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SENSO DI COLPA SENSO DEL PECCATO

SENSO DI DIO

E Dio disse: Facciamo luomo a nostra immagine, a nostra somiglianza. Dio cre luomo a sua
immagine; a immagine di Dio lo cre; maschio e femmina li cre. Dio li benedisse e disse loro:
Siate fecondi e moltiplicatevi (Genesi 1, 26-28).

Queste le nostre origini: un Dio cos appassionato delluomo da crearlo a sua immagine e somiglianza.
Gli dona la relazione con lui e, senza tenerlo vincolato in un rapporto esclusivo con s, gli dona anche la
relazione con il suo simile. Questo il nostro senso: siamo fatti per lui per amarlo ed essere amati da lui
e siamo fatti anche per laltro uomo. Ed solo nella relazione con Dio che pu trovare soluzione la
esistenziale inquietudine delluomo (come ci ricorda Agostino, il cuore resta inquieto finch non riposa in
lui). Ecco, in definitiva, la vera vocazione del cristiano: creato ad immagine e somiglianza di Dio per vivere
una piena esperienza di relazione con lui e con laltro uomo nellAMORE , mantenendo viva la coscienza
delle proprie origini e della esperienza di relazione con Dio. Questo linizio della Scrittura e questo anche
linizio della nostra analisi. Tre, allora, i concetti base per la visione generale delluomo e soprattutto del
credente: relazione (io-me, io-tu, io-Dio), esperienza, coscienza. I tre concetti, ovviamente, sono basilari
anche per il nostro tema.

RELAZIONE

ESPERIENZA COSCIENZA

Relazione. Legame tra due soggetti (io-tu), rapporto interpersonale significativo, in cui i due partners
sono protesi (il pros del greco antico) luno verso laltro. La relazionalit dimensione fondante della vita
mentale linsopprimibile tendenza verso laltro, laltro innanzitutto come oggetto di bisogno, desiderio,
passione (eros). Ma anche laltro con cui ci completiamo, laltro per cui proviamo amicizia (filia) o amore
disinteressato (agape). Per il credente, lAltro per eccellenza il Dio di Ges Cristo, incarnato, personale,
nominabile. Ovviamente lesperienza spirituale in qualche modo ricalca lesperienza di relazione umana,
cos come daltra parte conferma la stessa Scrittura. E cos, mentre il Tu pu risultare padre, amico, sposo,
lio potr viversi come figlio, amico, sposa. Ed anche le emozioni nei confronti di Dio ricalcheranno gli
schemi emotivi delle relazioni umane.
Esperienza. Il latino experientia richiama il verbo experior che comporta i significati di: provare,
sperimentare, tentare, ricercare, imparare a conoscere. Il termine richiama anche lidea di movimento
attraverso (per). In greco abbiamo il termine empeiria: prova, tentativo, pratica, cognizione di, abilit.
Lesperienza innanzitutto un fenomeno neuropsicologico complesso, base di tutta la vita mentale. Qui ci
interessa la dimensione affettiva, personale e dinamica del fenomeno ed il senso che questo assume per il
soggetto. Lesperienza umana fondamentalmente esperienza di relazione. In questa sede ci interessano
soprattutto le difficolt nella esperienza spirituale del credente, la sua esperienza vissuta, il vissuto
(Erlebnis) del credente peccatore. Lesperienza spirituale cristiana pratica di relazione con un Dio
personale, il Dio della rivelazione cristiana. E se in fondo esperienza di amore, allora il peccato
esperienza di rifiuto di questo amore.
Coscienza. La coscienza non va intesa come una sostanza o come una ben delimitata area cerebrale. ,
invece, un processo. Il concetto di coscienza correlato soprattutto a quello di vigilanza, presenza alla realt:
in questo senso la coscienza presente anche in gran parte del mondo animale (coscienza primaria). Oltre
alla vigilanza, il concetto di coscienza richiama quello di conoscenza, e soprattutto di consapevolezza.
Questa coscienza detta superiore specifica delluomo: la coscienza della coscienza propria e altrui.
Nella visione della mente relazionale la coscienza relazionale: latto mentale con cui un soggetto lio
si rende conto di, conosce se stesso, laltro, la loro relazione. Non tutta lesperienza oggetto di elaborazione
da parte della coscienza. Di qui deriva il concetto di inconscio, come linsieme di quei processi implicati in
molti comportamenti, pensieri, emozioni di cui, appunto, non siamo consapevoli. Modalit della coscienza
generale la coscienza spirituale, ossia quel processo di conoscenza complessa ed esplicita che ha come sua
specificazione lesperienza di s-con-Dio. ad essa che appartiene la coscienza del peccato.
IL CREDENTE: UOMO IN RELAZIONE CON LUOMO E CON DIO

