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LEZIONE 6

I PARTE

 HALIK. Iniziamo a vedere qlche categoria di teologia fondamentale che qsto testo pone.
 Nel cap. 1 ci sono dei riferimenti sulla fede (vediamo a p. 16 e poi 19 e 20).
 (p.16): “Questo è un libro sulla fede come via alla ricerca di Dio in un mondo che cambia.”  la via
fa riferimento a una fede in movimento;
 quindi è un movimento che è alla ricerca di Dio, in un mondo dove sta cambiando tutto.
 “Sulla fede viva, sull’atto di fede, sul modo in cui crediamo (fides qua) piuttosto che su ciò in cui
crediamo (fides quae), che è ‘oggetto’ della fede.”  fides qua= fede in forza della quale/fede
grazie alla quale; dice l’atto di fede.
 Fides quae  dice il contenuto della fede. Per es., quando noi diciamo “Credo in Dio Padre….credo
in Gesù Cristo…credo la Chiesa…” diciamo un contenuto (la Chiesa, Padre, Figlio, Spirito Santo
etc…); l’atto è il dire “Credo”, è fidarsi. La fede come atto dice la nostra libertà, facciamo un atto di
apertura di credito.
 La fede è sempre fatta da queste 2 parti: l’atto di fede e il contenuto della fede.
 Halik dice che secondo lui è più importante l’atto del credere, viene prima. Prima mi fido di qlcno
che vuole dirmi qlcsa, e poi ascolto quello che vuole dirmi e do credito a quello che mi dice. Il fidarsi
è previo al contenuto.
 “Con fede intendo un certo atteggiamento esistenziale, un orientamento, il modo in cui stiamo al
mondo e lo interpretiamo, piuttosto che le semplici opinioni e le ‘convinzioni religiose’; più faith che
beliefs.”  ‘faith’ è proprio l’affidarsi, e per Halik è più importante questo.
 Poi si sofferma sul concetto di fede che ricava dalla Bibbia, dalla tradizione (vedi p.17, quando parla
dell’esperienza dell’esodo e della fede dei profeti)  questa fede che ti porta a camminare chiede
un cambiamento, chiede una conversione.
 (P.18) “ Seguire Cristo non significa somigliare a Gesù di Nazaret quale persona storica di un remoto
passato(…)Si tratta piuttosto di una via al seguito di Gesù e con Gesù(cioè camminare dietro di lui
per essere come lui oggi.).
 La fede in Cristo è una via di fiducia e di coraggio, di amore e di fedeltà; è un movimento in direzione
di un futuro che Cristo ha aperto e al quale chiama.”  ancora ribadisce qsto camminare, qsto
essere in movimento (“vieni e seguimi” “cammina dietro di me” “li chiamò perché stessero con
lui”).
 Questa sequela non lascia uguali; la fede è sempre in movimento, nn lascia mai fermi; ti porta a una
vita di donazione e chiede coraggio e una disponibilità, chiede di stare in un’apertura radicale.
 Qsta paertura radicale la si dà a Dio e poi agli uomini.
 (p.19) “ Se vogliamo scoprire qlcsa di sostanziale sulla fede di un’altra persona, non domandiamole
se crede o non crede in Dio, quale opinione abbia sull’esistenza di Dio e quale sia la sua
appartenenza ecclesiastica o religiosa. Rivolgiamoci a ciò che ricopre il ruolo di Dio nella sua vita, a
come crede(…)  Gesù ai farisei del suo tempo ha contestato una fede ipocrita: a parole difensori
della Torah, della tradizione, della Scrittura; ma nei comportamenti erano legalisti, chiusi alla
tradizione di Dio.
 Gesù è molto attento ad una fede che si traduca in vita. Tutti crediamo in qlcsa (anche nei vari idoli,
vedi il denaro) ma il tema nn è credere o no in qlcsa ( infatti in qsto tempo ci sono gli increduli
credenti e i credenti senza fede…ci sono atteggiamenti molto mescolati e confusi). La vera
domanda è: come credi? La tua vita si fa segno di quale sequela?
