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martedì 22 settembre 2020

Teologia fondamentale

Iniziamo teologia fondamentale. Su GECO c’è la lezione 1234. C’è una copia dell’indice del
corso.

La lezione di oggi è semplice.

Teologia fondamentale è l’unico corso annuale che si farà. Fare 5 ore a settimane sembra
tanto. Faremo 3 ore questo semestre. Si farà un esonero o a gennaio o a dicembre. Gli
argomenti più interessanti stanno alla fine del corso.

2 accortezze:

- fare gli schemi per portare a casa la sintesi.

- studiare.

La dispensa si chiama: LA SOLIDITÀ DELLA FEDE. È scritta in buona parte da don


Rossano Sala. La solidità della fede è un termine del Vangelo di Luca. Sia Luca che Matteo si
rendono conto che quando annunciano devono fare vedere che ciò che dicono è solido, e non
una favoletta. La cosa è solida per sé stessa.

INDICE
—> Cap. A introduzione

raccomandazioni,

—> cap. B sezione storico-ermeneutica

La rivelazione è Dio che dona sé stesso all’uomo. Dio si mette nelle mani dell’uomo. La
rivelazione è sempre un’alleanza. Se Dio si dona all’uomo e l’uomo risponde con la fede,
allora Rivelazione e fede sono legate: non c’è rivelazione senza risposta di fede e non c’è
dono senza l’accoglienza del dono.

Se Dio dona sé all’uomo e l’accoglienza è la fede, questa cosa non coinvolge solo l’intelletto
ma tutta l’esistenza, allora la Rivelazione è prima di tutto un evento storico. Un dono è
sempre fatto non a prescindere dal destinatario ma coinvolgendo il destinatario, cioè nella
forma del destinatario. Ciò vuol dire che se Dio si consegna all’uomo, l’identità di Dio si
definisce alla maniera umana.

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Cosa definisce l’identità nell’uomo?

L’identità è definita primariamente nel “corpo” (baricentro dell’esistenza nel bios) e poi la
dimensione “storico-pratica” (per dire chi sono dico la mia storia -> raccontando chi sono
costruisco l’identità —> è relazionale -> l’identità è definita dal vissuto). Allora Dio che si
dona alla maniera umana vuol dire che Dio si dona in un corpo e in una storia, e poi in una
identità narrativa che si racconta nel vangelo e che in forma memoriale si dona a noi e ci
consegna l’identità di Dio. L’identità di Dio ha a che fare con la storia. La logica di Dio è
agape e non logos. 40 anni fa Dio non era mio padre perché non esistevo. Dio non crea tutto
da sempre. Nel 30 a.c. Gesù Cristo non c’era.

Dio, nel verbo eterno fino all’anno 0 era solo in progetto di incarnarsi. È dal 33 a.c che
cambia qualcosa in Dio, e in Dio entra la natura umana. Gesù ha le mani forate. Lì, sulla
croce l’identità è stata assunta.

La Trinità dallo 0 al 33 vede una persona della Trinità coinvolta a tal punto da vivere la
storia. Non è motore immobile con un aggiunta. C’è qualcosa che cambia qualcosa in
maniera focale.

Quello che si fa in teologia fondamentale va approfondito poi nelle altre cose.

Il consacrato può conformarsi a Cristo perché prima Cristo si è conformato all’uomo. Non è
la nostra comprensione di Dio che cambia per come Dio si è mostrato… È proprio Dio che
cambia. Prima dell’anno 0 Gesù non esiste. L’A.T. prepara la storia ed il popolo perché la
Rivelazione può compiersi solo nella sua ricezione. L’uomo capisce in maniera storica, e Dio
deve preparare l’uomo per potersi rivelare. Senza la ricezione non c’è Rivelazione (evento
relazionale di incontro).

(Gesù si incarna e già sa di andare in croce? No! La croce è il modo in cui l’uomo che riceve
nelle sue mani Gesù, veramente ne plasma l’identità. Dio accetta che l’uomo lo definisca ed
entri in lui. La croce non l’ha voluta Dio. Dio si è definito nella croce per causa umana. Dio è
immutabile nel suo essere agapico, ma l’agape non è un’essenza ma un actus essendi, un atto
vitale, che si vive e non si dice.

L’immutabilità non è filosofica, ma l’agape di Dio. Se giudichiamo la rivelazione dalla


filosofia tradiamo la rivelazione.

La rivelazione cambia nel tempo perché data nella storia e quindi la fede cambia. La fede è
sempre la risposta dell’uomo a Dio e dunque influenzata dalla storia. È ermeneutica:
l’approccio ad una realtà è sempre storico.

—> Cap. C sezione metodologica contestuale

Non la giustifica ora. L’identità della teologia fondamentale cambia in base al contesto. Don
Bosco ad esempio non ha studiato teologia fondamentale ma apologetica. Cambia in base a
contesto e destinatari.

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—> Cap. D sezione fondativa

È la parte più densa. Si vede il fondamento della fede cristiana per vedere le ragioni della
credibilità. Perché l’evento è credibile? Ci sarà una parte più antropologica e una teologale.

—> Cap. E sezione testimoniale

Quanti di noi sono arrivati alla fede da soli? Storico-pratica è relazionale per forza. Essere
figlio di Silvano e Caterina è decisivo sia nel corpo (tratti) che nella storia e identità. Questo
vale anche per la fede. La fede è radicalmente centrata e fondata su un discorso testimoniale
che traduciamo in modo relazionale. Bisogna capire cosa si intende per testimonianza però.

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SECONDA LEZIONE
Sul pdf troveremo un file sulla storia della teologia fondamentale. (Non entusiasma il
moderno).

Ci sono lezione 1, 2, 3, 4.

L’altra volta era una lezione introduttiva. Oggi si inizia.

Ma oggi è una lezione che non serve per l’esame.

A. SEZIONE
INTRODUTTIV
A
Meglio apprezzare criticamente che disprezzare. Puoi criticare Lutero, ma era 10 volte più
intelligente di te. Lutero è stato a suo modo un genio sofferente e oggi non saremo dove
siamo senza di lui.

Bello leggere direttamente gli autori. Alcuni autori arricchiscono se letti direttamente. La
teologia non si studia per utilità, perché non sai dove il Signore ti mette e come ti sfida.

2. NATURA, OBIETTIVO E METODO DELLA TEOLOGIA


FONDAMENTALE
Cos’è la teologia?

La teologia è l’istanza critica della fede. La riflessione è atto secondo perché è un tornare sul
vissuto sistematizzando. La teologia è la accompagnare e approfondire ciò che vivi per

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capirne in profondità la verità. Ecco perché non esiste la teologia cattolica fatta da atei,
perché si riflette a partire dalla fede vissuta.

Rivelazione: Dio si dona all’uomo e l’uomo risponde con fede.

La pienezza della fede è un evento che ha il nome di “evento Cristologico” (o evento


fondativo) e si tratta di tutta la vita di Gesù di Nazareth (nascita morte e risurrezione). È
importante dire evento perché la verità di Dio donata all’uomo esiste solo nella storia ed è
necessariamente storica.

L’evento Cristologico è l’evento da guardare per cogliere la verità di Dio che si è data come
storia e nella storia. La teologia è l’istanza critica che parte da questo evento e ne trae fuori
in modo molto articolato (perché evento dedicato a significare molte ere). L’evento di Cristo
promana una ricchezza enorme perché continua a dare ricchezza nella storia dell’umanità.
L’evento contiene tutto ma in semi e i semi crescono nella storia. (Ad esempio i primi
cristiani muoiono senza aver mai visto un libro del N.T.)

L’evento ha un valore che si scopre nella storia e la teologia deve mostrarne la bellezza.
L’evento riguarda Dio, Cristo, Maria, la gente, la cultura… riguarda tante cose, e la teologia
deve studiare l’evento per vederne la bellezza e poi metterlo in contatto con la storia di
ogni uomo di oggi.

Il primo soggetto dell’evento cristologico è Dio. (Per questo teologia scienza anomala).
L’EC, è un evento concreto ma allo stesso tempo universale perché dai suoi limiti vuole
dire la verità di Dio e dell’uomo di ogni storia. (Veramente lì? E quelli nati prima? E chi non
ha saputo?)

La teologia entra in contatto col fondamento della fede secondo angolature diverse.

Dov’è che la Rivelazione si compie?

La rivelazione è Dio che si dice donandosi e si compie pienamente nel “si” dell’uomo che
risponde nella fede. La Rivelazione è dono di Dio. Dio si coinvolge con l’uomo. La
rivelazione non è prima di tutto un dire ma un donare. La rivelazione è l’istanza che permette
la relazione e si compie pienamente nell’accoglienza del dono.

La rivelazione si compie nell’incarnazione, ma essa è compiuta solo nel “si” di una donna,
che proprio perché deve accogliere nella carne Dio essa deve essere libera dal peccato che è
chiusura e misura umana.

Serve una donna/uomo che accoglie perché Dio possa farsi uomo. È iconico vedere una
donna che tiene in braccio il suo Dio.

(Dall’inizio Dio si dona al popolo e mentre si dice, prepara la comprensione del suo dirsi.
Per essere accolto da Maria, serve che lei sia figlia di un popolo che attende il Messia, ed
era necessario che il popolo fosse preparato. Ciò perché il dono implica il donatore. L’A.T. è

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una preparazione per accogliere il Vangelo. Ecco perché nel Vangelo di Marco la prima
cosa che dice Gesù è “il tempo è compiuto”)

—> la teologia ha tanti volti. Visto che Maria ha un ruolo importante serve la Mariologia.
Esiste una teologia fondamentale, una dogmatica/sistematica (ecclesiologia, cristologia…),
una morale, una biblica, una pastorale, una spirituale. Ci sono poi attorno scienze ausiliarie,
che non sono legate all’EC, ma ne sono legate (liturgia, patrologia).

Nell’orizzonte, c’è la teologia fondamentale. Pietro (cit. da pdf) dice che si debba essere
sempre pronti a rispondere a chiunque chieda ragione della speranza che abita in noi.

La teologia fondamentale esamina la credibilità della fede per rendere ragione della speranza.

“Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto con retta coscienza” Non è battaglia e
quando si combatte si perde la battaglia. Rendere ragione è questione di trovare anche la
forma giusta per rendere ragione. Non è strategia pastorale questa ma la forma è l’unica
forma del dirsi della speranza. Senza quella forma è persa la speranza che è il contenuto. Vi
riconosceranno dall’amore gli uni per gli altri. Non c’è altra identità. La pastorale non è
passare un contenuto a prescindere dalla forma. La pastorale è far brillare un contenuto su
Dio a partire dal come vivo. Ecco perché si educa in un ambiente (il cane sciolto salesiano,
non crea vocazione perché il ragazzo si fa affascinare dal clima e non dall’affascinante).

La TF ha un compito ad intra ecclesia che fa vedere che ciò in cui crediamo ha delle ragioni
ed è fondato (indaga il logos dell’evento per rilevare i fondamenti che sostengono la fede
cristiana) e un compito extra ecclesia per per far capire che le ragioni di credibilità sono
destinate a tutti con apertura universale. La TF si confronta con altre scienze positive per
dialogare e per difendersi per fare in modo che nel confronto con gli altri brilli la credibilità
del cristianesimo. È una teologia della porta, tra dentro e fuori. Allora la TF si definisce in
base al suo contesto. CI sono manuali molto diversi e nomi diversi perché l’interlocutore è
talmente importante da definirne l’essenza.

(Es. sono zio perché mio fratello ha fatto un figlio. Il bambino ridefinisce la mia essenza.
L’identità si definisce in relazione. L’identità di TF si definisce così. Se parla con scienza è
diverso se dialoga con la filosofia o se dialoga con la cultura o con la psicologia… Don
Bosco non ha studiato TF ma apologetica, che era la stessa cosa ma diversa)

Lascia a noi il resto della lettura.

Cos’è TF, che ambiti ha.

In che senso TF ha due compiti e tre fuochi (prospettive) (rivelazione, come Dio si dice
donandosi, fede, credibilità —> in un manuale ci sono tutte e tre ma il modo di porsi fra i tre
cambia. La nostra è TF incentrata sulla fede)

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Ci sono alcune distinzioni terminologiche. Non chieste all’esame, ma sono utili.

Fides qua creditur / fides quae creditur

ablativo / NOMINATIVO

il credere e l’affidarsi personali / il contenuto di ciò che si crede

Per secoli si è distinto fra il contenuto e l’atto di fede.

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INQUADRAMENTO SULLA TEOLOGIA


Che cos’è la verità?

Ci sono modi diversi di dire e vedere.

Corrispondenza al reale. Fondamento del reale. Si rischia di pensare che per arrivare alla
realtà si debba scavalcare le cose.

Noi diciamo che la verità è Gesù. Significa dire che la verità entra in relazione con me e non
solo in modo intellettuale. Non esiste possibilità di conoscere la verità senza scegliere. La
verità si conosce nella scelta.

(la vocazione è risposta alla verità della propria vita che si conosce attraverso le esperienze
—> il modo di accedere alla verità è un modo pratico nel senso che coinvolge la libertà).

(I primi discepoli non hanno letto una biografia su Gesù e hanno scelto, ma hanno seguito. Le
coppie si conoscono per curriculum ho hanno fatto un cammino di conoscenza reciproca che
fa capire di poter fondare un progetto insieme.)

Conoscere l’altro chiede di coinvolgere la propria libertà in lui.

Se la verità di Dio fosse spiegabile a lezione come mai Dio per dire la sua verità usa un
evento e non una lezione? Come mai Gesù chiede di seguirlo. Gesù si dono come storia e
nella storia per mostrare la verità di sé e coinvolgerci in lui.

Rischiamo di dire ai giovani che Dio si fa a tavolino. Ma quando gli chiediamo come ha
incontrato Dio nella vita.

La fede è anche un sapere ma non è solo un sapere, coinvolge la libertà, ed è relazione. È un


sapere perché prima è relazione. È sapere vivo di un Dio vivo.

Se la rivelazione è l'apparire del messia e la risposta di Pietro e degli altri, allora il Vangelo
non parla di Gesù, ma della rivelazione. Allora la teologia è l’indagine sull’evento. Ma
l’evento può essere indagato in modi diversi.

La teologia fondamentale da le basi, le relazioni tra gli elementi dell’evento.

C’è poi t. Sistematica o dogmatica: sistematizza l’ambito dei dogmi (cristologia, trinitaria,
ecclesiologia, antropologia, mariologia, antropologia teologica, sacramentaria… si entra
nell’evento in modi diversi)

C’è poi la teologia morale (se la libertà che risponde a Dio è peccatrice, allora il modo di
rispondere a Dio è peccatore ed è distante da Dio e vede meno la verità. Più si pecca meno si
vede la verità. La cecità viene da dentro. La libertà se si struttura nella verità vede di più, ma
se si struttura come mancante, ferita, peccante allora non vede. La verità di Dio non è la

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trinitaria, ma il riverbero della vita di Dio in te, ovvero il fatto che la forma dell’amore di Lui
vive in te. La verità è la risposta nelle situazioni del vivere secondo l’amore del Padre)

Teologia pastorale: il messaggio passato ai moderni e i moderni che interrogano dio.

Teologia spirituale: cioè gli aspetti di Dio che vengono illuminati dall’agire dello Spirito
nelle persone. Non ha a che fare col dogma. La santità non è normata, non può essere
regolamentata perché è eccedenza.

Teologia biblica

Accanto a tali materie che non hanno a che fare direttamente con l’evento, ma aiutano nella
comprensione (patristica, diritto canonico, liturgia).

Il cammino dei tre anni dovrebbe entrare in teologia e navigare in una serie di argomenti. La
teologia dei tre anni serve a dare strumenti per leggere la comunione in cui già siamo.

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TERZA LEZIONE
Nei primi secoli la teologia fondamentale si chiamava “apologia”, ovvero difendersi dagli
attacchi che il cristianesimo riceveva. I primi passi di TF hanno la forma della difesa. Già dal
IV sec si chiama “apologetica” ovvero una sistematizzazione delle apologie, ovvero dei
trattati di difesa o per far vedere la credibilità. Si riflette sulla fede per far vedere che è
credibile… c’è maggior respiro.

L’apologetica rimarrà fino al CVII.

Già nell’800 in Germania nasce l’idea della Teologia Fondamentale e nasce per distanziarsi
dall’apologetica cattolica che era una difesa d’attacco (questo dicono gli eretici e noi diciamo
che… sono risposte a qualcuno. La dei verbum invece non risponde a nessuno ma
propone. Don Bosco studia questa forma polemica di apologetica. I tedeschi non sopportano
i cattolici, e desiderano vedere i fondamenti della fede. Il CV II accoglie tale logica, perde
l’apologetica e coglie maggiormente una teologia che coglie maggiormente la fondazione
della fede (introduzione al cristianesimo è il manuale di Ratzinger). Alla fine prevarrà il
nome teologia fondamentale intesa come lo studio dei fondamenti che rendono credibile la
fede.

Quando nasce il bisogno di far vedere la credibilità del cristianesimo?


L’istanza di dovere far vedere la credibilità del cristianesimo nasce con il N.T. ed ad esempio
Matteo si farà continuamente alle profezie dell’Antico Testamento. (Matteo deve mostrare
che ciò che si aspettava si è compiuto). La missione può compiersi solo se si accetta di
doversi difendere. Il nemico però non è l’altro che la pensa in modo diverso, ma l’errore.

(Per gli ebrei si usano le profezie di A.T., mentre per i pagani i miracoli. Occhio che la
teologia dei miracoli dice che i miracoli non sono spiegazione ma segno che parla.)

Terminata l’epoca neotestamentaria, si arriva ai padri apostolici (diretti discepoli degli


apostoli - ancora apologia) che nel 77 vivono la scomunica dei cristiani (iniziano a rivolgersi
prevalentemente ai pagani), e si trovano ad essere i reietti della società e perseguitati dai
romani. Per il messia in cui hanno creduto, perdono i beni, i parenti li scansano e se gli va
male muoiono. Sperimentano sulla pelle che la promessa di Gesù sta anche nelle
persecuzioni… Gesù quando torna? Il ritardo del ritorno creò confusione. I primi cristiani
dovettero trovare un modo per difendere il diritto alla vita e trovare un modo per dire
“guardate che ne vale la pena” “non stiamo sparendo”

A pag 247 a metà.

I cristiani da una parte vissero la difficoltà delle persecuzioni ma dovettero capire perché: non
volevano gli dei, avevano culti segreti, mangiavano il corpo del messia.

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Inoltre la ricerca spirituale a Roma era molto alta, in quanto il paganesimo non soddisfava. Il
cristianesimo cercherà di mostrare che l’anelito spirituale diffuso non si sarebbe soddisfatto
col culto di mitra ma con il cristianesimo.

Tutto questo troverà una svolta quando con la fine delle persecuzioni, e la chiesa era diffusa a
dismisura. Più venivano uccisi più crescevano (se il chicco non muore non porta frutto…
scritto in quel periodo)… L’apocalisse non dice il futuro ma da criteri per leggere il tempo
del presente.

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B - SEZIONE STORICO-
ERMENEUTICA

DA QUI UN PO’ STORIA DI COME È EVOLUTA LA TEOLOGIA

1- DALLE ORIGINI AL CONCILIO DI TRENTO

I primi cristiani si stupiscono perché li ammazzano eppure aumentano di numero.

Gli atti degli apostoli capiscono così di venire da Dio. Anche i pagani capiscono questa cosa.
I pagani restano shockati dal fatto che il cristianesimo si diffondeva anche tra persone di
un certo certo sociale, economico ed intellettuale. Tanti martiri dei tempi sono figli di
aristocratici.

(Le catacombe non erano un luogo in cui i cristiani si nascondevano. Non erano colline, lo
sono diventate con gli scavi, ed erano sulla via Appia, ovvero sotto lo sguardo. Erano sotto
terra perché sotto terra non si pagavano le tasse. I cristiani erano sotto la luce del sole ma ai
pagani non va a genio il culto segreto.)

I primissimi autori che incontreremo hanno come interlocutori ebrei e pagani.

GIUSTINO muore nel 140 ed è un filosofo pagano, che convertendosi al cristianesimo vuole
difenderlo politicamente. Scrive le “Apologie” in difesa ed all’interno descrive il culto
cristiano per impedire maldicenze sul culto. Inoltre Giustino è il padre dei Logoi
Spermaticoi, e cioè il fatto che tutto è Creato in Cristo e porta a lui. Logos richiama la
razionalità, ma vuol dire che ogni forma di razionalità veritativa nei tempi aveva un
fondamento nell’intelligenza divina e che avrebbe portato nel compimento lì. Giustino dice
così di essere una dottrina antica e quindi autorevole. Giustino lavorerà molto sul rapporto tra
cristianesimo e la sua ragionevolezza in quanto i pagani confutavano la semplicità. Giustino
dice che anche tra i pagani c’era una forma di moralità che veniva da Cristo.

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“A DIOGNETO” è una lettera di cui non conosciamo l’autore. L’autore della lettera a
Diogneto se la prende con gli ebrei pagani in modo forte, e poi inquadra la verità del
cristianesimo alla luce della vita. Qui si dice che per capire il cristianesimo lo si deve vivere.
Il cristianesimo allora non è una filosofia ma un modo di vivere in cui compare la verità.
Questa è un’idea che influenza i padri e che i medioevali perderanno facendo del
cristianesimo una filosofia. Nella lettera il cristianesimo viene detto come un dono di Dio.

Abbiamo visto i due che hanno fatto più apologia. Già nel III secolo inizia a serpeggiare nella
chiesa un’insieme di movimenti minoritari (GNOSTICISMO) che nascono da un istanza: il
cristianesimo è letto come una dottrina per sempliciotti, ma si convertono anche delle persone
maggiormente spiritualiste (non spirituali, ma tipo esoterismo new age —> verità rivelate
facendo passi) e nasce lo gnosticismo che crede che il logos incarnato abbia rivelato una
conoscenza sul reale che può essere rivelata piano piano agli adepti solo se fanno alcuni
passi. Le sette gnostiche nascono divise, ed ogni cerchio gnostico tende ad avere la sua
dottrina. Il cristianesimo ha dovuto interloquire allora con diverse forme di gnosticismo (che
hanno tratti comuni ma forme diverse)

Lo gnosticismo è un po’ sincretista (prende un po’ da ogni cosa), mescola molto. L’idea di
fondo era che Gesù avesse detto alcune cose a tutti, ma che avesse rivelato il cammino vero
solo a pochi discepoli, e che tale disciplina nascosta era stata trasmessa solo ai discepoli di
quella setta che lo custodiva. Era un periodo in cui c’erano tanti vangeli apocrifi e c’era poca
chiarezza.

Lo gnosticismo ha tre aspetti:

- teologico: c’è un dio del bene e uno del male che lottano in tutte le cose (manicheismo)

- cosmologico: lo spirito è l’elemento positivo, e la materia è figlia del dio negativo


(platonismo)

- antropologico: Dio avrebbe detto la verità a pochi perché dalla divinità si è staccato un po’
di pleruma divino e sarebbe caduto su alcuni uomini spirituali che devono tornare a Dio, poi
ci sono gli psicologici che sono bravi e hanno virtù ma non sono spirituali, e poi gli illici che
sono cattivi e non servono. (Per il tempo era scandalo che Dio avesse a che fare con il corpo,
perché il platonismo demonizzava). Per loro era impossibile che Gesù fosse morto per tutti.

In questo panorama la chiesa vedeva un pericolo. Il pericolo dei “pochi-e-duri” si sente


(Marcione e Tertulliano), perché la chiesa si chiede ancora se è fatta di santi o accoglie i
peccatori (alcuni dicono che se pecchi sei fuori. - Es. Vytas è morto per non consegnare i
libri sacri ed ha abiurato, mentre Matteo ha consegnato e bruciato all’imperatore. Poi Matteo
torna e chiede perdono… ci si chiede se la chiesa è per tutti allora… e non è così banale)

In risposta allo gnosticismo ed a altre eresie, nascono pensatori cristiani, tra cui il primo
teologo: Ireneo di Lione.

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IRENEO DI LIONE (130-210 ca) era vescovo di Lione ( i teologi erano pastori e spesso
scrivevano per i problemi pastorali). Le eresie furono il terzo interlocutore dei cristiani dei
primi secoli. Ireneo è importante perché si chiede come trovare un criterio di verità. Gli
gnostici e i cristiani si danno degli eretici a vicenda, ma non sa come avere un criterio. Il
criterio della verità secondo Ireneo consiste nello screditare le costruzioni gnostiche
mostrando il tradimento di quanto era stato ricevuto. Ireneo capisce che bisogna far vedere
che Gesù non ha consegnato nulla di privato ad ogni setta gnostica, e a maggior ragione
perché ognuno dice la sua.

Si attesta la verità da:

- scritture

- tradizione

Ma anche gli gnostici avevano le loro scritture. Allora Ireneo capisce che è importante
mostrare la catena di consegne delle scritture dagli apostoli ad oggi. Ireneo crea una
teologia della tradizione —> vai a vedere cosa si dice nelle sedi che hanno avuto un’apostolo
—> inoltre Roma diventa importante perché lì si attesta la predicazione dei principi
degli apostoli, ovvero di Pietro e Paolo.

Ireneo è il primo autore di catene di vescovi. Fa la catena dei vescovi di Roma per attestare
che la dottrina è arrivata dal primo vescovo e poi a loro.

