Sei sulla pagina 1di 20

ANNO ACCADEMICO:2019/2020

DONNE:
EMANCIPAZIONE
ATTRAVERSO LA
MODA.
Saggio di Storia della Moda e del Costume.

Di: Cristina Di Giosaffatte


Prof.ssa: Estella Orazi
“La rivoluzione più grande è, in un paese,
quella che cambia le donne e il loro sistema di vita.
Non si può fare la rivoluzione senza le donne.
Forse le donne sono fisicamente più deboli,
ma moralmente hanno una forza cento volte più
grande.”
Orianna fallaci.

2
INDICE:

1. INTRODUZIONE pag. 4
2. DONNA OGGETTO PER SECOLI pag. 5
3. PICCOLI PASSI VERSO LA LIBERTA’ pag. 10
4. LA CONQUISTA DELLA LIBERTA’ pag. 15
5. CONCLUSIONE pag.18
6. BIBLIOGRAFIA pag. 19
7. SITOGRAFIA pag. 20
8. FILMOGRAFIA pag. 20

3
1.INTRODUZIONE.
Da sempre l’empowerment1 femminile passa anche attraverso l’abito.
Più volte, infatti, la moda ha sancito un nuovo ruolo sociale della donna,
servendo a ribadire la sua voglia di emancipazione2. Esiste quindi un legame
molto stretto che lega la libertà ottenuta dalla donna di oggi alla storia che ha
cambiato il suo modo di vestire. Un lungo viaggio ancora oggi non terminato.

1
Empowerment: s. m. inv. Accrescimento di potere, miglioramento. Enciclopedia Treccani, Roma, 2007.
2
Emancipazione: s. f. [dal lat. emancipatio -onis; v. emancipare]. Nel linguaggio sociale e politico, il processo
attraverso cui un popolo si libera da un sistema oppressivo, o una classe sociale si sottrae a una soggezione, a una
situazione subalterna e ottiene il riconoscimento dei proprî diritti. Enciclopedia Treccani, Roma, 2007.
4
2.DONNA OGGETTO PER SECOLI.

Fin dai tempi più antichi la donna è stata ritenuta sottostante all’uomo e le
veniva esclusa ogni sorta di responsabilità, se non quella di badare a marito
e prole.

Jacque le Goff3 esortava la parità tra l’uomo e la donna,


affermando che Dio non ha voluto creare la donna né per farne
un essere superiore, né tantomeno un essere inferiore; l’ha
creata infatti dal mezzo del corpo dell’uomo per sancire la loro
uguaglianza.

Una vita fatta di restrizioni che si riversarono anche nel modo di vestire.
Abiti che facevano di una donna un soprammobile, adatti solo a renderla
ammirevole.

Georges Vigarello4 descrive come da un involucro che nasconde tutto il


corpo arriveremo ad oggi a poter indossare un abito che sembra incorporato
a noi, come una seconda pelle.

Qualsiasi manifestazione della forma, nei tempi medievali, diventava


un’iniziativa mal tollerata, la donna non poteva riflettere la sua anatomia.

3
Jacque Le Goff, Il corpo nel Medioevo, [la donna subordinata], 2003, Editions Liana Levi.
4
Georges Vigarello, L’abito femminile, 2018, Giulio Einaudi Editore S.p.a., Torino.
5
Tra il XIII e il XIV secolo ci fu un cambiamento rilevante, che comportava
un’allacciatura sul corpino che scolpiva il busto. Già da questi decenni si
nota come si faceva sempre più grande il divario tra uomo e donna, in
quanto l’abbigliamento maschile
stava mutando per essere più
funzionale, mentre quello
femminile diveniva solamente più
estetico, stabilendo l’attività da
una parte e l’immobilità da
un’altra.

La conquista di un corsetto che cinge il busto, si rivela presto un’ulteriore


privazione di libertà e verrà persino considerato oggetto di castità alla fine
del XV secolo.

Nonostante ciò il corpetto e i suoi lacci diventarono un sistema diffuso e


condiviso. La cintura divideva un busto sempre più elaborato da una gonna
sempre più ampia, equilibrando così il corpo, che vuol diventare
“simmetrizzato”. La geometria diventa infatti la concezione moderna della
linea femminile: il petto sempre più stretto offre l’immagine di un cono
rovesciato, e la gonna l’opposto. Questo porta anche ad un rafforzamento
delle linee, dato da materiali sempre più rigidi: filo d’ottone e tela inspessita
per la parte superiore, la cosiddetta “baschina5”, e cerchi di legno e ossi di
balena per lo svasamento della parte inferiore, il cosiddetto “verdugale6”.

