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CHE COS’E’ L’ESTETICA, MASSIMO MODICA.

L’estetica si può definire una disciplina sia moderna che antica, poiché se ne inizia a parlare nel 700 con l’unificazione delle
arti, ma si rifà a teorie del passato.

L’estetica fino a poco fa veniva definita ‘scienza della bellezza’, e svolgeva la funzione di dare le basi sulla bellezza, quindi
chi la studiava decideva in cosa dovesse consistere il bello, mentre gli artisti dovevano crearlo. Si è poi capito che non era
questo il fine dell’estetica, poiché i confini tra bello e brutto sono incerti.

Infatti Voltaire scrive nel 1700 che il bello ognuno lo interpreta a modo proprio.

L’estetica oggi viene definita come ramo o settore della filosofia, che si occupa dell’esperienza estetico-artistica. Descrive
fatti culturali ricorrendo a tecniche e metodi.

La particolarità dell’estetica è che è una disciplina specifica e generica insieme.

Il termine estetica deriva dal greco ‘aisthesis’, che significa percezione, sensibilità, sensazione. Infatti l’estetica si occupa
proprio di questo, dei valori sensibili delle cose, emozione, sentimento e piacere.

Ha uno statuto incerto e difficile, ma è ancora un problema aperto.

Il libro di Modica ci aiuta a capire cos’è l’estetica e di cosa di occupa.

Cercherò di ricostruire i fatti riportati dal libro con un filo cronologico, partendo dai tempi più antichi, quando ‘fare arte’
significava dare vita a qualcosa di nuovo. Arte si chiamava ‘techne’ dal greco e ‘ars’ dal latino.

Per Aristotele la techne era un attività produttiva che si fondava sul sapere, un insieme di regole e metodi, migliorabili con
l’esercizio. Mentre per Platone non era solo quella data da uno sforzo fisico, ma anche quella preceduta da uno sforzo
mentale, come la filosofia, definita episteme. Platone metteva sullo stesso piano arte ed episteme, Aristotele no.

Per Aristotele però la techne era molto importante ed era una delle 3 virtù fondamentali dell’uomo, seconda solo a
sapienza e saggezza, poiché l’artista deve sapere ciò che fa, e la ragione di ciò che produce.

Seppur c’era un solo nome per raggruppare le arti, ars, venivano comunque distinte per classi sociali e materiali utilizzati.
L’unica classificazione che c’era era tra arti materiali e immateriali, quelle che poi diventeranno nel medioevo meccaniche e
liberali. Quelle materiali erano quelle per cui era richiesto uno sforzo fisico e la manipolazione di un materiale, le altre un
puro esercizio mentale. Quelle immateriali venivano destinate a chi non avesse occupazioni nella vita, mentre poi presero
parte alla cultura e divennero dei principi fondamentali.

Per Ugo di San Vittore (filosofo) le arti liberali erano superiori a quelle meccaniche, poiché c’era la concezione che era
meglio conoscere che fare. Paragone presente fin dai tempi greci e romani.

Secondo Platone la poesia non poteva considerarsi una vera e propria techne poiché non si occupa di un territorio
delimitato. Mentre per Aristotele era un’attività elevata, interessata alla verità più della storia.

La bellezza era una nozione filosofica di carattere generale, considerata oggettiva, poi diventò una qualità estetica nel 700,
quindi soggettiva e sensibile.

Tra Rinascimento e Barocco 1500/1600 si apre una nuova era, in cui si riflette su caratteristiche fondamentali della
produzione artistica, che sono gusto, immaginazione e fantasia, che sono poi diventati i vocaboli dell’estetica moderna. Si
inizia a preparare il terreno infatti per l’estetica che nascerà nel 700.

L’artista smette di essere artigiano, infatti pittura, scultura e architettura si distinguono da arti servili e meccaniche, poiché
seppur manuali, hanno bisogno di intelletto e conoscenza.

In quel periodo si riprese un paragone di Orazio Flacco, ‘ut pictura poesis’, che metteva sullo stesso piano pittura e poesia,
che finalmente venivano considerate alla pari.

