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L’INCARNAZIONE COME EVENTO CRISTOLOGICO (AMATO p.347)

IL FINE DELL’INCARNAZIONE (Amato, p.347)

LA PREESISTENZA DEL VERBO prima dell’incarnazione (Amato, p.352)

La preesistenza del Figlio non è solo intenzionale, ma ontologica e reale:


il Figlio non sarebbe esistito solo in quanto previsto. Essa è fondata sulla ge-
nerazione eterna dal Padre e sul ruolo avuto dal Figlio nella creazione del mon-
do.
La testimonianza più esplicita è nel prologo del quarto vangelo. I motivi
centrali per l’affermazione della preesistenza sono:
- la divinità del Verbo,
- la sua funzione creatrice e conservatrice,
- il suo divenire uomo.
È la sua postesistenza pasquale a postulare la sua preesistenza: la gloria
del risorto è irraggiamento della gloria preesistente presso. La considerazione
dell’ evento Cristo come evento escatologico ci rimanda al Verbo come “evento”
protologico. L’esistenza protologica e trinitaria del Cristo è in se stessa una
realtà salvifica. Gesù ci salva perché è Dio da Dio (Atanasio), perché è “unus
de Trinitate” (Costantinopolitano III). La sua nascita eterna è il fondamento
della “nuova” creazione che ha portato nel mondo. Nel Figlio preesistente si ha
la radice del suo ruolo salvifico sia alla creazione, sia alla redenzione.

L’INCARNAZIONE E IL DIVENIRE (Amato, p.357)

LA PERSONA DI GESÙ CRISTO (Amato, p. 361 e ss.)

Alla domanda su “che cosa” è G.C. si risponde che egli “è in due nature,
umana e divina”; a quella su “chi è G.C. si risponde che egli “è la persona di-
vina del Figlio di Dio fatto uomo”.
L’unione della natura divina con la natura umana nella persona divina del
Verbo (la quale, avendo già in sé la natura divina, assume la natura umana con
l’incarnazione) si dice unione ipostatica. In una sola persona della Trinità, in
seguito all’assunzione della natura umana, si trovano a coesistere senza confu-
sione due nature (Tertulliano).
In Cristo è assente la persona umana. La natura umana di Cristo non è per-
sona (Scoto).
Col termine “persona” non si designa la natura (sostanza) divina, che è
unica, ma le relazioni esistenti nella Trinità (dunque dice rapporto, dialogo,
relazione, essere rivolto verso l’altro); persona è dunque “relatio substistens”
(relazione sussistente), “esse ad” (essere rivolto a). Il Concilio di Firenze
del 1442 afferma che in Dio “tutto è uno, là dove non è di ostacolo
l’opposizione di relazione”. Si chiama “relazione sussistente” proprio perché
essa esiste e sussiste come relazione, non come sostanza: la sua realtà è la re-
lazione. Quello che distingue la persona dalla natura è proprio questo essere
relazionale, questo “esse ad”. Per Galot “la persona è l’entità relazionale che
comunica il suo dinamismo alla natura guidando la sua attività verso gli altri
nella conoscenza e nell’amore”. In questo operare che segue all’essere sussiste
quella primordiale incomunicabilità che impedisce all’io, proteso verso l’altro,
di dissolversi nell’altro1. Il soggetto guida le attività naturali (gli atti
dell’intelligenza e della volontà) riconducendole all’unità del proprio io senza
che in questo alcuna perfezione si aggiunga alla natura.
In Cristo non si dà “l’essere relazionale umano” ma solo “l’essere rela-
zionale del Verbo”. L’io di Cristo è l’io del Verbo. Cristo però possiede tutta
intera la perfezione della natura umana, che viene personalizzata dal Verbo e
nel Verbo. Cristo, che nell’eternità ha vissuto il dialogo interpersonale col
Padre, incarnandosi ha inaugurato il dialogo interpersonale con l’umanità. Il
Termine “persona”, che nella Trinità è principio di distinzione, in Cristo è
principio di unità (nell’unica persona del Verbo si ammettono due nature diffe-

