Sei sulla pagina 1di 43

Il volume è realizzato con il contributo del Dipartimento di Lettere e Culture moderne

di Sapienza-Università di Roma

Si ringraziano Cecilia Hall, Julia Young e Sylvia Davidson


per la disponibilità e la collaborazione
Fausta Cialente
La memoria e il romanzo

www.fondazionemondadori.it
info@fondazionemondadori.it

© Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori,


Milano 2019
Sommario

11 Introduzione

19 Prima parte. Per una biografia intellettuale

24 1. Gli esordi difficili. Gli anni venti e trenta


31 1.1 Nel segno di Bontempelli. Natalia (1930) e il Premio dei
Dieci
40 1.2 Cortile a Cleopatra (1936). Le vicende del manoscritto e la
prima edizione

51 2. La Resistenza e il lungo dopoguerra. Dagli anni qua-


ranta agli anni sessanta
64 2.1 Scritture di guerra (1941-1947)
74 2.2 Il secondo tempo di Cortile a Cleopatra (1953)
81 2.3 Il ritorno del romanzo. Da Ballata levantina (1961) a Un
inverno freddissimo (1966)

113 3. Il riconoscimento. Gli anni settanta e ottanta


119 3.1 Una scrittrice mondadoriana. Il vento sulla sabbia (1972) e
le riedizioni di Mondadori
130 3.2 «Non sono mai stata tanto celebre.» Il 1976
130 3.2.1 Camilla (1976). Storia di uno sceneggiato
150 3.2.2 Le quattro ragazze Wieselberger (1976) e il Premio Strega
160 3.3 Scritture, riscritture, traduzioni. Gli anni ottanta

181 Seconda parte. Il romanzo

188 1. Il romanzo di formazione


188 1.1 Natalia
189 1.1.1 Deviazione, sostituzione, sdoppiamento. Il sistema
dell’intreccio
1.1.2 Scrittura e invenzione dell’Io
200 1.1.3 Conservare la «giovinezza della scrittura». Le varianti
207 della seconda edizione
1.2 Cortile a Cleopatra
218 1.2.1 Unità e molteplicità del romanzo
220 1.2.1.1 Ordine del racconto, ordine dello spazio
231 1.2.1.2 Esercizi di polifonia. La sintassi del narratore
240 1.2.2 Marco, un protagonista in sospeso
248 1.2.3 La magia nel realismo
256
2. Il romanzo storico Per Antonio
272 2.1 Ballata levantina il mio Levante
272 2.1.1 Il romanzo storico fra memoria e cronaca
274 2.1.1.1 Memorie
280 2.1.1.2 Cronache
288 2.1.2 «Non potendo sbrogliare quella matassa arruffata.»
298 Referente storico e patto narrativo
2.1.2.1 La saga dell’Egitto levantino
299 2.1.2.2 Il cantiere autobiografico
310 2.2 Un inverno freddissimo
322 2.2.1 Oltre il neorealismo. Ritratto antieroico del dopoguerra
324 2.2.2 Camilla e i suoi figli, i sommersi e i salvati
339 2.2.3 Dal «crudo inverno» a «l’ultima neve». Fenomenolo-
358 gia narrativa del freddo
2.3 Il vento sulla sabbia
365 2.3.1 Spazio, tempo, voce. Variazioni levantine
366 2.3.2 Interno egiziano con figure
375
3. Il romanzo della memoria. Le quattro ragazze Wiesel-
396 berger
3.1 Autobiografia di un narratore riluttante
398 3.2 La dimensione intertestuale
418 3.3 Nel «remoto disordine della vita». Rassegna familiare del
436 Novecento
3.3.1 Dell’irredentismo triestino e altre memorie borghesi
436 3.3.2 La Grande guerra. Vicenda collettiva e tragedia privata
442 3.3.3 Confessioni di una triestina. Genealogia ed eredità
451 femminile

Bibliografia
471
Per una biografia intellettuale

Sono io veramente una scrittrice italiana? Quanto di italiano c’è dentro


di me? Non appartengo a nessuna regione, non ho mai parlato in dia-
letto, salvo nell'infanzia un po’ di triestino, in una Trieste austriaca, la
famosa e indimenticabile Trieste degli Asburgo […]. Mi sentivo addosso
in quella lontana infanzia la mia origine Wieselberger, nettamente au-
striaca. Mio nonno era nato a Vienna e si era trasferito a Trieste quasi
adulto. Oltre a ciò ha influito l’esistenza che la mia famiglia era costret-
ta a fare giacché mio padre ufficiale dell’esercito italiano doveva spesso
mutare di residenza e dovevamo tanto io che mio fratello Renato con-
frontare città come Padova con una Teramo abruzzese o una Jesi o una
Senigallia. Aggiungo che a ventidue anni mi sono sposata e trasferita in
Egitto dove sono entrata immediatamente in una cultura straniera e vi
sono rimasta per ventisei anni consecutivi. 1

A dispetto del valore e del peso che le sue opere ricoprono nello
sviluppo della narrativa italiana contemporanea, per tutto il corso
della sua lunga vita Cialente avverte la peculiarità di una presenza-
assenza dalla tradizione nazionale, tematizzando questa incertezza
nelle prove narrative e manifestando una costante esitazione nel
definirsi «scrittrice italiana». Il giudizio sospeso sulla propria identi-
tà è il dato centrale di una biografia disordinata e sfuggente, segnata
da una serie di coincidenze ambientali e familiari da cui l’autrice
sviluppa un’irrisolta tendenza alla fuga («Il più naturale dei miei
impulsi, la fuga: andarmene, partire»)2 e all’esilio volontario. I lun-
ghi soggiorni all’estero, dove trascorre buona parte della sua esi-
stenza, e la disposizione a trovarsi sempre altrove rispetto ai centri
della produzione culturale del paese concorrono a costruire l’imma-
gine di una scrittrice esotica, stravagante e appartata, non una pro-
tagonista ma un’ospite di riguardo nel panorama letterario, stimata
dai maggiori intellettuali del tempo e ignota al grande pubblico,
raramente e tardivamente valorizzata dagli editori, destinata a con-
quistare solo nei suoi ultimi anni i favori e l’interesse della stampa.

19
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Per una biografia intellettuale

A oltre vent’anni di distanza dalla sua morte, il senso di questa ec- conquista un Premio Strega e affronta una profonda riflessione sul
cezione resta aperto, complicato dalla difficoltà nel raccogliere la proprio passato personale, civile e letterario destinata a tradursi nel-
memoria del suo lavoro e della sua vita, nel ricostruire le tappe e i la revisione di precedenti nuclei memoriali e creativi (Il vento sulla
motivi tanto della rappresentazione artistica quanto dell’autorap- sabbia, la seconda edizione di Natalia) e nella produzione di un ulti-
presentazione poetica e ideologica. mo, fondamentale romanzo (Le quattro ragazze Wieselberger).
Quando Fausta Cialente nasce, il 29 novembre 1898, il caso vuo- Oltre la fragilità del dato biografico, oltre le riserve di una figura
le che la sua famiglia si trovi a Cagliari, una delle tante tappe di un discreta e schiva, poco incline al racconto di sé e all’esibizione del
nomadismo domestico scandito dai frequenti trasferimenti del pa- proprio ruolo, il confronto tra fonti documentarie inedite ha per-
dre Alfredo, ufficiale di fanteria di origini abruzzesi. La madre Elsa messo di ricostruire una progettualità letteraria, politica e civile co-
Wieselberger ha lasciato l’«indimenticabile Trieste degli Asburgo» stante e coerente, che afferma l’appartenenza di Cialente alla storia
per tentare un avvenire da cantante lirica, bruscamente interrot- letteraria e politica del paese e il ruolo essenziale ricoperto nella sua
to con il matrimonio. Di un anno più grande è il fratello Renato vita e nella sua narrativa dal rapporto con l’Italia. Numerose e im-
(1897-1943), futuro attore di fama, compagno in un’infanzia fatta portanti risultano le relazioni con grandi intellettuali del suo tempo
di camere di pensione e improvvisi trasferimenti in spazi precari (Aleramo, Bontempelli, Alvaro, Banti, Cecchi, Bassani, Ungaretti,
che continuamente si perdono, si ripetono, forse si dimenticano: de Céspedes, Bellonci, Sereni, per citarne alcuni), complessivamen-
Jesi, Senigallia, Teramo, Padova, Milano, Firenze, Roma e Genova te continua la partecipazione ai premi letterari (almeno fra gli anni
sono solo alcune delle città dove Cialente cresce e compie i primi cinquanta e settanta) e al dibattito pubblico, incisiva la collabora-
studi. Il mancato radicamento in un contesto cittadino e familia- zione con riviste e quotidiani. L’autrice esercita un impegno politi-
re stabile sembra prefigurare, e forse incoraggiare, la decisione che co e intellettuale fortemente integrato con le trasformazioni stori-
orienta il corso della sua vita: il trasferimento in Egitto nel 1921. che e sociali del paese, si propone in ruoli di promozione culturale
Da questo momento è possibile individuare tre grandi stagioni che prevedono il confronto con un nascente e variegato pubblico
dell’esperienza e della scrittura che raccontano, insieme alle princi- di massa, anche negli anni dell’avanzata maturità esprime le pro-
pali cesure nella biografia e nell’attività intellettuale, la progressiva prie istanze etiche e morali nella dedizione a un presente collettivo
composizione e diffusione delle opere. che sa essere mutevole e difficile. In un orizzonte che dagli anni
Il primo periodo egiziano, dagli anni venti alla fine degli anni del fascismo arriva alle soglie del nuovo millennio, la partecipazio-
trenta, interessa la formazione culturale di Cialente nell’ambiente ne alla Resistenza (vissuta in età pienamente adulta, già testimone
cosmopolita e coloniale di Alessandria d’Egitto, la costruzione di consapevole del primo conflitto mondiale) rappresenta l’esperien-
una solida coscienza antifascista coltivata nella sostanziale libertà za centrale e decisiva, capace di investire il resto della vita di una
del contesto levantino, la composizione di una serie di racconti bre- missione storica irrinunciabile e rivendicata come profondamente
vi e di due romanzi (Natalia, Cortile a Cleopatra). identitaria.
La Seconda guerra mondiale apre il lungo trentennio degli anni Piuttosto che trovare effettive verifiche nella ricostruzione della
quaranta-sessanta con la militanza politica nella Resistenza in Egit- sua biografia intellettuale, la condizione di estraneità di Cialente
to e, dal 1947, il rientro in Italia e l’inizio di una carriera di giorna- sembra l’effetto di una narrazione costruita dall’autrice e intorno
lista vicina agli organi del Partito comunista. Mentre riprendono all’autrice, alimentata dall’effettiva distanza che per diversi pe-
le partenze per l’estero (questa volta al seguito della figlia e delle riodi la separa dal paese e oggi amplificata dalla lunga esclusione
nipoti), il silenzio della parola letteraria viene interrotto solo da una dal canone del Novecento. Più del destino di apolide, che non le
difficile ricerca espressiva e poetica decisa a riflettere nel romanzo impedisce di seguire e interpretare, anche da lontano, le vicende
(Ballata levantina, Un inverno freddissimo) i contenuti della parteci- italiane, più delle frequentazioni culturali e politiche, che di fatto
pazione al conflitto. la avvicinano ai principali salotti letterari e alla numerosa schiera
Fra gli anni settanta e gli anni ottanta Cialente, ormai ottua- degli intellettuali antifascisti prima, comunisti e progressisti poi, a
genaria, si afferma in maniera inedita all’attenzione della critica, registrare il segno dell’alterità sono le sue opere.

20 21
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Per una biografia intellettuale

1. Fausta Cialente, intervento alla trasmissione televisiva RAI Gli incontri della notte. Colloqui tra
Dal 1930 al 1982 (anni in cui sono pubblicate la prima e la se- giovani e scrittori, condotta da Gabriele La Porta e Daniela Palladini, 12 novembre 1982. Il testo
conda versione di Natalia) i sei romanzi di Cialente sono protago- autobiografico di Cialente è letto dalla conduttrice a inizio puntata.
2. Ead., Le quattro ragazze Wieselberger, Milano, Mondadori, 1976, p. 243.
nisti di difficili itinerari compositivi e editoriali che in molti casi ne
ritardano o alterano la diffusione. La loro storia è caratterizzata da
prolungati e spesso interrotti tempi di scrittura e da una persistente
discontinuità dei rapporti editoriali, che vede il successivo mutare
dei referenti dagli episodici Edizioni Sapientia, Corticelli, Sansoni
e Garzanti, all’investimento articolato di Feltrinelli e Mondadori.
La costanza con cui Cialente ignora le tendenze letterarie del mo-
mento e le sue continue fughe determinano ritardi e intermitten-
ze nell’affermazione delle opere, dimenticate dal mercato e dalla
critica anche per interi decenni, raramente rilanciate nei cataloghi
editoriali. La marginalità dei testi nella percezione dei contempora-
nei e nella formazione di una tradizione non riflette il valore dei ro-
manzi, che rappresentano, nell’insieme del corpus e singolarmente
almeno nel caso di Cortile a Cleopatra e delle Quattro ragazze Wiesel-
berger, alcuni degli esiti più importanti e validi nella narrativa italia-
na del Novecento. La scelta di presentare la biografia intellettuale
dell’autrice mettendo a fuoco le vicende dei sei volumi tiene conto
del loro valore assoluto nella poetica e nell’attività di Cialente, ma
si preoccupa di integrare il profilo dell’autrice con la ricostruzione
degli impegni politici e culturali e con l’analisi delle altre scritture
(redazione radiofonica e giornalistica, composizione di racconti,
traduzione) che si accompagnano, crescono e convergono nel ro-
manzo. È qui che l’esperienza della marginalità – geografica, storica,
critica, di genere – che ha segnato la biografia dell’autrice diventa
forma, si riconosce nella ricerca di uno stile che oppone alla preca-
rietà dell’esistenza la limpidezza dell’espressione. Tradizionalmente
votato a esaurire una totalità funzionale, per Cialente il romanzo
cresce sul ciglio dell’assenza e della mancanza, sul margine che rac-
conta, sfidandola, l’insufficienza del centro.

22 23
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Gli esordi difficili. Gli anni venti e trenta

Mentre il volume è escluso dal mercato italiano, l’autrice si preoc- valsa «buone parole» e «ottimi giudizi». Oltre alla già citata Alera-
cupa della diffusione del romanzo all’estero. Nel 1932 esce in Fran- mo, è plausibile che il testo fosse disponibile in ambiente milanese
cia Natalie, edito dalla Nouvelle librairie française di Parigi nella nelle settimane immediatamente successive la fine della scrittura.
traduzione di Henri Marchand. Il nome del collaboratore francese Solo un simile tempismo avrebbe permesso a Raffaele Mattioli, Di-
non stupisce accanto a quello di Cialente: i due condivideranno per rettore centrale della Banca commerciale italiana, di sostenere la
molti anni l’amicizia e il favore di Sibilla Aleramo, probabile artefice causa del romanzo presso Arnoldo Mondadori il 24 dicembre 1931:
del loro incontro.40 Anche nella versione francese il libro è destina-
to a non avere mai nuove edizioni, mentre negli anni successivi la Egregio Commendadore,
scrittrice abbandonerà ogni tentativo di promuoverlo. Mi permetto di richiamare la Sua attenzione sul nuovo romanzo della
La vicenda del libro si interrompe prima ancora di comincia- Sig.ra Fausta Terni Cialente, dal titolo “Cortile a Cleopatra”.
re, prima che il singolare biglietto dei Dieci possa garantirgli una Io non l’ho letto, ma debbo ritenere si tratti di un lavoro interessante,
vera circolazione,41 trasformandosi in un esilio di oltre cinquanta a giudicare da quanto Pio Schinetti ebbe a scrivere al mio amico Prof.
anni. Nel 1982 la decisione dell’anziana Cialente di affidare il suo Nino Levi. Le accludo anzi copia della lettera di Schinetti.44
libro alle cure di Mondadori42 rappresenta, più che un ritorno, una
nuova nascita. Il primo tempo di Natalia si chiude con i segni rossi Umanista, grande promotore di iniziative culturali, amico persona-
della censura e merita di essere indagato in rapporto al contesto e le di Benedetto Croce, Raffale Mattioli non è nuovo a interventi in
alla forma originale, prima che futuri interventi e riconoscimenti campo letterario e editoriale.45 La sua lettera, che non sembra rice-
condizionino il senso del suo problematico esordio. vere risposta da parte di Mondadori, suggerisce il coinvolgimento
di altri due lettori del Cortile: il professore di diritto penale Nino
1.2 Cortile a Cleopatra (1936). Le vicende del manoscritto Levi, in quegli anni incaricato a Milano, e il giornalista Pio Schinet-
e la prima edizione ti, già direttore del «Resto del Carlino» e collaboratore del «Secolo».
A quest’ultimo va attribuito quello che è, con tutta probabilità, il
Nell’estate del 1933 Fausta Cialente è in Italia per trascorrere, come primo intervento critico dedicato al romanzo di Cialente, allegato
ogni anno, la stagione con la sua famiglia. Il viaggio è occasione in copia (senza data) alla lettera di Mattioli:
per rinnovare i tentativi di collocazione editoriale del suo secondo
romanzo, Cortile a Cleopatra, ultimato ad Alessandria d’Egitto nel- Ho letto il libro della Signora Terni-Cialente.
la primavera del 1931 e ancora inedito. Le disavventure del testo Non è, naturalmente, un libro del mio tempo, e voglio dire del secolo
persistono già da diversi mesi e preoccupano molto l’autrice, par- scorso; è concepito secondo il gusto odierno dei romanzi, che conduce
ticolarmente sfiduciata dal silenzio degli editori. Il 24 luglio scrive non a rappresentare nella logica coordinazione d’alcuni casi avventu-
all’amica Sibilla Aleramo: rosi gli effetti di un’idea o d’una passione o le vicende di una vita ecce-
zionale, ma piuttosto a scrutare analiticamente quel tanto d’irrazionale
A Milano sono rimasta circa un mese, ho avuto molto da fare e molti e d’impreveduto e di misterioso che grava di solito su quella mediocre
crucci […] e le mie vicende con gli editori, inavvicinabili, bugiardi o avventura che è la vita per la maggior parte degli uomini, condannati
addirittura indegni, non hanno servito a farmi più allegra. Sono così a cercarsi penosamente da vivere fino al giorno in cui s’accorgono che
perfettamente scoraggiata, malgrado le buone parole e gli ottimi giudizi bisogna morire. Vocazioni ereditarie, necessità, rassegnazioni, più che
di quanti hanno letto il libro, che mi domando se val la pena di conti- libertà; istinti e sensazioni più che ragionamenti; penombre di rifles-
nuare a lavorare, io che ho appena cominciato.43 sione intima più che ardore di movimento e d’azione. Ma anche per
questo, a non voler essere deliberatamente disonesti, penso che il libro
Due anni dopo la conclusione della stesura, Cortile a Cleopatra ha possa essere giudicato quasi tutto notevole e in gran parte ammirevo-
evidentemente già conosciuto una circolazione manoscritta in Ita- le, come dimostrazione di un ingegno che vede molto nettamente i
lia, circostanza che, a dispetto della mancata pubblicazione, sarebbe contorni delle cose e guarda nel segreto dei cuori con singolare acutez-

40 41
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Gli esordi difficili. Gli anni venti e trenta

za. Rende molto bene certi caratteri dei sobborghi alessandrini, ove da di mesi Cialente continua a sperare in una risposta di Mondado-
secoli s’incontrano, e non si confondono, famiglie di provenienza, di ri. Nel dicembre del 1933 il racconto Marianna, pubblicato sulle
razza e di religione diversa […]. Il cortile […] pieno delle voci e delle pre- pagine dell’«Italia Letteraria», vince il Premio Galante: «Ne sono
occupazioni di tutta quella povertà inquieta, superstiziosa e malinconi- lietissima» scrive ancora ad Aleramo «e mi viene a buon punto per
ca, acquista veramente una funzione artistica interessante. Quanto al spingere il Cortile. Da Mondadori nulla, beninteso: spero che dopo
giovane italiano errabondo, che domina con la sua presenza la più gran l’annuncio del premio uscirà dal suo olimpico silenzio».48 L’irrepe-
parte del libro, mi pare già un gran merito dell’autrice non averlo vesti- ribilità dell’editore si protrae invece per lunghi mesi, fino al defi-
to secondo qualche figurino di moda. Egli va per il mondo, con le sue nitivo rifiuto del romanzo nella primavera seguente. L’11 maggio
inquietudini e con la sua imprevidenza, senza essere gravato da remini- del 1934, nell’ennesima lettera ad Aleramo, Cialente esprime una
scenze storiche e senza essere incitato da esorbitanti presagi d’avvenire. condizione di profonda frustrazione:
Volendo ricercare qualche precedente, qualcuno […] dirà che i dialoghi
dalle finestre alessandrine ricordano, come metodo artistico, l’avvia- Dopo che ti scrissi l’ultima volta ebbi una lettera indegna e ridicola da
mento dei Malavoglia di Verga, ma con più veemenza, nel caldo colo- Mondadori, che mi invita a non aspettare oltre (dopo due anni e ½
rito di un clima più decisamente orientale. Io farei volentieri qualche d’anticamera!) perché non sarebbe decoroso per me e forse dannoso.
appunto alla “scrittura” che spesso è modellata sullo stampo del fraseg- A lato di ciò esalta la propria intelligenza, fortuna, bravura e audacia
giare francese, difetto del resto facilmente emendabile. – come editore – e mi verrebbe voglia di chiedergli perché tutto gli an-
P.S.46 drebbe improvvisamente a rovescio se pubblicasse il mio libro. Gli ho
risposto una lettera assai rude. Se ti parlerà di me dirà certamente che
L’interessamento di Mattioli è solo il primo di una serie di tentativi ho un pessimo carattere e tu lascialo dire. Ma intanto sono a piedi e sen-
che, negli anni, vedranno la casa editrice Mondadori al centro degli za nessuna possibilità in vista. Ho scritto subito, scoraggiata com’ero,
interessi di Cialente. La causa del romanzo è sostenuta in primo a Titta Rosa, a Pavolini, a Alvaro, ma nessuno si fa vivo. A Pavolini ho
luogo da Sibilla Aleramo, che nel settembre del 1933 si offre di orga- chiesto se era disposto a pubblicare sull’Italia Letteraria una lettera aper-
nizzare un incontro fra l’amica e l’avvocato Mario Pelosini, segreta- ta in cui gli avrei raccontato le mie poco allegre avventure dalla a alla
rio e stretto collaboratore di Mondadori: zeta – a te dirò che se non l’ho preparata da prima è ben perché non ci
contavo, che mi dicesse di sì. Non voglio con questo fargli rimproveri:
Cara, la tua bontà mi ha aperto le porte se non con Mondadori almeno quando in un paese tutto va splendidamente bene, la voce che si leva
con il gran P. L’ho visto sabato, è stato gentilissimo e gli ho parlato come ha sempre poca chance di farsi sentire.
d’accordo […]. Mi ha fissato per sabato prossimo un appuntamento al Dovrei pagare, non mi resta altro. Ma a questo lusso le nostre forze non
quale mi promette che verrà anche Mondadori. Naturalmente, difficol- arrivano e pazienza […]. Sono veramente scoraggiata. I due premi di
tà enormi, momento gravissimo, impossibilità di promettere checches- cui mi hanno adornata49 sembrano, in queste condizioni, il colmo del
sia. Ma sono rassegnata ad aspettare, che altro posso fare?!47 ridicolo.50

L’incontro sarà più volte sospeso e Cialente lascerà l’Italia senza aver Seguono mesi di incerti e vani tentativi («Non c’è nessun editore in
difeso di persona le sorti del suo romanzo. La scelta, evidentemente vista, magari piccolo? […] Il più bello è che ho la ferma convinzione
poco fortunata, di puntare su Mondadori coincide con una fase di che di tutti gli editori cui mi sono rivolta nemmeno uno abbia letto
limitato interesse da parte dell’editore per i nuovi autori italiani: il il libro»)51 che coinvolgono, oltre agli amici citati, anche il fratello
recente lancio della collana a larga diffusione «I libri azzurri» (1930) Renato Cialente, attore di grande successo che ottiene una corri-
punta piuttosto sulla riedizione in formato economico dei princi- spondenza personale con il sottosegretario di Stampa e propaganda
pali successi italiani degli anni precedenti, da affiancare alle novità Galeazzo Ciano: «Credo che non potevo rivolgermi più in alto di
degli autori già in catalogo. quanto fatto»,52 commenta l’autrice. Impegnata nella composizio-
Nonostante la lunga attesa e il mancato riscontro, a distanza ne del racconto lungo Pamela o la bella estate, nell’aprile del 1935

42 43
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Gli esordi difficili. Gli anni venti e trenta

Cialente si risolve a produrre una nuova copia dattiloscritta del provoca l’intervento della censura: la diffusione del Cortile, per buo-
romanzo da destinare, ancora tramite Aleramo, al giovane editore na metà ancora inedito, è destinata a un nuovo arresto.
Armando Ghelardini, fondatore delle Edizioni d’Italia, direttore di Nei mesi successivi Cialente sembra aver rinunciato a vedere
«Occidente» e importante collaboratore dell’«Italia Letteraria», già stampato il suo lavoro («Sono rimasta così depressa […] che non
citata per la pubblicazione di Marianna: mi sono occupata più di nulla, non ho più fatto un passo o scrit-
to una riga»),55 collabora con il consueto quotidiano alessandrino,
Mia carissima, «Il Giornale d’Oriente», e prepara alcuni reportage di viaggio per
ti spedisco con questo corriere raccomandato il dattiloscritto del Cor- la stampa italiana. In questo clima, dopo cinque anni di peripe-
tile. Ti prego caldamente di farlo avere tu stessa in mano a Ghelardini zie e contrarietà, nella primavera del 1936 un editore manifesta un
[…]. Brucio l’ultima cartuccia, questa di Ghelardini e le sue Edizioni improvviso interesse per il romanzo. Si tratta di Corticelli, picco-
d’Italia, come mi avevi consigliata tu, del resto, ma il copione era impe- la casa milanese fondata nel 1922 e specializzata in pubblicazioni
gnato – anche gli altri due sono in giro, uno in Francia e uno a Milano scientifiche e divulgative.56 Contattato da Elsa Wieselberger, ma-
– e fino ad oggi non l’ho ricevuto. Per l’amor di Dio che Ghelardini dre di Cialente, da sempre impegnata nella promozione dei suoi
legga il libro e lo pubblichi come vuole – magari a puntate sull’Italia Let- testi, Corticelli decide di inserire il Cortile nella nascente collana
teraria. Tu non glielo dire, ma se te lo propone sono decisa ad accettare. dei «Narratori italiani».57 Fino a quel momento l’editore ha infatti
Sono scoraggiata al di là di quanto puoi immaginare. Sono ormai tre favorito le traduzioni come titoli di punta del suo catalogo: oltre a
anni e mezzo che mi batto per questo libro e sarebbe ora di finirla. Che due importanti collane di studi storici curate da Rodolfo Morandi,
cosa contano i premi e la critica, lo vedi tu stessa!53 a partire dal 1931 sono pubblicate le opere complete di Kipling, nu-
merosi volumi di Conrad, Dickens, London e Stevenson.
La previsione di Cialente questa volta si avvera: destinata Pamela Il 4 giugno 1936 terminano le stampe della prima edizione in
alle pagine di «Occidente», Ghelardini sollecita la pubblicazione volume di Cortile a Cleopatra, ma il bilancio dell’autrice è, ancora
di Cortile proprio presso la redazione dell’«Italia Letteraria», rivista una volta, completamente negativo:
che aveva raccolto e trapiantato in ambiente romano l’eredità della
«Fiera Letteraria» di Umberto Fracchia (Milano, 1925-1929). La pri- Ho avuto guai con l’editore: neanche un soldo, lanciamento insuffi-
ma puntata del romanzo è in edicola il 13 ottobre 1935, introdotta ciente, un mezzo disastro. Aggiungiamo a queste cose che, come sai,
da un breve profilo dell’autrice che ricorda i suoi recenti successi di la critica non esiste più – e così si finisce per scrivere per i tre o quattro
critica con Natalia e Marianna. La soluzione è accolta con mite ras- amici e guadagnare soltanto lavorando in un giornale.58
segnazione, come compromesso inevitabile dopo anni di delusioni:
A dispetto degli umori della scrittrice, il romanzo viene accolto con
Non sono entusiasta di essere pubblicata in questo modo, ma non ri- discreto favore dal «Corriere della Sera», dove si sottolinea l’origina-
uscivo proprio a nulla e tu sai quante vie e quante cose ho tentato. lità dell’opera legata all’adesione ai modelli umani e alle atmosfere
Il meglio per me era di uscire da un silenzio di due anni, in qualsiasi tipiche del mondo africano:
modo […]. Speriamo che un editore verrà più tardi, se il Cortile piacerà
al pubblico.54 L’elemento più interessante del romanzo è dunque questo senso vitale
dato alle cose. La storia di Marco interessa per i legami che essa pone tra
Le puntate seguono per altri otto numeri del settimanale, fino al 1o costui e le ripercussioni che la sua presenza ha nel piccolo ambiente,
dicembre 1935, quando nel giro di poche settimane sia «Italia Let- del quale la scrittrice ha riassunto affinità ed entusiasmi, differenze e
teraria» che «Occidente» interrompono improvvisamente le pub- somiglianze di tutta una città, ricercando fra ebrei, ortodossi, armeni,
blicazioni. L’impostazione delle riviste, non ortodossa rispetto alla stranieri e indigeni, oltre le nazionalità e le religioni, la forza umana che
cultura ufficiale, e la presenza di collaboratori sospetti di opposizio- in nome della vita supera in certi momenti tutte le disparità, e appena
ne al fascismo (lo stesso Ghelardini e, fra gli altri, Umberto Barbaro) superate le acuisce.