5
Baschina: s. f. [dal fr. basquine, spagn. basquina «dei Baschi»]. Nel linguaggio di sartoria, falda di taglio particolare
che scende dalla vita, in vestiti e giacche femminili. Enciclopedia Treccani, Roma, 2007.
6
Verdugale: Armatura circolare, di ferro o di legno, composta di una serie di cerchi concentrici sostenuti da una fodera
pesante, che si poneva sotto la gonna per tenerla gonfia e tesa in forma di campana. Enciclopedia Treccani, Roma,
2007.
6
Questa geometria idealizzata non è altro che la sottomissione di un corpo
come concezione di bellezza, giocando con l’immagine della donna affinché
assuma una garanzia di delicatezza.

“[…] giovani donne che dovevano sopportare


strumenti che raddrizzavano loro le dita e
dovevano indossare assi per tenere la schiena
dritta e dove ci si aspettava da loro che
fossero perfettamente cortesi e precise.”7

Un altro problema che ne consegue è quello della ricerca di un’innaturale


magrezza, che spingeva le signore ad astenersi dal mangiare o addirittura
consumare acidi.

Come emerge dal libro ‘storia sociale della moda’8, nel settecento, l’opinione
comune era quella di ritenere che la donna sia stata creata per la felicità
dell’uomo, per il suo uso e il suo servizio.

7
Charlotte Brontë, Jane Eyre, 2019, Giunti Editore srl, Firenze.
8
D. Calanca, Storia sociale della moda, 2002, Bruno Mondadori, Milano.
7
Andando avanti con gli anni (1820-1830) la
situazione peggiora; le gonne aumentano di
dimensione con l’aiuto di crinoline9 e sottogonne, e
i corsetti diventano più soffocanti e rigidi.

In questi anni, la siluette cambia: aumenta la parte superiore con maniche


molto ampie, come quella a “gigot”, fatta di stecche di balena, superando le
spalle; la vita è sempre più stretta, al punto che raggiunge dimensioni di un
anello, e ancora una volta la gonna più ampia, anche sui fianchi.

“Il vestito, da allora e più che mai, diventa più un fenomeno di forma
che non di corpo: un ornamento che elimina ogni idea di funzione.” 10

Più in là con gli anni, George Sand seppe incarnare


per un certo periodo una figura che testimonierà una
presa di coscienza verso la parità dei sessi, lasciando
spuntare dei pantaloni sotto una gonna dai bordi
rialzati.

9
Crinolina: Sottana rigida e rigonfia, foderata di crine, o in altro modo sostenuta, indossata dalle donne intorno alla
metà dell’Ottocento sotto la veste vera e propria. Enciclopedia Treccani, Roma, 2007.
10
Georges Vigarello, L’abito femminile, 2018, Giulio Einaudi Editore S.p.a., Torino, pag.121.
8
È ancora ben lontano da ciò che è proposto ai ragazzi, ma è un’idea che dà
libertà dei movimenti fino ad allora sconosciuti. Tuttavia nei decenni
successivi non si registra nessun cambiamento radicale, anzi la siluette si
amplia ulteriormente. La svasatura prende corpo attraverso un numero
sempre maggiore di involucri.

Dalla rivista “La Mode” risulta che nel 1841 la donna era vestita innanzitutto
da pantaloni di pizzo come primo indumento da sotto, ricoperti da una
sottogonna molto rigida, detta “crinolina” una seconda imbottita alle
ginocchia e irrigidita nella parte superiore da alcune stecche, una terza fatta
di balze, e da una quarta, su cui si poggia l’abito.

Si iniziarono anche ad utilizzare sottili molle in acciaio per mantenere la


larghezza del fondo.

La crinolina diventa poi una sottogonna


metallica, con un’apertura frontale che
aiuta le donne ad indossarla. Questa si
impone come simbolo di tecnica e bellezza.

9
3.PICCOLI PASSI VERSO LA LIBERTA’
La meccanizzazione nel settore tessile, la crescita del commercio e della
sua diffusione, grazie ai periodici di moda, ha fatto sì che nel 1800 si
sviluppasse una classe dedita al lusso esclusivo e ostentato.

In questo contesto, si esprime bene un sarto,


Charles Frederick Worth, che grazie alla raffinatezza
dei materiali e al loro accurato assemblaggio, farà
diventare l’abito un’opera d’arte.

Worth non aveva mai approvato così tanto gli


eccessi, e ritenne infatti giusto ridurre la crinolina
sul davanti, lasciando l’ampiezza solo sulla parte
posteriore, prendendo il nome di “tournure11”.

