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giovedì 24 dicembre 2020

D - SEZIONE
FONDATIVA
Parte più impegnativa ma più bella.
La teologia fondamentale riflette sulla solidità della fede, sulla sua credibilità.
Da una parte devi coinvolgere il modo in cui Dio si dice all’uomo, dall’altra come l’uomo
nella risposta trova la sua forma vera. Non esiste un uomo non religioso, tutti sono
strutturalmente aperti al trascendente. Esiste un uomo che si chiude.
Com’è che la fede non si aggiunge all’umano ma lo invera perché lo rende sè?

Come arriva un uomo alla fede?


Annuncio di qualcuno, frequentare una comunità di credenti, sacramenti, il confronto con la
Parola/catechismo/direz. Spirituale.
Per arrivare a Dio quelle sono le forme con cui uno inizia un cammino. È difficile arrivare
a Dio se non ti ha colto la Parola almeno mediata.
Ma render conto della credibilità della fede chiede anche di tematizzare questi elementi e
chiede anche di mostrare come essi non siano aggiunte ma interramenti della vita.
DOBBIAMO RENDERE CONTO DEL PERCHÉ LA FEDE ABBIA IL TONO DI UN
COMPIMENTO (dove un’inizio già c’era. Carlo e Gigi sono già predestinati, già plasmati,
già in loro c’è l’inizio di ciò che la fede porta a compimento) INDEDUCIBILE (da una
parte il compimento parte da ciò che sei, ma la partenza non si deduce da ciò che si è. Non
è che non conoscendo Cristo si arriva alla salvezza da soli. Non guardi l’uomo e deduci il
suo compimento. Non puoi perché il compimento dell’uomo è infinitamente oltre l’uomo,
ed è una dismisura a misura. Di Giovanni Bosco e Francesco non potevi conoscere il loro
compimento alla nascita). Il compimento indeducibile dice che la fede non si aggiunge
all’uomo fatto, ma piuttosto il fatto che è un fiorire di qualcosa che è già in te. Ma se è così
si potrebbe pensare che essendo già presente in te il compimento allora esso potrebbe
essere deducibile senza Dio. Ma così non è! L’opzione di Dio non è facoltativo.
Anche nel caso di chi non è cristiano è lo Spirito che agisce in loro. (Modello incusivista)

A seconda della teologia fondamentale che studi c’è un punto di partenza diverso.
Noi faremo un percorso. È l’unico fattibile? No. L’importante è che tenga insieme tutti questi
aspetti.
Primo punto sarà divino: Dio che si rivela. Dio si rivela nella storia e come storia. Il punto

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di partenza sarà necessariamente il problema storico e poi cercheremo di indagare l’evento
per come si da.
In seguito di vedrà come viene recepito l’evento. Non si può indagare l’evento senza indagare
la sua ricezione. Puoi indagare l’evento solo a partire da come i testimoni l’hanno recepita.
Secondo punto: cosa ha da dire alla struttura dell’umano l’evento. Il modo in cui lo compie.
Si passerà poi all’evento testimoniale che indagherà annuncio, vissuto ecclesiale,
sacramenti, Parola mediata o diretta. (Noi diremo che la verità può essere detta solo nella
sua forma che è la prossimità. Essere prossimo ad un giovane non è esserlo ad un malato. La
prossimità serve alla verità perché essa non si dice ma si fa.

La storia è un’insieme di fatti. Un fatto è una datità, ovvero un’insieme di dati. In ogni
fatto oltre al dato c’è il senso. L’illusione storicista è avere i dati senza senso. Non si
ricostruisce il dato staccandolo dal suo senso. Ogni ricostruzione storica è figlia di
un’interpretazione storica che può partire da un dato ma non si da mai senza senso. Chi
vive un evento fa parte della datità di quell’evento. Il senso in qualche modo è nel dato. È
vero che il vero ed il giusto sono già interni alla realtà, ma se tu hai vissuto non hai mai
una datità da cui sei avulso. Non puoi mai pensare che il tuo orizzonte di senso sia esterno
al dato.
Quando indaghi il fatto Gesù Cristo pretendendo di arrivare al dato come nella modernità
arrivi a mostruosità, perché l’evento cristologico è un dato e un senso, e se provi ad
eliminarne il senso, quel dato lo riempi con un senso tuo che il dato invece di farlo brillare lo
rovina.
Per conoscere la verità di un evento devo ricostruire il senso che ha abitato quell’evento.
Come conosci Don Bosco? Rileggi il dato a partire dal senso che lo ha abitato. Altrimenti
fai diventare Don Bosco una leggenda metropolitana.
Se non ti sforzi di entrare nell’orizzonte di chi ha scritto il dato, rischi di farlo entrare nel
tuo orizzonte. (“Don Bosco non voleva” —> non la vuoi tu o loro? Oppure chi dice che don
Bosco era dell’800).
NOI POTREMO CONOSCERE L’ORIZZONTE DI GESÙ SOLO METTENDOCI NEI
PANNI DEGLI APOSTOLI. Ecco perché la struttura della fede ha custodito una modalità
di accedere al senso.

1 - ERMENEUTICA, FENOMENOLOGIA E TEOLOGIA DELLA


MEMORIA JESU: LA GESTALT DI CRISTO
Noi ci stiamo mettendo dal punto di vista di chi ha fatto memoria del vivere con Gesù.
Dalla parte dei discepoli. Gestalt vuol dire forma. Intende dire identità complessiva di
Gesù.
In che modo la fede dei fedeli di oggi si fonda su un evento di 2000 anni fa?

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È importante vedere il legame tra storia e fede.
C’è un legame tra Cristo della fede e Gesù storico?

Si farà prima parte sul Gesù storico… poi pretesa, missione, e


alla fine dedizione totale…
LA QUESTIONE DEL GESÙ STORICO
Oggi nessuno mette in dubbio l’esistenza di Cristo, ma di chi sia l’interpretazione.

Nei primi secoli, gli autori anti-cristiani (tipo Celso) dicevano alcune cose: che Gesù fosse
nato, fosse stato un personaggio carismatico, e che i vangeli fossero racconti mitizzati di lui.
È idea antichissima che i vangeli siano racconti inattendibili e con pretesa infondata di
Gesù.
Già negli atti degli apostoli Gamaliele dice “lasciateli andare perché se non sono di Dio
moriranno, ma se sono di Dio non ci capiti di lottare con Dio”
Il cristianesimo si diffonde e tutti si chiedono cosa sia… È l’opera di un carismatico o è
l’opera di Dio.
(pag. 103 appendice da leggere)

Quando il Cristianesimo si diffonde la lettura è univoca. Tutti pensano che sia nato e sia
stato Figlio.
Quando il dubbio rinascerà?
Con l’illuminismo che vede in ciò che si oppone alla ragione una superstizione.
Si oppone anche la sensibilità per la religiosità orientale ed il mito del buon selvaggio
accresciuto dai racconti dalle colonie americane. (Ci si dice che la natura abbia qualcosa di
puro in sè, macchiato dalla superstizione).
Nasce una religione di natura, per giustificare l’inconsistenza delle superstizioni. Gli
illuministi furono quasi tutti credenti, e quasi nessuno ateo, e il movimento si chiama Natura.
Ma è un Dio orologiaio, che si scopre dalla natura.
Gli illuministi, oltre a Lessing misero in discussione il fatto.

Reimarus è il primo critico del fatto della rivelazione. Compone un esame dell’At e Nt. Di
tale volume Lessing cura l’edizione postuma di alcuni frammenti (se la faceva con la figlia di
lui). Lessing si rende conto di ciò che scrive Reimarus è forte per l’epoca. Non a caso Lessing
lo pubblica dopo la morte di Reimarus, e poi lo strumentalizza. Secondo Reimarus Gesù è un
carismatico politico che voleva la liberazione dai romani, e la stigmatizzazione degli ebrei
infedeli alla religione. I romani per i tumulti avrebbero ucciso. I discepoli abituati ad uno
stile di vita più alto, nella notte rubano il corpo di Cristo, dicendo che è tornato dopo 50
giorni, e hanno fondato una comunità.
Questa cosa è andata avanti un secolo.

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(Qual è la vita consacrata salesiana oggi? Siamo passati da una forma christi che
ammazzava quasi l’umano a oggi in cui ognuno che dice cosa sia carismatico per lui. La
congregazione dice di tornare alle fonti. Il problema non è però solo conoscere di nuovo
Don Bosco, ma appropriarsi del senso di chi ha vissuto il fatto)
Il problema del Gesù storico non è banale perché poi hai il prete che balla mentre celebra e
quello con le mani perfette coi pollici giusti.
Reimarus dice che il senso con cui il fatto di Gesù viene è falso perché non corrisponde a
ragione, e allora si va al fatto senza il fatto e si da un’interpretazione personale all’evento.
Mette dentro la sua strategia di complotto.
(Ma Reimarus, sono morti tutti martiri! E anche per i prossimi 3 secoli… non funziona).
Reimarus durò poco, ma l’idea che il senso dell’evento fosse falso rimase.

Paolus riprese Reimarus (dopo di lui tutti danno interpretazione diversa). Prende il via la
“lebenJesuvorstung” ovvero la ricerca del “Gesù storico”. Diffuso particolarmente in
Germania.
Tra i tentativi più significativi c’è Paulus che cerca di trascrivere i contenuti del vangelo in
ottica storicista e trascrive i miracoli secondo spiegazioni razionali (Moltiplicazione dei
pani… nel testo si fa capire che non è così… nel testo si dice che c’è molta erba, e i discepoli
avevano preparato e messo nell’erba… non è moltiplicazione ma solo nascosto.
Gesù cammina sulle acque, era sera, e Gesù camminando sulle acque basse sembrava così)
Paulus dice cose forti, ma siccome si illude di prendere il dato in sè, non si accorge di
interpretare il dato, dandogli un nuovo senso anche se pretende che non sia così.

Ci sono 3 passaggi sul Gesù stoico:

1 - OLD QUEST/NO QUEST (metà 1850). Opposizione della fede.


Il dato nel caso di Gesù lo chiamiamo Gesù storico. Nessuno ha mai dubitato che sia
esistito. La domanda è chi sia veramente. I cristiani riconoscono Gesù storico come il
Cristo della fede.
“La gente chi dice che io sia?”
“E voi chi dite?”
C’è da vedere il senso di un dato… perché tutte e due le risposte compongono il fatto.
A noi nel 2020 non è arrivato il Gesù storico, ma sempre e solo una rilettura di senso del
fatto Gesù storico. C’è da chiedersi se l’annuncio di Cristo che ci è giunto sia però davvero
l’annuncio del Gesù storico.
Gli illuministi che vogliono arrivare al dato, mettendo tra parentesi il senso, rischiano poi
di non accorgersi che il senso che loro pongono cambia il fatto (dato + senso).

Il metodo teologico storico-critico indagherà su Gesù storico, ma è talmente illuminista da


voler arrivare al dato puro senza interpretazioni di nessun genere. Dicono che il Cristo
della fede non appartiene alla storia, perché alla storia appartiene solo il dato, ed è
evidente che il metodo storco-critico poi mette lui il senso.

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Il metodo storico-critico vuole ritrovare un nucleo puro (dato), togliendo le alterazioni
che vengono dal mondo giudaico e dalla prima lettura cristiana. Ci si illude che la
lettura dei primi cristiani abbia tradito il dato e lo abbia elaborato a modo suo. C’è
l’illusione di arrivare al dato nudo e puro. Ma non c’è nessun dato nudo e puro. Non si
arriva mai al dato, al massimo al fatto (che ha dentro un senso).
Von Hornack (1851-1930) scrive “l’essenza del cristianesimo” (Guardini scrivi “essenza di
Cristianesimo”, perché a decenni di distanza ha combattuto questa battaglia) in cui dice che
Gesù è un genio religioso capace di creare un messaggio universale, ma è solo un uomo. I
miracoli si spiegano in un contesto tendente al meraviglioso. La resurrezione non è avvenuta
ma significa l’esistenza dopo la morte. Von Hornack dice che all’epoca c’era una retorica di
mito, e che tutto ciò che fa e dice viene allargato nella forma del miracolo. (Von Hornack sa
che nella storia alle volte è avvenuto così)
La scuola escatologia (SCHWEITZER) dice che Gesù è un esaltato che ha annunciato un
intervento di Dio contro il male. Gesù non fonda istituzioni e chiesa, e dirà che la ricerca
storica di Gesù è inutile, in quanto ognuno trova cose diverse. Dicono che il Gesù storico è
irraggiungibile.
La scuola mitica dirà che l’esistenza storica di Gesù non ha valore perché ad avere valore
sono i suoi valori.

Bultmann va conosciuto bene. È uno dei padri della teologia contemporanea. Non
ortodossisismo. La teologia precedente voleva andare al dato senza il kerigma, Bultman
dice che non gli interessa il Gesù storico e gli interessa il Cristo della fede. Arriva ad
affermare che i vangeli non sono fonti storiche che documentano la biografia, ma sono
l’attestazione della fede della prima comunità cristiana.
(È vero?
no… Nei vangeli c’è sia la vita di Gesù che la lettura della prima comunità.)
Bultman si dice solo interessato al Cristo della fede. Bultman dice che non gli interessa se
Gesù è risorto o meno ma gli interessa solo che sia risorto nella fede dei primi discepoli. (Non
è proprio così…)
Da lì parte la demiticizzaizone. Prova a togliere miracoli ed incarnazione. In fin dei conti la
fede non si poggia sulla storia (mentalità tipica dei riformati/protestiani…) ma sulla fede
della prima comunità.

2 - NEW QUEST (1953-1985) (I cattolici incominciano ad entrarci). Gesù storico e Cristo


della fede visti in continuità.
Ad avviare sarà un allievo di Bultmann, di nome Keseman. Dirà che la storia è reale ma nella
forma dell’annuncio. Non c’è la volontà biografica, ma di annunciare la storia mirando al
senso della storia.
Capisco chi è Gesù solo a patto di capire per chi è Gesù (se non ti laverò i piedi, Pietro, tu non avrai
parte con me…). Esattamente il punto è questo. Si capisce chi è Gesù quando ci si mette nell’ottica
che Gesù è Gesù per me, in ottica salvifica (Gesù non si fa un giretto, ma l’intenzionalità
dell’incarnazione contiene l’identità… lo vedremo quando vedremo che la sua missione è la sua
identità…)

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Capisce chi è Cristo chi si espone al fatto che Cristo è per lui, chi si espone alla sua intenzionalità
soteriologica. Capisci chi è Gesù se ti lasci salvare da lui. (Ti prometto che ti salverò se ti lasci
amare). (Forma pratica non intellettuale… lavare i piedi, una confessione un salesiano che ti viene
incontro)
Keseman dice che nessuna testimonianza significativa si da senza un darsi storico. (Non si
stacca senso da dato). Non puoi parlare di Cristo senza riferirti al Gesù storico.
Il kerigma che non si fonda su un’evento è vuoto. La old quest aveva un’inficio di fondo,
ovvero il fatto che il senso religioso rendesse falso il dato. Ma non si può arrivare al dato
senza senso. E dov’è scritto che il credente vede le cose in modo falso rispetto al non
credente?
Ora, si sono fatti ammazzare per cosa i primi cristiani? Avranno scritto bene. Con questa
frase, che suona come un motto, si riassume il guadagno della new quest: all’origine della
riflessione teologica su Gesù sta il Gesù storico, in quanto, citando Amato, «si può parlare di
cristologia già prima della pasqua, dal momento che Gesù stesso ha posto i suoi discepoli
davanti alla decisione di fede nei confronti della sua persona...
Cioè devi prendere posizione per capire cosa stai vedendo.
Il metodo storico-critico è accettato, ma occorre stemperarne le esasperazioni, attraverso
alcuni criteri che vengono attualmente accettati nell’indagine storica:

o Criterio di discontinuità: rilevare quegli aspetti che appaiono dissimili rispetto all’ambiente
culturale coevo e alla riflessione posteriore della comunità cristiana;
o Criterio della coerenza: rispetto ad altri elementi considerati autentici;
o Criterio dell’imbarazzo: la fonte mantiene elementi che avrebbero creato imbarazzo rispetto
all’annuncio, ma che sono tenuti secondo un criterio di fedeltà; (perché scrivere errori di
Pietro e boanerghes)
o Criterio di molteplicità di attestazioni: lo stesso fatto o detto ricorre in fonti diverse e
indipendenti;
o Criterio di spiegazione necessaria: attribuire a Gesù ciò che appare indispensabile per
spiegare alcuni dati storici sicuri;

(Questi sono criterio he limitano il metodo storico critico

3 - THIRD QUEST (1990 ad oggi…)


Se vuoi capire Gesù lo capisci all’interno del contesto che è stato costituito per accogliere
la sua incarnazione. Gesù e Maria erano ebrei e comunque Gesù si pone in compimento di
quella cultura lì.
Oggi dobbiamo tener presente:
- la prima comunità non distingue tra Gesù storico e Cristo della fede. Sono convinti che sia
lo stesso
- La lettura dei vangeli non è falsa di principio. Non sono biografie, ma le letture di senso dei
primi discepoli. Non banale che sui vangeli si pongano le difficoltà di comprensione degli
apostoli.