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Mentre la natura (o sostanza) è comune e comunicabile, la persona rappresenta ciò che è proprio, incomunicabile (Riccardo di San
Vittore). Secondo la definizione sintetica di Mondin “la persona è un individuo dotato di comunicazione e autotrascendenza”.
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renti).L’autotrascendenza assoluta a cui l’uomo da sempre tende (non essendo au-


tosufficiente) trova la sua piena realizzazione2 in Cristo, che in quanto Verbo
di Dio dirige verso la propria pienezza e perfezione la natura umana che egli ha
assunto. Mediante l’unione ipostatica Cristo diventa l’autentica definizione
dell’uomo. La natura umana del Verbo, pur non essendo persona umana, non viene
mortificata nella sua perfezione; anzi nella persona del Verbo giunge alla più
alta possibilità di realizzazione. “In realtà solamente nel mistero del Verbo
incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (GS 22).L’umanità del Cristo
straripa in tuttta la sua carica edificante di valori positivi per l’uomo3.

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E la sua pace?: manca qui il discorso della divinizzazione della natura umana, lo scambio di Ireneo. Però il testo dice:
“La natura umana (dell’uomo) (nell’unione ipostatica) si trova intimamente placata nel suo dinamismo di trascendenza
assoluta. Essa infatti è personalizzata dall’io divino del verbo” (p.373). Ma Cristo mi fa dono della sua natura, non della
sua persona! anche se io moralmente devo tendere sempre più ad imitare la sua persona (lui è la via che mi mostra come
io possa essere santo come lui è santo). Come persona egli è totalmente altro da me, come io da lui (e ci tengo ad esser-
lo). La pace a cui tendo non mi può essere data dall’acquisizione di una natura divina che violi la mia individualità per-
sonale assorbendomi in un’altra personalità. Però la cosa non l’ho ancora risolta: infatti due amanti trovano la pace nella
loro relazione, cioè nello scambio della loro persona, non della loro natura. O forse questo è vero solo qui sulla terra?
Infatti l’amato non avrebbe altro desiderio che fondersi in uno con l’amata; questo fondersi è un po’ come l’unione di
due persone in una sola natura. L’atto sessuale rappresenta ma anche realizza tutto questo per quello che può. Ma nel
regno dei cieli, se acquisteremo una natura divina non ci sarà più necessità di relazione (ma forse libera volontà di amo-
re sì) cosicché non ci sarà più né moglie, né marito e saremo come gli angeli. Che appunto suppongo che abbiano una
personalità propria e -se non una natura divina- una natura colmata dalla natura divina. Quindi la necessità ontologica
dell’uomo (colmata sulla terra parzialmente dal suo rapporto con la donna) verrà colmata da Dio stesso. A ben pensarci
si tratterà, più che dell’acquisizione della natura divina, del restauro o compimento della natura umana. Infatti l’uomo
intelligente non è in ansia perché non possiede la natura di Dio, ma perché non possiede la natura di uomo perfetto, che
è a immagine di quella di Dio (l’immortalità, l’impassibilità nel dolore), ma che non è quella di Dio (l’uomo nel paradi-
so terrestre/giardino celeste). L’uomo non pretende di essere Dio, perché questo non è nella (della) sua natura: all’uomo
basta essere “come” Dio (sarete come Dio, è la tentazione del serpente nella quale l’uomo non può non cascare perché è
il suo desiderio più profondo: non una volontà di potenza, ma un desiderio di pace). Ottenuta la pace l’uomo potrà rela-
zionarsi nella purezza e nel disinteresse della carità senza essere mosso da necessità psicobiologicosocialsessuali.
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Ma libertà e volontà sono potenze della natura o della persona? Solo se sono della persona allora Cristo è per noi e-
semplare, ma qui mi sembra che prima si dica della natura. Comunque sto facendo le cose di fretta.

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