Sei sulla pagina 1di 19

Pietro Sassu

L ALTERIT MUSICALE

Sono trascorsi molti anni dalle riflessioni di Diego Carpitella sul "primitivo" nella musica
contemporanea, da quando con rara efficacia veniva inquadrato un aspetto cruciale della cultura
del Novecento. Un contributo utile anche oggi, nonostante il tramonto di una stagione artistica
che davvero, forse, ha visto il mito del primitivo influire

in modo strutturale e organico sulla trasformazione, o sulla liquidazione, di


determinati valori musicali, lessicali ed espressivi.(Carpitella 1992: 167)

La ricchezza di spunti nel testo pubblicato e i commenti alle opere selezionate per un
memorabile ciclo di trasmissioni radiofoniche, qui non possono trovare spazio; baster, per le
finalit di questo contributo, riassumere alcune tesi di fondo. Secondo Carpitella agli inizi di
questo secolo si assistito a un feconda presenza di correnti artistiche ispirate da un
"primitivismo" anti romantico che investiva soprattutto le arti figurative e la musica,
specialmente a Parigi. Il quadro culturale noto, come pure l'attenzione rivolta alle grandi civilt
orientali, all'arte africana e, in genere, ai prodotti artistici di "societ illetterate" colonizzate dagli
europei. Cos, grazie anche alle Esposizioni Universali, sempre pi spesso venivano offerti alla
pubblica fruizione prodotti artistici di quelle lontane civilt. Con felice discernimento Carpitella
distingue l'esotismo dal primitivismo. Distinzione di non poco conto perch, nel primo caso, c'

l'impiego decorativo, meccanico, di alcuni elementi esotici (gamme, melodie,


ritmi) nel contesto di un linguaggio, di una sintassi, di una morfologia tradizionali,
europee e bianche;

nel secondo caso si ha invece

l'impiego di un materiale cosiddetto primitivo, al livello etnologico, tale che sia


determinante per l'ispirazione del musicista e che si innesti organicamente [...]
condizionato dalla componente primitiva. A ci si aggiunge: l'impiego di
strumenti primitivi, l'applicazione di parametri ritmici fuori dalla tradizione
metrica euro-bianca.

1
Pi precisamente si potrebbe parlare di un primitivismo lessicale e di un primitivismo
psicologico, i quali spesso non coincidono esattamente tra di loro.
Dal canto suo Leydi aggiunger che

le citazioni e le evocazioni degli "altri" non sono allora da vedere come


decorativi, bens come partecipazione della musica [...] a un complesso travaglio
storico, sociale e culturale (Leydi 1991: 193).

E nel Sacre, assurto a emblematico capolavoro del primitivismo in musica, non risulta
l'impiego di musiche etniche riconoscibili (quelle acquisite non pare fossero molto note oltre la
cerchia ristretta della musicologia comparata), salvo la melodia lituana affidata a un fagotto
arrampicato "fuori registro" in una tessitura molto acuta, all'inizio dell'opera. Cos Stravinski,
al di l di alcuni procedimenti etnofonici russi, coglie l'essenza del rito, il suo dualismo, la sua
ambiguit (Carpitella 1973: 221).
Di fatto, tra suggestioni esotiche ed evocazioni primitivistiche, la musica del Novecento
ha avvertito spesso l'esigenza di rivolgersi ad altri sistemi musicali per superare le angustie di
un'eredit divenuta ingombrante (o vissuta come tale).
Un ampliamento dell'orizzonte musicale che ha contribuito alla (forse) definitiva
affermazione del relativismo culturale: una condizione, insomma, che pu consentire
all'etnomusicologia di ripensarsi con una pi attenta valutazione critica delle scienze sociali e
con un rapporto pi stretto con le acquisizioni che, da qualche tempo, si registrano nel pensiero
musicale dei compositori contemporanei. In breve, il nocciolo di questo intervento il tentativo
se non di negare, almeno di valutare in modo diverso il concetto di alterit musicale.
Occorre partire da alcune marginali annotazioni sulle strategie delle scienze umane, entro
le quali l'etnomusicologia si colloca a pieno titolo. A lungo l'uomo colto europeo si interrogato
sul significato di comportamenti estranei alle conquiste della civilt occidentale. L'indagine sui
"primitivi" era fondata su una sorta di tolleranza razionalizzata che trovava le sue radici
nell'Illuminismo. Se nella prima fase degli studi tutte le societ umane sono state collocate in una
scala di successive trasformazioni evoluzionistiche che collocava l'Europa al gradino pi alto,
successivamente si riconosciuta la pluralit delle culture come insieme di norme non riducibili a
un modello universale. Ma l'antropologia, nell'affinare i suoi metodi, ha fortemente
ridimensionato il concetto di alterit sino a negarlo, almeno nei termini pi correnti. Il
riconoscimento che tutti gli uomini, indipendentemente dai valori culturali perseguiti, dalla
religione e dalla razza, debbano essere pariteticamente assimilati alla comune appartenenza al
genere umano, se una dato cos acquisito da apparire banale, dal punto di vista delle scienze

2
sociali un concetto di notevoli conseguenze.. L'antropologo, infatti, si misura con diversit cos
nette, rispetto alla sua cultura, da provocare turbamenti che minacciano in profondit i postulati
teorici e i fondamenti etici della ricerca. E tuttavia il mestiere dell'antropologo quello di
soffermarsi con particolare attenzione proprio sulle "alterit" pi marcate per cogliere la
specificit e il valore di scelte culturali espresse da bisogni, impulsi, ansia di conoscenza che
deve riuscire a riconoscere e valutare. Lo scopo ultimo il superamento dell'alterit intesa come
estraneit, affinch i valori e le norme (ma anche le violenze e le prevaricazioni) che regolano le
diverse culture non giungano come aberrazioni o "arretrati" dispositivi sociali, ma bens come
plausibili opzioni di risposte che l'uomo cerca incessantemente per dare significato all'esistenza.
Dopo un secolo di studi tramontato l'eurocentrismo e, almeno negli strati pi consapevoli della
nostra cultura, neppure alle popolazioni pi sperdute e meno "civilizzate" viene attribuita
un'assenza di valori e di un'attivit di pensiero a suo modo sistematica, non limitata, cio, al
soddisfacimento delle attivit pratiche. Questa acquisizione uno dei risultati pi notevoli
dell'indagine etnologica di Lvi-Strauss:

