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Riassunto - libro "Antropologia culturale" di Fabio Dei

Sociologia (Università degli Studi di Padova)

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ANTROPOLOGIA CULTURALE

Gli antropologi ottocenteschi non erano insensibili


all'importanza di una ricerca in grado di produrre fonti
di prima mano. Ritenevano che il ruolo del ricercatore
sul campo e quello del teorico fossero due ruoli e
compiti completamente diversi, che erano e dovevano
restare separati. Il ricercatore sul campo raccoglieva
fatti puri attraverso viaggi e lunghe permanenze in
luoghi lontani, nei quali non poteva svolgere il lavoro
teorico; anzi, la teoria era pericolosa perchè portatrice
di pregiudizi che potevano andare ad intaccare
l'oggettività del lavoro di ricerca. Il teorico, invece,
aveva bisogno di grandi biblioteche e di molto tempo
a disposizione per consultarle: i viaggi lo avrebbero
distratto dal suo compito. L'approfondimento di una
cultura specifica avrebbe distolto l'attenzione da uno
STUDIO CHE DOVEVA RESTARE GENERALE ED
IMPARZIALE SU TUTTE LE CULTURE UMANE.
Con il XX secolo si sviluppa progressivamente una
diversa sensibilità, che pone al centro dell'attenzione
il momento della raccolta dei fatti e quello della
produzione delle fonti. Osservazione e descrizione
cominciano ad apparire operazioni complesse: i fatti
non si raccolgono per mezzo di uno sguardo ingenuo e
neutrale. Per cogliere ciò che vi è di importante in
un'altra cultura occorre una specifica preparazione
teorica e metodologica: OSSERVAZIONE ED
INTERPRETAZIONE SCIENTIFICA NON SONO
SEPARABILI, ANZI L'UNA HA BISOGNO DELL'ALTRA.
L'ETNOGRAFO SUL CAMPO NON RIESCE A DESCRIVERE
IN MODO ADEGUATO CIO' CHE STUDIA SE NON
POSSIEDE UNA SERIA PREPARAZIONE SCIENTIFICA, E IL
TEORICO NON CAPIRA' MAI FINO IN FONDO UNA
CULTURA SENZA AVERLA CONOSCIUTA IN MODO

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DIRETTO E RAVVICINATO.
Si delinea, allora, una nuova figura di antropologo, che
è al tempo stesso teorico e ricercatore sul campo.
Alcuni esempi sono Boas (che pratica largamente
l'indagine diretta presso vari gruppi di nativi
americani), Rivers (che mette a punto un “metodo
genealogico” come base per la raccolta di dati
attraverso interviste agli informatori locali),
Malinowski (che tra il 1914 e il 1918 elabora un
metodo basato sul decentramento e il coinvolgimento
personale, che egli chiama “osservazione
partecipante”: per studiare adeguatamente una
cultura bisogna viverla, cioè immergersi in essa e
condividere per un periodo abbastanza lungo la vita
quotidiana, le attività e i modi di pensare dei nativi).
Dunque, non basta essere solo viaggiatori o solo
scienziati, poiché nel buon etnografo l'esperienza
soggettiva e l'elaborazione teorica devono combinarsi
a vicenda: solo questa azione incrociata di esperienza
e teoria consente di giungere all'obiettivo finale
dell'etnografia (la cultura è un'entità organica, in cui
ogni parte dipende dalle altre, e il compito
dell'antropologo è quello di comprendere le relazioni
tra le varie parti).
Le storie di ospitalità fanno l'antropologia spontanea:
implica situazioni divertenti, meraviglia, riflessioni e
osservazioni sulla relatività dei costumi.
Due storie di ospitalità ricevuta in due diversi contesti
africani:
1-un gruppo di amici che parte per la Tunisia e una
sera si perdono alla periferia di Tunisi. Si fermano a
chiedere indicazioni ad un anziano signore: questo,
data la difficoltà di spiegarsi con la lingua, vista l'ora
tarda e considerato che la comitiva era molto distante
dalla destinazione, li invita ad essere ospiti a casa