44 45
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Gli esordi difficili. Gli anni venti e trenta

Il romanzo può parere, per la sua stessa natura, frammentario, a causa venti nell’ambito della più ampia operazione di costruzione del
di quel succedersi di quadri e quadretti, di scene, di drammi, di amori e consenso, declinato come sottogenere di una letteratura d’evasione
di dolori. Ma a poco a poco si ricostruisce, a pennellate decise, un affre- fondata sul razzismo, la misoginia e l’erotismo. La propaganda non
sco che si può alla fine contemplare con un solo sguardo. ha difficoltà a veicolare nei temi della conquista coloniale i principi
[…] Marco stesso, scontento, irrequieto, nato da due morali e senza mo- dell’ideologia nazionalistica, rilanciando nella suggestiva cornice
rale, venuto da due religioni e senza religione, incapace di discernere il dell’impresa africana la prova della potenza e della vitalità della na-
bene dal male, è un esemplare che rivela l’indole di alcuni strati della zione. Il mondo coloniale è quindi identificato con la componente
popolazione di quei paesi. Dunque, studio d’ambiente e di caratteri in- strapaesana della proposta culturale fascista: l’Africa viene descritta
soliti; romanzo cui meglio sarebbe giovata una densità di azione stretta come universo primitivo, terra vergine su cui vivificare le proprie-
a un nodo centrale, ma che si presenta con rari e pregevoli caratteri tà dell’uomo moderno e realizzare a pieno la missione della civiltà
originali.59 italiana, nel nome della difesa e dell’egemonia della razza bianca
oltre i confini della nazione. L’uso morboso del tema erotico e della
Decisamente positiva, oltre che sensibile, è invece la lettura di trasgressione dei tabù sessuali, l’evocazione di personaggi esotici e
Ruggero Jacobbi, che si distingue fra le altre «poche e distratte carichi di mistero, il contrasto fra l’eroe occidentale artefice del suo
recensioni»60 al romanzo con un intervento sulle pagine del «Qua- destino (diretto erede dei legionari romani ed espressione di dina-
drivio», rivista con cui Cialente è già in contatto da alcuni anni:61 mismo, progresso, eroismo) con una società primordiale predispo-
sta alla demonizzazione e all’annientamento: caratteri che non po-
Cortile a Cleopatra: mondo chiuso, mondo fermo, di una tristezza irri- trebbero essere più lontani dai toni e dalle intenzioni del romanzo
mediabile anche nella gaiezza di certi suoi colori, di certe sue parvenze di Cialente. Privo di qualsiasi seduzione esotica, Cortile a Cleopatra
mattinali. Malgrado questa vernice di fastosità che talora lo investe, il racconta un’Africa senza imprese, senza eroismo, senza orizzonti
cortile mantiene un suo fondamentale grigiore che resta quasi lo sfon- incontaminati da civilizzare. Descrive invece un ambiente umano
do unico del quadro; nei punti più significativi, tutto si affonda in una privo di orientamento identitario, senza barbarie e senza progresso,
malinconia paludosa senza rimedio. immobile e già corrotto dalle manie piccolo borghesi di una socie-
Fausta Terni Cialente ha narrato questa semplice, ma intricata vicenda tà levantina pienamente occidentalizzata, che rifiuta ogni contatto
con uno stile agile e fantasioso, dotato d’una padronanza dei mezzi in- con gli indigeni e ha perso ogni legame elettivo con la madrepatria.
trospettivi e con una tavolozza coloristica che le fanno onore. Ella ben Come se non bastasse, nel suo viaggio di scoperta dall’Italia all’Afri-
poco concede al gusto dell’esotico, del «pezzo di colore»; piuttosto in- ca il protagonista di Cialente è pronto a tradire ogni aspettativa di
dulge ad un amore dell’ambiente che è certo più umano che letterario. conquista e di affermazione sul piano erotico, economico o razzia-
[…] Il primo racconto di Fausta Cialente vinse a suo tempo il Premio dei le, destinato, piuttosto che a dominarlo, ad abbandonarsi al miste-
Dieci; il secondo, Marianna, il Premio Galante; chi vorrà premiare il suo ro del continente inesplorato.
terzo e più vasto lavoro, Cortile a Cleopatra, che certo, tra tutto l’inva- Con l’inizio della Seconda guerra mondiale, il mancato successo
dente romanzume, è uno dei pochi libri che si salvino senza riserve?62 del Cortile è sancito dalla completa sospensione di ogni rapporto
fra Cialente e i suoi corrispondenti italiani. La storia del romanzo
Nonostante l’augurio di Jacobbi, è difficile pensare che un romanzo è nuovamente rimandata, questa volta di molti anni,64 senza un
come Cortile a Cleopatra possa ottenere i favori della critica, tanto esordio degno delle aspettative della scrittrice, ancora lontana, no-
meno della critica ufficiale, in quel particolare contesto storico. Po- nostante i suoi sforzi e i suoi contatti, dai circoli culturali del paese.
che settimane separano l’edizione di Corticelli dalla proclamazione Per un mancato accordo con la storia che segnerà buona parte della
dell’Impero fascista, culmine di una costruzione culturale e lettera- sua esperienza, a metà dei suoi trent’anni Cialente conosce il perio-
ria dell’immaginario che orienta politicamente la rappresentazio- do di minore visibilità e fortuna: proprio quando, in netto anticipo
ne del mondo africano.63 Predisposto dal regime come genere di rispetto al proprio percorso intellettuale, ha scritto il suo libro più
consumo per le masse, il romanzo coloniale è diffuso fin dagli anni bello.

46 47
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Gli esordi difficili. Gli anni venti e trenta

1. Per la ricostruzione del quadro storico cfr. Vittorio Briani, Italiani in Egitto, Roma, Istituto Po- L’operazione di divertita contaminazione stilistica si propone di coinvolgere e stimolare diret-
ligrafico e Zecca dello Stato, 1982; Marta Petricioli, Oltre il mito: l’Egitto degli italiani, 1917-1947, tamente il lettore, sfidato in una sorta di caccia all’autore. Così una scheda numerata inclusa
Milano, Mondadori, 2007. a margine del volume originale promuove un concorso a premi: «Regolamento del concorso.
2. Fausta Cialente, Le quattro ragazze Wieselberger, cit., pp. 208-209. Ogni capitolo, in genere, è dovuto alla penna di vari autori: ci sono nel romanzo, tuttavia, alcuni
3. Ead., L’azione degli antifascisti italiani in Egitto, in Resistenza, liberazione nazionale e prospettiva capitoli dovuti ciascuno esclusivamente ad uno dei Dieci. I lettori sono invitati a indicare questi
mediterranea: atti del seminario internazionale per il 30 o anniversario della liberazione, Cagliari, 3-5 capitoli originali proponendo il nome del rispettivo scrittore e tenendo presente che ogni autore
dicembre 1975, a cura di Manlio Brigaglia, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1981, p. 85. ha assunto la paternità di un solo capitolo in tutto il romanzo». La scheda di adesione al concor-
4. Ead., Le quattro ragazze Wieselberger, cit., p. 209. so è riprodotta nell’edizione Sironi (p. 438).
5. Ivi, pp. 209-210. 29. Ivi, p. 433.
6. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Sesto Pusteria, 24 luglio 1933, Fondazione Istituto 30. «Daremo ogni anno un premio all’opera letteraria di uno scrittore italiano o al libro d’un
Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Crono- giovane», Filippo Tommaso Marinetti, Il Gruppo letterario dei Dieci, cit.
logica 1930-1939. 31. Filippo Tommaso Marinetti, Prefazione all’edizione originale, in I Dieci, Lo Zar non è morto, cit.,
7. Fausta Cialente, Le quattro ragazze Wieselberger, cit., p. 209. p. 433. Gli altri punti (presumibilmente mai realizzati) del programma prevedono: la riedizione
8. Ead., Straniera dappertutto, in Le signore della scrittura. Interviste, a cura di Sandra Petrignani, «assolutamente moderna di un celebre romanzo italiano contemporaneo», la traduzione di ope-
Milano, La Tartaruga, 1984, p. 87. re letterarie contemporanee nelle principali lingue europee, lo «scambio regolare di antologie
9. Ead., Marianna, «L’Italia Letteraria», 29 ottobre 1933, p. 5; poi in Ead., Interno con figure, Roma, contemporanee con altre dei vari centri letterari esteri», aiuti finanziari agli editori per la pubbli-
Editori Riuniti, 1976, pp. 3-36. cazione di opere prime.
10. Ivi, p. 3. 32. Lucio D’Ambra, I due modi d’avere vent’anni, Roma, Sapientia, 1928; Id., La commedia a Pon-
11. Edizioni: in «Occidente», agosto 1935, pp. 97-126; in Fausta Cialente, Pamela o la bella estate: tassieve, Roma, Sapientia, 1928; Alessandro De Stefani, Venere dormente, Roma, Sapientia, 1928;
racconti, Milano, Feltrinelli, 1962, pp. 4-92; in Ead., Interno con figure, cit., pp. 97-184. Fausto Martini, Cronache del teatro di prosa 1926-1927, Roma, Sapientia, 1928; Hervé Lauwick,
12. Cfr. Monica Cristina Storini, Oltre il realismo magico, in Ead., L’esperienza problematica. Generi e Il signore che segue la signora, traduzione di Fausto Martini, Roma, Sapientia, 1928; Massimo
scrittura nella narrativa italiana del Novecento, Roma, Carocci, 2005, pp. 74-140. Bontempelli, Il figlio di due madri, Roma, Sapientia, 1929; Fausto Martini, Atti unici, Roma, Sa-
13. Fausta Cialente, Introduzione, in Ead., Interno con figure, cit., p. XVI. pientia, 1929.
14. Ead., Un ricordo, in Sibilla Aleramo, Diario di una donna. Inediti 1945-1960, Milano, Feltrinelli, 33. Per la storia della rivista cfr. Enrico Falqui, Antologia della rivista «900», Lucugnano, Edizioni
1979, p. 17. dell’Albero, 1958; Luigi Baldacci, L’avventura novecentista, in Id., Massimo Bontempelli, Torino,
15. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Sesto Pusteria, 15 marzo 1935, Fondazione Isti- Borla, 1967, pp. 49-71.
tuto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cro- 34. Fausta Cialente, Natalia vestita di nuovo, cit., p. 246.
nologica 1930-1939. 35. Lettera di Fausta Cialente a Massimo Bontempelli, Bulkeley, 12 gennaio 1931, Series I. Corre-
16. Lettera di Fausta Cialente a Massimo Bontempelli, Bulkeley, 26 dicembre 1930, Series I. Cor- spondence, Box 10, Folder 3, Massimo Bontempelli Papers, 1865-1991, Getty Research Institute
respondence, Box 10, Folder 3, Massimo Bontempelli Papers, 1865-1991, Getty Research Insti- - Los Angeles.
tute - Los Angeles. 36. Giuseppe Ravegnani, Natalia, «La Stampa», 9 aprile 1930, p. 3.
17. Ibid. 37. Natalia vestita di nuovo, intervista di Marco Vallora, cit., p. 248. L’episodio è ricordato anche in
18. «Io non avevo entrature nel mondo culturale. Ero amica soltanto di Massimo Bontempelli, Fausta Cialente, Straniera dappertutto, cit., p. 84: «Mi vidi restituire il libro pieno di fregacci rossi.
così gli ho mandato il manoscritto in Italia», in Fausta Cialente, Natalia vestita di nuovo, intervista I censori per approvarlo pretendevano che apportassi pesanti correzioni: dovevo eliminare un
di Marco Vallora, «Panorama», 25 ottobre 1982, p. 246. piccolo episodio di lesbismo, essere meno severa nel giudizio che nel testo davo sulla guerra del
19. Nella lettera il nome è abbreviato: «Il giorno in cui, a Cannes, ricevetti quella lettera di Dest. ’15-’18 e modificare la parola “disfatta”, che usavo per Caporetto, in “ritirata”. Così me lo tenni
nella quale mi riferiva le tue parole su Natalia», Lettera di Fausta Cialente a Massimo Bontempel- nel cassetto e scrissi altri libri».
li, Bulkeley, 26 dicembre 1930, cit. (mio il corsivo). 38. Non resta traccia del provvedimento nei fondi: ministero della Cultura popolare (erede del
20. Svista di Cialente che, coerentemente a quanto ripetuto nel resto della lettera, intende «sedici ministero per la Stampa e la propaganda), Direzione generale di pubblica sicurezza (afferente al
anni». Ministero degli Interni), Questura di Roma.
21. Lettera di Fausta Cialente a Massimo Bontempelli, Bulkeley, 26 dicembre 1930, cit. 39. Cfr. Philip V. Cannistraro, La fabbrica del consenso: fascismo e mass media, Roma, Laterza,
22. Ibid. 1975; Guido Bonsaver, Censorship and Literature in Fascist Italy, Toronto, University of Toronto
23. Nessuna delle lettere precedenti al 1930 risulta conservata fra le carte di Bontempelli. Press, 2007; Id., Mussolini censore: storie di letteratura, dissenso e ipocrisia, Roma, Laterza, 2013.
24. Ibid. 40. Marchand incontra Aleramo a Parigi nel 1928 e, da quel momento, diventa il suo traduttore
25. Telegramma di Filippo Tommaso Marinetti a Benito Mussolini, Roma, 24 maggio 1928, Se- francese ufficiale.
greteria Particolare del Duce, Carteggio ordinario 1922-1945, fasc. 509.446, ACS. 41. In un’intervista del 1982 (Aurelio Andreoli, Parla la scrittrice Fausta Cialente. Una grande emo-
26. Filippo Tommaso Marinetti, Il Gruppo letterario dei Dieci, «L’Impero», 25 maggio 1928, p. 2. zione? L’incontro al Cairo con Togliatti-Ercoli, «Paese Sera», 14 dicembre 1982, p. 11) Cialente parla
27. Il primo e unico tomo è dedicato agli Approcci, ma sono originariamente previsti sei volumi di sole 3000 copie stampate.
per un totale di oltre 400 lettere. 42. Fausta Cialente, Natalia, Milano, Mondadori, 1982 (seconda edizione).
28. «Soltanto alcuni scopi di patriottismo artistico (non raggiungibile in altro modo) hanno 43. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Sesto Pusteria, 24 luglio 1933, Fondazione Isti-
avvicinato e sodalizzato questi dieci scrittori italiani che appartengono alle più tipiche e opposte tuto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cro-
tendenze della letteratura contemporanea (futurismo, intimismo, ecc.). Questi sono e riman- nologica 1930-1939.
gono inconfondibili, dato che miliardi di chilometri dividono per esempio la sensibilità futuri- 44. Lettera di Raffaele Mattioli ad Arnoldo Mondadori, Milano, 24 dicembre 1931, Archivio Sto-
sta di Marinetti dalla sensibilità nostalgica di F.M. Martini. Per offrire al pubblico lo spettacolo rico di Intesa Sanpaolo, Copialettere di Raffaele Mattioli (CpM), vol. 5, f. 174.
divertente di quei miliardi di chilometri, eccezionalmente, i Dieci hanno scritto i capitoli del 45. Negli anni seguenti curerà per Ricciardi una collezione di classici italiani (La letteratura ita-
romanzo: Lo Zar non è morto. Questa eterogenea collaborazione, una volta tanto, ad un romanzo liana. Storia e testi, a cura di Raffaele Mattioli, Pietro Pancrazi, Alfredo Schiaffini, Milano-Napoli,
di avventure non vuol dare nessuna direttiva artistica», Filippo Tommaso Marinetti, Prefazione Ricciardi, 1951 e segg.) oltre a una collana di studi di storia economica italiana (Studi e Ricerche di
all’edizione originale, in I Dieci, Lo Zar non è morto, Milano, Sironi, 2005, p. 431 (seconda edizione). Storia Economica Italiana, Milano, Banca Commerciale Italiana, 1963 e sgg.).

48 49
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO

46. Foglio dattiloscritto allegato a Lettera di Raffaele Mattioli ad Arnoldo Mondadori, Milano,
24 dicembre 1931.
La Resistenza e il lungo dopoguerra.
47. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Isola dei pescatori (Stresa), 5 settembre 1933, Dagli anni quaranta agli anni sessanta
Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamen-
te, Sezione Cronologica 1930-1939.
48. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d’Egitto), 5 dicembre 1933,
Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamen-
te, Sezione Cronologica 1930-1939.
49. Tratteggiato nell’originale.
50. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d’Egitto), 11 maggio 1934,
Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamen-
te, Sezione Cronologica 1930-1939.
51. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d’Egitto), 13 luglio 1934,
Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamen-
te, Sezione Cronologica 1930-1939.
Per venticinque anni, fra il 1936 e il 1961, Fausta Cialente non pub-
52. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d’Egitto), 25 aprile 1935, blica nuovi romanzi. Le ragioni del lungo silenzio narrativo sono
Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamen- molteplici, ma tutte legate all’esperienza della Seconda guerra mon-
te, Sezione Cronologica 1930-1939.
53. Ibid. diale, evento che determina i più importanti cambiamenti nella
54. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Sofia, 17 ottobre 1935, Fondazione Istituto vita e nell’immaginario della scrittrice.
Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Crono-
logica 1930-1939.
Formatasi lontana dalle tensioni politiche dell’Europa prebelli-
55. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d’Egitto), 1o maggio 1936, ca, allo scoppio del conflitto Cialente è già un’intellettuale impe-
Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamen- gnata, capace di costruire una precisa identità di antifascista italia-
te, Sezione Cronologica 1930-1939.
56. Cfr. Carlo Carotti, Alberto Corticelli e figli: editori-librari, Milano, FrancoAngeli, 2000. na nell’ambiente eclettico e sfumato della società levantina:
57. L’esordio della collana è tutto al femminile con i due testi Marta Ahrens, A. Sergio & Figlio,
1934; Maria Albini, Ragazze inquiete, 1936, che precedono la pubblicazione del Cortile.
58. Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Alessandria d’Egitto, 16 febbraio 1938, Fon- Tutto questo bel vivere durò fin verso la seconda guerra mondiale. La
dazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, sentivamo venire, non sarebbe stato possibile ingannarsi sulle luci si-
Sezione Cronologica 1930-1939.
nistre che vedevamo lampeggiare guardando l’Europa […]. Man mano
59. E.P., Cortile a Cleopatra, «Corriere della Sera», 4 novembre 1936, p. 3.
60. «Nel 36 il Cortile ebbe poche e distratte recensioni», in lettera di Fausta Cialente a Giusep- che la guerra si avvicinava il nostro gruppo, più che d’arte, di musica
pe De Robertis, Roma, 9 ottobre 1953, Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux, Fondo e di letteratura s’occupava di politica, […] i nostri amici diventavano
Giuseppe De Robertis, Corrispondenza, doc. 1249.4. Cortile a Cleopatra è segnalato brevemente
anche su «L’Italia che scrive», 3-4, 1937, pp. 55-56: «Il romanzo vale più nei dettagli che nell’in- sempre più giovani, mentre i meno giovani e gli anziani s’allontanava-
sieme, sebbene l’atmosfera particolare del luogo sia ritratta con grande forza: il volume lascia nel no, infastiditi dal nuovo indirizzo che avevamo preso.1
lettore una specie di disagio spirituale, come una torbida scontentezza. Esso è certamente l’opera
di una scrittrice accorta e originale, portata naturalmente verso le psicologie strane e insolite, che
accoppia ad una specie di impassibilità morale una sensibilità acuta per le cose, e dall’accoppia- Con il passare degli anni e il precipitare della situazione europea,
mento delle disparate sue attitudini nasce la bizzarra efficacia del suo stile». la casa dei Terni diventa un punto di riferimento per l’attività anti-
61. Le lettere ad Aleramo testimoniano l’invio di racconti e di proposte di collaborazione a parti-
re dal 1934. Nel 1936 Cialente compare nella rivista con l’articolo Inchiesta tra gli scrittori laureati, fascista ad Alessandria e la politica guadagna un posto sempre più
Fausta Terni Cialente, Premio dei Dieci, 20 dicembre 1936, p. 2. importante nella vita di Cialente:
62. Ruggero Jacobbi, Cortile a Cleopatra di Fausta Terni Cialente, «Quadrivio», 13 settembre 1936,
p. 8.
63. Cfr. Giovanna Tomasello, L’Africa tra mito e realtà: storia della letteratura coloniale italiana, Più si faceva grave l’oppressione in Italia, di cui eravamo sempre infor-
Palermo, Sellerio, 2004. matissimi, e aggressiva la propaganda fascista in colonia, più eravamo
64. La seconda edizione viene pubblicata solo nel 1953 dall’editore Sansoni.
spinti a un’azione politica che sentivamo il dovere di condurre […]. La
nostra azione, in quel periodo, consisteva anzitutto nel divulgare, per
quanto possibile, l’informazione, dirigendola particolarmente ai giova-
ni: informarli cioè dell’abiezione del regime, di tutti i delitti che si com-
mettevano e di come già militassero all’interno gli antifascisti che per
questo rischiavano la galera e la vita. L’assassinio di Matteotti, la morte
di Gramsci, la guerra d’Etiopia con la ridicola proclamazione dell’impe-

50 51
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO La Resistenza e il lungo dopoguerra. Dagli anni quaranta agli anni sessanta

prio vissuto, recuperando le vicende che hanno inaugurato il tem- e distribuito a Firenze dallo stesso Sansoni.64 La prestigiosa redazio-
po dell’impegno. ne (che comprende, fra gli altri, Attilio Bertolucci, Cesare Garboli
Il dattiloscritto Middle East si interrompe dopo solo 8 pagine, e Carlo Emilio Gadda) garantisce una selezione di titoli di grande
definendo un processo di stesura che va, presumibilmente, dal no- interesse che comprendono, negli stessi anni, anche tre importanti
vembre del 1946 (la prima bozza alla stazione di Sidi Gaber) al lu- prime edizioni in volume: La passeggiata prima di cena di Giorgio
glio del 1947. Nella disposizione finale dell’archivio il plico si trova Bassani (1953), Casa d’altri di Silvio D’Arzo (1953) e la raccolta poe-
allegato all’inizio del primo diario (febbraio 1941-gennaio 1942), tica La meglio gioventù di Pier Paolo Pasolini (1954).
collocazione che restituisce al contenuto delle carte un corretto La presenza di Cortile a Cleopatra nella collana della rivista di-
ordine cronologico: gli eventi dell’ottobre del 1940, recuperati nel pende da un diretto interessamento della direttrice Anna Banti che,
prologo e nel capitolo, sono precedenti alla prima nota di diario, re- con particolare lungimiranza, sceglie per la Prefazione al romanzo
gistrata il 2 febbraio 1941. A distanza di tanti anni, Cialente decide una firma di massima autorità, decisiva per l’affermazione critica
di restituire il suo tentativo narrativo alla consistenza materica dei del testo. È la firma di Emilio Cecchi, da molti anni vicino alla scrit-
quaderni, scegliendo una posizione che possa indicare il dattilo- trice fiorentina grazie alla lunga amicizia che lega Anna Banti a sua
scritto come probabile inizio non più di un romanzo, ma di tutta moglie, la pittrice Leonetta Cecchi Pieraccini.
quella articolata collezione di scritture che compongono il grande Il 16 febbraio 1953 Cialente scrive a Cecchi poche righe che
racconto resistenziale. sembrano avviare la stesura della Prefazione:
Tentativo sospeso e mai più ripreso nella forma e nel contenuto
iniziale, Middle East costituisce il primo esempio di una nuova con- Egregio Professore,
cezione e una nuova pratica della scrittura creativa. Se l’esperienza A quanto mi dice Anna Banti Ella avrebbe la bontà di rivedere il Cortile
della guerra, l’attività giornalistica e la stesura dei diari sono desti- per un’eventuale prefazione.
nati a segnare profondamente il corso della narrativa di Cialente, è Non posso dirle quanto ne sono felice ed onorata e fin d’ora la ringra-
in quelle poche pagine che si inaugura la possibilità di un racconto zio.
in prima persona che sia insieme il ritratto di una generazione, di Anna Banti mi ha pure chiesto di aggiungere qualche parola sulla ora-
un paese, di un sistema culturale sconvolto dalle prove del tempo e mai mutata topografia di quei luoghi, e se sarà necessario lo farò. Credo
dalla crisi dei suoi valori. Da questo momento cronaca e narrativa, opportuno sottoporle queste poche righe che sono all’incirca quanto
memoria e Storia occuperanno gli stessi spazi, continueranno a ri- direi e, insieme al libro, possono servire a documentarla. Ma, sempre
flettersi e confondersi, a definire una nuova forma romanzo. che Ella abbia la gentilezza e il tempo di farlo, a me pare che la sua
autorevole voce – e solamente la sua! – sarebbe quanto di meglio possa
2.2 Il secondo tempo di Cortile a Cleopatra (1953) sperare per il libro; e la mia, di troppo.65