 (Domanda) Il problema di cui parliamo ora è: come faccio a capire di chi ti fidi, in chi o che cosa
riponi il tuo atto di fede? Da come ti comporti. La mia libertà da chi/che cosa si fa
condizionare/guidare? Da Dio o da mammona?
 Poi ribadisce ancora qsta dimensione dicendo: “ Non sarebbe di certo corretto sottovalutare il
contenuto della fede (fides quae) e separarlo dall’atto di fede. Tuttavia l’elemento esistenziale della
fede, l’atto di fede incarnato in una prassi di vita, per certi aspetti ha la precedenza sulla parte
 ‘contenutistica’ e cognitiva.”→l’atto di fede viene prima.
 Continuiamo a leggere a p. 19 su atto di fede e fides quae(contenuto della fede). E ancora
“L’oggetto della fede è in un certo senso contenuto implicitamente nell’atto di fede, nella vita del
credente”. Questa dimensione esistenziale che è il segno vero di qual è l’orientamento della tua vita
lo dice alla fine del capitolo, p. 20: “L’umanità di un individuo, il suo modo di essere, è l’espressione
più autentica della sua fede o della sua incredulità”. (uno può andare a Messa ma nella vita
quotidiana non traspare nulla di quello in cui ci si aspetta lui creda, a giudicare da come vive.
Possiamo fare delle pratiche religiose ma non cambiare assolutamente vita).
 “A parlare della fede di un uomo é la sua stessa vita, piuttosto che cio che pensa o dice a proposito
di Dio. Ma quando parliamo del modo in cui un uomo vive, guardiamoci dal ridurre l’interezza di
una vita soltanto al campo della morale, a virtu e peccati: nel modo in cui un uomo vive, in cui si
esprime, rientrano anche la sua ricchezza emotiva, la sua fantasia e creativita, la sensibilita nei
confronti della bellezza e il senso dell’umorismo, la capacita di empatia e tutta una serie di altre
qualita. Alla domanda su che tipo di uomo sia e quale fede ispiri e guidi la sua vita,troviamo una
risposta nel modo in cui egli mette in pratica il compito di essere uomo.”
  Commento: La vita è tutta coinvolta dal modo in cui tu credi. E’ come dire: “Dimmi che uomo
sei e ti dirò che fede hai”. E’ necessario che ci sia qsta autenticità del credere come affidamento che
tocca l’esistenza tutta. Non le parole, ma come vivi. TUTTO QUESTO E’ UN MODO PER RIBADIRE IL
PRIMATO DELLA FIDES QUA.
 In Italia fino ad un certo punto c’era la moda degli atei credenti, persone dichiaratamente non
credenti che però facevano salotti, grandi questioni sulla fede. Atei devoti.
 Per prox volta leggere cap. 2 di Halik. (passaggi più articolati ancora su fides qua e fides quae).

 (24’) Ora continuiamo col percorso di studio. La scorsa volta abbiamo fatto il passaggio all’Humani
generis (parlavamo di alcuni punti trattati dal testo: la questione dei dogmi; l’interpretazione della
Scrittura; il tipo di filosofia adatto a parlare dei temi forti del magistero/della rivelazione; lo scontro
con la cultura del tempo; la sottolineatura del primato di s.Tommaso).
 Abbiamo fatto un passaggio dalla Dei Filius fino ad arrivare all’Humani generis. Questo tempo, ma
anche l’impostazione della teologia moderna, ha un certo modo di impostare il discorso fede-
ragione (che è quello poi che viene messo in discussione dalla Dei Verbum).
 Precisiamo qual è qsto modo sotteso ai documenti della Dei Filius, della Dei Verbum .
 Come intendere il tema fede- ragione: ripercorrendo soprattutto i testi del Vaticano I vediamo
come è intesa qsta questione.
 Adesso vediamo alcune possibilità di intendere fede/ragione ( e ciascuno di noi ha il compito di
pensare a quale sia quella che ci “appartiene”).
