione. 2Di tutti gli animali
septena et septena, mäsculum et feminam : mondi ne prenderai sette coppie, m aschio
de animäntibus vero immündis duo et duo, e femmina : e degli animali immondi una
mäsculum et feminam. “Sed et de volatilibus coppia, m aschio e femm ina. 3E parimente

1 H ebr. XI, 7 ; Il P e tr. 11, 5.

17. C he cosa farà il Signore quando Noè avrà il diluvio, com e si vedrà in seguito, probabil­
fabbricato l’arca. M anderò le acque del diluvio. m ente non som m erse tutta la te rra , ma solo
L ’ebraico può meglio trad u rsi : m anderò il di­ q uella p arte che era abitata dagli uom ini, è p ro ­
lu v io , le acque sopra la terra, ecc. Il term ine babile che parecchie specie di anim ali non co n ­
tecnico che nel testo ebraico indica il diluvio è serv ati n ell’arca, abbiano scam p ato alla rovina,
m abbul, che alcuni fanno derivare d all’assiro , ed q uelle cioè che si trovavano nelle parti nqn
altri dalla radice ebraica iabal = inondò. so m m erse.
18. Dio salverà d a ll’universale rovina Noè, la 22. Noè pieno di fede ubbidì a D io, facendo
sua famiglia, c alcuni anim ali. Farò il mio p a tto , quanto gli era stato com andato (E br. XI, 7),
o meglio, stabilirò la mia alleanza con te. Q uale m entre gli altri uom ini p erseveravano nella loro
sia q u e s t’alleanza verrà indicato al cap . IX, 9 em pietà (Alati. XXIV, 37).
e ss. E qu esta la prim a volta che occorre il nome
berith = alleanza, che così sp e sso verrà poi rip e ­
tuto nella S crittu ra. C A PO V II.
19-20. D ue di ciascuna sp e c ie , ecc. L ’ebraico
va tradotto : e di ogni v iv e n te , di ogni carne ne I. Noè entra n ell’arca e com incia il diluvio
farai entrare n e ll’arca due a due (ossia in coppia) (1-16). Gli disse. E rano allora già passati 120
che siano m aschio e fe m m in a , affinchè vivano con anni (VI, 3), d urante i quali Noè aveva costruito
te e non vadano d istru tti. Il num ero di coppie di l’arca. Dio indica a Noè il m otivo per cui sarà
ciascuna specie verrà indicato al c ap . V II, 2 e s s . salvo dal diluvio (Ved. VI, 9). In m ezzo a questa
Due entreranno con te. L ’ebraico va tradotto : generazione di uom ini p erversi, che ho risoluto
verranno a te due a d u e , cioè in coppia, a f­ di d istru g g ere.
finchè, ecc. 2-3. Anim ali m ondi e im m ondi. Da questo
21. Dio com anda a Noè di p o rtare n ell’arca luogo si vede che la distinzione tra gli anim ali
del cibo per sè e per tu tti gli anim ali. Poiché puri e im p uri, della quale parlerà Al osé nel
G e n e s i , V II. 4-13 97

caeli septéna et septéna, m àsculum et fé- degli uccelli d e ll’aria sette coppie, maschio
minam : ut salvétur sem en super fàciem e fem m ina : affinchè se ne conservi la
univérsae terrae. 4Adhuc enim , et post dies razza sopra la faccia della terra. “Poiché,
septem ego pluam super terram quadra- di qui a sette giorni io farò piovere sopra
ginta diébus et quadraginta nóctibus : et de- la terra per quaranta giorni e quaranta
Iébo omnem substàntiam, quam feci, de notti : e sterm inerò dalla superficie della
superficie terrae. terra tutti i viventi che ho fatto.
5Fecit ergo N oe ómnia, quae mandà- 5Fece adunque N oè tutto quello, che il
verat e i Dóm inus. 6Eràtque sexcentóram Signore gli aveva comandato. 6Ed egli era
annórum quando dilùvii aquae inundavé- in età di seicen to anni, allorché le acque
runt super terram. 7Et ingréssus est Noe del diluvio inondarono la terra. 7E Noè coi
et filii ejus, uxor ejus et uxóres filiórum suoi figliuoli e colla sua m oglie, e colle
eiu s cum eo in arcam propter aquas di­ mogli dei suoi figliuoli entrò n e ll’arca a
luvii. 8De animántibus quoque m undis et m otivo delle acque del diluvio. 8E anche
im m ùndis, et de volùcribus, et ex omni, degli animali mondi e immondi, e degli
quod movétur super terram, 9Duo et duo uccelli, e di tutto quel che si m uove sopra
ingrèssa sunt ad Noe in arcam, m asculus la terra, 9ogni coppia m aschio e femmina
et fémina, sicut praecéperat Dóm inus N oe. entrarono con Noè n e ll’arca, com e il Si­
gnore aveva comandato a N oè.
10Cumque transissent septem dies, aquae 10E passati i sette giorni, le acque del
dilùvi! inundavérunt super terram. diluvio inondarono la terra.
“ Anno sexcen tésim o vitae N oe, m ense “ L ’anno seicen tesim o della vita di N oè,
secundo, septim odécim o die m ensis, rupti nel secondo m ese, ai diciassette del m ese,
sunt om nes fontes abyssi m agnae, et cata- si squarciarono tutte le sorgenti del grande
ráctae caeli apértae sunt : 12Et facta est abisso, e furono aperte le cateratte del
plùvia super terram quadraginta diébus et cielo : 12E cadde la pioggia sopra la terra
quadraginta nóctibus. 13In artículo diéi illius per quaranta giorni e quaranta notti. 13In

M atth. XXIV, 3S ; Lue. XVII, 2 5 ; I P e tr. I li, 20.

Lev. XI e nel D eu t. XIV, era già praticata prim a 10-12. P assati i sette giorni prean n u n ziati al
del diluvio. S e tte co ppie. T ale ci sem b ra la m i­ v e rsetto 4. D io ha voluto che si co n se rv a sse la
gliore sp ieeazio n e del testo ebraico. Essa è in d ata del g rande avvenim ento. Il diluvio ebbe
perfetta arm onia col c o n testo , poiché se la frase prin cip io il 17 del secondo m ese d e ll’anno 600
seg u e n te due e due (d u o et d u o ) indica m an ife­ della vita di N oè. L ’anno civile p re s so gli Ebrei
stam en te un m aschio e una fem m ina, ossia una com inciava in a u tunno col m ese, che più tardi fu
c oppia, anche l ’e sp ressio n e sette e sette deve ch iam ato Tisri (da m età settem b re a m età ottobre).
indicare se tte coppie. A vendo sette co p p ie di a n i­ Il d iciasette del sec o n d o m ese coincide quindi coi
mali puri, N oè poteva a ll’u scire d a ll’arca fare prim i giorni di novem bre e colla stagione delle
sacrifizi a D io, e nello s te s s o tem po e ra m eglio pioggie in O rien te. P iù tardi gli Ebrei ebbero
provveduto alla su ccessiv a m oltiplicazione degli an ch e un anno re ligioso, che com inciava a p ri­
stessi anim ali così n ecessari per i sacrifizi e p e r il m avera (m arzo-aprile), ma e sso non fu istitu ito
nutrim ento -dell’uorao. Altri (S an t’A m b r., S . G iov. che dopo l’uscita d a ll’E gitto. S i squarciarono...
C ris., ecc.) p e n sa n o ch e si tratti di so li sette fu ro n o a p e rte , ecc. M osè a ssegna due cagioni del
individui, sei dei quali eran o d e stin ati alla p ro ­ diluvio : la prim a sono le sorg en ti so tte rra n e e
pagazione e uno al sacrifizio. £ diffìcile p erò del grande a b isso , ossia del m are. Le acque del
conciliare tale sp iegazione con q u an to è detto ai m are m osse dalla forza di Dio si sollevarono e
versetti 9, 15 e s s . D egli uccelli... sette co p p ie. in o n d aro n o la te rra , La seconda causa so n o le
Nel greco dei LXX e nel sam a ritan o si legge : cateratte del cielo (ebr. i cancelli o le finestre del
degli uccelli m o n d i sette c o p p ie , ecc., e q u esta cielo) a p e rte, e sp re s sio n e pop o lare p er significare
lezione è accettata da tutti gli in te rp reti. D egli ch e le nubi del cielo lasciarono cadere tutta
uccelli im p u ri non en trò n e ll’arca che una co p p ia. l’en o rm e m assa di acqua che tenevano s o sp e sa .
4. T u tti i viv en ti. Q u este parole devono r e ­ L ’au to re sac ro qui, com e altrove, usa il linguaggio
strin g e rsi agli uom ini e agli anim ali te rre s tri, e p o p o la re , e parla delle cose secondo che a p p a ­
agli uccelli. risco n o ai n ostri sen si. E cadde la pioggia, ecc.
Q u e ste parole sp ieg a n o che si debba intendere
5-7. N oè nei sette giorni eseguì l’ordine ric e ­ p e r le cateratte del cielo furo n o aperte.
vuto ed en trò n e ll’arca con tu tta la su a fa­
13-16. L ’autore torna a descrivere l’en trata d»
m iglia, ecc. L e acque del d ilu v io , ecc. (Ved. n.
N oè n e ll’arca, per far m eglio risa lta re la g ra n ­
VI, 17). A m otivo delle a cq u e , ecc. N e ll’ebraico
dezza del benefizio che Dio gli co n ce sse . In
si legge : en trò n e ll’arca d ’innanzi alle a c q u e ,
quello stesso giorno in cui N oè en trò definitiva­
ossia p e r sfu g g ire alle acque.
m en te n e ll’arca, e con lui e n tra ro n o , ecc., il
8-9. E ntrarono nell'arca guidati senza dubbio S ignore (o im m ediatam ente o per mezzo di un
da uno speciale istinto dato loro p ro v v id en zial­ angelo) lo chiuse e ntro l’arca, in modo che nè
m ente in tale o ccasione da Dio. le acque, nè altri uom ini p o te sse ro p enetrarvi.

7 — Sacra B ib b ia , vol. III.


98 G e n esi, VII, 14-17

ingréssus est Noe, et Sem, et Cham, e: quel giorno stesso N oè entrò n e ll’arca con
Japheth, filii ejus : uxor illius, et tres Sem, Cham, e Japheth suoi figliuoli, con
uxóres filiórum ejus cum e is in arcam : la sua m oglie, e le tre mogli dei suoi fi­
MIpsi et omne animal secundum genus gliuoli : 14e essi e tutti gli animali (selva­
suum, univérsaque juménta in gènere suo, tici) secondo la loro sp ecie, e tutti gli ani­
et omne quod movétur super terram in gè­ mali (domestici) secondo la loro sp ecie, e
nere suo, cunctumque volàtile secundum tutto quello che si muove sopra la terra se ­
genus suum, univérsae aves, om nésque vó- condo la sua sp ecie, e tutti i volatili se ­
lucres I5Ingréssae sunt ad Noe in arcam, condo la loro specie, e tutti gli uccelli, e
bina et bina ex omni carne, in qua erat tutto ciò che porta ali “ entrarono da N oè
spiritus vitae. ,6Et quae ingrèssa sunt, n e ll’arca a due a due per ogni specie di ani­
m àsculus et fémina ex omni carne introié- mali, in cui è soffio di vita. 16E gli animali
runt, sicut praecéperat ei Deus : et inclusit che entrarono, erano di ogni specie maschio
eum Dóminus déforis. e femmina, come il Signore aveva ordinato
a Noè : e il Signore ve lo chiuse per di
fuori.
17Factumque est diluvium auadraginta l7E venne il diluvio sopra la terra per
diébus super terram : et multiplicàtae sunt quaranta giorni : e le acque crebbero, e
aquae, et elevavérunt arcam in sublim e a fecero salire l ’arca molto in alto da terra.

Parecchi uom ini colpiti dal castigo di Dio si pen­ Biblica, Friburgi i. B ., 1908; H oberg, Die Ge-
tirono delle loro colpe e andarono salvi non dal nesieis ecc., Freiburg i. B ., 1908; N eteler, Das
diluvio ma d all’etern a rovina (Ved. n. I P iet. Ili, B uch G e n esis, ecc., M Qnster, 1905; Fillion, h. 1. ;
19 e s s.), o I P ad ri hanno veduto in Noè una C ram p o n , h. I., ecc.) ritiene invece che il diluvio
figura di G esù C risto , e n e ll’arca una figura della non sia stato universale se non per risp e tto alla
C hiesa, fuori della quale non vi è salute per terra abitata. P e r conseguenza le esp ressio n i :
l ’um anità ». C ram pon. — T utti gli uccelli. L ’e ­ tutta la terra, tu tti gli anim ali, tutti i m o n ti, si
braico potrebbe indicare gli insetti. Tutto ciò che riferisco n o solam ente alla terra allora conosciuta,
porla ali. Q ueste parole m ancano nei LXX. A agli anim ali, ai monti che erano noti a Noè e ai
due a d u e , ossia in coppia. suoi figli, e si trovavano nelle contrade allora
17-24. Il diluvio. Quaranta giorni. I LXX ag ­ ab itate. La ste ssa S crittura in parecchi altri luoghi
giungono e per quaranta notti. Le varie rip e ti­ usa infatti in sen so ristre tto parecchie e sp ressio n i
zioni che si incontrano in qu esta narrazione s e r­ sim ili alle p recedenti (Ved. G en. XLI, 5 4 ; E sod.
vono a ren d ere più grandioso il q u ad ro di q u esto V ili, 17; D eut. II, 2 5 ; II P a r. XX, 2 9 ; M att.
terribile avvenim ento, che dovette re s ta r p ro fo n ­ XII, 4 2 ; Atti, II, 15), e d ’altra parte l ’u n iv e rsa ­
dam ente im p resso nella m ente di N oè e dei suoi lità geografica del diluvio va incontro a tante
figli. Q uindici cu b iti, ossia m etri 7,80, o p p u re 7,20 difficoltà di ordine fisico, p e r sciogliere le quali
(Ved. n. VI, 15). Noè potè conoscere q u esto fatto si d o vrebbe ric o rrere a una quantità di m iracoli,
o per rivelazione o p er il fctto che l ’arca galleg­ che non sono affatto necessari. Dove infatti tro ­
giava sulle m ontagne più alte. Fu sterm inato. C osì vare una m assa di acqua così grande da poter
si legge n ell’ebraico. P er cento cinquanta g io rn i, rag g iu n g ere i 10 mila m etri di altezza, quale è
com putati dal prim o giorno in cui com inciò a c a ­ quella delle più alte m o n ta g n e ? C om e sareb b e
dére la pioggia (12, 17), fino al tem po in cui le stato possibile, date le dim ensioni d e ll’arca, al­
acque com inciarono a decrescere (V ili, 3 e s s.). loggiare e provvedere del necessario nutrim ento
Si fa q uestione fra gli esegeti se le acque del per 375 giorni, 40 mila specie di an im ali? C om e
diluvio abbiano realm en te inondato tu tta la terra avrebbero fatto gli anim ali, partendo da un luogo
(universalità geografica), o p p u re so lam en te quella unico, rag g iu ngere poi le iso le ? P e r q u este e
p arte, che era a llo ra '\£ ita ta d a iru o m o (u n iv ersa­ m olte altre ragioni, che si possono vedere presso
lità etnografica). B en ch é fino al secolo x v n si gli autori citati, l ’universalità geografica del di­
a m m ettesse co m unem ente l’universalità geografica luvio è stata pressoché da tutti abbandonata. (Vi
del diluvio, la m aggior p arte de^li esegeti m oderni aderiscono ancora : D ’Avino, E nciclopedia delVE c-
(P ianciani, Civiltà C a tt., 19 sett. 1^62, p. 28 e s s . ; clesiastico , 1878, t. I, p. 850 e s s . ; K aulen, Kir-
S ch o u p p e, C u rsu s Script. S ., Brutfe^les, 1870, I, c h en -lexico n, ed. 2*, XI, p. 357 ; U baldi, Introd.
p. 178; L orinser, Das Buch der N a tu r, R egen­ in S . S c rip t., t. I, p. 748, e qualche altro di m inor
sb u rg , 1877, II, p. 2 4 9 ; Schanz, Apologie des conto. Vedi A\uri 11o , op. cit. p. 380 e ss.).
C h riste n th u m s, Freiburg i. B ., 1887, 1, p. 347 ; Alcuni cattolici (M otais, Le déluge biblique,
V igouroux, M. ß . , t. I, n. 32 2 ; B rücker, L ’univer- P aris, 1885; R obert, La non universalité du dé­
salité du d élu g e, R evue des Q u est. scie n t., 18SG, luge, P a ris, 1887; Scholz, Die K eilschijt-Ù rkunden
II, p. 126; M otais, Le déluge b ib liq u e, P a ris, und die G en esis, W urzbourg, 1877; De K irw an,
1885, p. 225 e s s . ; R eusch, B ibel und S a tu r , Le D éluge de N oè et les races préd ilu vien n es%
ed. 4*, B onn, 1876; S ch ö p fer, G eschichte des P a ris, 1899, ecc. P e r la bibliografia com pleta vedi
A . T ., B rixen, 1906; S ch ö p fer-P elt, H istoire de H um m elauer, C om . in G en.) andarono ancora
VA. T ., P a ris, 1907; M angenot, D ict. Vig., D é­ o ltre, e negarono anche l’universalità an tro p o lo ­
lu g e ; Zorell, L ex. B ib ., D ilu v iu m ; Z schokke, gica del diluvio. Tale sentenza però, benché finora
H istoria Sacra, V. T . ; V indobonae, 1910; H um - non sia stata esp ressa m e n te condannata dalla
m elauer, C om . in G en., P arisiis, 1908; H etze- C hiesa, ha contro di sé l'au to rità della S crittura,
nauer, C om . in G en ., G raecii, 1910; Theologia la quale afferma (I Piet. XII, 2 0 ; Il P iet. II, 5)
G en esi, VII , 18 — VI I I , 3 99

terra. ,8Vehem énter enim inundavérunt ; et “ Grande infatti fu la inondazione delle


ómnia replevérunt in superficie terrae : acque : ed e sse coprivano ogni cosa sulla
porro arca ferebatur super aquas. 19Et aquae superficie della terra : ma l ’arca galleg­
praevaluérunt nim is super terrain : oper- giava sopra le acque. 19E le acque ingros­
tique sunt om nes m ontes excélsi sub uni­ sarono fuor di misura sopra la terra : e
vèrso caelo. 20Quindecim cubitis altior fuit rim asero coperti tutti gli alti monti che sono
aqua super m ontes, quos operuerat. sotto tutto quanto il cielo. 20L ’acqua si alzò
quindici cubiti sopra i monti, che aveva
ricoperti.
2,Consumptaque est om nis caro quae mo- 21E restò consunta ogni carne che ha
vebatur super terram, vólucrum , animàn- moto sopra la terra, gli uccelli, gli animali,
rium, bestiàrum, om niùm que reptilium, le fiere, e tutti i rettili, che strisciano sulla
quae reptant super terram : univèrsi ho­ terra : tutti gli uom ini, 22e tutto quello che
m ines, 22Et cuncta, in quibus spiràculum respira ed ha vita sopra la terra, peri. 23E
vitae est in terra, mórtua sunt. 23Et delévit fu sterm inato ogni corpo vivente, che era
omnem substàntiam, quae erat super ter­ sopra la terra, dairuom o sin o alle bestie,
ram, ab hóm ine usque ad pecus, tam réptile tanto i rettili che gli uccelli deH’aria : tutto
quam vólucres caeli : et deléta sunt de fu sterm inato dalla terra : e rimase solo
terra : remànsit autem solus N oe, et qui N oè, e quelli che erano con lui n e ll’arca.
cum eo erant in arca. 240 btinueruntque 24E le acque coprirono la terra per cento
aquae terram centum quinquaginta diébus. cinquanta giorni.

C A P O Vili.

Fine del diluvio , 1-14, — Noè esce dall*arca, 15-19. — Sacrifizio di Noè, 20-22.

*Recordatus autem D eus N oe, cuncto- *Ora Dio si ricordò di N oè, e di tutte le
rumque animantium, et om nium jumento- fiere, e di tutti gli animali dom estici, che
rum, quae erant cum eo in area, adduxit erano con lui n e ll’arca e fece soffiare un
spiritum super terram, et imminutae sunt vento sulla terra, e le acque diminuirono.
aquae. 2Et clausi sunt fontes abyssi, et 2E furono chiuse le sorgenti d e ll’abisso, e
cataractae caeli : et prohibitae sunt pluviae le cataratte del cielo, e furono trattenute le
de caelo. 3Reversaeque sunt aquae de terra pioggie dal cielo. 3E le acque andando e

21 S ap. X, 4 ; Eccli. XXXIX, 2 S ; l P e tr. Ili, 20.

che solo otto p erso n e furono salv e dal diluvio, .V. B . y t. I, n. 3 2 5 ; L e x . B ib l., D ilu v iu m ; G on-
e che tutti gli uom ini creati da Dio (G en. VI, 6 zalez-A rintero, El diluvio universale ecc., V ergara,
e s s.) andarono p erd u ti, e che (G en. IX, 19) dai 1892; E. S u e ss, D as A utlit: der E rd e , P ra g , 1883;
tre figli di' N oè si sp a rse tutto il g en ere um ano G ira rd , La théorie sism iq u e du d é lu g e y L e déluge
sulla te rra . La tradizione dei P ad ri è p u re u n a ­ deva n t la critiqae h isto riq u e y F ribourg (S uisse),
nim e n e ll’am m ettere l ’u n iv ersalità antropologica del 1893, ecc.).
diluvio (Ved. p. e s. S. C ip rian o , D e unii. E c c le .,
6 ; S . G ero lam o , A d v. Io v in ., I, 17; S . Fulgenzio,
De rem iss. p e c c .y I, 20, ecc.), la quale si trova C A PO V III.
pure afferm ata nel C atechism o T rid en tin o , p. I,
c. X, n. 19, ed è certo che co n tro di essa non 1-2. S i ricordò. Dio non si era certo dim enticato
si può a d d u rre alcuna prova c o n v in cen te. Vedi di Noè (S ap. X, 4), ma per un antropom orfism o
la q uestion e am piam ente trattata p re sso H um m e- si dice ch e si ricordò di lui, inquanto lo ricolm ò
lauer, C o m m . in G e n .; H e tze n a u e r, C o m m . in di un nuovo benefizio (Ved. n. VI, 6). Fece s o f-
G e n .; M urillo, El G e n esis, ecc. Non sap p iam o fiarey ecc. Dio si serv e s p e s so delle cause seconde
di quali c au se Dio siasi serv ito per so m m erg ere per e seg u ire i suoi disegni. Tale vento doveva
il m ondo. Alcuni rico rsero a pioggie torrenziali, e sse re stra o rd in a ria m e n te caldo e im petuoso per
altri a invasioni di m ari, altri a sollevam enti di p ro d u rre in sì poco tem po un tanto effetto. Le
m onti, altri com binarono assiem e le tre cau se so rg e n ti, e cc., furo n o chiuse dopo 40 giorni (VII,
p re c ed e n ti; ma dobbiam o c o n fe ssa re , ch e se è 24), e non dopo 150 (Ved. n. V II, 11 e s s.).
certo che la pioggia fu uno dei principali agenti 3-5. Si d escrive il d e crescere delle acque. A n ­
del diluvio, com e abbiam o dalla S c rittu ra , per il dando e v e n e n d o , ossia sem p re p iù , o p p u re poco
resto i dati che po ssed iam o sono tro p p o incerti, a po co . — S e i settim o m e s e , chiam ato S is a n
perchè si p o ssa afferm are con sicurezza quali (m arzo-aprile). Ai v e n tisette . C osì si legge acche
fra le altre cause sian o in terv en u te e in quale nei LXX, ma neU’ebraico e nel sam aritano e
grado vi abbiano concorso (Ved. V igouroux, nella versione siriaca si ha dicia ssette. Q u e st’ultim.'0
100 G e n e s i , V i l i , 4 -1 4

cuntes et redeúntes : et coepérunt mínui venendo si ritirarono dalla terra : e com in­
post centum quinquaginta dies. 4Requie- ciarono a scemare dopo cento cinquanta
vítque arca m ense séptim o, vigésim o sé ­ giorni. 4E nel settim o m ese ai ventisette
ptimo die m ensis super montes Arméniae. del m ese l ’arca si posò sopra i monti d ’Ar­
menia.
5At vero aquae ibant et decrescébant 5E le acque andavano scemando sino al
usque ad décimum mensem : décimo enim decim o m ese : e il decimo m ese, il primo
m ense, prima die m ensis, apparuérunt ca- giorno del m ese apparvero le vette dei
cúmina móntium. cCumque transissent qua- monti. eE passati quaranta giorni, Noè aprì
dragínta dies, apériens Noe fenéstram ar- la finestra, che aveva fatta n e ll’arca, e
cae, quam fécerat, dimisit corvum : 7Qui mandò fuori il corvo : 7il quale uscì, e non
egrediebátur, et non revertebátur, doñee tornò, fino a tanto che le acque fossero se c ­
siccaréntur aquae super terram. cate sulla terra.
8Emísit quoque colúmbam post eum , ut 8Mandò ancora dopo di lui la colomba
vidéret si jam cessassent aquae super fá- per vedere se le acque fossero diminuite
ciem terrae. 9Quae cum non invenísset ubi sopra la superfìcie della terra. *Ma la co­
requiésceret pes ejus, revérsa est ad eum lomba non avendo trovato ove posare il
in arcam : aquae enim erant super univér- suo piede, tornò a lui n e ll’arca : perocché
sam terram : extenditque manum, et ap- erano Le acque su tutta la terra : ed egli
prehénsam intulit in arcam. stese la mano, e presala la m ise dentro
l ’arca.
10Expectátis autem ultra septem diébus 10E avendo aspettato sette altri giorni,
áliis, rursum dimisit colúmbam ex area. u At mandò di nuovo la colomba fuori d ell’arca.
ilia venit ad eum ad vésperam, portans ra- 11 Ed essa tornò a lui la sera, portando in
mum olívae viréntibus fóliis in ore suo. bocca un ramo di ulivo con verdi foglie.
Intelléxit ergo Noe quod cessassent aquae Intese dunque Noè che le acque erano ces­
super terram. 12Expectavítque nihilóminus sate sopra la terra. 12Nondim eno aspettò
septem álios dies : et em isit colúmbam, sette altri giorni e rimandò la colomba, la
quae non est revérsa ultra ad eum . quale più non tornò a lui.
13Igitur sexcentésim o primo anno, primo 13L*anno adunque seicentesim o primo di
m ense, p r im a .die m ensis imminútae sunt Noè, nel primo m ese, al primo dì del m ese
aquae super terram : et apériens Noe le acque lasciarono la terra : e Noè, sco­
tectum arcae, aspéxit, viditque quod exsic- perchiato il tetto d ell’arca, mirò, e vide,
cáta esset superficies terrae. l4M ense se - che la superfìcie della terra era asciutta.
cúndo, séptim o et vigésim o die m ensis are- 14I1 secondo m ese, ai ventisette del m ese
fácta est terra. la terra fu asciutta.

lezione è più probabile e co rrisp o n d en te meglio torno a ll’area. Essa è perciò preferita da buoni
al contesto V II, 24 e V ili, 14. M oni/ d ’Arm enia. critici. Del resto per il senso le due lezioni si
N ell’ebraico si ha m onti Ararat, che sorgono al posso n o accordare am m ettendo che .il corvo non
centro d el’Arm enia. La loro più alta vetta (chia­ sia più tornato dentro l’arca. Fino a tanto, ecc.
mata M ass/s, e dai T urchi A gri-D agh, e dai P e r ­ Da ciò non si può dedurre che il corvo sia poi
siani K oh-i-N ouh) so rp a ssa i 5000 m etri, ed è tornato dopo che la terra era asciutta, ma solo
probabile che sopra di questa siasi ferm ata l’arca. che non tornò per tutto il tem po che le acque si
Altri preferiscono la vetta chiam ata Djoudi-D agh ferm arono sopra la terra (Ved. n. M att. I, 25).
(Ved. jM. D ., t. I, n. 320). D ecim o m e s e , detto 8-12. Noè m anda fuori la colom ba. M andò an­
T ham m uz (giugno-luglio). Il prim o giorno del m e se , cora sette giorni dopo (v. 10). D opo di lui. N el­
ossia verso la metà di giugno. M onti d ’A rm enia. l ’ebraico d ’a ppresso a sè. — La colom ba, che si
nutre d i grani e non si posa che nei luoghi
6-7. Noè m anda fuori il corvo, per conoscere
asciutti. Erano le acque per tutta la terra, ec­
in quale stato si trovi la terra. Quaranta giorni
cettu ate le cime dei m onti. Tornò a lui la sera,
contando dal prim o del decim o m ese. U scì e non
seg n o evidente che aveva trovato di che m angiare
tornò . N ell'eb raico si legge : usciva di continuo,
e dove rip o sarsi. Ram o d 'u liv o , ecc. N ell’ebraico :
e tornava, ossia si allontanava d all’arca volando
fronda recente d ’ulivo , indizio certo del rin n o ­
qua e là e nu tren d o si di cadaveri, rip o san d o si
vam ento della vita, e della scom parsa delle acque,
forse su qualche vetta già asciutta ma poi to r­
non so lo dai m onti, ma anche dal colli, ecc.
nava sul tetto d ell’arca, finché la terra non fu
L ’ulivo è così divenuto il sim bolo della pace.
asciutta (v. 13). Da ciò Noè doveva conchiudere
N on tornò, avendo trovati luoghi asciutti da di­
che il corvo aveva trovato da m angiare e da rip o ­ m orarvi.
sarsi. La lezione della Volgata, oltre al trovarsi
nei LXX e nella P esch ito è pure accettata da 13-14. Noè aveva quindi abitato nell’arca un
num erosi P ad ri, e si accorda anche coi testi anno e dieci giorni (Ved. V II, 12, 17, 2 4 ; V ili,
cuneiform i, secondo i quali il corvo non fece ri­ 3, 7, 10, 12-14).
G e n esi, V ili, 15-21 101

15Locutus est autem Deus ad N oe, di- 15E Dio parlò a N oè, dicendo : 16Esci
cens : I6Egrédere de arca, tu et uxor tua, dairarca, tu e la tua m oglie, i tuoi figliuoli
filìi tui et uxóres fìliórum tuórum tecum. e le mogli d e ’ tuoi figliuoli con te. 17Fa uscir
17Cuncta animantia, quae sunt apud te, ex fuori con te tutti gli animali, che vi sono
omni carne, tarn in volatilibus quam in con te, di ogni genere, tanto volatili che
béstiis et univérsis reptilibus, quae reptant bestie e rettili, che strisciano sulla terra,
super terram, educ tecum, et ingredim ini e scendete sulla terra : C rescete e m olti­
super terram : créscite et multiplicamini plicatevi sopra di essa.
super earn.
18Egréssus est ergo N oe, et filii ejus : 18U scì adunque N oè coi suoi figliuoli :
uxor illius, et uxóres fìliórum ejus cum eo. la sua m oglie, e le m ogli d e ’ suoi fi­
19Sed et ómnia animantia, juménta, et gliuoli. 19E anche tutte le fiere e gli animali
reptilia quae reptant super terram secu n ­ dom estici, e i rettili, che strisciano sulla
dum genus suum , egréssa sunt de arca. terra secondo la loro sp ecie, uscirono dal­
20i€difìcavit autem N oe altare Dòm ino : et l ’arca. 20E N oè edificò un altare al Si­
tollens de cunctis pecóribus et volücribus gnore, e prendendo di tutti gli animali e
mundis, óbtulit holocausta super altare. di tutti gli uccelli mondi, li offerì in olo­
2lOdoratusque est Dóminus odórem suavi- causto sopra l ’altare. 21E il Signore gradì

” S u p . I, 22, 2 8 ; Inf. IX, 1, 7. 21 S u p . VI, 5 ; M atth. XV, 19.

15-19. C om e N oè p e r e n tra re n e ll’arca aveva A ssiem e a q u e ste rassom iglianze vi so n o però


asp ettato il com ando di Dio (VII, 9, 16), così delle divergenze profonde tra la Bibbia e il poem a
a spetta il com ando di D io prim a di u scirn e. S c e n ­ caldaico. A nche prescin d en d o dal c a rattere m ito­
dete, ecc. N ell’ebraico : si spandano sulla terra , logico e politeistico della leggenda caldaica in
crescano e si m oltiplichino sulla terra. I v ersetti vivo c o n tra sto colla sem plicità e il m onoteism o
18-19 ci narran o l ’esecuzione del com ando divino. d ella B ibbia, è un fatto però che m entre nella
T utti i rettili. N ell’ebraico si a g g iu n g e : tu tti gli G en esi il diluvio è un castigo della corruzione
uccelli. d e ll’uom o, e N oè viene salvato perchè giusto, e
Q uesto g ran d e avvenim ento del diluvio lasciò con lui com incia una nuova era p er l ’um anità,
u n ’im pressio n e co sì p ro fonda sugli uom ini, che n e ll’e p o p ea di G ilgam es, invece il diluvio è do­
il su o ricordo si è co n serv ato nella tradizione di v uto al cap riccio degli Dei che si bisticciano tra
quasi tutti i popoli come i Fenici, i S iri, gli In ­ loro, e U tnapistim è salvato a d ispetto di B e l,
diani, i P e rsia n i, i C inesi, gli Iro ch esi, i M essicani il quale si m ostra perciò sd eg n ato , e d ’altra parte
(Cf. Luken, D ie Traditionen des M e n sch e n g e s­ non si parla nè del ram o d ’ulivo, nè d e ll’arco ­
c h le ch ts, M ü n ster, 1869, p. 189; Schw arz, S in t- balen o , ecc. Ciò posto la m igliore spiegazione
fluth und V ö lkerw a n d eru n g en, S tu ttg art , 1894, che si po ssa dare di tali affinità e di tali d iv e r­
pag. 8 e s s . ; V igouroux, AI. ß . , t. I, n. 2 2 1 ; genze, si è l ’am m ettere che le due narrazioni
H etzenauer, C o m m . in G en ., p. 183 e s s ., ecc.), d erivino en tram b e dalla tradizione prim itiva, la
ma sp ecialm en te i C aldei. La leggenda caldaica q uale si co n serv ò p u ra nella Bibbia, m entre In­
del diluvio era già conosciuta dai fram m enti di vece si alterò nel poem a caldaico (C f. H e tze n a u e r,
B eroso, conservatici da E usebio, ma d o p o le p . 183; H u m m e la u er, p. 2 5 ; P e lt, H is t. de VA.
recenti s co p e rte archeologiche fatte a N inive, ecc., T .t t. I, p. 8 2 ; C ondam in, D ict. A p ., B abylone
d e ll’epopea di G ilgam es, a p p arv e m olto più chiara et la B ib le ; N ikel, G enesis und K eilschriftfor-
la grande affinità che vi è fra la tradizione cal­ sc h u n g f F reiburg i. B ., 1903 ; V igouroux, La Bible
daica e la n arrazione b ibblica. (Vedi il testo p resso et les déco u v. m o d ., t. 1, p. 330, ecc.). Ved. M an.
D horm e, C hois de te x te s , ecc., p. 100 e s s . ; B ib ., t. I, n. 324 e s s ., per la confutazione delle
V igouroux, La B ible et les d éco u v. m o d .t 6* e d ., p rin cip ali difficoltà co n tro il diluvio.
t. I, p. 309 e s s. ; C f. L agrange, E tu d es s u r les 20. Sacrifizio di N oè (20-22). II prim o pen siero
R eligions s e m itiq u e s , P a ris , 1902, p . 3 4 2 ; R e v . di N oè uscito d a ll’arca fu quello di ringraziar
B ib ., 1898, p. 5). Secondo la leggenda caldaica D io. A tal fine edificò un altare, ossia un piccolo
l’uom o U tn a p istim , viene avvertito dal Dio Ea rialzo di pietre o di te rra , sul quale le vittim e
del diluvio fu tu ro , e riceve il com ando di fab b ri­ offerte venivano consum ate dal fuoco. E q uesto
care una nave di una data m isura e di e n tra re in il prim o a ltare, che sia rico rd ato nella S crittu ra.
essa con tu tta la sua famiglia e gli anim ali. D opo D i tu tti gli anim ali, ecc. P re s e cioè alcuni anim ali
che egli ebbe ciò e seg u ito , com inciò il diluvio, m ondi di tu tte le sp ecie (Ved. V II, 2). Da ciò si
e l ’acqua cadde per sei giorni e sei notti d is tru g ­ vede che gii anim ali im m ondi erano e sclusi dai
gendo ogni cosa. C essata la pioggia, la nave si sacrifizi. O locausto deriva dal greco óXóxavcrtov,
ferm ò sul m onte .Visir e U tnapistim al settim o che a sua volta proviene d a ll’ebraico ‘olah ( = che
giorno m andò fuori la colom ba, la quale tornò si alza, o si eleva verso Dio), e significa quello
non avendo tro v ato ove p o sare il piede ; lo s tesso sp ec ia le sacrifizio, in cui tutta la vittim a era con­
avvenne della ro n d in e, ma il corvo, m andato fuori su m ata ad o nore di D io, senza che il sacrificante
. ~r terzo, non rito rn ò p iù. Allora tu tti u sciro n o
ne riten e sse per sè alcuna p arte, com e avveniva
dall’arca e U tnapistim fece un sacrifizio che tornò
invece degli altri sacrifizi.
gradito agli D ei. Solo il Dio B e l, a u to re del di­
luvio, non fu c o n ten to q u ando vide la nave s a l­ 21. Dio gradì, ecc., antropom orfism o (Ved. n.
vatrice, ma poi per l ’in terv en to di Ea si placò. VI, 6) per indicare che Dio si com piacque dei
102 G e n e s i , V i l i , 22 — IX, 5

tátis, et ait : Nequáquam ultra maledícam il soave odore, e disse : Io non maledirò
terrae propter hom ines : sensus enim et più la terra a motivo degli uomini : pe­
cogitado humáni cordis in malum prona rocché i pensieri del cuore d e ll’uomo sono
sunt ab adolescéntia sua : non igitur ultra inclinati al male fin dall’adolescenza : io
percútiam omnem ánimam vivéntem sicut adunque non colpirò più tutti gli esseri vi­
feci. 22Cunctis diébus terrae, sem éntis et venti come ho fatto. 22Per tutti i giorni della
m essis, frigus et aestus, aestas et hiem s, terra, la sem enza e la m esse, il freddo e
nox et dies non requiéscent. il calore, l ’estate e il verno, la notte e il
giorno non cesseranno mai.

C A P O IX.

Dio benedice Noè, 1 - 7 . — Rinnova Valleanza con luì, 8-11 . — Segno dell alleanza} 12-17 *
— Maledizione e benedizione di Noè ai suoi figli, 18-27 . — Morte di Noè, 28- 29 *

‘Benedixitque Deus Noe et filiis ejus. Et *E Dio benedisse N oè e i suoi figliuoli.


dixit ad eos : C réscite, et m ultiplicàmini, E disse loro : C rescete, e m oltiplicatevi, e
et repléte terram. 2Et terror vester ac tre­ riempite la terra. 2E il timore e il tremore
mor sit super cuncta ammalia terrae, et di voi sia su tutti gli animali della terra, e
super om nes vólucres caeli, cum univérsis tutti gli uccelli d e ll’aria, e quanto si muove
quae movéntur super terram : om nes pisces sopra la terra : tutti i pesci del mare vi
maris mànui vestrae traditi sunt. 3Et omne, sono dati nelle mani. 3E tutto quello, che
quod movétur et vivit, erit vobis in cibum : ha moto e vita, sarà vostro cibo : io vi do
quasi olerà viréntia tradidi vobis ómnia. tutte queste cose come i verdi legum i. A c ­
4Excépto, quod carnem cum 6ànguine non cetto, che voi non mangerete la carne col
com edétis. 5Sànguinem enim animàrum sangue. 5Perocchè io farò vendetta del vostro

1 S up . 1, 22, 28 et V ili, 17. 3 S u p . 1, 29. 4 Lev. XVII, 14.

pii sentim enti ch e in d u ssero Noè a fare il sacri* forza e col tim ore. Vi sono dati nelle mani in
fizio. D isse, N ell’ebraico si aggiunge nel suo cuore. m odo ch e possiate d isp o rn e a vostro arbitrio.
Dio prom ette di mai più punire con tale castigo S econdo la punteggiatura della Volgata queste
il genere um ano, ma di avere com passione di parole si riferireb b ero solo ai pesci, ma nei LXX
esso, stan tech è l’uom o è debole, e a m otivo del e n e ll’ebraico si riferiscono a tutti gli anim ali :
peccato originale, fin dalla sua adolescenza è in­ il vostro tim ore sia ... su quanto si m uove sopra
clinato al m ale. Si allude in q u esto v ersetto al la terra e su tutti i p e sc i... e ssi vi sono dati nelle
cap. VI, 5, m entre però là si afferm a che Dio m ani. Dio perm ette ora a ll’uom o di m angiare le
m andò il diluvio perch è tu tti i pensieri degli carni degli anim ali, come altra volta (I, 30) av^va
uom ini erano di continuo intesi a m alfare, qui si co n cesso l’uso dei vegetali ( i verdi le g u m i). P e n ­
dice che Dio non castigherà più in tal m odo tutto s an o alcuni che fino al diluvio gli uom ini si siano
ii genere um ano, perchè i p en sieri d e ll’uom o sono asten u ti dalle carni, altri però sono d ’avviso co n ­
inclinati al male fino dall'adolescenza. Vedesi qui trario (Ved. n. I, 29). C hecché ne sia di ciò, è
indicata la colpa originale, e la concupiscenza, c erto che adesso Dio legittim a l’uso d elle carni.
che nascono coU’uomo e so n o il principio di tutti 4. Dio pone una restrizione alla libertà del­
i peccati. l ’uom o, vietandogli di m angiare la carne col san­
22. P er tu tti i giorni della terra, ossia per g u e , ossia la carne di anim ali vivi, e la carne
quanto durerà la terra nello stalo p resen te. N el­ di anim ali che prim a non siano stati dissanguati.
l ’ebraico si legge : Da ora innanzi per qu a n to , ecc. In virtù di questa legge Dio proibisce di m angiare
La sem enza e ìa m e ss e , ecc. 11 diluvio aveva sc o n ­ il san g u e degli anim ali, e ciò sia per ispirare
volto le stagioni e i lavori agricoli co n n essi, ma a ll’uom o più forte orrore allo sp argim ento del
oram ai tutto rip ren d e il su o corso regolare. san g u e um ano (v. 5), e sia perchè il sangue,
essen d o come il principio della vita anim ale, egli
volle che venisse offerto in sacrifizio in cam bio
CA PO IX. della vita d ell’uom o peccatore. Q uesta proibizione
verrà in seg uito rinnovata fino a sette volte da
1*3. Dio benedice Noè (1-7). Com e Dio aveva M osè (Lev. Ili, 17; V II, 25-27; XVII, 10-14;
benedetto Adamo (I, 28 e ss ), cosi ora benedice D eut. XII, IG, 23-24; XV, 25).
Noè capo della nuova um anità, e gli conferisce 5-6. 11 sangue d e ll’uom o è più prezioso di
l ’alta sovranità sulla terra e sugli anim ali. Il ti­ quello degli anim ali, e guai a chi Io sp arg e. D el
more e il trem ore. D opo il peccato originale gli vostro sangue, leu . del sangue delle vostre a nim e%
animali non sono più soggetti all’uom o come ossia il sangue che alim enta la vosira vita. Sopra
prim a, e l ’uom o non riesce a dom inarli che colla qualsiasi delle bestie. P erciò verrà com andato
G e n e s i , IX, 6 - 1 8 103

vestrárum requiram de manu cunctárum sangue sopra qualsiasi delle bestie : e ven­
bestiárum : et de manu hóminis, de manu dicherò la vita d ell’uomo sopra l ’uomo,
viri, et fratris eius requiram ánimam ho­ e sopra il suo fratello. 6Sarà sparso il sangue
m inis. Q uicum que effuderit humánum sán- di chiunque spargerà il sangue d e ll’uomo :
guinem , fundetur sanguis íllíus : ad imági- perocché l ’uomo è fatto ad im m agine di
nam quippe Dei factus est hom o. Vos Dio. 7Ma voi crescete e m oltiplicatevi, e
autsm crescite et multiplicamini, et ingre- dilatatevi sopra la terra, e riem pitela.
dimini super terram et im plete eam.
H aec quoque dixit D eus ad N oe, et ad 8Dio disse ancora a N oè, e ai suoi fi­
fiiios ejus cum e o ? E cce ego stàtuam gliuoli con lui : 9Ecco io fermerò il mio
pactum meum vobiscum , et cum sém ine patto con voi, e colla vostra discendenza
vestro post vos : 10Et ad om nem ánimam dopo di voi : l0e con tutti gli animali vi­
vivéntem , quae est vobrscum, tam in vo- venti, che sono con voi, tanto gli uccelli
lúcribus quam in jum éntis, et pecùdibus com e gli animali dom estici e le fiere della
terrae cunctis, quae egréssa sunt de arca, terra, che sono usciti dall’arca, e con tutte
et univérsis béstiis terrae. “ Stàtuam pactum le bestie della terra. “ Fermerò il mio patto
meum vobiscum , et nequáquam ultra in- con voi, e ogni carne non sarà mai più
terfìciétur om nis caro aquis dilúvii, neque uccisa colle acque del diluvio, e non vi
erit deinceps diluvium dissipans terram. sarà più diluvio a disertare la terra.
12Dixitque Deus : H oc signum foéderis I2E Dio disse : Ecco il segno del patto
quod do inter me et vos, et ad om nem áni­ c h ’io fo tra voi e m e, e con tutti gli animali
mam vivéntem , quae est vobiscum in ge- viventi, che sono con voi, per tutte le gene­
neratiónes sem pitérnas : 13Arcum meum po- razioni future : 13Porrò il mio arcobaleno
nam in núbibus, et erit signum foéderis inter n elle nuvole, e sarà il segno del patto tra
me et inter terram. 14Cumque obdúxero nú­ me e la terra. 14E quando io avrò coperto
bibus caelum, apparébit arcus m eus in nú­ il cielo di nuvole, il m io arco comparirà
bibus : 15Et recordábor foéderis m ei vo- nelle nuvole : 25E mi ricorderò del mio
biscum, et cum omni ànima vivènte quae patto con voi e con ogni anima vivente che
carnem végetat : et non erunt ultra aquae informa carne : e non verranno più le acque
dilúvii ad deléndum univérsam carnem. del diluvio a sterm inare tutti i viventi. 16E
16Eritque arcus in núbibus, et vidébo illum , l ’arcobaleno sarà nelle nuvole, e io lo ve­
et recordábor foéderis sem pitèrni quod drò, e mi ricorderò del patto sem piterno
pactum est inter Deum et omnem ánimam fermato tra Dio e tutte le anim e viventi
viventem univérsae carnis quae est super di ogni carne che è sopra la terra.
terram.

6 M atth. XXVI, 52; Apoc. X III, 10. 7 S u p . I, 2S et V ili, 17. 11 Is. L1V, 9.
14 Eccli. XL1II, 12.

(E sod. XXI, 28) di uccidere l ’anim ale che abbia 12-16. Dio dà un segno a conferm a della sua
ucciso u n -u o m o . Dio farà vendetta d e ll’om icidio, p ro m e ssa . P er tu tte le generazioni fu tu r e , ossia
sia e sso stato co m m esso da un fratello , o da un finché d u re rà il m ondo. Q u este parole si rife ­
e stran e o , o anche da u n a b estia. Sarà sparso risco n o a patto che io fo . — P o rrò , o m eglio s e ­
(n e ll’ebraico si aggiunge : d a ll’uom o investito di c o ndo l ’ebraico, ho p o sto il m io , ecc. Da ciò
legittim a au to rità e ch e perciò è ra p p re s e n ta n te non si p uò d e d u rre che l ’iride non e siste sse già
di D io. Rom. XI, 3 e s s.) il sangue di c h iu n ­ prim a, ma solo che dopo il diluvio D io ne fece
q ue, ecc. P e r l ’om icidio Dio stab ilisce la legge il seg n o sen sib ile della sua p ro m essa, dando così
del taglione. La sev erità di tal legge è giustificata a un fen o m eno n atu rale una nuova significazione.
dal fatto ch e l ’uom o è ad im m agine di D io, e Dio chiam a su o l ’arcobaleno a m otivo della s p e ­
quindi in m odo sp eciale a p p artie n e a D io. ciale bellezza, che in esso risp le n d e . T utte le
8-11. Dio stab ilisce u n patto con N oè (8-17). c re atu re so n o di D io, ma in m odo speciale a p p a r­
Il m io patto (Ved. n. VI, i8 ), ossia io p ren d o tengono a lui quelle, in cui m aggiorm ente si
im pegno e p rom etto di non più m andare il diluvio m an ifestan o la bellezza, la potenza, e la virtù
(v. 11). La p ro m essa abbraccia N oè e i su o i di­ divina (Ved. Eccli. XLI1I, 12). Avrò coperto il
scen d en ti e gli anim ali usciti d a ll’arca e la loro cielo (ebr. la terra), ecc. M i ricorderò. Si parla
discendenza. Gli anim ali esse n d o fatti p er l’uom o, di Dio com e d e ll’uom o, il quale visto il segno
vengono c o n sid erati com e solidali con lui. C on della p ro m essa fatta, si s en te sp in to a m antenerla.
tutte le bestie della terra. Q uesta frase m anca C osì Dio si ricorda q uando m antiene le prom esse
nei LXX. N o n verrà p iù diluvio u n iv ersale. Ciò fatte. Con ogni anima che inform a carne, meglio
non esclu d e che Dio p o ssa m an d are inondazioni seco n d o l'eb raic o e il greco : con ogni v ivente
parziali o c astig are in altro m odo gli uom ini (Ved. di qualunque carne, vale a dire con ogni vivente
V ili, 21-22). di q u alsiasi sp ec ie .
104 G e n e s i, IX, 17-24

17Dixitque Deus ad Noe : Hoc erit si- 17E Dio disse a Noè : Questo è il segno
gnum foéderis, quod constituí inter me et del patto, che io ho fermato tra me è ogni
omnem carnem super terram. carne che è sopra la terra.
,8Erant ergo filli Noe, qui egrèssi sunt ,8Ora i figliuoli di Noè, che uscirono
de arca, Sem, Cham et Japheth : porro dall’arca, erano Sem, Cham, e Japheth : e
Cham ipse est pater Chanaan. 19Tres isti Cham è il padre di Chanaan. 19Questi sono
filii sunt Noe : et ab his disseminátum est i tre figliuoli di Noè : e da questi si sparse
omne genus hóminum super univérsam ter- tutto il genere umano sopra tutta la terra.
ram.
20Coepitque Noe vir agricola exercére 20E Noè, che era agricoltore, cominciò a
terram , et plantàvit vineam. 22Bibénsque lavorare la terra, e piantò la vigna.21E avendo
vinum inebriàtus est, et nudàtus in ta­ bevuto del vino si inebriò, e si scoprì nella
bernáculo suo. 22Quod cum vidisset Cham sua tenda. 22E Cham padre di Chanaan
pater Chánaan, verénda scilicet patris sui avendo veduto la nudità del suo padre,
esse nudáta, nuntiávit duóbus fràtribus andò a dirlo fuori ai suoi due fratelli. 23Ma
suis foras. 23At vero Sem et Japheth pàl- Sem e Japheth si misero un mantello sopra
lium im posuérunt hùm erìs suis, et ince- le loro spalle, e camminando a ll’indietro,
déntes retrórsum, operuérunt verénda pa- coprirono la nudità del padre : Le loro facce
lris sui : faciésque eórum avérsae erant, essendo rivolte indietro, essi non videro la
et patris virilia non vidérunt. nudità del padre loro.
24Evigilans autem Noe ex vino, cum di- 2‘E svegliatosi Noè dalla sua ebbrezza,

17. Si term ina la narrazione del diluvio ria s ­ nei testi, sui quali essi si appoggiano, non si
sum endo i v ersetti 8-16. Q u esto grande avveni­ fa altro che d eterm inare con m aggior precisione
m ento ebbe luogo secondo il testo m assoretico e quello ch e in altri luoghi era stato lasciato inde­
la Volgata, l’anno 1656 dalla creazione d ell’uom o, term in ato (Cf. VI, 19-20 e V II, 2-5, e anche
e il 2350 a. C ., seicen tesim o della vita di N oè. V II, 4 con V II, 11, ecc.). D el re sto l ’unità della
Secondo i LXX avrebbe avulo luogo l ’anno 2262 narrazione m osaica del diluvio è conferm ata
dalla creazione e il 3134 a. C. Secondo il testo dalla n arrazione caldaica cuneiform e, nella q uale,
S am aritano si ha l'h a n n o 1309 dalla creazione, e s e si lascia da parte ogni elem ento m itologico,
il 2903 a. C . Siccom e però tutti q u e sti calcoli si vedrà ch e si trova lo s te s s o ordine che vi è
sono incerti (Ved. n. V, 2 8 ; XI, 12) e d 'a ltra nella G enesi (Ved. V igouroux, La Bible et les
parte la civiltà egizia e b ab ilo n ese sem b ra rim o n ­ d c co u v ., t. I, pag. 310 e s s . ; Le L iv. S . et la
tare a parecchie migliaia d ’anni a. C ., possiam o crit. rat., t. Ili, p. 49 2 ; P elt, H ist. de VA. T .,
am m ettere, se è n ecessario , che il diluvio sia v e­ t. r, pag. 90).
nuto un cinque o sei mila anni a. C . (Ved. H ag en ., 18-19. Piccola introduzione alla m aledizione e
L e x . B ib ., D ilu v iu m ; H etzen au er, C o m m . in G en alla benedizione di N oè ai suoi figli (20-27).
pag. 181, ecc.). C ham è il p a d re, ecc. Q uesta particolarità è qui
I critici applicano in modo sp eciale alla n a r­ inserita per p re p a ra re l ’intelligenza di quanto
razione del diluvio la loro teoria s u ll’origine del verrà detto al versetto 25, dove C haoaan viene
P en tateu co , e vi distinguono alm eno due docu­ m aledetto invece del padre suo C ham . C hanaan
m enti : Veloistico e il iavistico, che dicono com ­ era il q u arto figlio di C ham (X, 6). Da questi
binati assiem e da un red atto re così mal accorto, si s p a rse , ecc. (Ved. n. V II, 17-24).
che non solo vi lasciò su ssistere la d iversità dei
nom i, ma non s e p p e far sco m p arire le ripetizioni 20-23. O ccasione della m aledizione e della b e ­
e le contraddizioni che vi eran o . Si risp o n d e però nedizione. Noè viene p resen tato com e il prim o,
che l ’uso dei d iv ersi nomi è un fondam ento che com inciò a coltivare la vigna. L ’A rmenia è
tro p p o debole per d istin g u ere i varii docum enti, c o n sid erata dagli storici com e il paese originario
non solo perchè sp e sso è difficile sap e re quale della vite (Ved. H um m elauer, h. 1.). A vendo be­
fosse il nom e prim itivo, ma anche perchè non vu to , ecc. E la prim a volta che nella Scrittura
m ancano forti ragioni che hanno potuto su g g e­ viene m enzionato il vino, dal che, coi P ad ri e
rire l’uso di un nom e piuttosto che di un altro la m aggior parte degli in te rp reti, si può ded u rre
(Ved. In tro d .; C f. C o rn ely , ln tr o d ., t. Il, p. 105, che Noè ne sia slato l’inventore. Egli non ne
ed. 2‘ ; H u m m elau er, ln tro d . in G en ., ln tro d . conosceva ancora la forza, e quindi l ’ubbriachezza
pag. 4). P e r rig u ard o alle ripetizioni è da o s se r­ seg u ita non gli è im putabile a peccato. La p a ­
vare che esse so n o conform i a ll’uso degli antichi, rola jain - vino passò assiem e alla cultura della
e specialm en te degli E brei, e so n o n aturali in vite dai popoli sem iti ai popoli arii fin dalla
una narrazione d estin ata a far risaltare tu tta la più rem ota antichità (Cf. AI. B ., t. I, n. 32S).
grandezza del castigo divino. Il più delle volte S i sco p rì, come s p e sso avviene a chi dorm e o è
però non si tratta di vere ripetizioni (Ved. VI, 22 ubbriaco. /Iridò a dirlo fu o ri della tenda ai suoi
e V II, 5), m a di aggiunte e di m aggiori sp ie g a ­ due fra te lli, affinchè ancor essi derid essero e
zioni (VII, 6 e VII, 11). D 'a ltro n d e se si s e p a ­ sch e rn issero il loro padre. Alisero un m antello,
rano ì due docum enti si avranno d u e narrazioni ossia un pallio, ecc., e, com piendo un atlo di
m utile e incom plete, ma non saran n o n e p p u re grande pietà figliale, co p riro n o con tutta riv e ­
renza il loro padre.
evitate tutte le ripetizioni (Ved. C ornely, o p . c it.,
1. cit., p. 115). Le contraddizioni poi non e si­ 24-25. M aledizione contro C hanaan. Il suo fi­
g o n o che nella m ente dei razionalisti, giacché gliuolo m inore, cioè C ham , il quale sarebbe così
G e n e s i , IX, 25-29 105

dicisset quae fécerat ei filius suus m inor, avendo inteso quel che gli aveva fatto il
25Ait : Maledictus Chanaan, servus servó- suo figliuolo minore, 25disse : Maledetto
rum erit frätribus suis. 26Dixitque : Bene- C hanaan, egli sarà il servo dei servi dei
dictus Dóminus Deus Sem, sii Chänaan suoi fratelli. 26E disse : Benedetto il Si­
servus iejus. 27D ilatet Deus Japheth, et gnore Dio di Sem, Chanaan sia suo servo.
hàbitet in tabernaculis Sem, sitque C ha­ 27Dio dilati Japheth, ed egli abiti nelle tende
naan servus ejus. di Sem, e Chanaan sia suo servo.
28Vixit autem Noe post diluvium trecéntis 28E Noè visse dopo il diluvio trecento
quinquaginta annis. 29Et impléti sunt omnes cinquanta anni. 29E tutto il tempo di sua
dies ejus nongentórum quinquaginta anno- vita fu di novecento cinquanta anni : e morì.
rum : et m órtuus est.

il terzogenito di N oè. A ltri p e rò riten g o n o che q u an to avrà speciali relazioni con lui e colla su a
C hara venga detto m inore so lam en te p e r risp e tto d iscen d en za. N oè quindi ringrazia -lah v eh , p e rc h è
a S em . P arecch i in te rp reti (T eodoreto, Z sc h o k k e,
Sem e i su o i disce n d e n ti c o n se rv e ra n n o la co­
H oberg, H c tze n a u e r, ecc.) so n o d 'a v v iso ch e qui
g nizione e il culto del vero D io, il quale farà
si parli non di C ham , ma di C h an aan , il q u ale loro le su e rivelazioni, e li arricchirà di grandi
sareb b e sta to il più giovane n ip o te di N oè. D isse.d o n i s p iritu a li. C osi infatti avvenne. In m ezzo
Noè illum inato d allo s p irito p ro fetico vede nella alla co rru zio n e generale la fam iglia di Sem (al­
condotta dei su o i figli i caratteri dei p opoli, che m eno in alcuni dei su o i m em bri) si m antenne
da e ssi n asc e ra n n o , e sp in g en d o il su o sg u ard o
fedele a D io, e da e ssa Dio sce lse A bram o p e r
n e ira v v e n ire , pro n u n zia la m aledizione su i di­
fa rn e il cap o di quel popolo, c h e doveva c o n ­
scen d en ti di C ham , e la benedizione s u i d isce n ­ s e rv a re in tatta la religione in mezzo a ll’idolatria
denti di Sem e di Jap h et. M aledetto (Ved. Ili, g e n erale, e c u sto d ire incorrotto il deposito delle
14). C hanaan. Invece di m aledire C h am , N oè d ivine rivelazioni, e da cui doveva poi nascere
m aledice la posterità di lui, fo rse p erch è non il M essia. La p ro m e ssa del M essia viene così
volle che v en isse a cad ere la m aledizione so p ra a d e te rm in a rsi m a g g io rm e n te ; poiché oram ai s a p ­
un figlio ch e Dio aveva b e n ed e tto (IX, 1), o p ­ piam o ch e il sem e della donna (III, 15) verrà
p u re perch è C ham s te sso veniva ad e sse re ancora dalla fam iglia di S em . Si o sservi com e p e r la
più sen sib ilm en te pun ito colla punizione del su o p rim a volta il S ignore venga chiam ato Dio di una
figlio. Ad ogni modo è chiaro c h e, se della p o ste ­ p e rso n a p a rtic o la re . Più tardi si chiam erà Dio
rità di C ham vien nom inato il figlio C h an a a n , si di À bram o, di Isacco, ecc. C hanaan, ecc., ossia
è p erch è da esso ebbero origine i C h an an ei, i Sem e i Sem iti dom inino su i discendenti di
quali c add ero in tan ta em pietà e dep rav azio n e, C h an aan .
che p e r giusto castigo di Dio fu rono sp o g liati 27. B enedizione di Ia p h e th . D io. N e ll’ebraico
dagli Ebrei del loro territo rio , e ven n ero s te rm i­E lo h im . Iap h eth non avrà p arte alle rivelazioni ci
nati. In gen erale tutti i popoli C am iti (X, 6 e ss.) lah v eh , ossia non sarà il popolo eletto, col q u a le
si abband o n aro n o alle più tu rp i d isso lu tezze, e D io avrà sp eciali relazioni. Dilati Ia p h e th , cioè gli
benché facessero rap id i p ro g ressi nelle vie della dia una nu m erosa p o sterità e q uesta si estenda
civiltà m ateriale (Egizi, Fenici, ecc.), poscia d e­ g ran d em en te su lla te rra . C osì infatti avvenne e
caddero, e furono dom inati dai d iscen d en ti di Vaudax Ia p e ti g e n u s ha riem p ito il m ondo, so g ­
Sem e di Ia p h e th . O rigene, T eo d o reto , A lapide,giogando Sem e C ham . N ell’ebraico vi è u n ’e le­
H etzenauer, ecc., poggiandosi s o p ra una tradizione g ante p a ran o m asia, poiché Ia p h e th , significa colui
rabbinica, riten g o n o che C h an aan per il prim o che si dilata o si e ste n d e . D opo la p ro m essa di
abbia veduto la nudità del s u o avo N oè, e r i­ b eni te rre n i N oè p ro m e tte a Iapheth la p a rte c i­
dendo sia co rso dal p ad re s u o C ham , il quale, pazione ai beni di S em , soggiu n g en d o : ed egli
invece d i rip re n d e rlo , av reb be riso ancor egli, eIap h eth abiti nelle tende di S e m . C on ciò si a n ­
invitato i su o i fratelli a fare a ltre tta n to . C hecché
nunzia che i disce n d e n ti di Ia p h e th un giorno
ne sia d i ciò, è da riten e re che la m aledizione ricev eran n o dai Sem iti la vera religione, e si
di N oè ebbe un c a rattere p u ra m e n te tem p o rale, c o n v ertira n n o al vero D io, com e di fatti avvenne,
poiché anche i d iscen d en ti di C ham fu rono r e ­ q u ando i G entili e n tra ro n o nella C hiesa uscita dal
denti da G esù C risto , e so n o chiam ati a p arte G iu d aism o . A lcuni (Ved. H oberg, h. 1.) hanno
deH’eterna eredità (Ved. C ram p o n , h. I * p e n sa to che il so g g etto del verbo abiti sia Dio,
il servo (cioè schiavo) dei serv i (ossia l’ultim o ma tale sp iegazione, che viene a in terro m p ere
degli schiavi) dei su o i fra telli Sem e Ia p h e th . il ritm o , è stata g iu stam en te abb an d o n ata. C ha­
Q uesta m aledizione viene rip e tu ta ancora due naan, ecc. N ella benedizione di Sem e di Iapheth
volte nei v e rsetti seg u e n ti. s i ha la seco n d a profezia del Alessia, com e ric o ­
26. iNoè b en ed ice S e m . La benedizione però n o scono tutti i P a d ri e gli in te rp reti. Coi figli di
è una lode diretta a D io. B e n e d e tto , vale a dire Noè l ’u m anità è di nuovo divisa In due città, la
sia lodato il Sig n o re (ebr. la h veh ) Dio (ebraico città di Dio e la città del m ondo.
*E lohim ) di S e m . lah v eh è Dio riv elato re e r e ­ 28-29. D ue date com pletano la storia di N oè
dentore, e intanto viene d etto Dio di S e m in (Ved. V, 32).
106 G e n e s i , X, 1-5

C A P O X.

I f i g l i d i N o è , i . — I f i g l i e i d isc e n d e n ti d i J a p h e th , 2 - 5 . — I f i g l i e i d isc e n d e n ti
d i Chain, 6- 20 . — I f i g l i e i d isc e n d e n ti d i Sem , 21 -3 2 .

*Hae sunt generationes filiorum Noe, 1 Queste sono le generazioni dei figliuoli
Sem, Cham et Japheth : natique sunt eis di Noè, Sem, Cham, e Japheth : e ad essi
filii post diluvium. nacquero figli dopo il diluvio.
2Filii Japheth : Gomer, et Magog, et 2Figli di Japheth (sono) : Gomer, e Magog,
Madai, et Javan, et Thubal, et Mosoch, et e Madai, e Javan, e Thubal, e Mosoch, e
Thiras. 3Porro filii G o m e r: Ascenez et Ri- Thiras. 3E i figli di Gomer (sono) : Asce­
phath et Thogorma. 4Filii autem Javan : nez e Riphath e Thogorma. 4E i figli di
Elisa et Tharsis, Cetthim et Dodanim. 5Ab Javan : Elisa e Tharsis, Cetthim e Doda­
his divisae sunt insulae gentium in regio- nim. 5Da questi uscirono (gli abitanti) delle
nibus suis, unusquisque secundum lin- isole delle genti neile loro diverse regioni,
guam suam et familias suas in nationibus ciascuno secondo la sua lingua, e secondo
suis. le loro famiglie nelle diverse nazioni.