Nasce anche l’insistenza di attribuire all’arte la scienza, fondamento che ci viene fornito da 2 figure importanti di quei
tempi, Leon Battista Alberti e Leonardo Da Vinci. Questi aggiungono un fondamento scientifico alla arti meccaniche, per
metterle al pari di quelle liberali.

Alberti con il ‘de architetture’ innalza l’architetto, perché lui deve occuparsi dei problemi di costruzione e non dei lavori
manuali. Con il ‘de pittura’ definisce delle regole matematiche, come la prospettiva, che sono le basi per il pittore e per la
pittura. L’eccellenza artigianale non è sufficiente secondo Alberti, l’artista deve essere esperto e acculturato. Leonardo
invece definisce l’artista proprio come uno scienziato. La tecnica artistica insieme a esperienza e scienza consentono
all’artista il dominio della natura. Afferma che la pittura, essendo scienza, chiunque è in grado di eseguirla, mentre il sapere
dei letterati è tutt’altra cose, e gli nega infatti il valore scientifico. La pittura per Leonardo è l’imitazione razionale della
realtà e aiuta l’uomo a conoscere il mondo.

L’artista è un genio, e crea le sue opere spinto da una tempeste interiore che è l’immaginazione. Il primo a fornirci questa
immagine di genio è Michelangelo, con caratteristiche quali la solitudine, l’irritabilità e la tristezza.

Queste sono caratteristiche che accumunavano un po’tutti gli artisti. C’è anche la teoria di Ippocrate, che definisce i 4
temperamenti comuni degli artisti, collerico, sanguinio, flemmatico e melanconico, che era considerato l’umore peggiore.

L’artista è un genio, ma solitario e infelice e paga con la sua disperazione e l’infelicità.

La rivoluzione scientifica del Seicento cambiò anche il modo di vedere l’arte. Chiunque con l’esercizio e lo studio poteva
comprendere i fenomeni della natura. In un famoso dibattito che si tenne in Francia, la Querelle, nella seconda metà del
secolo, si discusse anche sulla divisione tra arte e scienza, poiché la scienza stava avendo numerosi progressi, nel campo
della geometria e nel calcolo matematico, ma nell’arte iniziavano a prendere piede genio e gusto, che andavano oltre alle
competenze della scienza. Sempre di più diventa importante il concetto di creatività, che si affianca alle abilità tecniche.

Nasce l’arte come attività estetica, non più fondata sul sapere, ma sull’invenzione.

A favore del fatto che sia nata nel Settecento ci sono diverse testimonianze. Ad esempio il termine estetica viene usato per
la prima volta proprio nel settecento, usato per descrivere un territorio molto ampio, fino ad ora trascurato, quello dei
valori sensibili delle cose, ovvero fantasia, genio, sensibilità e sentimento. Prima tutto ciò era considerato inferiore.

Qui si associa all’arte il legame con la bellezza intesa come qualità estetica, sensibilità e sentimento.

L’estetica moderna rende eterna l’arte come arte bella. Si inizia infatti a parlare di belle arti, che si distinguono da scienze e
mestieri e uniscono tutte le arti che soddisfano i bisogni materiali dell’uomo.

Nel 700 nascono anche musei ed accademie. Con il museo si perdono i valori religiosi e ideologici delle opere, si guardano
le opere con un nuovo concetto, quello estetico. Da qui infatti nasce l’arte per l’arte, che si basa sul riconoscimento di
qualità estetiche.

Cambia anche il modo di vedere l’artista, che diventa un soggetto autonomo, ma geniale. Inizia anche a firmare le sue
opere, introducendo anche il valore dell’autenticità delle opere. Smette di essere un artigiano e diventa un intellettuale.

Batteaux con l’opera ‘le belle arti ricondotte ad un unico principio’ distingue 3 classi di arte, in base a quello che
propongono: quella che soddisfa i bisogni dell’uomo (l’artigianato), quella utile e piacevole (architettura) e quella che ha
l’unico scopo del piacere, che producono il bello, le arti nobili (pittura, danza, poesia..)

D’Alambert definisce le belle arti non solo come un insieme di regole, ma da molta importanza al genio e all’estro di chi
produce.