Un’altro criterio fu la concordia fra le chiese maggiori, porta a creare un nuovo Criterio:
l’universitas. Non solo che è un credo antico ma che è condiviso. Gli gnostici sfumano
perché non hanno predicazione comune.

DOPO IRENEO nascono ad Oriente le grandi scuole di pensiero e teologiche, mentre in


occidente si trovano pensieri più pratici.

La teologia è sempre frutto di un ambiente culturale. Alessandria ed Antiochia erano la culla


del pensiero platonico e quindi speculative, mentre Roma era un popolo di giuristi e quindi
pratica. Le grandi menti teologiche all’inizio erano in oriente.

A invertire la rotta c’è AGOSTINO DI IPPONA. Sant’Agostino (muore nel 430). Il figlio
che ha l’ha fuori dal matrimonio e manda la donna in monastero quando si converte. Si
converte a Milano culla di un cristianesimo radicato. Ambrogio fa il suo lavoro. L’itinerario
di Agostino è interessante per capire la produzione intellettuale dell’uomo. Agostino dopo i
casini iniziali vorrebbe una vita tranquilla, ma diventa vescovo. Ha fatto studi giuridici ed era
retore imperiale. Conosce il governo. Agostino scrive per rispondere a problemi pastorali.
Da Agostino nascono cose belle ed eresie, perché quando lotto contro qualcuno si spinge
talmente tanto da rischiare che altri rileggendolo lo interpretino male. Agostino usa per
la prima volta la parola “intellectus fidei”, ovvero il fatto che la fede abbia una sua
intelligenza. Non c’è l’idea che da una parte ci sia l’intelligenza e dall’altra la fede.

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Agostino sa che esiste una ragione a sè, ma non sente una separazione tra fede e ragione,
perché per lui la fede intesa come risposta integrale di vita ha una sua ragione. Diremmo
oggi che la fede ragiona. È la comprensione intellettuale e contemplativa della verità di Dio.
Una ragione all’interno della fede. Agostino non è solo un intellettuale ma anche un
contemplativo. Per lui la fede è ricerca di Dio è intellettuale ma soprattutto contemplativa
in quanto è Dio che si fa incontro. “Ti cercavo fuori ma eri in me”. Dio è più grande, più
intimo a me di me. Non si può entrare nel mistero se non con un certo modo di vivere e
porsi verso Dio.

Nel 400 nell’impero ci sono le invasioni. Ai tempi di Agostino i pagani sono legali anche se
l’impero è quasi tutto cristiano. I pagani cercano di leggere la storia dicendo che le invasioni
sono una piaga data dagli dei perché sono stati abbandonati, e che Roma era rigoglioso negli
dei. Agostino scrive il “De civitate Dei” per rispondere e dire come leggere la storia e Dio.
Agostino dice di non confondere la storia della città di Dio (che non è toccata dalle invasioni)
con la storia della città terrestre. Da qui il pensiero della storia.

MEDIOEVO

Con Agostino abbiamo l’ultimo grande teologo dell’antichità. Isidoro di Siviglia è l’ultimo a
cavallo e fa una sintesi dei pensieri dell’epoca.

Si apre il medioevo in un periodo un po’ disordinato a causa dei problemi. Nell’


VIII/IX/X secolo il pensiero viene custodito e dato nei monasteri. Solo lì si custodisce un
po’ di struttura sociale. L’abbazia di Cassino governava anche terreni in Francia, aprendo
priorati. I priorati davano tasse alle abbazie. Avevano potere economico e quindi potevano
studiare. Avevano anche una struttura burocratica, politica e sociale. Gli imperatori si
appoggiano ai monasteri che cominciano ad avere potere. Le biblioteche più grandi sono lì, i
manoscritti sono copiati lì, e la produzione culturale è fondamentalmente monastica. Il
monaco prega, contempla e legge la bibbia. Le scritture del tempo sono commentari, e scritti
biblici, non di stampo speculativo. Sono scritti da monastero. Non ci sono grandi
ragionamenti. È un mondo che non ha a che fare con problematiche pastorali. La fede ce
l’hanno tutti, e i monaci non fanno pastorale, ma sono contemplativi.

Per la grande teologia deve finire il periodo mosaico e l’inizio del periodo dei comuni (1000
ca). C’è stabilità economica e politica. I vescovi diventano potenti e governano le città,
mentre i monasteri governavano le zone rurali. I vescovi per non dare potere ai monasteri
creano le proprie zone di studio vicino alle cattedrali e nascono le università.

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SANT’ANSELMO (1033-1109) vescovo e abate vive in un periodo di fermento, e vive il
momento del fermento cittadino e della rinascita dell’organizzazione ecclesiale delle città. Un
conto è governare paesini un conto è governare città in nascita. Anselmo ha vita attiva e
inizia ad allargare i temi della teologia. Dalla lectio cursiva/meditatia si passa a delle opere
di ragione.

Anselmo è un abate filosofico. La filosofia classica diventa una provocazione. Nei monasteri
iniziano ad apparire opere di maggior ragionamento. Anselmo scrive della teologia con
metodo maggior ragione. Scrive le “Rationes necessarie” (non intellectus) per tentare di
trovare delle ragioni necessarie che dimostrino in maniera chiara che il cristianesimo è
vero. Le città sono vive, e i commerci riprendono anche col mondo islamico e si sente la sfida
di far vedere che si ha ragione. Anselmo fa un’opera santa con l’idea: REMOTO
CHRISTO.

Remoto Christo è un ablativo assoluto che vuol dire “facendo finta che Cristo non ci sia
stato” proviamo a percorrere un percorso intellettuale che ci faccia arrivare alla verità di
Cristo. Si sentiva di rischiare di essere ignoranti rispetto agli antichi filosofi. Si voleva partire
da dati di ragione per arrivare a Dio. Sarà Anselmo dirà “ens quo maius nihil” aprendo la via
ad una modalità di riflessione che per lui che abitava in monastero era una bella esercitazione,
ma che quando tale modalità entrerà nella modernità creerà problemi perché rimosso Cristo
non si dimostra niente. Anselmo lo fa in un contesto culturale cristiano in cui il sistema
funzione. Quando tale modo di pensare entra nella modernità (etsi deu non daretur —>
come se dio non ci fosse) si comincia a dividere la ragione dalla fede. Si stacca già qui
l’intellectus dalla Fides. Anselmo è un santo ma su questo ci ha creato problemi a non finire.

(Duns Scoto e Hockam hanno il loto peso)

TOMMASO D’AQUINO (1225 - 1274) è avanti rispetto ad Anselmo. Tommaso insegna


solo nelle università. È dominicano, e i domenicani erano stati fondati nel 1216 e per cui la
congregazione aveva pochi soldi. La famiglia di Tommaso per questo non voleva che lui
facesse parte dei domenicani che erano mendicanti (senza terre) e volevano che fossero
benedettini. I domenicani per predicare si danno subito una forma universitaria forte per poter
studiare teologia. In breve diventa insegnante a Parigi, Napoli e gira in Europa. Fonda la
struttura teologica che andrà avanti nei secoli. San Tommaso eredita il manuale delle
Sentenze da Pietro Lombardo che era un’opera scritta in università. Lo stile dell’università
era riflessivo intellettuale ed universitario. Anselmo scriveva per i monaci e scriveva
discorsivamente. Tommaso invece scrive per gli allievi e vuole fargli accendere il cervello. Il
contesto di lettura è diverso. La “summa” è dialogica (tesi, sed contra, respondeo) perché
nasce in un contesto accademico in cui si riprende l’ambito delle discussioni. Tommasi scrive
con uno sguardo teologico-riflessivo universale (una summa universale, letteralmente un
riassunto di tutta la verità) —> siamo ancora nell’illusione di mettere tutti i salire verso
l’unità.

Saper 3 cose:

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martedì 22 settembre 2020
- Tommaso non parla in greco ma capisce ha bisogno di farsi tradurre i testi di Aristotele
non dalla traduzione islamico ma dall’amico Testagrossa. Aristotele trova la verità nelle cose
rispetto a Platone che vedeva la verità oltre le cose. Il rischio è che la modernità cercherà
la verità nelle cose. Bisognerà aspettare la fenomenologia per dire che le cose hanno valore
ma che hanno un senso oltre l’aspetto materiale.

- Tommaso sistematizza l’idea che esistano dei praeambula fidei (anticamera della fede. La
ragione dimostra in modo chiaro alcune verità che sono di fede ma di cui non è necessario
aspettare la rivelazione. Ad es. immortalità dell’anima, esistenza di Dio). Tommaso però
chiama le prove a Dio “vie”, perché è convinto che per arrivare lì un cammino sia comunque
necessario.

- Tommaso fa un po’ più sua la distinzione tra ratio e Fides. Tommaso è universitario e
analizza la fede sotto il profilo razionale, perché scrive per teologi e non per il popolo. I suoi
successori meno santi di lui studiano la fede con la ratio e la vedono come essenza e come
modalità alternativa alla ratio. Tommaso non avrebbe accettato ma gli eredi dividono tra
modo di conoscere la realtà di fede e quello di ragione. Questo diventerà un problema poi. La
fede viene esaminata come un sapere da Tommaso (la conoscenza data da Dio), ma gli
eredi prenderanno tale idea dicendo che la fede è un sapere altro rispetto alla ragione.

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QUINTA LEZIONE
BONAVENTURA DA BAGNOREGIO. Figlio dei francescani. Domenicani e francescani
nascono come due espressioni di un’unica intuizione. In realtà ci sono due impostazioni
diverse. Più o meno contemporaneo.

Per Bonaventura:

- la teologia va intesa come sapienza;

- si dimostra l’esistenza di dio a partire dall’itinerario dell’esperienza umana (più


spirituale)

- fonda la fede nella storia. La salvezza si dava nella storia (per Tommaso, la verità è
astorica e si dice nella storia).

- il centro della fede è l’esistenza storica di Cristo.

Bonaventura eredita Agostino, e risponde all’impostazione tommasiana, dicendo che la


teologia è principalmente sapienziale (contemplazione e ricezione della sapienza di Dio).
L’itinerario spirituale dell’uomo che lo porta a Dio è l’unica prova dell’esperienza di Dio.

Bonaventura ha una personalità un po’ ruvida, e si è contrapposto a Tommaso. Francescani e


Dominicani vanno in rotta per diverse teologia. La spiritualità francescana è tanto incentrata
su Cristo, ma si dimentica che anche Tommaso diceva questa cosa con stile diverso.

Queste tre intuizioni in TF furono veramente importante, perché da qui alcuni moderni
provarono a rileggere verità e storia e in seguito la svolta antropologica.

Però Bonaventura, usando un lessico spirituale, apre al cammino della scolastica dura. I
moderni sono divisi tra dogmatici e spirituali. Il teologo non aveva a che fare con la fede
nella modernità.

A fine medioevo abbiano DUNS SCOTO e GUGLIELMO DI HOCKAM. Quando


Tommaso scrive la summa teologiae lo fa per gli iniziati alla teologia. Gli allievi non sono
tutti geniali come Tommaso e per questo lo semplificano e schematizzano rischiando di
imbrigliare Dio in una struttura di definizioni. Per questo la tarda scolastica rifiuta l’idea
che Dio sia dicibile con l’intelligenza. Forse invece è Dio che insegna all’intelligenza. Scoto
e Hockam sono invece volontaristi. Nel medioevo nascono le antropologie secondo
intelletto, volontà e appetiti. Platone diceva che l’uomo è anzitutto intelletto. Se si esamina
con questa logica Dio, si rischia di tradurre Dio secondo l’intelletto personale di ciascuno. Il
volontarismo dice che la volontà di Dio è più grande del nostro intelletto e potrebbe essere
diversa da come pensiamo.

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Per i medioevali Dio è legato al PNC, ma Scoto dice che Dio può fare come vuole. È rischio
e risposta di geni che provano a definire Dio e salvarlo dalla definizione.

Scoto vuole dire che Dio non è definibile nella sua essenza.

Scoto, dice che la teologia è più sapienza che scienza e poi dice che se di scienza teologica si
deve parlare va conosciuto Dio come oggetto d’amore (sta lottando con la scolastica). Separa
filosofia e teologia.

Hockam dice che l’onnipotenza e libertà di Dio sono assolute e sciolte da qualsiasi presa
intellettuale umana. Dio è absconditus e non può essere definito. Per lui non c’e correlazione
fra scienza e rivelazione.

Perché Scoto e Hockam sono la rottura dell’armonia di fede e intelletto?

Perché dicono che la fede sia superiore all’intelletto, per contrapporsi ai sistemi che facevano
rientrare qualsiasi cosa in essi e definendo Dio in modo troppo stringendo. Difendono la fede
e dio dall’intelletto. Staccano i criteri della filosofia da quelli della teologia. Questo arriva
ai moderni. Vogliono preservare il mistero di Dio.

MODERNITÀ

Nella MODERNITÀ si avvia il processo di umanesimo mettendo al centro l’uomo. Non


piaceva più un dio ed un mondo che sovrastano l’uomo. Si rimette al centro l’uomo. (Poi ci
sarà il rinascimento che già dal nome dice di superare i barbari medioevali per far rinascere la
cultura).

- La centralità dell’umano dice che il mondo e Dio vanno ricollocati.

- si sente sempre di più lo scandalo di una chiesa potente ma povera spiritualmente. Nel
1100-200 ci sono stati molti movimenti spirituali e di rinnovamento, ma sono resi eretici.
Lutero ha successo non perché è il primo ma perché trova appoggio politico.

- l’umano cerca una sua autonomia

- progressivamente la religione esce dalla fede cattolica. Si cerca sempre di più una
religione naturale, comprensibile razionalmente e senza dogmi irrazionali.

- la ripresa dei commerci mette in contatto con altre religioni (ebrei e mussulmani).

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La riforma è un problema non tanto perché spacca la chiesa ma perché crea confessioni
diverse e spacca comunità. Cuius regio uius religio. Si vedono cristiani che si ammazzano fra
loro. A livello di fede di perde l’elemento unificante del sociale.

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SESTA LEZIONE
Alcuni schemi mentali in cui siamo nati e cresciuti sono come l’aria che abbiamo respirato,
ed hanno origine antica, sia nel bene che nel male.

Stiamo cercando di capire come il pensiero critico della fede ha avuto sviluppo. La tarda
scolastica sente il rischio di legare Dio da una spiegazione troppo filosofica. Si punta ad un
Dio absconditus di pura volontà.

Ogni pensiero di un’uomo è sempre figlio del suo tempo. Riflettere sulla fede quando la fede
è univoca nel mondo è diverso dal farlo quando i cristiani si ammazzano fra loro. (La spinta
illuminista cerca una forma di unità diversa dalla fede, perché la fede non rende uniti ma
porta la guerra).

Tra Scoto e Cartesio ci sarebbero tante cose da dire. Ma noi andiamo a Cartesio.

B2 - IL PARADIGMA DELLA
MODERNITÀ: IL FOSSATO DI
LESSING

CARTESIO.
Primo filosofo moderno. Sperimenta su di sè la bruttezza della guerra dei trent’anni.

L’umanesimo aveva posto al centro l’uomo. Per Tommaso la verità è nella cosa, e la
mente la scopre adeguandosi a cosa sia la “res”.

Per Cartesio ognuno ha preteso di dire qualcosa sulla res in precedenza. Se la verità è
nella res, ognuno poi si costruisce un metodo per accostare la verità e quindi verità e
approcci diversi. Ecco da dove viene il discorso di metodo di Cartesio. Cartesio è figlio della
novità filologica e scientifica, e vuole cercare un metodo per arrivare in modo sicuro alla
verità. Serve capire come arrivare alla verità.

In Cartesio il problema della verità è la certezza (che sta nell’uomo), mentre per Tommaso
era l’evidenza (sta nella realtà). Cartesio cerca la certezza e non l’evidenza perché
l’umanesimo ha messo al centro l’uomo.

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Per trovare la certezza si dubita di tutto fino a quando non si trova qualcosa di indubitabile
e dunque assolutamente certo. Scegliere il “dubbio metodico” ha segnato la modernità, in
quanto i moderni dicono “se vuoi arrivare alla verità ci devi arrivare con un dubbio”.

Il soggetto in genere può conoscere Dio, il mondo e l’io. Si può dubitare delle singole
certezze scientifiche (non sul mondo, ma sulle singole verità) delle verità su Dio (non di Dio
Cartesio, ma solo delle conoscenze), delle conoscenze sull’io. Si può dubitare di tutto, meno
che del pensare, che però ha la forma del dubbio. Il cogito è sicuro ma in una forma
insicura. Tutti dopo Cartesio cercheranno la verità al di là del dubbio (ma non è possibile).

Cogito ergo sum.

L’essere viene dopo il pensare. Ma l’uomo allora viene visto principalmente come pensiero
mentre in realtà è prima essere.

Per Cartesio l’uomo è sia una res (l’uomo non è res per noi) cogitans che una res extensa (un
estensione di sè). Le due si uniscono nell’organo della ghiandola pineale. Il soggetto allora è
pensiero. C’è astrazione Platonica. La verità diventa pensiero.

Il soggetto è la certezza assoluta. Il soggetto conosce la realtà attraverso i sensi, ma i sensi


possono ingannare (potrebbe esistere un genio maligno che inganna l’uomo nel suo
collegamento alla realtà). Cartesio però dice che non è vero che nulla è conoscibile, perché
se l’uomo esiste, ma non esiste da sè, allora esiste chi lo ha causato. Se Dio esiste è perché
esiste l’uomo, allora la conoscenza è possibile perché è evidente che dio sia buono e che
quindi non permetta l’inganno dei sensi.

Cartesio è legato a Dio, ma parte dal uomo.

I moderni lentamente perdono Dio e cercano il fondamento di conoscenza nell’uomo. I


moderni scoprono di poter scoprire leggi naturali e poterne scoprire le leggi e controllarle
con gli esperimenti. Inoltre Scoprendo che la materia si può governare si concentrano su
questo.

I moderni così cominciano a dire che tutti sono res cogitans e che ciò che rende uguali è la
ragione, mentre la materia rende diversi. Se la fede ha prodotto le guerre, vista la
capacità della ragione di modellare la realtà, il nuovo cemento della società sarà far vedere
come funziona la ragione dell’uomo e quali siano le certezze assolute che portano l’unità.
La ratio, non l’intellectus può unire perché conosce ad un livello tale la realtà da poterla
manipolare. Tra medioevo e moderni si passa da un uomo dominato dalla natura ad un uomo
che la domina.

L’ipotesi di Dio comincia a venire meno in questo clima.

Nel medioevo è vero ciò che è evidente, nella modernità è vero ciò che è certo. Per arrivare
alla verità si usa la ragione e quindi è l’uomo che è giudice.

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La verità che interessa è quella che vale per tutti (non necessariamente unitaria, ma anche
plurima), quella universale (cioè che può essere dimostrata a tutti —> la fede non può
essere dimostrata e quindi diventa opinione. Ciò che può essere dimostrato è un impianto
consequenziale. La modernità si interessa di gnoseologia perché vuole capire come noi
conosciamo la realtà e quindi giungere alla verità che potrà permettere la convivenza. È la
grande illusione moderna: arrivare alla verità solo se si conosce come si conosce.) e quella
autonoma, che trova in sè stessa la verità (anche Dio segue la res cogitans. Se la verità non
corrisponde ai criteri della ragione diventa superstizione, e la ragione definisce ciò che è vero
e ciò che non è vero. Dio è vero solo nei limiti della ragione.)

La ragione mira alla certezza. (I moderni cercano le verità, che sono molte, e
nell’enciclopedia sono elencate alfabeticamente e non c’è sguardo d’insieme) Perché una
cosa sia certa è necessario che le verità siano universali e necessarie (è necessario che sia così
per evidenza. Una cosa necessaria non è libera). La speranza moderna è che se la ragione
dimostra le verità in maniera universale e necessaria allora esse devono essere accettate, e
non c’è libertà. Quindi la libertà non ha niente a che fare con la verità. La liberà c’è solo
nelle opinioni, nella verità non deve scegliere.

Le verità nella modernità sono giudicate dalla ragione universale e necessaria. Le verità sono
scisse dalla materialità e sono tutte intelletuali, noetiche. Le verità sono tutte verità di
pensiero. Se si dice che la verità è giudicata dalla ragione allora la verità appartiene solo
alla res cogitans, e quindi solo alla ragione (mentre per noi la verità è un dato della vita). La
verità ha a che fare solo con il sapere. È vero ciò che so per certo. Se la ragione è la facoltà
del sapere, la volontà diventa la facoltà della libertà. Se c’è verità universale ne sono
obbligato. C’è però un ambito del sapere, che non è verità, ma è opinione che ha a che fare
con la libertà.

La verità necessaria obbliga la libertà. L’opinione invece permette di scegliere se dire si


o no, perché non è necessaria.

L’opinione è un sapere di serie B rispetto alla verità che è di serie A. Dunque la fede e le
religioni sono di serie B rispetto alla verità, ma quindi anche nella libertà. La fede non è
certa, e la ragione non può dimostrare gli assunti di fede.

Con il crollo di Hegel si perde la fiducia nella ragione come capace di raggiungere una verità
noetica. Dopo si inizia ad avere una ragione debole, quando la ragione si disillude sulla
possibilità di una verità necessaria ed universale.

Oggi l’idea di una verità universale e necessaria è stata ereditata nel sentire comune dalla
scienza.

La parola centrale è “sapere”. La fede è sapere B. Sempre di più la fede verrà compresa
come un sapere, in battaglia con la ragione moderna. La fede volendo dire qualcosa sulla
verità dovrà combattere sul campo della ragione poetica, cioè quella universale e
autonoma. I luterani cercano l’affidamento a Dio e di risposta i cattolici si concentreranno

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sui contenuti di fede. Lutero si vuole affidare a Dio, ma i cristiani dicono che perde le verità.
La fede cattolica vorrà dire qualcosa sulla verità in lotta con la ragione. (Ma per noi la fede
non è una forma di sapere, è anche sapere, ma è una disposizione di libertà e vita. Noi
diremmo che la verità non si conosce con la ragione, ma con il vivere che esperisce. La verità
non è solo sapere.) I teologi moderni, devono dire che la fede, se è vera, deve esserlo
secondo i criteri della ragione. Ma perdono pezzi.

(Gli scolastici e post dividono tra intelletto e fede

Cartesio dice la verità certa, della ragione, fuori da estensa. Sentimento non è vero.)

Se da una parte nella modernità ci sono le verità dall’altra le opinioni, la storia non è ne
l’una ne l’altra. In quanto i dati si vedono, ma la storia implica un’interpretazione. La
storia diventa parte delle verità particolari. Particolare si oppone a universali. La storia ha a
che fare con delle verità, ma che non sono universali e necessarie.

Per noi la fede cristiana ha a che fare con la storia, perché Dio si è fatto storia. Ma nella
modernità non si poteva legare la fede alla storia in quanto non certa. Per dimostrare la
fede era necessario partire dalle verità universali e necessarie. La storia non era accreditata,
perché era difficile dimostrare necessariamente qualsiasi fatto storico del passato (“sono solo
interpretazioni”).

Nella modernità per accreditare la fede alla ragione si utilizza un linguaggio di fede. Si usa la
ragione per accreditare la fede, ma si perde buona parte della verità di fede che non è
ragione.

LESSING 1729-81
Approccia al tema della religione secondo un impianto illuministico. Scrive “la religione
dell’umanità” e dice che “se nessuna verità storica può essere dimostrata allora nessuna
casuale verità storica può diventare la prova di necessarie verità razionali”.

Questo è il fossato di Lessing. La fede cristiana è sulla croce che è storica. Ma non si può
dimostrare nulla di vero nella storia. C’è un fossato, e manca il ponte. Non si può
dimostrare la fede.

I ragazzi dicono: dimostrami che Dio esiste! Perché non lo sento?

Ciò che era sentire intellettuale oggi è diventato sentire comune. Evangelizzare la cultura è
importante per la il paradigma dei prossimi due secoli.

Il paradigma del ragazzo è frutto di una ragione delusa.

Crollata la ragione oggi dominano libertà ed emozione. Dilaga ciò che era stato schiacciato.

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Il ragazzo di oggi dice che una cosa è vera se la sente. E questo non può essere vero per tutti,
ma ognuno sente ciò che vuole. L’amore si sente come si vuole.

L’evidenza che la vita si dia nella differenza dei sessi oggi è negata per il sentire.

La fede se vuole essere più che un opinione deve dimostrarsi con criteri di ragione
universale ed autonoma. Lessing allora prova a definire la religione in base alla ragione.
Dimostra l’esistenza di un Dio deista. Ma la trinità si perde. E si perde mezza umanità. Nasce
l’idea di una religione naturale che corrisponde alla ragione e non deve avere a che fare con
la storia.

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SETTIMA LEZIONE
Stiamo studiando il paradigma moderno perché questo ha plasmato l’orizzonte comune di due
secoli dopo.

È chiaro che la fede non è vista come un’opinione nel 1600 dal mio antenato che pascolava i
porci.

I moderni per far piacere la fede la mediano con la ragione, ma la fede così diventa solo
sapere.

Se la fede è la risposta al rivelarsi di Dio nella storia, centrale è l’Evento dell’incarnazione.


La risposta di fede deve darsi con i criteri dell’incarnazione. La fede prendere i suoi criteri
dall’Evento della rivelazione. (Gesù è meglio dei teologi).

