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Il contesto culturale dell’opera d’arte: un elemento superfluo?

Abstract:

Il processo di musealizzazione di un oggetto d’arte comporta implicitamente la sua


decontestualizzazione dall’ambiente produttore1. Negli ultimi decenni, tuttavia, sta emergendo un
nuovo tipo di pensiero critico sul museo2, che tiene in considerazione l’idea di arte come parte di una
cultura più ampia e che porta con sé certi pattern di percezione, cognizione e comunicazione. Infatti,
le persone appartenenti a una certa cultura possono incontrare delle difficoltà non indifferenti
nell’interpretare correttamente i codici di un’altra3.

Questo saggio si propone quindi di analizzare se esistono degli standard di bellezza


universalmente apprezzati o se il contesto può influenzare le preferenze estetiche delle persone e in
che modo.

1. Contro una decontestualizzazione museale

«We ourselves are hybrid artifacts of our cultural history, and living a human life is a kind of
art, a continual self-transformation in which we play the dual role of artificer and artifact, reciprocally
informed by and informing whatever we continue to internalize in the way of our society’s evolving
culture.»4

L’idea di un apprezzamento dell’arte disinteressato ha a lungo condizionato il modo di


percepire le opere nella società occidentale, portando alla nascita di una tradizione che vedeva
l’oggetto artistico separato dal contesto che l’ha prodotto5. Questa mania tutta occidentale deriva
anche dalla necessità di catalogare manufatti lontani e che si fatica a comprendere in modo da
razionalizzarli. Un esempio che è stato duramente criticato da Lothar Baumgarten è quello del Pitt
Rivers Museum, museo di antropologia che ospita nella sua collezione manufatti provenienti da tutto

1
Sharjah Art Foundation, L. Baumgarten, Unsettled Objects, 1968-69. (http://sharjahart.org/sharjah-art-
foundation/exhibitions/unsettled-objects)
2
Lothar Baumgarten, Hal Foster, Jacques Hainard e Jimmie Durham, per esempio.
3
Per esempio, nel Settecento si sviluppano in parallelo due tipi di giardino: quello francese, estremamente schematico
e controllato in ogni suo aspetto e quello inglese, dove la natura ha il predominio. Entrambi riflettono una particolare
situazione politica del proprio contesto produttore. Cfr. A. Berleant, Aesthetics and Environment, Theme and
Variations on Art and Culture, Ashgate Publishing, 2005, p. 173.
4
J. Margolis, Placing Artworks—Placing Ourselves, «Journal of Chinese Philosophy», 31: 1-16, 2004, p. 4.
5
Berleant, Aesthetics and Environment, Theme and Variations on Art and Culture, cit., p. 172.
il mondo. Nella sua opera Unsettled Objects6 l’artista ha raccolto una serie di fotografie di questi
oggetti decontestualizzati e ha posto al di sopra di queste alcune parole, come “valued” “ignored”
“politicized” “registered”. Il messaggio dell’artista è chiaro: non è possibile scindere l’opera d’arte
dal suo contesto. Questo non solo perché ogni cultura produce oggetti pregni del proprio modo di
vivere e percepire, ma anche perché l’uomo stesso è un prodotto del proprio ambiente e i fattori
culturali influenzano il modo in cui interagisce con altri contesti7. L’umanità è implicata in una serie
di processi fatti di azioni e risposte a cui non possiamo sottrarci, sia a livello fisico, sia a livello
psicologico8. Tutti i dualismi a cui la società occidentale è abituata si dissolvono quando consideriamo
l’essere umano immerso e integrato nel proprio ambiente9. Tuttavia, persiste ancora oggi la
percezione di manufatti esotici come oggetti da consumare. Questo è ben documentato nel
cortometraggio Cannibal Tours10 e problematizzato nell’esposizione Le musée cannibale11 di Jacques
Hainard, dove gli oggetti vengono serviti come pietanze da mangiare su un tavolo ben apparecchiato.
Una teoria estetica culturale, per essere valida, deve quindi necessariamente poggiare
sull’antropologia e abbandonare un punto di vista antropocentrico12. Questo per avere una migliore
comprensione non solo delle diverse forme d’arte nelle culture lontane dalla nostra, ma anche per
capire quali sono le esperienze percettive che “gli altri” valutano come importanti e che valorizzano.

