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NIETZSCHE

Nel passato la malattia di Nietzsche ha rappresentato un argomento di cui si è servita certa critica per
screditare il suo pensiero. Una sola era l'alternativa presa in considerazione: o si interpretava la filosofia di
Nietzsche come risultato della sua malattia o la sua malattia come risultato della sua filosofia. In ogni caso,
la malattia finiva per gettare un’ombra funesta sui prodotti della sua speculazione, a causa del pregiudizio
secondo cui una filosofia dovuta a una mente malata è anch’essa malata. In seguito la situazione è
radicalmente mutata. Anzi, si è teso piuttosto a valorizzare la malattia di Nietzsche, scorgendo in essa una
condizione favorevole alla sua creatività filosofica. Tuttavia, gli studiosi odierni hanno finito per liquidare
l’intera questione dei rapporti tra filosofia e malattia come storiograficamente irrilevante.

Il nome di Nietzsche è stato associato, per lungo tempo, alla cultura nazifascista. Questa lettura è stata
agevolata delle operazioni messe in atto dalla sorella, Elisabeth. Certo, nel processo di “nazificazione” del
pensiero del filosofo, Elisabeth ha le proprie responsabilità. Ma attribuire alla sorella la totale responsabilità
della nazificazione di Nietzsche risulta eccessivo. Così come risulta eccessiva la pretesa di attribuire al
filosofo la paternità dell’ideologia nazionalsocialista. Bisogna tuttavia ammettere con franchezza che nei
suoi testi si trovano spunti anti-democratici e anti-egualitari. Ma negli ultimi decenni alla figura di
Nietzsche come filosofo nazista è subentrata la figura di un Nietzsche “progressista”. Questo radicale
mutamento di prospettiva ha comportato a sua volta alcune esagerazioni. Più recentemente ha cominciato
ad affermarsi un punto di vista che non intende misconoscerne le componenti reazionarie.

Il pensiero di Nietzsche risulta caratterizzato da una critica radicale della civiltà e della filosofia
dell'Occidente, che si traduce in una distruzione programmatica delle certezze del passato. Quest'opera di
demolizione polemica del passato non si risolve però in un semplice rifiuto delle teorie tradizionali, in
quanto mette capo alla delineazione di un nuovo tipo di umanità, tratteggiato nell'immagine del
superuomo. In ciò consiste il carattere propositivo, e non puramente distruttivo, del filosofare di Nietzsche.
A questa originalità di contenuti si unisce la ricerca di nuove modalità espressive (alternare stili diversi):
- Saggio
- Trattato
- Aforisma (“illuminazione istantanea”); dopo averlo letto bisogna cominciare ad interpretarlo
- “Così parlò Zarathustra” segue invece il modello della poesia in prosa e dell’annuncio profetico
- Negli ultimi scritti prevalgono l’esposizione autobiografica e l’invettiva polemica
Tutti questi diversi stili hanno in comune un tono personale e coinvolgente
Il pensiero di Nietzsche è asistematico. Dietro il sistema, infatti il filosofo scorge un desiderio di
impadronirsi della totalità del reale che egli denuncia come illusorio e votato all’insuccesso. A causa di
questa fisionomia sistematica, il discorso di Nietzsche presenta una pluralità di significati.

L’opera di Nietzsche viene convenzionalmente suddivisa in diverse fasi (viste come tappe transitorie di un
pensiero in divenire):
- Gli scritti giovanili
- Gli scritti intermedi del periodo “illuministico” o “genealogico”
- Gli scritti del “meriggio” o di “Zarathustra”
- Gli scritti degli ultimi anni o “del tramonto”
IL PERIODO GIOVANILE
“La nascita della tragedia dallo spirito della musica. Ovvero: grecità e pessimismo” è un’opera composita
in cui coesistono filosofia, filologia, estetica e teoria della cultura; però l’ispirazione dominante è di tipo
filosofico. Il motivo centrale è la distinzione tra apollineo e dionisiaco. Con questa coppia di opposti,
Nietzsche intende indicare i due impulsi di base dello spirito e dell’arte dei greci:
- L’apollineo, che scaturisce da un atteggiamento di fuga di fronte al divenire, si esprime nelle forme
limpidi e armoniche della scultura e della poesia epica
- Il dionisiaco, che scaturisce dalla partecipazione al divenire, si esprime nell’esaltazione della musica
e della poesia lirica
Nietzsche insiste sul carattere originariamente dionisiaco della sensibilità greca, portata a scorgere ovunque
il dramma della vita e della morte. Tant’è vero che l’apollineo nasce proprio come conseguenza di una
visione dionisiaca dell’esistenza e dal tentativo di sublimare il caos nella forma, ossia dallo sforzo di
trasfigurare l’assurdo in qualcosa di definitivo e armonico, capace di rendere accettabile la vita.

