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TEOLOGIA FONDAMENTALE I – PROF.

VALENTINA SONCINI
LEZIONE 9 – 22/11/23

 Per i primi 20 min. circa Annamaria fa la sua esposizione sul quarto capitolo di Halik.
 Qs capitolo sviluppa la metafora del titolo. È da tener presente perché parla del pomeriggio del
cristianesimo. Siamo in qs fase di evoluzione, non dobbiamo invecchiare male. È un’opportunità di
trasformazione che chiede di mettere in gioco gli schemi di pensiero e di interpretazione che
abbiamo ereditato e che forse sono parzialmente utilizzabili perché bisogna essere disponibili a
questa trasformazione che ci è stata detta.
 Siamo a pag. 19 della DISPENSA.
 Il passaggio è capire come la teologia di fronte alla rigidità o problematicità del contesto dell’ HG
risponde cercando di sganciare il concetto di pluralismo, più vie, dell’idea del relativismo.
 Abbiamo visto la posizione prima di Balthasar e di Schillebeeckx, poi si tratta recuperare dentro qui
il concetto di storia e quindi vedere come qs permette di preparare le premesse teologiche della DV
o del CVII.
 “Accanto a una necessaria rivisitazione di un modello di teologia che sappia cogliere l’aspetto
storico della Rivelazione al di sopra e al di fuori di una rigida concettualità neotomista e di una
teologia del magistero, si pone anche la questione di una diversa teologia delle fede, un diverso
modo di intendere il rapporto ragione-fede.”
 dicevamo che ci sono diversi modelli di ratio e anche diversi modelli di fede. Quando diciamo
ragione e fede pensiamo di dire due parole e abbiamo capito, ma in realtà dietro ciascuna di qs
parole c’è un più di più da capire.
 “Questo rapporto sembra, infatti, sempre dover scontare una sorta di giustapposizione, come se da
un lato ci sia una sorta di ragione pura, natura pura, veramente universale e oggettiva perché non
credente e dall’altro una fede sovrannaturale, il cui oggetto e la cui dinamica non può essere colta
come intrinsecamente correlata alla ragione, per poterne salvaguardare la trascendenza e l’origine
teologale, tale modello sconta ancora un estrinsecismo che solo una riflessione più approfondita
della struttura antropologica e della coscienza credente, può aiutare a superare.”
 cosa c’è dietro a qsta affermazione? Quando si dice ragione/fede, con ragione sembra di dire
l’universale, ciò che accomuna tt gli uomini, 1 dimensione oggettiva, neutra, che ha una sua chiara
evidenza; una natura pura. Qsto era il concetto della modernità: ragione come natura pura; l’essere
credente invece appartiene a 1 dimensione soggettiva (= la ragione è di tutti, la fede è di qualcuno).
 La ragione ha le sue vie, le sue evidenze; la fede invece tocca la trascendenza, Dio, e non tutto può
essere chiaro.
 qsto modo di pensare però, che per certi versi è plausibile, ha un problema: è come se la ragione
fosse l’universale e la fede il particolare.
 Quando diciamo che tutti gli uomini sono chiamati ad entrare in relazione con Dio diciamo una cosa
diversa. Non diciamo più che la fede è il particolare, diciamo che è una chiamata universale.
 La cultura moderna ha sottolineato l’universalità della ragione cercando di fare delle fedi una
visione privata o soggettiva (per tante ragioni storiche).
 Infatti una tipica affermazione della mentalità illuminista è: l’uomo diventa adulto quando usa la
sua ragione e quando supera i dogmi, le fede, i convincimenti soggettivi.
 Ragione= natura pura= universale  questa è dunque un’affermazione che ci riporta
nell’illuminismo che vede la fede in una dimensione minore.
 Papa Francesco nella sua prima enciclica Lumen fidei (2013) dice che l’universale è la fede, il lumen
nn è la ragione illuminista ma la fede; quindi ciò che getta luce e fa capire è la fede, nn è la ragione.