Nella modernità invece i criteri di risposta di fede sono presi dalla ragione che è universale e
necessaria. La fede trova i suoi criteri nella ragione e non nell’evento. Il rischio fu il
distaccarsi della teologia dogmatica dalla Sacra Scrittura ed assumere linguaggi filosofici.

Pastoralmente se i tuoi criteri non vengono dalla teologia, se non vengono dalla mediazione
dell’evento nell’oggi, allora cerca i suoi criteri da altre parti.

La modernità da una parte conoscerà la teologia dogmatica astrattissima e dall’altra una


spiritualità che tiene vicino Gesù ed alimenta il popolo di Dio rispetto alla sterile dogmatica.

In questo modo di vedere le cose, la situazione arriva a formulare quello che viene chiamato
DUPLEX ORDO ed ha due facce. (Duplex ordo, non viene formulato bene, ma è un
paradigma moderno). Noi abbiamo visto gnoseologicamente, ora antropologicamente.

Si cerca l’essenza dell’uomo. L’uomo è la sua natura (ragione, corpo…). Ma poi i doni
spirituali, fede, speranza, carità, capacità di pregare, non sono ritenuti “natura” si
sviluppa così l’idea che esista una natura comune a tutti e poi una soprannatura, ovvero
ciò che Dio fa nell’uomo per elevarlo a rispondere a lui. Ciò significa che alla natura
corrisponde il sapere della ragione e alla soprannatura corrisponde il sapere della fede (per
i moderni: la conoscenza sull’agire di Dio).

Si arriva a pensare due fini dell’uomo: la felicità a livello naturale e il paradiso per il
soprannaturale, di cui la prima un po’ meno piena. (Per noi anche l’ateo nasce per il
paradiso).

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—> ecco perché oggi è iscritto nel DNA che la fede sia un’aggiunta, e che natura e
ragione siano già completi. La fede è un’aggiunta ma l’essenza naturale dell’uomo è già
piena. Noi abbiamo ragionato così per tre secoli.

Se la fede è un’aggiunta, ed un sapere di serie B non serve.

La teologia nell’800 sarà un sapere emarginato, perché inteso come un sapere opinabile non
necessario alla realizzazione dell’uomo.

In tutto questo dopo Lessing fare della religione che si basa sulla storia diventa impossibile
perché non universale e si passa ad elementi di religione naturale, quella che è definibile
secondo ragione universale. Secondo Lessing le religioni storiche hanno preparato l’avvento
della religione di ragione.

—> la teologia per rispondere si inguaia.

La teologia vuole dimostrare che le sue conoscenza sono universali e necessarie. Il teologo
apologeta del 1600-800 dice che la ragione conosce alcune verità evidenti sulla religione.
Passi:

1-Si trovano allora i “praeambula fidei” —> la dimostrazione filosofica che dio esiste, che
l’anima sia immortale e che Dio sia uno. Cioè tutti i concetti deisti.

Si dice che tali verità siano l’anticamera della fede. La possibilità di una rivelazione divina è
Dimostrabile. (Non che abbia detto, ma che possa). Tutto ciò è di ragione.

2-Nella storia è accaduto un evento, con protagonista Gesù e questa è una conoscenza
universale e necessaria. Senza interpretazione.

3-Nell’evento ci sono contenuti, ma secondo Lessing sono interpretazioni. La teologia prova


a fare verità con ragione. I teologi vedono che ci sono miracoli e profezie che sono eventi
particolari. (Matteo fa vedere il compimento delle profezie, e l’agire soprannaturale di Dio)
Miracoli e profezie sono superiori alla natura e quindi la ragione non li comprende, e
quindi dipendono da qualcuno di superiore alla natura. Questo qualcuno è Dio che è
autore di miracoli e profezie, e per questo la ragione non potendo dire può dire però che lì c’è
l’esistenza di un essere potentissimo che era già stato scoperto in ambito di praeambula
fidei. (Già prima si era detto che esiste Dio, e se c’è un essere che supera allora è così).

Ma miracoli e profezie avvengono da un personaggio che ha anche un insegnamento. La


ragione non sa scomporre quell’insegnamento, ma è vero che lo stesso che fa i miracoli è lo
stesso che fa insegnamento. La conclusione è che i miracoli di Dio, fatti per opera di Gesù
attestano la bontà dell’insegnamento.

Quindi è la fede che riconosce l’insegnamento ma secondo il criterio della


ragione in quanto l’insegnamento è attestato dall’autorità di Dio nei miracoli

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attestata secondo ragione. (La ragione che riconosce la potenza di Dio nel miracoli,
riconosce poi la verità dell’insegnamento in quanto accertato dalla fede.)

Funziona l’idea che a fare cose soprannaturali sia Dio e che questo sia
praeambula fidei, ma Lessing dice che i miracoli lui non li ha visti e che sarebbe
fidarsi di cose non viste.
Per il ragionamento del buon teologo la fede nasce dalla ragione, ma Lessing distrugge tutto.
L’apologetica non si muoverà molto da lì.

Il concilio vaticano I dirà che i miracoli sono signa certissima. (Per far star in piedi il
ragionamento).

(Il principio di autorità (l’evidenza di una cosa fatta da una persona non comune) fra i
moderni ha un valore di ragione. Se avessero visto il miracolo, allora esso sarebbe stato un
segno particolare, ma agito da un’autorità superiore, e quindi Dio perché dimostrato dai
praeambula fidei, allora sarebbe una verità universale e necessaria per il principio di
autorità.)

—> la grande fregatura dei moderni è il fatto che sembra che la vita di Gesù sia solo un
postino che ha consegnato delle verità. Gesù e gli insegnamenti sono estrinseci. Gesù non
è la rivelazione, ma colui che ci passa la rivelazione. La rivelazione sono i contenuti. La
croce non c’entra a con la rivelazione, ma diventa solo il più grande dei miracoli, che
attesta solamente la validità dei messaggi passati e non è rivelazione essa stessa.

Come mai si è scambiata la rivelazione con dei contenuti di verità


intellettuali sapute?

Perché i criteri per leggere l’evento della Rivelazione non sono stati tratti da lì ma nella
ragione universale e necessaria e per piacere alla ragione si è persa la rivelazione. Il clima
culturale diceva che è vero ciò che è universale e autonomo, e la fede per dimostrarsi ha
provato a darsi in modo totalmente intellettuale, senza storia e senza

La definizione dei criteri dell’evento è estrinseca e gli viene definita da fuori. Mentre per
noi la rivelazione definisce da sè i suoi criteri. Per i moderni la rivelazione è un’insieme di
contenuti intellettuali che insegnano a vivere. Ma nella rivelazione c’è anche tradizione e
altro, tenuto unito da Cristo. Se si perde Cristo si perde la rivelazione. (Uno dei contributi
della scuola di Milano è la fenomenologia di Gesù, che cerca i criteri della rivelazione da lì.
—> alle spalle c’è Balthasar) (i criteri per vivere bene per noi non vengono dalla ragione, ma
da Gesù)

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Kierkegaard per superare il problema si inventa il salto della fede. Kierkegaard viene da qui.
Kant propone due livelli uno secondo la ragion pura e l’altra secondo la ragione pratica.
L’uomo su due livelli in cui ad un livello c’è e nell’altro no la fede.

Nella modernità si sviluppano i movimenti del fideismo e del razionalismo. Pio IX


condanna entrambi. Il fideismo si mette dal lato della fede e dice che il fondamento della
fede è il sentimento divino, il sentire Dio in sè (esperienza —> romanticisti). Il razionalismo
è dalla parte della ragione e tenta di far vedere che il cristianesimo sia una religione
totalmente razionale, ma nasconde i dogmi più scomodi, come la trinità che è
indimostrabile.

B3 - DA TRENTO AL CONCILIO
VATICANO I

Torniamo agli inizi della modernità.

Siamo nel 1517. Incontriamo Lutero.

- Lutero se la prende perché dice la teologia deve essere teologia crucis. Lui rifiuta la
scolastica dell’epoca. Formula il “sola scriptura” perché Dio lì si rivela che rimane
absconditus e mai catturabile.

- Lutero dice che la teologia dell’epoca gli sembra sterile e non vitale e vede calcare
l’importanza dell’uomo umanista e delle opere si è arrivati a dire che la giustificazione
arriva per le opere. “Se sei buono vai in paradiso”. Lutero dice che gli uomini dopo il
peccato originale sono compromessi, e che Dio incontrando l’uomo senza speranza lo
copre col manto della misericordia, e coprendo i peccati lo salva. All’uomo è chiesto solo di
affidarsi all’immensa misericordia di Dio —> si arriva alla “sola fide”. Solo la fede (cioè
solo per grazia di Dio) può salvare, non le opere.

Le tradizioni della chiesa che fine fanno?

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Siccome siamo arrivati al punto in cui Dio è definito dall’uomo, ciò è dovuto al fatto che a
dire chi sia Dio non fosse la scrittura ma il teologo. Per predicare nel medioevo si facevano le
missioni e le opere d’arte. Qualche problemino c’era. Lutero elimina le tradizioni, tra cui
l’autorità del Papa. Da li Lutero si chiede con quale autorità il Papa potesse togliere i
peccati con indulgenza e firma al di là di una disposizione di fede della persona. Il
problema dell’indulgenza non è l’indulgenza ma il fatto che si compra coi soldi e non con
la fede. (Tante delle cose di Lutero le sappiamo di seconda mano).

È evidente che Lutero ha avuto un’altissima tensione spirituale. Soprattutto il primo Lutero.
Non va liquidato come un’eretico qualunque. Poi nella vita si è scontrato con errori suoi e
delusioni che lo hanno depresso. Non voleva rompere la chiesa ma riformarla. Lui diceva: se
ciò che dico è vero la chiesa ne uscirà più forte. Senza Lutero non avremmo capito grandi
cose, e avremmo avuto grandi problemi.

Inoltre Lutero ha detto alcune cose ma a sistematizzarlo a volte tradendolo è stato Melantone.
Grazie a Lutero sono nati i seminari.

Si arriva al Concilio di Trento, fatto lì per vicinanza. Furono invitati anche i riformati ma
non andarono per paura di prenderle.

Il decreto “sacrosanta” è il più importante perché reimposta la questione di Lutero. Il


concilio sa di dover, una volta tolti gli errori, di dover mantenere la stessa purezza del
Vangelo. Per il Concilio di Trento, il Vangelo non è il libro, ma la rivelazione (intesa come
annuncio originario di Dio). Si Scrive “Il vangelo promesso dai profeti annunciato da Cristo
con la sua bocca, poi predicato dagli apostoli”. Il vangelo è una cosa detta. I profeti, Gesù e
gli apostoli sono portatori di una verità che li supera. Questa verità supera Gesù e apostoli
ed è riletta come a-stoirca. La verità è sopra la storia ed è già definita. Gesù porta la verità
nella storia, e la consegna agli apostoli e da lì la verità a-storica passa di bocca in bocca.
Ma Gesù non è la verità, ma il portatore. La verità è la stessa da Gesù a oggi per loro.

Per noi la verità ha un volto personale e non noetico. È Dio uno e trino. La verità è il
rapporto di Dio con la storia. La verità non si dice ma si attua. (Questa logica è cambiata 60
anni fa ma noi viviamo ancora nella verità a-storica). Per noi la verità non è definita a
monte della sua attuazione. Questo la spiritualità lo ha sempre saputo. La verità non è un
passaggio, ma ciò che arriva a definirsi nel momento in cui la mia libertà ci si mette in
gioco. Noi dobbiamo uscire dall’idea che la verità sia una cosa di testa. Non è una frase da
dire. L’incarnazione non è un messaggio mandata da Dio per dire una verità. È Dio che
fa mentre dice la verità. La verità è un logos che ha a che fare col bios.

“Il concilio accoglie e venera le sacre scritture e le tradizioni” . Il documento dice così ed è
importante perché dice a Lutero che non si vuole comandare sulla Scrittura. (Il Vangelo è
inteso come annuncio nella forma di verità da dire). Si dice di accogliere il vangelo
(annuncio), che non si trova solo nella scrittura. Il concilio deve capire il rapporto tra

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scrittura e tradizione per rispondere a Lutero. Il sinodo sa che il vangelo (rivelazione) è
contenuta dalla fonte scritte e non scritte, che sono state raccolte dalla bocca di Gesù e si
sono trasmesse fino a lì.

Il concilio vive il fatto che Lutero abbia spaccato la chiesa, ma che poi tra loro si spacchino
(Calvino…). L’impatto della chiesa è dire: “vedete che senza una norma chiara, ognuno dice
ciò che vuole e si creano le eresie” —> serve un principio normativo che dica chi ha ragione
per stare uniti. Il concilio cerca il criterio per giudicare nel vangelo, ed esso si trova,
secondo loro nelle scritture e nelle tradizioni. Sono tutti d’accordo sulle scritture? Si!

Sulle tradizioni? No! —> si inizia a riflettere sulla tradizione.

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OTTAVA LEZIONE
Siamo al concilio di Trento, Il Vangelo è inteso come la rivelazione, ma in forma
intellettuale. È il passaggio di una verità di vescovo in vescovo. Quando scrivi tre frasi poi
vai interpretato. Trento scrive cose vere, che quando poi viene interpretata in maniera sempre
dottrinistica.

—> si dice che Gesù abbia dato dottrine immutabili ed a-storiche passate agli apostoli.
Nei moderni si divide tra dottrine e Gesù. Gesù finisce per essere un esempio morale.
Trento non scrive così, ma scrive in un modo che presta il fianco a questa interpretazione.

Il Vangelo (verità annunciate secondo Trento) si divide in scritture e tradizioni.

Delle Scritture Trento scrive solo il canone. Poi le tradizioni, al plurale.

Trento ha l’idea di un insieme di verità, non vede la tradizione come atto ma come
passaggio di contenuti. Tutto Trento ragiona sui contenuti della fede (fides quae). Si
concentra su questo perché Lutero invece aveva rifiutato dicendo che la fede fosse un “atto
personale di affidamento” (importante: fides qua).

Se ti concentri sull’atto ma perdi il contenuto ognuno poi crede ciò che vuole. Trento vede
che la riforma si spacca sempre di più, avendo perso il principio dell’unità (ortodossia: ciò
che è retto credere).

Se dimentiche che l’atto personale si inserisce in una comunità costituita per la fides quae,
allora si perde l’unità (si perde il principio di autorità che dice che una cosa è così e non
colà).

Dopo Trento si sviluppa allora il principio di autorità, perché si vuole rafforzare il


principio di unità, un autorità destinata a definire la fides quae. Facendo questo Trento
perde però un pezzo: la fides qua, l’atto.

Trento pretendeva di dire che alcune cose venissero da Gesù quando in realtà era un po’
impensabile.

Trento definisce quali Scritture siano dall’autore divino. Contro Lutero che non le accettava
tutte. Dicono che Dio li ha scritti, ma manca il fatto che Dio ispira, e non che che Dio detta
parola per parola.

Trento eviterà un errore. Trento e il Concilio Vaticano I evitano l’eresia per poco in quanto
alcuni padri conciliari si oppongono.

In che modo il Vangelo è contenuto nelle scritture e nelle tradizioni?

Trento avrebbe risposto che in parte sono nelle scritture e in parte nelle tradizioni (partim
partim), ma invece la verità è tutta sia nell’una che nell’altro, ed entrambe sono in
collegamento.

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Finito il Concilio di Trento si vuole rielaborare la teologia in modo che difenda l’unità.
La teologia che ha potuto partorire Lutero non deve più poter permettere questo.

Il primo teologo post tridentino, sarà MELCHIOR CANO, dominicano di Salamanca (Trento
ratifica una struttura Tommasiana).

Melchior Cano ragiona così: se non si vogliono eretici, la teologia deve darsi una struttura
in modo tale che possa muoversi all’interno dei contenuti fissati dal Concilio di Trento.
Le verità del concilio di Trento devono essere difese e dimostrare contro gli infedeli. Se deve
trovare un metodo teologico per fare questo. La teologia è anche frutto dell’epoca culturale
che si aspetta.

Cano dice che per trovare un metodo serve identificare i luoghi (loci) teologici per
capire come muoversi. Mettere ordine su cosa la teologia indaga e metterci ordine. La
teologia di un vescovo non sarà importante come quella del papa. Tutto è utile ma non
uguale.

Esistono allora 10 loci teologici:

- autorità della scrittura (Caro Lutero vale anche per noi)

- Cristo e gli apostoli (tradizioni non scritte)

- autorità della chiesa cattolica (poi diventerà magistero)

- Autorità concili

- Autorità chiesa romana papa

- autorità antichi santi

- Antichità teologi scolastici

- la ragione naturale

- diritto, giuristi e filosofi

- autorità storia umana

Cosa si nota per prima cosa?

L’autorità.

Melchior Cano getta le basi del principio moderno che è il principio di autorità (contro
Lessing: l’autorità di Dio in miracoli e profezie).

—> quando l’unità è tenuta l’autorità è rispettata, mentre se si spezza l’unità si perde
l’autorità. L’autorità moderna è dovuta da Dio e da ciò che deriva da Lui.

Mettere ordine tra le autorità significa dire che la ragione naturale non può essere più
importante della scrittura.

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La ragione è ottavo perché la ragione umanista esaltata aveva creato Lutero. Sempre più i
teologi diffidano.

Il principio sarà quello di autorità.

- si prende un contenuto dogmatico definito dalla chiesa (dalla tradizione arrivano contenuti
che poi si dimostrano con questo metodo)

- si elencano i luoghi (scrittura, apostoli, santo…) in cui quella verità dogmatica è detta

- da lì poi si usa la ragione per dare le ragioni e vedere le conseguenze.

—> Il punto di partenza è allora il magistero che definisce cose. Sempre di più nella
teologia moderna il punto vero sarà l’autorità del magistero e la Scrittura servirà a dar ragione
del magistero. Tutta la manualistica nasce perché Trento fonda i seminari, che formano preti
che devono avere contenuti corretti, in modo che possano affrontare gli eretici. Il grande della
manualistica sarà nel 1800 ma inizia a fine 1500.

Nasce l’apologetica controversistica: Lutero dice così. Noi cosà. Vediamo i loci. Noi
abbiamo ragione.

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NONA LEZIONE
RIASSUNTO
(La ragione una facoltà ma non è ne l’unica facoltà del conoscere ne quella originaria.
Appena nasci non ragioni, ma hai conoscenza vitali. Non rifletti su mamma, ma è una
conoscenza vitale di mamma.

La fede è una relazione tra me (all’interno di un noi) e dio.

Ti sembra che puoi mettere in rapporto una relazione con una facoltà?

Metteresti mai in comune figliolanza e ragione? Fede e ragione sono due realtà diverse.
Ragione e fede non sono due cose analoghe. Sono una facoltà ed una relazione. Sono due
unità di misura diverse).

Qual è dunque la fregatura della modernità?

Assolutizzando la ragione l’uomo diventa uomo per la sua ragione (un down sarebbe uomo
di serie B). Un contadino poco intelligente è meno uomo di Kant? L’illusione moderna è
questa. La ragione autonoma (criterio a sè, decide lei ciò che è vero e ciò che non lo è)
giudica tutto il reale e decide lei cosa sia vero e cosa no.

Si crea l’illusione che attraverso la ragione si possa arrivare ad una verità universale e
necessaria (quindi oggi diremmo a-storica). (Ciò perché dal medioevo si inizia a
razionalizzare. Cartesio non si interessa della verità, ma si chiede come essere certo. Il perno
non è sulle cose, ma la verità è nel pensiero. Gli illuministi dicono che la ragione sia luce e
la fede oscura. La pedagogia illuminista è far crescere la ragione del bambino per farlo
diventare grande. Se la ragione funzionerà bene, l’italiano e il cinese andranno d’accordo).

Oggi abbiamo il paradigma fede e ragione, ma c’è un errore e perciò possiamo metterlo
in discussione.

All’inizio la ragione che giudica tutto

Poi la ragione si stacca dalla fede

Nella modernità avremo il fossato.

Qual è il problema della teologia moderna?

La teologia moderna invece di mettere in discussione il paradigma dicendo che l’uomo non
è la ragione e che la fede non è opposta alla ragione e che la verità si da nella ragione,
accoglie il paradigma (sono nati in quel tempo) e usa il paradigma della ragione per dire
che alcune verità di fede sono valide e sono universali e necessarie.

Così la fede fa due errori:

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- cerca i suoi criteri fuori di sè;

- per piacere alla ragione giudice delle cose, la fede alla fine si adatta ai criteri. La fede
finisce per definirsi come un sapere. Il problema sarà sempre più non come essere vissuta,
ma sempre più come legittimarsi come sapere degno.

(Catechismo di Pio X dice che la fede: assenso dell’intelletto alle verità rivelate)

Il paradigma fede e ragione è un paradigma falsato perché la fede non è un sapere ma una
relazione, che coglie il suo sapere dalla teologia che attinge dalla rivelazione e attualizza.

La spiritualità si divide dalla fede nella modernità. La fede sarà il sapere mentre la spiritualità
sarà l’adesione personale e storica è quindi non razionale.

Lutero si incazza perché gli scolastici si sono allontanati dalle Scritture e si perdono in
questioni che rapiscono dall’essenziale (a dirglielo era anche il livello morale del popolo).
Lutero pensa che si sia perso l’essenziale: l’atto di fede, che è personale e senza cui solo
ti dici cristiano. (A inizio ‘500 c’era papa Borgia, che aveva figli e amante in Vaticano, ma
aveva adesione intellettuale). Lutero dice che non è l’idea ma il vivere. Il problema di
Lutero è perdere il fatto che se non c’è un modo di dire cosa è vero ognuno vive un atto
di fede secondo come lo sente. La riforma si spacca in varie frange e i cattolici ci giocano
dicendo “la vera fede che rende uniti è la correttezza dogmatica”, i contenuti di dogma
(definiti in base alla ragione che cerca le verità, nella Scrittura o nella tradizione) ma perde
l’atto forse. I cattolici credono allora che la fede si dia nella fides quae (contenuti di fede),
in quanto Lutero fa vedere che concentrarsi sulla fides qua (atto di fede, vita) fa dividere.

I cattolici allora si danno sui contenuti definiti dall’autorità. Nella modernità i cattolici
non useranno più la ragione, ma il principio base sarà quello di autorità (autorità che
stabilisce ciò che è vero e li prende dalla storia del creduto o da alcune verità) (il principio di
ragione sostiene la ragione dove non può dimostrare pienamente, poi la ragione può spiegare
ulteriormente i dogmi e i nessi. In realtà poi limita un po’ la ragione). I teologi devono solo
riflettere su ciò che l’autorità ha definito già come dogma. Se vai contro i dogmi sei fuori.

Concilio di Trento e Concilio Vaticano I sono pieni di scomuniche.

Ragione moderna e Lutero portano a ragionare così: la ragione ragiona e da dati e la fede è
solo l’assenso del dato razionale.

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B4 - DAL CONCILIO VATICANO


I AL 1950
I Savoia nell’800 sono a Torino, la Chiesa è in centro, al sud il regno di Napoli.

Il CVI inizia nel 1869, quando il grande difensore dello Stato Vaticano, Napoleone III, cade e
i Piemontesi vanno a prendersi Roma. Breccia di porta pia. Il papa si dichiara prigioniero di
stato. I cardinali assediati interrompono e tornano a casa. Dura due anni.

I moderni fanno un attacco alla fede intesa come fides quae. Il papa si sente attaccato da ogni
parte.

Pio IX richiama il concilio per essere uniti in quel momento e per scomunicare insieme. Si
vuole rispondere alle eresie insieme.

Si fanno due costituzioni in velocità.

La prima “dei filius” è risposta alle eresie.

La seconda avrebbe dovuto parlare della chiesa, ma siccome i piemontesi si avvicinano,


scrivono la “Pastori aeternus” che dice solo dell’infallibilità papale.

Noi faremo solo la dei filius.

Su dispensa 6 testo dei filius a pag 40.

Il concilio Vaticano I non si preoccupa della testimonianza data dalla chiesa (fides qua) ma
del fatto che si sono oscurate le verità di fede (fides quae)

Scrivono la dei filius perché si devono combattere le eresie, per salvare la fede. Leggono e
usano linguaggio apocalittico

—> cap.1 dio creatore di tutte le cose.

(Si dicono tante cose di Dio, i manuali dicono cose evidenti di ragione, ma non dice amore,
ne trinità. Non cita la scrittura. La scrittura diventa miniera da cui prendere. Se non serve si
lascia in parte. Si parla bene da teologi fissando realtà immutabili e a-storiche. Dio è anche
così, ma se Dio volesse esser visto così forse non si sarebbe incarnato) (nel proemio si dice
che la scrittura è importante, ma poi credono che la scrittura senza teologia e magistero crei
eretici, mentre la teologia assicura)

—> cap. 2 la rivelazione

(dio è conoscibile anche con la ragione naturale e poi Dio si dona nell’altra via
“soprannaturale”. Con la ragione naturale arrivi al Dio di Aristotele. Non arrivi a Dio Trinità.
La ragione può conoscere dio? Una ragione in contrapposizione alla fede forse no. Arrivi ad

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un Dio filosofico. Infatti dicono che la rivelazione non è quella della via naturale, ma quella
della via soprannaturale. Si creano due vie per non cadere nel razionalismo. Ci si chiede a
cosa serva la soprannaturale? Se è inaccessibile alla ragione umana allora forse non porta a
conoscere dio? Si dice che la rivelazione non è necessaria perché altrimenti Dio sarebbe
costretto a rivelarsi: Dio è libero. —> dio nella sua bontà destina l’uomo ad un fine
soprannaturale, che supera l’intelligenza umana. Se definisci dio sul logos e non su agape poi
si creano problemi. Si dice che l’autorità magistrale media.)