La realt uomo e la sua relazione con Dio e con gli altri uomini non pi quella ideale spirituale

descritta in Genesi 1. Deve fare i conti con la caduta e le sue conseguenze (neuropsicologiche?), descritte in
Genesi 3. E cos, ai dati originari ideali (relazione, esperienza e coscienza), si aggiungono tutte le fragilit
neuropsicologiche (filogenetiche ed ontogenetiche) della vita ordinaria. In definitiva luomo il credente
un essere relazionale, filogeneticamente orientato alla relazione, ed un essere che diviene attraverso
lesperienza, la coscienza, linconscio. Fin dalla nascita dotato di sistemi motivazionali. Alcuni sono meno
direttamente correlati alle relazioni: il sistema Esploratorio e quello di Difesa-Agonistico (fuga-attacco).
Altri sistemi mediano pi direttamente il legame affettivo: Accudimento Attaccamento Cooperazione
Sessualit. Una forma specifica di Attaccamento la relazione uomo-Dio, non riducibile ad altre variabili
(come invece tende a fare gran parte della psicologia odierna).
Il corredo filogenetico deve fare i conti con la realt psicologica delle relazioni nel gruppo originario di
appartenenza, a cominciare dalla famiglia. Tale interazione d forma a diversi tipi di attaccamento. Sicuro (il
bambino protesta allallontanamento delladulto e si calma al suo riavvicinamento). Evitante (non protesta
nellallontanamento ed evita il riavvicinamento). Resistente (protesta nellallontanamento ma non si calma al
riavvicinamento). Disorganizzato (comportamenti incoerenti, disorientati, disturbi di coscienza).
Nel credente partner della relazione con Dio alla dimensione neuropsicologica si aggiunge la
dimensione spirituale. Nella formazione della mente relazionale abbiamo prima la neuropsicologia su cui,
poi, si innesta la vita spirituale. Le due dimensioni sono distinte ma interagenti e, salvo casi eccezionali, mai
reciprocamente deterministiche. E cos, non esiste una vita spirituale del tutto libera dalla neuropsicologia
del soggetto. Di conseguenza non sempre facile discriminare ci che appartiene a Freud da ci che
appartiene a Dio. Questo particolarmente vero nel caso del senso di colpa e del senso del peccato. La colpa
psicologica ed il peccato spirituale, infatti, possono intrecciarsi e condizionarsi reciprocamente in vari modi.
Restando per ora nellambito neuropsicologico diciamo delle relazioni io-me, io-altro accenniamo al
senso di colpa ed alla coscienza di colpa.
I SENSO DI COLPA E COSCIENZA DELLA COLPA
Senso di colpa. Componente fondamentale dellinconscio psicologico, unemozione negativa/spiacevole
(disagio, malessere, inadeguatezza, frustrazione), imprevedibile e fluttuante nellintensit. come la
sensazione di dover pagare per la violazione di una norma (sociale o anche solo personale), per aver provato
desideri inaccettabili, per non aver fatto il proprio dovere, per aver deluso qualcuno... Ma tale norma non
individuabile a livello di coscienza (per questo opportuno distinguere il senso di colpa dalla coscienza
di colpa). In genere la sensazione di malessere insorge quando il proprio comportamento non corrisponde a
quello dovuto o desiderato (Ideale dellIo): maggiore la differenza tra essere e dover/voler essere, maggiore
il s.d.c. Il s.d.c. ha sempre a che fare con una distorsione della realt: dalla semplice esagerazione fino alla
invenzione delle cause e delle conseguenze, queste ultime ritenute perlopi catastrofiche. Il s.d.c., anche se si
origina nellambito delle relazioni, rimane unesperienza prettamente autoreferenziale, riferita al rapporto
personale con noi stessi.
prettamente legato allinconscio: normalmente, infatti, il soggetto non riesce ad individuarne i motivi
reali e le cause psicologiche sfuggono alla sua ricerca. Ma poich il cervello cognitivo, cio ha bisogno di
comprendere il mondo esterno e quello interno fornendosi spiegazioni dei fatti e delle emozioni, di solito il
soggetto cerca interpretazioni razionali del proprio malessere. Senza un aiuto esterno, cio di una coscienza
esterna (es.: psicoterapia o direzione spirituale), difficile individuare il meccanismo e le sue cause
profonde. E cos, fino al momento in cui non viene individuata la spiegazione giusta, il s.d.c. persiste.
Coscienza della colpa (o s.d.c. conscio). la consapevolezza di aver sbagliato, di aver infranto lordine
morale: coscienza ed ammissione di una colpa reale ed individuata. A differenza del s.d.c., la c.d.c. un
processo conscio. Il disagio interno resta, ma ora lIo recupera la libert di agire consapevolmente rispetto
alla sua colpa: pu riconoscerla, accettare la punizione, giungere al pentimento (che, pi che sentimento di
colpa o proposito di riparazione, volont di rinnovamento). Accettare la giusta punizione in genere libera
dal rimorso.
Rimorso. Disagio legato alla c.d.c. per pensieri o azioni del passato che, riportate e mantenute nella
coscienza, generano autorimprovero, autoaccusa. patologico quando le colpe sono ingigantite o perfino
inesistenti o quando si traduce in un non perdonarsi mai, in un modo pi o meno inconscio come se fosse
possibile punirsi. In tutti gli altri casi funzionale alla c.d.c., al senso di realt, alla prevenzione delle
ricadute.