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(Non esiste alcuna pastorale fuori dalla domanda “cosa ci sta dicendo Dio?”… sennò fai
attività. La traduzione del Cristo della fede non dev’essere la traduzione di ciò che io ho
capito di Dio, il senso che io do al dato. Indubbiamente sarà anche questo. Ma tu devi
impegnarti ad unire il tuo cammino al cammino dei discepoli, perché se non fai così
annunci qualcun altro. Il Cristo della fede non deve diventare il Cristo della “mia” fede)
- la ricerca storicapermette di capire meglio l’evento cristologico, ma in sè non legittima
alcuna scelta di fede, ma solo una verità storica. Non la verità in sè.

FEDE E STORIA NELLE CRISTOLOGIE CONTEMPORANEE

PANNENBERG (ambito evangelico): la vicenda di Gesù di Nazareth, nel suo accadere


storico, costituisce la rivelazione definitiva di Dio. La passione, morte e risurrezione di Gesù
costituiscono l’anticipazione assoluta della rivelazione escatologica di Dio (la rivelazione
definitiva alla fine dei tempi). Rispetto alla critica storica radicale, il rapporto tra ragione
storica e fede teologica è fortissimo: la ragione storica non ha a che fare solo con la
ricostruzione del fatto, ma con il significato dell’evento. Proprio per questo la ragione
storica può rapportarsi con la teologia: perché esiste un legame tra fatto storico e senso
teologico dello stesso. (Ricostruisci il fatto se ti metti dal lato dei testimoni. Nerone ha
bruciato Roma? Non si sa… La storia l’anno scritta i pagati dagli imperatori successivi
che lo avevano ucciso. Per mettere in cattiva luce chi ha preceduto si può scrivere la storia
come si vuole. Ma per ricostruire il fatto è necessario mettersi nei panni del testimone e
capirne l’orizzonte)

In ambito cattolico:
o Apologetica moderna: non c’è contraddizione tra fede e storia, ma nel sistema creato il
Gesù storico è solo l’occasione per arrivare al Cristo della fede, e ai contenuti che Egli
annuncia. La storicità è di fatto irrilevante: totalmente all’opposto rispetto alla nostra
impostazione, che si concentra sulla Gestalt dell’evento (nella convinzione che la storicità di
Gesù è intrinsecamente costitutiva della verità cristologica, non solo un involucro esteriore
della stessa).

o Rahner e Von Balthasar in seminario

o SCHILLEBEECKX: il Gesù della ricostruzione storica non è mai il Gesù vivente della
storia vissuta e interpretata dai discepoli, ma non si può neppure affermare che il Gesù
della storia sia irraggiungibile e dunque disponibile per ogni interpretazione. La narrazione
evangelica è risultante dal nesso tra interpretazione autentica del senso e la testimonianza
memoriale dell’evento: in altre parole la narrazione evangelica è il frutto della decisione di
Gesù di condividere la vita con i suoi: questo significa che non si può interpretare il senso
dell’evento a monte della testimonianza di coloro che vi hanno preso parte. Proprio perché
il senso della sua vita è dono destinato all’uomo, esso è accessibile solo nella ripresa

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memoriale dei testimoni.

VEDERE E CREDERE: IL CANONE FENOMENOLOGICO


DELLA TESTIMONIANZA EVANGELICA
Se tutto quello che abbiamo detto è chiaro, allora l’ermeneutica la fenomenologia e la
teologia della memoria Jesu partono dal Gesù storico letto dai testimoni.

La realtà si manifesta.
Ricordiamo cosa si intende per fenomenologia? Porsi all’ascolto “delle cose stesse” nella
convinzione che sapere è lasciare che la realtà si manifesti. Questa istanza prevede che
l’uomo nell’ascolto della realtà storica possa coglierne la verità. Quando si parla di canone
fenomenologico della testimonianza evangelica si vuol significare un aspetto della struttura
dei Vangeli: essi sono l’ascolto (vedere) dell’Evento da parte dei testimoni che nella
“storia singolare di Gesù” comprendono la “verità universale di Dio” (credere). Ma
perché 4 Vangeli? Perché non ridurre i contenuti dei 4 ad uno solo? Nella storia la
Chiesa ha sempre condannato il tentativo di ridurre i Vangeli ad un trattato.
Le condanne della Chiesa muovono dalla convinzione che l’accesso all’Evento è possibile
non selezionandone i contenuti, ma rispettandone la dinamica testimoniale: solo nella
memoria dei testimoni cui l’Evento si destina si può recepire l’Evento stesso.

Qual è la relazione tra l’evento di Gesù e la fede dei testimoni?


Per comprenderlo occorre fissare due argini:

1. Il testo evangelico non rimanda alla “soggettività” della testimonianza, ma rivela la


convinzione che si è data “oggettivamente” una rivelazione di cui i testimoni sono
resi partecipi; (la testimonianza non tradisce il dato ma rivela la convinzione che si
sia dato oggettivamente una rivelazione. Essendo il testimone del fatto nel colgo il
senso, non ne do io il senso)

2. La ricezione dell’evento non è indifferente: il testimone vede quello che può e sa


vedere (in base alla sua singolarità... ecco perché 4 vangeli!). Dunque l’oggettività
non è mai impersonale. (Nessuno di noi sa e vede tutto di una cosa. L’oggettività non
è mai impersonale. Pietro annuncia Gesù alla luce dei suoi occhi, di ciò che lui ha
visto)

Vedere dunque prevede due passaggi: da un lato l’apparire del “visto” dall’altra la
capacità/disponibilità del “vedente”. Nell’Evento fondatore (Cristo) ciò che è attestato è il
rapporto tra vedere e credere (e vide e credette. Gv 20,8): la verità di Gesù deve essere vista
nella storia in qualche modo (in questo senso, la fede dei discepoli è paradigmatica per
ciascuno di noi). L’evidenza del sapere è dunque legata alla necessità di credere: in altre

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parole solo chi crede vede la verità della storia (evidenza simbolica). Se per vedere
“correttamente” rimuovo il credere, Gesù diventa disponibile ad ogni altra interpretazione
non sia quella richiesta dall’Evento in se stesso (lo mostra con grandissima evidenza la
vicenda della old quest).
(Vedere è l’incontro tra ciò che è visto e io che vedo. Da una parte il vedere fa riferimento a
qualcosa che c’è ma dall’altra anche al modo in cui tu vedi. Vide e credette ci dice che si non
si vede non si crede. Ma il vedere va declinato tra Tommaso e Giovanni. Devi vedere
qualcosa per credere, ma non come pretendeva di vederlo Tommaso. Dall’altra parte il
credere è esattamente la forma del vedere… (vedrai i miracoli se crederai…) Solo l’occhio
della fede vede ciò che c’è da vedere. La mamma quando invecchia è un peso o è la mamma?
Non è facile rispondere. Se per vedere correttamente rimuovi il credere, in realtà tradisci
perché non si può mettere tra parentesi l’umano)

I VANGELI HANNO L’INTENZIONE DI MOSTRARE LE CONDIZIONI DI ACCESSO


ALLA VERITÀ DI GESÙ DI NAZARETH: non descrivono solo “la verità” dell’Evento, ma
anche il modo per accedervi (attraverso la narrazione, a tratti imbarazzante, della fatica dei
discepoli ad “entrare” nella prospettiva del Regno). L’oggettività che appare nell’evento,
ossia il modo in cui l’evidenza della fede si mostra, è simbolica: si rende disponibile per il
riconoscimento del discepolo: in questo senso la testimonianza possiede la stessa
oggettività dell’evento: perché l’evento sollecita la presa di posizione della libertà come
unico modo di comprensione. Nel caso specifico si tratta di “mettere insieme” (sym-ballo,
simbolico) la ripresa memoriale dell’evento con la presenza nella storia del Risorto e il dono
del suo Spirito. Il punto di “unione” paradigmatico di questi due aspetti è dato dalle
apparizioni pasquali che per questo avranno da essere indagate con particolare attenzione.

(Leggere appendice)

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Pag 103. Appendice lezione 13.


è una cosa per approfondire… materiale buono. Altrimenti basta la lezione 13. Per chi farà
IRC è bene che la prenda almeno all’inizio.

Pag 122

FENOMENOLOGIA DELL’EPHAPAX
CRISTOLOGICO: PRETESA NELLA DEDIZIONE

Pietro riceve un appello, e camminando dietro Gesù è chiamato a capire la verità di ciò che
appare gestis verbisque, passando da una sua idea di Dio. Questo capita a tutti noi. Tutti
abbiamo dovuto fare iconoclastia: distruggere immagini sbagliate di Dio… Dio sta ancora
costruendo in me la sua immagine, e lo fa facendo di me un’immagine di Lui. Man mano
che in me si forgia la santità, sempre di più conosco Dio… ma per far ciò ho dovuto
distruggere i suoi vitelli d’oro.
Anche Pietro dopo il primo annuncio dice a Dio che sbaglia, ma Gesù gli dice deute opiso
mou (torna dietro me) perché pensi le cose degli uomini e non di Dio. Pietro pensa un Dio
potente… lo vuole come lui… Ma Dio non deve essere pensato al modo degli uomini, ma al
modo di Dio. E Dio non si presenta potente, perché se fosse potente, tu che lo segui
cercheresti un posto a fianco a Lui… Se fosse potente, seguirlo vorrebbe dire vincere,
conquistare, primeggiare ed essere amati…
Nella morte di croce Dio vede il compimento e gli uomini vedono la sconfitta. Pietro è
legato affettivamente a Gesù e aver vissuto con lui degli anni gli hanno dato le categorie per
capire secondo Dio, ma in realtà non le usa ancora, perché rinnega all’inizio. Dopo la morte
ci sono le apparizioni. Pietro che nel cammino della sua vita ad un certo punto è tornato a
pescare, impatta poi con le apparizioni, torna indietro e passando attraverso la croce e
l’ultima cena inizia a rileggere tutto quello che è avvenuto. Mano a mano che rilegge e
comprende Pietro passa dal vedere le cose secondo gli uomini al vederle secondo Dio —>
adesso inizio a capire le cose che ho vissuto. L’evento permette di avere un’altro sguardo sul
passato.
I vangeli sono biografie strane. Sono molto lacunose. Oltre a ciò il fatto che tre giorni
occupano uno spazio letterario pari a quello dei tre anni prima. Avvicinandosi alla Passione
è come se il testo si rallentasse. Tutto ciò è così perché è dalla croce che si rilegge tutto.

Perché noi sappiamo che questo è il processo memoriale?


Nel cenacolo oltre agli undici c’è Maria.

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Marco all’indietro arriva a Giovanni Battista
Luca e Matteo all’infanzia,
Giovanni all’archè.
Vedendo dove si è giunti nella vita della comunità si torna indietro per capire chi sia Gesù.
Se questo è vero vedremo 3 cose:
- rederemo il fondamento come storia di Gesù nelle sue coordinate principali (noi 3 ma si
può dire in altri modi: considerare il tutto nel suo insieme —> gestalt è tutto nel suo insieme.)
-Poi ci concentreremo su post-passione, dove Pietro ha messo gli occhiali) (oggi sei
chiamato a comprare lì gli occhiali perché se non li compri da “croce” metti gli occhiali che
vuoi dopo
- vide e credette sono insieme, perché se non vedi qualcosa non puoi credere, ma se non ti
affidi non vedi. Il ricco che non si affida qualcosa ha visto. Allo stesso tempo il vedere di
Tommaso che vuole capire e vedere prima di credere non va. Non si vede tutto nel credere.
Antropologicamente diremo che il vedere del senso ha sempre un apertura fiduciale. Noi
salesiani facciamo così nel sistema preventivo

______________________

ephapax = una volta per sempre. (Lo compie qui ma vale per l’eternità)

Simone, se vuole entrare nell’evento, non può che mettersi nella posizione di Pietro,
cercando di fondere il proprio punto di vista con quello di Pietro. È attraverso la
prospettiva di Pietro che si capisce chi sia Gesù. Questa cosa è tipica del sapere
dell’umano. Non si può sapere nulla se non a partire da un’interpretazione, e nel senso di
un fatto si deve entrare nel senso di un testimone. Ciò che tu devi ricevere non è il dato in
sè ma il senso di quel dato… il chi è Cristo per te…
Ecco perché l’unico modo per entrare nella verità è farlo nella prospettiva di chi quella
prospettiva l’ha conosciuta passo passo. Da sempre e per sempre si scoprirà il senso da chi
lo ha vissuto. Va capita la prospettiva di chi è testimone. Se vuole abbassare, se vuole
esaltare… solo così si entra nel senso della testimonianza. Esaminando il testimone si
esaminano anche le intenzioni. Ecco perché è importante nei vangeli che scrivano anche le
brutte figure che hanno fatto… facendo vedere il loro cammino di discepolato e la fatica che
hanno fatto. Ogni santo in nel cammino che lo ha portato lì, ha visto e ha mostrato di più. Se
guardi Filippo Neri e Don Bosco, vedi una figura di Dio che nel vangelo è contenuta in nuce,
mentre lì è evidente.
L’unico modo per riconoscere Gesù nella storia è essere discepoli come lo sono stati i suoi
discepoli a partire dalla tua personalità.

Gadamer, filosofo ermeneuta parla di fusione degli orizzonti.


Nel campo dell’interpretazione storica, si parla anche spesso di orizzonti specie in riferimento alla pretesa

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della coscienza storica di vedere i vari momenti del passato nella loro fisionomia propria, non legati ai nostri
criteri e pregiudizi di oggi, ma nel loro peculiare orizzonte storico. Il compito della comprensione storica porta
con sé l’esigenza di appropriarsi, in ogni singolo caso, dell’orizzonte storico in base a cui ciò che si deve
comprendere si presenta nelle sue vere dimensioni. Chi non si preoccupa di collocarsi nell’orizzonte storico a
cui il dato appartiene e dal quale ci parla non può capire il significato di tale dato [...] È costitutiva di
un’autentica comprensione la capacità di recuperare i concetti di un passato storico in modo tale che essi
includano in sé anche il nostro proprio modo di pensare. Abbiamo chiamato questa la fusione degli orizzonti
(Horizontverschmelzung)» (H.G. GADAMER, Verità e metodo, Bompiani, Milano 1960, 353.432)

Se davanti ad un dato non ti metti nell’orizzonte storico proprio in cui quello si è dato non
lo capisci.
Non posso far finta di essere neutrale. Ho un punto di vista, ma quel punto di vista deve
necessariamente entrare in un punto di vista diverso… questo da sempre cerca di fare la lectio
divina. Se tu apri oggi un commentario biblico il primo tentativo e far capire come le parole
assumevano un senso in quel periodo lì.

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L’accesso a Gesù è ineludibilmente legata ai 4 Vangeli. L’identità di Cristo non può essere
capita che all’interno di una narrazione. Manca un pensiero teologico serio sulla narrazione.
Perché Dio si è dato in modo narrativo.
Non si capisce dai titoli cristologia Gesù, ma dal basso della narrazione.
L’identità di Gesù viene da una narrazione e non da uno schema.
Ci sono 3 fuochi nell’evento:
- Missione
- pretesa
- dedizione incondizionata

1) MISSIONE è il termine latino per dire il fatto che Gesù è l’inviato dal Padre. Si parte
dalla missione perché si comprende la sua identità solo se “chi Lui sia” si comprende da
colui che lo invia e il motivo per cui è inviato. La missione è l’identità di Gesù e l’identità
di Gesù è la sua missione. (L’apologetica moderna direbbe che la missione di Gesù è
annunciare le verità di Dio)
Nell’essere inviato dal Padre, al fine di essere obbediente e ritornare al Padre (per chi sei?)
Gesù mostra che il suo essere inviato è la sua missione, e la sua missione è la sua identità.
Ciò che fa e ciò che dice sono esattamente i luoghi in cui si comprende chi è. Tutti i titoli
cristologici nascono da lì, dalla sua donazione agli uomini e relazione al Padre. Gesù è il
salvatore. La missione di salvezza corrisponde alla sua identità. Ma lui è anche il mandato
e il corrispondere alla missione è l’essere Figlio, l’essere obbediente. L’obbedienza è il
modo di entrare nella fede, per quanto sofferta… non è benessere ma beatitudine la risposta
di fede.