—> Cap. 3 la fede

La fede è assenso di mente e di volontà a Dio rivelante. La fede è una virtù soprannaturale e
l’uomo di per se non la possiede. Alla fine l’uomo è tale anche senza fede. La fede serve a
credere che le cose da Lui rivelate sono vere. (Io non credo delle cose, ma ho fatto un
incontro da cui promana una conoscenza). Sono verità che superano la ragione. Si dice di si
alle cose di Dio per il principio di autorità. Dio poi, ha voluto che l’uomo usasse la ragione e
per questo ha voluto che oltre alle mozioni interiori, ha voluto che ci fossero “argomenti
esterni” (Ma non sono esterni) alla rivelazione intesi come miracoli e profezie che sono segni
di potenza e divinità. (Gesù fa i miracoli perché noi possiamo capire che esiste? Non è così…
Non fa segni perché così ci credi).

La dei Filius ha il problema di mettere insieme ragione e fede. Da una parte vuole dire che la
fede è conforme alla ragione, ma poi deve dire che la ragione è superata dalla fede. Ciò
perché se tutto ciò che è di fede è scoperto dalla ragione allora non serve, ma allo stesso
tempo se non è ragionevole è una superstizione.

Dice che accettati i misteri si vede che sono ragionevoli, dice che ci sono i miracoli, ma poi
dice che alla fede non si arriva alla sola ragione e che serve lo Spirito.

Il documento non chiarisce mai come ragione e fede non sono esterna una all’altra.

Il CVI si pone due problemi: cos’è fede e cos’è la chiesa e come la diffonde.

Gesù ha a che fare con la fede perché ha istituito la chiesa, ma di fatto qui il problema della
fede è giocato nella chiesa.

—> cap. 4 della fede e della ragione

È anomalo che un concilio ecumenico abbia a che fare con fede e ragione. Di solito i concili
ecumenici di solito parlano di qualcosa si Dio. Non è normale che l’autorità massima della
chiesa scriva su fede e ragione.

Perché un concilio deve parlare di fede e ragione?

Perché si pensa che i problemi della chiesa vengano da lì. Si pensa che la fede sia attaccata
perché la ragione ha perso se stessa.

DS 3015

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L’ininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste un
duplice ordine di cognizioni, distinto non solo quanto al principio, ma anche riguardo
all’oggetto; quanto al principio, perché in uno conosciamo con la ragione naturale,
nell’altro con la fede divina; quanto all’oggetto perché, oltre le cose a cui la ragione
naturale potrebbe arrivare, ci viene proposto di credere misteri nascosti in Dio.

Questa frase è un disastro. È duplex ordo puro. Ragione naturale e fede divina.

La ragione non è mai il punto di partenza, ma la realtà si fa avanti come affidabile e lì si


risponde. C’è un affidamento di sè. Che implica anche la testa ma la supera.

DS 3016: i misteri non sono irrazionali, ma la ragione può anche arrivarci in qualche modo

3017: la fede supera la ragione, ma non può esserci dissenso tra fede e ragione

3018: la chiesa che mantiene la fede deve dichiarare quale sia la falsa scienza condannando
delle filosofie.

3019: fede e ragione si aiutano. La ragione deve fare praeambula fidei. La fede purifica la
ragione e gli da dei contenuti in più.

Si vedono fede e ragione come due modi del sapere. La fede, una volta che dice si, può
indagare con la ragione i contenuti.

3020: La dottrina della fede che Dio rivelò… Ma Dio rivela una dottrina? Nelle Scritture ci
sono parole… ma la dottrina, la descrizione è cosa seconda. Ciò perché Dio propone sè e
non una dottrina da vivere.

—> Canoni (tutte scomuniche) —> hanno titoli di manuali

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DECIMA LEZIONE
Fine Dei Filium.

A furia di porci il problema tra fede e ragione in forma dottrinalistica come se tutto avesse
a che fare con delle dottrine.

Si chiama dei filius, ma Gesù è una comparsa, perché il centro della rivelazione non è Gesù,
ma la dottrina. I gesti di Gesù sono gesti morale o esemplari, e se hanno del divino sono
segni che attestano, ma la rivelazione si gioca in parole.

Questo pensiero ha creato catechesi così. (In Italia, una classe un libro una vecchia catechista
—> stampo intellettuale del catechismo) (se la catechesi ai tempi di Agostino era tutta
un’altra cosa, in un orizzonte così la catechesi diventa una dottrina).

Se io ti passo la dottrina ti ho passato le condizioni della fede. (Genialità DB: intuire senza
aver categorie che la fede non passasse per il contenuto solamente ma anche per
l’amorevolezza. I ragazzi accedevano alla verità della fede non perché DB spiegava bene ma
perché DB li amava e lì percepivano una verità dell’amore di Dio. Don Bosco rifiutava la
distanza perché tradiva l’amore di Dio. DB non ha categorie per dirlo perché ha studiato la
teologia della dei filius.

—> ecco dov’è il problema di una errata impostazione teologica.

Fino al 1500 uno si faceva prete imparando alcune cose dai parroci o in altro modo.
Imparavano la messa.

Con Trento si formano i seminari. Prima o così o in abbazia o la formazione dei mendicanti.

Per fare teologia nei seminari ci vuole un manuale, perché tutti dicano le stesse cose.
Servivano pastori che sapessero rispondere quando fossero faccia a faccia con la riforma. E’
una teologia molto pastorale. Molto manualistica ma pastorale. (Quando la teologia forma
solo pastori esagera).

Nella prima manualistica le autorità erano Scrittura e Tradizione. (Si diceva Vangelo a
Trento, nelle due forme).

Nell’ultima manualistica, quella che sta dietro al CVI, non è più la teologia della
rivelazione ma del magistero. Per l’esigenza formativa chiara si cambia forma.

La teologia voleva chiarezza ma la scrittura non è chiara (la Scrittura deve far accadere un
evento oggi e quindi non può essere fissa. La verità non è a-storica, con forma nuova, ma la
verità e l’evento. La partita a calcio si inserisce in una forma testimoniale che si inserisce

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nell’evento. Il dono del sangue e acqua attraversa la storia e prende la forma della storia
dove viene incontrata).

Tra rivelazione e magistero c’è collaborazione, ma non sono la stessa cosa. Pensare che
spiegando il magistero si compia la rivelazione è l’illusione. Non basta spiegare le verità.
Occorre che io ti metta in contatto con Cristo.

Il magistero accentua la forma autoritaria.

La MANUALISTICA:

- formulazione: si formula la tesi con le fonti, si prova con gli argomenti e poi si passa alla
risposta di obiezioni. Nella prima manualistica il magistero attestava le verità della
rivelazione, mentre nella seconda manualistica la scrittura era usata per confermare il
magistero

- basso tono speculativo. C’è difficile confronto con le scienze positive. C’è poca innovazione
teologica. La teologia per essere chiara è diventata sempre meno abituata al confronto di
alto livello culturale con ciò che la cultura propone. I cattolici hanno accumulato secoli di
ritardo nel confronto. Spesso si riproporrà il dato del magistero. (Ci prova Leone XIII con
Aeterni Patris che spingendo su Tommaso voleva proporre la novità. Tommaso aveva avuto il
coraggio di confrontarsi con Aristotele. Leone prende Tommaso perché vede una filosofia
sicura e poi per dire che la teologia deve avere il coraggio di Tommaso. La teologia aveva
bisogno di un rilancio speculativo in modo che la cultura non ci veda come eterni medioevali)

- destinazione: La contestazione dei protestanti, degli agnostici, dei positivista ha spinto per
una manualistica formativa. “Tu devi formarti contro…” Si lottava.

- linee fondamentali della manualistica: apologetica e dogmatica.

Una ti arma nella conoscenza della fede per difenderla e una per insegnarla. Manca
totalmente la teologia spirituale. Quella fa parte della santità del prete e non della sua
formazione. Se non studi una buona teologia quando dovrai pensare la formazione e la
pastorale farai male. Quando la formazione teologica è debole, nel senso di categorie, che
non permette lettura, si vede.

1) Apologetica: dalla teologia controversissima (rispondere ai riformati cattivi) si


sviluppa la difesa, soprattutto nella scuola romana. Il manuale di apologetica si
costruiva in 3 parti.

- demostratio religiosa vs atei

- demostratio cristiana vs deisti

- demostratio cattolica vs riformati

CI sono due centri tematici: de rivelatione e de ecclesia. Questi erano i problemi.

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La rivelazione viene fatta vs l’illuminismo deista. Si lotta col modernismo.

2) Dogmatica: si dividono le verità in ambiti distinti. Perdendo la sintesi. Si divide in


de deo uno e de deo trino. Uno con ragione e l’altro con rivelazione. Sintesi? boh.

La cristologia, a sua volta diviso in De Verbo incarnato e De Christo Redenptore: a


partire dall’identità teandrica di Cristo che si spiega la redenzione (quindi si parte
dall’ontologia e non dalla storia). Fondamentalmente Cristo esce di scena, il punto di
partenza è il verbo. L’ecclesiologia. Il trattato sulla grazia (che corrisponderebbe
all’attuale antropologia teologica), diviso in De Deo creante (natura) e De Deo
elevante (soprannatura). La sacramentaria.

Poi nella storia ad un certo punto si mette al centro Cristo perché è stato reso
accessorio.

IL MODERNISMO

Le critiche al Papa non iniziano con Francesco.

Alcuni pensatori tedeschi e francesi tra 1800 e 1900 hanno pensato che la teologia fosse
limitata. La zona della riforma non ha magistero e quindi in generale permette più libertà e
confronto. La Germania del ‘800 studia teologia in università e lì si confronta. In quegli
anni viene riscoperta la storiografia. (I cattolici dicevano che il mondo era stato creato 6000
anni fa, che Mosè aveva scritto 5 libri, che matusalemme aveva avuto 900 anni —>
storiografici studiano i veri testi, sulle scritture. E dicono che è tutta bugia). I cattolici nel
confronto ne vengono fuori un po’ rotti. Il contesto culturale è anticlericale e tutto ciò che
non è scientifico non viene calcolato. Si studia la Bibbia come qualsiasi altro libro secondo
un’esegesi storico-critica. La lettura testuale, la sua vivisezionatura perde il testa per strada
(oggi abbandonato da tutti). La chiesa si trova davanti dei teologi che per seguire la scienza
moderna perdono per strada il dogma in quanto questo ha a che fare col soprannaturale.

Il modo di impostare la teologia era davvero inadeguato ma per dialogare si è seguita una
scienza troppo distante. Delle istanze buone si sono mischiate con istanze eretiche.

All’epoca qualcuno disse che l’esodo era stato scritto prima della genesi, che Mosè non aveva
scritto (cose che sappiamo vere), ma che allora spaccavano tutto. Contemporaneamente chi fa
storia sulle tradizioni scopre che il matrimonio non l’ha costruito Cristo, e che la struttura
presbiterale non è nata da Gesù.

La chiesa si sente attaccata.

La chiesa dell’epoca non ebbe le capacità di capire cosa capitava e cominciò a leggere tutti
gli attacchi come se fossero collegati fra loro e come se avessero una forma sola. In
magistero di formula un nome: “modernismo”. Ovvero la volontà di essere moderni in

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modo malato. Non è un fenomeno, ma il modo in cui la chiesa ha inquadrato una serie di
problemi e li ha messi insieme.

Il modernismo non è un movimento ma un’istanza di confronto con la cultura. Si


cominceranno a mettere assieme dopo le scomuniche di Pio IX. Pio IX era un complottista e
la curia lo era. Pio IX scrive che è un piano studiato dai nemici della chiesa per distruggere
dall’interno lo stato della Chiesa.

I modernisti non hanno unità ne programma ma erano persone che volevano cogliere la sfida
della storiografia e volevano conciliare teologia e storia. Mettere in crisi convinzioni
secolari per quanto infondate era grave. (Vangeli scritti in più redazioni. Quindi scritti da
uomini?). Le operazioni non furono semplici.

I modernisti facevano selezioni in modo molto rapido. Dicevano che i miracoli non
esistessero e che fossero rimasugli del contesto mitico del tempo.

Di positivo i modernisti danno attenzione alla storia, alla liturgia, ai commenti dei Padri,
dell’atto di fede. Tali istanze non furono recepite dai cattolici fino al CVII. (De Lubac, uno
dei più grandi teologi del CVII, fu messo in una struttura correzionale. Ottaviani in CVII
lottava duramente con Ratzinger).

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Lezione 7 degli appunti di Paolo

B5 - IL CONCILIO VATICANO
II E CONSEGUENZE.
Il CVI era iniziato con toni apocalittici. In CVII i toni sono molto più pacati.

Ai tempi Giovanni XXIII venne letto dalla curia come oggi Francesco. Quando indisse il
concilio non tutti erano contenti. Alcuni volevano che scrivesse un documento di stampo
restauratore. Nel 1962 la curia emette il documento “veterum sapientia” che diceva la
necessità di studiare latino. Per restaurare un principio. GvXXIII si muove in altro modo.

Quando viene indetto il concilio ci si chiede se serva per concludere il concilio I o se è


nuovo. La curia voleva preparare degli schemi in modo che fossero firmati dal concilio
come documenti dogmatici e di condanna. Tutti i documenti di condanna sono fatti in luce
manualistica. Uno dei primi si chiama “De rivelatione”, che conteneva il “Partim
Partim”(vangelo un po’ in scritture e un po’ in tradito). GVXXIII immette però un principio
nuovo: il dialogo pastorale con il mondo contemporaneo. Il concilio fino ad allora era dire
verità e condannare eresie. (Nel “de revelatione” c’erano scomuniche —> il concilio ne farà
0). Si sfalda la commissione che aveva scritto gli schemi preconciliari e se ne crea una
nuova che crea nuovi schemi.

Tutti i documenti arrivano al concilio. Per la prima volta ci sono tantissimi vescovi e da tutto
il mondo. I documenti preparati sono tutti bocciati e ogni vescovo arriva con la sua e i suoi
teologi.

Il primo documento è di stampo liturgico. Siccome tutti i vescovi erano arrivati con idee
molto diverse si concentrano sul documento liturgico affinché si comincia a lavorare su
quello (un po’ si vede che è un accozzaglia). Avviene che nel concilio per la prima volta è
presente un numero enorme di vescovi esterni a Roma. Si cambia del tutto la prospettiva del
concilio. Questo lo studieremo bene in storia della chiesa. Quando si arriva alla “dei
verbum” è l’ultimo documento del concilio.

La “dei Verbum” era delicatissimo. Il principio pastorale sul principio di rivelazione non
era il principio pastorale sulla liturgia. La “dei verbum” ha molti compromessi (la scrive
chi ha studiato una teologia di un certo stampo) ma ha un testo valido. Da dei filius a dei
verbum. Parola di dio. Erano i tedeschi più abilitati all’ecumenismo. Ottaviani teme la svolta
verso i riformati e e per quello dice di sperare di morire cattolico.

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Il Cv II dice dottrina sulla tradizione e sulla trasmissione. Bella novità è che nel proemio si
cita subito la scrittura. “Annunciamo a voi ciò che abbiamo veduto e udito per la
comunione” —> non è un fatto classico.

DEI VERBUM

Non è più intellettuale DVII: oggetto della teologia è Dio. Appare subito il tema della
salvezza. La rivelazione è per la tua salvezza. Dio parla agli uomini come ad amici. (Non è
un fatto di dottrina ma di relazione).

La rivelazione avviene (non viene predicata) in gestis verbisque (eventi e parole). Questa è
una bomba da studiare proprio bene. (Se la rivelazione prima si predicava ed era
fondamentalmente questione di parole di contenuti, qui dice che la rivelazione non si compie
solo in parole ma in gestis. Se vuoi scoprire l’identità di Dio non devi andare a dottrina ma
ad un evento fatto di gesti e parole). I gesti di Gesù rivelano il volto di Dio non meno delle
sue parole. (Quello stesso evento rivelativo oggi non può essere fatto avvenire solo a
parole). La vita spirituale nella “conformazione a Cristo” aveva tenuto questo, ma la
teologia lo aveva perso. La verità di Dio non si dice, ma avviene e non avviene dicendosi ma
agendo facendo e dicendo. La verità non è una dottrina che dico. Se Dio si rivela in un
evento in forme e parole allora la verità non è un’idea raggiunta con la ragione.

La profondità della verità di Dio e della salvezza degli uomini risplende pienamente in Cristo
che non è il portatore della rivelazione, ma la pienezza della rivelazione.

III —> leggere da soli

IV —> Cristo verbo fatto carne, parla le parole di Dio e porta a compimento l’opera di
salvezza del Padre. Gesù compie la rivelazione: che Dio è con noi per liberarci dalle
tenebre del peccato, e della morte e per risuscitarci per la vita eterna.

Si noti l’abbondanza di note evangeliche, la centralità del Cristo, e il fatto che compie la
rivelazione in gesti e parole dove i segni e miracoli non sono messi da parte ma inquadrati
bene come eventi legati a morte, e risurrezione. Si ribadisce che non si può pensare alla
rivelazione fuori dall’ambito della salvezza. Dio non è narcisista. Dio si consegna per la
necessità ed il desiderio di salvarci. La rivelazione non ha intenzionalità neutra ma ha è
dono di sè per salvare l’altro (se non mi permetterai di lavarti i piedi non avrai parte —> se
non ti lasci salvare non mi potrai conoscere —> non conosci Dio se non mentre ti lasci
salvare —> li conosci lui per com’è. Se non ti disponi così non lo conosci per come si da).

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V —> la rivelazione va accolta con la fede (qui la dice al meglio che può e lascia molto
lavoro ai teologi). Si vede che si è usciti da un linguaggio solo intellettuale. Si vede che il
concilio ha lavorato più sulla rivelazione e meno sulla fede.

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UNDICESIMA LEZIONE
Nel CVII c’era da una parte la curia romana e dall’altra parte spinte nuove che fino a d allora
sarebbero state dette moderniste.

Già “dei verbum” è titolo che dice una novità. La lettura non è filosofica ma storica. Non
si presenta chi sia Dio con la filosofia ma il luogo in cui si è dato a conoscersi.

N.5 il concilio sviluppa una buona teologia della rivelazione ma la teologia della fede è meno
forte. La rivelazione è letta con categorie nuove e in qualche modo anche anche la fede.
(Vedremo in antropologia la difficoltà di coniugare grazia e libertà. Grazia è l’agire di Dio e si chiama così
perché è gratuito. Qualcosa di concesso senza che possa essere preteso. Il problema moderno era “se Dio
agisce tu puoi dire no? Si… allora Dio non è onnipotente. Se Dio è onnipotente allora la libertà dell’uomo no.
In atto primo e secondo se l’uomo fa il male Dio non ne è padrone. L’uomo può dire di no ad una mozione di
Dio.

Il problema è il modo in cui si comprende grazia e libertà.)

Il concilio fa un passo avanti dicendo che la grazie previene e soccorre. La libertà va intesa
come essa stessa frutto della grazia. A cascata un’ontologia di Agape. Non è banale che tipo
di ontologia hai. Non usa due termini di potenza di Dio nell’onnipotenza, ma nei termini di
Padre. Non è una lotta fra due agire, ma è un prevenire e soccorrere di Dio sull’uomo,
anche l’agire dell’uomo va compreso come frutto della agire di Dio. Se grazia e libertà sono
visti nei termini di identità e non di potenza e quindi si legge nei termini di paternità.

Il concilio comincia a parlare della fede come qualcosa che riguarda tutto l’uomo. Tanti
numeri sono sulla rivelazione e uno sulla fede. Il CVII fa tanto, ma sulla rivelazione e non ha
avuto tempo e modo di sviluppare la teologia della fede.

N. 6 la novità è nel fatto che Dio volle manifestare e comunicare sè stesso. È Dio che si da
in mano. In qualche modo i padri conciliari si mettono d’accordo e pur mettendo l’accento
sulla parola di Dio, poi fanno una concessione ai neo-scolastici.

—> Uno dei grandi problemi dei concilio di Trento e del Concilio vaticano I era il tema
della tradizione. La tradizione forse più delle scritture è legata dal magistero perché nasce ed
è custodita in esso. L’uso della chiesa latina del VI secolo da parte dei vescovi diventa parte
della tradizione. Ecco perché il tema è scottante.

Si vuole capire cosa sia la tradizione anche in relazione al magistero. Le istanza “moderniste
cattoliche” avevano capito che il problema non fosse il contenuto ma l’atto del trasmettere.
(Che la trasmissione non fosse solo contenuto ma anche un atto). Sapevano infatti che la
traduzione non è un contenuto passato ma un atto. Si centra il problema non sulle

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tradizioni, ma sulla trasmissione.

N.7 Se il destinatario, a cui penso di fare un dono lontano nello spazio e nel tempo, allora
cercherò il modo di far si che il dono gli arrivi integro. La rivelazione, il vangelo, Gesù,
donano, e le categorie per ricevere il dono sono da prendersi nel dono stesso, nella
rivelazione. (Atti, san Paolo sono Parola di Dio… dovremo chiederci in che modo Dio si dica
nelle parole di chi vi ha assistito). Quando Dio ha trasmesso poi ha disposto che dentro la sua
rivelazione ci fossero le categorie per capire. (Cristo chiama perché stessero con lui e perché
andassero ad annunciare… nello stare c’è già la missione… Nel dono è già coinvolto il
destinatario nel senso che nel pensare a lui il dono è fatto nella misura in cui sia dato)

Il concilio dice che la rivelazione si attua e non si dice. La verità di Dio non si dice ma si
attua. Si fa il salto da CVI non è predicare, ma attuare il vangelo.

Gesù dice agli apostoli di predicare ciò che avevano ricevuto dal vivere insieme e da quanto
detto da Dio. Gli apostoli hanno usato esempi ed istituzioni. Importante istituzioni perché
vuol dire che è uno strumento della trasmissione.

Il vangelo non è scritto da un uomo solo.

N.8e9 leggiamo noi.

La tradizione si traduce subito in una trasmissione. “A me arriva attraverso la generazione


precedente”

Al N.10 dice che la Parola di Dio è più alta del magistero e non va sacrificata per maggiore
chiarezza.

La tradizione è un atto, e siccome ogni atto ha un contenuto, se provi a slegarli perdi la


forma della tradizione.

Il concilio dice quanto abbiamo visto, e adesso dobbiamo capire perché dice così.

Il vangelo è una fissazione su cosa annunciare per non annunciare ognuno quello che
vuole. Si va dai testimoni che possono fare memoria. Il vangelo è memoria dell’annuncio.
Gesù —> passione morte e risurrezione —> Pietro incontra il risorto (qui tutto cambia. Gli apostoli
di fronte allo shock delle apparizioni tornano indietro e rileggono ciò che hanno vissuto con Gesù)
—> Pietro annuncia ad altri in contenuto che deriva dalla ripresa di ciò che ha vissuto con Gesù.
Mentre vive in comunità, alcune cose vissute con Gesù gli tornano in mente e le rilegge. —> il
kerigma (ciò che si annuncia) è frutto di una ripresa memoriale —> attorno agli apostoli si crea
una cerchia, che dagli apostoli ricevono l’annuncio nella forma memoriale. (Giuda si sostituisce
con uno che ha vissuto dall’inizio, perché anche lui può fare quel processo) —> fino a quando ci
sono, Paolo va dagli apostoli a verificare la sua predicazione. —> quando muoiono gli apostoli ci si

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appoggia a chi li ha conosciuti —> ma l’annuncio si amplia e si sente il bisogno di raggruppare
tutto ciò che si sa, si usa e si mette insieme per redarre i vangeli. —> i vangeli sono “canone” nel
senso che mettono i paletti alla rivelazione. —> La Sacra Scrittura è la fissazione di una tradizione
—> la scrittura nasce come opera che cristallizza la trasmissione e si affida alla trasmissione

Ci sono due movimenti:

—> la memoria di ciò che abbiamo visto e toccato;

—> la destinazione ad uso di altri.

Ecco perché le Scritture sono un condensato di trasmissione. Il Vangelo nasce non solo
come un’opera di memoria ma di annuncio. Una memoria che va raccontata. Proprio perché
il vangelo è un annuncio che va raccontato, il vangelo prende la forma di quei destinatari
lì.

(Da giovane prete, se ti muore un giovane, o uno vuole farsi prete, o accompagnare una
coppia in crisi —> allora li quello che hai studiato dovrà essere rimescolato e ricompreso. —
> così per i vangeli, dove fino a quando non incontrano alcune situazioni la memoria non
illuminava quell’aspetto di Gesù)

I vangeli nascono in una rilettura esperienziale del Vangelo. Il vangelo è già annuncio
perché nel testo c’è la rilettura della memoria in base a quello che sta capitando in quella
comunità.

Tradizionalmente si dice che la rivelazione finisce con la morte dell’ultimo apostolo. Non
con l’ascensione, perché gli atti degli apostoli sono PdD. Ora la rivelazione finisce con la
morte dell’ultimo degli apostoli. Non è una data assoluta, ma il riconoscimento di un’opera
di “ispirazione” dello Spirito che si da nella testimonianza di un testimone diretto. Si
dice traditio apostolica. Non è che lo Spirito non lavora. Ma da un certo punto lo Spirito ha
terminato l’ispirazione sotto l’aspetto fondativo della rivelazione e da lì rimane l’aspetto
trasmissivo. Prima traditio apostolica, poi traditio ecclesiae che norma e e trasmette grazie
all’assistenza dello Spirito. Da lì la rivelazione come il chicco di grano non diventa di più,
ma cresce. Non ci sono semi in più da gettare ma solo un seme da accompagnare perché
fiorisca fino alla fine dei tempi. Ma insieme crescono spighe e zizzania.