RELAZIONI E SENSO DI COLPA

Come per le altre emozioni, anche il s.d.c. si correla alla qualit delle relazioni primarie, anche se non in
modo deterministico ed immodificabile (salvo casi eccezionali).
Il modello interpretativo pi diffuso vede il s.d.c. formarsi nella prima infanzia, in modo pi visibile a
cominciare dai 5/6 anni. Dopo la relativa iniziale libert di comportamenti e di esplorazione del mondo
(corpo proprio e altrui, ambiente), aumentano i freni imposti dagli adulti e la rabbia conseguente del
bambino. Oltre che con le persone reali, il bambino deve confrontarsi anche con le loro immagini
interiorizzate (che agiscono anche in mancanza di presenza fisica, e per questo sono perfino pi vincolanti).
Anche queste figure interne, note come Super-Io, entrando in conflitto con i desideri del bambino, fungono
da agenti di CONTROLLO. Possibile esito di questo scontro inconscio il s.d.c., unarma di cui pu servirsi
il Super-Io una sorta di giudice interno , per controllare sia i comportamenti non graditi agli adulti, sia i
desideri aggressivi nei loro confronti. Il s.d.c. continuer ad affiorare anche nellet adulta e spesso senza
riferimenti diretti a persone del proprio attuale ambiente relazionale. Vuol dire che il proprio giudice interno,
privo del senso di realt, continua ad agire in modo troppo severo. La liberazione da tale meccanismo poi
resa difficile perch gran parte di tale controllo interiorizzato rimane a livello inconscio.
Un passaggio fondamentale per la formazione del Super-Io la fase filogenetica cosiddetta del
Complesso di Edipo Qui ladulto dello stesso sesso controlla nel bambino sia i desideri verso il genitore
dellaltro sesso sia la rabbia contro se stesso come genitore controllante. Una parte di tale controllo prende la
forma di s.d.c. Ci ha valore adattativo perch orienta il bambino fuori dalla stretta cerchia familiare, alla
ricerca di nuove figure di relazione. E cos, soprattutto rispetto a desideri e comportamenti non adeguati, il
s.d.c. svolge una funzione positiva, adattativa. A questa fase filogenetica universale si aggiunge la fase
ontogenetica individuale . Cos, il s.d.c. si incarna nelle singole relazioni e deve fare i conti con la qualit
delle relazioni proprie di ciascuna famiglia.

PATOLOGIA DEL SENSO DI COLPA

vero, per, che il s.d.c. causa sofferenza mentale, a s e/o agli altri. Si pensi in generale ai due estremi:
1. iperpresenza del s.d.c. fino al delirio di colpa; 2. assenza di s.d.c. (psicopatia). Nel primo caso non si ha
diritto a desiderare, laggressivit diretta contro se stessi, fino al suicidio. Nel secondo non ci sono limiti ai
propri desideri e bisogni, e laggressivit sempre diretta verso chi diventa un ostacolo, nei casi pi gravi
fino allomicidio. Pi in particolare il s.d.c. assume una connotazione diversa in ognuna delle forme di
personalit. Ecco alcuni esempi.
Lossessivo si sente in colpa se non corrisponde al suo ideale di PERFEZIONE e vive nella paura di poter
sbagliare. Il depresso si sente comunque e sempre in colpa; la sua vita, fondata sul DOVERE,
espiazione/riparazione, continua, ma mai completa. Il fobico si sente in colpa se si allontana dalla figura
colpevolizzante, quindi vive nella PAURA, ma si sente in trappola se resta vicino. C poi la personalit che
si sente in colpa se non conforme ad un proprio IDEALE (fisico, prestazionale); la propria vita viene
condotta nel controllo dellangoscia di poter deludere laltro.
In ogni caso il s.d.c. chiaramente un freno alla LIBERTA personale ed alla relazione con laltro.