In un primo tempo, nella Grecia presocratica, l’impulso apollineo e l'impulso dionisiaco convissero separati.
Ma in un secondo tempo, nell'età della tragedia Attica, i 2 impulsi si armonizzarono tra loro, dando origine a
capolavori sublimi. Nell'arte successiva, la sintesi tra dionisiaco e apollineo viene messa in forse dal
prevalere dell’apollineo che trionfa sul dionisiaco, fin quasi a soffocarlo. Questo processo si concretizza
nelle tragedie di Euripide, che porta sulla scena l'uomo quotidiano e attinge dall’insegnamento di Socrate.
La decadenza della tragedia funge così da spia rivelatrice della decadenza della civiltà occidentale nel suo
complesso e trova il proprio simbolo nell’opposizione irriducibile tra spirito dionisiaco e spirito socratico,
ossia tra uomo tragico e uomo teoretico.

La celebrazione dello spirito dionisiaco e tragico coincide con una forma di celebrazione della vita che non
può venire definita né pessimista né ottimista, in quando tende a porsi al di là sia del pessimismo sia
dell'ottimismo. Per Nietzsche, la vita è dolore, lotta, distruzione. Essa non ha né ordine né scopo  il caso la
domina. Due atteggiamenti sono allora possibili:
- il primo è quello della rinuncia e della fuga, che mette capo all’ascetismo
- il secondo è quello dell’accettazione della vita cosi come è
Di fronte a queste due possibilità, la scelta di Nietzsche è quella di essere un discepolo di Dioniso poiché in
quell’antica figura greca egli vede il simbolo di quel “si” totale al mondo. Dioniso quindi rappresenta
l’incarnazione di tutte le passioni che affermano la vita in modo pieno e totale.
Il mondo è per Nietzsche una sorta di gioco estetico e tragico, costituito dalla lotta tra gli opposti
primordiali della vita e della morte. Soltanto l’arte riesce a comprenderlo veramente  da ciò la natura
metafisica dell’arte e la sua funzione di “organo della filosofia” Tutto ciò sfocia nell’ideale di una rinascita
della cultura tragica incentrata sull’arte e in particolare sulla musica, di cui il filosofo scorge in Wagner
un’incarnazione emblematica.

Per Nietzsche, il dionisiaco non è solo un elemento rituale per la cultura greca, ma anche una costante
antropologica che costituisce il substrato di ogni uomo. Il dionisiaco ha inoltre influenzato le
manifestazioni novecentesche della letteratura, della musica, del cinema e del teatro. Il Novecento in
particolare ha evidenziato più dello stesso Nietzsche la profonda ambivalenza del dionisiaco in cui
convivono sia l’elemento creativo e distruttivo sia la sua codificazione estetica. Questo si spiega tenendo
conto di come Dioniso incarni l’ambiguità stessa  la contemporanea crisi del soggetto trova dunque in
Dioniso una figura privilegiata e altamente rappresentativa.

