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Introduzione

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INTRODUZIONE

Eredi di un secolo che ha fatto della dea ragione una maestra perfetta e inappellabile, siamo diventati inabili a credere in tutto ci che non sia comprovato e accertato storicamente. Tutto ci che popolare, che fa parte della tradizione orale o festiva dei nostri avi, stato a lungo finendo sottovalutato cos nel che da studiosi e e ricercatori diventando favola

dimenticatoio una

nient'altro

meravigliosa

tramandata di padre in figlio. Negli ultimi anni, per, si riacceso

l'interesse e la nuova consapevolezza ha aperto la strada ad interpretazioni e ad analisi del tutto nuove, svincolate dalle restrizioni rinascimentali e, ancor pi, romantiche. La festa popolare un fenomeno molto complesso che nasce dai rapporti sociali, dalle

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condizioni socio economiche, dalla paura e dalla necessit di esorcizzarla, dai rapporti tra sacro e profano. Durante la festa vengono infranti i limiti del quotidiano, si invertono i ruoli, i re diventano servi e i servi vengono incoronati, sono leciti offese e scherzi e anche il sacro scende in piazza

diventando elemento di critica e di derisione1. L'ordine viene infranto, e il disordine viene

accettato in quanto momento rinsaldamento dei valori sociali

necessario al nonch dei

rapporti di dipendenza e di potere. Ovviamente, per, la festa non solo distruzione dell'ordine:

Per il suo carattere eccezionale, essa [la societ festiva] manifestazione di una societ specifica, espressione o contestazione di relazioni quotidiane. La determinazione del ruolo riservato a ciascuno in questa societ effimera ci fornisce informazioni sulla comunit, sul gioco delle alleanze e delle solidariet.2

Durante la festa vengono risanciti i rapporti sociali, vengono ricelebrate le diversit. L'ordine di uscita delle maschere in una sfilata o i ruoli ricoperti possono essere, ad esmpio, a

Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 2001

Martine Boiteux, Struttura e comportamenti: le feste tradizionali romane tra il XV e il XVIII secolo, in Atti Festa Antropologia e semiotica, a cura di Carla Bianco e Maurizio Del Ninno, ed.Nuova Guaraldi, 1981

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pagamento3; in questo caso non si far che ricelebrare i rapporti gi esistenti, in un'azione scongiurante o propiziatoria. Le feste popolari, siano esse sacre o profane, sono il frutto di un'evoluzione che ha attraversato tutta la nostra storia. Difficile stabilirne le origini, nascono probabilmente dalle antiche feste romane e sopravvivono al teatro ufficiale dopo la caduta dell'Impero Romano (476) diventando le

celebrazioni teatrali pi interessanti dell'epoca medioevale4. In realt pi che di festa occorre parlare di ciclo festivo: la morte la rinascita, la fine l'inizio. Questi elementi cari anche alla cultura cristiana (il Cristo egli muore stesso), per dare alla le vita base

resuscitando dell'ideologia

sono L'

medioevale.

abbassamento

corporeo, i mostri e le torture, le umiliazioni, le imprecazioni e il sesso cari alla letteratura e alle festivit medioevali, non sono solo strumenti utili per esorcizzare la morte e per propoziare il futuro. I romantici hanno cercato una corrispondenza simbolica e allegorica di queste manifestazioni, analizzando cos per la prima volta la realt medioevale in un'ottica nuova, ma non sono stati
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Antonio Pasqualino e Jeanne Vibaek, Struttura e comportamenti: le feste tradizionali romane tra il XV e il XVIII secolo, , in Atti Festa Antropologia e semiotica, a cura di Carla Bianco e Maurizio Del Ninno, ed.Nuova Guaraldi, 1981 Cesare Molinari, Storia del teatro, ed Laterza, Bari 1998

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in grado di leggere criticamente questo passato finendo per modellarlo alle proprie esigenze. Nel corso dell'ottocento stato ripreso il grottesco ma non pi come :

...gioco insolito, fantasioso e libero delle forme vegetali, animali e umane, che passavano l'una nell'altra e quasi si trasformavano reciprocamente.