SENSO DI COLPA E LIBERT

Il rischio, oggi particolarmente forte, di enfatizzare un irrealistico ideale di libert (soprattutto dai
condizionamenti psicologici), di individualismo, di concentrazione esclusiva sullIo. Certo, il s.d.c. fonte di
sofferenza psicologica e di limitazione della libert individuale. Per questo, giustamente, uno tra i sintomi
pi importanti che suggeriscono lopportunit di una cura psicologica e/o psicofarmacologica. anche vero,
per, che la visione negativa del s.d.c. entrata a far parte della cultura generale in modo estensivo ed
acritico.
Dimenticando il suo valore adattativo per il singolo e per la societ viene ritenuto un male per
principio e sempre, non solo, cio, quando raggiunge evidenti livelli psicopatologici. E cos, ci che era e
doveva rimanere confinato nel ristretto ambito della cura psicologica (quindi inerente solo una piccola parte
della popolazione generale), diventato un qualcosa che tutti dobbiamo evitare. In questo probabilmente la
colpa principale spetta alla psicologia (che sembra non farsene un s.d.c.!).
Ne deriva che oggi il modello di persona sana anche quello di persona libera dal senso di colpa. Le
conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
, comunque, unillusione pensare ad un uomo libero da ogni vincolo, da tutti i problemi psicologici

generati dalla relazione con noi stessi e con gli altri. Il confronto quotidiano fra la realt e questa illusione di
totale libert sempre amaro e frustrante. proprio delluomo vivere e generare problemi, nel rapporto con
se stesso e nelle relazioni con gli altri. Ed proprio delluomo sperimentare, in misura variabile, la noncontrollabilit della realt in s e negli altri. E questo vale anche, se non soprattutto, per il s.d.c.
da sottolineare anche lindebita e diffusa associazione tra s.d.c. e visione religiosa. Anche se nel passato
una certa formazione inerente il peccato pu aver condizionato il formarsi del s.d.c. (Dio giudice severo,
tabuizzazione della vita sessuale), nella societ secolarizzata di oggi questo sempre meno vero. In realt
il s.d.c. sempre meno correlato al senso del peccato (che diminuisce sempre pi) ed inoltre esiste
indifferentemente sia nei credenti che nei non credenti. Dipende, allora, dalle relazioni uomo-uomo, non da
quella uomo-Dio.

TERAPIA DEL SENSO DI COLPA

Quando invalidante, il sintomo del s.d.c. si cura anche con gli psicofarmaci. Ma lintervento pi
appropriato sembra essere la psicoterapia, in quanto esperienza mirata a far affiorare alla coscienza i
meccanismi che sottostanno al s.d.c. In effetti, pi aumenta la coscienza, pi il s.d.c. diminuisce. Aumentano,
cos, il benessere, lautostima, la libert. Una terapia psicologia del s.d.c. patologico facilitante anche nella
vita spirituale.
II - PECCATO E COSCIENZA DEL PECCATO
Il serpente era la pi astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna:
vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?. Rispose la donna
al serpente: Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dellalbero
che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare,
altrimenti morirete. Ma il serpente disse alla donna: Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che
quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene
e il male. Allora la donna vide che lalbero era buono da mangiare, gradito agli occhi e
desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangi, poi ne diede anche al
marito, che era con lei, e anchegli ne mangi. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si
accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il Signore
Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e luomo con sua moglie si nascosero dal
Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiam luomo e gli disse:
Dove sei?. Rispose: Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perch sono nudo, e mi
sono nascosto. Riprese: Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dellalbero di cui
ti avevo comandato di non mangiare?. Rispose luomo: La donna che tu mi hai posta accanto mi
ha dato dellalbero e io ne ho mangiato. Il Signore Dio disse alla donna: Che hai fatto?.
Rispose la donna: Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato (Genesi 3, 1-13).