2. La teoria di Fechner e quella di Jung e Schaub a confronto

Un confronto interessante per comprendere questo concetto è quello fra gli esperimenti di
Gustav Theodor Fechner e Joo Young Jung e Petra Badke-Schaub13.

In quello di Fechner ai partecipanti venne richiesto di esprimere una preferenza fra una serie
di rettangoli di proporzioni diverse. Il risultato dell’indagine vede trionfare il rettangolo con
proporzione 5:8. Ciò che si può dedurre dall’esperimento è che la sezione aurea esercita ancora un
impatto importante sulla società occidentale, infatti anche secondo la ricerca di Kimberly Elam la
Volkswagen è l’auto preferita in Occidente e anch’essa rientra alla perfezione nella sezione aurea14.

6
Baumgarten, Unsettled Objects, cit.
7
Berleant, Aesthetics and Environment, Theme and Variations on Art and Culture, cit., p. 172.
8
Ibid.
9
Ibid.
10
D. O’Rourke, Cannibal Tours, 1988.
11
J. Hainard, Le musée cannibale, Museo di Neuchâtel, 2002-2003.
12
Berleant, Aesthetics and Environment, Theme and Variations on Art and Culture, cit., p. 175.
13
J.Y. Jung, P.B. Schaub, The Impact of Aesthetic Preference in Product Design-Golden Ratio and Korean's Preference
Proportion. «Archives of Design Research». 30, 2017, pp.5-15.
14
K. Elam, Geometry of design: studies in proportion and composition. New York, Princeton Architectural Press, 2001.
La risposta coreana non tarda però ad arrivare. Infatti, la stessa ricerca viene condotta nella
società sudcoreana per scoprire quale sia la loro proporzione preferita.

Esiste anche una seconda parte di questo studio in cui vengono analizzati oggetti tradizionali
coreani dal XVII al XX secolo. Gli esiti di questa ricerca hanno dimostrato una tendenza a produrre
oggetti con proporzione 1:1, come per esempio il frigo Kim Chi e come il design tipico delle auto
coreane. Questa parte dello studio è estremamente importante per comprendere di cosa si nutrono
quotidianamente le persone appartenenti a un certo contesto e capire da cosa sia costituito il loro
bagaglio visivo15. Infatti, il pensiero visivo pervade tutti i campi dell’esperienza umana.

Michael Baxandall in Forme dell’intenzione porta l’esempio del Battesimo di Cristo di Piero
della Francesca e spiega come l’opera sia da analizzare in relazione al contratto stretto col
committente e anche al tipo di educazione ricevuta dall’artista16. Infatti, all’epoca, era comune
ricevere un’educazione in matematica commerciale e nel quadro è possibile notare come lo spazio
venga costruito su questa base. Anche Denis Dutton concorda su quest’aspetto. In relazione agli
affreschi della Cappella degli Scrovegni di Padova scrive: «Part of understanding the cultural
importance of Giotto for his original audience is grasping the place of his works in a specific economy
of religious thought.»17. Ogni dipinto quindi porta con sé una serie di codici sociali e culturali e per
comprenderli è necessario immergersi nel contesto produttore. È perciò fondamentale analizzare gli
oggetti artistici non fini a sé stessi ma nella loro rete, per i loro legami con la società.

Le proporzioni preferite dai sudcoreani risultano infine essere 7:10 e 1:1. Quindi si può notare
una tendenza a preferire oggetti con un rapporto di proporzione corto. Gli esiti di quest’indagine
dimostrano dunque che la proporzione aurea non è universalmente apprezzata, ma è culturalmente
influenzata18. Non sempre è quindi la scelta corretta per un design, anzi, lo studio suggerisce che forse
è meglio pensare a una proporzione che possa riflettere quella degli oggetti comuni che una cultura
trova più familiari.