(Per la verità cosa cambia? Che differenza c’è tra ispirazione e assistenza?)

La chiesa nella sua esperienza ha maturato ermeneuticamente una comprensione del kerigma
già ampia e anche quando ha sbagliato, questo ha permesso di rileggere.

La verità non è anzitutto esperienziale ma dalla rilettura di senso che ne viene data. Non è
che la storia sia aleatoria, ma il vero è il senso che nasce in quella esperienza.

Ecco l’ispirazione è il luogo in cui gli apostoli sono aiutati a rileggere il senso del vissuto,
mentre dopo lo Spirito assiste nel rivivere il confronto con una fissazione memoriale.

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Il vangelo è la fissazione della tradizione apostolica.

La trasmissione oggi allora si da nelle scritture, ma anche nella mia testimonianza. Oltre a
dare ad un giovane la tradizione della chiesa, gli do anche il vangelo.

Il CV I non aveva capito che il faro che illumina la storia, che i criteri della trasmissione sono
fissati nei vangeli. Non si può dire che Dio ha istituito il sacerdozio.

C’è una verità normata nei Vangeli che germoglia solo nella storia. Il magistero avrebbe il
compito di fissare alcuni frutti.

—> il vangelo fa parte della trasmissione nella forma della norma.

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B6 - FIDES ET RATIO. LA TF
OGGI
LEZIONE 8

Se è vero quanto abbiamo detto fin qui allora la verità del senso non è quella strettamente
razionale scientifica. Se la scienza rispondesse a tutte le domande mancherebbero alcune.

Il grande problema della modernità è inquadrare la verità con un unica forma di verità.

Giovanni Paolo II scriverà un enciclica nel 1998 in un memento in cui molto più di oggi il
tema della verità era caldo e ancora più caldo era il tema che la verità appartenesse al
verificabile.

GPII e i suoi capiscono che la ragione come la fede erano in pericolo. GPII diceva di fare
attenzione alla ragione debole perché è una forma del pensare in cui la ragione si demotiva e
smette di cercare la ragione. (Il crollo delle grandi ideologie sono l’ultimo tentativo di una
ragione forte) La ragione che vuole avere tutto sotto mano ha fallito e ora la ragione è
arresa. L’enciclica dice alla ragione che non è male.

L’enciclica vede che la fede sta diventando emotiva e la ragione si sente debole.

Il criterio della fede è oggi l’emozione, e quando l’emozione è tanta c’è fede e quando è poca
non c’è fede.

(una volta chi non arrivava al vergine al matrimonio sapeva di aver fatto un peccato anche se
poi lo faceva… oggi uno si sente pienamente credente e in quella cosa non c’è niente di male.
Bisogna spiegare tutto. L’emozione è criterio non intelligenza).

L’enciclica chiede ai seminaristi di studiare anche le scienze positive per non suonarsela e
cantarsela da soli.

Di fides et ratio vedremo la struttura ed i numeri 30 e 31.

Immagine delle due ali (fede e ragione) come due modi di arrivare alla verità. È un idea
sbagliata perché si intende come se fossero due strumenti di conoscenza. Il problema non è
che fede e ragione sono due cose diverse. La fede è la casa (coinvolge tutto di te e anche la
tua ragione) mentre la ragione una stanza. Oltre a questo la ragione non ha una sola forma
ma ne ha diverse in base a dove la usi, su cosa e al contesto. La ragione non ha solo la forma
positivo-scientifica.

L’enciclica a livello magisteriale è il passo avanti verso l’uscita dal duplice ordine.

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Ci siamo detti che l’apertura sulle due ali non è il massimo perché sembra dire che siano due
cose e simmetriche.

Pag. 56 lezione 8 punto 31

Dice l’uomo non è fatto per vivere solo.

(questo non chiede.


Moderno. Soggetto conosce in modo neutro la realtà. Pastoralmente c’è l’idea che se credi sei di
parte. E c’è il dubbio di esaminare la fede da fuori e se convince allora si entra. Il credente è visto
come di parte nella lettura della realtà.

Il primo tradimento è antropologico, perché l’uomo non è res cogitans. L’identità di Carlo è
determinata da due elementi: le relazioni (libertà ha forma di passività) e le scelte

Fides et ratio su questo ha iniziato a intravedere. Tu non sai la realtà a monte di quello che
sei. Tu sai la realtà coinvolgendoti nella realtà. Questo lo vedremo quando vedremo il
problema del simbolico. (L’intelletto puro è una riduzione).

Il sapere allora non è solo scientifico, ma ne esiste una forma completa poi scindibile.
L’enciclica fa un passo avanti, ma gli manca qualcosa.

—> allora l’uomo non è fatto per vivere solo si capisce meglio oggi che allora.

Quando dice che l’uomo vive di credenza dice una cosa vera ma malino . Dice che
normalmente si credono tante cose senza sperimentarle direttamente ma fidandosi. Il
problema di vede nel n.32

“Nel credere ciascuno si affida alle conoscenze acquisite da altri” CI SONO PROBLEMI

N.32 “nel credere ciascuno si affida alle conoscenze altrui”.

Errore. NO! È esperienza tua. In parte l’altro aiuta e può essere alla genesi, ma il credere
non è affidarsi alle conoscenze d’altri. Il credere non è affidarsi alle conoscenze d’altri,
perché è intellettualismo. Ne uscirebbe il credere come una conoscenza imperfetta e
oltretutto comunque intellettuale.

Fides et ratio capisce che le cose non tornano ma non sa dirle bene. Il credere per noi è la
forma originaria del sapere dell’umano da cui deriva la forma riflessiva. Se si pensa
l’umano a livello celebrale, allora il credere sembrerà imperfetto, ma l’errore è a monte nel
credere che sia vero ciò che è intellettuale. Il sapere della fede si da anzitutto nella
relazione viva col Padre. (La fede non è mai credere alla fede degli apostoli, ma è la propria
relazione con Dio in cui si confronta la propria fede con la loro.) Il sapere intellettuale della
fede ne è un’astrazione e quindi lo relega alla serie B. F&R dice che è un sapere intellettuale
di serie B ma umano migliore di tutto.

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Pag.57

Parlando dei martiri dice che in essi si scopre un amore che non ha bisogno di argomentazioni
per capirsi.

(ma noi vogliamo bene a partire da un contesto per cui la forma dell’amore non può essere
sciolto. L’amore ha una forma chiara, che è amerai il Signore Dio tuo e il prossimo tuo.
La forma dell’agape non è indeterminata. I Padri della chiesa hanno costruito l’amore
anche intellettualmente. L’amore è tale perché si plasma a partire da Dio.)

L’uomo cerca la verità per natura, ma cerca oltre il parziale ed è fatto per l’assoluto.

Nel pensiero c’è la capacità di vedere ed intendere la verità. (Lotta col pensiero debole in
cui ognuno deve potersi gestire la libertà come si vuole —> ma la libertà fatta così porta al
conflitto. —> se il conflitto non è evitabile è evidente però che in una cultura deformata si
strutturano relazioni che creano umanità sballate. L’identità si da sempre in un terreno
relazionale e culturale. Le scelte, la verità non è mai autonoma, ma è sempre un discorso
che ha rilevanza comune. Ecco perché l’enciclica si batte con il relativismo e batte sulla
verità. Ogni mamma oggi dice il corpo è mio e faccio ciò che voglio, ma lì c’è un bambino
che non è corpo tuo, e nemmeno è tuo possedimento)

Affidarsi non è una capacità ma il contesto del sorgere dell’umano. Ogni uomo conosce la
verità perché si è affidato a mamma e papà. Non è una capacità antropologica, ma è la
base attraverso cui l’umano viene a essere. L’affidamento è l’unica strada dell’uomo
all’inizio, ed è dovuto in toto.

L’uomo cerca verità e ricerca qualcuno a cui affidarsi. Manca il modo di far interagire le
due cose. Spiritualmente c’era il direttore spirituale. Ma l’enciclica non sa dire come unire
la verità intellettuale e l’esperienza dell’affidamento.

L’enciclica sta partorendo qualcosa di nuovo ma non lo ha ancora partorito. Ce ne


accorgiamo tensioni interne che ci sono. Giovanni Paolo II sta facendo un passo ma non ha le
categorie per farlo.

La chiesa non sposa nessuna filosofia ma rifiuta quelle che non ammettono la possibilità della
trascendenza.

—> da qui leggere da soli, tralasciando un giudizio sintetico.

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B - FEDE E RAGIONE OGGI -


LEZIONE 9 COME FILE
Cos’è la ragione?

(Nessuno fa un dottorato su fede e ragione. Anche perché sarebbe ragione nella forma critico-
scientifica.

Abbiamo davanti un uomo.

Se tu hai davanti una realtà di cui l’uomo fa parte devi capire anche chi è l’uomo. Non esiste però
una definizione per dire l’uomo perché l’uomo è mistero.

Dire che l’uomo è animale razionale è accettatura. Cammin facendo, sempre di più si è chiuso lo
sguardo sull’uomo e nella modernità l’uomo è diventato l’individuo e chiudendosi l’uomo,
l’antropologia è diventata un’antropologia delle sue facoltà. Ogni facoltà è stata sempre più
inquadrata separata dalle altre. Ma fra le facoltà si è data importanza alla Ragione. Esiste la facoltà
critica dell’umano, ma in realtà non esiste in sè, l’uomo non è ragione ed essa non si può separare
dall’umano. Una delle più grandi intuizioni della fenomenologia è questa qui. Merleau-Ponty
capisce che l’uomo originariamente non si divide dalla realtà ma si fonde in essa.

Non esiste la ragione, esiste l’uomo. E ogni uomo è un’unità. Originaria è l’unità non la divisione. La
ragione non può perdere l’uomo. L’uomo non è un armadio fatto di cassetti.

L’oratorio non deve essere un compartimento stagno, ma fecondare la vita. Non è fede chiusa lì. La
direzione spirituale insiste sulla vita. Non è sulla preghiera ma sulla relazione con Dio nella vita. Il
giudizio universale viene dall’amore che hai vissuto. Non si può dividere la facoltà critica dell’umano
dal contesto relazionale in cui sorge.

La ragione non è una facoltà ma una regione dell’umano inseparabile dalla sua unità )

La RAGIONE è uno degli elementi dello sguardo che Gigi (uomo concreto) ha sulla realtà.
Lo sguardo sulla realtà ha tanti elementi tra cui la ragione.

Lo sguardo sulla realtà è ampio… se lo sguardo critico si proietta sulla realtà, allora la
realtà prende forma razionale. Il fatto che sei dentro la realtà fa in modo che non ci siano
categorie a priori ma che le due cose vadano insieme. L’istanza critica è allora in qualche
modo definita dalla realtà che tocca. Se lo sguardo si incaponisce su un aspetto della realtà
allora lo sguardo si definirà in quell’aspetto. Se mi concentro sulla matematica lo sguardo
sarà diverso. È diverso se lo sguardo si concentra sui legami, sulle emozioni, sulla ragione
critica. La ragione allora assumerà una forma specifica in base all’osservazione, perché le
regole con cui guardare la realtà me le da la realtà stessa. L’evidenza della matematica
non è la stessa della mamma.

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La filosofia occidentale ha finito per descrivere la facoltà della ragione a partire dallo
sguardo critico-scientifico sulla realtà.

La modernità ha detto che la ragione si definiva a partire dallo sguardo


filosofico/critico/matematico, ma poi ha perso perché il legame, la bellezza, non è questione
filosofica universale e necessaria, ma chiede un altra forma di ragione. (I totalitarismi tipo
il marxismo vengono fuori dall’idea che la forma economica studiata sia paradigma per
comprendere tutto il resto.

Quando la verità ha cominciato a venire dall’uomo si è esclusa la cosa stessa e quindi si è


ridotto lo sguardo sulle cose perché si è insistito solo sullo sguardo critico-scientifico perché
l’unico universale e necessario. Ma la realtà si ribella ad uno sguardo monoriferito e chiede
di essere lasciata parlare.

Non si può definire la ragione fuori dalla realtà presa in esame.

Ecco perché non si può dire fede e ragione. Si diceva che la ragione è uno sguardo e la
fede un’altro sguardo. Ma si divide l’umano in due. Invece noi diremo che esiste una
ragione teologica che è la forma dello sguardo quando la ragione si concentra sul divino.
Ma lo sguardo appare adeguato solo nel legame di discepolato vissuto con l’apparire del
logos le cui categorie di lettura sono fissate una volta per sempre in un evento narrato. (Tu
conosci Dio solo se lo segui e impari da lui come lui si fa conoscere e come si dice)

Normalmente noi diciamo che la ragione prende forma a partire dalla realtà in oggetto, ma
noi ora stiamo dicendo che la cosa si da anche a partire da una disposizione vitale verso la
cosa in quanto la ragione non è separabile. Tutta l’identità, la persona, il vissuto è messo
in gioco nella relazione conoscitiva. Per conoscere Dio è necessaria una disposizione. Ma
anche nel conoscere il tavolo ci sono modi diversi di conoscerlo, (molecolare, falegname,
designer —> ragioni diverse). L’intenzionalità e la disposizione non in relazione alla cosa che
si da.

Pag 59 lezione 9

Di dice che il senso comune è che normalmente si vive e che creder sia un passaggio in più. Il
contrario della fede è l’incredulità, il contrario della ragione è l’irragionevolezza non la fede.

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La lezione 9 è tosta va masticata un po’.

La prima idea è che per ricomprendere in termini reali fede e ragione.

Due sono i grandi passi dopo il CVII.

Uno è il CRISTOCENTRISMO. Si capisce che non si può fare teologia se non a partire
dall’evento storico che ha per protagonista Cristo. (Prima Cristo è quasi un inviato
funzionale che porta una verità e dopo diventa lui stesso la verità)

Due è il fatto di avere SUPERATO IL DUPLEX ORDO (non c’è natura fatta e conclusa che
ha per fine la felicità e una soprannatura a cui Dio ti eleva —> ma fin dall’inizio sei creato
in Cristo, hai il marchio di fabbrica, e ciò vuol dire che non esiste uomo che non abbia
come destinazione da sempre l’entrare in comunione con la Trinità. —> questa cosa si
chiama predestinazione in Cristo. In Cristo perché è in Cristo che si trova la porta stretta per
entrare nella Trinità. —> non esiste allora una natura senza Cristo)

Tutto ciò ha portato a formulare una forma della ragione teologica.

Balthasar.

Per fare una torta posizioni già gli ingredienti in modo diverso in base al tipo di torta. Così
Dio non costituisce gli uomini indeterminati e gli da poi una forma, ma sei creato già in vista
della missione a cui sei inviato. Ma mentre crea il Padre aveva già in mente, nel progetto, il
fatto che il Figlio fosse destinato a diventare creatura, e per questo nel creare l’uomo il
Padre gli ha dato la forma del Figlio. Proprio perché al centro della storia c’è il progetto
dell’avvento di Cristo, allora noi siamo destinati a lui. Emerge allora la mediazione nella
creazione (in Lui tutte le cose sono state create) —> vuol dire che tutte le cose hanno
matrice cristica. Dio ha preparato tutto in vista della comunione totale realizzabile solo
nella forma di Gesù Cristo (umanità). L’incarnazione non è un dopo, ma un prima perché è
ciò che permette all’uomo di entrare lì. Da sempre l’umanità è destinata ad entrare nel
abbraccio eterno tra Padre e Figlio e si entra da Gesù Cristo che ci permette di essere figli
adottivi. Ecco che l’idea che esista una natura indipendente al dato creaturale, tesa alla
felicità non ha alcun discorso. L’uomo si scopre paradossale, naturalmente orientato al
soprannaturale. (Fa parte della natura essere plasmata in Cristo).

Colombo, fondatore della scuola di Milano, scrive “la ragione teologica”. Le due ali rovinano
sia la fede che la ragione. La separazione è aporetica. La fede implica anche un’istanza
critica e la ragione non si da come asettica e esterna da un umano.

La teologia deve dire all’uomo la verità di DIo. Fino a 20 anni fa si pensava filosofia e
teologia sulla scia di fede e ragione (nostra formazione ancora in quella logica… è ancora

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prima e dopo).

Kasper.

La fede non è uno stop al pensiero. Ma colui che crede non vede di meno, ma di più e può
confidare che il supplemento di visione si confermi nel pensiero.

“La fede sa la verità di Dio; la sa perché la crede, cioè la sa nella forma del credere. In
altri termini, credere è una forma del sapere, non la negazione, non l ’alternativa al sapere;
propriamente la fede è il modo – singolare, unico – di sapere il Dio della rivelazione.”

L’uomo, cioè, «viene a sapere la verità prestando fede a Gesù Cristo»

Tu sai tua mamma, la conosci, ma non perché l’hai sezionata, ma perché hai vissuto il
rapporto di figlio nell’unico modo in cui era da vivere. Il credere allora è il sapere della
fede intesa come relazione a Dio.

Dobbiamo uscire dall’idea intellettualistica del sapere.

Dovremo capire perché la teologia è un sapere della fede.

La fede è l’evidenza della realtà che ha incontrato la tua libertà.

la razionalità non determina una verità naturale sulla quale vada a poggiarsi la fede
(rimanendole giustapposta). (L’affidamento è originario non la conoscenza scientifica. E
quando il bimbo si affida, la mamma lo conduce a costruire un’istanza critica —> tu non
conoscerai la teologia chiuso in camera a studiare. Te la dice un altro, fidati un po’ ma poi
usa la ragione).

La ragione teologica è la ragione che si accende nell’incontro tra l’uomo e Cristo e si


accende quando tocca l’umano. Ciò che Cristo compie è realmente incarnato e ciò che porta
a compimento è ciò che tu sei.

Come si chiama un’umanità riuscita?

Santità perché li è il luogo dover ciascuno trova il suo splendore. Non ci sono santi uguali.
Non troverai mai due santi uguali ma troverai peccatori uguali. I lussuriosi sono tutti simili
nella loro lussuria, ma i santi sono tutti diversi.

La logica soggetto oggetto nasce in un riduzionismo scientifico. Giusto in scienza, ma tale


logica esportate in altre forme del sapere perde tutto.

Chiedersi scientificamente a quante settimane di vita si può abortire pensando che la scienza
sia neutra è domanda finta.

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A chi chiedi se puoi clonare? Al biologo che ha la potenzialità tecnica?

La scienza positiva opera un riduzionismo legittimo per sì, ma ciò non significa che il
sapere sulla realtà passa tutta di lì.

Se con il metodo scientifico voglio indagare tutto il mondo faccio danni. Se indago il
rapporto madre-figlio con il paradigma psicologico capisco un pezzo ma non tutto. Sul covid,
economisti virologi ed educatori hanno idee diverse perché metodo di visione diversi.

Ci serve allora un metodo per scoprire l’originale dell’umano. È la presenza della realtà
esterna che ti mostra ciò che sei. La realtà quando ti tocca arriva sempre con un carattere di
pericolo o di promessa. La conoscenza vera della realtà avviene quando l’uomo risponde a
quell’interpellanza e prendendovi posizione lo conosce. Con Dio la struttura affettivo
simbolica della coscienza credente.

Ogni conoscenza fa una riduzione nel sapere. Se fai il prete fai un percorso diverso dal fare il
cuoco o il giardiniere o il fisico quantistico.

La Stein direbbe che la filosofia fatta bene indaga le cose fatte in Cristo e quindi tende a lui.

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NUOVA LEZIONE
Si fare una prima parte in cui non si prendono appunti.

C - SEZIONE
METODOLOGICA E
CONTESTUALE
C1 - LA RAGIONE TEOLOGICA. FEDE E
RAGIONE

Dio crea il mondo. Dio la crea non in modo neutro ma la crea con una intenzionalità. (Era
cosa buona). Dio da un giudizio etico a ciò che lui fa apparire dal nulla. Quando crea vede
che è buono, non che è neutro. Dio crea con un’intenzionalità che è sua (identità agapica).
Anche quando gli uomini fanno qualcosa lasciano un segno di sè perché l’intenzionalità con
cui si fanno le cose le plasma. (La realtà nasce vera giusta e una perché fatta da Dio che ne
lascia il segno per la sua intenzionalità).

L’uomo nasce specificatamente libero. La libertà lo specifica.

La libertà è autoderminazione con cui uno agisce e si plasma. L’uomo scegliendo ogni
giorno si costruisce identitariamente. La libertà ha due forme una più passiva vede una più
passiva. Tu ti sei trovato posizionato. (La libertà germoglia in un terreno fondamentalmente
passivo).

L’uomo nella sua libertà può anche rivoltarsi contro colui che giustifica la sua esistenza.
Dio ha creato una libertà altra che può dirgli di no, e che rispondendo all’azione di grazia
di Dio può accogliere o negare Dio. L’apertura a Dio non è nominale o dichiarativa e basta.
La risposta che da a Dio lo determina.

Proprio per questo l’uomo non può rispondere alla realtà se non a partire dalla propria
identità. La realtà tocca ma non è mai neutrale, perché è abitata da un’intenzionalità di
bontà e giustizia. Ogni cosa ha una sua intenzionalità che viene da Dio, ma ogni cosa può

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essere investita da un’altra intenzionalità dall’unica altra libertà che c’è nel mondo:
l’uomo.

La mia libertà prendendo posizione sulla realtà, in base alla posizione che prende poi
scopre o meno il vero ed il giusto. (Se vedo una donna con pulsione sessuale la conosco? Se
sono marito un po’ di più, senno no). La verità deve essere giusta e la giustizia deve essere
vera. La realtà richiama una giustizia che la appella. (Se entra un ragazzo in oratorio è un
anima da salvare. Lui mi appella sotto la giustizia. È ingiusto dare scandalo a quel ragazzo lì.
La verità dell’amore porta con sè una giustizia dell’amore e la giustizia dell’amore porta con
sè la verità.) Tu scopri la realtà quando prendi posizione corretta rispetto ad essa. (Anche
nell’intenzionalità)

Quando Paolo parla di verità parla anche di giustizia. (Logos e nomos). Si accede alla verità
in modo pratico ovvero nell’agire. (Chi conosce di più Dio? I santi che hanno plasmato la
loro libertà nella forma veramente giusta)

Il problema della verità risiede in parte nella realtà ma in parte anche nella libertà umana.
La verità è relazionale in quanto si trova nell’incontro tra la realtà è ciò a cui è destinata
(uomo).

La realtà è abitata da una verità che è bontà e giustizia. La verità è il modo in cui la realtà si
da nella sua intenzionalità creata, e il senso è invece il modo dell’uomo di provare ad
accostarsi alla realtà. L’uomo conosce a partire dall’apertura e disposizione che ha. La
filosofia dell’ultimo secolo non mette la verità nella realtà, perché la verità è l’incontro tra
realtà e uomo. La ricerca di verità da parte dell’uomo è veramente ricerca di senso. L’uomo
che cerca il senso della sua vita sta cercando la verità e il fondamento della sua vita. La
verità è giustizia non intelletto.

L’uomo non è Dio, e quando è toccato da una realtà forma per sè stesso un orizzonte di
senso. (Coscienza pratica) L’uomo crescendo fa esperienze e le simbolizza e si costruisce
orizzonti di senso.

L’orizzonte di senso non per forza corrisponde alla verità.

Se io approccio alla realtà con la mia identità, allora approccio ad essa con tutto di me
(ragione, emotiva…).

Nel ragazzo si solletica la sua istanza critica per mettergli in ordine l’orizzonte di senso.
(Anche l’emotivo si struttura nella realtà, e così anche la ragione).

Ciò che specifica con che istanza conoscere la realtà è la realtà stessa. L’istanza critica della
fede in qualche modo è il modo di conoscere la relazione vive con Dio e chiede qualcosa.
Allo stesso tempo la fede ti ha plasmato anche nell’orizzonte di senso. Da un lato la fede è
un modo di darsi della ragione, ma dall’altra parte è anche un’istanza che ha strutturato
l’orizzonte di senso della ragione.

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—> c’è un ermeneutica tra il disporti adeguatamente alla realtà e comprenderla.


L’orizzonte di senso si da nella pratica e la pratica si da nell’intenzionalità che viene
dall’orizzonte di senso. La realtà però nella sua disponibilità è abitata da un’intenzionalità
che rimane disponibile e si propone. Allo stesso modo Dio continua a proporsi all’uomo
nella sua intenzionalità perché provocandone l’orizzonte di senso (con esperienze pratiche,
di carattere intellettuale, emotivo, riflessivo…) e entrando in una relazione che implica tutto
il vivere.

Il capitolo 9 e dovremo studiare molto bene la parte filosofia/teologia. Lo riprenderemo alla


fine per far vedere in che modo fede e ragione non possano essere due grandezze separate.