1 I P a r. I, 5.

C A PO X. avevano qualche relazione con Israele. I popoli


non m enzionati in questa tavola derivarono da
1. N ella quarta sezione (X, 1-XI, 9) della prim a qualche figlio di Sem , C am e lap h eth (IX, 18)
parte della G en esi, si ria ssu m e la storia dei di­ che qui non è ricordato, opp u re da qualche
scendenti dei figli di N oè sin o alla d isp ersio n e g ru p p o di loro discendenti, ecc., sep a ra to si dal
dei popoli. D ap p rim a si en u m erano i d iversi po­ tronco com une prim a della confusione delle lingue.
poli (X, 1-32), com inciando da quelli usciti da L ’autore sacro nello sten d e re la tavola etnografica
lapheth (X, 2-5). Le generazioni, ecc., ossia q u esta voleva far conoscere quale posto Israele occu­
è la storia della p o sterità, ecc. pava fra gli altri popoli, e quale vincolo di p a ­
2-5. La tavola etnografica che ci viene ora ren tela av esse con essi, affinchè fosse noto che
p resentata (2-32) è a il docum ento più antico, più tutti gli uom ini sono fratelli tra loro, e si com in­
prezioso, e più com pleto intorno alla d istrib u ­ ciasse a in travedere il disegno di salu te, che D io
zione dei popoli n ell’alta antichità » L en o rm an t, aveva p re p a ra to per tutti gli uom ini. È ancora
H istoire an cien n e, t. 1, 1869, pag. 96. M osè la da n o tare che fra i varii nomi m enzionati nella
dovette d esu m ere da antichi docum enti o da tavola etnografica alcuni indicano individui p a rti­
antiche tradizioni, che À bram o aveva portato con colari, padri dei varii p o p o li; altri invece indi­
sè uscendo dalla C aldea, com e è d im o strato d al­ cano d irettam ente i popoli s te ssi, ed altri indicano
l ’ordine geografico dei diversi popoli che ha per le regioni o le città abitate d all’uno o d all’altro
centro non l ’E gitto, ma la C aldea, e dal fatto che popolo. Secondo il suo m etodo (Cf. Al. B ., t. I,
sono pre sen ta te come fiorenti alcune città, le quali n. 231 bis) M osè com incia a p arlare prim a di
ai tem pi di M osè erano già d ecadute o d istru tte. quei discendenti di Noè, che saranno elim inati
Le recenti sco p erte d e ll’assiriologia e d e ll’e g it­ dalla sto ria del popolo di Dio (G iapetici e C ha-
tologia hanno m esso in viva luce la veracità e miti) e in ultim o discorre della stirp e di Sem ,
l’esattezza dei dati, che tale tavola ci fornisce, e dalla quale n ascerà il popolo d ’Israele (CI. W
benché in essa sianvi ancora alcuni punti oscuri, gouroux, Al. B . y t. 1, n. 329 e s s . ; La Bible et
les découv. m o d .y t. I, p. 337, ed. 6*; L es Liv.
e l’identificazione di alcuni nomi dia luogo a
Stfinfs, ecc., t. I li, p. 505 e s s . ; L enorm ant,
contestazioni, non è a dubitare che nuove sco ­
perte e una m aggior conoscenza d ell’antichità H ist. anc. de l ’O rien t, t. I, p. 2 6 3 ; H um m elauer,
v erran n o ancora a ren d ere om aggio alla pagina h. 1. ; P e li, H ist. de VA. 7 ., t. I, pag. 108
e s s . ; M urillo, op. c it., p. 416).
ispirata delT autore sacro.
Si am m ette com unem ente che tfrV ìa 2-5. 1 14 popoli discendenti da la p h e th . C o­
non contiene la lista com pleta di tulli i popoli rner, padre dei Gimirrai delle iscrizioni cuneiform i,
della terra, ma si limita a quelli di razza b ianca, 0 dei K inntpioi dei classici, tra l ’Arm enia e il
che im portava agli Israeliti di conoscere. M osè Ponto Eusino. A lui si rannodano pure i C im bri,
non ignorava c en a m e n e l ’esistenza di altri p o ­ 1 C elti, i Galpti, i G alli, ecc. M agog, padre degli
poli, poiché nel P en tateu co ricorda gli Amaleciti, Sciti e dei T utranici nel setten trio n e del P onto
gli Enacim , i Rafaim, ecc., e i negri li aveva Eusino. Aiadai sono i Medi o A rii, dai quali p ro ­
veduti raffigurati fin dalla più rem ota antichità vennero i P ersi, gli Indi, ecc. Iavan (gr. *io)uàv),
nei m onum enti d e ll’E gitto, ma egli, non volendo ossia Ioni o G reci. T hubal, ossia i Tibareni a
scrivere la sto ria di tutta l’um anità, si contentò mezzogiorno del P onto F usino. Aiosoch o MóaXoi,
di parlare di quelle genti, che al su o tem po M oschi a O riente del Ponto Eusino. Q uesti due
G e n e s i , X, 6-12 107

‘FiIH aurem Cham : C hus, et M esraim, 6E i figli di Cham sono : Chus, e Mes­
et Phuth, et Chanaan. 7Filii C hus : Saba, raim, Phuth, e Chanaan. 7I figli di Chus
et Hevila, et Sabatha, et Regma, et Sa- sono : Saba, ed Hevila, e Sabatha, e Regma,
bätacha. Filii Regma : Saba et Dadan. e Sabatacha. I figli di Regma sono ; Saba,
“Porro C hus génuit Nemrod : ipse coepit e Dadan. 8Chus poi generò Nemrod : questi
esse potens in terra, 9Et erat robustus Ve­ cominciò ad essere potente sopra la terra.
nator coram Domino. Ob hoc exivit pro- 9Ed egli era un robusto cacciatore dinanzi
vérbium : Quasi Nemrod robustus senator- al Signore. D ’onde nacque il proverbio :
coram Dòmino. 10Fuit autem principium re­ Come Nemrod robusto cacciatore dinanzi al
gni ejus Babylon, et Arach, et Achad, et Signore. 10E il principio del suo regno fu
Chalanne in terra Sénnaar. Babilonia, e Arach, e Achad, e C halanne,
nella terra di Sennaar.
11 De terra illa egréssus est A ssur, et 11 Da quella terra andò in Assur, ed edi­
aedificavit Niniven, et platéas civitatis, et ficò N inive, e le piazze della città, e Chale,
Chale. I2Resen quoque inter Niniven et 12e anche Resen tra Ninive e Chale : questa

ultim i nom i si trovano s p e s so asso ciati an ch e Izd u b a r, ch e n e ll’ep o p ea caldaica viene p re sen ta to
nelle iscrizioni cu n eifo rm i. T h ira s, ossia i T raci, com e re e cacciatore nella città di A rach. La cosa
o p p u re , più p ro b ab ilm en te, i T irsc n i o T irren i è ben lungi d a ll’e sse re pro v ata. Valente caccia­
nelle isole e su lle sp o n d e d e ll’E geo. Da e ssi tore. La caccia era l’occupazione favorita dei re
ebbero poi origine gli E tru sch i. di A ssiria e di B abilonia, i quali vengono s p e s so
A scenez (C f. G erem . II, 27), indica p ro b a b il­ nei b asso rilievi ra p p re s e n ta ti com e cacciatori. D i­
m ente la Frigia e la M isia, o p p u re l’A rm enia. nanzi al S ig n o re , il cui giudizio non e rra . N em ­
R ip h a th , ossia la Paflagonia : T h o g o rm a , si ri­ ro d era quindi veram en te un bravo cacciatore.
tiene com u n em en te che sia l ’A rm enia. — Elisa Alcuni p ren d o n o q u e s t’ultim a parola in cattivo
(E zech. XXVII, 7), ossia la provincia di Elide se n s o , com e se N em rod fosse stato cacciatore
nel P elo p o n n eso , o p p u re , seco n d o altri, la Sicilia di uom ini, ma il te sto non giustifica tale s p ie ­
e l’Italia m eridionale. T h a rsis, nella Sp ag n a m e­ gazione.
ridionale (E zech. XXVII, 12; G erem . X, 9). C et- 10. N em rod p er il prim o, riunì assiem e varie
tim , gli abitanti d e ll’isola di C ip ro . D odanim o città, e fondò un reg n o , che ebbe poi tanta p a rte
Rodanim , com e si legge nei LXX e nel S am ari­ nella sto ria degli E brei. Il testo non dice che
tano, sono gli abitanti d e ll’isola di Rodi, o p p u re egli abbia fondato le q u a ttro città ric o rd a te , ma
i D odonei o D ard an ei o T roiani. — Q u e sti cinque solo che le a ssoggettò al su o p o te re . Babilonia
figli di Iavan, d iedero origine ai popoli delle (ebr. B a b e l, nelle iscrizioni cuneiform i Bàbil o
isole delle genti. Q u e st’ultim a e sp ressio n e indica Bàbilu) s u lI’E ufrate, nel luogo detto oggi H illah
le isole e il litorale del M ed iterran eo . L ’ebraico (Cf. XI, 9). Arach (ebr. E re c h , gr. "ÒpsX, o,
ayim (isole) significa in g en erale una reg io n e, a 'OpXoTj, cu n eif. U ruk o A rk u ) oggi W arka, sulla
cui non si può arriv are che per m are. sin istra d e ll’E ufrate, a S. E. di B abilonia. Achad
6. N ei v ersetti 6-21 so n o indicati i 30 popoli (ebr. A cca d y gr. 'ApXaò) a nord di B abilonia. P r o ­
discendenti da C ham . C h u s (assiro Kusuy egizio b ab ilm en te va identificata con A gadet A kkadi,
K os) padre degli Etiopi, n e ll’ attuale N ubia. delle iscrizioni cuneiform i, che si trova vicino a
M esraim (assiro M itsiir) d uale che indica l ’alto S ip p a r, da cui è se p a ra ta dal canale N ar A gade.
e il basso Egitto. .P h u th (egizio P h e t). o ssia i — C halanne (ebr. C alneh). 11 nom e di questa
popoli della Libia. Chanaan abitò la reg io n e, che città non è ancora stato trovato nelle iscrizioni
si sten d e tra il G iordano e il M ed iterran eo , e cu n eifo rm i, e alcuni la identificano con la città
com prende la P alestin a e la Fenicia. B enché di a ssira K u lu n u y K ullani a Sud di B abilonia, altri
origine C h u scita i C ananei e i Fenici avevano una con C te sifo n te su lla sp o n d a orientale del Tigri,
lingua sem itica. e altri con N ippuruy oggi X iffu r. — Terra di
7. Si parla ora (7-12) dei d iscen d en ti di C h u s. S en n a a r (ebr. Shinear). Con qu esto nom e è indi­
Saba, ossia il reg n o di M eroe n e ll’E tiopia. H evila cata tutta la regione bagnata dal T igri e dal-
si e stese d ap p rim a su l golfo P e rsic o e poi occupò P E u fra te . P ro b ab ilm en te c o rrisp o n d e all’assiro
l’estrem o litorale del M ar R osso. Sabatha e Regm a S u m ir t col qual nom e però in antico si c o m p re n ­
nell’Arabia m eridionale. S abatacha, su lla costa deva non solo la p a rte m eridionale dì B abilonia,
orientale del golfo P e rsic o . S a b a , da cui i S abei, ma anche la sette n trio n a le , che fu poi chiam ata
nell’Arabia felice. D adan, p ro b ab ilm en te abitò n e l­ A kka d i. Da qu esto v e rsetto e dal seg u e n te si può
l ’Arabia setten trio n ale. E da o sse rv a re che l ’iden- ancora co n ch iu d ere che la potenza di B abilonia
tiScazione di q u esti varii nomi è m olto in c e rta . p re c ed e tte quella di N inive, il che è conferm ato
dalle recen ti s co p e rte .
8-9. Nei v ersetti 8-12 si dà la sto ria di N em ­
rod, figlio di C h u s. P rim a di s ten d e rsi n e ll’A rabia 11-12. Da quella terra , cioè da S e n n a ar. N em ­
e n e ll’E tiopia, i C husciti ab itaro n o a n c h ’essi nella rod andò in /Is s u r, ossia n e ll’A ssiria, o p p u re
pianura di S en n aar. N em ro d significa p ro b ab il­ nella città di .-4ssur sul Tigri (oggi K alali-Sche rii at),
m ente ribelle. — C om inciò ad essere p o te n te , abitata da un popolo sem itico (v. 22). Gli antichi
ossia com inciò a p rev alere su g li anim ali e sugli c o n sid eraro n o il nom e /4ssur com e il soggetto del
uom ini fondando così il prim o im p ero . Finora il v erbo a n d ò, i m oderni però lo considerano com e
suo nom e non è ancora stato trovato n elle iscri­ un accusativo di luogo, e ritengono che il s o g ­
zioni cuneiform i. A lcuni p erò v o rreb b ero m etterlo getto del verbo andò sia ancora N em rod, e che in
In relazione, anzi identificarlo, con G ilgam es = q u e sto v ersetto si descriva il successivo sv ilu p p o
G e n e s i , X, 13-22

Chale : haec est civitas magna. ,3At vero è la città grande. l?,Mesraim poi generò
Mesràim génuit Ludim, et Anàmim, et Ludim, e Anamim, e Laabim, e Nephtuim,
Ldabim, et Néphthuim, 14Et Phétrusim , et ,4e Phétrusim , e Chasuim : (da’ quali ven­
C hasluim : de quibus egrèssi sunt Phi- nero i Filistei) e i Capthorim.
listhiim et Caphtorim.
,5Chanaan autem génuit Sidónem primo- 15Chanaan poi generò Sidone suo primo­
génitum suum, Hethaéum, ICEt Jebusaéum, genito, l ’Heteo, ,6il Jebuseo, l ’Amorreo, il
et Amorrhaéum, Gernesaéum, 17Hevaéum, Gergeseo, , 7l ’Heveo, l ’Araceo, il Sineo,
et Aracaéum : Sinaéum, 18Et Aradium, Sa- 18l ’Aradeo, il Samareo, l ’Amateo. E poi i
maraéum et Amathaéum : et post haec dis­ popoli dei Cananei si sparsero. 19E i con­
seminati sunt pópuli Chananaeórum. I9Fa- fini di Chanaan sono da Sidone andando
ciique sunt tèrmini Chanaan veniéntibus a verso G erara fino a Gaza, e andando verso
Sidóne Geriiram usque Gazam, donec in- Sodoma e Gomorra, e Adamam, e Seboim
grediaris Sòdoma et Gomórrham, et Ada- fino a Lesa. 20Questi sono i figli di Cham
mam, et Sebóim usque Lesa. 20Hi sunt secondo le loro famiglie, e le lingue, e le
fili! Cham in co^natiónibus, et linguis, et generazioni, e i paesi, e le loro nazioni.
generatiónibus, terrisque et géntibus suis.
21 De Sem quoque nati sunt, patre 21Anche Sem, padre di tutti i figli di
ómnium filiórum Heber, fratre Japheth H eber, e fratello maggiore di Japheth, ebbe
majóre. 22Filii Sem : /Elam et Assur, et Ar- figli. 22Figli di Sem sono : Elam, e Assur,

22 1 P a r. I, 17.

della potenza del prim o fo ndatore di im peri. della P alestina e nel centro. V A ra c e o abitava
N inive (nelle iscrizioni cuneiform i N inua o N inà), nella città d etta oggi Teli JArka (gr. "ApXn, cuneif.
oggi K o y u n d jik , sulla sp o n d a orientale del Tigri, Arkà) nella regione del L ibano. Il S in e o , nella
in faccia all* attuale M ossoul. Le piazze della regione del Libano. L ’Aradeo abitava l’isola Aradi
città. N ell’ebraico si legge : R echoboth l yr (greco (ass. A rm ada, A rvada, oggi Ruad) a N ord di
*PocopcbO jtóAiy), nom e p roprio di una città sulla T ripoli. Il Sam areo abitava la città di Sum ura
sponda occidentale del Tigri, dove oggi so rg e (egiz. S a m a r, a ss. Sim irra) a N ord di T ripoli.
M ossoul. In assiro veniva chiam ata rèdit N inà. — L ’Am ateo abitante nella città H am at (egiz. ha-
Chale (ebr. Calali, gr. XctXaX, ass. K a lh u , o m à t% a ss. Am atu) s u ll’O ronte, nella parte s e t­
Kalah) su lla d estra del Tigri, dove oggi si vedono ten trio n ale della P a le stin a. E p o i, ecc. 1 va rii
le rovine dette N im ru d . — R e s e n , da identifi­ figli di C hanaan partiti da un luogo com une di
carsi probabilm ente colle rovine d e tte S e la m iy e , origine assiem e alle loro fam iglie, si s p a rse ro 6u
sulla d e stra del T igri. Q uesta è la grande ciltà. tu tto il territorio indicato al v ersetto seguente.
Q ueste parole non vanno riferite alla sola R e s e n , 19. Siccom e Dio darà la te rra di C hanaan in
ma al com p lesso delle quattro città rico rd ate. eredità ai figli d i A bram o, ne fa sin da q uesto
13-14. P o ste rità di M esraim (v. 6). L u d im , m om ento seg n a re i confini e satti. Da S id o n e ,
tribù dell’Africa setten trio n ale da non confondersi com e lim ite estrem o al N ord, sino a G aza, limite
coi sem iti discendenti di Lud (v. 22). A n a m im , estrem o al S ud. G aza era una città Filistea, a
tribù stab ilitasi n ell’Egitto, probabilm ente sul circa 4 chilom etri dal M editerraneo. Gerara tro ­
D elta. L aabim , abitanti nella Libia. N e p h tu im , vasi al Sud di G aza, da cui dista circa 13 chilo­
abitanti nel basso Egitto. P h é tru sim , abitanti nel­ m etri. Da Gaza poi, a ll’O vest, andando verso
l'E g itto su p erio re . C h a slu im , tra il D elta e la l ’Est, ossia verso Sodom a e G om orra e Adaman
P alestin a. Filistei. Dal paese dei C hasluim u sci­ e Seboim , q u attro città che assiem e a S egor for­
rono i Filistei, i quali si stese ro sulla regione m avano la P entapoli (Ved. n. XIV, 2, 8), i C ha-
detta in assiro P a la stu, P ilistu , che com prendeva nanei arrivavano sino a Lesa, da identificarsi p ro ­
il littorale m ed iterran eo d e ll’attuale P alestin a. Il b abilm ente con C allirrhoè sulla spo n d a orientale
testo non dice se i Filistei fo ssero C ham iti, o del M ar m orto.
G iapetici, e li nom ina a motivo sp ecialm en te delle 20. Le loro generazioni. Q ueste parole m an­
varie lotte che gli Ebrei ebbero a s o ste n e re contro cano n e ll’ebraico.
di essi. La p aren tesi fu posta per ren d ere più
21-22. Nei versetti 21-31 si enum erano i 26
chiaro il testo. C a p h to rim , sono probabilm ente
discendenti di Sem . D apprim a però si fa notare
abitanti d e ll’isola di C reta.
che Sem era fratello m aggiore di Iaphet, acciò
15-19. P o sterità di C hanaan (v. 6). S id o n e (cu- non si pensi che egli venendo ora per ultim o,
neif. e Teli. Amar. S id ù n u ), da cui p ro v en n ero i sia l’ultim o figlio di N oè, c si aggiunge Ancora
Sidonii e i Fenici. H eth eo (ebr. H e t., egiz. Hz-ti, ch e fu padre di tutti i figli di E ber, perchè da
H e -ta, cuneif. H a tti), tribù che abitò la P alestin a E ber per mezzo di À bram o e di Isacco e G ia­
setten trio n ale e m eridionale (Ved. XXIII, 3 ; XXV, cobbe, ai quali Dio rinnovò la prom essa fatta a
9). Il Ieb u seo abitò G erusalem m e (detta Iebus) e Sem (IX, 26), provennero gli E brei. I cinque
i dintorni. L* Am orreo (egiz. Am arra, T eli. A. nomi del v ersetto 22 significano nello s te sso tem po
A m urri) abitò nella p arte orientale e m eridionale p erso n e e co ntrade. E /am , da cui provennero gli
della P alestin a. Il G ergeseo abitò in P alestin a, Elam iti, i quali abitarono il paese di Elam (ass.
non sappiam o dove. L 'H e v e o , nel setten trio n e Elam tu) che confinava al Sud col golfo P ersico e
G e n e s i , X, 23 - XI, 2 109

phaxad, et Lud, et Aram. 23Filii Aram : e Arphaxad, e Lud, e Aram. 2Jl figli di
Us, et Hul, et G ether, et Mes. 24At vero Aram sono : Us, e Hul, e G ether, e Mes.
Arphaxad genuit Sale, de quo ortus est 24Ma Arphaxad generò Sale, da cui venne
H^ber. H eber.
25Natique sunt H eber filii duo : nomen 25E ad H eber nacquero due figli : uno si
uni Phaleg, eo quod in diebus ejus divisa chiamò Phaleg, perchè a suo tempo fu di­
sit terra : et nomen fratris ejus Jectan. visa la terra : e il fratello di lui ebbe nome
26Qui Jectan genuit Elmodad, et Saleph, Jectan. 26Questo Jectan generò Elmodad, e
et Asarmoth, Jare, 27Et Adiiram, et Uzal, Saleph, e Asarmoth, e Jare, 27e Aduram, e
et Decla, 28Et Ebal, et Abimael, Saba, 29Et Uzal, e Decla, 28ed Ebal, e Abimael, e Saba,
Ophir, et Hevila, et Jobab : omnes isti, 29e O phir, ed Hevila, e Jobab : tutti questi,
filii Jectan. 30Et facta est habitatio eorum sono figli di Jectan. 30Ed essi abitarono nel
de Messa pergentibus usque Sephar mon- paese che si trova andando da Messa fino
tem orienralem. 31 Isti filii Sem, secundum a Sephar, monte che è all’oriente. 31 Questi
cognationes et linguas, et regiones in gen- sono i figli di Sem, secondo le loro famiglie
tibus suis. e le loro lingue, e i loro paesi, e le loro
nazioni.
32Hae familiae Noe juxta populos et na- 32Queste sono le famiglie di Noè secondo
tiones suas. Ab his divisae sunt gentes in i loro popoli e le loro nazioni. Da queste
terra post diluvium. uscirono le diverse nazioni della terra dopo
il diluvio.

C A P O XI.

L a to r r e d i B a b e le e la c o n fu sion e d e lle lin g u e , i - g . — I d isc e n d e n ti d i S em , 10 - 26 .


— / d isc e n d e n ti d i T hare, 2 7 -3 2 .

*Erat autem terra làbii unius, et ser- JOra la terra aveva una sola favella, e
mónum eorum dem . 2C um que proficisce- uno stesso linguaggio. 2E partendosi gli

1 S ap . X, 5.

ad O vest col b asso Tigri. P iù tard i si chiam ò i dodici nom i seg u e n ti non p o ssono e sse re id en ­
Su sian a. D al fatto che la lingua prim itiva di Elam tificati con p recisio n e. A sa rm o th , a ttualm ente H a-
non è sem itica, non seg u e che i prim i ab itato ri dram ut, p re sso il golfo P e rsic o . Uzal = S an ‘a
non siano stati sem iti (Cf. H u m m elau er, p . 329 ; n e ll’Iem en. O phir, da alcuni vien p osta n e ll’Arabia
R ev. B ib l., 1901, p. 66). ¿ s s u r , da cui v ennero m eridionale, da altri n e ll’A frica, da altri n e l­
gli A ssiri. £ anche nom e di una città (Ved. n. 11). l ’india.
C he gli A ssiri sian o sem iti di origine, è c o n fe r­ 30. 11 territo rio occupato dai disce n d e n ti di
mato dalle recen ti sco p e rte (Vig. D ici., A ssyrie). Ie c ta n . Alessa (gr M acché), va probabilm ente c e r­
Arphaxad, da cui v e n n ero i C aldei o B abilonesi, cata p re sso la foce del T igri e d e ll’E u frate, e
i quali, prim a di o ccu p are B abilonia, ab itaro n o S e p h a r p re sso H a d ra m u t. M onte orientale. B enché
nella parte m eridionale d e ll'A rm en ia. L u d , da cui nella Volgata q u e ste parole servano di a p p o si­
provennero i L ubdi, che seco n d o le iscrizioni zione a S e p h a r , tuttavia la m aggior p arte dei
cuneiform i abitarono nelle regioni su p erio ri del m o derni le co n sid era com e un terzo m em bro, per
Tigri e d ell’E ufrate. Aram (cuneif. A ra m u , A ru m u ), m odo da av ere q u esta traduzione : abitarono il
da cui vennero gli A ram ei, i quali ab itaro n o gran p a ese ch e si esten d e da M essa andando verso
parte della M esopotam ia e della Siria. S e p h a r fino al m onte orientale (v. 19).
23. P o ste rità di A ram . U s % il p aese di G iobbe 31-32. C o nclusione g en erale. Q u esti s o n o ......
(Ved. n. G iob. I, I). L ’identificazione degli altri q u este sono. L ’autore richiam a il versetto 1 e il
tre D om i non è p ossibile finora. cap . IX, 19. È chiaro che tutti i popoli, di cui
24*29. P o sterità di A rphaxad. Saie (ebr. Sha- si è parlato , non occuparono le loro diverse sedi
laclì), dal verbo S h a la c h , che significa inviare. che dopo la d isp ersio n e narrata nel capo seg u e n te .
H eber, dal verbo ‘abar, che significa tra v e rsare
(Ved. n. XI, 12 e s s.). P h a leg , significa divisione.
Fu divisa la terra nella d isp ersio n e dei popoli a CA PO XI.
motivo della c o n fu sio n e delle lingue (XI, 1, 4
e s s.). La p o sterità di P h aleg verrà rico rd ata al 1. Nei versetti 1-9 si parla della torre di B a­
cap. XI, 18. Iectan (arab. K achtan), assiem e ai bele (1-4) e della d isp ersio n e dei popoli, che a
suoi figli abitò n e ll’A rabia m eridionale, ma è m otivo di essa ne seg u ì (5-9). La terra (ebr. tutta
im possibile indicare il luogo preciso- E lm odad e la terra) aveva una sola fa v e lla , ossia un solo
110 G e n e s i, XI, 3-8

réntur de oriènte, invenérunt campum in uomini dall’oriente, trovarono una pianura


terra Sénnaar, et habitavérunt in eo. 3Di- nella terra di Sennaar, e ivi abitarono. 3E
xitque alter ad próximum suum : Venite, dissero l ’uno a ll’a ltro : Venite, facciamo d e ’
faciamus lateres, et coquämus eos igni. mattoni, e cuociamoli col fuoco. E si valsero
H abuertìntque lateres pro saxis, et bitu­ di mattoni in vece di pietre, e di bitume
men pro caeménto : 4Et dixérunt : Venite, in vece di calce : 4e dissero : Venite, fac­
faciamus nobis civitätem et turrim , cujus ciamoci una città e una torre, la cui cima
culmen perttngat ad caelum : et celebrémus arrivi fino al cielo : e illustriamo il nostro
nomen nostrum aniequam dividamur in nome prima di andar divisi per tutta quanta
univérsas terras. la terra.
5Descéndit autem Dóminus ut vidéret ci­ 5Ma il Signore discese a vedere la città
vitätem et turrim, quam aedifìcabant filli e la torre, che i figliuoli d ’Adamo fabbri­
Adam, 6Et dixit : Ecce, unus est pópulus, cavano, ®e disse : Ecco che sono un sol
et unum labium omnibus : coeperuntque popolo, ed hanno tutti la stessa lingua : e
hoc facere, nec desistent a cogitatiónibus hanno cominciato a fare questa opera, e
suis, donec eas òpere cómpleant. 7Venite non desisteranno da’ lor disegni, finché li
igitur, descendàmus, et confundàmus ibi abbiano condotti a term ine. 7Venite adun­
linguam eórum , ut non aüdiat unusquisque que, scendiamo, e confondiamo il loro lin­
vocem próximi sui. 8Atque ita di visit eos guaggio, sicché l ’uno non capisca più il
Dóminus ex ilio loco in univérsas terras, parlare dell’altro. 8E così il Signore li di­

modo di parlare, e uno stesso linguaggio, ossia di là, trav ersati i monti G ordiani, em igrarono nella
le. stesse parole (Cf. K aulen, Die S p ra ch ven vir- p ianura di S ennaar. L ’ebraico però potrebbe anche
rung zu Babele M ainz, 1861, p. 12 e ss.). Alcuni trad u rsi : andando verso O riente, e allora indi­
(H um m elauer, p. 304, ecc.) pensano che le parole cherebbe che nel partire d all’A rarath, si d ire sse ro
unius labii (una sola favella) indichino p iuttosto v erso O riente o meglio verso il S. E. Trovarono
unità di sen tim en ti, e che per conseguenza la una pianura fertile e bene irrigata nella terra di
confusione delle lingue non sia stata altro che un Sennaar (Ved. n. X, 10).
disaccordo nel modo di p en sare, so p rav v en u to per 3. N ella pianura di S ennaar, form ata di terreni
divina volontà. Tale spiegazione non si accorda alluvionali, manca la pietra per costruzioni, e
colla interp retazio n e dei P ad ri, e va rig ettata. quindi i nuovi venuti volendo co stru ire case e
La m aggior parte degli esegeti m oderni ritien e città furono co stretti a serv irsi di m attoni cotti
ancora che nella pianura di S en n aar, non vi fo s­ al fuoco, e ad usare per calce il bitum e o asfalto,
sero radu n ati tutti gli uom ini allora viventi, ma che abbonda nei dintorni di B abilonia. Gli antichi
solo e quasi solo i discendenti di Sem . In nessu n m onum enti babilonesi form ati di argilla seccata
luogo infatti la S crittu ra dice che là si tro v assero al sole o cotta al fuoco, conferm ano pienam ente
tutti gli uom ini, e l ’esp ressio n e tutta la terra va i dati della S crittura.
interpretata com e le e sp ressio n i analoghe della n a r­
razione del diluvio. D ’altra parte se gli uomini della 4. Si indica lo scopo a cui erano destinati
torre em igrarono nel S ennaar da un paese o rien ­ i m attoni, che volevano fabbricare. Una città e
tale (v. 2) è poco probabile che non abbiano la ­ una to rre, la cui cima tocchi il cielo, che cioè sia
sciato qualcuno nel paese d ’origine (Cf. H u m m e­ altissim a (D eut. I, 2 8 ; D an. IV, 11). illu ­
lauer, h. 1.; C ram p o n , h. 1.; V igouroux, M. B ., striam o y ecc., ossia rendiam oci fam osi con un
t. 1, n. 3 3 7 ; Les Liv. S a in ts , ecc., t. Ili, p. 508; m onum ento che attesti la nostra forza e la nostra
P elt, H ist. de VA. T., t. 1, p. 113). Altri però grandezza. Si tratta di un peccato di orgoglio.
sono d ’avviso contrario (Ved. H etzen au er ; M u­ Prima di andar div isi, ecc. Il testo ebraico va
rino, h. 1.), e si deve co n fessare che la loro s e n ­ trad o tto facciam oci, ecc., acciò non avvenga che
tenza è molto più conform e alla tradizione, la siam o d isp ersi, ecc. Gli uom ini si m ostrano di­
quale ritien e che M osè abbia voluto indicare la sobbedienti a Dio, che aveva com andato la d i­
causa della d ispersione del genere um ano sulla s p ersio n e (I, 2 8 ; IX, 1). E ssi vogliono re stare
terra. uniti, e perciò cercano di fabbricarsi una città e
Non è possibile d eterm inare quale sia stata la u n ’alta torre visibile da lontano, che siano come
lingua prim itiva d e ll’um anità, ad ogni modo essa un cen tro civile e religioso di unione, e servano
non fu certam en te l’cbraica, la quale p er a n ti­ a renderli famosi per sem p re. P u ò essere che
chità non tiene n ep p u re il prim o posto tra le qu esta torre a guisa di altre sim ili torri babilo­
lingue sem itiche. La lingua parlata da Adamo e nesi fosse destinata ad essere un tem pio. Gli
dai suoi prim i discendenti dovette col tem po m o­ uomini gettano quindi in ogni caso una sfida a
dificarsi, e a m eno di am m ettere un m iracolo, di Dio, m ostrandosi su p erb i e disobbedienti.
cui non vi è traccia, si deve riten e re che al tem po 5-8. D iscese a v ed e re, ecc., esp ressio n e m eta­
del diluvio sì fosse già alterata alm eno in parte forica per indicare che Dio vide, e considerò
(Ved. Ai. B .t t. 1, n. 338). C oloro, i quali am ­ perfettam ente ogni cosa, com e avrebbe fatto un
m ettono che non tutti gli uom ini si tro v assero in uom o che fosse disceso dal cielo nella terra di
S ennaar, ritengono pure che prim a della to rre di S en n aar per vedere e considerare da vicino. Nel
Babele già fossero in uso varii idiom i. m om ento in cui gli uom ini tentano di dar la s c a ­
2. P artendosi dalVO riente. Dal m onte A rarath lata al cielo, la Scrittura li chiam a figliuoli di
n ell’Armenia (V ili, 4), gli uom ini si sp in se ro Adam o per indicare che sono form ati di terra e
prim a nella valle d e ll’A rasse e nella M edia, e poi alla terra devono tornare (II, 7). H anno la stessa
G e n e s i , XI, 9-11 ili

et cessavérunt aediflcare civitatem. 9Et sperse da quel luogo per tutti i paesi, e
idcirco vocatum est nomen ejus Babel, cessarono di fabbricare la città. 9E per ciò
quia ibi confüsum est labium univérsae essa fu chiamata Babel, perchè ivi fu con­
terrae : et inde dispérsit eos Dóminus su ­ fuso il linguaggio di tutta la terra, e di là
per faciem cunctarum regiónum. il Signore li disperse per tutte quante le
regioni.
10Hae sunt generatiónes Sem : Sem erat 10Q ueste sono le generazioni di Sem :
centum annórum quando génuit Arphaxad, Sem aveva cento anni, quando generò Ar­
biènnio post diluvium. "V ixitque Sem phaxad due anni dopo il diluvio. 11E Sem,
postquam génuit Arphaxad, quingéntis an- dopo aver generato Arphaxad, visse cin­
nis : et génuit filios et filias. quecento anni : e generò figli e figlie.

10 1 P a r. !, 17.

lingua, e perciò non vogliono dividersi, e h anno trova a B o rsip p a , città che nelle iscrizioni c u ­
a tal fine com inciato a fab b ricarsi un cen tro di n eiform i viene se m p re distin ta da B abilonia. D ’al­
unione, e non cesseran n o finché lo abbiano co n ­ tra p a rte i m attoni di B irs N im rud portan o il
dotto a term in e. T ale è il se n so della Volgata e nom e di N ab u co d o n o so r, il quale in una iscri­
del greco. L ’ebraico va trad o tto : hanno la stessa zione s i vanta di aver fatto rip a ra re e co n d u rre
lingua: e q u esto (cioè la fabbrica della torre) è a term in e q u e sto m onum énto, che uno dei suoi
il com ìncia m en to (-delle loro in tra p p re s e ), ed p re d e ce sso ri aveva lasciato incom piuto. La tra ­
ora nulla im pedirà loro di com piere i loro d iseg n i, duzione di q u e s t’iscrizione data da O p p e rt (Ved.
vale a dire, non si c o n te n teran n o so lo di ciò (la V igouroux, La B ib. et les découv. m o d ., t. !,
fabbrica della to rre), ma il loro ard ire non avrà p. 381 e s s.) è oggidì a b b andonata, essen d o si r i­
più lim ite e faranno altre o p ere di su p erb ia e di co n o sciu ti in essa parecchi erro ri di lettura e di
disobbedienza. Anche qui Dio parla il linguaggio in te rp reta z io n e . N elle nuove traduzioni è sco m ­
um ano. V enite: im itazione ironica delle parole dei p a rso ogni accenno anche lontano al diluvio, ecc.
v ersetti 3-4. S cendiam o e c o n fo n d ia m o. In q u esto (Ved. C o n d am in, D ict. A p .t B ib. et B a b ., col. 346).
p lurale vi è u n ’allusione al m istero della S a n tis ­ Le ro v in e della torre vanno cercate probabilm ente
sim a Trinità (Ved. n. I, 2 6 ; 111, 22). L ’uno non a Babil o a A m ran ibn *Abi. N elle iscrizioni c u ­
intenda il parlare dell'altro. Dio con un m iracolo n eiform i non si è trovato sin o ra n e ssu n a traccia
fece sì che re p e n tin a m en te l’uno non in te n d e sse del fatto n arrato dalla S c rittu ra . Se ne ha però
più il linguaggio d e ll’ altro, e da ciò seg u ì la una relazione in un p asso di A bideno (n o in
discordia e la d isp ersio n e . L ’unità prim itiva del secolo d . C risto), conservatoci da E usebio (P r e p .
linguaggio um ano è am m essa co m u n em en te dai E v a n g .t IX, 14), e in un passo di A lessandro
filologi. P o listo re (D idot, Fragm . H ist. graec., t. II, p.
Dio con fu se così le lingue dei su p e rb i, m a nel 502), i quali però sono di origine poco s icu ra.
giorno di P e n te c o ste d a rà agli A postoli um ili il Un lontano ricordo del grande avvenim ento si
dono di parlare in varie lingue (Ved. Atti, li, 4). può tro v are nella leggenda dei giganti, che m o s­
S . G regorio N iss. (C o n t. E u n o m ., 1. XII, M. 45, se ro guerra al cielo, e in alcune tradizioni, c h e
col. 995) p ensò che la confusione d elle lingue sia si in contrano p re sso gli antichi popoli com e si
stata lenta e p ro g ressiv a, ma gli altri P a d ri sono pu ò vedere p re sso Liiken (Die T raditionen, ecc.,
di avviso co n trario , e riten g o n o che e ssa sia p . 314 e s s .). È probabile che M osè abbia avuto
stata rep e n tin a e m iracolosa (C f. P e lt., H is t. de q u esto fatto dalla tradizione co n serv atasi pura
V A . 7 \, t. I, p. 115 e s s . ; AI. B ., t. I, n . 339). nella fam iglia di À bram o.
C essarono di fabbricare la città. 1 LXX a g g iu n ­ 10. N ella quinta sezio n e (XI, 10-26) della prim a
gono : e la to rre. Secondo G iu sep p e Flavio, Dio, p a rte della G enesi, si contengono le generazioni di
p e r mezzo dei venti e delle p ro celle, avrebbe fatto Sem (C f. V, 1). B enché i discendenti di q uesto
rovinare la to rre. p atriarca sian o già stati indicati al cap. X, 21-31,
9. B a b e l, deriva dalla radice baiai, ed è fo r­ tu ttavia M osè, ripigliando la narrazione in terrotta
m ato per il ra d d o p p ia m e n to della prim a radicale al c ap . V, 31, vuole far conoscere ora in modo
(babel invece di balbet). La d etta rad ice significa sp eciale il ram o principale della fam iglia di Sem ,
con fo n d ere, e balbel co n fu sio n e. N elle iscrizioni da cui dovrà nascere il Alessia. L ’enum erazione va
cuneiform i si legge B abil o B à b ilu , che viene in­ fino a T h a re , padre di À bram o. Dio lascia ornai
te rp re ta to porta di D io, ma si tra tta di u a!in - che i varii popoli nati dai figli di N oè seg u an o
terpretazio n e p o sterio re. Le d u e in terp retazio n i, le loro vie (Atti, XVII, 30), e la S crittura non si
secondo H u m m elau er, non si escludono. P o treb b e occuperà più che di Àbram o e della sua d isce n ­
esse re infatti che n e ll’intenzione dei fabbricatori d enza.
la città do v esse ch iam arsi porta di D io , ma non Q u este sono le g e n erazioni, ecc. È q u e sto il
essendo stata co n d o tta a term in e, dagli s tessi per titolo della sezione (Ved. n. V, 1). A veva cento
scherno e ironia fosse chiam ata c o n fu sio n e. Le anni. Era nato sul fine d e ll’anno 501 della vita
rovine di B abilonia si sco rg o n o tu tto ra nella loca­ di Noè, e sul fine d e ll’anno 602 di Noè ebbe
lità detta H illah. A 12 ch ilo m etri a S . O. di H illah il p rim o figlio (C f. V, 3 1 ; V II, 6). A rp h a xa d ,
sorge un g ru p p o im m enso di ro v in e d e tte Birs S a le , H e b e r , Phaleg. Ved. n. X. 24-25.
N im rud (torre di N em brod), che da alcuni v en ­ 11. G enerò figli e figlie. I LXX ag g iu n g o n o :
nero con sid e ra te com e gli avanzi della fam osa e p o i m o rì, tanto qui che ai versetti 13, 15 e
torre. E p erò da o sse rv a re che B irs N im rud si seg u e n ti.
112 G e n e s i , X !, 12-28

1=Porro Arpháxad vixit triginta quinqué ,2Arphaxad poi visse trentacinque anni :
annis, et génuit Sale. “ Vixitque Arpháxad, e generò Sale. 13E Arphaxad, dopo aver
postquam génuit Sale, trecéntis tribus an­ generato Sale, visse trecento tre anni : e
nis : et génuit filios et filias. generò figli e figlie.
“ Sale quoque vixit triginta annis, et gé­ 14Sale poi visse trenta anni, e generò
nuit Heber. ‘ Vixitque Sale postquam gé­ Heber. 15E Sale, dopo aver generato Heber,
nuit Heber, quadringéntis tribus annis : et visse quattrocento tre anni : e generò figli
génuit filios et filias. e figlie.
lcVixit autem Heber triginta quatuor an­ l6E visse H eber trenta quattro anni, e
nis, et génuit Phaleg. l7Et vixit Heber post­ generò Phaleg. 17E H eber, dopo aver gene­
quam génuit Phaleg, quadringéntis triginta rato Phaleg, visse quattrocento tre n ta n n i :
annis : et génuit filios et filias. e generò figli e figlie.
1 aVixit quoque Phaleg triginta annis, et 18E visse Phaleg trenta anni, e generò
génuit Reu. “ Vixitque Phaleg postquam Reu. 19E Phaleg, dopo aver generato Reu,
génuit Reu, ducéntis novem annis, et gé­ visse duecento nove anni : e generò figli e
nuit filios et filias. figlie.
20Vixit autem Reu triginta duóbus annis, 20E visse Reu trentadue anni, e generò
et génuit Sarug. 21Vixit quoque Reu post­ Sarug. 2lE Reu, dopo aver generato Sarug,
quam génuit Sarug, ducéntis septem annis : visse duecento sette anni : e generò figli e
et génuit filios et filias. figlie.
22Vixit vero Sarug triginta annis, et gé­ 22E visse Sarug trenta anni, e generò
nuit Nachor. 23Vixitque Sarug postquam Nachor. 23E Sarug, dopo aver generato
génuit Nachor, ducéntis annis : et génuit Nachor, visse duecento anni : e generò fi­
filios et filias. gli e figlie.
24Vixit autem Nachor viginti novem an­ 24E visse Nachor ventinove anni, e ge­
nis, et génuit Thare. 2SVixitque Nachor nerò Thare. 25E Nachor, dopo aver gene­
postquam génuit Thare, centum decem et rato Thare, visse centodiciannove anni : e
novem annis : et génuit filios et filias. generò figli e figlie.
2CVixítque Thare septuagínta annis, et 25E visse Thare settan tan n i, e generò
génuit Abram, et Nachor, et Aran. Abram, e Nachor, e Aran.
=7Hae sunt autem generai iónes Thare : 27Queste sono le generazioni di Thare :
T hare génuit Abram, Nachor et Aran. Porro Thare generò Abram, Nachor, e Aran. Aran
Aran génuit Lot. 26Mortuusque est Aran poi generò Lot. 28E Aran morì prima di
ante Thare patrem suum, in terra nativitàtis Thare suo padre, nella terra dov’era nato,

19 I P ar. I, 19. 2C Jo s. XXIV, 2 ; I P a r. I, 2G.

12-13. Nei LXX si legge : A rphaxad visse 135 si ottiene il seg u en te risu lta to : T ra il diluvio e
anni e generò Cainan. E visse A rphaxad dopo aver A bram o p assaro n o 367 anni secondo il testo
generato Cainan 300 a n n i, e generò figli e fig lie, ebraico, 1017 secondo il testo sam aritano, e 1247
e poi m orì, E Cainan visse 130 anni e generò Sala. secondo i LXX.
E visse Cainan dopo aver generato Sala 330 an n i, 27. La seconda parte della G enesi (XI, 27-L,
e generò figli e figlie e poi m orì. Sala p o i, ecc. 25), tratta dei prim ordi della storia degli E brei, e si
C om e si vede, i LXX tra A rphaxad e Sale in se ­ divide p u re in cinque sezioni che com inciano tutte
riscono C ainan, per modo che la genealogia di allo s tesso modo. La prim a sezione ci dà la storia
Sem viene a contare an ch ’essa 10 nomi come della discendenza di T hare (XI, 27-XXV, 11) co­
quella di Adamo (V, 1). Siccom e il nom e di C ainan m inciando dalla sua famiglia e dalla sua m igra­
si ti Dva anche nella genealogia riferita da S. Luca zione io H aran (XI, 27-32). Q ueste sono le g e n e ­
(Lue. Ili, 3(j), si deve riten e re chc l’aggiunta dei razioni, ecc. Titolo della sezione (Ved. V, 1).
LXX è autentica, se pure non si vuole am m ettere N achor (XXII, 20-26), fratello di Abramo, non va
(con Alapide, C alm et, Fillion, H um m elauer, ecc.) confuso con N achor del v ersetto 25.
che nel testo di S. Luca si tratti di una aggiunta
28. /IIori prim a (lett. in presenza) di Thare, e
dovuta a qualche am an u en se, il che però è ben
quindi prim a della m igrazione ricordata al v e r­
lungi d a ll’e ssere provato. — Anche i num eri d :
setto 31. Ur dei C aldei, a d estra d ell’E ufrate, a
questa genealogia differiscono notabilm ente n r ‘
circa 225 chilom etri al S. E. di Babilonia, nella
testo greco e nel sam aritan o . Vedi Tavola h
località detta M ugheir, dove infatti si sono trovati
A ppendice.
Jàl.'ecchi sigilli reali e iscrizioni col nom e di Uru.
Trecento tre anni. Tale è la lezione di al?Jg H o s f a città adorava la luna, so tto il nome di
codici latini. N ell’ebraico vi è 403. V iinar o di S in . — La Caldea (ebr. terra di
20. E da notare in qu esta genealogia com e Ifl sodim , cuncif. terra di K a sh d u , o Kaldir) com-
durata della vita d e ll’uom o vada man m ano dim i­ ^ e n d e v a il bacino del Tigri e d e ll’Eufrate, e si
nuendo. Som m ando le cifre date dai diversi testi ¿tendeva da B abilonia al Nord sino al golfo P er-
G e n e s i , XI, 29 — XII, 1 113

suae in Ur Chaldaeórum. 29Duxérunt autem in U r d e ’ Caldei. 29E Abram, e Nachor si


Abram et Nachor uxóres : nomen uxoris ammogliarono : la moglie di Abram aveva
Abram, Sarai : et nomen uxoris Nachor, nome Sarai : e la moglie di Nachor aveva
M elcha, filia Aran, patris Melchae, et patris nome Melcha, figliuola di Aran, padre di
Jeschae. 30Erat autem Sárai stérilis, nec Melcha, e padre di Jescha. 3I)Ma Sarai era
habébat liberos. sterile, e non aveva figli.
31Tulit itaque Thare Abram filium suum , 31Thare adunque prese Abram suo figlio
et Lot filium Aran, filium filii sui, et Sárai e Lot figlio del suo figlio ossia di Aran, e
nurum suam , uxórem Abram filii sui, et Sarai sua nuora, moglie di Abram suo fi­
edúxit eos de U r Chaldaeórum, ut irent gliuolo, e li condusse via da U r d e ’ Caldei
in terram Chánaan : venerúntque usque per andar nella terra di Chanaan : e anda­
Haran, et habitavérunt ibi. 32Et facti sunt rono fino ad H aran, e ivi abitarono. 32E
dies Thare ducentórum quinqué annórum , T hare visse duecento cinque anni, e morì
et m órtuus est in H aran. in H aran.

C A P O XII.

Vocazione d i A bramo, 1-9, — A bram o va in E g itto .

1Dixit autem Dóminus ad Abram : Egré- *E il Signore disse ad Abramo : Parti


dere de terra tua, et de cognatióne tua, et dalla tua terra, e dalla tua parentela, e
de domo patris tui, et veni in terram , dalla casa di tuo padre, e vieni nella terra,

31 Jo s. XXIV, 2 ; N eh. IX, 7 ; Ju d ith . V, 7 ; Act. V II, 2. 1 Act. V II, 3.

6Ìco al Sud (Cf. P e lt, o p. cit., t. I, p . 148; Vi- s u p p o rre che A bram o sia partito da H a ra n prim a
gouroux, La B ible et les d é co u v ., t. 1, p . 415 della m o rte di T h a re , il che è c o ntrario a q u anto
e s s ., ecc.). viene afferm ato, A tti, V II, 4, da S . S tefano (Vedi
29-30. S arai, era p u re figlia di T h a re , ma aveva le varie soluzioni n. Atti, V II, 4).
una m adre div ersa, com e è indicato al c a p . XX, 12.
M elcha, da cui nacque B atuele p ad re di Rebeoca
(XXII, 22 e s s.), ie sc h a . Non sap p ia m o perch è C A PO XII.
sia qui ricordata q u esta d onna, di cui non si fa
m enzione in altro luogo. Secondo G iu sep p e FI. e 1. M entre i popoli d isp ersi cadono n e ll’ido-
i rab b in i, essa a n d reb b e identificata con S a ra i, Iatria e nella dim enticanza di D io, Dio sceglie
ma tale identificazióne sem b ra co n traria al c ap . XX, À bram o p e r fa m e il padre d e l . popolo eletto , a
12, e quindi altri p e n sa n o che e ssa fosse an ch e cu i viene affidata la m issione di c o n serv are nel
moglie di Lot, o p p u re che Aran non abbia g e n e ­ m ondo il d eposito della divina rivelazione e l ’a ­
rato altri cíie Lot, M elcha, e Iesch a. Era ste rile . sp ettaz io n e del R edentore. Ciò che re n d e gran d e
Q u este parole p re p a ra n o gli av venim enti XVI, 1 À bram o è la fede, che ha fatto di lui il padre di
e s s . ; XVII, 15 e s s ., ecc. tu tti i cred en ti (Ved. E br. XI, 8-19). La storia
di A bram o (XII, 1-XXV, 11) co m p ren d e q u a ttro
31. Sua nuora , p erch è m oglie di A bram o. S ic ­ p rin cip ali p eriodi, ciascuno dei quali viene in a u ­
com e non si parla di N ach o r, può e ss e re che egli g u rato da una sp eciale rivelazione di Iahveh, Dio
sia rim asto in U r. P iù tardi però la su a fam iglia della red en zio n e. Il prim o (XII, 1-X1V, 24) co n ­
si trovava in H aran (XXIV, 10; XXIX, 4). Li tiene la vocazione del san to P a tria rc a ; il secondo
condusse via in seg u ito a un com ando dato ad (XV, 1-XVl, 16) la su a alleanza con D io ; il terzo
Abramo da Dio (Ved. n. Atti, V II, 2 e s s .). H aran (XVII, 1-XXI, 34) la conferm a d ell'alleanza e
(ass. H arranu), città della M esopotam ia a una alcuni fatti c o n n e s s i; il quarto (XXII, 1-XXV, 11)
giornata di m arcia al Sud di E d essa, celeb re p e r il su o sacrifizio e gli ultim i avvenim enti. Nel
la sconfitta di C ra sso . Di q u e sto viaggio si parla prim o p eriodo si narra com e À bram o per com ando
anche in G io su è, XX, IV, 2 e s s ., e G iu d itta, V, di Dio andò in C hanaan e n e ll’Egitto (XII, 1-20).
6 e s s ., dai quali p assi risu lta che T h are >in U r D isse. Già in U r Dio aveva dato un ordine
adorava il vero Dio, ma poi in H a ra n serviva agli consim ile ad À bram o (Atti, VH, 2), e quindi si
dèi s tra n ie ri. Non è p ossibile d eterm in are s e si tratta ora di una seconda vocazione. Dalla tua
tratti di vera idolatria o di su p erstiz io n e . terra divenuta idolatra, ossia da H a ra n , o p p u re
32. W sse duecento anni (nel testo S am aritano seco n d o altri da U r. In q u e s t’ultim o caso si tra t­
145 anni). Q u e ste parole m esse in ra p p o rto coi tereb b e della prim a vocazione, e si dovrebbe tra ­
dati forniti dai cap . XI, 26 (T hare aveva 70 anni e d u rre . Il Signore aveva detto ad A bram o , ecc.
generò A bram o e N achor, ecc.) e X II, 4 (A bram o Dalla casa di tuo padre caduta essa p u re n e l­
partì da H aran qu an d o aveva 75 anni) dànno l’idolatria (Ved. n. XI, 31). Vieni nella terra, ecc.
luogo a una grave difficoltà, poiché fareb b ero Dio non gli fece su b ito conoscere il luogo dove

8 Sacra B ib b ia , voi. II!.


114 G e n e s i, XII, 2-8

quam monstrábo tibi. "Faciámque te in gen- che io ti mostrerò. ‘E farò di te una grande
tem magnam, et benedícam tibi, et magni- nazione, e ti benedirò, e farò grande il tuo
ficábo nomen tuum, erísque benedíctus. nome, e sarai benedetto. 3BenedÌrò coloro
3Benedícam benedicéntibus tibi, et male- che ti benedicono, e maledirò coloro che
dícam maledicéntibus tibi, atque IN TE ti maledicono, e IN TE saranno benedette
benedicéntur univérsae cognatiónes terrae. tutte le nazioni della terra.
*Egréssus est ítaque Abram sicut praecé- ‘Partì adunque Àbramo come il Signore
perat ei Dóminus, et ivit cum eo Lot : gli aveva ordinato, e Lot andò con lui :
septuagínta quinqué annórum erat Abram Àbramo aveva settantacinque anni, quando
cum egrederétur de Haran. 5Tulítque Sárai uscì di Haran. 5Egli prese con sè Sarai sua
uxórem suam, et Lot fílium fratris sui, uni- moglie, e Lot figlio di suo fratello, e tutto
versámque substántiam quam posséderant, et quello che possedevano, e le persone, che
ánimas quas fécerant in Haran : et egrèssi avevano acquistate in Haran : e partirono
sunt ut irent in terram Chanaan. Cumque per andare nella terra di Chanaan. E giunti
venissent in eam, ®Pertransivit Abram ter­ colà, 6Àbramo passò per mezzo al paese
ram usque ad locum Sichern, usque ad con- fino al luogo di Sichem, fino alla valle fa­
vállem illústrem : Chananaéus autem tunc mosa : e i Chananei erano allora in quella
erat in terra. terra.
7Appáruit autem Dóminus Abram, et 7E il Signore apparve ad Àbramo, e gli
dixit ei : Sémini tuo dabo terram hanc. disse : Io darò ai tuoi posteri questa terra.
Qui aedificàvit ibi altàre Dòmino, qui ap- Ed egli edificò in quel luogo un altare al
paruerat ei. 8Et inde transgrédiens ad mon- Signore, che gli era apparito. ®E di lì pas­
tem, qui erat contra oriéntem Bethel, te­ sando avanti verso il monte, che era a

3 Inf. XVIII, 18 et XXII, 1 8 ,; Gal. I li, 8 ; H eb r. XI, 8. 7 Inf. X III, 15 et XV, 18 et XXVI, 4 ;
D eut. XXXIV, 4.

voleva che em igrasse (Atti, V II, 2 ; Ebr. XI, 8), (Ved. n. Atti, VII, 4). Si indica la data precisa,
e ciò serve a m ettere in m iglior luce la fede e perchè da q uesto punto comincia una nuova era
l ’ubbidienza di À bram o, il quale eseguì p u n tu a l­ per l ’ um anità. Tutto quello che p o sse d e va n o ,
m ente quanto gli fu com andato, e abbandonò ogni greggi, arm enti, ecc. Le persone che avevano
cosa, affidandosi a D io, che gli faceva delle p ro ­ a cquistate, cioè gli schiavi e i figli nati dai loro
m esse, le quali però non si sareb b ero realizzate schiavi. Partirono per andare, ecc. N ell’ebraico e
che in un avvenire lontano. nel greco si aggiunge : e andarono nella terra di
2-3. Dio fa ad Abram o qu attro p ro m esse C hanaant p assando probabilm ente p e r D am asco,
disposte ira loro in bella gradazione. 1° Farò di ed entrandovi p e r il S. E.
te , ecc. Benché Sarai sia sterile iXI, 30), io ti 6. Sich em (oggi N aplusa) nella valle tra il
darò una grande p o sterità. Q uesta posterità in m onte H ebal e il G arizim . Fino alla valle fam osa.
sen so letterale è il popolo d ’Israele, ma in sen so L ’ebraico va tradotto : fino alla quercia (o meglio
sp iritu a le so n o tu tti i credenti (Rom . IV, 11; al querceto) di M areh. Tale querceto, così ch ia ­
G al. HI, 29). 2* Ti benedirò, ossia ti ricolm erò di m ato dal nome del pro p rietario , trovavasi p re sso
/avori m ateriali e sp iritu ali. Sarai benedetto S ichem . I C hananei, ecc. 11 paese quindi non era
(lett. sarai benedizione)^ ossia sarà tanta l’ab ­ disabitato e senza padrone. Tale particolarità viene
bondanza dei favori, di cui ti ricolm erò, che verrà notata a m otivo della p rom essa del versetto 7.
a ridondare anche sugli altri. 3* B e n e d irò ... m ale­ 7. Il Signore apparve so tto form a sensibile ad
dirò. La so rte degli altri uom ini d ip en d erà dal­ A bram o. E q u esta la prim a apparizione di Dio
l’atteggiam ento che p ren d eran n o verso di te. 4° Jn ad un uom o, che sia distintam ente m enzionata
te saranno b e n ed e tte , ecc., ossia tu e la tua nella S crittu ra. Darò ai tuoi posteri discendenti
discendenza, e sp ecialm en te G esù C risto (XXI1, da Isacco e da G iacobbe questa terra di C hanaan.
8 ; G al. Ili, 16), sarete fonte di bene per tutti Dio m ostra ora ad À bramo la terra prom essa
gli uom ini. Si ha qui la terza profezia m essianica, (v. 1), e si im pegna di darla in possessio n e alla
la quale determ ina m aggiorm ente le due p rece­ discendenza di lui, non o stante che essa sia in
denti, III, 15; IX, 26. Àbramo e la su a stirp e potere di un popolo forte e agguerrito. Edificò un
conservaro n o infatti nel m ondo il culto del vero altare in quel luogo santificato d all’apparizione
Dio, ricev ettero le diverse rivelazioni, e da essi di Dio, e per mezzo di q u e s t’atto egli volle c o n ­
nacque il M essia, ch e portò la salu te non solo sac ra re a Dio la terra p ro m e ssa .
agli E brei, ma a tutta l ’um anità (Ved. n. IX, 27). 8-9. Passando avanti in cerca di nuovi pascoli
Q u e st’ultim a p ro m essa verrà rip etu ta più volte per il su o gregge, e spin g en d o si verso S ud.
nella G en esi, XIII, 14-16; XVII, 4 e s s . ; XVIII,
B eth el, è così chiam ata per anticipazione. II suo
18, ecc.
nome allora era Luz (XXVIII, 19), e fu G iacobbe
4-5. Abramo va in C hanaan (5-9). P ien o di fede che la chiam ò B ethel. A occidente (lett. dalla parte
À bramo partì senza sap ere dove an d asse (E br. XI, del mare M editerraneo). La città di H ai è poco
8). L o t, a n ch ’egli cultore del vero D io, era p ro ­ distan te da B ethel. Edificò, ecc. E da am m irarsi
babilm ente stato adottato da Abramo dopo la la costanza con cui A bram o professa la su a fede
m orte di Aran (XI, 28). Aveva settantacinque anni nel vero Dio. A ndò avanti cercando nuovi pascoli.
G e n e s i, XII, 9-17 115

téndit ibi tabernàculum suum , ab occidènte oriente di Bethel, vi tese la sua tenda,
habens Bethel, et ab oriènte Hai : aedi- avendo a occidente Bethel, e a levante Hai :
flcàvit quoque ibi altàre Dòmino, et in- ivi pure edificò un altare al Signore, ed
vocàvit nomen ejus. 9Perrexitque Abram invocò il suo nome. *E Àbramo andò avanti
vadens, et ultra progrédiens ed m eridiem . camminando, e spingendosi verso mezzodì.
10Facta est autem fames in terra : descen- 10Ma sopravvenne la fame nel paese : e
ditque Abram in iEgyptum, ut peregri- Àbramo scese n e ll’Egitto per starvi qualche
narétur ibi : praevaluerat enim fames in tem po : perocché la fame dominava nel
terra. "C u m q u e prope esset ut ingrede- paese. 21E stando per entrare n e ll’Egitto,
rétu r i-Egyptum, dixit Sàrai uxori suae : disse a Sarai sua moglie : So che tu sei
Novi quod pulchra sis m úlier : 13Et quod una bella donna : 12e che quando gli Egi­
cum víderint te iEgyptii, dictúri sunt : ziani ti vedranno, diranno : È sua moglie :
Uxor ipsíus est : et interfícient me, et te e uccideranno me, e conserveranno te. 13Dì
reservábunt. 13Dic ergo, obsecro te, quod adunque, ti prego, che sei mia sorella : af­
soror mea sis : ut bene sit mihi propter te, finchè per te io sia bene accolto, e abbia
et vivat ánima mea ob grátiam tui. salva la vita per tuo riguardo.
14Cum ítaque ingréssus esset Abram JE- 14Entrato dunque Àbramo in Egitto, gli
gyptum, vidérunt ^Egyptii m ulíerem quod Egiziani videro che la donna era molto
esset pulchra nim is. 15Et nuntiavérunt prín­ bella. 15E i principi (del paese) ne diedero
cipes Pharaóni, et laudavérunt eam apud nuova a Faraone, e la celebrarono dinanzi a
illum : et subláta est m úlier in domum lui : e la donna fu (presa e) trasportata in
Pharaónis. 16Abram vero bene usi sunt pro­ casa di Faraone. 16E per riguardo a lei fe­
pter illam : fuerúntque ei oves e t boves et cero b u o n ’accoglienza ad À bram o: ed egli
àsini, et servi et fàmulae, et àsinae et ca- ebbe pecore e buoi e asini, e servi e serve,
méli. 17Flagellàvit autem Dóminus Pha- e asine e cammelli. 17Ala il Signore per­
raónem plagis màximis, et domum ejus cosse di piaghe gravissime Faraone e la
propter Sárai uxórem Abram. sua casa a causa di Sarai, moglie di Àbramo.

13 Inf. XX, li.

Verso m ezzo d ì. NeH’ebraico : verso il N eg h eb (XX, 12). À bram o è p ienam ente giustificato nel
( = terra arida). D avasi q u e sto nom e alla P a le ­ su o m odo di o p e ra re . Egli si trovava in presenza
stina del Sud dalle m ontagne di H e b ro n , E dom , di due p ericoli, quello cioè di e sse re ucciso, se
C ades, ecc., sin o al to rren te di E gitto (XX, 1). rico n o sciu to m arito, e quello che S arai venisse
10. Em igrazione in Egitto (10-20) occasionata violata sia che egli v e n isse u c ciso , e sia che
dalla fam e. S o p ra v v e n n e , ecc. La P alestin a va gli fo sse risp a rm ia ta la vita. D ei due mali egli
soggetta a fam i e carestie perio d ich e, m entre ele sse il m inore, provvedendo così alla propria
l’Egitto fu in tu tti i tem pi celeb rato per la su a sa lu te , e raccom andando alla Provvidenza la c u ­
fertilità, e ad esso eb b ero rico rso i popoli vicini sto d ia della castità di S ara. Alcuni antichi però
durante le carestie (XXVI, 1 e s s . ; XLI, 57). d isap p ro v an o la condotta di À bram o su qu esto
S c e s e , e sp ressio n e tecnica che indica ch e la P a ­ p u n to .
lestina si -trova a un livello più alto d e ll’E gitto. 14-16. I p rincipi (d e l p a e se ) so n o gli addetti
S ta rvi qualche te m p o . Non aveva quin d i in te n ­ alla c o rte . Faraone, deriva d a ll’egiziano p e r'o
zione di fissarvi il su o dom icilio. (ass. p ir ’u) che significa casa grande. Si nom i­
11-13. S e i una bella donna. Sarai aveva allora nava la casa p er colui che la abitava, com e anche
circa 65 anni (XII, 4 ; XVII, 17), ma si trovava ora si dice : La su b lim e P orta , La Porta O tto -
ap p en a a m età della vita (m orì a 127 an n i, XXIII, m ana. P rim a della 22* dinastia il nom e Faraone
1), e non aveva ancora avuto figli. D ’altra parte viene s e m p re u sato solo, ma a com inciare dalla
la longevità degli antichi p atriarch i faceva sì che 22* d in astia (c. 1000 a. C.) gli si aggiunge il
fosse assai più lunga la loro giovinezza e la loro nom e p ro p rio del re . Si ha qui una prova d el­
virilità. Di più le Egiziane non andavano celebri l’esattezza sto rica di M osè. N ell’ebraico si legge :
per la loro bellezza. Gli E giziani, ecc. I tim ori i p rin cip i la v id e ro , e la celebrarono dinanzi a
di À bram o eran o pien am en te giustificati. Le li­ Faraone. Non è possibile d eterm in are quale fosse
cenze e le dissolutezze dei re o rien tali, e s p e ­ q u e sto F arao ne. Fecero buona accoglienza. N el­
cialm ente quelle dei re d ’E gitto, so n o ben note. l’E braico : (Faraone) beneficò À bram o. — Ebbe
Essi c red ev an si s p e s so in diritto di p re n d e re p e c o r e , e cc., ossia doni, quali s i ^convenivano a
quelle donne che loro p iacessero e farle tra s p o r­ p erso n e nom adi. Non si parla di cavalli, p erchè
tare nel loro harem . — U ccideranno m e , perchè q u esti non furono introdotti in Egitto che dagli
si tem e ben più un m arito che un fratello . D i' H y k s o s , i quali non in vasero l ’E gitto che qualche
a d u n q u e, ecc. Già fin dal m em en to della su a p a r­ tem p o d o p o (Cf. H e tze n a u e r, h. 1.).
tenza dalla C aldea A bram o aveva fatto qu esta 17-19. Con piaghe g ra v issim e , fo rse colla peste
specie di convenzione con Sarai (XX, 13). S e i o la leb b ra. La stia casa, che aveva cooperato al
mia sorella. E ssa infatti era nata dallo s tesso rap im en to di S arai. Dio con un m iracolo protegge
padre di À bram o, b en ch é non dalla ste ssa m adre così l ’onore della m adre del popolo eletto. —
116 G e n e s i, XII, 18 — XIII, 7

l8Vocavitque Pharao Abram, et dixit ei : l8E Faraone chiamò Àbramo, e gli disse :
Quidnam est hoc quod fecisti m ih i? quare Che cosa mi hai fatto? perchè non hai tu
non indicasti quod uxor tua e ss e t? l*Quam dichiarato che ella era tua m oglie? lfPerchè
ob causam dixisti esse sorórem tuam, ut dicesti che era tua sorella, perchè io me
tóllerem earn mihi in uxórem ? Nunc igitur la pigliassi in m oglie? O r adunque eccoti
ecce conjux tua, äccipe eam, et vade. la tua moglie, prendila, e vattene. 20E Fa­
20Praecepitque Pharao super Abram viris : raone diede ordini ai suoi uomini riguardo
et deduxérunt eum, et uxórem illius, et ad Àbramo, ed essi lo accompagnarono fuori
ómnia quae habébat. colla sua moglie e con tutto quello che
aveva.

C A P O XIII.

A bram o torna d a ll’Egitto, 1-4, — e s i separa da Lot, 5 -13. — D io promette ad


A bramo la terra d i Chanaan, 14-18.

JAscéndit ergo Abram de jEgypto, ipse À bram o adunque uscì dall’Egitto con la
et uxor ejus, et ómnia quae habébat, et sua moglie, e con tutto quello che aveva,
Lot cum eo ad austràlem plagam. sErat e Lot assieme con lui, e andò verso il mez­
autem dives valde in possessione auri et zodì. 2Ora egli era molto ricco di oro e
argènti. 3Reversusque est per iter, quo vé- d ’argento. 3E tornò per la strada, per cui
nerat, a meridie in Bethel usque ad locum era venuto da mezzodì fino a Bethel, fino al
ubi prius fixerat tabem àculum inter Bethel luogo dove prima aveva piantato la tenda
et Hai : 4In loco altàris quod fecérat prius, tra Bethel e Hai : 4nel luogo, dove era l ’al­
et invocàvit ibi nomen Dòmini. tare che egli allora aveva alzato : e ivi in­
vocò il nome del Signore.
5Sed et Lot qui erat cum Abram, fuérunt 6Ma anche Lot, che era con Àbramo,
greges óvium, et arm énta, et tabernàcula. aveva dei greggi di pecore, e degli ar­
6Nec póterat eos capere terra, ut habitàrent menti, e delle tende. 6E la terra non po­
simul : erat quippe substantia eòrum multa, teva loro bastare per abitare insiem e : pe­
et nequibant habitàre comm uniter. 7Unde rocché le loro facoltà erano grandi e non
et fa età est rixa inter pastóres grégum potevano dimorare insiem e. 7Per la qual
Abram et Lot. Eo autem tèmpore Chana- cosa nacque anche contesa tra i pastori dei
naéus et Pherezaéus habitàbant in terra greggi d ’Àbramo, e quelli di Lot. Ora in

4 S u p . XII, 7. 6 Inf. XXXVI, 7.

Faraone dovette ap p re n d ere da Sarai stessa la viaggio. In C hanaan doveva esse re cessata la
verità delle cose, e vedendosi p erco sso da Dio c arestia.
restituisce ad À bram o la moglie in tatta, ma si 5-6. A bramo si separa da Lot (5-13). Si accenna
lam enta del modo di p rocedere di lui. d apprim a alla causa rem ota. A rm e n ti, cioè
20. Faraone rim anda in pace À bram o, facen­ buoi, ecc. T e n d e , m etafora per indicare i servi,
dolo scortare da alcuni uom ini sino ai confini di e le serve che abitavano sotto le tende. La terra
Egitto, sia per onorarlo e sia per difenderlo. di C anaan essendo abitata da altri popoli, non
poteva b astare a fornire pascoli sufficienti per
tu tto il loro bestiam e.
7. O ccasione prossim a della S eparazione. N ac­
CA PO XIII. que contesa a motivo dei pascoli o dei pozzi, che
ciascun g ru p po di pastori rivendicava per il suo
1-4. Abramo d a ll’Egitto ritorna a B ethel (t-4 ). gregge. Ora in quel tem po. Si accenna ad u n ’altra
U scì, lett. salì (Ved. n. X II, 10). L o t assiem e cau sa, per cui non potevano abitare assiem e. In
con lui. Da q u este parole si deduce che Lot era C hanaan vi erano anche alt-i popoli, e lo spazio
pure andato n e ll’Egitto. Verso il m ezzo d ì. N el­ disponibile era ristretto . I F erezei, non sono ri­
l ’ebraico : verso il N egheb (Ved. n. XII, 9). Era cordati neMa tavola etnografica (X, 1 e s s .), ma
ricco. N ell’e b ra ic o : ricco di b e stia m e , di oro, ecc. di essi si parlerà di nuovo nei G iudici, XI, 3 ;
P er la strada per cui era ven u to . L ’ebraico va tra ­ XVII, 5. Altri pensano che i due nom i indichino
dotto : se n ’andò di accam pam ento in accam pa- le due classi di abitanti di C hanaan, il Cananeo
m ento da m ezzodì fino a, ecc., com e fanno i no­ che abitava le città (Cf. X, 19; XII, 6), e i/ Fe-
madi. Tra B eth el e H ai (Ved. n. X II, 8). I n ­ rezeo che abitava la cam pagna e i villaggi
vocò, ecc. Ringraziò Dio di averlo aiutato nel (Cf. XXXIV, 30. Ved. H etzenauer, h. 1.).
G e n e s i , XIII, 8-17 117

illa. 8Dixit ergo Abram ad Lot : Ne quaeso quel tempo il Chananeo e il Ferezeo abita-
sit iùrgium inter me et te, et inter pastores vano-in quella terra. 8Disse adunque Abramo
meos et pastores tuos : fratres enim sum us. a Lot : Di grazia non vi sia contesa tra me
•Ecce univèrsa terra coram te est : recède e te, e tra i miei pastori e i tuoi pastori :
a me, obsecro : si ad sinistrarti ieris, ego perocché noi siamo fratelli. 9Ecco dinanzi a
déxteram tenébo : si tu déxteram elégeris, te tutto il paese : allontanati da me, ti
ego ad sinistram pergam. prego : se tu andrai a sinistra, io andrò a
destra : se tu andrai a destra, io andrò a
sinistra.
X0Elevatis itaque Lot óculis, vidit omnem loLot adunque, alzati gli occhi, vide tutta
circa regiónem Jordanis, quae univèrsa ir- la regione intorno al Giordano, la quale,
rigabatur antequam subvèrteret Dóminus prima che il Signore distruggesse Sodoma e
Sódomam et Gomórrham, sicut paradisus G omorra, era tutta irrigata come il paradiso
Domini, et sicut /Egyptus venièntibus in del Signore, e come l ’Egitto fino a Segor.
Segor. “ Elegitque sibi Lot regiónem circa 11E Lot elesse per sè il paese intorno al
Jordanem , et recèssit ab oriènte : divisique Giordano, e si ritirò* dall ’oriente : e si
sunt altéru'rum a fratre suo. separarono l ’uno dall’altro.
12Abram habitavit in terra Chanaan : Lot 12Abramo abitò nella terra di Chanaan :
vero m oràtus est in óppidis, quae erant e Lot stava per le città, che erano intorno
circa Jordanem , et habitavit in Sódomis. al Giordano, e pose stanza in Sodoma. 13Ora
“ Homines autem Sodomitae pèssimi erant, gli uomini di Sodoma erano pessim i, e
et peccatóres coram Dòmino nim is. 14Di- grandi peccatori dinanzi a Dio. 14E il Si­
xitque Dóminus ad Abram, postquam di­ gnore disse ad Àbramo dopo che Lot si fu
visus est ab eo Lot : Leva óculos tuos, et separato da lui : Alza i tuoi occhi, e mira
vide a loco, in quo nunc es, ad aquilónem dal luogo, dove sei ora, a settentrione e
et meridiem , ad orientem et occidéntem. a mezzodì, a levante e ad occidente : 15Tutta
15Omnem terram , quam cónspicis, tibi la terra, che tu vedi la darò in eterno a te
dabo, et sém ini tuo usque in sem pitérnum . e ai tuoi posteri. l6E moltiplicherò la tua
16Faciamque sem en tuum sicut pulverem stirpe, come la polvere della terra : se al­
terrae : si quis potest hóminum num erare cuno degli uomini può contare la polvere
pulverem terrae, semen quoque tuum nu­ della terra, potrà anche contare i tuoi
m erare póterit. 17Surge, et perämbula terram posteri. 17Levati su, e scorri la terra, quanto

14 S u p . X II, 7 ; Inf. XV, 18 et XXVI, 4 ; D eu t. XXXIV, 4.

8-9. D isin te re sse e g en ero sità di A bram o. rim ase quin d i solo nella te rra di C hanaan. P ose
Siam o fra te lli, ossia stre tta m e n te congiunti (XI, sta n za , ecc. ; e b r. alzò le sue tende fino a S o d o m a .
27). D inanzi a te , ossia a tua d isposizione. E 13. Erano p e s s im i, ecc. Q u e sta particolarità
da am m irarsi la m a n su etud in e e l'u m iltà di serv e a p re p a ra re gli avvenim enti narrati al
A bram o. N ell’ebraico si legge : Tutto il p aese cap . XIX. D inanzi al S ig n o re , che non si sbaglia
non è fo rse davanti a te ? nel giu d icare, e quindi veram ente. Sui peccati
10. Alzati g li o cch i, pro b ab ilm en te da qualche di Sodom a (Ved. Ezech. XV!, 49). Su Lot (Cf. II
m ontagna *aIl’E. di B ethel. Tutta la regione intorno P ie t. II, 8).
al G iordano. L ’ebraico kikka r significa la pia n u ra, 14. Dio rinnova ad Àbram o la p ro m e ssa di
ossia la valle del G iordano, sp ecialm en te la dare la te rra di C hanaan in p o sse sso ai suoi di­
p arte m eridionale tra il lago di T ib eriad e e il scen d en ti (14-18). S i fu separato scegliendo per
M ar M orto. A nche oggi viene chiam ata dagli sè la m iglior p a rte (v. 11). Alza gli occhi. P uò
Arabi ghor. La valle era ricca di acq u e (irrig a ta ), e ss e re ch e A bram o si tro v asse ancora p re sso
e perciò ab b o n d an te di pascoli e fertilissim a. Le B ethel.
due c o m p a ra z io n i: com e il paradiso (II, 10), 15. La darò a te. Dio prem ia la generosità di
com e l'E g itto , serv o n o ap p u n to a m o strare la À bram o, che aveva ceduto a Lot la parte m i­
sua am enità. Fino a S e g o r , ossia Baia (XIV, 2 ; gliore. In eterno. La p ro m e ssa in q u esta parte è
XIX, 22) situ ata su l M ar M orto. Lot vide a d u n q u e condizionata. Dio darà la te rra di C hanaan in
che tutta la valle del G iordano fino a S egor era etern o ai figli di À bram o, a condizione che siano
irrigata. Alcuni trad u co n o : com e l'E g itto quando fedeli e ubb idienti com e il loro p adre (Cf. Lev.
si va a Z o a r ; ma la spiegazione ad o ttata è più XXVI, 2 1 -3 3 ; D eut. IV, 25-40). La terra prom essa
com une. ad À bram o è una figura del cielo, il quale d i­
11-12. S i ritirò d a ll'O rien te, o ssia, com e si ha verrà l’e tern a eredità di À bram o e di tutti i veri
nell’ebraico, si d ire sse v erso O rien te, accam ­ cred en ti.
pandosi or qua or là seco n d o che portava la sua 16-17. M oltiplicherò la tua s tirp e carnale, ma
vita nom ade, e dim o ran d o tem p o ran eam en te nel- più ancora la tua stirp e sp iritu ale (Ved. X I1, 2).
l’una o nell’altra città della P e n ta p o li. P iù tardi Scorri la terra per vederla e pigliarne comc
ebbe anche u n a casa in Sodom a (XIX, 3). À bram o p o sse sso .
118 G e n e s i , XIII, 18 — XIV, 6

in longitudine, et in latitùdine sua : quia è lunga, e quanto è larga : perocché io te


libi daturus sum cam. la darò.
lsMovens igitur tabernàculum suum A- “ Àbramo adunque mosse la sua tenda,
bram, venit et habitavit juxta convàllem e andò ad abitare presso la valle di Mambre,
Mambre, quae est in Hebron : aedifica- che è in Hebron : ed ivi edificò un altare
vitque ibi altàre Dòmino. al Signore.

C A P O XIV.

Invasione dei re E la m iti, 1-12. — Vittoria d i A bram o e liberazione d i L o ty 13-17.