11
Tournure: ‹turnü′r› s. f., fr. [der. di tourner «girare», ma attrav. il sign. ant. di «andatura, aspetto, portamento» e
sim.]. – Imbottitura posteriore della gonna (che aveva la funzione di mantenerla discosta dal corpo, nella parte
posteriore, dai fianchi in giù), realizzata mediante cerchi metallici, stecche di balena o altro, e guarnita con volant e
fiocchi. Enciclopedia Treccani, Roma, 2007.
10
Questi sono conosciuti anche come gli anni del mito della “Femme fatale”,
una donna terribile e forte nata per distruggere la potenza maschile.

Una vera e propria esemplificazione dell’abbigliamento femminile, fu data da


Paul Poiret, che inventò il mantello-kimono, un capo così diverso dal modo
di vestire dell’epoca che però riscosse successo.

È agli inizi del 1900 che si fa strada nel mondo della moda una donna,
Gabrielle Chanel, nota come Coco. È lei che rivoluziona il modo di vestire
della donna.

“Dalla ‘legenda’ della sua esistenza


nacquero le sue mode, che, di fatto,
erano i travestimenti attraverso cui
costruiva il proprio personaggio e
comunicava agli altri la propria
identità. Fonti d’ispirazione furono
la sua vita e, soprattutto, le
persone che amò e gli ambienti che
frequentò, ai quali rubò gli
indumenti che la affascinavano per
dare forma all’abbigliamento di un
modello ideale di donna emancipata
e libera che lei stessa
impersonava.”12 Così si definisce
anche lei stessa, “Io vivevo
modernamente, avevo i modi, i gusti,
i bisogni di quelle che vestivo.”

12
Enrica Morini, Storia della moda XVIII e XX secolo, 2017, Skira, pag.165.
11
Chanel cercò di trovare un abito adeguato all’identità sociale. Sperimentò
anche dei nuovi tessuti come il jersey, un materiale così sobrio che ha reso
molto elegante. Le sue donne potevano camminare libere, senza vestiti che
stringessero il corpo, e si fermavano alla caviglia. L’abito le rendeva
autonome.

Nel 1926 presentò un abitino nero, che poteva essere


indossato in ogni occasione, il “petite robe noire”, il
tutt’ora famoso tubino, “must have13” dai suoi ai nostri
anni.

Un altro importante capo fu il “tailleur”, composto da giacca dritta e gonna e


blusa coordinata. Seppur prendeva spunto dall’abbigliamento maschile, Coco
non voleva creare capi unisex14, ma indumenti femminili che garantivano
comodità e semplicità.

Il compito che affidò al suo lavoro, era infatti inventare un abbigliamento


femminile che andasse bene a quelle che si vestivano per lavorare e vivere
insieme agli uomini, senza pensare di poter usare gli abiti solo per
affascinare gli uomini.

13
Must have: essenziale, indispensabile. Garzanti linguistica, De Agostini Scuola S.p.a., 2020.
14
Unisex: agg. e s. m. [comp. di uni- e dell’ingl. sex «sesso»; cfr. fr. unisexe]. Nel linguaggio della moda, si dice di
indumenti (casacche, camicie, pantaloni, ecc.) che sono portati indifferentemente sia da uomini sia da donne.
Enciclopedia Treccani, Roma, 2007.
12
Contemporaneamente a Chanel, emerse Elsa
Schiaparelli, che rispose con linee scolpite, spalle
ampie per enfatizzare il punto vita.

«I suoi abiti erano eleganti, portabili e sexy;


identificavano chi li indossava come un individualista
dotato di senso dell’umorismo15»

Organizzò una sfilata incentrata sulla praticità.


Pratica divenne anche la sua couture con abiti decorati da zip, i primi blazer
da sera per donna, tasche nascoste e gonne da allungare a piacere. Materiali
innovativi, il primo lurex, i primi abiti a portafoglio e persino le prime sfilate
di moda. Sopra tutto un colore: il rosa shocking.

Nel 1947 entra nella mitologia della moda


Christian Dior, che con una sfilata, cambia
la moda della donna occidentale. Dior ha
un’unica ossessione: far riscoprire alle
donne la gioia, l’eleganza e la bellezza.

In soli dieci anni rivoluziona i codici dell’eleganza e


della femminilità, immaginando le collezioni come
sogni meravigliosi. L’uomo, che voleva diventare
architetto, ha offerto alle donne la sua visione della
bellezza attraverso linee eleganti, fino a diventare il
simbolo del lusso francese in tutto il mondo.

15
Meryle Secrest , Elsa Schiaparelli, A biography, Alet Edizioni, 2008.
13
Fu la nascita della minigonna, nel 1963, storicamente associata a Mary
Quant, a decretare una vera e propria emancipazione; pochi centimetri di
stoffa, intesi come un modo per ribellarsi alla società perbenista con tutte le
sue restrizioni e i suoi tabù.