Nietzsche, durante questa fase, scrive anche le quattro “considerazioni inattuali”, in cui l’auspicata rinascita
della cultura tragica si traduce in un’opera di critica della cultura contemporanea.
Nella seconda delle considerazioni inattuali, Nietzsche si schiera contro lo storicismo, sostenendo che
l'eccesso di storia indebolisce le potenzialità creatrici dell'uomo  L’uomo risulta incapace di creare
qualcosa di nuovo nel presente e, nella sua impotenza, finisce per accontentarsi di una sorta di
“consumismo della storia”.
Secondo Nietzsche, nella vita è indispensabile il fattore oblio, innanzitutto perché senza una certa dose di
incoscienza non c’è felicità e in secondo luogo perché per poter agire efficacemente nel presente occorre
saper dimenticare il passato. Tuttavia il fatto che non ci siano né felicità né azione senza una componente di
oblio non significa che la storia, la quale si fonda sulla memoria, sia sempre nociva per la vita. In realtà, per
il filosofo, ciò che non è storico e ciò che è storico sono ugualmente necessari per la salute di un
individuo. A patto, però, che la storia sia al servizio della vita e non viceversa, ossia che la storia non si erga
di fronte all’uomo alla stregua di una scienza pura.
Secondo Nietzsche, la storia appartiene al vivente per tre aspetti che lo caratterizzano: essa gli occorre in
quanto è attivo e ha aspirazioni, in quanto preserva e venera, in quanto soffre e ha bisogno di liberazione. A
questi tre possibili tipi di rapporto dell’uomo con la storia corrispondono tre specie di storia:
- La storia monumentale è propria di chi guarda al passato per cercarvi modelli e maestri che non
scorge nel presente. Le potenzialità negative di questa specie di storia sono molteplici: ad esempio
essa tende ad abbellire il passato cancellandone alcuni accadimenti
- La storia antiquaria è propria di chi guarda al passato con fedeltà e amore, al punto da riconoscersi
frutto di una tradizione che lo giustifica. L’aspetto negativo di questa specie di storia consiste nella
tua tendenza a paralizzare l’agire e a ostacolare ogni progetto di cambiamento
- La storia critica è propria di chi guarda al passato come a un peso da cui liberarsi per poter vivere:
essa compete quindi a chi soffre e sente la necessità di rompere con il passato. L’aspetto
potenzialmente negativo di questo tipo di storia risiede nella presunzione di poter recidere il
passato , dimenticando che noi siamo il risultato delle scelte delle precedenti generazioni
Queste tre specie di storia si dimostrano valide a patto però di non essere utilizzate in modo esclusivo; in
caso contrario generano solo atteggiamenti unilaterali e malsani. Tali atteggiamenti si possono correggere
solo in virtù di un approccio alla storia che integri tutte e tre le possibili tipologie di rapporto con essa.

IL PERIODO ILLUMINISTICO

L'opera “Umano, troppo umano” segna l'inizio di un nuovo periodo del filosofare di Nietzsche, che si suole
definire illuministico. Tale periodo risulta caratterizzato dall’esplicito ripudio dei maestri di un tempo:
Schopenhauer e Wagner. Questo mutamento mette capo all'abbandono della “metafisica da artista” e al
privilegiamento della prospettiva della scienza rispetto a quella dell'arte e della metafisica. Ora la scienza,
la riflessione critica, la diffidenza metodica assumono la guida. Metafisica, religione e arte vengono
sottoposte a giudizio  non valgono più come modi fondamentali della verità ma appaiono come illusione,
che bisogna distruggere.
Nietzsche diviene quindi “illuminista”, non perché dotato della fiducia 700esca nella ragione e nel
progresso ma perché impegnato in un’opera di critica della cultura tramite la scienza, dove per scienza
intende un metodo di pensiero in grado di emancipare gli uomini dai pregiudizi e dagli errori che gravano
sulle loro menti.

Il nuovo procedimento di pensiero proposto dal filosofo si configura come un metodo critico e storico-
genealogico. Critico perché eleva il “sospetto” a regola di indagine; storico-genealogico perché si fonda
sull'idea che non esistano realtà statiche o valori immutabili, ma che ogni convinzione sia l'esito di un
processo che è necessario ricostruire per poterne svelare l'autentica natura.
Il metodo di Nietzsche si articola in 2 fasi principali:
- In primo luogo procede attraverso un’analisi storico-concettuale che mostra come quei valori che
vengono generalmente ritenuti eterni appartengano in realtà a determinati contesti storici
- In secondo luogo si serve di una critica demistificante attraverso la quale rivela che alla base di quei
valori vi sono motivazioni e interessi umani
Nietzsche parla del proprio metodo come di una “chimica delle idee e dei sentimenti”, alludendo con
quest’espressione sia al suo aspetto demistificatore, ovvero alla capacità di scomporre il complesso nel
semplice, sia al suo carattere dialettico, cioè alla capacità di far scaturire un determinato atteggiamento dal
suo opposto.
La filosofia illuministica e genealogica di Nietzsche si concretizza nelle figure del “viandante”, o dello spirito
libero, e della “filosofia del mattino”  il viandante è colui che grazie alla scienza riesce a emanciparsi
dalle tenebre del passato inaugurando una filosofia del mattino basata sulla concezione della vita come
transitorietà e come libero esperimento, primo di certezze precostituite.