Alla situazione descritta da Genesi 1, in cui relazioni, esperienze e coscienza funzionano in modo ideale,
subentra quella magnificamente tratteggiata da Genesi 3. Si tratta della prototipica descrizione biblica del
peccato. Alla scena iniziale che vede come soli protagonisti Dio, luomo, la donna e la natura, si aggiunge
ora la figura del tentatore, esclusivamente interessato a rompere la relazione uomo-Dio. Ed ecco la
tentazione (dubbio sullamore di Dio per luomo; equiparazione delluomo a Dio; contestazione della norma;
eccitazione del desiderio), la razionalizzazione della tentazione da parte della donna e delluomo (con
amplificazione del desiderio), fino al peccato vero e proprio: che insieme esperienza e coscienza del
proprio libero e responsabile agire contro Dio. Il passo successivo lautogiustificazione e lo scarico delle
proprie responsabilit sullaltro. Solo dopo essere stato consumato, il peccato si manifesta per quello che :
un inganno. Alla fine il peccato appare in tutta la sua realt di tradimento della relazione: luomo che si
allontana da Dio, finendo cos con lallontanarsi anche dal suo simile. la fine della relazione ideale uomoDio e uomo-uomo.
Peccato. un concetto esclusivamente religioso, quindi con riferimento a Dio, alla vita di fede. Pi che
una disobbedienza alla legge un libero e cosciente no alla relazione con Dio, un no al suo amore di
Padre, un allontanamento da lui. un trasgredire lalleanza, il patto damore con Dio. come svalutare tutta
la storia della salvezza universale ed individuale: storia di amore di Dio per luomo, per il singolo uomo
peccatore. Questa rinuncia allamore si concretizza in disobbedienza ad una delle norme che tutelano e

facilitano la relazione damore con Dio. Secondo una nota formula, consiste in pensieri, parole, opere,
omissioni. Ricordando la Genesi, il peccato si traduce in offuscamento e deformazione della immagine e
somiglianza di Dio. Il peccato per i suoi indubbi tratti di piacere che si stampano nella memoria emotiva
genera dipendenza: pi si fa esperienza di peccato pi si desidera peccare, e pi tempo si passa nello stato di
peccato, pi si fa fatica ad uscirne e meno voglia si ha di farlo. In tal senso il peccato addormenta la
coscienza spirituale. Il peccato leliminazione dellAltro dalla relazione, con la concentrazione esclusiva
sullIo. Ma senza Dio luomo precipita nel vuoto, vuoto da riempire proprio con un altro peccato. Il peccato
sempre preceduto dalla tentazione cosciente.
Tentazione. una spinta interna di variabile intensit verso un qualcosa che, pur sapendo che non piace a
Dio, comunque attira. la lotta tra lo spirito e la carne (cfr. Mt 26,41), oggi parleremmo della lotta tra la
dimensione spirituale e quella neuropsicologica. Proprio a questo proposito Ges ci raccomanda: Vegliate e
pregate, per non cadere in tentazione (Mt 26,41). Vegliare e pregare altro non significa che tener viva la
relazione con il Signore, mantenendo desta la coscienza di Lui e parlandogli ed ascoltandolo il pi possibile.
Fuori di questo c solo il sonno che prepara la tentazione, il rischio reale di allontanarci da Lui. Non
contrastare subito la tentazione gi un pre-vedere e pre-gustare il peccato. Pi spazio concediamo alla
tentazione, pi diminuiscono le difese spirituali e pi aumenta il rischio di peccato. In ogni caso, per quanto
forte possa essere, la tentazione non pu impedirci lesercizio della libert.
Coscienza del peccato. la percezione chiara di essere andati contro la volont di Dio, la consapevolezza
di un no a Dio. Tale coscienza non legata solo allaver peccato, ma anche alla consapevolezza di essere
peccatore di fronte a Dio. Presuppone la conoscenza di Dio (fede) e delle norme che regolano la relazione
con lui. tanto pi forte quanto maggiore la conoscenza della grandezza di Dio a fronte della quale emerge
la coscienza della piccolezza delluomo. Soprattutto, direttamente proporzionale alla comprensione
dellamore di Dio per noi, come ci insegnano i santi ed i mistici. Purtroppo, nella visione antropologica
contemporanea, vengono radicalmente relativizzati e ridimensionati gli elementi chiave: Dio, tentazione,
peccato, c.d.p.
Rimorso. il disagio legato alla memoria del peccato. patologico quando le colpe sono ingigantite o
addirittura inesistenti o quando si traduce in un non perdonarsi mai, in un modo pi o meno inconscio per
punirsi. In tutti gli altri casi funzionale alla c.d.p., al senso di realt, alla prevenzione delle ricadute.
Pentimento. Non tanto uno stato emotivo o una dichiarazione verbale, ma volont di rinnovamento, di
non peccare pi. proporzionale alla presa di coscienza di essersi allontanati da Dio amore.