PADRE
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FIGLIO

UOMO

2) la PRETESA
Gesù sa di essere Figlio di Dio. (Lc, 4 Gesù alla sinagoga di Nazareth)
Gesù è pio Israelita, va in sinagoga e gli danno da leggere Isaia… da lì in avanti
Luca usa bene la penna… è l’inizio della vita pubblica dopo le tentazioni. “Lo Spirito del
Signore, cioè il Signore, mi ha mandato”… Gesù si presenta nella scena
pubblica e la prima cosa è dirsi inviato. Ciò che da senso
all’invio e alla missione e quindi all’identità sono i destinatari della
missione: i poveri, i prigionieri, gli oppressi…
Siamo in sinagoga, Gesù si alza e gli passano il rotolo. Gli occhi di tutti sono sul rotolo, poi
arrotola il volume (mossa liturgica) lo consegna e siede. Gli occhi di tutti sono fissi su di lui.
Perché?
Luca sta segnando una consegna. La parola di Dio che è nel rotolo viene pronunciata
dalla Parola e per questo quando viene riconsegnata, l’attenzione del Vangelo non sia più
sul rotolo ma sulla Parola, (su Gesù, sulla forma reale e coincidente della Parola).
Oggi si è compiuto ciò che avete udito. Oggi viene a compimento la scrittura dell’invio di
Isaia perché l’invio che aspettate oggi si è compiuta davanti ai vostri occhi. Tutti gli
rendevano testimonianza, vedendo la grandezza delle parole… ma poi dicevano… non è il
figlio del falegname? Tutti erano meravigliati, ma poi come prendere posizione rispetto a
questo è compito personale. (C’erano molte vedove in Israele ma venne scelta una
straniera…)
Se non si prende bene posizione il messaggio vi scavalcherà e arriverà un nuovo Namaan il
Siro che non appartiene a noi, perché deve arrivare ai poveri ai prigionieri e ai ciechi e non
ai poveri di Israele, ai prigionieri di Israele… la nuova parola ha la pretesa di dire che la
salvezza e per tutti e non solo per il popolo, ma oltre a ciò il criterio non è più etnico ma
legato alla forma di disposizione e apertura con cui si arriva davanti a Dio.
Luca mette all’inizio… e dice… guarda che Gesù passa, ma non capiti a voi che se ne vada
perché lo avete messo in disparte dove non possa rompere l’anima.

La pretesa di Gesù è dire che la Parola si sta adempiendo ora, e se non lo capisci lo
perdi… se l’oggi non lo capisce oggi lo perdi. Il passaggio di Gesù fa emergere
interrogativi: chi ti ha dato questa autorità… dall’altro la meraviglia. Chi ti da autorità sul
tempio di Dio… e lui dice è il Padre mio.
La pretesa rimane intatta fino alla fine quando Pilato dirà” sei tu il re? Il Cristo?” - “tu lo
dici”. Una pretesa che è la forma della verità. La pretesa che dice “in queste cose non

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posso fare sconti, a costo di sembrare un bestemmiatore”.
Per il pensiero giudico è fuori di testa che una creatura si dica creatore. Ciò che la pretesa
sfida è sempre una pre-comprensione di fondo. È come se dicesse: “fatevi aprire gli occhi”.
Tutti noi abbiamo un’idea su Dio. E la pretesa di Gesù è buttare giù le nostre costruzioni.
Le crisi di fede sono buone quando distruggono le pre-comprensioni di Dio. Ecco perché è
sano che i ragazzi ogni tanto abbiano una crisi di fede.
Gesù non cede sulla sua identità ultima: sapersi e proporsi come Figlio del Padre.
Mc 14 —> i capi del sinedrio cercavano un testimone che dicesse contro di Lui. Cercando
testimonianze false non riescono a mettersi d’accordo fra loro… quasi che dica… la
testimonianza del vero unisce, quella del falso divide. “Sei tu il Signore? Io sono” - “esodo
3,14 —> chi sei? Mi ha mandato IO SONO”. Lo scandalo di Via verità e Vita è che
specificano ego eimi (io sono) —> la bestemmia.
Il sacerdote dice che bestemmia. Gli sputavano lo picchiavano… oggi noi seguiamo questo?
Noi cosa cerchiamo? (Quando gli hanno sputato, Gesù aveva tutti i diritti, poteva chiamare
gli angeli eppure non ha fatto così).
Seguire il vangelo può chiedere di essere in divisione con chi non lo segue… c’è un momento
nel vangelo che dice “volete andarvene anche voi?” Signore da chi andremo? Solo tu hai
parole di vita eterna…”

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Avevamo visto come alcuni degli elementi della gestalt di Gesù sono la missione e la pretesa. Egli è l’inviato del
Padre e lo è in quanto Figlio. L’invio e il Figlio finiscono per coincidere. Si capisce chi è Gesù prendendo parte
alla sua missione, quando Dio ha possibilità di agire nella mia vita.
Poi Gesù non viene meno alla pretesa di identificare la sua vita con l’identità del Padre… io lo sono, chi vede
me vede il Padre.

3) DEDIZIONE INCONDIZIONATA
Missione e pretesa sono legate assieme nella “DEDIZIONE INCONDIZIONATA”
(termine che può cambiare ma è importante capire il concetto).
Quando si parla di dedizione si sta parlando della capacità di prendersi in carico di prendersi
cura di qualcuno. Questa cosa non è scontata. La cura, la dedizione è la legge della vita. La
vita o è custodita o non è. La cura è un trascendentale del venire alla vita di ogni uomo.
Tutti vengono alla vita da figli.
Legge nomos della vita:
- cura
- figlio
Qualsiasi cosa tu dica lo fai a partire dalla storia di significato che ti precede. La realtà del
figlio usa la parola “figlio” perché il papà e la mamma usano la parola figlio. Gesù può
dire di essere Figlio perché i suoi ascoltatori hanno fatto l’esperienza dell’esser figlio, e per
il Padre non usa le parole del tempo, ma il temine “Abba” che vuol dire papà.
—> perché dire che la dedizione/cura è il centro del vangelo è importante? Perché è lì che
si da la vita e ogni vita si da come figlio che necessità cure. Il bambino nasce e ha bisogno
di mangiare bere, essere pulito… Così i sacramenti sono il luogo in cui Dio ti cura
(eucarestia —> nutrire).
Non qualsiasi forma della cura fa bene. Ci sono mamme così morbose da rovinare il figlio.
Non tutte le forme della cura fanno bene al figlio.
Per questo la redenzione colma la creazione, perché la cura ha bisogno di essere redenta.
(Chi ama il proprio figlio/a più di me, più suo padre/madre di me, ecco questi non è degno di
me —> o tu metti la forma redenta della redenzione al centro dell’amore per qualcuno o fai
perversione. Quando ami i ragazzi senza prendere la forma da Cristo e senza mettere lui al
centro, la cura si perverte)
Il vangelo poi batte sul fatto che la dedizione è incondizionata. Dio ti ama, ma senza
condizioni. Non ti ama se tu hai alcune condizioni, ma ti ama a prescindere. Ognuno è
amato prima della dedizione, prima di un’impegno. Non è che tu fai sacrifici a Zeus e lui si
cura di te, ma è evidente che Dio si è preso cura di te molto prima che tu potessi fare
qualcosa.
Un peccatore che merita la cura di Dio? Si…

LA PRETESA DI GESÙ È DIRE CHE QUELLA DEDIZIONE LÌ COINCIDE CON


L’IDENTITÀ DI DIO. LA GRANDE PRETESA DI GESÙ, CHE ANCORA OGGI NON È

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TANTO CAPITA… NON ESISTE ALTRA IDENTITÀ DI DIO, SE NON NELLA
FORMA DI UNA DEDIZIONE INCONDIZIONATA CHE PUR DI NON ESSERE
SCAMBIATA PER POTENZA ACCETTA DI PATIRE LA CROCE. (Se Dio è onnipotente,
perché non blocca il covid? La sua onnipotenza è dopo l’esser Padre… l’onnipotenza è la
forma dell’amore, e non la forma del potere. Quando leggi Dio sotto la forma dell’amore lo
capisci. Il punto non è che Dio ti ama se ti preserva dal tumore, ma che continua ad amarti li
dentro. Come si spiega il male ai ragazzi? Non c’è altra spiegazione del male che la croce e
la risurrezione. Il male non può essere spiegato ma può essere raccontato).

“Egli spoglio sè stesso facendosi servo. Il più grande tra voi si faccia servo”
Perché fai fare il servizio? Perché è l’unica che contiene questa forma qua…
Tu troverai veramente il senso della tua vita fuori dal servizio? Nel Vangelo la forma di
servizio più alta è la lavanda dei piedi. (Ai tempi di Roma i nobili avevano molti servi e i
meno capaci venivano messi alla porta a lavare i piedi dei nuovi arrivati… Gesù lo fa a metà
cena, non ha senso, ma rimanda al ruolo dello schiavo più inutile di tutti.
“Lì amò sino alla fine”, non è legato solo al dono della vita, ma anche rispetto alla forma
della vita… In Giovanni la lavanda è al posto dell’istituzione eucaristica. Perché il rito è
sostituita dal suo senso.

Quell’immagine della lavanda dice che per capire l’eucarestia non va scissa dalla lavanda. Il
pane e il vino, l’espressione massima dell’amore di Dio può essere accostata solo dalla
dedizione al povero…

“Non mi laverai mai i piedi”… Pietro entra nell’ottica “Tu sei il Signore… tu devi sederti,
siamo noi uomini che dobbiamo servire te, l’inviato” —> PIETRO NON RIESCE A
CAPIRE CHE DIO È DEDIZIONE INCONDIZIONATA… O TU LASCI ESSERE DIO
CIÒ CHE È, O LASCI CHE SI DEDICHI COMPLETAMENTE A TE O NON LO
CONOSCI. MA SE PENSI DI SERVIRE DIO POTENTE SBAGLI… È LUI CHE SERVE
E SI DEDICA… DIO TI DEVE RAGGIUNGERE NEL TUO FANGO… DIO NON È
UNA POTENZA DI SERVIRE, E DEVE ESSERE LASCIATO ESSERE CIÒ CHE È
PER CONOSCERLO… SE NON LASCI CHE SIA DEDIZIONE INCONDIZIONATA
NON LO CONOSCI.
Questo non scioglie il fatto che Dio è Dio. Ci sono due parabole da tenere insieme: quella dei
servi inutili, e poi la parabola in cui il servo che ha fatto il suo compito sarà servito dal suo
padrone. —> le parabole vanno tenute insieme perché DIO TI RAGGIUNGE LAVANDOTI
I PIEDI MA DALL’ALTRO LATO NON TI METTE SUL TRONO E NON TI RENDE
VIZIATO, SEI UN SERVO INUTILE. SEI UN SERVO A CUI LAVO I PIEDI, MA CHE
SE NON SERVE È INUTILE. DIO È COLUI CHE SOMMAMENTE VA SERVITO MA
ALLO STESSO TEMPO SOMMAMENTE TI SERVE.

“Voi mi chiamate maestro e Signore e dite bene perché lo sono” “se dunque io, il maestro ho
lavato i piedi, anche voi lavate i piedi… vi ho dato l’esempio perché così siate anche voi”…

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Se Dio ha la forma della dedizione incondizionata, allora anche tu che sei a immagine e
somiglianza hai la forma della dedizione.

L’ultimo passaggio è che non serve un atto di culto a Dio, ma serve che lavando i piedi
all’ultimo, si faccia un atto di culto a Dio. Dio si identifica con gli ultimi e lavarsi i piedi gli
uni gli altri è dare culto a Dio.
—> tu (a immagine di Dio) trovi te stesso, se trovi la forma di Dio… e tu che sei un essere
storico-pratico impari tale forma praticandola: dare un bicchier d’acqua, se hai fatto parte
del tuo… raccogliere uno spillo con amore è salvare l’anima.

Una struttura così a noi può anche emozionare, ma all’epoca (e anche oggi) crea problemi.
Dio non è l’onnipotente ma è innanzitutto il Padre… e la sua onnipotenza è del Padre. Ma il
punto di vista di Dio è quella della croce e non troverai altro senso che quella forma lì…
Giulia Gabrieli, a 14 anni muore di tumore… dice che non si ringrazia abbastanza Dio… è un
ossimoro, ma l’incontra la forma dell’amore di Dio… ma tale forma non può essere spiegata,
ma solo intrapresa piano piano. Non può essere spiegata ma solo raccontata.

Lo scandalo è a quel tempo dire che ciò che fa Gesù è Dio. Nella passione l’unico sangue
versato è quella del Figlio. Lo si vede quando guarisce l’orecchio del servo. Gesù
nonostante il rifiuto non cede la dedizione. L’opera che il Padre gli ha dato da compiere lui
la compie.

L’onnipotenza del Dio di Gesù sta nella donazione totale. L’onnipotenza ha la colorazione
dell’agape e del dono… dona tutto sè stesso.

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Oggi si finisce lez. 15 e si entra nel 16


Siamo nella parte fondativa e si sta esaminando la gestalt (forma) di Cristo.

TEOLOGIA DEI SACERDOTI


Le cose che scriviamo le capiamo e poi sono scritte sulla dispensa. La weltanschauung di
Gesù è importante… se non entri nel modo di vedere il mondo del Figlio non conosci il
Padre… Gesù mi educa a vedere il mondo con i suoi occhi se io mi faccio discepolo.
Se Gesù non si fosse incarnato, a Gerusalemme ci sarebbe comunque il tempio con sacerdoti
e scribi che custodisce la teologia di Israele. La teologia di Israele è ciò che dicono loro di
Dio, la visione di Dio. Per loro Dio è Signore, creatore, liberatore, presenza, uno, potente,
in cerca di un’alleanza con il popolo, fedele, geloso, punisce. Gli amici di Giobbe gli dicono
che se sta male è a causa del suo peccato precedente. Nella teologia dei sacerdoti la
spiegazione del male è legata al peccato. Il male cade sui tuoi figli a causa dei peccati.
C’è poi il legalismo. È un Dio potente, che punisce, che è legalista e rispetto al male è
totalmente esterno. Dio non può essere toccato dal male inteso in qualsiasi termine. Se il
male è un’allontanamento da Dio, allora la malattia non ha nulla a che fare con Dio e dice
il segno della distanza che tu hai preso da Dio. Se il peccato è la causa del male e il peccato
è lontananza da Dio, allora il male è ciò in cui sei incappato perché ti sei allontanato da
Dio.

Se questo è vero, il Cristo di Dio deve essere colui che è potente, non ha alcun rapporto con
il male ed è venuto per regnare. (Ecco perché ogni volta che vengono a farlo re Gesù fugge
—> non è il Dio che rifugge il male, ma il Dio che ci entra)
Gesù è pio israelita, vive il culto, ma poi la porta a compimento. Recupera le intuizioni della
teologia dei sacerdoti e le purifica da ciò che non è buono.

TEOLOGIA DI GESÙ
È ciò che dice Gesù su Dio. Dio è padre, è colui che viene incontro al peccatore prima che
si converta, non scappa dal male ma ci sta dentro, è amore incondizionato, perdona,
abbassamento, alleanza con ogni uomo (nuovo rapporto con donna e bambini, che non sono
piccoli uomini, un nuovo rapporto con lo straniero —> si squarcia velo del tempio, non hai
più bisogno di mediazione, il sacerdote non ha più contatto).
I primi gesti di Gesù sono un costante richiamo a dire che, se Gesù c’è, il male si ritrae con
guarigioni ed esorcismi. All’inizio Gesù a successo ma poi alcuni si discostano e il buio
ritorna quando l’uomo dice il sommo “no” e sparisce quando il Padre dice “si” all’opera
del Figlio, che dice si dagli inferi facendoli esplodere. Il “no” sembra dire la
preponderanza, ma il “si” è più forte.
(Ogni agire pastorale inevitabilmente troverà dei “no” —> pergolato di rose —> se segui

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Gesù incontrerai dei “no”). Il buio del “no”, per diventare prete sai che lo passerai.
Il Cristo è re ma nella forma del servo. Svuotò sè stesso.

(Sempre nelle tentazione da preti ci verrà da fare i sacerdoti mediatori, distanti, dignitari, e
non pastori… il passaggio del sacerdozio come ruolo di potere al sacerdozio come ruolo di
servizio… il mercenario se arrivano i lupi scappa, il pastore da la vita)

PASSAGGIO
Passare dall’immagine di Dio dei sacerdoti a quella di Gesù è possibile solo passando per
Gesù, attraverso un credito affettivo in cui pur non avendo capito tutto ci si affida a lui e lo
si segue. (Questo anche per noi… questo salesiano merita la mia fiducia… ci vuole un
credito)
—> i discepoli devono fare questo passaggio per passare dall’immagine di Dio sei sacerdoti
a quella di Gesù. Ma questo lo facciamo anche noi. Perché se Dio potente perché non ferma
il covid? È pensare nella potenza.
È passare per la croce, se non passi per la croce non vedi Dio. Dio non ha fermato i suoi
carnefici come non ferma il covid, ma in quella oscurità e “no”, Lì può dire il “si” più
profondo dicendo che quel buio non è l’ultima parola.
Tu Dio lo capisci solo nel si della croce, dove nel buio più totale vedi che quella non è
l’ultima parola. (La veglia di Pasqua ha 9 letture per far vedere la storia dell’alleanza e si
conclude con il battesimo e così si vede il brillare della pasqua). Il passaggio per la pasqua è
veramente un “esodo”.
I discepoli devono passare da una teologia all’altra, ma lo fanno dopo la pasqua. Ma i
discepoli hanno la teologia dei sacerdoti? Hanno la fides quae dei sacerdoti ma hanno la
fides qua giusta… sanno che cristo deve essere re, ma sanno che Cristo è Gesù. Il dramma
dei discepoli sarà tra il credere che Cristo è Gesù, ma che poi Cristo non corrisponde con
la teologia in cui sono cresciuti. (Qui c’è una spaccatura che è per tutti, tra credere in Gesù e
scoprire che Gesù non è l’idea che ti sei fatto). I discepoli prima della pasqua hanno
l’immagine di Cristo re liberatore (uno a destra e l’altro a sinistra) e tuttavia hanno
identificato Gesù come Cristo. La spaccatura si vede in Marco 8… chi sono io? Il Cristo,
ma se poi soffre Pietro gli dice, no adesso ti spiego come fare… Nella croce c’è la
spaccatura. I discepoli devono decidere se Gesù è veramente Cristo e quindi non è come lo
pensano o il Cristo non è come Gesù e Gesù non lo è. Scappano. Ma poi non fuggono, lo
seguono, e avranno la sua stessa fine… proprio perché Dio ha la forma dell’amore della
croce, allora anche io vado così.
I discepoli fanno il passaggio e di conseguenza raccontano chi è Gesù attraverso la loro
scoperta di chi sia Gesù. In questo senso una conversione, un passaggio di esodo. Passano dal
loro punto di partenza al punto Gesù.
Un ripensamento della vicenda di Gesù che porta a maturare ciò che l’esperienza
contemporanea non era riuscita a motivare. Le apparizioni, l’incontro con Gesù, dopo che
dopo la pasqua erano scappati. Ripensano a ciò che hanno vissuto e vedono che alla luce
della croce tutto ciò che hanno vissuto ha un senso diverso, che Gesù non è re potente, ma

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Cristo sulla croce.