Il lungo silenzio editoriale di Cialente si interrompe nel 1953 Tre mesi dopo la Prefazione è sulla scrivania di Banti:
quando Sansoni presenta la seconda edizione di Cortile a Cleopa-
tra, romanzo che accompagna l’autrice da oltre vent’anni e segna Caro Cecchi,
i margini della sua lunga assenza dalla scena letteraria. L’iniziativa ho, in questo punto, la sua prefazione alla Cialente, la leggo e la trovo
di Sansoni rappresenta per molti aspetti la prima vera diffusione di bellissima. Come ringraziarla? Ma la mia mortificazione di averle dato,
un testo passato inosservato nel 1936, e di un’autrice che la lunga indirettamente, un sovrappiù di lavoro, si conforta del fatto che sento,
assenza dall’Italia ha reso invisibile al pubblico e alla critica. dalle sue parole, che il libro le è piaciuto davvero.66
Cortile a Cleopatra è il settimo volume della collana «Biblioteca
di Paragone», associata all’omonima rivista diretta da Anna Banti Il testo di Cecchi, infatti, promuove il Cortile come «uno dei più bei
e Roberto Longhi. Il mensile, inaugurato nel 1950, prevede l’alter- romanzi italiani dell’ultimo ventennio»,67 riconoscendo che «tra le
nanza di numeri dedicati all’arte e alla letteratura e viene stampato nostre recenti opere narrative […] non so quante potrebbero mo-

74 75
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO La Resistenza e il lungo dopoguerra. Dagli anni quaranta agli anni sessanta

strare una freschezza così indelebile; e non so di quante si sentirebbe Marco. Conclude promuovendo la capacità di Cialente di control-
che veramente erano nate sotto il segno della felicità». Denunciata lare il peso (potenzialmente eccessivo) delle descrizioni ambientali,
l’anomalia del suo esordio mancato, Cecchi individua nel romanzo permettendo così ai diversi personaggi di emergere con forza sulle
«un’infallibile simpatia e fedeltà etnica», capace di restituire le sug- tinte esotiche dello sfondo.
gestioni di «un esotismo così autentico, colorito, e al tempo stesso Sul «Tempo» del 6 agosto Giuseppe De Robertis71 dichiara di
così famigliare». Sul piano della struttura, evidenzia la solidità di ignorare «affatto se qualcuno ne abbia scritto mai», rimproverando
una narrazione che «si svolge con una naturalezza generosa: s’in- la mancata compilazione, nel volume di Sansoni, di un’appendice
treccia e si scioglie sopra sé stessa con simmetrie mai insistite e per bibliografica che chiarisca le precedenti vicende del testo. Prosegue
ciò tanto più suggestive; con un gusto di composizione pittorica i valorizzando il piano generale dell’opera, descritto nei termini di
cui temi figurativi e paesistici e le cui pause spaziali scandiscono il un andamento operistico e teatrale.
tempo e il maturarsi del dramma». Una simile «intensità e legatezza Parla di «una favola chiusa, in sé perfetta e compatta» anche Na-
di realizzazione» raggiunge i suoi migliori risultati nel trattamen- talino Sapegno72 nel suo intervento su «Rinascita» (X, 1953), mo-
to delle figure femminili, capaci di conservarsi vive e irrisolte fino tivando il primo rifiuto del romanzo con la sua mancata adesione
all’ultima pagina, mentre «il personaggio che davvero non ha più a un certo clima di costume e di esperienze letterarie. Privo delle
avvenire è quello di Marco; e sentiamo che, di tappa in tappa, non ambizioni formalistiche allora dominanti, lontano dalla violenta
potrà seguitare a vivere che con le stesse carenze e le stesse fughe da reazione moralistica di un Moravia o un Vittorini, il romanzo mo-
sé stesso e dal mondo». Si congeda infine, ammettendo che «noi strava invece «la peculiarità di un’esperienza maturata in condizio-
invidiamo quelli che lo leggeranno ora per la prima volta».68 ni molto particolari e comunque lontane dalla tematica allora in
È un nuovo lettore del Cortile, Adriano Seroni, che ne promuo- voga fra noi». Sapegno sottolinea come l’ambientazione levantina
ve la diffusione dalle pagine di «Paragone», presentando quindi il costituisca per l’autrice un’esperienza reale, diretta, un mondo di
romanzo come una riscoperta a opera della redazione della rivi- cui sa scegliere non gli aspetti «strani e diversi», ma quelli più con-
sta.69 Il suo articolo muove dal presupposto che Cortile a Cleopatra sueti e universali. Su questo panorama quotidiano, lo sguardo di
sia un’opera «extravagante», impossibile da inserire coerentemen- Fausta Cialente sa essere lucido e ironico, distaccato ma teneramen-
te nel solco della tradizione letteraria italiana. Le ragioni del prece- te coinvolto e sincero.
dente insuccesso non sarebbero, infatti, esclusivamente politiche: «Il più bel romanzo del ’53 è una ristampa», stabilisce Carlo Sa-
afflitto dalla «malattia della prosa d’arte» il paese era culturalmente linari73 in apertura del suo articolo sull’«Unità» (2 settembre 1953),
impreparato ad accogliere e comprendere il carico di modernità dove riprende le posizioni già espresse evidenziando la perfetta fu-
imposto da Cialente. Ora, a diciassette anni di distanza, ai lettori si sione delle figure con l’ambiente: se le vite dei personaggi sono in-
apre una nuova occasione di incontro e di sorpresa: «Sempre più ci concepibili senza il cortile, questo apparirebbe muto e sfocato una
stupirà la freschezza d’una narrativa che in quegli anni ignorava- volta svuotato dei suoi abitanti. Il brano critico si distingue per la
mo o credevamo estranea». Nuovo è anche il personaggio di Marco particolare lettura in chiave storico-sociale del romanzo; nel rac-
con le sue illusioni, la sua sensualità immaginativa, con quel bi- conto delle disavventure sentimentali di Marco si nasconde una
sogno di evasione che diventa «antiumanità, egoismo». Il segno concezione della vita caratteristica delle nuove generazioni italiane
dell’umanità è invece in Kikì ed Eva, per Seroni le figure più riuscite ed europee alla vigilia del secondo conflitto mondiale:
del romanzo.
Sull’esempio di Cecchi, anche Giacinto Spagnoletti («Il Popo- Al fondo di questa concezione – spiega Salinari – v’è una spinta anarchi-
lo», 21 luglio 1953)70 riconosce la naturalezza espressiva, l’unità e ca, individualistica, libertaria e tuttavia positiva e ribelle nei confronti
la misura di un impianto narrativo in cui ogni particolare finisce dell’ordine costituito, delle convenzioni, delle ipocrisie, delle ingiusti-
per dimostrarsi simbolicamente necessario. Fra i primi a interro- zie, di tutto il castello di costumi, di preconcetti e d’idee che costituisco-
garsi sui possibili modelli del testo, suggerisce Virginia Woolf come no il modo di vivere della borghesia e della piccola borghesia.74
referente stilistico e il Billy Bud di Melville come antesignano di

76 77
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO La Resistenza e il lungo dopoguerra. Dagli anni quaranta agli anni sessanta

Infine, l’analisi dei personaggi sorprende Salinari in piena contrad- al romanzo) si conferma come unico riferimento cronologico per
dizione con la lettura di Cecchi: è Marco l’unica figura ad avere la composizione dell’opera. Al momento di consegnare le bozze a
ancora, quando si chiude l’ultima pagina, un futuro da inventare. Sansoni, Cialente interviene solo sulla superficie stilistica del testo,
Al contrario, i personaggi femminili si spengono in una morte fisi- si limita a rivedere la punteggiatura e alcune soluzioni verbali (con
ca (Eva), spirituale (Dinah) e del desiderio (Kikì) che le esclude per inversioni fra passato remoto e imperfetto), manifestando una par-
sempre da ogni possibile destino. ticolare attenzione per le unità minime del discorso (è corretto, per
Piero Dallamano75 commenta su «Paese Sera» (22 settembre esempio, un uso di pronomi e preposizioni ormai superato nell’i-
1953) l’esito del Premio Viareggio, assegnato a Gadda per le No- taliano del secondo dopoguerra). A livello di contenuto, non si
velle dal ducato in fiamme (Firenze, Vallecchi, 1953): ottimo il testo registrano cambiamenti significativi, con la sola eccezione dell’ag-
premiato, commenta Dallamano, ottimi, ancora, i romanzi in con- giunta del titolo I fidanzati per la parte terza del romanzo, che nel
corso, eppure nessuna di queste opere può essere considerata «vera- 1936 era lasciata (in mancata coerenza con le altre sequenze) senza
mente, incontestabilmente di primo piano». Fra le ultime pubbli- alcuna intestazione.
cazioni, spicca invece la ristampa di un libro a suo tempo ignorato Ciò che distingue in maniera determinante la seconda edizione
dalla critica, un libro che «è sembrato più nuovo e più vivo di molti è invece la breve Avvertenza dell’autrice scritta, come sembrerebbe
romanzi nati proprio nell’oggi». In modo discreto ma persuasivo, suggerire la lettera del febbraio 1953, su indicazione di Anna Banti.
Cortile a Cleopatra sembra proporre ai narratori contemporanei una Un altro intervento ai margini del testo, dunque, inserito appena
nuova formula, un’alternativa da meditare, «ed è risaputo che […] prima dell’avvio del romanzo. Una sintesi di riflessioni che i primi
avrebbe vinto in carrozza lo stesso Premio Viareggio se appunto alle lettori sembrano quasi ignorare, ma che si dimostrerà essenziale per
ristampe fosse libero il gran cimento». l’interpretazione non solo del romanzo, ma di tutto il percorso nar-
Si concentra sulle analogie con Conrad e sulla funzione stru- rativo di Cialente:
mentale del protagonista Marco Forti («La Gazzetta di Parma», ot-
tobre 1953),76 mentre è «Belfagor» (IX, 1954) a chiudere la rassegna AVVERTENZA
della critica con un articolo di Sergio Antonelli77 dedicato princi-
palmente al sistema dei personaggi: con l’eccezione di poche figure Cortile a Cleopatra porta la data del 27 aprile 1931, ma fu pubblicato
emergenti, tutte le presenze del cortile si risolvono in interminabili solamente nel 1936. Nel riconsegnare alla stampa questo libro che mi
ritornelli, iterazione invariata di tratti fissi (fisici e caratteriali) fon- è particolarmente caro, come sono i figli dei quali si pensa che non
damentali. hanno avuto la sorte che meritavano, mi sembra opportuno indicarne
Il prestigioso giudizio di Cecchi («Caro e Gentile Maestro» lo le date all’attenzione del lettore, benché siano di per se stesse eloquenti.
chiamerà Cialente negli anni successivi) costituisce la premessa di Nella storia di Marco, dei suoi amori e peccati, scritta fra le due guerre
un’attenzione critica del tutto inedita per l’autrice, per la prima dopo circa dieci anni di permanenza in Egitto, avevo creduto di espri-
volta presentata al pubblico come scrittrice italiana di talento, in- mere la mia insofferenza per una terra, un clima e una gente che mi
giustamente punita da un lungo oblio. Il prolungato silenzio del sembrava di non amare affatto; mentre il tempo mi ha rivelato che se
romanzo non sembra aver però pregiudicato la tenuta stilistica e ho scritto il Cortile è stato proprio perché amavo quella terra, quel cli-
l’equilibrio compositivo delle origini. «Il Cortile […] non avrebbe ma e quella gente, e di tutto ciò porterò oramai, per sempre, un’in-
bisogno che di qualche ritocco – mi pare»,78 aveva scritto Cialen- guaribile nostalgia. Non ho voluto alterare la freschezza originale del
te nei suoi diari quando, nel 1942, la prospettiva di una nuova racconto e vi ho portato solo lievi ritocchi; come non ho acconsentito a
pubblicazione sembrava quanto più remota e improbabile. Il raf- mutarne il titolo, benché per chi non sappia che Cleopatra è un sobbor-
fronto sistematico fra le due edizioni del testo (Corticelli/Sansoni) go di Alessandria d’Egitto esso possa riuscire inconsueto, come accadde
dimostra quanto fosse corretta la sua impressione: il volume del già la prima volta.
1953 non presenta che minime variazioni rispetto alla scrittura Il tempo trascorso fra la prima e la nuova edizione è tale che molti
originale, mentre la data del 27 aprile 1931 (mantenuta in calce dei luoghi qui descritti non esistono più. Da quando Marco sbarcò in

78 79
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO La Resistenza e il lungo dopoguerra. Dagli anni quaranta agli anni sessanta

Egitto, dopo la prima guerra mondiale, l’asfalto ha divorato le grandi


2.3 Il ritorno del romanzo. Da Ballata levantina (1961) a
spiagge solitarie e il lago di Hadra è stato prosciugato: da un pezzo i
Un inverno freddissimo (1966)
soldati inglesi non abitano più le caserme di Mustàfa; e la giovane ge-
nerazione non ricorda nemmeno che siano esistite, nell’antica strada Nella storia letteraria italiana gli anni sessanta iniziano nel segno
di Porta di Rosetta, le Galeries Lafayette. Gli anni e l’ultima guerra han- dei primi tre grandi best seller del dopoguerra: il caso editoriale del
no stravolto la fisionomia delle sabbie vergini con i dattolieri sepolti a Gattopardo (1958),79 il vincitore del Premio Strega La ragazza di Bube
metà fusto, e si è perduto anche quel molle ritmo di vita tra levantino (1960)80 e del Premio Viareggio Il giardino dei Finzi-Contini (1962).81
e coloniale. Tre romanzi che testimoniano l’avvenuta trasformazione del mer-
Mi sembra di ricordare di aver affermato in qualche altra occasione che cato del libro e delle grandi case editrici, capaci di superare e anti-
il compito del narratore, a mio vedere, è anzitutto quello di rappre- cipare il dibattito critico con prodotti di forte attrattiva commer-
sentare. Un libro che si apre è come un sipario che si alza: i personaggi ciale e, insieme, di alto valore letterario. Tre romanzi che, secondo
entrano in scena, la rappresentazione comincia. la definizione elaborata negli stessi anni da Italo Calvino, «in un
Fausta Terni Cialente momento di prospettive storiche incerte» scelgono la strada del «ri-
piegamento dell’epica nell’elegia, […] ossia nell’approfondimento
Esigenza dell’autrice è fissare i riferimenti spaziali e temporali della sentimentale e psicologico in chiave di malinconia».82 L’esaurimen-
sua scrittura, definire coordinate e prospettive. Se l’avversione per to del neorealismo e la comparsa di nuove tendenze di gusto lascia-
una terra straniera coincide con l’origine della narrazione, la revi- no spazio all’emersione di uno sguardo decadente, volto a recupe-
sione del testo si accompagna alla consapevolezza di aver fermato rare il senso raffinato e dimesso di un passato altrimenti cancellato
sulla pagina l’immagine di un mondo segretamente amato e rim- dalla Storia.
pianto. Cortile a Cleopatra diventa così un cronotopo di bachtinia- In questo nuovo clima che, nonostante le suggestioni di una
na memoria, uno spazio-tempo che si risolve nella combinazione prosa poetica e intimista, non dimentica le istanze morali della
di luoghi e anni perduti per sempre, trattenuti nell’artificio della passata esperienza antifascista, si può collocare il ritorno al roman-
parola e resi riconoscibili (quindi nuovamente significanti) solo zo di Fausta Cialente. Pubblicata nel 1961, la sua Ballata levantina
se rintracciati da lontano. La trasformazione di spazi e abitudini risponde in massima parte alla categoria calviniana della letteratu-
misura lo scarto fra esperienza e memoria, affida alla scrittura il ra contesa fra «l’elemento epico e tragico, di tensione morale che
compito di rendere nuovamente visibile, di mettere in scena que- la Resistenza ha rappresentato nelle esistenze individuali e nella
sta distanza. Una distanza che riconosce come criticamente signifi- storia collettiva, e l’elemento lirico, elegiaco del tempo che tut-
cativo quanto era già insito, ma implicito, nella composizione del to seppellisce, addormenta, cancella».83 Che sia, come nei casi di
testo: la disposizione del racconto secondo l’ordine della rappre- Bassani e Cassola, «il secondo elemento il vero vincitore», è più
sentazione drammatica, della convenzione teatrale. Quello spazio difficile da stabilire, tanto per la complessità della struttura e del
che gli anni hanno così profondamente mutato rivive come palco- discorso ideologico che alimenta il testo, quanto per la condizio-
scenico nel momento in cui si alza il sipario, svelando in una sola, ne di partenza che ne caratterizza la composizione: se per tanti
rarissima per l’autrice, dichiarazione di poetica la costante delle narratori contemporanei l’occasione autobiografica e la fedeltà al
sue invenzioni narrative: la vocazione per la spettacolarità della proprio immaginario coincide con il ripiegamento in un angolo
parola poetica, la sensibilità per la messa in scena delle azioni, dei di provincia italiana, per Cialente il ritorno nei luoghi e nei tempi
personaggi, degli ambienti, la pratica della scrittura come rappre- della memoria individuale significa confrontarsi con un contesto
sentazione. «Un libro che si apre è come un sipario che si alza», extranazionale e multiculturale.
il romanzo non è una forma chiusa, statica, singolare: è un’arte Recuperando oltre mezzo secolo di storia (dagli ultimi decenni
performativa, un’esecuzione che ogni volta, in modo diverso e ine- del XIX secolo alla fine della Seconda guerra mondiale) Ballata le-
sauribile, comincia. vantina ricostruisce l’estremo splendore e la definitiva sconfitta del
levantinismo in Egitto, realtà molteplice per confini, prospettive,

80 81
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

vere», assesta numerosi e diffusi ritocchi a una costruzione che con- lo, mettendo a rischio e forzando tutte le norme della loro piccola
tinua a reggere sulla stessa struttura. Dopo mezzo secolo di silenzio società.
il romanzo d’esordio ripaga la «curiosità» dell’autrice e «tiene» a L’esibizione del modello di riferimento coincide con la sua dis-
dispetto delle sue forzature, delle cadute di ritmo e dei piccoli cedi- sacrante decostruzione e con la trasgressione del suo sistema ideo-
menti stilistici. La radicalità del suo esperimento continua a parlare logico. In primo luogo, risulta invertito il baricentro simbolico del
per i lettori dell’ultimo Novecento: «Un testo che risente della giovi- testo, per cui il percorso di Marco è orientato non verso la crescita
nezza della scrittura non necessariamente è un testo invecchiato».78 adulta (trovare una moglie) ma verso la regressione infantile (trova-
re una madre), non verso l’integrazione ma verso l’esclusione dalla
1.2 Cortile a Cleopatra vita associata.
La soluzione scelta da Cialente dimostra la familiarità con le più
Il secondo volume di Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra (1936), recenti interpretazioni novecentesche del romanzo di formazio-
conclude la riflessione sul romanzo di formazione, assunto come ne, familiarità che le permette di elaborare il suo personaggio sul
modello formale di riferimento e codice enunciativo per la rappre- modello dei grandi scrittori europei (tra gli altri London, Conrad,
sentazione di un preciso contesto storico-geografico. Alain-Fournier, letti e amati dall’autrice) che nei decenni preceden-
Come previsto dalla tradizione del genere, protagonista della ti avevano rovesciato le premesse positive del genere in racconti
vicenda è un giovane connotato dai caratteri di mobilità e avventu- dagli esiti eversivi e rovinosi.
ra, definito da una condizione spirituale irrequieta e rappresentato Determinante per la costruzione del testo, il rapporto con il ge-
nel momento della sua iniziazione sentimentale e sociale. Si tratta nere non risolve tutte le specificità dell’opera. In Cortile a Cleopatra
del ventenne Marco, cresciuto in Italia ma costretto, dopo la morte la scelta di dialogare con una precisa e riconoscibile tradizione si
del padre, a partire per Alessandria d’Egitto alla ricerca della madre combina con la personale ricerca di una definizione stilistica nuova
greca. Nel sobborgo di Cleopatra, dove si stabilisce insieme alla sua e di una forma romanzo estremamente complessa (tanto più matu-
scimmia Beatrice, convive con gli altri abitanti di un piccolo cortile, ra rispetto alla vicina esperienza di Natalia), in cui convivono sug-
una comunità variegata per condizione sociale, lingua e religione. gestioni autobiografiche, modelli culturali alternativi e differenti
Di Marco si innamorano la povera Kikì (figlia di un caffettiere italia- strategie discorsive.
no e di una donna araba), la bella Dinah e la matura Eva, rispettiva- Da un punto di vista strutturale il racconto gravita intorno
mente figlia e moglie di Abramino, ricco pellicciaio ebreo. Inizial- all’assunzione del microcosmo spazio-temporale del cortile, di-
mente fidanzato con Dinah, Marco viene costretto dalla famiglia mensione su cui si articola il ritratto dell’Egitto levantino all’in-
della ragazza a lavorare come aiuto pittore per Francesco, artigiano domani della Prima guerra mondiale. Il romanzo combina una
italo-maltese, poi a impiegarsi nella bottega di Abramino. Incostan- serie di elementi di stabilità e unità (la scansione lineare e coerente
te nel suo affetto per Dinah, completamente disinteressato alle pro- del tempo, la combinazione di un numero estremamente ridot-
spettive di un avvenire economicamente sicuro, insofferente a ogni to di funzioni narrative, la presenza di un narratore esterno) con
obbligo e legame, il ragazzo seduce Eva. Mentre la donna sceglie il una propensione alla polifonia e alla molteplicità della scrittura.
suicidio pur di non convivere con il rimorso e la vergogna, Marco Dominante sul doppio binario della discontinuità e dell’ordine è
fugge dal cortile verso l’ignoto entroterra africano. l’intelligenza visiva dell’autrice, un’istanza enunciativa che impo-
L’intero romanzo funziona su una sola idea, un solo meccani- ne l’esercizio dello sguardo come circostanza determinante di una
smo narrativo che deriva direttamente dalla rielaborazione degli narrazione che vuole mostrare ciò che è, costruire non un discorso
schemi espositivi del romanzo di formazione: la storia inizia quan- ma una rappresentazione. Nella prosa di Cialente questa attenzione
do un ragazzo (abbandonato da tutti e senza un posto nel mondo) alla realtà figurativa del mondo convive con una profonda sensi-
attraversa lo spazio di una comunità organizzata; finisce quando bilità per il simbolo, per il potere di significazione più nascosto e
l’estraneo si allontana, per non fare più ritorno. Durante il suo pas- implicito del reale.
saggio i membri del gruppo cercheranno di trattenerlo e di cambiar- Rispetto al piano tematico del racconto, la vicenda è dominata

218 219
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

dalla figura totalizzante di Marco, protagonista che determina tutte (rispettivamente 91, 64, 55 e 78 pagine) riflettono l’alternarsi delle
le linee dell’intreccio e le tensioni fra i personaggi. Al carattere di stagioni e funzionano come coordinate temporali di riferimento.
immaturità, che è prescritto dalle norme del romanzo di formazio- Nel quadro di questo ordinamento generale, l’osservazione dei dati
ne, Cialente associa altri elementi di estraneità (etnica, culturale, estrinseci del testo rivela una decisa libertà nella disposizione del
linguistica, religiosa) che riflettono le condizioni del contesto sto- dettato narrativo. All’interno delle scansioni principali sono infatti
rico rappresentato. In questo modo la semplice alterità anagrafica distribuite 55 unità di scrittura (13 nella parte I, 17 nella II, 10 nella
(essere giovane in un mondo di adulti) si complica in una radicale III, 15 nella IV) non numerate e separate tipograficamente da spa-
diversità che mette in discussione i principi di convivenza di tutta zi bianchi. La rinuncia al controllo intermedio dei capitoli mette
la comunità. È il grande tema del diverso, già annunciato nel desti- immediatamente in relazione la macrostruttura delle quattro parti
no deviato di Natalia, qui esteso e articolato in una pluralità di co- con l’articolazione minima delle 55 unità di scrittura, marcatori sti-
dici culturali che coinvolge ogni aspetto della società e dell’indivi- listici irregolari per durata (da due righe a trenta pagine), funzione
duo. Marco, personaggio di ricerca e di abbandono, solare e tragico, diegetica e rapporto con le unità vicine: possono coincidere con le
rappresenta una solitudine assoluta e incolmabile, una lacerante sequenze narrative, interromperle o contenerne più di una, deter-
condizione di esilio che si sostituisce alla costruzione-accettazione minando vari effetti di ritmo (sospensione, accelerazione, ellissi),
di ogni possibile identità. montaggio (scarti temporali, spaziali e prospettici) e tono (enfasi
Attraverso l’incursione di Marco, l’universo multietnico del Le- drammatica o ironica).
vante viene interrogato a partire dalle radici dei suoi codici cultura- Sul piano dei contenuti, lo schema compositivo del romanzo
li, da quella contaminazione di costumi e linguaggi che investono può essere riassunto nella combinazione di cinque funzioni fon-
l’esperienza della scrittrice. Dopo dieci anni di vita in Egitto, davan- damentali relative alle azioni subite o compiute dal protagonista
ti all’accumulo di stimoli del mondo levantino l’autrice torna alle rispetto ai personaggi del cortile e alle figure “alleate” di Kikì e Fran-
formule del racconto mitico, condotto secondo la parabola univer- cesco, debole surrogato della figura paterna:
sale della colpa, della maledizione e dell’espiazione. Il romanzo ap-
pare così puntellato di immagini evocative e simboliche, espressio- 1. mancanza iniziale
ni profetiche che utilizzano i diversi linguaggi culturali del cortile 2. persecuzione
per annunciare l’esito finale della vicenda. 3. inerzia (distrazione)  4. condivisione
Il mancato percorso di formazione di Marco risulta quindi in- 5. reazione (violazione, tradimento, abbandono)
trecciato con un doppio immaginario e una duplice strategia nar-
rativa: da un lato la documentazione realistica, storicamente e La perdita del padre e la ricerca del materno costituiscono la condi-
geograficamente connotata, di una particolare classe sociale nel zione di mancanza iniziale di Marco (funz. 1), una patologia dell’a-
contesto dell’Egitto colonizzato; dall’altra l’esibizione del contrasto nimo che lo definisce in tutti i suoi comportamenti e lo condanna
fra identità religiose e culturali diverse, esposte nella formula ance- all’esclusione dal nucleo sociale del cortile. Rispetto all’alienazione
strale di una storia senza tempo, che riflette sulle radici più lontane passiva del protagonista, gli altri personaggi intervengono con un
del racconto e della rappresentazione. atteggiamento persecutorio (funz. 2) allo scopo di costringere il ra-
gazzo dentro codici di comportamento normalizzati che orienti-
1.2.1 Unità e molteplicità del romanzo no la sua affermazione professionale (il tirocinio presso il pittore
Francesco), familiare (l’ufficializzazione della relazione con Dinah)
Alla maniera dei grandi romanzi europei del secolo precedente, Cor- e sociale (l’ingresso nella bottega del futuro suocero quale erede ri-
tile a Cleopatra organizza la sua materia in diverse parti (quattro), conosciuto di una dinastia di mariti-padri-imprenditori):
identificate da un titolo e dotate di una solida autonomia narrativa.
Rispetto a un intreccio che si risolve nel corso di un anno solare La riprovazione di tutti, l’esempio del savio cugino Clément, le parole
(da maggio ad aprile), i quattro movimenti di consistenza variabile giudiziose di sua madre e di Abramino, gli avevano fatto mettere radici