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sua.
2-un gruppo di ciclisti che si reca in Senegal. Arrivano
presso una residenza, che loro identificano come una
locanda, entrano nel cortile, si sciacquano alla fontana
e si siedono aspettando che qualcuno porti loro del
cibo. Il cibo effettivamente viene portato, anche se
quella non era una locanda ma un compound
multifamiliare.
L'Italia è un paese molto diviso per quanto riguarda le
modalità e le concezioni di ospitalità: l'ospitalità
mediterranea consiste nel far entrare lo straniero
nella propria casa anche se non era in programma, e
non c'è il bisogno che l'ospite si presenti con un
piccolo regalo in segno di ringraziamento. L'unica cosa
che si richiede all'ospite è di mangiare ciò che viene
portato in tavola. Al Nord, invece, è gradito che
l'ospite avvisi prima di arrivare e che porti con se un
piccolo presente da dare alla famiglia che lo ospita.
ERODOTO: gli venne dato l'appellativo di
“filobarbaro”. Erodoto aveva reso esplicito ciò che era
sotto gli occhi di tutti ma non andava detto, cioè che
alcuni importanti elementi della cultura greca erano
stati presi in prestito da altre culture. La
valorizzazione della cultura degli altri è stata un
elemento caratterizzante della nascita
dell'antropologia come disciplina. Vive nel 400 a.C.
Viene considerato il padre della storia: per il lui il
significato di storia è “vedere” e quindi il suo studio si
basava sull'etnografia delle parti limitrofe alla Grecia.
Sofisti: filosofi che descrivevano ci ò che li circondava
basandosi sui costumi dei popoli e relazionandoli a
quelli greci. Erodoto inizia un percorso di riflessione
sul rapporto tra noi e gli altri, e in questo percorso di
studio viene accusato di essere filobarbaro, cioè
antipatriottico poiché diceva che alcuni aspetti della

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civiltà greca erano stati presi dalla civiltà persiana.


1200: l'Europa cristiana del Medioevo si interroga
sull'impero mongolo di Gengis Khan, che in poco
tempo aveva conquistato un territorio enorme. Sia gli
europei che i mongoli volevano sapere chi era ”l'altro”
e quindi ad un certo punto da entrambe le parti
vengono mandati degli emissari a raccogliere
informazioni. I due emissari europei erano Giovanni di
Pian del Carmine e Guglielmo di Rubroek, il quale
arriva a Karakorum nel 1253 e viene accolto e ospitato
con entusiasmo.
1492: scoperta dell'America e inizio dell'era moderna.
Questa data rappresentò una dimensione inedita e
sconvolgente perchè nella Bibbia non veniva citata
l'America e questo provocò una destabilizzazione
culturale. A questo punto si apre un enorme confronto
di idee tra chi pensa che questo evento sia un modo
per rileggere la storia dell'umanità (Giordano Bruno) e
chi pensa che sia stata solamente una conquista di
fortuna.
Durante i viaggi c'era chi era incaricato di riportare
per iscritto tutto ciò che veniva visto e studiato, e uno
di questi è Diaz del Castillo, che nel 1508 riporta la
descrizione della capitale dell'impero Azteco ( la sua
descrizione è quasi idilliaca, come se si trovasse in un
sogno; mentre la descrizione fatta da Tenochtitlan è di
una città vuota e silenziosa in cui venivano fatti
sacrifici umani).
Le vicende di Erodoto e dei viaggiatori medievali
mostrano come la cultura e le risorse si spostino da
contesti a contesti a meno che non ci siano blocchi
insormontabili tra le culture. Con la scoperta
dell'America si ha il vero incontro antropologico. La
PRIMA NASCITA dell'antropologia si ha con Erodoto, la
SECONDA nel 1600 con l'Illuminismo francese e la

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Société des Observateurs de l'Homme (società di


illuministi che si ripromette di costruire un mosaico
per spiegare cos'è l'uomo. Alcuni di questi illuministi
sono personaggi famosi, come Bistrouss e Rousseau).
Nel 1843 si ha la TERZA nascita dell'antropologia con
la formazione della società etnologica di Londra
(fortemente pregiudicata dalla situazione coloniale e
dalle teorie filosofiche e scientifiche che ostacolavano
l'entrata delle teorie umane e sociali.
Studiare una cultura come un tutto organico porta a
sottolineare i nessi funzionali tra i suoi diversi
elementi, mettendo in risalto la centralità delle forme
di organizzazione sociale. È soprattutto l'antropologia
britannica ad intraprendere questa strada: la
sociologia è studiata come un sistema complesso in
cui ogni parte svolge una precisa funzione nei
confronti del tutto, per questo l'orientamento teorico
che si afferma per tutta la prima metà del 1900 è il
FUNZIONALISMO. Da Malinowski in poi, di fronte ad un
tratto culturale non ci si chiede più come abbia avuto
origine, ma a cosa serve in relazione ad altri tratti
culturali e in relazione all'equilibrio che li comprende.
Nell'ultima parte della sua carriera, dopo essersi
trasferito negli Stati Uniti nel 1936, Malinowski
sviluppa queste idee in una “teoria scientifica della
cultura”, passando dal piano etnografico a quello di
presunte leggi generali, e mostra la natura funzionale
della cultura legandola ad una teoria dei bisogni
umani (materiali, morali e psicologici). Dopo la
partenza di Malinowski, in GB prevarrà un diverso
modo di intendere il funzionalismo, e uno dei
sostenitori è Radcliffe-Brown: sostiene che
l'antropologia non si occupa di individui astratti
definiti dai propri bisogni naturali, ma di persone
concrete in società particolari, dove il termine