— Melchisedech benedice A bramo, 18-24.

fa c tu m est autem in ilio tèmpore, ut *E avvenne in quel tempo, che Amraphel


Amraphel rex Sénnaar, et Arioch rex re di Sennaar, e Arioch re di Ponto, e Cho­
Ponti, et Chodorlahomor rex Elamitarum, dorlahomor re degli Elamiti, e Thadal re
et Thadal rex Géntium 2lnirent bellum con­ delle Genti 2mossero guerra a Bara re di
tra Bara regem Sodomórum, et contra Bersa Sodoma, e a Bersa re di Gomorra, e a Sen-
regem Gomórrhae, et contra Sénnaab re­ nab re di Adama, e a Sem eber re di Se-
gem Adâmae, et contra Sémeber regem boim, e al re di Baia, la quale è Segor.
Séboim, contraque regem Balae, ipsa est 3Tutti questi si radunarono nella valle de*
Segor. 3Omnes hi convenérunt in vallem Boschi, che adesso è il m ar salato. 4P er do­
Silvéstrem, quae nunc est mare salis. 4Duó- dici anni infatti erano stati sudditi di C ho­
decim enim annis servierant Chodorlaho- dorlahomor, e il decimo terzo anno si ribel­
mor, et tertiodécimo anno recessérunt ab eo. larono.
5Igitur quartodécimo anno venit Chodor- 5Perciò n ell 1 anno decimoquarto venne
lahomor, et reges qui erant cum eo : per- Chodorlahomor, coi re che si erano uniti
cusserüntque Raphaim in Astarothcarnaim, a lui : e sbaragliarono i Raphaim ad Asta-
et Zuzim cum eis, et Emim in Save Ca- roth-Carnaim, e gli Zuzim con essi, e gli
riathaim, 6Et C horraéos in móntibus Seir, Emim a Save-Cariathaim, 6e i C horrei nei

18 H eb r. VII, I.

18. A n iò ad abitare, restan d o sem p re nom ade, (Ved. n. X, 22). Egli era il capo della spedizione,
presso la valle (ebr. il querceto o i terebinti) e gli altri re erano suoi vassalli. Thadal. Non
di M am bre, che ne era il p ro p rietario . C ostui, sap p iam o nulla su di lui. D elle nazioni. N el­
A m orreo di origine, era un personaggio im p o r­ l’ebraico : re di G oim , che va probabilm ente
tante del paese, e con esso À bramo conchiuse identificato con C u ti delle iscrizioni, sulla fron­
u n ’alleanza (XIV, 13, 24). H e b ro n , città che sorge tiera della Aledia a N. della Babilonia (Cf. Con-
all’estrem ità m eridionale della P alestin a a circa dam in, Dici. A p .% Bible et B a b ylo n e, col. 351 ;
20 chilom etri a Sud di G erusalem m e. Si chiam ava Pelf, H ist. de VA. 7 \, t. I, p. 157 e s s . ; R ev.
anche Ririat-Arbce (XXIII, 2 ; XXXV, 27). B ib ., 1896, p. 6 0 0 ; 1904, p. 464; H um m elaucr,
p. 372 e s s . ; V igouroux, Bib. et découv. m o d .,
CAPO XIV. t. I, n. 501 e s s . ; V andervost, Israel et VA.
O rien t, p. 13).
1. Incontro di Abramo con A lelchisedech, e 2-3. Sodom a e le altre quattro città confede
benedizione che qu esti gli diede (1-24). D apprim a rate sorgevano tutte nella valle di S id d im , dove
si narra l ’occasione d ell’incontro, che fu una ora è il M ar Alorto, e form avano la P entapoii.
invasione di re Elamiti (1*12) e la vittoria su B aia, è l’antico nom e della città, che allora quando
di essi rip o rtata da Abram o (13-17). l’autore scriveva si chiam ava Segor (cbr. S o 'a r .
In quel tem p o . N ell’ebraico : avvenne al tem po Ved. XIX, 22). Valle dei B o sc h i, ebr. valle di
di A m ra p h el... che essi fecero guerra, ecc. A m - S id d im . Il mare salato, è il Mar Morto (Ved. XIX,
raphel va identificalo con tutta probabilità con 24 e ss.).
H am m urabi re di B abilonia, il quale viveva 2050
a. C. (Ved. R ev. B ib ., 1908, p. 205). S e n n a ar 4. M otivo della guerra. 1 cinque re della P e n ­
indica qui Babilonia (X, 10). A rioch, è probabil­ tapoli che per 12 anni eruno stati tributarli di
m ente Rim Sin (o ppure R im -A kou) re di Ella- C h o dorlahom or, si ribellarono. Le recenti s c o ­
sar ( _ a Ponto nella Volgata). Q u esta città può perte ci hanno m ostrato che già parecchi secoli
identificarsi con Larsa delle iscrizioni (oggi Sin- prim a di Àbram o il re Sargon di Agade aveva
kéreh) nella bassa C aldea al N. di U r. C hodor­ este se le sue conquiste sino al Aleddlerraneo.
lahom or (elam. K udur-La^am ar = serv o di Laga- 5-6. Venne C hodorlahom or. Q uesta spedizione
m art divinità elam ita), identificato da alcuni con dovette aver luogo nei prim i tre n ta n n i del regno
K udur-Lugam al delle iscrizioni. Re degli Elam iti di H am m urabi, quando cioè durava ancora la
G e n e s i , X IV , 7-13 119

usque ad campéstria Pharan, quae est in monti di Seir, fino alle campagne di Pharan,
solitudine. 7Reversique sunt, et venérunt ad che è nel deserto. 7E (i re) tornando indietro,
fontem M isphat, ipsa est Cades : et percus- giunsero alla fontana di M isphat, che è lo
sérunt omnem regiónem Amalecitàrum, et stesso che Cades : e devastarono tutto il
Amorrhaéum, qui habitàbat in Asasóntha- paese degli Amaleciti, e degli Am orrhei, che
mar. 8Et egrèssi sunt rex Sodomórum, et abitavano in Asason-Thamar. 8E il re di So­
re« G om órrhae, rexque Adàmae, et rex doma, e il re di Gomorra, e il re di Adama,
Séboim, necnon et rex Balae, quae est e il re di Seboim, ed anche il re di Baia,
Segor : et direxérunt àciem contra eos in la quale è Segor, si m ossero : e ordina­
valle Silvèstri : 9Scilicet advérsus Chodor- rono la battaglia nella valle d e ’ Boschi con­
làhomor regem Elamitàrum, et Thadal re- tro quelli : 9vale a dire contro Chodorla-
gem G éntium , et Amraphel regem Sénnaar, homor re degli Elamiti, e Thadal re delle
et Arioch regem Ponti : quàtuor reges ad­ G enti, e Amraphel re di Sennaar, e Arioch
vérsus quinque. re di Ponto : quattro re contro cinque.
,0Vallis autem Silvéstris habébat puteos 10E la valle de* Boschi aveva molti pozzi
multos bitum inis. Itaque rex Sodomórum, et di bitum e. Ora i re di Sodoma, e di Go­
G om órrhae terga vertérunt, cecideruntque m orra voltarono le spalle, e vi caddero den­
ibi : et qui rem ànserant, fugérunt ad mon- tro : e quelli che si salvarono, fuggirono alla
tem. n Tulérunt autem omnem substàntiam montagna. 11E (i vincitori) presero tutte le
Sodomórum et Gom órrhae, et univèrsa quae ricchezze di Sodoma e di G omorra, e tutti
ad cibum pértinent, et abiérunt : 12Necnon i viveri, e se n ’andarono : 12E (presero)
et Lot et substàntiam ejus, filium fratris anche Lot, figlio del fratello di Àbramo, che
Abram, qui habitàbat in Sódomis. abitava in Sodoma, e tutte le sue sostanze.
l3Et ecce unus, qui evàserat, nuntiàvit 13Ed ecco uno dei fuggitivi ne portò la
Abram H ebraéo, qui habitàbat in convàlle nuova ad Àbramo Ebreo, il quale abitava
Mambre Amorrhaéi fratris Eschol, et fratris nella valle di Mambre Amorrheo, fratello di
Aner : hi enim pepigerant foedus cum Escol e fratello di Aner : i quali avevano

sovranità di E lam , fru tto della c o n q u ista di K u d u r- cu p ate da q u esti popoli. A sason-T ham ar detta più
N ahhounte (2280 a. C .). C osì si sp ieg a p erch è tard i Engaddi (Il P a ra i. XXII, 12) sulla sp o n d a
C hodorlahoraor e non H am m u rab i sia il capo occidentale del Alar Aiorto.
della sped izio n e. Sbaragliarono varii popoli che 8-12. La battaglia coi re della P e n ta p o li. Valle
loro co n tra stav a n o il p asso , o p p u re si eran o u n iti d ei B o s c h i, cioè di Sid d im . A veva m olti p o zzi
ai ribelli. 1 R a p h a im , uom ini di alta s ta tu ra , com e di b itu m e y ossia di asfalto. N elle d e p re ssio n i del
indica il loro nom e, che abitavano sulla riva O rien ­ su o lo l’asfalto arrivava sino a fior di te rra , il
tale e O ccidentale del G io rd an o (G ios. XVII, 15;
ch e ren d ev a il te rre n o poco propizio alla fuga
li Re, XXI, 15 e s s .). A staroth-C arnaim nella
dei vinti. NeH’ebraico si ha : p o zzi e po zzi di
regione di B asan a ll’E st del lago di T iberiade
a sfa lto , e sp ressio n e che indica una m oltitudine di
(D eut. I, 4 ; G ios. IX, 10). Gli Z u zim so n o i
pozzi. Vi caddero dentro a m otivo della c o n fu ­
Z a m zu m m im del D eu t. II, 20, che facevano p a rte
sio n e e del d isordine della fuga. Il soggetto di
dei R aphaim . Con essi. N e ll’ebraico, in H a m y
q u e sto verbo p robabilm ente non sono i re , poiché
città che può indentificarsi con Rabbath-A m m on
al v ersetto 17 il re di Sodom a è ancora vivo, ma
(D eut. III, l i ) . La traduzione della Volgata è do­
i soldati, che com battevano s o tto i loro ordini.
vuta a una falsa lettu ra (b a h em invece di b a h a m ).
Alla m o n ta g na, cioè alla catena delle m ontagne
Gli E m im ap p arte n ev a n o a n c h ’e ssi ai R aphaim .
di Aloab a ll’E st del Alar A iorto. I vincitori s a c ­
Save-C aria th a im , indica la pian u ra p re sso la città
ch eggiarono Sodom a e G om orra, e poi s e n ’a n ­
di C ariathaim a ll’E st del Alar Aiorto. I C h o rrei,
d aro n o risa le n d o la valle del G iordano. P re s e ro
ossia trogloditi, antichi ab itato ri d e ir Idum ea
anche L o t% ecc. Dio lo castigò, perchè attratto
(XXXVI, 20 e s s.). I m o n ti di S e ir so rg o n o tra il
dalla fertilità del luogo aveva voluto abitare in
Alar Aiorto e il golfo A elanitico. Fino alle cam ­
un p aese così co rro tto . Le su e sosta n ze. L ’ebraico
pagne di Pharan (ebr. fino a El-Pharan), citrà
aggiunge : e se n'andarono.
che può id entificarsi con Aila o Elath su l golfo
Aelanitico (D eut. II, 8), che veniva detta di 13. V ittoria di À bram o (13-16). À bram o viene
P h a ra n , p erchè si trovava a O riente del gran in fo rm ato della disgrazia toccata al su o nipote.
d e se rto di P h a ra n , che si sten d e v a sin o ai su o i Abram o E breo. È la prim a volta che ap p are
confini. q u e sto nom e divenuto poi così com une. Secondo
7. T ornando da Aila al S u d , i vincitori si s p in ­ l’etim ologia deriva da *eber — al di là e indica
sero al N ord, e g iu n sero alla fo n ta n a di M isphat À bram o com e originario della regione situ a ta al
(°ggi » Ain K u d es). Siccom e l’ebraico , Ein m i­ di là d e ll’E u frate, per opposizione agli A m orrei,
s p h a t, significa fo n te dei g iu dizio, è p robabile che in mezzo ai quali abitava. P u ò e sse re che siano
si an d asse a c o n su ltare l ’oracolo p re sso tale fo n ­ q u esti ste ssi che gli abbiano dato tal nom e. Altri
tana, e che da ciò le sia v en u to il nom e. C a d e sy lo fanno d erivare da E ber (X, 25). M am bre (X III,
poco lungi dalla fro n tiera m eridionale della P a ­ 18). E sc o l, A ner. Di essi non sap p ia m o nulla.
lestina. Il p a ese degli Am aleciti (XXXVI, 12) « A veva n o fa tto lega per p re sta rsi vicendevole aiuto.
degli A m orrhei (Ved. X, 16), ossia le te rre poste P rova della potenza e della stim a goduta da
al Sud della P a le stin a, che più tard i furono oc- À bram o.
120 G e n e s i, X IV, 14 -22

Abram. MQuod cum audisset Abram, captum fatto lega con Àbramo. 14E Àbramo avendo
vidélicet Lot fratrem suum , numerávit expe­ udito, che Lot suo fratello era stato fatto
ditos vernáculos suos trecéntos decem, et prigioniero, scelse i migliori servi nati in
octo : et persecútus est usque Dan. ,5Et di- casa in num ero di trecento diciotto : e in­
vísis sóciis, írruit super eos nocte : percus- seguì i nemici fino a Dan. 15E divise le
sítque eos, et persecútus est eos usque schiere, li assalì di notte tempo : e li sba­
Hoba, quae est ad laevam Damásci. , 6Re- ragliò, e li inseguì fino ad Hoba, che è alla
duxítque omnem substántiam, et Lot fra­ sinistra di Damasco. 16E ricuperò tutta la
trem suum cum substantia illíus, mulleres roba; e Lot suo fratello con tutto ciò che gli
quoque et pópulum. apparteneva, e anche le donne e il popolo.
l7Egréssus est autem rex Sodomórum in 17E quando egli ritornava dalla sconfitta
occúrsum ejus postquam revérsus est a di Chodorlahomor e dei re che erano con
caede Chodorláhomor, et regum qui cum eo lui, il re di Sodoma gli andò incontro nella
erant in valle Save, quae est vallis regis. valle di Save, che è la valle del re. 18Ma
1#At vero Melchisedech rex Salem, prófe- Melchisedech re di Salem, messo fuori del
rens panem et vinum, erat enim Sacérdos pane e del vino, perocché egli era sacer­
Dei altissimi, 19Benedíxit ei, et ait : Bene­ dote di Dio altissimo, 19lo benedisse, di­
d i c t s Abram Deo excélso, qui creávit cae­ cendo : Benedetto Àbramo da Dio altissimo,
lum et terram : 20Et benedictus Deus excél- che creò il cielo e la terra : 20e benedetto
sus, quo protegénte, hostes in m ànibus tuis Dio altissimo, per la cui protezione i nemici
sunt. Et dedit ei décimas ex òmnibus. sono stati dati in tuo potere. E (Àbramo)
gli diede le decime di tutte le cose.
21 Dixit autem rex Sodomórum ad Abram : 21E il re di Sodoma disse ad Abramo :
Da mihi ánimas, cétera tolle tibi. 22Qui Dammi gli uomini, prendi per te il resto.
respóndit ei : Levo manum meam ad Dó- 22Abramo gli rispose : Alzo la mia mano al

14. S u o fra tello , in largo sen so . S celse e arm ò graziam ento a D io. Tale è l ’interpretazione, che
i m igliori, ossia i più fedeli e coraggiosi servi tu tti i P ad ri hanno dato di q u este parole, ed
nati in casa p e r opposizione a quelli co m p rati, essa è m anifestam ente voluta dal contesto, giacché
sulla cui fedeltà non poteva fare tanto affidam ento. l ’aggiunta : perocché egli era sacerdote, ecc., in­
Alla testa di q u esto piccolo esercito , e c o ll’aiuto dicando il motivo per cui M elchisedech m ise
dei soldati dei su o i alleati (v. 24) inseguì i re fuori del pane e del vino, m ostra in m odo chiaro
elam iti fino a Dan (allora chiam ata Lais o L e s e m , che egli voleva sacrificare, giacché tale è l'u f ­
G ios. XIX, 4 7 ; G iud. XVIII, 28) p resso il L ibano, ficio del S acerdote. D ’altra parte sareb b e assai
alle fonti del G iordano. Altri pen san o ch e si tratti s tra n o che A bram o, il quale in altre circostanze
di una città situ ata nel p aese di G alaad a ll’Est sem p re offrì sacrifizi a Dio (XII, 7, 8 ; X III,
del G iordano (11 Re, XXIV, 6). 18, eoe.), abbia poi fatto nulla p e r ringraziare Dio
15. D ivise le sch iere, ecc. A bram o con abile della vittoria rip o rta ta . Ora n essu n altro testo
tattica assalì i nemici a ll’im provviso di n o tte, e della Scrittu ra può alludere a un sacrifizio fatto
da diverse p arti, ed essi presi dal panico si die­ in qu esta circostanza se non il p re sen te , il quale
dero a fuga precip ito sa, ab b andonando tu tto il per conseguenza va in te rp reta to nel sen so indi­
bottino raccolto. H oba. E incerto dove so rg e sse. cato. Si aggiunga ancora che G esù C risto vien
Alla sinistra, cioè a Nord di D am asco. N ella vit­ detto (Salm . C1X, 4 ; Ebr. V-Vll) sacerd o te s e ­
toria di A bramo si deve rico n o scere u n ’in te r­ condo l ’ordine di M elchisedech. O ra in nessun
venzione speciale di Dio. altro luogo si parla di un sacrifizio e di un rito
sacro com piuto da M elchisedech; e quindi le dette
17. D ue personaggi vengono a con g ratu larsi con
parole vanno in te rp reta te nel sen so che M elchi­
A bram o, uno dei quali, cioè M elchisedech, lo
sedech offrì un vero sacrifizio. 11 pane e il vino
benedice (17-24). Il re di S o d o m a, scam p ato alla
offerti da A telchisedech sono figura d ell’E ucaristia.
stra g e del versetto 10, o p p u re secondo altri, il
Di Dio altissim o (ebr. *El *elìon) cioè d e ll’unico
s u o su ccesso re. Gli andò incontro sia per co n ­
vero Dio.
g ratu larsi e sia per chiedergli i prigionieri (v. 21).
La valle di S ave o del re va cercata p resso G e ru ­ 19-20. Lo benedisse invocando so p ra di lui i
salem m e. Alcuni h anno p en sato alla valle del favori divini. B e n e d e tto , cioè sia lodato e rin ­
C edron (Cf. II Re, XVI11, 18). graziato Dio altissim o , che ha dato la vittoria.
In cam bio della benedizione ricevuta e per re n ­
18. M elchisedech (etim ol. re di giustizia. Ebr.
dergli omaggio e riconoscere la sua dignità s a c e r­
V II, 2), re di S alem (etim ol. pace), cioè pro b a­
dotale Àbram o diede a M elchisedech la decima
bilm ente di G eru salem m e (Salm . LXXV, 3). E parte di tu tte le cose (Ved. Ebr. VII, 1 e s s .,
un personaggio m isterio so , re e sacerd o te nello il ragionam ento che su di qu esto fa S. Paolo).
s tesso tem po, e figura del R edentore, che viene
chiam ato sacerd o te seco n d o l ’ordine di M elchi­ 21. Il re di Sodom a vedendo la generosità di
sedech (Ved. Salm . C1X, 4 e C f. Ebr. V, VI, A bram o, gli chiede gli uom in i, ossia i prigionieri
V II, dove S. P aolo sv ilu p p a a lungo tu tte le di S odom a, che C hodorlahom or aveva condotti
relazioni che vi sono tra M elchisedech e G esù con sè , e À bramo aveva liberato. A nch’egli 6i
C risto), fle s s o (lett. m ise) fu o ri del pane e del m ostra g eneroso cedendo il re sto ad A bram o.
v in o , non solo per risto ra re i com battenti, ma 22-24. Àbramo ricusa ogni cosa ; egli non
principalm ente p e r offrire un sacrifizio di rin- vuole aver nulla di com une coi Sodom iti, e non
G en esi, XIV, 23 — XV, 5 121

ininum Deum excélsum possessórem caeli Signore Dio altissimo, padrone del cielo e
et terrae, 23Quod a filo subtégm inis usque della terra, 23che di tutto quello che è tuo
ad corrigiam càligae, non accipiam ex ómni- non prenderò nè un filo di trama, nè una
bus quae tua sunt, ne dicas : Ego ditàvi correggia di scarpa, perchè tu non dica :
Abram : 24Excéptis his, quae com edérunt Ho arricchito Àbramo ; 24Eccetto quello che
juveness, et pàrtibus virórum , qui venérunt questi giovani hanno mangiato, e le por-
mecum, Aner, Eschol, et Mambre : isti ac- zioni di questi uomini, che sono venuti con
cipient partes suas. me, A ner, Escol, e Mambre : essi prende­
ranno la loro parte.

C A P O XV.

Fede d i A bram o in D io che g l i promette un fig lio , i - 6 . — A lle a n za tra D io ed


A bramo, 7-21.

'H is itaque transactis, factus est serm o 2Passate che furono queste cose, il Si­
Dòmini ad Abram per visiónem dicens : gnore parlò in visione ad Àbramo dicendo :
Noli tim ére Abram, ego protéctor tuus sum , Non tem ere, o Àbramo, io sono il tuo
et m erces tua magna nim is. 2Dixitque protettore, e la tua ricompensa oltremodo
Abram : Dòmine Deus, quid dabis mihi ? grande. 2E Abramo disse : Signore Dio,
ego vadam absque liberis : et filius procu- che mi darai tu ? io me n ’andrò senza figli :
ratóris domus meae iste Damascus Eliézer. e questo Eliezer di Damasco è il figlio del
3Addiditque Abram : Mihi autem non de- procuratore della mia casa. 3E Àbramo ag­
disti sem en : et ecce vernàculus meus, heres giunse : Ma a me tu non hai dato figli : ed
meus erit. 4Statimque serm o Dòmini factus ecco che un servo di casa mia sarà mio
est ad eum, dicens : Non erit hic heres erede. 4E subito il Signore gli indirizzò la
tuus : sed qui egrediétur de utero tuo, parola e disse : Costui non sarà tuo erede :
ipsum habébis herédem . ma colui, che uscirà dai tuoi lombi, avrai
per erede.
5Eduxitque eum foras, et ait illi : Suspice 5Poi lo condusse fuori, e gli disse : M ira

4 Rom. IV, 18.

vuole che alcuno, eccetto D io, p o ssa dire di re C an an ei, i qua-li o per vendicarsi della s c o n ­
averlo arricch ito . Alzo la m an o , ossia io g iuro. E fitta o per im p o s se s sa rs i delle su e ricchezze vo­
q u e sto il prim o g iuram ento rico rd ato nella S c rit­ le sse ro m uovergli g u e rra . Il tuo p rotettore (ebraico
tu ra . Dio altissim o. Invoca Iahveh collo stesso il tuo scudo) e ti d ife n d e rò . La tua ricom pensa
nom e con cui l’aveva invocato M elchisedech (18, oltre m odo grande p e r tu tti i tuoi travagli sarò
20). N è un filo {di trama m anca n e ll’e b r.), nè, ecc., io ste sso . I LXX h a nno tra d o tto : la tua ricom ­
proverbio p e r dire n ep p u re la più piccola cosa. p en sa sarà oltrem odo g ra n d e , vale a dire io ti
Q uesti giovani-, so n o i 318 serv i (14), e ssi av ran n o rico lm erò di benefizi dandoti n u m ero si d is c e n ­
solam ente quello che h an n o c o n su m ato p er n u ­ d en ti e ricchezze, ecc. I m oderni accettano tutti
trirsi, ma i m iei tre alleati avran n o invece la p a rte tale trad u zio ne, la quale risp o n d e bene al c o n ­
«he loro sp e tta . testo .
2-3. S ig n o re (ebraico A donai = m io so vra n o ),
Id d io (ebr. Iahveh) che m i darai tu ? ossia, a che
C A PO XV. mi s erv ira n n o le ricchezze e i beni che mi hai
p ro m e sso , se io non ho figli e dovrò poi lasciar
1. Alleanza con ch iu sa tra D io e À bram o (1-21). tu tto a uno s tra n ie ro ? E questo E liezer, ecc. Il
D apprim a si d escriv e la fede di À bram o (1-6). te sto ebraico va tradotto : e il figlio erede della
Passate q u e ste c o se , n a rra te nel capo p re c ed e n te . mia casa è q uesto E liezer di D am asco. A bram o,
La data, com e si vede, è m olto vaga. Il Signore dop o e sse rsi s ep a ra to da Lot, aveva p ro b ab il­
parlò. E la prim a volta che vien u sata qu esta m ente p e n sa to a lasciare erede dei suoi beni il
frase fa ctu s e st serm o D o m in i, colla quale so n o s u o fedele Eliezer (XXIV, 2). Dio aveva già p ro ­
introdotte le rivelazioni fatte da Dio ai p ro feti. m esso ad A bram o una discendenza (XII, 7), ma
In visio n e , e quindi non in so g n o , ma in una p u ò e sse re che egli c re d esse di e sse rsi re so in­
estasi, nella quale Dio ra p i in m odo s o p ra n n a ­ degno di essa per su a colpa (A lapide). Un s e n 'o
turale A bram o fuori dei s en si, in modo che p o ­ di casa m ia, cioè Eliezer. A bram o insiste sullo
tesse inten d ere e v edere q u an to è n a rra to nei s te s s o p e n sie ro .
versetti seg u en ti. N o n tem ere. P u ò e ss e re che 4-5. 11 S ignore tranquillizza À bram o ned suoi
egli tem esse un attacco dai re elam iti, o p p u re dei tim ori, e gli rinnova la p ro m e ssa . Non sarà un
12 2 G e n e s i , XV, 6-13

caelum, et numera stellas, si potes. Et dixit il cielo e conta le stelle, se puoi, e sog­
ei : Sic erit sem en tuum. ®Crédidit Abram giunse : Così sarà la tua discendenza. *A-
Deo, et reputdtum est illi ad justitiam. bramo credette a Dio, e gli fu imputato a
giustizia.
7D ixitqueadeum : Ego Dóminus qui eduxi 7E il Signore gli disse : Io sono il Signore
te de Ur Chaldaeórum ut darem tibi ter- che ti trassi da Ur de’ Caldei, per darti
ram istam, et possidéres eam. 8At ille ait : questo paese, acciò tu lo possegga. 8E
Domine Deus, unde scire possum, quod Àbramo rispose : Signore Dio, donde posso
possessùrus sim eam ? 9Et respóndens Dó­ 10 conoscere, che sarò per possederlo? *E
m inus : Sume, inquit, mihi vaccam trién- 11 Signore soggiunse : Prendimi una gio­
nem, et capram trimam, et arietem annó- venca di tre anni, e una capra di tre anni,
rum trium , turturem quoque, et columbam. e un ariete di tre anni, e una tortora, e
10Qui tollens univèrsa haec, divisit ea per una colomba. 10Ed egli prese tutte queste
mèdium, et utràsque partes contra se al- cose, le divise per mezzo, e pose le due
trinsecus pósuit : aves autem non divisit. parti l ’una dirim petto all’altra : ma non di­
n Descenderuntque vólucres super cadàvera, vise gli uccelli. n Ora gli uccelli (da preda)
et abigébat eas Abram. calavano sopra le bestie morte, e Àbramo li
cacciava.
12Cumque sol occumberet, sopor irruit 12E sul tramontare del sole un profondo
super Abram, et horror magnus et tene- sonno cadde sopra Àbramo, e lo invase un
brósus invasit eum . “ Dictumque est ad orrore grande e tenebroso. 13E gli fu detto :
eum : Scito praenóscens quod peregrinum Sappi fin d ’ora che la tua stirpe sarà pelle-

6 Rom. IV, 3 ; G al. I ll, 6 ; Jac. Il, 23. Jerem . XXXIV, 18. 13 Act. V II, 6.

servo, ma il tuo p roprio figlio, che avrà la tua IO. Àbramo ubbidisce. E incerto però se
eredità. C osì num erosa sarà la tua discendenza tu tto qu esto sia avvenuto in visione (v. 1) o p p u re
sia carnale, cioè gli E brei, e sia sp iritu a le , ossia in realtà e stern a, benché qu esto secondo m odo
tu tti i cristiani (Rom. IV, 18). ci sem b ri più probabile. Le divise p e r m ezzo
6. Abram o credette a Dio. E la prim a volta dalla testa alla coda. N on divise gli uccelli (L ev.
che si parla di quella fede, che fece di À bram o 1, 17), ma li pose uno da una p arte e l’altro
il padre di tutti i c red en ti. P oggiandosi su lP au to - d all’altra. G li antichi, C aldei, G reci e Latini,
rità infallibile di Dio, egli tenne per certo quanto q u ando conchiudevaoo u n ’alleanza im m olavano al­
il Signore gli diceva, qu alu n q u e cosa p o te sse ro cune vittim e, c h e poi dividevano in due parti
suggerirgli in contrario le um ane considerazioni. ponendole d irim petto l ’una a ll’altra. ! contraenti
Egli s p erò nella p ro m essa di D io, e colla su a vi p assavano quindi nel mezzo im precando a sè
obbed/ienza d iede a Dio una testim onianza di s tessi di e sse re tagliati in due, se venivano pieno
am ore sin cero . Ora un tale atto di fede co n ­ a ll’alleanza (Ved. G erem . XXXIV, 34 e s s.). Da
giunto colla sp eran za e colla carità gli fu im putato q u esto u so vennero le frasi percutere o ferire
a g iustizia , ossia gli valse la giustificazione d a­ fo e d u s .
vanti a Dio, vale a dire per un tale atto di fede 11-12. Gli uccelli da p reda. Tale è il sen so
D io gli diede la grazia santificante e lo fece c re ­ d e ll’ebraico. Àbram o li cacciava. Q uesti uccelli
scere in essa. E d i osservare che le parole di figurano i nemici d ’Israele, i quali cercheranno
q u e sto versetto si applicano anche alle altre di attra v e rsare i disegni di D io ; essi però non
azioni precedenti di A bram o, com inciando dalla im pediranno l ’adem pim ento delle p ro m esse. Gli
prim a chiam ata di Dio in U r dei C aldei. C he 6e Israeliti vinceranno i loro nem ici per mezzo della
M osè le riferisce so lo in qu esta circostanza, si è fede e della confidenza in Dio. U n profondo
perchè qui spiccò in modo più grande ancora la sonno so p ra n n atu rale inviatogli da Dio, com e
fede del grande P atriarca (Cf. E br. XI, 8 e s s ., ad Adamo (II, 21). Un orrore, ecc., causato forse
e vedi il com m ento che su qu este parole fanno dagli uccelli da preda. Egli si trovò come avvolto
S . P aolo, Rom. IV, 3 e s s . ; Gal. Ili, 6 e s s . ; nelle ten eb re, figura dei mali che Israele avrebbe
e S. C iac. II, 23). so fferto n e ll’Egitto. Il te rro re di À bram o 'Ju
7-9. A lleanza tra Dio e Abramo (7-21). Da anche causato dalle rivelazioni di Dio.
U r, ecc. (Ved. XI, 28). P er darti questo paese
(Ved. X II, 7 ; X III, 14 e s s.). D onde p o sso 13. Dio annunzia ad Abram o un periodo di
io, ecc. À bram o non dubita della p ro m essa di sofferenze per i suoi discendenti. Sarà pellegrina,
D io, ma fidando nella su a bontà dom anda con ossia s tra n ie ra , in una terra non su a , cioè nel­
um iltà qualche seg n o , affine di conoscere il modo l’Egitto. La porranno in ischiavitù, e b ra ic o : e
e l ’ordine, con cui essa si effettuerà (Ved. G iud. serviranno (gli Ebrei) ad e ssi (cioè agli Egiziani).
VI, 17; IV Re, XX, 8 ; Lue. I, 34, ecc.). Il S i­ E la strazieranno, ossia gli Egiziani op p rim e­
gnore gli dà il seg n o d e sid erato , però in un modo ran n o gli Ebrei per 400 anni. Si tratta di un n u ­
m isterioso. P rendi per farmi un sacrifizio. Una m ero rotondo (Ved. X III, 20 e Atti, V II, 6). II
vacca, ecc. C inque sp ecie di anim ali p uri, i quali num ero estratto è 430 anni (E sod. X II, 40). Vedi
nel culto giudaico v erran n o poi d ’ordinario o f­ la nota G al. Ili, 17. Secondo S. P aolo tra la
ferti in sacrifizio. Di tre anni e quindi nel pieno p ro m essa e la legge sareb b e ro passati 430 anni,
vigore delle loro forze. ma con tutta probabilità I’A postolo non parla di
G e n e s i , XV, 14-21 123

futurum sit sem en tuum in terra non sua, grina dn una terra non sua, e la porranno
et subjicient eos servituti, et affli gent qua- in ischiavitù, e l ’affliggeranno per quattro-
dringéntis annis. 14Verumtamen gentem , cui cento anni. 14Ma io farò giudizio della na­
servitóri sunt, ego judicabo : et post haec zione, a cui avranno servito : e poi se r.e
egrediéntur cum magna substantia. 15Tu partiranno con grandi ricchezze. 15iA a tu
autem ibis ad patres tuos in pace, sepultus andrai ai tuoi padri in pace, e sarai sepolto
in senectüte bona. 16G eneratióne autem in prospera vecchiezza. 16E alla quarta ge­
quarta reverténtur hue : necdum enim com- nerazione (i tuoi) torneranno qua : poiché
plétae sunt iniquitätes Amorrhaeórum usque fino al tempo presente non sono ancora
ad praesens tempus. compiute le iniquità degli Am orrhei.
*
17Cum ergo occubuisset sol, facta est ca­ 17Tramontato poi che fu il sole, si fece
ligo tenebrósa, et appäruit clibanus fumans, una caligine tenebrosa, e apparve un forno
et lampas ignis transiens inter divisiónes fum ante, e una lampada ardente, che pas­
illas. sava per mezzo agli animali divisi.
16In ilio die pépigit Dóminus foedus cum 18In quel giorno il Signore fece alleanza
Abram, dicens : Sémini tuo dabo terram con Àbramo, dicendo : Io darò al tuo seme
hanc a fluvio ^Egypti usque ad fluvium ma­ questa terra dal fiume d ’Egitto sino al gran
gnum Euphräten, 19Cinaéos, et Cenezaéos, fiume Eufrate, 19i C inei, e i Cenezei, e i
Cedmonacos, 20Et Hethaéos, et Pherezaéos, Cedmonei, 20e gli H ethei e i Pherezei,
Raphaim quòque, 21 Et Amorrhaéos, et Cha- e anche i Raphaim, 21e gli A morrhei, e i
nanaèos, et G ergesaéos, et Jebusaéos. C hananei, e i G ergesei, e i Jebusei.

18 S u p . X II, 7 et X III, 15; Inf. XXVI, 4 ; D eut. XXXIV, 4 ; III Reg. IV, 2 1 ; II P a r. IX, 26.

questa pro m essa fatta ad A bram o, ma della su a cotta di form a cilindrica, nel quale gli orientali
rinnovazione fatta a G iacobbe, XLV1II, 4 e s s. accendono il fuoco. Una lam pada ardente (ebr.
14-16. Dio castig h erà p erò gli o p p re sso ri, e una torcia accesa), ossia gran lingua di fuoco
benedirà gli o p p re ssi. II co m p im en to di q u esta che usciva dal forno assiem e al fum o. Q uesto
d o ppia pro m essa è n arrato E sod. V II-X I; X II, fuoco e q u esto fum o erano un sim bolo della p re ­
31-36. Tu À bram o, non su b ira i tale sch iav itù , ma sen za di D io, che al m odo dei C aldei passava
vivrai tran q u illo , e m orrai pieno di anni. Andrai p e r mezzo agli anim ali divisi (v. 10), p re n d e n d o
ai tuoi pad ri, o ssia a quella parte del S c eo l d etta così un im pegno verso À bram o, di m antenere la
Lim bo, dove si trovano le anim e dei tuoi pad ri. p ro m e ssa . Non sap p ia m o se anche À bram o sia
Q uesta p e rifrase e sp rim e un fatto ben d iverso p assato in mezzo agli anim ali divisi. A nche nel
dalla sem p lice s ep o ltu ra del cad av ere, e su p p o n e d e se rto Dio si m anifestava agli E brei in una
evidentem en te la fede nella so p ravvivenza e n el­ colonna di fuoco e di nube.
l’im m ortalità d e ll’anim a (Ved. XXV, 8 ; XXXV, 18. Fece alleanza p rom ettendogli la P a le stin a
9 ; XLIX, 3 2 ; G iu d . II, 10; E br. XI, 13). Sarai p e r i suoi discen d en ti, e indicandone anche i
sepolto in p rospera vecchiaia, ossia dopo una confini. Il fiu m e d 'E g itto , che ne seg n a il lim ite
S u d -O v est, è probabilm ente il così d e tto torrente
lunga vita. Alla quarta g e n era zio n e. Q u e st’e s p r e s ­
sione è pro b ab ilm en te identica ai q u attro cen to d ’E g itto , ossia il ouadi E l-A risch (Rhinocolura
anni del v ersetto 13. La vita d e ll’uom o durava degli antichi), che sco rre a m età cam m ino tra 13
allora in medi? 100 anni (C f. Esod. VI, 16 e s s.). P alestin a e l’Egitto. Altri p e n sa n o che sia il Nilo.
In q u e sto caso si tra tte re b b e di u n ’iperbole,
Dio differisce sì lu ngam ente l’e n tra ta degli Is ra e ­
liti in C anaan, p erch è i C ananei non h an n o a n ­ poiché la P alestin a non si este se mai sino al
cora com piuta la m isura delle iniquità, ch e Egli Nilo. L ’E ufrate trovasi al N o rd-E st della P a le ­
stin a . Solo ai tem pi di D avide e di Salom one i
ha determ in ato di loro p erd o n a re ; com piuta p erò
confini d ella te rra p ro m essa furono seg n ati dai
q uesta m isu ra, Egli farà sco p p ia re la su a v e n ­
detta, e i C ananei v e rra n n o d istru tti e in loro due fiumi indicati (II Re, V III, 3 e s s.). Dio
luogo verran n o chiam ati gli E brei. Gli A m orrhei d eterm in a ancora m aggiorm ente l ’e ste n sio n e della
sono qui nom inati p e r indicare tu tte le varie terra p ro m essa en u m eran d o i dieci popoli che
allora l’occupavano. I C inei, abitarono il deserto
tribù canan ee della P alestin a (Lev. XVI11, 24 e s s. ;
D eut. IX, 5 ; G ios. XXIV, 15 e s s.). m eridionale (I Re, XV, 6). 7 C enezei e i C edm onei
non so n o ricordati altrove nella S crittu ra. Gli
17. Dio dà ad À bram o il seg n o ch iesto . S i H e th e i (X, 15). 7 P h erezei (X III, 7). 7 R aphaim
fece una caligine, ecc. N ell’ebraico : e fa tta si (XIV, 5). G li A m orrhei (X, 16). 7 C hananei (X III,
una caligine te n e b ro sa , figura dei mali a cui 7). 7 G ergesei e i Ie b u se i (X, 1C). Il greco e il
dovrà e ss e re e sp o sta la discendenza d ’À bram o. Sam aritan o , dopo i C ananei, aggiungono eli
Un forno fu m a n te , ossia un gran vaso di terra H e v e i (X, 17).
124 G e n e s i , X V I, 1-8

C A P O XVI.

A bram o sposa A g a r, 1-4. — A g a r nel deserto, 5 -1 4 . — N ascita d i Isììiaele, 15-16.

Mgitur Sarai, uxor Abram, non genùerat JOra Sarai, moglie di Abramo, non aveva
liberos : sed haber>s ancillam /Egyptiam nò­ partorito figli : ma avendo una schiava Egi­
mine Agar, 2Dixit marito suo : Ecce, con­ ziana per nome Agar, 2disse a suo ma­
clusi t me Dóminus, ne parerem : ingrédere rito : Ecco che il Signore mi ha fatta ste­
ad ancillam meam, si forte saltem ex illa rile, perchè io non partorisca : sposa la mia
ßuscipiam filios. Cumque ille acquiésceret schiava, se a sorte almeno da lei io avessi
deprecanti, 3Tulit Agar i-Egyptiam ancillam figli. Ed essendosi egli prestato alle pre­
suam postannos decem quam habitare coépe- ghiere di lei, 3ella prese Agar Egiziana sua
rant in terra Chanaan : et dedit eam viro schiava, e la diede per moglie al suo marito,
suo uxórem. 4Qui ingréssus est ad earn. At dopo che erano passati dieci anni dacché
illa concepisse se videns, despéxit dóminam avevano cominciato ad abitare nella terra
suam . 5Dixitque Sarai ad Abram : Inique di Chanaan. 4Ed egli entrò da essa. Ma ella
agis contra me : ego dedi ancillam meam in vedendo che aveva concepito, disprezzo la
sinum tuum, quae videns quod concéperit, sua padrona. 5E Sarai disse ad Àbramo : Tu
despéctui me habet : jùdicet Dóminus inter mi fai ingiustizia : io ti ho data la mia
me, et te. 6Cui respóndens Abram : Ecce, schiava per tua consorte : ed ella vedendo
ait, ancilla tua in manu tua est, tìtere ea ut che ha concepito, mi disprezza : il Signore
libet. Affligénte igitur eam Sarai, fugam giudichi fra me, e te. 6Abramo le rispose :
iniit. Ecco che la tua schiava è in tuo potere,
fa con Jei come ti piace. Siccome adunque
Sarai la gastigava, ella se ne fuggi.
7Cumque invenisset eam àngelus Dòmini 7E l ’Angelo del Signore avendola trovata
juxta fontem àquae in solitùdine, qui est in nel deserto presso la fontana di acqua, che
via Sur in desérto, 8Dixit ad illam : Agar è nella strada di Sur nel deserto, 8le disse :

e da ciò p rovenne il disprezzo di Agar, che o ra ti


CA PO XVI. si cred ev a su p e rio re alla sua padrona.
5. Agar fugge al d e se rto (5-14). Mi fai in ­
1. À bram o sp o sa Agar (1-4), da cui gli nasce g iu stizia , ossia tu sei resp o n sab ile d ell’ingiuria
Ism aele (5-16). E rano già p assati dieci anni ch e mi fa Agar, perchè non castighi la sua inso­
dacché À bram o abitava in C hanaan (3, 16; XII, lenza. G iudichi fra , ecc., ossia giudichi se è
4), quando la moglie Sarai, volendo affrettare il giusto che io, padrona, sia ingiuriata, e che tu
com pim ento d ella pro m essa divina, rico rse a un non pigli le mie difese.
esp ed ien te um ano, di cui però ebbe ben p re sto 6. E in tuo p o te re , ossia è tua p ro p rietà, e
a p entirsi. Avendo una schiava Egiziana co m ­ quindi castigate tu s te s s a . O ra Sarai usò tanta
prata o pp u re ricevuta in dono n e ll’Egitto (XII, 16). asprezza e severità con Agar, che q u e sta se ne
2-3. Mi ha fatta sterile , e quindi non puoi fuggi, e si decise a tornare in Egitto per la
avere sp eran za che io ti generi figli. S e a strad a che p artendo da H ebron a ttraversa il de­
so rte , ecc. N ell’ebraico : fo rse p er m ezzo di essa serto di A rabia.
m i edificherò, vale a dire avrò dei figli. Secondo 7-8. L 'angelo del Signore. Q uesta esp ressio n e
le antiche leggi (Vedi Codice di H a m m u ra b i, talvolta significa Dio s te sso in quanto si rivela
ari. 144 e ss.) la donna sterile poteva offrire a e si m anifesta (13; XVIII, 1 e s s. ; E sod. Ili,
suo m arito la sua propria schiava come sp o sa, 2 e s s ., ecc.) e tal altra indica un angelo p ro ­
e in tal caso i fi<?Ii che fossero nati a p p arten ev an o p riam en te d etto, inquanto è m andato da D io. Si
non già alla sch iav a, ma alla padrona (Ved. XXX, deve quindi rig u ard are al c ontesto per conoscere
3, 9). A bram o non consulta Dio, ma poggiandosi in quale sen so essa venga usata. Nel caso p re ­
forse tro p p o su lla prudenza um ana (XXI, 10 e ss.) s en te significa Dio, com e è chiaro dal versetto 13
acconsente alle preghiere di Sara. La poligamia e seg u en ti. S u r , oggi D jifar, significa la parte
in quei tem pi per una sp eciale d isp en sazio n e di N O. del d eserto di Arabia, che confina coll’E-
Dio era lecita, e d ’altra parte D io non aveva gitto (E sod. XV, 22). P e r questo d eserto passava
detto ad À bram o che la discendenza pro m essa la strad a che m etteva l ’Egitto in com unicazione
d ovesse aver origine da S ara. 11 san to patriarca colla P alestina. Agar voleva quindi tornare alla
rim ane quindi giustificato nel su o m odo di agire sua patria. Agar, serv a , ecc. L ’angelo chiam an­
(Ved. M alach. Il, 15). Erano passati dieci anni. dola per nome fa vedere che conosce e chi essa
Abram o aveva allora 85 anni (XII, 4). sia e la su a condizione, e intanto le chiede la
4. D isprezzo. N e ll’O riente la sterilità fu se m ­ confessione della colpa, il che essa fa con tutta
pre riguard ata come un obbrobrio (Lue. 1, 25), um iltà (III, 9 ; IV, 9).
G e n e s i, X V I , 9 - i6 125

ancilla Sarai, unde v enis? et quo v ad is? Agar, serva di Sarai, donde v ien i? e dove
Quae respóndit : A fàcie Sarai dóminae vai tu ? Ed ella rispose : Io fuggo dal co­
meae ego fügio. ’ Dixitque ei angelus Dò­ spetto di Sarai mia padrona. 9E V Angelo
mini : Revértere ad dóminam tuam , et hu- del Signore le disse : Torna alla tua pa­
miliàre sub manu illius. 10Et rursum : Mul- drona, e umiliati sotto la mano di lei. 10E
tiplicans, inquit, multiplicabo sem en tuum, soggiunse : Io moltiplicherò grandem ente la
et non num eràbitur prae m ultitudine. n Ac tua posterità, e per la sua m oltitudine non
deinceps : Ecce, ait, concepisti, et pàries potrà num erarsi. “ E disse ancora : Ecco,
filium : vocabisque nomen ejus Ismael, eo tu hai concepito, e partorirai un figlio : e gli
quod audierit Dóminus aßlictionem tuam. porrai nome Ismaele, perchè il Signore ti
ha esaudita nella tua afflizione.
12Hic erit ferus homo : manus ejus contra l2Egli sarà uomo feroce : le mani di lui
omnes, et m anus ómnium contra eum : et contro tutti, e le mani di tutti contro lui :
e regióne universórum fratrum suórum fìget egli pianterà le sue tende dirim petto a quelle
tabernécula. 13Vocàvit autem nomen Dòmini di tutti i suoi fratelli. 13Ed ella chiamò il
qui loquebàtur ad eam : Tu Deus qui vidisti nome del Signore, che con lei parlava : Tu
me. Dixit enim : Profécto hic vidi posterióra sei Dio, che mi hai veduta. Perocché ella
vidéntis me. 14Proptérea appellävit puteum disse : Certo che io qui ho veduto il tergo
illum, Püteum vivéntis et vidéntis me. Ipse di colui che mi ha veduta. 14P er questo
est inter Cades et Barad. chiamò quel pozzo il pozzo di colui, che
vive e che mi vede. Esso è tra Cades e
Barad.
15Peperitque Agar Abrae filium : qui vo- 15E Agar partorì un figlio ad Àbramo : il
càvit nomen ejus Ismael. 16Octoginta et sex quale gli pose nome Ismaele. 16Abramo
annórum erat Abram quando péperit ei Agar aveva ottantasei anni, quando Agar gli par­
ismaélem. torì Ismaele.

“ Inf. XXIV, 62.

9-12. L ’Angelo intim a ad A gar il do v ere di ra p p re s e n ta n te D io. Ecco ora il nom e ch e essa
to rn a re e di um iliarsi davanti a S arai, e poi le gli d ie d e : Tu sei Dio che m i hai v eduto (ebraico
pro m ette u n a n u m ero sa d iscen d en za, e le fa cono­ Atta El-roì), ossia lett. Tu sei Dio della v isio n e ,
sce re ¡1 nom e che deve dare al fanciullo, che sta ch e può sig n ific a re : Tu sei Dio che vede tu tto ,
p e r nascere da lei. Is m a e le , seco n d o la su a eti­ o p p u re tu sei un Dio che si lascia ved ere. 7o ho
mologia significa Dio e sa u d isce. D ando q u e sto ved u to il te rg o , ecc., quando egli si partiva da
nom e al figlio, A gar doveva ric o rd a rsi ch e Dio m e. L ’ebraico va trad o tto : ho io qui ancora guar­
aveva avuto pietà di lei, ed era v enuto in su o dato dietro colui che m i vede ? Nei LXX : io ho
soccorso. L ’Angelo fa ancora co n o scere ad Agar v ed u to in faccia colai che si è m ostrato a m e.
il carattere d ’Jsm aele e della su a d iscen d en za. Il testo è o scu ro , ed è p robabilm ente co rro tto .
Sarà un uom o fero ce. N ell’ebraico : sarà tra gli Fra le v arie correzioni p ro p o ste la m igliore è
uom ini un onagro (asino selvatico di cui si ha fo rse q u ella di K ittei che dà q u e sto s en so : ho
una bella descrizione in G iobbe, XXXIX, 5-8), io p u re ved uto D io , e vivo dopo la v is io n e ?
avrà cioè un c arattere indom ito, am an te della Agar si m eraviglia di aver veduto Dio e di non
lib e rti e della vita nom ade nel d e se rto . N atu ra e ss e re m o rta. A nche n e ll’Esodo (XXXIII, 20) è
bellicosa, egli vivrà di ra p p re ssa g lie , e sarà in d etto ch e n e ssu n uom o può ved er Dio senza
guerra co n tro tu tti e tutti s a ran n o in g u erra m o rire. ^
contro lui. Q uesti tra tti caratterizzan o assai b ene 14. P e r il m otivo del fatto avv en u to , quel
i B eduini, d iscen d en ti di Ism aele, ch e sd eg n an d o pozzo fu ch iam ato pozzo di Dio viv en te (ebraico
ogni soggezione, sco rro n o il d e se rto , a sso g g e t­ hai) che vede (r ó i) le m iserie e le afflizioni degii
tandosi alle più d u re fatich e, p u r di co n se rv a re uom ini. A ltri in te rp reta n o : pozzo di colui che
la loro libertà e in d ip en d en za. Egli p ia n terà , ecc. vive e v e d e , benché abbia veduto Iahveh. Q uesto
Ism aele e i suoi d iscen d en ti ab iteran n o d irim ­ pozzo pro b abilm ente è quello che si trova a
petto■, ossia in faccia, e quindi a ll’E st della terra M u w eilih , a Sud di B ersab ea, e all’O vest del
che sarà ab itata dagli altri loro fratelli figli di luogo, dove si cre d e so rg e sse C ad e s. B arad, non
Abramo. Gli Ism aliti ab itaro n o infatti la penisola è rico rd ata altrove ; può e ssere che si trovasse a
Arabica, che trovasi a O rien te della P a le stin a. O vest di C ad es.
13. C hiam ò il no m e del S ig n o re (ebraico 15-16. N ascita di Ism aele. A gar ubbidì, e to r­
lahveh), ecc. Si deduce quin d i ch e colui ch e le nata a casa di À bram o, partorì un figlio, a cui
aveva parlato era Dio s te s s o , o m eglio un angelo fu p osto il nom e di Ism aele.
126 G e n e s i , X V II, 1-10

C A P O XVII.

D io cambia i l nome ad A bram o, i-S . — L a circoncisione, 9-14. — D io cambia i l


nome a Sara e le promette u?i fig lio, 15-22. — L a fa m ig lia d i A bram o c ir ­
concisa, 2 J - 2 J .

^o stq u am vero nonaginta et novem an- *Ma quando egli fu a ll’età di novantanove
nórum esse coéperat, appäruit ei Dóminus, anni, il Signore gli apparve e gli disse : Io
dixitque ad eum : Ego Deus omnipotens : il Dio onnipotente : cammina alla mia pre­
ambula coram me, et esto perféctus. 2Po- senza, e sii perfetto. 2E io stabilirò la mia
nämque foedus meum inter me et te, et alleanza fra me e te, e ti moltiplicherò gran­
multiplicabo te vehem énter nim is. 3Cécidit dissimamente. 3Abramo si prostrò boccone
Abram pronus in fäciem. per terra.
4Dixitque ei Deus : Ego sum , et pactum 4E Dio gli disse : Io sono, e il mio patto
meum tecum, erisque pater multärum gén- (sarà) con te, e sarai padre di molte genti.
tium. 5Nec ultra vocabitur nomen tuum 5E non sarai più chiamato col nome di
Abram ; sed apellaberis Abraham : quia pa- Àbramo : ma sarai detto Abrahamo : pe­
trem multärum géntium constitui te. 6Fa- rocché io ti ho destinalo padre di molte
ciàmque te créscere vehementissim e, et genti. 6E ti farò crescere fuormisura, e ti
ponam te in géntibus, regésque ex te egre- farò padre di popoli, e da te usciranno dei
diéntur. 7Et stätuam pactum meum inter re. 7E io fermerò il mio patto fra me e te,
me et te, et inter sem en tuum post te in e il tuo sem e dopo di te nelle sue -gene­
generatiónibus suis foédere sem pitèrno : ut razioni, con alleanza eterna : affinchè io sia
sim Deus tuus, et sém inis tui post te. 8Da- Dio tuo, e del tuo seme dopo di te. 8E darò
bóque tibi et sémini tuo terram peregrina- a te e al tuo sem e la terra, dove tu sei pel­
tiónis tuae, omnem terram Chänaan in pos­ legrino, tutta la terra di Chanaan in eterno
sessionem aetérnam, eróque Deus eórum. dominio, e io sarò loro Dio.
9Dixit iterum Deus ad Abraham : Et tu 9E di nuovo Dio disse ad Abrahamo : Os­
ergo custodies pactum meum, et sem en serverai dunque il mio patto tu e il tuo seme
tuum post te in generatiónibus suis. 10Hoc dopo di te nelle sue generazioni. “ Questo
esf pactum meum quod observàbitis inter è il mio patto che osserverete tra me e voi,

4 Eccli. XL1V, 2 0 ; Rom. IV, 17. 9 Act. V II, 8.

CA PO XVII. 5-6. A bramo (ebr. Jab-ram) significa padre ec­


celso o elevato. Abraham o (ebr. *ab-raham ) s i­
1. Dio rinnova l’alleanza con Abramo (1-27). gnifica padre della m o ltitu d in e , op p u re padre
D apprim a gli cambia il nom e (1-8). A ll’età di eccelso della m o ltitudine. Dal fa tto che Dio
novantanove a n n i, ossia 13 anni dopo la nascita cam biò il nom e ad Abram o al m om ento, in cui
di Ism aele (XVI, 25). Il Dio o n n ip o te n te, ebraico Istituì la circoncisione, venne l ’uso p resso gli
El-shaddai. Q uesto nom e significa Dio, che basta E brei di im porre i nomi ai bam bini nel giorno
a sè stesso . C am m ina (ossia vivi) alla mia p re­ della loro circoncisione. Da te usciranno dei' re.
senza (lett. davanti alla mia faccia), vale a dire Tali furono i re di G iuda e di Israele p ro v e ­
in tutte le tue azioni abbi sem p re Dio davanti nienti da G iacobbe, i re degli Idum ei e degli
alla tua m ente, e per conseguenza sii p e rfe tto . Amaleciti provenienti da E saù, c poi i varii pic­
Chi agisce in tal modo non può m ancare di coli re d iscendenti da Ism aele e da C etura.
e sse re san to . La san tità è la condizione voluta 7-8. Dio prom ette ad Àbramo e alla sua di­
da D io, perch è l ’alleanza sia d u ra tu ra . scendenza di e sse re il loro Dio in e terno, e di
2-3. S ta b ilirò, ecc. (Ved. VI, 18). Ti m o ltip li­ dar loro in eterno dom inio la terra di C anaan.
cherò (vv. 4-6). S i prostrò per ad o rarlo c rin ­ Egli sarà loro Dio nel se n so che avrà di loro
graziarlo. una speciale cura e protezione, a cui essi do­
vranno co rrisp o n d ere con un culto e un am ore
4. lo sono, ecc. L ’ebraico va trad o tto : p er
tutto sp eciale. La p rom essa è condizionata p e r
quanto si riferisce a m e y ecco il mio patto (nel­
rig u ard o alla discendenza carnale di À bram o, è
l'ebraico vi è la stessa parola che al v ersetto 2
invece assoluta per riguardo alla posterità s p iri­
fu tradotta alleanza), ossia ecco in che co n siste
tuale del s an to P atriarca (Ved. n. XIII, 15).
il inio patto, cioè l ’im pegno che p rendo (4-8).
Nei versetti 9-14 si indicheranno gli im pegni che 9. 11 p recetto della circoncisione (9-14). D i
deve p ren d ere À bramo. Sarai p a d re, ecc. P e r la nuovo e d u n q u e , m ancano oeU’ebraico e nel greco.
quarta volta Dio rinnova la su a p ro m essa (Vedi 10-11. Q uesto è il mio p a tto , vale a d ire il
XII, 2 ; X lll, 16; XV, 5). seg n o e ste rn o d ell’alleanza, che io ho co n tra tto
G e n e s i , XVII, 11-18 127

me et vos, et sem en tuum post te : C ir- tu e il seme tuo dopo di te : tutti i vostri
cum cidétur ex vobis omne masculinum : maschi saranno circoncisi : n e voi circon­
" E t circum cidétis carnem praeputii vestri, ciderete la vostra carne in segno dell’al­
ut sit in signum foéderis inter me et vos. leanza tra me e voi. 12Ogni bambino maschio
12Infans octo diérum circum cidétur in vo­ di otto giorni sarà circonciso tra voi, ogni
bis, omne masculinum in generatiónibus m aschio nelle vostre generazioni, tanto il
vestris : tam vernàculus quam em ptitius servo nato in casa, quanto quello comprato,
circum cidétur, et quicum que non fuerit de sarà circonciso, anche quello che non è
stirpe vestra : “ Eritque pactum m eum in della vostra stirpe. 13E sarà il segno del
carne vestra in foedus aetérnum . 14Màscu- mio patto nella vostra carne per alleanza
lus, cujus praeputii caro circumcisa non eterna. 14Ogni m aschio la cui carne non
fuerit, delébitur anima illa de pópulo suo : sarà stata circoncisa, una tale anima sarà
quia pactum meum irritum fecit. recisa dal suo popolo : perocché ha violato
il mio patto.
15Dixit quoque Deus ad Abraham : Sa­ 1SE Dio disse ancora ad Abrahamo : Non
rai uxórem tuam non vocabis Sarai, sed chiam erai più la tua moglie Sarai, ma Sara.
Saram. 1#Et benedicam ei, et ex illa dabo 16E io la benedirò, e ti darò da essa un
tibi filium cui benedicturus sum , eritque figlio, a cui io darò la benedizione, ed egli
in natiónes, et reges populórum oriéntur sarà capo di nazioni, e da lui usciranno re
ex eo. di popoli.
17Cécidit Abraham in fàciem suam , et 17Abrahamo si gettò boccone per terra, e
risit, dicens in corde suo : Putàsne cente­ rise, dicendo in cuor suo : Possibile che
nàrio nascétur filiu s? e t Sara nonagenària nasca un figlio a un uomo di cento a n n i?
p àriet? 18Dixitque ad Deum : Utinam Ismael e che Sara partorisca a n o vanta? 18E disse

“ Lev. XII, 3 ; L ue. II, 2 1 ; Rom . IV, 11. 13 In f. X V III, 10 et XXI, 2.

con voi, è la circoncisione. La circoncisione l'o tta vo giorno. — Sarà recisa, vale a dire verrà
doveva rico rd are agli Israeliti che e ssi e ra n o un esclu sa dal pa rte c ip are alle p ro m e sse fatte, e
popolo con secrato in m odo sp eciale a D io, e non avrà più alcuna p a rte alle prerogative, ai
perciò s e p a ra to da tutti gli altri popoli. D oveva privilegi e ai benefizi concessi al popolo eletto
pu re rico rd ar loro la fede e l ’obbedienza di (E sod. X II, 15, 19). Si tra tta probabilm ente di
A bram o, la giustificazione da lui o tten u ta (Rom . u na sp ec ie di scom unica. Altri p e n sa n o che si
IV, 11) e la p ro m essa fattagli del fu tu ro R ed en ­ tra tti della pena di m orte, o p p u re d e ll’esilio, o
to re , nel quale dovevano c red ere e s p e ra re . La di una m orte im m atura da infliggersi o da Dio
circoncisione era inoltre una figura del B atte­ im m ed iatam ente, o p p u re da speciali giudici.
sim o, per cui si diventa m em bri della C h iesa,
15. Dio cam bia anche il nom e di Sarai, e
che è il vero popolo di Dio. E ssa era ancora
a nnunzia ch e essa avrà un figlio (15-22). La
d estinata a togliere il peccato originale. La c ir­
m oglie di À bram o si chiam erà Sara, che significa
concisione era praticata dagli Egiziani (E rodoto,
p rin c ip e ssa , p e rc h è e ssa sarà la m adre del p o ­
l ì, 37) com e una norm a di igiene, ma l ’uso non
era universale, e di più essa non veniva fatta polo e letto , e di num ero si principi e re (6). La
che dai 6 ai 14 an n i. Dio invece ne fece un significazione del nom e Sarai è in certa. P ro b ab il­
rito sacro e 'm o r a le (D eut. X, 16), ch e aveva m ente però significa mia p rin cip essa .
un c arattere obbligatorio p er tutti gli E brei senza 16. La b enedirò, ecc. Dio sp ieg a la ragione
alcuna eccezione, e che doveva p ra tic a rsi n e l­ del cam b iam ento di nom e, e assiem e annunzia ad
l ’ottavo giorno dopo la nascita. À bram o c h e l ’ere d e pro m esso g li (XV, 4) nascerà
12-13. D io d eterm in a m aggiorm ente il p re ­ da S ara. N ell’ebraico tutto il v e rsetto si riferisce
cetto. P e r i bam bini la circoncisione deve p ra ti­ a Sara : La b enedirò , da essa ti darò un fig lio ;
carsi a ll’ottavo giorno d o p o la n ascita, e ciò la b enedirò, ella sarà m adre di nazioni e da essa
affinchè la p o ssan o so p p o rta re senza pericolo. usciranno re. T ale lezione è preferita dai critici
Alla circo n cisio n e poi so n o so tto m e ssi non solo e risp o n d e m eglio al c o n te sto .
i figli di À bram o, ma anche i loro serv i, sian o
17. S i prostrò p e r ad o rare e ringraziare D io,
qu e sti nati in c asa, o sian o stati co m p rati, sian o
e r ise , tanta era P alleg T ezza che lo riem p iv a.
essi della ste s s a stirp e , o sian o di s tirp e s tra ­
Egli non diffida, non dubita, ma am m ira ed
niera. N ell’ebraico e nel greco il v e rsetto 13
e su lta, e pieno di stu p o re esclam a : N ascerà
com incia così : S i d eve circoncidere tanto colui
che è nato in casa, quanto colui che è stato d u nque un fig lio , ecc. (Ved. n. Rom . IV, 18, 22).
com prato con d enari, e sarà il seg n o , ecc. A l­ 18. E disse (èbr. Àbram o). A vendo ricevuto
leanza etern a. La circoncisione sarà il seg n o p ro m essa di un figlio da S a ra , À bram o tem e che
e sterno d e ll’alleanza ete rn a co n tratta da D io con D io abbrevii i giorni di Ism aele, o alm eno gli
À bramo e i su o i d iscen d en ti (Ved. n . 7 -8 ; tolga la benedizione (XVI, 10), e perciò lo prega
XIII, 15). di co n ced ere anche a q u e sto figlio vita e b e n e ­
14. Sanzione della legge. N o n sarà stato cir­ dizione, e di farlo io qualche modo p artecip e dei
conciso. N ell’eb raico e nel greco si aggiunge : beni p ro m essi.
128 G e n e s i, XVII, 19 — XV11I, 2

vivat coram te 1 1#Et ait Deus ad Abraham : a Dio : Di grazia, viva Ismaele dinnanzi a
Sara uxor tua pàriet tibi filium, vocabisque te. I9E Dio rispose ad Abrahamo : Sara
nomen ejus Isaac, et constituam pactum tua moglie ti partorirà un figlio, e gli porrai
meum illi in foedus sem pitérnum , et sémini nome Isaac, e stabilirò il mio patto con lui,
ejus post eum. 20Super Ismael quoque e col suo sem e dopo di lui per u n ’alleanza
exaudivi te. Ecce, benedicam ei, et augébo sem piterna. 20Ti ho anche esaudito riguardo
et multiplicàbo eum valde : duódecim duces a Ismaele r lo benedirò, e lo amplificherò,
generabit, et fàciam illum in gentem ma- e lo moltiplicherò grandemente : egli gene­
gnam. 21Pactum vero meum statuam ad rerà dodici principi, e lo farò divenire una
Isaac, quem pàriet tibi Sara tèmpore isto grande nazione. 21Ala il mio patto lo sta­
in anno altero. 22Cumque finitus esset bilirò con Isacco, che Sara ti partorirà
sermo loquéntis cum eo, ascéndit Deus ab l ’anno veniente a questo tempo. 22E finito
Abraham. che ebbe di parlare con lui, Dio si tolse
dalla vista di Abrahamo.
23Tulit autem Abraham Ismael filium 23Abrahamo adunque prese Ismaele suo
suum, et omnes vernáculos domus suae, figlio, e tutti i servi nati nella sua casa : e
universósque quos émerat, cunctos mares tutti quelli che aveva comprati, tutti quarti
ex òmnibus viris domus suae : et circum- i maschi di sua casa : e li circoncise subito
cidit carnem praeputii eórum statim in ipsa lo stesso giorno, come Dio gli aveva ordi­
die, sicut praecéperat ei Deus. 24Abraham nato. 24Abrahamo aveva novantanove anni
nonaginta et novem erat annórum, quando quando si circoncise. 25E il figlio Ismaele
circumcidit carnem praeputii sui. 25Et aveva compito tredici anni al tempo della
Ismael filius trédecim annos im pléverat sua circoncisione. 26Nello stesso giorno fu
tèmpore circumcisiónis suae. 26Eàdem die circonciso Abrahamo e Ismaele suo figlio.
circumcisus est Abraham et Ismael filius 27E tutti gli uomini di quella casa, t^nto
ejus. 27Et omnes viri domus illius, tam ver- quelli che in essa erano nati, come quelli
nàculi, quam emptitii et alienigenae, pà- che erano stati comprati, e gli stranieri fu­
riter circumcisi sunt. rono parimenti circoncisi.

C A P O XVIII.

V isita d i tre A n g e li ad Abram o, 1-8. — D io rinnova a S a ra la prom essa d i un


fig lio , 9-14. — Predizio?ie della rovina d i Sodoma e p reg h ie ra d i Abram o, 15-33.

‘Appàruit autem ei Dòminus in convàlle *E il Signore apparve ad Abrahamo nella


Mambre sedénti in óstio tabernàculi sui in valle di Alambre, m entre egli sedeva al-
ipso fervóre diéi. 2Cumque elevàsset ócu- l ’ingresso della sua tenda nel maggior caldo
los, apparuérunt ei tres viri stantes prope del giorno. 2E avendo egli alzati gli occhi,

1 H ebr. X III, 2.

19. Dìo conferm a la prom essa del v ersetto 16.


/sac c o , significa ridente, o p p u re ha riso o si c CA PO XVIII.
riso. — Stabilirò con lu i, ecc. Le pro m esse di­
vine a p p arte rra n n o quindi ad Isacco e alla sua 1. Àbram o riceve la visita di tre angeli (1-33).
discendenza, ma anche Ism aele sarà b en ed etto . Il Signore (Iahveh), ecc. P e r la circoncisione
20-21. D odici principi num erati al cap . XXV, Àbram o essendosi consecrato interam ente a Dio,
13-15. L 'a n n o v en ien te . La p rom essa divina si viene fatto degno di ricevere la visita di D io.
fa sem p re più precisa e d eterm in ata. N ella valle (ebr. al querceto) di M am bre (Ved.
23-27. C irconcisione di Abramo e di tutta la n. X III, 1S) p re sso H eb ro n . Q uesta apparizione
fam iglia. £ da am m irarsi la pronta obbedienza d ovette aver luogo poco dopo i fatti n arrati nel
di Àbramo e di tutti i suoi d ip en d en ti, e la salu ­ capitolo precedente, com e si può dedurre p ara­
tare influenza che A bram o esercitava sugli altri gonando assiem e XVII, 21 e XVIII, 10. N el
colla su a virtù. S tante la grande im portanza d el­ m aggior caldo, ossia verso m ezzogiorno.
l ’atto com piuto, viene indicata la data p recisa 2. Gli co m parvero, ecc. N ell’ebraico : alzò gli
sia riguardo ad A bram o e sia rig u ard o a Ism aele. occhi e v id e , ed ecco tre uom ini che stavano
In ricordo della circoncisione d ’Ism aele, i m u s­ davanti a lui. S tarsene ferm i p re sso la tenda di
sulm ani sogliono circoncidere i loro figli all’elà alcuno equivale anche oggidì p re sso gli Arabi a
di 13 anni. T utti furono circoncisi, come il S i­ chiedere ospitalità. Q uesti tre uom ini ap p arsi
gnore aveva ordinato (10 e s s.). eran o angeli in figura um ana, come afferm a San
G e n e s i , XVIII, 3-10 129

eum : quos cum vidísset, cucurrit in oc- gli comparvero tre uomini che stavano
cúrsum eórum de óstio tabernaculi, et ado- presso di lui : e veduti che li ebbe, corse
ràvit in terram . 3Et dixit : Dòmine, si loro incontro d a ll’ingresso della tenda, e
invéni gràtiam in óculis tuis, ne trànseas si prostrò fino a terra. 3E disse : Signore,
se n u rn tuum : 4Sed àfferam pauxillum se io ho trovato grazia dinanzi a te, non
aquae, et lavate pedes vestros, et requié- lasciar indietro il tuo servo : 4Ma io por­
scite sub àrbore. 5Ponámque buccéllam pa­ terò un p o ’ d ’acqua, e lavate i vostri piedi,
ñis, et confortáte cor vestrum , póstea tran- e riposatevi sotto q u e st’albero. 5E vi pre­
síbitis : idcírco enim declinàstis ad servum senterò un pezzo di pane, affinchè risto­
vestrum . Qui dixérunt : Fac ut locútus es. riate le vostre forze, e poi ve n ’andrete :
per questo infatti siete venuti verso il
vostro servo. E quelli dissero : F a’ come
hai detto.
‘Festinavit Abraham in tabem aculum ad •Àbramo andò in fretta nella tenda da
Saram, dixitque ei : Accéléra, tria sata si- Sara, e le disse : F a ’ presto, im pasta tre
milae commisce, et fac subcinericios panes. m isure di fior di farina, e fanne delle schiac­
7Ipse vero ad arm éntum cucurrit, et tulit ciate da cuocer sotto la cenere. 7Ed egli
inde vitulum tenérrim um et òptimum, de- corse airarm en to , e ne tolse un vitello
ditque puero : qui festinavit et coxit illum. molto tenero e grasso, e lo diede ad un
8Tulit quoque butyrum et lac, et vitulum servo : il quale si affrettò a farlo cuocere.
quem cóxerat, et pósuit coram eis : ipse 8Prese poi del burro e del latte, e il vi­
vero stabat juxta eos sub arbore. tello cotto, e ne imbandì loro la mensa :
ed egli se ne stava in piedi presso di loro
sotto l ’albero.
®Cumque comedissent, dixérunt ad eum : 9Ed essi dopo aver mangiato, gli dissero :
Ubi est Sara uxor tu a ? Ille respóndit : Ecce Dov’è Sara tua m oglie? Egli rispose : Essa
in tabernáculo est. 10Cui dixit : Revértens è nella tenda. 10E (uno di quelli) gli disse :
véniam ad te tèmpore isto, vita cómite, et Tornerò nuovam ente da te in questo tempo
habébit filium Sara uxor tua. Quo audito, nel prossimo anno, e Sara tua moglie avrà

10 S u p . XVII, 19; Inf. XXI, 1; Rom . IX, 9.

P aolo (E br. X III, 2), e ra p p re s e n ta n o il Signore 6-8. Il convito loro p re p a ra to . D ap p rim a viene
nelle tre divine p e rso n e. A bram o da p rincipio il p a n e , la preparazione del quale è rise rv a ta a
li cred ette sem plici uom ini, e offrì loro o sp ita ­ S a ra . Tre m isure (ebr. tre s e a h , ossia un efah).
lità, ma poscia rico n o b b e (v. 17 e s s.) ch e uno Il seah conteneva circa 13 litri (secondo altri
di essi era, o meglio, ra p p re sen ta v a in m odo so lo 7). S c h iacciate, ossia dei piccoli pani ro ­
speciale D io. C orse loro in co n tro , ecc. T u tto tondi, che si fanno cu o cere o so p ra p ie tre ben
q u e sto racconto m ostra q u an to fo sse g ran d e il cald e, o p p u re so p ra la bra c e ric o p e rta di c en e re .
risp e tto e la carità, di À bram o v erso gli o sp iti. D a p arte su a À bram o c o rre a p re n d e re un vitello
S i p ro strò , ecc., com e sogliono fare gli O rientali e del b u rro , ossia del latte s p e s so o coagulato,
quando salu tan o , e m o stran o il loro ris p e tto v erso e d el latte fresco, e p o rtato il tutto davanti ai
una p erso n a. su o i o sp iti, se ne stava in p ie d i p resso dì loro
3-5. Signore se ho trovato, ecc. A bram o parla e li serv iv a. N e ll’ebraico si aggiunge : ed e ssi
talora a tu tti e tre i p e rso n ag g i, talora a uno m angiarono. £ chiaro però che gli angeli, esse n d o
solo, cioè a quello di m ezzo, che faceva la prim a p u ri sp iriti, non m angiarono re a lm e n te, ma solo
figura e p arev a s o v ra sta re agli altri. Seg u en d o in ap p aren z a , benché A bram o c re d esse che essi
l’uso orientale lo chiam a signore (ebr. A donai. m an g iassero (Ved. T ob. X II, 19). I costum i dei
La m iglior lezione p erò sem b ra e sse re adoni = nom adi d ’O riente, non sono anche oggidì cam biati
signor m io , poiché nulla indica che À bram o abbia gran ch e, e tu tti i tratti d e ll’ospitalità qui indicati
subito rico n o sciu to q u e sto perso n ag g io com e D io, vengono ancora più o m eno u sati (C f. V igouroux,
com e fareb b e su p p o rre la lezione A donai), e La B ib les et les d é co u v ., ecc., t. I, 5 09; Iau ssen ,
dà a s é s te s s o il titolo di serv o , e riten e n d o com e C o u tu m es des A ra b es, p. 79, P a ris , 1903).
un singolare favore il po ter loro dare o sp italità, 9-14. Dio rinnova la pro m e ssa fatta a S ara.
li prega di lasciarsi lavare i piedi. N ell’antico Il fatto che i tre ospiti m ostrano di conoscere il
O riente i viaggiatori non p ortav an o che san d ali, nom e di S ara prim a ancora di averla veduta,
e quindi la prim a c o s i che si faceva con un lascia su b ito c ap ire ch e e ssi non so n o puri
ospite, era quella di fargli lavare i piedi (C f. uom ini. U no di quelli, cioè quello di m ezzo (3-5).
XXIV, 3 2 ; X L III, 24, ecc.). U n p ezzo di pane. N el p ro ssim o anno. Tale è l ’esatta traduzione
P rom ette loro un p o ’ di p an e, m en tre poi farà d e ll’ebraico c o rrisp o n d e n te alla frase vita com ite
p rep arare un lau to convito. P er q u esto infatti della Volgata. Le ultim e parole del versetto 10
Dio vi ha indirizzati v erso di m e, affinchè io vanno tra d o tte secondo l’ebraico : Sara ascoltava
avessi il piacere di darvi osp italità e di e sse re alla porta della te n d a , dietro la quale essa era.
onorato dalla v o stra p resen za. Q uanta cordialità P e r co n seg u enza, qui (e anche nei LXX) non si
nelle parole di À bram o! parla ancora del riso di S ara. R ise in segreto

9 Sacra B ib b ia , vol. III.


130 G e n e s i , XVIII, 11-21

Sara risii post óstium tabernàculi. MErant un figlio. Sara avendo ciò udito rise dietro
autem ambo senes, provectáeque aetátis, et alla porta della tenda. “ Ambedue infatti
desierant Sarae fieri muliébria. 12Quae risit erano vecchi, e di età avanzata, e Sara
occulte, dicens : Postquam consénui, et do­ non aveva più i corsi ordinari delle donne.
minus meus vétulus est, voluptàti óperam 12Ora essa rise in segreto, dicendo : Dopo
dabo? che io sono vecchia, e il mio signore è
cadente, penserò ancora al piacere?
“ Dixit autem Dóminus ad Abraham : 13Ma il Signore disse ad Abrahamo :
Q uare risit Sara, dicens : Num vere pari- Perchè mai Sara ha riso, dicendo : Sono
tura sum an u s? 14Numquid Deo quidquam io veram ente per partorire essendo già
est difficile? juxta condictum revértar ad vecchia? 14Vi ha forse alcuna cosa diffi­
te hoc eódem tempore, vita comité, et ha- cile a D io? Tornerò a te, secondo la pro­
bébit Sara fílium. 15Negàvit Sara, dicens : messa fatta, in questo stesso tempo nel
Non risi : timóre pertérrita. Dóminus au­ prossimo anno, e Sara avrà un figlio.
tem : Non est, inquit, ita : sed risisti. 15Sara negò, e piena di paura disse : Non
ho riso. Ma il Signore disse : Non è così :
ma tu hai riso.
ieCum ergo surrexissent inde viri, di- 16Essendosi adunque alzati quegli uomini
rexerunt öculos contra Södomam : et A- di là, volsero gli sguardi verso Sodoma : e
braham simul gradiebätur, dedücens eos. Abrahamo andava con loro, accomiatandoli.
17Dixitque D om inus: Num celare potero 17E il Signore disse : Potrò io tener na­
Abraham quae gesturus sum : 18Cum fu- scosto ad Abrahamo quel che sono per
turus sit in gentem magnam ac robustis- fare : 18m entre egli deve essere capo di
simam, et BEN ED ICEN D i£ sint in illo una nazione grande, e fortissima, e in lui
omnes natiönes te rra e ? 19Scio enim quod devono essere BENEDETTE tutte le na­
praecepturus sit filiis suis, et dömui suae zioni della te rra ? 19Perocchè io so che
post se, ut custödiant viam Domini, et fä- egli ordinerà a ’ suoi figli e alla sua casa
ciant judicium et justitiam : ut adducat Do- dopo di sè che seguano le vie del Signore,
minus propter Abraham omnia quae lo- e pratichino l ’equità e la giustizia : af­
cütus est ad eum. finchè il Signore compia in favore di Àbramo
tutto quello che gli ha detto.
20Dixit itaque Dominus : Clamor Sodo- 20Disse adunque il Signore : 11 grido di
mörum et Gomörrhae multiplicatus est, et Sodoma e di Gomorra è cresciuto, e il loro
peccätum eörum aggravatum est nim is. peccato si è oltremodo aggravato. 21Di­
21Descendam, et videbo utrum clamörem, scenderò, e vedrò se le loro opere uguar
qui venit ad me, opere compleverint : an glino il grido che ne è giunto a me ; o,
non est ita, ut sciam. se non è così, per saperlo.

12 I P e tr. Ill, 6. 18 S u p . XII, 3 ; Inf. XXII, 18.

riguardand o com e im possibile quanto le era detto Dio, e all’amico nulla si tiene nascosto. Egli è
d a ll’ospite, essa viene perciò biasim ata (v. 13). il capo di una grande nazione, e nella sua d isce n ­
Il mio signore. A ragione S. P ietro p ropone alle denza dovranno e sse re b enedette tutte le genti
donne cristiane Pesem pio di um iltà e di risp e tto (Ved. X II, 2 e ss. ; XVII, 1 e s s.). Egli inoltre
verso i! m arito dato da Sara (Ved. I Piet. Ili, 6). dovrà inculcare a tutti i suoi discendenti l ’o sse r­
Secondo la pro m essa fatta, manca n e ll’ebraico e vanza dei com andam enti di Dio. O ra per tutto
nel greco. Poiché l’o sp ite m isterioso m ostra di qu esto gli 6arà som m am ente utile avere un
conoscere gli intimi pensieri di Sara, Abramo e esem pio della divina vendetta so p ra I m alvagi.
la sua moglie dovettero conchiudere che egli era La distruzione di Sodom a e di G om orra è infatti
D io, e perciò la S crittu ra lo chiam a S ig n o re , diventata per gli Ebrei com e il tipo del giudizio
versetto 13 (ebr. la h veh ). di Dio (Ved. D eut. XXIV, 2 3 ; Is. I, 9 ; O s. XI,
8 ; Amos, IV, i l , ecc.). Anche nel N uovo T e sta ­
15. Avendo riconosciuto Dio, Sara si sen te
m ento si parla di essa (Lue. XVII, 2 8 ; II P iet. 11,
piena di paura, e n eg a, cercando così di coprire
6 ; G iuda, 7).
la sua m ancanza di fede con una b u g ia ; ma Dio
le fa vedere che conosce p erfettam en te tu tte le 20-21. Il g rid o , ecc. a Q uesto grido, com e o s ­
cose. serva S a n t’A gostino, significa la sfacciataggine e
l’im pudenza, colla quale i cittadini di quelle città
16. Dio predice ad A bram o la rovina di S o ­ violavano pubblicam ente le leggi più sacrosante
dom a (16-33). Accom iatandoli, com piendo cosi di n atu ra. Sono nom inate queste due città com e
verso di essi tutti i doveri d e ll’o sp italità. le principali e le più ingolfate nei vizi » M ar­
17-19. Dio in un breve m onologo indica tre tini. — D iscenderò , ecc. Dio e ssendosi p re se n ­
ragioni, per le quali vuole rivelare ad À bramo tato so tto form a um ana, non è da m eravigliarsi
la distruzione di Sodom a. A bramo è l’amico di se agisce al modo um ano, e dica perciò che da
G e n e s i , X V III, 22-33 131

22C onverterúntque se inde, et abiérunt 22E si partirono di là, e si incamminarono


Sódomam : Abraham vero adhuc stabat co- verso Sodoma : ma Abrahamo stava tu tt’ora
ram Dòmino. 23Et appropinquans^ait : Num- dinanzi al Signore. 23E avvicinandosi disse :
quid perdes justum cum ím p io ? 24Si fúerint Farai tu perire il giusto coll’em p io ? 24Se
quinquaginta justi in civitàte, peribunt si- vi fossero cinquanta giusti in quella città,
m u l? et non parces loco illi propter quin- periranno essi in siem e? e non perdonerai
quagínta justos, si fùerint in e o ? 2SAbsit tu a quel luogo per am or di cinquanta
a te, ut rem hanc fàcias, et occidas justum giusti, quando vi fossero? 25Lungi da te il
cum ímpio, fiátque justus sicut impius, non fare tal cosa, e che tu uccida il giusto col­
est hoc tuum : qui judicas omnem terram , l ’empio, e il giusto vada del pari coll’empio,
nequáquam fàcies judicium hoc. questa cosa non è da te : tu che giudichi
tutta la terra, non farai sim ile giudizio.
26Dixitque Dóminus ad eum : Si invf- 26E il Signore gli disse : Se io troverò
nero Sódomis quinquagínta justos in mèdio in mezzo alla città di Sodoma cinquanta
civitàtis, dimittam omni loco propter eos. giusti, io perdonerò a tutto il luogo per
27Respondénsque Abraham, ait : Quia se­ am ore di essi. 27E Abrahamo rispose, e
mel coepi, loquar ad Dóminum m eum , cum disse : Dacché ho cominciato una volta, par­
sim pulvis et cinis. 28 Quid si minus quin­ lerò al mio Signore, benché io sia polvere
quagínta justis quinqué fúerint?^ delébis, e cenere. 28E se vi saranno cinque giusti
propter quadragínta quinqué, univérsam ur- m eno di cin q u an ta? distruggerai tu la città,
bem ? Et a it: Non delébo, si invénero ibi perchè sono solamente quarantacinque? E
quadragínta quinqué. il Signore disse : Non la distruggerò, se
ve ne troverò quarantacinque.
29Rursúm que locútus est ad eum : Sin 29E (Abrahamo) continuò e gli disse : E
autem quadragínta ibi invénti fuerint, quid se ve ne saranno quaranta che farai ? Egli
fàcies? Ait : Non percútiam propter qua­ rispose : Non la gastigherò per amor dei
dragínta. 30Ne quaeso, inquit, indignéris quaranta. 30Non adirarti, o Signore, del mio
Dómine, si loquar : Quid si ibi invénti parlare, soggiunse Abrahamo : Che sarà se
fúerint trigínta? Respóndit : Non fáciam, ve ne fossero tre n ta ? R isp o se: Non farò
si invénero ibi trigínta. 31 Quia sem el>f ait, altro, se ve ne troverò trenta. 31 Dacché
coepi, loquar ad Dóminum meum : Quid si una volta ho principiato, disse Abrahamo,
ibi invénti fúerint vigínti ? Ait : Non inter- parlerò al mio Signore : E 6e ve ne fos­
fíciam propter vigínti. 32Obsecro, inquit, ne sero trovati venti ? Rispose : P er amor di
irascáris, Dómine, si loquar adhuc sem el : quei venti non la sterm inerò. 32Di grazia,
Quid si invénti fúerint ibi decem ? Et dixit : riprese Abrahamo, non adirarti, o Signore,
Non delébo propter decem. 33Abiítque Dó­ se io dirò ancora una parola : E se colà
minus, postquam cessávit loqui ad Abraham : ne fossero trovati dieci ? E il Signore disse :
et ille revérsus est in locum saum . P er amore di quei dieci non la distruggerò.
33E il Signore, quando Abrahamo finì di
parlare, se ne andò : e Abrahamo tornò a
casa 6ua.