Inoltre:
In questo gioco ornamentale si percepisce una straordinaria libert e leggerezza della fantasia artistica; questa libert, inoltre, sentita come libert gioiosa, quasi ridente.5

Durante il Romanticismo il grottesco perde la sua dimensione pubblica riducendosi ad una visione in solitudine del mondo; l'uomo cosciente del proprio isolamento. L'aspetto festivo del riso, la comicit e la libert permangono ma sotto forma di sarcasmo e ironia: scompare l'elemento centrale della rigenerazione. L'uomo medioevale parte integrante della sua societ, il divenire del mondo concepito in un ottica comunitaria ed solo nelle generazioni future che si realizza l'evoluzione umana.

L'individualismo inesistente; non avvertito il bisogno di ricongiunzione e di riappacificazione


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Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 2001, pag 39

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con la natura e il basso corporeo rappresenta la forza rigeneratrice. Tutto questo scompare

nell'ottocento: il ritorno alla natura avviene sul piano individuale e ancora pi spesso su quello mistico e la fisicit viene degradata ad un livello inferiore dell'esistenza umana, caricandosi spesso di un significato dispregiativo. Il Romanticismo riprende anche il tema delle maschere e della follia. Quest'ultima non pi una posizione privilegiata che permette di osservare il mondo senza essere succubi di leggi e giudizi comuni, ma sottolinea la tragedia, la sofferenza e l'isolamento individuale. E se nel Medioevo la maschera:

... legata alla gioia degli avvicendamenti e delle reincarnazioni, alla relativit gaia, alla negazione gioiosa dell'identit e del significato unico, alla negazione della stupida coincidenza con s stessi; la maschera legata agli spostamenti, alle metamorfosi, alle violazioni delle barriere naturali, alla ridicolizzazione, ai nomignoli; in essa incarnato il principio giocoso della vita...6

nel Rinascimento diventa lugubre, ingannevole, cela il vuoto e la nullit dell'uomo. Infine, un'altra figura emblematica quella del diavolo, che nelle diableries medioevali era il

Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 2001, pag 47

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portavoce

delle

verit

non

ufficiali,

allegro

compagno nonch rappresentante della corporeit e della santit alla rovescia, crudele diventando e tragico

personaggio nell'ottocento.

terrificante,

utile osservare questa ambiguit e queste differenze per poter meglio comprendere come nascono le manifestazioni culturali popolari. Solo calandosi nella mentalit quattrocentesca si potr realmente carnevale. Il carnevale forse il frammento della cultura popolare che si conservato meglio nel corso del tempo, e bench influenzato capire l'affascinante mondo del

dall'economia e dal turismo, rimane il contenitore privilegiato degli elementi rituali, di immagini e maschere propri delle feste popolari.7 L'atmosfera carnevalesca rafforza la

coesione sociale, si perde il rapporto con la propria fisicit, con l'individualit, diventando parte integrante del tutt'uno che il popolo. Il vivere le stesse emozioni, le stesse sensazioni, l'essere e il sentirsi parte di una medesima realt sono esigenze sempre attuali che vengono oggi soddisfatte allo stadio, ad un concerto, durante una processione.8
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Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 2001, pag 238 Dayan e Katz, Le grandi cerimonie dei media, ed Baskerville

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In questo insieme il corpo individuale cessa in un certo qual modo di essere se stesso: come se fosse possibile scambiarsi l'un l'altro i corpi, rinnovarsi (con 9 travestimenti e maschere).

Il carnevale permette di guardare la realt in un'ottica diversa, il quotidiano scompare sostituito dall'eccezionale, dal diverso. Il basso corporeo rappresenta la rinascita ma allo stesso tempo la vicinanza al suolo, al terreno, sottolinea la finitezza dell'uomo. Si provveduto nel tempo a depurare la cultura medioevale dagli elementi tipici del basso corporeo legati alla sessualit, al mangiare e al bere in quantit eccessive; soprattutto quando i

protagonisti erano categorie sociali privilegiate (non raro imbattersi in preti, vescovi,

aristocratici ubriachi e satolli che si circondano di belle donne dai facili costumi). Gli eccessi, di cui torneremo a parlare, sono il simbolo della vita, e vengono inevitabilmente associati a simboli della morte, che non diventano per simboli tragici. La vita e la morte, sono due elementi centrali nella comicit carnevalesca, e non possiamo

sorprenderci se la donna muore dando la vita, se il vecchio sempre accompagnato dal bambino e se il grasso associato al magro cadaverico.
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Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 2001, pag 279