Ebbe un successo straordinario e le donne di allora e di oggi devono molto a


Mary Quant: è stata lei a liberarle dal cliché delle mogli deferenti e
remissive, a incoraggiarle a essere sé stesse in ogni aspetto della vita,
sessuale, sociale e professionale.

14
4. LA CONQUISTA DELLA LIBERTA’
Pian piano, le donne hanno iniziato il proprio cammino di emancipazione
nella società. Hanno dimostrato di essere egualmente capaci di svolgere
ruoli professionali “da uomini”: medico, poliziotto, vigile, carabiniere,
magistrato, professore, scrittore. Tutti mestieri a cui la donna non si era mai
potuta avvicinare, ma successivamente dimostrato come le stesse mansioni
lavorative potevano essere svolte in egual modo.

E come nella storia, anche nella moda è venuto meno il divario uomo-donna,
arrivando alla moda unisex.
Termine usato per la prima
volta verso la fine degli anni '60
a indicare quel tipo di indumenti
che potevano essere indossati
da tutti.

Il che non significa annullare l’identità di genere ma rendere ogni genere


libero di esprimersi come meglio crede.

C’è un anno ben preciso e dobbiamo tornare


indietro di qualche anno, in cui far risalire la
prima vera emancipazione femminile legata ad
un abbigliamento unisex.

È il 1850 quando una giovane attivista, Amelia


Bloomer, inventa e indossa i bloomers, anche
detti pantaloni alla turca.

15
“Comincio col guardare Lisa: è immobile, sofisticata, sempre in guanti al
gomito, impareggiabile nella sua classe perfino quando è in jeans sul prato a
leggere Gertrude Stein. Sul suo corpo, le pieghe di un mantello di Balenciaga
sono le uniche possibili, i quattro giri di perle al collo sono il trofeo
necessario, la sigaretta tra le dita ha forse consumato troppa cenere, ma
chissà quando: non esiste passato, presente o futuro in quel tempo eterno
fatto dell’attimo della sua posa. Lisa Fonssangrives incarna per eccellenza il
prototipo della modella nella definizione di Barthes. L’abito come significato
che vive senza il corpo.16”

16
Patrizia Calefato, Mass Moda, linguaggio e immaginario del corpo rivestito, 2007 Maltemi Editore srl, Roma, Pag 95.
16
Un film che racchiude questi cambiamenti è “Io e Anni”, film del ’77 in cui la
donna assume una figura rinnovata, più forte, che tiene testa al maschio in
tutto e per tutto. Vestiti compresi.

Le donne rompono con le tradizioni del passato e iniziano a indossare abiti


usati dagli uomini. Saltano tutti gli schemi e la libertà di espressione di sé
attraverso l’immagine che si offre agli altri diventa un obiettivo da
perseguire a tutti i costi.

17
5.CONCLUSIONE.

Quando si affermano sul mercato i negozi monomarca, i vestiti non sono più
fatti per durare, ma per vivere brevi stagioni.

La moda non esprime più parole chiave come il potere degli anni Ottanta
oppure il lusso degli anni Novanta. Ma nemmeno la protesta.

Oggi sia gli uomini che le donne vestono come vogliono, mescolando capi
ricchi e poveri, senza più badare alle regole dettate dalla società.

18
6.BIBLIOGRAFIA.
Charlotte Brontë, Jane Eyre, 2019, Giunti Editore srl, Firenze.

Daniela Calanca, Storia sociale della moda, 2002, Bruno Mondadori, Milano.

Enrica Morini, Storia della moda XVIII e XX secolo, 2017, Skira, pag.165.

Georges Vigarello, L’abito femminile, 2018, Giulio Einaudi Editore S.p.a., Torino.

Jacque Le Goff, Il corpo nel Medioevo, [la donna subordinata], 2003, Editions Liana
Levi.

Maltemi Editore srl, Roma, Pag 95

Meryle Secrest , Elsa Schiaparelli, A biography, Alet Edizioni, 2008.

Patrizia Calefato, Mass Moda, linguaggio e immaginario del corpo rivestito, 2007.

19
7.SITOGRAFIA.

https://viviconstile.it/2013/06/03/chi-ha-inventato-la-minigonna-mezzo-secolo-di-
storia-della-moda/1408/

https://www.iodonna.it/moda/star-look/2019/07/01/haute-couture-chi-era-elsa-
schiaparelli-genio-di-stile-italiano-che-conquisto-parigi/

https://www.lvmh.it/le-maison/moda-e-pelletteria/christian-dior/

8.FILMOGRAFIA.

Io e Annie, Regia Di Woody Allen, 1997, USA-

20

Potrebbero piacerti anche