H ebron vuole d iscen d ere a Sodom a per v e d ere, ecc. denza al S ignore, d is s e : farai tu perire il g iu ­
(Ved. XI, 5). Dio già conosceva p e rfe tta m e n te le s to , ecc. À bram o così p arlando, pensava senza
cose di Sodom a, com e è chiaro dal v e rsetto 20. d u b b io a Lot, e alla su a fam iglia.
22. S i partiro n o. N el greco e n e ll’ebraico si 26-32. In tu tto q u e sto dialogo è da am m irarsi
aggiunge : q uegli u o m in i, ossia due dei tre a n ­ l ’um iltà e la confidenza di À bram o, e la bontà
geli, m entre il terzo , quello cioè che parev a il e la co n d iscendenza di D io. Si ha inoltre un
principale, re stò con À bram o. Sta va dinanzi al e sem p io m agnifico d e ll’efncacia d e ll’intercessio n e
Sig n o re, poiché voleva p reg arlo a favore di S o ­ dei san ti, non che delle vittorie che la p reghiera
dom a, dove abitava Lot, e dove p en sav a ch e vi può rip o rta re su l cuore di D io. S e d ieci, ccc.
fo ssero p u re altri giu sti. Q uale esem p io di vera À bram o non va più avanti, forse perchè credeva
carità ! che dieci g iusti si sareb b e ro facilm ente trovati.
23-25. À bram o avvicinandosi con gran confi 33. S e ne andò verso Sodom a (XIX, 24)
132 G e n e s i , XIX, 1-9

C A P O XIX.

L e in fa m ie d e i S odom iti, / - / / . — G li a n g e li com andano a L o t d i f u g g i r e da S o -


dom a, 12 - 23 . — D is tr u z io n e d i S odom a, 24 - 29 . — In cesto d e lle f i g li e d i L o t, 30 -3 8 .

^ e n e ru n tq u e duo angeli Sódomam vés- *E i due Angeli arrivarono a Sodoma


pere, et sedérne Lot in fóribus civitàtis. sulla sera, mentre Lot stava sedendo alla
Qui cum vidisset eos, surréxit, ci ivit ób- porta della città. Ora egli avendoli veduti
viam eis : adoravitque pronus in terram , si alzò, e andò loro incontro : e li adorò
2Et dixit : Obsecro, dòmini, declinate in prostrato per terra, 2e disse : Signori, di
domum pueri vestii, et manéte ibi : lavate grazia venite alla casa del vostro servo, e
pedes vestros, et mane proficiscémini in pernottatevi : vi laverete i vostri piedi, e
viam vestram. Qui dixérunt : Minime, sed alla mattina ve n ’andrete al vostro viaggio.
in platèa manébimus. Ala essi d issero : No, n o i’starem o sulla
piazza.
3Cómpulit illos óppido ut divérterent ad 3Egli però li costrinse ad andare a casa
eum : ingressisque domum illius fecit con- sua : ed entrati che furono preparò loro
vivium, et coxit àzyma : et comedérunt. il banchetto, e fece cuocere dei pani azzimi :
4Prius autem quam irent cubitum, viri ed essi mangiarono. 4Ma prima e h ’essi an­
civitàtis vallavérunt domum a puero usque dassero a dorm ire, gli uomini della città
ad senem, omnis pópulus simul. 5Vocave- assediarono la casa, fanciulli e vecchi, e
rùntque Lot, et dixérunt ei : Ubi sunt tutto il popolo insiem e. 5E chiamarono Lot,
viri qui introiérunt ad te n o cte? educ e gli dissero : Dove sono quegli uomini
illos hue, ut cognoscàmus eos. 6Egréssus che sono entrati da te sul fare della no tte?
ad eos Lot, post tergum occludens óstium, mandali qua fuori, affinchè noi li cono­
ait : 7Nolite, quaeso, fratres mei, nolite sciamo. 6Uscì Lot, chiudendo dietro a sè
malum hoc fàcere. 8Hàbeo duas filias, quae la porta, e disse loro : 7Non vogliate di
needum cognovérunt virum : educam eas grazia, fratelli miei, non vogliate far questo
ad vos, et abutimini eis sicut vobis pia- male. 8Ho due figlie, ancora vergini : io ve
cuerit, dummodo viris istis nihil mali fa- le condurrò fuori, e abusate di esse come
ciàtis, quia ingrèssi sunt sub umbra cui- vi piacerà, purché non facciate verun male
minis mei. a quegli uomini, perocché sono venuti al­
l ’ombra del mio tetto.
•At illi dixérunt : Recède illuc. Et rur- °Ma essi dissero : Fatti in là. E aggiun­
sus : Ingréssus es, inquiunt, ut àdvena ; sero : Sei entrato qua come forestiero ; la

1 H eb r. X III, 2. » li P e tr. II, 8.

CAPO XIX. 4-5. Fanciulli e vecch i, ecc. V edesi una co r­


ruzione u n iv ersale e inaudita. L i conosciam o.
1. La distruzione di Sodom a (1*38). D apprim a Eufem ism o, per indicare i più orribili vizi contro
si accenna alle infam ie dei Sodom iti (1-14). 1 due natura (G iud. XIX, 29), così com uni tra i C a­
angeli (Ved. XVIII, 22). Slava alla porta della nanei (Lev. V ili, 2 2 ; XX, 23), e p resso i pagani
città , dove in O riente si rad u n av an o gli uom ini in generale (Ved. n. Rom. I, 27). Lor com prese
per i giudizi, per i negozi e gli affari, e anche su b ito di che si trattava.
sem plicem en te p er chiacchierare, com e facevano 6-8. Lot prende tu tte le precauzioni per s a l­
gli Ateniesi nelPagora e i Romani nel foro. — Si vare i sacri diritti d e ll’ospitalità, e quindi chiude
alzò... adorò, com e aveva fatto Àbramo (XVIII, dietro a sè la porta, e colie parole più dolci cerca
2 e s s.). Solo più tardi Lor riconobbe che i suoi di d istogliere quegli em pi dal com m ettere si o r­
ospiti erano angeli (E br. X III, 2). ribili m isfatti. Egli arriva sino al punto di s ac ri­
2. Venite alla casa, ccc. Anche nelle città a ficare i suoi doveri di padre, e di andare contro
quei tem pi non vi erano alberghi, e i viaggiatori la stessa legge di patura offrendo a quegli em pi
dovevano chiedere ospitalità a ll'u n o o a ll’altro . le su e figlie. In questo certam ente egli peccò,
N o. Prob ab ilm en te volevano m ettere Lot alla benché la perturbazione d ’anim o, l’inconsidera­
prova per vedere se l’invito era sin cero . Sulla zione, e l’imbarazzo in cui si trovava, possano
piazza. ¿VelI’O rienle per gran parte d ell’anno si dim inuire alquanto la sua colpa.
può senza inconvenienti passare la notte a ll’ap erto . 9. Fatti in là. Volevano che si allontanasse
Pani azzim i, che in breve tem po potevano essere dalla porta per forzarla. S e i entrato, ecc. R icor­
p reparati. dano a Lot che egli è un forestiero, e che essi
G e n e s i , XIX, 10-19 133

numquid ut jüdices? te ergo ipsum magis farai tu forse da g iudice? noi adunque fa­
quam hos affligémus, Vimque faciébant Lot rem o peggio a te che a quelli. E facevano
vehem entissim e : jamque prope erat ut grandissim a forza a Lot : ed erano già vi­
effringerent fores. 10Et ecce m isérunt ma- cini a rom pere la porta. 10Q uand’ecco que­
num viri, et introduxérunt ad se Lot, clau- gli (uomini) stesero la mano, e m isero Lot
serüntque óstium : “ Et eos, qui foris in casa, e chiusero la porta. “ E colpirono
erant, percussérunt caecitate a minimo di cecità quei che erano fuori, dal più pic­
usque ad maximum, ita ut óstium invenire colo fino al più grande, talmente che non
non possent. potevano trovar la porta.
12Dixérunt autem ad Lot : H abes hic 12E dissero a Lot : Hai tu qui alcuno d e ’
quémpiam tuórum ? génerum , aut filios, tuoi o genero, o figlio, o figlia? m ena via
aut filias, omnes, qui tui sunt, educ de urbe tutti i tuoi da questa città. “ Poiché noi
hac : 1JDelébimus enim locum istum , eo distruggerem o questo luogo, perchè il loro
quod incréverit clamor eórum coram Dò­ grido è cresciuto davanti al Signore, il
mino, qui misit nos ut perdäm us illos. quale ci ha mandati a sterm inarli. 14Uscì
“ Egréssus itaque Lot, locutus est ad gé- adunque Lot, e parlò a ’ suoi generi, che
neros suos, qui acceptüri erant filias ejus, dovevano prendere le sue figlie, e disse :
et dixit : Stìrgite, egredim ini de loco isto : Levatevi, partite da questo luogo : perchè
quia delébit Dóminus civitatem hanc. Et il Signore distruggerà questa città. E parve
visus est eis quasi ludens loqui. loro che parlasse come per burla.
15Cumque esset mane, cogébant eum an­ 15E fattosi giorno, gli Angeli sollecita­
geli, dicéntes : Surge, tolle uxórem tuam, vano Lot, dicendo : Affrettati, prendi la tua
et duas filias quas habes : ne et tu pariter moglie, e le due figlie, che hai : affinchè
péreas in scélere civitàtis. 16Dissimulante anche tu non perisca per le scelleratezze di
ilio, apprehendérunt manum ejus, et ma- questa città. 16E indugiando egli, presero
num uxóris, ac duarum filiarum ejus, eo per mano lui, e la sua moglie, e le sue
quod parceret Dóminus illi. due figlie, perchè il Signore voleva rispar­
miarlo.
17Eduxeruntque eum , et posuérunt extra 17E lo condussero via, e lo m isero fuori
civitatem : ibique locuti sunt ad eum , di­ della città : e quivi gli parlarono, dicendo :
céntes : Salva animam tuam : noli respicere Salva la tua vita : non voltarti indietro, e
post tergum, nec stes in omni circa re­ non ti ferm are in tutto il paese circonvi­
gióne : sed in monte salvum te fac, ne et cino : ma salvati al monte, affinchè tu pure
tu simul péreas. 18Dixitque Lot ad eos : non perisca. 18E Lot disse loro : Di grazia.
Quaeso, Dòmine mi, 19Quia invénit ser- Signor mio, 19dacchè il tuo servo ha tro­
vus tuus gràtiam coram te, et magnificasti vato grazia dinanzi a te, e mi hai usata una

11 S ap . XIX, 16. 17 S ap . X, 6.

non accetteran n o leggi e rim p ro v e ri da lui. Da zati, ch e non vollero c re d ere. In d u g ia n d o , ecc.
ciò si vede che Lot doveva av er b iasim ato la loro Gli rin crescev a abban d o n are la casa e i beni, ecc.,
condotta (JI P ie t. 11, 7 e s s .). D alle m inaccie ma gli angeli pongono fine ai suoi indugi m et­
passano ai fatti. tendolo fuori della città, e intim andogli di p e n ­
s a re oram ai a salv a rsi la vita. N on voltarti indietro.
10-11. Gli angeli in terv en g o n o a difesa di Lot
e della su a fam iglia. C olpirono di cecità, ecc. D io voleva così provare la su a fede e la su a
Non si tratta di una cecità asso lu ta , ma di una obbedienza, e assiem e fargli capire che doveva
cecità sim ile a q u ella, con cui fu ro n o colpiti i d istaccare il su o cuore dai Sodom iti e dai beni
Siri che cercav an o del p ro feta Eliseo (IV Re, VI, che p o ssed ev a in S odom a. Altri p e nsano che con
18 e s s .). E ssi vedevano le altre case, ma non q u e ste parole non si voglia dir altro se non che
egli deve fuggire senza indugio e in tutta fretta.
vedevano, nè potevano trovare la p o rta della casa
di Lot. N o n p o te v a n o , ecc., e b r. si stancarono N e l p a ese circonricino (Ved. n. X III, 10). Al
(invano) nel cercare la porta. m o n te. La catena delle m ontagne di M oab all’E st
del Alar M orto.
12-14. Gli angeli si ad o p eran o inu tilm en te p er 18-20. Lot chiede una grazia al S ig n o re, alle­
salvare assiem e a Lot anche quei giovani, a cui gando in su o favore, la bontà, colla quale da Lui
egli aveva fidanzate le su e figlie. C he dovevano è stato tra tta to . Signore m io , ebr. Adonai. Lot
prendere le su e fig lie , eb r. ai g en eri (futuri) che orm ai ha riconosciuto che colui che gli parlava,
dovevano prendere le su e fig lie, i LXX ai suoi ra p p re se n ta v a D io, e quindi si rivolge a lui com e
gen eri, che avevano p rese le sue fig lie, vale a dire a Dio. lo non po sso salvarm i su l m o n te. Egli
che avevano fatti gli sp o n sa li colle su e figlie. E ssi tem eva di non poter arriv are al m onte indicato
non p re staro n o fede alle parole di Lot. prim a della rovina di S odom a, e quindi prega il
15-17. Le due figlie che h a i, eb r. che sono Signore di risp a rm ia re la vicina e piccola città
qui nella tua casa, p e r opposizione ai loro fidan­ di Segor (22), e di perm etcergli di rifu g iarsi ir
134 G e n e s i , XIX, 20-25

misericórdiam tuam quam fecísti mecum, grande misericordia, ponendo in salvo la


ut salvares ánimam meam, nec possum in mia vita, nè io posso salvarmi sul monte,
monte salvári, ne forte apprehéndat me perchè potrei venir sorpreso dal male, e
malum, et móriar : 20Est cívitas haec juxta, morire : 20è qui vicina questa città, alla
ad quam possum fúgere, parva, et salvábor quale posso fuggire, essa è piccola, e ivi
in ea : numquid non módica est, et vivet troverò salute : Non è essa piccola, e ivi
ánima m ea? 2,Dixítque ad eum : Ecce non sarà sicura la mia v ita? 21E il Signore
étiam in hoc suscépi preces tuas, ut non gli disse : Ecco anche in questo ho esaudito
subvértam urbem pro qua locútus es. le tue preghiere, onde non distruggerò la
22Festína, et salvare ibi : quia non pótero città, in favor della quale tu hai parlato.
fácere quidquam doñee ingrediáris illuc. “ Affrettati, e salvati colà : perocché io non
Idcírco vocátum est nomen urbis illíus potrò far nulla, fino a tanto che tu vi sia
Segor. entrato. P er questo fu dato a quella città il
nome di Segor.
2SSol egréssus est super terram, et Lot 23I1 sole si levò sopra la terra, e Lot entrò
ingréssus est Segor. 24lgitur Dóminus pluit in Segor. 24II Signore adunque fece piovere
super Sódomam et Gomórrham sulphur et dal Signore sopra Sodoma e Gomorrha zolfo
ignem a Dómino de cáelo : 25Et subvértit e fuoco dal cielo : 25e distrusse quelle città,

22 S ap . X, G. 21 D eut. XXIX, 2 3 ; Is. XIII, 19; Jer. L, 4 0 ; Ez. XVI, 4 9 ; O s. XI, 8 ; Am. IV,
11 ; Luc. XVII, 2 8 ; Ju d ae, 7.

e ssa. L 'obbedienza di Lot non fu p erfetta, e (XIV, 10), che vi erano nei dintorni delle città, e
invece di confidare nella provvidenza di Dio, così tutto il paese coi suoi abitanti, da G erico
tem ette tro p p o la pro p ria debolezza. E qui vicina fino a Segor (X III, 10) fu travolto nella rovina,
questa città. Sem bra quasi m ostrarla, col dito. e divenne un d e se rto . P u ò e sse re ch e Dio siasi
E ssa è piccola. Lot in siste su qu esta p articolarità, serv ito di u n ’eruzione vulcanica p e r farne Io
come per dire : tra ttan d o si di sì piccola cosa, stru m e n to delle su e vendette sopra le città pec­
Dio può ben fare u n ’eccezione al castigo. catrici, ma ci sem b ra più probabile che Egli
abbia fatto piovere dal cielo fuoco e zolfo. P a ­
21-23. Dio accondiscende alla preghiera di Lot,
m algrado la sua poca fede. In fa vo r della recchi in terp reti hanno pensato che le d ette città
quale, ecc. Da ciò si può d e d u rre che Lot fu s o rg e ssero ove ora si sten d e il Alar M orto, il
quale dovrebbe la sua origine alla grande cata­
indotto a preg are anche da motivo di carità.
N on potrà far nu lla, ecc. Sia p erch è Lot era stro fe. T ale spiegazione si accorda con quanto è
detto ai capitoli XIII, 10 e s s ., e XIV, 3, ma va
giusto (Il P ie t. II, 8), e sia a motivo delle p re ­
incontro a grandi difficoltà. E prim a di tutto si
ghiere di À bram o (v. 9), Dio non poteva d istru g ­
d ovrebbe su p p o rre che il G iordano, il quale
gere Sodom a prim a che Lot fosse in salvo. Per
ad esso si p erde nel Alar M orto, continuasse il
q u e sto , ossia perchè fu risp arm iata a m otivo
su o corso attrav erso la valle Araba fino al Alar
della sua piccolezza quella città, che prim a si
R osso. Ala è da o sserv are che la detta valle si
chiam ava Baia (XIV, 2), fu chiam ata Segor
(ebr. Z ó ‘ar), che significa piccolezza. E ssa s o r­ trova a 634 m etri so p ra il livello del M ar M orto
geva sul M ar M orto a S. E ., nel luogo dove ora (che è a circa 397 m etri so tto il livello del M edi-
si scorgono le rovine d ette G or-es-safìje. — ìl terran eo ), e a 430 so p ra quello del lago di Ge-
sole si levò. Le cose narrate (15-23) avvennero n ezareth , d ’onde esce il G iordano. O ra non è
quindi di buon m artino. possibile sp ieg a re com e questo fiume avrebbe
potuto s u p erare tale altezza, s e non am m ettendo
24-25. La d istruzione. Il Signore fece p iovere che siasi operata una grande perturbazione
dal S ig n o re t ossia quella p erso n a divina (il sism ica non solo in tutta la valle del G iordano,
V erbo), che era ap p arsa in form a um ana ad ma ancora in tutta la valle Araba fino al M ar
A bramo e a Lot, fece venire d a ll’altra persona R osso. Di tale perturbazione così estesa non si
divina (il Padre) abitante nel cielo, una pioggia ha però alcuna traccia, e d ’altra parte lo studio
dì fuoco, ecc. Già parecchie volte è stata indi­ geologico dei varii stra ti dim ostra che il M ar
cata la pluralità delle p ersone in Dio (1, 2 6 ; M orto è an teriore alla creazione d e ll’uom o. Ci
111, 2 2 ; XI, 7), c anche in q u este parole i P ad ri sem bra quindi assai più probabile la sentenza
S a n t’lrineo, S. C ipriano, S a n t’Ilario, S a n t’Am- di coloro (H um m elauer, C ram pon, Fillion, Le-
brogio, S. G irolam o, ecc., riconoscono una d i­ gendre, Z anecchia, V igouroux, ecc.), i quali ri­
chiarazione della distinzione delle p erso n e del tengono che prim a della distruzione di Sodom a
Padre e del Figlio, e della uguaglianza del P a d re già e siste sse un gran lago, dove si raccoglievano
e del Figlio (Ved. H u m m elau er, h. 1.). Sodom a le acque del G iordano, e che le città distru tte
e Gom orra. B enché qui siano rico rd ate solo le so rg e ssero ap p u n to nella pianura che si stendeva
due città principali della P en tap o li, è certo però a m ezzogiorno del lago.
che anche Adama e Seboim furono d istru tte (D eut. Q uesta pianura in seguito alla catastro fe fu
XXIX, 22), e che solo S egor fu salvata (XIX, 20). invasa dalle acque, le quali in questa p arte del
Il c arattere so p ran n atu rale della grande c atastro fe lago non raggiungono che d n q u e o sei m etri di
è indicato dalle parole dal S ig n o re, dal cielo. altezza, m entre nella parte setten trio n ale si ele ­
Il fuoco cadendo dal cielo incendiava tanto lo vano sino a 399 m etri. T ale spiegazione non è
zolfo che cadeva, quanto i varii pozzi d ’asfalto con traria ai capitoli X III, 10 e XIV, 3, i quali
G e n e s i , X IX , 26-33 135

civitâtes has, et omnem circa regiónem , e tutto il paese aH’intorno, tutti gli abita­
univérsos habitatóres tirbium, et cuncta tori delle città, e tutto il verde della cam­
terrae viréntia. 26Respiciénsque uxor ejus pagna. 26E la moglie di Lot essendosi vol­
post se, versa est in statuam salis. tata indietro, fu cangiata in una statua di
sale.
27Abraham autem consürgens mane, ubi 270 r a Abrahamo levatosi la mattina si
stéterat prius cum Domino, 28Intuitus est portò là, dove era stato prima col Signore,
Sódomam et Gomórrham, et univérsam ter- 28e volse lo sguardo verso Sodoma e Go-
ram regiónis illius : viditque ascendéntem m orrha, e verso tutta la terra di quella
favillam de terra quasi fornacis fumum. regione : e vide delle faville che si alzavano
dalla terra come il fumo di una fornace.
29Cum enim subvérteret Deus civitâtes 29Allorchè infatti Dio distruggeva le città
regiónis illius, recordatus Abrahae, liberavit di quella regione, si ricordò di Abrahamo,
Lot de subversióne urbium in quibus habi- e liberò Lot dallo sterm inio di quelle città,
taverat. nelle quali questi aveva dimorato.
30Ascenditque Lot de Segor, et mansit in 30E Lot si partì da Segor, e si ritirò sul
monte, duae quoque filiae ejus cum eo (ti- m onte insiem e colle sue due figlie (pe­
m uerat enim m anére in Segor) et mansit in rocché egli tem eva di dim orare in Segor)
spelónca ipse, et duae filiae ejus cum eo. e abitò in una caverna egli, e le due figlie
31Dixitque major ad minórem : P ater noster con lui. 31E la maggiore disse alla m inore :
senex est, et nullus virórum rem ansit in Nostro padre è vecchio, e non è rim asto
terra qui possit ingredi ad nos juxta morem alcun uomo sopra la terra che possa spo­
univérsae terrae. 32Veni, inebriém us eum sarci, come si costuma in tutta la terra.
vino, dorm iam usque cum eo, ut servare 32Vieni, ubriachiam olo col vino, e dormiamo
possi mus ex patre nostro sem en. 33Dedé- con lui, affinchè possiamo serbare discen­
runt itaque patri suo bibere vinum nocte denza del nostro padre. 33QuelIa notte stessa

28 Luc. X V ll, 32. S u p . XVIII, 1.

possono s p ieg a rsi nel sen so che la valle di Sid- e volle ritira rsi a S e g o r; ora però non si crede
dim si ste n d e sse p recisam en te nella d etta p ian u ra più sicu ro in S eg o r, non ostante la p ro m essa di
(Cf. Z anecchia, La Palestina d 'o g g i, voi. 11, Dio (v. 21), e cerca scam p o sul m onte. Q uanto
p. 52 e s s ., R om a, 1896; H ag en , D ict. B ib . (Sid- è debole la sua fede in com parazione di quella
dlm) ; V igouroux, D ict. (M orte M e r ), ove si ha di À bram o! In una caverna, ossia in u n a di quelle
pure una lunga b ibliografia; Abel, U ne croisière g ro tte n atu rali delle m ontagne di M oab, che anche
autor de la M er M o rte , p. 88, P a ris , 1911). oggi serv o n o s p e s s o di abitazione.
26. E ssen d o si voltata indietro per tro p p o affetto 31-32. Infam e pro p o sito delle figlie di Lot.
alle cose ab b an d o n ate (Lue. XVII, 32), e p er N arran d o q u e sto ed altri fatti consim ili, la S c rit­
accertarsi coi p ro p ri occhi che l ’angelo aveva detto tu ra non li a p p ro v a in alcun m odo, ma ci fa
il vero. E ssa m ancò di fede (S ap. X, 7), e c o n o sc e re a quale grado di abbiezione possa
trasgredì il divieto ricevuto (17), e in pen a fu g iu n g ere la malizia e la debolezza d e ll’uom o.
cangiata in una statua (ebr. una colonna o stela) iVon è rim asto alcun uom o. E sse non potevano
di s a le : o p e r u n ’incrostazione so p rav v en u ta ra ­ p e n sa re che tu tti gli uom ini fo sse ro p eriti, poiché
p idam ente -in seg u ito alla m orte che la colpì, avevano v ed u to che in S egor parecchi erano stati
o p e r un so llev am en to di m asse di salg em m a, che salv a ti, ma riten e v a n o che niuno avrebbe più
a bbondano al Sud del M ar M orto. Anche il libro voluto s p o sa re d elle donne, già fidanzate a S odo­
della Sapien za, X, 7 e G iu sep p e F. (A n t. Giud.> m iti, e com e tali a p p arte n en ti a una te rra m ale­
I, 11, 4) parlan o di q u esta sta tu a , e la verità s to ­ d e tta . F o rse p en sav an o che anche S egor d ovesse
rica del fatto è g arantita anche dal V angelo (L ue. alla fine e ss e re d istru tta . S ap en d o che il padre
XVII, 32). non a v reb b e mai a cconsentito ai loro div isam en te
27-28. À bram o an sio so di s a p e re quel che riso lv o n o di ubb riacarlo . E sse peccarono, e non
fosse avven u to a Lot e alle città della P e n ta p o li, p o sso n o tro v a re alcuna scu sa al loro fallo. A nche
e quale fo sse stato l ’esito della su a in tercessio n e Lot peccò, s e non q u anto a ll’incesto, alm eno
(XVIII, 17 e s s .), si po rtò al luogo, dove il giorno q u a n to a ll’u b briachezza, sp ecialm en te la seconda
prim o aveva parlato c o ll’angelo, poiché di là il volta, b en ch é gli si possa forse co ncedere qualche
suo sguard o poteva ab b racciare tu tta la P e n ta ­ a tte n u an te , co n sid erate le circostanze in cui si
poli. D elle fa v ille , e b r. un fu m o . — C om e il trovava (C f. S a n t’Agostino, C ont. F a u s t XXII,
fu m o di una fornace di calce o di m etalli. 43, 44). Q u esto fatto m ostra a quale grado la
29. S i ricordò di A b ra m o, ecc. Lot fu quindi c o rru zio n e dei Sodom iti fosse p enetrata nella fa ­
salvato an ch e per i m eriti di À bram o. miglia di Lot, il quale aveva voluto scegliere in
mezzo ad e ssi la su a dim ora.
30. Nei v ersetti 30-38 si n arra l ’origine dei
M oabiti e degli A m m oniti. S i ritirò su l m o n te . 33-35. A lettono in esecuzione il loro infam e
Gli angeli avevano già com andato a Lot di fuggire p ro p o sito . D el v/no, com prato probabilm ente a
alla m ontagna (Ved. v. 17), ma allora egli ricu sò , S eg o r.
136 G e n e s i , XIX, 34 — XX, 2

illa. Et ingrèssa est major, dormivitque diedero adunque a bere del vino al loro
cum patre : at ille non sensit, nec quando padre : E la maggiore si accostò a lui, e
accubuit filia, nec quando surréxit. dormì col padre : ma egli non si accorse,
nè quando la figlia si pose a letto, nè quando
si levò.
34Altera quoque die dixit major ad mi- 34E il dì seguente la maggiore disse alia
nórem : Ecce dormivi heri cum patre meo, minore : Ecco che ieri io dormii col padre
demus ei bibere vinum étiam hac nocte, et mio : diamogli da bere del vino anche sta­
dórmies cum eo, ut salvémus sem en de notte, e tu dormirai con lui, affine di serbare
patre nostro. 35Dedérunt étiam et illa nocte discendenza del nostro padre. 33Anche quella
patri suo bibere vinum, ingréssaque minor notte diedero a bere del vino al loro padre,
filia, dormivit cum eo : et ne tunc quidem e la figlia minore si accostò e dormì con
sensit quando concubuerit, vel quando illa lui : e neppure allora si accorse nè quando
surréxerit. 36Concepérunt ergo duae filiae quella si pose a giacere, nè quando si levò.
Lot de patre suo. 36Le due figlie di Lot concepirono quindi
del loro padre.
37Peperitque major filium, et vocàvit no- 37E la maggiore partorì un figlio, e gli
men ejus Moab : ipse est pater Moabita- pose nome Moab : questi è il padre dei
rum usque in praeséntem diem. 38Minor Moabiti, che esistono fino al dì d ’oggi. 36La
quoque péperit filium, et vocàvit nomen m inore partorì an ch ’essa un figlio, e gli
ejus Ammon, id est fili us pópuli mei : ipse pose nome Ammon, vale a dire figlio del
est pater Ammonitarum usque hódie. mio popolo: egli è il padre degli Ammo­
niti, che sussistono fino al dì d ’oggi.

C A P O XX.

A bram o va in G e ra ra y e D io protegge S a ra , 1-18.

JProféctus inde Abraham in terram au- 'E Abrahamo si partì di là verso il paese
stràlem, habitàvit inter Cades et Sur : et del mezzodì, e abitò tra Cades, e Sur : e
peregrinatus est in Geraris. 2Dixitque de dimorò come pellegrino in G erara. 2E ri­
Sara uxòre sua : Soror mea est. Misit ergo guardo a Sara sua moglie disse : Essa è mia
Abimelech rex Geràrae, et tulit eam. sorella. Mandò adunque Abimelech, re di
G erara, a rapirla.

36-38. M oab, significa dal padre = nato dal


padre di sua m adre, o p p u re , secondo altri, sem e C A PO XX.
del padre. 1 M oabiti abitarono più tardi quella
ste ssa contrada, dove Lot si trovava (D eut. 11, 1. À bram o riceve un figlio da Sara (XX, 1-XXI,
11). Gli p o se nom e A m m o n , vale a dire, ecc. N el­ 34). Si com incia col narrare la peregrinazione di
l’ebraico si legge sem plicem ente : lo chiam ò B en- À bram o in G erara (XX, 1-18), e si accenna alla
A m m i ( = figlio del mio cognato). Con tal nom e sp eciale protezione che Dio concesse sia a lui
volle indicare che il figlio nato, non era figlio di che a S ara.
uno stra n ie ro , ma di uno della su a stirp e . Gli Partì di là, ossia da M am bre p re sso H ebron
A mmoniti abitarono più tardi al Nord del paese (XVI11, 1), in cerca di nuovi pascoli, e si sp in se
di M oab. verso il p aese del M ezzodì, ossia ¡1 S e g h e b (XII,
La storicità della distruzione di Sodom a e 9), ferm andosi un p o ’ di tem po in qualche oasi
della liberazione di Lot è anche afferm ata nel tra Cades e S u r (XVI, 7, 14), e poi, risalendo
Nuovo T estam en to (Lue. XVII, 28 e s s . ; II P iet. v erso il N ord, dim orò com e pellegrino (X I1, 10)
II, 6 ; G iuda, 7). in Gerara (X, 19), nel territorio a p p arte n en te ai
Non è certam en te l ’odio nazionale contro i Filistei (Cf. XXVI, 1).
M oabiti e gli A mmoniti che ha ispirato la n a rra ­ 2. D isse A bramo : E mia sorella, come aveva
zione p reced en te, poiché Dio s tesso com anda agli detto 20 anni prim a entran d o in Egitto (XII, 13).
Israeliti (D e;it. II, 9, 19) di risp e tta re il te rri­ Q ui però non si accenna più alla bellezza di Sara.
torio di qu esti popoli, perchè Egli lo ha dato ai I LXX aggiungono : poiché egli non osava dire è
figli di Lot ; che se più tardi i M oabiti o gli Am­ mia m o g lie, p er tim ore che gli uom ini della città
moniti vengono puniti, ciò non è per motivo della Io uccidessero a causa di essa. Tale aggiunta però
loro origine, ma per altri m isfatti com m essi (D eut. non si trova nel testo originale e nelle altre v e r­
XX111, 4 e s s.). La Scrittura ornai non parlerà sioni. A b im elech , significa padre del re , op p u re
più di Lot, poiché per il re sto di sua vita egli non padre re. Era questo probabilm ente un nome
ha più alcun ra p p o rto col popolo di D io. com une a tutti i re Filistei, come quello di
G e n e s i , XX, 3-11 137

*Ve nit autem Deus ad Abimelech per 3Ma Dio apparve una notte in sogno ad
sóm nium nocte, et ait illi : En m oriéris Abimelech, e gli disse : Ecco tu morrai per
propter m ulierem quam tulisti : habet enim cagione della donna che hai rapita : poiché
virum. 4Abimelech vero non tetigerat eam , ella ha marito. 4Abimelech però non l ’a­
et ait : Domine, num gentem ignorantem et veva toccata, e disse : Signore, farai tu
justam interficies? 5Nonne ipse dixit mihi : perire una nazione ignorante, e giu sta?
Soror mea est ; et ipsa ait : Frater m eus 5Non mi ha egli detto : Essa è mia sorella :
e s t? in sim plicitate cordis mei, et munditia ed essa non ha detto : Egli è mio fratello ?
manuum mearum feci hoc. *Dixitque ad 10 ho fatto questo nella sem plicità del mio
eum Deus : Et ego scio quod simplici corde cuore, e con mondezza delle mie mani. 6E
féceris : e t ideo custodivi te, ne peccàres 11 Signore gli disse : A nch’io so che hai
in me, et non dim isi ut tangeres eam . fatta tal cosa con cuore sem plice : e per
TNunc ergo redde viro suo uxórem, quia questo ti ho preservato dal peccare contro
prophéta est : e t oräbit pro te, et vives : si di me, e non ho perm esso che tu la toccassi.
autem noltìeris réddere, scito quod morte 7O r dunque restituisci la moglie al suo ma­
m oriéris tu, et ómnia quae tua sunt. rito, perocché egli è profeta : ed egli farà
orazione per te, e tu vivrai : ma se tu non
vorrai restituirla, sappi che indubbiamente
morrai tu, e tutto ’quello che ti appartiene.
•Statimque de nocte consurgens Abime­ 8E Abimelech subito si alzò m e n tr’era
lech, vocàvit om nes servos suos : et lo- ancor notte, e chiamò tutti i suoi servi : e
cutus est univèrsa verba haec in àuribus raccontò loro tutte queste cose, e tutti te­
eórum , tim uerúntque omnes viri valde. m ettero grandem ente. 9E Abimelech chiamò
•Vocàvit autem Abimelech étiam Abraham, anche Abrahamo, e gli disse : Che cosa ci
et dixit ei : Quid fecisti no b is? quid pec- hai fatto? che male ti abbiamo fatto noi,
càvimus in te, quia induxisti super me et che tu avessi a tirare addosso a me ed al
super regnum meum peccàtum gran d e? mio regno un gran peccato? tu hai fatto a
quae non debuisti facere, fecisti nobis. noi quello che non dovevi fare. 10E di nuovo
10Rursum que exspótulans, ait : Quid vi- ram m aricandosi, disse : A che hai tu mirato
disti, ut hoc fáceres? facendo q uesto?
u Respóndit Abraham : Cogitàvi mecum, “ Abrahamo rispose : Io pensai, e dissi
dicens : Fórsitan non est timor Dei in loco dentro di me : Forse non vi è timor di Dio

F araone ai re di E gitto. Mandò a pigliarla. Sara tanto colui che isp ira to dallo S p irito Santo an ­
aveva allora 90 anni, ma siccom e e ssa doveva nunzia gli eventi fu tu ri, q u anto piu tto sto colui
ancora divenir m ad re, Dio le aveva c o n serv ato ch e ricev e le com unicazioni di D io, e vive con lui
una certa avvenenza. P u ò e sse re p e rò che Abi­ in intim a fam iliarità. Tale era a p p u n to À bram o,
m elech collo sp o sa r S ara in te n d e sse p rin cip alm en te col quale Dio aveva co n tra tto una sp eciale al­
di unirsi in p aren tela con un capo nom ade ricco leanza, e a cui aveva m anifestato l'av v e n ire della
e potente, quale era À bram o (X III, 2 ; XIV, 14; su a s tirp e e fatto grandi p ro m e sse . S ara va q uindi
XXI, 22 e s s.). re stitu ita ad À bram o, non solo p e rc h è egli è il
3. D i n o tte . Era già tra sco rso un certo tem po su o m arito , ma anche perchè è l’amico di D io.
co p o il fatto n a rra to nel v e rsetto 2 (C f. v. 18). O ra com e am ico di Dio la sua preg h iera non può
Dio a pparve.. Si vede che q u esto re conosceva m ancare di e sse re efficace. T utto quello che ti
il vero D io, e lo tem ev a. M orrai della m a ­ a p p a rtie n e , o m eglio tutti quelli che ti a p p a rte n ­
lattia che ti ha colpito (v. 17). P u ò e sse re che gono (Cf. v. 17).
d isperato dai m edici, A bim elech fo sse ric o rso a 8-10. A bim elech ubbidisce im m ediatam ente a
Dio, il quale si degnò di risp o n d e rg li nel m odo D io, ma rim p ro v e ra À bram o per il su o m odo di
indicato. agire, com e già aveva fatto Faraone (XII, 18). Che
4-5. N o n Vaveva toccata a m otivo ste sso della co sa , ecc. L ’ad ulterio anche dai popoli pagani era
m alattia c o n tratta. E d isse , ecc. Egli si scagiona, rico n o sciu to com e un orribile peccato, e quindi
adducendo a su a discolpa la su a ignoranza e la il p e n sie ro di e sse re stato vicino a cadervi, benché
sua buona fed e. N ell'eb raico si legge : ucciderai per ig n o ran za, fa sì che A bim elech rim proveri
tu nna gen te anche g iu sta , ossia che non ha c o lp a ? À bram o di avergli taciuto la verità. Un gran p e c ­
Sem plicità del cu o re , significa l ’innocenza per ri­ cato, b e n sì solo m ateriale, ma congiunto con
guardo agli atti in tern i, e m ondezza delle m ani gravissim i mali. A che hai tu m irato , ossia che
significa la ste s s a innocenza p e r rig u a rd o agli intenzioni a v e s ti? ecc.
atti estern i. La poligam ia a quei tem pi era lecita, 11-13. À bram o adduce le sue scu se (Ved. n.
e può e sse re che il ra tto p re s so quei popoli non X II, 20). Io p e n sa i, m anca n e ll’ebraico. Forse
venisse co n sid erato com e un m ale. n o n , ecc. N e ll’ebraico : non vi è certo tim or di
6-7. Dio accetta le scu se ad d o tte. Ti ho p r e ­ D io , ecc. II tim ore di Dio com anda la virtù e
servato, facendoti cader m alato. A bim elech deve proibisce ogni peccato. D ’altra parte Sara era
però re stitu ire Sara ad À bram o so tto pena di veram en te an che so rella di A bram o, e quindi egli
m orte. E p ro feta . Q u esto nom e significa qui non non aveva m entito.
138 G e n e s i , XX, 12 — XXI, 1

i s t o : et interficient me propter uxórem in questo luogo e mi uccideranno a causa


meam : !‘Alias autem et vere soror mea di mia moglie : 12D ’altra parte ella è vera­
est, filia patris mei, et non filia matris mente anche mia sorella, figlia di mio padre,
meae, et duxi earn in uxórem. ,3Postquam ma non figlia di mia madre, ed io la presi
autem edúxit me Deus de domo patris mei, per moglie. 13Ma dopo che Dio mi trasse
dixi ad earn : Hanc misericórdiam fácies fuori dalla casa di mio padre, io le dissi :
mecum : ln omni loco, ad quem ingredié- Tu mi farai questa grazia : In qualunque
mur, dices quod frater tuus sim. luogo noi arriverem o, dirai che io sono tuo
fratello.
u Tulit ígitur Abímelech oves et boves, “ Prese adunque Abimelech delle pecore
et servos et ancillas, et dedit Abraham : e dei buoi, e d e ’ servi e delle serve, e le
reddidítque illi Saram uxórem suam, ,5Et diede ad Abrahamo : e gli restituì Sara sua
a i t : Terra coram vobis est, ubicúmque tibi moglie, 15e gli disse : Questa terra è da­
placúerit, hábita. ,6Sarae autem dixit : Ecce vanti a te, dimora dove ti piacerà. ,6E disse
mille argénteos dedi fratri tuo, hoc erit tibi a Sara : Ecco io ho dato a tuo fratello mille
in velámen oculórum ad omnes qui tecum monete d ’argento, con queste avrai un velo
sunt, et quocúmque perréxeris : mementó- per gli occhi dinanzi a tutti quelli che sono
que te deprehénsam. con te, e in qualunque luogo andrai : e ri­
cordati che sei stata presa.
17O ránte autem Abraham, sanávit Deus l7E Abrahamo pregò, e Dio risanò Abi­
Abímelech et uxórem, ancillásque ejus, et melech e la moglie, e le serve di lui, e
peperérunt : 18Conclúserat enim Dóminus partorirono : “ Perocché il Signore aveva
omnem vulvam domus Abímelech propter rendute sterili tutte le donne della casa di
Saram uxórem Abrahae. Abimelech a motivo di S ara moglie di
Abrahamo.

CAPO XXL

N ascita d i Isacco, 1-7. — Espulsione d i A g a r e d i Ismaele, 8-21. — A llea n za tra


A bram o e A bim elech , 22-34.

1Visitavit autem Dóminus Saram, sicut lOra il Signore visitò Sara come aveva
promiserat : et implévit quae locutus est. promesso : e adempiè la sua parola. 2Ed
2Concepitque, et péperit filium in senectute ella concepì e partorì un figlio nella sua

12 S up. XII, 13. 13 Inf. XXI, 23. 1 S u p . XVII, 19 et XVIII, 10. 2 G al. IV, 2 3 ; H eb r. XI, 11.

14-15. Le diede ad Abram o sia per cattivarsi la che io ho pagato proverà davanti a tutti che tu
sua benevolenza, e sia p er onorarlo. Q uesta terra , sei stata ingiuriata, op p u re che io ti ho resa
ebr. la mia terra, ecc. Abimelech si m ostra più giustizia (Ved. H um m elauer, h. 1.).
generoso di Faraone, il quale aveva obbligato 17-18. Abraham o pregò (ebr. D io). Il castigo
Àbramo a p a rtirsi d a ll’E gitto. inflitto era probabilm ente una im potenza te m p o ­
16. A tuo fratello. Vi è forse un p o ’ d ’ironia ran ea, alla quale Dio m ise fine p e r le p reghiere
in q u este parole. M o n e te, o m eglio, pezzi d'ar­ di À bram o.
gento del valore di circa 3 lire ciascuno, dato che
s i tratti di sicli, il che è incerto. Avrai un
v e lo , ecc. Alcuni antichi spieg av an o : con questa
som m a co m p rati un velo per nascondere la tua CA PO XXI.
bellezza ed e sse re riconosciuta da tutti com e
m oglie di A bram o. I m oderni sp ieg an o : Q uesta 1-2. N ascita di Isacco (1-7). Si dice che Dio
som m a sia un velo p er gli occh i, cioè una rip a ra ­ visita gli uom ini, quando fa loro (come nel caso
zione d ell’ingiuria involontaria che ti ho fatta presente) qualche insigne benefizio (L, 24 ; Esod.
(Cf. XXXII, 20), e valga a placare tutti coloro Ili, 6, ecc.), o p p u re inflìgge loro qualche castigo
che 6ono con te, per m odo che non p ensino a (E sod. XX, 5, ecc.). Aveva prom esso (XVIM, IO).
vendicarsi. E in qualunque luogo andrai, m anca A dem piè (ebr. a Sara) la sua parola. Partorì
nell’ebraico. Ricordati che sei stata p resa , e sii (ebr. ad Abrahamo) un figlio nel te m p o , ecc. T utte
più prudente per l ’avvenire. N ell’ebraico però si q u este ripetizioni fanno risaltare la fedeltà di
legge : e sei giustificata p resso tutti. La som m a Dio alle su e prom esse.
G e n e s i, XXI, 2-13 139

sua, tèmpore quo praedixerat ei Deus. 3Vo- vecchiezza, al tempo predettole da Dio. 3E
cavitque Abraham nomen filii sui, quem Abrahamo pose nome Isaac al figlio parto­
génuit ei Sara, Isaac : 4Et circumcidit eum ritogli da Sara : 4E l ’ottavo giorno lo cir­
octàvo die, sicut praecéperat ei Deus, 6Cum concise, come Dio gli aveva comandato,
centum esset annórum : hac quippe aetàte 5avendo egli cento anni : poiché di questa
patris, natus est Isaac. 6Dixitque Sara : Ri- età era il padre, quando nacque Isacco. 6E
sum fecit mihi Deus : quicum que audierit, Sara disse : Dio mi ha dato, di che ridere :
corridébit mihi. 7Rursum que ait : Quis au- e chiunque ne udirà la novella, riderà con
diturum créderei Abraham, quod Sara lactà- me. 7E soggiunse : Chi avrebbe creduto
ret filium, quem péperit ei jam s e n i? che Abrahamo avrebbe sentito dire, che
Sara allatterebbe un figlio partorito a lui
già vecchio?
“C revit igitur puer, et ablactatus e s t : 8C rebbe intanto il fanciullo, e fu slat­
fecitque Abraham grande convivium in die tato : e nel giorno in cui fu slattato. Abra­
ablactationis ejus. 9C um que vidisset Sara hamo fece un gran convito. 9Ma Sara
filium Agar ^Egyptiae ludentem cum Isaac veduto il figlio di Agar Egiziana, che sch er­
filio suo, dixit ad Abraham : I0Ejice ancil- niva il suo figlio Isacco, disse ad Abra­
lam hanc, et filium ejus : non enim erit hamo : 10Caccia questa schiava, e il suo
heres filius ancillae cum filio meo Isaac. figlio : perocché il figlio della schiava non
“ Dure accepit hoc Abraham pro filio suo. sarà erede col mio figlio Isacco. “ Questo
“ Cui dixit Deus : Non tibi videatur aspe- parlare fu duro ad Abrahamo per riguardo
rum super puero, et super ancilla t u a : al suo figlio. I2I1 Signore però gli disse :
omnia quae dixerit tibi Sara, audi vocem Non ti sem bri aspro trattar così il fanciullo,
ejus : quia in Isaac vocabitur tibi sem en. e la tua schiava : Acconsenti a Sara in tutto
13Sed et filium ancillae faciam in gentem quello che ti dirà : perocché in Isacco sarà
magnam, quia sem en tuum est. la discendenza che porterà il tuo nome. 13Ma
anche del figlio della schiava farò una
grande nazione, perchè egli è tua stirpe.

4 S u p . XVII, 10; M atth. I, 2. 10 G al. IV, 30. 12 Rom. IX, 7 ; H eb r. XI, 1S.

3-5. P o se no m e Isaac (XVII, 19). Lo circoncise Egli com inciò a m altrattare Isacco, e Sara tem ette
l'ottavo giorno dopo la nascita (ebr. E Àbram o che avesse a rin n o v arsi il delitto di C aino, tanto
circoncise Isacco su o figlio nell'età di otto giorni). più che Ism aele aveva già circa 17 anni (XVI, 16;
C om e Dio gli aveva com andato (XVII, 12). Anche XXI, 5-8), m entre Isacco non ne aveva che tre .
A bram o si m ostra fedele ed o b b ed ien te. La S c rit­ Lo sd eg n o di S ara si este n d e anche ad Agar,
tura insiste nel far n o tare l ’età di A bram o. che non sap e v a , o non voleva re p rim e re l ’audacia
6-7. Sara esp rim e la su a gioia e la su a am ­ d ’Ism aele. N ell’ebraico si legge : E Sara vide che
m irazione. D i che rid ere, ossia di ch e ralleg rarm i, il figlio di Agar E gizia , il quale essa aveva pa r­
e chiunqu e udirà che io so n o divenuta m ad re torito ad A bram o , scherniva. Ma è chiaro che
riderà, o m eglio, si ralleg rerà con m e. — C hi 10 sch e rn ito non poteva e ss e re altri che Isacco.
avrebbe c re d u to , ecc. Dio con un prodigio della Vedi nella L ettera ai G alati (IV, 22-30) il m i­
su a onnipotenza ha fatto sì che A b ra m o , ecc. N el­ s te ro n asco sto in q u e sta persecuzione di Ism aele
l ’ebraico si legge solo : C hi avrebbe detto ad co n tro Isacco. Caccia, ecc. B enché le parole di
A bram o: Sara allatta fig li? Poiché io gli ho p a rto ­ S a ra sian o d u re , D io le ap p ro v a, m ostrando con
rito un figlio nella sua vecchiezza. A naloghi s e n ­ ciò ch e S ara aveva piena ragione di tem ere per
tim enti son o e sp re s si nei cantici di Anna (I R e, Isacco (C f. P e lt, H ist. de VA . 7 \, t. I, p. 167).
II, 1 e s s .), e di M aria S an tissim a (L ue. 1, 47 e ss.) 11-13. Fu duro ad A bra m o , sia perchè am ava
8. E sp u lsio n e di Agar e di Ism aele (8-21). Ism aele, e sia perchè un tal m odo di p rocedere
Fa slattato. I bam bini venivano slattati all’età di co n trad d icev a al d iritto vigente, quale si può
tre anni (II P a ra i. XXXI, 16; II M ach. V II, 27), vedere nel codice di H am m urabi, a rt. 146. In
e anche più tardi (I Re, I, 23 e s s .). Fece un Isa c c o , ecc., o ssia, so lo Isacco e i suoi d isce n ­
convitot com e si su o le fare anche ora in O rien te. den ti saran n o chiam ati veri figli di À bram o, e
9-10. C he scherniva. L ’ebraico co rrisp o n d e n te s a ran n o gli credi delle p ro m e sse . Da essi nascerà
viene da S . Paolo (G al. IV, 29) in te rp re ta to p e r­ 11 M essia (Ved. Rom . IX, 7 e s s. ; G al. IV, 23
seguitava , e tale in terp retazio n e è la sola che e s s . ; E br. XI, 18). S econdo S. Paolo Agar e
risponda al co n testo , poiché se al latino e a l­ S a ra ra p p re s e n ta n o il V ecchio e il N uovo T e s ta ­
l’ebraico si dà il se n s o di g iuocare, sch e rza re , m en to , la Sinagoga e la C h ie sa . Ism aele ed Isacco
non si cap ireb b ero nè lo sd eg n o di S ara, nè ra p p re s e n ta n o i G iudei increduli e i cristian i
perchè À bram o per com ando di Dio si arre n d a a fedeli. A nche del figlio , ecc. Siccom e Ism aele è
quanto essa rich ied e. La so len n ità del convito figlio di À bram o, Dio lo colm erà anche di b e n e ­
aveva eccitato l ’invidia d ’Ism aele, il quale si dizioni, a ssicurandogli un grande avvenire (Cf.
vedeva privato d e ll’ered ità, a cui forse a sp irav a . XVII, 16-22).
140 G e n e s i , XXI, 14-23

,4Surréxit itaque Abraham mane, et tol- 14Abramo adunque alzatosi la mattina,


lens panem et utrem aquae, impósuit sca­ prese del pane e un otre di acqua, e lo
pulae ejus, tradiditque puerum, et dimisit pose sulle spalle di Agar, e le diede il
earn. Quae cum abiisset, erràbat in solitù­ fanciullo e la licenziò. Ed essa partitasi,
dine Bersabée. l5Cumque cor.sumpta esset andò errando per il deserto di Bersabea.
aqua in utre, abjécit puerum subter unam J5Ed essendo venuta meno l ’acqua deirotre,
àrborum, quae ibi erant. 16Et àbiit, seditque gettò il fanciullo sotto uno degli arboscelli
e regióne procul quantum potest arcus ja- che erano ivi. 16E se n ’andò, e si pose a
cere : dixit enim : Non vidébo moriéntem sedere dirimpetto, alla distanza di un tiro
puerum : et sedens contra, levàvit vocem d ’arco : poiché disse : Non vedrò morire
suam et flevit. il fanciullo : e sedendogli in faccia, alzò
la sua voce e pianse.
17Exaudivit autem Deus vocem pueri : ,7E il Signore esaudì la voce del fan­
vocavitque àngelus Dei Agar de caelo, di- ciullo : e l ’Angelo di Dio chiamò Agar dal
cens : Quid agis, A gar? noli timére : exau- cielo, dicendo : Che fai, o A gar? non te­
divit enim Deus vocem pueri de loco in mere : perocché il Signore ha esaudito la
quo est. 18Surge, tolle puerum, et tene ma- voce del fanciullo dal luogo dove egli si
num illius : quia in gentem magnam fàciam trova. 1“Alzati, prendi il fanciullo, e tienlo
eum. 19Aperuitque óculos ejus Deus : quae per la mano : poiché io lo farò divenire
videns puteum aquae, abiit, et implévit una grande nazione. ,9E Dio le aperse gli
Utrem, <feditque puero bibere. 20Et fuit occhi : ed ella vide un pozzo di acqua, e
cum eo : qui crevit, et moràtus est in soli­ andò ad em piere l ’otre, e diede da bere
tùdine, factusque est juvenis sagittàrius. al fanciullo. 20E (Dio) fu con lui : ed egli
21Habitavitque in desérto Pharan, et ac- crebbe, e abitò nella solitudine, e divenne
cépit illi mater sua uxórem de terra JE- giovane esperto a tirar d ’arco. 2lE abitò
gypti- nel deserto di Pharan, e sua madre gli
diede una moglie del paese di Egitto.
22Eódem tèmpore dixit Abimelech, et 22Nello stesso tempo Abimelech, con Phi­
Phicol princeps exércitus ejus, ad Abra­ col, capo del suo esercito, disse ad Abra-
ham : Deus tecum est in univérsis quae hamo : Iddio è con te in tutto quello che
agis. 23Jura ergo per Deum, ne nóceas tu fai. 23G iura adunque per Dio che non

23 S u p . XX, 13.

14. À bramo provvide Agar di viveri per il 20). La v o ce , cioè i pianti, il lam ento. L'angelo
viaggio, q u esti però vennero ben p resto a m an­ di Dio (’E lóhiin) è lo s te s s o che l’Angelo del
c are. Un o tre, form ato di pelle di c ap ra. Jl Signore (Cf. XVI, 7, 9), ma gli viene dato il
fanciullo, che aveva allora circa 17 anni. S o litu ­ prim o nom e p erchè A gar e Ism aele ornai non
dine di B ersabea è il deserto , che si e sten d e al fanno più parte in alcun m odo del popolo eletto,
Sud di B ersabea, la città più m eridionale della a cui Dio farà le sue rivelazioni. Dal luogo dove
terra di C anaan. Il nom e di B ersabea viene dato si trova, cioè nel d e se rto . Tienlo per m ano,
per anticipazione (Ved. v. 31). Agar voleva p ro ­ ossia non lo abbandonare, ma abbine cura. Lo
babilm ente to rn are in Egitto sua patria (XVI, 6), farò ca p o , ecc. (Ved. XVI, 7-12). Le aperse gli
ma sbagliò la stra d a. Benché co stasse g ra n d e ­ occhi. 11 dolore aveva come acciecato Agar, per
m ente ad Àbram o trattare così du ram en te Agar e modo che essa non vide i! pozzo che era ìà
il figlio, che egli am ava, tuttavia obbedisce a p re sso .
Dio. Agar cacciata dalla casa di Abramo ra p p re ­ 20-21. (D/o, ebraico e greco) fu con lui, m an­
senta la Sinagoga cacciata dalla famiglia dei veri tenendo le prom esse fatte. Nella so litu d in e , cioè
figli del grande patriarca, e ridotta ad andare nel d eserto di Faran (v. 21). D ivenne giovane, ecc.,
vagabonda su tutta la terra. ossia fin dalla su a gioventù si diede a tirar d ’arco
15-16. Ben p resto venne a m ancare l’acqua, e cacciando. Altri traducono sem plicem ente : e di­
A gar, dopo aver invano so ste n u to Ism aele m o­ venne tiratore d ’arco, ed altri : e cresciuto che
re n te di sete , lo g e ttò , o meglio secondo l’ebraico, fu , divenne tiratore d'arco. — Pharan, n ell’Arabia
lo pose o coricò a ll’om bra di uno di quegli a r­ P etrea (Cf. XIV, G). Di Egitto, dove essa stessa
busti che crescono nel deserto . S e n ’andò, non era nata (C i. XVI, 1).
avendo il coraggio di assistere a u n ’agonia cosi 22-23. Nei versetti 22-34 si parla d ell’a l­
strazian te. L ’am ore m aterno non perm ise però leanza conchiusa tra Àbramo e il re Filisteo di
che si allo n tan asse di molto da Ism aele. P o stasi G erara, A bimelech (Ved. n. XX, 2). N ello stesso
a sedere d irim p etto a lui, diede libero 6fogo al te m p o , in cui Àbram o dim orava presso B ersabea.
suo doloro. D alle parole lo g e ttò , alcuni vollero A bim elech, vedendo com e Àbram o cresceva in
d ed u rre che Ism aele fosse portato in braccio, ma ricchezza e potenza, e com e Dio lo proteggeva
tale verbo ha qui come altrove una significazione visibilm ente (Cf. XIV, 14), volle assicurarsi la
più larga (Cf. M stt. XV, 30). sua amicizia. La presenza di Phicol, capo del­
17-19. Dio viene in soccorso di A gar. Esaudì. l ’esercito , oltre al dare un carattere pubblico c
Si allude anche al nome di Ism aele (Cf. XVII, so len n e a ll’alleanza, m ostra ancora l ’im portanza
G e n e s i, XXI, 24-34 141

mihi, et pósteris meis, stirpique meae : sed farai male a me, e ai miei posteri, e alla
juxta m isericórdiam , quam feci tibi, fàcies mia stirpe : ma che, siccome io ho usato
mi hi, et terrae in qua versätus es advena. benevolenza verso di te, così tu userai be­
24Dixitque Abraham : Ego juràbo. 25Et in- nevolenza verso di me, e verso di questa
crepavit Abimelech propter ptìteum aquae terra, in cui sei stato pellegrino. 24E Abra-
quem vi abstulerant servi ejus. hamo disse : lo lo giurerò. 25E mosse
querela ad Abimelech per ragione di un
pozzo d ’acqua, che i servi di lui si erano
usurpati per forza.
2ÄResponditque Abimelech : Nescivi quis 26E Abimelech rispose : Non ho saputo
fecerit hanc rem : sed et tu non indicästi chi abbia fatta tal cosa : ma neanche tu
mihi, et ego non audivi praeter hödie. 27Tu- me l ’hai fatto sapere, ed io non ne ho
11t itaque Abraham oves et boves, et dedit sentito parlare se non oggi. 27Abrahamo
Abimelech percusserüntque ambo foedus. adunque prese delle pecore e dei buoi e
26Et stätuit Abraham septem agnas gregis li diede ad Abimelech : e ambedue fecero
seörsum . 79Cui dixit Abimelech : Quid sibi alleanza. 2SE Abrahamo mise da parte
volunt septem agnae istae, quas stare fe- sette agnelle della greggie. 29E Abimelech
cisti seörsum ? 30At ille : Septem, inquit, gli disse : Che vogliono dire queste sette
agnas accipies de manu mea : ut sint mihi agnelle, che tu hai m esse da parte ? 30Ed egli
in testimönium, quöniam ego fodi püteum rispose : Tu prenderai sette agnelle dalla
istum. 31Idcirco vocätus est locus Ille Ber­ mia mano : affinchè servano a me di testi­
sabee, quia ibi uterque jurävit. 32Et inie- monianza, che io ho scavato questo pozzo.
runt foedus pro püteo juram enti. 31Perciò quel luogo fu chiam ato Bersabee :
perchè l ’uno e l ’altro ivi giurarono. ^ F e ­
cero quindi alleanza presso il pozzo del giu­
ram ento.
33Surréxit autem Abimelech, et Phicol 33E quindi Abimelech, e Phicol capo del
princeps exércitus ejus, reversique sunt in suo esercito se n ’andarono, e tornarono
terram Palaestinórum . Abraham vero plan- nella terra dei Palestini. Abrahamo poi
tävit nem us in Bersabée, et invocävit ibi piantò un bosco a Bersabee, e ivi invocò
nomen Dòmini Dei aetérni. 34Et fuit co- il nome del Signore Dio eterno. 34E abitò
lónus terrae Palaestinórum diébus m ultis. pellegrino nella terra dei Palestini per
molto tempo.

che A bim elech ad essa a n n ettev a. P u ò e sse re che À bram o si im pegnava a m antenere l’alleanza.
egli p e n sa sse a m uover g u e rra a qualche p opolo, M iss da parte sette agnelle, ecc. C on q u e sto
e coll’ alleanza con À bram o vo lesse assicu rarsi nuovo d o n o À bram o voleva che A bim elech ric o ­
le sp alle. I LXX al nom e di Phicol fanno p re ­ n o sce sse so len n e m e n te il diritto che egli aveva
cedere il nom e di un altro p erso n ag g io , O chosat, sul pozzo.
com e al cap. XXVI. 31-32. Fu chiam ato più tardi, quando vi si
26. Dio è con te (Ved. v. 20). Giura adunque edificò u n a città. B ersabee (ebr. B e t e r t sebah)
(ebraico e greco giuram i) che non farai m a le. significa u g ualm ente pozzo del g iu ra m en to , e
N ell’ebraico : che non ingannerai (si allude p ro ­ p ozzo dei se tte . Il nu m ero se tte era un num ero
babilm ente a q u an to è n a rra to al c ap . XX) nè sac ro , e i giuram enti solevano e sse re conferm ati
m e , nè i m ie i, ecc., nel se n so ch e m en tre io mi o con s e tte sacrifizi (G en. XXI, 28 e s s .), o sette
attendo la tua benevolenza, tu ti u n isca ai miei testim o n i, o se tte doni (Cf. E rodot. Ili, 8).
nem ici, o invada i m iei s tati, nella mia assen za. P resso il p ozzo del g iuram ento. L ’ebraico va
Siccom e io ho u sa to , ecc. (Ved. XX, 14 e s s.). tra d o tto : Fecero alleanza in B ersabee. Tale lo­
24-26. À bram o trova giusta la dom anda di calità si trova a circa 48 chilom etri da E bron,
A bim elech, e g iu ra. L o g iu rerò , m eglio, lo giuro. ed oggi è d etta h irbet bir-es-seba.
— E (ebraico e greco Àbram o) m o sse q u e ­ 33-34. N ella terra dei P alestini (Ved. n. X,
rela, ecc. À bram o profittò d ell’occasione p e r la ­ 13-14) p ro p riam en te de tta , che si stendeva lungo
m entarsi con A bim elech che gli fosse stato tolto la co sta d el M editerraneo. P uò e sse re che siano
con violenza un pozzo d ’acqua, che per lui, ricco to rn ati a G erara (XX, 1-2). P iantò un bosco
pasto re, era di tanta n ecessità in quella terra (ebr. un tam arisco). Q u e st’albero se m p re verde,
arsa dal so le. A bim elech si scu sa , e da tutto ch e s p e sso si incontra nel de se rto e su lla spo n d a
l’assiem e si può d e d u rre che abbia fatto re s ti­ del m are, doveva e sse re probabilm ente un s im ­
tuire ad Àbramo il pozzo in q u estio n e. N o n ho bolo della fedeltà di Dio etern o alle su e p ro m e sse ,
s a p u to , m eglio non so. o p p u re , seco ndo altri, doveva e sse re un segno
27-30. L i diede ad A bim elech in dono, come d u ra tu ro d e ll’alleanza contratta con A bim elech.
6i soleva fare q u ando si strin g ev an o alleanze in v o cò il nom e di Dio (Ved n. IV, 26). L ’epiteto
(III Re, XV, 19; Is. XXX, 6 ; XXXIX, 1). Abi­ eterno m ostra la n atura im m ortale di D io. Abitò
melech non offrì doni, perch è egli si trovava nel p elleg rin o , ora da una p arte e ora daH’altra, nella
<uo stato (H u m m elau er), ma accettan d o quelli di terra dei P alestin i presa in largo s en so (v. 33).
142 G en esi, XXI11, 1-5

C A P O XXII.

S a crificio d i Àbram o, 1-14. — D io conferma le prom esse ja tte ad À bram o, 15-19.


— L a posterità d i N achor, 20-24.

*Quae postquam gesta sunt, tentàvit Deus !Dopo avvenute queste cose, Dio tentò
Abraham, e: dixit ad eum : Abraham, Abra­ Abrahamo e gli disse : Abrahamo, Abra-
ham. At ille respóndit : Adsum. 2Ait illi : hamo. Ed egli rispose : Eccomi. 2E Dio
Tolle filium tuum unigénitum, quem diligis, disse : Prendi Isacco il tuo figliuolo unige­
Isaac, et vade in terram visiónis : atque ibi nito che tanto ami, e va nella terra di vi­
ófferes eum in holocàustum super unum sione : e ivi lo offrirai in olocausto sopra
móntium quem monstravero tibi. 3Igitur uno dei monti, che io ti indicherò. 3Abra-
Abraham de nocte consúrgens, stravit àsi- hamo adunque alzatosi, che era ancora
num suum : ducens secum duos júvenes, et notte, mise il basto al suo asino : e prese
Isaac filium suum : cumque concidisset ligna con sè due giovani (servi), e Isacco suo
in holocàustum, abiit ad locum quem prae- figlio: e tagliate le legna per l ’olocausto,
céperat ei Deus. si incamminò verso il luogo che Dio gli
aveva detto.
4Die autem tértio, elevàtis óculis, vidit 4E al terzo giorno, alzati gli occhi, vide
locum procul : 5Dixitque ad pueros suos : da lungi quel luogo : 5e disse ai suoi servi
Expectàte hic cum àsino : ego et puer illue Aspettate qui coll’asino : io e il fanciullo

1 Jud ith , V ili, 2 2 ; H e b r. XI, 17.

grande avvenim ento, e sopra di esso fu edificato


CA PO XXII. il tem pio di Salom one (Il P a ra i. MI, 1).
Si crede che il luogo preciso del sacrifizio sia
1-2. Sacrifizio di À bram o e prem io della su a quella roccia che dom ina la cupola della M oschea
obbedienza (1-19). D opo a vven u te q u este c o se % di O m ar. N el siriaco si legge : nella terra degli
ossia parecchi anni dopo, quando cioè Isacco era A m o rrh ei, e tale lezione è p referita da H um -
già divenuto giovane ro b u sto capace di po rtar m elau er, H o berg, ecc. Le ragioni addotte non
pesi (v. 6). Non o stan te tu tte le p rove, a cui !a so n o però sufficienti, perchè si debba tralasciare
fede del grande patriarca era stata asso g g ettata, la lezione M oriah, che è quella di tutti i codici
Dio gliene riservava ancora u n ’altra più grave. e d i tu tte le altre versioni (Cf. H etzenauer, h. 1.).
M entre infatti A bramo era ricco e godeva la In olocausto. I sacrifizi um ani erano in uso p resso
stim a di tutti, e si rallegrava di avere un e re d e, i popoli, in mezzo ai quali Abramo viveva (IV Re,
in cui si sareb b ero com piute le p ro m esse, ecco
III, 2 7 ; XVI, 3 ; XVII, 31), non ostante che essi
che Dio gli im pone un durissim o sacrifizio. T e n tò ,
fossero condannati dalla legge di Dio (IX, 6). L ’or­
ossia m ise a prova, la fede di A bram o, non già
dine dato ad Àbramo sem brava non solo opposto
per indurlo al male e farlo soccom bere (Ved. n. alle p ro m esse fatte, ma anche in contraddizione
C iac. I, 13), ma per re n d e re noto a tutti che colla e sp ressa proibizione dei sacrifizi um ani. Ogni
non senza altissim e ragioni Egli amava e p ro ­
parola del com ando di Dio dovette perciò essere
teggeva in modo speciale Àbram o. Gli disse d u ­
com e una sp ada per il cuore di À bram o, e s u ­
ra n te la notte (v. 3). Abram o (nell’ebraico il nome
scitare in lui terribili com battim enti. Egli però
non è rip etu to ). Eccom i. À bram o riconosce la
si abbandona in teram ente nelle m ani di Dio, senza
voce di Dio, e su b ito si dichiara pronto a fare
d u b itare d elP adem pim ento delle prom esse. Vedi
quanto gli viene com andato. P re n d i, ccc. L ’ebraico
le belle parole di S. P aolo sulla fede di À bram o
è più esp ressiv o : p ren d i il tuo figlio, il tuo
(E br. XI, 1-19. C f. n. ivi).
unico che ami (cioè) Isacco. Ogni parola è d e sti­
nata ad eccitare m aggicrm ente l ’am ore paterno 3. A lza tosi, ecc. Q uanta prontezza di obbe­
di À bram o, e a re n d e re più m eritoria la sua ob­ dienza I Àbramo sapeva che Dio è padrone della
bedienza al m om ento, in cui sap rà tutto sacrifi­ vit.a e della m orte, cd ha tutti i diritti di com an­
care all’am ore di Dio. Isacco vien detto unigenito, dare anche le cose più difficili, e perciò si alzò,
perchè unico figlio di S ara, e unico ered e. N ella e p rep arò q u anto era n ecessario per il sacrifizio.
terra di v isio n e, o meglio secondo l’ebraico, nel D ue gio va n i, ossia due serv i. E incerto se À bramo
paese di M oriah. Con q u esto nom e viene indicata abbia m anifestato a Sara il com ando ricevuto.
la regione m ontuosa, che circonda G erusalem m e. S a n t’A gostino ritien e che lo abbia fatto, ma San
E ssa doveva e sse re ben nota ad A bram o. Tra G iovanni C ris. pensa il contrario. È probabile
i varii m onti, quali per e s. il Sion, il G olgota, p erò , che pure avendole p arlato del sacrifizio da
quello degli ulivi, ecc., che là si trovano, Dio com pirsi, le abbia taciuto il nom e della vittim a
indicherà quello che ha prescelto. A q u esto m onte (S an t’E fr.).
fu più tardi riserv ato il nom e di Moriah ( = a p ­ 4-5. Il terzo giorno. La distanza da B crsabea
parizione, o visione di lahveh) in m em oria del al Moriah è di circa 17 ore di m arcia, e perciò
G e n e s i , XXII, 6-13 143

usque properàntes, postquam adoravérim us, anderem o fin colà, e fatta che avremo
revertém ur ad vos. 6Tulit quoque ligna ho- adorazione, tornerem o da voi. 6Prese anche
locàusti, et im pósuit super Isaac filium le legna per l ’olocausto, e le pose addosso
suum : ipse vero portàbat in mànibus ignem ad Isacco suo figliuolo : egli poi portava
et glàdium. Cumque duo pérgerent sim ul, colle sue mani il fuoco e il coltello. E
7Dixit Isaac patri suo : Pater mi. At ille m entre camminavano tutti e due insiem e,
respondit : Quid vis, fili ? Ecce, inquit, 7Isacco disse a suo padre : Padre mio. Ed
ignis et ligna : ubi est victima holocàusti ? egli risp o se : C he vuoi, figliuolo? Ecco,
"Dixit autem Abraham : D eus providébit disse Isacco, il fuoco e le legna : ma dov’è
sibi victimam holocàusti, fili mi. Pergébant la vittima per l ’olocausto? 8E Abrahamo ri­
ergo pari ter : spose : Iddio si provvederà la vittima per
l ’olocausto, figliuol mio. Andavano adunque
tutti e due assiem e.
*Et venérunt ad locum quem osténderat 9E giunsero al luogo che Dio aveva
ei Deus, in quo aedificàvit altare, et dé- mostrato ad Abrahamo, ed egli edificò un
super ligna compósuit : cumque alligàsset altare, e sopra vi accomodò le legna : e
Isaac filium suum , pósuit eum in altare avendo legato Isacco suo figlio, lo collocò
super struem lignórum. 10Extenditque ma- s u ll’altare sopra il mucchio delle legna.
num, et arripuit glàdium, ut im molàret fi- 10E stese la mano, e prese il coltello, per
lium suum . n Et ecce àngelus Domini de immolare il suo figliuolo. “ Q uand’ecco
caelo clamàvit, dicens : Abraham, Abraham. l ’Angelo del Signore gridò dal cielo, di­
Qui respondit : Adsum. 12Dixitque ei : Non cendo : Abrahamo, Abrahamo. Ed egli ri­
exténdas manttm tuam super puerum , neque spose : Eccomi. 12E l ’Angelo gli disse :
fàcias illi quidquam : nunc cognóvi quod Non stendere la tua mano sopra il fan­
times Deum, et non pepercisti unigènito ciullo, e non fargli alcun male : adesso
filio tuo propter me. ho conosciuto che tu temi Dio, e per me
non hai perdonato al tuo figliuolo unigenito.
“ Levàvit Abraham óculos suos, viditque 13Abrahamo alzò gli occhi, e vide dietro

10 Jac. II, 21.

si c o m p ren d e che al terzo giorno A bram o abbia com e si so lev a fare p e r gli anim ali d e stinati ad
veduto da lontano il luogo, ch e Dio aveva p re ­ e sse re im m olati. D opo accom odate le legna
scelto. Q uali co m battim enti, e quale agonia non À bram o d o v ette sv ela re ad Isacco il com ando
dovette so ste n e re A bram o d u ra n te q u esti tre ricev u to , ed egli conform ò la sua volontà a quella
gio rn i! A sp e tta te . Essi non d ovevano e sse re te sti­ di D io accettando volentieri la m orte, e lasc ia n ­
m oni del sacrifizio. T o rn erem o . À bram o potè fare d o si leg are. P e r q u esto m eritò di e sse re una viva
q uesta pro m essa poiché q u an tu n q u e ig n o rasse che figura di G esù C risto , il quale p e r obbedienza si
Dio si sareb b e co n ten tato della su a buona vo­ lasciò configgere so p ra la croce, e accettò volen­
lontà, sap ev a però che Egli avrebbe m an ten u to le tieri la m orte per la salu te degli uom ini. E stese
p ro m esse fatte ad Isacco (XXI, 12), e che colla (ebr. Abram o) la m a n o , ecc. Con q u e sto atto
sua potenza è capace di risu scitare anche i m orti À bram o, per quan to a lui s p e tta v a , com pì il s a ­
(Ved. n. E b r. XI, 19). crifizio.
6-8. L e p o se a d d o sso , ecc. Se A bram o p ro n to 11-12. E d (ecco, m anca n e ll’ebraico e nel
a sacrificare il su o unigenito (v. 2) è una figura greco). L*Angelo del Signore ra p p re s e n ta Dio
dalK Eterno P a d re , ch e sacrificò alla m orte il su o 6 tesso , e parla a nom e di lui. A desso ho c ono­
U nigenito (Rom . V ili, 32), Isacco, ch e porta s c iu to , e cc ., ossia con q u e sto grande fatto ho
sulle su e sp alle il legno per il sacrifizio, è una u n a prova ev id en te, ed è noto a tutti che tu tem i
figura di G esù C risto , ch e salì il C alvario p o rtan d o D io , vale a ^ire sei pieno di risp e tto e di v ene­
sulle su e sp alle la cro ce, su lla quale fu im m olato razione e di am ore per D io, e osservi tu tti i suoi
per i nostri p eccati (Cf. G iov. XIX, 17). co m an d am en ti, anche quelli che c ostano al tuo
D al fatto ch e Isacco po rta le legna, si deduce cu o re i più grandi sacrifizi. P er m e non hai p e r ­
che egli doveva già avere una certa età. C he d onato, ecc. L ’ebraico va tradotto : non m i hai
vuoi, figliuolo ? N ell’ebraico : E ccom i figliuol m io. negato il tuo figliuolo unigenito. Anche Dio non
— D ove è la vittim a (ebr. Vagnello. C f. G iov. ha perdonato al suo proprio F iglio, ma lo ha dato
1, 29) p e r l'o lo ca u sto ? Q uale ferita do v ettero fare a m orte p e r noi tu tti (Cf. Rom. V ili, 3 2 ; M att. X,
queste parole nel cu o re d i 'u n p ad re 1 À bram o, 3 7 ; Lue. XIV, 26). Intorno a ll’Angelo del Signore
volendo fino all'u ltim o m om ento te n e r nasco sto C f. H etzen au er, Theologia B iblica, t. 1, p. 4 6 9 ;
ad Isacco il co m an d o di D io, ed esse n d o s em p re V an denbroek, De T heophaniis sub Veteri T e sta ­
pieno di sp eran z a , dà u n a ris p o s ti a doppio m e n to , Louvain, 1851; D iet. V ac.; D ict. Vig.,
senso : Dio si p ro vved ere la vittim a (ebr. l’a­ Ange de Iéhovah ; R e r . B ib., 1S94, pag. 2 3 2 ;
gnello), ecc. Andavano am bedue insiem e in s i­ 1903, pag. 211.
lenzio. 13-14. E vide dietro a se, ecc. N ell’ebraico :
9-10. Edificò un a ltare, ossia un piccolo m on- e guardò, ed ecco dietro a lui un ariete, ecc. D io
ticello di p ietre o di te rra . A ven d o legato Isa c co , so m m in istra ad À bram o una vittim a da im m olare
144 G e n e s i , X X II , 14-24

post tergum arietem inter vespres haerén- a sè un ariete preso per le corna tra i
tem córnibus, quem assümens óbtulit ho- pruni, e avendolo tolto, lo offerse in olo­
locäustum pro filio. l4Appellavitque nomen causto in vece del figlio. I4E pose nome
loci illius, Dóminus videt. Unde usque a quel luogo, il Signore provvede. D ’onde fino
hódie dicitur : In monte Dóminus vidébit. a quest’oggi si dice : Sul monte il Signore
vedrà.
15Vocavit autem angelus Dòmini Abraham ,5E l ’Angelo del Signore per la seconda
ßecündo de caelo, dicens : 16P er meme- volta chiamò Abrahamo dal cielo, dicendo :
tipsum juràvi, dlcit Dóminus : quia fecisti ,6Io ho giurato per me stesso, dice il Si­
hanc rem, et non pepercisti filio tuo unigènito gnore : perchè hai fatta una tal cosa, e
propter me : 17Benedicam tibi, et multipli- per me non hai perdonato al tuo figlio uni­
càbo semen tuum sicut stellas caeli, et velut genito : ,7Io ti benedirò, e moltiplicherò
arénam quae est in littore maris : possidébit la tua stirpe come le stelle del cielo, e
semen tuum portas inimicórum suórum, 18Et come l ’arena che è sul lido del mare : la
BENEDICENTUR in sém ine tuo omnes tua progenie occuperà le porte dei suoi
gentes terrae, quia obedisti voci meae. nemici, 18e nel tuo seme saranno BENE­
DETTE tutte le nazioni della terra, perchè
hai obbedito alla mia voce.
19Reversùsque est Abraham ad pueros l9Abrahamo tornò dai suoi servi, e se
suos, abieruntque Bersabée simul, et habi- ne andarono insieme a Bersabee, e ivi egli
tàvit ibi. abitò.
20His ita gestis, nuntiàtum est Abrahae 20Dopo avvenute queste cose fu annun­
quod Melcha quoque genuisset filios Nachor ziato ad Abrahamo che Melcha aveva an-
fratri suo, 2lH us primogénitum, et Buz fra- c h ’essa partoriti figliuoli a Nachor fratello
trem ejus, et Camuel patrem Syrórum, 22Et di lui : 21H us primogenito, e Buz suo fra­
Cased, et Azau, Pheldas quoque et Jedlaph, tello, e Camuel padre dei Siri, 22e Cased,
23Ac Bathuel, de quo nata est Rebécca : e Azau, e anche Pheldas e Jedlaph, 2Se
octo istos génuit Melcha, Nachor fratri Bathuel, da cui nacque Rebecca. Questi
Abrahae. 24Concubina vero illius, nòmine sono gli otto figliuoli che Melcha partorì
Roma, péperit Tabee, et Gaham, et Tahas, a Nachor fratello di Abrahamo. 24E la sua
et Màacha. concubina, chiamata Roma, partorì Tabee, e
Gaham, e Tahas, e Maacha.