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Molti elementi della comicit grottesca si sono persi: i simboli fallici, le nudit, le

imbottiture sono ormai scomparsi o hanno perso il loro significato originario. La sessualit

rappresentava l'icona di questo rinnovamento ma banalizzata, stata interpretata semplicemente come comicit volgare ed pressoch scomparsa. Sopravvive camuffata ed ingentilita solo in alcune celebrazioni satirici. La comicit, il riso, rappresentavano nel Medioevo un modo diverso di interpretare il mondo, una visione alternativa a quella seria ma non per questo meno importante. Anzi, il riso riusciva pi del serio a raggiungere gli antri pi reconditi della realt. Anche il riso, per, come gli altri elementi che abbiamo esaminato stato svuotato del suo originario significato: nel seicento non pi considerato forma universale di visione del mondo ma pu riferirsi solo a fenomeni parziali della vita sociale, per lo pi negativi; nel settecento infine degradato a svago leggero e a strumento socialmente utile per punire persone riprovevoli e vili.10 Il riso stato svuotato, semplificato e banalizzato nel corso del tempo; e questo processo cos
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popolari,

assumendo

per

toni

lungo

rende

certamente

ardua

la

Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 2001, pag 76 - 77

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comprensione nel ventunesimo secolo della realt quattrocentesca. Parlare del riso riferendosi al Medioevo significa parlare non solo della sua grande libert di espressione e dei suoi privilegi, ma anche della sua capacit di purificare la seriet, cancellando dogmatismo, fanatismo,

paura, ingenuit, illusione, fissit.

Il riso una forma interiore, non esteriore, sostanziale, a cui non pu sostituirsi la seriet, se non sminuendo e snaturando il contenuto stesso delle verit rivelate per mezzo del riso. Esso ha liberato non soltanto dalla censura esteriore, ma soprattutto dal grande censore interiore, dalla paura del sacro, delle proibizioni autoritarie, dal passato, dal potere: paure ancorate nello spirito umano da migliaia di anni. [...] Il riso ha rivelato un mondo nuovo soprattutto nel suo aspetto gioioso e lucido.11

un riso generale, perch appartiene al mondo, universale poich tutti ridono di tutti e soprattutto di se stessi ed infine ambivalente: gioioso e sarcastico, nega e afferma, uccide e d la vita. Tutto ci per non deve indurre in errore: la seriet non si trovava ad un livello inferiore rispetto alla comicit. Sono due realt

concatenate, funzionali a se stesse; l'una esiste grazie all'altra ed proprio dall'altrui diversit che
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Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 2001, pag 105 107, 133 136

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trae la propria forza. Il carnevale nasce come festa popolare ed ancora oggi profondamente caratterizzato dagli elementi propri delle feste di piazza. Con la crescita dell'interesse gli studi sono aumentati e alle varie discipline corrisposto

l'approfondimento di determinati aspetti. Grazie alle indagini storiche si riusciti a collocare diacronicamente possibilit presente e di i fatti culturali in fornendo al la loro e

analizzarli

rapporto

all'evoluzione

storico

sociale

culturale. Le indagini sociologiche hanno allargato la prospettiva storica all'organizzazione strutturale dei fatti mentre gli studi ispirati all'antropologia culturale e alla semiotica hanno approfondito l'analisi strutturale delle organizzazioni semiotiche e dei codici ideologici veicolati. Gli studi

demologici e folklorici si sono infine occupati dell'interazione tra le varie culture e del rapporto tra cultura egemone e cultura subalterna.12 Pertanto possibile individuare secondo una prospettiva antropologica le invarianti del fenomeno festivo dagli che eventi permangono analizzati. Le

indipendentemente feste:

sono periodiche

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Anna M. Pedull, Michele Rak e Salvatore Ussia, Le feste napoletane dell'et barocca, in Atti Festa Antropologia e semiotica, a cura di Carla Bianco e Maurizio Del Ninno, Nuova Guaraldi 1981, pp. 183 184