220 221
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

nel maledetto cortile a Cleopatra. Aveva finito […] per fare proprio quel- Fu Clément a precipitare gli eventi che l’umidità e la spossatezza cristal-
lo che non avrebbe mai voluto fare, cioè si era trovato un «maestro».79 lizzavano dentro un giro chiuso di giorni eguali.82

Il guaio più grosso era ancora che, adesso, la gente del cortile lo tor- […] Il cortile navigava sopra un fianco ed era quello della casa di Abra-
mentava perché guadagnava troppo poco e gli consigliava di cercarsi, mino: la morte di Spiro aveva dato lo squilibrio.83
dopo il tirocinio da Francesco, un lavoro più importante, più duro na-
turalmente, ma dal quale avrebbe ricavato guadagni lautissimi. Invece Così la sequenza persecuzione-inerzia/condivisione impone al
Marco sentiva di aver fatto lo sforzo massimo e si adagiava nella nuova romanzo uno sviluppo ciclico, scandito in tre blocchi narrativi e
inerzia, inquieto all’idea che la gente scoprisse quanto poco faceva per caratterizzato dalla coincidenza fra le azioni di persecuzione (che
giustificare la misera paga.80 innescano nuovi sviluppi della storia) e le partizioni principali del
testo. A margine si articolano i motivi della mancanza e della viola-
I ripetuti esercizi persuasivi nei confronti di Marco si risolvono zione, elementi speculari di una cornice che restituisce le premesse
in un’apparente remissività: il ragazzo accetta la «mite schiavitù» (Parte I) e l’esito (fine Parte IV) del meccanismo narrativo centrale:
dell’apprendistato da pittore, del fidanzamento, del commercio di
pellicce, risolvendo la propria insofferenza in uno stato di sempre mancanza iniziale
«nuova inerzia» (funz. 3): «Si sentiva incapace di fare altrimenti: I blocco narrativo:
egli aveva Dinah, la benevolenza dei pellicciai, e da dormire e da persecuzione (inviti a trovare un lavoro)  inizio Parte II
mangiare».81 Immerso nella sua mite inquietudine, Marco risulta inerzia (la bottega di Francesco e gli incontri con Dinah)
incapace di contrapporre alle pressioni subite un comportamento II blocco narrativo:
coerentemente eversivo: è nella sua natura cedere alle condizioni persecuzione (proposta di Clément)  metà del romanzo
di necessità, abbandonarsi agli esiti combinati del caso e delle deci- condivisione (amicizia con Francesco)
sioni altrui. Il carattere del protagonista determina continui effetti inerzia (bottega del pellicciaio)
di distrazione rispetto al corso dell’intreccio, una perpetua sospen- III blocco narrativo:
sione della storia che sembra, a più riprese, destinata a non rag- persecuzione (conseguenze della morte di Spiro)  fine Parte III
giungere mai una conclusione. Se le sorti della vicenda dipendes- inerzia (fidanzamento – bottega del pellicciaio)
sero esclusivamente dalla volontà dell’eroe, gli incontri segreti con condivisione (amicizia con Kikì)
Dinah e le giornate di ozio nella bottega di Francesco potrebbero violazione e fuga
continuare per un tempo indefinito (Parte II), così come potrebbe
trascinarsi la routine delle pellicce e degli shabbat in famiglia (Parte In questo impianto complessivo, la prima parte del romanzo è co-
III e IV). Da un punto di vista narrativo, la distrazione si manifesta struita in funzione di lungo prologo e presenta una serie di specifici-
nel rallentamento della trama principale (la storia d’amore fra Mar- tà formali legate al trattamento della materia e del tempo narrativo.
co e Dinah) e nella disponibilità all’ingresso di nuove figure, spazi, Marco è sorpreso addormentato in un pomeriggio di maggio84 e l’a-
itinerari. In queste deviazioni dell’intreccio si inseriscono le figure zione si conclude la notte del giorno successivo, secondo un’insisti-
di Kikì e Francesco, gli unici capaci di condividere (funz. 4) l’aliena- ta concentrazione temporale e spaziale che si realizza in 8 diverse
zione spirituale di Marco agendo in funzione di guida-confidente (il sequenze narrative:
pittore) e di complice (la ragazza).
La soluzione alla condizione di stasi interviene dall’esterno nel- 1 (pp. 9-29) Nelle prime ore del pomeriggio l’arrotino passa ad
la forma delle pretese sentimentali e patrimoniali di Clément, che affilare i coltelli nelle case del cortile, dove Marco dorme e sogna
compromettono i due innamorati clandestini, e della morte del vi- all’ombra del fico. Lo svegliano le voci di Polissena, Dinah e Hai-
cino di casa Spiro, che addensa intorno a Marco tutte le forze ostili ganùsh. Scoppia un breve litigio, poi Dinah invita Marco a pranzare
del cortile annullando anche l’ultima possibilità di convivenza: nella sua cucina. 2 (pp. 29-55) Uscito dalla casa di Dinah, Marco

222 223
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

raggiunge la spiaggia e si siede a guardare il mare. Ritorna agli epi- sonno nella sua stanza) sono accompagnate dal ricordo dell’infan-
sodi della sua infanzia in Italia negli anni della Grande guerra: il la- zia e del viaggio in Egitto, dalle riflessioni sul cortile e i suoi abitanti:
voro e la vita con il padre pittore, la partenza per l’Egitto alla ricerca unità di ampio respiro che, nonostante la loro estraneità al modo e
della madre Crissanti, l’arrivo ad Alessandria. 3 (pp. 55-63) Il pome- al contenuto principale del racconto, non introducono variazioni
riggio avanza. Marco passeggia lungo la spiaggia di Ibrahimieh. Sa sostanziali rispetto alla temporalità della storia. Nella prima parte
di non poter rientrare perché sua madre è in chiesa e ha certamente del romanzo il presente delle azioni scorre infatti regolare, immune
chiuso tutte le porte. Il pensiero di Crissanti introduce una catena da accelerazioni ed ellissi (a esclusione delle poche ore che dividono
di immagini e riflessioni: si alternano per libere associazioni perso- la partita a dama dalla scoperta del sangue), articolato in una serie
naggi, situazioni e gesti quotidiani del cortile. 4 (pp. 63-69) Il sole di scene montate senza l’intermezzo di sommari, con un solo caso
è tramontato, Marco torna verso casa. Il tragitto da percorrere gli di variazione nella successione cronologica del racconto: la sequen-
ricorda la sera del suo arrivo nel cortile e l’incontro con la madre za nella stanza di Marco (segmento narrativo 7) anticipa il flashback
e i suoi vicini. 5 (pp. 69-76) Marco trova il cortile deserto e buio, della giornata di festa appena conclusa. Tutti gli altri casi di apparen-
nessuno è rientrato dalle passeggiate o dalle preghiere serali. Cam- te alterazione nell’ordine e nella frequenza delle azioni sono neu-
mina verso il villaggio di Sidi Gaber fino alla baracca del caffettiere tralizzati dalla focalizzazione sull’atto rammentativo del personag-
Armando dove incontra l’amica Kikì, figlia del proprietario, gioca a gio. Evidentemente la regressione agli anni del pittore Alessandro
dama e infine ritorna verso il cortile. 6 (pp. 76-86) All’alba dal ter- (segmento narrativo 2) introduce un tempo precedente all’avvio
razzo di Abramino cola il sangue del montone ucciso dallo sciohet. della storia, così come la dimensione iterativa della vita quotidiana
Crissanti, cristiana ortodossa, teme che il sangue vicino alla porta nel cortile (segmento narrativo 3) esprime un presente sospeso e
di casa sia portatore di sventura: nel cortile scoppia l’ennesima lite. privo di profondità,85 ma si tratta di movimenti narrativi integrati
Marco raccoglie della sabbia per asciugare il sangue, poi rientra nel- nel discorso diegetico, prodotti dall’attività del personaggio e non
la sua stanza. 7 (86-94) La sera dello stesso giorno. Marco siede vici- dalla manipolazione del narratore. L’esercizio della memoria (riser-
no alla finestra e rievoca la giornata appena trascorsa passeggiando vato quasi esclusivamente alla figura paterna) e del giudizio (sulle
fra i banchi della festa araba nel villaggio di Sidi Gaber e poi, nel relazioni nel cortile, sui diversi comportamenti di Kikì e Dinah) è
pomeriggio, lungo il Lago di Handra e i canali navigabili che porta- una delle azioni principali di Marco, dotata come ogni altro gesto
no al Nilo. La sera, tornando verso il cortile, pensa alle due ragazze di un inizio, una durata e una fine, radicata del tempo del racconto:
che abitano le sue giornate: la ricca e capricciosa Dinah, figlia di mentre il ragazzo è immerso nei suoi pensieri si consumano le ore,
Abramino, e Kikì, povera, silenziosa e diffidente. 8 (94-100) Marco è si attraversano distanze, il sole tramonta, la città si allontana, la
ancora nella sua stanza (la situazione di p. 86) a tarda sera. Abrami- storia va avanti. La successione degli eventi non si interrompe per
no visita la casa di Crissanti e le offre, come segno di conciliazione, recuperare altre temporalità, il narratore registra in diretta i processi
una coscia del montone che era stato oggetto della lite. Marco si associativi della coscienza del personaggio evitando effettivi scarti
addormenta ascoltando i rumori della spiaggia. nella cronologia delle sequenze. Il tempo dell’infanzia in Italia e
della vita quotidiana nel cortile resta fuori dalla scansione crono-
Il sonno di Marco introduce e conclude la porzione più ampia del logica del racconto, mentre la sola dimensione esplorata è il tempo
testo (che ripete il titolo del volume «Cortile a Cleopatra»), tanto che impiega Marco a ricordare episodi, comparare figure, ricostruire
densa dal punto di vista tematico quanto esile rispetto alla logi- immagini. Dietro l’effetto di una temporalità frastagliata e prospet-
ca funzionale della storia. A eccezione dell’arrotino e del sangue di tica, si cela la coerenza di un avanzamento singolativo e progressi-
montone, uniche situazioni determinanti per lo sviluppo successi- vo, capace di armonizzare la pluralità delle percezioni e delle realtà
vo della vicenda, il resto delle novanta pagine iniziali è dedicato alla coinvolte in un solo ininterrotto enunciato.
sapiente alternanza di catalisi riflessive e memoriali, determinate La continuità del narrato, caratteristica della prima parte del ro-
dall’assoluta egemonia del personaggio principale. Buona parte del- manzo, è affidata alla ricchezza e versatilità dello stile che fa un uso
le azioni di Marco (le passeggiate, il ritorno verso casa, l’attesa del estremamente libero, fra le altre, delle soluzioni verbali. Ai tempi

224 225
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

narrativi si oppone un insistito ricorso al presente, scelta formale assumendo insieme un valore narrativo-denotativo («Ruzzola in
che evidenzia, nella diversità delle ragioni e degli esiti, l’autonomia terra e si apre la fronte») e un valore durativo («Gli anni passano»).
con cui la scrittrice modula le formule del racconto. Dominante Altrove, in coincidenza con la scansione delle unità di scrittura, la
nei passaggi riflessivi e descrittivi, il presente indicativo determina fenomenologia del verbo rafforza lo scarto temporale dell’ellissi:
l’atemporalità delle situazioni ripetute, scandisce il ritmo dei gesti
quotidiani sorpresi in una successione di istantanee (cfr. sequenza Nel cortile le donne continuavano a gridare benché la sabbia avesse
narrativa 3). In molti dialoghi e discorsi riportati interviene invece asciugato il sangue del montone alle radici della zucca. Haiganùsh ave-
a segnalare gli a parte dei personaggi: va lavato i suoi coltelli affilati di fresco, li aveva messi ad asciugare sul
gradino della porta dove sembravano dire splendenti al sole collera,
[Haiganùsh] Si scrollava, come una pantera, e diceva – Lui! – come fosse invidia e arroganza.
un insulto. Desolata, la figlia del pellicciaio sapeva che non avrebbe po-
tuto salvare niente e nessuno. (Quel torrente, lo conosce. Eccola che co- Ora il calzolaio non è più seduto in riva all’acqua e dalla finestra ancora
mincia, c’è da augurarsi che Marco stia zitto e sordo, così finirà prima).86 aperta sul mare entra l’oscurità, entrano le zanzare, i moscerini, le pic-
cole farfalle notturne e grigie che frullano nell’aria in silenzio. Stanco
Nelle pagine dedicate all’infanzia di Marco le diverse soluzioni ver- Marco siede al buio vicino alla finestra.88
bali distinguono i ricordi più lontani e più cari:
Qualità e distanza delle azioni, posizione e funzione degli episodi,
Ma poi c’erano quegli altri ricordi, lontanissimi, a cui egli s’attaccava punti di vista e focalizzazione: il comportamento del tempo verbale
angosciosamente, ora come nei giorni della morte di suo padre, quando non sembra vincolato a nessun parametro narrativo, dimostrando
aveva sentito che il vivo dolore li respingeva e li sbandava […]. Durante una continua disponibilità alle più diverse esigenze espressive. In
le notti di febbre così lunghe e faticose il bambino si svegliava d’im- questo modo all’insistita unità dell’azione, risolta in poco più di 24
provviso tutto in sudore […]: il suo petto era oppresso, la bocca pastosa ore ma complicata, sul piano tematico-funzionale, dall’incursione
e non si accorgeva di gemere, forse di piangere; ma ecco che il gigante della memoria e dell’immaginario, corrisponde un trattamento sti-
si alza, i suoi gesti incontrano un’aria densa, su la parete la sua ombra listicamente significativo della morfologia verbale, indice di una
diventa enorme e si mette a girare la pappa di lino nella casseruola, il- costruzione formale tanto ricca da non conoscere uguali nel resto
luminato a barbagli da una luce misteriosa che non si sa di dove venga. del romanzo.
Il sonno gli fa curvare le larghe spalle; s’avvicina al letto, le sue grandi Il presente indicativo introduce anche la Parte II, transizione
mani fumano. Ha tanta pazienza quando il bambino strilla e gli asciuga connotata dalla continuità dell’elemento spaziale del mare:
i mocci. Giorni di sole in campagna sotto i platani in riva a uno stagno,
oche smorfiose vengono a prendere nel becco la mollica di pane, una Egli dorme beato, tuffato nel fresco come dentro il mare, disceso a picco
stagione al mare in casa di pescatori: lui a cavalcioni su la spalla del con il suo letto, le onde che gli passano dolcemente sul corpo gli fanno
gigante e per farsi ombra sugli occhi e guardare le barche all’orizzonte, fare una verde altalena insieme ai delfini e ai pesci volanti e si rompono
abbandona il ciuffo di capelli di quella grossa testa, ruzzola in terra e si sulla sua faccia riempiendogli la testa di bianche spume.89
apre la fronte battendola sopra una pietra aguzza. Pallido, suo padre,
quel giorno. Gli anni passano e per le lunghe camminate il bambino PARTE SECONDA
scende pian piano il fianco del buon gigante: da la spalla sulla schiena,
poi a terra, ma per mano.87 Il vento di mare che si alza in primavera dopo il hamsin diventa fisso
verso la metà di giugno, umido e fresco dura tutta l’estate. In settembre
Annullati i criteri di ordine e ripetizione degli eventi, il tempo pre- porta giù le prime burrasche europee, le mareggiate sono furiose, il cielo
sente intercetta un accumulo disordinato di immagini rielaborate si copre di grandi nuvole compatte e grigie come se dovesse piovere.
secondo la percezione unidimensionale della memoria infantile, Invece non pioverà fin verso la seconda metà di novembre e la calma

226 227
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

d’ottobre viene dopo la rinfrescata. Mare liscio, vapori nell’aria, cielo Il progresso cronologico del testo assume come primo referente l’e-
turchino. All’alba la terra è scura, l’asfalto suda l’umidità della notte, gli sperienza particolare del paesaggio nordafricano, trasferendo sul-
alberi grondano: ma il caldo durante il giorno è opprimente. le coordinate temporali del racconto un senso di spaesamento e
Agosto e settembre sono i mesi dei saporiti manghi, ottobre quello delle di scoperta. La condizione di Marco, costretto a rinunciare ai suoi
escte, grazioso frutto che somiglia a una tenera pigna verde ed è pieno di riferimenti abituali per decifrare, riconoscere e associare le trasfor-
una crema bianca, dolcissima e profumata […]. mazioni di una realtà del tutto estranea, riflette l’investitura auto-
biografica del personaggio e il richiamo a strategie di adattamento
Marco, infelice, aveva veduto passare le stagioni. Luglio si faceva rico- verificate in prima persona dall’autrice.
noscere dai gelsomini selvatici che profumavano i crocicchi solitari nei Rispetto alla fissità dell’incipit, nelle parti II e III il romanzo si
vecchi quartieri europei di Bulkeleu e di Bacos.90 attesta sulla tradizionale alternanza di scene e sommari (cui corri-
sponde la consueta scelta di passato remoto e imperfetto, con rare
L’unità (simbolica e topica) dello spazio incontra la pluralità del incursioni del presente) che modulano la velocità del racconto con
tempo, che interrompe la densità delle ore per sostituirla con il ampio ricorso a ellissi e accelerazioni stilisticamente emergenti.
passaggio sfumato dei mesi. Il corpo centrale del testo registra una L’andamento della storia cambia ancora con l’inizio claustrofobico
decisa dilatazione della cronologia: la Parte II (intitolata I fidanzati e straniante della Parte IV (intitolata Finale), serrata in un interno
solo dalla seconda edizione) corrisponde al periodo estivo; la Par- domestico che ribalta il protagonismo del paesaggio alessandrino:
te III (La bottega del pellicciaio) impegna l’intervallo fra settembre e
gennaio: «Beatrice s’ammalò verso la metà di settembre […]. Marco Haiganùsh stava in piedi, le forbici aperte infilate nelle dita, e Dinah
riconosceva anche quella stagione e stava per dimenticare l’autun- guardava, pensierosa, spingendo il ditale contro la guancia, la pelliccia-
no europeo».91 ia che teneva gli spilli in bocca stringendo le labbra per non farli cadere,
Il marcatore temporale dominante è il paesaggio egiziano, il suo ogni tanto ne prendeva uno e lo appuntava in una stoffa rosa piegata in
clima, i suoi colori: l’interpretazione dei fenomeni atmosferici e le doppio sulla tavola: sembrava che volesse tracciare un disegno.94
manifestazioni della natura funzionano come indicatori stagiona-
li e rispondono a un atteggiamento contemplativo-deduttivo che La scena del cucito, culminante nella prima visione della donna-
tende a coincidere con il punto di vista del personaggio: scimmia, introduce l’epilogo del romanzo e impone una diversa
scansione, insieme onirica e mondana, del tempo narrativo. Il rac-
Passarono molti giorni lunghi e caldi [da metà luglio], il vento era fiacco conto procede per tre settimane interessando quasi esclusivamente
e moveva appena la testa dei dattolieri. Nei giardini fiorivano le corolle i giorni di festa (venerdì-domenica), in cui Marco organizza segre-
fiammeggianti dei giaggioli rossi e nelle ceste dei fruttivendoli compa- tamente le gite con Kikì (pp. 227-243 al Mariùt; pp. 253-259 nel
rivano i fichi verdi di Sidi Gaber, spaccati, l’uva gonfia e trasparente che deserto di Siu
sembra di cera.92 f; pp. 259-273 lungo la strada di Rosetta), e il lunedì in bottega,
giorno di rimpianto per la perduta libertà. Il personaggio misura in
Dopo Natale l’ibiscus aveva perduto quasi tutte le foglie verdi ma te- settimane la sua angoscia («Le settimane finiscono sempre in una
neva ancora in cima ai rami esili e lunghi, spampanati, i larghi fiori di domenica. La domenica bisogna sedere sul canapè, con la fidanzata
petali scarlatti che resistevano nei giardini battuti dal vento d’inverno. vicina»)95 determinata dal ripetersi opprimente di appuntamenti
Anche il pepe fioriva, di belle pallottoline rosse e olezzanti, l’arancio familiari, pratiche religiose, impegni lavorativi, in una percezione
selvatico aveva lasciato cadere i suoi frutti e le donne del cortile, cia- oppressiva del tempo che trova sfogo solo nel desiderio di rinno-
scuna dentro la sua casa e sprezzando la vicina, avevano fatto bollire le vare i gesti di evasione-distrazione («Egli desiderava subito, la sera
marmellate, avvoltolato le mandorle fresche dentro le scorze candite e stessa, un’altra passeggiata»).96 Culmine di questa immobilità vizio-
negli armadi i vasetti d’arancio ora stavano vicino a quelli dei datteri in sa è un ulteriore rallentamento del racconto: nelle ultime 40 pagine
conserva. Marco era leggermente nauseato di vederne tanti.93 le vicende si concentrano in poco più di tre giorni (dal sabato di

228 229
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

quaresima alla notte fra lunedì e martedì), quasi a ricercare, in una mento del suo protagonista, figura passiva che osserva e attende, re-
struttura che si svela compiutamente circolare, il ritmo della parte stia a qualsiasi cambiamento di stato. Allo stesso modo, il romanzo
iniziale. raggiunge i suoi momenti migliori nella tendenza a spettacolarizza-
La tendenza alla dilatazione del tempo, enfatizzata nelle porzio- re le situazioni e gli eventi, riducendo al minimo la profondità delle
ni liminari del testo, rappresenta una costante stilistica del roman- azioni. Se la scansione cronologica della vicenda, fin qui illustrata,
zo. A dispetto di una variabile (e, in alcuni passaggi, decisamente resiste e si sviluppa nella sua coerenza, per tutto il testo si registra un
accelerata) velocità del racconto, la conduzione della storia sembra generale senso di straniamento, una ricorrente dilatazione tempo-
sempre tentata da effetti di appiattimento temporale, dalla scelta di rale indotta dalla vocazione massimamente descrittiva dell’autrice.
rappresentare circostanze e gesti nel segno della ripetizione e della Le azioni dei personaggi, che pure collaborano all’avanzamento
simultaneità: dell’intreccio, fungono spesso da pretesto per orientare la scrittura
verso nuovi scenari cronologicamente indefiniti, nuove combina-
Dopo le prime settimane egli [Marco] aveva imparato a tacere, ostile: ed zioni di luoghi e figure.
ora alla chiusura della bottega salutava i pellicciai nel vicolo mostrando
loro un viso che eludeva qualsiasi proposta di «fare la strada insieme». 1.2.1.1 Ordine del racconto, ordine dello spazio
Nella città indigena, verso i quartieri della marina e della dogana, là
dove egli s’era perduto una volta, ritrovava sempre quello che s’era ac- A dispetto di una scansione cronologica apparentemente rigorosa
corto di cercare nell’aria di tutti i giorni, cioè aria di giorno di festa. (suggerita anche dall’articolazione in parti), il racconto è tenuto in-
Laggiù i negozi sono illuminati con le grandi lampade a petrolio che sieme non tanto dalla successione nel tempo, ma dall’unità nello
fischiano come serpenti nell’aria densa di saporite fritture e i carretti spazio. Alla ricorrenza di sequenze acroniche corrisponde una forte
dei venditori portano in giro, arruffate dal vento, le torce fumose e lin- determinazione dei luoghi, la costruzione di un continuum spazia-
gueggianti. Conosceva adesso tutte le strade, quella dell’orafo che tiene le significante che organizza anche gli altri livelli del testo. A sugge-
in mezzo alla soglia come un piccolo feretro, la bacheca delle filigrane rire la centralità dell’elemento spaziale interviene, del resto, lo stes-
d’oro e d’argento, quella dei venditori di perle, la strada dei friggito- so titolo: il cortile si impone come luogo altamente semantizzato
ri, quella dei legnaiuoli, quella delle erbe e quella del ferrovecchio; le che instaura rapporti complessi, di mediazione e di trasfigurazione,
case diroccate e nerastre, con le musciarrabieh rosicchiate dai topi e gli con vari referenti della realtà rappresentata.98 Spazio che coincide
sporti dei magazzini dipinti a colori vivi. La folla, contenta, rumoreg- con la durata della storia (dall’arrivo di Marco a Cleopatra al giorno
gia, gira in tondo, si disperde nei vicoli tenebrosi, ritorna all’assalto, le della sua partenza), il cortile rappresenta la struttura fondamentale
donne arabe agitano i veli, e i bambini slittano nel fango, si picchiano, del romanzo, dimensione metaletteraria che, ponendosi come con-
s’insultano, rubano, scompaiono. La bottega dove sono accatastate le dizione stessa per l’esercizio narrativo, esaurisce al suo interno le
marmitte, le caldaie, le padelle di rame, con quei bagliori rossastri di bel vicende tutti i personaggi. L’inizio in medias res e l’assenza di profili
rame nuovo sembra che abbia preso fuoco; poi ci sono le carrette ferme biografici suggerisce che prima del cortile non c’è alcun passato da
lungo i marciapiedi o sugli angoli, del figurinaio che vende le figurine ricordare, nessuna vicenda personale da recuperare: i suoi abitanti
di zucchero, ballerine rosa e santoni verdi, cani color chiaro di luna e si lasciano sorprendere nel tempo iterativo del quotidiano, la loro
cammelli dorati, dentro un’apoteosi di ventaglietti di carta velina aperti storia è tenuta fuori dai margini di un racconto che inizia e termina
e rotondi che palpitano come farfalle agonizzanti alle correnti d’aria dei con una scimmia e un ragazzo. Dopo il cortile non c’è alcun futuro
vicoli.97 da indovinare e, venuto meno lo spazio che le faceva risuonare,
tutte le voci restano inascoltate: «Quegli urli disperati non li sentiva
Il progresso diegetico della storia è ritardato da lunghe parentesi più mentre seguiva la scimmia che camminava sempre, laggiù, e
mimetiche, il dire generalmente è subordinato al mostrare, molte ogni tanto si fermava, sedeva sulla spiaggia e annusava il mare».99
delle azioni risultano trattate come spettacoli e non come processi. Tutte tranne una.
Il racconto del narratore esterno appare contagiato dal tempera- Marco, che metterà in crisi l’equilibrio del cortile rifiutandone i

