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GIAN LORENZO

BERNINI
(1598-1680)

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Il «gran Michelangelo del suo tempo»
Gian Lorenzo Bernini è considerato il più grande artista del Barocco.

Figlio di un modesto scultore, Bernini è genio precoce e artista versatile: scultore,


architetto, pittore, scenografo, commediografo e disegnatore. Al servizio della
corte papale, di cui diviene il principale rappresentante artistico e il portavoce
ideologico, ottiene fama, onori e ricchezze.

Le tappe della biografia


• Nasce a Napoli nel 1598, figlio di Pietro, scultore di origine toscana.
• Si forma a Roma, dove si trasferisce con la famiglia nel 1605.
• Lavora per potenti cardinali e diviene l’artista prediletto di Urbano VIII e Alessandro VII.
• Nel 1665 viene chiamato a Parigi presso Luigi XIV per il completamento del Louvre.
• Muore a Roma nel 1680.

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Il disegno
Il disegno è l’elemento unificatore di tutta l’attività berniniana.

Per le opere di scultura, di


progettazione architettonica o di
arredo, l’artista compone vivaci
schizzi preparatori.

Il segno, veloce e sintetico, è


sempre funzionale all’esatta
espressione degli intenti.

Nel primo progetto per la


Fontana del Moro Bernini
Il disegno a matita rossa con David che lotta con il leone mostra al delinea con pochi tratti di
contrario una resa pittorica: il segno è più tenue e i contorni più penna il complesso gioco
morbidi, con il chiaroscuro reso da tratti paralleli e tocchi di biacca. dei volumi.
La scultura
Le prime prove artistiche avvengono nel campo della scultura.

Nella bottega del padre, Gian Lorenzo apprende i segreti dell’arte e studia gli
artisti del Rinascimento e le opere della scultura antica, sviluppando una
straordinaria capacità di modellare la materia a proprio piacimento.

Bernini getta le basi per un’arte radicalmente nuova e, per certi versi,
rivoluzionaria: la fantasia e la libertà di espressione finiscono per trasgredire le
regole imposte dal Classicismo, del quale però conserva l’armonia.

Questa equilibrata compresenza di fantasia e classicità si riscontra in tutta la


ricchissima produzione scultorea dell’artista.

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Apollo e Dafne
Nel gruppo di Apollo e Dafne, scolpito per il
cardinale Scipione Borghese tra il 1622 e il 1625,
Bernini riesce a infondere nelle figure un senso di
movimento ancora sconosciuto alla scultura.

La gamba sinistra di Apollo è sollevata dal suolo, mentre il


braccio opposto equilibra lo slancio in avanti; il corpo di
Dafne si inarca con un colpo di reni, mentre i piedi, che
già si trasformano in radici, bloccano la sua corsa.

Per il cardinale, grande


collezionista e nipote di papa
Paolo V, Bernini aveva già
realizzato il gruppo del Ratto di
Proserpina.
Apollo e Dafne
Il gruppo statuario era destinato alla villa del cardinale e stava in origine contro
una parete: chi entrava scorgeva prima la schiena di Apollo e poi il volto di Dafne.
Oggi, collocata al centro di una sala, l’opera è visibile secondo diverse angolazioni.

Veduta frontale Veduta posteriore Veduta laterale


Apollo e Dafne
Il soggetto proviene dalle Metamorfosi di Ovidio, in cui si narra che la ninfa Dafne,
per sfuggire ad Apollo, invoca gli dèi e viene così tramutata in una pianta di alloro.

La bellezza dell’opera sta Negli occhi restano Bernini riesce a rendere visibile il
anche nel contrasto tra ancora le tracce della momento in cui le mani si tramutano in
parti scabre e parti più matita grassa che foglie e i piedi in radici, grazie a un
lisce, realizzate con un creano un’ombra più impiego accorto e raffinato di strumenti
meticoloso lavoro di profonda. come il trapano e la subbia.
levigatura e lucidatura.
La Cappella Cornaro
Nel 1646 il cardinale Felice Cornaro affida al Bernini la decorazione della propria
cappella in Santa Maria della Vittoria a Roma.

L’artista progetta la
cappella nei minimi
particolari, creando un
prezioso fondale
scenografico.

Bernini dà vita al «bel


composto», un’unità
di tecniche e materiali
tra marmi policromi,
stucco, bronzo,
pittura.