 In sintesi questa prima parte che abbiamo letto della dispensa dice che bisogna riflettere su cosa si
intende col rapporto ragione/fede perché si rischia di trascinarsi con schemi superati che
richiedono che qlcsa venga trasformato. Questa è una via introdotta da Rhaner ragionando sull’
umano.
 (PARENTESI FILOSOFICA). Ricordiamo che Rhaner è un teologo che ha avuto una forte relazione con
Heidegger, ha una posizione legata alla rilettura di Kant e quindi fa parte della linea del
neotomismo trascendentale.
 “Trascendentale” è una parola tecnica che è stata definita da Tommaso e definita da Kant.
 Per Tommaso “trascendentali” sono i trascendentali dell’essere, cioè tutte le caratteristiche che ci
sono quando c’è qualche cosa: quando l’ente è uno, ha un po’ di verità, un po’ di bontà, un po’ di
bellezza, un po’ di essere…con l’idea che in quanto creatura partecipa del massimo di questi
attributi che sono quelli di Dio.
 Quando Kant parla del trascendentale fa una svolta, una sorta di rivoluzione copernicana: con
“trascendentale” indica le caratteristiche del soggetto, non dell’oggetto; sono quello che il soggetto
trasferisce nell’oggetto, è il mio modo di capire.
 Cioè è il soggetto che conferisce le caratteristiche alla realtà, non la realtà che ce le ha. La realtà per
Kant è un noùmeno misterioso, irraggiungibile; per lui nn c’è la metafisica possibile.
 Rhaner fa sintesi tra la posizione di Tommaso, quella di Kant e quella di Heidegger.
 (avanti con DISPENSA) “Questa è la via percorsa da Rahner. Egli pone una correlazione intrinseca
tra l’antropologico e il teologico,(quindi non l’estrinsecismo di ragione e fede, ma una forte
correlazione tra ragione e fede, tra uomo e Dio) tra il dato di ragione e il contenuto della
Rivelazione che proprio si dà nella storia perché solo così può essere compreso e dall’altro lato
l’antropologico è originariamente aperto al compimento sovrastorico.”  quindi ragione e fede,
uomo - Dio, nn sono su 2 piani lontani, ma Dio si svela, si rivela esattamente come uomo e l’uomo è
creato per essere aperto a Dio, è fatto per Dio, è capax Dei.
 L’estrinsecismo nega o mortifica qsta relazione perché tiene distanti, mentre Rhaner (con i
contributi di Tommaso e il riferimento alla teologia del suo tempo) ragiona su questa relazione tra
l’antropologico(l’uomo) e il teologico(Dio), tra la ragione e la fede.
 “Ciò che si viene ad affermare è una originaria (cioè pensata da subito) convergenza tra la
costituzione dell’uomo e l’autocomunicazione della Rivelazione nella storia di Gesù Cristo.”
 Se volessimo dirlo col linguaggio biblico, è il prologo di Giovanni. In principio era il Verbo, e il Verbo
era Dio…e il Verbo si è fatto carne: colma quella distanza tra Dio e l’uomo, e l’uomo è
originariamente creato in Cristo.
 “Il principio nuovo dunque è il seguente: la rivelazione di Dio è storica perché Dio non può rivelarsi
se non realizzando la libertà del destinatario che egli stesso ha posto come condizione del suo
riconoscimento. La rivelazione di Dio è già operante nell’uomo come libera trascendenza e si compie
nella libera accoglienza della stessa da parte dell’uomo.”
 Dio non vuole servi, vuole amici. Vuole una relazione libera. La Rivelazione si fa storia, Dio si fa
uomo ed entra nella nostra “sfera” non per obbligarci alla relazione con Lui ma per chiamarci a
libertà, per farci entrare in una relazione libera.
 Quindi l’antropologico e il teologico in Gesù Cristo possono trovare una relazione possibile,
autentica, affidabile, vera; cosa su cui dobbiamo andare avanti a ragionare.