Come avviene nel linguaggio professionale, la proliferazione concettuale


corrisponde a un'interpretazione pi viva per le propriet del reale, a un interesse
sempre all'erta per la distinzione che possibile introdurvi. Tale brama di
conoscenza oggettiva costituisce uno degli aspetti pi trascurati del pensiero di
coloro che ci ostiniamo a chiamare "primitivi". Sebbene venga raramente rivolta
verso realt appartenenti allo stesso livello di quelle indagate dalla scienza, essa
implica tuttavia procedimenti intellettuali di osservazione che sono paragonabili. In
entrambi i casi l'universo oggetto di pensiero almeno nella stessa misura in cui
mezzo per soddisfare bisogni (Lvi-Strauss 1962: 14-15)

Per affrontare problemi analoghi l'etnomusicologia ha lungamente privilegiato


l'osservazione dei comportamenti dei musicisti e della loro collocazione socioculturale (il
rapporto tra testo e contesto) secondo una prospettiva che oggi appare inadeguata. Il tormentato
percorso critico compiuto dall'antropologia per superare il vecchio concetto di alterit deve ora
investire l'etnomusicologia, che sembra contraddire quegli apporti critici quando si attarda
sull'alterit del sistema musicale eurocolto rispetto a quelli delle culture orali. Se, dunque,
l'etnomusicologia intende ancora conservare la doppia appartenenza alle scienze umane e alla
musicologia, chiamata a eslporare con rinnovata attenzione significati, intenzioni, criteri di
formalizzazione, propriet sonore e dispositivi percettivi e cognitivi per giungere a definire come
viene pensata la musica di tradizione orale.

3
Quando Lvi-Strauss nota che il "pensiero selvaggio" fondato su una sorta di bricolage
intellettuale non introduce giudizi di valore. Qualche sfumatura ironica la riserva semmai al
bricoleur del mondo industrializzato, intento a utilizzare mezzi diversi da quelli dell'uomo di
mestiere, a raccogliere rottami e avanzi di congegni e manufatti che mette insieme perch
potrebbero "tornare buoni" in imprevedibili assemblaggi; tuttavia non nega a questo specifico
operare dell'uomo la dovuta rispettabilit culturale:

Si potrebbe essere tentati di dire che l'ingegnere interroga l'universo, mentre il


bricoleur si rivolge a una raccolta di residui di sapere umano, cio a un insieme
culturale di sottordine. (1962: 32)

questa una premessa per meglio definire le operazioni mentali messe in atto dai
primitivi nella costruzione dei miti, intesi come enciclopedia della conoscenza del mondo, e
nell'aborazione dei criteri adottati per interrogare l'universo, con un sapere che non di
"sottordine" poich l'unico di cui dispongono. Lvi-Strauss ritiene, anzi, che non si tratti di due
stadi dell'evoluzione del sapere ma di due procedimenti di pari valore. Ci comporta valutare il
bricolage attivit intellettuale di ordine "primario" anzich "primitivo"; in questo senso, allora,
assume la stessa dignit della conoscenza scientifica. La scienza, del resto, nel suo operare
tollera lo scacco ma non il disordine e il "pensiero mitico" un criterio ordinativo, dato che
l'esigenza d'ordine sta alla base del pensiero primitivo solo perch sta alla base di ogni
pensiero. Per motivi analoghi, ritiene che la magia non una forma timida e balbettante di
scienza. Scienza e magia non vanno messe a confronto, trattandosi di due modi di conoscenza
diseguali nei risultati teorici e pratici; conta molto di pi tenere conto che i poteri magici si
fondano su saperi, con tassonomie rigorose, del mondo animale e vegetale e di tutti gli eventi
naturali osservabili.
Soffermarsi su alcune tesi sviluppate ne Il pensiero selvaggio indispensabile per
affrontare in un'ottica pi pertinente le riflessioni di Lvi-Strauss sulla musica, sviluppate
nell'indagine sui miti nel successivo Il crudo e il cotto. Un libro che specialmente nel saggio
introduttivo, Ouverture, dedica alla musica pagine che furono oggetto di un acceso dibattito. Si
dunque consapevoli di non essere i primi a occuparci di quello scritto, ma impossibile non
farvi cenno almeno per alcune questioni che ci riguardano da vicino.
notevole che il libro venga costruito seguendo percorsi di formalizzazione musicale.
Una scelta "necessaria" poich per affrontare l'intrico del pensiero mitico Lvi-Strauss ritiene che
il criterio pi efficace sia di immaginare la stesura del testo come la composizione di una
partitura; cos il costante riferimento al linguaggio musicale non il ricorso a semplici metafore

4
ma un modo di organizzare l'esposizione della complessa materia: un omaggio alla musica e alla
sua idoneit a ordinare ed esporre con i suoi peculiari strumenti linguistici un pensiero
complesso.
Il confronto tra il pensiero mitico e la musica in Il crudo e il cotto uno sviluppo delle
tesi sostenute ne Il pensiero selvaggio, dove il confronto tra il bricolage e il pensiero
scientifico. E quando Lvi-Strauss parla di musica pensa soprattutto alla musica colta; pi o
meno esplicitamente si colgono riferimenti ad alcuni degli autori che dovevano essergli pi
familiari: Debussy, Stravinski e Wagner. (Sono per illazioni di valore secondario, come cercare
di scoprire chi si nasconde dietro l'inesistente compositore Vinteul nella Recherche). Ma se, in
questa occasione, prendiamo con insistenza le mosse dalle sue riflessioni musicali non sar per
"forzargli la mano". Nel suo ragionare di musica dobbiamo includere anche quella etnica:
trattandosi di valutazioni rivolte alla peculiarit del "pensiero" musicale sarebbe stravagante da
parte nostra non includerle tra le capacit intellettuali che riconosce ai "selvaggi". La musica,
inoltre, pu assumere una insostituibile rilevanza antropologica, come egli stesso scrive con
parole che nessun musicologo e nessun musicista avrebbe l'audacia di profferire senza il timore
di apparire sfrontato:

Non sappiamo qual la differenza tra quegli spiriti rari che secernono musica e
quelli, innumerevoli, in cui il fenomeno non si produce, quantunque si dimostrino
generalmente sensibili alla musica. La differenza per cos netta, si manifesta
con una tale precocit, che noi sospettiamo soltanto che essa implichi propriet
singolari, certo situate a un livello molto profondo. Ma che la musica sia un
linguaggio atto a elaborare messaggi, i quali sono compresi, almeno in parte,
dall'immensa maggioranza, mentre solo un'infima minoranza in grado di emetterli,
e che fra tutti i linguaggi questo solo riunisca i caratteri contraddittori d'essere a un
tempo intelligibile e intraducibile, fa del creatore di musica un essere simile agli
dei, e della musica stessa il supremo mistero delle scienze dell'uomo, quello nel
quale esse inciampano, e che custodisce la chiave del loro progresso.(1966: 36)