La filosofia indaga la realtà nella sua dimensione intellegibile. La forma con cui la filosofia
indaga la realtà dice di sè. Destruttivismo è diverso dalla Stein. Ma la filosofia non studia
senza Dio. La filosofia non può dirsi agnostica perché il tema del divino appartiene
all’ambito filosofico. La teologia parte dalla rivelazione, ma la filosofia non può non tenere
conto della forma intenzionale della realtà. Se interroghi davvero la realtà puoi scorgere un
intenzionalità che la abita. (Interessante il cammino filosofico della Stein).

pag. 64

Non esiste una realtà secondo Dio e una senza Dio. La realtà se studiata nelle sue
intenzionalità porta la filosofia a Dio.

Tra filosofia e teologia non c’è estrinseco concordismo ma una corrispondenza in cui una
rimanda all’altra costantemente. Non sono due cose diverse che vanno assieme ma due forme
del pensare che si rimandano e si collegano costantemente rimandando una all’altra. (Quando
abbiamo pensato che al filosofia potesse dare le categorie per capire Dio abbiamo fatto male,
ma invece le categorie vengono dall’incontro tra le due. Nelle categorie teologiche c’è
qualcosa che diventa categoria filosofica, e nella filosofia c’è qualcosa che diventa categoria
teologica)

Filosofia e teologia sono due istanze della stessa interrogazione nell’incontro tra l’istanza
critica umana e il dirsi di DIo.

Rossano dice: “pensala come le due nature di Gesù, senza confusione e senza divisione”.

Il mistero del mondo, che è il mistero del suo fondamento, quando accetti di entrare lì, devi
abbandonare le definizioni che sono schemi di pensiero. L’obiettivo non è schematizzare la
realtà, ma comprenderla e quindi non potrai mai avere una comprensione totale.

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L’uomo ragiona bene quando tiene insieme le due istanze (umana e divina). Filosofia e
teologia sono distinte ma non separate. La filosofia non parte dalla rivelazione ma ciò non
toglie che possa averne ispirazione. La filosofia ben fatta si avvicina alla verità e molto più di
una teologia mal fatta.

C2 - IL CONTESTO POST-MODERNO E
L’ASSOLUTO CRISTIANO. L ’APPREZZAMENTO
CRITICO DEI PERCORSI CULTURALI
È il proprio di don Rossano Sala. Dove ha lavorato di più.

Dalla lezione 3 alla 8 abbiamo fatto storia.

Lezione 9 di passaggio.

Lezione 10 e 11 siamo nella parte contestuale. La teologia fondamentale scopre la sua


identità a partire dal contesto in cui è inserita.

Ogni cristiano annuncia, ma la forma dell’annuncio che a volte ne fa vedere una verità che
non ne avevamo considerato, è diversa nel dover parlare ai bambini, ai malati, ai vecchi… La
forma dell’annuncio non è solo data da Dio ma anche dal destinatario. La teologia
dovrebbe dare più lenti possibili e la vita pastorale dovrebbe essere esporre il diamante alla
luce e vederne i riflessi, ma se non si ha il diamante non si colgono i riflessi. Uno studio
teologico buono da vita pastorale buona.

Se questo è vero è vero in tutto. Anche la teologia è diversa in base ai contesti. E in base ai
contesti può essere che la teologia scopra delle cose che aveva in sè ma non era uscita.

In ogni cultura c’è una tensione al bene. Si parte dall’apprezzamento.

pag. 67

L’illusione moderna era rinchiudere la realtà in un orizzonte di senso razionalistico-positivo.


Oggi la ragionevolezza scopre i propri limiti.

la ragione aperta chiede all’istanza critica di posizionarsi non in modo razionale ma in modo
più aperto (poesia, religione, irrazionalità…)

L’estetica non ha solo istanza razionale ma anche percettiva… l’ARAZIONALE è il


riconoscimento che esiste un sapere che non risponde innanzitutto sotto la forma
dell’analisi matematico logica. Di fronte al quadro di Caravaggio primaria non è la
percezione crititco-rifelssiva, ma quella estetica. Poi però il critico-riflessivo consente di

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condividere. Davanti alla vita che nasce è necessaria una disposizione etica. (È fuori da
istanza critica? No, ma in più).

LA CULTURA POST E ULTRA MODERNA

Siamo in un momento culturale nuovo. Ci si rende conto che siamo in uscita dalla modernità
ma non si capisce dove dobbiamo entrare. Definiamo il nostro periodo in relazione ad un
altro.

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SI INIZIA LEZIONE 10 (DAI FILE) — COORDINATE DEL POST-


MODERNO
Esonero può essere in sessione, o ultima di scuola o sessione o febbraio.

Ci sono 3 pomeriggi.

Il rappresentante segue la cosa.

___________________________________

Il problema della CULTURA POST-MODERNA:

- non ha identità chiara perché si definisce in base a quella prima;

- la lettura sarà sempre limitata perché è in corso e non si può avere sguardo oggettivo.

L’umanità per secoli è stata vista con un adulto razionale. L’uomo maturo era così.

- Oggi si mette sempre più al centro la libertà (vedi comprensione dei diritti e dei legami,
che sarebbero il fondamento dei diritti. Mentre si chiede diritti non si da valore ai legami, ma
la libertà dell’altro è al cuore della mia libertà. Siamo qui perché qualcuno ha impegnato la
propria libertà per custodire la nostra. Ma se la libertà è intesa come un insieme di feudi in
cui ognuno è padrone del suo). (La libertà assoluta non è umana, ma è umano il legame che
istituisce la libertà. La vita consacrata consacrata dice che non è la libertà autonoma a dire
l’umano ma lo dice invece l’obbedienza ai legami tenuti fra loro. —> vedi peccato
originale… il peccato non ha solo dimensione personale e la mia santità non ha solo una
dimensione personale)

- Oltre a ciò il post-moderno si butta sull’emotivo. Persa la ragione (esiste una ragione
uguale per tutti e disponibile all uomo). Se il senso non si interfaccia più con la verità, il
criterio del senso viene dall’uomo stesso che si affida al suo sentire. (Io non sento Dio… il
sentire è una componente non banale… ma il sentire non è tutto, e non permette di costruirti.
Tolta la verità il senso si costruisce e lo fa sul sentire. Questo socialmente porta disastri
perché tra sentire diversi non si riesce a giustificare il vivere comune. (Le società più
moderne hanno violenza sociale importante). Il post-moderno non vuole ricevere la verità
perché l’idea di base di obbedienza e di autorità degli ultimi secoli hanno stufato. Il
boomerang è l’idea di una chiesa istituzionale e oggi c’è il problema di farsi spazio e dire ai
giovani “guarda che la chiesa sei tu”.

LA MENTALITÀ POST-MODERNA, COORDINATE FONDAMENTALI

• Svolta anti-platonica in una carica contro l’onto-ontologia.

(Heidegger va contro l’identificazione di Dio con l’essere. Dice lui onto-teologia per dire che
non necessariamente l’essere coincide con Dio. Secondo Heidegger l’identificazione ha fatto
male anche alle categorie di essere). Se da Platone in poi la verità della cosa è oltre la cosa,

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da Nietzsche in poi si elimina il trascendente e quindi l’idea che esista un fondamento.
Heidegger critica la metafisica, ma critica quella che c’era… all’uomo spetta il finito, solo
l’umano. (Anche i new age sono in questa logica… esiste un’energia universale, sono nel
flusso, ma questa energia rispetto a te com’è?) È l’idea che sia finita la metafisica.

• Svolta anti-ideologica contro la ragione scientifica;

Si mette in crisi l’idea che ogni forma di verità non possa darsi. Il progresso indefinito della
scienza crolla. (Matrix dice che il mito del progresso illimitato è in crisi).

• Svolta anti Aristotelica e contro il determinismo.

Aristotele con le 4 cause crea un sistema deterministico in quanto se conosci le cause


conosci gli effetti. Invece oggi la modernità è liquida e il nesso causa effetto è liquido. Il
punto di ancoraggio dell’esistenza liquida è la creazione del proprio personale anche nella
propria corporeità. (Se io mi sento donna perché non posso? Se voglio essere mamma senza
esserlo, e uso un bambolotto, perché non posso?) (Don Quadrio: un ragazzo vale quanto vale
quanto vale la sua volontà virile) Si afferma il post-umano, dove la tecnica deve
creativamente darti possibilità, in quanto non c’è.

• Svolta anti-agostiniana, eros libero da ogni legame.

Il diritto personale assoluto (ma ciò che fai di te implica l’altro). Ma la casa comune che
viviamo non è solo di uno, ma è di tutti anche culturale. E le idee/leggi nuove cambiano la
cultura di tutti. Le leggi in favore di alcuni cambiano la vita di tutti. (Oggi gli antifurti nella
case hanno sostituito la sagra del paese in cui si viveva il paese). Potenziando il diritto si
scioglie il legame e il diritto diventa schizofrenico. E legame non è relazione, ma il fatto che
si è legate. L’eros senza legame è questa cosa qui.

• Svolta anti-sociale.

L’appartenenza di gruppo è sempre più debole. Si moltiplicano le associazioni e i gruppetti


(vedi anche le chiese che fanno gruppetti che fanno sentire accolto ma non danno la giusta
dimensione dell’altro risvolto che è l’appartenere ad un’organizzazione le cui norme non
sono decise da me). La vita si deregolamenta e si chiude. Si è perso il senso comunitario.
(L’appartenenza parrocchiale oggi è depotenziato e se prima era ovunque oggi serve uno che
trascina).

TRATTI DELLA POST-MODERNITÁ


• Sfiducia nei saperi totalizzanti e metacomprensivi . Non esiste più una narrazione che
comprenda tutto.

• Concetto di razionalità debole.

• Passaggio dal paradigma dell’unicità a quello della molteplicità . C’è legame tra senso
assoluto e violenza. La post-modernità nasce in un momento in cui sembrava che il

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problema della violenza venisse dall’autorità che imponeva. Noi sperimentiamo che ridurre
l’autorità non ha ridotto la violenza ma al contrario la ha esasperata. Si veda la concezione
complottista (si vede male ovunque).

• Etica della tolleranza.

(Ricoeur dice che la tolleranza non è etico ma metaetico, ovvero che non è giustizia, ma di
una giustizia che è superiore a quella dei farisei. Dove la tolleranza supera la verità si creano
problemi).

Leggiamo da 71 a 77 da soli.

L’uomo post-moderno è nomade, non viaggia ma naviga a vista. Oggi le istituzioni religiose
sono destabilizzate dal pluralismo, dal calo della domanda religiosa (non spirituale, ma
religioso). Si parla del supermercato del senso.

La globalizzazione del religioso.

La religione diventa globalizzata, ma anche l’istituzione religiosa finisce per adottare


tecniche di capitalismo di mercato per posizionarsi sul mercato religioso. L’idea di fondo è
“come mi fa sentire questa pratica religiosa”.

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LEZIONE 11 DEI FILE

Qui stiamo ancora mettendo insieme tasselli. Poi metteremmo insieme.

C3 - LA SFIDA DEL DIALOGO


INTERRELIGIOSO: FEDE E RELIGIONE
Cosa rende un uomo tale?

Libertà, senso, storia, fantasia… Tutte cose vere ma oltre al cosa anche il modo… perché la
libertà può anche rendere meno uomo. Ci sono umanità che germogliano e libertà che
abortiscono alla vita.

Primo passo

Noi diremo che ciò rende un uomo tale è che è stato creato in cristo (immagine e destinato
a comunione) —> si dice PREDESTINAZIONE.

Pre-destinazione non nel senso di destino obbligato ma nel senso che sei già creato con
l’intenzionalità di un posto in paradiso. Dio non lo sa ciò che tu farai tra dieci anni, lo
immagina ma non lo sa… Se tu tradisci la tua vocazione è una scelta tua, libera davvero. La
storia è veramente nuova, anche per Dio. (Dio ti conosce molto bene e in qualche modo
capisce le tue fragilità e come ti orienterai, ma non lo sa).

—> chi segue Gesù vero uomo, diventa anche lui più uomo. Ciò che da la giusta forma
all’uomo è la realizzazione di diventare (predestinato… destinato a comunione) figlio
adottivo nell’unico Figlio.

L’uomo ha una relazione originaria, ontologica, fondamentale con Dio. Dio non si aggiunge
all’uomo, ma è più intimo a noi di noi stessi. Realmente lo Spirito agisce nell’uomo a
prescindere del fatto se l’uomo chiami per nome Gesù Cristo. (In questa logica… uomini di
buona volontà… un uomo di retta coscienza è un uomo che senza saperlo ha aperto la sua
coscienza ha Dio —> Donna siro-fenicia, centurione… non sono abitati dal male e la loro
libertà è aperta all’azione dello Spirito). (Il cinese dell’VIII secolo si salva nella retta
coscienza)

Secondo passo

Abbiamo poi detto che libertà e identità hanno un rapporto così stretto che può essere quasi
coincidere. La mia libertà determina la mia identità e la mia identità determina la mia libertà.
Ma la mia identità è condeterminata anche dal mio corpo, ma anche legami, cultura,
carattere…

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Ci concentreremo su legami e cultura ed in particolare sulla cultura.

La cultura influisce sull’identità e sulla gestione della libertà. (Nel 2020 il cellulare da
accesso all’universo e questo non è indifferente)

Terzo passo

Diremo poi che l’uomo comprende la verità perché da una parte ne è toccato e dall’altro
perché prende posizione con la sua libertà rispetto a quella verità. La verità si mostra
interpellando la libertà. Il giovane ricco incontra la verità che lo chiama a prendere una
decisione. In base alla decisione che prende può scoprire che Gesù è veramente Dio, o che è
uno che chiede troppo.

SE LA CULTURA STRUTTURA LA MIA LIBERTÀ IN MODO DA NON RENDERMI SENSIBILE ALLA


FORMA DELL’APPELLO DI DIO, AUTOMATICAMENTE LA MIA RISPOSTA NON C’È. SE LA
CULTURA REALMENTE PLASMA L’UOMO (UOMO STORICO —> CULTURA PLASMA REALMENTE)
INFLUISCE MOLTO SULL’APERTURA A DIO.

IL LAVORO DEL SEMINATORE È SPARGERE, MA LA FERTILITÀ È DATA DAL TERRENO. LA


CULTURA È IL TERRENO CHE RENDE IL SEME PIÙ O MENO FRUTTUOSO. SE LA MIA CULTURA
CORROMPE LA COSCIENZA, ALLORA SARÀ DIFFICILE SVILUPPARE UNA RETTA COSCIENZA.
QUESTO VALE ANCHE PER I LEGAMI, E ANZI I LEGAMI VALGONO DI PIÙ.

Se la cultura dice che è bene uccidere il nemico e mangiarne il cuore, è più difficile plasmare
l’umano rispetto ad altre culture. (Se la cultura dice goditi il momento perché si vive una
volta sola… allora questo rende l’accesso alla fede in Dio e al Paradiso più complesso come
orizzonte di senso)

Tra cultura e vangelo c’è rapporto stretto. Ma il missionario deve andare se basta la retta la
coscienza?

Perché evangelizzare la cultura?

Perché da una parte la nuova cultura (logos) mostra un pezzo di vangelo che prima era
nascosto e poi perché il vangelo rende la cultura più umana e umanizzante. Rendono la
cultura degna dell’umano.

Il vangelo a contatto con la novità della storia rende davvero quella cultura più umana.
(Nella logica della predestinazione???)

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Ecco perché evangelizzazione e salvezza vanno assieme. Se io evangelizzo una cultura
aiuto una coscienza ad aprirsi all’agire di Dio. Ecco perché studi. Se non hai gli strumenti
per fare questo, puoi seminare miliardi di semi, ma gli uccelli te li mangeranno.

Tra la libertà santa e quella del cattolico che va in paradiso la differenza tra nel perno della
relazione con Dio. Il santo ha il centro in Dio. Il cattolico meno.

Se sono aperto a Dio da damigiana riceverò Dio in misura della damigiana, e se sono aperto
da bicchiere lo riceverò da bicchiere. In paradiso tutti saremo colmi di Dio, ma non tutti allo
stesso modo, e la misura di costruisce oggi storicamente.

Nessuno in paradiso dirà “potevo essere più felice”, perché sarà felice al massimo. Ma il
massimo della felicità lo definiamo storicamente.

Due sono le modalità con cui si definisce solitamente il paradiso:

- Rapporto uomo/Dio… pienezza, compimento, Visio dei…

- comunione dei santi… in paradiso quello che io sono sarà dono per tutti gli altri. La
pienezza di Francesco sarà un dono per me. Ecco perché è importante la storia. Perché ciò
che sei nella storia scrive l’eternità. (Un bambino abortito è in paradiso con la pienezza
dell’uomo abortito, che non è la pienezza di Carlo Acutis, e non è la pienezza dell’uomo
vissuto nel peccato convertito realmente all’ultimo) (ciò che tu sei è ciò che doni all’altro, ma
in eterno)

—> a tal punto la storia influisce sull’eternità. Ecco perché la santità è una cosa seria.
(Ecco perché Don Bosco era così preoccupato che i suoi giovani si chiudessero a Dio) (ecco
perché Maritain diceva che fosse paradossale che Dio avesse creato una libertà che potesse
dirgli di no… Che il progetto eterno fosse nelle mani dell’uomo. Che l’inferno non è solo un
fallimento dell’uomo, ma anche una ferita nel cuore di Dio eterna).

_______________________________________

Quando pensiamo il rapporto tra cristianesimo e religioni dobbiamo avere in mente queste
cose qui.

Le religioni sono mediazioni di salvezza per l’uomo?

In linea di principio si… Nella misura in cui aprono la coscienza dell’uomo. Un’apertura
al sacro è già un passo avanti.

Non sono strade di salvezza autonome, ma in qualche modo aprono alla salvezza di Cristo,
perché la predestinazione è una e la salvezza è una.

(Ogni azione è abitata da una intenzionalità di giusto e vero, ma quel intenzionalità è


giudicata dall’intenzionalità di Dio e più ci stai dentro più ti apri. Ma non è che puoi
misurare umanamente le condizioni di apertura perché sei influenzato da possibilità storiche,

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culturali, limiti, ma ti giudicherà Dio in base a quanto ti ha dato e poi in base a quanto tu ti
sei disposte nelle possibilità. Ti plasma lui poi.)

(Non puoi dire come Dio giudica, perché è più grande di te)

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Sul file 11. 5 MODELLI DI ERMENEUTICA DEL RAPPORTO TRA RELIGIONI.

- Modello esclusivista: fondamentalmente extra ecclesia nulla salus…

Solo chi ha conosciuto storicamente la chiesa e muore in comunione può essere salvato. Nel
medioevo si crea il limbo… Per coloro che non erano cattivi ma non avevano conosciuto Dio.
Per questi l’agire salvifico di Dio si agiva solo nei confini della chiesa. All’inizio il
principio nasce con l’idea “non c’è altra salvezza che quella che si vive nella chiesa”… ma
questo non serviva a dire che chi è fuori non si salva, ma serviva a dire in un contesto di
eresie che la salvezza si dava li. Il problema si è dato nel medioevo quando si pensava che il
cristianesimo fosse arrivato ovunque e chi stava fuori dalla chiesa aveva una colpa.

La posizione è condannata da PIO XII (1949) e il santo Uffizio. È eresia.

- Modello inclusivista cristocentrico: è il modello di Rahner. (Nostro)


Quello che abbiamo visto nella prima ora. Fa qualche errore ma imposta bene dicendo che lo
Spirito agisce anche fuori dalla chiesa, in quanto ogni uomo è legato ontologicamente a
Dio. Ora è vero che il battesimo, l’eucarestia e i sacramenti cambiano l’ontologia della
libertà e cambiano il potenziale eterno (veramente i sacramenti e la chiesa danno possibilità
storiche non indifferenti) ma questo non significa che lo Spirito non possa operare fuori dai
confini visibili e in modo analoga. È l’idea del desiderio di battesimo. Un uomo così retto che
se non avesse l’influenza culturale avrebbe chiesto il battesimo. Lo spirito di Cristo agisce
nell’uomo in modo misterioso. Lo Spirito, che plasma la libertà umana di Cristo come
completamente aperta a Dio, così lo Spirito si abilita ad aprire la coscienza degli uomini.
L’incarnazione cambia tutto nella storia. Quando tutto è compiuto, dove Cristo effonde lo
Spirito, in quel momento lo Spirito infonde la forma di Cristo ad ogni uomo. (La discesa
agli inferi, è un cambio della storia che cambia l’eternità). Cristocentrica perché ogni uomo
che viene salvato sia dentro la chiesa che fuori è salvato attraverso Cristo, che ha l’autostrada
nella chiesa e una via parallela nell’agire dello Spirito fuori dalla chiesa. (La mamma
mussulmana di retta coscienza brillerà in paradiso più di me, perché lo Spirito agirà in lei in
modo migliore di quanto gli lascio fare io che conosco ma non apro). (Perché Cristo è l’unico
giudice? Perché è l’unico che può salvare… Io non posso salvare e quindi non giudico. Il
bambino stuprato da un prete da piccolo, magari non avrà un rapporto buono con la chiesa,
ma allora non si salva? O si salva sicuro? Lo sa solo Cristo) (maledetti/benedetti perché
quando… quando è che non/quando è che… la salvezza non si da nell’adesione di un
contenuto di fede, ma per una vita di amore e bontà e apertura agapica… realmente l’unica
via di salvezza è la chiesa, ma lo Spirito può innestare in essa. La chiesa è sommamente
necessaria, pur essendo servo inutile. Non è che la chiesa se non raggiunge uno quello non si
salva, ma lo Spirito raggiunge uno in base a vicinanza… Ecco perché la fede non è per se
stessa, ma sempre per altri.)

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Si includono tutti, ma non in modo meccanico. (Uno ha sempre la possibilità di coscienza
retta perché la sua coscienza è abitata realmente dallo Spirito e perché la realtà mantiene
un’intenzionalità creaturale di verità e giustizia che permette un incontro. La retta
coscienza in una cultura che posiziona in maniera distante dalla fede assume sempre una
forma sacrificale. Vedi Socrate che muore per la verità. La retta coscienza contro la cultura
che distorce assume umanamente la forma sacrificale che non è solo cristiana ma è umana e
nel cristianesimo si dice eminentemente). La retta coscienza è allora giudicata da Dio. Nel
senso di giudizio se è realmente retta e nel senso che solo Dio può salvare e sa tutto. La
chiesa non giudica la retta coscienza. La chiesa deve aiutare ad accedere al volto di Dio,
può dire cosa fa bene e cosa fa male, ma non può dire cosa sia retta coscienza. (Se il
cristiano dice il volto di Dio si vede nell’amore ma poi cattolici e protestanti si ammazzano
non va —> ecumenismo) La chiesa deve ragionare e conservare le ragioni di Dio e dice chi è
Dio e ti da una strada e mostra l’unità, ma poi a giudicare è Dio, non la chiesa. (Non puoi dire
come Dio giudica, non puoi normare Dio. Non puoi pensare di possedere le ragioni di Dio)

- Modello pluralista normativo (teocentrico): Modello eretico.

intende superare la pretesa di unicità e assolutezza riferita all’opera e alla persona di Dio. Ci
si salva conoscendo Dio. C’è un’unico modo di conoscere Dio? No… ogni religione
collega l’uomo a Dio. Ma la strada cristiana è quella più importante di tutte, perché da la
norma per giudicare tutte le altre. L’islam porta a Dio? Si. Con la stessa salvezza? si. Il
cristianesimo ha solo primato normativo.

Perché i teologi dicono questo? Negli anni ’70… il cristianesimo riguarda 1 miliardo di
persone… e gli altri si salvano? Si… l’intento è buono ma la riuscita no.

Modello normativo perché la cosa importante è andare a Dio e Cristo fa un po’ da norma ma
tutte portano a Dio

- Modello pluralista non-normativo (soteriocentrico): eretico.

Tutte le religioni sono valide e sono vie di salvezza. Si toglie la norma di Cristo . Alla fine si
toglie quasi Dio perché importante è il collegamento al sacro che salva l’uomo.

- Modello cristologico-trinitario (J. Depuis)

Secondo lui tutte le religioni portano alla salvezza anche in maniera autonoma (e quindi
senza Cristo). Per i cristiani si passa per la mediazione salvifica di Cristo, mentre per gli altri.
Le altre religioni, siccome è la trinità immanente (studiata in sè, diversa da Trinità
economica che guida la storia della salvezza) che guida la storia, e non quella economica,
allora il verbo incarnato non riassume tutto Dio, e che quindi la Trinità economica è solo

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una parte della Trinità immanente che si esprime poi in altri modi. Sta dicendo che non si è
incarnato tutto, ma una parte.

La proposta non è sciocca, ma eretica. Non esiste un verbo incarnato e un verbo non
incarnato…

____________________________________

L’apertura del cuore non è legata alla tematizzazione di un argomento. Puoi al contrario
conoscere ma non vivere. La verità comunque non si possiede se non nella forma di una
mendicazione. Ecco perché i cattolici non possono dire di possedere la verità ma solo la
tematizzazione della verità. E oltre alla conoscenza della verità contenutistica bisogna
distinguere la verità vitale vissuta (il vicino di casa che ha avuto scandalo può aver vissuto
meglio di te). Depuis direbbe che si salvano lo stesso e non serve evangelizzare

La questione del cristianesimo/religioni ci sono tre problemi:

- quello sulla verità (una o tante?)

- quello su Dio/Cristo (cristo è universale o no?)

- quello antropologico

Esistono diversi livelli:

- fenomenologico: osservazione e comprensione delle religioni

- teologico: Dio che volto ha?

- pastoralmente: come si gestisce e come si inquadra la multireligiosità?