II PARTE
 Rahner è sicuramente un autore che mette in evidenza qsto rapporto tra l’antropologico e il
teologico, ha qsta prospettiva trascendentale che ragiona sulle condizioni di qsta relazione e
acquisisce questa centralità dell’evento Gesù Cristo (lui fa anche 1 cristologia trascendentale) che ci
dice che la Rivelazione si dà nella storia unica e irripetibile di un uomo. Il dogma dice: vero uomo e
vero Dio. Unico e irripetibile. Singolare e assoluto.
 DOMANDA
 Dio e l’uomo sono fatti per stare in relazione. Dio per l’uomo e l’uomo per Dio. Dio crea l’uomo
come figlio, quindi è fatto per stare con Dio.
 Concludendo su qsta parte di transizione tra l’HG e il Vaticano II:
 “Concludendo, matura nella teologia cattolica la dimensione della storia colta non solo come
insieme di fatti scientificamente accertabili (impostazione positivista), ma come storia di Dio, storia
dell’ALLEANZA che apre a qualcosa che non è riducibile all’orizzonte intrastorico, fattuale.”
 La storia come era stata intesa dai positivisti era una storia fatta di dati, fatti, prove…ed
evidentemente Dio nn può essere ridotto a uno schema così tecnico-scientifico e antropologico, per
cui giustamente la teologia si è ribellata e difesa dai rischi di una riduzione di Dio all’impostazione
positivista.
 Ma se Dio stesso si fa storia (e quindi ci insegna in che modo avere a che fare con lui nella storia)
allora possiamo essere più tranquilli che non perderemo Dio.
 Il modo stesso di darsi di Dio nella storia suscita una storia della salvezza; quindi vuol dire che
stando in qsta storia della salvezza nn rischiamo di perdere Dio, ma possiamo invece ritrovarci in
Dio.
 (p.20): “Grazie a queste acquisizioni circa la rivelazione di Dio nella storia della salvezza, la teologia
giunge a comprendersi come storia e ha come referente proprio la Rivelazione in quanto principio
della teologia.”
 la cosa che acquisisce la teologia nel ’900(sia qlla protestante, sia qlla cattolica) è questa
centralità della Rivelazione come storia.
 “In altri termini la rivelazione appare come la nozione fondamentale della teologia.
Conseguentemente la determinazione della nozione di teologia passa necessariamente attraverso la
determinazione della nozione di rivelazione (cioè teologia e rivelazione si determinano insieme),
precisamente in quanto referente/oggetto proprio della teologia”
 la teologia vorrebbe indagare Dio. Dove andiamo a indagare Dio? Laddove Dio si rivela, dove Dio
dice di Sé
 Dove dio dice di sé? non in una concettualità metafisica, astratta che in qlche modo lo renda
incontaminato, ma Dio dice di Sé in una storia
 quale storia? La storia di Gesù Cristo (anche certamente nella storia di Abramo, Isacco, Mosé, i
profeti etc., ma il compimento si ha in Gesù Cristo).
 “Questo elemento sarà al centro della Dei Verbum, dopo la quale, e alla luce della quale sarà
necessario affrontare di nuovo il tema della fede.”
 se Dio si rivela così, che modo abbiamo noi di stare in relazione con Lui?
 I termini su cui continuare a ragionare in proposito sono sempre: Rivelazione, fede, ragione.
 In vario modo, lo diceva la DF, de rivelatione, de fides et ratio, ma dentro un modello estrinsecista
che, per salvaguardare qs elementi, diceva che la ragione non può cogliere i misteri di Dio, può
soltanto leggere delle prove, dei segni esteriori.
 La teologia è maturata e dice: ma qsta rivelazione, che è Dio, si dice in modo antropologico, al
modo di un uomo che è Gesù Cristo. Quindi entra nella sfera dell’uomo
 Quindi qlcs cambierà di qs schema. Andremo a vedere come e dove.