 1. Un modello sapienziale biblico che unisce fede e ragione;
 2. Una fede distinta dalla ragione, ma entrambe sono dentro una stessa relazione (e in questa
relazione la fede “comanda” per così dire sulla ragione  questo è il modello tomista, di una fede
e ragione distinte ma non separate, dove la filosofia è “ancilla theologiae”, in posizione subordinata
rispetto alla fede ma convergente)
 3. Fede e ragione si trovano in uno stesso “contenitore”, ma sono separate, quindi tra di loro non
dialogano; (Ockam per es, che non era un non credente, ma riteneva che fede e ragione fossero
molto separate tra loro)
 4. Visione moderna: 4a. modello razionalista: una ragione che si impone escludendo la fede
(razionalismo); 4b. modello fideista: una fede che si impone escludendo la ragione (fideismo).
 Il modello sapienziale si esprime bene nel cap.1 della Fides et ratio perché è il modello sapienziale
biblico (e anche un po’ agostiniano) dove fede e ragione si rincorrono in un circuito che le vede
sempre di nuovo insieme: la fede interroga la ragione.
 Tommaso pone già una differenza, mette piani diversi: preambula fidei e poi il discorso della fede.
 Qual è l’impostazione che ha la modernità su questo modello fede-ragione? E’ una fede che è
molto sfidata dalla ragione: come si relazione la fede con i “colossi” della ragione? E’ una fede che
rivendica di essere sovrannaturale, libera e ragionevole, rivendica la sua peculiarità.
 Ma lo fa dentro un modello un po’ particolare. Il modello sotteso di cui parliamo è il modello
cosiddetto estrinsecista.  cioè guarda la fede e la ragione una fuori dall’altra, separate (è un
modo anche per difendere la fede dall’invadenza della ragione).
 (Dispensa p.14) In un suo recente testo, Theobald (del 2018, Urgenze pastorali, Pedagogia della
Riforma) egli pone una riflessione proprio su questo modello teologico estrinsecista;
 In appendice si trova un breve saggio che focalizza il problema dell’estrinsecismo fede - ragione e
aiuta a coglierne le caratteristiche per contrapporre a questa impostazione in modo non superficiale
la “pastoralità della dottrina”. Focalizzare questo tipo di impianto teologico è importante e insieme
complesso. E’ un tipo di impostazione che ancora riemerge e spiega molte delle opposizioni a Papa
Francesco e al suo magistero o semplicemente la faticosa ricezione del Concilio Vaticano II e la sua
svolta storico e cristocentrica nel modo di intendere la Rivelazione. NOTA: il modello estrinsecista,
che è stato importante in una fase della teologia, ora rischia di agire contro un suo cambiamento (di
sicuro Halik non è estrinsecista). Qs modello se non viene guardato in una prospettiva storica rende
difficile comprendere la svolta del Vaticano II. E’ una fase lunga quella estrinsecista, ha attraversato
i secoli, ha dato un’impostazione, ma il Vaticano II ha superato qsta impostazione.
 Chi non la supera fa fatica a recepire l’impostazione del CVII
 Vediamo come funziona questa impostazione estrinsecista (presi come riferimento i testi della Dei
Filius).
 Continuiamo a leggere sulla dispensa (DF p.14).
 “La medesima Santa Madre Chiesa professa ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose , può essere
conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create ; infatti, le
cose invisibili di Lui vengono conosciute dall'intelligenza della creatura umana attraverso le cose che furono fatte (Rm
rivelare se stesso e i decreti della Sua volontà al
1,20). Tuttavia piacque alla Sua bontà e alla Sua sapienza
genere umano attraverso un'altra via, la soprannaturale, secondo il detto dell'Apostolo: "Dio, che molte
volte e in vari modi parlò un tempo ai padri attraverso i Profeti, recentemente, in codesti giorni, ha parlato a noi
attraverso il Figlio" (Eb 1,1-2).”
 Sottolineata (a caratteri grandi) le due affermazioni: Dio può essere conosciuto dalla nostra
ragione; ciò nonostante Dio si è rivelato. Nella prima affermazione dunque vediamo che la
posizione della Chiesa cattolica è che Dio sia conoscibile.
 1^ presupposto: La conoscenza di Dio è alla portata della ragione umana che ha infatti elaborato
una filosofia metafisica.  la metafisica sappiamo che è una riflessione su ciò che è trascendente.
 Ma la rivelazione dice qualcosa per via soprannaturale - una via non razionale  se l’uomo ha una
ragione e la ragione caratterizza la natura umana, il sovrannaturale è anche sovrarazionale.