230 231
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

vincoli e i doveri, affermando la propria sorda incapacità di amare mime e brevi collisioni verbali che si alimenta della doppia funzio-
ed essere amato, è l’unica figura capace di evadere dalla categoria ne di ogni personaggio (insieme attore e spettatore) è chiarito fin
spazio-temporale dominante. La sua esperienza non si limita al dall’incipit del romanzo.
presente di Cleopatra, ma lo attraversa imponendo un prima e un Nella prima sequenza Marco viene sorpreso in scena, addormen-
dopo che trovano nel cortile il loro centro, non la loro soluzione. La tato. Tre figure femminili, dalle quinte di lato, guadagnano il pal-
sua condizione di nomade libero e insofferente si realizza nello spa- coscenico:
zio come nel tempo: Marco rinnega la geografia identitaria del cor-
tile e, insieme, l’illusione di un presente di benessere e sicurezza che Voci di fanciulle nell’aria, d’improvviso, vennero a placare tanto disor-
è continuamente assediato dal confronto con la propria memoria e dine: erano voci fresche che andavano e venivano da un muro all’altro
i propri desideri (quindi il proprio futuro). L’occasione del racconto del cortile quadrato e come fili tessevano per il suo sonno un cielo di
e tutto il suo meccanismo narrativo corrispondono all’impatto fra pace […]. Le fanciulle si parlavano da un balcone all’altro e quell’accen-
la mobilità (fisica e morale) del protagonista e la fenomenologia to est-mediterraneo non gli dispiaceva, nell’ora della siesta. Soltanto
statica, rigorosamente cronotopica del cortile, spazio della scrittura egli credeva di sognare e gli passò molto tempo prima di poter capire
e della rappresentazione. che Dinah, la figlia del pellicciaio ebreo, dal balconcino parlava alla
La concentrazione dei personaggi dentro le mura del cortile serva che stendeva il bucato sul terrazzo della casa […].
corrisponde all’impostazione esplicitamente teatrale del romanzo, Un’altra finestra, di faccia, s’aperse sbatacchiando le scolorite persiane
«Scandito in tre parti e un finale, che alludono alla scansione in veri contro il muro. (Ogni volta pezzi d’intonaco si staccavano e cadevano.)
e propri atti»100 a loro volta articolati in scene (le unità di scrittura Compariva Haiganùsh, la figlia del calzolaio armeno, che si lisciava con
isolate da spazi bianchi). La vocazione drammatica, per nulla risol- le palme i lucidi capelli neri divisi in mezzo da una riga bianca.102
ta nella struttura esterna del testo, riflette la condizione principale
dell’enunciato: «Teatrale è innanzitutto l’idea dello spazio chiuso Similmente all’elenco dei personaggi che introduce un testo teatra-
del cortile, dove, come su un palcoscenico, […] entrano e escono i le, Dinah e Haiganùsh sono sinteticamente introdotte secondo una
personaggi […]».101 Con il suo cancello malmesso (sottile, precario formula comune a tante figure della letteratura occidentale, da «Do-
proscenio, aperto verso una sorta di quarta parete), e le basse case rippa, moglie di Lisimaco» (Tito Maccio Plauto, Mercator) a «Rosaura
disposte frontalmente (ordini simmetrici di quinte da cui si muovo- vedova di Stefanello de’ Bisognosi e figlia del Dottore Lombardi»
no attori e comparse) il cortile è un palcoscenico. Teatrale è il modo (Carlo Goldoni, La vedova scaltra), fino a «Beatrice Florica, moglie
in cui i personaggi lo occupano, lo attraversano, si autorappresen- del Cavaliere» (Luigi Pirandello, Il berretto a sonagli): il loro nome
tano e riconoscono nel suo perimetro. Teatrali sono le relazioni, i è immediatamente seguito dal legame di parentela che ne garan-
movimenti e le posizioni reciproche, l’uso del corpo e della voce. tisce (o dovrebbe garantirne) l’identità e il riconoscimento sociale.
Nel cortile ogni gesto risponde allo spartito delle convenzioni sce- All’autrice, però, indicare che Dinah è la figlia del pellicciaio non
niche, degli spazi e dei gesti carichi di valori comuni, tacitamente basta: aggiunge che quest’ultimo è ebreo e non armeno come il cal-
riconosciuti. I personaggi sono per lo più ridotti a maschere, risol- zolaio, o greco come il suo inquilino. Società patriarcale e piccolo
ti nella ripetizione del loro carattere determinante e impegnati in borghese, quella del cortile, ma anche (e soprattutto) multietnica.
brevi variazioni sul tema etico, sociale, religioso, economico che Insieme alla formula del nome, il rapporto con lo spazio scenico
gli è stato assegnato: Abramino marito geloso, padre compiacen- appena conquistato segnala la diversa appartenenza sociale dei per-
te, commerciante cauto e superstizioso; Crissanti madre incapace sonaggi. Marco (vagabondo, disoccupato, orfano) siede al centro
di tenerezza, rinchiusa in una religiosità morbosa e avvilita; Spiro del cortile, nello spazio che appartiene a tutti e, quindi, a nessuno,
timido corteggiatore di una morte capricciosa, che non si concede segno di una mancata corrispondenza con il sistema dei personag-
solo per dare senso alla fatica di Catina, moglie-infermiera devota; gi. Polissena, giovane serva del pellicciaio, è l’unico personaggio
Haiganùsh giovane donna collerica e invidiosa, impacciata da un mobile della scena: «Era stanca, lei – lei, serva – di scendere e salire.
desiderio erotico inappagato. Questo gioco di monologhi, panto- Tante volte le aveva fatte quelle scale che se menavano in paradiso

232 233
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

ci doveva essere arrivata da molto tempo».103 Questa «specie di Co- spalancare una finestra»),109 poi la vedova greca («Crissanti rispose
lombina trasferita in levante»,104 rumorosa, esuberante e perenne- dalla soglia»)110 e suo figlio («Marco venne sulla porta in quel mo-
mente indaffarata, è l’erede dell’eterna maschera drammatica del mento, assonnato e semivestito»);111 si apre la finestra del calzolaio
servo: non è un caso se il suo nome compare solo al termine della («Haiganùsh si affacciò da mezza persiana accomodandosi le cioc-
scena iniziale e per tutta la sequenza di apertura viene indicata sem- che spettinate dietro le orecchie»)112 e quella della sarta («S’aperse
plicemente come «la serva» o «la servetta». Le due ragazze, figlie di la finestra della sarta e nel quadro apparve la faccia rotonda e seve-
agiati borghesi, sono invece immobili e perfettamente inquadrate ra di Catina […]. Spiro venne a tossire, avvolto in una sciarpa»);113
nella cornice della rispettiva finestra, schermo che corrisponde alla infine Aram «uscì dalla porticina […] ascoltò un momento e poi
loro condizione, al loro aspetto e temperamento: se ne andò crollando la testa».114 La presenza sul palco dell’intera
compagnia, per la prima volta al completo, segnala l’importanza
Il vecchio muro su cui si apriva la finestra di Haiganùsh era pitturato dell’evento (il ritrovamento del sangue di montone che ha tanto
in rosso guerriero e sulla parete chiara in fondo alla camera, Dinah, spaventato Beatrice) a cui tutti devono partecipare nella doppia ve-
spaventata, vedeva il drago nero di legno verniciato che teneva rabbio- ste di attori e spettatori. La precisione dei gesti e dei tempi dipende
samente fra le zampe e la coda lo specchio di Haiganùsh, terribile spec- dalla determinazione dei punti di accesso che permettono ai perso-
chio dentro cui, lei, Dinah, non avrebbe osato guardarsi. In piedi sul naggi di entrare e uscire di scena: il processo creativo e descrittivo
balconcino cadente, bianca e scalza contro il muro d’un verde azzurro dell’autrice parte proprio da qui, dalla visione e rappresentazione
e tenero come quello di un affresco, le ginocchia nude e le mani abban- dei movimenti nello spazio:
donate, Dinah piegava la testa sulla spalla e contemplava il malumore
di Haiganùsh.105 Se devo far entrare o uscire dei personaggi da una stanza, devo pur sa-
pere dove sono le porte e le finestre. Non posso farlo a caso, perciò fac-
Un uso simbolico e connotativo del colore definisce immediata- cio dei disegni molto precisi, qualche volta perfino li coloro: disegno
mente, attraverso la descrizione dello spazio che le identifica, le due gli interni che ho inventato e anche le piante. Invece non disegno il
figure: calda, solare, bestiale Haiganùsh; fredda, lunare, virginea Di- paesaggio, perché so com’è e quindi non ho che da seguirlo. Il Cortile
nah. Così dipinte, le due quinte (opposte per posizione e tonalità) a Cleopatra l’ho disegnato tutto: tutte le casette che stanno là intorno,
bastano da sole a significare i personaggi.106 quella di Marco e della madre, quella del pellicciaio ebreo, della sarta
Preso posto in scena, i quattro interpreti intonano la prima «ba- greca, della ragazza armena, tutte disegnate, e anche la forma del cortile
ruffa» del romanzo: mentre l’acceso duetto di Marco e Haiganùsh col fico in mezzo e la scimmia, o poi ogni casa con porte e finestre. È
si consuma fra il balcone rosso e il fico, in una felicità di ritmo e co- come un balletto: la gente del cortile va e viene e io devo sapere da dove
lori che la critica ha avvicinato alle zuffe da campiello di Goldoni o entra e da dove esce.115
agli strepiti dei vicoli napoletani di Eduardo,107 altri due personaggi
abbandonano la loro valenza drammatica per diventare spettatori Mentre si susseguono i diversi quadri del «balletto», tutto ciò che
della scena: «La serva era venuta a affacciarsi sul terrazzo e si beava, si mostra dentro le mura del cortile è immediatamente spettaco-
incantata nella baruffa, Dinah nascosta dietro la persiana mise fuori lo, bene comune che il pubblico può legittimare o condannare,
la testa un momento».108 mentre ciò che si nasconde fuori scena (cioè dentro le case) diventa
Al termine della schermaglia si apre la lunga giornata solitaria di oggetto di fantasiosi sospetti e insostenibili attese. La scena del fi-
Marco, interrotta solo a notte fonda dopo la visita nella bottega di danzamento tra Marco e Dinah (Parte II) è costruita sull’alternanza
Armando. Quando il cortile si risveglia, all’alba, i personaggi sono dentro/fuori, che corrisponde al passaggio dietro/davanti le quinte
chiamati in scena dal pianto di Beatrice. Quasi si trattasse di una e, quindi, all’opposizione ignoto/noto.
sceneggiatura teatrale, il narratore segnala chiaramente l’ingresso
in scena dei singoli personaggi, ognuno con la sua quinta di riferi- Nessuno venne dalla casa dei pellicciai, nemmeno Polissena […].
mento, il suo attacco: compaiono la serva («Polissena fu la prima a Quando Eva non permetteva alla serva di uscire – perché non si vuole

234 235
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

che ciarli, disse Haiganùsh – era segno che c’erano novità, ma di quel- sulla griglia i peperoni freschi […]. E così fu – perché non aveva costan-
le che si vogliono nascondere. Nessun rumore dietro le persiane illu- za neppure nella curiosità – che fu l’ultima a sapere, Haiganùsh, perché
minate che tutti guardavano, affascinati. Marco passeggiava intorno fu l’ultima a entrare nel cortile, la sera.
con Beatrice su la spalla e incontrava ogni tanto il sorriso maligno di […] Erano tutti là e pareva che la lanterna facesse una luce più viva e le
Haiganùsh. Ad un tratto sentirono forti singhiozzi, lunghi singhiozzi farfalle volteggianti: Spiro e Catina ancora vestiti da passeggio […]. Poi,
lamentosi venire dalla casa del pellicciaio, la gente si mise in ascolto in gruppo, Eva, Crissanti […], Abramino: sotto il fico, tenendosi per
sussurrando e Marco si fermò davanti alle persiane rischiarate. Aveva mano, Dinah e Marco, fidanzati.118
riconosciuto il pianto della figlia di Abramino… o della moglie?116
È forse la sequenza più teatrale del romanzo, costruita interamente
Mentre la famiglia del pellicciaio si rifugia nella dimensione priva- secondo lo schema strutturale della Commedia nuova menandrea:
ta, non-spettacolare dell’ambiente domestico, fuori, sotto l’albero, come nelle rappresentazioni attiche, l’unità di tempo e di luogo
il pubblico prende posto mormorando, certo che presto un attore risolve l’azione nell’arco di una giornata, davanti alle abitazioni di
uscirà a colmare l’ellissi fastidiosamente imposta dalle «persiane il- due famiglie; la diegesi è affidata ai dialoghi che hanno luogo all’e-
luminate»: sterno e ai resoconti-commenti di un personaggio polifunzionale
(narratore interno, figura complice del pubblico) che permette di
S’aperse la porta, Abramino comparve in pigiama, come se volesse fug- recuperare gli antefatti della storia e le azioni svoltesi all’interno
gire il caldo e i pianti di casa sua, venne a sedere in mezzo agli altri senza delle due case. Ruolo comunemente affidato alla figura ipertrofica
salutare, asciugandosi la fronte. I singhiozzi si affievolirono, si udì la del servo, nel cortile è temporaneamente delegato ad Abramino,
voce molle di Eva che cercava di persuadere qualcuno. Polissena venne padre della fanciulla protagonista il cui progetto di matrimonio
alla finestra […]. Abramino raccontò, appallottolando il fazzoletto con costituisce il pretesto della messa in scena. Come le sue antenate
le mani, alzando le spalle come se non fossero impicci suoi, che un pa- menandree, Dinah è destinata a realizzare il sogno d’amore inizial-
rente era venuto, la mattina, a “domandargli” la figlia per Clément: era mente ostacolato dall’avversa volontà dei genitori. La commedia si
pronto a sposarla subito, il giovine, entro un mese o due.117 scioglie in una grande scena corale dove, ristabilita la pace dentro
e fra i due nuclei familiari, si celebra il fidanzamento dei giovani:
Passano le ore, gli spettatori del cortile spiano i movimenti di Marco
e Crissanti che, turbati, entrano nella casa del pellicciaio. Dovranno E stavano vicini, ancora, le spalle che si toccavano, leggermente rivolti
aspettare un altro tramonto, quando Polissena avrà fissato la lanter- l’uno verso l’altra, le teste piegate e le mani in grembo, sorridendo con
na ai rami del fico e tutti saranno in scena per l’ultimo numero del gli occhi anche quando parevano seri, un sorriso infantile ma fisso e
giorno: rigido come le loro braccia e i loro ginocchi, tanto che sembravano due
marionette messe lì a sedere contro il fico, a cui si fossero indurite le
– Marco – chiamò Abramino mostrando a una finestra della sua casa giunture di legno gonfiate dall’umidità: un sorriso doloroso come un
la faccia gonfia e pallida. Haiganùsh vide Marco attraversare il cortile torcicollo, confuso dal tremolio delle farfallette e dei moscerini. L’albe-
senza nemmeno voltarsi a salutarla, entrare nella casa di Abramino. ro – il fico – li proteggeva da ogni foglia; ma ogni foglia sembrava finta,
Accostò le persiane e si mise a spiare là dietro, ma nessuno venne per come i fidanzati, come l’albero.119
molto tempo, i venditori gridarono inutilmente al cancello per chia-
mare Polissena. Qui come altrove, il teatro non è semplice espediente narrativo ma
[…] Neppure una fumata, né dalle finestre né sul terrazzo, per annun- condizione interna ai personaggi, stato di ordinaria finzione abi-
ciare gli avvenimenti in casa di Abramino: verso il tocco Eva passò, tualmente e reciprocamente imposta. La messa in scena, articolata
vestita di raso nero, e andò a bussare alla porta di Crissanti, le parlò secondo un preciso linguaggio spaziale, mentre sancisce il patto so-
sottovoce quando venne ad aprire, poi attraversarono insieme il cortile ciale rende visibile lo scarto fra l’intima condizione del soggetto e le
ed entrarono nella casa del pellicciaio. Haiganùsh intanto abbrustoliva «giunture indurite» del suo nuovo ruolo. Così la tecnica narrativa

236 237
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

(il ricorso al rallentamento e all’ellissi, il gioco dei punti di vista, l’u- del cortile resta imprecisa, il suo rapporto con l’esterno non è mai
so del dialogo, l’investitura semantica dello spazio) riflette l’imma- univoco, esatto:
ginario del testo e la proiezione psicologica dei personaggi. Il filtro
che permette di contaminare i piani della forma e del discorso resta Anche dopo aver saputo che Cleopatra è un sobborgo di Alessandria
ancora il cortile, capace di condensare e mettere a sistema le diverse d’Egitto, il titolo si sottrae ad un’esatta figurazione spaziale. Questo so-
soluzioni di struttura e contenuto. prattutto a causa dell’uso della preposizione a che, significando con-
A livello tematico, carattere essenziale e determinante del cortile temporaneamente l’in e l’ad latino, accosta due spazi senza predicarne
è la sua molteplicità. «Luogo in cui tutte le differenze convivono»,120 apertamente la relazione: lo spazio contenuto del cortile e (vicino, op-
conteso fra la città e la spiaggia, è introdotto come realtà domesti- posto, contiguo) un sobborgo, Cleopatra, anticamera alla città e alla
ca che non interrompe ma filtra il paesaggio naturale, dimensione campagna.123
ambigua e indefinita a partire dalla sua stessa posizione nell’am-
biente che lo circonda: Dimensione interna rispetto alla spiaggia e al quartiere, luogo
esterno di esibizione e incontro per i suoi inquilini, il cortile è uno
Le piccole case intorno, basse e a un sol piano, decrepite e miserabili, spazio aperto e chiuso, collettivo e privato. Un diaframma sottile
avevan tutte le loro storte persiane chiuse. I piselli in fiore si arrampi- che si contrae e continuamente si dilata ridefinendo la sua funzio-
cavano sul muro rognoso, il vento ogni tanto gli portava quel profumo ne, i suoi limiti, il suo contenuto, in un’osmosi lenta e ininterrotta
sul viso e faceva stormire il fico.121 di tutto ciò che lo circonda con tutto ciò che lo riempie. Persino
rispetto al sobborgo ibrido e dimesso, che non appartiene più alla
Il terreno era tutto sparso di rifiuti e immondizie, vetri di bottiglie, città, non ancora alla campagna, il cortile è spazio senza orienta-
scarpe rotte, grandi latte di petrolio sfondate, reticolati divelti da pali mento che restituisce, esasperandolo, il carattere ibrido della terra
e contorti, resti degli accampamenti di guerra. Sovente egli incontrava levantina:
nei buchi qualche miserabile carogna di gatto randagio o di topo di
fogna. Una triste vegetazione spinosa e grigia infoltiva a cespugli e ogni Vivere fra l’Africa e l’Europa significa abitare un terreno in un costante
tanto un gruppo di canne di granturco piegate dal vento lo salutava stato di dissoluzione, sparso di cocci e vetri di bottiglie, una terra di nes-
con un dolce fruscio. Si fece ombra con le mani sugli occhi e guardò a suno che raccoglie i frammenti di diverse civiltà. I levantini, forse per-
est verso Mustàfa le gialle caserme inglesi, il minareto della moschea di ché consci di questo pericolo, scelgono di vivere ingabbiati in case che
Sidi Gaber e poi verso terra la stazione di Cleopatra. Le case intorno al offrono un effimero senso di identità e appartenenza, si illudono di oc-
cortile erano le ultime su la spiaggia, alte su la scarpata e sole in mezzo a cupare un punto privilegiato di conoscenza e osservazione sul mondo
l’ondulazione dei terrapieni deserti; piccole e basse, pitturate all’esterno indigeno, arrancano nell’inseguimento di prestigio sociale e fortuna.124
di un rosa stinto e scalcinato, animate da lo svolazzare dei bucati tesi
a festoni sulle terrazze scoperte […]. Verso terra, sul viottolo, c’era lo Il cortile è un mosaico irrisolto di lingue e religioni, intersezione
steccato con il cancello che non si poteva chiudere e nessuno pensava fra realtà culturali che, abitando lo stesso luogo, complicano ogni
a ribattere i cardini. I fiori crescevano un po’ dappertutto, lungo i muri, tentativo di definire in maniera rigida e rigorosa la rappresentazio-
lungo i pali, intorno alle porte e alle finestre. Guardando di fuori si ve- ne spaziale delle identità. La costruzione spaziale del testo rifiuta
deva sorgere dal mezzo la testa verde del fico.122 ogni soluzione binaria, rende impossibile individuare una dimen-
sione interna-ordinata che si opponga a una esterna-caotica, de-
Ai lati le caserme inglesi, la stazione, la moschea piccola e sfocata. clinata come spazio dello straniero, del diverso.125 La dicotomia
Alle spalle, dove finisce la città, il misero sobborgo di Cleopatra, e integrazione-esclusione è annullata in una gradazione indefinita di
più indietro ancora ad Alessandria, i grandi giardini delle ville eu- posizionamenti, una continuità in cui i personaggi sono inclusi e
ropee, le notti illuminate a festa. Davanti solo le chiome rosse dei marginalizzati allo stesso tempo: tutti sono estranei (rispetto all’E-
dattolieri, il mare. In questa scacchiera disordinata, la condizione gitto, all’Europa, alla madrepatria), ma tutti riescono a riconoscersi

238 239
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

nel cortile, luogo che trasfigura e comprende ogni alterità, dove i La sistematicità del racconto non focalizzato concede un discre-
diversi si appartengono. Se da un lato l’arabo, l’armeno, il greco, to margine all’esercizio di scarti stilistici e di temporanee deviazio-
l’ebreo esercitano uno sguardo che viene da fuori, appartengono a ni del punto di vista, complicando la dominante oggettiva della
una realtà alternativa rispetto alla presunta centralità dello spazio narrazione con una sintassi articolata e molteplice. L’esposizione
condiviso, dall’altro restano stretti nel vincolo inclusivo del cortile: del narratore comprende l’uso del discorso indiretto libero e del
un effetto narrativo che rispecchia la condizione storica dell’Egitto discorso riportato, si presta al contagio mimetico con la voce dei
levantino, in cui tutte le pratiche sociali sono falsate dagli squilibri personaggi e alla pluralità delle soluzioni linguistiche e retoriche
introdotti dal potere coloniale. La comunità multietnica di Cleopa- che ne derivano:
tra vive in un contesto politico-culturale fortemente eurocentrico,
dove il culto del benessere borghese e la separazione rispetto alla Haiganùsh con la sua voce bassa ma stridente, masticando i pistacchi
popolazione indigena costituiscono le due condizioni essenziali raccontava come un mistero che aveva comperato dal mercante siriano
dell’integrazione. Diversi per razza, lingua, religione, gli occupan- cinque metri di seta di Mehalla, rosa, a sette piastre. Dinah si lamentò,
ti del cortile si riconoscono in quanto non-africani, subiscono gli come per una sventura: quel mercante veniva sempre quando lei non
effetti del rapporto fra colonizzatori e colonizzati, ne assorbono c’era, non aveva fortuna, ecco. Haiganùsh aveva chiamato e chiamato
l’immaginario (l’uso socialmente distintivo del francese, il cul- sotto le finestre chiuse, ma poi il mercante era andato via. Cinque me-
to del consumo di prodotti europei,126 l’orrore per la promiscuità tri, che si lava e si stira come un fazzoletto. Dinah sospirò zitta e rasse-
razziale)127 e ne abitano le zone d’ombra. L’imperialismo, lontano gnata. L’altra diceva, per consolarla, che il mercante aveva promesso di
dal creare due compagini sociali distinte e contrapposte, genera tornare, e poi non aveva comperato, lei, dieci metri di quella mussola
una varietà di disuguaglianze, conflitti, alleanze e condivisioni più che Haiganùsh non sapeva come fare a trovarne l’eguale, sottile e forte,
o meno imposte, concentrate nel testo dentro il perimetro di un per quelle camicie?
luogo multiforme e privo di orientamento. Attraverso l’invenzio- – Se vuoi, io te le posso fare, le camicie. – Grave e generosa diceva pro-
ne narrativa e metaforica del cortile, Cialente declina in chiave le- prio così, nel quadro della finestra. Una santa, a vederla.128
vantina il tema del soggetto nomade condannato all’isolamento e
all’estraneità. Lo spaesamento dell’uomo contemporaneo, matrice La disponibilità all’accoglienza di differenti angoli visuali si realizza
tematica nel romanzo di primo Novecento, è al suo significato ori- prevalentemente nelle sequenze dialogiche, dove i segnali stilistici
ginario, al grado zero della sua rappresentazione simbolica: si gioca propri del discorso orale (ripetizioni, interrogazioni, esclamazioni)
nel rapporto primario con lo spazio, nell’impossibilità di trovare il si intrecciano con il ricorso al plurilinguismo (con incursioni di ter-
proprio posto nel mondo. mini arabi129 e interi periodi riportati in francese) e con l’assunzione
delle parzialità conoscitive e dei giudizi dei personaggi. La traspo-
1.2.1.2 Esercizi di polifonia. La sintassi del narratore sizione dell’andamento dialogico avviene sempre dentro un flusso
espositivo estremamente controllato, capace di utilizzare una foca-
Cortile a Cleopatra fonda la sua struttura sulla presenza di un nar- lizzazione e una ricerca mimetica variabili anche all’interno dello
ratore onnisciente e oggettivo, entità che esercita le sue compe- stesso passaggio:
tenze in maniera tendenzialmente coerente, dotando il testo di
una complessiva organicità. Un narratore che, alle prese con un Seguì una discussione vivace dalla quale Marco, sorpreso, venne a sa-
intreccio tutt’altro che articolato, fa un uso estremamente discre- pere che Dinah tormentava il padre perché affittasse un appartamento
to del suo potere enunciativo: rarissimi sono gli scarti spazio-tem- in città, con il gaz e la luce elettrica. Abramino rispondeva lagnandosi
porali e le soluzioni descrittive di natura extradiegetica, esclusa che non voleva mettersi altre spese sul collo, che in quella casa aveva
ogni occasione di intervento diretto nel discorso, sapientemente fatto «moneta» e gli doleva il cuore di lasciarla; era roba sua e doveva
nascoste (nel tessuto tematico e simbolico del testo) le proprietà metterci dentro degli estranei? I quali forse non avrebbero pagato la
prolettiche. pigione mentre lui avrebbe dovuto pagare l’appartamento in città. Me-