 E’ l’acquisizione della dimensione storica che apre alla dimensione di una convergenza possibile,
che si può percorrere per rendere qsto rapporto meno estrinseco e più profondo, più correlato.
 Passiamo alla Dei Verbum. Il 20 novembre 1962 c’è stato un passaggio chiave nel Concilio Vaticano
II (iniziato l’11 ottobre del 1962).
 E’ stato posto in votazione 1 schema della preparazione dei documenti preparatori ed è stato
fortemente criticato.
 Quello schema era sulle fonti della Rivelazione e avrebbe potuto anche essere utilizzato; rifletteva
molto l’impostazione della Dei Filius. (Il regolamento del Concilio diceva che se lo schema era
approvato da almeno i 2/3 andava avanti).
 Lo schema è stato approvato dai 2/3 anche se con una posizione risicata di maggioranza; era una
maggioranza proprio ai minimi termini.
 Giovanni XXXIII decise di ritirarlo: quindi si è capito in quel momento che c’era disponibilità da
parte del Papa, e quindi nel Concilio, di discutere veramente, proprio perché uno schema preparato
prima nn apprezzato in modo sufficiente, che poteva passare, è stato sospeso.
 Quando il Concilio è iniziato si pensava sarebbe durato pochissimo, è invece durato dal 1962 al
1965.
 Ma l’aver deciso di innestare un confronto profondo ha prolungato i lavori del Concilio, di sessione
in sessione, con addirittura con un cambio di papa.
 La Dei Verbum nasce dentro qsto contesto di profondo confronto e degli schemi bocciati e rifiutati
si fa un lungo lavoro che dura 3 anni (la DV viene approvata nel ’65, segna tutti i passaggi del
Concilio, con un consenso altissimo, con 2444 sì e 6 no!).
 Vediamo la storia di qsto documento (dispensa p.20).
 Nel Concilio Vaticano II la Rivelazione è al centro ed è una Rivelazione storica e cristocentrica. C’è
una concezione della Rivelazione che nn è al modo di una concettualità metafisica da sapere, ma è
un’impostazione che apre a una partecipazione, a una comunicazione. L’uomo è chiamato nn a
“sapere Dio”, ma a relazionarsi con Dio.
 “Negli anni immediatamente antecedenti il Concilio Vaticano II il clima tra i ricercatori in teologia, e
soprattutto biblisti, era assai vario: da un lato c’erano gli esponenti della linea espressa dalla HG
che, accentuandola, propugnavano una linea esclusivamente tomista; dall’altro lato molti erano
oramai in cammino lungo vie nuove aperte a metodi nuovi di interpretazione delle Scritture. Il card.
Martini ha ricordato questo clima in una conferenza tenuta nel 40^ anniversario della DV nel 2005.
Egli espresse allora una serie di considerazioni tra le quali ne riprendiamo alcune capaci di
sottolineare le ragioni della preoccupazione: - la discussione ancora sulle fonti della Rivelazione :
Scrittura e Tradizione? partim…. partim….; et et, o , aut aut?
 Perché è 1 problema grosso dire che la Rivelazione deve fare riferimento alla Scrittura o alla
Tradizione? Cosa c’è dietro a qsta questione?
 Chi nei secoli aveva accentuato la Tradizione (cioè magistero) sovrapponendola alla Scrittura? I
Riformati. Quindi c’è la questione della Riforma protestante. C’è la questione del dialogo
ecumenico.
 Se dico che prevale il magistero, chiudo le porte al dialogo ecumenico, perché i riformati non
riconoscono il Papa.
 Quindi vuol dire che a seconda che io imposto il discorso sulla Rivelazione mettendo su un piano
convergente Scrittura e magistero oppure “aut aut” , io scelgo da che parte andare.