 “Si deve a questa divina Rivelazione se tutto ciò che delle cose divine è di per sé assolutamente inaccessibile alla
ragione umana, anche nella presente condizione del genere umano può facilmente essere conosciuto da tutti con
certezza e senza alcun pericolo di errore.”  la Rivelazione aiuta a conoscere con certezza ciò che la
ragione rischia a volte di dire in modo non preciso.
 perché nella Sua infinita
“Tuttavia non per questo motivo deve dirsi assolutamente necessaria la Rivelazione, ma
bontà Dio destinò l'uomo ad un fine soprannaturale, cioè alla partecipazione dei beni divini, che
superano totalmente l'intelligenza della mente umana; infatti Dio ha preparato per coloro che Lo amano
quelle cose che nessun occhio vide, nessun orecchio mai udì, nessun cuore umano conobbe (1Cor 2,9).”
 La divina rivelazione permette una conoscenza senza errori - ma non è per questo che Dio si è
rivelato.
 Il contenuto della Rivelazione è la salvezza dell’uomo e la sua partecipazione alla vita di Dio, cosa
che nessuna ragione può affermare
  vediamo che da una parte si dice che Dio è conoscibile, ma la ragione per cui Dio si è rivelato
non è un motivo conoscitivo, ma la Rivelazione avviene per dirci qualcos’altro: che l’uomo è
salvato, che l’uomo è figlio, che Dio è Padre. QUESTO NESSUNA RAGIONE UMANA POTEVA DIRLO.
(il dio di Platone, di Aristotele, della metafisica…nn è Dio Padre. Il motore immobile di Aristotele
per definizione non ama…il dio di Plotino non ha un’intenzione creatrice…)
 perché Dio crea l’uomo? Per un desiderio di relazione. Qsto non c’era nelle metafisiche. È una
relazione per la salvezza e per la partecipazione alla vita di Dio.
 Questa Rivelazione soprannaturale, secondo la fede della Chiesa universale, proclamata anche
dal santo Concilio Tridentino, è contenuta nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte ricevute
dalla stessa bocca di Cristo o dagli Apostoli , ispirati dallo Spirito Santo, tramandate di
generazione in generazione fino a noi (dal Concilio di Trento)  noi sappiamo qsto dalla Scrittura
e da quella tradizione orale che è iniziata dalla stessa bocca di Cristo e poi è stata raccolta e
trasmessa nella Chiesa.
 Noi crediamo alla Rivelazione contenuta in libri sacri ricevuti dalla stessa bocca di Cristo, ispirati da
Dio e interpretati dalla Chiesa questo fa dire che, per questa impostazione, la Rivelazione è
soprattutto Parola di Dio, parole di Dio, locutio Dei.
 (avanti con la dispensa,p.15): Poiché quelle cose che il santo Concilio Tridentino decretò per porre conveniente freno
alle menti presuntuose sono state interpretate in modo malvagio da taluni, Noi rinnoviamo il medesimo decreto e
dichiariamo che questo è il suo significato: nelle cose della fede e dei costumi appartenenti alla edificazione della dottrina
Cristiana deve essere tenuto per vero quel senso della sacra Scrittura che ha sempre tenuto e tiene la Santa Madre Chiesa,
alla cui autorità spetta giudicare del vero pensiero e della vera interpretazione delle sante Scritture; perciò a nessuno deve
essere lecito interpretare tale Scrittura contro questo intendimento o anche contro l'unanime giudizio dei Padri.  la
sacra Scrittura la custodisce e la interpreta la Chiesa. Quindi possiamo dire che la ragione giunge ad
affermare l’esistenza di Dio (e questo è quello che dava il compito apologetico). Il piano di salvezza
è accolto per la rivelazione sovrannaturale che non è alla portata della ragione. La Rivelazione
contenuta nei libri sacri solo la Chiesa l’intende in modo corretto.
 Quindi da una parte diciamo che la ragione sa di Dio, ma la Rivelazione è molto superiore alla
ragione ( e questo il Vaticano I lo dice nel secolo di Hegel, del panteismo, del razionalismo,
materialismo etc.) perché essa ci dice qlcsa che nessuno di questi citati potrebbe aver detto.