RELAZIONE CON DIO E COSCIENZA DEL PECCATO

La c.d.p. correlata alla personale esperienza e coscienza di Dio, nella sua quantit e qualit.
Questultima, almeno in parte, condizionata dai modelli relazionali umani interiorizzati, soprattutto quelli
primari. Su Dio si possono proiettare le modalit di relazione con le figure originarie di riferimento,
riducendolo ad altro-da colui che risulta dalla Rivelazione. Ecco alcuni esempi.
Nella relazione fobica Dio vissuto come intrappolante, come ostacolo alla libert. Il peccato pu
assumere il significato di esercizio della propria libert, diventa quasi un diritto. La relazione con Dio
fondata pi sulla paura che sullamore.
Nella relazione depressiva la coscienza dominata dal dovere di non peccare e la relazione non vissuta
con serenit. In questo caso il peccato vissuto come la temuta conferma della propria indiscutibile ed
imperdonabile indegnit, genera profondo s.d.c. La c.d.p. non apre alla misericordia ma alla disperazione.
Nella relazione ossessiva la coscienza fa vivere il peccato come irreparabile lesione alla perfezione della
relazione con Dio. Qui il peccatore non sopporta lidea della propria imperfezione e di un Dio giudice,
inevitabilmente severo con i figli imperfetti e deludenti. Invece della relazione qui conta solo la prestazione.
In queste forme di relazione con Dio luomo pi preoccupato di s che di Dio: lautoreferenzialit
psicologica domina sulla relazionalit spirituale. Certamente poco o per niente libero, come sempre, daltra
parte, quando si resta nello psicologico senza il fiducioso salto nella libert dello Spirito.
Ma c anche la relazione sana, piena di desiderio verso Dio, serena, libera, realistica, umile. Qui il
peccato solo un incidente nel cammino verso e con Dio: subito ci si rimette in piedi. Qui la c.d.p. vera e
propria coscienza spirituale, nel senso che illuminata dallo Spirito, mediatore nella relazione con il Padre
sempre misericordioso.

PATOLOGIA DELLA COSCIENZA DEL PECCATO

Proprio perch almeno in parte la vita spirituale non pu prescindere dalla vita psicologica, la c.d.p. pu
essere condizionata dai meccanismi psicologici, come ad esempio proprio dal s.d.c. E cos, anche in
unottima relazione con Dio (es.: santit), la c.d.p. pu risultare alterata. Come per il s.d.c., la patologia della
c.d.p. oscilla da una massima presenza ad una massima assenza. Ecco alcuni esempi.
Delirio di peccato (di colpa). Vissuto esagerato della colpa verso Dio, senso di perdizione, di abbandono,
certezza inconfutabile della perdizione eterna. Possono registrarsi anche comportamenti autolesivi. Tutto
senza alcuna coscienza della propria patologia mentale. Qui il s.d.c. patologico prende la forma di una c.d.c.
patologica: la psicologia determina lalterato vissuto spirituale.
Scrupolosit. Di chiara origine psicologica (ossessioni, coazioni), pu diventare patologica, alterare la
c.d.p. ed inquinare la relazione con Dio. Vero e proprio disturbo della coscienza, rosa dal dubbio di potere o
avere offeso Dio, per futili motivi (dal latino scrupulus: sassolino, pietruzza). Una realt si impone come
vera anche contro la propria stessa convinzione: contemporaneamente la stessa realt appare alla coscienza
come vera e impossibile. una realt vissuta come estranea ma che si impone comunque (pensieri ossessivi).
Genera uninquietudine esagerata, non spirituale, perch non tiene conto dellamore di Dio.
Moralismo. Degenerazione della moralit, che trova soddisfazione solo nella perfezione. la tendenza a
giudicare tutto da un punto di vista astrattamente morale, atteggiamento di rigida e talvolta ipocrita difesa dei
principi morali. Pi che di c.d.p. si tratta di rigida coscienza della norma.
Permissivismo. un atteggiamento eccessivamente tollerante nei confronti di azioni e comportamenti
tradizionalmente considerati sconvenienti o riprovevoli (specialmente in ambito disciplinare e sessuale).
Corrente di pensiero imparentata al relativismo ed oggi dominante, tende a soddisfare/permettere qualsiasi
richiesta istintiva. assenza della c.d.p., anzi, ancor prima, assenza o rifiuto del concetto stesso di peccato.
Presuppone uno scarso senso di Dio.