 - L’altro problema è pure molto spinoso e con le sue parole così è raccontato:
 “L'applicazione del metodo storico critico alla Sacra Scrittura e il problema connesso dell'inerranza
dei libri sacri”
 cioè la Scrittura va presa alla lettera e tutto ha lo stesso piano di verità o la Scrittura va interpretata
secondo il metodo storico-critico? (che era il problema anche nell’ HG sulla questione di Adamo ed
Eva).
 “Si era avuto qualche progresso rispetto alla dottrina molto rigida del passato col riconoscimento
della validità dei generi letterari, e questo grazie all'Enciclica " Divino afflante Spiritu " del 1943. Ma
la questione restava ancora pendente, e il tutto era sfociato in una esasperata polemica alla fine
degli anni ‘50. Bersaglio di questa polemica era soprattutto l'insegnamento del Pontificio Istituto
Biblico, accusato di non tenere conto della verità tradizionale dell'inerranza dei libri sacri. Il
problema non toccava solo l'interpretazione della Scrittura, ma anche il rapporto quotidiano dei
fedeli con la Bibbia. Se si obbligavano i fedeli a una interpretazione di tipo quasi fondamentalistico
dei libri sacri, non pochi di essi, soprattutto i più colti e preparati, si sarebbero allontanati.” “Infine
un altro motivo di preoccupazione è legato alla chiarificazione ufficiale della relazione della Chiesa
con il Movimento biblico.
 C’era il tema della Scrittura e dell’interpretazione della Scrittura.
 Il movimento biblico era sorto fuori dalla sfera magisteriale nel tentativo di un approfondimento
delle Scritture. E’ da riconoscere o no?
 La DV al cap. 6 parla della Parola che viene letta e conosciuta dal popolo di Dio e riconosce che c’è
bisogno che tutti siano lettori della Scrittura, non solo il presbitero o il vescovo, perché “l’ignoranza
della Scrittura è ignoranza di Cristo”.
 Ma qsta è una rivoluzione perché i cattolici nn leggevano la Scrittura.
 Quali le chiarificazioni offerte dalla DV? Dopo un inizio molto difficile, quasi pregiudicato, la svolta
avvenne con il ritiro dello schema preparatorio da parte di Giovanni XXIII che decise di lasciare ai
Padri conciliari una più ampia possibilità di riflessione e di determinazione del problema.
 Questo schema preparatorio era evidentemente fondato sulla divisione delle fonti e
contrapponeva magistero e Scrittura e si decide di non dare seguito a quell’impostazione.
 “Cosi disse ancora Martini nel 2005:
 “Lo schema preparatorio su questi argomenti, a cura della commissione apposita, fu proposto ai
Padri il 14 novembre del 1962, col titolo " Constitutio de fontibus Revelationis".Quella prima seduta
fu tempestosa. Il cardinale Liénart disse semplicemente:" Hoc schema mihi non placet " …Da allora
ebbe inizio un lungo lavoro che produsse, con alterne vicende, numerose forme di testo, di cui
l'ultima fu finalmente accettata il 22 settembre 1965. Venivano tuttavia proposti ancora numerosi
"modi". Essi furono vagliati e inseriti nel testo che fu sottoposto a votazione il 20 ottobre del 1965. Si
arrivò così alla votazione definitiva del novembre seguente, che registrò 2344 voti a favore e 6 voti
contro.
 questo è la convergenza sinodale. Si parte da posizioni diverse, ci si può scontrare, si deve fare e
rifare l’ascolto e la ricerca fino ad arrivare ad una posizione nuova che vede, che raccoglie le
questioni e diventa qlcsa su cui si può convergere. Questo è l’andamento di un percorso di
sinodalità, di un cammino che parte da posizioni diverse e converge creso qlcs che viene votato.
 (continua dispensa a p. 21) Martini ricorda cinque punti chiariti dalla nuova stesura, a cui fu dato il
titolo di "Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione", o "Dei Verbum":
 dogmatica: nel CVII abbiamo diversi tipi di costituzioni, qsta viene definita dogmatica.