—> LA RIVELAZIONE AVVIENE ATTRAVERSO UNA RIPRESA MEMORIALE.


CAPISCONO CHI È VERAMENTE GESÙ RIPENSANDO E NON VIVENDO.
Noi diremo teologia dei sacerdoti per intendere la teologia dei contemporanei di Gesù.
Noi diremo fede pre-pasquale come credito affettivo a Gesù, ma con ottica dei sacerdoti (il
seguirlo subito non basta a cambiargli l’idea) (si affidano a Gesù, ma hanno un idea sbagliata)
Noi diremo fede pasquale quella fede pasquale quella rilettura che parte nell’evento che li
porta a tornare sui propri passi e rileggere.

San Pietro e Paolo Paulucci credono, si affidano a Dio, allo stesso modo, ma Pietro non è
avvantaggiato perché ha visto Gesù. Pietro capisce la fede e rilegge chi sia Gesù dopo la
morte di Gesù e dopo le apparizioni. La fides qua è la stessa, ma con peculiarità personale
e contestuali. Cambia la fides quae. Entrambe si radicano in Cristo e quindi al Padre.
Tra Domenico Savio e San Pietro chi ha sviluppato la fede più facile? Domenico Savio che
ha respirato da sempre una cultura nella quale una certa idea di Cristo gli viene passata,
mentre San Pietro potrebbe dire che è vissuto in una cultura e teologia sacerdotale. (Nessuna
scrittura dice che aver vissuto con Gesù faciliti la comprensione… in nessuna apparizione
Gesù viene riconosciuto immediatamente… anche nelle apparizioni c’è una fatica di
riconoscimento… Oggi noi facciamo fatica a riconoscere Dio nelle pieghe della giornata, ma
è una fatica che facevano anche gli apostoli).

La fede di Pietro è diversa da quella di Paolo? Si, ma non in termini di facilità… chiedi a
Giuda se era facile. In nessuna parte del Vangelo si trova che aver vissuto con Gesù o averlo
visto apparire rende facile il riconoscimento.
Gesù è l’esperienza ma poi questa chiede la riflessione e l’adesione del senso di Gesù che
chiede una morte e risurrezione, della propria immagine di Gesù e della propria identità in un
legame indissolubile tra le due.

Pag 129.

LA SCRITTURA NEO-TESTAMENTARIA È L’ESITO DEL PROCESSO

L’originaria predicazione di Gesù è un invito alla conversione.


«il punto essenziale è che la verità di Dio attestata da Gesù, e con la quale effettivamente si identifica, si
presenta alla sua stessa coscienza come il principio di una rivelazione senza altra mediazione o autorizzazione:
così egli la rivendica per il suo evangelo [...] Il problema insomma non nasce soltanto dalla critica di Gesù nei
confronti della tradizione (di dire chi vede me vede il padre). La sua pretesa di compierla in quel modo è ancora
più dirompente» (SEQUERI, L’idea della fede, 115).
Gesù non ha altro da mostrare che non sia lui stesso. Gli stessi miracoli vanno lì. Gli
portano un paralitico, (per gli ebrei guarire era togliere il peccato perché questi era causa del
male) Gesù assume l’ottica ma la cambia. Gesù dice ti perdono i peccati… gli dicono di non
dire così che lui al massimo può manifestare la guarigione e non perdonare… Gesù risponde
“cos’è più facile?” Noi diremo che Gesù esce dalla logica e che il vero problema è il peccato

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e non il limite. E poi per far veder che lui può rimettere i peccati, guarisce. Gesù fa un’azione
che è solo di Dio, ma è un uomo. Solo Dio può rimettere i peccati eppure lo sta facendo un
uomo.

“Scendi dalla croce se sei Cristo!”


Se è il Cristo deve salvarsi. “Se sei il re dei giudei salva te stesso!”
Di fronte alla croce il Cristo che è re, non può avere a che fare con il male, allora se dici
chi dici di essere devi salvarti. (Chi muore in croce è maledetto da Dio… Gesù muore come
il lontano da Dio).
Se tu sei questo devi fare questo, altrimenti confermi la nostra idea che tu non sei Cristo… il
grande scandalo dei discepoli è ragionare ancora in tale logica… avremo sbagliato tutto…
(Anche in pastorale ci diremo, ma se tutto funziona così, avremo sbagliato tutto?)
La pretesa di Gesù è dire sulla croce “io sono il Cristo, e la mia forma è quella dello
schiavo” —> la forma del Cristo è la forma della croce.
Se l’affidamento che fai non mette in discussione la weltanschauung con cui lo comprendi,
Gesù a te non si da… lui dice di sè e non deve essere come tu lo vuoi.
I due crocifissi dicono uno “salvati e salvaci dalla croce” e l’altro dice “salvami facendomi
entrare nel tuo regno”. Il malfattore precede Pietro nella fede post-pasquale.

Pag 130.

Tutto il cammino di formazione dei discepoli è orientato a questa conversione, in realtà non
riuscita, verso il modo di comprendere la realtà di Dio che caratterizza Gesù stesso: egli, su
ciò che conta veramente, la pensa all’opposto dei suoi. Essi devono fare l’unica cosa
necessaria, ma la cosa gli risulta praticamente impossibile, perché sono assolutamente
ripiegati su se stessi.

Se non sperimenti e capisci che Dio non è potente ma servo non accedi al senso. Devi uscire
dalle logiche individuali e di potenza. (Vedi social dove tu metti le foto tue, di te… o dove tu
metti le foto che stai celebrando o dando le ceneri… se non stai attento rimani imbrigliato
dalla logica social che dice “TU”, e non la abiti di una logica del servizio e di sequela di
Cristo.)

(GV 6, anche voi andrete? Noi abbiamo creduto e conosciuto… ecco il credere è un
conoscere)

LEZIONE 15
Abbiamo finito la 14 che ci ha introdotto nell’evento di Gesù Cristo…
Cerchiamo di capire cosa iniziamo oggi e cosa finiremo. Il Vangelo non inizia dall’inizio ma
dalla rilettura dell’evento pasquale.
Gesù muore e i discepoli si allontanano da Dio, tornano a fare i pescatori, delusi… ma poi
Gesù appare, e questo gli fa capire che non hanno capito… È un tornare a Dio. Il

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fallimento non sempre è un fallimento, ma gli alti e bassi sono iscritti nell’umanità stessa e
ogni fallimento non è l’ultima parola.
Ecco che pastoralmente un progetto intelligente è necessario, ma non vuol dire che sarà
accolto. Il progetto non garantisce ne distrugge la libertà dei destinatari.
L’operatore pastorale n.1 è lo Spirito. Il massimo del tuo impegno non necessariamente
comporta il massimo del risultato.
Il cammino altalenante dei discepoli, alla morte di Gesù sembra decretare il non aver capito
nulla. Poi le apparizioni e tornano a pensare a ciò che hanno vissuto. I discepoli devono
tornare al triduo (cena, croce, resurrezione) capire cosa è capitato tra cena e croce e poi le
apparizioni.
Chi non ha mai vissuto qualcosa, può sentirne parlare ma poi deve viverla. Non avendone
esperienza diretta normalmente da un’evento nuovo si è destabilizzati. Chi sta accanto può
dare delle categorie per comprendere. L’ultima cena è esattamente il luogo in cui Gesù da le
categorie di lettura: ciò che sta per venire va letto così. È come se nell’ultima cena Gesù
desse un contenitore vuoto da riempire. Non è la prima messa… Ecco il mio corpo? No,
domani… L’ultima messa è il contenitore (categorie) per mettere dentro la passione (evento).
I discepoli si dicono, ci aveva avvisato un po’, poi all’ultima cena fa cose strane. All’ultima
cena prende pane e vino e fa cose strane rispetto alla ritualità della pesha ebraica… Deve
essere stata strana. (Dialogo tra commensali e il più anziano… “ma perché questa notte è
particolare?” Chiede il più piccolo “perché eravamo schiavi…”). Gli apostoli dovrebbero
essere stati un po’ straniti… poi vengono donne e gli dicono cose strane, ma poi alla fine
apparizioni. Ecco le apparizioni cominciano a far chiedere il senso degli eventi capitati.
Quando si inizia a capire che l’ultima cena è riempita dalla passione e inizia la messa.
(In accompagnamento con i ragazzi, il ragazzo viene a dire che cosa ha vissuto, mentre tu lo
porti a rileggere quanto è capitato nella luce di Cristo, e spingendolo a prendere una decisione
per il futuro. È un aiuto nella costruzione di senso del proprio vissuto in Dio. —> anche i
discepoli sono chiamati alla fine a rileggere il senso del proprio vissuto scoprendo che la
persona che gli camminava a fianco era proprio Dio).

La lezione 15 è Emmaus. Luca 24.

«13Ed ecco in quello stesso giorno [la sera di Pasqua] due di loro erano in cammino per un villaggio
distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14e conversavano di tutto quello che
era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e
camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: ‘Che
sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?’. Si fermarono, col volto triste;
18uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: ‘Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò
che vi è accaduto in questi giorni?’. 19Domandò: ‘Che cosa?’. Gli risposero: ‘Tutto ciò che riguarda
Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;
20come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi
l’hanno crocifisso. 21Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre
giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti;

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recatesi al mattino al sepolcro 23e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto
anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati al
sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto’.
25Ed egli disse loro: ‘Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26Non bisognava che
il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?’. 27E cominciando da Mosè e da
tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28Quando furon vicini al villaggio
dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: ‘Resta con noi
perché si fa sera e il giorno già volge al declino’. Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a
tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono
loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32Ed essi si dissero l’un l’altro: ‘Non ci
ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le
Scritture?’. 33E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli
Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano:
‘Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone’. 35Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo
la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane».

Due persone si allontanano da Gerusalemme di sette miglia, si allontanano veramente in


modo completo da Dio! Conversano di ciò che è capitato. Stanno facendo rilettura, ma
quella rilettura li sta allontanando da Dio. Non riconoscono Gesù risorto che torna. Aver
vissuto con il Gesù terreno, aver avuto la fede pre-pasquale, non è essere capaci di
riconoscere il Risorto o avere la fede post-pasquale. (Chi è che riconosce subito Gesù
risorto? Giovanni… chi già nella fede pre-pasquale aveva amato il maestro più di un maestro
sotto la croce… Giovanni lo aveva già capito prima della passione… gli altri, che non
avevano capito chi fosse Gesù prima, non lo riconoscono risorto —> i discepoli, che lo
amavano davvero, può essere che non lo riconoscano). (Il ragazzo più bravo, nella nostra
attività pastorale, può essere che non riconosca. Il nostro lavoro è fargli capire che Gesù
cammina accanto a loro, e che gli occhiali che servono per vedere sono quelli di Giovanni
che è un innamorato).
C’è una certa cecità. Gesù che è la luce è venuto a vincere la cecità, ma non si vince subito,
perché nemmeno la risurrezione basta perché tutti abbiano occhi. Occorre che gli occhi si
aprano.
Come mai state giù?
Come? Solo tu non lo sai? Gesù fu profeta potente (non è titolo cristologico giusto) in parole
e opere. Discepolo è tutto lì? Forse non hai visto tutto ciò che c’era da vedere…
Teo sac. —> cristo è re
Teo Gesù —> cristo è re nella forma del servo (corona di spine)
I DISCEPOLI DI EMMAUS SONO ANCORA NELLA POSIZIONE DI MEZZO DI CHI HA UN AFFETTO PER
GESÙ, MA CHE POI SI ASPETTAVA CHE GESÙ SALVASSE ISRAELE. SICCOME GESÙ MUORE ALLORA SI
ALLONTANANO, E TORNANO AI SACERDOTI PERCHÉ FORSE SI ERANO SBAGLIATI. (Una delle cause di
crisi vocazionale più forte è la delusione, ma la delusione, il fallimento è evangelico, e la
croce non ha nulla di romantico).
Alcune donne ci hanno sconvolto dicendo che gli angeli hanno detto che è vivo, ma non lo
hanno visto. Sono interrogati ma poi scappano per paura di rappresaglie…

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“Sciocchi e tardi di cuore” —> “non bisognava che il Cristo patisse perché entrasse nella
gloria? E cominciò a spiegare A.T. e profeti…
Il cristo deve andare nella gloria ma non come re potente ma come colui che patisce. Vuoi
capire l’Antico testamento e i profeti? Metti gli occhiali della croce… La lettura dei testi
parte da lì. Non si può prendere l’A.T. senza il nuovo. Non si legge il nuovo agli occhi
dell’Antico, ma l’Antico con gli occhi del nuovo.
Gesù fa per andare avanti, ma i discepoli lo fermano, si aggrappano, si accende in loro
qualcosa anche se non lo riconoscono. I discepoli viaggiano alla luce del sole spaventati. Al
tramonto entrano, si mettono a cena, e Luca ripete lo stesso contenitore dell’ultima cena
(pane spezzò…), e ripentendo dopo la spiegazione del pomeriggio, finalmente si aprono gli
occhi, perché lì si capisce che si era dato loro qualcosa che serviva a capire. Lo riconoscono
e sparisce. Da quel momento il riconoscimento non è più il Cristo terreno, ma lo riconosci
nello spezzare il pane, che è un contenuto che non è banale e va colto.
Qual è l’effetto? —> Non ci ardeva forse in cuore?
Sono accesi talmente tanto che tornano indietro e di notte. La scena di Luca mette in luce che
dove c’è il sole ma non vedi sei pieno di paura, mentre nella notte, se c’è una presenza nuova
che ti apre gli occhi non c’è paura e torni a Gerusalemme, alla città di Dio. Ti converti.

Questo comporta 3 passaggi nel secondo semestre:

- indagare l’ultima cena (chiave ermeneutica della passione)


- capire come mai la passione è l’evento che è riempito quella chiave (cena) (mamma e papà
quando torni non ti danno solo pane e vino, ma li riempiono di un amore che sostiene…
molto di più pane e vino eucaristici riempiti di un amore divino.

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SECONDO
SEMESTRE
RIASSUNTINO

La fede è risposta alla proposta di Dio di essere figlio adottivo. È relazione.


l’accesso alla relazione con Dio necessita di una forma testimoniale che ti innesta in una
relazione. Più vivi la relazione con Dio più la mediazione che sei fa trasparire il volto di DIo.
Lavorare sulla tua umanità è una risposta vocazionale perché il mio limite umano “può”
diventare limite nel manifestarsi di Dio (tra debolezza che si affida e limite c’è una finezza
spirituale).

Chi è Paolo, la sua identità, è il frutto di una storia ed è il frutto di una storia relazionale.
_______________

Ma nel II secolo, nel 1000, e nel 2000, il modo di vivere la relazione Padre/Figlio, ha la stessa
forma?
C’è qualcosa che dice che la struttura rimane, ma la forma della relazione ha avuto forma
diversa. Alcune cose nella relazione padre/figlio sono fisse, ma altre hanno connotazione
temporale e culturale.
Quando annuncio Dio Padre, non è che allora è immediato. Il vivere la fede, il definirla non è
sempre stato lo stesso. Vivere la fede nel II secolo è diverso che viverla nel 2000 perché
l’identità umana è storica, e perciò anche se rimane la struttura dell’umano, poi la forma del
vivere è diverso. La risposta a Dio, la fede cambia, perché è cambiato l’umano. La fede non è
esente dal cambiamento culturale che avviene nella società. Ecco perché la catechesi oggi è
in affanno, perché non ha le categorie culturali.

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—> ora si entra nella Fede di Gesù.


Dio che si fa uomo dice che la verità di Dio si è detta pienamente sull’uomo.
Si parte dal Gesù storico perché:
- L’evento di Gesù è storico
- ognuno di noi è un io-storico.

Dio vive con noi un’alleanza, vuole dirsi in modo che l’uomo comprenda, in modo che la sua
identità si dica in maniera storica. Ma Dio non è solo storia, ma anche chi la storia la
trascende. Mi definisco nella storia ma la trascendo.
Dio per dirti chi è si è fatto storia. Tu per capirlo parti dalla storia.