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“persona” indica un essere umano considerato come


intreccio di relazioni sociali. Radcliffe-Brown riprende
da vicino Durkheim nel considerare la società come
una totalità organica, in cui ogni componente esiste
per contribuire all'integrità e all'equilibrio del tutto.
IL METODO DI MALINOWSKI E LA TEORIA DI
RADCLIFFE-BROWN CREANO LA COMBINAZIONE CHE
RISULTA VINCENTE NELL'EPOCA D'ORO
DELL'ANTROPOLOGIA SOCIALE.
Successivamente, a partire dagli anni '50, il
funzionalismo cessa di rappresentare il paradigma
teorico dominante, sostituito da quella complessa
corrente che va sotto il nome di STRUTTURALISMO:
rappresenta uno stile di pensiero legato al nome di
Lévi-Strauss. Nell'affrontare la grande varietà delle
forme di parentela e dei racconti mitologici, Lévi-
Strauss non si accontenta di classificarli né di
chiedersi quale funzione sociale svolgono; cerca,
invece, di scoprire il principio che le genera. Il suo
punto di partenza è l'analisi strutturale del linguaggio:
noi impariamo a parlare in virtù di un meccanismo
generativo che ci consente di trattare la materia prima
del linguaggio, cioè segni e gesti. Il meccanismo
generativo è dato a priori, cioè è già presente nella
mente umana prima ancora che il linguaggio specifico
sia appreso. Lévi-Strauss propone di trattare la
cultura come un linguaggio che comunica non
attraverso segni e simboli, ma attraverso gli elementi
concreti dell'esperienza umana: ciascun campo
dell'esperienza esistenziale e sociale viene ordinato
dalla cultura secondo precise modalità che cambiano
da società a società, ma sono costruite secondo una
sintassi universalmente umana. Queste configurazioni
vengono chiamate da Lévi-Strauss “strutture”.
Ci sono due aspetti che accomunano lo strutturalismo

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al marxismo, e cioè che l'antropologia abbia come


compiti:
1-la scoperta di strutture nascoste e profonde che
determinano il comportamento umano.
2-la descrizione per mezzo di un linguaggio oggettivo,
indipendente da quello usato dagli attori sociali.
TYLOR: antropologo inglese con idee liberali e
positiviste. Sosteneva che la cultura fosse come un
contenitore che col tempo si modifica e subisce
evoluzioni.
RADCLIFFE-BROWN: presentò nel 1911 la sua scoperta
di parentela degli aborigeni australiani kariera e
aranda. I selvaggi apparentemente più primitivi non
solo potevano avere dei sistemi, ma anche le relazioni
di parentela potevano essere osservate e studiate da
uno scienziato. Egli concentra le ricerche sugli
aborigeni australiani, una popolazione tribale che,
poiché è stata isolata, ha mantenuto salde le proprie
caratteristiche particolari. Questi aborigeni si trovano
nelle carceri dell'isola Andamane, perchè il luogo in
cui vivevano era stato colonizzato. Radcliffe-Brown va
in carcere e fa le sue ricerche lì, ma nelle relazioni non
dice che le sue ricerche si sono svolte in carcere
perchè se l'avesse esplicitato l'antropologia avrebbe
fatto molti progressi, continuando a fare ricerche in
quei luoghi.
BOAS: elabora una trasformazione importante del
pensiero antropologico che parte dalla cultura: la
cultura può spiegare i fatti. Nell'antropologia, prima
della spiegazione di Boas, erano presenti delle
determinanti (economia, valori, regole, ecc). Boas
rifiuta ogni tipo di determinazione della cultura poiché
questa non è determinata, ma determinante:
l'antropologia si libera dalle forme precedenti e
questo passaggio è chiamato CRITICA