 1. Il concetto di "rivelazione", che, come ho detto, non era in questione all'inizio del Concilio, ma fu
poi via via precisato durante le discussioni e i rifacimenti del testo, fino ad essere espresso come è
ora al numero due della Costituzione, non più come riferito a delle verità, ma anzitutto al
comunicarsi di Dio stesso: " Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far
conoscere il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto
carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre, e sono resi partecipi della divina natura " (DV
n.2). Questo chiarimento sulla natura della rivelazione ebbe effetto positivo su tutto il testo, e favorì
una ricezione favorevole del documento.”
 Questo è uno schema partecipativo: Dio dice di sé e ti permette di entrare in relazione con lui.
 Si supera l’estrinsecismo perché c’è una relazione. Dio dice di Sé e ti permette di entrare in
relazione con Lui, ti chiama ad avere a che fare con Lui, nn con delle verità di fede (che erano lo
schema del Vaticano I, locutio Dei, parole da credere) ma con Lui stesso.
 “2. Un concetto largo di Tradizione.(=nn è solo magistero) Rispetto a quanto si era soliti dire in
precedenza, il Concilio presentava, nel testo definitivo della Costituzione, un concetto ampio di
Tradizione, che veniva espresso così: " La Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto,
perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede "
 la vita di un santo è pagina di Tradizione; nn solo l’esito di un Concilio, un motu proprio del Papa,
l’esito di 1 enciclica, ma anche la santità popolare trasmette la fede. Pensate quanto papa
Francesco punta sulla devozione sul sensus fidei del popolo di Dio, credere nel popolo che aiuta la
trasmissione della fede.
 3. Veniva così affermata anche l'unità di Tradizione e Scrittura, contro ogni tentativo di separazione:
" La sacra tradizione e la sacra scrittura sono dunque strettamente tra loro congiunte e comunicanti.
Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo una
cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la sacra scrittura è parola di Dio in quanto è messa per
iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito divino" (n. 9).
 Nel numero seguente si descrive il rapporto tra le tre grandezze: Tradizione, Scrittura e Parola di
Dio: " La sacra tradizione e la sacra scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio
affidato alla Chiesa "
 Vuol dire che non devo scegliere tra Tradizione e la Scrittura.
 La Dei Filius ha usato pochissimo la Scrittura ma nelle pochissime citazioni bibliche cmq prevale
sempre l’impegno della Chiesa a indicare al popolo le verità da credere; quindi l’esito della DF è
molto ecclesiocentrico.
 Invece qui si dice che Tradizione e Scrittura sono entrambe importanti perché sono tutt’e due
relative a qsa che è a monte: la Rivelazione di Dio.
 La Parola di Dio (pensando al prologo di Gv, è Dio stesso) si trasmette e nella Scrittura e nella vita
della Chiesa, nella vita di santità, senza contrapposizione.
 Questo permette di nn doversi contrapporre tra riformati e cattolici per salvaguardare di più la
Rivelazione ma di fare un percorso di convergenza, di ascolto.
 E’ il concetto largo di Tradizione che dunque viene promosso: Tradizione nn è solo magistero ma la
vita stessa.
 Tutto qsto viene affermato nel 1965, ma nella Lumen gentium(n.8) che è del 1964 c’è già 1
affermazione che la Chiesa di Cristo “sussiste” nella Chiesa cattolica (non “coincide” con la Chiesa
cattolica), cioè la Chiesa di Cristo ha 1 sua esplicitazione significativa nella Chiesa cattolica, ma la
Chiesa cattolica nn esaurisce la Chiesa di Cristo, che si può anche riconoscere in altre forme.
 Se la Chiesa di Crosto coincidesse con la Chiesa cattolica, le altre non sarebbero da ascoltare
 guadagnare qs sfondo, qs profondità della chiesa di Cristo, della rivelazione di Dio antecedente alle
forme che abbiamo conosciuto e trasmesso permette di aprire spazi di relazione, profondità
maggiore.