—> poi passaggio sulla gestalt di Cristo. Si è presa la “forma totale”, uno sguardo
complessivo a tutto il pacchetto.
Visto con 3 coordinate:
- pretesa,
- missione,
- dedizione incondizionata
Poi fenomenologia Jesu, facendo parlare Cristo di sè.
Gli apostoli capiscono la gestalt con l’ultima cena, e poi la passione morte e risurrezione. La
Chiesa fa vivere bene il triduo perché se non lo vivi bene non accedi alla verità del Signore.

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DA QUI LEZIONE

Dicevamo che gli apostoli devono purificare la propria idea di Dio attraverso una rottura
con la teologia dei sacerdoti.
Credo in Dio…
Si ma quale Dio?
Non si entra nella fede se non nel servizio perché in quella forma Gesù stesso l’ha data.

Non annunciare il Dio che hai in mente, ma chiedi a lui costantemente di illuminarti. La
pastorale trionfalismo fa paura… fa paura perché si pensa che le conversioni e le vocazioni
vengano in base alla bravura del prete. Anche, ma c’è la cultura, la libertà, la grazia. Se
preghi non vengono vocazioni meccanicisticamente.
Prenditi cura della vigna, datti da fare, come se tutto dipendesse da te, consapevole che non
dipende da te. Il seme lo fa crescere Dio.

La teologia di Gesù è diversa, è di debolezza, (non per rimanere deboli).

I discepoli sono in mezzo. Hanno un credito affettivo verso Gesù. Ma sono legati alla
teologia sacerdotale del Dio potente.
La croce diventa scandalo perché anche se prima seguivano senza dare credito, lì o cambiano
o se ne vanno. È un punto di inciampo. Di fronte ad una croce devi prendere posizione. O ti
metti dietro Gesù o te ne vai. (Questo vale anche per la pastorale… quando chiedi alcuni
restano e fanno un passo, e altri se ne vanno…)
L’episodio di emmaus dice che c’è il passaggio in modo paradigmatico.
Due discepoli che se ne stanno andando via da Gerusalemme, e sono in un atteggiamento
di delusione. La delusione è ciò che rischia di allontanare da Dio. (Si entra in vita pastorale
spesso pensando di risolvere, poi si fallisce o arrivano mazzate, si resta delusi, e la delusione
mina il rapporto con Dio). “Noi speravamo che fosse Lui il re…” ma è finito appeso e nella
croce abbiamo visto la conferma della teologia dei sacerdoti. Se il Cristo non può morire
da bestemmiatore, allora hanno ragione i sacerdoti a dire che Gesù non è Cristo. L’opera
di Dio è misconosciuta, non può essere opera di Dio se finisce così.
Ad un certo punto arriva un incontro non immediatamente riconoscibile. Se non riconosci il
modo di operare di Dio, non riconosci più il passaggio di Dio. Se sei deluso da Dio, non lo
riconosci più.
“Stolti e duri di cuore” non capite? Non capite che nella croce ha detto tutto? O la capisci qui
o non la capisci.
Smettila di pensare al Dio potente che deve risolvere tutto in un certo modo, ma al Dio Abba
che davvero risolve il mondo ma in un altro modo.
Poi fa un’esegesi della legge e dei profeti. Abbiamo vissuto la croce e ora facciamo una
lezione di teologia. Apri il cuore, capisci che il Dio potente non ha fondamento. Nel vangelo
si può trovare fondamento per tante maschere di Dio, ma va preso ciò che Dio dice.
La crisi si supera nel riproporsi dell’ultima cena. (Non è prima messa). Nella spezzare il

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pane. È un corso di recupero, vedono chi è Gesù, e tornano a Gerusalemme. Cambiano
orientamento. Veramente e profondamente ora sono Cristiani. Tornando indietro parlano
di ciò che hanno vissuto e gli arde il cuore perché capiscono ciò che hanno vissuto. È un
percorso di memoria per capire in profondità ciò che hanno vissuto.
Quante volte nella tua storia arrivi ad un punto in cui tu dici “aaah… allora era così”. Magari
pi capisci, ma non è detto che vivendola tu capisca.

L’incontro di Emmaus è paradigmatico perché fa capire il percorso di ogni discepolo, che


passa per la croce, capisce che nell’ultima cena c’erano le categorie per capire ciò che è
avvenuto e che demolire le proprie categorie di Dio, ha richiesto memoria, riflessione,
ricomprensione.

Nell’eucarestia c’è una forma che è l’ultima cena e un contenuto che è la croce.
“Ogni volta che mangiamo a questo pane e beviamo a questo calice proclamiamo la tua morte
nell’attesa della tua venuta”

ULTIMA CENA Stanno vivendo il ricordo dell’uscita dall’Egitto. Due pasque le fa normali,
la terza fa strano… prendere e mangiate questo pane è il mio corpo, il calice è sangue…
nell’antico testamento di uccideva il capretto e si buttava metà nel tempio e metà sulla gente
per fare alleanza con il Dio del sangue. Gli apostoli sono straniti da quello che fa Gesù, lava
i piedi, pane e vino… gestis verbisque. Sono gesti ma vuoti. Un corpo dato? Un Sangue
versato? Quando?
Ecco perché non è la prima messa… perché i gesti che devono riempire di contenuto questa
simbolica non ci sono ancora.
Ciò che Gesù sta facendo in quei gesti è parole è consegnare la chiave ermeneutica con cui
interpretare ciò che sta per avvenire. Ti faccio partecipare ad un rito che ti deve dare la
chiave di lettura per la passione. Quei gesti e parole sono ancora una scatola vuota. I
discepoli non hanno capito tanto. (Giovanni mette la lavanda ma non l’istituzione perché
l’istituzione è capita e diffusa dai sinottici, ma il rischio e di prendere come un rito alto
antico, mentre emette la lavanda per chiarire bene che l’amare è fino alla fine e che se Dio ha
servito allora anche il discepolo dovrà fare così… la lavanda fa capire come Gesù agisce)

PASSIONE E MORTE (il verbo è consegna per tutto. Non è una rapina, ma una consegna)
È lunga. Con le spine ed il mantello pensano di prenderlo in giro, ma Lui è Cristo proprio
così… al servizio… amante.
Perché l’ultima cena ci da chiave ermeneutica? Nella croce gli uomini del tempo vedevano un
condannato. La storia di Gesù finisce con una condanna. L’ultima cena fa capire che Gesù
non è inciampato sulla croce, ma è lui che si è dato e versato nella croce. Nella croce non
c’è da vedere la fine casuale di una storia, ma quei due verbi mostrano che è il compimento
di un rapporto con l’Abba. Qui sacerdote e agnello sono la stessa cosa. Il senso della croce è
data dal fatto che è volontà dell’Abba.

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(L’obbedienza è dialogata, ma si fa… Gesù non ha abdicato al calice… anche noi possiamo
dare motivi, ma la questione non è trovarsi bene, ma essere in comunione con l’offerta di
amore di Gesù).

—> la passione parte dall’ultima cena.


perché tra i mille segni, quello che rappresenta il dare è il mangiare? Perché ciò che ti
sostiene alla vita è il mangiare. Il bambino nel ricevere da mangiare trova amore. Nel
mangiare si sente la cura.
Il pane ripetendo le parole di Gesù, è riempito dal flusso di amore che colma la storia che
sgorga dall’evento che ridà vita. Il contenuto, è la vita donata che sostiene la
transustanziazione.

Colui che muore sulla croce ha lo statuto giuridico dello schiavo. La lavanda dei piedi mette
nella situazione del servo della porta incapace. Gesù muore da schiavo. Giovanni nell’ultima
cena mette la lavanda.
“ho fatto questa cosa perché anche voi facciate così”
Il discepolo prende la forma della croce e da servo… e la croce si accoglie come servi.
Madre Teresa dice che per chi ama, l’obbedienza, l’essere servo, è una necessità.

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SECONDA LEZIONE
Il compimento della rivelazione evangelica è costituita da tutti:
- Ultima cena
- passione
- morte
- risurrezione
- apparizioni
- invio degli apostoli

Tu ogni anno celebri il compimento della rivelazione nel tempo particolarissimo del Triduo e
nella sua estensione. La liturgia mette nei passi dei discepoli per aiutarti, attraverso una crisi
a metterti nei passi dei discepoli. Lo Spirito viene mandato per capire tutto la verità. Sulla
Croce ricevi lo Spirito del Figlio. Questo spirito plasma in te il volto del Figlio. Dio inizia
in te l’opera buona e poi la porta a compimento. Il Figlio di Dio (Gesù) è plasmato anche
lui dallo Spirito, e per la prima volta si vede un uomo che risponde completamente a Dio,
plasmato da Dio. Così l’uomo nello Spirito è plasmato da Dio ad immagine del figlio
crocifisso e risorto.

—> quando dici tutto è compiuto, lì c’è il cuore pulsante. Non ti basta celebrare una vita per
capire il mistero pasquale. Rientri nella pasqua ogni anno perché tu possa entrare nel tempo
ordinario avendo capito un po’ di più. Tra la croce e la Pentecoste accade tanto, le apparizioni
scombussolano…

Dio ti fa. Quando leggi l’agire sacramentale cosa intendi? La confessione è più della lavatrice
che pulisce i peccati. Nella confessione Dio ti ri-crea, e ti ri-plasma. È più potente l’opera
di Dio in te. Tu fino alla morte di definisci storicamente e Lui ti riplasma storicamente.

Ci siamo concentrati fin qui su ultima cena e passione dicendo che le due non si capiscono,
perché chiavi interpretative e contenuto hanno bisogno uno dell’altro.

Cos’è che differenzia la morte di Gesù da quella dei ladroni?


La libertà/intenzionalità.
Ciò che da forma ad un atto è la sua intenzione.
La morte di passione in sè non significa niente. Se non c’è l’ultima cena che da la capacità
di capire l’intenzione rimane un atto vuoto. In sè non è il sangue versato, ma il suo
significato.
L’intenzione della passione dove viene rivelata?
Le parole che pronunci nell’eucarestia (che trova forza dalla croce) sono le parole
dell’ultima cena, perché sono quelle che danno il senso vero dell’atto della croce.
O tu leggi le due cose insieme o le perdi. Solo così capisci la risurrezione. Ecco perché

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l’amarchiocentrismo è eresia.

—> (Il diavolo dice “la regola che Dio ti ha messo l’ha messa per toglierti libertà”
ma Adamo ed Eva peccano perché non si fidano di Dio e si lasciano convincere che
ciò che gli dice sia per fregarli. Il peccato è quando perdono l’immagine di Dio. Il
serpente spiegandogli della mela gli passa un’immagine di Dio che ti vuole tenere
sottomesso, e se lo mangi sarai come Dio, e sarai libero. Viola la norma di Dio,
perché così sarai veramente libero. Le tre tentazioni del diavolo a Gesù sono legate
al potere. Se hai fame hai il potere. Se mi adori avrai potere sulle nazioni. Usa il tuo
potere per far vedere quanto potente è Dio facendoti cadere. Il Demonio tenta Gesù
per fare in modo che Gesù mostri l’immagine di Dio che vuole il diavolo: che Dio è
potente e ti tiene sottomesso. —> ecco allora anche l’intenzione dell’atto di
consegna di sè, è l’atto che la forza umana e la sottomissione irrispettosa dell’altro
non si addicono a Dio. Dio vuole far capire che Lui non è un violento potente, ma
amore che si propone. Tutte le volte che la chiesa ha usato la potenza per far capire
Dio, anche nei fasti orgogliosi, ha perso questa verità)
(Il martire non muore dicendo “guardatemi che figo che sono”. La croce ricompone la
spaccatura del peccato non nella logica sacrificale della ferita da pagare ma nella
logica che l’unico modo per far capire la verità di Dio fuori dai sospetti del demonio
è la croce, di cui l’ultima cena ti mostra l’intenzione)
Se Dio è onnipotente perchè c’è il male? Non ti dico perché c’è la croce, ma l’unica
risposta è che se quella croce la vivi come Lui, non è l’ultima parola.

Che rapporto c’è tra croce e risurrezione?


La risurrezione non annulla la croce, non è l’agire di Dio che toglie la croce, ma la
eternizza per sempre. Quando si mostra fa vedere i fori dei chiodi. Il sacrificio è vissuto
pienamente e la risurrezione la eternizza, esattamente come nostra morte porterà
all’eternizzazione di quella forma. La croce nella resurrezione non è superata, ma esplode e
diventa sacrificio eterno.
La pasqua non è il superamento del venerdì santo, ma è ciò che dice che la verità di Dio del
venerdì è ciò che rimane per sempre.
(Il peccato mortale crea la separazione dell’anima da Dio. La resurrezione sconfigge la morte
dell’uomo, cioè la dannazione, la morte del peccatore. Dopo Gesù non dovresti aver paura di
morire.)

Dio non è chi ti sottomette ma chi ti lava i piedi. Gesù risorge non nonostante la croce, ma
in virtù della croce. Si interpreta con la parabola del seme che se cade a terra e non muore
non porta frutto. Che perde la sua vita la trova, e chi la tiene la perde. La giustizia, il
nomos reale del mondo è questo qui.
il modo in cui effettivamente Gesù ha vissuto la sua passione e la sua morte davanti agli occhi dei suoi
stessi discepoli conferma che egli accettò l’ambiguità della sua stessa eliminazione, a fronte del loro
stesso ‘teismo’, per rimanere assolutamente fedele all’inaudita verità di Dio che era oggetto della sua

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‘rivelazione’. Nessun miracolo per salvare se stesso. Nessuna esibizione di potenza destinata a colpire i
suoi persecutori. Nessuna maledizione divina destinata a sigillare la fine di ogni rapporto con la storia
che lo respinge. La verità di Dio rappresentata da Gesù rimane quella che coincide con l’implacabile
tenacia della dedizione: e unicamente nella forma della dedizione può essere rappresentata sulla
scena storica [...] La croce di Gesù mira al massimo della ‘economia ’sacrificale possibile. Nell’ora
cruciale, i discepoli vengono ‘sottratti ’alla rappresaglia (‘Chi cercate?’, ‘sono io’) e i persecutori
coperti dall’ipoteca della stoltezza (‘Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno’). È la
forma della verità di Dio/abbà, che la scena originaria della rivelazione aveva portato all’evidenza con
inedita nettezza [...] L’identificazione del rappresentante (Gesù) e del rappresentato (Padre) avviene,
attraverso la croce, precisamente nel movimento della dedizione incondizionata: dove tale identità –
di Gesù con l’agire di Dio – è intesa quale fondamento assoluto del dono di sé, non come garanzia della
negazione dell’altro in funzione dell’affermazione di sé. L’intera vicenda vissuta da Gesù di Nazareth
può coerentemente essere disegnata nella luce di questa decisiva caratterizzazione teologale del suo
presentarsi sulla scena della storia» (SEQUERI, L’idea della fede, 107).

Gesù accetta, per non tradire la sua immagine di essere frainteso. Scegli fra gli applausi ed
essere fedele a Cristo. Gesù non scende dalla croce ne fa cose potenti, ne maledice. Li amò
fino alla fine significa che Lui non tiene nulla per sè, nemmeno fare fuori chi lo prende in
giro… Non rivendica alcun diritto.
Più la vita consacrata coincide con questa forma più ha speranza di testimoniare la verità di
Dio. Più coincide con altre forme più sfugge. Come vivi la tua quotidianità? La missione mi
appaga… ho bisogno di spazi… fino alla fine è un’altra cosa. (Bakita dice da malata “Gesù
non ha chiesto di essere cambiati di posto”). Nella passione solo in sangue di Cristo è
versato. Lui fino in fondo ma solo Lui… nessun’altra paga. Ai persecutori “padre, perdona
loro perché non sanno quello che fanno”. Solo dopo il sacrificio di Cristo a te può essere
concesso di morire perché la vita del fratello germogli. Il martire non muore per sè, ma per
difendere la verità di Dio che è la salvezza del fratello… anche il carnefice. Per la tua vita io
offro la vita. Quando capisci che io sono morto per te, spero tu possa capire che la verità di
Dio si la tua salvezza. Si muore sperando che la propria morte faccia aprire gli occhi. In
cortile fai tutto in nome di Dio. Non è stare bene con loro.

Il dono di sè non è in vista dell’affermazione di sè ma dell’affermazione dell’altro. Un


salesiano è buono non quando realizza sè stesso, ma quando fa fiorire i ragazzi o i confratelli
(se governi).

LA QUESTIONE DISPUTATA DELLA FEDE DI GESÙ

Gesù Cristo ha avuto fede oppure no?


Il primo problema cristologico è stato chiedersi se Gesù fosse Dio o uomo. Chi scrive il
Vangelo scrive bene la differenza tra quando Gesù dice “Padre mio”, e poi dice “quando
pregate dite Padre nostro”. Figli si ma non è banale.
Difficile trovare nelle fonti evangeliche se Gesù abbia avuto fede, perché hanno scritto in
un momento in cui si voleva soprattutto dire che Gesù era Dio.