COSCIENZA DEL PECCATO E LIBERT

Le norme sono concepite da Dio come facilitanti la relazione con Lui anche se, per una coscienza
spirituale non matura, possono apparire come ostacoli alla libert personale. Un dato fondamentale che la
c.d.p. direttamente proporzionale al senso di Dio, alla qualit della relazione con Lui: pi cresce la
relazione pi cresce la c.d.p. In altri termini: pi prendiamo coscienza dellamore di Dio per noi, pi
diveniamo consapevoli della nostra distanza da Lui (peccato). La coscienza della propria umanit peccatrice
innanzitutto rispetto della verit (se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi (1Gv 1, 8),
e consente di vivere nella umilt (umus = terra), di mantenere i piedi per terra. La c.d.p. permette di vivere
alla luce del Salmo 51 (Miserere di Davide) e con la speranza del figlio prodigo (Lc 15,11-32). Questo, tra
laltro, ci d la possibilit di evitare lesperienza psico-spirituale della umiliazione (del finire per terra),
evidentemente cadendo da un luogo pi alto (narcisismo luciferino).

TERAPIA DEL PECCATO E DELLA COSCIENZA PATOLOGICA DEL PECCATO

Sacramento della Penitenza. Terapia elitaria, la confessione guarisce dal peccato e immediatamente
riporta luomo nella relazione con Dio. esperienza del perdono e dellamore del Padre, lesperienza del
figlio prodigo (Lc 15,11.32). anche esercizio di umilt, di recupero della coscienza della nostra fragilit da
una parte, della misericordia del Padre dallaltra. Da non confondere con una seduta di sostegno psicologico.
Esame di coscienza. Analisi di desideri, pensieri e comportamenti, da confrontare con il volere di Dio. Pi
che analisi del peccato dovrebbe essere analisi sempre pi piena coscienza dellamore di Dio.
Esperienza di Dio. terapia e prevenzione delle cadute. Consiste nel tradurre la coscienza di Dio in
concreta esperienza di relazione con Lui. A tal fine, indispensabili sono la frequenza ai sacramenti (incontro
con Dio), lascolto della sua Parola (preghiera) e la periodica partecipazione ad esperienze forti (ritiri ed
esercizi spirituali). Lesperienza di Dio tanto pi vera quanto pi si traduce in esperienza di amore.
Coscienza di Dio. lattivit cognitiva che tiene la relazione con Dio. come quando si innamorati: il
pensiero, la memoria, lattesa sono tutti e continuativamente rivolti allamato.
Direzione spirituale. Come nel caso di patologia psicologica necessario farsi aiutare da un altro, cos
anche nella patologia spirituale bene ricorrere allaiuto esterno: la direzione spirituale. Una buona guida
spirituale facilita la relazione con Dio e migliora la c.d.p. Soprattutto individua le sue espressioni patologiche
(es.: scrupolo) ed insegna a curarle.

7
DIFFERENZE TRA SENSO DI COLPA E COSCIENZA DEL PECCATO

1. Il s.d.c. fa riferimento allinconscio. La c.d.p. fa riferimento alla coscienza.


2. Il s.d.c., anche se di origine relazionale, unesperienza psicologica prevalentemente soggettiva,
autoreferenziale, che rinvia a se stessi. La c.d.p. spinge luomo fuori da se stesso, rinvia allesperienza
relazionale con Dio.
3. Il s.d.c. chiude il soggetto in se stesso, lo blocca in una situazione di stallo dolorosa ed improduttiva.
La c.d.p. apre a Dio, esperienza di misericordia, di perdono: esperienza maturante.
4. Il s.d.c. ha poco a che vedere con la realt. La c.d.p. realistica, ha a che fare con la reale esperienza di
creaturalit e fragilit delluomo. Tale coscienza impedisce ogni idealizzazione luciferina (uomo perfetto)
ma anche ogni disperazione (uomo irreparabilmente condannato da un Dio giudice crudele): luomo
fondamentalmente peccatore ma lamore di Dio inattaccabile dal peccato delluomo.
5. Il s.d.c. limita la libert, mentre unadeguata c.d.p. ci aiuta a vivere nella libert dei figli di Dio, la
libert dal peccato e dalla legge.
6. Il s.d.c. pu portare allangoscia e alla disperazione (fino al suicidio), mentre una sana c.d.p. che si
fonda sulla fiducia nel Dio amore porta solo al pentimento, alla fine della colpa, alla salvezza.
7. Il s.d.c. un sintomo di malattia, la c.d.p. farmaco nella relazione con Dio.
8. Il s.d.c. esperienza del non-perdono (esperienza del non-amore delluomo), la c.d.p. si fonda sulla
certezza del perdono (esperienza dellamore di Dio).
III. DAL S.D.C. ALLA C.D.P. AL SENSO DI DIO: LUOMO SPIRITUALE
Il passaggio dal s.d.c. alla c.d.p. uno dei diversi momenti che possono segnare la trasformazione cui
dovrebbe puntare ogni credente: dalluomo vecchio (solo psicologico) alluomo nuovo (spirituale), luomo
che, recuperata loriginaria immagine e somiglianza di Dio, vive con il senso di Dio. Oggi, invece, si
propone il cammino inverso, diremmo regressivo: da Dio alla filogenesi, dalluomo in relazione con Dio
alluomo senza apertura al trascendente, guidato solo dai suoi originari sistemi motivazionali di adattamento,
intrinsecamente egoistici. Altro che evoluzione: il credente sa bene che vera e propria involuzione della
specie.
Pur partendo inevitabilmente e innanzitutto dallhomo psychicus, il credente deve tendere a diventare
uomo spirituale pneumaticos soggetto guidato e sostenuto dal Pneuma, dallo Spirito di Dio. Sua
caratteristica fondamentale la continua esperienza e coscienza di Dio, che amore. Con la sua condotta
testimonianza pu provocare la coscienza del non credente allesistenza di Dio, allamore di Dio.
Ma tale trasformazione Dio non pu operarla nelluomo senza la sua libera collaborazione, senza il suo
concreto impegno. Questo si traduce, fondamentalmente, nel conformarsi a Cristo, nel vivere giorno per
giorno la relazione intima con lui e nellamore verso i fratelli, rialzandosi immediatamente dopo ogni caduta
(peccato). la vita spirituale nella vera libert: Il Signore lo Spirito e dove c' lo Spirito del Signore c'
libert (2 Cor 3,17). Cos san Tommaso commenta il passo di Paolo: Dove c lo Spirito del Signore, cio
la legge di Cristo compresa spiritualmente, non scritta con lettere ma impressa nei cuori con la fede, l c
libert []; chi evita il male non perch male ma per il comandamento del Signore, non libero; ma chi
evita il male perch male libero (Super 2 Cor. 3,17).
LETTURE