1) QUESTIONE VERITATIVA

Bisogna superare una visione concettualistica della verità. La verità è anzitutto una persona,
e prima di essere un concetto ha un profilo storico pratico. Il profilo storico della verità è
normale.

La verità che si rivela richiede la libertà che si decide per essa. Dio non si è incarnato e ha
fondato un’università, ma per prima cosa li chiama a seguirlo. Venite e vedete è
l’imperativo. Se si risponde “con te non ci vengo” la verità è persa.

Perché è importante nella religione?

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Un conto è dire che possiedi la tematizzazione della verità, ma non possiedi la verità
incarnata in una forma di vita. Tutti i giorni sono in ricerca della verità perché cerco Gesù.
Non ho la verità. Far pensare ad un ragazzo che solo noi possediamo la verità facciamo
passare un modello impositivo di potere che non è reale perché la verità la ricevi, perché
Dio si da.

Ogni uomo al cuore di sè ha lo Spirito perché nasce col cuore di Figlio, ma nel battesimo poi
diventa Figlio in modo diverso. Esser figlio può avere declinazioni diverse (figlio naturale o
adottato…). Esser figlio non è uno status ma è una vocazione, a volte molto difficile.

2) QUESTIONE ANTROPOLOGICA

Una teologia delle religioni deve pensare la figura antropologica delle diverse religioni
come possibile via di salvezza. Che un credente islamico di retta coscienza, attraverso quella
modalità di nominare dio (padre), possa avere una qualche relazione con con Dio trinità.
Sono logoi spermaticoi… ma l’uomo diventa completo e compiuto in Gesù Cristo.

3) PASTORALE

Da un lato l’urgenza dell’evangelizzazione serve ad evangelizzare la cultura ed i legami in


modo da permettere l’apertura a Cristo. Noi salesiani dicamo sistema preventivo, o
educazione integrale. Educando la cultura, la persona l’identità, io la metto nelle condizioni
di riconoscere la presenza e di accogliere l’appello. L’oratorio vuole essere un ambiente
perché non puoi evangelizzare solo un legame ma devi evangelizzare tutti i legami in un
ambiente. (Ambiente satanista dificilmente ti influenzerà ad accogliere Dio). (Gesù è buono,
ma se non giochi con me io non lo vedo… —> l’annuncio e gestis verbisque)

Il problema delle religioni è che non è che se non ti arriva l’annuncio sei chiuso, perché
l’apertura è originaria, ma siccome l’azione dello Spirito necessita di una risposta, se la mia
risposta e plagiata e non suscitata dal contesto, si allontanano dalla verità.

Quando nella storia siamo arrivati con gli eserciti per evangelizzare non sempre abbiamo
fatto bene. Se annuncio con una forma del legame dissonante con ciò che dico, allora
significa che la verità non c’è l’ho.

È chiaro cosa c’è in ballo in fede/religioni, fede/cultura?

Il dialogo è veramente la forma dell’annuncio e non un dubbio identitario.

___________________________________________________________________________
La visione di Dio che uno ha la riceve dall’esperienza. Uno capisce la misericordia di Dio perché
viene raggiunto. Quando ti facevi schifo, qualcosa è successo e ti ha fatto capire che non facevi schifo
a Dio. La paternità di Dio si capisce a partire da chi vivo. Un concetto ha ed è sempre una referenza
vitale. Se prendo tre ragazzini, un figlio adottato ed uno abusato, la referenza di padre è diversa in
tutti. Tu parti dall’esperienza che concretamente da il contenuto a quel concetto. Se io lo sperimento
male è grave. Se tu ti sposi può essere che a sposarsi si sia in tre o in due. La paternità di Dio può
essere distante oppure estremamente vicina. Nel nostro ambiente si vivono forme di relazione che

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evangelizzano me anzitutto. Perché dove due o tre sono in relazione c’è Dio e quel legame riempie il
significante. Se in comunità leggi il catechismo ma il tenore di vita in comunità è basso, allora il
riempimento sarà diverso degli stessi concetti.

È necessario che ci sia uno stile di vita alto nei nostri luoghi perché possiamo aiutare i giovani a
comprendere e accogliere Dio.

La pastorale ti fa riempire l’oratorio o ti fa ardere il cuore per quelli che sono fuori?

___________________________________________________________________________

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Inizieremo adesso teologia e scienza. Tanzella - Nitti, semplice e inquadra. Quando si parla di
cristianesimo e scienza, non basta dire la differenza di perché e come. Il come non è
indifferente al come ed il come non è indifferente al perché.

TEOLOGIA E SCIENZA
cap. 1,2 (no paragrafo 4 e 5),5 esame

cap 3,4 personale

cap 6 personale

Pag 15 dialogo tra teologia e scienza.

Dopo i siti porno su internet i più cercati sono i siti religione/scienza. C’è una rinascita di
interesse sul tema non solo accademica. Forse più i paesi anglofoni.

Pag 19.

Il titolo è scienze e teologia e non scienza e fede. Perché non si può dire scienza e fede,
perché non è primariamente un campo del sapere. Non ha una controparte scientifica.
Allora due forme della ragione devono essere messe insieme. Va scardinato che fede e
scienza non ha senso, salvo che uno dica che lo scontro è tra l’orizzonte di senso che è
generato dalla fede e l’orizzonte di senso che viene dalla scienza. Ma l’orizzonte di senso che
viene dalla scienza non è scientifico, perché il senso non è scientifico.

Big bang e fede non sono il disaccordo. Se usi il big bang per creare un orizzonte di vita
stai usando un paradigma che non ti dice nulla del senso della vita, o poco. Se pensi che la
fede sia un contenuto razionale non lo capisci.

La scienza per funzionare deve avere chiaro quali siano i suoi limiti. Riduce il reale e lì
lavora, ma non nella complessità della vita. Il mito di una scienza onnipotente quando invece
la scienza per essere valida deve essere specifica e limitata.

Il professore della scuola che vuole fare scienza, chi lo educa ad un’epistemologia corretta?
Chi gli dice che se non fa bene scienza, matematica e italiano non ti permette di fare bene il
tuo (ma forse nemmeno il suo).

Sia la teologia che la scienza sono forme del sapere e hanno a che fare con il senso. Il senso
ha a che fare con un uomo che ha una visione del vero e del giusto che mette nella realtà. Ora
la visione del mondo dedotta dalla scienza non è scienza perché non è data dal sapere
esperienziale. (Anche l’intelligence design sbaglia. La scienza non può dire che c’è un
disegno intelligente, perché implica una visione di senso e non è speriementabile. Puoi dire
che alcuni dati lasciano pensare? Scientificamente no… puoi dire questi sono i dati e poi
allora io penso)

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Nessun uomo nel medioevo ha detto ti dimostro con prove l’esistenza di Dio, al massimo
“vie”, ovvero ragionamenti che possono aiutare…

Pag 20.

Il senso di un dialogo tra scienza e teologia è alla fine un dialogo tra scienze, che usano
dati in parti comune e in parti diverse. Tra una lettura scientifica del mondo ed una lettura
offerta della rivelazione grazie all’aiuto del metodo scientifico e teologia. Una delle prime
modalità in cui si declina nel dire che la scienza studia i fatti e la teologia i valori. È una
palla. Il fatto ed il perché di un fatto non sono indifferenti. L’uomo esce da Dio o dal
cambiamento genetico di una scimmia? Come si unisce?

Il dialogo delle due scienze è un esigenza credente per dare spiegazione al senso che si
possiede e un esigenza scientifica di dare senso ad un eccedenza evidente oltre il dato.

(Tutto è fatto in Cristo, ma la scienza può essere qualcosa che può andare al fondo di sè
senza questo dato? Tutto è fatto biologicamente in Cristo… cosa vuol dire? Cristo non è
solo l’abitazione del senso ma anche la struttura di fondo del reale. Dogma e conoscenza
scientifica non sarà accostare cose diverse perché quelle due cose hanno a che fare con la
stessa cosa e avranno da dirsi… Man mano che scavi i fondamenti del reale, vedi teoria
relatività o indeterminatezza, il linguaggio utilizzato diventa sempre meno scientifico.

A questo livello ci arrivi con una conoscenza scientifica e teologica davvero non banale)

Pag 24 PRESUPPOSTI SCIENTIFICI E TEOLOGICI DI OGGI

- superamento del neopositivismo logico nella sua impresa autoreferenziale logico formale
(il mondo non lo leggi tutto) e dell’illusione di un linguaggio formale completo.

- abbandono meccanicismo determinista (mecc. quantistica spacca) (non esiste un reale tutto
soggetto alle leggi di fisica chimica e biologia. Alcuni fenomeni non corrispondono ad una
legge) (esempio classico Eisenberg = non puoi conoscere contemporaneamente di una
particella velocità e posizione)

- il riduzionismo ontologico non è visto come uno sbocco naturale del riduzionismo
metodologico (la scienza riduce per poter studiare e dare definizioni, ma il reale è sempre
ulteriore)

Nelle neuro scienze oggi si cerca l’ambito del conoscere ma è scienza complessa…

- va superata l’idea che la scienza sia impersonale, perché lo scienziato non è mai neutro e
fa ipotesi a partire da sè.

- il contesto cristiano è stata la culla della scienza dice qualcosa che negli ultimi anni è stato
indagato…

Cap II IL LIBRO DELLA NATURA ED IL SUO RAPPORTO CON LA RIVELAZIONE (35)

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La natura in qualità di creazione, viene fuori da un creatore che crea con la parola. Il
verbo ebraico della creazione (debar) ha le stesse consonanti della parola “parola”. Ora se
la creazione viene dalla parola, il creato dice in qualche modo il “dire” di Dio e quindi dice
qualcosa di Dio. C’è veramente qualcosa della creazione che mi parla di Dio. Prima
dell’epoca moderna la natura era interpretata come rivelazione di Dio da tutti perché il
principio di Francesco era estetico. Raimondo dice che ci sono due libri, uno di natura e uno
rivelativo che parlano entrambi di Dio. Galileo legge la natura con principio matematico ed
ha ragione perché non può essere costretta in una lettura teologica che la spieghi. Nella
modernità la Creazione è scritta fisico-matematicamente e non è più letta da tutti ma solo
da alcuni. Ecco che Dio diventa una ipotesi inutile, perché tutto è spiegato con legge
interne al sistema.

In teologia fondamentale il tema perché è importante?

Noi sappiamo che all’inizio c’è la creazione e l’incarnazione, ma la rivelazione è propria di


entrambe. Lo si vede in genesi. Ma Dio rivela il suo volto in maniera molto più specifica nel
prendere il popolo e prepararlo al compimento dell’opera di rivelazione. Ma attenzione a
staccare rivelazione e creazione.

Allora ci si deve chiedere come lo studio della creazione illumina il volto di Dio. Se
l’universo è fatto veramente in Cristo allora in che modo conoscere l’universo illumina il
volto di Dio? Come la croce? No… perché nella croce trovi gli occhiali per vedere storia e
creazione.

C’è qualcosa che interpella una buona teologia della creazione.

cap.II (III) la concezione cristiana di natura come fattore di sviluppo del pensiero scientifico.
(Pag 49)

ad esempi l’idea di non avere panteismo, l’idea di un unico dio che mette leggi, l’idea di
tempo non circolare, l’idea di creazione in Cristo (parola Uni-verso —> tutto verso uno).

CAP 5 - VERSO UNO SVILUPPO OMOGENEO DEL DOGMA.

In che modo la scienza illumina il dogma e il dogma la scienza?

Parte 3 no.

Nel ‘700 il 30% degli scienziati erano preti, nell’800 erano preti. “I miei avi hanno fatto
molto”

Il dogma delle due nature viene fissato nel concilio di Calcedonia nel 451. E tale dogma una
volta fissato viene compreso sempre di più. L’interpretazione dello stesso dogma può
diventare sempre più profonda. Ma mentre la teologia fa il suo cammino storica, anche le
scienze fanno il loro cammino storico. Ma sviluppo integrale del dogma implica chiedersi
come le scienze cambino l’interpretazione del dogma. Nel 1700 non si parlava di psicologia

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di Gesù ma nel ‘900 si. Ci si diceva che se della natura umana fa parte un elemento
psicologico allora questo come sta nelle due nature?

In che modo comprendere qualcosa di più del dogma è comprendere qualcosa di più nella
scienza? In che modo l’autonomia di due scienze può trarre vantaggio dal’implicazione?

Tanzella Nitti dice che lo scienziato fa ipotesi sempre all’interno di un’orizzonte di senso
nella lettura della realtà. Ma questo non è solo dalla teologia alla scienza, ma anche dalla
scienza alla teologia (più pericoloso questo, ma vero)…

Pag 166

Alcuni dicono che non interessa alla verità della fede la ciò che si pensa delle creature. Ma è
falso perché la lettura scientifica che si fa o avvicina o allontana. (Un’idea sbagliata di uomo
e vita da un idea sbagliata di Dio).

Diamoci criteri per spiegare la consistenza del dogma:

- persistenza di un unico tipo e continuità di principi: distinzione di scienze

- potere di assimilazione: riconoscere ciò l’altro ha di buono

- coerenza logica

- anticipazione del futuro: nuova fioritura e non posizione di qualcosa di pienamente nuovo.
Il matrimonio nasce dopo Trento. È nuova? Si. Staccato da prima? No. I semi ci sono tutti,
ma la fioritura arriva.

- conservazione del passato

- rafforzamento dottrinale

—> fino a qui era l’esonero di teologia fondamentale.

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D - SEZIONE
FONDATIVA
Parte più impegnativa ma più bella.

La teologia fondamentale riflette sulla solidità della fede, sulla sua credibilità.

Da una parte devi coinvolgere il modo in cui Dio si dice all’uomo, dall’altra come l’uomo
nella risposta trova la sua forma vera. Non esiste un uomo non religioso, tutti sono
strutturalmente aperti al trascendente. Esiste un uomo che si chiude.

Com’è che la fede non si aggiunge all’umano ma lo invera perché lo rende sè?

Come arriva un uomo alla fede?

Annuncio di qualcuno, frequentare una comunità di credenti, sacramenti, il confronto con la


Parola/catechismo/direz. Spirituale.

Per arrivare a Dio quelle sono le forme con cui uno inizia un cammino. È difficile arrivare
a Dio se non ti ha colto la Parole almeno mediata.

Ma render conto della credibilità della fede chiede anche di tematizzare questi elementi e
chiede anche di mostrare come essi non siano aggiunte ma interramenti della vita.

DOBBIAMO RENDERE CONTO DEL PERCHÉ LA FEDE ABBIA IL TONO DI UN


COMPIMENTO (dove un’inizio già c’era. Carlo e Gigi sono già predestinati, già plasmati,
già in loro c’è l’inizio di ciò che la fede porta a compimento) INDEDUCIBILE (da una
parte il compimento parte da ciò che sei, ma la partenza non si deduce da ciò che si è. Non
è che non conoscendo Cristo si arriva alla salvezza da soli. Non guardi l’uomo e deduci il
suo compimento. Non puoi perché il compimento dell’uomo è infinitamente oltre l’uomo,
ed è una dismisura a misura. Di Giovanni Bosco e Francesco non potevi conoscere il loro
compimento alla nascita). Il compimento indeducibile dice che la fede non si aggiunge
all’uomo fatto, ma piuttosto il fatto che è un fiorire di qualcosa che è già in te. Ma se è così

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si potrebbe pensare che essendo già presente in te il compimento allora esso potrebbe
essere deducibile senza Dio. Ma così non è! L’opzione di Dio non è facoltativo.

Anche nel caso di chi non è cristiano è lo Spirito che agisce in loro. (Modello incusivista)

A seconda della teologia fondamentale che studi c’è un punto di partenza diverso.

Noi faremo un percorso. È l’unico fattibile? No. L’importante è che tenga insieme tutti questi
aspetti.

Primo punto sarà divino: Dio che si rivela. Dio si rivela nella storia e come storia. Il punto
di partenza sarà necessariamente il problema storico e poi cercheremo di indagare l’evento
per come si da.

In seguito di vedrà come viene recepito l’evento. Non si può indagare l’evento senza indagare
la sua ricezione. Puoi indagare l’evento solo a partire da come i testimoni l’hanno recepita.

Secondo punto: cosa ha da dire alla struttura dell’umano l’evento. Il modo in cui lo compie.

Si passerà poi all’evento testimoniale che indagherà annuncio, vissuto ecclesiale,


sacramenti, Parola mediata o diretta. (Noi diremo che la verità può essere detta solo nella
sua forma che è la prossimità. Essere prossimo ad un giovane non è esserlo ad un malato. La
prossimità serve alla verità perché essa non si dice ma si fa.

La storia è un’insieme di fatti. Un fatto è una datità, ovvero un’insieme di dati. Ogni fatto
oltre al dato c’è il senso. L’illusione storicista è avere i dati senza senso. Non si ricostruisce
il dato staccandolo dal suo senso. Ogni ricostruzione storica è figlia di un’interpretazione
storica che può partire da un dato ma non si da mai senza senso. Chi vive un evento fa
parte della datità di quell’evento. Il senso in qualche modo è nel dato. È vero che il vero ed
il giusto sono già interni alla realtà, ma se tu hai vissuto non hai mai una datità da cui sei
avulso. Non puoi mai pensare che il tuo orizzonte di senso sia esterno al dato.

Quando indaghi il fatto Gesù Cristo pretendendo di arrivare al dato come nella modernità
arrivi a mostruosità, perché l’evento cristologico è un dato e un senso, e se provi ad
eliminarne il senso, quel dato lo riempi con un senso tuo che il dato invece di farlo brillare lo
rovina.

Per conoscere la verità di un evento devo ricostruire il senso che ha abitato quell’evento.

Come conosci Don Bosco? Rileggi il dato a partire dal senso che lo ha abitato. Altrimenti
fai diventare Don Bosco una leggenda metropolitana.

Se non ti sforzi di entrare nell’orizzonte di chi ha scritto il dato, rischi di farlo entrare nel
tuo orizzonte. (“Don Bosco non voleva” —> non la vuoi tu o loro? Oppure chi dice che don
Bosco era dell’800).

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Noi potremo conoscere l’orizzonte di Gesù solo mettendoci nei panni degli apostoli. Ecco
perché la struttura della fede ha custodito una modalità di accedere al senso.

1 - ERMENEUTICA, FENOMENOLOGIA E TEOLOGIA DELLA


MEMORIA JESU: LA GESTALT DI CRISTO
Noi ci stiamo mettendo dal punto di vista di chi ha fatto memoria del vivere con Gesù.
Dalla parte dei discepoli. Gestalt vuol dire forma. Intende dire identità complessiva di
Gesù.

In che modo la fede dei fedeli di oggi si fonda su un evento di 2000 anni fa?

È importante vedere il legame tra storia e fede.

C’è un legame tra Cristo della fede e Gesù storico?

LA QUESTIONE DEL GESÙ STORICO


Oggi nessuno mette in dubbio l’esistenza di Cristo, ma l’interpretazione di chi sia.

Nei primi secoli, gli autori anti-cristiani (tipo Celso) dicevano alcune cose: che Gesù fosse
nato, fosse stato un personaggio carismatico, e che i vangeli fossero racconti mitizzati di lui.
È idea antichissima che i vangeli siano racconti inattendibili e con pretesa infondata di
Gesù.

Già negli atti degli apostoli Gamaliele dice “lasciateli andare perché se non sono di Dio
moriranno, ma se sono di Dio non ci capiti di lottare con Dio”

Il cristianesimo si diffonde e tutti si chiedono cosa sia… È l’opera di un carismatico o è


l’opera di Dio.

(pag. 103 appendice da leggere)

Quando il Cristianesimo si diffonde la lettura è univoca. Tutti pensano che sia nato e sia
stato Figlio.

Quando il dubbio rinascerà?

Con l’illuminismo che vede in ciò che si oppone alla ragione una superstizione.

Si oppone anche la sensibilità per la religiosità orientale ed il mito del buon selvaggio
accresciuto dai racconti dalle colonie americane. (Ci si dice che la natura abbia qualcosa di
puro in sè, macchiato dalla superstizione).

Nasce una religione di natura, per giustificare l’inconsistenza delle superstizioni. Gli
illuministi furono quasi tutti credenti, e quasi nessuno ateo, e il movimento si chiama Natura.
Ma è un Dio orologiaio, che si scopre dalla natura.

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Gli illuministi, oltre a Lessing misero in discussione il fatto.

Reimarus è il primo critico del fatto della rivelazione. Compone un esame dell’At e Nt. Di
tale volume Lessing cura l’edizione postuma di alcuni frammenti (se la faceva con la figlia di
lui). Lessing si rende conto di ciò che scrive Reimarus è forte per l’epoca. Non a caso Lessing
lo pubblica dopo la morte di Reimarus, e poi lo strumentalizza. Secondo Reimarus Gesù è un
carismatico politico che voleva la liberazione dai romani, e la stigmatizzazione degli ebrei
infedeli alla religione. I romani per i tumulti avrebbero ucciso. I discepoli abituati ad uno
stile di vita più alto, nella notte rubano il corpo di Cristo, dicendo che è tornato dopo 50
giorni, e hanno fondato una comunità.

Questa cosa è andata avanti un secolo.

(Qual è la vita consacrata salesiana oggi? Siamo passati da una forma christi che
ammazzava quasi l’umano a oggi in cui ognuno che dice cosa sia carismatico per lui. La
congregazione dice di tornare alle fonti. Il problema non è però solo conoscere di nuovo
Don Bosco, ma appropriarsi del senso di chi ha vissuto il fatto)

Il problema del Gesù storico non è banale perché poi hai il prete che balla mentre celebra e
quello con le mani perfette coi pollici giusti.

Reimarus dice che il senso con cui il fatto di Gesù viene è falso perché non corrisponde a
ragione, e allora si va al fatto senza il fatto e si da un’interpretazione personale all’evento.
Mette dentro la sua strategia di complotto.

(Ma Reimarus, sono morti tutti martiri! E anche per i prossimi 3 secoli… non funziona).

Reimarus durò poco, ma l’idea che il senso dell’evento fosse falso rimase.

Paolus riprese Reimarus (dopo di lui tutti danno interpretazione diversa). Prende il via la
“lebenJesuvorstung” ovvero la ricerca del “Gesù storico”. Diffuso particolarmente in
Germania.

Tra i tentativi più significativi c’è Paulus che cerca di trascrivere i contenuti del vangelo in
ottica storicista e trascrive i miracoli secondo spiegazioni razionali (Moltiplicazione dei
pani… nel testo si fa capire che non è così… nel testo si dice che c’è molta erba, e i discepoli
avevano preparato e messo nell’erba… non è moltiplicazione ma solo nascosto.

Gesù cammina sulle acque, era sera, e Gesù camminando sulle acque basse sembrava così)

Paulus dice cose forti, ma siccome si illude di prendere il dato in sè, non si accorge di
interpretare il dato, dandogli un nuovo senso anche se pretende che non sia così.

Ci sono 3 passaggi sul Gesù stoico:

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1 - OLD QUEST/NO QUEST (metà 1850). Opposizione della fede.

Il dato nel caso di Gesù lo chiamiamo Gesù storico. Nessuno ha mai dubitato che sia
esistito. La domanda è chi sia veramente. I cristiani riconoscono Gesù storico come il
Cristo della fede.

“La gente chi dice che io sia?”

“E voi chi dite?”

C’è da vedere il senso di un dato… perché tutte e due le risposte compongono il fatto.

A noi nel 2020 non è arrivato il Gesù storico, ma sempre e solo una rilettura di senso del
fatto Gesù storico. C’è da chiedersi se l’annuncio di Cristo che ci è giunto sia però davvero
l’annuncio del Gesù storico.

Gli illuministi che vogliono arrivare al dato, mettendo tra parentesi il senso, rischiano poi
di non accorgersi che il senso che loro pongono cambia il fatto (dato + senso).

Il metodo teologico storico-critico indagherà su Gesù storico, ma è talmente illuminista da


voler arrivare al dato puro senza interpretazioni di nessun genere. Dicono che il Cristo
della fede non appartiene alla storia, perché alla storia appartiene solo il dato, ed è
evidente che il metodo storco-critico poi mette lui il senso.

Il metodo storico-critico vuole ritrovare un nucleo puro (dato), togliendo le alterazioni


che vengono dal mondo giudaico e dalla prima lettura cristiana. Ci si illude che la
lettura dei primi cristiani abbia tradito il dato e lo abbia elaborato a modo suo. C’è
l’illusione di arrivare al dato nudo e puro. Ma non c’è nessun dato nudo e puro. Non si
arriva mai al dato, al massimo al fatto (che ha dentro un senso).

Von Hornack (1851-1930) scrive “l’essenza del cristianesimo” (Guardini scrivi “essenza di
Cristianesimo”, perché a decenni di distanza ha combattuto questa battaglia) in cui dice che
Gesù è un genio religioso capace di creare un messaggio universale, ma è solo un uomo. I
miracoli si spiegano in un contesto tendente al meraviglioso. La resurrezione non è avvenuta
ma significa l’esistenza dopo la morte. Von Hornack dice che all’epoca c’era una retorica di
mito, e che tutto ciò che fa e dice viene allargato nella forma del miracolo. (Von Hornack sa
che nella storia alle volte è avvenuto così)

La scuola escatologia (SCHWEITZER) dice che Gesù è un esaltato che ha annunciato un


intervento di Dio contro il male. Gesù non fonda istituzioni e chiesa, e dirà che la ricerca
storica di Gesù è inutile, in quanto ognuno trova cose diverse. Dicono che il Gesù storico è
irraggiungibile.