16 P s. C1V, 9 : Eccli. XLIV, 2 1 ; I M ach. 11, 5 2 ; Luc. I, 7 3 ; H ebr. VI, 13, 17. 18 S u p . XII,
3 ei XVIII, 18; Inf. XXVI, 4 ; Eccli. XLIV, 2 5 ; Act. Ili, 25.

in vece di Isacco, ma anche qu esta vittim a è una le b elle riflessioni che su qu esto giuram ento fa
figura di G esù C risto coronato di sp in e e im m o ­ S. P ao lo , E br. VI, 13-17. Poiché hai fa tto, ecc.
lato sulla croce. E (ebr. e gr. Abramo) pose nom e D io fa risa lta re la generosità di Àbram o. N on
a quel luogo, cioè al m onte del sacrifizio, il S i­ hai, ecc. (Ved. n. 12). Ti benedirò e m oltipli­
gnore vede (ebr. ìa h veh y r ’e h , che potrebbe cherò, ecc. (Ved. n. XII, 3). C om e le stelle (Ved.
meglio trad u rsi : il Signore provvederà). Siccom e XV, 5). C om e l'arena (Ved. X III, 16). P ossederà,
su q u e sto m onte Dio si era provveduto la v it­ ossia s ’im padronirà. O ccuperà le porte sineddoche
tima (v. 8). À bramo gli im pose tal nom e, e av­ per indicare le città. La posterità m ateriale di
venne pure che gli uom ini nelle loro afflizioni Àbram o trionfò v eram ente dei suoi nemici im p a­
solevano dire : sul m onte il Signore provvederà. dronendosi delle loro città con G iosuè, D avide,
N ell’ebraico, sia a! versetto 8 che al versetto 14a, Salom one, ecc., ma un trionfo m olto più grande
occorre la stessa form a verbale (tradotta dalla ottenne la p osterità sp iritu a le del san to patriarca
Volgata al v ersetlo 8 providebit e al 14a videi), p e r mezzo degli Apostoli e dei loro su cc e sso ri, 1
e benché al v ersetto 14b i m assoretl abbiano p u n ­ quali asso g g ettarono a G esù C risto e al suo V an­
teggiato d iversam ente (ycra*eh = sarà veduto o gelo tutti i popoli della te rra . N el tuo sem e, ecc.
apparirà), i critici ritengono che anche qui si (Ved. n. XII, 3 ; XVIII, 18). Q uesto sem e è il
debba leggere y r ’eh = vedrà o meglio p ro v v e ­ M essia (Cf. G iov. V IIII, 56).
derà (Cf. H u m m elau er, H etzen au er, h. 1.). E 20-24. La posterità di N achor. — Àbram o avendo
ancora da o sserv are che m entre al v ersetto 8 ornai com piuta la su a m issione, sta per sco m p a ­
Abramo diede a Dio il nom e di 'E ló h im , qui in ­ rir e ; l’autore sacro però, prim a di narrare gli
vece lo chiam a Ìa h veh , alludendo forse al nome ultim i avvenim enti di lui, ci fa conoscere la p o ste ­
M oriah. rità di N achor su o fratello, tanto più che Isacco
15*18. Dio prem ia l ’ubbidienza di À bram o con­ p ren d erà per moglie Rebecca figlia di N achor
ferm ando le antiche p ro m esse, lo ho giurato, (XXIV), e G iacobbe sp o se rà Lia e R achele, figlie
meglio io giuro, per m e s te s s o ; forinola solenne di Laban fratello di Rebecca. M elcha, era nipote
di giuram ento colla quale per l ’ultim a volta Dio di À bram o (XI, 27, 29). Aveva a nch’e ssa , come
rinnova ad À bram o tutte le su e p ro m esse (XII, S ara, p artorito figli a N achor (XI, 27), fratello di
3 ; XIII, 16; XV, 5 ; XVII, 2, 6 ; XVIII, 18). Vedi À bram o. H u s , non va confuso col suo om onim o,
G e n e s i , XXIII. 1-6 145

C A P O XXIII.

M orte d i S a ra , / - 2. — A bram o compra un sepolcro, 3-1 8 . — Sepoltura d ì S ara, 19-20.

1Vixit autem Sara centum viginti septem *E Sara visse cento ventisette anni. aE
annis. 2Et mórtua est in civitàte Arbée, m orì nella città di Arbee, che è H ebron,
quae est Hebron, in terra Chánaan : ve- nella terra di Chanaan : e Abrahamo andò
nitque Abraham ut piàngerei et fleret eam. per farne duolo, e piangerla.
36 umque surrexisset ab officio funeris, 3Ed essendosi alzato, dopo term inato il
locütus est ad filios H eth, dicens ; 4Advena funebre duolo, parlò coi figli di H eth, di­
sum et peregrínus apud vos : date mihi jus cendo : 4Io sono forestiero e pellegrino
sepùlcri vobiscum, ut sepéliam mórtuum presso di voi : datemi il diritto di sepol­
meum. tura tra voi, affinchè io possa seppellire il
mio morto.
5Respondérunt filli H eth, dicéntes : 6Audi 5I figli di H eth risposero, e d is s e ro .
nos, domine, princeps Dei es apud nos ; in 6Signore, ascoltaci : Tu sei presso di noi
eléotis sepulcris nostris sépeli m órtuum un principe di Dio : seppellisci il tuo morto
tuum : nullusque te prohibére póterit quin nelle più belle nostre sepolture : e nes-

figlio di Aram (X, 22). Se da lui derivò il nom e tribù can an ea, che prim a d e ll’ invasione degli
di terra di H u s (G iob. 1, 1), si dovrà d ire che E brei abitava nei p re ssi di H ebron (G ios. XI, 21
abbia abitato nelI’H a u ra n . B u i. D a lui ebbe o rì­ e « . ) . Secondo N u m ., X III, 23, H ebron fu fo n ­
gine la tribù araba (G erem . XXV, 23) di Buz data s e tte anni prim a di Tar.im , città d ell’Egitto,
(cuneif. Bàzu), a cui a p p arte n ev a E lih u , un o degli il che ci porta a più di 2000 anni a. C . Il nom e di
amici di G iob. (G iob. X X fili. 2). C a m u el, padre H eb ro n le v enne dato probabilm ente dagli Ebrei in ­
dei Siri (ebr. padre di Aram ). Q u esto Aram non v asori (N um . X III, 22-25). N ella terra di C hanaan.
va confuso col su o om onim o figlio di Sem (X, 22). S e l ’a u to re avesse scritto dopo l’occupazione della
C ased (C uneif. C h a zu), da cui forse derivò la tribù P a le stin a da parte di G iosuè, tale indicazione
ricordata in G io b ., I, 17. A za n , P h e ld a s, Ie d la p h . sareb b e stata su p erflu a . A ndò. Da questa parola
N on sap p iam o nulla di essi. B a th u e l, da cui non si può d e d u rre che A bram o fosse a sse n te,
nacque R eb ecca, che andò sp o sa ad Isacco. La q u an d o Sara m ori, poiché il verbo ebraico c o r­
sua concubina, ossia la moglie di ^e«ondo o rd in e. risp o n d e n te viene s p e s so usato per indicare che
R o m a, m eglio fo rse R eu m a . — T a b ee, G aham , s i com incia o si p re p a ra a fare una cosa. A ltri
Talias ci so n o sco n o sciu ti. M aacha, da cui derivò s p ieg a n o nel s en so che À bram o andò o entrò nella
la tribù om onim a ric o rd a ta : D eu t. LII, 14; G ios. tenda di S ara per far duolo e p iangere. La prim a
X II, 5 ; H Re, X, 6 ; I P a ra i. XIX, 6. È probabile sp iegazione è però più p robabile.
che i varii d iscen d en ti di N achor a b ita sse ro nel- 3-6. N ei v ersetti 3-16 si ha la descrizione di un
I’H a u ra n . co n tratto di vendita fatto davanti a testim onii con
u no scam bio di gentilezze p ro p rie deH’O riente.
E ssen d o si alzato, ecc. Nell* ebraico si legge :
C A PO XXIII. Abram o si levò d ’a ppresso al suo m orto. — Figli
di H e th , so no gli H eth ei (X, 15), i quali allora
1. «Sara, è la sola donna di eui la S crittu ra o ccupavano H eb ro n (Ved. n. 2) e i suoi d in torni.
ricordi la d u rata della vita. Ciò è d o v u to sen za .Sono pellegrino e straniero, e com e tale non p o s­
dubbio al fatto che essa fu la m a d re del figlio sied o un palm o di terra che sia mio. Il diritto di
della p ro m e ssa , da cui nacque la nazione te o c ra ­ sep o ltu ra , ossia il p o sse sso di un sep o lc ro . Avere
tica. E ssa è p u re la m adre dei c re d en ti (1 P ie t. Ili, u na tom ba 'di fam iglia è stim a to un grande onore
6), e una figura della fecondità della C h iesa (Gal. p re s so gli O rientali. Se p ellire il mio m orto. Nel-
IV, 22). La su a fede è celebrata da S. P aolo i ’ebraico si aggiunge : e toglierm elo d'in n a n zi. —
(E br. XI, 11). La sua m orte dà occasione a ll’a u ­ Un prin cip e di D io , ossia tu sei un uom o, che
tore sac ro di p arlare la prim a volta della s e p o l­ Dio ha re so grande e po te n te , e quindi non ti
tura. Kiss£ 127 anni. N ell’ebraico si aggiunge : tra tte re m o com e uno stra n ie ro , ma come un
Tali sono gli anni della vita di Sara. Isacco aveva p rin cip e. N elle più belle, ecc. L ’ebraico va tra ­
allora 37 anni (Cf. XXI, 5). do tto : nella più bella nostra sepoltura. — N e s ­
2. M ori (ebr. e gr. Sara) nella città di Arbee su n o p o trà , e c c ., o ssia n e ssu n o di noi ti rifiuterà
(ebr. in C h in a i-'A rb a ), che è H eb ro n . Da B er- il su o sep o lcro, acciò tu possa sep p ellirv i il tuo
sabea (XXII, 19) À bram o si era nuo v am en te p o r­ m orto. T ale offerta prova quanta stim a godesse
tato nei d intorni di H eb ro n (X III, 18; XIV, 13; Abram o p re sso gli H ethei ; egli però non avrebbe
XVIII, 1 ; XIX, 27). H eb ro n in antico si chiam ava voluto ch e i re sti di S ara a n d assero fram m isti
C hirìat JA rba, ossia città di A rba (X*(XV, 2 7 ; a quelli d ei pagani idolatri. Dio aveva pro m esso
G ios. XIV, 15; XV, 13; X-X, 7, ecc.). C ostui fu (XV, 7-21) ai p osteri di À bram o la p o sse ssio n e
un gigante della stirp e di H eth (X, 15). ed ebbe della terra di C anaan, e À bram o c o m prandosi un
per figlio Enac, da cui ebbe origine una forte sep o lc ro com incia a e n tra rn e in p o sse sso .

10 - Sacra B ib b ia , voi. III.


146 G e n e s i , XXIII, 7-16

in monuménto ejus sepélias mórtuum tuum. suno potrà vietarti di seppellire il tuo morto
7Surréxit Abraham, et adoràvit pópulum ter­ nel suo monumento. 7Abrahamo si alzò, e
ree, filios vidélicet Heth : RDixitque ad eos : s ’inchinò al popolo del paese, vale a dire
Si plàcet ànimae vestrae ut sepéliam mór­ ai figli di Heth : 8e disse loro : Se a voi
tuum meum, audite me, et intercédile prò piace c h ’io seppellisca il mio morto, ascol­
me apud Ephron filium Seor : 9Ut det mihi tatemi, e intercedete per me presso Ephron
spelúncam duplicem, quam habet in extrém a figlio di Seor : 8affìnchè mi ceda la doppia
parte agri sui : pecunia digna tradat earn caverna, che ha all’estrem ità del suo campo :
mihi coram vobis in possessionem sepúlcri. me la ceda in vostra presenza a giusto
prezzo, affinchè io sia padrone di farne un
sepolcro.
10Habitäbat autem Ephron in mèdio filió- ,0Ora Ephron stava in mezzo a ’ figli di
rum Heth. Responditque Ephron ad Abra­ Heth. Ed Ephron rispose ad Abrahamo, in
ham cunctis audiéntibus qui ingrediebantur presenza di tutti quelli, che entravano nella
portam civitatis ilHus, dicens : MNequàquam porta della città, dicendo : 11No, signor mio,
ita fiat, dòmine mi, sed tu magis ausculta non 6ta così : ma tu ascolta piuttosto quel
quod loquor : Agrum trado tibi, et spelün- che io dico : Io ti do il campo, e la caverna,
cam quae in eo est, praeséntibus filiis pó- che vi è in esso, alla presenza d e ’ figli del
puli mei, sépeli mórtuum tuum. 12AdoravÌt mio popolo; seppellisci il tuo morto. 12A-
Abraham coram pópulo terrae. 13Et locutus brahamo si inchinò dinanzi al popolo del
est ad Ephron circum stante plebe : Quaeso, paese. ,3E disse ad Ephron in presenza
ut àudias me : Dabo pecüniam prò agro : su- della moltitudine : Ascoltami ti prego : lo
scipe eam, et sic sepéliam mórtuum meum darò il denaro per il campo : prendilo, e
in eo. così vi seppellirò il mio morto.
14Respondttque Ephron : 15 Dòmine mi, 14Ed Ephron rispose : 15Signor mio,
audi me : Terra, quam póstulas, quadrin- ascoltami : 11 terreno, che tu domandi, vale
géntis siclis argènti valet : istud est prétium quattrocento sicli d ’argento : questo è il
inter me et te : sed quantum est h o c? sé­ prezzo tra me e te ; ma che gran cosa è
peli mórtuum tuum. 16Quod cum audisset q u esta? seppellisci il tuo morto. 16Ciò udito
Abraham, appéndit pecüniam, quam Ephron Abrahamo pesò alla presenza d e ’ figliuoli
postulaverat, audiéntibus filiis Heth, qua­ di Heth il denaro domandato da Ephron,
dri ngéntos siclos argènti probàtae monétae ossia quattrocento sicli d ’argento di buona
publicae. moneta mercantile.

7-9. S i alzò. Egli stava sed u to cogli altri alla plice forinola di urbanità orientale, usata anche
porta della città (8, 18). Si inchinò per rin g ra ­ oggigiorno. E phron sperava senza dubbio che,
ziarli della loro offerta. Egli però sapeva che A bram o, ricco e potente, non si sareb b e lasciato
tanta generosità da loro parte era una sem plice vincere, ma avrebbe contraccam biato abbo n d an ­
form alità, m olto u sata in O rien te, e quindi li prega tem ente il dono che gli offriva. Àbramo com prese
di interced ere per lui p resso E p h ro n , p ro p rietario il significato della profferta.
della cav ern a, che voleva co m p rare. Iniorno a 12-15. Della m oltitu d in e, ebr. del popolo del
Ephron e S e o r non sap p iam o nulla. La doppia p a ese. — Prendilo (da m e , ebr. e gr.). — Che
caverna. I m oderni co nsiderano l’ebraico Macpe- do m andi, m anca n ell’ ebraico e nel greco. L ’e ­
lah ( = doppia) com e un nom e proprio, e tra ­ braico va tradotto : Una terra di 400 sicli d'argento
ducono : la caverna di M acpelah. riten en d o che che cosa è fra m e e te ? Anche E phron doveva
q u e s t’ultim o nom e indichi la regione, in cui e sse re molto ricco. 11 siclo d ’argento dopo l ’esiglip
detta caverna era situ a ta. Può e ssere che tal valeva circa tre lire, ma è incerto se avesse tal
nom e sia »provenuto dal fatto che vi era una valore al tem po di Abram o. Che gran cosa è
spelonca a due cam ere. La P alestina abbonda di questa ? C olla generosità orientale E phron vuol
tali g ro tte, le quali fin dai tem pi più antichi dire che Abramo può benissim o pigliarsi di cam po
v ennero s p e s so u sate come sep o lcri. A prezzo senza sb o rsa re la som m a.
g iu sto , o m eglio, per l’infero su o prezzo.
16. Ciò ud ito , ossia conosciuto il prezzo che
10-11. S ta v a , o meglio secondo l’ebraico, s e ­ Ephron dom andava, Àbram o pesò il denaro (ebr.
deva alla porta della città assiem e a coloro, coi pesò l'argento). A quei tem pi non eravi ancora
quali À bram o parlava. Il patriarca probabilm ente m oneta b a ttu ta e coniata, e peroiò era n ecessario
non lo conosceva p erso n alm en te, o p p u re non lo p esare i varii pezzi d ’argento per conoscere e sa tta ­
aveva veduto. In p resenza di tu tti quelli che en ­ m ente il loro valore. Nei m onum enti egizi si tro ­
travano nella porta della c ittà, ossia in presenza vano s p e s so ra p p re se n ta te scene analoghe. Di
di tutti i cittadini, o p p u re di tutti coloro ch e si buona m oneta m ercantile. N ell’ebr. 400 sicli d 'a r­
trovavano alla porta della città. N ell’ebraico si g ento correnti fra i m ercanti, col che si indica
legge : Ephron H eteo rispose ad Abram o in p re­ che i pezzi di argento pesati avevano p ro b a ­
senza dei figli di H e t, di lu tti coloro che entra­ bilm ente una form a speciale. Il com m ercio era
vano nella porta della città, ecc. — T i dono il assai vivo a quei tem pi tra B abilonia, C hanaan e
cam po e la caverna. T anta generosità è una s e m ­ l’E gitto.
G e n e s i, XXIII, 17 — XXIV, 4 147

1T Confìrraatusque est ager quondam 17E il campo una volta di Ephron, nel
Ephrónis, in quo erat spelunca duplex, quale era una doppia caverna, che guardava
respiciens Mambre, tam ipse, quarn spe­ verso M ambre, tanto esso, come la ca­
lónca, et omnes àrbores ejus in cunctis tér- verna, e tutte le piante che erano all’in­
rainis ejus per circùitum , 18Abrahae in pos­ torno dentro i suoi confini, 18fu ceduto in
sessionem , vidéntibus filiis Heth, et cunctis pieno dominio ad Abrahamo alla presenza
qui intràbant portam civitàtis illius. dei figli di Heth, e di tutti quelli che entra­
vano nella porta di quella città.
19Atque ita sepelivit Abraham Saram uxó- 19E così Abrahamo seppellì Sara sua
rem suam in spelunca agri dùplici, quae moglie nella doppia caverna del campo, che
respiciébat Alambre, haec est Hebron in guarda verso Mambre, la quale è Hebron
terra Chànaan. 20Et confirmàtus est ager, et nella terra di C hanaan. 20E fu confermato
antrum quod erat in eo, Àbrahae in posses­ ad Abrahamo dai figli di H eth il dominio
sionem monuménti a filliis Heth. del campo» e della caverna, che era in esso,
per servirsene di monumento.

C A P O XXIV.

M issione d i E lie ze r, 1-9, — Sua partenza p e r la Mesopotamia e suo a rriv o , 10-28.


— Trattative d i m atrim onio, 29-54. — Partenza d i Rebecca, 55-61. — Incontro
e ìnatrim onio d i Isacco e d i Rebecca, 6 2 -6 7,’

*Erat autem Abraham senex, dierúm que *Ora Abrahamo era vecchio, e di età
multórum : et Dóminus in cunctis bene- avanzata : e il Signore lo aveva benedetto
dixerat ei. 2Dixitque ad servum seniórem in tutte le cose. 2E disse al servo più vec­
domus suae, qui praéerat ómnibus quae chio di casa sua, il quale aveva il governo
h a b é b a t: Pone manum tuam subter femur di tutto il suo : Metti la tua mano sotto la
meum, 3Ut adjúrem te per Dominum, Deum mia coscia 3affinchè io ti faccia giurare per
caeli et terrae, ut non accípias uxórem filio il Signore, Dio del cielo e della terra, che
meo de filiábus C hananaeórum , inter quos tu non prenderai in moglie al mio figliuolo
h á b ito : 4Sed ad terram et cognatiónem nessuna delle figlie dei Chananei, tra i quali
meam proficiscáris, et inde accípias uxórem io abito. 4Ma andrai nella mia terra dai
filio meo Isaac. miei parenti, e di là prenderai una moglie
al mio figlio Isacco.

« Inf. XXXV, 27. 2 Inf. X LV II, 29.

17-18. Una vo lta, m anca n e ll’ebraico e nel


greco. N e l qaale era una doppia ca vern a, ecc., C A PO XXIV.
e br. il quale è in M acpelah (Ved. n . 7-9), dirirn-
petto a M a m b re, ossia all’E st d i M am bre (X III, 1. Nei v e rsetti 1-64 si narra il m atrim onio di
18), ecc. S ta n te l ’im portanza ch e una tale com pra Isacco e di R ebecca. La sem plicità e U freschezza
aveva per la nazione eb raica, A bram o ne volle in ­ della narrazio ne ne fanno uno dei più belli episodi
dicati nel co n tra tto tu tti i partico lari. Fu ceduto in dei libri sac ri. D apprim a si descrive la m issione
pieno d o m in io , ossia fu ratificato ad À bram o il di Eliezer (1-9).
p o sse sso del cam p o e della cav ern a, ecc. ■Àbramo era vecchio. Egli aveva allora 140 anni
19-20. À bram o c o m p ran d o per Sara e per sè (C f. XXI, 5 e XXV, 20), e q uindi non gli restav a
s tesso un sep o lc ro in terra s tra n ie ra , fece un che p ro v v ed ere Isacco (aveva 40 anni, XXV, 20)
g rande a tto d i fede nelle p ro m esse di D io, e co n ­ di una buona m oglie, affinchè le benedizioni e le
fessò di e ss e re o sp ite e p ellegrino s u q u e sta terra p ro m e sse di Dio si tra sm e tte sse ro alla su a p o s te ­
e di andare in cerca di una patria m igliore (Vedi rità . À bram o visse ancora 35 anni (XX, 7, 20),
Atti, V II, 5 ; E b r. XI, 13, 16). La grotta di ma egli non sap ev a q u an to avrebbe d u ra to la
M acpelah tro v asi a ll’E st di H e b ro n , ed ancora 6ua vita.
oggi è oggetto di un culto su p erstiz io so da parte 2-4. Al serro più vecchio non tanto per età,
dei m ussu lm an i. U na g ran d e m oschea racch iu d e q u an to p iu tto sto per dignità. Q uesto serv o , il
le tom be d e i p atriarch i, ma ai cristiani non è p e r­ q uale aveva il governo di tutra la casa di À bram o,
m esso di en trarv i. In quel ca m p o, ecc., ebraico : s i ritien e co m unem ente ch e fosse Eliezer (Cf. XV,
nella caverna del cam po di M acpelah, che è dirim ­ 2). M etti la tua m a n o , ecc. Con q u esta azione
petto a M am bre. sim bolica colui che giurava veniva a im pegnarsi
148 G en esi, XXIV, 5-14

ÄResnondü servus : Si nolúerit múlier ve­ 5II servo rispose : Se la donna non vorrà
nir» teciun in terram hanc, numquid *e- venir con me in questo paese, debbo io
dúcere déb«o filiara tuum ad Locum, de forse ricondurre il tuo figlio nel luogo
quo tu «gréssus e s ? 4 Dixítque Abraham : donde tu sei uscito? 6E Abrahamo disse :
Cave ne quando reducás ftlium meum il- Guardati dal ricondurre mai colà il mio
luc. 7Dóminus Deus caeli, qui tulit rae^de figlio. 7I1 Signore Dio del « elo , il qirrie
domo patris mei, et de terra nativitátis mi Gasse dalla casa del padre mio, e dalla
njeae, qui locútus est mihi, et iurávit mihi, terra in cui io nacqui, il quale mi p 2 *#Iò e
dicens : Sémini tuo dabo terram hanc : mi giurò, dicendo : io darò alla tua stirpe
ipse mittet ángelum suum coram te, et questa terra : egli manderà il suo Angelo
aecipies inde uxórem filio meo : fcSin innanzi a te, e tu prenderai di là una moglie
autcm múlier nolúerit sequi te, non te- al mio figlio. fcSe poi la donna non vorrà
néberis juraménto : fílium meum tantum seguirti, tu sarai sciolto dal giuramento :
ne reducás il lue. 9Pósuit ergo servus ma- solo non ricondurre colà il mio figii*. MI
num sub fémore Abraham domini sui, et servo adunque mise la mano sotto la coscia
juravit illi super sermóne hoc. di Abrahamo suo padrone, e gli giurò di faFe
quello che era stato detto.
10Tulitque decem camélos de grege do­ 10E prese dieci cammelli dalle mandre
mini sui, et àbiit, ex òmnibus bonis ejus del suo padrone, e si partì, portando con
portanG feecum, profectusque perréxit in sè di tutti i beni di lui, e messosi in viaggi®,
Mesopotàmiam ad urbem Nachor. n Cum- andò nella Mesopotamia alla città di Nachòr.
que camélos fecísset accùm bere extra óp- 11E fatti posare i cammelli fuori della città
pidum juxta pùteurn aquae véspere, tèm­ vicino ad un pozzo di acqua in sulla sera,
pore quo solent m ulieres égredi ad hau- nel tempo in cui le donne sogliono uscire
riéndam aquam, dixit : 12Dómine Deus dò­ ad attinger acqua, disse : 120 SigPere Dio
mini mei Abraham, occùrre, óbseero, del mio padrone Abrahamo, dammi, ti
mihi hódie, et fac misericórdiam cum do­ prego, qu est’oggi un buon incontro, e sii
mino meo Abraham. 13Ecce ego sto prope propizio al mio padrone Abrahamo. 13Ecco
fontem aquae, et filiae habitatórum hujus io sto vicino a questa fontana di acqua, e
civitatis egrediéntur ad hauriéndam aquam. le figlie degli abitanti di questa eittà usci­
14Igitur puélla, .cui ego dixero : Inclina ranno ad attinger acqua. 14La fanciulla

7 Slip. XII, 7 et XIII, 15 et XV, 1S ; Inf. XXVI, 3.

r.on solo v erso colui in lavor del quale faceva il m onio di Isacco si dovrà rim ettere alla cura della
g iuram ento, ma anche verso la discendenza di divina Provvidenza. Eliezer ra ssic u ra to p restò il
lui, o p p u re , seco n d o altri, invocava come vindici giuram ento.
del giuram ento i d if e n d e n ti di colui in favor del 10. N ei v ersetti 10-28 si descrive la partenza
quale era fatto. Altri p ensano che si giu rasse per di Eliezer e il su o arrivo nella M esopotam ia. D ieci
il M essia il q u ale doveva e sse re della s tirp e d: cam m elli per sè e pt-r i suni com pagni di viaggio,
A bram o (Cf. H u m m elau er, H etzen au er, h. 1.). e per la sp o sa , ecc., form ando così una carovana.
Un tal modo di giurare non si incontra più altrove Portando con sè di tutti i beni di lui per offrirli
che al cap. XLVII. 29. Cf. XLV1, 26. Per il Si- ai parenti di Àbramo e ren d erseli propizi, e per
g n o u V a h v e h ) D io, ecc., ossia per i! Dio della farne dei p resenti alla sp o sa . L ’ebraico potrebbe
rivelazione e d e ll’alleanza, e il Dio della creazione. anche trad u rsi : ora tutti i beni del suo padrone
N on prenderai nel caso che io venga a m orire erano a sua disposizione (Iett. in sua m ano). II
prim a di te. N essu n a delle figlie dei C hananei, s en so però non m uta. M esopotam ia. N ell’ebraico
i quali erano idolatri e co rro ttissim i, c dovevano ' Aram N aharaìm , che equivale a Siria dei due
un giorno e sse re sterm in ati dagli Ebrei. Nella mia fiu m i, e indica la contrada che si sten d e Ira il
terra, cioè in Haran neUa M esopotam ia (XI, 31- Tigri e l'E u fra te , la quale più tardi ricevette il
3 2 ; XII, 1). nome di M esopotam ia, m entre nelle iscrizioni
egizie viene detta sem plicem ente Naharina (Amarna
5-9. Eliezer da servo p ru d en te, che ben co­
N a * rim a . — La città di Nachor è H aran (XI,
nosce l'im p o rtan za del giuram ento e non vuole
31 ; XXVII, 4 3 ; Atti, V II, 3)
violarlo, m uove una d ffico ltà, e chiede come
debba rego larsi. À bram o nella sua risp o sta m ostra 11. Fatti posare, ebr. fatti inginocchiare i cam*
tutta la sua confidenza in Dio, e la sua volontà m elli per scaricarli dei pesi che portavano e
risoluta che Isacco non debba andare nella M eso­ lasciarli rip o sa re , com e sogliono fare tali anim ali.
potam ia. Mi tra sse , ecc. (XII, 1 e s s.), mi parlò Fuori della città , vicino, ecc. Q uesto pozzo si
(XII, 7 ; X III, 15), m i giurò, ecc. (XV, 17; XXII, tro v i p resso H aran, ed esiste ancora attualm ente.
16). Manderà il suo Angelo. Da ciò si deduce che A ttorno ad esso si riuniscono gli arm enti ; e^le
fcli antichi patriarchi credevano che Dio affidasse donne, m attina e sera, vanno ad attingervi l'acqua
agli Angeli la custodia degli uom ini. A bram o c (Cf. Esod. Il, 16; 1 Re, IX, 11).
persuaso che Dio gli continuerà le sue benedizioni. 12-14. Eliezer, pur non trascurando i mezzi
S e non vorrà seg u irti, ecc. In tal caso il m atri­ naturali, ricorre a Dio per aiuto. Un buon in -
G e n e s i. XXIV, 15-25 149

hydriam tuam ut b ib a m : et ilia respon­ adunque, a cui io dirò : Abbassa la tua


d en t, Bibe, quin et camelis tuis dabo po- idria, affinchè io beva : ed essa mi rispon­
tum : ipsa est, quam praeparasti servo tuo derà : Bevi, e anzi darò anche da bere ai
Isaac : et per hoc intelligam quod feceris tuoi cammelli : essa è quella, che tu hai
misericordiam cum domino meo. preparata ad Isacco tuo servo : e da questo
conoscerò, che tu sei stato propizio al mio
padrone.
15Necdum infra se verba compleverat, 15Egli non aveva ancora finito di dire
et ecce Rebécca egrediebátur, filia Bá- dentro di sè queste parole, ed ecco che
thuel, fílii Melchae uxóris Nachor fratris Rebecca, figlia di Bathuel, figlio di Melcha
Abraham, habens hydriam in scápula sua : moglie di Nachor fratello di Abrahamo,
16Puélla decora nim is, virgóque pulchér- usciva fuori con u n ’idria sulla spalla : 16Era
rim a et incógnita viro : descénderat au- una fanciulla avvenente, e una vergine bel­
tem ad fontem, et im pléverat hydriam, ac lissima, e non conosciuta da uomo : essa
revertebátur. 17O ccurrítque ei servus, et era venuta alla fontana, e aveva em piuta
ait : Pauxíllum aquae mihi ad bibéndum l ’idria, e se n ’andava. 17Ora quel servo le
praebe de hydria tua. 16Quae respóndit : andò incontro, e disse : Dammi a bere un
Bibe, dòmine mi : celeritérque depósuit p o ’ d ’acqua della tua idria. 18Ed ella ri­
hydriam su per ulnam suam , et dedit ei spose : Bevi, signor mio. E prestam ente si
potum. 19Cumque ille bibisset, adjécit : prese l ’idria sul suo braccio, e gli diede
Quin et cam élis tuis háuriam aquam, do­ da bere. 19E quando egli ebbe bevuto, ella
nee cuncti bibant. 20Effundénsque hydriam soggiunse : Io attingerò pure acqua per i
in canálibus, recùrrit ad puteum ut hau- tuoi cam m elli, finché tutti abbiano bevuto.
riret aquam : et haustam òmnibus camélis 20E versata l ’idria negli abbeveratoi, corse
dedit. di nuovo al pozzo ad attingere acqua : e
attintala ne diede a tutti i cammelli.
21Ipse autem contem plabátur eam tàci- 21O ra egli la contemplava in silenzio» vo­
tus, scire volens utrum prósperum iter suum lendo sapere, se il Signore avesse r no
fecisset Dóminus, an non. 22Postquam au­ reso felice il suo viaggio. 22E dopo r <e i
tem bibérunt caméli, prótulit vir inàures cammelli ebbero bevuto, egli tirò luorl
áureas, appendéntes siclos duos, e t armil- degli orecchini d ’oro, che pesavano due
las tótidem pondo siclórum decem. 23Dixit- sicli, e due braccialetti, che pesavano dieci
que ad earn : Cuius et filia? índica mihi : sicli. 23E le disse : Dimmi, di chi sei fi­
est in domo patris tu! locus ad manén- gliuola? vi ha in casa di tuo padre luogo
dum ? 24Quae respóndit : Filia sum Ba- per albergarvi? 24Ella risp o se: Io sono
thuélis, filii Melchae, quem péperit ipsi figlia di Bathuel, figlio di Alelcha, partorito
Nachor. 23Et áddidit, dicens : Paleárum da questa a Nachor. 25E soggiunse : Di
quoque et foeni plurim um est apud nos, paglia e di fieno ve n ’è moltissimo in casa,
et locus spatiósus ad manéndum. e molto luogo per albergarvi.

co n tro , ossia fa v en ire davanti a me quella p e r­ p o rta re a p p eso alle narici. D ue sicli. N e ll’ebraico :
sona c h e .io cerco. Siccom e l ’a p p aren z a e ste rn a m ezzo siclo. Il siclo era non solo una m oneta, ma
avrebbe p o tu to in g an n arlo , m o sso da viva fede serv iv a anche com e unità di peso, ed equivaleva
e da uno sp eciale istin to dello S p irito S an to , a circa 16 gram m i. Nel testo sam aritan o si ag ­
pregò D io di volergli far co n o scere a m ezzo di giunge : e glielo m ise sopra al n a so , e tale ag­
un seg n o da lui s te s s o d eterm in ato , la fu tu ra giunta dai critici vien riten u ta genuina (Cf. H um -
moglie di Isacco. 11 seg n o p rescelto valeva a far m elau er, H e tze n a u e r, h. 1.). D ieci sicli. ossia circa
c onoscere nella donna u n ’indole b u o n a, affabile, 160 gram m i (Cf. K orrleicner, Arch. B ìbl. S u m m .,
o sp itale, che non risp a rm ia fatica, ecc. p. 253). A nche ora p re sso gli Arabi dare a una
15-21. Dio e sau d isce la p reg h iera di Eliezer. fanciulla u n o di tali anelli equivale a dom andarla
M elcha, era anche nipote di N achor (XI, 29), ia s p o sa (Cf. H u ra m e la i'e r, h. 1.).
e quindi R ebecca, sia da parte del padre e sia 23-2S. Eliezer fa a Rebecca due dom ande, alle
da p arte della m ad re, a p p arte n ev a alla fam iglia di quali essa risp o n d e con tutta schiettezza. Avendo
À bram o. S e gli ab b evera to i, che in O rien te si tro ­ co n o sciu to che essa era la sp o sa destinata ad
vano p re sso ogni pozzo. La contem plava in si­ Isacco, Eliezer desidera di parlare coi p arenti di
lenzio per v edere se essa faceva tu tto quello che lei. S i in c h in ò , ecc., ringraziando Dio per il favore
egli aveva d eterm in ato , qu an d o aveva fissato il o tte n u to . M isericordioso, ossia pieno di co n d iscen ­
segno per rico n o scere la futura m oglie di Isacco. denza, e vera ce, cioè fedele nel m an ten ere le su e
22. E liezer per rin g raziare Rebecca di tante p ro m e sse . D el fratello. N ell’ebraico : dei fratelli,
gentilezze le offre alcuni doni. D egli orecchini ma la lezione della V olgata è preferita dai critici
d 'o ro . N e ll’e b ra ic o : un m onile (n e z e m ) d ’oro. accordandosi m eglio col versetto 4S. A casa di sua
Con qu esto nom e viene indicato una sp ecie di m a d re . P re s so gli O rientali le donne e gli uom ini
anello, ch e anche oggi le donne o rientali sogliono abitano in case o tende se p a ra te (Cf. XXXI1, 3H .
150 G e n e s i , X XIV, 26-41

2eInclinàvit se homo, et adoràvit Domi­ 26Q uell’uomo allora s ’inchinò, e adorò il


nimi, 2rDicens : Benedictus Dóminus Deus Signóre, 27dicendo : benedetto il Signore
domini mei Abraham, qui non àbstulit mi- Dio del mio padrone Abrahamo, il quale
sericórdiam et veritàtem suam a dòmino non ha mancato di essere misericordioso e
meo, et recto itinere me perduxit in do- verace col mio padrone, e per diritta via
mum fratris dòmini mei. mi ha condotto alla casa del fratello del
mio padrone.
2flC ucurrit itaque puélla, et nuntiàvit in 28Corse adunque la fanciulla, e raccontò
domum matris suae òmnia quae audierat. a casa di sua madre tutte le cose che av«va
29Habébat autem Rebécca fratrem nòmine udite. 290 ra Rebecca aveva un fratello chia­
Laban, qui festinus egréssus est ad hómi- mato Laban, il quale corse in fretta a quel­
nem, ubi erat fons. 30Cumque vidiSset l ’uomo, dov’era la fontana. 30Egli infatti
inàures et armillas in mànibus soròris suae, avendo veduti gli orecchini e i braccialetti
et audisset cuncta verba referéntis : Haec nelle mani di sua sorella, e avendo udite
locutus est mihi homo : venit ad virum, le parole di lei che diceva : QueU’uomo
qui stabat juxta camélos, et prope fontem mi ha detto queste cose : se ne venne a
aquae : 3,Dixitque ad eum : Ingrédere, q u e ll’uomo, chie se ne stava presso a ’
benedicte Dòmini : cur foris stas ? praepa- cammelli, e vicino alla fontana : 3,e gli
ràvi domum, et locum camélis. disse : Vieni dentro o benedetto dal Signore :
perchè stai fuori? io ho preparata la casa, e
il luogo pei cammelli.
32Et introdúxit eum in hospitium : ac 32E lo fece entrare n e ll’ospizio: e sca­
destrávít camélos, deditque páleas et foenum, ricò i cammelli, e diede loro paglia e fieno,
et aquam ad lavándos pedes ejus, et viró- e portò acqua per lavare i piedi a lui, e
rum qui vénerant cum eo. 33Et appósitus est agli uomini che erano venuti con lui. S3Poi
in conspéctu ejus pañis. Qui ait : Non có- gli fu posto davanti del pane. Ma quel­
medam, doñee loquar serm ones meos. Re- l ’uomo disse : Non mangerò, fino a tanto
spóndit ei : Lóquere. che io non abbia esposto ciò che ho a dire.
Ed egli rispose : Parla.
^"‘At ille : Servus, inquit, Abraham sum : 34E quell’uomo disse : lo sono servo di
35Et Dóminus benedíxit dómino meo valde, Abrahamo : 35E il -Signore ha benedetto
magnificatúsque est : et dedit ei oves et grandem ente il mio padrone, e lo ha fatto
boves, argéntum et aurum , servos et an- grande : e gli ha dato pecore e buoi, argento
cíllas, camélos et ásinos. 36Et péperit Sara e oro, schiavi e schiave, cammelli e asini.
uxor dómini mei fílium dómino meo in 36E Sara moglie del mio padrone ha par­
senectúte sua, deditque illi ómnia quae torito nella sua vecchiaia al mio padrone
habúerat. 37Et adjurávit me dóminus meus, un figlio, a cui egli ha dato tutto ciò che
dicens : Non accipies uxórem filio meo de aveva. 37E il mio padrone mi ha fatto giu­
filiábus Chananaeórum, in quorum terra há­ rare, dicendo : Non prenderai in moglie pel
bito : 38Sed ad domum patris mei perges, mio figlio nessuna delle figlie d e ’ Chananei,
et de cognatióne mea accipies uxórem filio nella terra dei quali io dimoro : 38ma andrai
meo : alla casa di mio padre, e tra la mia paren­
tela prenderai moglie al mio figlio :
39Ego vero respondí dómino meo : Quid 39Ed io risposi al mio padrone : E se la
si nolúerit veníre mecum m úlier? 4üDó- donna non vorrà venire con m e ? 40I1 Si­
m inus, ait, in cujus conspéctu ámbulo, mit­ gnore, egli mi rispose, nel cui cospetto io
tet ángelum suum tecum, et diriget viam cammino, manderà il suo Angelo con te,
tuam : accipiésque uxórem filio meo de co­ e prospererà il tuo viaggio : e tu prenderai
gnatióne mea, et de domo patris mei. 41In- al mio figlio una moglie della mia paren­
nocens eris a maledictióne mea, cum vé- tela, e della casa di mio padre. 41Sarai

29-32. Corse in fretta a q u e ll’uom o per offrirgli del vero Dio, e gli prestava qualche culto, come
ospitalità, a ttratto anche dalla generosità da lui si può ded u rre da q u esto versetto (Cf. A lap.).
d im ostrata v erso R ebecca, e dal sap e rlo servo di 33-41. D el p a n e , ebr. gli fu posto davanti da
Abramo (27). B en ed etto dal Signore (JahveJi). m angiare. Eliezer però prim a di m angiare vuole
Dalle parole riferite da Rebecca (v. 27), Laban com piere la sua m issione, e com incia col d ire chi
aveva potuto co n o scere che Eliezer era non solo egli sia (34), e poi parla delle ricchezze di
servo di Àbram o, ma anche cultore di lahveh, e À bramo (35), e presen ta Isacco com e erede (36),
e dai doni fatti, dal n u m ero dei cam m elli, ecc., e quindi esp o n e il m andato ricevuto (37-41). A
potè conchiudere che lahveh lo aveva ben ed etto . cui ha dato, ecc., ossia lo ha costituito suo erede
B enché la casa di N achor a d o rasse gli idoli (XXXI, universale (XV, 4 ; XXI, 10). Sarai esente dalla
30), tuttavia conservava ancora qualche nozione mia m aledizione. L ’ebraico va tradotto : sarai
G e n e s i , XXIV, 42-52 151

neris ad propinquos meos, et non déderint esente dalla mia maledizione, quando sarai
tibi. andato a casa d e ’ miei parenti, ed essi non
avranno voluto dartela.
42Veni ergo hódie ad fontem aquae, et 42Io sono dunque arrivato oggi alla fon­
dixi : Domine Deus domini mei Abraham, tana, e ho detto : Signore Dio del mio pa­
si direxisti viam meam, in qua nunc am­ drone Abrahamo, se tu mi hai guidato nella
bulo, 43E ccestojuxta fontem aquae ; et virgo, strada, in cui ora cammino, 43ecco che io
quae egrediétur ad hauriéndam aquam, au- mi fermo presso questa fontana di acqua, e
dierit a me : Da mihi pauxillum aquae ad la fanciulla, che uscirà fuori ad attinger
bibéndum ex hydria tua : 44Et dixerit m ihi : acqua, ed a cui dirò : Dammi da bere un
Et tu bibe, et camélis tuis hauriam : ipsa p o ’ d ’acqua della tua idria : 44ed essa mi
est m tìlier quam praeparavit Dóminus filio dirà : Bevi pure, e attingerò anche per i
dòmini mei. tuoi cammelli : questa è la donna destinata
dal Signore al figlio del mio padrone.
45Dumque haec tàcitus mecum vólverem, 45O ra m entre io considerava tra me in
apparuit Rebécca véniens cum hydria, quam silenzio queste cose, comparve Rebecca,
portabat in scapula : descenditque ad fon­ che veniva portando la sua idria sopra la
tem, et hausit aquam. Et ajo ad eam : Da spalla : e scese alla fonte, e attinse l ’acqua.
mihi patìlulum bibere. 46Quae festinans de- Ed io le dissi : Dammi un p o ’ da bere :
pósuit hydriam de hum ero, e t dixit m ihi : 46Ed essa subito si tolse dall’omero l ’idria,
Et tu bibe, et camélis tuis tribuam potum. e mi disse : Bevi tu, e darò da bere anche
Bibi, et adaquavit camélos. 47Interrogavi- ai tuoi cammelli. Io bevetti, ed ella abbe­
que eam , e t d ix i: Cujus es filia? Quae verò i cam m elli. 47E la interrogai, e le
respóndit : Filia Bathuélis sum, filii Nachor, dissi : Di chi sei tu figliuola? Ed ella ri­
quem péperit ei Melcha. Suspéndi itaque spose : Sono figliuola di Bathuel, figlio di
inaures ad ornändam fàciem ejus, et ar- Nachor e Melcha. Io le appesi quindi gli
millas posui in m änibus ejus. 48Pronusque orecchini per ornare il suo volto, e le misi
adoravi Dóminum, benedicens Domino Deo i braccialetti alle sue mani. 48E mi chinai,
domini mei Abraham, qui perdtìxit me recto e adorai il Signore, benedicendo il Signore
itinere, ut süm erem filiam fratris dòmini Dio del mio padrone Abrahamo, il quale
mei ffflo ejus. 49Quamóbrem si facitis mi- mi ha condotto per diritta via a prendere
sericórdiam et veritatem cum domino meo, per il figlio di esso la figlia del fratello del
indicate mihi : sin autem aliud placet, et mio padrone. 490 ra adunque, se siete per
hoc dicite mihi, ut vadam ad déxteram , usare bontà e lealtà verso il mio padrone,
sive ad sinistram . fatemelo sapere : che se pensate altrim enti,
ditemelo ugualm ente, affinchè io mi volga
a destra, o a sinistra.
50Responderüntque Laban et Bäthuel : A 30Ma Laban e Bathuel risposero : 11 Si­
Domino egressus est serm o : non pössu- gnore ha parlato : non ti possiamo dire
m us extra pläcitum ejus quidquam aliud altro fuori di quello che a lui piace. 51Ecco
loqui tecum. 51En Rebecca coram te est, Rebecca davanti a te, prendila, e parti, e
tolle eam, et proficiscere, e t sit uxor filii sia moglie del figlio del tuo padrone, come
dömini tui, sicut locütus est Dominus. il Signore ha parlato.
52Quod * cum audisset puer Abraham, 52I1 servo di Abrahamo, avendo ciò udito,
pröcidens adorävit in terram Dominum. si prostrò per terra e adorò il Signore. 53E

sciolto dal g iu ra m en to , che m i fa i. N e ll’ebraico e non già il p a d re , ma il fratello m inore di Laban


nel greco dopo non vorranno dartela sì aggiunge : e di R ebecca. È diffìcile però in tal caso sp ieg a re
allora sarai sciolto dal giuram ento che m i fa i. com e m ai Io s te s s o nom e nello s te s s o co n testo
(v. 47 e 50) p o ssa significare due perso n e diffe­
42-49. Eliezer n arra il su o in contro con R e­
re n ti. Ci sem b ra quindi più probabile che anche
becca. C o m p a rv e , m anca n e ll’ebraico, dove si
qui si tra tti del padre di Rebecca (S. G iov. C ris.,
legge invece ecco R ebecca, ecc. Le a p p e si gli
A lap., H o b erg , H e tze n a u e r, C ra m p o n , F.llion, ecc.).
orecchini p e r ornare il suo v o lto , eb r. le p o si
Laban tratta assiem e col p ad re della so rte di
Vanello alle narici (C f. v. 30). La figlia del fratello.
R ebecca, anzi dal c ontesto ap p are che vi ha una
Q u e st’ultim a parola va p resa in largo sen so . Ba-
p arte p re p o n d e ra n te (20, 55). La ragione di ciò
rhuel p ad re di Rebecca era p ro p riam en te nipote
va pro b ab ilm ente cercata nella poligam ia, che
di A bram o. Affinchè m i volga a destra o a sin istra ,
allora reg n av a, per cui il padre poteva talvolta
proverbio per d ire : affinchè sa p p ia com e re g o ­
non c u ra rsi d elle figlie nate d a ll’una o d a ll’altra
larm i, e n el caso cerca re p re sso altri p aren ti di
m oglie, m eno am ata. I fratelli divenivano quindi
À bram o la moglie d e sid e ra ta . com e i tutori n aturali delle loro sorelle (Cf. XXXIV,
50-54. Laban e B a th u el. A lcuni (C alm et, H um - 5, 11, 2 5 ; G iud. XXI, 2 2 ; li Re, X III, 22). Il
m elauer, ecc.) p e n sa n o ch e q u e sto B athuel fo sse Signore ha parlato, ecc. L ’ebraico va tra d o tto :
152 G e n e s i , XXIV, 53-63

MProlatisque vasis argénteis, et aureis, ac tratti fuori vasi d ’argento, e d ’oro, e vesti­
véstjbus, dedit ea Rebéccae pro munere, menti, li diede in dono a Rebecca, e fece
ffatribus quoque ejus et matri dona óbtulit. anche doni a ’ fratelli di lei, e alla madre.
®Mnito convivio, vescéntes pdriter et bi- 54E preparato il convito, mangiarono e be­
béntes m ansérunt ibi. Surgens autem mane, vettero, e albergarono quivi (quella notte).
locutus est puer : Dimitte me, ut vadam ad La mattina poi levatosi il servo disse : La­
dóminum meum. 55Respondenìntque fra- sciatemi andare a ritrovare il mio padrone.
tres ejus et mater : Maneat puélla saltern 55Ma i fratelli, e la madre risposero : Ri­
decem dies apud nos, et póstea profìciscé- manga la fanciulla con noi almeno dieci
tur. 56Nolite, ait, me retinére, quia Do­ giorni, e poi partirà. 56Non vogliate, dis-
m inus diréxit viam meam : dimittite me, s ’egli, ritenerm i, poiché il Signore ha pro­
ut pergam ad dóminum meum. Ä7Et dixé- sperato il mio viaggio : lasciate, che io me
runt : Vocémus puéllam, et quaeramus ne vada al mio padrone. 57Ed essi dissero :
ipsius voluntätem. Chiamiamo la fanciulla, e sentiam o qual
sja il suo volere.
58 Cumque vocata venisset, sciscitati 5,La chiamarono adunque, e venuta che
sunt : Vis ire cum hómine isto ? Quae fu le domandarono : Vuoi tu andar con
ait : Vadam. 59Dimisérunt ergo eam, et nu- q u est’uom o? Ed ella rispose : Andrò. ^ L a ­
tricem illius, servumque Abraham, et có- sciarono perciò che ella partisse insieme
mites ejus, 60Imprecantes pròspera soróri colla sua nutrice, e il servo di Abrahamo,
suae, atque dicéntes : Soror nostra es, e i suoi compagni, Sfacendo voti per la
crescas in mille millia, et possideat semen loro sorella, e dicendo : Tu sei nostra so­
tuum portas inimicórum suórum. rella, possa tu crescere in mille e mille
generazioni, e la tua progenie possegga le
porte dei suoi nemici.
6,Igitur Rebécca et puéllae illius, ascénsis 6R eb ecca adunque, e le su e serve, salite
camélis, secutae sunt virum qui festinus re- sui cammelli, andarono con q uell’uomo : il
vertebàtur ad dóminum suum. quale con tutta celerità se ne tornava al
suo padrone :
62Eo autem tèm pore deambulàbat Isaac C2Ora in quello stesso tempo Isacco.pas­
per viam quae ducit ad puteum, cujus no- seggiava per la strada, che conduce al
men est Vivéntis et Vidéntis : habitàbat pozzo chiamato pozzo di colui che vive, e
enim in terra australi : 63Et egréssus fuerat vede : poiché egli abitava nella contrada del
ad meditàndum in agro, inclinata jam die : Mezzodì : S3Ed era uscito alla campagna

62 S u p . XVI, 14.

Q uesta cosa viene dal S ig n o re: noi non possiam o [il S ignore ha p rosperato, ecc.). La decisione
dirti nè m a le, nè b en e . ossia non abbiam o nulla finale viene lasciata a R ebecca. la quale si p ro ­
da op p o rre a/ quanto Dio ha o rdinato. Ecco R e ­ nunzia per la partenza im m ediata. Colla sua balia,
becca davanti a te, cioè a tua disposizione. B enché o nutrice, chiam ata D ebora (XXXV, S). Alla p a r­
qui non si parli del consenso di R ebecca, è chiaro tenza I p arenti le augurano ogni bene, ma s p e ­
p e rò , dal v ersetto 57 e seg u en ti, che essa accettò cialm ente quello, che è più apprezzato in O riente
volentieri la profferta fattale. Com e il Signore ha da una d o n n a, cioè una posterità (possa tu cre­
parlato, facendo conoscere la sua volontà col d iri­ scerei, ecc.) num erosa e forte (po ssegga, ecc.,
gere i tuoi passi, ecc. Vasi, cioè utensili d ’oro, ccc. C f. XXII, 17). Siccom e è sem p re Laban che ha.
In dono , manca n e ll’ebraico, ma va so ttin teso . Ai la prim a p arte, si capisce perchè si parli sem pre
fratelli. N ell’ebraico e nel greco vi è il singolare di R ebecca com e di una sorella (Ved. n. 50).
al fratello. In O riente, come d a p p ertu tto , in occa­ S e ne tornava al suo padrone nella terra di
sione del fidanzam ento si sogliono far doni alla C h an aan , e più p ropriam ente a H eb ro n , dove
futura sp o sa e ai parenti di essa. Il fatto che il Abram o dim orava.
padre B athuel non riceve alcun dono m ostra c h ia ­ G2-63. Nei versetti 62-67 si narra l’incontro di
ram ente che il co n tratto di m atrim onio non era una Isacco e di Rebecca e il loro m atrim onio. In
com pra-vendita, come vo rreb b ero alcuni razio n a­ quello stesso te m p o y ecc. Q uesto versetto p re ­
listi. Preparato il co n vito , ecc. N ell’ebraico si sen ta gravi difficoltà per il testo. L ’ebraico può
legge sem plicem ente : E m angiarono, e bevettero tra d u rsi : Isacco tornava, o era tornato, dal pozzo
egli e gli uom ini che erano con lui e vi alberga­ di H ai ro 'i (Cf. XVI, 14), poiché abitava nel
rono la notte. A ppena fu giorno, Eliezer pensa p aese del N egheb (M ezzodì. C f. XII, 9), o p p u re ,
subito a to rn are al su o p adrone per fargli cono­ secondo altri : Isacco venne dalla contrada del
scere il felice risu ltato del su o viaggio. pozzo di H ai r o 'i, poiché abitava, ecc. Nei LXX
55-61. Partirà, o p p u re partirai. La famiglia di e nel S am aritano : Ora Isacco era andato nel
R ebecca in siste acciocché ella rim anga ancora deserto del pozzo di H ai r o 'i, poiché abitava nella
qualche p o ’ di tem po nella casa p atern a, ma contrada del N egheb. La m aggior parte dei critici
Eliezer si oppone allegando la volontà di Dio p referisce il testo dei LXX. Si può quindi sp ieg are,
G è n e s i , XXIV, 64 — XXV, 4 153

cumque elevâsset óculos, vidit camélos ve- per m editare, in sul far della sera : e alzati
niéntes procul. 64Rebécca quoque, conspécto gli occhi, vide da lungi venire dei cam­
Isaac, descéndit de camélo, 65Et aait ad melli. 64Anche Rebecca, veduto Isacco,
püerum : Quis est ille homo qui venit per scese dal cammello, 65e disse al servo : Chi
agrum in occursura n ob is? Dixitque ei : è qu ell’uomo che viene incontro a noi attra­
Ipse est dóminus m eus. At illa tóllens cito verso il campo ? Ed egli rispose : È il mio
pallium, opéruit se. 66Servus autem , cuncta padrone. Ed ella prese subito il velo e si
quae gésserat, narravit Isaac. 67Qui intro- coprì. 66E il servo raccontò ad Isacco tutto
duxit eam in tabernaculum Sarae m atris quello, che aveva fatto. 67Ed egli la menò
suae, et accépit eam uxórem : et in tantum dentro il padiglione di Sara, sua m adre, e
diléxit eam , ut dolórem, qui ex morte ma- la prese per moglie : e l ’amore che ebbe
tris ejus acciderat, tem peraret. per lei fu tale che tem però il dolore, che
sentiva per la morte della m adre.

C A P O XXV.

Abramo sposa Cetura, z-6. — Morte e sepoltura di Abramo, 7 - n . — I discendenti


di Is?naele, 12-18 . — Nascita di Esali e di Giacobbe, 19-26. — Esau vende la
primogenitin-a, 27-34.

JAbraham vero äliam duxit uxörem no­ ^ b ra h a m o poi sposò u n ’altra moglie per
mine Cetüram : 2Quae peperit ei Zamran, nome C etura : 2la quale gli partorì Zamran,
et Jecsan, et Madan, et Mädian, et Jesboc, e Jecsan, e Madan, e Madian, e Jesboc, e
et Sue. 3Jecsan quoque genuit Saba, et Sue. 3Jecsan poi generò Saba, e Dadan. I
Dadan. Filii Dadan fuerunt, Assürim, et figliuoli di Dadan furono Assum ir e Larusim,
Latüsim, et Löomim. 4At vero ex Mädian e Loomim. 4Da Madian poi nacquero Epha,

1 I P a r. 1, 32.

che Isacco a b itasse nel N eg h eb (XII, 9), ossia tan to tem p o , m ostra quanro tenero e grande fosse
nella p arte m eridionale della P a le stin a, ma el l ’affetto che nutriva p e r e ssa .
m om ento in cui tornò E liezer, si tro v a sse nel d e­
serto , che circonda il pozzo di H a i ro 'i (XVI, 14),
dove eSbe luogo l ’incontro con R ebecca (Cf. CA PO XXV.
H um m elau er, H e tzen au er, h. 1.). C om e suole av­
venire nei paesi caldi, Isaceo su l far della sera 1. U ltim i avvenim enti della vita di Abramo
era uscito alla cam pagna p e r m editare le cose (1-11). M atrim onio con C etu ra (1-6). Sp o sò u n 'a l­
divine del cielo. L ’ebraico su o li, trad o tto m ed i­ tra m oglie. Il Gontesto lascia co m p re n d e re che ciò
tare, ha ricev u to le più d iv erse in terp retazio n i, av v en n e d o p o la m orte di Sara e il m atrim onio
ma quella ad o ttata è la m igliore (Cf. H e tze n a u e r, di Isacco. À bram o aveva allora 140 anni (XXI, 5
h . 1.). Alcuni però (H u m m elau er, H olzinger, ecc.) e XXV, 20), e poiché visse ancora 35 anni (XXV,
preferiscon o il s en so di lam entarsi. Le d u e in te r­ 7), ed aveva già gen erato Isacco per un vigore
pretazioni non si escludono. Isacco piangeva nella datogli m iracolosam ente da Dio (Rom. IV, 19),
tenda la m orte di Sara, ma su l far della sera non dev e so rp re n d e re che a tale età abbia ancora
usciva alla cam p ag n a a lam en tarsi e a p reg are potu to con un aiuto speciale di Dio avere dei
(Cf. v. 67). figli. P e r mezzo di qu esto nuovo m atrim onio il
64-65. S c e s e , e b r. si gettò g iù , e sp ressio n e che s an to patriarca non cercò che la propagazione
indica m aggiorm ente la rap id ità, con cui R ebecca del reg n o di Dio nel m ondo.
scese a te rra per s a lu tare, com e sogliono fare le 2-4. N om e dei figli nari da C etura e dei loro
donne in O riente (I Re, XXV, 2 3 ; IV Re, V, 21), principali disc-endenti (Cf. 1 P a ra i. I, 32 e s s.).
quel perso n ag g io , ch e le veniva in co n tro , e che T u tti ab itarono n e ll’Arabia, ma per la più parte
tutto indicava e sse re m eritevole di ogni c o n sid e ­ non è possibile indicare il luogo p reciso. Di
razione. Avendo poi udito da Eliezer ch e egli era Z a m ra n , le c s a n , le s b o c , e S u e , non sap p ia m o
il su o fu tu ro s p o so , p re se su b ito quel gran velo nulla. Madan può forse identificarsi con M ediana,
o sp ec ie di m antello, in cu i le donne orientali su lla riva orientale del golfo Eleanit:co. .H aJian,
sogliono av v ilu p p arsi, e si co p ri, p erchè era u so , diede origine ai M adianiti, i quali abitarono nella
com e lo è ancora oggidì p re sso gli A rabi, ch e la penisola Sinaitica (E sod. II, 15; III, I, ecc.). Di
fidanzata si p re se n ta sse velata al su o fu tu ro sp o so . essi si fa s p e s so m enzione (G en. XXXVII, 2S ;
66-67. L ’am ore che e b b e , ecc. S ara era m orta N um . XXII, 4, 7 ; XXV, 6 e s s . ; XXXI, 1 e s s .) ;
da tre anni, e il fatto che Isacco la pian se per G iud. VI, I e s s ., ecc.). S u e . R aldad, uno degli
154 G e n e s i , XXV, 5-13

ortus est Epha, et Opher, et Henoch, et e O pher, ed Henoch, e Abida, ed Eldaa :


Abida, et Eldaa : omnes hi fílii Ceturae. tutti questi furono figliuoli di Cetura.
3Deditque Abraham cuneta quae possé- 5E Abrahamo diede ad Isacco tutto quello
derat, Isaac : 6Fíliis autem concubinárum che possedeva : 6e ai figliuoli delle concu­
largítus est muñera, et separávit eos ab bine diede doni, e mentre era tuttora in
Isaac filio suo, dum adhuc ipse víveret, vita li separò da Isacco suo figliuolo, man­
ad plagam orientalem. dandoli verso Poriente.
7Fuérunt autem dies vitae Abrahae, cen­ 7Ora i giorni della vita d ’Abrahamo furono
tum septuaginta quinqué anni. 8Et defíciens cento settantacinque anni. 8E venne meno
mórtuus est in senectúte bona, provectaéque e morì in buona vecchiezza, e in età avan­
aetátis, et plenus diérum : congregatúsque zata, e pieno di giorni : e andò a unirsi al
est ad pópulum suum. *Et sepeliérunt eum 6uo popolo. °E Isacco, e Ismaele, suoi fi­
Isaac et Ismael fílii sui in spelúnca dúplici, gliuoli, lo seppellirono nella doppia spe­
quae eita est in agro Ephron fílii Seor lonca situata nel campo di Ephron, figliuolo
Hethaéi, e regióne Alambre, 10Quem émerat di Seor Heteo, dirim petto a Mambre, 10il
a fíliis Heth : ibi sepúltus est ipse, et Sara qual campo Abrahamo aveva comprato d a’
uxor ejus. n Et post óbitum iLIíus benedíxit figli di Heth : ivi fu sepolto egli e Sara
Deus Isaac filio ejus, qui habitábat juxta pú- sua moglie. n E dopo la sua morte Dio be­
teum nomine Vivéntis et Vidéntis. nedisse Isacco suo figlio, il quale abitava
presso al pozzo detto di colui, che vive e
che vede.
12Hae sunt generatiónes Ismael fílii A- 12Queste sono le generazioni di Ismaele,
brahae, quem péperit ei Agar ;Egyptia, fá­ figlio di Abrahamo, partorito a lui da Agar
mula Sarae : 13Et haec nómina filiórum Egiziana, schiava di Sara : ,3E questi sono
ejus in vocábulis et generatiónibus suis. i nomi dei figli di lui, secondo i loro nomi

13 I P a r. I, 29.

am ici di G iob. (Il, 11), era di Sue. Saba e Dadan G iu d . II, 10, ecc.) non significano la m orte, nè
non vanno co n fu si coi loro om onim i d iscen d en ti l’e sse re sep o lto nel sep o lcro dei m aggiori (l’una
di Regma (X, 7). Saba diede origine ai S abei e l’altra cosa sono narrate a parte (XXV, 8,
(G icb. I, 15; VI, 19). A ssu rim non va co n fu so 17, e c c .; XV, 15; XXV, 9, ecc.), ma bensì l’an ­
cogli A ssiri. E pha (Cf. Is. LX, 6). Enoch non va data d e ll’anim a al Limbo dei giusti (Ved. n. XV,
confuso cogli om onim i (IV, 1 7 ; V, 18). 15; G iud. II, 10). Esse contengono inoltre una
5-6. À bram o d istrib u isce le su e so sta n z e. Egli pro v a della co stan te tradizione suU ’im m ortalità
costituisce Isacco erede u n iv ersale, e gli dà la d e ll’anim a.
terra di C hanaan (XVII, 1-8, 15-21; XXIV, 3 6 ); 9-10. Ism aele si unì ad Isacco p e r ren d e re gli
ai figliuoli poi delle co n cu b in e, ossia delle mogli ultim i doveri ad À bram o. S econdo gli usi del
secondarie Agar e C etu ra, diede doni oro, argento, tem po egli doveva e sse re riguardato com e figlio
vesti, bestiam e, schiavi, ecc., e li separò da di Sara (XVI, 2 ; XXX, 3, 9), e per qu esto m otivo
Isacao, ossia com andò loro che ab b an d o n assero su p erav a assai i figli di C etu ra, e benché escluso
la P alestin a, e an d assero verso V O riente, ossia dalla benedizione deU’alleanza, aveva però ric e ­
n e ll’A rabia, presa nel più largo sen so , in quanto vuto una benedizione speciale (XVII, 20), e tutto
cioè com p ren d e anche il d eserto di Siria (Cf. fa su p p o rre che egli non avesse rotto le relazioni
G iud. VI, 3 ; I Re, IV, 30, ecc.), dove già prim a col 6uo p ad re. N ella spelonca (ebr. di M acpelah)
era stato m andato Ism aele (XXI, 14 e s s.). C osì do p p ia, ecc. (Ved. n. XXI, 9 e s s.).
facendo À bram o provvedeva affinchè Isacco e la
11. B en ed isse Isacco, ecc., venendo così a d i­
discendenza eletta vivessero isolati, e c o rre sse ro
m o strare che egli era il vero su ccesso re di À bram o,
m eno pericolo di cadere nell'idolatria e di co n ta­
e l’erede delle prom esse. Vicino al pozzo, ecc.
m inarsi coi vizi, nei quali erano per cadere gli
(Ved. XVI, 14).
altri figli. Da q u esti versetti ap p arisce chiaro che
Àbramo, benché av esse scacciato Agar e Ism aele, 12. Nella seconda sezione (XXV, 12-18) della
tuttavia non si dim enticò di loro, ma continuò seconda parte della G enesi (Cf. XI, 27) si con­
ad averne cu ra. tiene la sto ria delle generazioni di Ism aele. Così
7-8. M orte e sep o ltu ra di À bram o (7-11). Egli l’au to re sacro prim a di elim inare Ism aele dalla
morì a 175 anni, quando Isacco aveva 75 anni, storia sacra, ci Fa ancora conoscere brevem ente
ed Esaù e G iacobbe ne avevano 15 (XXI, 15; i suoi discendenti, e la sua m orte. Q ueste sono
XXV, 26). Venne m eno, e b r. spirò. L ’au to re is p i­ le generazioni, ecc. (Ved. n. II, 4 e XVI, 1 e s s.).
rato insiste nel far notare la tarda età di Àbramo 13-16. D ei figli di lui, cioè di Ism aele, com e
e il vigore delle forze c o n serv ato . P ieno di giorni, si leg?e n e ll’ebraico e nel greco. Il versetto va
ebr. sazio di vivere. Abramo quindi non d esid erò probabilm ente re stitu ito nel modo seguente : E
di vivere più a lungo, ma accettò volentieri la qu esti sono i figli di Ism a ele , secondo i loro nom i
m orte. Andò unirsi al suo poppln. Q uesta ed altre e le loro generazioni (Cf. X, 1, 2, 6, 22), ossia
e sp ressio n i analoghe (XV, 15; D eur. XXXI, 16; le tribù, chc da essi ebbero origine (Cf. H etze-
G e n e s i , XXV, 14-22 155

Primogenitus Ismaelis Nabajoth, deinde C e­ nelle loro generazioni. Il primogenito di


dar, et Adbeel, et Mabsam, 14Masma quo- Ismaele fu Nabajoth, di poi Cedar, e Ad-
que, et Duma, et Massa, 15Hadar, et Thema, beel, e Mabsam, 14e Masma, e Duma, e
et Jethur, et Naphis, et Cedma. 16Isti sunt Massa, lòHadar, e Thema, e Jethur, e Na­
filii Ismaelis : et haec nömina per castella phis, e Cedma. 16Questi sono i figli d ’I-
et öppida eorum , duodecim principes tri- sm aele : e questi i loro nomi secondo i loro
buum suärum . ,7Et facti sunt anni vitae villaggi e i loro accam pam enti, essi furono
Ismaelis centum triginta septem, defictens- dodici principi delle loro tribù. 17E gli anni
que mörtuus est, et appösitus ad pöpulum della vita d ’Ism aele furono cento trem asene,
suum . 18Habitävit autem ab Hevila usque e venne meno e mori, e andò ad unirsi col
Sur, quae respicit jEgyptum introeüntibus suo popolo. 18Ora egli abitò da Hevila sino
A ssyrios; coram cunctis frätribus suis a Sur, che guarda l ’Egitto andando verso
öbiit. l ’Assiria. Egli morì presenti tutti i suoi fra­
telli.