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DELL'EVOLUZIONISMO. Boas critica la teoria


evoluzionista di Darwin e la sua applicazione al
contesto antropologico perchè le ricerche
antropologiche smentiscono la legittimità di queste
teorie nel campo dell'antropologia. Lo sviluppo dei
processi umani non ha seguito delle leggi e dei
processi ben definibili e fissi: alcuni gruppi si sono
sviluppati in un modo, altri in un altro modo, quindi le
leggi che vengono applicate alle scienze naturali non
possono essere applicate all'antropologia. Boas era un
immigrato arrivato in America, dove trova una
situazione molto interessante dal punto di vista
antropologico: il Nord America affrontava il problema
della resistenza da parte degli indiani d'America verso
la nuova società dominante. Il suo obiettivo è la
salvaguardia culturale dei nativi americani (indiani
d'America) perchè questi stanno per essere cancellati
dalla cultura dominante nascente: queste culture
minori andavano, secondo Boas, conosciute e salvate
prima della loro completa sparizione: ANTROPOLOGIA
DI SALVATAGGIO.
Boas si concentra in particolare sullo studio dei
Kwakiutl.
Un ulteriore risvolto che produce un altro
cambiamento è il PARTICOLARISMO STORICO:
consapevolezza che l'antropologia come metodo di
ricerca può essere affine alla filologia (tipo di studio
che sceglie un ambito ristretto e lo definisce in modo
approfondito), ed è questo che Boas fa con i nativi
Nord americani.
Lo studio di AREA determina la consapevolezza del
perchè un certo gruppo vive in un determinato luogo e
territorio. Lo studio della LINGUA è importante per
comprendere la cultura di un popolo.
Le conseguenze delle ricerche sono fondamentalmente

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2:
1-ci si trova di fronte ad un'antropologia interessata a
conoscere l'altro rispettando le particolarità
2-ci si trova di fronte ad una divaricazione con la
sociologia. Secondo l'antropologia di Boas per sapere
il passato e osservare il presente, bisogna conoscere
la storia. Il sociologo potrebbe ripetere sempre le
stesse cose, mentre l'antropologo considera ed
esamina ogni fatto in modo diverso.
Boas intraprende queste ricerche seguendo le regole
dello spirito e non quelle della scienza.
Il progetto di Boas è quello di farsi un'idea culturale
dei popoli che hanno abitato il continente. Il problema
era che bisognava convincere i diretti interessati
(indiani d'America) che sono destinati a scomparire ed
essere pezzi da museo: questi ovviamente opposero
resistenza a questa teoria e questo permise la loro
sopravvivenza.
Nel 1897 Boas scrive una lettera ai Kwakiutl dove
cerca di convincerli che la loro cultura sarà custodita
dall'antropologo anche quando loro saranno
fisicamente estinti, e verranno ricordati e conservati
nei musei e nelle monografie antropologiche.
L'antropologo funzionalista è uno scienziato che
studia i ruoli, le posizioni sociali e le strutture sociali.
Il funzionalismo si propone di capire il funzionamento
del corpo umano.

MALINOWSKI: antropologo polacco che fa parte della


scuola del funzionalismo britannico. Sostiene che
l'antropologo sia uno scienziato in grado di compiere
viaggi lunghi per osservare le popolazioni: deve
essere un cosmopolita e deve essere in grado di
sviluppare le proprie capacità durante i viaggi.
Le sue ricerche le svolse nelle isole Trobriand.

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Malinowski considerava se stesso come uno scienziato