E quando asserisce che i miti non hanno autore: quale che possa essere stata la loro
origine reale, sin dall'istante in cui sono percepiti come miti essi non esistono se non incarnati in
una tradizione, il loro nesso con la musica si rinforza se si fa riferimento alla musica di
tradizione orale, del resto molto viva e attiva tra le popolazioni oggetto delle sue indagini.
Vengono inoltre sviluppate altre riflessioni di ordine generale sulla specificit della musica e del

5
suo primato sulle altre espressioni artistiche quando sottolinea con forza che in natura non vi
sono (se non fortuitamente) suoni musicali ma soltanto rumori.(1966: 37)
Non siamo interessati a confermare o smentire l'asserzione sul primato della musica.
Importa molto, invece, soffermarsi su un dato di fondo che investe anche le societ "primitive: i
suoni sono prodotti dall'uomo, e il loro ordinamento in un sistema che includa tutti quelli reputati
utilizzabili frutto di consapevole elaborazione intellettuale. Gli strumenti musicali e la voce
umana offrono un continuum sonoro dal quale vengono scelti, in una successione discreta, quei
suoni da organizzare in un sistema che sappia attivare un codice comunicativo. Se la creazione
di suoni musicali il risultato di atti fortuiti o di esplorazione della natura, la loro collocazione in
un sistema che produca un linguaggio (modelli melodici e moduli ritmici, sovrapposizioni e
contrasti, assetti formali) attiene alla sfera pi alta dell'astrazione intellettuale, riservata alla
riflessione sull'avvicendarsi delle stagioni, le tassonomie e le leggi che regolano la vita vegetale e
animale, le modalit di calcolo: quella sfera, insomma, che investe la riflessione sull'universo. La
stessa "immaterialit" del suono, che pure opera dell'uomo, accentua fortemente la pura
astrazione del pensiero musicale. Particolarmente notevole, per noi occidentali civilizzati, che
tra i "primitivi" non vi sia frattura tra speculazione e prassi poich l'elaborazione intellettuale si
trasforma in un concreto operare. Testimonianze sulla nascita trascendentale e mitica del suono,
e del percorso che lo conduce alla sua utilizzazione tra gli uomini, ci giungono dalle grandi civilt
orientali, dove complesse cosmogonie attribuiscono la nascita dell'universo a un suono o a un
fragore generatore, o a un grido, o a una risata cosmica, o a una sillaba risuonante, o al soffio
vitale del respiro che per dono divino si tramuta in suono musicale. Interpretazioni dell'universo
che riconoscono al suono un'alta collocazione mistica e filosofica intimamente collegata al
sistema teorico e all'attivit musicale pratica. Un visione unitaria che contraddice la separatezza
lungamente coltivata nel pensiero occidentale, culminata nella distinzione tra musica e cantus.
Ma nel mondo dei "primitivi", privi della scrittura, le astrazioni concettuali si possono dedurre
dalla prassi musicale, oppure riaffiorano con richiami simbolici di bricolage intellettuale nella
partitura del pensiero mitico.
Un pensiero musicale a suo modo complesso che lascia le pi significative testimonianze
negli strumenti musicali. Xilofoni, aerofoni ad ancia, con bocchino o a insufflazione diretta,
cordofoni, tamburi di svariate forme e con pellami scelti e conciati con cura, percussioni costruite
con i metalli pi diversi, costituiscono una quantit sterminata di oggetti e congegni. Costruiti
con una maestria artigianale che denuncia una profonda conoscenza delle propriet fisico-
acustiche dei materiali, devono produrre quei suoni che una complessa elaborazione culturale ha
decretato come i pi adatti all'uso. in ogni caso impossibile avere nozione dei percorsi
intellettuali e dei saperi che con appropriate manipolazioni hanno condotto a determinate scelte:

6
gli strumenti musicali sono il frutto di scoperte fisico-acustiche e di un'attivit intellettuale
dimenticata. Infatti i nuovi strumenti (a memoria d'uomo) possono essere costruiti soltanto
copiando i vecchi perch sono macchine sonore che nella tessitura e nel timbro hanno raggiunto
uno standard ottimale che non stato pi valicato (ma questo non stupisce se pensiamo che il
violino conserva la struttura giunta a perfezione nel Settecento). La definizione di una scala
(cio dei suoni da utilizzare) per la costruzione degli strumenti doveva avvalersi di un suono di
partenza, misurabile e in grado di generare tutti gli altri: quando, raramente, lo si conosce,
(prodotto con un tubo sonoro o una corda tesa) un'eredit oggettuale giunta sino a noi per
successive riproduzioni. Soltanto le culture extraeuropee che conoscono la scrittura hanno
lasciato testimonianza dei criteri adottati.1
Gli sviluppi dell'analisi acustica e psicoacustica e della teoria dell'informazione sono
presupposti centrali della musica contemporanea. Se da un lato la ricerca ha aperto ai
compositori prospettive inedite, dall'altro lato ha svelato sottili processi percettivi che
prospettano nuove all'interpretazioni all'esperienza cognitiva accumulata in secoli di storia
musicale. Ma non tutto, poich la ricerca elettroacustica ha svelato aspetti che "a orecchio
nudo" si possono cogliere soltanto in rapide sintesi; si pensi alla sfera dei rumori, all'analisi dei
timbri, ai "transitori d'attacco" (a loro volta avvertiti come rumori). Acquisizioni che non
riguardano in eguale misura tutta la nuova musica e che sembrano particolarmente presenti nei
percorsi seguiti dai compositori del gruppo "Itinrarie".
Il terreno d'incontro tra ricerca scientifica e ricerca musicale, rivolgendosi alla nozione di
suoni pi che di note, riduce in misura considerevole l'"alterit" della musica etnica rispetto ad
alcune esperienze della musica sperimentale. Due territori che tuttavia restano distinti e che non
faremo nessuno sforzo per ridurli entro gli stessi confini. Si pu cogliere tuttavia una preliminare
convergenza nel comune interesse per gli stretti rapporti che l'uomo instaura con la percezione
dei suoni. Infatti, forse per la prima volta, il pensiero musicale contemporaneo trova le sue
premesse misurandosi esplicitamente con i limiti delle facolt percettive dell'uomo, con le suoi
capacit cognitive, con quegli ineludibili parametri che ovunque (e, aggiungeremmo, da sempre)
regolano la comunicazione, indipendentemente dal grado di "civilizzazione" raggiunto. Lo
spiega bene Orcalli:

Le nozioni di armonia, melodia, contrappunto, orchestrazione ecc. sono superate e


devono essere inglobate in una sintesi teorica che offra rapporti ottimali tra

1. In Cina Huang chung il suono generatore che consente di dedurre tutti i suoni del sistema, compreso il
circolo delle quinte; viene prodotto da un tubo sonoro misurato partendo dal numero 9, uno dei simboli
della perfezione Yang, moltiplicato per se stesso. La lunghezza esatta si misura mettendo in fila 81 grani di
miglio.