Tra gli “errori” dell’umanità, Nietzsche colloca soprattutto la morale e la metafisica. La critica della
metafisica trova la sua espressione più compiuta nella teoria della “morte di Dio”, annunciata nella “Gaia
scienza”. Per comprendere il significato dell’espressione “morte di Dio”, occorre tenere presente che per
Nietzsche Dio è:
- Il simbolo di ogni prospettiva oltremondana che ponga il senso dell’essere al di là dell’essere. A ciò
è connesso la convinzione di Nietzsche secondo la quale Dio rappresenta una fuga dalla vita e una
rivolta contro questo mondo
- La personificazione di tutte quelle credenze elaborate per dare un senso alla vita. Quindi, secondo il
filosofo, l'immagine di un cosmo ordinato e benefico è soltanto una costruzione della nostra mente
realizzata al fine di sopportare la durezza dell’esistenza
Dinanzi allo sguardo disincantato del filosofo, le metafisiche e le religioni si palesano per quello che sono,
cioè decorazioni della realtà e menzogne millenarie, formulate dagli uomini per riuscire a sopravvivere. Da
ciò il messaggio inquietante di Nietzsche: Dio è la più antica delle bugie vitali e quindi la quintessenza di
tutte le credenze escogitate attraverso i tempi per poter fronteggiare il volto caotico dell’esistenza.
La coscienza di vivere in un mondo finalmente “sdivinizzato” è cosi radicata in Nietzsche da spingerlo al
ritenere superflua ogni ulteriore dimostrazione della non esistenza di Dio.  L’idea di Dio è confutata dalla
realtà stessa .

Nella “Gaia scienza”, l’autore “drammatizza” il messaggio della morte di Dio nel celebre annuncio di un folle
uomo.   RIASSUNTO: un uomo giunge nella piazza del mercato con una lanterna e annuncia la morte di
Dio. Gli uomini non prendono sul serio la notizia e quindi lui insiste dicendo di essere stati noi ad
ammazzarlo e invita a diventare dei “superuomo” (“non dobbiamo noi stessi diventare dei?”). La gente
deride (metafora dell’ateismo superficiale dei filosofi dell’800) questo strano uomo non comprendendo il
significato delle sue parole. Non si esprime direttamente ma è ironico. L'uomo folle rappresenta il filosofo
che è una sorta di profeta che arriva prima alla verità e prende in contropiede l'uomo comune che rimane
spiazzato. La folla è la gente comune che non ha acquisito ancora la consapevolezza dell'evento epocale.

La morte di Dio coincide dunque con l'atto di nascita del superuomo. Soltanto chi ha il coraggio di
guardare in faccia la realtà e di prender atto del crollo degli assoluti è ormai maturo, secondo Nietzsche, per
varcare l'abisso che divide l'uomo dal superuomo. Questo ha dietro di sé, come condizione necessaria del
suo essere, la morte di Dio ma davanti a sé il mare aperto delle possibilità connesse a una libera
progettazione della propria esistenza aldilà di ogni struttura metafisica data.

“L’ateismo non è un risultato.. io lo intendo per istinto”

In ogni caso, per Nietzsche, l’uomo può diventare superuomo soltanto dopo essere passato sul cadavere di
tutte le divinità. Una sola infatti è l’alternativa possibile: o il mondo è caos dionisiaco e il superuomo ha
senso; o Dio esiste e il mondo non è più caos dionisiaco e il superuomo cessa di avere senso. Il che
significa che l’universo di Nietzsche è tale solo se si fonda sul presupposto di un mondo sdivinizzato.
L’ateismo di Nietzsche vuole essere così radicale che egli non contesta soltanto Dio, ma anche ogni suo
ipotetico surrogato, ben conscio che gli uomini, abbattute le antiche divinità, tendono inevitabilmente a
crearne altre (es. anche lo Stato, il socialismo ecc.)