La scuola mitica dirà che l’esistenza storica di Gesù non ha valore perché ad avere valore
sono i suoi valori.

Bultmann va conosciuto bene. È uno dei padri della teologia contemporanea. Non
ortodossisismo. La teologia precedente voleva andare al dato senza il kerigma, Bultman

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dice che non gli interessa il Gesù storico e gli interessa il Cristo della fede. Arriva ad
affermare che i vangeli non sono fonti storiche che documentano la biografia, ma sono
l’attestazione della fede della prima comunità cristiana.

(È vero?

no… Nei vangeli c’è sia la vita di Gesù che la lettura della prima comunità.)

Bultman si dice solo interessato al Cristo della fede. Bultman dice che non gli interessa se
Gesù è risorto o meno ma gli interessa solo che sia risorto nella fede dei primi discepoli. (Non
è proprio così…)

Da lì parte la demiticizzaizone. Prova a togliere miracoli ed incarnazione. In fin dei conti la


fede non si poggia sulla storia (mentalità tipica dei riformati/protestiani…) ma sulla fede
della prima comunità.

2 - NEW QUEST (1953-1985) (I cattolici incominciano ad entrarci). Gesù storico e Cristo


della fede visti in continuità.

Ad avviare sarà un allievo di Bultmann, di nome Keseman. Dirà che la storia è reale ma nella
forma dell’annuncio. Non c’è la volontà biografica, ma di annunciare la storia mirando al
senso della storia.
Capisco chi è Gesù solo a patto di capire per chi è Gesù (se non ti laverò i piedi, Pietro, tu non avrai
parte con me…). Esattamente il punto è questo. Si capisce chi è Gesù quando ci si mette nell’ottica
che Gesù è Gesù per me, in ottica salvifica (Gesù non si fa un giretto, ma l’intenzionalità
dell’incarnazione contiene l’identità… lo vedremo quando vedremo che la sua missione è la sua
identità…)

Capisce chi è Cristo chi si espone al fatto che Cristo è per lui, chi si espone alla sua intenzionalità
soteriologica. Capisci chi è Gesù se ti lasci salvare da lui. (Ti prometto che ti salverò se ti lasci
amare). (Forma pratica non intellettuale… lavare i piedi, una confessione un salesiano che ti viene
incontro)

Keseman dice che nessuna testimonianza significativa si da senza un darsi storico. (Non si
stacca senso da dato). Non puoi parlare di Cristo senza riferirti al Gesù storico.

Il kerigma che non si fonda su un’evento è vuoto. La old quest aveva un’inficio di fondo,
ovvero il fatto che il senso religioso rendesse falso il dato. Ma non si può arrivare al dato
senza senso. E dov’è scritto che il credente vede le cose in modo falso rispetto al non
credente?

Ora, si sono fatti ammazzare per cosa i primi cristiani? Avranno scritto bene. Con questa
frase, che suona come un motto, si riassume il guadagno della new quest: all’origine della
riflessione teologica su Gesù sta il Gesù storico, in quanto, citando Amato, «si può parlare di
cristologia già prima della pasqua, dal momento che Gesù stesso ha posto i suoi discepoli
davanti alla decisione di fede nei confronti della sua persona...

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Cioè devi prendere posizione per capire cosa stai vedendo.

Il metodo storico-critico è accettato, ma occorre stemperarne le esasperazioni, attraverso


alcuni criteri che vengono attualmente accettati nell’indagine storica:

o Criterio di discontinuità: rilevare quegli aspetti che appaiono dissimili rispetto all’ambiente
culturale coevo e alla riflessione posteriore della comunità cristiana;

o Criterio della coerenza: rispetto ad altri elementi considerati autentici;

o Criterio dell’imbarazzo: la fonte mantiene elementi che avrebbero creato imbarazzo rispetto
all’annuncio, ma che sono tenuti secondo un criterio di fedeltà; (perché scrivere errori di
Pietro e boanerghes)

o Criterio di molteplicità di attestazioni: lo stesso fatto o detto ricorre in fonti diverse e


indipendenti;

o Criterio di spiegazione necessaria: attribuire a Gesù ciò che appare indispensabile per
spiegare alcuni dati storici sicuri;

(Questi sono criterio he limitano il metodo storico critico

3 - THIRD QUEST (1990 ad oggi…)

Se vuoi capire Gesù lo capisci all’interno del contesto che è stato costituito per accogliere
la sua incarnazione. Gesù e Maria erano ebrei e comunque Gesù si pone in compimento di
quella cultura lì.

Oggi dobbiamo tener presente:

- la prima comunità non distingue tra Gesù storico e Cristo della fede. Sono convinti che sia
lo stesso

- La lettura dei vangeli non è falsa di principio. Non sono biografie, ma le letture di senso dei
primi discepoli. Non banale che sui vangeli si pongano le difficoltà di comprensione degli
apostoli.

(Non esiste alcuna pastorale fuori dalla domanda “cosa ci sta dicendo Dio?”… sennò fai
attività. La traduzione del Cristo della fede non dev’essere la traduzione di ciò che io ho
capito di Dio, il senso che io do al dato. Indubbiamente sarà anche questo. Ma tu devi
impegnarti ad unire il tuo cammino al cammino dei discepoli, perché se non fai così
annunci qualcun altro. Il Cristo della fede non deve diventare il Cristo della “mia” fede)

- la ricerca storicapermette di capire meglio l’evento cristologico, ma in sè non legittima


alcuna scelta di fede, ma solo una verità storica. Non la verità in sè.

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FEDE E STORIA NELLE CRISTOLOGIE CONTEMPORANEE

PANNENBERG (ambito evangelico): la vicenda di Gesù di Nazareth, nel suo accadere


storico, costituisce la rivelazione definitiva di Dio. La passione, morte e risurrezione di Gesù
costituiscono l’anticipazione assoluta della rivelazione escatologica di Dio (la rivelazione
definitiva alla fine dei tempi). Rispetto alla critica storica radicale, il rapporto tra ragione
storica e fede teologica è fortissimo: la ragione storica non ha a che fare solo con la
ricostruzione del fatto, ma con il significato dell ’evento. Proprio per questo la ragione
storica può rapportarsi con la teologia: perché esiste un legame tra fatto storico e senso
teologico dello stesso. (Ricostruisci il fatto se ti metti dal lato dei testimoni. Nerone ha
bruciato Roma? Non si sa… La storia l’anno scritta i pagati dagli imperatori successivi
che lo avevano ucciso. Per mettere in cattiva luce chi ha preceduto si può scrivere la storia
come si vuole. Ma per ricostruire il fatto è necessario mettersi nei panni del testimone e
capirne l’orizzonte)

In ambito cattolico:

o Apologetica moderna: non c’è contraddizione tra fede e storia, ma nel sistema creato il
Gesù storico è solo l’occasione per arrivare al Cristo della fede, e ai contenuti che Egli
annuncia. La storicità è di fatto irrilevante: totalmente all’opposto rispetto alla nostra
impostazione, che si concentra sulla Gestalt dell’evento (nella convinzione che la storicità di
Gesù è intrinsecamente costitutiva della verità cristologica, non solo un involucro esteriore
della stessa).

o Rahner e Von Balthasar in seminarie

o SCHILLEBEECKX: il Gesù della ricostruzione storica non è mai il Gesù vivente della
storia vissuta e interpretata dai discepoli, ma non si può neppure affermare che il Gesù
della storia sia irraggiungibile e dunque disponibile per ogni interpretazione. La narrazione
evangelica è risultante dal nesso tra interpretazione autentica del senso e la testimonianza
memoriale dell’evento: in altre parole la narrazione evangelica è il frutto della decisione di
Gesù di condividere la vita con i suoi: questo significa che non si può interpretare il senso
dell’evento a monte della testimonianza di coloro che vi hanno preso parte. Proprio perch é
il senso della sua vita è dono destinato all ’uomo, esso è accessibile solo nella ripresa
memoriale dei testimoni.

VEDERE E CREDERE: IL CANONE FENOMENOLOGICO


DELLA TESTIMONIANZA EVANGELICA

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Se tutto quello che abbiamo detto è chiaro, allora l’ermeneutica la fenomenologia e la
teologia della memoria Jesu partono dal Gesù storico letto dai testimoni.

La realtà si manifesta.

Ricordiamo cosa si intende per fenomenologia? Porsi all’ascolto “delle cose stesse” nella
convinzione che sapere è lasciare che la realtà si manifesti. Questa istanza prevede che
l’uomo nell’ascolto della realtà storica possa coglierne la verità. Quando si parla di canone
fenomenologico della testimonianza evangelica si vuol significare un aspetto della struttura
dei Vangeli: essi sono l’ascolto (vedere) dell’Evento da parte dei testimoni che nella
“storia singolare di Gesù” comprendono la “verità universale di Dio” (credere). Ma
perché 4 Vangeli? Perché non ridurre i contenuti dei 4 ad uno solo? Nella storia la
Chiesa ha sempre condannato il tentativo di ridurre i Vangeli ad un trattato.

Le condanne della Chiesa muovono dalla convinzione che l’accesso all’Evento è possibile
non selezionandone i contenuti, ma rispettandone la dinamica testimoniale: solo nella
memoria dei testimoni cui l’Evento si destina si può recepire l’Evento stesso.

Qual è la relazione tra l’evento di Gesù e la fede dei testimoni?

Per comprenderlo occorre fissare due argini:

1. Il testo evangelico non rimanda alla “soggettività” della testimonianza, ma rivela la


convinzione che si è data “oggettivamente” una rivelazione di cui i testimoni sono
resi partecipi; (la testimonianza non tradisce il dato ma rivela la convinzione che si
sia dato oggettivamente una rivelazione. Essendo il testimone del fatto nel colgo il
senso, non ne do io il senso)

2. La ricezione dell’evento non è indifferente: il testimone vede quello che può e sa


vedere (in base alla sua singolarità... ecco perché 4 vangeli!). Dunque l’oggettività
non è mai impersonale. (Nessuno di noi sa e vede tutto di una cosa. L’oggettività non
è mai impersonale. Pietro annuncia Gesù alla luce dei suoi occhi, di ciò che lui ha
visto)

Vedere dunque prevede due passaggi: da un lato l’apparire del “visto” dall’altra la
capacità/disponibilità del “vedente”. Nell’Evento fondatore (Cristo) ciò che è attestato è il
rapporto tra vedere e credere (e vide e credette. Gv 20,8): la verità di Gesù deve essere vista
nella storia in qualche modo (in questo senso, la fede dei discepoli è paradigmatica per
ciascuno di noi). L’evidenza del sapere è dunque legata alla necessit à di credere: in altre
parole solo chi crede vede la verità della storia (evidenza simbolica). Se per vedere
“correttamente” rimuovo il credere, Gesù diventa disponibile ad ogni altra interpretazione
non sia quella richiesta dall’Evento in se stesso (lo mostra con grandissima evidenza la
vicenda della old quest).

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(Vedere è l’incontro tra ciò che è visto e io che vedo. Da una parte il vedere fa riferimento a
qualcosa che c’è ma dall’altra anche al modo in cui tu vedi. Vide e credette ci dice che si non
si vede non si crede. Ma il vedere va declinato tra Tommaso e Giovanni. Devi vedere
qualcosa per credere, ma non come pretendeva di vederlo Tommaso. Dall’altra parte il
credere è esattamente la forma del vedere… (vedrai i miracoli se crederai…) Solo l’occhio
della fede vede ciò che c’è da vedere. La mamma quando invecchia è un peso o è la mamma?
Non è facile rispondere. Se per vedere correttamente rimuovi il credere, in realtà tradisci
perché non si può mettere tra parentesi l’umano)

I VANGELI HANNO L’INTENZIONE DI MOSTRARE LE CONDIZIONI DI ACCESSO


ALLA VERITÀ DI GESÙ DI NAZARETH: non descrivono solo “la verità” dell’Evento, ma
anche il modo per accedervi (attraverso la narrazione, a tratti imbarazzante, della fatica dei
discepoli ad “entrare” nella prospettiva del Regno). L’oggettività che appare nell’evento,
ossia il modo in cui l’evidenza della fede si mostra, è simbolica: si rende disponibile per il
riconoscimento del discepolo: in questo senso la testimonianza possiede la stessa
oggettività dell’evento: perché l’evento sollecita la presa di posizione della libert à come
unico modo di comprensione. Nel caso specifico si tratta di “mettere insieme” (sym-ballo,
simbolico) la ripresa memoriale dell’evento con la presenza nella storia del Risorto e il dono
del suo Spirito. Il punto di “unione” paradigmatico di questi due aspetti è dato dalle
apparizioni pasquali che per questo avranno da essere indagate con particolare attenzione.

(Leggere appendice)

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Pag 103. Appendice lezione 13.

è una cosa per approfondire… materiale buono. Altrimenti basta la lezione 13. Per chi farà
IRC è bene che la prenda almeno all’inizio.

Pag 122

FENOMENOLOGIA DELL’EPHAPAX CRISTOLOGICO: PRETESA


NELLA DEDIZIONE

Pietro riceve un appello, e camminando dietro Gesù è chiamato a capire la verità di ciò che
appare gestis verbisque, passando da una sua idea di Dio. Questo capita a tutti noi. Tutti
abbiamo dovuto fare iconoclastia: distruggere immagini sbagliate di Dio… Dio sta ancora
costruendo in me la sua immagine, e lo fa facendo di me un’immagine di Lui. Man mano
che in me si forgia la santità, sempre di più conosco Dio… ma per far ciò ho dovuto
distruggere i suoi vitelli d’oro.

Anche Pietro dopo il primo annuncio dice a Dio che sbaglia, ma Gesù gli dice deute opiso
mou (torna dietro me) perché pensi le cose degli uomini e non di Dio. Pietro pensa un Dio
potente… lo vuole come lui… Ma Dio non deve essere pensato al modo degli uomini, ma al
modo di Dio. E Dio non si presenta potente, perché se fosse potente, tu che lo segui
cercheresti un posto a fianco a Lui… Se fosse potente, seguirlo vorrebbe dire vincere,
conquistare, primeggiare ed essere amati…

Nella morte di croce Dio vede il compimento e gli uomini vedono la sconfitta. Pietro è
legato affettivamente a Gesù e aver vissuto con lui degli anni gli hanno dato le categorie per
capire secondo Dio, ma in realtà non le usa ancora, perché rinnega all’inizio. Dopo la morte
ci sono le apparizioni. Pietro che nel cammino della sua vita ad un certo punto è tornato a
pescare, impatta poi con le apparizioni, torna indietro e passando attraverso la croce e
l’ultima cena inizia a rileggere tutto quello che è avvenuto. Mano a mano che rilegge e
comprende Pietro passa dal vedere le cose secondo gli uomini al vederle secondo Dio —>
adesso inizio a capire le cose che ho vissuto. L’evento permette di avere un’altro sguardo sul
passato.

I vangeli sono biografie strane. Sono molto lacunose. Oltre a ciò il fatto che tre giorni
occupano uno spazio letterario pari a quello dei tre anni prima. Avvicinandosi alla Passione
è come se il testo si rallentasse. Tutto ciò è così perché è dalla croce che si rilegge tutto.

Perché noi sappiamo che questo è il processo memoriale?

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Nel cenacolo oltre agli undici c’è Maria.

Marco all’indietro arriva a Giovanni Battista

Luca e Matteo all’infanzia,

Giovanni all’archè.

Vedendo dove si è giunti nella vita della comunità si torna indietro per capire chi sia Gesù.

Se questo è vero vedremo 3 cose:

- rederemo il fondamento come storia di Gesù nelle sue coordinate principali (noi 3 ma si
può dire in altri modi: considerare il tutto nel suo insieme —> gestalt è tutto nel suo insieme.)

-Poi ci concentreremo su post-passione, dove Pietro ha messo gli occhiali) (oggi sei
chiamato a comprare lì gli occhiali perché se non li compri da “croce” metti gli occhiali che
vuoi dopo

- vide e credette sono insieme, perché se non vedi qualcosa non puoi credere, ma se non ti
affidi non vedi. Il ricco che non si affida qualcosa ha visto. Allo stesso tempo il vedere di
Tommaso che vuole capire e vedere prima di credere non va. Non si vede tutto nel credere.
Antropologicamente diremo che il vedere del senso ha sempre un apertura fiduciale. Noi
salesiani facciamo così nel sistema preventivo

______________________

ephapax = una volta per sempre. (Lo compie qui ma vale per l’eternità)

Simone, se vuole entrare nell’evento, non può che mettersi nella posizione di Pietro,
cercando di fondere il proprio punto di vista con quello di Pietro. È attraverso la
prospettiva di Pietro che si capisce chi sia Gesù. Questa cosa è tipica del sapere
dell’umano. Non si può sapere nulla se non a partire da un’interpretazione, e nel senso di
un fatto si deve entrare nel senso di un testimone. Ciò che tu devi ricevere non è il dato in
sè ma il senso di quel dato… il chi è Cristo per te…

Ecco perché l’unico modo per entrare nella verità è farlo nella prospettiva di chi quella
prospettiva l’ha conosciuta passo passo. Da sempre e per sempre si scoprirà il senso da chi
lo ha vissuto. Va capita la prospettiva di chi è testimone. Se vuole abbassare, se vuole
esaltare… solo così si entra nel senso della testimonianza. Esaminando il testimone si
esaminano anche le intenzioni. Ecco perché è importante nei vangeli che scrivano anche le
brutte figure che hanno fatto… facendo vedere il loro cammino di discepolato e la fatica che
hanno fatto. Ogni santo in nel cammino che lo ha portato lì, ha visto e ha mostrato di più. Se
guardi Filippo Neri e Don Bosco, vedi una figura di Dio che nel vangelo è contenuta in nuce,
mentre lì è evidente.

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L’unico modo per riconoscere Gesù nella storia è essere discepoli come lo sono stati i suoi
discepoli a partire dalla tua personalità.

Gadamer, filosofo ermeneuta parla di fusione degli orizzonti.


Nel campo dell’interpretazione storica, si parla anche spesso di orizzonti specie in riferimento alla pretesa
della coscienza storica di vedere i vari momenti del passato nella loro fisionomia propria, non legati ai nostri
criteri e pregiudizi di oggi, ma nel loro peculiare orizzonte storico. Il compito della comprensione storica porta
con sé l’esigenza di appropriarsi, in ogni singolo caso, dell’orizzonte storico in base a cui ciò che si deve
comprendere si presenta nelle sue vere dimensioni. Chi non si preoccupa di collocarsi nell’orizzonte storico a
cui il dato appartiene e dal quale ci parla non può capire il significato di tale dato [...] È costitutiva di
un’autentica comprensione la capacità di recuperare i concetti di un passato storico in modo tale che essi
includano in sé anche il nostro proprio modo di pensare. Abbiamo chiamato questa la fusione degli orizzonti
(Horizontverschmelzung)» (H.G. GADAMER, Verità e metodo, Bompiani, Milano 1960, 353.432)

Se davanti ad un dato non ti metti nell’orizzonte storico proprio in cui quello si è dato non
lo capisci.

Non posso far finta di essere neutrale. Ho un punto di vista, ma quel punto di vista deve
necessariamente entrare in un punto di vista diverso… questo da sempre cerca di fare la lectio
divina. Se tu apri oggi un commentario biblico il primo tentativo e far capire come le parole
assumevano un senso in quel periodo lì.

Pag 123

L’accesso a Gesù è ineludibilmente legata ai 4 Vangeli. L’identità di Cristo non può essere
capita che all’interno di una narrazione. Manca un pensiero teologico serio sulla narrazione.
Perché Dio si è dato in modo narrativo.

Non si capisce dai titoli cristologia Gesù, ma dal basso della narrazione.

L’identità di Gesù viene da una narrazione e non da uno schema.

Ci sono 3 fuochi nell’evento:

- Missione

- pretesa

- dedizione incondizionata

1) MISSIONE è il termine latino per dire il fatto che Gesù è l’inviato dal Padre. Si parte
dalla missione perché si comprende la sua identità solo se “chi Lui sia” si comprende da
colui che lo invia e il motivo per cui è inviato. La missione è l’identità di Gesù e l’identità

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di Gesù è la sua missione. (L’apologetica moderna direbbe che la missione di Gesù è
annunciare le verità di Dio)

Nell’essere inviato dal Padre, al fine di essere obbediente e ritornare al Padre (per chi sei?)
Gesù mostra che il suo essere inviato è la sua missione, e la sua missione è la sua identità.
Ciò che fa e ciò che dice sono esattamente i luoghi in cui si comprende chi è. Tutti i titoli
cristologici nascono da lì, dalla sua donazione agli uomini e relazione al Padre. Gesù è il
salvatore. La missione di salvezza corrisponde alla sua identità. Ma lui è anche il mandato
e il corrispondere alla missione è l’essere Figlio, l’essere
obbediente. L’obbedienza è il modo di entrare nella fede, per
quanto sofferta… non è benessere ma beatitudine la
risposta di fede.
PADRE

FIGLIO
UOM
O

2) la PRETESA

Gesù sa di essere Figlio di Dio. (Lc, 4 Gesù alla sinagoga di Nazareth)

Gesù è pio Israelita, va in sinagoga e gli danno da leggere Isaia… da lì in avanti Luca usa
bene la penna… è l’inizio della vita pubblica dopo le tentazioni. “Lo Spirito del Signore, cioè
il Signore, mi ha mandato”… Gesù si presenta nella scena pubblica e la prima cosa è dirsi
inviato. Ciò che da senso all’invio e alla missione e quindi all’identità sono i destinatari
della missione: i poveri, i prigionieri, gli oppressi…

Siamo in sinagoga, Gesù si alza e gli passano il rotolo. Gli occhi di tutti sono sul rotolo, poi
arrotola il volume (mossa liturgica) lo consegna e siede. Gli occhi di tutti sono fissi su di lui.
Perché?

Luca sta segnando una consegna. La parola di Dio che è nel rotolo viene pronunciata
dalla Parola e per questo quando viene riconsegnata, l’attenzione del Vangelo non sia più
sul rotolo ma sulla Parola, (su Gesù, sulla forma reale e coincidente della Parola).

Oggi si è compiuto ciò che avete udito. Oggi viene a compimento la scrittura dell’invio di
Isaia perché l’invio che aspettate oggi si è compiuta davanti ai vostri occhi. Tutti gli
rendevano testimonianza, vedendo la grandezza delle parole… ma poi dicevano… non è il
figlio del falegname? Tutti erano meravigliati, ma poi come prendere posizione rispetto a
questo è compito personale. (C’erano molte vedove in Israele ma venne scelta una
straniera…)

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Se non si prende bene posizione il messaggio vi scavalcherà e arriverà un nuovo Namaan il
Siro che non appartiene a noi, perché deve arrivare ai poveri ai prigionieri e ai ciechi e non
ai poveri di Israele, ai prigionieri di Israele… la nuova parola ha la pretesa di dire che la
salvezza e per tutti e non solo per il popolo, ma oltre a ciò il criterio non è più etnico ma
legato alla forma di disposizione e apertura con cui si arriva davanti a Dio.

Luca mette all’inizio… e dice… guarda che Gesù passa, ma non capiti a voi che se ne vada
perché lo avete messo in disparte dove non possa rompere l’anima.

La pretesa di Gesù è dire che la Parola si sta adempiendo ora, e se non lo capisci lo perdi…
se l’oggi non lo capisce oggi lo perdi. Il passaggio di Gesù fa emergere interrogativi: chi ti
ha dato questa autorità… dall’altro la meraviglia. Chi ti da autorità sul tempio di Dio… e
lui dice è il Padre mio.

La pretesa rimane intatta fino alla fine quando Pilato dirà” sei tu il re? Il Cristo?” - “tu lo
dici”. Una pretesa che è la forma della verità. La pretesa che dice “in queste cose non
posso fare sconti, a costo di sembrare un bestemmiatore”.

Per il pensiero giudico è fuori di testa che una creatura si dica creatore. Ciò che la pretesa
sfida è sempre una pre-comprensione di fondo. È come se dicesse: “fatevi aprire gli occhi”.
Tutti noi abbiamo un’idea su Dio. E la pretesa di Gesù è buttare giù le nostre costruzioni.
Le crisi di fede sono buone quando distruggono le pre-comprensioni di Dio. Ecco perché è
sano che i ragazzi ogni tanto abbiano una crisi di fede.

Gesù non cede sulla sua identità ultima: sapersi e proporsi come Figlio del Padre.

Mc 14 —> i capi del sinedrio cercavano un testimone che dicesse contro di Lui. Cercando
testimonianze false non riescono a mettersi d’accordo fra loro… quasi che dica… la
testimonianza del vero unisce, quella del falso divide. “Sei tu il Signore? Io sono” - “esodo
3,14 —> chi sei? Mi ha mandato IO SONO”. Lo scandalo di Via verità e Vita è che
specificano ego eimi (io sono) —> la bestemmia.

Il sacerdote dice che bestemmia. Gli sputavano lo picchiavano… oggi noi seguiamo questo?
Noi cosa cerchiamo? (Quando gli hanno sputato, Gesù aveva tutti i diritti, poteva chiamare
gli angeli eppure non ha fatto così).

Seguire il vangelo può chiedere di essere in divisione con chi non lo segue… c’è un momento
nel vangelo che dice “volete andarvene anche voi?” Signore da chi andremo? Solo tu hai
parole di vita eterna…”

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