(II QUARESIMA)

I lettura (Gn 15, 5-12. 17-18). PROMESSA di Dio e FEDE delluomo. Due cose Abram ha sempre desiderato, ma
ormai senza pi speranza realistica: una discendenza ed una terra. Promettere e sperare limpossibile irrazionale, oggi
diremmo: da pazzi. Dio promette, contro ogni evidenza, ed Abram crede, contro ogni evidenza. la fedelt di Dio e la
fede delluomo. lalleanza. Il premio prefigurato nel Vangelo: anche qui, qualcosa di irrazionale.
Vangelo (Lc 9, 28-36). SPERANZA. La Trasfigurazione anticipazione del premio promesso al credente: la
manifestazione del Padre, la visione di Dio, la relazione damore con lui per leternit. Lanticipazione si manifesta nel
Figlio, che gi ora, durante la vita terrena, premio (Eucaristia come Trasfigurazione). il senso primo ed ultimo della
vita umana. Dio Padre lha promesso e, come ha dimostrato ad Abramo, Lui mantiene le promesse. Per questo
dobbiamo fidarci e sperare. Ma prima di raggiungere la meta occorre passare attraverso la dura esistenza di ogni giorno,
che certo non aiuta a godersi la relazione damore con Dio. Nella vita ordinaria di consolazione spirituale come quella
del Tabor ce n ben poca: il resto perlopi aridit, routine, oscurit diremmo che quel sonno che colpisce gli
stessi apostoli che accompagnano Ges sul Tabor prima, nel Getsemani dopo (cfr. Mt 26,41). Forse il nostro vero
problema non tanto evitare ci che ci allontana da Dio, cio il peccato, ma mantenere una disponibilit costante alla

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sua offerta di relazione, di amore. Il vero problema che viviamo troppo nella immanenza, alle prese con le cose di
quaggi, e viviamo poco nella trascendenza. quello che ci ricorda Paolo nella II lettura.
II lettura (Fil 3, 17-4,1). Non essere solo intenti alle cose della terra: ecco il mezzo. Resistere al peccato, cambiare
vita, pensare alle cose di lass, alla patria verso cui siamo diretti, rimanendo saldi in Cristo. E quando ci prende la
stanchezza, quando ci lasciamo convincere dal razionalismo di oggi che vuol farci dubitare delle promesse di Dio,
ricordiamo che egli fedele allalleanza e che ha il potere di sottomettere a s tutte le cose. Come ha fatto con
Abram, come ha fatto con il Figlio, facendolo risuscitare, cos far con ognuno di noi: ci dar la visione di Lui, la piena
ed eterna partecipazione alla vita trinitaria. Facciamo nostre, allora, le parole del Salmo di oggi, piene di fede e speranza
nel Signore:
Sono certo di contemplare la bont del Signorenella terra dei viventi.Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore (Sal 26).

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