 (continua dispensa): 4. Di fronte alle discussioni sull'interpretazione della Scrittura e soprattutto
sulla assenza in essa di ogni errore, il Concilio proponeva nella sua formulazione definitiva una
concezione larga dell'inerranza. Nel primo schema preparatorio si parlava di una inerranza " in
qualibet re religiosa vel profana". Il testo definitivo (n. 11 ) afferma che " i libri della Scrittura
insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle
fosse consegnata nelle Sacre Lettere ". Con questo venivano messe a tacere molte oziose discussioni
del passato sull'argomento.
 C’è una grande differenza rispetto a prima. Nello schema preparatorio si parlava di mancanza di
errori in qsiasi cosa religiosa o profana. La Bibbia valeva sempre in ogni caso, in tutti gli ambiti,
religiosi e profani.
 Laddove la scienza ha guadagnato convincimenti diversi, si diceva: o è come la Scrittura o è da
condannare.
 Nella DV al n. 11 invece si dice: cosa insegna la Scrittura in modo fedele, vero, non esposto
all’errore? Insegna le verità di Dio per la nostra salvezza, qsa che tocca la salvezza dell’uomo, nn
l’interpretazione del cosmo…(per cui le scienze possono avere ampio spazio per pronunciarsi in
proposito).
 (p. 22, continua sempre Martini): 5.Ma a noi interessa qui soprattutto il lavoro del Concilio dedicato
all'importanza e alla centralità della Sacra Scrittura nella vita della Chiesa. Esso, nella sua stesura
finale, recepisce le istanze fondamentali del movimento biblico e promuove una familiarità orante di
tutti fedeli con tutta la Scrittura. Su questo tema il Concilio lavorò per tutte le sessioni, sino
all'ultima, con un susseguirsi di rescrizioni del testo, di proposte e di emendamenti dell'ultima ora,
che rendono la storia di questo capitolo molto complessa e difficile a descriversi. Mi limiterò ai punti
fondamentali, partendo dalla considerazione della situazione della Scrittura nella Chiesa cattolica al
tempo del Vaticano II”[1]
 è molto importante che tutti siano lettori/conoscitori oranti della Scrittura. (vedi cap.6 DV).
 Quali sono dunque le acquisizioni di qsto importante documento(DV) legato alla Divina
Rivelazione?
 Per noi è centrale, perché se la TF deve elaborare un discorso su Dio, dove troviamo Dio? Nella sua
rivelazione. Quindi da come si intende la rivelazione deriva il modo di impostare la TF.
 Questi elementi hanno segnato la novità della Costituzione e un nuovo percorso di ricerca teologico
e pastorale. Latourelle nel suo studio Teologia della Rivelazione raccoglie tutti gli elementi di
interesse riguardo alla rivelazione, che assume proprio per le caratteristiche indicate, un significato
nuovo rispetto a quello della DF, cioè quello di “autocomunicazione di Dio”. Dio stesso si rivela, dice
sé nel Figlio, non attraverso ispirazioni, eventi, lingue ma soprattutto nella figura storica di Gesù
uomo Dio, Figlio seconda persona della Trinità, cioè Dio stesso.
 La Trinità immanente (cioè come è Dio ) è uguale alla Trinità economica (cioè lo stesso che si è
rivelato); Gesù nn è un semplice intermediario: è Dio stesso. (cosa stupefacente e scandalosa,
perché muore in croce).
 “Il concetto di rivelazione che emerge dal concilio non è più teoretico conoscitivo ma teoretico-
comunicativo-partecipativo, in cui l’aspetto interpersonale dà un nuovo tono al concetto di
rivelazione. Questa dimensione comunicativa si realizza grazie alla dimensione storico concreta
della Rivelazione.
 con “teoretico conoscitivo” si intende un fondarsi sull’importanza di sapere la dottrina, delle verità,
dei concetti di Dio. Con “teoretico-comunicativo- partecipativo” l’aspetto della conoscenza c’è , ma
sei anche chiamato alla relazione con qsto Dio, a conoscerlo da persona a persona. Facciamo
esperienza di Dio (lectio divina) attraverso la Parola che mi rivolge nella Scrittura.