 Vediamo proprio che si profila quella dimensione estrinseca di ragione-fede, cioè una fuori
dall’altra. Sul contenuto specifico della salvezza la ragione nn ha proprio niente da dire.
 (Capitolo III-La fede, p.15) Essendo l'uomo, in tutto il suo essere, dipendente da Dio, suo Creatore e Signore , ed
essendo la ragione creata completamente soggetta alla Verità increata,” →si dice l’impostazione:
l’uomo viene da Dio, è una realtà creata che è in relazione alla verità increata ù
 “noi siamo tenuti a prestare con la fede il nostro pieno ossequio di mente e di volontà a Dio
rivelante.” cioè il rapporto creatura-Creatore ci mette nella condizione di essere in un rapporto
che riconosce l’autorità di Dio. Quindi in questa impostazione l’uomo si pone in ascolto.
 2^presupposto della concezione che guida la visione dei padri conciliari è che la ragione creata è
soggetta alla verità increata e per questo siamo tenuti all’obbedienza della fede con la volontà e
con la mente - questo passaggio indica una visione di uomo creato, credente in cui ragione e fede
non si contraddicono, ma volontà e ragione accolgono la Rivelazione e obbediscono alla fede.
OBBEDIENZA PERCHE’ LA RAGIONE NON PUO’ INTENDERE L’INTRINSECA VERITA’ DELLA FEDE 
avevamo visto che il 1° presupposto era quello che ragione poteva conoscere qlcsa di Dio; il 2° è la
ragione creata che è soggetta alla verità increata e per questo è tenuta all’obbedienza della fede.
Quindi fede e ragione nn si contraddicono; la fede riconosce il suo status, la ragione riconosce il suo
status di essere creatura, e per qsto è legittimo che si subordini al Creatore.
 Ma la ragione nn può intendere tt qllo a cui presta obbedienza (p.16): La Chiesa cattolica professa che
questa fede, che è l'inizio della salvezza dell'uomo, è una verità soprannaturale, con la quale, sotto l'ispirazione e la grazia
di Dio, crediamo che le cose da Lui rivelatesono vere, non per la loro intrinseca verità individuata col
lume naturale della ragione, ma le prende per vere per l'autorità dello stesso Dio rivelante, il
quale né può ingannarsi, né può ingannare. La fede è, per testimonianza dell'Apostolo, sostanza delle cose
sperate, argomento delle non apparenti (Eb 11,1).  Quindi abbiamo una Rivelazione che supera la ragione;
la ragione di cui parliamo è una ragione creata che prende per vero i contenuti della fede (cioè
quello che dice la Rivelazione), ma…posso dimostrarlo? No, non per la loro intrinseca verità.
 Dio, con tutti i dogmi che hanno man mano definito i contenuti ( Dio Uno e Trino, l’Incarnazione,
etc.) sono delle verità che la ragione prende e assume e condivide non perché può esplorarle e
dimostrarle…ma per l’autorità dello stesso Dio rivelante, il quale né può ingannarsi, né può
ingannare.
 Il contenuto della fede , ciò che crediamo, non lo consideriamo vero con la nostra intelligenza, ma
per l’autorità di chi rivela. SI OBBEDISCE ALL’AUTORITA’ DEL RIVELANTE  ecco dunque
l’estrinsecismo: la ragione, che in genere attiva processi di ricerca e di dimostrazione, qui si ferma.
 (Dispensa): Ma affinché l'ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto
che agli aiuti interiori dello Spirito Santo, si unissero gli argomenti esterni della sua Rivelazione,
cioè gli interventi divini, come sono principalmente i miracoli e le profezie che dimostrano
luminosamente l'onnipotenza e la scienza infinita di Dio e sono segni certissimi della divina
Rivelazione e adatti all'intelligenza di tutti.  come dire: che Gesù sia risorto, non provo neanche
a cercare di dimostrarlo; però ci sono dei segni, dei segni di vita, che mi fanno dire che forse è vero
(si vede il segno esterno, il miracolo).