19Hae quoque sunt generatiönes Isaac filii 19E queste sono le generazioni di Isacco
Abraham : Abraham genuit Is a a c : 20Qul figlio di Abrahamo : Abrahamo generò Isac­
cum quadraginta esset annorum, duxit uxo- co : 20il quale, essendo in età di quaranta
rem Rebeccam filiam Bathuelis Syri de anni sposò Rebecca figlia di Bathuel Siro
Mesopotamia, sorörem Laban. 21Depreca- della (Mesopotamia, sorella di Laban. 21E
tüsque est Isaac Dominum pro uxore sua, Isacco fece preghiere al Signore per la sua
eo quod esset sterilis : qui exaudtvit eum , moglie, perocché ella era sterile : ed egli lo
et dedit conceptum Rebeccae. esaudì, e fece che Rebecca concepisse.
22Sed collidebäntur in utero ejus par- 22Ma i bambini si urtavano nel seno di
vuli : quae ait : Si sic mihi futurum erat, lei ; ed ella disse : se doveva accadermi
quid necesse fuit concipere? Perrexitque questo, qual bisogno v ’era c h ’io concepissi?

n a u er, h. 1.). I v a n i nom i indicano infatti non solo setto 17, m en tre invece nel v ersetto 18 si d escrive
p e rso n e, ma a n ch e , le tribù o i popoli, da esse il p aese da lui occupato.
o riginate. N abaioth (G en. XXXVI, 3 ; Is. LX, 7) 19. La terza sezione (XXV, 19-XXXV, 29) della
e C edar (C ant. I, 4 ; Is. XXI, 16) so n o rico rd ati seco n d a p a rte della G enesi ha p e r titolo : Le
nei testi cu n eifo rm i (N abaitai e C a d ru )t e vanno g en era zio n i di Isacco (11, 4), e tratta d i ciò che
probabilm ente identificati coi N abatei d e ll’A rabia av v en n e nella fam iglia di Isacco fino al viaggio di
P e tre a e coi C ed rei, i quali si s te se ro tra l ’Arabia G iacobbe nella Siria (XXV, 19-XXV1I1, 10), poi
R etrea e B abilonia. A dbeel (cuneif. IdibV o Id ib a '). d escrive q u esto viaggio (XXVIII, 10-XXXIII, 17),
M absam e M asm a so n o ricordati anche I P a ra i. e infine ci fa c o n o scere quello che seg u ì a tale
IV, 25. D um a. N on sap p iam o nulla (Cf. Is. XXI, viaggio (XXXIII, 18-XXXV, 29). Si com incia colla
11). H adar, eb r. H adad (Cf. I P a r. I, 30). Them a n ascita di E saù e di G iacobbe (XXV, 19-26).
(Is. XXI, 14; G e r. XXV, 2 3 ; G iob. VI, 19).
Iè th u r, da cui v ennero gli Itu rei, i quali so n o r i­ 20. Nei v e rsetti 19-20 si ria ssu m e q u anto è
cordati assiem e a N a p h is nel I P a r. V, 19 e s s ., sta to d e tto n e g li, ultim i capitoli. M eso p o ta m ia ,
e abitavano il L ibano e l ’A ntilibano a m ezzo­ eb r. P a d d a n -’Aram ( = pianura di Aram ). Q uesto
giorno di D am asco (Cf. H u m m e la u e r,h .l.). C edm a. nom e indica più sp ec ia lm e n te la p arte s e tte n ­
Non sap p iam o 'n u lla . I figli di Ism aele a fìssa trio n ale d ella M esopotam ia, vicino alla città di
dim ora abitarono nei villaggi, ossia n elle città H a ra n (XXIV, 10).
difese d a una m uraglia, quelli invece che v issero 21. Era sterile (Cf. vv. 20 e 26). La sterilità
nom adi non e b b ero che acca m p a m en ti, o m eglio, di R ebecca, com e quella di S ara, di R achele, ecc.,
gruppi di ten d e m obili (Cf. H o b erg , h . 1.). D o- era o rdinata a d im o stra re che quel sem e b e n e ­
dici prìncip i (C f. XVII, 20). d etto , cioè G esù C risto , che da esse doveva
d isce n d e re , s areb b e dato al m ondo non per cause
17-18. M orte d ’Ism aele, e limiti del territo rio
n a tu rali, ma p e r u n dono gratuito e un m iracolo
occupato dai su o i discen d en ti. A ndò a u n irsi, ecc.
della bontà di D io, m ediante le p reghiere dei
(Ved. n. 8). A b itò , e b r. abitarono gli Ism aeliti.
giusti (C f. A lapide, h. 1.). Dio voleva poi p ro ­
Da H e vila t e b r. H avila (Ved. X, 29), sino a S u r
vare la fede di Isacco, com e aveva provato quella
(Cf. XVI, 7), ossia tutta l'A rab ia s e tten trio n ale c
di A bram o.
il deserto di Siria. Assiria (Ved. X, 19). Morì
presenti tu tti i su o i fratelli. Il verbo ebraico nafal 22. S i urtavano per divina disposizione, p re ­
tradotto m orì, qui significa piu tto sto p o se i su o i lu dendo co sì alle fu tu re lotte, che sareb b e ro s c o p ­
accam pam enti (Cf. G iud. V II, 12). Si ha perciò piate tra e ssi. S e doveva accaderm i, ecc. Rebecca
questo se n so : E gli po se i su o i accam pam enti (i vuol dire : se qu e sti bam bini già fin d ’ora non
LKX tra d u sse ro abitò) d irim p etto a tu tti i suoi p o sso n o s ta re in pace, che cosa avverrà in se
fratelli. Ism aele infatti abitò n e ll’Arabia e si trovò g u ito ? A consultare il S ig n o re , ossia andò a
vicino agli altri figli d i A bram o, come l’A ngelo qualche altare e pregò il Signore di farle c ono­
aveva pred etto ad Agar (XVI, 12. V ed.. n. ivi). s c e re la s o rte dei due bam bini, che già com in­
Della m orte di Ism aele si è p arlato nel v e r­ ciavano a co m b a ttersi tra loro (23).
156 G e n esi , XXV, 23-30

ut consuleret Dóminum. “ Qui respóndens E se n ’andò a consultare il Signore. 2Jll


ait : Duae gentes sunt in utero tuo, et duo quale rispose, e disse : Due nazioni sono
pópuli ex ventre tuo dividéntur, populùsque nel tuo seno, e due popoli all’uscir dal tuo
pópulum superàbit, et major sérviet mi­ seno si separeranno, e l’un popolo supe­
nóri. 24Jam tempus pariéndi advénerat, et rerà l ’altro, e il maggiore servirà al minore.
ecce gèmini in utero ejus repèrti sunt. 24Allorchè venne il tempo di partorire,
23Qui prior egréssus est, rufus erat, et ecco che n e ll’utero di lei si trovarono due
totus in morem pellis hispidus : vocatùmque gemelli. 25Quello che venne fuori per il
est nomen ejus Esau. Prótinus alter egré- primo, era rosso, e tutto peloso, come una
diens, plantam fratris tenébat manu : et pelliccia : e gli fu posto nome Esau. L ’altro,
idcirco appellàvit eum Jacob. 26Sexagenà- che uscì immediatam ente, teneva colla
rius erat Isaac quando nati sunt ei pàrvull. mano il piede del fratello : e per questo
essa lo chiamò Giacobbe. 26lsacco era di
sessanta anni quando gli nacquero questi
bambini.
27Quibus adultis, factus est Esau vir gna- 27Quando furono adulti, Esau divenne
rus venàndi, et homo agricola : Jacob autem buon cacciatore, e uomo di campagna : Gia­
vir simplex habitàbat in tabem àculis. 2, I- cobbe invece fu uomo semplice, e abitava
saac amabat Esau, eo quod de venatióni- nelle tende. 28Isacco amava Esau, perchè si
bus illius vescerétur : et Rebécca diligébat cibava della caccia di lui : e Rebecca amava
Jacob. Giacobbe.
29Coxit autem Jacob pulméntum : ad 290 ra Giacobbe aveva fatto cuocere una
quem cum venisset Esau de agro lassus, m inestra, quando giunse Esau affaticato dalla
30Ait : Da mihi de codióne hac rufa, quia campagna, 30e gli disse : dammi di questa

23 Rom. IX, 10. 25 O s. XII, 3 ; M atth. 1, 2. 30 Abd. 1 ; H ebr. XII, 16.

23. R isp o se , non sap p iam o in quale m odo, se 3 ; XXXIII, 14, 16, ecc.). Tutto peloso. T ale feno­
cioè per mezzo di un Angelo, o di un so g n o , ecc. m eno viene chiam ato dai n u d ic i hipertricosi. —
La risp o sta è data in linguaggio poetico e ritm ico. E sa u , che significa ap p u n to irsu to , o peloso (Cf.
N el prim o verso — D ue nazioni sono nel tuo XXVII, 11). L'altro che u sc ì, ecc., ebr. dopo uscì
seno — si annunzia che R ebecca p o rta nel seno il suo fra te llo , il quaie con la m ano teneva il cal­
i padri di due popoli, gli Israeliti e gli Edom iti cagno di E sau, com e se cercasse di contendergli
(XXV, 25 e s s.). Nel secondo verso — due p o p o li, il d iritto di p rim ogenitura. Ciò avvenne certam ente
a tl’uscir dal tuo seno si separeranno — si predice p er divina disposizione. G iacobbe, e b r. ya'aqob
che Esau e G iacobbe fin dalla loro n ascita s a ­ dal verbo *aqab che significa tenere il calcagno,
ranno opposti tra loro, e che tale opposizione si e quin d i so p p ian tare (Cf. XXVII, 3 6 ; G erem . IX,
e stenderà ancora ai loro discendenti (Amos, I, 11). 4 ; O s. X II, 3).
Nel terzo v erso — l'u n popolo supererà l'altro —
27-28. Indole diversa dei due fratelli. Esaù
si afferm a che uno dei d u e popoli (l’Ebreo) sarà
d ivenne buon cacciatore, segno di un carattere
più forte d e ll’altro. Gli Edomiti furono fatti tri­
ard en te e im petuoso. U om o di cam pagna, che cioè
butarli da D avide (11 Re, V ili, 13 e ss.) e poi
am ava battere la cam pagna, dove si poteva tro ­
soggiogati da Iosaphat (11 P a r. XX, 22 e s s.),
vare selvaggina. Tale è il sen so delPebraico tra ­
ma si ribellarono co ntinuam ente, finché ai tempi
dotto agricola dalla Volgata. G iacobbe invece
di G iovanni H ircano furono c o stretti ad accet­
era uom o s em p lic e , cioè di carattere m ite, e alla
tare la legge e la circoncisione (G ius. FI., Ant. G .,
vita agitata della caccia preferiva la vita di fa­
X III, 9 ; G uer G iu d ., I, 2). Nel quarto verso —
miglia p assata so tto le tende, come i pastori.
il m aggiore servirà al m inore — si preannunzia
Isacco amava di preferen7a E sa u, perchè si cibava
che G iacobbe, benché secondogenito, o tterrà il
(ebr. era di su o gusto la selvaggina) della cac­
diritto di prim o g en itu ra, e che gii Israeliti a dif­
ferenza degli Edom iti, saran n o gli eredi delle cia , ecc. Il motivo di tale predilezione era ben
poca co sa. — Rebecca amava di preferenza Gia­
divine pro m esse, e avranno il dom inio della terra
co b b e, sia p erchè d ’indole più mite e casalinga,
di C hanaan . La profezia ha ancora un altro sen so .
11 figliuolo m aggiore rip ro v ato ra p p re sen ta il po­ e sia per quello che di lui Dio le aveva detto (23).
polo E breo, che rinnegò G esù C ris to ; il figlio 29-30. Esau vende il diritto di prim ogenitura
m inore eletto ra p p re sen ta il popolo cristiano. Essa (29-34). Una m inestra di lenticchie (v. 34). A ffati­
si adem pie pure negli eletti, figurati In G iacobbe, cato, com e sogliono e sse re i cacciatori. D am m i di
e nei repro b i figurati in E sau (Cf. Rom. IX, 10-13; questa cosa rossa , ebr. dam m i a m angiare, ti
M alach. I, 2, 3). preg o , di questa cosa ross#. Da ciò si vede quanto
24-2C. N ascita di Esau e G iacobbe. Era ap p etito dovesse avere E sau. V edendo la m inestra
rosso. L ’cbraico ’adm óni allude al nom e di E dom fum ante, la chiede con a nsietà, chiam andola s e m ­
dato a Esau (v. 30). C om e una pelliccia, o meglio plicem ente questa cosa rossa, dal colore che essa
secondo l’ebraico, com e un m antello pelo so . aveva. P er questa cagione, ossia perchè chiam ò
L’ebraico se'a r allude ni monti di S e ir , che più cosa rossa quel cibo, pel quale vendette la p ri­
tardi furono abitati dagli Edom iti o Idum ei (XXXII, m ogenitura, Esau ebbe il nom e di E d o m , che
G e n e s i . XXV, 31 — XXVI, 2 !c7

öppido lassus sum. Quam ob causam vo- cosa rossa, che hai cotta, perchè sono molto
citum est nomen ejus Edom. 31Cui dixit stanco. P er questa cagione gli fu dato il
Jacob : Vende mihi primogenita tua. 32llle nome di Edom. 31Giacobbe gli rispose :
re sp ö n d it: En m örior, quid mihi pröde- Vendimi la tua progenitura. 32Egli replicò :
runt prim ogenita? 33Ait Jac o b : Jura ergo Ecco che io muoio, che mi gioverà la pri­
mihi. Jurävit ei Esau, et vendidit prim o­ mogenitura ? 33Giacobbe disse : G iuram elo
genita. 34Et sic accepto pane et lentis adunque. Esau glielo giurò, e vendette la
edülio, comedit, et bibit, et ä b iit; parvi- prim ogenitura. 34Così avendo preso il pane
pendens quod primogenita vendidisset. e la m inestra di lenticchie, mangiò, e be­
vette, e se n ’an d ò ; poco curando di aver
venduto la primogenitura.

C A P O XXVI.

Isacco in G erara . — D io protegge in modo speciale Rebecca, i -i i . — Ricchezza d i


Isacco e gelosia dei Filistei, 12 -2 2 . — D io benedice Isacco, 23-25. — A llea nza
tra Isacco e Abimeleck, 2 6-32 . — Escavazione di un pozzo, e matrimonio di
Esau, 3 3 -3 3 .

'O tta autem fame super terram , post lMa essendo venuta la fame in quel
eam sterilitàtem quae acciderat in diébus paese dopo la sterilità avvenuta nei giorni
Abraham, àbiit Isaac ad Abimelech regem d ’Abrahamo, Isacco se ne andò da Abime­
Palaestinórum in G eràra. 2Apparuitque ei lech re d e ’ Palestini in G erara. 2E il Si­
Dóminus, et ait : Ne descéndas in i£gy- gnore gli apparve, e disse : Non andare in

significa rosso. Egli fu chiam ato con tal nom e nulla di stra o rd in a rio fosse accaduto, se ne andò.
anche per il m otivo indicato al v ersetto 25. Col su o m odo di agire m ostra che non faceva g rtn
31-33. G iacobbe sa ap p ro fittare d e ll’occasione caso della p rim o g en itu ra. Più tardi p ensò poi
r e r so p p ian tare il fratello . P ro b ab ilm en te egli d iv ersam en te (XXVI1, 36). Ad Esau sono sim ili
conosceva già q u an to il Signore aveva rivelato a tutti i peccatori, che per un vile piacere p re sen te
R ebecca, e d ’altra p arte non è da s u p p o rre che rin u n zian o a Dio e a li’ete rn a felicità (C f. A lap.).
nella casa di Isacco non vi fosse nulla da m an­
giare. Se ad u n q u e Esau stim ò tan to poco la p ri­
C A PO XXVI.
m ogenitura da venderla a sì vii prezzo, G iacobbe
era nel su o pieno d iritto di co m p erarla (Cf. A s ­ 1. P e reg rinazioni di Isacco a G erara (1-35).
pide, h. 1.). La prim ogenitura im portava con sè D io gli rin n ova le p ro m e sse fatte ad A bram o
parecchi d iritti. C osì per esem p io il prim ogenito (1-6). Venuta la fa m e (Ved. n* XII, 10) in quel
aveva una sp ec ie di p rin cip ato su rutti gli altri p a e se , cioè nella terra di C hanaan, dove Isacco
fratelli, e su tu tta la famiglia (XXVII, 2 9 ; XXX11, era rito rn a to dopo aver dim orato a H ai-R o ’i (Ved.
1 e s s . ; XXXIII, 1 'e s s .) ; riceveva dal p ad re n . XXIV, 6 2 ; XXV, 11). D opo la sterilità , ecc.
m orente una sp eciale benedizione (XXVII, 4), che N e ll’e b ra ic o : oltre alla prim a fa m e ai venuta nei
nel caso era la benedizione p ro m essa da Dio alia giorni di Àbram o (Ved. X II, 10 e s s.). A bim elech.
posterità di À bram o. 11 prim ogenito in o ltre era Secondo gli uni (Alap , P e re r, H nberg, C ra n p o n )
dopo il diluvio il sac e rd o te della fam iglia (N um . si tra tte re b b e del figlio o su cc e sso re di q u e ll’Abi-
Ili, 12), e al tem po della legge riceveva alla m elech, che fece alleanza con À bram o (XX, 1
m orte del pad re, il d o ppio di q uel che ricev ev an o e s s.). Altri (H u m m elau er, H e tze n a u e r, ecc.) p e n ­
gli altri fratelli (D eut. XXI, 17) Ecco che io san o invece che si tra tti della ste s s a persona, o
m u oio. N on vuol già d ire : ecco che io m uoio p erch è riten g o n o con S a n t’Agostino che le cose
di fam e se non co m p ro a sì caro prezzo il tuo n arrate in q u e sto capo sian o avvenute prim a di
cibo, ma p iu tto sto ecco che com e cacciatore io quelle n a rra te su l fine del capo XXV, o perchè
mi trovo ogni giorno e sp o sto a pericolo di m orte, su p p o n g o n o che A bim elech e Phicol fossero gio­
o p p u re io m orirò p re sto , che m i gioverà la prim o- v anissim i, quando fecero alleanza con A bram o,
genitura? Egli p referisce quindi la soddisfazione così ch e, po terono fare poi una nuova alleanza
p resen te d ella su a gola, ai privilegi fu tu ri della con Isacco circa SO anni d opo. La qu estio n e non
prim ogenitu ra. Con ragione perciò S. Paolo (E br. può e sse re decisa per m ancanza di dati suffi­
XII, 16) lo chiam ò p ro fa n o , p erchè a sì vii prezzo cien ti. P a lesiin i, o Filistei, che si sten d ev an o p rin ­
vendette la p rim ogenitura e la benedizione m e s­ cip alm en te su lle coste del M editerraneo. Gerara
sianica, che vi era a n n essa. G iuram elo. G iacobbe (Ved. X, 19). A ndando a G e ra ra , Isacco aveva
piglia tutte le precauzioni per re n d e re irrevocabile intenzione di recarsi poi nelT E gitto, com e aveva
la cession e. fatto A bram o (XII, 10 e ss.).
34. C osi. E sau, dopo venduta la p rim o g en itu ra, 2-5. A p p a rve. E la prim a apparizione del S i­
ricevette da G iacobbe il pane e la m inestra di gnore ad Isacco n arrata nella Sacra S c rittu ra .
lentiaahie, e m angiò e b ev ette, e poi com e se L ’Egitto veniva chiam ato il granaio d 'O rie n te ,
158 G e n e s i , XXVI, 3-12

ptum, sed quiésce in terra, quam dixero Egitto, ma dimora nel paese, c h ’io ti dirò.
libi. 3Et peregrinare in ea, eróque tecum, 3E restavi pellegrino, e io sarò con te, e
et benedicam tibi : tibi enim et sémini tuo ti benedirò : perocché io darò a te e al
dabo univérsas regiónes has, complens ju- tuo sem e tutte queste regioni, adempiendo
raméntum quod spopóndi Abraham patri tuo. il giuramento che ho fatto ad Abrahamo
4Et multiplicabo semen tuum sicut stellas tuo padre. 4E moltiplicherò la tua stirpe
caeli : dabóque pósteris tuis univérsas re­ come le stelle del cielo : e darò ai tuoi
giónes has : et BENED1CÉNTUR in sé­ discendenti tutte queste regioni : e nel tuo
mine tuo omnes gentes terrae, 5Eo quod sem e SARANNO BENEDETTE tutte le
obedierit Abraham voci meae, et custodierit nazioni della terra, sperchè Abrahamo ob­
praecépta et mandata mea, et caeremónias bedì alla mia voce, e osservò i miei pre­
legésque servaverit. 6Mansit itaque Isaac in cetti e i miei comandamenti, e mantenne
G eràris. le cerimonie e le leggi. Msacco adunque
si fermò in G erara.
:Qui cum interrogarétur a viris loci il- 7E gli uomini del paese avendolo interro­
lius super uxóre sua, respóndit : Soror mea gato intorno alla sua moglie, rispose : Essa
est. Tim uerat enim confitéri quod sibi esset è mia sorella : perocché ebbe paura di con­
sodata conjugio, réputans ne forte inter- fessare, che con essa era unito in m atri­
ficerent eum propter illius pulchritudinem. monio, sospettando che forse presi dalla
fiCumque pertransissent dies plurimi, et ibi­ bellezza di lei non lo uccidessero. 8E pas­
dem m orarétur, prospiciens Abimelech rex sato un lungo tempo, e abitando egli nel
Palaestinórum per fenéstram, vidit eum medesimo luogo, Abimelech re dei Pale-
jocàntem cum Rebécca uxóre sua. 9Et ac- stini riguardando per una finestra, lo vide
cersito eo, ait : Perspicuum est quod uxor scherzare con Rebecca sua moglie. *E fat­
tua sit : cur mentitus es earn sorórem tuam tolo venir a sè, gli disse : È fuor di dubbio,
e ss e ? R espóndit: Timui ne m órerer pro­ che essa è tua moglie : per qual motivo
pter earn. 10Dixitque Abimelech : Quare hai tu affermato, che è tua so rella? Ri­
imposuisti nobis? Pótuit coire quispiam de spose : Ebbi timore di essere ucciso a
pópulo cum uxóre tua, et indtìxeras super causa di lei. l0E Abimelech disse : Perchè
nos grande peccätum. Praecepitque omni ci hai tu ingannati? qualcuno avrebbe po­
pópulo, dicens : n Qui tetigerit hóminis tuto fare oltraggio alla tua donna, e tu ci
hujus uxórem, morte moriétur. avresti tirato addosso un gran peccato. E
fece intim are a tutto il popolo questo pre­
cetto : n Chi toccherà la moglie di que­
s t ’uomo, sarà punito di morte.
12Sevit autem Isaac in terra illa, et in- 12Isacco poi seminò in quel paese, e in
vénit in ipso anno céntuplum : benedixitque quell’anno trovò il centuplo : e il Signore

3 S up . XII, l et XV, 18. 4 S u p . X II, 3 et XVIII, 18 et XXII, 18; Inf. XXVIII, 14.

anche quando la P alestin a e i paesi vicini erano 20), il quale, così parlando, può essere giustificalo,
desolati dalla fame ; si co m prende quindi perchè come lo fu A bram o in una circostanza analoga
Isacco volesse recarv isi. N on andare, ecc. Il (Ved. n. XII, 13). La parola sorella in ebraico può
Signore vuol p rovare la fede di Isacco ed ecci­ indicare q ualsiasi prossim a p arente. Scherzava
tarlo a porre in Dio tu tta la su a sp eran z a . R esta vi (C f. XXI, 9) con quella fam igliarità che non
pellegrino (XII, 10). Sarò con te per guidarti e avrebbe usata con una donna, che non fosse stata
aiutarti. Ti benedirò (XII, 3). A te ... darò, ecc. sua m oglie. H ai tu afferm ato. Tale è il sen so
(X1!I, 15). 7/ g iu ra m en to , ecc. (XXII, 15 e ss.). d ell’ebraico. Perchè ci hai tu ingannati? e b ra ic o :
M oltiplicherò , ecc. (XV, 5 e s s . ; XVII, 2 e s s.). C he cosa ci hai fatto ? Isacco aveva già d u e figli
Tutte q u este regioni (XV, 18). Saranno ben e­ di circa 40 anni, ma probabilm ente egli li aveva
dette, ecc. (XII, 3 ; XVIII, 18). Perchè À b ra m o , fram m ischiati ai servi in modo che non fossero
ecc. P e r anim are Isacco a obbedire. Dio gli m ette riconosciuti com e figli di R ebecca. A bim elech, r i­
s o tt’occhio l ’obbedienza di À bramo (XXII, 15-18). cordandosi d e ll’arte usata da Àbram o p e r nascon­
O sse rv ò ... m antenne (Ved. XVII1, 19). dere la verità delle cose, si insospettì, e quindi
6-11. Rebecca e A bim elech. 11 fatto qui n a r­ sp iò bene per venire in c hiaro di tutto. Il suo
rato ha una certa rassom iglianza con quello rife ­ risen tim en to e l’ordine sev e ro em anato {Chi toc­
rito al capo XX, le p erso n e p erò , il tem po, e ch erà, ecc.) trovano la loro spiegazione naturale
parecchie circostanze sono al tu tto d iv erse, e in quanto è n arrato al capo XX, 3 e s s . C hi toc­
quindi va rigettata la sen ten za di alcuni raziona­ cherà, eb r. C hi toccherà q u e st'u o m o o la sua
listi (D illm ann, G u n k el, H olzingcr, ecc.), i quali m oglie, sarà, ecc.
ritengono che le tre narrazioni (XII, 10 e s s ; XX, 12-17. Ricchezza di Isacco e gelosia dei Fi­
1 e s s. ; XXVI, 6 e 6S.) non sian o che tre va­ listei (12-22). S e m in ò , ecc. Anche G iacobbe col­
rianti di uno ste sso fatto . E mia sorella, in 6enso tivava un cam po (XXX, 7). Trovò il centuplo.
largo. Rebecca infatti era cugina di Isacco (XXII. U na m esse così abbondante in un tem po di fame
G e n e s i , XXVI, 13-25 159

ei Dóminus. u Et locupletätus est homo, 10 benedisse. 13Ed egli diventò ricco, e an­
ei ibat proficiens atque succréscens, donec dava crescendo di bene in meglio, finché
magnus vehem énter efféctus est : 14Häbuit divenne som mam ente grande : fu anche
quoque possessiónes óvium et arm entórum , padrone di pecore e di arm enti, e di num e­
et familiae plùrimum. Ob hoc invidéntes rosa servitù. Perciò i Palestini ne ebbero
ei Palaestini, 15Om nes puteos, quos fóde- invidia, 15 e turarono in quel tempo tutti i
rant servi patris illius Abraham, ilio tèm­ pozzi, che i servi del suo padre Abrahamo
pore obstruxérunt, im pléntes humo : 16In avevano scavati, e li em pirono di terra ;
tantum, ut ipse Abimelech diceret ad Isaac : 16tanto che Io stesso Abimelech disse ad
Recède a nobis, quóniam poténtior nobis Isacco : Partiti da noi, perchè sei diventato
factus es valde. 17Et ille discédens, ut ve- molto più potente di noi. 17Ed egli si partì
niret ad torréntem G erarae, habitarétque per andare verso il torrente di G erara, e ivi
ibi : abitare :
18Rursum fodit älios püteos, quos fòde- 18E vuotò di nuovo quegli altri pozzi che
rant servi patris sui Abraham, et quos, ilio i servi del 6 U o padre Abrahamo avevano
mórtuo, olim obstrtìxerant Philisthiim : ap- scavato, e che i Filistei dopo la morte di lui
pellavitque eos eisdem nominibus quibus già da tempo avevano turati, e pose loro
ante pater vocaverat. 19Foderuntque in Tor­ gli stessi nomi che avevano già avuti dal
rènte, et reperérunt aquam vivam. 20Sed et padre. 19E scavarono nel torrente e trova­
ibi jurgium fuit pastórum G erarae advérsus rono d ell’acqua viva. 20Ma anche ivi i
pastóres Isaac, dicéntium : Nostra est aqua. pastori di G erara contesero coi pastori di
Quam ob rem nomen ptìtei, ex eo quod acci- Isacco, dicendo : L ’acqua è nostra : perciò
derat, vocävit Calùm niam . 21Fodérunt au- da quello che era avvenuto chiamò quel
tem et alium : et prò ilio quoque rixäti sunt, pozzo Calunnia. 21Poi scavarono ancora un
appellavitque eum , Inimicitias. 22Proféctu 5 altro pozzo : e anche per quello vi ebbe
inde fodit alium ptìteum, prò quo non ccn- rissa, e lo chiamò Inimicizia. 22E partitosi
tendérunt : itaque vocävit nomen ejus, La- di là scavò un altro pozzo, per il quale non
titüdo, dicens : Nunc dilatàvit nos Dóminus, vi fu contrasto : e perciò lo chiamò Lar­
et fecit créscere super terram . ghezza, dicendo : Adesso il Signore ci ha
m essi ni largo, e ci ha fatti crescere sopra
la terra.
23Ascendit autem ex illo loco in Bersa- 23E da quel luogo salì a Bersabee, 24dove
bee, 24Ubi appäruit ei Dominus in ipsa 11 Signore gli apparve la stessa notte, di­
nocte, dicens : Ego sum Deus Abraham cendo : Io sono il Dio di Abrahamo tuo
patris t u i ; noli tim ere, quia ego tecum padre : non tem ere, perocché io sono con
sum : benedicam tibi, et multiplicäbo se­ te : ti benedirò, e m oltiplicherò la tua
men tuum propter servum meum Abraham. stirpe per amore di Abrahamo mio servo.
25Itaque aedificävit ibi altäre, et invocäto 25Egli adunque edificò in quel luogo un
nömir>e Domini, extendit tabernäculum : altare, e invocato il nome del Signore, tese
praecepitque servis suis ut föderent pü- la sua tenda : e ordinò ai suoi servi che
teum. scavassero un pozzo.

fu l’effetto di una sp eciale benedizione di D io, n o m i, ecc., m osso da affetto e venerazione verso
come indica il testo (lo b e n e d isse ) . — Fu anche il p a d re . A cqua vive di s o rg e n te, e non già s e m ­
p a drone , ecc. (Cf. XX, 14). I Filistei e b b ero In­ plice acqua dovuta a infiltrazioni. C alunnia. L ’e ­
vidia delle su e ricchezze, e p e r co strin g erlo ad braico ‘ eseq tra d o tto dai LXX ingiustizia significa
a ndare via, tu ra ro n o con te rra tu tti i pozzi, che p iu tto sto rissa, o c ontesa. Infatti n e ll’ebraico e
i servi di À bram o avevano scavati in quella r e ­ nel greco si aggiunge : perocché e ssi avevano
gione, il ch e veniva a re c are g rav issim o danno co n teso con lui. — Inim icizia. L ’ebraico sitnah
ad un uom o com e Isacco, la cui ricchezza c o n si­ significa a p p u n to inim icizia. T ale è stata tutta la
steva p rincip alm en te nelle greggi e negli arm en ti. v en d etta che l ’anim a san ta di Isacco p re se dei suoi
Di più A bim elech gli intim a e sp re ssa m e n te di n em ici. P a rtitosi di lày e qu in d i allontanandosi
partire d a l te rrito rio dei Filistei. S ì partì dai p re ssi s e m p re p iù dal territo rio di G e rara, scavò un
della città, e andò verso il torrente di G erara, o altro pozzo, p e r il qu ale non ebbe più a su b ire
m eglio seco n d o l ’ eb raico , nella valle di Gerara c o n tra sti. L a rghezza, ebr. rehobóth. Q uesto pozzo
(oggi ouadi Djerar) a S . E. della città. Nel fondo era pro b ab ilm ente situ a to n e ll’ouadi R uhaibeh a
di e ssa sco rre un to rren te, che d ’estate è g en e­ otto ore di m arcia al S . O. di B ersabea.
ralm en te asciu tto , ma nel cui letto , facendo esca- 23-25. Dio rinnova la su a benedizione a Isacco
vazioni, si rin v ien e d ell’acqua. (Cf. v. 2 e s s.). Bersabea (Ved. n. XXI, 31), dove
18-22. Isacco fa scav are varii pozzi. P iu tto sto À bram o vi aveva fatto lunga dim ora. S o n o con
che scavare nuovi pozzi, Isacco fece vuotare quelli te , ecc. (Ved. w . 3 e s s .). A braham o mio servo.
fatti scav are d a A bram o, sia p erch è era sicu ro di À bram o è il prim o, a cui nella S c rittu ra viene
trovar acqua, e sia per non eccitare m aggiorm ente dato il titolo di serv o di D io, col quale si m ette
l’invidia di quei di G e rara. P ose loro gli s tessi in bella luce la su a pietà verso il S ignore. D io
160 G e n e s i , XXVI, 26-35

26Ad quem locum cum vemssent de Ge- 260 ra Abimelech, e Ochazath suo amico,
raris Abimelech, et Ochozath amicus illius, e Phicol capo delle milizie, essendo ve­
et Phicol dux militum, 27Locutus est eis nuti da G erara in quel luogo, 27Isacco disse
Isaac : Quid venistis ad me, hoininem quem loro : Perchè siete venuti da me, da un
odistis, et expultstis a vobis? 2®Qui respon- uomo che avete odiato e scacciato da presso
derunt : Vidimus tecum esse Dominum, et di voi ? 28Essi risposero : Abbiamo veduto,
idcirco nos diximus : Sit juramentum inter che il Signore è con te, e perciò abbiamo
nos, et ineamus foedus, 29Ut non facias detto : Siavi un giuramento tra noi, e fac­
nobis quidquam mali, sicut et nos nihil tuo- ciamo alleanza, 29di modo che tu non faccia
rum attigimus, nec fecimus quod te laederet alcun male a noi, come noi pure abbiamo
sed cum pace dimisimus auctum benedi- toccato nulla di quel che è tuo, nè abbiamo
ctione Domini. 30Fecit ergo eis oonvivium, fatto cosa in tuo danno : ma ti abbiam la­
et post cibum et potum 31Surgentes mane, sciato partire in pace ricco della benedizione
juraverunt sibi mutuo : dim isttque eos Isaac del Signore. 30Egli adunque fece loro un
pacifice in locum suum . convito, e dopo che ebbero mangiato e
bevuto, 31levatisi la mattina, fecero scam­
bievole giuramento, e Isaoco li lasciò an­
dare in pace a casa loro.
32Ecce auteni venérunt in ipso die servi 320 ra lo sèesso giorno arrivarono i servi
Isaac, annuntiântes ei de püteo quem fédé­ d ’Isacco, portandogli nuove del pozzo sca­
rant, atque dicéntes : Invénimus aquam. vato, e dicendo : Abbiamo trovato acqua.
33Unde appellâvit eum, Abunddntiam : et 33Per la qual cosa lo chiamò Abbondanza :
nomen urbi impôsitum est Bersabée, usque e alla città fu posto il nome di Bersabee,
in praeséntcm diem. fino ad oggi.
34Esau vero quadragenârius duxit uxôres, x 34Ma Esau in età di q u arantan n i prese
Judith filiam Beéri Hethaéi, et Bâsemath per mogli, Judith figlia di Beeri Hetheo, e
ftliam Elon ejüsdem loci : 35Quae ambae of- Basemath figlia di Elon dello stesso paese :
fénderant ânimum Isaac et Rebéccae. 35le quali ambedue avevano disgustato l ’a­
nimo di Isacco e di Rebecca.

35 Inf. XXVII, 46.

chiam andosi Dio di À b ra m o , m ostra l’am ore che erano venuti per fa re amicizia, dim entica ancor
nutre per il san to p atriarca. Edificò un altare. egli le ingiurie ricevute, e p rep ara loro un convito,
com e già aveva fatto À bram o in quegli s tessi e co n tratta l’alleanza, li accom iata in pace.
luoghi (XXI, 33). 32-33. D opo fatta l ’alleanza i servi d i Isacco
26-27. Alleanza tra Isacco e A bim elech (26- m andati a scavare un pozzo (v. 25), vennero ad
32). A bim elech e Phicol (Ved. n. 1). O chozath annunziare che avevano trovato acqua. (La lezione
suo am ico, o su o consigliere intim o (11 Re, XV, dei LXX, non abbiamo trovato acqua, va rigettata).
37 ; 11 Re, IV, 5). Perchè siete v e n u ti, ecc. Isacco A bbondanza. L ’ebraico S c ib ’ah significa giuram ento
si m eraviglia di una tale visita dopo q u an to era (Ved. n. XXI, 31). Isacco gli diede tal nom e sia
avvenuto, e quindi chiede loro perchè sian o ve­ p erchè ornai quel pozzo era difeso da un giura-
nuti da lui. Avete odiato si riferisce a tutti quei m ento co n tro la violenza dei Filistei, e sia in
di G erara : avete scacciato si riferisce in modo ricordo di À bram o (18; XXI, 31). Isacco chiam ò
speciale ad A bimelech (14-16). ancora, p e r gli stessi motivi, quella località col
28-31. Abbiamo v ed u to , ecc. La risp o sta è nom e di B ersabee. N ell’ebraico si legge : perciò
sim ile a quella data ad Àbramo (XXI, 22). B enché la città si chiama B ersabee fino ad oggi.
i Filistei non ad o rassero il Dio di Isacco, tuttavia 34-35. Esau sposa due C hananee. In età di
avevano potuto vedere ch e il santo patriarca go­ q u a ra n ta n n i. Isacco ne aveva allora 100 (XXV,
deva di una speciale protezione del cielo, e quindi 26). Dello stesso p a e se , cioè H elh eo , com e si
desiderano di vivere in amicizia con lui, e p ro ­ legge n e ll’ebraico. R iguardo alle due mogli di
pongono di strin g ere u n ’alleanza conferm ata da Esau vedi XXXVI, 2. Intorno agli H ethei Cf. X,
un solenn e giuram ento. Abbiamo toccato nulla... 15; XXI1, 2. A m b e d u e , ecc. E ntram be a p p a rte ­
non abbiamo fa tto . Anche qui (Cf. XXI, 26). nevano alla razza C hananea, che per la sua ido­
Abimelech 6imula di non conoscere le ingiurie latria e i suoi vizi era stata rigettata da Dio. La
fatte a Isacco da quei di G erara, e allude solo loro cattiva condotta e le loro pratiche .idolatre
a quel chc avvenne in sua presenza [ti abbiamo afflissero profondam ente l ’anim o di Isacco e di
lasciato partire, ecc.). L’ebraico va tradotto : che Rebecca.
tu nnn ci farai alcun m ale, com e anche noi non Anche da ciò ap p arisce quanto Esau fosse in ­
ti abbiamo toccato, e non ti abbiam o fatto che del degno della benedizione e delle prom esse m essia­
bene, e ti abbiamo lasciato partire in pace. Tu ora niche (Cf. XXIV, 3 e s s.).
sei benedetto dal Signore. Isacco vedendo che
G e n e s i , XXVII, 1-10 161

C A P O XXVII.

Giacobbe ottiene di sorpresa la benedizione del padre, 1 -2 9 . — Benedizione di


Esau, 30-40. — Giacobbe mandato in Mesopotamia, 4 1-4 6 .

*Sénuit autem Isaac, et caligavérunt óculi \Ma Isacco era invecchiato, e la vista gli
ejus, et vidére non póterat : vocavitque Esau si era indebolita, sì che non poteva ve­
filium suum majórem, et dixit ei : Fili mi. dere : e chiamò il suo figlio maggiore Esau,
Qui respóndit : Adsum. 2Cui pater : Vides, e gli d is s e : Figliuol m io ? Ed egli ri­
inquit, quod senùerim , et ignórem diem spose : Eccomi. 2E il padre gli disse : Tu
m ortis meae. 3Sume arm a tua, pharetram , et vedi, c h ’io sono invecchiato, e non so il
arcum , et egrédere foras : cumque venàtu giorno della m ia m orte. 3Prendi le tue
aliquid apprehénderis, 4Fac mihi inde pul- arm i, il turcasso, e l ’arco, e va fuori : e
m éntum , sicut velie me nosti, et affer ut quando avrai preso qualche cosa alla caccia,
cómedam : et benedíeat tibi ánima mea án- Vammene una pietanza come sai, che mi
tequam m óriar. piace, e portamela, affinchè io la mangi :
e l ’anim a mia ti benedica prima che io
muoia.
‘Quod cum audísset Rebécca, et ille abiís- 5Rebecca udì queste parole, ed essendo
set in agrum ut jussiónem patris im pléret, Esau andato alla campagna per fare il co­
6Dixit filio suo Jacob : Audívi patrem tuum mando del padre, 6ella disse a Giacobbe
loquéntem cum Esau fratre tuo, et dicén- suo figliuolo : Ho sentito tuo padre par­
tem ei : 7Affer mihi de venatióne tua, et lare con Esau tuo fratello, e dirgli : t o r ­
fac cibos ut cómedam, et benedícam tibi tami della tua cacciagione, e fammi una
coram Dómino ántequam m óriar. 8Nunc pietanza, affinchè io la mangi, e ti bene­
ergo, fili mi, acquiésce consíliis m eis : 9Et dica dinanzi al Signore prima di m orire.
pergens ad gregem, affer mihi dúos hoedos 8Ora dunque, figliuol mio, attienti al mio
óptimos, ut fáciam ex eis escás patri tuo, consiglio : 9e va alla greggia, e portami i
quibus libénter véscitur : 10Quas cum intú- due migliori capretti, affinchè io faccia pel
leris, et coméderit, benedíeat tibi priúsquam tuo padre quelle pietanze, di cui si ciba
m oriátur. con piacere : 10e quando tu gliele avrai
portate, ed egli le avrà mangiate, ti bene­
dica prima di m orire.

al m om ento del m atrim onio di E sau, si conchiude


C A PO XXVII. ch e egli ricev ette la benedizione di Isacco 37 anni
d o p o , q u an d o cioè Isacco aveva 137 anni. La
1. G iacobbe o ttiene per s o rp re sa la b e n ed i­ v ista ... no n poteva vedere. Egli considerava tale
zione del p ad re (1-29), e così E sau ch e aveva cecità com e effetto della vecchiaia e sintom o di
v enduto il d iritto d i p rim o g en itu ra, e coi su o i raa- p ro ssim a m o rte. Dio aveva così d isp o sto per i
trim onii aveva co n tristato Isacco e R ebecca, viene su o i altissim i fini relativi alla benedizione m e ssia ­
elim inato dalla s tirp e eletta ere d e delle p ro m e sse . nica, e p e r darci un esem pio di pazienza.
Era invecchiato. Egli aveva allora 137 an n i, e 2-4. I l tu rca sso , o la faretra colle s a e tte . La
benché si c re d e sse vicino a m orire, tuttavia cam pò parola ebraica theli non è u sata altrove, e benché
ancora p e r altri 43 anni (XXXV, 28). La cro n o ­ da O nkclos e dal siriaco sia stata trad o tta spada,
logia della sua vita si può stab ilire con p recisio n e. i m igliori e b raicisti riten g o n o che sia da prefe
A 60 anni g en erò E sau e G iacobbe (XXV, 26), e rirsi la trad u zione faretra dei LXX, e Volgata.
al m om ento in cui Esau c o n tra sse m atrim onio Q uando avrai p reso , e cc ., e b r. p ren d im i qualche
egli contava 100 anni (XXVI, 34). La su a età al cacciagione, e p reparam i, ecc. 11 giorno della b e­
m om ento d ella benedizione ci vien data dai cal­ nedizione era una festa solenne, e Isacco voleva
coli seg u en ti : G iu sep p e nacque l ’anno 14 dacché che fo sse ralleg rata da un lauto convito. Ti b e n e ­
G iacobbe serviva a Laban (XXX, 25), e contava dica. Isacco voleva benedire E sau, poiché la p ro ­
30 anni qu an d o fu fatto viceré di Egitto (XLI, 4G). m essa divina (XXV, 23) non gli aveva tolta la
P a ssa ti s e tte anni di abbondanza e due di fam e p rim o g en itu ra, e d ’ altra p arte egli Isacco non
(XLI, 4 7 ; XLV, 6), q u an d o G iu sep p e aveva quindi aveva ap p ro v ata la vendita fatta a G iacobbe (XXV,
circa 40. anni, G iacobbe andò in E gitto. O ra G ia­ 33). C om e è chiaro si tratta di quella benedizione
cobbe aveva allora 130 anni (XLVII, 9). Da ciò so len n e che doveva c o stitu ire l’erede delle divine
si deduce c h e G iacobbe doveva avere 91 anno p ro m e sse .
alla nascita di G iu se p p e e 77 q u an d o si m ise a 5-10. Udì q u e ste parole, ebr. Rebccca stava ad
servizio di L aban. Siccom e poi egli aveva 40 anni ascoltare, m entre Isacco parlava ad Esan. Isacco

11 — Sacra B ib b ia , vol. III.


162 G e n e s i , XXVII, 11-21

n Cui ille respóndit : Nosti quod Esau fra- “ Egli le rispose : Tu sai che Esau mio
ter m eus homo pilósus sit, et ego lenis : fratello è peloso, ed io senza peli : 12se
12Si attrectaverit me pater meus, et sénse- mio padre viene a tastarm i, e mi rico­
rit, timeo ne putet me sibi voluisse illudere, nosce, temo che pensi che io abbia voluto
et inducam super me maledictiónem pro burlarlo, e così io mi tiri addosso la male­
benedictióne. ,3Ad quem mater : In me sit, dizione invece della benedizione. 13La ma­
ait, ista maledictio, fili mi : tantum audi dre gli disse : Figliuol mio, sia sopra di
vocem meam, et pergens affer quae dixi. me questa maledizione, ascolta solamente
la mia voce, e va, e porta quello che ho
detto.
14Abiit, et áttulit, dedítque matri. Parávit 14Egli andò, e portò (i capretti) e li diede
illa cibos, sicut velle nóverat patrem illius. alla madre. Ella preparò le pietanze, comc
lsEt véstibus Esau valde bonis, quas apud sapeva essere di gusto del padre di lui. 15E
se habébat domi, índuit eum : 16Pellicu- fece indossare a Giacobbe le migliori ve­
lásque hoedórum circúmdedit mánibus, et stimenta di Esau. che essa teneva presso di
colli nuda protéxit. ,7Dedítque pulméntum, sè in casa ; e gli ravvolse le mani colle pelli
et panes, quos cóxerat, trádidit. 18Quibus dei capretti, e ne ricopri la parte nuda del
illátis, dixit : Pater mi. At ille respóndit : collo. 17E gli diede le pietanze e i pani,
Audio. Quis es tu, fili m i? 1#Dixítque Ja­ che ella aveva fatto cuocere. 18Giacobbe,
cob : Ego sum primogénitos tuus Esau : feci avendo portato ogni cosa a Isacco, gli
sicut praecepísti mihi : surge, sede, et có- disse : Padre m io? Ed egli rispose :
mede de venatióne mea, ut benedícat mihi Ascolto. Chi sei tu, figliuol m io ? 19E Gia­
ánima tua. cobbe disse : Io sono il tuo primogenito
Esau : ho fatto quel che mi hai comandato :
alzati, siedi, e mangia della mia caccia­
gione, affinchè l ’anima tua mi benedica.
20Rursúmque Isaac ad fílium suum : Quó- 20E Isacco disse ancora al suo figlio :
modo, inquit, tam cito inveníre potuísti, fili Come, figliuol mio, hai potuto trovare così
mi ? Qui respóndit : Voluntas Dei fuit ut presto ? Egli rispose : Fu volere di Dio,
cito occúrreret mihi quod volébam. 21Dixít- c h ’io m ’imbattessi subito in quello che
que Isaac : Accède hue, ut tangam te, fili bramava : 21E Isacco disse : Appressati qua.

aveva le su e preferenze per E sau , m entre R e­ probabilm ente delle capre re re d ’O riente, i cui
becca prediligeva G iacobbe (XXV, 27-28). Dinanzi peli neri e vellutati hanno grande rassom iglianza
al S ig n o re, cioè alia presenza di Dio e colla sua coi cap elli um ani. I Romani se ne servivano per
invocazione. Isacco credeva alla presenza di Dio. dissim u lare la calvizie (M artiale, X II, 46).
I due migliori capretti. E ssa voleva scegliere le 18-24. A sco lto , ebr. eccom i. — Son o il tuo
p a n i più tenere per p rep arare il piatto d esid erato . p rim o g en ito , ecc. a Ecco in poche parole quello
È da am m irarsi la prontezza e l'abilità con cui che può serv ire a giudicare di qu esto fatto. In
Rebecca sa usare a suo vantaggio di tutte le cir­ prim o luogo. Lp m enzogna è sem p re illecita, ed
costanze. è s em p re di natura sua peccato, com e egregia
11-12. G iacobbe muove una difficoltà, egli tem e m ente dim ostra S a n t’A gostino In secondo luogo.
che il padre cieco, conosciuta la cosa, venga a Giacobbe m entì e colle parole e coi fatti ; perchè
c red ersi b u rlato , e scagli sopra di lui la sua m ale­ e colle parole e coi fatti procurò e ottenne di farsi
dizione. c red ere E sau. In terzo luogo. La ragione del m i­
stero riconosciuto da tutta la C hiesa in q u e sto
13. Rebccca gli fa anim o, offrendosi essa stessa
avvenim ento non scusa la bugia di G iacobbe; im ­
di portarn e tutte le conseguenze. Essa era sicura
perocché, q uantunque Dio e lo Spirito S anto
che il d iseg n o escogitato sareb b e riu scito com ­
siasi servito d e ll’inganno fatto al P atriarca per
pletam ente.
adom brare e predire un grandissim o arcano, l ’in ­
14-17. G iacobbe fa quello che Rebecca gli ganno e la falsità di G iacobbe non cangiano perciò
aveva d e tto . Le m igliori vestim en ta , ossia le v esti­ di natu ra, com e da tanti altri fatti ap p arisce, ne'
m enta preziose, giacché si trattava di com piere un quali ih m istero per essi significato non toglie la
aito religioso. E sse ap p arten ev an o ad E sau, e il c o lp a ; così l ’incesto di T ham ar, ecc. In quarto
loro odore, com e di un cam po b en ed etto da] S i­ luogo. P o sto però che G iacobbe, uom o sem plice
gnore (27). doveva co n trib u ire a ingannare Isacco. e sch ietto , non fa altro che obbedire alla m adre,
P u ò e ssere che le vestim enta di G iacobbe av es­ p ersu aso che secondo il volere di Dio i diritti di
sero l’odore come di un gregge. prim ogenito a lui a p p artengono e che so p ra di
U na tradizione giudaica dice che si trattava questi aveva egli acquistata nuova ragione colla
delle vesti sacerdotali, custodite di padre in figlio rinunzia e la vendita fattane a lui dal frate llo ;
nella tenda dei patriarchi, le quali venivano u sate mi sem b ra perciò potersi dire non solam ente che
dai prim ogeniti, qup.ndo com e capi d ella famiglia l’inganno usato da G iacobbe, non e ssendo nè
com pivano le funzioni di sacerdoti e offrivano dannoso i:è ingiurioso ad alcuno, potè e sse re colpa
sacrifizi. Non sap p iam o però che valore abbia m eram ente leggera ; ma ancora, che poste le c ir­
tale tradizione. Colle p elli dei capretti. Si tratta costanze già dette, potè ed egli e Rebecca c re d er
G e n e s i , XXVll, 22-31 163

mi, et probem utrum tu sis filius m eus figliuol mio, acciocché io ti tocchi, e rico­
Esau, an non. 22Accessit ille ad patrem, nosca, se tu sei, o no, il mio figliuolo Esau.
et palpato eo, dixit Isaac : Vox quidem, vox 22Egli si appressò al padre, e quando l ’ebbe
Jacob e s t : sed manus, manus sunt Esau. palpato, Isacco disse : La voce veram ente
è la voce di Giacobbe : ma le mani sono
quelle di Esau.
23Et non cognovit eum , quia pilósae ma­ 23E non lo riconobbe perchè le mani
nus similitúdinem majóris exprésserant. Be- pelose erano simili a quelle del maggiore.
nedicens ergo illi, 24Ait : Tu es filius m eus Benedicendolo adunque, 24disse : Tu sei il
E sau ? Respóndit, Ego sum. 25At ille : Affer mio figliuolo Esau ? Rispose : Sì io lo sono.
m ihi, inquit, cibos de venatióne tua, fili 25Ed egli : Dammi, disse, figliuol mio, le
mi, ut benedicat tibi ánima mea. Quos cum pietanze della tua cacciagione, affinchè
oblàtos comedisset, óbtulit ei étiam vinum : l ’anima mia ti benedica. Giacobbe gliele
quo hausto, 26Dixit ad eum : Accède ad me, portò e dopo che ebbe mangiato, gli pre­
et da mihi ósculum, fili mi. sentò anche del vino, e bevuto che l ’ebbe,
26Isacco, gli disse : Accostati a m e, figliuol
mio, e dammi un bacio.
27Accéssit, et osculatus est eum . Statim- 27Egli si appressò, e lo baciò. E subito
que ut sensit vestim entórum illius fragran- che egli sentì la fragranza delle sue vesti-
tiam, benedicens illi, ait : Ecce odor fili! menta, disse benedicendolo : Ecco l ’odore
mei sicut odor agri pieni, cui benedixit Do­ del mio figliuolo è come l ’odore d ’un campo
minus. 28Det tibi Deus de rore caeli, e t de fiorito che il Signore ha benedetto. 28Iddio
pinguèdine terrae, abundäntiam frum énti et ti doni della rugiada del cielo, e della pin­
vini. 29Et sérviant tibi pópuli, et adórent te guedine della terra, e abbondanza di fru­
tribus : esto dóminus fratrum tuórum, et mento e di vino. 29Ti sieno servi i popoli,
incurvéntur ante te filii m atris tuae : qui e ti adorino le tribù : sii il signore dei tuoi
maledixerit tibi, sit ille m aledictus ; et qui fratelli, e s ’inchinino dinanzi a te i figliuoli
benedixerit tibi, benedictiónibus repleatur. di tua madre : chi ti maledirà, sia egli ma­
ledetto : e chi ti benedirà, sia ricolmo di
benedizioni.
30Vix Isaac serm ónem im pléverat : et 30Isacco aveva appena finite queste pa­
egrèsso Jacob foras, venit Esau, 31Coctósque role : e Giacobbe se n ’era andato, quando
de venatióne cibos intulit patri, dicens : arrivò Esau, 31e portò al padre le pietanze

lecita la m enzogna e l ’inganno come u sato so ltan to la fertilità della te rra , e abbondanza di vino e
a vendicare quello che era già suo. Se tanti gran- di fru m en to , che so n o i frutti principali d ell’ag ri­
d ’uom ini, celeb ri p e r virtù e per d o ttrin a nella co ltu ra. In P alestin a le pioggie non cadono che
C hiesa c ristian a, h an n o potu to cre d ere ese n te da nei m esi di o ttobre e di aprile, e perciò negli in ­
colpa e G iacobbe e R ebecca, sem b ra p o tersi dire tervalli so n o n e ce ssa rie abbondanti rugiade acciò
che m olto più potè l ’uno e l’altra c re d ere, benché i sem in ati p o ssan o c rescere e m a tu ra re . La r u ­
e rroneam en te, lecifo quello che l’una consigliò e giada viene quindi considerata com e una b e n ed i­
l’altro eseguì » M artini. zione di Dio (D eut. XXIII, 13; O s. XIV, 6 ; Zac.
Alzati, ecc. Isacco era p ro b ab ilm en te steso sul V ili, 12). N ella seconda parte (29a) si augura a
suo letto. Fu volere di D io , ecc., e b r. il Sig n o re G iacobbe, o m eglio ai suoi discen d en ti, la so v ra ­
Dio tuo m i ha fa tto im battere in esso . G iacobbe nità su g li altri popoli, il che com inciò a verificarsi
m entisce e vuole far Dio com plice del su o in ­ con D avide e Salom one ed ebbe il su o c o m p i­
ganno. A p p re ssa ti, ecc. Isacco non p o ten d o g iu ­ m ento nel M essia (Is. LX, 5 ; Rom. XI, 25). S e lla
dicare colla vista, e parendogli di in ten d ere la terza parte (29b), si dà a G iacobbe la prem inenza
voce di G iacobbe, rico rre a un altro mezzo per su lle tribù pro v en ien ti da Esau (C f. XXV, 22).
a ccertarsen e. S e lla quarta parte (29c) si annunzia che G ia ­
26-29. D am m i un bacio in seg n o del tuo am ore co b b e, com e già A bram o (Ved. n. XII, 3). sarà
figliale. S e n tì la fragranza delle su e v e s tim e n ta , per gli altri una fonte di benedizione o di m ale­
dovuta fo rse alle piante arom atiche dei cam p i, e dizione a seconda d e ll’attitudine che p ren d eran n o
alla selvaggina, Altri pen san o che tale fragranza v erso di lui, o m eglio verso del M essia, che da
pro v en isse dal fatto che le dette v estim en ta veni­ lui nascerà. Le ultim e parole del versetto 29
vano custo d ite in casse piene di odori (C ant. IV, vanno trad o tte secondo l'eb raic o : coloro che ti
11). C hecch é sia di ciò, Isacco eccitato dal soave m aledicono (ciascuno di essi, ch iu n q u e sia) sia
odore, com incia a parag o n are il figlio a un cam po m aledetto e coloro che ti benedicono (ciascuno di
(fiorito =s p ie n i m anca n e ll’ebraico). Che il Signore essi, ecc.) sia benedetto.
ha benedetto . Q u esta benedizione c o n siste nelle 30-33. Arrivo di Esau dalla caccia. Isacco era
erbe, nei fiori e nei frutti (I, 11). Ti d o n i, ecc. p e rsu aso di aver già ben ed etto E sau, e quindi,
La benedizione di Isacco è scritta in versi col al sen tire ora la su a voce, lo interroga pieno di
debito ritm o e il debito parallelism o e può divi­ m eraviglia e di s tu p o re . In o rrid ì,... stu p efa tto .
dersi in q u a ttro p arti. S e lla prim a parte (v. 2S), S a n t’A gostino, S . G irolam o, ecc., riten g o n o con
Isacco dom anda p er G iacobbe la ru g iad a del cielo, ragione che in qu esto m om ento Dio abbia mani-
164 G e n e s i . XXVII, 32-40

surge, pater mi, et cómede de venagióne filii preparate della sua cacciagione, dicendo :
tui, ut benedicat mihi ànima tua. 32Dixitque Alzati, padre mio, e mangia della caccia del
illi Isaac : Quis enim es tu ? Qui respóndit : tuo figliuolo, affinchè l ’anima tua mi bene­
Ego sum filius tuus primogénitus Esau. dica. 32E Isacco gli disse : Ala chi sei tu ?
33Expàvit Isaac stupóre veheménti : et ultra Egli rispose : Io sono il tuo figliuolo pri­
quam credi potest, admirans, ait : Quis igi- mogenito Esau. 33Isacco inorridì per grande
tur ille est qui dudum captam venatiónem 6tupore : e stupefatto oltre ogni credere
attulit mihi, et comèdi ex òmnibus prius- disse : Chi è dunque colui, il quale già
quam tu venires? benedixíque el, et erit mi portò la presa cacciagione, e io mangiai
benedictus. di tutto prima che tu v en issi? E io lo be­
nedissi e sarà benedetto.
34Audítis Esau serm ónibus patris, irrugiit 34Udite le parole del padre, Esau ruggì
clamóre magno : et consternàtus, ait : Bé- con grande strido : e costernato disse : Dà
nedic étiam et mihi, pater mi. 35Qui ait : anche a me la benedizione, o padre mio.
Venit germanus tuus fraudulénter, et ac- 35Egli disse : 11 tuo fratello venne con
cépit benedictiónem tuam. 36At ille sub- astuzia e si prese la tua benedizione. 36Ed
¡únxit : Juste vocátum est nomen ejus Ja­ Esau soggiunse : Con ragione gli fu posto
cob : supplantávit enim me en áltera vice : nome Giacobbe : perocché ecco che per la
primogénita mea ante tulit, et nunc secundo seconda volta egli mi ha soppiantato : mi
surripuit benedictiónem meam. Rursúmque tolse già la mia primogenitura, ed ora dì
ad patrem : Numquid non reservásti, ait, et nuovo mi ha tolto la mia benedizione. E
mihi benedictiónem ? disse di nuovo al padre : Non hai tu ser­
bata una benedizione anche per m e ?
37Respóndit Isaac : Dóminum tuum illum 37Isacco rispose : Io l ’ho costituito tuo
constítui, et omnes fratres ejus servitúti il- signore, e ho soggettati al suo servizio
líus subjugávi : fruménto et vino stabilivi tutti i suoi fratelli : l ’ho messo in pos­
eum, et, tibi post haec, fili mi, ultra quid sesso del frumento e del vino : e dopo ciò,
faciam ? 3SCui E sa u : Num unam, inquit, che farò ancora per te, figlio m io ? 38Esau
tantum benedictiónem habes, p ate r? mihi gli disse : Hai tu, o padre, una sola bene­
quoque obsecro ut benedicas. Cumque eju- dizione? benedici, ti prego, anche me. E
làtu magno fleret, 39Motus Isaac, dixit ad piangendo egli, e urlando altamente, 39lsacco
eum : In pinguèdine terrae, e t in rore caeli commosso gli disse : Nella pinguedine della
désuper 40Erit benedictio tua. Vives in glà­ terra, e nella rugiada di su dal cielo 40sarà
dio, et fratri tuo sérvies : tem púsque véniet, la tua benedizione. Vivrai della spada e

30 S u p . XXV, 34. 39 H e b r. XI, 20.

festato a Isacco la sua volontà, e quindi si com ­ m ancano n e ll’ebraico e nel greco. E sau colle la ­
prende che il santo patriarca, p u r riconoscendo crim e dom anda al padre u n ’ altra benedizione
l ’inganno di cui era stato vittim a, siasi ricu salo m inore.
di ritra ttare la benedizione data, ma l’abbia con­ 39-40. B enedizione a E sau. Isacco, p u r re ­
ferm ata. Egli aveva agito so tto l ’ispirazione di stan d o ferm o nella decisione di non ritra ttare la
Dio costituendo ered e delle p rom esse colui, che benedizione data a G iacobbe, si lascia com m uo­
per il prim o si era p resen tato , e per conseguenza vere dalle p reghiere e dalle lagrim e di E sau, e
non può ritira re quello che Dio ha dato (Ved. dà anche a lui una benedizione, che però lascia
Ebr. XII, 17). in tatti i diriiti e i privilegi conferiti dalla prim a.
34-38. Esau si sforza di o tten ere dal padre Nella p inguedine della terra, ecc. Q uasi tutti i
anche una benedizione. Ruggì con grande strido. m oderni (H u m m elau er, H etzen au er, M urillo,
C om prese allora, ma tro p p o tardi, quello che C ram p o n , ecc.) traducono d iversam ente il testo
aveva perd u to . Dà anclw a me la benedizione, ebraico : Lu ngi dalla pinguedine della terra e
ebr. benedici anche m e , anch'io (sott. sono tuo dalla rugiada del cielo (ossia dalla Palestina)
figlio, anzi il tuo prim ogenito), padre m io. Esau sarà la tua abitazione. Tele traduzione è da p re ­
dom anda anche per sè la benedizione data a G ia­ ferirsi (H oberg si attiene a ll’altra), come quella
cobbe. S i prese la tua benedizione, cioc la b e n e ­ che sola risp o n d e al c ontesto 28, 37, 40. D ’altra
dizione riserv ata ai prim ogeniti (XXV, 33). Con parte l’Idum ea occupata dai discendenti di Esau
ragione, ecc. Esau dice che la n atura del fratello è m olto m eno fertile nel suo com plesso che la
è bene e sp ressa dal nome che egli porta. G iacobbe P a le stin a. La tua benedizione. N ell’ebraico e nel
infatti significa soppiantatore (Ved. n. XXV, 26). greco si legge : la tua abitazione. — Vivrai della
Ali tolse g ià .... di nuovo. Le parole già e di nuovo (ebr. tua) spada, ossia di guerre e di rap in e.
(a n te ... zec u n d o ), m ancano n e ll’ebraico e nel Tali infatti furono sem p re gli Idum ei in tutta la
greco. D isse di nuovo al padre, manca n e ll’ebraico. loro sto ria (Cf. G iu s. F., G uer. G iu d ., 4. IV, 5i.
Tutti i suoi fra telli, e quindi non so lo i d iscen ­ Sarai servo del tuo fratello (Ved. n. XXV, 33).
denti di E sau, ma anche quelli di Agar e di C e- T em po verrà, ecc. (Ved. n. XXV, 23). Gli Idum ei
tura. Benedici ti prego. Q ueste ultim e parole furono vinti da Saul (l Re, XIV, 47) e fatti tri-
G e n e s i , XXVII, 41-46 165

cum excütias et solvas jugum ejus de cer- sarai servo del tuo fratello : e tempo verrà,
vicibus tuis. '“ Oderat erg© sem per Esau Ja­ che tu scuoterai e scioglierai dal tuo collo
cob pro benedictióne qua benedixerat ei pa­ il suo giogo. 41Esau adunque odiava sem pre
ter : dixitque in corde suo : Vénient dies Giacobbe per la benedizione, colla quale il
luctus patris mei, et occidam Jacob fratrem padre lo aveva benedetto, e disse in cuor
meum. suo : V erranno i giorni del lutto pel padre
mio, e io ammazzerò Giacobbe mio fra­
tello.
42Nuntiata sunt haec Rebeccae : quae m it­ 42Queste cose furono riferite a Rebecca,
tens et vocans Jacob filium suum , dixit la quale mandò a chiam are Giacobbe suo
ad eum : Ecce Esau frater tuus m inatur ut figlio, e gli disse : Ecco che Esau tuo fra­
occidat te. 43Nunc ergo, fili mi, audi vocem tello minaccia di ucciderti. 430 ra dunque,
meam, et consurgens fuge ad Laban fratrem figlio mio, ascolta la mia voce, e fuggi tosto
meum in Haran : 44Habitabisque cum eo in Haran presso Laban mio fratello : 44e
dies paucos, donee requiescat furor fratris starai con lui un po’ di tem po finche si
tui, 4SEt cesset indignatio ejus, oblivisca- calmi il furore del tuo fratello, 45e passi la
turque eorum quae fecisti in eum : postea sua ooltera, <e si scordi delle cose che gli
mittam, et adducam te inde h u e ; cur utro- hai fatte : io manderò poi chi di là ti ri­
que orbabor filio in uno d ie ? conduca in questo luogo. Perchè dovrò io
perdere tutti due i figli miei in un sol
giorno?
46Dixitque Rebécca ad Isaac : Taedet me 46E Rebecca disse ad Isacco : mi viene
vitae meae propter filias H eth : si accéperit a noia la vita a causa di queste figliuole
Jacob uxòrem de stirpe hujus terrae, nolo di Heth. Se G iacobbe prende una moglie
vivere. della stirpe di questo paese, io non voglio
più vivere.

41 Abd. 10. 46 S u p . XXVI, 35.

fcutarii da D av id e (II Re, V ili, 4), ma com in­ te re volubile e violento, che avrebbe p otuto far
ciarono a rib ellarsi so tto Salom one (111 Re, XI, vendetta anche prim a di q u anto aveva stab ilito .
14*22); vinti n u o vam ente da G io sap h at (II P a r. M inaccia di u c ciderti, e b r. prenderà v endetta di
XX, 22), non tard aro n o a rib ellarsi e a c rearsi te u ccidendoti. — Laban (XXIV, 29). H aran (Ved.
un re p ro p rio so tto loram (IV Re, V ili, 20). n. XI, 31 ; XXIV, 10 e s s .). Un p o ' di tem p o .
Essi furon o i continui nem ici d ’Isra e le, finché da R ebecca sp erav a c h e la collera di Esau si s a ­
G iovanni Ircano (129 a. C.) ven n ero co stretti ad re b b e calm ata dopo qualche te m p o ; ma le cose
accettare la legge e !a circoncisione e così rim a ­ an d aro n o ben d iv e rsam en te , e G iacobbe dovette
se ro a ssorb iti nel popolo eb reo (G ius. Fi!., A n t. re s ta re in esiglio 40 a nni, e non rivide più 1«
CAud.y X IÌi, 9 ; XV, 7). È da n o tare com e q u esta su a m ad re. P erchè dovrò io perdere tu tti e due
benedizione data *a Esau sia u n a co n ferm a di i m iei figli, ecc. L 'u n o sarà ucciso, e l ’altro , reo
quella data a G iacobbe, ben ch é le u ltim e parole di fratricid io , sarà c o stretto ad andare ram ingo
lascino in trav ed ere lotte e um iliazioni p e r colui finché la giustizia vendicatrice non lo colpisca
che aveva- in g an n ato il vecchio p ad re. (IX, 6).
46. Q u esto v e rsetto a n d re b b e unito al capo
41-45. G iacobbe si p re p a ra a p a rtire per la
seg u e n te . D opo di aver p e rsu aso G iacobbe a fu g ­
M esopotam ia (41 -XXVI11, 10). O diava. T riste ri­
g ire nella A lesopotam ia, R ebecca si studia di
su lta to che era da p re v e d ersi. S e m p r e , m anca
in d u rre Isacco a lasciarlo p a rtire, e affine di non
n e ll’ebraico . D isse in cuor su o , e poi an ch e ad c o n trista re in utilm ente il vecchio p a triarca, gli
alta voce (v. 42). Verranno i g iorni di lutto del allega com e m otivo la necessità che G iacobbe
mio p a d re , vale a dire si avvicinano i giorni in vada a cercarsi una m oglie fuori del paese di
cui si farà lu tto p e r la m orte del mio p a d re , e C h an a a n . Isacco era m alcontento delle mogli
allora io am m azzerò G iacobbe. Esau per co m p iere C h an an ^ e di Esau (XXVI, 3 5 ; XXV11I. S). Di
i su o i disegni di vendetta vuol a sp e tta re ch e Isacco q u este figlie di H e th , che Esau ha sp o sa te . S e
sia m orto affine di non co n tristarlo e attira rsi p ren d e una m o g lie, ecc., e b r. se G iacobbe p r e n d i
la su a m aledizione. Furono riferite a Rebecca da m oglie tra le figlie di H e th , com e (s o n o ) q u e ste ,
qualcuno che le aveva in tese, ed essa su b ito tra le figlie di questo p a sse , che m i giova la
cercò un mezzo per so ttra rre G iacobbe ad ogni v ita ? I giorni miei s a reb b e ro tanto tristi c h r
pericolo, ben conoscendo ch e Esau era un c a ra t­ p referisco m orire (Cf. XXVI, 34, 35).
166 G e n e s i , XXVIII, Ml

C A P O XXVIII.

Isa cco benedice d i nuovo G iacobbe , 7 -5 . — N u o v o m a trim o n io d i E sa u , 6- 9 . — V ision e


d i Giacobbe in v ia g g io p e r la M eso p o ta m ia , 1 0 -20 . — Voto d i Giacobbe, 2 1 -2 2 .