Nella logica ebraica, la radice di fede è “mn” che è radice delle parole che hanno a che fare
col “solido/affidabile”. È la radice di Amen… Da l’idea di affidabilità nel senso di solidità. Il

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picchetto della tenda si mette in un posto stabile. È una radice di fedeltà tra due persone. È
come se Dio dicesse “ti puoi fidare di me perché io sono affidabile”. La verità è vera in
ebraico quando è una verità di cui ti puoi fidare, che non inganna e non cambia idea.
Nell’Antico testamento si chiama “alleanza” dove Dio si implica nell’affidabilità di una
promessa. Dio ricostruisce tantissime volte l’alleanza con Abramo.
Perché la verità di Dio ha a che fare con l’affidabilità e la fedeltà?
Dio rimane fedele nonostante i tuoi fallimenti e mormorazioni. “Dio combatte con noi, è
noto alleato”. La fede in antico testamento è l’atteggiamento di risposta alla fedeltà di Dio e
al vedere che Lui è solido.

Nel Nuovo testamento la fede è affidarsi a Gesù. È affidarsi tanto da fare il cagnolino che
mangia le briciole. È affidamento totale. In Ebrei 12,2 sembra dire che la fede si possa
attribuire a Gesù. Ma come può avere fede? Si affida a sè stesso? “Pistis cristou”. La nostra
fede dovrebbe essere affidarsi al suo credere. Affidarsi al suo affidamento. Siamo figli nel
Figlio.

Cosa significa allora pensare che Gesù abbia fede?


Cristo è veramente uomo e veramente uomo. La rivelazione di Cristo si attua nel mostrare
il suo rapporto al Padre. Cristo deve far vedere il Padre attraverso il suo rapporto al Padre.
Noi andando dietro a Gesù entriamo nella sua relazione al Padre e per questo lo Spirito
plasma me ad immagine del Figlio. Lo Spirito in Gesù realizza il Figlio perfettamente
uomo, dopo la storia di Gesù è abilitato a plasmare me.
(Il Profeta Davide è plasmato dello Spirito ma non in modo perfetto perché Davide non si consegna in modo
perfetto a DIo. Il primo uomo che realizza un si perfetto è Gesù perché in Lui solo c’è l’apertura totale al
Padre. Da lì lo Spirito può plasmare al si completo, perché in Gesù si è aperta questa possibilità. L’incarnazione
di Gesù plasma la storia davvero e da lì cambia appieno la possibilità dello Spirito. Li si da il compimento. Gesù
ristabilisce questa possibilità di affidamento totale.)
Io sono plasmato a immagine del “si” di Gesù che è stato detto in maniera pienamente
umana. Se Cristo è pre-destinato alla storia, in quella predestinazione noi troviamo la nostra
destinazione. Noi entriamo nella Trinità dal punto di vista del Figlio, perché siamo
plasmati come figli. La relazione col Padre che Gesù vive col Padre anche da uomo
permette a noi uomini di rispondere a quel modo. La risposta di Gesù al Padre è la fede.
Fede come la vivi tu? Si perché è veramente uomo, no perché è Dio. Vive quell’affidamento
in maniera unica, ma è un affidamento reale perché se così non fosse non sarebbe
pienamente umano.

La fides Jesu non è fondata esplicitamente nel Nuovo testamento perché si temeva di parlare
troppo umanamente di Gesù. (Maestro insegnaci a pregare… si ti insegno, ma poi abbiamo
preghiera diversa. Tant’è che a morire è uno)

(Secondo Amato Gesù non avrebbe fede perché Gesù è in costante collegamento con il Padre. È vero?
Si… ma non è l’unica accezione dei testi di San Paolo. Paolo dice che ciò che annuncia richiede una
fiducia, ma che poi ciò che chiede fiducia può essere vista. C’è una lunga tradizione che dice che la
fede è la conoscenza imperfetta delle cose che non si possono vedere. Ma Antico testamento dice che la

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fede non è proprio così: non dice che la fede è un sapere imperfetto. La precompressione intelletualista
della fede porta lì. Ma la fede è conoscenza di ciò che non vedo di Dio? È una realtà prettamente
intellettuale?)

La nostra frase guida:


“la fides quae del cristiano è la fides qua del Cristo di fronte al Padre”
il contenuto della nostra fede è la forma della fede di Gesù. Vuoi andare al Padre? Gesù è
la porta. Se non passi per Gesù non arrivi al Padre. I nostri contenuti sono l’osservazione di
come Gesù vive il rapporto al Padre. La nostra risposta si innesta nella sua relazione con il
Padre.
Le due fedi sono radicalmente diverse. Quella di Cristo è fondativa e la nostra è fondativa. Si
può quasi dire che noi crediamo nella fede di cristo e che la nostra fede sia contenuta li.

Gesù ha per fides qua e quae il Padre.

________________
La prima sfida dello spirituale è la fiducia e in quella cosa ci deve essere un affidamento e
una cura dove non c’è ne nascondimento e non c’è rapina per sè per dell’altro…

La verità di Dio appare solo a patto che tu ti metta in gioco nella tua nudità. La docilità non è
un arma per scoprire la vocazione ma è il luogo in cui la scopri perché lì che la consegna di
sè, ma chiede spogliamento.

Gesù da quel “si” totale che avrebbe dovuto dare Adamo ma che viene dato anticipatamente
da Maria e si compie in Gesù.
_________________________________________

LEZIONE 16 - APPARIZIONI
Gesù dichiara di conoscere la volontà di Dio più di Torah e profeti.
Il Figlio dell’uomo ha identità di croce. I suoi non capiscono.
La morte in croce è per Gesù il compimento della sua missione. I discepoli che avevano dato
credito affettivo vedono un fallimento.
Che cosa rende i discepoli ciechi davanti alla croce?
Ragionano secondo la teologia dei sacerdoti. Gli dispiace per la loro vita (3 anni buttati). I
discepoli non riescono a capire che Gesù gli dice che morire, e che proprio se muore avrà
successo, che se il seme non muore non porta frutto. Questo per i discepoli è scandalo. Non
capiscono, e anche quando vedono non capiscono.
Pietro non ce la fa ad avere il coraggio di dire “si, io sono suo discepolo”, perché non vuole
finire come lui.

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(Sotto la croce ci resta solo Giovanni, l’amato. Giovanni è il discepolo che si è accorto di
quanto è amato. Non resta lì perché ama, ma perché è un amore che lo richiama a stare nella
tensione. Nella tensione non si misura la tua capacità di amare ma la tua capacità di vedere
l’amore di Dio. Il sacerdote non è chi ama tanto, ma chi vede passare il Signore nelle
situazioni di tensione e ne sente l’amore anche dove non si ciuccia un chiodo) (ciò che ti
mette nella possibilità di riconoscere la verità di Dio è la reale esposizione all’amore che
Dio ha avuto per te e non la tua comprensione) (noi diremo frate o non frate io sto con don
bosco) (l’amore di Gesù attira, e come Adamo alcuni si nascondono da quell’amore per
paura di esserne catturati) (esponiti all’amore che ti ha chiamato —> non c’è teologia
fondamentale a monte di una teologia spirituale) (Giovanni non è lì per la sua intelligenza)

Cosa permette ai discepoli di superare la fede pre-pasquale (affettivo + teo sac.)?


Da punto di vista storico non si può dire che sia avvenuta la risurrezione ne negarla. Si può
solo dire che ci sono testimonianze sulle apparizioni del risorto. L’unico dato storico
evidente è che la croce c’è stata e che quella croce ha lasciato un piccolo gruppo di discepoli,
che poi deve aver potuto incontrare qualcosa (gruppo minimo e senza credito) che gli ha
permesso di fondare la religione che si è poi diffusa ovunque.
Cos’è questo evento X?
Storicamente s può dire. (1 cor 15, 3-8) “quello che vi diciamo è garantito dal numero dei
discepoli che l’hanno visto apparire”.
Negli anni ’50 Paolo dice il kerigma, e fa capire che nodo centrale è aver visto il “risorto”.
Paolo scrive le cose che ha sentito nelle prime comunità. Gli stessi vangeli sono una
narrazione kerigmatica di Gesù.

Le apparizioni:
- sono riservate ad alcuni ma il dono dello Spirito è per tutti. A portare alla verità è lo
Spirito, ma se le apparizioni sono per alcuni allora sono per qualcosa che passa.
- il verbo “ofte” (apparire) ha per soggetto Gesù, e non esprime l’effetto visivo su qualcuno
ma piuttosto indica la presenza reale.

Il N.T. è convinto che l’apparizione sia presenza reale, (non è visione o sogno) e che però
non sia una condizione per tutti.

L’apologetica moderna aveva fatto delle apparizioni la prova certissima della verità di Dio.
Le apparizioni erano al centro della dimostrazione dell’apologetica.
Con l’arrivo del metodo storico-critico si arriva alla testimonianza delle apparizioni e non
alle apparizioni.

Strauss vuole spiegare la storia di Gesù con la psicologia evitando ogni elemento
sovrannaturale. Vuole dare spiegazione psicologica delle apparizioni. Per lui il
soprannaturale è una mitizzazione degli eventi. Per Strauss la resurrezione non è avvenuta
e per lui il cambiamento dei discepoli è spiegabile come un autoinganno in cui si sono
convinti di aver visto Gesù spinti da un desiderio nevrotico.

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Il rilievo di Strauss parte da una visione ideologica secondo cui il sovrannaturale non va.
Oltre a ciò sembra difficile che un gruppetto abbia ingannato il mondo. Che inganni se stesso
è possibile, ma tutti?

Bultmann dice che Gesù è risorto nella fede dei discepoli. Vuole lettura esistenziale. Ad
essere risorta veramente non è Gesù, ma la fede dei discepolo. Rimane inevasa la domanda
su dove sia fondata la fede. Lui dice un’azione personale di grazia (si vede che è riformato)

Schillebeeckx dice che le apparizioni non sono vere. Dice che i discepoli sulla croce si
trovano in crisi. O tornano indietro o affrontano la crisi. Affrontando si chiedono se hanno
sbagliato tre anni o se devono capire meglio. Allora i discepoli, accompagnati dallo Spirito
piano piano capiscono. Il processo di ricomprensione viene sintetizzato narrativamente
nelle apparizioni. Come Emmaus diventa paradigma letterario di quello che i discepoli
hanno vissuto.
Rimane problematico che questa cosa è poco fondata sull’attestazione scritturistica. Rimane
anche il problema che l’esperienza pasquale viene riletta più come invio che come
conversione. Nei vangeli più che la dinamica del convertire c’è la dimensione dell’annuncio.

Pesch dice che la fede non si fonda sulle apparizioni. La fede pasquale anche secondo noi
non è fondata sulle apparizioni. I discepoli secondo Pesch avevano categorie interpretative
prese da Gesù stesso. Due sono state le grandi opere educative:
- Gesù dice delle cose; (vi dico chi è il Cristo, beatitudini…)
- creando una modalità nuova del vivere insieme (la fraternità diventa per i discepoli un
luogo di sperimentazione e comprensione della verità).
Le formule dell’apparizione sarebbe una DEDUZIONE DALLA FEDE PRE-PASQUALE obbligato
dalla croce che gli chiede di prendere posizione (Secondo schillebeckx c’è lunga riflessione
e conversione, mentre in Pesch è più lineare e legato a quanto detto da Gesù).
Ma Emmaus, l’incredulità di Tommaso e i discepoli, mostra che loro non lo riconoscono
quando appare. Non ci sono processi deduttivi. Oltre a questo N.T. che senso ha introdurre
dell’economia neo-testamentaria introdurre una figura letteraria nuova lì? Forse improbabile.

CONCLUSIONE SISTEMATICA.

Tutti i tentativi di spiegare la risurrezione senza apparizioni non funzionano. C’è l’auto-
manifestazione indeducibile e gratuita del risorto. Se lo inventano e scrivono che non lo
riconoscono?
La fede si fonda su Gesù e sul piano di salvezza. La fede pasquale si fonda sull’iniziativa
divina immotivata ed esterna tradotta in un incontro. Il risorto di mostra e non si vede.
I tentativi studiati hanno 2 problemi:
- l’ambito storico critico dice che l’apparizione è poco credibile

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- ci si dubita perché appare solo ad alcuni. (Se appare a Pietro perché non a me?)
Ecco perché si cerca di sminuire le apparizioni. Si vuole dire che si arriva alla fede senza
apparizioni. Se sono fondamento perché appare a Pietro e non a me?
La fede pasquale dei discepoli si radica in un’azione nuova di DIo. Lui ha l’iniziativa.
L’iniziativa dell’evento non gravita sull’esperienza soggettiva, ma sull’oggettiva intenzione
di Dio.

Su che cosa è fondata la fede pasquale?


Distinguiamo tra l’ORIGINE STORICA della fede pasquale e suo FONDAMENTO
SUFFICIENTE. Questo vale sia per Pietro che per me.
N.T. dice che le apparizioni fanno scoppiare la miccia della fede. La croce ha messo in
crisi la fede, ma le apparizioni li costringono a ricomprendere il senso di quanto accaduto.
L’apparizione crea una rottura tra la fede pre-pasquale in crisi e la fede pasquale.
L’apparizione causa il parto più o meno lungo che porta a germogliare la fede pasquale.
L’origine storica della fede vale per Pietro come per me che non sono all’origine. Ma
Pietro non fonda la sua fede sul fatto che quel giorno lo ha visto. I Vangeli attestano che le
apparizioni non si fanno catturare e che non puoi averle in mano. È lui che si mostra e che ti
apre gli occhi per fare in modo che tu lo veda. Appena lo riconosci se ne va. Le apparizioni
mostrano un’intenzionalità che non è quella del dire “tu fissati qui”. Le apparizioni non sono
il centro del vangelo, ma sono scritte per far capire dove sono dovuti tornare indietro e non
dove hanno trovato fissazione. Le apparizioni sono un muro su cui hanno sbattuto per
tornare indietro.

MA ALLORA QUAL’È IL FONDAMENTO SUFFICIENTE DELLE FEDE DI PIETRO E MIA?


Dio nel rivelarsi dice la sua dedizione incondizionata: LA SUA PRESENZA ATTUALE NELLA
STORIA, E NELLA STORIA MIA, DI CIASCUNO. Il Signore chiama te. Il fatto che Dio si fa
realmente presente, e mostra un volto di sè, entrando in dialogo con l’uomo. La mia fede è
la risposta a Dio che entra veramente nella tua storia. Sei qui perché Dio è entrato nella
tua vita e ti ha chiamato per nome.

La relazione personale con Dio è Dio che parla e tu rispondi. Interpella te. La sua parola
scende nelle tue midolla. La testimonianza, l’attestazione dell’evento dovrebbe permettere
una più facile percettibilità della presenza di Dio nella tua storia e poi delle categorie con
cui leggere quella presenza in te. Hai bisogno della chiesa che ti aiuti a capire chi è colui
che tu percepisci, oppure arrivi al vitello d’oro.

La matrice dell’evento e delle testimonianze dovrebbe permettere di capire se ciò che tu


percepisci ha la forma corretta o meno. Anche il tipo di vocazione ha bisogno di matrice
e confronto.

L’apparire del risorto deve essere letta nella fede. Il risorto si vede nella fede pre-pasquale.
(La percezione della presenza è per noi spesso già fede, ma non è fede cristiana) (la fede

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pasquale non gliela fai arrivare col catechismo, ma anche per loro la fede, passerà per una
croce e questa chiederà conto). Tu non arrivi al risorto senza fede, ma lì devi crescere. Tu
non entri nella crisi senza fede, ma se ne esci la fede non è più quella i prima.
IL FONDAMENTO SUFFICIENTE È LA PRESENZA DEL CROCIFISSO RISORTO NELLA STORIA E
MANIFESTA IL VOLTO DI DIO. IL FONDAMENTO SUFFICIENTE È LA DEDIZIONE
INCONDIZIONATA DEL PADRE. LA RIVELAZIONE È IL FATTO CHE DIO PER TE HA DATO LA COSA
PIÙ GRANDE: IL FIGLIO. DIO PADRE MANDA IL FIGLIO STRAZIANDO IL SUO CUORE.
FONDAMENTO DELLA FEDE È LA FEDELTÀ DI DIO ALL’UOMO.

Le apparizioni servono all’origine dell’evento per far capire a Pietro. Ma poi Pietro deve
capire con la fede di tutti gli altri. Pietro poi fatica ancora a riconoscere, e quando deve
capire cosa fare dopo, non è che azzecca sempre.
Per entrare nella fede non serve mettere il dito nella piaga, ma occorre riconoscere il volto
della Sua presenza nella propria vita. Mettere il dito o l’apparizione servono lì, ma poi
devono riconoscere nel modo normale. La presenza di Dio nella storia non è mettere il dito o
nell’apparizione. Dio si rivela per dirti come lui è nella storia ma l’obiettivo è entrare
nell’evento non per restarci. L’obiettivo di tutti i giorni, non è leggere il vangelo e trovare
Gesù lì, ma per aiutarsi a trovare Gesù nella vita di tutti i giorni.
Si crede non perché si vede, ma al contrario si vede perché lui si mostra alla nostra fede.
L’apparizione non è un dato evidente. Il senso delle apparizioni lo capisci solo in una fede
in crisi ma che c’è, e che passando nella crisi esplode nella natura propria: fede pasquale.
Solo la fede riconosce la verità dell’evento. Senza la fede Gesù rimane il custode del
giardino.
C’è una fede necessaria per capire il senso delle apparizioni, e il senso delle apparizioni
prende la fede e la modifica. Il risorto dona a coloro che interpella il dono della fede, si fa
mettere il dito, mangia con loro. La disponibilità dei discepoli è presa in mano dal risorto
che poi la riplasma.