240 241
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

glio aspettare, prudentemente, qualche anno ancora; e poi costruire lì, figure, atmosfere, artefice di un discorso che sembra immediata-
a Cleopatra una casa nuova con il gaz e la luce. mente ed esclusivamente denotativo e descrittivo. Conseguen-
– Sì, la conosco questa storia della casa nuova! – rispose Dinah, sprez- za della vocazione teatrale della scrittura è la stretta dipendenza
zante. dell’enunciato dall’esercizio della vista, sia questa del narratore o
– Una casa, più grande, più bella, a due piani. (più spesso) dei personaggi. Buona parte delle descrizioni sono, al-
– Una baracca, e sempre la spiaggia davanti, dove l’inverno non passa meno nel momento del loro innesto nel tessuto dell’intreccio, de-
anima viva e l’estate, perché si fanno i bagni di mare sotto le finestre, terminate dallo sguardo di una figura che osserva l’esterno e stabi-
non si esce mai. E intanto mammà s’è presa i reumatismi perché abita lisce, attraverso la sua azione diegeticamente coerente, lo sviluppo
troppo vicino all’acqua e lei, Dinah, ci soffre di nervi a sentire sempre il del racconto. Ne risulta un trattamento dei personaggi tutto orien-
terremoto delle onde. tato sul linguaggio del corpo, sull’evidenza della loro presenza sce-
(– Oh questa?!) Pensò Marco che entrava da uno stupore nell’altro. nica (movimenti, aspetto, abbigliamento, espressioni verbali), per
– In città, almeno, si può stare alla finestra e si vede passare la gente. cui l’analisi introspettiva si realizza nella connotazione psicologica
– I morti! – si mise a gridare Abramino agitando le mani in aria, spaven- dei tratti fisici:
tato come se li vedesse – I morti che vanno al cimitero!
Morti sarebbero tutti, a Cleopatra, coperti di sale e di muffa, se ci resta- Dalla finestra aperta si vede Crissanti vicino all’acquario, la testa legata
vano. nel fazzoletto di seta nera, magra e diritta come una santa bizantina. Si
(– Non avrei mai creduto che potesse dire tante cose in una volta… e su aprono le finestre di faccia e intorno le porte, escono quelli che vanno
quel tono. –) pensò Marco guardando la fidanzata, incuriosito. al lavoro, Aram e Abramino per tempo, più tardi Catina, ultima Eva che
E in quanto a lei, Dinah, ne aveva abbastanza; ora che si sposava voleva è un po’ grassa e pigra, ma bella. (Il marito la fa andare in bottega più per
ricevere le sue amiche in una casa, non in una bicocca, e uscire col mari- gelosia che per il lavoro, Marco ha indovinato anche questo. La sera gli
to, dopo cena. A Cleopatra sul mare, in mezzo ai terreni deserti, è come domanda: – Hai visto uscire mia moglie? A che ora, press’a poco? –
vivere in convento. Se piove neanche al cinematografo il sabato sera.130 così, oziosamente, e quando Marco gli ha risposto, anch’egli con esatta
svogliatezza, ma esatto al minuto, gli vede negli occhi – gli occhi, sem-
Da un lato, il ricorso a parentesi e trattini definisce i confini del pre! – il calcolo sospettoso di quanto tempo sua moglie ha messo per
discorso diretto e delle inserzioni riflessive (il commento di Mar- arrivare fino in bottega e se non c’è stato uno scarto lungo la via. E poi
co), espressione di un criterio organizzativo volto a vigilare il ca- le regala troppi monili, troppi vestiti di raso nero e scarpini di vernice e
rattere pluridiscorsivo del racconto. Dall’altro, proprio all’interno aumenta così la propria vecchiezza di fronte a lei appena matura. Ella
dei segnali grafici che dovrebbero isolare le forme dell’enunciato, esce per andare a lavoro vestita come per andare a nozze, braccialetti
si realizzano osmosi fra i diversi tipi espressivi: il discorso diretto ai polsi e pendenti agli orecchi. Marco la vede allontanarsi lungo il
(«E intanto mammà s’è presa i reumatismi») diventa indiretto li- viottolo polveroso fra i terreni deserti, imponente come un’elefantessa,
bero («E lei, Dinah, ci soffre di nervi a sentire sempre il terremoto storcendo ogni tanto la grassa caviglia sopra i tacchi sottili).
delle onde») nell’ambito di un solo periodo, mentre l’inciso supera Catina la sarta, poveretta a quell’ora è già passata a traverso il corti-
l’intervallo della parentesi, determinando un flusso modulato ma le, grassa e svelta, con le spalle curve che arrotondano la schiena della
ininterrotto: «(– Oh questa?!) Pensò Marco che entrava da uno stu- giacchetta blu, il piccolo cappello rotondo e nero come una pignatta e
pore nell’altro». il rotolo dei giornali sotto il braccio. Le sue labbra sottili e bianche di-
Le incursioni dell’oralità movimentano con sfumature discor- cono appena buongiorno e dietro gli occhiali posati su la punta lucida
sive e colloquiali una lingua altrimenti esteticamente ricercata, vi- del naso guizza, ecco, il disprezzo di Marco: anni che lavora così per
cina alla prosa poetica, estranea all’uso analitico o argomentativo quel compagno che marcisce tante ore al sole contro il muro del cortile:
della parola: da questo punto di vista e in questo stadio della sua sempre quella giacchetta e sempre quel cappello con il nastro da parte
produzione Cialente è narratrice pura, completamente dedita alle che diventa grigio di polvere l’estate e ciondola bagnato di pioggia le
funzioni della rappresentazione, della messa in scena di luoghi, sere d’inverno. Quel fiocco di nastro sembra un uccello morto dentro la

242 243
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

pignatta nera ma forse è lui che insegna a Catina i misteri segreti della la visione è tanto più estesa nell’immagine e nel senso. Marco è
rassegnazione e della fedeltà.131 rimasto indietro:

Matrice della narrazione è l’azione (ripetuta quotidianamente, così Ombra, dov’è l’ombra. Dove sono le strade che invitano e attirano,
come infinitamente iterati sono tutti gesti, i movimenti, le espres- complici le ombre e i profumi? Invano egli ha camminato durante il
sioni osservate) del personaggio che guarda e considera, determi- mattino e le prime ore del meriggio ed ha passato la diga sul lago di
nando un’istanza descrittiva inizialmente orientata sul punto di Handra per ritrovare i grandi giardini sul canale. Nei giardini civilizzati
vista e sul giudizio di Marco. La scoperta delle diverse figure che raschiati pettinati, offesi dal caldo gli alberi piegano i rami verso terra.
attraversano il cortile è sempre sdoppiata, interna ed esterna, men- I pellicani dormono su la sponda dello stagno, il becco adagiato sul
tre i caratteri della fisicità e dell’abbigliamento rendono visibile il ventre. Fuori, le strade vanno verso una campagna sconosciuta, piat-
profilo psicologico e i rapporti reciproci fra i personaggi. La dicoto- ta, dove gli occhi non incontrano, lontano, se non il grigio profilo dei
mia iniziale si complica quando, nel regime del visibile, si introdu- dattolieri, e, vicino, tra le rive del canale, un’acqua densa, lenta e lurida.
ce un ulteriore livello: «il disprezzo di Marco» interviene in forma Su l’altra riva piccole case di fango a cupola, donne arabe che scendo-
materica, appare fra i tratti dell’oggetto osservato contraddicendo no ad attinger l’acqua con anfore di rame su la testa, l’orlo della veste
la focalizzazione parziale sul personaggio e svelando la presenza di inzuppato e incollato sulle gambe. Gobbe nerastre di bufale immonde
un ulteriore filtro. La facoltà superiore del narratore è smascherata, che escono pesantemente dalla melma soffiando l’acqua dalle frogie,
ricorda la sua presenza affianco (se non sopra) al protagonista. anitroccoli spauriti che galleggiano fra le canne. I tuguri non fumano,
La tensione visiva che regola il corso della narrazione cresce in- non ci sono né fuochi né canti. La strada sventrata si allontana nella
torno alle due polarità essenziali del narratore esterno e di Marco, luce faticosa con sul ciglio dei fossi qualche fico impolverato, i campi
figura che resta ferma nel suo osservatorio (sotto il fico, al centro hanno dei colori smorzati e sinistri, biblici.
del cortile) a cogliere i movimenti degli altri personaggi, che attra- Al tramonto vele immense e altissime avanzano lentamente dal gomito
versa da spettatore passivo spazi e contesti con cui non stabilisce del canale, sono le grandi barche in partenza per l’alto Egitto, cariche
alcun rapporto di appartenenza o di interesse, praticando un pote- tanto che navigano con gli orli a fior d’acqua. I fanali s’accendono sui
re di conoscenza che è, ancora una volta, ridotto all’esplorazione ponti insieme ai rauchi litigi dei battellieri. Vento non c’è, ad una ad
visiva del mondo. La pressione esercitata dall’identificazione ideo- una le grandi vele falcate si piegano, si chiudono, scendono, e non ri-
logico-affettiva con il protagonista condiziona l’ottica dominante, mane sul cielo annebbiato che la curva degli alberi nudi e snelli. Sulla
determina una definizione dei personaggi (positivi/negativi), dei ripa fangosa il primo canto si leva, è il lamento degli uomini che dalla
luoghi (accoglienti/ostili), dei comportamenti (persecutori/bene- terra tirano le barche in fila sull’acqua, tesa sul petto una dura corda.132
fici), dei valori morali (condivisi/rifiutati) che tende a coincidere,
a livello tematico, con il giudizio e l’esperienza di Marco. Più com- L’intenzione (ripararsi dal sole e passeggiare in luoghi più freschi)
plesso è il piano della forma, dove la distanza fra narratore e perso- e il movimento di Marco («Ha camminato; ha passato») sono pro-
naggio è sempre variabile e sfumata, volutamente ambigua e tra- gressivamente ridotti al solo sguardo («Gli occhi non incontrano»)
sformativa. L’ingombro di un protagonista assoluto che esaurisce, per poi sparire completamente lasciando la scrittura libera di ade-
nelle sue azioni e relazioni, tutto il corso della storia, non basta ad rire al paesaggio. Il distacco dal personaggio (che pure, in un regi-
annullare la voce narrante: nella costruzione discorsiva del raccon- me di descrizione diegetica, sta continuando a guardare ciò che il
to l’istanza di emittenza non scompare mai del tutto a favore del narratore descrive) è sollecitato dalla personificazione diretta de-
personaggio. Anche quando l’esperienza sensoriale e memoriale gli elementi evocati e dall’emersione di un linguaggio puramente
di Marco si impone come pretesto dell’intreccio o della digressio- letterario, ricercato («colori smorzati e sinistri, biblici») e specifico
ne descrittiva, l’esposizione si sviluppa in epifanie che svelano la («frogie») nelle sue variazioni lessicali. Un montaggio rapido di fo-
presenza di un io lirico superiore. Il narratore racconta, è vero, l’iti- togrammi messi singolarmente a fuoco e distinti gli uni dagli altri
nerario e lo sguardo del ragazzo, ma quando la descrizione finisce alimentano una sintassi lirica ma votata alla precisione: il periodo

244 245
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

si sviluppa per innesti di sintagmi appositivi e attributivi, di unità dovessero strisciare dall’alto ondulando i fianchi, svelte e mute»)134
frastiche brevi e scandite per asindeto e polisindeto. Fuori dalla di- e in un confuso riflesso di alto e basso (materno e mortale) si con-
namica plurilinguistica e multifocale del cortile, dove la narrazione suma l’amplesso con Eva, evento finale che tutte le sequenze nella
è continuamente contesa dai diversi personaggi, la polifonia della bottega sembrano prefigurare e preparare:
scrittura emerge anche in assenza di una focalizzazione alternati-
va: il racconto appartiene a un’intelligenza narrante che è, per sua Ella alzò gli occhi sorpresa. Il soffitto non c’era più là sopra la sua testa,
natura, attenta alla molteplicità del reale, disponibile alla pluralità la casa lentamente girava e si capovolgeva. Sopra la sua testa adesso
degli stimoli, all’accumulo (non sintetico-analitico ma visivo e im- c’era Marco, il viso di Marco annebbiato, confuso, scendeva dall’alto,
maginifico) degli elementi dell’esperienza che acquistano ognuno, ingrandiva e le entrava negli occhi accecandola.135
brevemente, una voce e una tonalità distintiva.
In molti luoghi del romanzo l’accostamento paratattico deter- Altrove, il sistema di accumulo e di costruzione binaria del signi-
mina la struttura del periodo e arriva a codificare un andamento ficato si risolve in un’unica isotopia dominante, un solo registro
della frase scandito dalla ricorrenza del doppio: simbolico che determina intere sequenze creando una forte con-
tinuità di immagini. Così la storia d’amore di Marco e Dinah è
La bottega di Abramino stava in un passaggio fra case vecchie e sordide articolata, prima di essere costretta nelle consuetudini del fidan-
che due portoni chiudevano la notte e s’aprivano il giorno da una parte zamento ufficiale, intorno all’elemento marino, scenario che ne
e dall’altra su due strade rumorose e calde di sole. Il fracasso dei tram e rappresenta l’iniziale carattere di libertà, spontaneità, scoperta.
degli autocarri giungeva come il fremito affievolito di un lontano ter- Da componente fondamentale ed esclusiva, il mare viene via via
remoto e i campanelli vi risuonavano dolcemente. Guardando in alto sottratto in un processo di allontanamento e chiusura che passa,
si vedeva un piccolo cielo lungo e celeste, con uno spicchio di nuvola o prima di arrivare alle mura del cortile, per lo spazio intermedio di
un colombo, poi gli occhi scendevano lungo i muri macchiati e rogno- una cabina:
si, lungo i tubi che colavano un’acqua verde di muffa e rossa di ruggine.
Vecchie e folte ragnatele drappeggiavano gli angoli e aspettavano la Una sera Marco venne tutto agitato a raccontare che un amico gli pre-
pioggia che le avrebbe disciolte. In terra fra i ciottoli stagnava l’acqua stava la chiave di una cabina dove avrebbero potuto incontrarsi […].
che rigurgitavano le antiche fogne e passeggiavano gatti famelici che la Ma quando una sera si trovarono soli dietro la stuoia che il sole calando
notte erano messi in fuga da pattuglie di grossi topi.133 nel mare feriva di lunghi raggi sottili, […] soli per la prima volta, i
piedi nudi nella sabbia fredda e pungente, macchie di luce negli occhi
Al suo primo giorno di lavoro Marco raggiunge la bottega del pel- confusi della penombra, le orecchie ronzanti come due conchiglie,
licciaio, luogo fosco («La bottega era oscura e la luce vi rimaneva Dinah non osò guardare Marco in faccia, egli non osò alzare le mani e
accesa tutto il giorno») e mortifero («Vicino s’apriva, nel vicolo, il toccarla […]. C’era odor di frutti di mare, di pesce secco, di paglia
negozio di un fioraio […] ma non esponeva, di giorno, che le coro- […]. Abituati a baciarsi fuori, nel mare, l’idea di baciarsi nascosti là
ne mortuarie di fiori finti»), definito da una serie di coppie di ag- dietro, d’essere venuti solamente per fare questo, niente altro, niente di
gettivi («vecchie e sordide»; «lungo e celeste»; «rumorose e calde»; più, li aveva irrigiditi […].
«macchiati e rognosi»; «verde di muffa e rossa di pioggia»), di riferi- Ma poi un fremito, un respiro più lungo, qualche cosa che si mise a
menti spaziali («due portoni»; «due strade»; «da una parte e dall’al- pulsare nelle dita immobili o forse un brivido alla nuca o alla radice dei
tra») e simbolici (notte-giorno, gatti-topi). Il doppio andamento capelli lì avvertì che l’onda era entrata in loro dall’esterno: si voltarono
della descrizione è subito orientato in un movimento che dall’alto a guardarsi, forse non si riconobbero da gli occhi lucidi e palpitanti che
prosegue verso il basso («Guardando in alto»; «Poi gli occhi scende- navigavano come due meduse sui visi cancellati dall’ombra, ma si
vano»), definendo immediatamente la condizione di pericolo e di baciarono lo stesso. Grande conforto di ritrovare quel sapore, meno
soffocamento del personaggio. Dall’alto incombono le pelli degli salato, più dolce.136
animali («Guardava la scaletta nella penombra come se altre bestie

246 247
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

La sessualità giocosa e solare si tramuta in oppressione e indecenza, chi rossi»;141 nel mezzo del Mediterraneo salva la vita a un animale
la scoperta di sé diventa confusione dei sensi, immobilità, mentre il (magico?) che diventerà il suo compagno di avventure:
paesaggio immenso e avvolgente del mare è ridotto a isolati detta-
gli (sabbia, conchiglie, onda, meduse), resti di una totalità perduta. C’era una scimmia a bordo e le davan la caccia. Allora egli tendeva le
La polifonia del discontinuo lascia spazio a uno schema compo- mani: – È mia – diceva […]. E lo frustavano. Accecato dal sole egli si
sitivo nuovo, modulato sulla ripetizione monodica piuttosto che rotolava sul punto a dorso nudo, schiumando e gridando […]. E Marco
sull’accumulo del diverso: strategie che si alternano e si combinano gemeva, languente come un eroe ferito, ai piedi del cassero. Il suo petto
restituendo, nella varietà del racconto, il controllo di un’autorità era liscio e magro. Quando aveva levato lo sguardo aveva visto qualche
narrativa coerente e univoca. cosa di bruno che si muoveva là in alto. Il cuore gli aveva versato dentro
le membra peste un mare di tenerezza.
1.2.2 Marco, un protagonista in sospeso – Si chiama Beatrice – singhiozzava vomitando largamente sul ponte e
poi sveniva.
Marco, quale personaggio indipendente, mi si presentò un giorno d’in- […] Sì, erano state quelle le sue avventure […]. Non si meravigliava se
verno sulla spiaggia deserta, tra Sporting e Cleopatra; scendeva giù dalla non temeva più nulla: fermo a prua a spiare la terra fantasticava su le
scarpata correndo, in maglia e calzoncini, con l’asciugamano buttato ragioni che fanno il prestigio di un uomo e possono anche nascere da
sulla spalla, avvicinava una ragazza che sembrava aspettarlo sulla riva un fatto misterioso come quello di una scimmia trovata a bordo; e i ma-
dell’acqua e insieme si dirigevano verso oriente; camminando egli le rinai avevano cominciato a guardarlo con grande curiosità.142
prendeva con una mano il braccio. Era una delle passeggiate che dove-
vano fare poi Dinah e Marco; ma io non sapevo ancora niente, se non Superate le prove del viaggio, una notte Marco arriva di fronte al
che quel ragazzo fiacco e pigro era animato da un impetuoso amore di cancello del cortile. L’ingresso del personaggio estraneo nello spa-
libertà e fatalmente un giorno sarebbe partito verso quella direzione, zio della comunità organizzata è riconosciuto esplicitamente come
l’oriente, solo, tutto abbandonando dietro di sé.137 esecuzione di un repertorio fiabesco:

L’8 febbraio 1938 Fausta Cialente racconta «come nasce un perso- C’era della gente che parlava e rideva seduta intorno a un albero in
naggio» ai lettori del «Giornale d’Oriente», quotidiano per la co- mezzo al cortile e una lanterna dondolava fumando appesa a un ramo
munità italiana di Alessandria d’Egitto. Nella sua ricostruzione, basso. Avevano, quelli, aspetto di gente sazia e tranquilla e lui che man-
l’incontro con Marco coincide con la definizione del carattere es- giava appena, da due giorni, s’era sentito tremare le viscere di fame e
senziale del futuro protagonista, quel bisogno di libertà che sarà di rancore. Attorcigliati a le alte canne flessibili i piselli fiorivano là sul
Kikì a enunciare nelle ultime pagine del romanzo: «Nessuno, nes- cancello, il vento di mare, salmastro, trascinava nel cielo nuvole e stel-
suno poteva tenerlo quel ragazzo irrequieto e leggero come gli aqui- le. Un gatto gli veniva incontro miagolando.
loni di carta che i bambini mandano su ai primi venti d’aprile».138 – Dov’è mia madre? – aveva pensato.
Questa figura inafferrabile e mobile viene inserita nella cornice […] Come nelle storie: – Che volete? Chi cercate?
codificata di un racconto di formazione, costruito sui modelli e le Diceva: – Sono il figlio di Crissanti.
sequenze della fiaba a partire dall’antefatto del romanzo. Il presun- Sì, aveva detto proprio così, come nelle storie, come se dicesse: – Sono
to abbandono dell’infanzia coincide, per Marco, con l’inizio di un il figlio del re – e s’aspettava forse che tutti gli facessero una gran festa,
viaggio: alla morte del padre pittore «s’era fatto un piccolo bagaglio stava per sorridere.143
con dentro i migliori pennelli, i suoi libri d’avventure e le indicazio-
ni per raggiungere la madre sconosciuta in terra straniera».139 Il gio- La parabola dell’eroe arrivato in un regno lontano continua con
vane attraversa una serie di peripezie: trascorre la notte nella casa l’ambizione di conquistare la mano della principessa, traguardo che
di un’orchessa (l’affittacamere nei pressi del porto);140 si imbarca su dipende dal consenso del re e dalla prova di valore del giovane cor-
una nave insieme a un «fuochista, nero come il diavolo e con gli oc- teggiatore:

248 249
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

– Ne ama un altro […]. Ma non avrà Dinah, nemmeno lui. Ci vuol altro. destra e uno a sinistra. E quelli succhiano, succhiano. Ecco quello che
– Vi siete già guardata nello specchio del drago, Haiganùsh? Chi vi dice ha fatto, lui. Tutta roba che costa cara, bisogna sfiancarsi e tener duro
che l’altro non diventerà ricco, più di Clément, se vorrà? perché i bambini non strillino e il baldacchino dorato non gli crolli
– Non basta volere. sulla testa. Intanto l’altro bambino che si arrampica su la finestra sta per
– C’è una storia, di uno che voleva sul serio, e venne fuori da un vitello cadere… cadrà.145
d’argento per dire al re: Basta volere. Solamente per questo sposò la
principessa, Haiganùsh. Un vitello d’argento, niente di più.144 Al centro dell’incubo si impone lo spazio domestico, perimetro che
dovrebbe definire e rendere riconoscibile l’affermazione dell’indi-
La prima parte del romanzo sembra così scandita da una serie di viduo adulto, l’assunzione di un ruolo familiare e professionale di
spie metatestuali che svelano l’impalcatura fiabesca della storia. responsabilità, sacrificio, dedizione.
A metà del testo il destino di Marco è inquadrato in un percorso La «difficoltà all’adattamento»146 di Marco è prima di tutto
di formazione che coincide con l’assunzione di un ruolo matri- un’incapacità di accettare la geografia sociale e normata degli spazi,
moniale e professionale, nonché con la conclusione del viaggio conseguenza della sua innata disposizione a essere sempre (nel po-
e la costruzione di un proprio ambiente domestico. L’accesso alla sto) sbagliato. Sintomo più evidente di questa estraneità è l’impos-
vita adulta sarebbe quindi determinato dalla normalizzazione sibilità di gestire correttamente il passaggio dall’interno all’esterno
del giovane errante in individuo stabile e radicato, i cui desideri dell’abitazione materna, di quella casa che, condividendo i caratteri
coincidono perfettamente con le aspettative previste e condivise di chiusura e rifiuto di Crissanti, si trasforma in «una gabbia», luogo
dalla comunità. La trasformazione del personaggio da mobile a dal quale non si può entrare o uscire liberamente: «Se voglio entra-
immobile, che dovrebbe esaurire l’intreccio e consolidare l’ordine re in casa e vestirmi, adesso, devo scavalcare la finestra dalla parte
prestabilito, resta invece sospesa e si configura come radicalmente del mare perché l’uscio, dentro, è chiuso a chiave. Una gabbia»;147
estranea all’indole e ai desideri di Marco. Mosso da una ricerca «Aveva dimenticato chiusa dall’interno la finestra della sua camera
del materno che è in se stessa deviata e irrealizzabile (perché radi- e fuori doveva restare, fino al ritorno di sua madre».148
cata nella mancanza incurabile del padre), il ragazzo rifiuta l’or- Il rifiuto della porta suggerisce la centralità di un altro elemento
dine patriarcale del mondo, le sue logiche economiche fondate spaziale, la finestra, e di un altro gesto, scavalcare-saltare, che con-
sul culto del benessere e l’accumulo del capitale. L’imposizione di sente di risolvere con furiosa leggerezza il confine fra interno ed
un modello di comportamento normato genera la trasfigurazio- esterno:
ne orrorifica del proprio futuro, autoannunciato nelle visioni del
personaggio: Poi invece di uscire dalla porta scavalcò la finestra e scese sul terrapieno
a destra della casa.149
Le settimane finiscono sempre in una domenica. La domenica bisogna
sedere sul canapè, con la fidanzata vicino. La fidanzata che vuole abi- – Senti, Polissena. Entra in casa… che mia madre non ti veda; e apri la
tare a Mazarita in un appartamento con il gaz e la luce e le finestre sul mia finestra. Non voglio passare dal cortile, io.150
cimitero. Nella camera che ha la finestra sul cimitero c’è un letto col
baldacchino dorato e le gale di merletto; vicino al letto una culla e un Marco abbandona le rive tranquille del canale e a traverso i campi e le
bambino dentro. Anzi, due bambini, piccoli rosei, molli come le ostri- spiagge deserte ritrova la casa, la finestra, la sua camera.151
che senza guscio. Un altro bambino, grande, nodoso, che ha la fronte
caparbia e assomiglia al pellicciaio, si arrampica sulla finestra. Una don- In costume da bagno saltò dalla finestra, scese correndo la scarpata.152
na grassa e spettinata, avvolta in una vestaglia sudicia è seduta in un
angolo e dice: – Lafayette, Lafayette. – (Guarda come si può diventare). L’indomani Marco uscì per tempo saltando dalla finestra. Non voleva
Eppure ha begli occhi, una pelle bianca e dolce. È immensa, florida, vedere nessuno.153
apre la vestaglia, tira fori due seni gonfi e ci attacca i bambini, uno a