Nel 1750 Baumgarten scrive l’’aesthetica’, dove compare per la prima volta il termine estetica, infatti molti danno a lui il
primato della nascita dell’estetica moderna, come scienza autonoma e nuova. Con i suoi scritti descriveva l’estetica come
scienza della perfezione della conoscenza sensibile, il bello e l’arte sono al centro della sua indagine. Seppur è lui a
nominarla per primo sembra Kant a definirla coerentemente con la ‘critica del giudizio’. Kant propone una visione
dell’estetica distaccata e disinteressata, e secondo alcuni la contemplazione del bello come sentimento è il fine dell’estetica
filosofica. Va a definire passato e presente dell’estetica. Parla di giudizio estetico come giudizio attorno al bello, non si deve
conosce e saper fare per poter giudicare. L’arte per Kant dev’essere bella apparenza e isolata da storia e società. Il bello è
un sentimento ed è il vero fine dell’estetica.

L’estetica, come già detto, non è un campo unitario, ma un insieme di campi da indagare, come le esperienze degli artisti,
questioni filosofica, il genio, il gusto..

Fino ad Settecento questi quesiti erano slegati tra loro e vengono appunto raggruppati nel 18 secolo.

Oggi continuano a nascere nuove forme d’arte, che con l’avvento ella tecnologia possono essere riprodotte in serie,
perdendo l’unicità del processo creativo, come fotografia, grafica cinema ecc..

Sono disponibili per la massa, non sono più opere d’arte bensì mezzi di consumo, l’artista ora è un progettista.
Non ci sono caratteristiche imprescindibili che accomunano l’arte, per questo sono nate anche diversi tipi di estetiche,
ognuna con la sua indagine. Come quella scientifica che studia l’arte con leggi di produzione, quella psicologica che studia i
meccanismi del piacere o quella sociologica che si interessa a l’arte e al contesto in cui è inserita.

Il termine estetica è ancora molto vario, continua ad essere un problema aperto.

Rosenkraz nel 18 secolo ci propone l’estetica del brutto, dell’orrido e del disarmonico, presente nei bassifondi. Questo
amplia ancora di più i confini dell’estetica.

Batteaux prova a ricongiungere le arti sotto la comunicazione. Le opere dovrebbero comunicarci sempre qualcosa, che
siano suoni o sensazioni. Viene criticato da Diderot, poiché non tutti gli oggetti possono essere riprodotti tramite due
diverse arti. (la poesia si)

Diderot in particolare critica la divisione tra arti liberali e meccaniche perché rifiuta l’idea che queste ultime siano inferiori
alle prime, essendo fondamentali per la civilizzazione e la diffusione della cultura.

Vico parla di sapienza poetica, ingegno e verità della poesia. Non si riferisce al sistema delle belle arti, ma fa una riflessione
filosofica sulla storia umana. Riflette infatti sulla storia dell’uomo e non proprio sull’estetica.

Per Baumgarten lo scopo dell’estetica è mettere in luce l’organizzazione sensibile del conoscere. Non ci si deve riferire
all’arte solo come bella. Il bello è un modo di pensare.

Kant invece ci parla del talento naturale, della capacità di applicare i concetti ai casi singoli. Il sentimento non indica il
piacere e l’emozione, ma la capacità di anticipare l’esperienza. L’estetica come la filosofia non ha un campo particolare, ma
si riferisce ad esperienze e conoscenze. Il campo dell’arte non è un insieme di prodotti estetici e non è il campo
fondamentale dell’estetica. Dice che l’arte bella è caratterizzata dall’espressione dell’idee estetiche. La poesia ad esempio
segue sempre delle regole, ma è il genio e l’immaginazione del poeta che supera quei concetti.

Per Kant osservare il bello non è solo un’attività, ma scaturisce pensieri e riflessioni. E’ indubbio che è con Kant che nasce il
concetto di estetica moderna e si definisce come filosofia.

Ancora oggi non si delinea un campo specifico dell’estetica. Estetico è qualsiasi prodotto umano, l’arte ne è un esempio.

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