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ritualizzano i comportamenti modificano i significati sono connesse con l'evento fondante13 Le feste popolari sono periodiche e

generalmente legate ai cicli naturali: la semina, il raccolto, la nascita, l'iniziazione, la morte, la primavera. Ogni festa ha il suo rituale che va puntigliosamente rispettato, pena l'esclusione dal gruppo. I riti festivi vengono tramandati con la stessa festa anche se nel trascorrere del tempo si possono modificare i significati attribuiti agli stessi. Il Carnevale oggi di sovente ripropone vecchi riti campestri ma nonostante sopravvivano le rappresentazioni simboliche, i riti sono stati svuotati riducendosi ad attrazioni turistiche. Ogni festa infine, come ho gi detto, legata ad un evento fondante che pu essere sacro o profano. Spesso le pretese di sacralit sono dovute alle necessit storiche; di conseguenza molte

celebrazioni nate nel Medioevo, data l'importanza e la forza della religione cattolica, vanteranno origini sacre legate a martiri, a processioni, ad apparizioni e ad interventi divini (ad esempio i miracoli). Utilizzando un diverso approccio ai tratti peculiari della festa, possibile individuare

Alfonso di Nola, Varianti semiotiche della festa e interpretabilit marxiana, in Atti Festa Antropologia e semiotica, a cura di Carla Bianco e Maurizio Del Ninno, Nuova Guaraldi 1981, pp 89 90

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quattro componenti proprie del fenomeno festivo:


la socialit la partecipazione la ritualit l'annullamento dell'ordine14 Abbiamo gi detto dell'importanza dei riti e temporaneo e simbolico

della loro trasmissione e perpetuazione nel tempo nonch dell'annullamento della dimensione

temporale e quotidiana, che viene percepita come momento negativo. Non ci resta che soffermarci sugli ultimi due aspetti. La partecipazione fondamentale; vengono rinsaldati i rapporti sociali e viene ripresa la dimensione ludica dell'esistenza. Lo spiraglio di giocosit e di irrazionalit che cos si viene a creare era importantissimo in passato. Da un lato permetteva al popolo di accettare con pi facilit le restrizioni e la seriet quotidiani, dall'altro il clero e l'aristocrazia concedendo questi momenti di svago tranquillizzavano il popolo, lo legavano a s ed evitavano cos eventuali

sommosse. Infine la festa vede trionfare l'aspetto sociale che si realizza tramite doni, scambi, banchetti, visite e tregue dei conflitti.

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Vittorio Lanternari, Spreco, ostentazione, competizione economica. Antropologia del comportamento festivo, in Atti Festa Antropologia e semiotica, a cura di Carla Bianco e Maurizio Del Ninno, Nuova Guaraldi 1981, pp 134 - 136

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ricchezza realmente non c'. Attraverso lo spreco festivo si esorcizza la precariet dell'esistenza creando una condizione propizia. Anche tramite lo spreco si riaffermano la socialit (ad esempio durante la ripartizione del prodotto) e la partecipazione (il prodotto viene consumato subito e collettivamente). A titolo esemplificativo vorrei qui riportare un passo di Pier Giorgio Solinas che sintetizza perfettamente il rapporto esistente tra la dimensione festiva, la negativit del quotidiano e lo spreco sociale.

1) I rituali di spartizione festiva non sono che una banda entro uno spettro di gradi distributivi molto pi largo. L'opposizione ordinariamente impiegata fra tempo della festa e tempo ordinario lacunosa. Infatti l'arco delle variazioni non fra normale e festivo, ma fra normale e due tipi di anormale: l'anormale in eccesso (la festa) e l'anormale per difetto (la crisi, il mancare).[...] 2) L'associazione indivisibile di pieno e di vuoto di soddisfazione e insufficienza fa si che nei rituali di distribuzione ogni quota positiva assegnata forma solo una parte, la pi evidente, dell'assegnazione. Insieme a questa infatti si da sempre qualche cosa di altro, un simmetrico negativo, un perdere e uno zero che fa sentire i suoi effetti come se, a sua volta, si trattasse di un bene positivo. 3) Nel rapporto di mescolanza e avvicendamento fra privazione ed eccedenza, fra successo alimentare e debolezza nutritiva la festa qualifica non uno stato ma un passaggio di stato. Ci vuol dire che quando la festa crea abbondanza, o anche quando l'abbondanza crea la festa, ci

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