sociale che attrezzava il suo laboratorio in un contesto
esotico: egli elaborò una metodologia, quella
dell'OSSERVAZIONE PARTECIPANTE, dove l'osservatore
doveva partecipare alla vita dei nativi vestendosi e
comportandosi come loro, e questo dà origine
all'etnografia moderna. L'antropologo deve osservare
il popolo studiato immergendosi nelle loro abitudini e
non deve solo limitarsi ad intervistare.
Malinowski scrive il libro “Argonauti del Pacifico
Occidentale”: è il paradigma di un nuovo genere di
testo antropologico, la MONOGRAFIA ETNOGRAFICA.
La monografia è un testo incentrato sul rapporto
esclusivo tra un ricercatore e una cultura specifica,
che si cerca di rappresentare in tutti i suoi aspetti. Nel
libro, la cultura trobriandese è descritta a partire dalla
pratica del dono cerimoniale (detta kula). Ma questa
pratica non può essere analizzata senza collocarla in
tutti gli aspetti della quotidianità della società in
questione.
Il tipo di ricerca proposto da Malinowski diventa lo
standard per le maggiori scuole antropologiche dagli
anni '20 agli anni '70. Diventare antropologi ha
significato partire per luoghi molto lontani, vivere in
un villaggio abbastanza primitivo, imparare il
linguaggio, passare non meno di un anno con i nativi,
registrare interviste, scrivere note e documentare
tutti gli aspetti della vita locale, e infine, tornati a
casa, produrre tesi o libri di carattere monografico.
In questa fase classica, comunque, l'antropologia
crede nell'oggettività dei dati prodotti
dall'osservazione partecipante.
LEARCH: allievo di Malinowski. Vuoi applicare il
modello del vecchio funzionalismo britannico nello
studio dei Curdi, ma si rende conto che deve cambiare

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modello e ne elabora uno che mette in crisi tutti i


modelli precedenti. Learch non riconosce più il
termine tribù perchè questo termine di riferisce
all'epoca coloniale, e si rende conto che deve
allontanarsi dalla vecchie icone linguistiche.
LEVI-STRAUSS: è l'artefice di un libero pensiero che
cercava di oltrepassare i confini del sapere semplice.
Negli anni '30 Lévi-Strauss si sentiva un disadattato
che voleva fuggire, e con l'avvento del nazismo questo
sentimento si amplifica fino a quando decide di andare
in Brasile per scappare da quella situazione. Viaggia in
piroscafo e inizia una ricerca sugli Indios
dell'Amazzonia dal Mato Grosso fino a Rio de Janeiro.
Lévi-Strauss aveva un pensiero anarchico e libero: il
libro “Tristi Tropici” riporta le riflessioni a partire dal
viaggio in piroscafo e prende in considerazione le
città, dando vita all'antropologia urbana.
BARTH: allievo di Learch. Dà una ridefinizione di etnia
e di appartenenza etnica, attraverso un'analisi molto
approfondita dei processi che avvengono al confine tra
diversi gruppi. Barth arriva a dimostrare come l'etnia
sia un'identità in gran parte fittizia, caratterizzata da
spirito di competizione e costruzioni politiche. Questa
teoria rappresenta il definitivo superamento dei saperi
dell'antropologia coloniale. Le sue ricerche si svolgono
in Balucistan (al confine col Pakistan) e studia il
popolo dei Baluci, vicino ai quali abitava il popolo dei
Patan: Barth si rende conto che quando i Baluci
uscivano dal loro territorio ed entravano in quello dei
Patan, cominciavano a comportarsi come loro.
ERNESTO DE MARTINO: è un antropologo italiano che
decide di aprire le sue conoscenze filosofiche
all'antropologia. Vive in un periodo particolare e
difficile, cioè durante gli anni del fascismo, ed è
proprio in questi anni che comincia la sua ricerca

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antropologica, e si trova dunque nel limite tra


antropologia coloniale e post-coloniale.
Per i suoi studi sceglie il Sud Italia: in queste zone vi
erano spesso forti differenze culturali, e in alcune
regioni, come Puglia, Basilicata e Calabria, vi erano
zone con culture fortemente arcaiche (cioè collegate a
culture conservate dal Medioevo o ancora prima). In
queste zone potevano essere trovate tracce culturali
molto profonde e il progetto etnologico di De Martino
era quello di riportare alla luce queste particolarità e
dare loro un'importanza e una dignità. De Martino, in
pratica, voleva portare nella storia i popoli del Sud che
non avevano storia, e le sue ricerche (che vengono
considerate di antropologia post-coloniale) si
articolavano su 3 livelli:
1-SPECIFICO: rituali o aspetti particolari di
determinate regioni
2-DISCORSO PIU' AMPIO: questione che riguarda le
differenze tra Nord e Sud
3-SUD DEL MONDO: popoli colonizzati e rimasti
arretrati e oscurati dalla modernità e dal progresso
Il discorso antropologico di De Martino è mirato a
capire come si sentono i popoli oppressi a livello
psicologico: con l'antropologia di De Martino si guarda
l'Italia con una luce diversa, prestando attenzione ai
dislivelli sociali e culturali; l'Italia, infatti, è un paese
molto diversificato sul piano antropologico, ed è il
paese multiculturale per eccellenza. De Martino è il
primo che pone l'attenzione su questi dislivelli, e si
definisce “cercatore di umane dimenticate storie”. Il
colonialismo del 1800 termina durante il periodo di
attività di De Martino perchè i paesi colonizzati
riescono a liberarsi e staccarsi dai paesi colonizzatori.
LEIRIS: scrive “L'ethnographie devant le
colonialisme”. Egli sostiene che sia ridicolo fare