7
l'elaborazione intellettuale e ci che di essa pu essere percepito sensibilmente. Il
compositore deve dunque osservare l'universo sonoro oltre le griglie di riferimento
(seriali o altro), lavorare sulle differenze e sulle relazioni tra gli elementi, non sui
rapporti tra gli oggetti e i punti di riferimento assoluti. (1990: 27)

Il pieno recupero agli studi etnomusicologici del pensiero musicale "primitivo" ha il valore di un
consapevole superamento dei criteri di analisi "testuale"che attraverso le trascrizioni si sono
dovuti adottare. A pi riprese stato ribadito l'avvertimento che la trascrizione su pentagramma
della musica di tradizione orale, bench sempre utilizzata come necessit e con molte riserve,
comporta rischi perch induce ad analisi per parametri differenziati (i profili melodici, i moduli
ritmici, gli esiti polivocali, ecc.) che artificiosamente separano componenti "pensate"
unitariamente. Analisi che esprimono la cultura degli studiosi e che risultano condizionate
dall'esigenza di mostrare, sul terreno dei criteri valutativi pi correnti, la qualit e la complessit
di musiche a lungo relegate al livello degli istinti primordiali o della "spontaneit. Ma si tenta di
andare oltre perch sembra farsi strada la convinzione che la "mentalit" musicale primitiva ha le
sue premesse nell'indagine sul suono.
Non sono questioni nuove. Gi Carpitella in due diversi scritti aveva affrontato il
problema della trascrizione (L'insufficienza della semiografia musicale colta nella trascrizione
etnomusicologica) e il tema delle affinit tra etnomusicologi e compositori della'avanguardia
(Convergenze fra indagine etnomusicologica e ricerche espressive contemporanee) (Carpitella
1973). Se in passato la "marginalit" (talvolta da lite appartata) di musicisti d'avanguardia,
etnomusicologi e ricercatori di acustica facilitava scambi e complicit, oggi le convergenze, che
pure ci sono, sembrano sporadiche, faticose e complesse (salvo i casi in cui vengono
istituzionalizzate) e sembrano rivolgersi all'analisi del suono e ai problemi sollevati dalla
psicoacustica. Quando il compositore sperimentale rinuncia ai suoni ereditati dal linguaggio
colto e ripensa alle radici i parametrici timbrici per realizzare un universo sonoro inedito, e
quando, dal canto suo, l'etnomusicologia si pone il problema di esplorare gli esiti sonori del
"pensiero selvaggio", di fatto si rinnova la vitalit di antiche convergenze.
La presumibile complessit di riflessioni all'origine degli strumenti etnici si ripropone
nelle tecniche vocali laddove il timbro e le frequenze risultano accortamente calibrati. Quando
l'attacco non "percussivo", con un'intonazione netta ( il caso, mediamente, dell'Africa nera), il
suono sporco, aureolato di suoni accessori o intonato con appoggi vocali, vibrati e tremoli
intrascrivibili. Nell'intonazione degli intervalli il cantore o la cantatrice non cercano una nota
ma un suono all'interno di un piccolo spazio che risulta ritagliato dal continuum sonoro; e se
l'intervallo ampio la voce percorre col portamento o il glissando la distanza intermedia per

8
assestarsi sul suono da raggiungere. Il modello di altezze discrete che forma la scala dei suoni
disponibili concettualmente acquisito ma nella prassi va trovato ogni volta.
Se si tenta di affrontare in una prospettiva pi ampia i problemi che solleva lo studio
della tradizione orale quasi inevitabile sentirsi vicini al gruppo di "Itinraire". Nell'estetica di
quei compositori troviamo il ritorno alla musica come puro divenire di suoni, con l'implicito
rifiuto di parametri extra musicali per fare i conti con le facolt cognitivo-musicali dell'uomo, con
i limiti delle sue qualit percettive. Confini che non mortificano l'immaginazione e la
sperimentazione se lo scopo, come dichiara Grisey, di produrre musica "a misura d'uomo".
Non un processo scontato poich, forse per la prima volta, l'analisi acustica sulle propriet
dinamiche del timbro diventa il materiale operativo e il laboratorio concettuale del lavoro
compositivo, con la convinzione che tutti i dati "naturali" acquisiti, attraverso ingrandimenti,
contrazioni e sintesi, siano pienamente utilizzabili affinch resti definitivamente acquisita la
qualit eminentemente dinamica del "fare" musicale. Una visione antropologica (e "ecologica",
come lo stesso Grisey sostiene) che in quanto tale investe anche l' "altra" musica.
Spetta alla musicologia e all'estetica valutare in una prospettiva storica e in termini
qualitativi le tappe di mutamenti linguistici che i compositori hanno introdotto per dare voce alle
tensioni espressive, quantomeno riproponendo in modo nuovo le convenzioni ereditate, comprese
quelle della sfera timbrica. Ma la musicologia, dedicando attenzione soprattutto all'eredit
storico-chirografica, ha spesso trascurato un'attenta valutazione estetica dell'esplorazione sul
suono.
Non a caso il timbro un parametro che a lungo stato liquidato nei limiti di mera
"coloritura" di un disegno gi definito; stupisce che neppure la semiologia abbia colto lo sforzo
compiuto da molti compositori del passato (per tacere dei contemporanei) di indagarne le
componenti dinamiche.
Secondo Lvi-Strauss la ricchezza di vocaboli astratti non attributo esclusivo delle
lingue civili. Almeno su questo terreno l'alterit potrebbe annullarsi poich il pensiero
musicale, per riuscire a tradursi in un messaggio comprensibile, deve articolarsi in vocaboli
astratti che si sgranano in una dimensione temporale racchiusa tra due poli, nettamente definiti,
di inizio e di fine. Vocaboli che si tentato di decifrare attraverso le griglie dei parametri
semiotici per cogliere il senso di quelle microunit che segmentano il flusso sonoro: cio gli
intervalli, valutati insieme alle durate, al ritmo e, pi raramente, al timbro. Percorsi di analisi
che rivolgendo particolare attenzione al "disegno melodico" svelano il significato espressivo,
spesso convenzionale, di "vocaboli musicali" (equivalenti a cellule) culturalmente sedimentati
attraverso un lungo percorso storico. Ci sono, tuttavia, "vocaboli" in s definiti che
accomunano le civilt evolute e quelle primitive. il caso delle "melodie a picco" dettate da