La fede per i discepoli con le apparizioni non è più semplice perché dovrà nutrirsi nella
presenza di ogni giorno. Pietro dopo tre anni non prega per la memoria dell’apparizione, ma
per trovarlo in quel giorno.
Nell’evento però viene dato ai discepoli durante le apparizioni di vederlo, a vantaggio
delle generazioni future. Hanno visto di più, ma sono partiti da lontano. Tu parti da più
vicino. I discepoli litigano su chi è più grande perché non avevano ancora capito ciò che c’era
da capire, ma tu oggi che leggi sei aiutato a capire che se litighi per chi è più grande sei da
convertire. La fede pasquale è frutto di conversione e ripensamento. E la presenza del
risorto che converte. La fede pasquale costituisce la comunità. Alcuni dicono che è la
comunità che crea la fede pasquale ma è fuorviante.

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______________________

Il rapporto tra Adamo ed Eva e Dio è avvelenato dal sospetto che fa si che lo sguardo di
A&E su Dio cambi e quindi cambi la relazione.
La nudità è la situazione in cui ci si espone nella pienezza e semplicità di quello che si è. Si è
disponibili al possesso: fai di me ciò che vuoi. Quando si accorgono di essere esposti, fino a
quando pensavano che Dio era buono e gli voleva bene si affidavano totalmente (se sono
nudo di fronte a papà va bene), ma ora, che hanno uno sguardo di sospetto, non vogliono
che Dio veda la loro nudità, quando cominciano a pensare che Dio li voglia controllare,
fregare, giudicare e si nascondono per non far vedere le loro zone scure.
Qui inizia il nostro discorso dell’abbandono fiduciale.
Adamo dove sei? Eccomi!
Questa è la prima questione:
—> Dio chiama e Gesù risponde eccomi, manda me. Questo invio è costante, quotidiano,
di tutti i giorni. Se l’invio è parte dell’identità di Gesù, nella storia Gesù vive questo.
—> l’unico modo per curare Adamo e il suo sguardo pieno di sospetto è avere qualcuno
che attraverso il suo sguardo ti mostra Dio come lui davvero è: il sommamente affidabile.

Tu vai dietro a Gesù per pensare le cose di Dio. Noi in Gesù vediamo 2 cose:
- il vero volto di Dio
- il vero volto dell’uomo.
Se io non conosco Dio se non nello sguardo/postura/relazione se non nella forma che lui
chiede, allora io seguendo Gesù assumo quei connotati per cui sono stato creato. Se io
discepolo non mi conformo a Cristo semplicemente non capisco nemmeno chi sia Dio.
(Nella chiesa i santi hanno mostrato di più questo).
Quando noi indaghiamo l’evento di Cristo non entra in gioco solo l’identità di Dio, ma
anche quella dell’uomo, perché se non conosci la forma dell’uomo non puoi avere quella
relazione che ti permette di conoscere l’identità di Dio.
La fede è il compimento di una struttura originaria dell’umana che ti sostiene alla vita. La
fede non è un aggiunta ma è originaria.

La verità ha approccio fiduciale.


L’uomo non è separato dal suo fondamento. Il camminare ha successo quando c’è apertura
totale, quando non ci si nasconde.

___________________
Gesù è la parola definitiva di Dio che una volta per tutte manifesta chi sia. L’A.T. è
promessa, attesa e il N.T. è compimento. Ma è il compimento della Rivelazione che fa la
differenza. Il compimento e il volto si vedono solo assumendo la forma di Cristo.
Il modo di rivelarsi di N.T. ovvero in carne ed ossa, è totalmente diverso da A.T..
Gesù dice di essere Dio in carne ed ossa. In Antico Testamento nessuno può dire questo. In

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N.T. Dio lo vedi e lo tocchi.
La capacità di riconoscere Dio dipende dalla capacità di rispondere a DIo. Noi scopriamo chi
è Dio nella risposta di Gesù al Padre. Noi siamo discepoli del Figlio non del Padre. Se è
vero che l’uomo capisce chi è Dio non solo da ciò che Dio dice, ma soprattutto dal suo
modo di ascoltare/porsi/rispondere a Dio, allora l’uomo può capire Dio nella
comprensione dell’unica risposta piena che è quella di Gesù.

Gesù prende A.T. e rimette tutto in discussione. Mette in crisi quegli schemi, per portarli a
compimento e chiuderli. Da lì in avanti chi vuole capire Dio deve andare a Cristo. Cristo è il
centro della storia perché A.T. tende lì e il dopo torna a Cristo nella memoria.

La singolarità di Gesù sta nella certezza di equiparare Dio con la figura dell’amore. Da
Gesù in avanti la figura dell’amore sarà equivocata come impotenza ma mai come
dominio. Qui devi lavorare bene per non entrare nella potenza. Dalla morte di Gesù in poi
l’uomo è costretto a prendere una posizione rispetto all’idea di un uomo che si perde e che
per riscattare l’altro consegna la propria vita anche quando l’altro è proprio il carnefice.
Se vuoi scoprire Dio lo scopri in questa forma qui.
SI decide, non capisci.
SE NON PRENDI POSIZIONE LÌ, NON C’ARRIVI. Non puoi dire partecipo a messa
quando capisco. Non capisci.
L’Abba di Gesù è diverso dal Dio dei filosofi ma anche dalla coscienza religiosa globale.
Anche oggi il peccato originale modifica l’immagine di Dio. (Il battesimo serve a ciucciare
da mamma la fiducia nei confronti di Dio che sana il modo naturale di vedere Dio dopo il
peccato originale —> la fede dei genitori dovrebbe essere l’antidoto).

In che modo Dio prende in mano l’uomo peccatore la prima volta? Cuce delle pelli e da dei
vestiti. Da lì, bisogna aspettare Gesù che accetta di essere spogliato perché tu possa essere
spogliato. La dedizione di Dio è il primum/unicum da cercare.

Chi vuole tentare Dio o volesse dei segni è matto. Dio risponderebbe che ha già detto tutto
nella Parola e che tutto ciò che c’è da vedere è lì. Da Gesù in avanti è memoria.

Se Dio è questo come posso difenderLo io dagli attacchi?


Eccoci qui al cuore della teologia fondamentale. Il Figlio è credibile in quanto ama come il
padre e come suo perfetto imitatore. Anche a noi viene detto di essere perfetti come il Padre.

—> L’unica apologetica di Dio è la dedizione incondizionata di Gesù.


La sofferenza non ha un perché. Non puoi rispondere. Si risponde nella storia. Non c’è
una risposta teoretica, ma c’è santa Bakita. Vivendo la sofferenza come viene vissuta
allora è illuminata da un senso non astraendola dalla storia e facendoci una teoria.
Ne in Giobbe ne in Gesù c’è una teoria della sofferenza. (Dio a Giobbe dice “ c’eri tu quando

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facevo questo? E questo? E questo? E allora fidati!)

Se la verità di Dio appare nella forma di Gesù e tu vuoi rivelare la credibilità di Gesù in
un’altra forma perdi perché la verità si dice in quella forma lì. Si testimonia l’amore
amando, si dice testimoniando perdendo se stessi.
(nella nostra pastorale la formazione non è passaggio di contenuti - anche - ma in realtà formi
i collaboratori avviando dei processi in cui l’altro sperimenta. Se l’altro ha forme ferite e
malate di viversi, la modalità con cui parla e dice di Dio sarà malata. Ecco perché per
diventare prete ci vuole tempo. Se non ti prendi in mano in un certo modo tradisci la
testimonianza di Dio).

A testimoniare Dio non è teologia fondamentale, ma studiare mi permette di amare.


Testimonio non con le parole ma con la dedizione. Ma per comprendere la forma della
dedizione devo studiare.
La parola di Dio è pragmatica/pratica. Dio non parla nella forma logico formale ed è
credibile perché parla nella forma dell’amore. Ciò che sostiene alla vita nella forma
dell’umano è la cura e risponde alla stessa norma che regola la pienezza della fede. L’uomo
nel fondamento e nella pienezza ha un’unica norma. La cura appartiene alla grammatica
dell’umano. E questo ci mostra che non ogni forma di amore fa bene.

Fin da subito Gesù svuota se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo obbediente
fino alla morte di croce. Per questo Dio lo esalta.
L’uomo ha una disposizione all’amore perché sempre lo sperimenta da altri. La legge che
regola la vita è in sè agape.
Essere genitore di Piero è una novità totale perché non si è mai visto nella storia. Ecco
perché l’agire di Dio è teopragmatica. Non si è mai visto nella storia. Bisogna che in questo
essere ci sia uno spiraglio di amore perché l’amore può essere conosciuto soltanto
dall’amore.
Il fatto che l’uomo si apre alla vita nella forma di uno che riceve cura/amore (l’unico modo di
aprire alla vita è rispondere all’amore che ricevi) fa sì che la prima forma dell’agire
dell’umano sia rispondere. Il bambino in sè è totalmente esposto a ciò che l’adulto vuol fare
di lui. Se ad aprirmi alla vita è l’amore ricevuto, allora la struttura dell’umano è
radicalmente aperta all’amore. Ciò che mi apre alla forma piena dell’amore è la stessa
dinamica. Se la mediazione dell’amore dei genitori funziona, è più facile che il volto
amorevole di Dio appaia bene. A maggior ragione se a mediare bene è un don o una suora
che sono caratteri autorevoli. (Se il don si prende cura di te, vedi Dio, vedi la forma
dell’amore di Dio).

Balthasar dice che solo l’amore è credibile. Il bambino svegliandosi alla vita nello sguardo
amorevole della mamma è risvegliato alla coscienza.
Così Dio risveglia l’uomo a sè amandolo. In quanto sue creature il germe dell’amore in

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noi, ma nessun cuore può aprirsi totalmente alla vita divina se non nella grazia che è
amore ricevuto da Dio.
Come all’amore terreno ti aprono mamma e papà, così all’amore a Dio ti apre Dio. Se
nell’umano sei chiuso sarai più chiuso ma non è meccanicismo.

Con Guardini diciamo che l’amore, lontano dal renderci ciechi ti fa vedere molto di più.
L’innamoramento rende ciechi, ma l’amore fa vedere. Tu lo sposi e va bene ma lo ami molto
di più dopo 10 anni e 4 crisi e vedendolo bene lo scegli lo stesso.

L’AMORE COME FEDE E LA CREDIBILITÀ DEL


CRISTIANESIMO OGGI (disp 17)
Solo l’amore è credibile ma si deve credere solo all’amore.
Uno è affidabile quando compie le promesse di cura implicite. L’affidabilità piena si
sperimenta quando uno ti cura nella logica del bene, perché nella tua insopportabilità è
rimasto. Sei affidabile non perché sei un cagnolino a disposizione ma perché è lì per il tuo
bene e non ti molla.
L’affidabilità è il volto più puro dell’amore.
A&E hanno sospetto, ma la fede è la risposta all’amore perché l’amore è affidabile. Ecco
perché ciò che lega gli sposi è la fede. La fede non è mai solo adesione intellettuale
all’amore che salva, ma si traduce sempre in carità.
La fede è autentica quando entra nella logica di Dio “COME IO HO FATTO A VOI COSÌ
VOI LO FARETE AGLI ALTRI”.
La chiesa si vede nei santi. Solo nei santi la chiesa è irresistibile. Contro l’evidenza
dell’amore cristiano non v’è alcuna obiezione.

Arrivati qui vedremo quale risposta è giusta alla dedizione del Padre, come mai coinvolga
tutto l’umano e come questo preveda una dimensione testimoniale.

cap. 18 - GRAZIA SALVIFICA E APPARTENENZA TESTIMONIALE


La realtà interpella l’uomo e l’uomo la conosce nella risposta.
Il rapporto tra realtà e senso è un rapporto di rimando.

Io assisto ad un matrimonio, ma li si possono vedere 1000 cose diverse… qualsiasi


cosa si veda, rimane il fatto che si vedono i due sposi e si vede oltre. Per cogliere il
senso del ragazzo che gioca in cortile, si deve vedere lui e contemporaneamente un
po’ più in profondità. Il ragazzo che entra in oratorio e vede il salesiano che fa tante
cose, deve vedere lui ma anche oltre. Infatti la realtà ha sempre una datità e un senso.

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Ma datità e senso non si possono separare. Più si separano più si perdono

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entrambe. Davanti ad un ragazzo pieno di doti che si dice avere poca fiducia in sè,

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non puoi cambiargli il senso senza riportarlo al dato. Nei dati gli fai vedere che c’è un

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senso. Merleu-Ponty dice che quando vedi una datità vedi sempre più di una datità

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che si vede. La datità più forte solitamente sta nell’agire. Non si riconosce il senso

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del matrimonio perché sono lì, ma perché il rito fa qualcosa. Nell’agire c’è un

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condensato dell’orizzonte di senso che la persona che agisce ha. E tu che vedi

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Apertura sul futuro per ora:


Carlo conosce la realtà perché ne è immerso e non perché ce l’ha davanti. In realtà Carlo non
conosce la realtà, ma il primo movimento è che la realtà colpisce Carlo. La realtà tocca. Non
solo sensorialmente, ma da tutte le ricettività. Ma ciascuno conosce la realtà nella propria
dimensione di senso (modo in cui approccio soggettivamente a verità e giustizia). Il senso è
cercare di comprendere e intuire in che modo una realtà ha una sua verità e giustizia. (Si può
tradire il rapporto attribuendo alla realtà un senso che non le appartiene).
Perché leghiamo verità e giustizia?
Perché sono due facce della stessa medaglia. Io se riconosco una verità mi ci comporterò di
conseguenza. Ma allo stesso modo si arriva alla verità solo se compi le giuste scelte in
confronto a quelle realtà.
Se la realtà mi tocca e lo fa abitata già da un senso (io tuttalpiù ne posso mettere un altro… Noi
diciamo che la realtà è abitata da Cristo su cui è formata). Se la realtà mi interpella, il
riconoscimento del senso è la mia risposta alla realtà. Prendendo posizione rispetto all’appello
di una realtà si risponde e si trova il senso oppure la si tradisce. (es. c’è una bella ragazza che
passa… il suo senso è il suo sedere? Se rispondo all’appello con lo stupro ho trovato il senso?)
La risposta ad un appello dice il proprio senso.

Nel caso di Dio, Dio interpella e si fa conoscere nella risposta che l’uomo da. Nel Vangelo dice
di seguire, ed è quella disposizione che lo fa conoscere.
Ciascuno in coscienza sa qualcosa, facendo (ovvero rispondendo ad una realtà). Ma occhio che
il modo che ha la realtà di toccarmi è anche influenzata da me per la mia costituzione storico-
pratica. Il modo in cui la realtà stimola è anche dettato da come uno è. (es. Una cattiva
esperienza di paternità rende più difficile identificare Dio come Padre) Per cui anche la tua
risposta a come Dio si da dipende da te. (In A.T. c’è fatica perché l’uomo è un essere culturale e
Dio piano piano deve stravolgere quella immagine di Dio. Loro avevano pre-compresione. È
impensabile conoscere una realtà fuori da una posizione rispetto ad essa). (Dio dice all’uomo
che è, ma questa cosa non può essere fatta fuori dalla risposta dell’uomo. L’appello di Dio è
graduale come l’educazione fatta ai ragazzi… il Signore lentamente educa il popolo all’altezza
delle sue possibilità).

Gesù vuole far vedere che il suo modo di avere a che fare col mondo è il modo corretto di avere
a che fare col Padre (ad un ragazzo gli fai vedere che i blocchi relazionali che ha sono i suoi
blocchi di fede, e se c’è un umano ferito sarà difficile avere a che fare con Dio). Il criterio con
cui hai a che fare con le persone è la “frequenza”. Se Dio non lo frequenti, non lo conosci.

impatti anche con quello. Più vivi con una persona più capisci qual è il suo
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orizzonte di senso. Una persona rimanda al suo orizzonte di senso ovvero la sua
concezione di verità e giustizia. Nel suo agire ognuno testimonia qualcosa del vero
e del giusto e lo fa in modo positivo o meno.
L’APPARIRE DEL SENSO APPARE SEMPRE IN UNA TESTIMONIANZA
CHE ATTIRA. È nella testimonianza che si vede quel qualcosa della verità e della
giustizia che attira. Abbiamo bisogno dei laici nella CEP perché alcune volte un
ragazzo non ha bisogno di un prete santo ma di adulti santi. Educare è nel nostro
caso la forma in culla verità e la giustizia di Dio appare ai ragazzi attraverso il nostro
specifico vissuto. I salesiani hanno un modo di manifestarlo diverso da quello dei
domenicani. E lo spirito opera dentro di noi e i ragazzi nell’operare il riconoscimento.