Sulle due pareti laterali, l’artista scolpisce finte balconate,


aperta su ambienti classicheggianti a rilievo «stiacciato»,
dalla quale si affacciano i membri della famiglia Cornaro.
L’Estasi di Santa Teresa
Sopra l’altare Bernini scolpisce l’Estasi di Santa
Teresa, un gruppo altamente scenografico in cui
si fa incerto il confine tra fantasia e realtà.

Santa Teresa d’Avila, nota per le sue visioni mistiche,


è raffigurata nel momento dell’estasi, mentre sta per
essere trafitta dalla freccia di un angelo sorridente.

Semidistesa su una coltre di nuvole sullo sfondo di


una cascata di raggi dorati, simbolo della presenza
divina, la santa tradisce un erotismo tutto terreno.

Il volto è travolto da un’intensa


emozione: gli occhi socchiusi,
la bocca semiaperta e la testa
rovesciata all’indietro.
L’architettura
Come architetto Bernini porta alla massima espressione il linguaggio
barocco, realizzando i grandi piani urbanistici con cui i pontefici miravano
a rilanciare la potenza della Chiesa di Roma.

Anche l’architettura mira a effetti scenografici che abbracciano lo spazio urbano e


si caratterizza per l’impiego di materiali e tecniche diversi.

A Roma Bernini realizza chiese, palazzi e imponenti fontane, come la Fontana dei
quattro fiumi in Piazza Navona, pensate come spettacolare arredo urbano.

Le architetture, dalle forme originali e ardite, prive del rispetto delle regole
classicistiche, hanno l’obiettivo di coinvolgere emotivamente lo spettatore.

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Baldacchino di San Pietro
Costruito tra il 1624 e il 1633, per volere di papa
Urbano VIII, il Baldacchino di San Pietro è il
coronamento dell’altare della basilica vaticana.
Sullo sfondo si vede la
Il problema è quello di realizzare un Cattedra di San Pietro,
coronamento che si armonizzi, per una sontuosa
struttura barocca
proporzioni e qualità visive,
realizzata dal Bernini
all’enorme spazio vuoto sotto la nel 1666.
cupola di Michelangelo.

Dando libero sfogo alla fantasia


Bernini inventa una tipologia nuova
di baldacchino che, nonostante le
proporzioni colossali, appare esile e
leggero come una struttura mobile.
Baldacchino di San Pietro
Il baldacchino, per il quale Bernini si avvale della collaborazione di Borromini, è in
bronzo parzialmente dorato, in forte contrasto con i marmi della chiesa.

Quattro angeli si innalzano Quattro volute a dorso di


agli angoli della trabeazione delfino congiungono i quattro
concava verso l’interno. angoli con la croce sorretta dal
globo.

Quattro colonne sono Dalla trabeazione cadono finti


concluse da capitelli pendoni, come falde di un
compositi su cui si impostano baldacchino in tessuto mosso
quattro slanciati dadi. dal vento.

Formate da tre rocchi, le Le colonne si ergono su quattro


colonne hanno decorazioni piedistalli rivestiti di marmi
simboliche a fronde di alloro, colorati e stemmi papali a
lucertole e api. rilievo.
Colonnato di piazza San Pietro
Il Colonnato di piazza San Pietro è un vero e proprio intervento
urbanistico su scala cittadina.
Voluto da papa
Alessandro VII nel
1657, è formato da
284 colonne e 88
pilastri disposti su
quattro file.
Le file sono coperte
(come nei templi
romani) da un tetto a
capanna.
Il colonnato è
concluso da una
balaustra su cui si
elevano 162 statue
gigantesche di santi.
Colonnato di San Pietro
Il colonnato, compiuto nel 1667, acquista un valore simbolico: i due segmenti che
avvolgono la piazza alludono all’abbraccio dei fedeli da parte della Chiesa.

Bernini fa divergere i bracci Penetrando attraverso la fitta


rettilinei che collegano la basilica foresta di colonne e pilastri, si
al colonnato, creando così un offrono al fedele visioni
effetto prospettico che accorcia le prospettiche sempre diverse.
distanze facendo percepire la
facciata più vicina.

L’accesso avveniva in origine


attraverso il fitto intrico di
stradine dei cosiddetti «Borghi».

Un’incisione del ’600 mostra il


progettato e mai realizzato «Terzo
braccio» che doveva aprire due
varchi non in asse con la facciata.

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