Grazie a queste ricerche appare ora più chiaro cosa si intenda per un’estetica culturalmente
influenzata, ma resta da definire in che modo venga condizionata. Un tema fecondo per esemplificare

15
Jung, Schaub, The Impact of Aesthetic Preference in Product Design-Golden Ratio and Korean's Preference
Proportion, p. 8.
16
M. Baxandall, Forme dell’intenzione, Einaudi, 2000, pp. 154-159.
17
D. Dutton, “But they don’t have our concept of art”, in Arguing About Art, a cura di A. Neill, A. Ridley, Londra,
Routledge, 2007; cfr. E.B. Coleman, Aesthetics as a Cross-Cultural Concept, «Literature and Aesthetic», 15.1, 2005, pp.
65-66.
18
Jung, Schaub, The Impact of Aesthetic Preference in Product Design-Golden Ratio and Korean's Preference
Proportion, p. 12.
questo concetto è rappresentato dalla serie di studi condotti sulla società orientale in confronto con
quella occidentale.

3. Occidente e Oriente: alcuni casi di studio

Uno studio estremamente interessante è quello di Masuda et al.19 in cui cercano di dimostrare
che gli orientali tendono a prestare maggiore attenzione al contesto e alle relazioni fra gli oggetti
rispetto agli occidentali, i quali invece si concentrano sugli oggetti principali e le loro proprietà
fisiche.

A riguardo erano già stati condotti altri esperimenti, per esempio quello condotto da Ellsworth
et al.20, nel quale ai partecipanti vennero sottoposte delle immagini con sullo sfondo delle faccine che
esprimono emozioni. A quel punto dovevano determinare che cosa suscitasse in loro quell’immagine.
I risultati mostrano che i giapponesi sembravano essere più influenzati dagli elementi sullo sfondo:
una figura sorridente veniva giudicata meno felice se attorno comparivano delle faccine tristi o
corrucciate.

Questo è dovuto alle pratiche sociali e culturali, per esempio in Asia si avverte maggiormente
il bisogno verso una ricerca di armonia. In questi territori, infatti, si sono sviluppate ideologie come
buddhismo, taoismo e confucianesimo, mentre gli occidentali pongono la loro attenzione su come
poter ottenere il controllo degli oggetti21. Inoltre, anche la realtà della città in cui si vive può
influenzare la percezione, infatti in un altro studio22 si è confrontata la quotidianità dei paesi
giapponesi con quelli americani e hanno scoperto che in Giappone l’ambiente risulta molto più
complesso perché sono presenti molti più elementi e informazioni rispetto all’America. Risultati
analoghi sono stati ottenuti paragonando le pagine iniziali di diversi motori di ricerca usati in Nord
America e in Asia Orientale, poiché le seconde contengono molti più collegamenti e sono più
comunicative, mentre le prima presentano un design più semplice ed essenziale23.

19
T. Masuda, R. Gonzalez, L.K. Richard, E. Nisbett, Culture and Aesthetic Preference: Comparing the Attention to
Context of East Asians and Americans, «Personality and Social Psychology Bulletin», 34, 2008, pp. 1260-1275.
20
T. Masuda, P. Ellsworth, B. Mesquita, J.X. Leu, S. Tanida, E. de Veerdon, Placing the face in context: Cultural
differences in the perception of facial emotion. Journal of Personality and Social Psychology, 94, 2008, pp. 365-381.
21
Questo concetto viene dimostrato anche grazie alla ricerca condotta da Ishii, Miyamoto, Rule e Toriyama, Physical
objects as vehicles of cultural transmission: maintaining harmony and uniqueness through colored geometric, in cui
hanno provato che gli occidentali preferiscono colori unici mentre gli orientali prediligono quelli più armonici.
22
Y. Miyamoto, E. Nisbett, T. Masuda, Culture and physical environment: Holistic versus analytic perceptual
affordances. «Psychological Science», 17, 2006, pp. 113-119.
23
T. Masuda, H. Wang, K. Ito, Cultural influence on web-designs. Culture and the Internet environment: Comparing
complexity of designs among Canadian, American, Chinese, Korean, and Japanese Webpages, 2008.
Tornando allo studio di Masuda et al., questo è diviso in tre parti. La prima consiste in
un’analisi di quelli considerati come i migliori capolavori occidentali e orientali dal XV al XIX
secolo. Vengono formulate a riguardo due ipotesi che verranno poi confermate dai risultati. Si
suppone che l’orizzonte sia più alto e che le figure siano più piccole e numerose nei quadri orientali
rispetto a quelli occidentali. Tuttavia, ci sono anche altre importanti considerazioni da formulare.