9
intense emozioni di gioia o di sofferenza, (Sachs 1979: 71)2: un profilo melodico, con analoghe
intenzioni espressive, non infrequente nella musica colta. Ma le unit discrete, per dispiegare il
potenziale comunicativo, devono articolarsi in linguaggio e su questo terreno avviene la
divaricazione.
Nella musica colta occidentale vocaboli "in s definiti" si sono mescolati ad altri che
provenivano dai mutamenti storici del codice linguistico: un'eredit che si pu scomporre e
assegnare a epoche, luoghi e autori riconoscibili. Messaggi che anche oggi giungono all'ascolto
come "costruiti altrove", in tempi differiti rispetto alla codificazione del testo scritto, dove
l'autore pu liberamente dislocare i materiali sonori con rarefazioni e addensamenti, dilatazioni
e contrazioni e, ancora, con citazioni, ammiccamenti, inversioni di senso, iterazioni e contrasti,
adottando una sintassi che, a sua volta, pu essere terreno fecondo di esperienze inedite. Cos
la scrittura, con una strategia di ordine intellettuale, trascrive e prescrive in modo definitivo il
concreto dispiegarsi del pensiero musicale e delle emozioni che il compositore intende
comunicare. Cellule e invenzioni ritmiche, oscillazioni melodiche, moti armonici, timbri e altro
ancora che, seppure carichi di storia, il compositore "compone", appunto, come rinnovata
ricerca di senso. Ma il linguaggio musicale, ingabbiato per oltre due secoli in una sintassi
stabile, ha raggiunto agli inizi di questo secolo il punto limite della saturazione e dell'impotenza
comunicativa, con le note "conseguenze".
Il terreno della vera e radicata alterit resta dunque quello dei dispositivi orali rispetto
alle strategie che governano la scrittura. La scrittura intesa come realizzazione di un progetto e
come "trascrizione" di esperienze, come esigenza di non dissipare ma di trasmettere intuizioni e
suggestioni. Si scrive per costruire una riflessione sviluppata dalla cattura di un'idea, isolata
dalla palude di pensieri che si succedono rapidamente senza lasciare tracce. L'opera, cos
realizzata, diventa messaggio definitivamente formalizzato instaurando con l'ascoltatore un
rapporto di simpatia. Ne deriva che tra le societ evolute, la dignit di pensiero, compreso
quello musicale, solo nella scrittura.
Nella "mentalit" orale i messaggi sono da tutti condivisi in quanto privi di significati
oscuri e non si avverte uno scarto tra la loro concezione e la trasmissione poich essi nascono
entro un corpo sociale visibile e con l'adozione di un codice che investe l'intera comunit. Poich
lo "spazio utile" circoscritto dai confini di percezione del suono, l'uso della voce o degli
strumenti non casuale perch implica un ascolto che si compie entro confini sociali misurabili
"a vista" o dislocati in spazi non visibili ma raggiungibili dal suono. Le scelte dinamiche non
ubbidiscono a criteri genericamente "espressivi" ma a ben definite funzioni. La iatromusica, ad

2 Il suo carattere selvaggio e violento: dopo un passaggio brusco alla nota pi alta di tutta la gamma[...]
in un fortissimo quasi urlato, la voce precipita in basso con salti, cadute e slittamenti

10
esempio, ha un volume di suono costante, ma se si vuole investire pi direttamente, con una
massa sonora adeguata il destinatario privilegiato, i suonatori (nel Salento soprattutto il violinista
e il suonatore di tamburello) si collocano vicinissimi al tarantato, quasi toccandolo.
Nella musica extraeuropea ed europea orale sono ammessi e utilizzabili soltanto vocaboli
che sappiano trasmettere un "significato" subito riconoscibile. Le modalit sono note: nel
controllo collettivo del rapporto lague-parole si attiva una "censura preventiva" che respinge
eccentricit, lesione del codice e rischi di frattura della comunicazione.(Bogatirev-Jakobson
1967) Confini censori che si aprono e si chiudono a ogni performance, che accolgono o
escludono trasformazioni introdotte dalla parole a tutela di una tradizione che, in realt, registra -
quando non fossilizzazione folcloristica- un sottile processo di continui mutamenti. I valori
emotivi riguardano l'insieme del componimento, globalmente assegnato a una sola temperie
espressiva, mentre il pi alto consenso sociale rivolto al musicista che sappia ricomporre
significati gi noti con persuasiva efficacia.
Nell'oralit, dunque, una sintassi elementare d forma a valori comunicativi e picchi
espressivi in una continuit linguistica senza scarti. Di qui un'oggettivit che appare persino pi
marcata del testo scritto. Nei repertori orali sconosciuto il trascolorare da una sfera espressiva
ad un'altra; c' invece un accumulo di tensione che non proviene da un "crescendo" dinamico ma
da un'accentuazione emotiva riconoscibile da un infoltirsi dei tratti linguistici e dalla contrazione
ritmica: si va sempre dal "poco" al "molto" seguendo un percorso senza ritorno. Raggiunto
l'acme la musica tace di colpo: non decresce, non decelera. In altri termini, quel parossismo che
valutiamo dall'esterno un'accresciuta convergenza di componenti fisiche, psichiche, emotive
che si impongono non perch dettato dalla musica ma perch di essa sono parte imprescindibile.
In questo senso il rapporto tra musica e trance decisivo dato che, secondo Rouget, gli effetti
della musica

non sono da attribuire n ad una virt particolare della voce o del canto [...] n
all'azione sui generis di questo o quello strumento, visto che in pratica se ne utilizza
di ogni tipo, contrariamente al preconcetto secondo cui il principale responsabile
dello sconvolgimento della possessione sarebbe il tamburo.

Di qui la convinzione che il rapporto musica-trance si possa attribuire non gi alla sostanza
sonora, ma alla formalizzazione di questa sostanza, intendendo con ci il ritmo, la dinamica e la
melodia, o pi esattamente il modo; poco pi avanti aggiunge:

11
se i dati di cui disponiamo non bastano per dare il diritto di affermare che le
rotture di ritmo costituiscono uno dei caratteri universali della musica di
possessione, occorre tuttavia sottolineare che si tratta di un elemento molto
frequente. Sembra invece si possa dire che un altro elemento ritmico,
l'accelerazione del tempo, venga universalmente utilizzato per provocare la trance
(Rouget: 1980,114 e 116).