Coincidendo con il venir meno delle certezze metafisiche, la morte di Dio rappresenta il tramonto
definitivo del platonismo che per Nietzsche è la metafisica per eccellenza dell'Occidente. Lo stesso
cristianesimo non è altro che “platonismo per il popolo”. Fu Platone infatti a “calunniare” filosoficamente
questo mondo e ad inventarne un altro da contrapporre a quello apparente in cui viviamo. Ma quello che
Platone aveva in identificato come il “mondo vero” ha finito per rivelarsi una favola. Ciò è storicamente
avvenuto attraverso un processo che Nietzsche scandisce in sei tappe:

1. Con Platone e con la filosofia greca, si ritiene che il “mondo vero” sia attingibile da parte dei saggi
2. Con il cristianesimo, il “mondo vero” viene promesso ai virtuosi
3. Con il kantismo, il “mondo vero” viene ritenuto indimostrabile ed è ridotto a un obbligo o a un
postulato morale
4. Con il positivismo, “il mondo vero” viene decisamente prospettato come inconoscibile
5. Con la filosofia del mattino, il “mondo vero” si rivela un’idea inutile e superflua
6. Con la filosofia di Zarathustra, all’eliminazione del mondo vero dell’aldilà si affianca l’eliminazione
del “mondo apparente” dell’ aldiquà, ovvero la definitiva sconfitta di ogni prospettiva metafisico -
dualistica che faccia del nostro mondo la copia negativa di un “altro” mondo

Nietzsche presenta la fine del mondo vero in termini di auto soppressione della morale, intendendo dire
con questa formula che proprio in omaggio ai valori morali e cristiani dell’onestà e della veracità che gli
esseri umani hanno finito per sbarazzarsi delle idee morali e metafisiche di matrice platonico – cristiana.

IL PERIODO ZARATHUSTRA
Con l'opera intitolata “Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno” si apre la terza e decisiva
fase del filosofare di Nietzsche. Una fase che comincia là dove si conclude la filosofia del mattino e si
raggiunge la consapevolezza che con l'eliminazione del mondo vero è stato tolto di mezzo anche il “mondo
apparente”, cioè ogni scissione dualistica della realtà.

Dopo la morte di Dio si prospettano 2 possibilità: quella dell'ultimo uomo e quella del superuomo.
Nietzsche non ha dubbi: attraverso le parole di Zarathustra insegna il superuomo  Zarathustra non è però
il superuomo ma soltanto il suo profeta. Viene visto come colui che, essendo stato il primo a tradurre la
morale in termini metafisici, è anche il primo ad accorgersi dell'errore della morale. “Così parlò
Zarathustra” si accompagna a un’autentica rivoluzione stilistica  l’opera è infatti una sorta di poema in
prosa. Il tono profetico che lo caratterizzano e il profluvio di immagini e di parabole in cui si articola lo
rendono talvolta di difficile lettura e interpretazione. Ciò non toglie che la sua trama di fondo sia
complessivamente chiara.

TRAMA DI FONDO: Zarathustra dopo dieci anni torna in città per insegnare quello che ha imparato fino a
quel momento, ma, non essendo apprezzato, prende la via del ritorno verso “le sue montagne e i suoi
animali”.  Tuttavia, durante il cammino incontra altri uomini in ricerca che invita nella sua casa a dialogare
con lui. Giunto a destinazione, dopo aver parlato con i suoi ospiti, così come il lettore, si rende conto dei
propri errori e limiti e riuscendo a superarli si carica di una nuova forza che lo porta a ripercorrere la strada
della città, sicuro che questa volta troverà “amici” pronti ad ascoltarlo.

I temi di base dell’opera sono in sostanza tre: il superuomo, la volontà di potenza e l’eterno ritorno.