La fede ha due categorie a Milano:


- fede che salva;
- fede testimoniale

Disporsi a guardare e ad ascoltare Gesù, per vedere e udire ciò che vuole mostrarsi
e farsi intendere nell’evento di lui, rimane la condizione originaria, non
ulteriormente mediabile, affinché la figura della fede che salva l’uomo si saldi con
quella cristologica del sapere la verità di Dio (cit. Sequeri)

Dio opera la salvezza sull’uomo che la accoglie (la salvezza) in una risposta di fede. La
risposta di fede al proporsi salvifico di Dio in Gesù, è il modo in cui noi conosciamo la
verità di Dio e dunque ci salviamo. La fede che salva è anzitutto la grazia di appropriarsi di
quel modo di avere a che fare con Dio che ha Gesù. La fede è vivere come Gesù il proprio
modo di relazionarsi a Dio e al mondo.

—> la fede che salva, in questa prospettiva, è anzitutto la grazia della


appropriazione – nel modo partecipabile all’umano finito e peccatore, che diventa
figlio di adozione e non di origine – di quel particolare modo di identificare Dio
che qualifica Gesù di Nazareth, ‘autore e perfezionatore ’della fede (Eb 12,2) [...]
Nominiamo appunto fede che salva quella personale conversione del cuore (metanoia)
di ogni uomo che non è il Figlio Gesù, alla verità dell’abbà-Dio istituita
storicamente in Gesù Cristo come suo archetipo e principio.

Cos’è la fede che salva?


È la caratteristica della fede che sottolinea l’instaurarsi del rapporto con Dio nella forma
cristologica. È conversione del cuore secondo il Suo cuore. Ciò permette di conoscere Dio e
in questo modo salva, perché lo conosci solo mentre lui ti salva. Il rapporto che hai con
Dio è un rapporto in cui lui ti salva.
Se mi relaziono a Dio nel modo corretto lo conosco per com’è. (Tanti papà non sanno
intervenire sui figli perché non li conoscono)

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Allora è fondamentale il modo in cui io approccio a Dio. È la corretta risposta alla
rivelazione di Dio prendendo una posizione che permette di riconoscerlo. (Dio è ciò che
trascende ogni tua idea… il figlio dell’uomo non sa dove poggiare il capo… non poggerai
mai il capo nella conoscenza di Dio… facciamo molto male quando le nostre idee o
coscienza le identifichiamo col volere di Dio… facciamo molto male quando tra fissazione di
noi e apertura non c’è equilibrio. La fede è fatta di azioni concrete. E quando privilegiamo un
agire nostro sull’agire ecclesiale è interessante. La mia fede non è il mio sentire, ma è il mio
fare… i ragazzi si portano a fare delle scelte, e non a sentire troppe cose. Ma i gesti e le
parole che fai hanno valore irradiante e illuminante…

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LEZIONE IMPORTANTE
ATTO = qualcosa che ha una sua datità. (Specificato dal fare). Ma c’è anche la sua
intenzione. (Ciò che riempie l’atto dal punto di vista si chi lo pone).
Per intenzione si dice che nel porre un atto esso viene caratterizzato da volontà,
caratteristiche, contesto… Si può fare stesso movimento con intenzioni diverse. L’intenzione
è sempre posta in un orizzonte di senso. Ogni atto non si pone come un fungo ma sempre in
una concatenazione di senso. (spiritualmente è assurdo fare atti antagonisti in continuazione).
Davanti alla stessa parola ognuno di noi risuona diversamente in base a come tale
parola entra nel proprio orizzonte di senso. (Se senti “giovedì” qui ha senso diverso da
altri posti).
Un atto viene sempre alla luce in un orizzonte di senso. Gli atti li leggi sempre
all’interno di orizzonti di senso con cui leggi la realtà.

In tutti i casi un atto mi chiede di interpretarne un senso. “Dai del tempo per i poveri” “ti sei
fatto una canna” —> che senso ha questo atto qui?

Un ragazzo entra in oratorio e incontra un salesiano che compie degli atti. Il ragazzo piano
piano è chiamato a capire il senso di chi gli sta davanti. Ogni volta che si compie un atto si
pone un atto e gli altri leggono un senso che non necessariamente è lo stesso.

(Senso vs intenzione
Il senso può superiore all’intenzione perché comprende tutto te)

Ora se è vero che la fede che salva è l’orizzonte di senso in cui al centro c’è il Padre. Dio è
il lievito nella pasta, il sapore del sale. Dio è colui che inquadra anche la morte che nella
sua essenza è l’opposto del senso.
Tanto più vivi la fede che salva, tanto più vivi nell’orizzonte di Dio. Ad inquadrare
l’orizzonte di senso di Dio in me sono io? NO… è lo Spirito. Ecco perché l’ateo può
inquadrare la vita nell’orizzonte corretto anche senza fede.

La fede che salva quando è vissuta pone degli atti che hanno un risvolto dove brilla un
senso. Ecco perché la fede testimoniale è il risvolto di una fede che salva vissuta.
La fede che salva pone atti che interrogano il senso di altri. Il prete che gioca o distribuisce
il pasto lo fa in ultima battuta perché quell’atto parli di qualcun’Altro. Ma quel
qualcun’Altro abita l’atto non come aggiunta ma a partire dal senso che motiva l’atto.
(Negli atti del prete vedi Dio perché per il prete Dio è il centro del senso che pone in essere
tali atti). Ora è chiaro che più il prete vive il rapporto con Dio più Egli entra nell’atto del
prete e quindi si irradia. Questo funziona per l’atto dell’ateo che crede in un valore e così
anche per Dio. Questo vale per ogni atto? In alcuni ha più senso e in altri meno.

È così facile riconoscere il senso di ogni singolo atto?


No!

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LA rivelazione è gestis verbisque. Perché gli atti implicano anche spiegazioni e conoscenza
della persona. Ma il singolo atto parla anche più di quanto tu sai.

La fede che salva è veramente la relazione che salva tra me e l’Abba di Cristo. E ciò è
sempre irradiante. E tanto più l’atto è intenzionale tanto più è irradiante.

La fede testimoniale è il movimento centrifugo della fede che salva ovvero la testimonianza
della salvezza ricevuta e il conseguente accoglimento universale dell’unica salvezza che si
può raggiungere. (La struttura della fede corrisponde alla struttura dell’umano? Dottorato di
Paolo… Perché la fede la ricevi? perché il sapere del senso lo ricevi… La testimonianza non
è marginale… è intrinseca. Perché qualcuno con la sua testimonianza la fede l’ha illuminata
di senso)

Sequeri dice che la fede testimoniale è l’esito della sequela di Gesù.


La fede testimoniale appartiene a chiunque. Ogni atto credente parla di Gesù. Se la fede
testimoniale ha a che fare con la fede che salva, ci sono però degli atti che hanno proprio
l’intenzione di accompagnare l’altro alla fede che salva. Ci sono atti testimoniali che
hanno al centro la fede che salva (nel catechismo io non metto al centro il mio rapporto con
Dio, ma farla nascere ha come obiettivo primo il risvolto testimoniale). Alcuni atti
testimoniali prevedono una dimensione istituzionale. (il prete, ad esempio, assumendo un
ruolo, mette la sua vita al servizio della fede degli altri —> alcune figure sono chiamate a
vivere la fede che salva totalmente al servizio degli altri).
Nella fede testimoniale allora c’è sia il risvolto puro della fede che salva (testimonianza
implicita) e alcuni atti trasmissivi intenzionali.

La fede che salva e quella testimoniale sono in dipendenza tra loro. La prima è condizione
di possibilità della seconda (dici cosa perché vivi). La prima è più contemplativa mentre
l’altra si instaura di più nel legame sociale. (Fai relazione educativa perché così passa altro)

Se sono in Tunisia e non c’è nessun cristiano come posso vivere la fede testimoniale? Io
mussulmano come mi salvo?

Se la fede che salva è il mio rapporto con Dio, questo rapporto tra Dio e me dipende da Dio
innanzitutto. Per quanto io possa non conoscerlo, non nominarlo… questo non si toglie.
Posso essere il peggior satanista dell’universo ma Dio si rapporta a me (se no, non esisterei
più perché dipendo). Questo rapporto nella logica dell’alleanza prevede una risposta. Se il
ritorno è pienamente cristiano dice la forma piena della fede che salva e se non lo è dice
un’uomo che vive la fede che salva nella forma di una retta coscienza. (La chiesa da sempre
sa che il confine visibile non corrisponde al confine vero della chiesa in quanto la chiesa
come popolo di Dio comprende le persone che pur non essendo canonicamente parte della
chiesa, hanno poi fatto spazio a Dio e lui le ha fatte sue). —> ecco perché non si può dire chi
si salva e chi non si salva.
Può succedere che il cristiano appartenga ufficialmente alla chiesa ma poi non appartenga
alla chiesa vera, e un tunisino invece che non appartiene al confine visibile appartiene a

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quello invisibile e vero.

Il CVII dice che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi (universalità salvifica). Benché
Dio può portate uomini che senza colpa non conoscono il Vangelo a salvarsi, ma la chiesa
deve far conoscere. Il Concilio insegna che questa chiesa pellegrinante è necessaria alla
salvezza perché solo Cristo è modello e mediatore della salvezza (modello Cristocentrico
inclusivista).
Al cuore c’è la chiesa pellegrinante, confine visibile della chiesa. I cristiani non cattolici sono
un ulteriore raggio esterno in quanto congiunti in vario modo. Le religioni poi non cristiane
poi sono luogo in cui sussiste e vive un reale legame a Dio. (Terzo cerchio) e poi da lì altri
cerchi. Chiunque sia aperto rientra nello schema. (Se sei fuori Dio agisce per unirti ai confini
invisibili… ) (tanto più la tua coscienza è lontana da alcune condizioni di riconoscimento
tanto più farai fatica a far agire lo Spirito in te). Ecco perché la fede testimoniale non è
necessaria (Dio agisce lo stesso) ma non è opzionale (perché Dio ha scelto di legarsi a te
per dirsi nel modo più pieno).

Se la chiesa non diventa lievito per la società, si può creare una coscienza sociale che lavora
in modo oppositivo all’apertura a Dio.

GRAZIA SALVIFICA E FEDE ECCLESIALE : IL NODO TEOLOGICO


PORTATO ALLA LUCE DALLA RIFORMA
La forma della mia fede è composta da:
- mia risposta
- cultura
- grazia di Dio
- chiesa

Noi abbiamo recuperato ad oggi la dimensione antropologica della fede e meno la forma
ecclesiale di essa. Il cultura implica sia la forma della mia identità che quella della chiesa.

Nella fede il primato e la priorità è della grazia e poi in seconda battuta a parimerito la
risposta credente e la chiesa.
Dal fatto di non aver fatto interagire i tre elementi nascono una serie di problemi, come la
riforma di Lutero che diceva che basta ala grazia e la risposta di affidamento.

Pelagio diceva che l’uomo non è corrotto dal peccato e può scegliere il bene da sè.
Agostino pensava che l’uomo fosse radicalmente peccatore e che siccome da solo non ce la
fa, la grazia di Dio deve poter agire realmente in tutte le azioni dell’uomo, al punto che se tu
ti salvi tutto dipende dall’agire di Dio, perché Dio ha sostenuto anche la tua risposta alla sua
chiamata.

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(Noi diciamo che grazia, agire gratuito di Dio, e libertà vanno insieme e non si danno mai
slegate. Possono essere in contrapposizione? Si, quando io dico no… il problema che c’è
dietro è il fatto che se Dio vuole fare una cosa in te, ma tu non gliela fai fare, o lui non è
onnipotente o ti forza e non sei più libero)
Pelagio dice che ci si guadagna la salvezza a prescindere da Dio. Agostino per evitare dice
l’opposto.
Nel medioevo si giunge alle indulgenze, ovvero che la chiesa se tu paghi ti da i meriti di Gesù
senza disposizioni tue. Lutero arriverà a dire che tutto si gioca su Dio e che l’unica opera di
fede che l’uomo deve fare è un affidamento personale.

Lutero tralascia la fede testimoniale. Ma Lutero salva delle cose che la chiesa cattolica si era
perduta.
Oggi si riconosce che la grazia di Dio ha il primato e questa grazia pone in una comunità. Da
qui la dottrina congiunta si ferma perché noi abbiamo la chiesa cattolica, mentre loro sono
molto frammentati.

La fede che salva non è la fede testimoniale ecclesiastica ma non può essere separata. Pensare
l’unità nella distinzione. La fede testimoniale è a servizio della fede che salva, ma non c’è
fede che salva che testimoni.
Dio agisce in una chiesa per dare forma al popolo. (l’elezione di un Papa non è politica, ma
invocazione dello Spirito per questo) (il prete, che è totalmente al servizio della fede
testimoniale a vantaggio della fede che salva, allora la tua dipendenza all’agire della grazia
viene dalla vocazione che è un essere chiamato da Dio, e non una bravura tua) (la vocazione è
chiamata di dio, è agire di grazia)

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LEZIONE 19

L’ORIGINARIA STRUTTURA AFFETTIVO


SIMBOLICA DELLA COSCIENZA CREDENTE.
Ciascuno di noi è cosciente, ovvero ha coscienza di sè. Per coscienza si potrebbe quasi dire
l’io-me. Non chiusa e luogo di costruzione di sè.
Il primo passo della coscienza è l’essere risvegliata. La coscienza lentamente arriva a
prendere coscienza si sè. (Il bambino è più cosciente della mamma che di sè e sono i genitori
che lo risvegliano a lui)
Originariamente l’uomo viene a coscienza perché la realtà lo tocca. Il bambino è aperto alla
realtà all’inizio a partire dal proprio bisogno (e contemporaneamente capisce di avere un sè
nella dilatazione tra bisogno e risposta data). Se piange arriva o meno da mangiare.
La realtà, cosa tocca (affectus) di me?
La realtà tocca una parte passiva di te (passivo-estetica… percettiva), la dimensione emotiva,
quella noetica, quella pulsionale, quella pratica…

La struttura della coscienza è affettivo simbolica.


Simbolo vuol dire mettere insieme (syn ballo) che indica mettere insieme diversi elementi e il
cui risultato è frutto dell’interazione. L’umano non è un armadio con tanti cassetti, ma ha
struttura simbolica perché l’affetto è recepito passivamente-esteticamente ad una pluralità di
elementi che interagiscono tra loro e rarissimamente uno è staccato dall’altro.
(es. questa mattina un confratello ti fa arrabbiare. Tu arrivi in classe con una predisposizione
emotiva che è incazzosa… L’insegnante spiega l’affectus e tu ricevi la spiegazione non come
noetica ma come pesantezza della fatica.
Infatti lo stesso tocco difficilmente è compreso allo stesso modo perché il vissuto emotivo è
diverso) (chiede un lavorio su di sè enorme comprendere che accoglienza o meno di un
contenuto dipendono enormemente da un affectus e chiede ancora più lavoro sospendere la
propria disposizione. L’affectus colpisce sempre l’intero dell’umano. Ecco perché il rito è
simbolo e colpisce nell’interazione dei livelli)

La realtà che affetta (tocca) è abitata da un senso e questo senso ha un suo rapporto con la
verità e la giustizia.
Abbiamo detto che verità e giustizia esistono perfettamente in DIo. Diciamo che l’ontologia
dell'essere (mondo) risponde all’intenzionalità e identità di Dio creatore. Se esiste una verità
e una giustizia, il senso è la relazione tra una realtà e la dimensione di verità e giustizia. Qual
è il senso del mare? Qual’è il senso della nostra fraternità? La verità è giustizia che Dio a
colto nell’istituirla.
La relazione attuale tra Dio e una realtà attuale pone la difficoltà di cogliere il senso in
relazione alla verità e giustizia di DIo. L’obiettivo sarebbe cogliere il senso proprio come
verità e giustizia di Dio.

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(Il senso del pacchetto di gomme il più delle volte lo definisco io… magari lo do ad un
compagno. Non è che Dio lo ha deciso, ma tu in quel gesto esprimi un senso che si avvicina
alla verità e giustizia di Dio. In questo senso tu co-determini la verità e giustizia (non la
cambi, ma la attui e ne prendi parte, aggiungendo un novum che non modifica)

Che senso ha il tuo corpo?


il corpo trova il suo senso nella verità e giustizia con cui è stato creato da Dio. Nel corpo
posso vedere il senso reale con cui esso è stato creato oppure altro. Il corpo non è materia
plasmabile ma la prima esperienza di coscienza che ho, primo elemento di percezione che ho.

Si capisce il senso reale di una realtà non prima di tutto riflettendo ma prima di tutto in una
reazione pratica alla realtà.
Ogni realtà che mi tocca lo fa portando con sè un appello di senso. (Mamma che si curava di
te, ogni volta lo faceva con una promessa di senso, dove in qualche modo ti viene promesso
che tutta la realtà sia affidabile come è affidabile la mamma. Il primo shock per cui il
bambino batte i piedi è che “non è giusto” —> perché la percezione di una realtà ingiusta con
un appello di vita ingiusta ti smuove perché ti tocca nella promessa di affidabilità che ti ha
portato alla vita. Il bambino attinge lo sguardo sulla realtà dai genitori). Tu sai la realtà
perché al suo appello promettente hai risposto praticamente.

In termini evangelici Gesù dice: “vieni e seguimi” —> in base alla risposta tu lo conosci o
meno. Il giovane ricco lo conosce Gesù? No… non riconosce l’appello promettente, eppure
qualcosa c’era perché lo chiama maestro.

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