^ o c a v it itaque Isaac Jacob, et benedixit 1Isacco adunque chiamò Giacobbe, e lo


eum, praecepitque ei, dicens : Noli accipere benediss 6 , e gli diede questo comando, di­
cónjugem de gènere Chánaan : 2Sed vade, cendo : Non prender moglie della stirpe
et proflciscere in Mesopotàmiam Syriae, ad di Chanaan : 2ma parti, e va nella Meso-
domum Bàthuel patris matris tuae, et àc- potamia di Siria alla casa di Bathuel padre
cipe tibi inde uxórem de fìliàbus Laban di tua m adre, e prenditi di là una moglie
avúnculi tui. 3Deus autem omnipotens bene- tra le figlie di Laban tuo zio. 3E Dio onni­
dicat tibi, et créscere te facial, atque mul- potente ti benedica, e ti faccia crescere, e
tiplicet : ut sis in turbas populórum. 4Et det ti moltiplichi : affinchè tu sii capo di una
tibi benedictiónes Abrahae, et sém ini tuo turba di popoli. 4E dia a te e alla tua stirpe
post te : ut possideas terram peregrinatiónis dopo di te le benedizioni di Abrahamo ; af­
tuae, quam pollicitus est avo tuo. 5Cumque finchè tu possegga la terra dove sei pelle­
dim isisset eum Isaac, proféctus venit in grino, la quale egli promise al tuo nonno.
Mesopotàmiam Syriae ad Laban filium Ba- 5Giacobbe, licenziatosi da Isacco, partì, e
thuel Syri, fratrem Rebéccae matris suae. giunse nella Mesopotamia di Siria alla casa
di Laban, figlio di Bathuel Siro, fratello di
Re becca sua madre.
6Videns autem Esau quod benedixisset pa­ 6Ma Esau vedendo che suo padre aveva
ter suus Jacob, et m isisset eum in Mesopo- benedetto Giacobbe, e lo aveva mandato
tamiam Syriae, ut inde uxórem ducerei ; et nella Mesopotamia di Sjria a prendervi
quod post benedictiónem praecepisset ei, di­ moglie ; e che dopo la benedizione gli aveva
cens : Non accipies uxórem de fìliàbus Cha- dato quest’ordine, dicendo : Non prenderai
naan : 7Quodque obédiens Jacob paréntibus moglie tra le figlie di Chanaan : 7e che
suis isset in Syriam : 8Probans quoque quod Giacobbe obbedendo ai suoi genitori era
non libénter aspiceret filias Chanaan pater andato nella Siria : "avendo inoltre speri­
suus : 9Ivit ad Ismaélem, et duxit uxórem, mentato che il suo padre non vedeva di
absque iis quas prius habébat, Maheleth fi- buon occhio le figlie di Chanaan : 9andò
liam Ismael filii Abraham, sorórem Na- alla casa d*Ismaele, e, oltre quelle che
bajoth. prima aveva, prese per moglie Maheleth,
figlia d ’Ismaele figlio di Abrahamo, sorella
di Nabajoth.
10Igitur egréssus Jacob de Bersabée, per- 10Giacobbe adunque partito da Bersabee,
gébat Haran. n Cumque venisset ad quem- andava verso Haran. 11E arrivato in un
dam locum, et vellet in eo requiéscere post certo luogo, e volendo ivi riposare dopo il
solis occubitum, tulit de lapidibus qui jacé- tramontare del sole, prese una delle pietre
bant, et suppónens càpiti suo, dormivit in che erano colà, e se la pose sotto del capo,

5 O s. XII, 12.

alla famiglia d ’ism a ele . Egli infatti era già m orto


CA PO XXVI11. da 14 anni (XVI, 16; XXI, 5 ; XXV, 17). Esau
così facendo voleva riacq u istare la grazia dei
1-5. Isacco si arrese su b ito al desiderio di suoi genitori, ma si dim enticò ch e Dio s tesso
Rebecca. Nella M esopotam ia, eb r. P oddan-’Aram aveva escluso Ism aele dalla posterità di A bram o,
(Ved. n. XXV, 20). Dio ti benedica, ecc. (Ved. costituita erede delle pro m esse (XXI, 12 e ss.).
XVIl, 2 e ss.). Le benedizioni di A b ra m o , ossia M aheleth (Ved. n. XXXVI, 3). Nabaioth era il
le p rom esse di Dio relative al dom inio di C h a ­ prim ogenito d ’Ism aele (XXV, 13).
naan, alla m oltiplicazione della tua stirp e , e alla 10-11. Viaggio di G iacobbe nella Alesopotom ia
nascita del futuro Alessia (Cf. XVII, 2 e ss. ; (XXVIII, 10-XXXI11, 17). D apprim a si narra la
XXII, 16 e ss.). S i r o , ebr. Aram eo. visione da lui avuta (10-22).
6-0. Nuovo m atrim onio di E sau. Nella M eso­ Da B ersa b ee, dove si trovava con Isacco
potam ia di S iria , eb r. P addan-’Aram . — Nella (XXVI, 22), andava verso Haran facendo in 6enso
Siria , ebr. in Paddan-*Aram. — Alla casa, cioè inverso il viaggio fatto da A bram o. In un certo
G e n e s i , XXVIII, 12-18 167

eódem loco. 12Viditque in som nis scalam e si addormentò in quello stesso luogo.
stantem super terram , et cacumen illius tan- 12E vide in sogno una scala poggiata sulla
gens caelum : ángelos quoque Dei ascen- terra, la cui sommità toccava il cielo : e
déntes et descendéntes per eam . 13Et Do­ gli Angeli di Dio, che salivano e scende­
minum innixum scalae dicéntem sibi : Ego vano per essa, 13e il Signore appoggiato alla
sum Dóminus Deus Abraham patris tui, et scala, che gli diceva : Io sono il Signore
Deus Isaac : terram , in qua dormis, tibi dabo Dio di Abrahamo tuo padre, e Dio di Isacco :
et sém ini tuo. 14Erítque sem en tuum quasi io darò a te e alla tua stirpe la terra, in
pulvis terrae : dilatáberis ad occidéntem, et cui tu dormi. 14E la tua stirpe sarà come
oriéntem , et septentriónem , et meridiem : et la polvere della terra : ti dilaterai a occi­
BEN ED ICÉN TU R IN TE et in sém ine tuo dente, e ad oriente, e a settentrione, e a
cunctae tribus terrae. 15Et ero custos tuus m ezzogiorno; e IN TE e nel tuo sem e
quocumque perréxeris, et reducam te in ter­ SARANNO BEN EDETTE tutte le tribù
ram hanc : nec dimittam nisi complévero della terra. 15E io sarò il tuo protettore in
univèrsa quae dixi. qualunque luogo andrai, e ti ricondurrò in
questo paese : e non ti abbandonerò senza
avere adempiuto tutto quello che ho detto.
ieCum que evigilässet Jacob de somno, 16E Giacobbe svegliatosi dal sonno disse :
ait : Vere Dominus est in loco isto, et ego Veramente il Signore è in questo luogo, e
nesciebam . 17Pavensque : Quam terribilis io non lo sapeva. 17E pieno di paura disse :
est, inquit, locus i s te ! non est hic aliud Quanto è terribile questo luogo! Non è
nisi domus Dei, et porta caeli. 18Surgens qui altra cosa se non la casa di Dio, e la
ergo Jacob mane, tulit läpidem quem sup- porta del cielo. 18AIzatosi adunque al mat-

>9 Inf. XXXV, 1 et XLVI1I, 3. 14 D eut. X II, 20 et XIX, 8 ; S u p . XXVI, 4. ” Inf. XXXI, 13.

luogo . N e ll’ebraico vi è l’articolo determ in ativ o do rm i è la terra di C hanaan. C om e la p o lv e re ...


nel luogo d e stin ato da D io, o p p u re d iv en u to ce­ ti d ilaterai, ecc. (X III, 15, 16; XV, 18). In te e
lebre p e r il g ran d e avv en im en to , o anche conse- n el tuo s e m e , ecc. (XII, 3 ; XXII, 18). Dio non
crato a Dio da A bram o (XII, 12). T ale località so lo rin n o v a a G iacobbe tu tte le p ro m e sse fatte
(B ethel, v. 19) si trova nel c en tro delle m o n ­ ad À bram o e a Isacco, ma gli p rom ette ancora la
tagne di E p h raim , a q u a ttro giorni di m arcia da sua sp eciale assisten za fino al su o rito rn o in P a ­
B ersa b e e. Volendo ivi rip o sa re , e b r. vi p a ssò la lestin a. Sarò il tuo pro tetto re, e b r. sarò con te
n o tte , poiché il sole era già tram ontato. — S e e ti custodirò (XXVI, 3).
la p ose so tto il capo p e r su o capezzale. S i ad­ 16-17. S en tim enti provati da G iacobbe al su o
dorm entò, eb r. g ia c q u e , o si coricò. sv eg liarsi. I l Signore è in qu esto luogo in un
12-15. La v isione. E vide in s o g n o , ecc., m odo tu tto sp ec ia le , e sse n d o si Egli fatto vedere
e b r. e s o g n ò : ed ecco una sca la ... ed ecco gli e avendom i p arlato con tanto am ore. Io non lo
A n g e li... ed ecco il S ig n o re , ecc. Vi ha così una sa p eva . G iacobbe non ignorava di certo la divina
gradazione a sc e n d en te ira le varie p artico larità. o n n ip o ten za, egli però non sap e v a che quel luogo
G iacobbe in te rra sco n o sc iu ta , lungi dalla casa era co n secrato al Signore (XII. 8 ; X III, 4 ; XXII,
p a te rn a , poteva cre d ersi ab b an d o n ato da tu tti, 2), nè si asp ettav a una così so len n e m a n ife sta ­
D io invece gli fa v ed ere che h a cura d i lui, e zione di D io. Q u esta sp ec ia le presen za di Dio
veglia sui su o i p a ssi. U na scala, ecc. Q u esta lo rie m p ì d i p a u ra , ed esclam ò : quanto è terri­
scala m isterio sa è un sim bolo sen sib ile della bile, o ssia q u an to è degno di risp e tto e di v ene­
provvidenza di Dio (T eo d o reto , A lapide, H um - razio n e q u e sto lu o g o ; e sso non è altro che la
m elauer, H e tze n a u e r, H o b erg , M urillo, ecc.). D io casa di D io , ossia il luogo dove D io m anifesta in
s ta appoggiato in cim a alla scala p e r indicare m odo sp eciale la sua p resen za. La porta del
che Egli è il prim o p rin cip io e l ’ultim o fine della cielo, p erch è aveva veduto com e il cielo a p erto,
P rovvidenza. Gli A ngeli, che salgono e sce n d o n o , e gli A ngeli che uscivano e e n travano nella casa
so n o i m inistri esecu to ri della P ro v v id en za. E ssi di D io. « N on sarà inutile o sse rv a re com e fin da
p re sen ta n o a Dio i biso g n i, le n ecessità e le p re ­ q u ei tem pi si d eg n ò Dio d ’illu stra re certi luoghi
g h iere degli uom ini, e p o rtan o agli uom ini le con ap p arizio ni e m iracoli e favori a p rò ’ degli
grazie e i doni di D io. Q u esta scala può an ch e uom ini » M artini.
« sig n ific a re l ’in carn azio n e del V erbo di D io, il 18-19. G iacobbe testifica a Dio la su a ric o ­
q uale dovea n ascere di G iacobbe, e sce n d e re p er n o scen za. P rese la p ie tra .., la eresse in m o n u ­
v a n i gradi e generazioni fino alla te rra , q u an d o m ento com m em orativo della visione avuta. Q ueste
lo s te s s o V erbo fu fa tto carne e il cielo riu n ì p ietre m onum entali (ebr. m azzèbah = c ip p o , c o ­
colla te rra , e le som m e alle infime co se, e l’uom o lonna, stela) ere tte dai p atriarch i in rico rd o di
c o n giunse con D io. Scen d o n o ad an n u n ziare sì q u alch e favore divino stra o rd in a rio , non vanno
gran novità gli A ngeli, e salg o n o a rip o rta re i co n fu se colle bethyle (specie di m eteoriti cadute
ringraziam en ti e le benedizioni, ch e a Dio danno dal cielo), che alcuni popoli (C hananei, Siri,
i giusti per un* opera così g rande » M artini Arabi) co n sid erav an o com e vere abitazioni degli
(C f. G iov. I, 1). D ei, e alle quali p restav an o un culto idolatrico
D io di A braham o, ecc. (XXVI, 24). Darò a (Cf. H e tze n a u e r, Theol. B ib, V. 7*., p. 406, 410).
te , ecc. (XII, 7 ; X lll, 15). La terra in cui fu 1 p atriarch i erano m onoteisti, e adoravano Dio
168 G e n e s i, XXVIII, 19 — XXIX, 3

posúerat cápiti suo, et eréxit in títulum, tino, Giacobbe prese la pietra, che aveva
fundens óleum désuper. IVAppellavitque no­ posta sotto il capo, e la eresse in monu­
men urbis Bethel, quae prius Luza voca- mento, versandovi sopra deirolio. 19E diede
bátur. 20Vovit étiam votum, dicens : Si il nome di Bethel alla città che prima si
fuerit Deus mecum, et custodierit me in via chiamava Luza. 20E fece ancora un voto,
per quam ego ámbulo, et déderit mihi pa- dicendo : Se il Signore sarà con me, e mi
nem ad vescéndum, et vestiméntum ad in- proteggerà nel viaggio da me intrapreso, e
duéndum, 2,Reversúsque fuero prospere ad mi darà pane da mangiare, e veste da co­
domum patris mei : erit mihi Dóminus in prirmi, 2,e tornerò felicemente alla casa del
Deum, 22Et lapis iste, quem eréxi in títu­ padre mio : il Signore sarà mio Dio, 23e
lum, vocábitur Domus Dei : cunctorúmque questa pietra alzata da me per monumento,
quae déderis mihi, décimas ófferam tibi. sarà chiamata casa di Dio : io ti offrirò la
decima di tutte le cose che mi darai.

C A P O XXIX.

A r r iv o di Giacobbe in Haran, 1 -1 5 . — Matrimonio di Giacobbe con L ia e con


Rachele , 16-30. — Nascita dei prim i figli di Giacobbe, 31-35 .

^ ro fé c tu s ergo Jacob venit in terram P a rtito si quindi Giacobbe andò nel paese
orientàlem. 2Et vidit puteum in agro, tres di O riente. 2E vide un pozzo nella cam­
quoque greges óvium accubàntes juxta eum : pagna, e vicino ad esso tre greggi di pe­
nam ex ilio adaquabantur pècora, et os ejus core sdraiate : perocché a questo pozzo si
grandi làpide claudebàtur. 3i\lorisque erat abbeveravano le pecore, e la sua bocca era
ut cunctis óvibus congregàtis devólverent chiusa con una gran pietra. sEd era us#
làpidem, et reféctis grégibus rursum super che ribaltavano la pietra dopo che si erano
•6 putei pónerent. radunate tutte le pecore, e la rim ettevano
sopra la bocca del pozzo quando le greggi
avevano bevuto.

creatore del cielo e della te rra , e non già un dio 2* Q uesta p ie tra ... sarà chiam ata (ebr. e g r. sarà
racchiuso in una pietra (C f. X II, 1 e ss. ; XIV, una) casa di D io , ossia un luogo di c ulto, ove
2 2 ; XXIV, 3 ; XXVI, 3 ; XXV111, 3, 13; XXXII, 6arà edificato un altare (XXXV, 7 ); 3 # O ffrirò la
9 ; XLVI, 1. C f. H etzen au er, h. 1. ; M urillo, h. 1.). decim a, ossia co nsacrerò al su o culto e per lare
L ’erezione di tali m onum enti poteva e sse re d esti­ sacrifizi sul suo altare la decim a parte di tutte
nata a rico rd are alcuni avvenim enti, e in tal le mie so stan ze (Cf. D eut. XIV, 28). Vedi p resso
caso era lecita (XXXI, 4 5 ; XXXV, 14; E sod. H etzen au er e M urillo le varie spiegazioni razio ­
XXIV, 4, ecc.), e poteva pure e sse re destinata a nalistiche di q u e s t’episodio di B ethel e la loro
un culto idolatrico, e in tal caso era illecita e confutazione.
condannata dalla legge (Lev. XXVI, 1 ; D eut.
XVI, 22). CA PO XXIX.
V ersandovi sopra d e ll’olio. L ’unzione co ll’olio
era già ab antico un sim bolo della consecrazione 1-3. Arrivo di G iacobbe ad H aran (1-15). P ar­
(E sod. XXX, 30). In O riente i viaggiatori sogliono titosi, eb r. riprese il cam m ino e andò nel paese
sem p re portare con sè un p o ’ di olio (Cf. 1 Re, dei figli d elV O riente, ossia nella A lesopotam ia
X, 1; IV Re, IX, 1, 3). ^Num. XXI11, 7). 1 LXX aggiungono : presso
B eih el significa casa di Dio. Il testo ebraico Laban figlio di B athuel S ir o , fratello di R ebecca,
▼a tradotto : e chiam ò quel luogo B eth el, ma m adre di Giacobbe e di E sa u . Tale aggiunta però
prim a il nom e di quella città era L u z. Da ciò gen eralm en te viene considerata com e non a u te n ­
si deduce che G iacobbe c h ;am ò B eth el il luogo, tica. Un po zzo. Q uesto pozzo non va confuso con
dove aveva do rm ito , e che la città vicina in antico quello della città di H aran ricordato al c ap . XXIV,
si chiam ava Luz o Luza. Solo più tardi anche
11, 16. C om e già Isacco, così anche G iacobbe
qu esta ciltà p rese il nome di B ethel (Cf. G ios. trova p re sso di un pozzo la sua futura sp o sa .
XVi, 2). Le d u e località si trovano tra G e ru sa ­ Le sce n e di q uesto genere dovevano s p e s so ri­
lem m e e Sichem , p resso la strad a che va da p etersi in O riente. Sdraiate che a spettavano l ’a r­
B ersabea nella M esopotam ia. riv o delle altre (v. 8). La bocca del pozzo era
20-22. Voto di G iacobbe. Dio aveva fatto a ch iu sa con una gran pietra. In O riente l ’acqua in
G iacobbe una triplice p rom essa (v. 15), e anche molti luoghi è preziosa, e quindi si aveva la
G iacobbe ora fa una triplice p ro m essa a Dio : precauzione di ch iu d ere con grandi pietre le
1 * Il Signore sarà mio D io. Egli pro m ette di bocche dei pozzi, sia per im pedire che chiunque
onorare Dio con un culto tutto sp eciale, com e se ne p o tesse serv ire, e sia per proteggerli contro
già avevano fatto Àbram o e Isacco (Cf. XVII, 7 ); l ’invasione della sab b ia. N ell’ebraico si legge :
G e n e s i , XXIX, 4-15 169

4Dixitque ad p a stö re s: Fratres, unde 4Ed egli disse ai pastori : Fratelli, di dove
e s tis ? Qui resp o n d e ru n t: De Haran. 5Quos siete ? Ed essi risposero : Di Haran. 5E li
interrogans : Numquid, ait, nostis Laban fi- interrogò : Conoscete voi forse Laban, fi­
lium N achor? Dixerunt : Növimus. cSa- glio di N achor? Dissero : Sì lo conosciamo.
nüsne e s t? in q u it: Valet, inquiunt : et ecce 6È egli sa n o ? disse e g li: R isposero: Sta
Rachel filia ejus venit cum grege suo. 7Di- bene : ed ecco Rachele sua figlia, che viene
xitque Jacob : Adhuc multum diei süperest, col suo gregge. 7E Giacobbe disse : Resta
nec est tem pus ut reducäntur ad caulas gre- ancor molto del giorno, e non è ancora
ges : date ante potum övibus, et sic eas tempo di ricondurre i greggi a ll’ovile : date
ad pastum redücite. 8Qui responderunt : prim a da bere alle pecore, e poscia ricon­
Non pössumus, donec ömnia p^cora con- ducetele al pascolo. 8Essi risposero : Non
gregentur, et amoveämus läpidem de ore possiamo farlo fino a tanto che non siano
pütei, ut adaquemus greges. radunate tutte le pecore, e che togliamo la
pietra dalla bocca del pozzo per far bere
tutti i greggi.
•Adhuc loquebàntur, et ecce Rachel ve- 9Essi parlavano ancora quand’ecco che
lié b a t cum óvibus patris sui : nam gregem Rachele veniva colle pecore di suo padre :
ipsa pascébat. 10Quam cum vidisset Jacob, perocché ella pasceva il gregge. 10E G ia­
et sciret consobrinam suam , ovésque Laban cobbe avendola veduta, e sapendo che era
avunculi sui, amóvit làpidem quo puteus sua cugina, e che le pecore erano di Laban
claudebàtur. “ Et adaquàto grege, osculàtus suo zio, tolse la pietra, che chiudeva il
est eam : et elevata voce flevit, 12Et indi- pozzo. n E fatto bere il suo gregge, la
càvit ei quod frater esset patris sui, et filius baciò : e alzata la yoce pianse, 12e le di­
Rebéccae : at illa festinans nuntiàvit patri chiarò, che era fratello di suo padre, e fi­
6UO. gliuolo di Rebecca, ed ella andò in fretta
a recarne nuova a suo padre.
13Qui cum audisset venisse Jacob fflium 13I 1 quale, avendo udito che era venuto
eoróris suae, cucurrit óbviam ei : comple- Giacobbe, figliuolo di sua sorella, gli corse
xiisque eum , et in oscula ruens, duxit in incontro : e lo abbracciò, e baciatolo più
domum suam . Auditis autem causis itineris, volte lo condusse a casa sua. E udite le
14Respòndit : Os meum es, et caro mea. ragioni del suo viaggio, 14rispose : Tu sei
Et postquam impléti sunt dies m ensis unius, mio osso, e mia carne. E passato che fu
15Dixit ei : Num quia frater m eus es, gratis un m ese, 15gli disse : Perchè sei mio fra­
sérvies m ih i? die quid m ercédis accipias. tello, mi servirai tu forse gratuitam ente?

là si radunavano tu tte le g re g g i; (i pastori) to­ p r e s s ò , e tolse la pietra dalla bocca del p o z z o ,


glievano la pietra d 'in su la bocca del p o z zo , fa ­ e abbeverò le pecore di Labano fratello di sua
te v a n o bere le g reg g i, e p o i rim ettevano la pietra m adre. R achele era l’ultim a arriv ata, e G iacobbe
« suo luogo sulla bocca del p o zzo . com incia col re n d e rle un servizio togliendo la
4-8. D ialogo coi p asto ri. E d egli (ebr. G iacobbe) pietra dalla bocca del pozzo e facendo sì che le
d is se , ecc. Laban figlio di N achor. Laban era s u e p eco re b e v essero prim a delle altre. P re s so i
p ro p riam en te 'figlio di B athuel (XXII, 23) e solo pozzi vi e ran o dei canali, nei quali si v ersava
nipote di N ach o r, ma G iacobbe nom ina N achor, P acq u a (XXIV, 20). La baciò com e si su o le fare
com e capo di quella fam iglia. I nom i indicanti in O rien te tra gli stre tti p aren ti. G iacobbe pianse
relazioni di p a ren tela h anno s p e s s o in O rien te p e r tenerezza vedendosi giunto tra i suoi p a re n ti,
una significazione assai larg a. N o n p o ssia m o farlo. e p e n sa n d o già a R achele com e a sua futura sp o sa .
Siccom e l ’acqua è rara in parecchi luoghi d ’O- C he era fr a te llo , in largo se n so , o più p ro p ria ­
rie n te , è p robabile che i varii p asto ri, affine di m ente n ip o te. A ndò in fr e tta , com e aveva fatto
p rev en ire le ris s e che facilm ente p o tev an o s c o p ­ anche R ebecca (XXIV, 28).
piare tra loro (XXVI, 17 e s s .), a v essero co n v e­ 13-15. Baciatolo p iù v o lte , forse anche perchè
nuto di non ab b ev erare i greggi sin ch é tutti fo sse ro s p erav a di ritra rre qualche vantaggio dalla sua
arrivati. G iacobbe ignorava q u esta convenzione, e v en u ta. L e ragioni del suo viaggio, quali erano
quindi si m eravigliava che i detti p astori se ne di s o ttra rs i all'ira di E sau, e di p ren d er m oglie.
stian o inoperosi atto rn o al pozzo (Cf. H um m e- S e i m io o sso , ecc., ossia io e tu siam o della
lau er, h. 1.). s te s s a fam iglia, tu sei un altro me ste sso (II, 23),
9-12. E ssi parlavano ancora, eb r. egli stava e perciò sarai accolto in casa m ia. p ren d erai
ancora parlando con loro. — Ella p a sce v a , ecc., m oglie, e abiterai so tto il mio tetto (Cf. G iud. IX,
com e fanno anche oggi le figlie dei ricchi Arabi 2 ; li Re, V, 1). P erchè sei mio fra te llo , ecc.
del Sm ai (C f. E sod. II, 16). C he era sua cu ­ L aban d u ra n te il m ese aveva conosciuto per
gina, ecc. Il v ersetto 10 secondo l ’ebraico va esp erien za le ra re qualità di p a sto re, che p o s se ­
tradotto : e Giacobbe avendo veduta R a c h e le , deva G iacobbe, e quindi si sforza di tra rn e q ualche
figlia di Lab a n, fratello di sua m a d re, con le vantaggio, e so tto le a p p aren ze della g en ero sità
pecore di Laban fratello di sua m a d re, si a p ­ n asconde l ’am ore del suo pro p rio in te re sse .
170 G e n e s i , XXIX, 16-29

I6Habébat vero duas filias, nomen majórls dimmi quel che vuoi. 16Ora Laban aveva
Lia : minor vero appellabátur Rachel. 17Sed due figliuole : la maggiore si chiamava Lia,
Lia lippis erat óculis : Rachel decora fácie, e la minore Rachele. 17Ma Lia aveva gli
et venusto aspéctu. 18Quam díligens Jacob, occhi cisposi : Rachele invece era bella di
ait : Sérviam tibí pro Rachel filia tua mi­ volto, e avvenente. 18E Giacobbe portan­
nóre, septem annis. 19Respóndit Laban : dole amore, disse : Ti servirò sette anni
Mélius est ut tibi eam dem quam álteri .viro, per Rachele tua figlia minore. l’Laban ri­
mane apud me. spose : È meglio che io la dia a te, che
a un altro uomo, resta con me.
20Servívit ergo Ja^cob pro Rachel septem 20Giacobbe adunque per Rachele servì
annis : et videbántur illi pauci dies prae sette anni : e per il grande amore gli par­
amóris magnitúdine. 21Dixítque ad Laban : vero pochi giorni. 21E disse a Laban :
Da mihi uxórem meam : quia jam tempus Dammi la mia moglie : poiché è già com­
implétum est, ut ingrédiar ad illam. 22Qui, piuto il tempo di sposarla. 22E Laban invitò
vocátis multis amicórum turbis ad conví- una gran turba di amici al convito, e fece
vium, fecit núptias. 23Et véspere Liam fí- le nozze. 23Ma la sera condusse a Giacobbe
liam suam introdúxit ad eum , 21Dans ancíl- la sua figliuola Lia, 21dando alla figliuola
lam filiae, Zelpham nomine. Ad quam cum una serva chiamata Zelpha. E Giacobbe es­
ex more Jacob fuísset ingréssus, facto mane sendo andato a stare con lei secondo il co­
vidit Liam : 25Et dixit ad sócerum suum : stum e, al mattino conobbe che era Lia :
Quid est quod fácere voluísti? nonne pro 25e di6se al suo suocero : Che cosa è quello,
Rachel servívi tibi ? quare imposuísti mihi ? che hai voluto fa re? non ti ho io forse ser­
26Respóndit Laban : Non est in loco nostro vito per R achele? perché mi hai tu ingan­
consuetúdinis, ut m inores ante tradámus ad n ato ? 26Laban rispose : Non si usa nel
núptias. 27Imple hebdómadam diérum hujus nostro paese, dar prima a marito le figliuole
cóp u lae; et hanc quoque dabo tibi pro opere minori. 27Compisci la settimana di questo
quo servitúrus es mihi septem annis áliis. sposalizio : e ti darò anche l ’altra per il
28Acquiévit plácito : et hebdómada transácta, servizio che mi presterai per altri sette

16-19. Laban p ro m ette a G iacobbe di dargli 1’ oscurità della cam era nuziale, si com prende
R achele in m oglie. C isposi. L ’ebraico c o rrisp o n ­ facilm ente com e Laban abbia potuto ingannare
d ente significa d eb o li, ten eri, e quindi facili alle G iacobbe. Lia dovette p re starsi volentieri a
lacrim e. Gli O rientali am ano gli occhi vivi, e fra quanto le sug g erì il padre, e così G iacobbe,
le doti che ricercan o nelle loro s p o se ha u n a p arte c h e aveva ingannato Isacco, rim ase ancor egli
im portantissim a la bellezza e lo sp len d o re degli ing an n ato . U nendosi a Lia egli non peccò, perchè
occhi. Ti seri'irò sette anni. N ell’antichità, p resso scu sato d a ll’ignoranza, ma non si può dire a ltre t­
varii popoli, la figlia era considerata com e la tanto di Laban e di Lia. — Z elp h a . Viene indi­
p roprietà del p ad re, e lo sp o so doveva quasi cato il nom e delle serv e di Lia e di R achele,
com prarla offrendo doni alla fam iglia. O ra sic ­ p erch è an co r esse diventarono mogli di G iacobbe.
come G iacobbe non aveva p resen ti da offrire, Perchè m i hai ingannato ? G iacobbe non era ob­
offre il su o servizio (Cf. XXIV, 53). U n tale uso bligato di s p o sa re Lia, stan te l ’inganno patito, che
s u ss iste ancora oggidì p resso gli Arabi e nella se egli la riten n e per moglie fu in virtù del c o n ­
S iria. La co n d o tta di Laban è però odiosa, e le sen so che vi diede a p p re sso . N on s i u sa, ecc. Q u e ­
su e figlie non m ancarono di chiam arsi offese dal sto è un p retesto , poiché se fosse stato vero quanto
suo m odo di p ro ced ere a loro rig u ard o (XXXI, dice, non avrebbe certam ente fatto le nozze di
15). E m eglio, ecc. Anche qu esto tratto è p iena­ R achele (v. 22), che tutti sap ev an o e sse re m inore
m ente conform e agli ^usi orientali. I B eduini, i di Lia. D ’altra parte s e vi era tale uso , egli
D ru si, ecc., tra i varii, che dom andano una figlia avrebbe dovuto avvertire G iacobbe sin da p rin ­
in sp o sa , p referisco n o quello che a p p artien e alla cipio, che se non lo ha fatto, si è perchè voleva
famiglia (Cf. la u sse n , C o u tu m es des A rabes, ecc., u nire le su e due figlie con un uom o ricco quale
pag. 43). era G iacobbe, e assiem e voleva ancora godere
p e r altri sette anni del servizio di un p astore così
20-22. Gli parvero pochi giorni. L ’am ore che e sp e rto . C o m pisci la settim ana (di q uesto s p o ­
portava a R achele era sì gran d e, che gli sem brò salizio = dierum copulae, m anca n ell’ebraico e
poca cosa lavorare per sette anni affine di ottenerla nel greco) del convito nuziale con Lia, e poi ti
in m oglie. T erm inati i s e tte anni di servizio, disse darò (ebr. daremo) anche R achele, a patto che tu
a Laban di m antenere la pro m essa fattagli. D am m i mi serv a per altri sette anni. II convito nuziale
la mia m oglie. La chiam a sua moglie, non perche durava sette giorni, ossia una settim ana <Giud.
l ’avesse già sp o sa ta , ma p erchè ornai aveva ac­ XLV, 12; Tob. XI, 21). P assa ti questi, G iacobbe
quistato pieno diritto di averla. sp o sò anche R achele. Nel Levitico (XVIII, 18)
Dio proibì che un uom o po tesse sp o sa re due
23-27. C o n d u sse ... Lia. La sp o sa secondo l’uso so relle, ma nei tem pi antichi tali m atrim onii erano
orientale viene p resen tata allo sp o so tutta ravvolta leciti, e quindi G iacobbe non va accusato di colpa
in un velo (Cf. XXIV, G5). Se a ciò si aggiunge se sp o sò Lia e R achele.
G e n e s i , XXIX, 30 — XXX, 1 171

Rachel duxit uxórem : 29Cui pater servam anni. 28Accondiscese alla proposta : e pas­
Balam tradiderat. sata queUa settim ana, prese per moglie Ra­
chele : 29a cui il padre aveva data per
serva Baia.
30Tandémque potitus optätis nuptiis, amó- 30E giunto finalmente al possesso delle
rem sequéntis prióri praétulit, sérviens apud nozze bram ate, nel suo amore preferì la
eum septem annis äliis. 31Videns autem Do­ seconda alla prima, e servì in casa di Laban
m inus quod despiceret Liam, apéruit vulvam per altri sette anni. 31Ma il Signore vedendo
ejus, soróre stèrili perm anènte. 32Quae con- che egli disprezzava Lia, la rese feconda,
céptum génuit filium, vocavitque nomen ejus rim anendo sterile la sorella. 32Ed essa con­
Ruben, dicens : Vidit Dóminus humilitàtem cepì e partorì un figlio e gli pose nome
meam , nunc amàbit me vir m eus. 33Rur- Ruben, dicendo : Il Signore ha veduta la
stimque concépit et péperit filium, et ait : mia umiliazione, adesso il mio m arito mi
Quóniam audivit me Dóminus habéri con- am erà. 33E concepì di nuovo e partorì un
tém ptui, dedit étiam istum m ihi ; vocavitque figlio e disse : Il Signore perchè intese che
nomen ejus, Simeon. 34Concepitque tertio io era disprezzata, mi ha dato anche questo
et génuit alium filium : dixitque : N unc quo­ figlio : e posegli nome Simeon. 34E concepì
que copulabitur mihl m aritus m eus, eo quod la terza volta, e partorì un altro figlio : e
pepérerim ei tres filios : et idcirco appel­ disse : Adesso il mio marito sarà unito con
la v i nomen ejus, Levi. 3SQuarto concépit, me, dacché gli ho partoriti tre figliuoli : e
et péperit filium, et ait : Modo confitébor perciò lo chiamò col nom e di Levi. ^ C o n ­
Dòmino : et ob hoc vocavit eum , Judam : cepì per la quarta volta, e partorì un figlio,
cessavitque parere. e disse : Adesso loderò il Signore : e perciò
lo chiamò Giuda : e cessò dal partorire.

C A P O XXX.

Matrimonio di Giacobbe con B a ia , 1-4 . — Nascita di fig li, 5-8. — MatHmonio di


Giacobbe con Zelpha e nascita di fig li, 9 -13 . — A l t r i f i g l i di Giacobbe, 14-24 .
— Conveìizione tra Laban e Giacobbe, 23-36. — Stratagemmi di Giacobbe, 37-4 3.

^ e r n e n s autem Rachel quod infecunda JMa Rachele vedendosi sterile, portava


esset, invidit soróri suae, et ait marito suo : invidia a sua sorella, e disse a suo marito :

35 Matth. I, 2.

30. N el suo am ore p refe rì la se c o n d a , cioè R a­ figlio, a cui essa dà il nom e di S im eone (ebraico
chele, alla p rim a , cioè a Lia. Q u esta predilezione S im e 'o n , esaudizione, dal verbo s a m a 1 — in te n ­
durò p e r tu tta la vita. La poligam ia fu c au sa di d ere, ud ire),
varie d issen sio n i nella fam iglia di G iacobbe. 11 34. N ascita di Levi. Sarà u n ito , ebr. y lla v eh ,
te sto ebraico di q u e sto v e rsetto va trad o tto : e da cui il nom e L e v i, che significa congiunzione,
G iacobbe entrò anche da R a ch ele, e am ò anche u n io n e.
Rachele più di L ia, e servi p resso Laban ancora
per sette anni. 35. N ascita di G iuda. L o d e rò , ebr. ' o d e h , e
quindi il nom e G iuda, che significa lodato . Da
31. G elosie delle div erse m ogli, e vari figli G iuda n ascerà il M essia. C essò per qualche
avuti da G iacobbe (31-XXX, 24). D isp rezza va, nel tem po dal p a rto rire (Cf. XXX, 14-21).
6enso che le voleva m eno b en e, e n utriva p er lei
m inore affetto (D eut. XXI, 15; M art. V I, 2 4 ;
X, 37). Il Sig n o re p ren d e le p arti di Lia re n d e n ­ CA PO XXX.
dola feconda. G iacobbe la disprezza, il Signore la
b enedice. 1-4. iMatrimonio di G iacobbe con B aia. D isse
a suo marito in un accesso di ira c au sata dalla
32. N ascita di R uben. R u b en (ebr. R e ’u b en), gelosia. Invece di rivolgersi a D io, com e aveva
significa vedete un fig lio , o p p u re ecco un fig lio , fatto Lia (XXVIII, 32 e s s.), essa si adira
che m i ha d ato D io. La mia u m ilia zio n e, ossia co n tro il m arito. A ltrim enti m orrò p er d isp ia ­
la mia afflizione o abbiezione (C f. S ap . VI, 8 ; cere. Adirato per la sto lta rich iesta di R achele.
Lue. I, 48). E ssa s p era che ad esso G iacobbe le si G iacobbe risp o n d e : tengo io fo rse il luogo di
affezionerà m aggiorm ente. A lcune versioni invece D io , ecc., vale a dire : sono io forse D io, o p p u re
di R uben h an n o R u b el. fo io le veci di D io ? Tale ric h ie sta devi riv o l­
33. N ascita di S im eo n . Lia, delu sa nella sua gerla non a m e, ma b e n sì a Dio (Cf. 1 Re, II,
sp eran z a , confida in Dio, e Dio le dona un nuovo 6 ; IV Re, V, 7). Baia, ebr. B ilah. P e r aver figli
172 G e n e s i , XXX, 2-15

Da mihi liberos, aliòquin móriar. 2Cui ira- Dammi dei figli, altrim enti io morrò. G i a ­
tus respóndit Jacob : Num prò Deo ego cobbe adirato le rispose : Tengo io il luogo
sum , qui privavit te fructu ventris tu i? di Dio, il quale ti ha privata della fecon­
3At illa : Häbeo, inquit, famulam Balam : dità ? 3Ed ella disse : Io ho la serva Baia :
ingrédere ad illam, ut pariat super génua prendila, affinchè io mi prenda sulle mie
mea, et habeam ex illa Hlios. 4Deditque illi ginocchia la sua prole e da lei abbia dei
Balam in conjügium : quae, ^Ingrèsso ad se figli. 4E diede a lui Baia per moglie. G i a ­
viro, concépit, et péperit filium. 6Dixitque cobbe la prese, ed élla concepì, e partorì
Rachel : Judicävit mihi Dóminus, et exau- un figlio. 6E Rachele disse : 11 Signore ha
divit vocem meam, dans mihi filium ; et giudicato in mio favore, e ha esaudito la
idcirco appellävit nomen ejus, Dan. 7Rur- mia voce, dandomi un figlio : e perciò lo
sümque Baia concipiens péperit alterimi, chiamò col nome di Dan. 7E Baia concepì
8Pro quo ait Rachel : Comparavit me Deus di nuovo e partorì un altro figlio, 8del quale
cum soróre mea, et invalui : vocavitque Rachele disse ; 11 Signore mi ha fatto lot­
eum, Néphthali. tare colla mia sorella, e io ho vinto : e lo
chiamò Nephtali.
9Séntiens Lia quod parere desiisset, Zel- ®Lia vedendo che aveva cessato di aver
pham ancillam suam marito tradidit. 10Qua figli, diede a suo marito la sua schiava
post concéptum edénte filium, l l Dixit : Fe- Zelpha. 10E avendo questa concepito e par­
liciter ; et idcirco vocavit nomen ejus, Gad. torito un figlio, “ Lia disse ; fortuna : e
I2Péperit quoque Zelpha alterum. 13Dixitque perciò lo chiamò col nome di Gad. 12Zelpha
Lia : Hoc prò beatitudine mea : Beatam ne partorì ancora un altro. 13E Lia disse :
quippe me dicent mulieres ; proptérea ap­ Questo è per mia beatitudine, poiché le
pellävit eum , Aser. donne mi diranno beata : per questo lo
chiamò Aser.
14Egréssus autem Ruben tèmpore messis 14Ora Ruben essendo andato alla cam­
triticaeae in agrum, réperit mandragoras : pagna nel tempo che mietevasi il grano,
quas matri Liae détulit. Dixitque Rachel : trovò delle mandragore : e le portò a Lia
Da mihi partem de mandragoris filii tui. sua madre. E Rachele disse : Dammi delle
15Illa respóndit : Parüm ne tibi vidétur, mandragore di tuo figlio. 15Ella rispose : Ti
quod praeripueris maritum mihi, nisi etiam sem bra poco l ’avermi tolto il marito, che
mandragoras filii mei tu le ris? Ait Rachel : vuoi togliermi anche le mandragore del mio
Dórmiat tecum hac nocte prò mandragoris figlio? Rachele disse : Dorma egli questa
filii tui. notte con te per le mandragore del tuo figlio.

alm eno in q ualche m odo, R ebecca rico rre allo m eglio begad = p er mia fortuna. Il nom e Gad
s tesso mezzo, a cui era rico rsa Sara (V ed.X V I, significa fo rtuna. P er mia beatitudine = ebraico :
1 e s s.). Prendila in m oglie. P ren d e re su lle gi­ b e ’osri. M i chiam eranno beata ( = ebr. isse ru n i),
nocchia un neonato equivaleva a co n sid erarlo p erch è m adre di molti figli (Cf. Lue. I, 48).
com e suo e ad averlo quale figlio adottivo (L, 2 2 ; 'A s e r — b eato , felice.
Is. LXVI, 12; G iob. Ili, 12). Da lei abbia dei 14-15. Episodio, che diede occasione alla na­
figli, ebr. lett. : da lei io sarò edificata, vale a scita di nuovi figli da Lia. R uben aveva allora
dire : mi edificherò una casa, ossia famiglia q u attro anni. N el tem po che m ietevasi il grano,
(Cf. XVI, 2). cioè in maggio. M andragore (ebr. duda’im , ossi*
5-6. Rachele disse. Essa agisce come se fosse pomi d ’am ore). La pianta (Atropa m andragora,
vera m adre, e gli im pone il nom e. Ha giudicato L in n .; Mandragora vernalis, B ortolon.) a p p a r­
in mio favore, ebr. dànanni = m i ha reso giustizia. tiene alla fam iglia delle solanacee, ed è abba­
— Dan = giudice. stanza com une in P alestin a. Le su e foglie 6ono
sim ili a quelle della bietola, i fiori sono ro s so ­
7-8. N ascita di -Nephtali. Mi ha fatto lot­ pallidi, e i frutti di un bel giallo. La su a radice
ta re , ecc. (obr. na fth u le *Elohim n ifth a lth i = d ’ordinario è divisa in due parti ed ha una lon­
lett. ho lottato le lotte di Dio) colla mia sorella, tana rassom iglianza col corpo um ano e forse
L ’esp ressio n e lotte di Dio, è un su p erlativ o che perciò gli antichi attribuivano alle m andragore la
significa g randissim e lotte. Le d u e sorelle com ­ virtù di far cessare la sterilità (Cf. H etzenauer,
battevano u n ’asp ra lotta p resso Dio per o tten ere h. 1.; G esen iu s, Thesaurus linguae h e b r., ecc.,
dei figli. R achele si cred e ora vittoriosa, avendo p. 3 2 4 ; H agen, L e x . B ib .y M andragora; DicU
Lia cessato di p arto rire, e perciò chiam a il s e ­ V ig M a n d r a g o r e , ecc.). P u ò e ssere che R achele
condo figlio N ephtali (ebr. N a fth a li) che significa am m ettesse q u e st'o p in io n e popolare, e così si
mia lotta , o m eglio lotta del S ignore. s p ieg h ereb b e il su o vivo desiderio di avere i frutti
0-13. G iacobbe sp o sa Z elp h a, la quale gli p a r­ portati a casa da R uben. La Scrittura però non
torisce Gad e Aser. Lia vedendo che aveva c es­ dice nulla su q uesto punto, ma narra solam ente
salo di parto rire, fu gelosa della so re lla , e ricorre il fatto. Altri, per esem pio V igouroux, C ram pon,
allo stesso mezzo da essa usato per avere nuovi pen san o che qui si tratti non dei frutti, ma dei
figli. D iede (ebr. e gr. in isposa) a suo marito fiori di m andragora. A verm i tolto il m arito. Da
(ebr. e gr. a Giacobbe). — Fortuna = ebr. bàgad, ciò si vede che G iacobbe non si curava gran cke
oppure ba’ g a d , che significa viene la fo r tu n a , o di Lia, ma abitava piuttosto con R achele.
G e n e s i , XXX, 16-28 173

18Redeuntique ad vésperam Jacob de 16E m entre G iacobbe alla sera se ne tor­


agro, egréssa est in occtìrsum ejus Lia, nava dalla campagna, Lia le uscì incontro,
et. Ad me, inquit, intràbis ; quia mercéde e gli disse : verrai con me, perchè ti ho
conduxi te pro mandràgoris filii mei. Dor- preso a prezzo delle m andragore del mio
mivitque cum ea nocte illa. 17Et exaudivit figlio. Ed egli dormì con lei quella notte
Deus preces ejus : concepitque et péperit 17E il Signore esaudì le preghiere di lei :
filium quintum, lsEt ait : Dedit Deus mer- ed essa concepì e partorì il quinto figlio
cédem mihi, quia dedi ancillam meam viro 18e disse : Il Signore mi ha dato il premio,
meo : appellavitque nomen ejus, Issàchar. perchè diedi la mia schiava a mio m arito :
"R u rsu m Lia concipiens, pepérit sextum e gli diede il nome di Issachar. 19E di bel
filium, 20Et ait : Dotàvit me Deus dote bona : nuovo Lia concepì e partorì il sesto figlio,
etiam hac vice m ecum erit m aritus m eus, 20e disse : Il Signore mi ha dotata di buona
eo quod genuerim ei sex fxlios : et idcirco dote : anche questa volta il mio m arito starà
appellavit nomen ejus, Zàbulon. 21Post quem con me, avendogli io dato sei figli : e per
péperit filiam, nomine Dinam. questo lo chiamò col nome di Zàbulon.
21Dopo di questo partorì una figlia per nome
Dina.
22Recordàtus quoque Dóminus Rachélis, 22I1 Signore si ricordò anche di Rachele,
exaudivit eam , et apéruit vulvam ejus. e la esaudì, e la rese feconda. 23Ed essa
i3Quae concépit et péperit filium, dicens : concepì, e partorì un figlio, dicendo : Il Si­
Abstulit Deus opprobrium m eum . 24Et vo- gnore ha tolto il mio obbrobrio. 24E lo
càvit nomen ejus, Joseph, dicens : Addat chiamò col nome di G iuseppe, dicendo : il
mihi Dóminus filium àlterum . Signore mi aggiunga un altro figliuolo.
25Nato autem Joseph, dixit Jacob sócero 25Ma dopo nato G iuseppe, Giacobbe disse
suo : Dimitte me ut revértar in pàtriam , al suo suocero : Dammi licenza, che io me
et ad terram meam. 26Da mihi uxóres, et ne torni alla patria, e alla mia terra.
liberos meos, pro quibus servivi tibi, ut 26Dammi le mogli, e i miei figli, per i
abeam : tu nosti servitutem qua servivi tibi. quali ti ho servito, affinchè io me ne vada :
27Ait illi Laban : Invéniam gràtiam in tu sai quale sia stato il mio servizio. 27Laban
conspéctu tuo : experim énto didici, quia be- gli disse : Possa io trovar grazia dinanzi a
nedixerit mihi Deus propter te : 28Constitue te : io ho conosciuto alla prova, che Dio mi
mercédem tuam quam dem tibi. ha benedetto per causa tua : 2SDeterm ina tu
la ricompensa, che dovrò darti.

16-18. N ascita di Issa c h a r. Il Signore esaudì verb o Ja sa f, e significare : il Signore ha tolto (il
le p reg h ie re , ecc. Da ciò si co m p re n d e che la mio obbrobrio).
fecondità è un dono di D io, e non un effetto delle 25-26. C onvenzione tra G iacobbe e Laban (25-
m andragore. M i ha dato il p rem io (ebr. sekarì). 36). D opo che fu nato G iu s e p p e , quando cioè
Issachar significa ap p u n to avuto p e r m e rc e d e , o eran o c o m p iuti i 14 anni di servizio che aveva
a p r e z zo , o in ric o m p e n sa. Lia co n sid era q u e sto
p re stato a L aban per o tte n e re le mogli (XXXI,
figlio com e una rico m p en sa data da Dio alla lib e ­ 41). G iacobbe avendo già 91 anno (XXVII, I).
ralità, colla qjuale aveva d ato a G iacobbe la su a voleva to rn a re alla sua patria , cioè nella terra di
schiava. C h an aan . D a m m i le m ogli e i fig li, e cc ., che mi
19-20. N ascita di Z àb u lo n . Anche q uesta volta. a p p arte n g o n o , avendo io adem pito a tutte le mie
N ell’ebraico si legge so lo : q uesta v o lta . — Starà obbligazioni v erso di te.
con m e (ebr. y zb e le n i, donde Z eb u lu n = Z àbulon, 27-28. R isposta di L aban. P ossa io trovar, ecc.,
che significa abitazione). Lia sp erav a ch e G ia ­ ebraico e greco : se ho trovato grazia p resso di
cobbe avreb b e ora coabitato con lei. te (si deve su p p lire ) rim ani ancora presso di m e.
21. N ascita di D ina. D ina (fem m inile di D an , Laban non m irava che al suo in te re sse , com e
v e rsetto 6), significa giudicata. G iacobbe ebbe m o stran o le p arole s e g u e n ti. H o conosciuto alla
anche altre figlie (XLVI, 7), ma viene ricordata p rova. Il verbo ebraico n ih ashthi nella S crittura
ha q u asi s em p re il sen so di conoscere p er via di
per nom e solo D ina a m otivo dei fatti n arrati al
capo XXXIV. a u g u ri, ed è probabile che tale sia qui il su o
significato. L aban riconosceva la h v e h com e il Dio
22-24. N ascita di G iu sep p e . Si ricordò. Dio di G iacobbe (XXXI, 29), ma p arecchie p ratiche
sem brava averla dim enticata (V ili, 4). La esaudì. s u p erstiz io se e idolatre si erano in trodotte nella
Da ciò si vede ch e essa aveva p reg ato , e posto su a casa (XXXI, 19, 32). P u ò e sse re quindi che
in Dio la su a confidenza. H a folto (ebr. Jasaf) egli sia rico rso agli au g u ri, e n ’abbia tratto la
il m io obbrobrio, cioè la sterilità, la q uale era p e rsu asio n e che Dio l ’aveva b e n ed e tto a m otivo
c o n sid erata com e un d iso n o re (Ved. Lue. I, 25). di G iacobbe (Cf. H u m m ealu er, H e tze n a u e r, C ram -
G iu sep p e (ebr. Yósef) significa aggiunga il S i­ p o n ., h. 1.). La cosa però non è c erta , poiché il
gnore, ed è in relazione con q u an to dice Rachele : d etto verbo può b enissim o significare anche c ono­
m i aggiunga (Y o s e f) il S ig n o re un altro figlio. scere p e r esp erienza. — D eterm ina tu la ricom ­
P u ò anche e sse re in relazio n e di dipendenza col p e n sa , ecc. (Cf. XXIX, 15).
174 G e n e s i , XXX, 29-34

29At ille respóndit : Tu nosti quómodo 29Ma egli rispose : Tu sai, in qual modo
servierim tibi, et quanta in m anibus meis ti ho servito, e quanto nelle mie mani sieno
fuerit posséssio tua. 30Módicum habüisti aumentati i tuoi beni. 30Avevi poco, prima
äntequam ventrem ad te, et nunc dives che io venissi da te, ora sei divenuto ricco :
efféctus es : benedixitque tibi Dóminus ad e il Signore ti ha benedetto alla mia venuta.
intróitum meum. Justum est igitur ut ali- È dunque giusto che io pensi una volta
quando provideam étiam dómui meae. 31Di- anche alla mia casa. 31E Laban gli disse :
xitque Laban : Quid tibi dabo? At ille Che ti darò io ? Ma Giacobbe replicò : non
ait : Nihil volo : sed si féceris quod postulo, voglio nulla ; ma se farai quello che io
iterum pascam, et custódiam pècora tua. chiedo, tornerò a pascere e ad aver cura
32Gyra omnes greges tuos, et sépara cunctas delle tue pecore. 32Passa in mezzo a tutti i
oves vàrias, et sparso véllere : et quod- tuoi greggi, e metti da parte tutte le pecore
cumque furvum, et maculósum, variumque varieggiate, e macchiate di pelame ; e tutto
fuerit, tam in óvibus quam in capris, erit quello che nascerà di colore fosco, e mac­
merces mea. 33Respondebitque mihi eras chiato, e vario, tanto fra le pecore come
justitia mea, quando placiti tempus advé- fra le capre, sarà la mia mercede. 33E do­
nerit coram te : et ómnia quae non fuerint mani, allorché verrà il tempo concordato
varia, et maculósa et furva, tam in óvibus tra noi, la mia giustizia mi renderà testi­
quam in capris, furti me arguent. 34Dixit- monianza : e tutto quello che non sarà va-
que Laban : Gratum habeo quod petis. rieggiato, o macchiato, o fosco, tanto di
pecore come di capre, mi dim ostrerà reo
di furto. 34Laban rispose : Mi piace quello
che domandi.

29-30. G iacobbe nella sua risp o sta m ette spt- e dei LXX, come quella che è voluta dal v er­
t ’occhio a Laban la grandezza dei servigi ch e gli setto 35. Sarà la mia m ercede. P aragonando a s ­
ha re si, e la n ecessità, in cui ornai egli si trova siem e i versetti 33, 36 (ebraico) a p p arisce chiaro
di p en sare anche a ll’avvenire della sua fam iglia. che G iacobbe non dom anda com e salario le p e ­
G iacobbe p rep ara così lo su o cero ad accettare la core nere o m acchiate e le capre bianche o m ac­
richiesta che sta per fargli (v. 31). I tuoi b e n i, chiate, che saran n o trovate tali dopo la divisione
cioè i tuoi arm en ti, o le tue p ecore, com e si ha accennata p reced en tem en te, ma bensì gli agnelli
nei LXX. S e i divenuto ricco, eb r. era poco quel m acchiettati e le cap re m acchiettate che nasceranno
che a v ev i... ma ora è cresciuto m o lto , ecc. — E dalle pecore bianche e dalle cap re nere. È pro­
dunque g iu s to , ecc., eb r. ora quando lavorerò babile quindi che siano andate perd u te le parole
anche per la mia casa ? colle quali si indicava questo salario (Cf. H etze-
32-33. P ro p o sta di G iacobbe. N o n voglio nulla naeu r, h. 1.). — D om ani, ossia in avvenire. A l­
in denaro com e prezzo del servizio p restato . Egli lorché verrà il tem po concordato tra n o i; e b ra ic o :
desidera di e sse re co m p en sato in n atu ra, e si allorché tu verrai a riconoscere il mio salario, la
dichiara pronto a co n tin u are a fare il p asto re p e r mia giustizia risponderà p e r m e. Tutto quello che
conto di Laban, purché egli accetti una condizione non sarà vaneggiato e m acchiettato tra le ca p re,
che subito e sp o n e. In tutta la narrazione seg u en te e nero tra le pecore sarà un fu rto (se venga tro ­
vi sono gravi difficoltà testu ali. Già S. G irolam o vato) p resso di m e. G iacobbe vuol dire : la giu­
si lam entava della confusione e d e ll’oscurità che stizia, che rende a ciascuno ciò che gli è dovuto,
presentan o i LXX, e tutti gli in terp reti riconoscono testificherà per m e che io non ti voglio ingannare,
che anche la versione di S. G irolam o su parecchi poiché il mio salario, ossia le pecore e le capre
punti lascia molto a d esid erare. Ecco com e va non sono cose che si possano nascondere, tu
tradotto il versetto 32, secondo l ’ebraico : io p a s­ potrai subito vedere che colore hanno, e tutte
serò oggi in m ezzo a tutti i tuoi g reg g i, m ettendo le cap re non varieggiate, e le pecore non n ere,
da parte fra gli agnelli tutto quello che è v a n e g ­ che si tro v assero presso di m e, m ostreranno subito
giato (piccole m acchie) e macchiato (grandi m ac­ che io non sono stato ai patti, e che le ho ru b a te .
chie) e n ero , e fra le capre tutto quello che è 34^36. Laban accetta la p ro p o sta . Ecco com e
macchiato e va n eg g ia to , e (tale) sarà il mio sa­ va tradotto il versetto 35 secondo l ’ebraico e il
lario. La pro p o sta di G iacobbe viene riten u ta assai greco : E in quel giorno (Laban) m ise da parte i
m oderata da Laban. E noto infatti che in O riente capri m acchiati e vaneggiati e tutte le capre m ac­
(Salm . CXLVI, 10; C ant. IV, 2 ; VI, 5 ; D an. chiettate e vaneggiate, tutte quelle in cui vi era
VII, 9) gli agnelli d ’ordinario so n o bianchi, e del bianco, e tutto quello che era nero fra gli
quelli m acchiettati sono u n ’eccezione, m entre al agnelli, e li affidò ai suoi figli. Labano so spettoso
contrario le cap re g en eralm en te so n o nere, e di e diffidente, lascia in cura a G iacobbe le sole
raro bianche o m acchiettate. Sim ilm ente le pelli p ecore bianche e le sole cap re nere, affinchè egli
bianche delle pecore, e le pelli nere delle cap re non possa favorire i diversi incrociam enti e averne
hanno maggior valore, richiedendo m inore lavo­ m aggior vantaggio. Tra sè e il genero, ossia G ia­
razione per i diversi usi, in cui vengono im pie­ cobbe, com e si ha n ell’ebraico e nel greco. Il
gate. C om e si deduce d a l v ersetto 37 una tale quale pasceva, ebraico e greco : e G iacobbe
spartizione doveva aver luogo ogni anno. Passa pasceva il rim anente dei greggi di Laban , ossia
in m ezzo. B enché nell'eb raico si legga p a sse rò , le pecore bianche e le cap re n ere.
tuttavia è da p referirsi la lezione della Volgata
G e n e s i , XXX, 35-42 175

,5Et separávit in die illa capras, et oves, 35E quel giorno Laban separò le capre,
et hircos, et arietes vários, atque maculó- e le pecore, e i capri, e i montoni vaneg­
sos : cunctum autem gregem unicolórem , giati, e macchiati : e diede in governo ai
id est albi et nigri vélleris, trádidit in m anu suoi figli tutto il gregge di un sol colore,
filiórum suórum . 36Et pósuit spátium itíne- cioè di pelo bianco e nero. 36E pose la di­
ris trium diérum inter se et génerum , qui stanza di tre giorni di viaggio tra sè e il
pascébat réliquos greges ejus. genero, il quale pascolava il rim anente dei
suoi greggi.
S7Tollens ergo Jacob virgas popúleas ví- 37Giacobbe adunque prese delle verghe
rides, et amygdálinas, et ex plátanis, ex verdi di piòppo, e di mandorlo e di platano,
parte decorticávit eas : detractísque cor- e ne levò parte della corteccia : levata la
tícibus, in his, quae spoliáta fúerant, candor quale, dove le verghe erano spogliate, spiccò
appáruit : illa vero quae íntegra fúerant, il bianco : e dove non erano state toccate
virídia perm ansérunt : atque in hunc mo- rim asero verdi : onde in tal guisa risultò
dum color efféctus est várius. 38Posuítque vario colore. 38E le pose nei canali, dove si
eas in canálibus, ubi effundebátur aqua : gettava l'acqua : affinchè quando le pecore
ut cum veníssent greges ad bibéndum , ante fossero venute a bere, avessero dinanzi agli
óculos habérent virgas, et in aspéctu earum occhi le verghe, e concepissero rim iran­
concíperent. dole.
39Factúm que est ut in ipso calóre cóitus, 33E avvenne, che le pecore essendo in
oves intueréntur virgas, et pàrerent macu- calore miravano le verghe, e figliavano
lósa, e t vària, e t divèrso colóre respérsa. agnelli macchiettati e varieggiati e sparsi
40Divisitque gregem Jacob, et pósuit virgas di diverso colore. 40E Giacobbe divise il
in canálibus ante óculos arietum : erant gregge, e pose le verghe nei canali davanti
autem alba et nigra quaeque, Laban : cé- agli occhi dei capri : ed erano di Laban
tera vero, Jacob, separàtis inter se gré- tutti i bianchi e i neri : gli altri poi erano
gibus. 41Igitur quando primo tèm pore ascen- di Giacobbe, avendo i greggi separati tra
debántur oves, ponébat Jacob virgas in ca­ loro. 41 Quando adunque alla prim avera le
nálibus aquárum ante óculos arietum et pecore dovevano concepire, Giacobbe m et­
óvium, ut in eárum contem platióne con­ teva le verghe nei canali d ell’acqua di­
cíperent : 42Quando vero serótina admis- nanzi agli occhi dei montoni e delle pecore,

37-39. S tratag em m i usati da G iacobbe (37-43). cobbe separò gli agnelli, e m ise il m ontone
P rim o stratag em m a (37-39) p er o tte n e re dal gregge biancastro davanti alle p e c o r e , e tutto quello
di Laban agnelli e c ap retti m acchiettati. Q uesto che era vaneggiato tra gli agnelli, e da sè
mezzo si fonda su lla g ran d e influenza ch e e s e r­ ste sso si m ise da parte delle g reg g e , e non le
cita l’im m aginazione fo rtem en te eccitata n e ll’atto m escolò colle pecore di Laban. In gen erale si
della generazione. Se tale sp ieg azio n e non b asta vuol d ire che G iacobbe se p a rò le pecore e le
a d a r ragione del fatto , allora si deve ric o rrere a cap re di colore vario dal gregge di L aban. F a­
uno sp eciale in terv en to di Dio (Ved. XXXI, 7-9). cendo qualche m utazione, n e ll’ ebraico si può
Pioppo bianco, o p p u re s to ra ce . In q u e s t’ ultim o avere q u esto s en so : G iacobbe se p a rò le r^ c o re
caso s i tra tte re b b e della S ty ra x offìcinalis. — S e e le c ap re, e pose nel prim o arm ento del gregge
levò p a rie , ecc., ebraico : vi fe c e delle scorzature tu tto q u ello che era m acchiato e nero tra le
bianche, m etten d o a nudo il bianco che è nelle greggi di Laban, e si fece un gregge se p a ra to
verghe. Le p aro le dove non erano state toc- p e r s è , e non Io unì al gregge di Laban (C f. H etze-
caie , e cc., m ancano nelP eb raico . I v e rsetti 38- n a u er, h. 1.). Altri però (Alurillo, C ra m p o n , ecc.ì
39 vanno trad o tti seco n d o l ’ebraico. E piantò le atte n en d o si al te sto ebraico pen san o che G ia ­
verghe così scorzate davanti alle p ecore n ei canali cobbe facesse cam m inare davanti al gregge le
e negli a b b evera to i, ove le p eco re venivano a p ecore e le capre m acchiettate, affinchè p o te s­
be re , ed esse entravano in calore quando v e n i­ se ro ese rc ita re su l re s to del gregge la ste s s a
vano a bere (39). E le p ecore si accoppiavano influenza, che avevano e sercitato le verghe, a cui
davanti (o p resso ) le v erg h e , e figliavano agnelli si era levata p arte della corteccia. Q u e s t’ultim a
varieggiati, m acchiati, ecc. sp ieg azio n e ci sem bra la m igliore.
40. A ltro stratag em m a u sato da G iacobbe. Le 41-42. T erzo stratagem m a u sato per aver un
divergenze tra l ’ebraico e le versioni, e fra le gregge ro b u sto , e non d e sta re so sp e tti p re sso
versioni tra loro, non che la costruzione oscura L aban. Q uando alla prim avera le pecore, ecc.,
e il sen so della frase q u a si indecifrabile, m o­ eb r. ogni qual volta le pecore robuste entravano
stra n o che q u e sto v ersetto è p ro b ab ilm en te c o r­ in calore, il che avviene nella prim avera. Q uando
ro tto , e ch e è assai difficile po terlo e m en d are. p o i d 'a u tu n n o , e cc ., ebr. quando poi le pecore
Ecco la traduzione d e ll’ebraico : E G iacobbe s e ­ erano d e b o li, il che avviene n e ll’autu n n o . In
parò gli agnelli, e fe c e volgere la faccia del O rien te le p ecore figliano due volte a ll’anno. O ra
gregge verso tutto quello che era m acchiato e seco n d o le opinioni dtfgli antichi, gli agnelli co n ­
tutto quello che era nero nel gregge di L a b a n , cepiti in prim avera e nati n e ll’autunno erano più
e m ise da parte le su e g reg g e , e non le riunì ro b u sti che quelli concepiti in autunno e nati in
Q-l gregge di Laban. Nei LXX si legge : G ia­ p rim av era. P erciò G iacobbe non applica il su o
176 G e n e s i, XXX, 43 — XXXI, 7

siira erat, et concéptus extrém us, non po- affinchè queste concepissero guardando le
nébat eas. Fáctaque sunt ea quae erant verghe. 42Quando poi d ’autunno le pecore
serótina, Laban : et quae primi témporis, concepiscono per la seconda volta, non
Jacob. °D itatusque est homo ultra modum, metteva le verghe. E le pecore concepite
et hábuit greges multos, ancillas et ser­ n ell’ autunno erano di Laban : e quelle
vos, camélos et ásinos concepite la primavera erano di Giacobbe.
° E d egli divenne ricco oltre m isura, e
fece acquisto di molti greggi, di serve e
6ervi, di cammelli e asini.

C A P O XXXI.

Giacobbe fu g g e dalla Mesopotamia, 1 -18 . — Laban lo insegue, 19-24. — Rimproveri


di Laban, sdegno di Giacobbe e alleanza conchiusa, 25-55.

JPostquam autem audivit verba flliórum *Ora dopo ciò Giacobbe udì le parole dei
Laban dicéntium : Tulit Jacob ómnia quae figli di Laban, che dicevano : Giacobbe ha
fuérunt patris nostri, et de illius facultàte tolto tutto quello che era di nostro padre,
ditàtus, factus est inclytus : 2Animadvértit ed è divenuto potente arricchendosi dei
quoque faciem Laban, quod non esset erga beni di lui : 2Osservò ancora, che Laban
se sicut heri et nudiustértius : 3Maxime non lo guardava collo stesso occhio di
dicénte sibi Dòmino : Revértere in terram prima, 3e di più il Signore gli diceva :
patrum tuórum, et ad generatiónem tuam, Torna alla terra dei tuoi padri» e ai tuoi
eróque tecum. parenti, e io sarò con te.
4Misit, et vocavit Rachel et Liam in 4Fece adunque venire Rachele e Lia al
agrum, ubi pascébat greges, 5Dixitque eis : campo, dove egli pasceva i greggi, 5e disse
Video faciem patris vestri, quod non sit loro : Io vedo, che il padre vostro non mi
erga me sicut heri et nudiustértius : Deus guarda collo stesso occhio di prima : ma
autem patris mei fuit mecum. 6Et ipsae il Dio di mio padre è stato con me. 6E voi
nostis quod totis viribus m eis servierim sapete come ho servito al vostro padre con
patri vestro. 7Sed et pater vester circum- tutto il mio potere. 7Ala il vostro padre mi
vénit me, et mutavit mercédem meam de­ ha ingannato, e ha mutato dieci volte la
cern vicibus : et tamen non dim isit eum mia mercede ; e con tutto questo Dio non

stratagem m a delle verghe che in prim avera, sia dello s tesso Laban, che non lo guardava più com e
per avere così un gregge ro b u sto , e sia per non p rim a ; il terzo poi e il principale è il com ando
destare s o sp e tti in Laban. di Dio. La terra dei padri è C hanaan.
4. Fece venire le su e due mogli per avere con
43. D ivenne ricco oltre m isura. Tale è il ri­
e sse com e un consiglio di fam iglia. Si osservi
sultato degli stratag em m i u sati. P e r giudicare
com e R achele sia nom inata la prim a. Al ca m p o ,
della m oralità dei procedim enti di G iacobbe si
dove era più facile m antenere il seg reto e non
deve tener conto di tu tte le circostanze. Egli ha
d estare so sp e tti. 7 greggi, che gli a p partenevano
certam ente reso vantaggioso per sè il contratto
in forza della convenzione fatta con Laban.
contro l’intenzione di L aban, il quale cedette
bensì a G iacobbe le pecore di vario colore, ma 5-7. D iscorso di G iacobbe alle mogli (5-13), nel
quelle che tali fossero nate senza arte e fo r­ quale si m ettono in contrasto la condona iniqua di
tuitam ente. Se però si osserva che G iacobbe era Laban e la bontà di Dio. Il Dio di mio padre è
o p p re sso da Laban con violenza, e da lui non stato con m e , e da lui viene la m ia pro sp erità, e
poteva ottenere in altro modo la giusta m ercede quindi Laban è ingiusto nel rim irarm i di m aPoc-
delle s u e fatiche, e che Dio stesso gli su g g erì chio. S a p e te , ecc. lo non ho fatto alcun torto al
q uesto mezzo per ritra rre quanto per giustizia vostro p ad re, al contrario egli ne ha fatto a me
gli sp ettav a, ap p arirà chiaro che nel su o m odo di m utando dieci v o lte , ossia s p e s so , o il più che ha
procedere è giustificato (Ved. cap. XXXI, 9 e s s . potuto (N um . XIV, 12; Giob. XIX, 3 ; D an. VII,
Cf. A lapide, h. I.). 10) la mia m ercede (Ved. n. 41). Dio però mi ha
sem p re p ro tetto. G iacobbe non dice alle figlie di
Laban che aveva usato stratagem m i per accrescere
CA PO XXXI. le sue ricchezze, ma attribuisce tutto alla b enedi­
zione di Dio, m ostrando con ciò che Dio aveva
1-3. G iacobbe fugge dalla Alesopotam ia ( 1-1S). alm eno ap p rovato i mezzi da lui adoperati.
Nei versetti 1-3 si indicano i motivi della fuga. 8-9. Gli agnelli, ebr. i parti. Tutte le p e ­
Dopo c iò, m anca n e ll’ebraico e nel greco. Udì core, ecc., ebr. tutta la gregge fxliava parti chiaz­
le ecc. II prim o motivo è quindi l’invidia zati. L e fa coltà , ossia le greggi o il bestiam e,
dei fi gl i di Laban ; il secondo il m odo di agire come ha l’ebraico.
Anfore e g izia n e (G«n. XIV, 16).

I
G e n e s i , XXXI, 8-19 177

Deus ut nocéret m ihi. 8Si quando dixit : ha perm esso, che egli mi facesse del danno.
Vàriae erunt mercédes tuae : pariébant 8Se una volta diceva : Gli agnelli chiazzati
om nes oves varios foetus ; quando vero e saranno la tua m ercede ; tutte le pecore
contrario ait : Alba quaeque accipies pro figliavano agnelli chiazzati : quando per lo
mercéde : omnes greges alba peperérunt. contrario diceva : Tu prenderai per tuo sa­
•Tulitque Deus substàntiam patris vestri, et lario tutti gli agnelli bianchi ; tutti i greggi
dedit mihi. figliavano agnelli bianchi. 9E Dio ha toito
le facoltà del padre vostro e le ha date
a me.
10Postquam enim concéptus óvium tem- 10Quando infatti venne il tempo, in cui
pus advénerat, levavi óculos meos, et vidi le pecore dovevano concepire, alzai i miei
in som nis ascendéntes m ares super fémlnas, occhi, e vidi in sogno che i m aschi, i quali
varios et maculósos, et diversórum colo- coprivano le femmine, erano chiazzati, e
rum . "D ixitque àngelus Dei ad me in som­ macchiati e di vario colore. n E TAngelo
nis : Jacob. Et ergo respóndi : Adsum. di Dio mi disse in sogno : Giacobbe. E
12Qui ait : Leva óculos tuos, et vide univér- io risposi : Eccomi. 12Ed egli disse : Alza
sos m àsculos ascendéntes super fémina 6, i tuoi occhi e m ira come tutti i maschi,
varios, maculósos, atque respérsos. Vidi che coprono le femmine, sono chiazzati e
enim ómnia quae fecit tibi Laban. 13Ego macchiati, e di vario colore. Perocché io
6um Deus Bethel, ubi unxisti làpidem, et ho veduto tutto quello, che ti ha fatto
votum vovisti mihi. Nunc ergo surge, et Laban. 13Io sono il Dio di Bethel, dove tu
egiédere de terra hac, revértens in terram ungesti la pietra, e mi facesti il voto. Ora
nativitàtis tuae. dunque levati, e parti da questa terra, per
tornare alla terra dove sei nato.
14Responderuntque Rachel et Lia : Num- 14Rachele e Lia risposero : Forsechè ci
quid habémus residui quidquam in facultà- resta qualche cosa dei beni, e della e re ­
tibus et hereditàte domus jpatris n o stri? dità della casa di nostro p ad re? 15Non ci
15Nonne quasi aliénas reputàvit nos, et vén- ha egli forse trattate come straniere, e ven­
didit, comeditque pretium no stru m ? 16Sed dute, e non ha forse mangiato quello che
Deus tulit opes patris nostri, et eas tràdidit ci era dovuto? 16Ala Dio ha prese le ric­
nobis, ac filiis nostris : unde ómnia quae chezze di nostro padre, e le ha date a noi,
praecépit tibi Deus, fac. e ai nostri figliuoli : fa adunque tutto quello,
che Dio ti ha comandato.
17Surréxit itaque Jacob, et im pósitis li- 17Giacobbe adunque si levò, e messi i
beris ac conjugibus suis su p er camélos, figliuoli e le mogli sopra i cammelli, se ne
àbiit. 18Tulitque omnem substàntiam suam , parti. 1SE prese tutto il suo, e i greggi, e
et greges, et quidquid in Mesopotàmia ac- tutto quello che aveva acquistato nella Ale-
quisierat, pergens ad Isaac patrem suum in sopotamia, e si incamminò verso il suo
terram Chànaan. padre Isacco nella terra di Chanaan.
19Eo tèmpore ierat Laban ad tondéndas 19Laban in quel tempo essendo andato a

13 S u p . XXVIII, 18.

10-13. C o n ferm a la su a ultim a afferm azione Forsechè, ecc. E sse afferm ano di non aver più
(v. 9) racco n tan d o u n a visione avuta (10-12). alcuna co m u nione colla casa del loro p a d re , e
S tando al co n testo (v. 8 e 12) s em b ra più p ro ­ di non p o te rsi atte n d ere qualche cosa del p a tri­
babile che q u e sta visione abbia av u to luogo non m onio p a te rn o , p erch è furono tra tta te non come
prim a della convenzione fatta con L aban, m a poco figlie, ma com e s tra n ie re e vendute a caro prezzo
prim a che G iacobbe ch iam asse a sè le m ogli, e (14 anni di servizio. C f. XXX, 18 e s s . ) ; e di più
si d isp o n esse a p a rtire. Con essa D io veniva a L aban ha m angiato, ossia ha riten u to , per sè
m ostrare che la ricchezza di G iacobbe più che quello ch e loro era dovuto com e com penso della
agli stratag em m i da lui u sati era d o vuta alla s p e ­ lunga serv itù di G iacobbe. C he se hanno delle
ciale provvidenza ch e di lui Egli aveva avuto. ricchezze, non le hanno ricevute dal padre, ma
H o v ed u to , ecc. Di q u i si im para che la m a n su e ­ da D io, il quale m erita bene di e sse re ubbidito.
tudine e la pazienza nel so p p o rta re le ingiurie 17-18. G iacobbe p arte im m ediatam ente p o r­
trae con sè la benedizione di D io. Il Dio di tan d o con sè tutto quello che gli a p p artie n e,
B e th e l, ecc. (Cf. XXVIII, 18 e s s.). L eva ti, ecc. ricchezze, non le hanno ricevute dal padre, ma
Q u e st’ordine di Dio è quello s te s s o ch e fu accen ­ in O rien te, quando si em igra da uno all’altro
nato al versetto 3. luogo. iM esopofam ij, ebr. Paddan *A ra m .
14-16. R isposta di R achele e di Lia. Anche 19-20. Laban insegue G iacobbe (19-24). E s ­
esse si lam entano d e ll’ingiustizia del loro p ad re, e sendo a n dato, ecc. Siccom e le pecore di Laban si
am m irano la bontà di Dio v erso di G iacobbe. trovavano assai distanti da quelle di G iacobbe

12 — Sacra B ib b ia , vol. III.


178 G e n e s i , XXXI, 20-29

oves, et Rachel furata est idola patris sui. tosare le pecore, Rachele rubò gl’ idoli di
20Noluitque Jacob confiteri socero suo quod suo padre. 20E Giacobbe non volle far nota
fugeret. 21Cumque abiisset tam ipse quam al suo suocero la sua fuga. 21Ma partito
6 mnia quae juris sui erant, et amne trans- che egli fu con tutto quello, che gli appar­
misso pergeret contra montem Galaad, teneva, m entre, passato il fiume, si avan­
22Nuntiatuin est Laban die tertio quod fu­ zava verso il monte Galaad» 22fu portata il
geret Jacob. 23Qui, assumptis fratribus suis, terzo giorno a Laban la nuova che Giacobbe
persecutus est eum diebus septem : et com­ fuggiva. 23Ed egli, avendo presi con sè i
prehends eum in monte Galaad. 24Viditque suoi fratelli, lo inseguì per sette giorni : e
in somnis dicentem sioi Deum : Cave ne lo raggiunse sul monte di Galaad. 24E vide
quidquam aspere loquaris contra Jacob. in sogno Dio, che gli diceva : Guardati dal
dire qualche parola aspra contro Giacobbe.
25jam que Jacob extenderat in monte ta- 25E Giacobbe aveva già tesa la sua tenda
bernacultim : cumque ille consecutus fuis- sul monte : e Laban avendolo raggiunto coi
set eum cum fratribus suis, in eodem monte suoi fratelli, piantò la sua tenda sullo stesso
Galaad fixit tentorium. 2CEt dixit ad Jacob : monte di Galaad. 2CE disse a Giacobbe :
Quare ita egisti, ut clam me abigeres filias Perchè hai tu agito in tal guisa, menando
meas quasi captivas gladio? 27C ur ignorante via furtivam ente le mie figlie, come pri­
me fugere voluisti, nec indicare mihi, ut gioniere di g u erra? 27Perchè hai tu voluto
pros^querer te cum gaudio, et canticis, et fuggire senza che io lo sapessi, e non hai
tvmpanis, et citharis? 28Non es passus ut voluto avvertirmi, affinchè ti accomiatassi
oscula'rer filios meos et filias : stulte ope- con festa, e cantici, e timpani, e c e tre ?
ratus es : et nunc quidem 29Valet nianus 2*Non mi hai perm esso di dare un bacio
mea reddere tibi malum : sed Deus patris a ’ miei figli, e alle mie figlie : ti sei dipor­
vestri heri dixit mihi : Cave ne loquaris tato da stolto : e adesso certamente 29io

29 Inf. X LVIII, 16.

(XXX, 36), e il tosarle richiedeva un tem po n o te­ se re p erco rsa dai cam m elli di Laban, che
vole, si co m p ren d e che l ’assenza di Laban dalla cam m inavano a m arcie forzate. G iacobbe coi
casa doveva esse re abbastanza pro lu n g ata. M entre greggi su o i im piegò più tem po, ma egli era p a r­
però G iacobbe non portò con sè che quel che tito parecchi giorni prim a. G uardati, ecc. Dio
era 6uo, Rachele invece ru b ò gli idoli (ebraico interviene in favore di G iacobbe. V ietando a
theraphim ) di su o pad re. L ’etim ologia del nome L aban d i p a rla r m ale contro G iacobbe, Dio gli
Theraphim è incerta, ma è fuor di d u b b io che proibisce ancora di recargli qualche danno. N el­
con esso vengono indicati alcuni idoli, o divinità l ’ebraico si legge : E Dio venne in sogno a
dom estiche, analoghi ai P en ati dei Rom ani, dalla Laban V A ram eo, e gli d isse : G uardati dal dir
forma um ana più o m eno caratterizzata, e dalle qualche cosa a G iacobbe, nè in b en e, nè in m ale.
più varie dim ensioni (Cf. I Re, XIX, 13). Q uelli, C on q u e ste parole Dio proibisce a Laban di ad o ­
di c ui si parla in questo luogo, dovevano e sse re p e ra rsi affinchè G iacobbe rito rn i sulla determ i­
piccoli (Cf. v. 34) Non sap p iam o se si re n d e sse nazione p resa.
loro un culto pro p riam en te d etto , ma è certo che
si ricorreva ad essi per co n su ltare l ’avvenire e 25. Alleanza conchiusa tra G iacobbe e Laban
com piere atti di magia e di su p erstizio n e (Ved. (25-35). D apprim a si indica la posizione dei due
G iud. XVIII, 2 9 ; Ezech. XXI, 2 1 ; Zach. X, 2). accam pam enti. Si trovavano am bedue sul G alaad.
P u ò essere che Rachele li abbia ru b ati, affinchè 26-30. R im proveri di Laban, nei quali si fa ,
Laban consultandoli non venisse a conoscere dove m ostra di una grande affezione paterna e di una
essi erano fuggiti (H um m elauer), o p p u re affine grande ipocrisia. Egli sap ev a b e n t di aver dato
di o ttenere un p ro sp ero viaggio (S. Giov. C ris., occasione alla fuga di G iacobbe colla su a d u ­
A lap.), o p p u re affine di consultarli essa stessa rezza e la su a avarizia, ma ora non si p re o c c u p i
(G ius. FI.), o anche sem plicem ente perchè erano di ciò, e cerca di m ostrare che il torto è tutto
d ’oro (P ererio), o per togliere al padre u n ’occa­ dalla parte di G iacobbe. Affinchè ti accom ia­
sione di idolatria (S. B asilio). Il v ersetto 20 s e ­ tassi, ecc., com e si suole fare anche oggi in
condo l ’ebraico va tradotto : E G iacobbe ingannò O rien te. Laban, benché guardasse di m al’occhio
Laban A ram eoy non inform andolo della sua fuga. G iacobbe, sa fingersi suo intim o am ico. Ai m iei
L ett. Giacobbe rubò il cuore di Laban A ra m eo ,ecc. figli, ossia ai miei nipoti nati da te. Ti sei dipor­
21-24. Laban avvertito finalm ente 'della fuga dì tato da stolto, perchè io, valendom i della mia
G iacobbe, lo insegue. Il fium e è l ’E ufrate. Il autorità di capo di fam iglia, potrei farne v en ­
m onte di G alaad, cosi chiam ato per anticipazione detta. Laban è però c ostretto a confessare che
(Ved. vv. 46-47), si trova all’Est del G iordano, Dio gli im pedisce di far alcun male a G iacobbe
e si esten d e verso Nord sin o al Libano e verso (Cf. v. 24). P erchè m i hai rubato, ecc. L ’ultima
il Sud sin o al fiume Iaboc. I suoi fratelli, ossia accusa co n tro G iacobbe è quella di e sse rsi fatto
i suoi paren ti, e forse anche i serv i, ecc. Per reo di furto. I m iei dèi. D ovevano valere ben
sette giorni. La distanza da H aran a G alaad è poco qu esti dèi, che non han sap u to difendersi
di circa 640 chilom etri, che potè ben issim o e s ­ da un furto.
G e n e s i , XXXI, 30-35 179

contra Jacob quidquam dúrius. 30Esto, ad potrei renderti del male : ma il Dio del
tuos ire cupiébas, et desidèrio erat tibi do- padre vostro ieri mi disse : Guardati dal
mus patris tui : cur furátus es deos m eos? parlare con asprezza contro Giacobbe.
30Sia pure che tu desideravi di andartene
a trovare i tuoi, e ti stimolava il desiderio
della casa di tuo padre : perchè mi hai
rubati i miei d è i?
3IRespondit Jacob : Quod inscio te pro- 31Giacobbe rispose : Io sono partito a
fectus sum , timui ne violenter auferres filias tua insaputa, perchè temei, che mi rapissi
tuas. 32Quod autem furti me a rg u is : spud per forza le tue figlie. 33Quanto poi al
quemcumque inveneris deos tuos, necetur furto, di cui mi rim proveri : chiunque sia
coram fratribus n o s tris ; scrutare, quidquid colui, presso del quale ritroverai i tuoi
tuorum apud me inveneris, et aufer. Haec dèi, sia messo a morte alla presenza dei
dicens, ignorabat quod Rachel furata esset nostri fratelli : cerca dappertutto, e prendi
idola. pure tutto quello che di tuo troverai presso
di me. Dicendo questo, egli ignorava :he
Rachele avesse rubato g l’idoli.
33Ingressus itaque Laban tabernäculum Ja­ 33Laban adunque entrato nella tenda di
cob et Liae, et utriüsque fämulae, non inve- G iacobbe, e di Lia, e delle due schiave,
nit. Cum que intrasset tentorium Rachelis, trovò nulla. Ma essendo egli entrato nella
34Illa festinans abscöndit idöla su b ter stra- tenda di Rachele, 34ella nascose in fretta
menta cameli, et sedit desuper : scrutanti- g l’idoli sotto il basto di un cammello, e
que omne tentorium , et nihil invenienti, si sedette sopra : e frugando egli tutta la
35A it: Ne irascätur dominus m eus, quod tenda senza trovarli, 35ella disse : Non si
coram te assurgere nequeo : quia juxta con- sdegni il mio signore, se non posso alzarmi
suetüdinem fem inärum nunc äccidit mihi. alla tua presenza : perocché ho adesso il
Sic delüsa 6ollicitudo quaerentis est. solito incomodo delle donne : così fu delusa
l ’ansietà con cui egli cercava.