1. IL SUPERUOMO

Quello del superuomo è senz’altro il motivo più noto e “volgarizzato” del pensiero di Nietzsche, ma anche
uno dei più complessi. In linea generale, possiamo dire che il superuomo è un concetto filosofico di cui
Nietzsche si serve per esprimere un modello di uomo in cui si concretizzano i temi di fondo del suo
pensiero. Il superuomo è colui che in grado di accettare la dimensione tragica dell'esistenza egli non
può stagliarsi sull'orizzonte del futuro  infatti, sebbene Nietzsche si sforzi di trovare nel passato i
precursori individuali o collettivi del superuomo ,egli è irriducibile a tali modelli. Il superuomo, che non va
confuso con un’esteta di tipo dannunziano, non è l’uomo al superlativo ma un “uomo” diverso da quello
che conosciamo: un uomo capace di creare nuovi valori e di rapportarsi in modo inedito alla realtà.

Nietzsche presenta il superuomo come il “senso della terra” e come il fautore di un’idealistica fedeltà al
mondo. L’uomo è terra ed è nato per vivere sulla terra perché l’uomo è sostanzialmente corpo. Questa
rivendicazione della natura terrestre del superuomo fa tutt’uno con l’accettazione totale della vita  la
terra cessa di essere il desiderio in cui l’uomo è in esilio per divenire la sua dimora gioiosa; il corpo cessa di
essere la prigione o la tomba dell’anima per divenire il concreto modo di essere dell’uomo nel mondo.

Nel primo discorso di Zarathustra, Nietzsche descrive la genesi e il senso del superuomo alla stregua di una
libertà che libera se stessa, per approdare a un’innocente affermazione della vita: “Tre metamorfosi io vi
nomino dello spirito: come lo spirito diventa cammello, e il cammello leone, e infine il leone fanciullo”.
- Il cammello rappresenta l’uomo che porta i pesi della tradizione e che si piega di fronte a Dio e alla
morale
- Il leone rappresenta l’uomo che si libera dai fardelli metafisici ed etici
- Il fanciullo rappresenta l’oltre uomo, cioè quella creatura che sa dire si alla vita

In realtà, il superomismo presenta espliciti connotati anti-democratici e reazionari. Infatti la liberazione da


tutte le autorità umane e divine che egli auspica non è qualcosa che riguarda tutta l’umanità ma soltanto
una parte di essa, ovvero un’elite di individui superiori. Un elite che non si limita ad erigersi al di sopra
delle masse, ma che, nella sua qualità di razza dominatrice, ha addirittura bisogno della schiavitù delle
masse come della sua “base e condizione”. Ciò non significa che il superomismo di Nietzsche metta capo a
un progetto politico definitivo. Anzi, egli denuncia tutti gli idoli politici del suo tempo  Il suo messaggio
ultimo è solo filosofico.

2. L’ETERNO RITORNO

Nietzsche presenta la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, ovvero della ripetizione eterna di tutte le
vicende del mondo. La prima formulazione di questa teoria si incontra nell’aforisma 341 della “Gaia
scienza”.  qui, egli presenterà un'ipotesi per far riflettere in prima persona il lettore, chiedendosi che cosa
accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone si presentasse e ci annunciasse di dover rivivere di nuovo
la nostra visione esattamente come l'abbiamo vissuta e stiamo vivendo fino a quel momento; di riviverla
non solo un'altra volta, ma altre innumerevoli volte, senza possibilità di cambiamento. Di fronte a questa
proposta dell'eterno ritorno, gli uomini hanno due possibilità reazioni: gettarsi a terra, maledicendo il
demone oppure accettare entusiasticamente la proposta del demone ed anzi, prenderlo come un dio, per
puro amore della vita tanto da non voler in questa, nulla di diverso  il pensiero dell’eterno ritorno tende a
palesare il proprio carattere selettivo, fungendo da spartiacque tra l’uomo e il superuomo. Infatti la
reazione di terrore di fronte alla prospettiva dell’eterno ripetersi del tutto sono proprio dell’uomo mentre
la gioia entusiastica per l’eterno assunzione dell’essere è tipica del superuomo e della sua accettazione
totale della vita.

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