 Quindi da una parte abbiamo una verità inaccessibile che prendiamo perché è Dio che ce lo dice;
dall’altra parte abbiamo la ragione; lo Spirito Santo che ci dà l’aiuto interiore per fare l’atto di fede,
ci dà anche segni esteriori. la nostra ragione, in qlche modo, ha delle prove…
 Questo tema dei segni esteriori e delle prove è anche molto in linea con la mentalità scientifica che
porta le prove
 (dispensa): Per questo Mosè e i profeti, ma specialmente Cristo Signore fecero molti e chiari miracoli e profezie; e degli
Apostoli leggiamo: "Essi poi partirono e predicarono dappertutto, cooperando il Signore e confermando la loro
predicazione con prodigi che li accompagnavano" (Mc 16,20). Sta pure scritto: "Abbiamo il linguaggio profetico più sicuro,
che fate bene ad osservare, come lampada che splende in un luogo oscuro" [2Pt 1,19] . interessante: qua per dire
i segni esteriori si cita specialmente Cristo Signore, che fece molti miracoli (la sua persona rimane
inattingibile, però ha fatto dei segni). Qsta è l’impostazione per cui tutta l’esperienza di Gesù non è
presa in carico, ma si guardano i segni di Gesù
 PUNTO CENTRALE: è AFFERMATA l’estraneità dell’atto di intelligenza rispetto ai contenuti della fede
(acconsente non perché ne coglie evidenza ma per l’autorità del rivelante) lo Spirito Santo dona agli
uomini dei segni perché la loro intelligenza colga qualcosa pur se dall’ esterno
 Benché, dunque, l'assenso alla fede non sia un cieco impulso dell'anima, tuttavia nessuno riesce
ad aderire alla verità del Vangelo nel modo necessario per il conseguimento dell'eterna salvezza,
senza l'illustrazione e l'ispirazione dello Spirito Santo, il quale dà a tutti soavità nel consentire e
credere alla verità [Syn. Araus., II, can. 7]. Pertanto la stessa fede, anche quando non opera per la carità, è dono
di Dio, e il suo atto è opera ordinata alla salvezza, con cui l'uomo presta a Dio libera obbedienza, cooperando e
consentendo alla Sua grazia, alla quale però può sempre resistere.
 La fede non è irrazionale, cieco impulso, neppure solo frutto dell’azione razionale dell’uomo, è dono
teologale  la fede nasce dall’azione dello Spirito e dai segni che la nostra ragione, la nostra
umanità può riconoscere.
 (dispensa) Quindi si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono
contenute nella parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione, e che vengono proposte dalla
Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale, come divinamente
ispirate, e pertanto da credersi. Ciò che è contenuto dell’atto di fede sono le verità indicate dalla
Chiesa, la dottrina che raccoglie la rivelazione trasmessa  la fides quae, potremmo dire. Il tuo atto
di fede si giustifica dal fatto che sei di fronte al Dio rivelante, l’autorità, tu ti senti dipendente,
creatura, e accetti quello che la chiesa ha indicato come i contenuti da credere.
 (Dispensa p.16-17) Poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio e giungere all'unione con i suoi
figli, così senza di essa nessuno potrà mai essere assoluto, come pure nessuno conseguirà la vita
eterna senza aver perseverato in essa sino alla fine. Affinché poi potessimo adempiere il dovere di
abbracciare la vera fede e perseverare costantemente in essa, Dio, mediante il Suo Figlio
Unigenito, istituì la Chiesa e la insignì di così chiare note perché potesse essere conosciuta da tutti come
custode e maestra della parola rivelata. Nota: la Dei Filius (da cui prendiamo questi testi) ha
come punto di ricaduta la centralità della Chiesa. Non c’è la centralità di Gesù Cristo, ma c’è la
centralità della Chiesa che si fa custode istituita da Cristo per conservare le dottrine e poterle
tramandare perché tt possano essere confermati nella vera fede.