31-32. G iacobbe giustifica la su a fuga col ti­ si lagna di aver dovuto tollerare una sì ingiusta
m ore più che fondato di v edersi ra p ire con vio­ p erq u isizio n e, affine di provare la s u a innocenza
lenza le mogli da L aban lo ro pad re. N ell’ebraico (36-37), e di aver dovuto per tanti anni s o p p o r­
il versetto 31 suona c o s ì: G iacobbe rispose e tare una sì d ura serv itù (38-41). P er questo sono
disse a Labari: p erchè te m e tti, p oiché d is si: che s ta to , ecc., ebr. sono già v en ti anni che ho p a s­
talora tu non m i rapissi le tue figlie. I LXX a g ­ sato con te. — S o n fu rono sterili, ebr. non hanno
giungono : e tu tti i m iei beni. — Q uanto p o i al a b o rtito, com e s p e s so avviene p e r colpa dei p a ­
fu r to , di cui m i rim proveri. Q u este parole m an ­ sto ri. S o n ti ho fatto vedere, ecc., e b r. io non
cano n e ll’ebraico e nel greco. G iacobbe ad ogni ti ho portato ciò che era lacerato dalle b estie, ma
modo p rotesta co n tro l'ac c u sa di fu rto , e in prova 10 lo p a g a v a ; tu e sigevi da m e quello che era
della 6ua innocenza autorizza Laban a fare una stato rubato di gio rn o , e quello che era stato
inchiesta. Sia m esso a m o rte. La gravità della rubato di n o tte. S econdo P E sodo, XXII, 10 e s s .,
pena m ostra che G iacobbe era p e rsu a so non solo 11 g u ard ian o delle pecore non era re sp o n sa b ile
della su a innocenza, ma anche di quella di tu tti verso il s u o p a drone di una bestia lacerata dalle
i suoi. Alla presen za dei no stri fratelli. Alcuni fiere, s e poteva portargli qualche m em bro lacero
uniscono q u este parole con quel che seg u e : di e ss a , e n e p p u re di una bestia rubata da la ­
cerca alla p rese n za , ecc. D icendo q u e sto . Q u este d ri, ecc. A rso dal caldo e dal gelo. N ella Siria
parole m ancano n e ll’ebraico e nel greco. vi è g ran d e differenza di te m p e ra tu ra tra il giorno
33-35. Inutile ricerca fatta da L aban. Il b a sto, e la n o tte, e a un calore soffocante succedono in
o la sella. Si tratta di una sp ecie di lettiga che certi m esi delle notti fred d issim e. Il v e rsetto 41,
si poneva sul d o rso dei cam m elli, nella quale s eco n d o l’eb raico, va tra d o tto : Ecco ven ti anni
prendevano p o sto le donne e i fanciulli. Era che so n o in casa tu a ; ti ho servito quattordici
m unita di tende che serv iv an o non so lo co n tro il anni p e r le tue due fig lie , e sei anni per le tue
sole e il ven to , ma anche co n tro gli sg u ard i dei g reg g e , ecc. H ai cam biata p e r dieci v o lte , ecc.
curiosi. S e non p o sso alzarm i, com e d eve fare Q u e st’ultim e parole possono p re n d e rsi anche in
una figlia alla p resen za del s u o p ad re (Lev. XIX, se n so s tre tto . La divisione del bestiam e facen ­
32). Il so lito , ecc., eufem ism o evidente (Ved. Lev. dosi d u e volte a ll’anno, Laban quando vedeva
XV, 19 e s s .). N e ssu n o poteva toccare una donna che la p a rte toccata a G iacobbe era se m p re più
in tale sta to senza c o n tam in arsi, e restav a p u re v an tag g io sa, non voleva più s ta re alla co n v en ­
contam inato chi toccava una cosa che essa avesse zione fatta, e se ne doveva fare u n ’altra. C osì
toccato. Si co m p ren d e quindi che Laban non la cosa durò p er cinque anni interi, al sesto anno
abbia frugato nella lettiga. La v ersione della Vol­ poi G iacobbe fuggì (Ved. n. v. 8). — C olui che
è tem u to da Isa c co , ebr. lett. il terrore di Isa cco ,
gata dei versetti 33-35, ben ch é fedele q u anto al
sen so , non è però letterale. m etonim ia che indica l’oggetto del tim ore d ’Isacco
(Ved. Is. V ili, 13) ed equivale a Dio di Isacco.
36-42. Vivo sdegno di G iacobbe per il modo Ieri ti ha sgridato, ebr. la notte passata ha gir-
di procedere di L aban. Con parole concitate egli dicato tra di noi (Ved. v. 24).
180 G e n e s i , XXXI, 36-48

36Tuménsque Jacob, cum jurgio ait : 36Allora Giacobbe sdegnato disse con
Quam ob culpam meam, et ob quod peccà- rimprovero : Per quale mia colpa, o per
tum meum sic exarsisti post me, 37Et scru- quale mio peccato mi hai tenuto dietro con
tàtus es omnem supelléctilem m eam ? Quid tanto calore 37e hai frugato tutta la mia
invenisti de cuncta substdntia domus tu ae? suppellettile? Che hai tu trovato di tutte
Pone hic coram fratribus meis, et fràtribus le cose di casa tu a ? mettilo qui alla pre­
tuis, et judicent inter me et te. 38Idcirco senza dei miei fratelli, e dei tuoi fratelli,
viginti annis fui tecum ? Oves tuae et caprae e essi siano giudici tra me e te. 38P er que­
stériles non fuérunt, arietes gregis tui non sto sono stato venti anni con te ? Le tue
comèdi : 39Nec captum a béstia osténdi tibi, pecore, e le tue capre non furono sterili,
ego damnum omne reddébam : quiquid furto io non ho mangiato gli arieti del tuo gregge :
peribat, a me exigébas : 40Die noctuque 39Io non ti ho fatto vedere ciò che le fiere
aestu urébar et gelu, fugiebàtque somnus avevano rapito : io pagava tutto il danno :
ab óculis meis. “ Sicque per viginti annos tu esigevi da me tutto quel, che era ru­
in domo tua servivi tibi, quatuórdecim prò bato : 40giomo e notte era arso dal caldo
fìliàbus, et sex prò grégibus tuis : im m u­ e dal gelo, e il sonno fuggiva dai miei
tasti quoque mercédem meam decem vici- occhi. 41E in tal guisa ti ho servito in
bus. 42Nisi Deus patris mei Abraham, et casa tua per venti anni, quattordici per le
timor Isaac, affuisset mihi, fórsitan modo figliuole, e sei per i tuoi greggi : e tu hai
nudum me dim isisses : afflictiónem meam anche per dieci volte cambiato la mia
et labórem mànuum meàrum respéxit Deus, mercede. 42Se il Dio del mio padre Abra-
et àrguit te heri. hamo, e colui, che è temuto da Isacco, non
mi avesse assistito, mi avresti forse adesso
rimandato nudo : Dio ha mirato la mia
afflizione, e la fatica delle mie mani, e
ieri ti ha sgridato.
43Respondit ei Laban : Filiae meae et filii, 43Laban gli rispose : Le mie figlie, e i
et greges tui, et omnia quae cernis, mea figli, e i tuoi greggi, e quanto tu vedi,
s u n t; quid possum facere filiis et nepotibus sono cosa mia : che posso io fare contro i
m eis? 44Veni ergo, et ineamus foedus : ut figli, e i miei n ip o ti? 44Vieni adunque, e
sit in testimonium inter me et te. 45Tulit facciamo u n ’alleanza, che serva di testi­
itaque Jacob lapidem, et erexit ilium in ti- monianza tra me e te. 45Giacobbe adunque
tulum : 46Dixitque fratribus suis : Afferte la- prese una pietra, e la eresse in m onu­
pides. Qui congregantes fecerunt tumulum, mento : 48e disse ai suoi fratelli : Portate
comederuntque super eum : 47Quem vocavit delle pietre. Ed essi radunatene parecchie,
Laban Tumulum testis : et Jacob, Acervum ne fecero un mucchio, e mangiarono sopra
testimonii, uterque juxta proprietatem lin­ di esso. 47E Laban lo chiamò il Mucchio
guae suae. del testimone, e Giacobbe, il Mucchio della
testimonianza, ciascuno secondo la pro­
prietà del suo linguaggio.
48Dixitque Laban : Tiimulus iste erit testis 48E Laban disse : Questo mucchio sarà
inter me et te hódie : et idcírco appellátum oggi testimone tra me e te : e per questo

43-44. L aban, rappacificato, propone u n ’al­ due nom i, dei quali il prim o è aram aico e il s e ­
leanza. Le m ìe figlie, ecc., ebr. queste figlie sono condo ebraico, hanno la s te s s a significazione =
m ie figlie, q u esti figli m iei fig li, qu este gregge mie a m ucchio della testim onianza o del testim one.
g regge, e tutto quello che tu vedi è m io. C he cosa Da ciò si vede che nella A \esopotam ia, patria dei
farò io oggi a q u este mie fig lie, ad esse o ai P atriarch i, si parlava l ’aram aico, m entre invece
figli che esse hanno generato ? G iacobbe non ha nella P alestina si parlava un dialetto ebraico,
da tem ere. Laban non può far del male a sè che la fam iglia di A bramo non tardò ad a p p re n ­
stesso , e quindi non potrà recar nocum ento d ere dai C ananei o dai Fenici. Ciascuno s e ­
a quanto ap p artien e a G iacobbe, poiché egli co n ­ condo, ecc. Q ueste parole m ancano n ell’ebraico
sidera tutto com e se a p p arte n esse a s è stesso . e nel greco.
Serva di testim o n ia n za , in quanto sarà congiunta 48-53. Laban spiega la significazione del cippo
coll’erezione di un m onum ento (48). eretto e del m ucchio di p ietre. Q uesto m ucchio
45-47. Erezione di un m onum ento in seg n o del­ sarà, o m eglio è, oggi testim one d e ll’alleanza
l’alleanza. In m o n u m en to . L ’ebraico co rrisp o n d en te conchiusa tra me c te. Galaad, dall’ebr. gal =
ìndica un cippo (Ved. n. XXVIli, 19). N e fecero cum ulo, m ucchio, e *ed = testim one. Le parole
un m ucchio atto rn o al cippo eretto da G iacobbe. cioè m ucchio del te stim o n e, m ancano n e ll’ebraico
.Mangiarono sopra di esso in seg n o di amicizia. e nel greco. Il versetto 49 secondo l ’ebraico va
Il convito qui accennato è p robabilm ente quello tradotto : (fu dato a quel m ucchio il nom e di
stesso che è ricordato al v ersetto 54. 11 versetto G alaad), e anche di M izpah, perchè Laban aveva
47 secondo l’ebraico va tradotto : Laban lo chiam ò d etto : Il Signore s o n a g li o riguardi m e e te,
yegar-^aha lu ta , e Giacobbe lo chiam ò G al'ed. I quando ci sarem o separati l ’uno dall'altro. La
G e n e s i , XXXI, 49 - XXXII, 2 181

est nomen ejus Galaad, id est, Tum ulus fu dato a quel mucchio il nome di Galaad,
testis. 49Intueàtur et jüdicet Dóminus inter cioè mucchio del testimone. 49Che il Si­
nos quando recessérim us a nobis, 50Si af- gnore ci riguardi e ci giudichi, quando ci
flixeris filias meas, et si introduxeris alias sarem o dipartiti l ’uno dall’altro. 50Se tu
uxóres super eas : nullus serm ónis nostri m altratterai le mie figlie, e se oltre di esse
testis est absque Deo, qui praesens réspicit. prenderai altre mogli : nessuno è testimone
delle nostre parole, eccetto Dio, il quale
è presente e ci mira.
51Dixitque rursus ad Jacob : En tum ulus 51E disse ancora a Giacobbe : Ecco il
hie, et lapis quem erexi inter me et te, mucchio e la pietra che io ho eretto tra
52Testis erit : tum ulus, inquam, iste et lapis me e te, 52sarà testim one : questo muc­
sint in testim onium , si aut ego transiero chio, io dico, e questa pietra rendano testi­
ilium pergens ad te, aut tu praeterieris, ma­ monianza, se io passerò oltre per andare
lum mihi cogitans. 53Deus Abraham, et Deus verso di te, o se tu passerai oltre con
Nachor judicet inter nos, Deus patris intenzione di venirm i fare del male. 53I1
eorum . Juravit ergo Jacob per timorem pa­ Dio d ’Abrahamo, e il Dio di Nachor, il
tris sui Isaac : 54Immolatisque victimis in Dio del padre loro sia giudice tra di noi.
monte, vocavit fratres suos ut ederent pa- Giacobbe adunque giurò per colui che era
nem . Qui cum comedissent, m anserunt ibi. temuto da Isacco suo padre : 54E immolate
“ Laban vero de nocte constirgens, oscu- le vittime sul monte, invitò i suoi fratelli
latus e st fflios e t filias suas, et benedixit a mangiare del pane. E mangiato che eb­
illis : reversusque est in locum suum. bero, si fermarono là. 55Quindi Laban al­
zatosi, che era ancora notte, baciò i figli e
le sue figlie, e li benedisse, e se ne tornò
a casa sua.

C A P O XXXII.

Incontro di Giacobbe con degli a?igeli, 1-2 . — Precauzioni prese da Giacobbe p tr


7'iconciliarsi c o ìi E sa u , 3 -2 1. — Giacobbe lotta con un angelo, 22-32.

\Jacob quoque abiit itinere quo coéperat : 1 Anche Giacobbe proseguì il viaggio intra­
fuerüntque ei óbviam angeli Dei. 2Quos preso, e gli si fecero incontro degli Angeli

1 Inf. XLVII1, 16.

parola Mizpah significa to rre di osserv azio n e, o di N achor, sia g iu d ic e ; ossia punisca chi violerà
più in g en erale, ogni luogo un p o ’ rialzato , dal la parola d a ta . Nel testo m asso retico si ha il
quale si può sp in g ere lo sg u ard o lo n tan o . Con plurale siano giu d ic i, il che la s c e re b b e s u p p o rre
questo nom e si vuole indicare che Dio o sse rv e rà , che L aban fosse politeista. Ad ogni m odo egli
se essi m an terran n o l ’alleanza c o n tratta. Il patto ven erav a ancora il vero D io, m ettendogli forse a
giurato im pone a G iacobbe d i non m a ltra tta re le lato altri D ei. Il g reco e il sam a ritan o e la Vol­
figlie di l.aban e di non o ltrep a ssa re quel m u c­ gata h an n o il singolare.
chio di pietre con intenzione ostile. Q u e st’ultim a
53-55. C o n clusione. P er colui che era te ­
obbligazione viene im p o sta an ch e a L ab an . N e s ­
m u to , ecc. (Ved. n. 42). Il Dio di Isacco è lo
suno è te stim o n e , ecc., eb r. non un uom o è con
ste s s o che il Dio di À bram o. E probabile che
no i, guarda, Dio è testim o n e tra m e e te. Dio è
L aban non abbia giurato, avendo egli ricevuto
dunque il testim o n e d e ll’alle an z a ; Egli vede tu tto ,
da D io una sp ec ia le proibizione di far del male
e non può e sse re ing an n ato , e sap rà p u n ire chi
a G iacobbe (42). Im m o la te le v ittim e . Si tratta di
violerà la parola d ata. H o eretto. 1 figli di Laban
un vero sacrifizio, com e indicano l ’ebraico e il
avevano a n c h ’e ssi lavorato (46), m a Laban era
greco. Ad esso seg u ì il convito sac ro (XXVI, 3 0 ;
quello che aveva p reso rin izia tiv a d e ll’alleanza
E sod. XXIV, 11, ecc.). L ’uno e l’altro dovevano
(44). II v e rsetto 52 sec o n d o l ’ebraico va trad o tto :
e ss e re com e il sigillo d e ll’alleanza e un pegno
Q uesto m ucchio è te stim o n io , qu esta pietra è
di am icizia. M angiare del p a n e y ebraism o per in ­
testim o n io , che io non m i avanzerò verso di te
dicare un convito. S i fe rm a ro n o , ebr. pernottarono
oltre di q u esto m u c ch io , e che tu non avanzerai
su l m o n te. — A casa s u a , cioè in H aran .
verso di m e oltre q u esto m ucchio e q u esto m o n u ­
mento\ per fare del m ale.
Il D io co m une, cioè il Dio di A b ra m o , d a cui C A PO XXXII.
proveniva G iacobbe, e il Dio di N ach o r, fratello
di A bramo, da cui proveniva L aban, il Dio del loro 1-2. Riconciliazione di G iacobbe e di E ssu
padre, cioè il D io di T h a re , p ad re di À bram o e (XXXII, 1-XXXIII, 17). G iacobbe nel su o viaggio
182 G e n e s i , XXXII, 3-9

cum vidisset, alt : Castra Dei sunt haec : di Dio. 2E avendoli veduti disse : Quesii
et appellàvit nomen loci illius Mahanaim, sono gli accampamenti di Dio : e diede a
id est, castra. quel luogo il nome di Mahanaim, vale a dire
accampamenti.
3Misit autem et nuntios ante se ad Esau 3E mandò ancora dinanzi a sè dei messi a
fratrem suum in terram Seir, in regiónem Esau suo fratello nella terra di Seir, nella
Edom : 4Praecepitque eis, dicens : Sic lo- regione di Edom. 4E diede loro quest’or­
quimini dòmino meo Esau : Haec dicit fra- dine : Parlate così a Esau, mio signore :
ter tuus Jacob : Apud Laban peregrinàtus Queste cose dice il tuo fratello Giacobbe :
sum, et fui usque in praeséntem diem. Io ho dimorato come forestiero presso La­
sHàbeo boves, et asinos, et oves, et servos, ban, e vi sono stato sino a questo giorno.
et ancillas : mittóque nunc legatiónem ad 5Ho dei buoi, e degli asini, e delle pecore,
dóminum meum, ut invéniam gràtiam in e dei servi, e delle schiave : e adesso mando
conspéctu tuo. u n ’ambasciata al mio signore per trovar
grazia dinanzi a lui.
•Reversique sunt nuntii ad Jacob, di- 6E i messi se ne tornarono a Giacobbe,
céntes : Vénimus ad Esau fratrem tuum, e dissero : Siamo andati da Esau tuo fra­
et ecce próperat tibi in occursum cum qua- tello, ed ecco che in fretta ti viene incontro
dringéntis viris. — 7Timuit Jacob valde : con quattrocento uomini. 7Giacobbe temette
et pertérritus di visit pópulum qui secum grandemente : e pieno di ansietà divise la
erat, greges quoque et oves et boves, et gente che era con sè, e anche i greggi e le
camélos, in duas turmas, 8Dicens : Si vé- pecore e i buoi e i cammelli in due squadre,
nerit Esau ad unam turmam, et percusserit sdicendo : se Esau viene ad una squadra e
eam, alia turma, quae réliqua est, salvà- la percuote, l ’altra squadra, che resta, si
bitur. salverà.
9 Dixitque Jacob : Deus patris mei ®E Giacobbe disse : O Dio del mio padre
Abraham, et Deus patris mei Isaac : Dó- Abrahamo, e Dio del mio padre Isacco : O

incontra degli Angeli (1-2), e prende tu tte le p re ­ spedizione g u erresca. Parlate c o sì, ecc. M andando
cauzioni per riconciliarsi con Esau (3-21), e poi ad annunziare ad Esau il su o rito rn o , e chiam an­
sostiene una lotta co ll’angelo di Dio (22-32). dolo signore, G iacobbe m ostra tutto il risp e tto e
Gli si fecero inco n tro , ecc. L ibero dal tim ore la deferenza che ha per il suo frate llo ; cerca poi
di Laban, G iacobbe en tran d o in C hanaan aveva di placarne l'anim o col ricordare i lunghi anni
da tem ere il fratello E sau , ma Dio lo incoraggia p assati fuori della casa p atern a, col far notare
con una visione di angeli ordinati in cam po di b a t­ ch e ornai egli è ricco, e perciò non gli dom an­
taglia e con una prom essa di aiuto (v. 28), allo derà nulla, e non ha bisogno di alcuna c o s a ; e
stesso m odo che l’aveva incoraggiato con una col ch ied ere esp ressa m e n te la su a amicizia e il
visione di angeli che salivano e discendevano e p erdono.
con una p rom essa di soccorso quando partiva 6-8. T im ore di G iacobbe e prim e precauzioni
dalla P alestin a (XXVI11, 12 e seguenti). Q u esti p rese per salv arsi. Viene con quattrocento uom ini,
sono, ecc., ebr. è il ca m p o , ossia l ’esercito serv i, p aren ti, ecc. Non possiam o sap e re con quale
( m ahaneh ) di Dio. La forma M ahanaim è p ro ­ intenzione Esau avesse rad u n ato tanta gente, se
babilm ente un duale, che significa due accam pa­ cioè volesse sem plicem ente m ostrare al fratello
m e n ti, op p u re due eserciti o cam pi, quello degli che ornai egli era un principe potente a lui s u p e ­
Angeli e quello di G iacobbe. Altri pen san o che rio re, o p p u re se nutriva sentim enti ostili e m e­
gli Angeli fo rm assero due cam pi ai due Iati di ditasse di com batterlo apertam ente. D ivise ¡a
G iacobbe, ed altri ritengono che la form a M a­ gen te, ecc. P u r confidando in Dio, G iacobbe non
hanaim sia un singolare, e ch e indichi un solo trascura di u sare tutti i mezzi che anche la p ru ­
cam po. E certo che anche qui si afferm a la c u ­ denza um ana suggerisce.
stodia de^li angeli per riguardo agli uom ini (Cf.
Salm . XXX, 7, 8). La località indicata si trova 9-12. G iacobbe prega Dio, e cerca di re n d e r­
a ll’Est del G iordano e al Nord del laboc a poca selo propizio um iliandosi davanti a lui, ricordando
distanza dai due fiumi. E sp e sso ricordata nella I benefizi da lui già ricevuti, e la fedeltà con cui
S crittura (G ios. XXI, 3 6 ; li Re, II, 8, 12, 2 9 ; ha adem pite le prom esse e poi e sponendo quanto
ora d esidera. Torna alla tua te r r a n e e . (Ved. XXXI,
XVII, 24, 27, ecc.). Le parole : vale a dire accam ­
3). Sono in d egno, lett. sono troppo piccolo per
pam enti m ancano n e ll’ebraico e nel greco.
tu tte le m isercordie e tutta la lealtà che hai usata
3-5. A m basciata a E sau . Nella terra di Seir col tuo servo, ecc. — Passai questo Giordano
(Ved. n. XIV, 6), ossia in quella regione che fu venti anni fa, non avendo altro che il solo b a ­
poi detta di Edom , cioè Idum ea (Ved. XXV, 30). sto n e, ed ora ritorno con gran num ero di servi e
Seir era un principe H o rreo , che occupava il b estiam e, ecc. Liberam i, ecc. Ecco la dom anda
territorio edom ita prim a di Esau (XXXVI, 20-28). che fa a Dio. Uccida m adre e fig li, ossia faccia
Al m om ento di qu esta am basciata Esau non si un m assacro della mia fam iglia, e della mia
era ancora stabilito definitivam ente in Seir (XXXVI, gente. N ell’ebraico venga e percuota m e , la madre
6-8), ma vi si trovava per una em igrazione tem ­ e i figli assiem e — Tu hai d e tto , ecc. (Ved. nota
poranea, forse in cerca di pascoli, o per una XXVIII, 12 e s s.).
G e n e s i , XXXII, 10-24 183

mine, qui dixisti mihi : Revértere in ter­ Signore, che mi dicesti : Torna alla tua
rain tuam, et in locum nativitátis tuae, et terra, e al luogo dove sei nato, e io ti farò
benefáciam tibi : 10Minor sum cunctis mi- del bene : 10lo sono indegno di tutte le tue
seratióníbus tuis, et veritáte tua quam m isericordie, e della fedeltà che hai avuto
explevisti servo tuo. In báculo meo tran- per il tuo servo. Io passai questo Giordano
sívi Jordànem istum , et nunc cum duàbus col solo mio bastQne : e ora ritorno con due
turm is regrédior. n Erue me de manu fratris squadre. “ Liberami dalle mani di mio fra­
mei Esau, quia valde eum timeo : ne forte tello Esau, perocché io temo molto di lui,
véniens peretitiat m atrem cum fjliis. 12Tu che talora arrivando non uccida madre e
locútus es quod benefáceres mihi, et dila­ figliuoli. 12Tu hai detto di farmi del bene,
tares sem en meum sicut arénam m ans, quae e di dilatare la mia stirpe come l ’arena del
prae m ultitudine num eràri non potest. m are, la quale non può contarsi per la sua
moltitudine.
13Cum que dorm isset ibi nocte illa, sepa­ 13E avendo Giacobbe passato la notte in
ré vit de his quae habébat, m uñera Esau quel luogo, prese dai beni che aveva dei
fratri suo, 14C apras ducéntas, hircos vi­ doni per il suo fratello Esau, 14duecento
genti, oves ducéntas, et arietes viginti, capre, venti capri, duecento pecore, e venti
15Camélos foetas cum pullis suis triginta, montoni, 15trenta cammelle che avevano fi­
vaccas quadraginta, et tauros viginti, àsinas gliato, coi loro parti, quaranta vacche, e
viginti, et pullos eárum decem. 16Et misit venti tori, venti asine con dieci loro pu­
per manus servórum suórum singulos seór- ledri. 18E inviò per mezzo dei suoi servi
sum greges, dixitque pueris suis : Antecé- ognuno di questi greggi separatam ente, e
dite me, et sit spàtium inter gregem et disse ai suoi servi : Andate innanzi a me :
gregem. e vi sia un intervallo tra gregge e gregge.
17Et praecépit prióri dicens : Si óbvium 17E diede ordine al primo, dicendo : Se
habúeris fratrem m eum Esau, et interro- incontrerai il mio fratello Esau, e ti doman­
gàverit te, Cujus e s ? aut, Quo v ad is? aut, derà : Di chi sei tu ? oppure dove vai ?
C ujus sunt ista quae sé q u eris? 18Respon- o di chi sono queste bestie, alle quali tu
débis : Servi tui Jacob, m uñera m isit dó­ vai ap p resso ? 18Risponderai : Sono di Gia­
mino meo Esau : ipse quoque post nos cobbe, tuo servo, egli manda questi doni al
venit. I9Sim iliter dedit mandata secúndo, et mio signore Esau : ed egli stesso viene
tértio, et cunctis qui sequebántur greges, dietro a noi. 19Simili ordini diede al se­
dicens : Iísdem verbis loquímini ad Esau, condo, e al terzo, e a tutti quelli, che an­
cum invenéritis eum . 20Et addétis : Ipse davano dietro ai greggi, dicendo : Parlate
quoque servus tuus Jacob ite r nostrum in- in questo stesso modo ad Esau, quando lo
séquitur : dixit enim : Placábo illum mu- troverete. 20E soggiungerete : Il tuo servo
néribus quae praecédunt, et postea vidébo Giacobbe viene an ch ’egli dietro di noi :
illum, fórsitan propitiábitur m ihi. Giacobbe infatti disse : Io lo placherò coi
doni, che vanno innanzi, e poscia lo vedrò :
e forse mi sarà propizio.
21Praecessérunt ítaque m uñera ante eum , 211 doni adunque andarono innanzi a Gia­
ipse vero mansit* nocte illa in castris. 22Cum- cobbe, ed egli dimorò quella notte n e ll’ac-
que m ature surrexísset. tulit duas uxóres campamento. 22E alzatosi molto per tempo,
suas et tótidem fámulas, cum úndecim filiis, prese le sue due mogli, e le due schiave
et transívit vadum Jaboc. 23Traductisque con gli undici figliuoli, e passò il guado di
ómnibus quae ad se pertinébant, 24Manoit Jaboc. 23E dopo che furono passate tutte le

13-15. Dai beni che a veva, e b r. da ciò che sd eg n o di E sau. Q uella notte seguita a quella r i ­
gli veniva in m a n o. Q u este parole si riferisco n o cordata al v e rsetto 13, egli dim orò ancora in
probabilm en te alle varie cose p o sse d u te da G ia­ M ahanaim y per m odo che tra i doni e l'ultim a
cobbe. S e g u e l’en u m erazione dei vari doni da farsi sq u ad ra vi fo sse un certo intervallo.
a E sau. Trenta c a m m e lle , che avevano figliato da 22-23. G iacobbe passa il guado di labboc. Il
poco (ebr. allattanti) con i loro parti. Anche oggi- fiume la b b o c , detto oggidì O uadi ez Z e rka , è il
giorno gli Arabi bevono il latte delle cam m elle, p rin cip ale degli affluenti della riva sin istra dei
le quali q u an d o allattano h an n o perciò m aggior G io rd an o . La sua so rg en te trovasi a ll'E st di Ga-
pregio (P lin. XI, 45). Venti tori. N e ll’ebraico e Iaad, e la su a foce non lungi dal A\ar Alorto. Più
nel greco dieci tori. La p roporzione tra i m aschi tardi serv ì di lim ite tra le tribù di G ad e di Ma-
e le fem m ine è quella s te s s a ch e viene indicata n asse. G iacobbe p assò il guado m entre era ancora
p resso V arrone (D e re ru stica, II, 3). Secondo n o tte, com e indica il con testo .
l ’ebraico e il greco si ha un assiem e di 5S0 capi
di bestiam e, form anti dieci g ru p p i. 24-25. Lotta m isteriosa con un angelo. R im ase
solo su lla riva setten trio n ale del labboc, o p p u re ,
16-21. G iacobbe p ren d e ancora u n ’altra p re ­ più pro b ab ilm ente, dopo aver tra v e rsato il fium e,
cauzione affine di placare con m aggior facilità Io egli re stò un po’ addietro affine di p regare. Il
184 G en e s i , XXXII, 25-32

solus : et ecce vir luctabátur cum eo usque cose, che a lui appartenevano, 24egli si ri­
mane. mase solo : ed ecco un uomo lottò con lui
fino alla mattina.
25Qui cum vidéret quod eum superare 25Q uest’uomo vedendo che non lo poteva
non posset, tétigit nervum fémoris ejus, et superare, gli toccò il nervo della coscia, il
statim emárcuit. 2CD¡xítque ad eum : Di- quale subito restò secco. 26E gli disse : La­
mítte me, jam enim ascéndit aurora. Res- sciami andare ; che già viene l ’aurora. (Gia­
póndit : Non dimíttam te, nisi benedíxeris cobbe) rispose : Non ti lascierò andare, se
mihi. 27Ait erg o : Quod nomen est tib i? tu non mi benedici. 27Disse adunque quel­
Respóndit : Jacob. 2SAt ille, Nequáquam, l ’uomo : Qual è il tuo nom e? Egli rispose :
inquit, Jacob appellábitur nomen tuum, sed Giacobbe. 28E quegli (disse) : Il tuo nome
Israel : quóniam si contra Deum fortis non sarà Giacobbe, ma Israele : perocché
fuísti, quanto magis contra homines praeva- se sei stato forte contro Dio, quanto più
lébis? 29lnterrogávit eum Jacob : Die mihi, sarai forte contro gli u om ini? “®Giacobbe
quo appelláris nom ine? Respóndit: C ur gli domandò : Dimmi, con qual nome ti
quaeris nomen m eum ? Et benedíxit ei in chiami ? Rispose : Perchè domandi del mio
eódem loco. 30Vocavítque Jacob nomen loci n om e? E lo benedisse nello stesso luogo.
illíus Phánuel, dicens : Vidi Deum fácie ad S0E Giacobbe pose a quel luogo il nome di
fáciem, et salva facta est ánima mea. Phanuel, dicendo : Ho veduto il Signore
faccia a faccia, e la mia anima è stata sal­
vata.
3IOrtusque est ei statim sol, postquam 31E il sole gli si levò subito dopo che
transgréssus est Phanuel : ipse vero clau- aveva oltrepassato Phanuel : ed egli zop­
dicàbat pede. 32Quam ob causam non có- picava di un piede. 32Per questa ragione i
medunt nervum filii Israel, qui emarcuit in figliuoli d ’Israele fino a questo dì non man­
fèmore Jacob, usque in praeséntem diem : giano il nervo, che si seccò nella coscia di
eo quod tetigerit nervum fémoris ejus, et Giacobbe : perchè q uell’uomo toccò il nervo
obstupuerit. della coscia di Giacobbe, e (il nervo) restò
senza moto.

suo cuore doveva e sse re pieno di angoscia, p en ­ (E sod. XXXII, 10). Già viene l ’aurora, ossia a b ­
sando che tra p o co sì sareb b e incontrato con biam o lottato abbastanza tem po, com e ne è te sti­
E sau. M entre era agitato da tali p en sieri, ecco m one l’au ro ra che viene, siam o pari di forze e
apparirgli un u o m o , cioè un angelo so tto a p p a ­ non potrem o più far nulla. Con q u e ste parole
renza um ana, come si ha p resso O sea, XII, 4. l’Angelo co n fessa di esse re vinto. N on ti la­
Q u e st’angelo ra p p re sen ta v a Dio. Lottò con lui. scierò, ecc. G iacobbe aveva allora conosciuto che
Si tratta di una lotta reale, e non già di un sogno si trattav a di un e sse re su p e rio re , e quindi
e di una lotta im m aginaria, com e è dim ostrato colle lacrim e e con grande insistenza chiese e
dalla traccia reale che G iacobbe co n serv ò di e ssa . otten n e la benedizione (Ved. O s. X II, 4 e ss.)
« L ’Angelo, lasciandosi vincere in qu esta lotta, di p o ter cioè placare il fratello E sau. Q ual è il
veniva a dare una ferm a sp eran za a G iacobbe di tuo n o m e ? L ’Angelo non lo ignorava, ma prende
potere con molta maggior facilità s u p erare non occasione dalla risp o sta per m utarlo in un nuovo.
solo E sau, ma anche tutti i nemici e tutte le N o n sarà più solam ente Giacobbe (Ved. XXV, 25),
contraddizioni » (M a rtin i), com e è indicato e s p re s ­ ma Isra ele, che significa Dio c om batte , o p p u re ,
sam ente al v ersetto 2S. N on lo poteva su p e ­ secondo altri, colui che com batte con D io. D ando
rare, ecc. Dio non volle che l ’Angelo si serv isse a G iacobbe q u esto nom e, l’Angelo veniva ancoro
di tutta la sua forza nel lottare con G iacobbe. a fargli conoscere di chi egli teneva le veci.
Del re sto il fatto che l’Angelo con un sem plice P erocché sei stato fo r te , ecc. Si dà la ragione e
tocco riduce G iacobbe a non potersi più ten er la spiegazione del nom e. N ell’ebraico si legge :
in piedi, m ostra chiaram ente con quanta facilità perocché hai com battuto con Dio e cogli uom ini,
avrebbe potuto su p e ra rlo . Il nervo della coscia, e hai vinto (Ved. Rom. V ili, 31). Dio assicura
e b r. la giuntura, o l'articolazione della coscia, e così G iacobbe della vittoria. Egli non ha da tem ere
la giuntura della coscia di G iacobbe si slo g ò, E sau, le p ro m esse ricevute saran n o pienam ente
m entre q u e ll’uom o lottava con lui. Affine di non adem pite.
cadere G iacobbe dovette afferrare il lo ttatore, e P erchè dom andi del mio n o m e ? Tu lo devi già
tenerlo ben stre tto . Con ciò si vuole indicare che conoscere da qu an to ti ho d e tto ; sai che r a p ­
G iacobbe sem p re più um ile e diffidente di sè p resen to Dio (E/.), e q uesto ti basti. Altri p e n ­
stesso , s en te tutta la sua im potenza e con uno san o che l’Angelo non risponda affine di im p ri­
6forzo su p re m o si appella alla bontà e alla m i­ m ere m aggiorm ente n ell’anim o di G iacobbe il
sericordia di Dio. Si dim ostra p u re l’efficacia lato m isterioso del grande avvenim ento.
della preghiera a m uovere il cuore di Dio. 30-32. T riplice conclusione. P hanuel (ebraico
2G-29. Lasciam i andare. Ora è PAngelo che Peniél) significa faccia di D io. G iacobbe diede
prega G iacobbe a lasciarlo libero dalle su e stre tte . q u esto nome al luogo, dove aveva com battuto
Anche Dio, sdegnato contro il popolo caduto co ll’Angelo di Dio a p p arso in form a um ana. La
n e ll’ idolatria, dice a AAosè che intercede per mia anima (ehraism o equivalente a la mia vita)
esso : Lasciam i che io sfo g h i il mio fu r o re , ecc. è stata salvata. G iacobbe si m eraviglia di aver
G e n e s i , XXXIII, 1-8 185

C A P O XXXIII.

Incontro di Esau c di Giacobbe, 1 - 1 7 . — Giacobbe a Salem, 18-20.

K ievans autem Jacob öculos suos, vidit *E Giacobbe, alzando i suoi occhi, vide
venientem Esau, et cum eo quadringentos Esau che veniva avendo con sè quattrocento
viros : divisitque filios Liae et Rachel, am- uomini : e divise i figli di Lia e di Rachele,
barüm que famülärum : 2Et pösuit uträm que e delle sue schiave : 2e mise davanti le due
ancillam, et liberos eärum , in principio : schiave e i loro figli, e in secondo luogo
Liam vero, et filios ejus, in secündo loco : Lia e i suoi figli e ultimi Rachele e Giu­
Rachel autem et Joseph novissim os. 3Et seppe. 3Ed egli andando innanzi s ’inchinò
ipse progrediens adordvit pronus in te m m sette volte a terra, fino a che il suo fratello
septies, donec appropinquäret frater ejus. fu vicino.
4Allora Esau corse incontro al suo fra­
4C urrens itaque Esau öbviam fratri suo, tello, e lo abbracciò : e stringendolo al collo,
amplexätus est eum : stringensque collum e baciandolo pianse. 5E alzati gli occhi,
ejus, et ösculans flevit. 5Levatisque oculis, vide le donne e i loro fanciulli, e disse :
vidit m ulieres et parvulos eärum , et ait : Chi sono questi ? sono essi tuoi ? Rispose :
Quid sibi volunt is t!? et si ad te p ertin en t? Sono i figli, che Dio ha donati a me tuo
Respöndit : Pärvuli sunt, quos donavit mihi servo. 6E appressandosi le schiave e i loro
Deus servo tuo. 6Et appropinquäntes ancil- figli, s ’inchinarono profondamente. 7Anche
lae et filii eärum , incurväti sunt. 7Accessit Lia coi suoi figli si appressò : e dopo che
quoque Lia cum püeris suis, et cum sim i­ si furono nella stessa guisa inchinati, G iu­
liter adorässent, extrem i Joseph et Rachel seppe e Rachele si inchinarono prefonda­
adoraverunt. mente per gli ultimi.
8Dixitque Esau : Quaenam sunt istae tur- 8Ed Esau disse : Che significano queste
mae quas öbviam häbui ? R esp ö n d it: Ut squadre che ho incontrate? R ispose: (Le

veduto Dio e di non e sse re m orto (Ved. nota F arao n e : « mi pro stro sette e sette volte ai piedi
XVI, 13), poiché era com une credenza degli del re mio sig n o re » (Cf. W incler, K eilin sc h rif-
Ebrei che non si p o tesse veder Dio e vivere tliches T e x tb u c h , 1 e s s.). Il fratello fu vic in o ,
(E sod. XXXIII, 20). eb r. fu vicino al fratello. Corse in co n tro , ecc.
Il sole si levò e il cuore di G iacobbe, dopo Esatt si s e n te vinto dalTum iliazione di G iacobbe,
una notte di tan ta angoscia, dovette se n tirsi ri- e lasciandosi com m uovere d a ll’affetto fratern o , lo
confortato. Zoppicava. G iacobbe se ne accorse accoglie colla più grande e sp a n sio n e di affetto.
quando partito l ’angelo egli dovette ra g g iu n g ere baciandolo p ia n se , ebr. e lo baciò e piansero.
i su o i. Non sap p iam o se abbia poi s em p re co n ­ T ale m utazione n e ll’anim o di E sau è un effetto
tinuato a zo p p icare, o p p u re s e poco dopo siasi della benedizione di Dio (XXXII, 26).
rim esso , ben ch é q u e s t’ultim o caso sem b ri più 8-11. Q u este sq u a d re , ecc. P a rla dei bestiam i
probabile. N on mangiano il n e rv o , ecc. Si tratta che G iacobbe gli aveva m andati innanzi. Egli do­
dsl nervo chiam ato ten d in e d 'A ch ille (n e r ru s veva già sa p e re a chi erano d e stin ati (XXXII, 14),
isch ia ticu sj. fili E brei si a sten ev an o dal m a n ­ ma in terro g a di bel nuovo p e r aver occasione di
giare il detto nervo d ella coscia degli anim ali p e r rifiu tare il dono. H o dei ben i, ecc. Abbiam o qui
ricordare il fatto avv en u to al loro p ad re G iaco b b e. uno scam b io di com plim enti. P oiché (n e ll’ebraico
si aggiunge p e r questo) ho v eduto la tua faccia ,
com e se io v e d e s si il volto di D io. Si tra tta , corre
CA PO XXXIII. è ch iaro , di u n ’iperbole. G iacobbe vuol dire s e m ­
plicem en te : La tua faccia mi è a p p arsa piena di
1-2. Incontro di E sau e di G iacobbe (1-20). bontà e di c o ndiscendenza. O ra com e colui che
Nei v ersetti 1-2 si descriv o n o le ultim e d is p o si­ 6i p re sen ta a Dio buono e m isericordioso p o m
zioni p rese da G iacobbe p e r ingraziarsi il fra ­ con sè dei doni da offrire (IV, 3, 4), così a n ­
tello. Egli divide la su a fam iglia in tre g ru p p i, c h ’io mi p re sen to a te, e ti offro qu esti doni,
tenuto co n to d ella dignità e d e ll’affezione, e ch e ti prego di accettare, tanto più che tutto
com anda loro di seg u irlo . P e r il prim o si p re s e n ­ q uello che p o sseggo, lo ho ricevuto da Dio
terà ad E sau , il q u ale, s e vorrà fare v en d etta, (Ved. II Re, XIX, 2 7 ; E st. XV, 6). A Dio si
dovrà prim a co lp ire lui e poi le m ogli, e p er offrono doni, non p e r so v v en ire alla su a indi­
ultimo G iu sep p e . genza, ma per attestarg li il n o stro risp e tto e la
3-7. S i inchinò sette volte fino a terra per n o stra venerazione. Q uesti s te s s i sen tim en ti m u o ­
re n d e re om aggio al fratello . D alle lè tte re di vono G iacobbe a p re sen ta re doni ad E sau. Siim i
Tell-el-Am arna a p p arisc e ch iaro c h e le s e tte in ­ p r o p izio , eb r. e tu m i hai gradito. — Accetta la
clinazioni co stitu iv an o una p arte dei seg n i di b e n ed izio n e , ossia i miei doni, cogli auguri! di
riverenza ch e i 6ervi dovevano ai loro p a d ro n i. ogni p ro sp e rità (Cf. G iud. I, 15; I Re, XXV, 2 7 :
C osì il re di G eru salem m e p er esem p io scriv e a XXX, 26, ecc.).
186 G en e s i , XXXIII, 9-18

invenirem gràtiam coram domino meo. 9At ho mandate) per trovar grazia nel cospetto
ille ait : Habeo plurima, frater mi, sint tua del mio signore. 9Ma Ésau disse : Ho dei
tibi. ,0Dixitque Jacob : Noli ita, óbsecro : beni in abbondanza, fratei mio : tieni il tuo
sed si invéni gratiam in óculis tuis, àccipe per te. 10E Giacobbe disse : Non far così,
munüsculum de manibus m eis : sic enim ti prego : ma se ho trovato grazia negli occhi
vidi faciem tuam, quasi viderim vultum tuoi, accetta dalle mie mani il piccolo dono :
Dei : esto mihi propitius, “ Et suscipe be- poiché io ho veduto la tua faccia, come se
nedictiónem quam attilli tibi, et quam do- 10 vedessi il volto di Dio : siimi propizio, Me
nàvit mihi Deus tribuens ómnia. Vix fratre accetta la benedizione, che io ti ho recato,
compellénte suscipiens, 12Ait : G radiam ur e che io ho ricevuto da Dio, il quale dà
simul, eróque s 6cius itineris tui. tutte le cose. E, sforzato dal fratello, a stento
accettò. 12E disse : Andiamo assieme, e io
ti sarò compagno nel viaggio.
“ Dixitque Jacob : Nosti, domine mi, 13Ma Giacobbe rispose : Tu vedi, mio
quod párvulos hábeam téneros, et oves et signore, che io ho con me dei teneri bam­
boves foetas mecum : quas si plus in am- bini, e pecore, e vacche pregne : e se li
bulándo fécero laborare, m oriéntur una die affaticherò più del dovere a camminare, in
cuncti greges. 14Fraecédat dóminus meus un giorno morranno tutti i greggi. I4Vada
ante servum suum : et ego sequar paulà- 11 mio signore davanti al suo servo : e io
tim vestigia ejus, sicut videro párvulos seguirò pian piano i suoi passi, come vedrò
meos posse, donec véniam ad dóminum che possano fare i miei bambini, fino a
meum in Seir. 15Respóndit Esau : Oro te, tanto che io giunga a Seir presso al mio
ut de pópulo qui mecum est, saltem sócii signore. 15Esau rispose : Ti prego di lasciare
rem àneant viae tuae. Non est, inquit, ne- che della gente, che è con me, restino al­
cèsse : hoc uno tantum indigeo, ut invéniam meno alcuni ad accompagnarti nel viaggio.
gratiam in conspéctu tuo, dómine mi. 16Re- Giacobbe soggiunse : Non è necessario ; io
vérsus est itaque ilio die Esau itinere quo ho solo bisogno di questo, di trovar grazia
vénerat in Seir. nel tuo cospetto, mio signore. 16Esau tornò
adunque lo stesso giorno in Seir per la
strada, per cui era venuto.
17Et Jacob venit in Socoth, ubi aediflcàta ,7E Giacobbe giunse a Socoth : dove
domo et fìxis tentóriis, appellàvit nomen avendo fabbricata una casa, e piantate le
loci illius Socoth, id est, tabernàcula. tende, diede a quel luogo il nome di So­
lsTransivitque in Salem urbem Sichimórum, coth, vale a dire, tende. 16E dopo il suo

12-14. E sau p ropone a G iacobbe di accom ­ nella vita nom ade di G iacobbe. Piantate le tende,
pagnarlo nel viaggio, ma G iacobbe adducendo e b r. eresse delle capanne per il suo bestiam e, e
valide rag io n i declina l ’offerta. T i sarò co m ­ perciò si diede nom e Succoth ( = capanne) a quel
pagno, ecc. C osì facendo Esau voleva o n o rare luogo. T u tto fa s u p p o rre che G iacobbe abbia
il fratello, ma G iacobbe, che conosceva il su o dim orato colà parecchi anni, poiché nel capitolo
anim o m utabile, rifiuta. S e li affaticherò, ecc., seg u en te i suoi figli e le su e figlie vengono g ii
ebraico : se sono spinte avanti anche un solo s u p p o sti adulti. Vale a dire te n d e . Q ueste parole
giorno, tutto il gregge m orrà. — lo seguirò pian m ancano n e ll’ebraico.
p iano, ecc., eb r. io seguirò pian piano al passo
18-20. G iacobbe a Salem . Nei cap. XXXIII, 18-
di questo b estia m e, che è davanti a m e , e al passo
XXXV, 29 si narra quanto avvenne a G iacobbe
dei fanciulli fino a ta n to, ecc. A Seir. Da ciò si
d op o il su o rito rn o dalla M esopotam ia, com in­
deduce che G iacobbe aveva l ’intenzione di re ­
ciando dal suo soggiorno presso Sichem (XXX,
carsi a Seir, ma poi, forse perchè diffidava di
18-XXX1V, 31).
E sau, m utò consiglio (v. 17 e s s.), e si recò d i­
Dalla M esopotam ia, ebr. da Paddan-’Aram
re ttam ente in P alestin a. P uò e sse re che più tardi
si sia recato a visitare il fratello, ma la S crittu ra (XXV, 19). P assò il G iordano, ed entrato in
non dice nulla a tale riguardo. Quel che è certo C h an aan , abitò p resso S alem , città dei S ic him iti
si è che i due fratelli si trovarono uniti assiem e (XII, 6). Salem è un piccolo villaggio aH’E st del-
per i funerali di Isacco (XXXV, 29). l ’ odierna N aplusa (antica Sichem ). E però da
notare che il testo sam aritano, O nkelos e parecchi
15-16. Esau prega G iacobbe di accettare al­ com m entatori antichi e m oderni (Cf. M urillo, h.
m eno una sco rta di o nore, ma egli rifiuta g a r­ 1.) co nsiderano l’ebraico salem ( = sano e salvo)
batam ente. N on è necessario , ecc., ebr. Giacobbe com e un nome com une, e traducono : G iacobbe
d isse : perchè q u e sto ? C he io trovi grazia agli arrivò s ano e salvo alla città di S ic h e m . La lezione
occhi del mio signore. Q ueste ultim e parole s i­ della Volgata però, e ssendo pure quella dei LXX,
gnificano : concedim i ancora qu esto . ci sem bra preferibile (Cf. H um m elauer h. 1. ;
17. Soco th (ebr. S u k ko th ) si trova nella valle H etzen au er, h. 1.). P resso alla città. L ’ebraico va
del G iordano a sin istra del fium e, e a Sud del tradotto : a oriente della città.
labboc. Più tardi ap p arten n e alla tribù di G ad. C om prò, ecc. C erto delle p rom esse divine,
Fabbricata una casa per sè e la famigliti. C o ­ G iacobbe co n sid era la terra di C hanaan come
mincia così ad ap p arire un principio di stab iliti l ’eredità della su a stirp e , e im itando A bramo
G e n e s i , XXXIII, 19 — XXXIV, 7 187

quae est in terra Chanaan, postquam re- ritorno dalla Mesopotamia di Siria passò a
versus est de Mesopotamia Syriae : et habi- Salem città d e ’ Sichimiti, che è nella terra
tävit juxta oppidum. 19Emitque partem agri di Chanaan : e abitò presso alla città. 19E
in qua fixerat tabernacula, a ffliis H em or comprò quella parte di campo dove aveva
patris Sichern, centum agnis. 20Et erecto piantate le tende, da* figliuoli di H emor
ibi altäri, invocavit super illud fortissimum padre di Sichem per cento agnelli. 20E ivi
Deum Israel. alzato un altare, vi invocò il fortissimo
Dio d ’Israele.

C A P O XXXIV.

Ratto di D ina, 1 - 4 . — Sdegyio e strattagemma dei fr a te lli di D in a y 5-24. — Loro


vendette sui Sichemiti, 2 5 -31.

^ g ré s s a est autem Dina filia Liae, ut JOra Dina figliuola di Lia uscì fuori per
vidéret m ulleres regiónis illíus. 2Quam eum vedere le donne di quel paese. 2E Sichem
vidísset Sichem fílius H emor H evaéi, prin­ figlio di H emor Heveo, principe di quella
ceps terrae illíus, adamávit eam : et rápuit terra, avendola veduta se ne innamorò : e
et dormívit cum illa, vi ópprimens vírginem, la rapì, e usando violenza disonorò la fan­
sEt conglutináta est ánima ejus cum ea, tri- ciulla. 3E la sua anima si attaccò a Dina,
stém que delinívit blandítiis. 4Et pergens ad ed essendo ella afflitta, l ’acquietò con ca­
H emor patrem suum : Accipe, inquit, mihi rezze. 4E andato da Hem or suo padre,
puéllam hanc cónjugem. ÄQuod cum audís- disse : prendimi questa fanciulla per moglie.
6et Jacob, abséntibus fíliis, fct in pastu 5Giacobbe avendo ciò udito, m entre i figli
pécorum occupátis, síluit doñee redírent. eiano assenti e occupati a pascere le pecore,
si tacque, fin che non furono tornati.
•Efirésso autem Hem or patre Sichem ut 6Ma Hemor, padre di Sichem, essendo
loquerétur ad Jacob, 7Ecce fílii ejus venié- andato a parlare a Giacobbe, 7ecco che i figli

(XXIII, 17 e s s .), ne com pra una p arte. Il m o­ capo XXXVII, 2, a pro p o sito di un altro fatto, av­
tivo princip ale, che lo in d u sse a tale co m p ra, fu ven u to q ualche tem po dopo, si dice che G iu sep p e
p robabilm ente la volontà di edificare un altare e su o fratello m inore aveva se d ic i anni. Ciò si
Dio. Q uesto cam po divenne poi p ro p rietà dei figli sp ieg a am m ettendo che G iacobbe abbia dim orato
di G iu sep p e , i quali in esso sep p e lliro n o le ossa p arecch i anni a Socoth (XXXIII, 17). U scì fu o ri
del loro p ad re (XLV1U, 21). C ento agnelli. L ’e­ di casa per v edere le donne (ebr. le figlie) di quel
braico qesitah sem b ra che indichi p iu tto sto u n p a ese e far conoscenza con e sse . Secondo G iu ­
pezzo d ’arg en to , il cui valore p erò ci è sco n o ­ s e p p e FI. (i4nf. C iu d ., I, 21, 1) ciò sareb b e avve­
sciuto. P u ò e sse re che ognuno di qu esti pezzi nu to in occasione di una festa data dai Sichem iti.
equivalesse al prezzo di un agnello, o p p u re che D ina ebbe a sco n tare ben cara la sua cu rio sità. —
avesse la form a di 'u n agnello, 0 ne p o rta sse H e v e o . Gli H evei erano un popolo C ananeo
im pressa la figura. C osì si sp ieg h e re b b e p erch è (Ved. X, 17). Principe di quella terra si riferisce
la Volgata e 1 LXX, ecc., abbiano trad o tto agnelli. a H em o r, e non a Sichem . S e ne innam orò. Q ue­
R iguardo alla'difficoltà che n asce d a ll’afferm azione s te p aro le m ancano n e ll’ebraico e nel greco. La
di S . S tefan o , i! quale sem b ra co n trad d ire a ra p ì, ecc. Sichem fece quello che altri avevano
questo versetto 19, Ved. n. Afti, V II, 16. ten tato di fare (XII, 15; XX, 2 ; XXVI, 10). E s ­
Alzato un altare... in v o c ò , ecc. (IV, 26). Anche sen d o ella afflitta, ecc. N ell’ebraico si legge s e m ­
A bramo alzò un altare q u ando en trò in C hanaan plicem ente : am ò la fa n ciulla, e parlò al cuore
(XII, 7) N ell’ebraico si le g g e : alzò ivi un altare, della fanciulla (Ved. L, 2 ; G iud. XIX, 3 ; Is. XL,
e lo nom inò *El-’Elohe Is ra ’el = E l%Dio d 'Isra ele. 2 ; O s. Il, 14), cercando con belle m aniere di
Con questa denom inazioine G iacobbe voleva in­ g u ad ag n arn e l’affetto. P re n d im i, ecc. Sichem vuol
dicare che il Dio (El è il più antico e più g en e­ sp o sa re D ina, e quindi rico rre al padre, al quale
rale nom e sem itico di D io, e veniva u sato per sp ettav a di cerca r la moglie per i figli (Ved. XXI,
significare sia il vero D io, che i falsi D ei), a 21 ; XXIV, 1 e s s.).
cui e resse l ’altare, era quello ste sso , da cui aveva 5. Inganno u sato dai fratelli di D ina per v e n ­
ricevuto il nom e d ’Israele (XXX11, 28). Siccom e dicare l’onore di lei (5-24). Giacobbe avendo udito
El significa potenza, si co m p ren d e com e la Vol­ ciò (ebr. che Sichem aveva violata Dina sua
gata abbia p o tu to tra d u rre fo rtissim u m D eum figlia), tacque, ecc. A spettò il ritorno dei figli,
Israel. sia perchè da solo non avrebbe potuto far nulla,
e sia p erchè a p p arte n ev a ai fratelli trattare e agire
CA PO XXXIV. col padre per rig u ard o alla so rte delle loro so­
relle (Ved. XXIV, 50).
1-4. R atto di D ina. Ora D in a , ecc. E ssa doveva 6-7. Sd eg n o dei fratelli di D ina. T ornavano,
avere alm eno una q uindicina di anni, poiché al ebr. erano tornati dal cam po e com e intesero
183 G e n e s i , XXXIV, 8-19

bant de a g ro : auditóque quod accíderat, di lui tornavano dalla campagna : e avendo


iráti sunt valde, eo quod foedam rem ope- inteso quel che era avvenuto, concepirono
rátus esset in Israel, et, violáta filia Jacob, grande sdegno, perchè (Sichem) avesse fatta
rem illtcitam perpetrásset. 8Locútus est ita- sì brutta cosa contro Israele, e violando la
que Hemor ad eos : Sichern fílii mei figlia di Giacobbe, avesse commesso u n ’a­
adhaésit ánima fíliae vestrae : date earn zione vituperevole. sHemor pertanto disse
¿Ili uxórem : 9Et jungámus vicíssim con- loro : L ’anima del mio figlio Sichem si è
núbia : filias vestras trádite nobis, et filias unita strettam ente alla vostra figlia : date­
nostras accípite. 10Et habitáte nobíscum : gliela in moglie : 9e facciamo scambievoli
terra in potestáte vestra est, exercéte, nego- matrimoni : dateci le vostre figlie, e pren­
tiám ini, et possidéte earn. dete le nostre figlie, 10e abitate con noi : la
terra è in vostro potere, lavoratela, traffi­
cate, e acquistatevi possessioni.
u Sed et Sichern ad patrem et ad fratres l ‘Anche Sichem disse pure al padre e ai
ejus ait : lnvéniam gratiam coram vobis : fratelli di lei : Che io trovi grazia presso di
et quaecumque statuéritis, dabo. 12Augéte voi : e darò tutto quello che desidererete.
dotem, et munera postulate, et libénter tri- 1A u m entate la dote, e chiedete doni, e io
buam quod petiéritis : tantum date mihi volentieri darò quello che chiederete : da­
puéllam hanc uxórem. I3Respondérunt filii temi solo questa fanciulla in moglie. 131 figli
Jacob Sichern et patri ejus in dolo, saevién- di Giacobbe risposero a Sichem, e a suo
tes ob stuprum soróris : MNon póssumus padre con inganno, essendo esacerbati pel
facere quod pétitis, nec dare sorórem no- disonore della sorella : 14Non possiamo fare
stram hómini incircumciso : quod illicitum quello che voi bramate, nè dar la nostra so­
et nefarinm est apud nos. 15Sed in hoc va- rella ad un uomo incirconciso : il che presso
lébimus foederari, si voluéritis esse similes di noi cosa è illecita e abbominevole. lsMa
nostri, et circum cidatur in vobis omne ma- noi potremo fare alleanza se voi vorrete
sculini sex u s; 16Tunc dàbimus et accipié- farvi simili a noi, e se ogni maschio tra voi
mus mutuo filias vesfras ac nostras, et habi- sia circonciso. 18Allora vi daremo le nostre
tabimus vobiscum, erim usque unus pópu- figlie, e prenderemo parimente le vostre : e
lus : ,7Si autem circumcidi noluéritis, tol- abiterem o con voi, e faremo un solo popolo :
lémus filiam nostram, et recedém us. 17Ma se non vorrete circoncidervi, prende­
remo la nostra fanciulla, e ce n ’andremo.
18Placuit oblatio eórum Hemor, et Sichern 18La loro offerta piacque ad Hemor, e a
filio ejus : 19Nec distulit adoléscens quin Sichem suo figlio : 19E il giovane non tardò

tal cosa, quegli uom ini rim asero addolorati, e arse esistev a ancora, e servendosi di una condizione,
la loro ira, ecc. C ontro Isra ele, ossia contro G ia­ l’adem pim ento della quale da parte dei Sichem iti,
cobbe e la sua fam iglia. Q uesto nom e glorioso doveva ren d ere più facile la vendetta. Con in ­
viene qui u sato per far m aggiorm ente risaltare ganno. L ’ebraico va tradotto : e parlarono con
la grandezza d e ll’oltraggio. A vesse c o m m e sso ì ecc., inganno, o p p u re con inganno gli diedero parole
ebr. il che non doveva fa rsi. e n ie n t’altro. È cosa illecita. N essuna legge po­
8-10. P ro p o ste di H em or. Egli chiede D ina sitiva proibiva fino allora tali m atrim onii ; e difatti
in moglie per il su o figlio, propone m atrim onii G iuda sp o sò una C ananea (XXXVIII, 2), può e s ­
se re però che poco per volta abbiano com inciato
vicendevoli tra le due s tirp i, e offre a G iacobbe
tali m atrim onii a e sse re riguardati come illeciti,
il diritto di residenza e di proprietà nel p aese.
anche prim a che venissero proibiti da M osè.
H em or chiam a Dina vostra figlia, perchè non solo
C hecché ne sia, tale ragione sulle labbra dei
al padre, ma anche ai fratelli ap p arten ev a tu telare
figli di G iacobbe non è che un p retesto . Potrem o
gli interessi della sorella. La terra è in vostro
fare alleanza, ebr. consentirem o con v o iy s e , ecc.
p o te re , ecc., eb r. la terra è davanti a voi (Cf.
— Sia circonciso. La circoncisione doveva essere
X I11, 9), ossia a vostra disposizione, dim oratevi,
conosciuta dai C ananei, poiché era praticata dagli
trafficate, e acquistate p o sse ssio n i.
Ism aeliti e da E sau, che form avano parecchie
11-12. Altre p ro p o ste di Sichem . Egli non tribù nei din torni di Sichem . S e non vo rrete, ecc.,
chiede che la fanciulla, e si dichiara pronto a dare eb r. se non acconsentile a circoncidervi, ecc.
tutto quello che gli verrà rich iesto . La dote. P renderem o la nostra figlia. E ssa trovavasi ancor«
L* ebraico m ohar co rrisp o n d en te indica quella nella casa di colui che l'aveva ra p ita .
som m a, ch e il fidanzato doveva pagare al padre
e alla famiglia della fanciulla, ch e voleva sp o sa re 18-19. H em or e Sichem accettano la condi­
zione loro posta. N on tardò, ecc. Il giovane preso
(Cf. XXIX, 18). D oni d estin ati p robabilm ente al
di am ore per Dina si assoggetta Im m ediatam ente
parenti della s p o sa , o p p u re alla ste s s a sp o sa .
alla circoncisione, tanto più che per la sua a u to ­
13-17. C om e tutori di D ina i fratelli ris p o n ­ rità non aveva bisogno del c o nsenso dei suoi
dono essi s tessi a H em or e a Sichem , ponendo p aren ti. Era in grande on o re, ecc., ebr. era il
una condizione all’accetta'.ione delle pro p o ste loro p iù onorato di tutta la casa di suo padre. Con
fatte. D esiderando di vendicarsi, u saro n o una ciò non si esclude che 91 padre ricevesse m aggiori
doppia frode appellandosi a una legge che non onori.
G e n e s i , XXXIV, 20-30 \Sd

statim quod petebàtur expléret : amàbat ad eseguire quello che gli era richiesto :
enim puéllani valde, et ipse erat inclytus perocché amava grandem ente la fanciulla, e:l
in omni domo patris sui. 20Ingressique por- egli era in grande onore presso tutta la casa
tam urbis, locuti sunt ad pópulum : 21Viri del padre suo. 20Ed entrati dentro la porta
isti pacifici sunt, et volunt habitàre no- della città dissero al popolo : 21 Questi uomini
biscum : negotiéntur in terra, et exérceant sono pacifici, e vogliono abitare con noi :
earn, quae spatiósa et lata cultóribus in- traffichino in questa terra e la lavorino : es­
diget : filias eorum accipiémus uxóres, et sendo essa spaziosa e vasta, ha bisogno di
nostras iilis dàbimus. 22Unum est, quo dif- coltivatori : noi prenderem o in mogli le loro
fértur tantum bonum : Si circumcidàmus figlie, e daremo loro le nostre. 22Una sola
màsculos nostros, ri turn gentis im itàntes. cosa ostacola un tanto bene : Si vuole che
23Et substantia eórum , et pècora, et cuncta noi circoncidiamo i nostri maschi, imitando
quae póssident, nostra erunt : tantum in hoc il rito di questa gente. 23Con questo le loro
quiescàmus, et habitàntes simul, unum ef- ricchezze, e i bestiami, e tutto quello che
flciémus pópulum. 24A ssensique sunt om- posseggono sarà nostro : accordiamoci solo
nes, circumcfsis cunctis m àribus. in questo, e vivendo, insiem e faremo un sol
popolo. 24Tutti diedero il loro assenso, e
tutti i maschi furono circoncisi.
25Et ecce, die tértio, quando gravissimus 25Ed ecco al terzo giorno, quando il dolore
vulnerum dolor est, arréptis, duo filii Jacob, delle ferite è più acerbo : i due figli di G ia­
Simeon et Levi fratres Dinae, glàdiis, in­ cobbe, Sim eone e Levi, fratelli di Dina,
grèssi sunt urbem confidénter : inter- im pugnate le spade, entrarono a man salva
fectisque òmnibus m àsculis, ^ H e m o r et nella città : e uccisi tutti i m aschi, ^ T ru ­
Sichem pàriter necavérunt, tolléntes Di- cidarono anche H em or e Sichem, e tolsero
nam de domo Sichem sorórem suam . 27Qui- Dina loro sorella dalla casa di Sichem. 27E
bus egréssis, irruérunt super occisos caéteri quando questi si furono ritirati, gli altri figli
filii Jacob; et depopulàti sunt urbem in di Giacobbe si gettarono sopra gli uccisi : e
ultiónem stupri. 280 ves eórum , et arm énta, saccheggiarono la città per vendetta dello
et àsinos, cunctaque vastantes quae in dó- stupro. 28Presero le loro pecore, e gli ar­
mibus et in agris erant, 29PàrvuIos quoque m enti, e gli asini, e devastarono quanto era
eórum et uxóres duxérunt captivas. per le case e alla campagna, 29e m enarono
anche schiavi i fanciulli e le loro donne.
30Q uibus patràtis audàcter, Jacob dixit ad ^C o m p iu to da essi un tale audace misfatto,
Simeon et Levi : T urbàstis me, et odiósum Giacobbe disse a Simeone e a Levi : Voi

2-' Inf. XL1X, G.

20-24. Anche i S ichem isti ricevono la circo n ­ c h e m n e fu circonciso ogni m a sch io , ogni uom o
cisione. E d en tra ti, ecc., ebraico e g re c o : E d che esce p e r la porta della città (V. n. XXXII, 10).
H em o r e S ic h e m suo figlio vennero alla porta
della città (Ved. n. XIX, 1), e parlarono agli uom ini 25-29. V endetta dei figli di G iacobbe. A l terzo
della loro città dicen d o , ecc. H em o r si sforza di giorno, q u ando la febbre, che suol venire a causa
m ostrare ai S ichem iti tutti i vantaggi che p o ­ deH’infiam m azione, im pediva ai Sichem iti di di­
tranno ritra rre dalPalleanza p ro p o sta . S o n o paci- fe n d e rsi. S im e o n e e L evi, aiutati probabilm ente
fici (ebr. con noi), ossia non h an n o alcuna in te n ­ da se rv i. Fratelli di D ina, ossia figli della s te s s a
zione di farci del m ale. Vogliono abitare, ecc., m adre Lia, com e erano p u re R uben, G iuda, ecc.
ebr. si stabiliranno nel paese e vi trafficheranno, (XLV1, 9-15). L ’ira di Sim eone e ai Levi fu più
ecco il paese da una parte e dall'altra è spazioso g rande (XLIX, 5), e così si spiega perchè essi
per essi, ecc. I v ersetti 22-23, seco n d o l ’ebraico soli abbiano com m esso tanto m isfatto. E ntrarono
e il greco, vanno trad o tti : ma q u e sti u om ini non a m an salva nella c ittà . o p p u re entrarono nella
acconsentiranno ad abitare con noi p e r divenire città senza difesa. — Loro sorella m anca n e l­
un solo p o p o lo , se non a condizione che ogni l’eb raico . — Gli altri fig li, ecc. N e ire b ra ic o e nel
m aschio tra noi sia circonciso, com e e ssi sono greco m anca la parola altri, e quindi non si
circoncisi. I loro greggi, i loro b e n i, e tu tto il esclu d e ch e S im eone e Levi abbiano ancora preso
loro bestiam e non saranno e ssi n o stri? C o n se n ­ p arte al saccheggio. Per v endetta, ecc., ebraico :
tiamo solo loro , e abiteranno con n o i. — H em or perchè avevano violata la loro sorella. Il v e r­
vuol dire : se e ssi d im o reran n o tra noi e con noi setto 29 secondo l’ebraico va tradotto : e pred a ­
faranno alleanza, le loro ricchezze div en teran n o rono tu tti i loro ben i, i loro fanciulli e le loro
in qualche m odo n o stre ricchezze. Da ciò si vede m ogli, e tutto quello che si trovava nella casa
che l’in te re sse fu il m otivo prin cip ale p ro p o sto ai (LXX nella città).
Sichem iti per indurli ad accettare la circoncisione. 30-31. R im proveri di G iacobbe ai suoi figli.
Il versetto 24, seco n d o l’ebraico e il greco, va Nel biasim are i suoi figli G iacobbe m ette loro
tradotto : tu tti quelli che uscivano p er la porta s o tto c c h io i gravissim i pericoli, a cui egli e tutta
della città ascoltarono H e m o r e il suo figlio Si- la famiglia possono trovarsi e sp o sti a m otivo del-
190 G e n e s i , XXXIV, 31 — XXXV, 4

fecisìis me Chananaéis et Pherezaéis habi- mi avete posto in affanno, e mi avete reso


fatóribus lerrae hujus ; nos pauci sum us : odioso ai Chananeì e ai Pherezei, abita­
illi congregati percutient me, et delébor ego, tori di questa terra : noi siamo pochi : essi
et domus mea. 31Respondérunt : Numquid uniti insieme mi verranno addosso, e io sarò
ut scorto abuti debuére soróre n o stra? sterm inato con la mia famiglia. 31 Essi ri­
sposero : Dovevano essi abusare di nostra
sorella come di una donna di mal affare?

C A P O XXXV.

Giacobbe a Bethel, 1 -1 5 . — Nascita di Beniamino, 1 6 -1 8 . — Morte e sepoltura di


Rachele, 19-20 . — Peccato di Ruben e numero dei fig li di Giacobbe, 2 1 - 2 6 . —
Morte di Isacco , 2 7 - 29 .

Mntérea locütus est Deus ad Jacob : fr a tta n to il Signore disse a Giacobbe :


Surge, et ascénde Bethel, et habita ibi, Sorgi, e ascendi a Bethel, e quivi dimora,
facque altare Deo, qui apparuit tibi quando e fa un altare a Dio che ti apparve allorché
fugiébas Esau fratrem tuum. 2Jacob vero fuggivi Esau tuo fratello. 2E Giacobbe, ra­
convocata omni domo sua, ait : Abjicite deos dunata tutta la sua famiglia, disse : G ettate
aliénos qui in mèdio vestri sunt, et mun- via gli dèi stranieri che sono tra voi, e
dàmini, ac mutate vestim énta vestra. P u r ­ mondatevi, e cangiate le vostre vesti. 3Ve­
ghe, et ascendamus in Bethel, ut faciamus nite, e ascendiamo a Bethel per fare ivi un
ibi altare Deo : qui exaudivit me in die tri- altare a Dio, che mi esaudì nel giorno della
bulatiónis meae, et sócius fuit itineris mei. mia tribolazione, e mi accompagnò nel mio
4Dedérunt ergo ei omnes deos aliénos quos viaggio. 4Diedero pertanto a lui tutti gli dèi

1 S up. X X V lll, 13.

l’atto inco n sid erato da e ssi co m piuto. Q uesta nanei. A scen di a B e th e l a com piere la prom essa
ragione era la sola che in quel m om ento p o te sse (X X V lll, 2 2 ; XXXI, 13). Sichem si trova a 570
fare im pressio n e s u ll’anim o dei figli. In altra m etri su l M editerraneo e B ethel a 881. Dimora
circostanza G iacobbe m ostrerà ancora con m ag­ per qualche tem po, e così sfuggirai a ll’ira degli
gior energia l ’orro re che gli ispirò l ’im m oralità abitanti dei d intorni di Sichem .
e la crudeltà della loro condotta (XL1X, 5-7). 2-4. P rep arativ i per la partenza : P rim a di
Tutti gli in terp reti si accordano nel co n d an n are ascen d ere a B ethel, G iacobbe prescrive a tutti i
il modo di agire dei figli di G iacobbe, a E ssi p ec­ suoi una triplice purificazione religiosa, affinchè
carono di m enzogna, di perfìdia, di ingiustizia, di siano degni di assistere al sacrifizio, che ha in te n ­
sacrilegio, e di vendetta barbara e inum ana. In ­ zione di com piere. 1# G ettate ria gli D ei stranieri,
gannarono 1 Sichem iti, e tradirono la fede, e pel quali erano per esem pio i terafim di Rachele
peccato di un solo trucidarono un gran num ero (XXXI, 34), e altri oggetti idolatrici che le mogli
di person e, e a com piere sì orribile disegno o i serv i