Innanzitutto, il modo in cui lo spazio viene concepito è radicalmente diverso. Nel


Rinascimento nella società occidentale si verifica una svolta: l’invenzione della prospettiva. Secondo
Kubovy24 è stata inventata per due motivi: il primo è chiaramente per rendere l’illusione della
profondità, il secondo è per guidare l’occhio dello spettatore verso il centro di attenzione. Basti
pensare al coro illusionistico della Chiesa di Santa Maria presso San Satiro realizzato da Bramante,
dove il punto di fuga della composizione coincide con l’immagina miracolosa da venerare. Nei dipinti
occidentali si trova mai un sovrannumero di informazioni sullo sfondo, ma solo quelle che
realisticamente possono rientrare nella costruzione. In genere si ha inoltre un unico punto di vista
privilegiato. Per questo motivo l’emergere della prospettiva si fa spesso coincidere con il delinearsi
dell’individualismo25.

In Oriente invece è largamente diffusa la pergamena e il sistema di prospettiva a volo


d’uccello. Questo permette loro di restituire paesaggi immensi, costituiti da infinite catene montuose,
nuvole e campi. Il loro scopo è quello di rendere il senso dello spazio e del tempo. In questo caso il
punto di vista dell’artista è più alto rispetto a quello della prospettiva rinascimentale e inoltre non è
unico, ma ne esistono molteplici. Questo tipo particolare di prospettiva si chiama tattile: lo spettatore
può approcciare l’oggetto dipinto da più punti di vista visto che normalmente le ombre proiettate dai
singoli oggetti non vengono dipinte. Sono punti di vista impossibili, ma fondamentali per riprendere
la scena nella sua interezza.

Questa prima analisi riflette due tipi di punti di vista. Il dipingere secondo un punto di vista
unico porta l’artista a concentrarsi sulle proprie esperienze interne e a riportare la visione del mondo
dal proprio punto di vista. L’artista che dipinge secondo una floating perspective invece tende a
vedere sé stesso da un punto di vista esterno: fanno esperienza di sé attraverso gli occhi di una terza
persona26.

24
M. Kubovy, The psychology of perspective and Renaissance art, New York, Cambridge University Press, 1986.
25
Masuda et al., Culture and Aesthetic Preference: Comparing the Attention to Context of East Asians and Americans,
cit., p. 1262.
26
Ivi., p. 1273.
Per quanto riguarda i ritratti invece, nella cultura occidentale giocano un ruolo fondamentale.
Innanzitutto, perché alla nascita dell’arte sta la leggenda raccontata da Plinio il vecchio, secondo cui
una fanciulla di Corinto avrebbe ricalcato con la matita il profilo del proprio amato che doveva
partire27. Successivamente i ritratti verranno adottati anche come forma di potere dai regali, basti
pensare a Francesco I d’Este e a come si sia fatto ritrarre in abiti diversi e da pittori diversi al variare
delle sue alleanze, prima con la Francia e poi con la Spagna. Nei ritratti occidentali il soggetto occupa
una porzione di spazio maggiore rispetto allo sfondo. Anche in Oriente esiste questa tradizione, per
esempio, i monaci buddisti giapponesi tenevano esposto un ritratto del fondatore della setta durante
le preghiere. Tuttavia, le dimensioni del soggetto sono moderate e spesso è coinvolto in qualche
attività o immerso in un contesto degno di attenzione.

Nel secondo studio si propongono di indagare se le persone comuni percepiscono lo spazio e


i ritratti nello stesso modo in cui gli artisti lo percepiscono. Viene diviso in due fasi: nella prima ai
partecipanti viene richiesto di disegnare un paesaggio che includa almeno una casa, un albero, un
fiume, una persona e un orizzonte, mentre nella seconda dovevano realizzare un ritratto con una
macchina fotografica posta a nove piedi dal soggetto e viene data loro la libertà di usare lo zoom a
piacimento. Gli esiti mostrano che l’orizzonte è situato dagli orientali in una posizione del 19% più
alta rispetto agli occidentali ed è stato anche registrato un 74% di informazioni contestuali addizionali.
Per quanto riguarda invece la seconda parte, nelle foto scattate dai partecipanti orientali il soggetto
occupa il 35% dello spazio rispetto a quello delle foto degli occidentali.