 (Continua): Infatti alla sola Chiesa cattolica appartengono tutte quelle cose così ricche e così meravigliose che sono state
divinamente predisposte per la credibilità della fede cristiana. Anzi, la Chiesa, per se stessa, cioè per la sua ammirevole
propagazione nel mondo, per la sua esimia santità e per l'inesausta fecondità di tutti i suoi beni, per la sua unità, per
l'invitta solidità è un grande e perenne motivo di credibilità, una testimonianza irrefragabile della sua istituzione divina
 La Chiesa assume ruolo centrale come custode e dispensatrice delle verità da credere  qui c’è già
prefigurata una Chiesa-mistero, però sono categorie che verranno usate molto di più nel ‘900,
perché la Chiesa, nella concezione dell’800, è ancora una società “perfetta”, è più intesa con il
linguaggio giuridico che con il linguaggio mistico ( e sarà la Mistici corporis a introdurre una visione
nuova al riguardo, più vicina a quella attuale).
 RIASSUMIAMO: nel cap. II e nel cap. III della Dei Filius troviamo qsta sottolineatura che rimarca:
 -che la Rivelazione deve dirci che noi siamo chiamati alla salvezza(cosa che la ragione da sola nn
saprà mai);
 che la fede è dovuta perché Dio è da ossequiare (è il Dio Creatore e noi siamo creatura);
 - la fede è nelle verità da credere nn perché noi sappiamo darne dimostrazione ma per l’autorità
del Rivelante;
 abbiamo delle prove (sono segni esteriori dati dallo Spirito, e la ragione si ferma a qsti segni).
questo è il MODELLO ESTRINSECISTA: una ragione che rimane esterna alle verità di fede; questo
però non significa che siamo nell’irrazionalismo, perché qui la ragione può ragionare su dei segni.
 Ma perché si è così sulla difensiva, perché si sottolinea tanto qsta distanza, qsta inaccessibilità? Per
la cultura del tempo che voleva controllare tutto…e allora si insiste sull’oltre, sul sovrannaturale.
Dall’altra parte invece vediamo che la teologia un po’ cede alla mentalità scientifica per “portare le
prove” (le mettiamo però come prove esterne)
 (dispensa): Credo si possa vedere l’impostazione che cade sotto il nome di Estrinsecismo, cioè quel
modello di pensiero secondo il quale la ragione, cioè l’umano, non può accedere al mistero, non può
coglierne l’evidenza, per la sua (del mistero) dimensione sovrannaturale, non deve neppure cercare
di farlo per non rischiare di ridurre il mistero a sé (riduzione antropologica), con il fine di preservare
il mistero in sé. Poi questa estraneità o esteriorità della ragione rispetto al mistero viene
riequilibrata da segni esterni, quasi compensativi, e da una visione che vede convergenti fede e
ragione in una antropologia che coglie questa unità, pur nella distinzione tra le due, e che afferma
la ragionevolezza e libertà della fede sovrannaturale. ricorda: per il Vaticano I la fede è libera,
sovrannaturale, ragionevole.
 (p.17) In questa visione che cerca di salvaguardare la superiorità della fede e la sovrannaturalità
della rivelazione si cede però a un modello scientifico, laddove si sente l’esigenza che vengano esibiti
dei fatti, i segni esterni, quasi una esigenza imposta dalla ragione di avere delle prove. Si coglie una
tensione tra le esigenze della fede di porsi al di sopra della ragione e le esigenze di una razionalità
che impone criteri di credibilità.  il tema della credibilità della Rivelazione è un tema enorme nella
teologia fondamentale.
 (p.17) MA PER FINIRE SI COGLIE UN ALTRO SALTO: i miracoli e il fatto storico colto nella storia di
Gesù per essere via di scoperta del Cristo devono essere creduti, cioè deve agire lo spirito che muove
la volontà che persuade l’intelligenza ad acconsentire al loro riconoscimento.  cioè non si
esaurisce neanche tutto nelle prove dei segni esteriori, perché di fronte alle prove esteriori ( e qsto
lo sappiamo dal vangelo) nn tutti hanno creduto, anzi la maggioranza non ha creduto.
 I segni non sono pure prove scientifiche, non sono dei dati della scienza: sono dei segni che mi
lasciano libero di credere o no. Sono segni che fanno capo a un mistero di grazia. Anche se da una
parte c’è una sorta di cedimento alla mentalità positivista, sotto c’è sempre il primato della fede.
( es vedi . Gv 12,9-10).