 (Finiamo p.22 dispensa): Lettura di DV cap I - rinvio agli altri capitolo - risulta molto interessante
dall’indice vedere emergere il centro della preoccupazione e dell’attenzione dei Padri conciliari: La
Scrittura.
Le tre aree tematiche di DV sono:
I – La divina Rivelazione
II - La trasmissione della Rivelazione
III - VI La Scrittura

 Nella testa dei Padri conciliari c’era il tema della rivelazione che deve acquisire qsta dimensione
storico-cristocentrica e poi la grande questione che andava affrontata in quei decenni, nel XX
secolo, era la Scrittura, tema a cui dedicare maggiore spazio.
 Il tema che è stato trattato poco da qsto Concilio è la fede.
 Poi c’è stata la Fides et ratio, la Lumen fidei
 quali sono i punti di sintesi più importati:
 il Cristocentrismo. tutta la Rivelazione culmina in Gesù Cristo. Dio, da parte sua, non ha altre
parole da dire.
 la dimensione della storicità della Rivelazione, che in modo nuovo apre spazi
all’uomo per entrare in relazione con Dio e per comprendere il significato della Sua rivelazione;
 Che la rivelazione sia storica non è ancora stato capito. Halik non scriverebbe ‘leggere i segni
dei tempi’. Tutte le conseguenze della storicità della rivelazione devono ancora essere assunte,
capite.
 La fede è obbedienza: dice carattere personale dell’atto di fede, più ampio del solo
 atto cognitivo.
 La fede non è credere alle verità di Dio perché è Dio che le rivela. Obbedire, accogliere vuol dire
tendere l’orecchio, ascoltarle e lascciare che la propria libertà si conformi a quelle verità.
 Non è una adeguatezza di conoscenze. A una cognizione deve corrispondere una adesione della
vita. La cognizione è un elemento, ma non è decisivo.
 La categoria di testimonianza viene a mutare: vera via di accesso alla credibilità della Chiesa.
 La testimonianza è qlcs di decisivo.
 Una nuova fondamentale attenzione alla fonte scritturistica, a compensare uno sbilanciamento
plurisecolare verso il primato della sola dottrina (Tradizione).
 Queste sono delle acquisizioni del CVII. Cerchiamo di imparare qs cosa.
 LEGGIAMO IL PROEMIO DELLA DEI VERBUM.
 “1. In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il santo Concilio fa
sue queste parole di san Giovanni: « Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si
manifestò a noi: vi annunziamo ciò che abbiamo veduto e udito, affinché anche voi siate in
comunione con noi, e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo » (1 Gv 1,2-
3). Perciò seguendo le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporre la genuina
dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l'annunzio della salvezza il
mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami”
 Tutta un’altro tono rispetto al proemio della Dei Flius. Qui la centralità è capire il mistero di
Dio perché ne va della speranza e dell’amore, per tutti.
 Il Concilio Vaticano II è un concilio che non condanna, ma cerca di chiarirsi su ciò che va detto
perché sia a vantaggio di tutti. (Ci sono pochissime espressioni di condanna e non ci sono dopo i
canoni “anàtema sint”).
 È condannato il credente che pensa di non doversi spendere per la fede.
 Il 1° capitolo della DV è cortissimo e intensissimo, ricco di citazioni bibliche. Non è un caso:
grazie alla Scrittura parliamo di Dio; non ci sono concetti altri e superiori da far valere, ma la
tradizione e la Scrittura si devono mescolare. Lo vediamo dalla stessa impostazione del testo: è
un atto di magistero che fa continuamente riferimento alla Parola.

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