L’ultima cosa da determinare era capire se effettivamente le persone preferiscono questi


pattern. Infatti, gli schemi analizzati sono convenzioni artistiche che non necessariamente
corrispondono a una preferenza consapevole. Ai partecipanti vengono sottoposti due set di fotografie:
uno con un modello sempre della stessa misura ma con un angolo di campo più o meno stretto, e uno
in cui lo sfondo rimane costante e cambia di dimensione la figura del modello. I partecipanti dovevano
poi valutare ogni fotografia su una scala da 1 a 7. Gli esiti dimostrano che i giapponesi hanno dato
voti negativi a foto con un angolo di campo ristretto e hanno inoltre manifestato una preferenza per
figure più piccole.

Tutte e tre le parti di questo studio sembrano confermare la teoria iniziale: le persone
internalizzano inconsapevolmente i pattern artistici della propria cultura.

27
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXV.
Infatti, anche la ricerca di Bao et al.28 effettuata grazie alla risonanza magnetica funzionale ha
attestato che il cervello fornisce una risposta diversa e subisce un’attivazione più forte quando
vengono mostrate immagini della loro cultura.

Un ulteriore punto da tenere in considerazione è che sembrerebbe che questi pattern di


attenzione possono essere trasmessi e imparati. Miyamoto et al.29 hanno dimostrato che solo dopo
pochi secondi di esposizione a scene giapponesi, gli occidentali prestavano già più attenzione al
contesto.

4. Conclusione

In conclusione, è possibile affermare che certe opere d’arte e schemi artistici possono
accendere un sentimento di appartenenza e identità, in quanto la cultura in cui si viene socializzati
viene internalizzata nei propri modi di fare e pensare, così come nella percezione e nell’idea di
bellezza. Sarebbe auspicabile che questo studio venga approfondito con ulteriori ricerche, magari
approfondendo anche che ruolo gioca l’affettività nella cognizione e nelle preferenze estetiche in
relazione al proprio contesto culturale.

28
Y. Bao, A. Formuli, M. Paolini, E. Pöppel, T. Sander, S. Silveira, T. Yang, Aesthetic Experiences Across Cultures: Neural
Correlates When Viewing Traditional Eastern or Western Landscape Paintings, 2019.
29
Miyamoto et al., Culture and physical environment: Holistic versus analytic perceptual affordances, cit.
Bibliografia:

Berleant, A., Aesthetics and Environment, Theme and Variations on Art and Culture, Ashgate
Publishing, 2005.

Bao, Y., Formuli, A., Paolini, M., Pöppel, E., Sander, T., Silveira, S., Yang, T., Aesthetic Experiences
Across Cultures: Neural Correlates When Viewing Traditional Eastern or Western Landscape
Paintings, 2019.

Baxandall, M., Forme dell’intenzione, Einaudi, 2000.

Coleman, E.B., Aesthetics as a Cross-Cultural Concept, «Literature and Aesthetic», 15.1, 2005, pp.
65-66.

Elam, K., Geometry of design: studies in proportion and composition. New York, Princeton
Architectural Press, 2001.

Jung, J.Y., Schaub, P.B., The Impact of Aesthetic Preference in Product Design-Golden Ratio and
Korean's Preference Proportion. «Archives of Design Research». 30, 2017, pp.5-15.

Kubovy M., The psychology of perspective and Renaissance art, New York, Cambridge University
Press, 1986.

Margolis, J., Placing Artworks—Placing Ourselves, «Journal of Chinese Philosophy», 31: 1-16, 2004

Masuda, T., Gonzalez, R., Richard, L.K., Nisbett, E., Culture and Aesthetic Preference: Comparing
the Attention to Context of East Asians and Americans, «Personality and Social Psychology Bulletin»,
34, 2008, pp. 1260-1275.

Masuda, T., Wang, H., Ito, K., Cultural influence on web-designs. Culture and the Internet
environment: Comparing complexity of designs among Canadian, American, Chinese, Korean, and
Japanese Webpages, 2008.

Miyamoto, Y., Nisbett, E., Masuda T., Culture and physical environment: Holistic versus analytic
perceptual affordances. «Psychological Science», 17, 2006, pp. 113-119.

Sitografia:

http://sharjahart.org/sharjah-art-foundation/exhibitions/unsettled-objects

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