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ricerche sui popoli africani quando questi popoli


vivono situazioni di forte instabilità. L'antropologia in
questa fase scopre una sua etica e si schiera dalla
parte dei popoli oppressi e contro gli imperi coloniali.
Leiris era un intellettuale francese che in epoca
coloniale aveva partecipato ad una spedizione in
Africa con Griaule: i due si imbattono nel popolo dei
Dogon, popolo con una civiltà molto ricca dal punto di
vista antropologico. I due antropologi vivono insieme
a questo popolo e ad un certo punto (dopo 15 anni) il
saggio della tribù decide di svelare loro i segreti della
cultura del popolo.
(QUESTA VIENE CONSIDERATA LA QUARTA NASCITA
DELL'ANTROPOLOGIA POST-COLONIALE).

POST-MODERNITA': periodo in cui si diffonde il


sentimento di fine modernità che ha ripercussioni
sull'antropologia. Gli anni '40-'50 vengono chiamati
“anni ruggenti”, poiché gli avvenimenti di crisi,
causati dalla 2GM, degli anni '60 cambiano il mondo e
la visione di questo. La 2GM si chiude con varie
catastrofi che provocano crisi di coscienze: olocausto e
bombe atomiche, che sono il massimo livello di
coinvolgimento dei civili in una guerra. Le
contestazioni degli anni '60 sono mirate a voler
tornare indietro per ritrovare qualcosa che col tempo
era stato perso. Cambia anche la visione antropologica
delle idee e dei comportamenti degli altri.
SAID: scrittore palestinese che studia in Europa, e
sostiene che la differenza tra oriente e occidente non
sia categorica, infatti Said elabora un pensiero che
non è basato su delle categorie fisse e questo suo
pensiero influenza anche le idee sugli studi del
colonialismo.

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GEERTZ: studia in California e la sua antropologia


culturale nasce in un ambiente controculturale, cioè
basato sul rifiuto del mondo precedente e mirato a
cambiarlo. Sviluppa un pensiero che si basa
sull'ANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA ED
ERMENEUTICA, che nasce come interpretazione di testi
già interpretati quindi Geertz interpreta
un'interpretazione dando il proprio senso e scrivendo
il contenuto delle sue ricerche su un taccuino, e infine
mettendo insieme tutti gli appunti crea un libro.
Violenza epistemologica: porre fine ad un circolo
ermeneutico mettendo luce su un determinato
argomento. Lo studioso rende chiaro qualcosa e lo
definisce ponendo un rapporto tra soggetto-oggetto. Il
soggetto è chi ricerca e illumina la realtà
descrivendola, l'oggetto è chiunque debba essere
studiato. Con Geertz questa differenza tra soggetto-
oggetto non c'è più perchè entra in gioco
l'interpretazione e vi è una fusione tra le visioni delle
due parti.
Per Geertz le qualità etnografiche più importanti sono
la leggerezza e la sensibilità, e l'oggetto di ricerca
sono le forme di vita, che andranno approfondite al
massimo e riportate per iscritto.
Etnoscienza: risultato dello sviluppo della prospettiva
struttural-funzionalista, e si tratta di una scienza che
a sua volta si specializza in vari settori. L'etnoscienza
arriva a delle conclusioni suggestive e paradossali e
permette all'antropologo di dare spiegazioni logico-
razionali facendo uso di uno sguardo distaccato e
separato dalle concezioni e dai pensiero del nativo che
lo studioso sta analizzando.
Ermeneutica: l'antropologo e il nativo sono impegnati
in una interpretazione e i loro orizzonti interpretativi
sono fusi insieme condividendo sullo stesso piano il