Le peculiarit della tradizione orale mettono a nudo i dati fondamentali, forse persino le
leggi, della comunicazione musicale come messaggio dislocato nel tempo. Dati ineludibili che al
di l della diversit dei codici (ritmi, curva delle frequenze e timbri), dell'esperienza storica dei
linguaggi, delle pluralit dei significati nelle diverse culture, plasmano la periodicit dell'evento
sonoro entro confini di facolt umane che il musicista non ha mai ignorato.
Lvi-Strauss, nel soffermarsi a lungo sul rapporto tra tempo fisiologico e tempo musicale
definisce la musica, analogamente al mito, una macchina per sopprimere il tempo. Un
concetto che riprende Orcalli tenendo conto di recenti ricerche: Il tempo musicale composto
operando direttamente sul grado di preudibilit".(1990: 59) Di fatto, la musica si dispiegata per
oltre due secoli in uno spazio temporale strutturato in assetti formali stabili, producendo materiali
sonori aggregati in un percorso 'lineare" che rispetta la preudibilit ma rifugge da soluzioni
troppo scontate. Una musica inevitabilmente pensata non per suoni ma per note e che deve
tradursi in un'esperienza chirografica affinch i suoni possano essere richiamati in vita dai segni
della scrittura. A grandi linee sono questi i tratti linguistici che i compositori, all'interno di
processi storico-culturali pi vasti, hanno elaborato misurandosi con gli invalicabili limiti dei
processi comunicativi. Una consapevolezza che a volte i musicisti non si limitano a rendere
visibile nella prassi compositiva, ma che rendono esplicita con parole di impagabile limpidit:

Il principio primo della esposizione di un pensiero musicale la legge della


comprensibilit. Chiaro che questa deve essere la legge suprema. Che cosa deve
avvenire perch un pensiero musicale divenga comprensibile? Vedete, tutto quello
che successo nelle varie epoche ha servito unicamente a questo scopo. [] Quindi
in senso lato: comprensibile qualcosa che si pu abbracciare con lo sguardo, di cui
si possono distinguere i contorni (Webern 1963: 35)

La vicenda che l'ascoltatore di professione (o almeno abituale) pu vivere con la musica


concepita per note dislocate in senso "lineare" si orienta verso una percezione cognitiva. Sino
alle fratture comunicative della musica contemporanea il rapporto compositore-pubblico era

12
regolato da un codice linguistico consolidato e tutte le innovazioni venivano spiegate come un
sostanziale rispetto delle sue norme. Quel codice stato stravolto, ma la necessit di comunicare
non venuta meno poich chi ascolta deve comprendere in una visione d'insieme l'intera opera,
imprimendo nella memoria immagini iconico-sonore che nell'asse temporale svela le sue
componenti formali: anzi, in questo suo progressivo scomporsi e ricomporsi la forma trova gli
unici momenti di dinamicit. Il problema che si pone per il compositore sperimentale la
capacit di riannodare il filo della comunicazione con gli ascoltatori senza ignorarne i limiti
cognitivi. Entro l'accettazione supina di quei limiti o l'impulso a forzarli si svolta una vicenda
storico-musicale che l'uomo civilizzato eredita e rivisita senza soste. La conoscenza empirica dei
processi comunicativi ha orientato i modi di "sopprimere" il tempo fisiologico per sostituirlo con
periodicit dettate dalla musica. Nei tratti fondamentali tutto ci quel che intendiamo per
"forma chiusa" -cio per opera definita e progettata in ogni dettaglio- che si scompone
dispiegandosi nello spazio e nel tempo e che chiuder il suo percorso ricomponendosi con
l'ultima nota della partitura.
Un limite che si tentato di superare, negli anni Cinquanta, con l'opera aperta", intesa
come azione diretta dell'esecutore, chiamato a intervenire sulla struttura dell'opera variando la
durata e la successione delle note. Se vero che questa interazione autore-esecutore mette in
crisi le rigidit del passato, nondimeno gli spazi di intervento sul testo vengono orientati
razionalmente. Secondo Umberto Eco verrebbe introdotto il dualismo concettuale ordine-
disordine: l'ordine elimina il disordine, che si qualifica come tale grazie a un ordine precedente.
La propriet musicale primaria di percorso spaziale e temporale giocata nell'oscillazione di
chiarezza e oscurit; cosi nell'esperienza d'ascolto si alternano comprensibilit e caos in modo da
rendere problematica la percezione iconico-sonora della forma chiusa. Tuttavia, nonostante
l'ingegnosit sintattica, la "forma aperta" resta nei confini cognitivi dell'opera chiusa. Solo la
successiva riproposizione degli esiti ipotizzabili pu dare conto della ricchezza di opzioni; le
quali, per, non potranno mai essere date simultaneamente. Ciascuna soluzione la rinnovata
formalizzazione dello stesso materiale: quanto poteva esserci di aleatorio nei propositi si richiude
in realt entro gli invalicabili limiti spaziali e temporali del pensiero musicale.
Ma l'opera aperta, veramente aperta, forse un requisito che in modo pi pertinente
possiamo attribuire alla tradizione orale, dove il parametro prevalente la durata dell'intero
componimento, che si protrae sino a un punto di saturazione raggiunto dal progressivo accumulo
di tratti linguistici e di qualit foniche. Nelle performance pi riuscite l'efficacia comunicativa
raggiunta con un'infallibile esattezza che vale come trasparente conferma empirica di alcuni
postulati della teoria dell'informazione. Comportamenti musicali che anche nelle espressioni,
apparentemente, pi compassate sono inseparabile da un'intensa esperienza corporea. Del resto

13
l'essere umano un'unit inscindibile e poich "l'organizzazione fisiologica tal quale
l'organizzazione mentale" (W. Khler, p.156), anche la produzione sonora dei "primitivi" non
puro istinto ma frutto di intelligenza musicale e di sapienza comunicativa:
L'attivit corporea non un elemento peregrino n un espediente artificioso nella
comunicazione orale, ma una componente naturale e addirittura inevitabile.
Nell'espressione orale, specialmente se pubblica, l'immobilit assoluta gi di per s
un gesto significativo. (Ong 1986: 100).

Se un linguaggio figurato pu essere d'aiuto, si direbbe che l'ascolto di un'opera chiusa


come procedere in una selva lasciando alle spalle una pista, tracciata con nettezza da una
successione di note, che a tratti viene ripercorsa e cos confermata; quando la musica tace resta
memoria, cognizione, del cammino compiuto.
L'"opera aperta" della "mentalit" orale suggerisce un procedere frastagliato che si deve
al pensare musica per suoni anzich per note; in assenza di una forma pre definita, un progetto da
scomporre e ricomporre, non resta un tracciato ripercorribile. La selva, insomma, si richiude alle
spalle. In una musica cos concepita le facolt cognitive legate alla memoria decifrano un
crescente grumo di impressioni e sensazioni, non ripetibili con le stesse modalit e quindi
inadatte a trasformarsi in simmetrie formali. Forse la "selva" il silenzio musicale: un
indistinto rumore di fondo fatto di suoni, voci, pensieri, sensazioni fuggevoli caoticamente
intricate, incapaci di lasciare tracce durevoli, memoria. Un vociare confuso che la musica mette
a tacere tracciandosi un percorso ostacolato da improvvise invadenze. Non a caso la pausa una
sospensione del flusso sonoro che prolunga l'impressione (e favorisce la memoria) di quanto si
udito e, allo stesso tempo, attesa per l'evento successivo: qualit comunicative sempre
minacciate dal riaffiorare del rumore di fondo.
un grande conforto scoprire che si pu ancora parlare di musica, di tutta la musica,
riuscendo a restituire a questa espressione il pieno significato antropologico di attivit di esseri
pensanti che si misura con le propriet e i limiti dell'uomo. Secernere musica non la
manipolazione di risorse naturali, ma un prodotto squisitamente culturale che rende visibili, e
operanti, i saperi della comunicazione che, in altro versante (si pensi a quello linguistico)
assumono la corposit delle cose utili. Se la gratuit del pensare e "fare" musica nelle culture
orali (comprese quelle che si annidano nell'occidente civilizzato) si afferma faticosamente nelle
societ evolute, ci si deve, almeno in parte, ai limiti che gli etnomusicologi si sono posti nel
disquisire sull'alterit di codici comunicativi abbinati alle finalit rituali, ai contesti sociali e all'
"occasione-funzione".