 (p.17) L’impalcatura del ragionamento è complessa, poggia sulla tradizione metafisica, sulla
divaricazione netta tra natura e sovranatura, ben marcata per evitare la riduzione del
sovrannaturale al naturale ma con alcune condizioni che lasciano intravedere una non rappacificata
relazione tra le esigenze della ragione e quelle della fede.  fede e ragione non arrivano a dialogare
fino in fondo; ma qui la ragione che deve essere messa in gioco nn è una ragione scientifica, ma
ermeneutica.
 Quando nell’800 si parla di ragione il modello di riferimento è la ragione metafisica e la ragione
scientifica. Per leggere i segni ci vuole una ragione ermeneutica, ma nell’800 nn c’è ancora. Questo
per dire che il rapporto tra segni esteriori e il loro significato interiore è molto più profondo.
 (p.18) Dove viene messo in discussione questo modello? Dalle analisi e dalle acquisizioni più
profonde e puntuali relative all’umano. Perché nulla dell’umano è adatto per entrare in relazione
con Dio? Desideri alti, anelito alla giustizia e alla verità, vissuti che sono una mescolanza di idee,
desideri, affetti, la dimensione della persuasione e della libertà che non possono disancorarsi
dall’accoglienza della verità… tutto inutile, pericoloso, arbitrario? Blondel parla appositamente
dell’apologia dell’immanenza - rispetto a una apologetica che persegue solo segni esterni, il teologo
francese pone in luce la tensione interiore all’umano che cerca Dio senza ridurlo a sé.  di fronte a
un’apologetica estrinsecista Blondel dice che noi da dentro siamo in relazione con Dio, non da
fuori. (Blondel poi verrà scomunicato per la sua visione considerata troppo antropologica: c’è una
grande “paura” della Chiesa che qualsiasi valorizzazione dell’umano comporti la confusione tra il
naturale e il sovrannaturale, o una riduzione del sovrannaturale al naturale. Quindi meglio tenere le
distanze).
 Si capisce che in un contesto dove le scienze umane cercano di occupare tutto lo spazio, eliminando
la trascendenza, si possa avvertire come un pericolo ogni cedimento al primato dei vissuti,
dell’esperienza, del soggettivo e si condanna l’esistenzialismo, il relativismo, il personalismo. 
dopo circa 150 anni abbiamo un Halik che invece ci dice che proprio le esperienze, i vissuti ci
devono interessare…all’inizio del ‘900 (circa 120 anni prima del libro di Halik) il tema dell’atto di
fede come atto soggettivo che si esprime era visto come pericoloso; “bisogna puntare sui contenuti,
sulla dottrina” (fides quae).
 In questo scontro molto forte tra l’affermazione del primato delle verità dottrinali, custodite e
trasmesse cercando di non cedere alle mode dei tempi e le esigenze di valorizzazione del ruolo del
soggetto con tutte le sue potenzialità come elemento imprescindibile dell’affermazione del senso
della realtà (anche la lezione fenomenologica dell’intrascendibilità della coscienza docet) si
comprende la tensione anche percepibile in HG.  anche nel documento Humani generis c’è una
grandissima difesa della dottrina contro filosofie che sono troppo esistenzialiste, troppo
personaliste, troppo volte al soggetto e alla storia…con il rischio di “perdere” il sovrannaturale.
 (p.18) Come uscirne? Se la storicità dell’uomo è pericolosa perché in qualche modo rischia di ridurre
la verità di Dio a sé, l’altra via che rimane, e che il cristianesimo ha in sé, è la ricomprensione della
storicità di Dio.  cioè la storicità dell’uomo è troppo poco per elevarci a Dio, perché rischiamo di
ridurre Dio a noi. Ma (strepitosamente!) nel cristianesimo Dio si fa storia, non per perdersi
nell’umano, ma per portare Sé all’uomo. La storia non è solo sicuramente il luogo del relativismo
negativo, ma è storia che rivela Dio, scelta da Dio per dire sé fino a farsi uomo per farsi intendere
dagli uomini.  Nota: il III cap. di Halik è “Leggere i segni dei tempi”. Se la storia è di Dio siamo
salvi.

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