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lavoro interpretativo.
CLIFFORD: scrive “The Predicament of culture”, che
tradotto significa “le categorie della cultura”, cioè
pensare alle diversità culturali in modo categoriale. Il
traduttore del libro, però, fa una scelta creativa e
traduce il titolo con “i frutti puri impazziscono”.
Le culture sono ibride e si mescolano in continuazione
anche attraverso i testi culturali prodotti dalle culture.
Clifford introduce il tema della diaspora, che
appartiene ai popoli che si trovano in luoghi diversi da
quelli nativi ma nonostante ciò continuano a
mantenere forte il legame con la madrepatria.
DIASPORA EBRAICA: dopo la fuga dall'Egitto le
comunità si disperdono e arrivano ad occupare tutte le
coste del mediterraneo. Questi vengono chiamati
ebrei in diaspora, e cominciano a nascere tensioni con
gli autoctoni dei luoghi che occupano perchè i popoli
in diaspora entrano tra i popoli nazione ma si
distaccano da questi perchè vogliono mantenere la
loro identità e i loro valori e quindi è inevitabile la
nascita di conflitti. Masslo: nel 1989 viene ucciso e da
qui inizia la questione “immigrazione” in Italia. Masslo
è uno dei militanti che fuggono dal Sud Africa, e arriva
a Roma senza soldi e con documenti che non sono
idonei all'accettazione per asilo politico. Quindi viene
considerato un clandestino a tutti gli effetti: viene
mandato a raccogliere i pomodori in Campania (dove
l'attività veniva gestita dalla Camorra che chiedeva il
pizzo portando il guadagno sempre a zero) in
condizione di schiavitù. Masslo si ribella a questa
situazione, ma viene ucciso dal clan dei Casalesi.
Questo avvenimento è significativo perchè poi dal
1990 con la legge Martelli vengono accolti in Italia i
rifugiati politici.

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METODOLOGIA ETNOGRAFICA: sul piano cognitivo,


ogni esperienza etnografica è caratterizzata da
quattro livelli di riflessività.
1-si riferisce a ciò che l'osservatore vede e interpreta,
traduce, elabora e trasforma, essendo sul luogo di
ricerca
2-si riferisce a ciò che l'osservatore trasforma,
reinterpreta e ritraduce della sua cultura
3-si riferisce a ciò che gli altri interpretano, traducono
e trasformano dell'osservatore e della sua cultura
dalla loro prospettiva
4-si riferisce a ciò che gli altri reinterpretano,
elaborano e trasformano della loro cultura, per il fatto
che un osservatore esterno se ne sta interessando.
Questo quarto livello coincide con ciò che i diretti
interessati raccontano all'etnografo, fornendo a
questo i materiali e le narrazioni che poi lo stesso si
troverà a trascrivere e interpretare. Si può dire,
quindi, che il quarto livello sia in qualche modo
collegato al primo, cioè a ciò che l'etnografo ha visto
con i propri occhi.
I quattro livelli di riflessività si trovano, di solito, fusi
insieme in un unico complesso relazionale. Durante la
sua permanenza nelle isole del Pacifico, Malinowski
tentò di separare il piano professionale da quello
personale, elaborando la sua osservazione etnografica
soprattutto a partire dal primo livello di riflessività,
cioè quello più oggettivo e riflessivo.
DEVEREUX: giunge in America negli anni '30, e per
molto tempo si era dedicato alla ricerca etnografica
presso gruppi nativi americani, in particolare presso i
Mohave. Egli riteneva che psicanalisi e antropologia
dovessero muoversi e agire insieme. Devereux restò
per molto tempo presso questa comunità, poiché
venne accolto e ospitato con affetto e qui ormai si

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sentiva come a casa, quando agli occhi degli altri


questi apparivano come una tribù di sciamani
impazziti dei deserti americani. L'attaccamento
affettivo per questo popolo era, dunque da parte di
Devereux, molto forte e questo aveva molto a cuore la
loro sopravvivenza. Nell'opera di Devereux i quattro
livelli di riflessività sono tutti attivi: il lettore, infatti,
ha la possibilità non soltanto di considerare se la
psicanalisi sia un criterio oggettivo e universale di
interpretazione, ma anche di scoprire che la cultura
Mohave possiede una propria psicanalisi.
Secondo Devereux, nella sua visione dei processi di
controtransfert, l'angoscia e l'affetto che si producono
nella relazione con l'altro, possono essere trasformati
in criteri di validazione metodologica. La deriva del
controtransfert permette, dunque, di dare nuovo
spessore alla ricerca e di aprire nuovi territori.
DOUGLAS: si è interessata al rapporto tra sistemi
simbolici, pratiche rituali e caratteristiche dei sistemi
sociali. Diversamente dall'antropologia funzionalista
classica, non si è accontentata, però, di considerare
riti e simboli come strumenti di coesione del sistema
sociale, o strategie per la protezione degli individui
dall'insicurezza e dall'ansia, ne ha invece proposto una
lettura cognitiva: riti e simboli sono l'aspetto
emergente di sistemi socialmente condivisi che
ordinano l'esperienza del mondo, sia di quello naturale
che di quello sociale.