14
Tra gli etnomusicologici ha avuto una salutare ripercussione lo sviluppo degli studi di
Milman Parry, Eric A. Havelock, Walter J. Ong, Paul Zumthor sull'incidenza dei dispositivi
formulaici dell'oralit e sulle profonde trasformazioni culturali determinate nella scrittura col
passaggio dall'ascolto alla visione delle parole. Il rinnovato interesse per la "mentalit orale",
intesa non solo come capacit mnemonica ma, soprattutto, di elaborazione non scritta, ha posto in
termini nuovi la questione della formalizzazione e della percezione dei messaggi; specialmente di
quelli musicali, poich indipendentemente dalla loro matrice (orale o scritta, popolare o colta)
restano sempre dislocati nel tempo. La scrittura musicale, infatti, un espediente visivo
funzionale che prelude alla sua vera destinazione: quella uditiva.
Con la caduta dell'oralit, gi nel mondo antico, i successivi approdi della poesia saranno
indissolubilmente legati alla piena acquisizione del pensiero scritto, allorch il testo diventer
fruibile con la lettura. Perch sar il lettore a decidere la velocit di scorrimento delle parole, gli
indugi, le ripetizioni, i ritorni all'indietro, le pause. Ma i dispositivi messi in atto con la poesia
orale restano vincolanti nella musica, per sua natura destinata all'ascolto, a misurare il suo tempo
con il tempo fisiologico. E non c' pensiero musicale, per quanto evoluto, che possa eludere
questi vincoli percettivi e cognitivi.
Per sviluppare il pensiero musicale, ripetizioni e differenze sono i necessari prerequisiti
delle strutture sintattiche, esplicitamente o segretamente operanti anche nelle pi ardue partiture
della musica contemporanea, dove

simmetria e asimmetria, determinazione e indeterminazione, eguaglianza e


disuguaglianza non sono principi semplicemente contraddittori, che si escludono a
vicenda in modo assoluto, ma propriet complementari che si condizionano a
vicenda e hanno bisogno l'una dell'altra. L'eccesso in un senso o nell'altro porta al
medesimo disordine patologico (Pousseur 1974: 88).

Tuttavia il disordine patologico come assenza di impronte nella memoria e come elusione di
parametri "bergsoniani"3 forse superabile dopo il "silenzio comunicativo" del primo ascolto di
un'opera. Se vero che l'esperienza artistica impone rivisitazioni, le iterazioni ravvicinate di

3.La nostra percezione [] originariamente nelle cose piuttosto che nello spirito, fuori di noi piuttosto
che in noi. I diversi genere di percezione indicano altrettanto vere direzioni della realt. Ma [] questa
percezione che coincide con il suo oggetto esiste di diritto pi che di fatto: avrebbe luogo nell'istantaneo.
Nelle percezione concreta interviene la memoria, e la soggettivit delle qualit sensibili deriva precisamente
dal fatto che la nostra coscienza, che inizialmente non che memoria, prolunga gli uni negli altri, per
contrarli in un'unica intuizione, una pluralit di momenti. (Bergson 1986: 311)

15
esperienze di ascolto possono lasciare "depositi" cognitivi che consentono una qualche forma di
preudibilit.
Questo possibile in opere minutamente formalizzate ma non dato con la musica orale,
che cos traccia un insuperabile confine di alterit, perch ciascuna performance un evento che
non ripetibile senza mutamenti. Infatti, secondo i risultati dell'analisi etnomusicologica,
accanto alla meccanica ripetizione vi l'iterazione -di solito ravvicinata- di segmenti mai uguali a
se stessi. il principio della microvariante , ovvero dei minuti mutamenti del profilo melodico,
del ritmo, della durata, del registro vocale o dell'ambitus. Ripetere un modo elementare di
proiettarsi nel tempo o di fermarlo; adottare la microvariante significa sgranare eventi diversi
senza fratture e senza scosse. Il protrarsi dell'indugio su materiali identici o di minime
trasformazioni produce tensione e accumula un'energia che render dirompente lo scarto verso le
differenze dell'episodio successivo.4
La centralit assunta dalla teoria dell'informazione consente di immaginare nuovi percorsi
d'indagine, in grado di accomunare ricercatori sinora impegnati in ambiti che a lungo sono
sembrati privi di interessi comuni.. Forse ci accorgiamo che sta per saltare il tappo che separa lo
scavo di un'unica galleria da due opposti versanti della stessa montagna. opportuno pensarlo
se Orcalli scrive:

Ogni ripetizione contiene [...] inevitabilmente una differenza, per cui la periodicit
matematica il vero inudibile. Esistono comunque aritmie, differenze, che
globalmente spingono verso la totale aperiodicit, ma l'interesse rivolto alla vita,
alla storia del suono, non al suo annegarsi nel disordine. Si tratta allora di risalire la
china, creare delle isole d'ordine, diminuire l'entropia della memoria: ripetizione e
differenza, ipnosi del tempo psicotropico sono alcuni mezzi, forse gli unici, di cui
dispone il compositore per interferire con il ritmo fisiologico di chi ascolta. (1990:
68)

L'attenuazione dell'alterit si misura dunque con l'acquisizione operativa nel pensiero


musicale contemporaneo (con ripercussioni ancora scarse nell'etnomusicologia), dei risultati
dell'indagine psicoacustica e della teoria dell'informazione. Specialmente quest'ultima offre

4 Persino la ripetizione pi meccanica, pi quotidiana, pi abituale, pi cristallizzata, essendo sempre


spostata in rapporto ad altre ripetizioni, trova posto nell'opera d'arte, a condizione che si sappia ricavarne
una differenza. Del resto, il solo problema estetico quello di inserire l'arte nella vita quotidiana, giacch
quanto pi quest'ultima appare standardizzata, cristallizata, sottoposta a una riproduzione accelerata di
oggetti di consumo, tanto pi l'arte deve aderirvi strappandole quella piccola differenza che peraltro opera
simultaneamente in altri livelli di ripetizione. (Deleuze l971: 465)