250 251
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

Giunto in camera sua accese la lampada e vide la finestra da cui era en- cammina, perché non siede e tace? Se il mare si alzasse col vento non
trato, vuota e nera, spalancata sopra il mare invisibile di cui gli arrivava sentirebbe più le loro voci, né quelle odiose risate.160
fin sul cuscino umido, da tanto tempo, la voce monotona.
– Ah –, pensò, – non lo sentirò più. – E andò a chiudere le persiane.154 Un sistema di opposizioni racconta la veglia «impossibile» di Mar-
co, contrappone l’angoscia mortale dello spazio chiuso all’infinito
Aspettò molto tempo (il suo cuore batteva, batteva) e alla fine aperse la benefico della natura: la «piccola finestra» e il «vasto mare», «l’aria
finestra, guardò fuori la spiaggia e la scarpata: luminose, deserte. Non irrespirabile» e il vento che si alza sulla spiaggia, la baruffa chiassosa
volle accendere la lampada, finì di vestirsi alla meglio, andò a cercare il del cortile e il silenzio raccolto del mare. Prigioniero dentro le pareti
fagotto in un angolo […], poi si mise a cavalcioni sul davanzale e saltò della stanza, Marco invoca il mare come un potere meraviglioso e
giù. Prima di scendere riaccostò le persiane.155 tremendo («Ne ha quasi paura, lui») e opera una forte inversione
nei riferimenti abituali dell’immaginario comune. Lo spazio noto e
Ripetuto come alternativa al normale uso della porta, il passaggio protetto della casa, la comunità organizzata del cortile, la famiglia,
attraverso la finestra diventa quasi il senhal del personaggio, della rappresentano qui l’insidia, la minaccia («mortale») che sembra
sua deformata visione e fruizione dello spazio sociale, inteso come tanto più grande e più vicina quando il ragazzo è solo al buio. Al
spazio razionalmente condiviso e organizzato secondo le opposi- contrario, la «gran bestia» in agguato nel silenzio viene investita
zioni dentro-fuori, privato-pubblico, chiuso-aperto. Se per gli abi- di un valore salvifico, diventa una forza benevola (sebbene temu-
tanti del cortile rappresenta il mezzo privilegiato dell’interazione ta), magica risorsa contro il turbamento della notte. Per chi non
collettiva, per Marco «la finestra […] diviene il segno di un rapporto può adattarsi allo spazio di una comunità piccolo borghese, l’unica
domestico e sociale avvertito […] con insofferenza»,156 l’espediente corrispondenza possibile è con la dimensione aperta della natura,
che gli permette di evitare il confronto con gli altri. Persino Fran- corrente vitale che si oppone alla rigida fissità delle barriere (sociali,
cesco, nel dire addio al giovane apprendista, gli ricorda la necessità architettoniche, culturali) imposte dagli abitanti del cortile:
di un passaggio alternativo («Non devi farti vedere da nessuno […].
Meglio che tu entri dalla finestra, sai»),157 mentre è proprio la fine- Gli rombava il mare dentro la testa e gli sembrava che anche la spiaggia
stra chiusa della sua stanza a determinare l’ultimo allontanamento tremasse leggermente. Bu-um sc-lac, facevano le onde e poi frusciavano
dal cortile («Si mise a cavalcioni sul davanzale e saltò giù. Prima di all’indietro. I movimenti della natura, l’acqua, il vento, il fuoco, la sua
scendere riaccostò le persiane»)158 e sancisce per Kikì la perdita de- scimmia quando si dondola sul fico, ah queste sono le vere consolazio-
finitiva del suo amico («Non poteva nemmeno voltarsi a guardare ni. Bu-um, sc-lac.161
le case del cortile dove c’era la finestra di Marco… chiusa o aperta?
Finite, le amorose speranze»).159 Nell’acqua, nel vento, nel fuoco, negli animali Marco riconosce
All’interno della finestra si nasconde una camera spoglia e senza la sua stessa essenziale mobilità, la sua estrema, spontanea voca-
«via d’uscita», ancora una gabbia estranea che vorrebbe imporre zione all’esercizio irrequieto dello spazio: muoversi e mutare per
al ragazzo un legame determinato ed esclusivo, esponendolo alle rimanere, come l’onda e la fiamma, sempre se stesso. La ricerca di
cerimonie sociali del cortile: paesaggi incontaminati e solitari (il mare, i deserti, le foreste di dat-
tolieri) diventa quindi un’abitudine distintiva di Marco e dei suoi
Impossibile fuggire la camera, la notte, l’afa, la noia […]. L’indecisione aiutanti Francesco e Kikì, un desiderio tanto più urgente quanto
e la noia si mutano lentamente in un’angoscia mortale, tutta chiusa più si stringono le maglie dei suoi doveri familiari (Parti III e IV).
come una rotonda parete senza via d’uscita. L’aria è irrespirabile, ha Lontana dal costituire solo una fonte di facile sollievo, la natura
la bocca pastosa e calda, gli fanno male le ossa. I muri sono tiepidi, obbliga il ragazzo a un’autoriflessione inedita per il suo carattere,
le zanzare fischiano alle sue orecchie […]. Quel vasto mare fuori dalla avvia il flusso della memoria e della coscienza, sollecita un bisogno
piccola finestra, perché tace al buio, come una gran bestia accovacciata di espressione:
sulla spiaggia? Ne ha quasi paura, lui. E la gente nel cortile che parla e

252 253
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

Arrivò lontano, alle foreste di quei dattolieri che inseguiva da mez- Forse avevano ragione quelli che dicevano che egli leggeva troppi libri,
zogiorno, giusto all’ora del tramonto. Il sole calando aveva acceso i si guastava e si esaltava.166
grappoli di datteri rossi che splendevano come lampadari in cima al
fusto colorato e diritto, sotto i pennacchi grigi, confusi nel cielo e già La colpa è tutta di certi libri che non dovevo leggere, pare, e se le carte
lontani, al di sopra del sole. Egli era venuto per questo. Seduto sul ci- del mio gioco non combinano più è che ho perso tutti i numeri e mi
glio di un fosso, davanti alla foresta che s’incendiava in basso, guardò restano solo i fanti, le regine e i re.167
piovere la sera dal basso masticando lentamente i resti del suo pane:
sui grappoli spenti restava un rosso cupo, violento, di sangue coagula- Marco lascia l’Italia con i suoi libri fantastici e d’avventura che,
to […]. Le vele sul canale, spinte dal vento si erano gonfiate, piene di come la natura, lo consolano e lo esaltano, offrono modelli eversivi
sole e tutte rosa. di formazione: non a caso i testi citati raccontano tre giovani desti-
Marco cercò di scrivere col lapis qualche parola su la carta unta e spie- ni deviati e straordinari, alternativi alle consuete appartenenze di
gazzata del pane: voleva esprimere di quei datteri, di quel cielo, di tutto classe (London), di razza (Conrad), addirittura di specie (Kipling).
quel mistero, ma non gli riuscì. Per i datteri non trovò altro aggettivo Dai suoi eroi Marco apprende l’amore per l’esplorazione e la scoper-
che «rossi», e per le vele soltanto «belle». Poi aggiunse: grandi. La sera ta, per il viaggio verso l’ignoto:
calava tanto rapidamente che non poté più distinguere le parole dalle
macchie d’unto; rattristato si levò, lasciò la carta appallottolata dentro Tutto quello che gli piaceva restava alle sue spalle: i grandi giardini,
il fosso e ricominciò il cammino a testa bassa […].162 più lontano le campagne, le dune di Siuf, più lontano ancora il Nilo,
a Rosetta che, a navigarlo risalendo verso il sud, sarebbe entrato nel
La contemplazione del tramonto diventa sforzo comunicativo, ten- cuore sconosciuto e misterioso di una terra che cominciava ad attirarlo
tativo di fissare le emozioni, raro gesto di consapevolezza che non sordamente.168
può essere condiviso o compreso. Ugualmente solitaria ed eversiva
è la passione per la lettura, esercitata come via di fuga dal lavoro Nel tragitto fra l’Italia e il «cuore» del continente africano, il cortile
e dal peso della vita quotidiana, diventando la prima causa della costituisce solo un temporaneo arresto, un inciampo, una deviazio-
stravaganza di Marco: ne. L’orientamento simbolico del personaggio non prevede, dopo
le imprese del viaggio, l’approdo a una condizione stabile e dura-
– Dove le impari le parole che non mi dirai, malnato, nei tuoi libri forse, tura: non la crescita verso l’età adulta ma un ulteriore abbandono
che ne hai una cassa piena e anche quella te la mandano i tuoi servi all’ignoto, l’avventura, la solitudine, «tutto quello che gli piaceva».
dall’Italia, o dimmelo?163 Marco incarna una giovinezza senza termini temporali, regressiva
e narcisistica, per definizione sradicata e irrequieta. Il viaggio e la
Se almeno potesse leggere ma ha finito ieri l’ultimo libro e, comperarne lettura restano gli unici vincoli identitari nel momento in cui «la
degli altri, nemmeno pensarci […]. Bisognerà rileggere qualcuno dei coscienza della crisi di valori consolidati […] si riflette […] come
vecchi, quelli che sono in fondo alla cassa ed ha letto anche a suo padre; positività vitale, occasione di esperienze e di conoscenza».169
Martin Eden, per esempio, che l’aveva tanto commosso, pover’uomo, Dopo aver tradito tutte le donne che, ognuna a suo modo, lo
oppure Il libro della jungla o La Folie Almayer.164 Gli piacciono i libri volevano adulto, per Marco la continuità dell’avventura si confer-
fantastici o i libri di avventure. ma come ricerca di un materno «più caldo», ormai declinato in una
[…] – Troppa carta – gli dice Aram quando lo vede con i suoi giornali e i percezione ancestrale e selvaggia, che sappia finalmente assorbirlo
suoi libri – non potrai diventare un buon operaio. e nasconderlo:
Invece: crepar di fame, bisogna, ma leggere. Allora non pensa più a tut-
te le cose tristi e misere della sua grama esistenza. Che gente. Suo padre, Grande conforto quello di starsene seduti e veder passare la strada sotto
quando lo vedeva leggere era contento, quasi superbo.165 i piedi che ciondolano, stanchi e fermi […]. Pensa che ora va lonta-
no, nell’interno, a vivere piuttosto con gli indigeni che con i levantini

254 255
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

[…]. – Presto vedrò gl’ibbis e i nibbi. Forse vedrò Cairo e il Nilo grande. Il cortile è svelato a partire dal suo punto focale, elemento fisso in-
Forse l’Alto Egitto […]. Gli sembrò che il petto gli si gonfiasse di gioia. torno a cui si ordinano gli spazi del narrato. Lungo la verticale del
Possibile? fico scende lo sguardo della scimmia che abita, insieme, lo spazio
– Ah, come ho potuto aspettare tutto questo tempo!? […] – No, No! immobile della veglia e quello agitato del sogno. Disposta al mar-
– aveva voglia di gridare, i pugni stretti dentro le cosce serrate: – Non gine del racconto, la visione di Marco costituisce la sinossi simbo-
tornerò mai più, mai più, siate contenti pure voi –. E un gran riso gli tre- lica del romanzo, una breve sequenza di immagini (il sangue del
mava dentro, lo scuoteva tutto, la luce divorava il cielo, lo attirava verso sacrificio, le acque del mare, le mura del cortile) che rispondono
un orizzonte più caldo, misterioso, che poi laggiù l’avrebbe assorbito e a categorie semantiche profonde, introducono un piano di senso
nascosto. omogeneo e coerente che include, stigmatizzandoli, i principali ele-
S’appoggiò al sacco e chiuse gli occhi con un sospiro di sollievo. Avreb- menti dell’intreccio.
be letto, laggiù, una quantità di libri, e dei più belli.170 Cortile a Cleopatra è la storia di una maledizione che si avvera.
La vita di una comunità è sconvolta dalla presenza di un sogget-
Desiderio di lettura, di viaggio, di abbraccio materno (lo stesso che, to estraneo alle leggi condivise, che infrange un tabù (l’incesto) e
invano, aveva cercato sul grembo di Eva),171 ma anche e sempre mette a rischio l’assetto (quindi la sopravvivenza) della società. Per
desiderio di abbandono. L’euforia della fuga, la «fredda e splendida espiare l’avvenuta profanazione un membro del gruppo deve esse-
felicità»172 di Marco non è impeto violento dell’azione, improvvi- re tolto dal suo stato mondano e restituito, tramite sacrificio, alla
sa risoluzione all’iniziativa, ma il «grande conforto […] di starsene dimensione del divino, mentre l’autore del delitto si allontana in
seduti e veder passare la strada sotto i piedi che ciondolano, a ripo- un esilio senza fine e senza riscatto. Nella sua costruzione temati-
so». L’immagine con cui il personaggio si congeda ricorda il sonno ca il romanzo funziona come un racconto delle origini articolato
pomeridiano sotto il fico, «sdraiato all’ombra festosa e ondeggiante intorno ad archetipi profondi e paradigmatici, espressi da reti di
delle foglie», nell’incipit del romanzo: così il nomadismo di Marco corrispondenze simboliche. Nella sua struttura profonda si articola
non si realizza nel cambiamento, ma nella risoluzione a rimanere come una tragedia, rito condiviso ed esposto che oppone la legge
sempre uguale a se stesso, una vocazione alla libertà che diventa de- della civiltà a quella ancestrale e misterica del sangue, che alterna la
siderio di perdersi in una corrente («Come gli aquiloni […] ai primi superbia monodica dell’individuo alla voce del coro, espressione di
venti d’aprile») che lo trascina via da ogni legame, nella rinnovata una coscienza collettiva lacerata.
promessa di una felicità possibile. Secondo uno schema comune al mito e alla tragedia, il compier-
si della maledizione è determinato da due momenti distinti: quello
1.2.3 La magia nel realismo della profezia (codice di corrispondenze simboliche che la comuni-
tà, incapace di riconoscere il male e salvarsi, non sa interpretare) e
Seduta sul ramo basso del fico la scimmia sorvegliava Marco che dormi- quello della catarsi finale, con l’evidenza dell’empietà commessa.
va lì sotto sdraiato all’ombra festosa e ondeggiante delle foglie; dormiva Questo dualismo essenziale si declina intorno alla ripetizione di
con la bocca aperta e aveva sul petto la camicia sbottonata e macchie di una serie di episodi disposti in coppie attraverso il testo, in cui le
sole. La scimmia lo guardava, seduta come una donna […]. prime occorrenze (nelle parti I e II del romanzo) annunciano l’esito
Egli s’addormentò e sognò di sangue: sangue di polli sgozzati, di conigli tragico della vicenda (Parte IV). La visita dell’arrotino, il passaggio
sventrati, di montoni squartati. Il mare ingrossato dal vento si mise a dei carri indigeni, la macchia di sangue nel cortile esistono due vol-
battere contro il muro a nord. Aveva inghiottito tutta la spiaggia, gli te, prima come profezia del destino che lentamente si prepara, poi
parve, voleva entrare adesso, rombando, schiumando, e portarsi via come manifestazione del crimine e dell’avvenuto sacrificio.
le tracce di quel sangue innocente. E lui, Marco, niente poteva fare se L’arrotino, che apre il romanzo per poi ricomparire immedia-
non che arrampicarsi sulla cima del fico, là dove l’aspettava la scimmia tamente dopo la sequenza dell’incesto, funziona come marcatore
sconsolata.173 temporale, fissa un appuntamento: il suo secondo passaggio coin-
cide con l’ultimo tramonto sul cortile, col ripiegarsi definitivo della

256 257
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

scena e di un’azione durata lo stesso tempo che impiega un coltello va giù dal tubo guasto, a gocce, aveva fatto una pozza di un rosso
affilato a consumarsi di nuovo. Particolarmente allusivo, anche sul quasi nero e un rivolo cominciava a scendere serpeggiando nella
piano metaletterario, è il dettaglio della ruota che gira e cigola, in- polvere.
granaggio della rappresentazione che si mette in moto, segnale di Polissena si prese le guance tra le mani.
un andamento ciclico del racconto: – Ma non c’è bestia sul terrazzo, Kyria. Il padrone non ha portato be-
stia in casa, questa settimana.
Sentì strisciare i piedi nudi dell’arrotino che se ne andava con la ruota – Mmm – faceva la scimmia in piedi lassù [sul terrazzo] e spalancava le
su la spalla. Quanto tempo quella ruota aveva girato cigolando mos- braccia, disperate.
sa dal piede nudo dell’uomo, per arrotare tutti i coltelli di casa e quelli – Vedi come cammina – sussurrò Crissanti che invece guardava in terra,
dei vicini: pensò alla baruffa che poteva scoppiare tra sua madre e le offesa, testarda – vuol venire a bagnare la zucca. Portami sabbia, devi,
altre donne del cortile adesso che i coltelli avevano tutti il filo diritto come l’altra volta.177
fresco e lucido […].174
L’analogia delle situazioni nasconde la progressione drammatica
C’è l’arrotino nell’angolo del cortile dentro l’ultimo raggio di sole che del finale, con la scoperta della terribile sostituzione del capro espia-
batte sul muro: la ruota gira e cigola. Ha arrotato l’ultimo coltello, torio: il sangue di Eva versato per espiare la colpa del corpo profa-
ora ne picchia il manico sulla pietra, lo liscia sulla palma e lo fa scintilla- nato («Eva ha abbandonato i larghi fianchi che non le saranno più
re […]. Quando l’arrotino se ne va anche il sole abbandona il muro, di faticoso peso»), per cancellarne il racconto («– Tacerò, adesso, oh
il fico ripiega le foglie, i piselli si stringono alle canne e l’aria diventa sì»)178 e, quindi, l’effetto nefasto per la comunità.
grigia.175 Procede per ripresa sintetica anche l’incontro con il carro dei
contadini arabi che entra in città la sera del fidanzamento di Marco
Allo stesso modo, la scena del sacrificio è ripetuta simmetricamente (al margine del rito che segna l’ingresso nella struttura patriarcale
non solo nei suoi riferimenti tematici (l’alba, il sangue, la sabbia) del clan) e si allontana verso l’entroterra nella notte del suo esilio:
ma nella strategia formale dell’episodio che si sviluppa in perfetta
analogia con gli stessi personaggi, la stessa sequenza di azioni (la Vide passare il carro indigeno e si fermò a guardare. Viene dalla cam-
scoperta della macchia, l’allarme della scimmia, la protesta di Cris- pagna, lungo e stretto geme su le ruote e cigola, tirato lentamente da
santi, l’intervento di Polissena), perfino gli stessi gesti: un asino sfiancato. Il lampioncino fumoso oscilla appeso a una stan-
ga […]. In mezzo ai panieri e ai sacchi di fave siedono le donne
All’alba la scimmia guardava inquieta una chiazza densa e scura che arabe che si tengono con le mani le gambe incrociate; ampie, materne
s’allargava nell’angolo del cortile […]. Lo strano liquido colava giù e misteriose dentro il manto nero che le avvolge e le arrotonda scen-
dal tubo guasto che lungo il muro saliva al terrazzo, […] un rivolo dendo dalla testa fino alle ginocchia: larghe sono e rotonde alla base,
cominciava a scendere nella polvere e andava a formare un’altra come le uova, ma sono grandi e nere, velate a lutto fino agli occhi di-
pozza sotto la finestra della cucina di Crissanti […]. pinti. Sembrano addormentate così sedute e immobili, hanno la fronte
– Ah! – gridò [Crissanti] alzandosi le mani su le guance, spaventata e le mani scure, il palmo roseo, si tengono il bambino su le ginocchia
[…]. – Ah, sfortuna, miseria, malattie! Sangue sulla porta di casa! e piegano dolcemente la testa su la spalla. Qualche volta le più giovani
[…] – Non è niente Kyria… Il padrone ha fatto ammazzare la bestia si riconoscono da quel seno turgido e scuro che le dita fanno sbocciare
questa notte, sul terrazzo. dal manto e spingono nella bocca del bambino: una perla azzurra
[…] Polissena andava su e giù a raccogliere pugni di sabbia in un ango- pende dal seno legata ad una cordicella.179
lo del cortile, li gettava nella pozza di sangue.176
Quando sentì cigolare il primo carro che veniva dalla città si fermò
All’alba Polissena si alzò, veramente affamata, lei, e languida […]. sul ciglio della strada e aspettò; tirato da un mulo portava i sacchi di
[Crissanti] le mostrò il sangue che si coagulava tra le zolle aperte: cola- farina e di fave e le donne velate, rotonde, sedute sopra il fascio di

258 259
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

trifoglio. C’erano i bambini addormentati con le gambe che pendeva- Le pellicce in agguato nel negozio di Abramino sembrano sul punto
no giù, c’era la donna giovane col fantolino attaccato al seno e la per- di liberare una forza voluttuosa e mortale, determinano il contesto
la celeste; c’era il moccolo fumoso dentro un vetro sporco e l’arabo simbolico (l’immanenza della morte, l’irresistibile languore delle
che conduceva cantava sommessamente ad occhi chiusi.180 superfici, la claustrofobia dello spazio) e anticipano l’azione (il pre-
cipitare dei corpi dall’alto al basso) per l’abbraccio fra Marco ed Eva.
Nel secondo passaggio la lunga descrizione è ridotta a singoli ag- Proprietà delle figure animali è quella di esercitare sul protagonista
gettivi (la sequenza velate-rotonde-sedute che sostituisce due interi insidiose suggestioni, esponendolo alla minaccia-seduzione di un
periodi) o a brevissime sequenze riproposte come catalogo riassun- femminile bestiale e allucinato («Durante un attimo in mezzo a tut-
tivo di quanto precedentemente esposto. Il rinvio è evidenziato te quelle donne che si agitavano Marco vide una grande scimmia in
dalla connotazione deittica dell’enunciato, che sostituisce l’inde- piedi, di schiena, fare i gesti di tutte quelle donne», p. 227).
terminazione del tempo, dell’articolo e del numero con soluzioni Dentro la trama di questi emblemi, l’intero impianto della nar-
singolative e denotative (una perla  la perla; qualche volta le più razione è alimentato da una misteriosa ragione che guida gli eventi
giovani si riconoscono  c’era la donna giovane). al loro esito (senza via d’uscita) e costringe il ragazzo a prolungare,
Tempo della storia, sacrificio, esilio. Le tre indicazioni determi- contro la sua stessa volontà, la sosta nel cortile:
nano la linea guida dentro cui si riflettono le diverse proiezioni del
sogno di Marco, in uno sciame di immagini ricorrenti e derivate nel Ogni volta che egli si dice «meglio andarsene», è proprio quando sente
corso del romanzo: i coltelli esposti al sole da Haiganùsh (p. 86), i che non può, c’è qualche cosa nell’aria che lo tiene, bisogna restare,
colpi di lama del delitto alla Ghenena (p. 132), il colore del sangue ascoltare, vedere, senza una ragione che egli possa capire, ma dev’esse-
al tramonto sopra le foreste di dattolieri (p. 181) e il sangue che cola re una misteriosa ragione che esce dalla testa di quella gente come un
dal corpo del pellicano abbattuto (p. 261), il macello dei montoni fumo malefico e lo costringe là. L’indecisione e la noia si mutano len-
esposti nelle baracche del quartiere indigeno (p. 201) e il muggito tamente in un’angoscia mortale, tutta chiusa come una rotonda parete
del bue che investe le grida dentro il cortile («Si unì un’altra voce, senza via d’uscita.182
più bassa, lacerante come il muggito di un bue al macello», p. 299).
La presenza del regno animale, inizialmente limitata alla sola Se c’è un tratto eroico nella figura distratta e inerte di Marco è pro-
Beatrice («La compagna gelosa, che ha avuto una sì gran parte nel prio per la misura fatale e inconsapevole delle sue azioni, determi-
malefizio»), nella seconda metà del testo è ricondotta ad allucina- nate da un disegno imperscrutabile che lavora («Una macchina sor-
zioni tenebrose e mortifere: da lavora giù nelle fondamenta»)183 alla costruzione del racconto:
«Sentiva la presenza di certi mostri che nuotavano là sotto, senza
Marco non poteva guardare le vetrine, la notte, senza sentirsi agitato o agitare un’onda, né fare una bolla d’aria».184 Il sortilegio è esteso a
sorpreso: volpi e linci lo spiavano con gli occhi scintillanti arrotolate tutto il cortile, continuamente minacciato dalla prossimità oscu-
come serpi, […] toccavano il vetro con la punta del naso, e facevano, ra dell’acqua, altra protagonista del sogno di Marco. La pioggia e
mostrando i denti fra le gengive rosse, un astuto sorriso. Le altre pelli, il mare penetrano «sotto la casa», avanzano «lungo il muro e nel
decapitate, tendevano le zampe rigide, le unghie curve e minacciose: soffitto» in macchie di umidità che, significativamente, hanno lo
pigiavano tutte il pelo contro il vetro, dall’interno, come se volessero stesso andamento e lo stesso effetto del sangue:
forzare i battenti e rovesciarsi sul pavimento, tenebrosa e soffice va-
langa, per poi assediarlo, rampare su di lui, avvolgerlo. Non le sentiva [Il sangue] aveva fatto una pozza di un rosso quasi nero e un rivolo
proprio nemiche quelle bestie, ma pericolose. Guardava la scaletta nella cominciava a scendere serpeggiando nella polvere.185
penombra come se altre bestie dovessero strisciare dall’alto ondulando
i fianchi, svelte e mute; riprendevano vita uscendo dai sacchi e non Un rigagnolo partendo dalla finestra arrivò torcendosi a serpente
erano né talpe né conigli, come dicevano i timbri azzurri a rovescio, ma fino in mezzo alla camera e vi allargò una pozza d’acqua polverosa.186
lontre misteriose, feroci leopardi, castori intelligenti.181

260 261
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

L’interazione metaforica fra le case raccolte intorno al fico e il mare fondo di una ciotola e organizzano banchetti per gli angeli, pratica-
termina alla fine della III parte nell’immagine del cortile come no l’uccisione riturale del montone e soffrono come una sventura
«una barca che navigava su un fianco ed era quello della casa di la vicinanza del sangue. La connotazione incantata della vicenda
Abramino»,187 dove si addensano i segni del male pronto a con- non è distinguibile da quella rituale, magico e sacro sono legati
sumarsi. Alla descrizione realistica dello spazio si sostituisce il suo dall’immanenza delle loro manifestazioni, dall’esercizio misterioso
referente simbolico (l’imbarcazione che procede verso l’approdo dei loro stregoni-sacerdoti (per lo più declinati al femminile) capaci
del racconto) e poi, nel momento dell’esilio di Marco, l’immagine di spiegare e determinare il destino degli altri personaggi:
catartica della sua trasformazione:
Egli si sentiva preso dentro a un malefizio (che altro poteva essere quel
Scese di corsa sulla spiaggia e quando fu in basso guardò su, «per l’ulti- gelo al cuore?) e se avesse avuto il coraggio di parlarne, l’avrebbe detto
ma volta», si disse; ma fu abbagliato. a sua madre e a Polissena perché rompessero l’incanto con i loro in-
Una luna pomposa e fresca pendeva giusto sopra il cortile, a picco; la censi e le scaramanzie là in mezzo al cortile; forse avrebbero chiamato
palizzata splendeva come d’argento, la testa del fico luminosa scintil- la fattucchiera beduina, quella che leggeva nella semola e tracciava in
lava da ogni foglia, e egli se avesse potuto guardare là dentro avrebbe terra segni cabalistici, oppure una di quelle misteriose donne greche
visto – ne era certo – luccicare le corolle dei fiori di pisello come se ognu- che venivano a visitare Crissanti, con le mani nascoste dentro lo scialle.
na avesse un diamante e la sabbia del cortile, accesa, bruciare come una Anche Haiganùsh aveva le sue preziose visitatrici ammantate di nero,
polvere di fuoco. La luce non scendeva dalla luna ma balzava su dal cor- che quando apparivano improvvisamente sul cancello egli era colpito
tile in un gran fascio tremolante, lanciata verso il cielo, e su, su, s’allar- dai loro occhi tenebrosi e pensava nel vedere quelle fronti scure, quei
gava, si divideva in altri raggi palpitanti, di un rosa magico, liquido, di fieri nasi aquilini dalle grandi narici: – Che malefizio non scongiurereb-
meraviglioso splendore, che poi ricadevano scivolando a ondate lungo bero questi visi?190
la curva del cielo e gocciolavano bassi nel mare.188
Variazione levantina del mito e dell’azione tragica, la storia di Mar-
L’angoscia mortale si interrompe non appena l’abietto abbandona co e dei suoi amori dialoga con un pantheon disordinato in cui
il cortile: una palingenesi luminosa celebra l’allontanamento del- si incontrano, contaminandosi, tutte le religioni mediterranee.
la presenza maligna («Io sono un maledetto»»,189 aveva ammesso Cristiani, ortodossi, ebrei, musulmani, perseguitati dal malocchio,
Marco), l’ascesa di raggi palpitanti inverte l’orientamento dall’alto ossessionati dalla colpa o dalla certezza della propria virtù, all’oc-
al basso che incombe per tutta la rappresentazione attraverso la ver- correnza fanatici integralisti o disponibili alla tolleranza: con la sola
ticale discendente del fico, lo sguardo della scimmia (che osserva eccezione del protagonista, tutti i personaggi rispondono a una
la scena dal ramo o dal terrazzo), la caduta mortale di bestie, corpi, specifica categoria di fedele, portano il segno del loro particolare
acqua e sangue. La profezia è avverata e la magia irradia dal cortile, battesimo che ne determina abitudini, alimentazione, sistema di
purificato. valori, misura del tempo. Escluso dal culto solitario e ossessivo del-
La coerenza strutturale del testo sembra garantita dalla tenuta di la madre, incapace di sedersi al generoso banchetto di Abramino,
un sistema di simboli dall’elevata dialogicità interna, che impongo- Marco misura la propria alterità nel radicale rifiuto di ogni identità
no un altro linguaggio per l’enunciazione della storia: quello della religiosa («Religione non hai, in nessuna chiesa puoi entrare»).191
profezia che anticipa gli eventi e della Sfinge che ne svela l’enigma. Del tutto estraneo alle liturgie condivise dalla comunità, non può
Questa rete di archetipi fondativi riesce ad agire dentro l’impianto che assistere alle diverse messe in scena ignorando tanto i riferi-
realistico della narrazione attraverso un costante processo di tra- menti culturali quanto le convenienze sociali che le determinano,
duzione, un passaggio di codici che lega il trascendente al quoti- rielaborandone i contenuti in una chiave ironica e infantile:
diano e che si esplica nell’esercizio di riti, comportamenti e gesti
determinati dalle diverse professioni religiose dei personaggi. Gli La vecchia parente moveva piano la grossa testa da marionetta digni-
abitanti del cortile digiunano e pregano, interrogano la semola sul tosa e raccontava con una voce lenta che le veniva dallo stomaco ben