ANTROPOLOGIA ECONOMICA: chi lavora la terra


sviluppa un senso di appartenenza a quel territorio.
Esistono due correnti di pensiero in questo ambito
dell'antropologia, FORMALISTI e SOSTANZIALISTI.
FORMALISTI: hanno una visione classica
dell'economia, che si rifà a Marx, cioè che gli esseri

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umani agiscano secondo criteri economici, e quindi


considerando costi-benefici. Secondo i formalisti gli
individui quando agiscono adottano tecniche
economiche universalmente riconosciute, e questa
teoria influenza anche Malinowski, poiché descrive
una particolare forma di relazione economica nelle
popolazioni che lui studia.
SOSTANZIALISTI: l'ambito economico è vissuto ed
interpretato in diversi modi e questa corrente di
pensiero può, addirittura, arrivare a rovesciare il
rapporto di struttura e sovrastruttura. Gli antropologi
adottano questa teoria nei loro studi.
MAUSS: introduce il tema del dono, sostenendo che
nell'oggetto che viene scambiato è presente uno
spirito che rimane attaccato all'oggetto, e questo
spirito è il dono.
HYDE: riprende la teoria dello spirito del dono che
spesso attribuisce un valore nobile all'oggetto donato.
L'oggetto donato deve, a sua volta, essere ridonato, e
quindi deve continuare ad andare in giro dando il via
ad un circuito.

ANTROPOLOGIA POLITICA: il potere coercitivo non è


universale. Nelle tribù dell'Amazzonia il capo deve
saper usare il linguaggio per diminuire i conflitti e non
per convincere o influenzare le idee degli altri con le
proprie, poiché le idee del capo erano considerate solo
dei consigli. Questo per noi è impensabile perchè nelle
nostre società la politica opera con tecniche di
convincimento e influenzamento.

ANTROPOLOGIA RELIGIOSA: nell'ambito della religione


emerge la visione evoluzionistica applicata ad altre
dimensioni che rivela ambiti complessi dal punto di
vista spirituale. Quando avvenne l'incontro tra i

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missionari gesuiti e quelli cattolici, i primi (molto colti)


si resero subito conto che gli indiani delle praterie
nord-americane (tribù dei Chiou) avevano delle
credenze religiose molto profonde e valide. I
missionari delle due grandi religioni cercarono allora
di inserire nuovi simboli in questa piccola religione
senza, però, modificare o denigrare le basi su cui si
fondava questa religiosità. Questo esempio serve per
rendere chiaro che l'antropologia smonta e diminuisce
le differenze tra piccole e grandi religioni.

ANTROPOLOGIA MEDICA: l'interesse è posto


nell'affermare che il progresso non può essere letto
semplicemente in termini di passaggio dall'ignoranza
alla conoscenza o dall'illusione alla verità, ma come il
rapporto tra corpo, esperienza e linguaggio. Queste
cornici sono alla base di atteggiamenti della vita
quotidiana che appaiono naturali e non vengono mai
messi in discussione. Il paradigma biomedico
costituisce uno sfondo di questo tipo: il compito
dell'antropologia non è falsificarlo, né tanto meno
sostenere tesi alternative. Semmai, si tratta di
collocarlo all'interno di una visione più ampia, che
consenta di esercitare la comprensione di altre forme
culturali, in senso sia storico che etnologico.
Esiste, però, un momento in cui l'atteggiamento
naturale viene problematizzato ed emerge in
superficie: CRISI PSICOPATOLOGICHE. La schizofrenia,
in particolare, è letta come catastrofe dell'orizzonte
domestico. Qui allora si ritorna al problema del
rapporto tra antropologia e biomedicina: la prima non
può permettersi di dare per scontato il concetto di
natura su cui la seconda si basa. I due saperi stanno
su piani diversi: l'antropologia non intende né
confermare né confutare la biomedicina, ma cerca

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solamente di porla in una prospettiva storico-culturale


più ampia. D'altra parte, questa prospettiva non è solo
teorica, poiché spinge a guardare sotto una diversa
luce alcuni aspetti cruciali della biomedicina, a partire
dai concetti di malattia e di efficacia terapeutica ed
interagisce, dunque, con la pratica.

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