16
occasioni di riflessione molto ampia quando analizza i processi percettivi e i comportamenti che
l'uomo mette in atto nel flusso della comunicazione. Non deve stupire allora che nelle culture
orali (improntate da un alto tasso comunicativo) possano trovare verifica, a volte in modo molto
sottile, quelle scoperte che hanno saputo svelare i meccanismi psichici e cognitivi dell'uomo
civilizzato. In questo senso pensiero orale e pensiero scritto trovano nella musica convergenze
forse impensabili in altri campi di ricerca.
Abbiamo cercato alcune premesse in Lvi-Strauss, nella sua valutazione della musica
come supremo mistero dell'uomo, quello nel quale [le scienze sociali] inciampano, e che
custodisce la chiave del loro progresso. Forse il mistero insondabile inizia a svelarsi con la
scoperta che l'uomo musicale senza barriere di alterit) comunica mostrando di padroneggiare
le dinamiche psicoacustiche svelate dalle pi recenti ricerche. Del resto l'analisi musicale non
pu che intervenire "a cose fatte", affannandosi a rincorrere e svelare le soluzioni messe in atto
dai musicisti, che restano i veri inarrivabili maestri dell'informazione, spesso ignorata sul piano
teorico ma sempre vissuta con un'infallibile prassi intessuta di imprevedibilit.
Niente, dunque, autorizza a ritenere che il pensiero musicale primitivo sia la
pietrificazione di una tappa superata dai progressi della civilizzazione. L' "inciampo" costituito
dalla musica rispetto alle scienze dell'uomo particolarmente acuto se si allude alla tradizione
orale, dove si impone come evento in s compiuto, sottratto a una visione prospettica che renda
visibile un divenire storico come progressiva acquisizione di complessit. Si pu dire, anzi, che
il pensiero musicale, se si traduce in esperienze sonore autosufficienti, sempre complesso. Le
esperienze musicali osservavate nella pluralit delle culture "altre" l'approdo di una ricerca di
complessit che, come accaduto nella musica occidentale, si assestata su standard valutati
soddisfacenti. Non un processo separato dai mutamenti culturali. La storia della musica
occidentale ha conosciuto stagnazioni linguistiche e assimilabili alla "lunga durata" storica, e ha
cercato nuove modalit, e nuovi codici, quando sono intervenuti profondi mutamenti complessivi;
con fratture e ridondanze giocate entro quei limiti che la teoria della comunicazione ha svelato e
che non sono diretta e deterministica conseguenza di dati di ordine sociologico. La musica ,
simultaneamente, complessa attivit di pensiero e alta comunicazione, ovvero linguaggio di forte
impatto emotivo. I mutamenti antropologici hanno un'incidenza mediata e comportano rinnovati
equilibri e spostamenti di accento nei diversi tratti culturali, dunque anche nella riflessione e
nelle attivit musicali. Nella tradizione euro-colta, e scritta, l'idea complessiva di musica si pu
scomporre e circostanziare storicamente: ma l'eredit delle opere composte giunge efficace
ancora oggi, sia pure con mutevoli significati e al di l di interessi meramente antiquari.
Nei dispositivi orali la supposta "integrit" dei repertori in realt il perpetuarsi di un
fragile equilibrio tra gli eventi musicali collettivamente vissuti e la tradizione, in bilico tra

17
competenza diffusa e spiccati protagonismi. Nell'esperienza di ascolto non si attende di
conoscere un testo musicale nato "altrove": c' la consapevolezza di assistere a un evento unico e
irripetibile che raccoglier consenso se il musicista sapr riproporre l'eredit della tradizione
rendendo allo stesso riconoscibile il suo talento. La performance propone l'esito di un lento
processo di assimilazione e di rimozione di esperienze collettivamente vissute L'equilibrio non si
spezza con l'irruzione della civilt industriale: conosciamo casi di solida coesistenza della
tecnologia avanzata con la musica di tradizione orale. Il degrado avviene quando si accolgono,
senza processi di assimilazione e di rielaborazione, singoli parametri o frammenti linguistici della
musica delle societ superiori. La decomposizione dei repertori si deve infatti all'assunzione di
tratti di pensiero musicale incompatibili con quelli ereditati all'interno della propria cultura.
Questi equilibri, che per un paradosso non facilmente spiegabile hanno resistito a lungo nella
tradizione orale senza visibili fratture e che sembrano vivere un momento critico nelle societ
evolute, possono essere fonte di utili riflessioni per cogliere alcune linee di forza del pensiero
musicale complesso. Nulla di male, in fondo, se a culture a lungo valutate subalterne per una
volta riconosciamo un parziale primato.

Pietro Sassu

Bibliografia

CARPITELLA, Diego, Musica e tradizione orale, Palermo 1973


Conversazioni sulla musica, Firenze 1992
BERGSON, Henri, Opere (1889-1899), Milano 1989 (ediz. or. 1959)
BOGATIREV- JACOBSON, Il folclore come forma di creazione autonoma, in Strumenti
Critici n. 3, 1967 (pp. 224-238)
DELEUZE, Gilles, Differenza e ripetizione, Bologna 1981 (ediz. or. 1968)ECO; Umberto, Opera
aperta, Milano 1992
HAVELOCK, Eric A., Cultura orale e civilt della scrittura. Bari 1973 (ediz. or. 1963)
KHLER, Wolfang, La psicologia della Gestalt, Milano 1961 (ediz. or. 1947)
LEYDI, Roberto, L'altra musica, Milano 1991
LVI-STRAUSS, Claude, Il pensiero selvaggio Milano 1970 (ediz. or. 1962)
Il crudo e il cotto. Milano 1966 (ediz. or. 1964)

18
ONG, Walter J. Ong, Oralit e scrittura. Le tecnologie della parola. Bologna 1986 (ediz.. or
.1982)
ORCALLI, Angelo, Grard Grisey nell'estetica dell'Itinraire. Padova 1990
Fenomenologia della musica sperimentale, Potenza 1993
POUSSEUR, Henri, Musica semantica, societ. Milano 1974 (ediz. or. 1972)
SCHAEFFNER, Andr, Origine degli strumenti musicali, Palermo 1978 (ediz. or. 1968)
WEBERN, Anton, Verso la nuova musica. Milano 1963 (ediz. or. 1960)
ZUMTHOR, Paul, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale. Bologna, 1984 (ediz. or.
1983)
La lettera e la voce. Sulla letteratura medievale. Bologna 1990 (ediz. or. 1987)

19

Potrebbero piacerti anche