262 263
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

pieno quel che succedeva in casa sua, la notte di kippur […]. Preparava La deformazione del rito in scherzo della fantasia svela la sua appar-
sulla tavola della sala da pranzo una bella tovaglia di bucato, il pane tenenza al repertorio simbolico del testo. Con una doppia agnizio-
kascer, il grano, il sale, il vino, l’acqua: bella tovaglia, tutta ricamata, ne, nel momento in cui Marco avverte la presenza di Eva riconosce
belle caraffe di cristallo. E poi una catinella, un asciugamano, i libri di il potere evocativo della sua visione: il dialogo con gli angeli non è
preghiere […] e i lumini a olio, per i morti di famiglia […]. solo la proiezione dissacrante delle pratiche ebraiche, ma un altro
– La luce rimane accesa tutta la notte e nessuno entra nella stanza. La enunciato della profezia. La parodia delle abitudini familiari, con
casa è purificata e gli angeli possono visitarla […]. il bozzetto della vecchia parente colma di cibo e di superbia, e la
– Ma perché il pane, il sale, il vino? parabola dell’incesto, già compiuto e inutilmente denunciato dal
– Gli angeli devono mangiare. pianto di Eva, si scoprono sovrapposti, tematicamente coincidenti
– E perché la catinella e l’asciugamano? e distribuiti, ancora una volta, fra l’enigma del vaticinio (la notte
– Gli angeli si lavano le mani, e siedono, e leggono le preghiere. di kippur) e la sua inevitabile realizzazione («Questa volta non è un
[…] Ci ripensò la notte nel suo letto, svegliandosi improvvisamente sogno»).
[…]. La luce che si vedeva a pena attraverso le persiane non poteva esse- Prima che tragedia del sangue e dell’incesto, Cortile a Cleopatra
re che il tramonto della luna. è la tragedia dell’ambiguità del segno, dell’intraducibilità del sim-
Invece erano gli angeli […]. Erano tutti là, cinque o sei, teneri e fosfo- bolo. I codici coinvolti appartengono a precise tradizioni storico-
rescenti come le meduse, sorridenti, e avevano su la schiena, chiuse, culturali, restituite dal narratore con la precisione (laica ma appas-
le grandi ali gobbe che sembravano quelle d’immensi avvoltoi. Cam- sionata) dell’etnografo ed esercitate attraverso una serie di codici
minano strisciando a terra l’orlo leggero del vestito e aprono le porte linguistici, di gesti, di oggetti solo apparentemente quotidiani (le
toccandole appena con le lunghe dita di certe mani lilla. Sono angeli tovaglie, il sale, le brocche d’argento). Di fronte alla pluralità dei
bruni, che hanno lunghi riccioli, lunghi sguardi violetti […]. La parente sistemi coinvolti, l’incompatibilità linguistica non è esperienza del
che ha messo il sale sulla tavola, per distrazione ha lasciato anche il solo Marco: ogni personaggio è chiuso nella sua stretta rete di rife-
pepe, uno degli angeli l’addita agli altri, nasconde la bocca e ride…192 rimenti, incapace di farsi comprendere e, di fatto, del tutto disinte-
ressato a comprendere l’altro.
L’ingenuità fantastica di Marco esaspera il piano dell’esibizione for- All’alba, il sangue benigno del montone è portatore di sventura
male riducendo la pratica religiosa a un gioco di vuote apparenze per Crissanti. Sorda all’allarme di Beatrice (piccola Sfinge che inu-
che sembrerebbe celare, dietro la libera associazione del personag- tilmente sembra indicare l’evidenza del maleficio), la donna greca
gio, l’implicito distacco critico del narratore. non vede che un pretesto per rivendicare la sua insofferenza verso
A invertire nuovamente contenuti e referenti interviene l’en- le ripugnanti abitudini dei vicini ebrei («Gli occhi neri di fosco ran-
nesima ripresa testuale: il sonno di Marco interrotto dal disperato core fulminavano la casa di Abramino […] era stanca […] di vivere
appello di Eva, la notte dell’incesto. Al di là della persiana chiusa, la in mezzo a gente senza fede e senza rispetto»).194 Del tutto ignari del
donna assume la posizione e i gesti degli angeli: disegno che si nasconde nelle macchie di sangue, cristiani e israeliti
si riconciliano la sera stessa di fronte all’abbondanza della carne di
Si svegliò subito – o gli parve, ma era passata giusto un’ora – sentendo montone, espressione questa volta di una comunità che sa bene
battere leggermente sulle persiane […]. Un’altra notte l’avevano sve- come intrecciare (e come dosare) le ragioni della fede con quelle del
gliato così, la notte di kippur, gli angeli che andavano a visitare la casa benessere:
del pellicciaio.
– Ma questa volta non è un sogno – pensò toccandosi gli occhi, le guan- Abramino […] offre a Crissanti un grande piatto su cui è adagiata una
ce. – Sono proprio sveglio, chi mi chiama? – e scese dal letto, scalzo, bella coscia di montone […]. Dopo la calma, la coscia di montone signi-
s’avvicinò alla finestra tenendo il respiro. Qualcuno moveva i sassi, fica alleanza e domani, dopo laboriosa digestione, idillio […]. Crissanti
fuori, e i suoi occhi, snebbiati, cominciavano a vedere la finestra che lo guarda incantata e pensierosa, anche le madonne guardano là in fon-
filtrava il chiaro di luna.193 do e strizzano le bianche pupille: lentamente lo segna con la croce […].

264 265
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

1. Natalia vestita di nuovo, intervista di Marco Vallora, cit., p. 248.


Non ha più niente di angelico. L’avidità e la soddisfazione le stanno 2. Fausta Cialente, Straniera dappertutto, cit., p. 84.
sulla faccia.195 3. Ead., Natalia, Roma, Sapientia. Edizioni dei Dieci, 1930, pp. 8-9.
4. Ivi, p. 12.
5. Ivi, pp. 12-13.
La maniera ironica del racconto coinvolge le madonne adorate ne- 6. Ivi, p. 33.
7. Ivi, pp. 41-42.
gli altari domestici di Crissanti, ma non basta a liberare l’episodio 8. Ivi, p. 80.
del suo valore simbolico e trascendente: il palinsesto mitico del 9. Ivi, p. 49.
romanzo mantiene la sua coerenza strutturale e, anzi, è articola- 10. Ivi, pp. 81-82.
11. Ivi, p. 87.
to proprio sui sistemi stilistici del realismo. La vicenda ancestrale 12. Ivi, p. 84.
dell’incesto e del tributo di sangue scorre fra le icone e i riti monda- 13. Ivi, pp. 109-110.
14. Ivi, p. 175.
ni delle diverse credenze levantine, usa tutti i linguaggi disponibili 15. Ivi, p. 50.
per essere ignorato e incompreso, fino alla fine, da tutti. Il potere 16. Ivi, p. 41.
malefico che cresce e si consuma dentro le mura del cortile riem- 17. Ivi, p. 43.
18. Ivi, p. 42.
pie lo svuotamento dei simboli sociali, misura l’incongruenza fra 19. Ivi, p. 48.
le rappresentazioni della tradizione religiosa e la loro primitiva, in 20. Ivi, pp. 101-103 (miei i corsivi).
21. Ivi, pp. 105-106.
buona parte dimenticata o trascurata, valenza sacrale. 22. Ivi, p. 161.
In Cortile a Cleopatra la magia, così determinante per le ragio- 23. Ivi, p. 207.
ni del testo, si presenta come componente complessa e articolata, 24. Ivi, pp. 219-220.
25. Ivi, p. 221.
profondamente originale rispetto ai modelli letterari di riferimen- 26. Ivi, p. 226.
to. Immune alle derive dell’indagine introspettiva, il malefizio del 27. Ivi, p. 225.
28. Ivi, p. 262.
cortile non si risolve nel rapporto fra un singolo personaggio (il Val- 29. Ivi, p. 266.
dermaro di Natalia) e la realtà, non introduce nell’impianto reali- 30. Ivi, p. 265.
31. Ivi, p. 266.
stico del racconto elementi stupefacenti o esplicitamente estranei 32. La sequenza è individuata da Cialente come nucleo generativo dell’intero romanzo: «Mi tro-
al piano del verosimile: non realismo magico, piuttosto una ma- vavo ancora, per Natalia, nelle nebulose dell’astratto quando durante il periodo in cui riflettevo
gia tanto reale da confondersi dietro le maschere diurne e abituali al suo mondo romanzesco, d’improvviso e misteriosamente un giorno mi si presentò davanti
agli occhi una scena in tutta la sua chiarezza: una figura femminile appoggiata ai vetri di una
della convivenza borghese. Una magia che, agendo da filtro fra la finestra, in una camera che era una camera d’albergo d’una città straniera; alle sue spalle, verso
dimensione del sogno e quella della realtà, determina la struttura il fondo della stanza, in una confusa penombra, una figura non disegnata ma che sentivo essere
un uomo non tanto giovane; un uomo che quella donna non amava, ma che portava a lei un
profonda della narrazione e le sue forme. Infine, una magia colletti- grande e speciale affetto; senza volto, senza colore, eppure già tutto gonfio d’amorosa pietà. Al di
va, che si manifesta solo nello scambio quotidiano di informazioni là della donna, oltre i vetri, calava il sole di quel paese straniero e compresa nella forma delicata
e beni, solo nella condivisione di spazi e memorie. Costretto nelle e affascinante – per me – della giovane donna, io sentivo un’altra presenza che mi svegliava a
una grande compassione e che era quella di un bambino morto». Fausta Cialente, Personaggi,
maglie di un presente storicamente e geograficamente connotato, «Il Giornale d’Oriente», 8 febbraio 1938. Ritaglio allegato alla lettera di Fausta Cialente a Sibilla
il modello ancestrale interroga l’identità dei personaggi e la loro Aleramo, Alessandria d’Egitto, 16 febbraio 1938, Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Ale-
ramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939.
capacità di comunicare contenuti culturali alternativi. Di fronte a 33. Monica Cristina Storini, Oltre il «realismo magico», cit., p. 108.
un mondo di diversità radicali che si contagiano e si rifiutano, l’af- 34. Fausta Cialente, Natalia, cit., p. 339.
fabulazione simbolica del mito mette alla prova i codici dell’unità 35. Ivi, cit. p. 339.
36. Fausta Cialente, Le quattro ragazze Wieselberger, cit., pp. 143-144.
sociale, reintroduce nella discontinuità dell’esperienza un potere di 37. Ead., Natalia, cit., pp. 7-8.
significato universale. 38. Ivi, p. 11.
39. Cfr., Marina Zancan, Le autrici. Questioni di scrittura, questioni di lettura, cit., pp. 87-135.
40. Fausta Cialente, Natalia, cit., p. 304. La stessa espressione ricorre nei pensieri di Natalia, nel
momento del primo abbraccio con Silvia (p. 110): «Ecco, se ora dovessi raccontare questo, lo
racconterei con parole straordinarie».
41. Ivi, p. 308.
42. Ivi, p. 61.
43. Ivi, pp. 12-13.

266 267
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

44. Ivi, pp. 91-92. 77. Ivi, p. 293: «Bevendo gli venivano delle idee […]. Scivolava, anche Malaspina»; pp. 293-294:
45. Ivi, p. 247. «Gli presentò una sera […] per guardarla mentre dormiva».
46. Ivi, pp. 254-255. 78. Ead., Straniera dappertutto, cit., p. 84.
47. Ivi, pp. 255-256. 79. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., p. 105. I numeri di pagina sono riferiti all’edizione
48. Ivi, p. 298. Corticelli (1936).
49. Ivi, p. 315. 80. Ivi, p. 108.
50. Ivi, pp. 335-337. 81. Ivi, p. 208.
51. Esemplare, in questo senso, la sua riflessione sulla purezza: «La purezza primitiva, incoscien- 82. Ivi, p. 137.
te, le sembrava una magnifica invenzione letteraria già che il risveglio dell’intelligenza è il primo 83. Ivi, p. 222.
segno d’impurità. Il suo risveglio datava d’un giorno assai lontano e le sembrava perciò, one- 84. Manca un riferimento preciso all’anno, plausibilmente compreso fra il 1920 e il 1922 se si
stamente, di non essere mai stata pura secondo la morale e la religione. Che cos’era, in fondo la considera l’età del protagonista (ventenne) e i suoi ricordi della Grande guerra. L’ambientazione
purezza, non lo sapeva. Se era “ciò che non ha miscuglio” ella si era mescolata a troppe cose e i dovrebbe quindi coincidere esattamente con il primo sbarco di Cialente ad Alessandria d’Egitto,
giardini della malizia l’avevano conosciuta assai meno che adolescente […]. La purezza […] le nel 1921.
stava addosso come una campana di vetro sopra i fiori di celluloide dipinta. Non sapeva trovare 85. Evidenziata dal ricorso a notazioni temporali quali: «Ogni mattina; a quell’ora; al tramonto;
nuove parole per dirgli che non aveva fatto niente per averla e niente per perderla e le ciondolava adesso; quello è il momento in cui; se non è il giorno del bucato […] ma è un giorno qualunque;
al collo come un amuleto inutile». Ivi, pp. 52-54. passata l’ora dei venditori».
52. Henri Bergson, Il riso, saggio sul significato del comico, Roma, Laterza 2001, p. 110. 86. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., p. 16.
53. Aberto Asor Rosa, La storia del “romanzo italiano”? Naturalmente, una storia “anomala”, in Il 87. Ivi, pp. 35-37.
romanzo, a cura di Franco Moretti, vol. III, Storia e geografia, Torino, Einaudi, 2002, p. 281. 88. Ivi, p. 86.
54. Fausta Cialente, Natalia, cit., p. 328. 89. Ivi, p. 100.
55. Lettera di Fausta Cialente a Giuseppe De Robertis, Roma, 26 agosto 1953, Gabinetto Scien- 90. Ivi, pp. 101-103.
tifico Letterario G.P. Vieusseux, Fondo Giuseppe De Robertis, Corrispondenza, doc. 1249.3. Già 91. Ivi, pp. 167-168.
citata in Maria Serena Palieri, Radio Cairo. L’avventurosa vita di Fausta Cialente, cit., pp. 241-242 92. Ivi, p. 113.
56. Fausta Cialente, Natalia, Milano, Mondadori, 1982 – per il resto del paragrafo Natalia, cit., 93. Ivi, p. 203.
1982. 94. Ivi, p. 223.
57. Ead., Straniera dappertutto, cit., pp. 84-85. 95. Ivi, p. 269.
58. Ead., Natalia, Milano, Mondadori, Sapientia. Edizioni dei Dieci, 1930 – per il resto del para- 96. Ivi, p. 258.
grafo Natalia, cit., 1930. 97. Ivi, pp. 200-201.
59. Ivi, p. 9. 98. Fanno riferimento ai luoghi principali della narrazione anche i titoli della Parte I (ancora
60. Ead. Natalia, cit., 1982, pp. 10-12. Cortile a Cleopatra) e della parte III (La bottega del pellicciaio).
61. Ead., Natalia, cit., 1930, pp. 13-14. 99. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., p. 301.
62. Ead., Natalia, cit., 1982, pp. 16-17. 100. Paola Azzolini, Cortile a Cleopatra di Fausta Cialente, in Letteratura italiana, diretta da Alberto
63. Ead., Natalia, cit., 1930, pp. 16-17. Asor Rosa, XV, L’età contemporanea. Le opere 1921-1938, Roma, Einaudi-Gruppo Editoriale l’E-
64. Ead., Natalia, cit., 1982, pp. 19-20. spresso, 2007, p. 523.
65. Cfr. ivi, pp. 35-37: «Una partenza annunciata da tempo […] l’appartamento si svuotava». 101. Ibid.
66. Cfr. ivi, p. 38: «Invece stava pensando […] della complicità di Natalia». 102. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., pp. 11-12.
67. Ead., Natalia, cit., 1930, p. 109. 103. Ivi, p. 12.
68. Ivi, p. 108. 104. Paola Azzolini, Cortile a Cleopatra di Fausta Cialente, cit., p. 524.
69. Ivi, p. 125. 105. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., pp.13-14.
70. Ibid. 106. La corrispondenza tra finestra-balcone e figura femminile è disattesa solo dal personaggio di
71. Ibid. Eva: «Abramino è pazzo a tenersi per moglie quella figura dipinta e lussuosa e voler che rimanga in-
72. Ivi, pp. 125-126. quadrata nelle persiane sgangherate e storte di una povera finestra aperta in un muro scalcinato…
73. Cfr. ivi, pp. 88-89: «Non poteva pensare che scavando […] sentiva che il suo cervello diventa- Ci vuol altro, ci vuol altro», p. 61. Il mancato inquadramento di Eva, l’impossibilità di riconoscersi
va freddo»; pp. 89-90: «Si svegliava ogni tanto […] vuota e stanca»; p. 108: «Il mostro agonizzava nella cornice che dovrebbe rappresentarla, segnala immediatamente il diverso destino del perso-
[…] né più né meno»; pp. 151-152: «Natalia ha la memoria vertiginosa […] quelle passeggiate naggio, goffamente e tragicamente inadeguato e, per questo, condannato all’errore e al sacrificio.
in campagna?»; pp. 154-155: «Tutto quello che avviene è dipinto sul vetro […] le ore fanno 107. Cfr. Elena Clementelli, Fausta Cialente, in AA.VV., Letteratura italiana. I contemporanei (1974),
l’altalena e la sua testa gira»; p. 163: «Come se guardasse dentro un’acqua profonda […] ella non IV, Milano, Marzorati, 1989, pp. 353-363; Paola Azzolini, Cortile a Cleopatra di Fausta Cialente,
diceva niente»; pp. 178-179: «Quando Natalia ebbe esaurito tutti i mezzi […] avrebbe perdonato cit., p. 523; Renata Asquer, Fausta Cialente: la triplice anima, cit., p. 58.
Natalia»; p. 203: «La paura di avere un cuore sterile […] ma non sapeva come cominciare». 108. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., p. 17.
74. Ivi, p. 183: «E gli pareva […] con gran fatica»; p. 278: «Lo zio era proprio dispettoso […] ritro- 109. Ivi, p. 77.
vare i fiammiferi»; pp. 281-282: «Ma non poteva dire […] non serviva che a questo»; pp. 285-286: 110. Ivi, p. 78.
«I giorni di pioggia andava […] per un giorno, per due giorni»; p. 300: «Non potendo abituarsi 111. Ivi, p. 81.
[…] l’inverosimile sospetto»; p. 301: «Riprendevano appoggiate al tavolino […] colpi di bacchet- 112. Ibid.
ta sulle dita»; p. 309: «Alla fine della storia una […] a solleticare il vetro con le antenne»; p. 315: 113. Ivi, p. 82.
«Da quando viaggiava […] qualche cosa di maligno o di sgradevole»; pp. 316-331: «– Io – diceva 114. Ibid.
Natalia […] e il bicchiere dell’altra». 115. Ead., Ogni pagina una scenografia. Fausta Cialente intervistata da Carla Vasio, cit., p. 10.
75. Ivi, pp. 113-114: «L’odore di un cavolo la […] seggiola era dura». 116. Ead., Cortile a Cleopatra, cit., pp. 138-139.
76. Ivi, p. 61: «La voluttà li scoteva […] Anch’io –». 117. Ivi, pp. 139-140.

268 269
FAUSTA CIALENTE. LA MEMORIA E IL ROMANZO Il romanzo di formazione

118. Ivi, pp. 145-147. damente» e la nota passione di Cialente per Conrad sembrino rimandare a Heart of Darkness,
119. Ivi, p. 152. l’autrice non aveva ancora letto il romanzo: «Ho letto pure Couer de tenebres di Conrad, che
120. Monica Cristina Storini, Oltre il realismo magico, cit., p. 113. non conoscevo», scrive ad Aleramo il 17 luglio 1934 (lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo,
121. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., p. 10. Alessandria d’Egitto, 13 luglio 1934, Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corri-
122. Ivi, pp. 29-30. spondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939).
123. Giuliana Minchelli, L’Africa in cortile: la colonia nelle storie levantine di Fausta Cialente, in 169. Marina Zancan, Le autrici. Questioni di scrittura, questioni di lettura, cit., p. 115.
«Quaderni d’italianistica», XV (1994), 1-2, p. 227. 170. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., pp. 289-292.
124. Ivi, p. 229. 171. «Trovò le sue scarpe lucide, le sue grosse caviglie. Chiuse gli occhi, abbracciò strettamente
125. Cfr. Jurij Michajlovič Lotman, Il metalinguaggio delle descrizioni tipologiche della cultura, in Ju- quelle ginocchia e affondò la testa nel vestito. – Eva! – singhiozzò – aiutatemi voi! Non ne posso
rij Michajlovič Lotman, Boris Andreevič Uspenskij, Tipologia della cultura (1975), Milano, Bom- più, non ne posso più – Vere lagrime calde e abbondanti gli bagnarono il viso […]. Aveva trovato
piani, 19953, pp. 145-181. dove mettere la sua povera testa che gli faceva male da tanto tempo, e quella cosa dura compatta
126. Cristallizzato nell’ossessione di Dinah per le Gallerie Lafayette. che si scioglieva dentro la sua gola e il suo petto e poi gli scorreva nelle vene come un tiepido latte
127. Determinante l’episodio del bacio fra Haiganùsh e un ragazzo siriano (pp. 263-265). zuccherato, era di nuovo la felicità: o quasi», ivi, pp. 270-271.
128. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., p. 15. 172. Ivi, p. 293
129. In apertura del romanzo l’autrice prevede un piccolo Vocabolario con il significato in italia- 173. Ivi, p. 9.
no di tutti i termini arabi presenti nel testo. 174. Ivi, p. 10. Mio il grassetto.
130. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., pp. 244-245. 175. Ivi, pp. 273-274. Mio il grassetto.
131. Ivi, pp. 57-58. Mio il grassetto. 176. Ivi, pp. 76-81. Mio il grassetto.
132. Ivi, pp. 90-91. 177. Ivi, pp. 294-295. Mio il grassetto.
133. Ivi, p. 182. 178. Ivi, p. 296.
134. Ivi, p. 193. 179. Ivi, pp. 159-160. Mio il grassetto.
135. Ivi, p. 273. 180. Ivi, p. 289. Mio il grassetto.
136. Ivi, p. 135. Mio il grassetto. 181. Ivi, pp. 192-193.
137. Ead., Personaggi, cit. 182. Ivi, p. 96.
138. Ead., Cortile a Cleopatra, cit., p. 298. 183. Ivi, p. 68.
139. Ivi, p. 40. 184. Ivi, p. 253.
140. «Marco s’era detto spaventato: Ecco, adesso mi mangia. Ah, perché mi hanno lasciato cre- 185. Ivi, p. 294. Mio il grassetto.
dere che le orchesse ci sono solamente nelle favole», ivi, p. 43. 186. Ivi, p. 190. Mio il grassetto.
141. Ivi, p. 45. 187. Ivi, p. 222.
142. Ivi, pp. 51-52. 188. Ivi, pp. 287-288.
143. Ivi, pp. 64-66. 189. Ivi, p. 174.
144. Ivi, p. 145. 190. Ivi, p. 259.
145. Ivi, pp. 269-270. 191. Ivi, p. 18.
146. Monica Cristina Storini, Oltre il realismo magico, cit., p. 113. 192. Ivi, pp. 175-178.
147. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., p. 26. 193. Ivi, pp. 284-285. Mio il grassetto.
148. Ivi, p. 55. 194. Ivi, p. 80.
149. Ivi, p. 29. 195. Ivi, pp. 97-98.
150. Ivi, p. 84.
151. Ivi, p. 91.
152. Ivi, p. 111.
153. Ivi, p. 160.
154. Ivi, pp. 283-284.
155. Ivi, p. 287.
156. Maria Pagliara, Segni e repressioni in un cortile. Il piccolo mondo di Cortile a Cleopatra, in Ead.,
Interni familiari nella letteratura italiana, a cura di Maria Pagliara, Bari, Progedit, 2007, p. 278.
157. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., p. 281.
158. Ivi, pp. 283.
159. Ivi, pp. 297-298.
160. Ivi, pp. 95-96.
161. Ivi, p. 31.
162. Ivi, pp. 180-181.
163. Ivi, p. 19.
164. Almayer’s Folly. Cialente conosce questo e altri testi di Conrad, scoperto nella biblioteca
alessandrina del marito, solo nella traduzione francese.
165. Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, cit., pp. 94-95.
166. Ivi, p. 158.
167. Ivi, p. 173.
168. Ivi, p. 105. Sebbene il «cuore sconosciuto e misterioso […] che cominciava ad attirarlo sor-

270 271

Potrebbero piacerti anche