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NICOLE MOSERLE - LARTISTA PENSA E GENERA. LA SOCIETA RISPONDE.

Lartista pensa e genera. La societ risponde.


1. Artisti si diventa
Artisti e creativi sono vettori di diversit culturale e artistica. Il loro lavoro un importante contributo allo sviluppo della societ e per la creazione di legami sociali tra i cittadini, ed essendo anche un lavoro intellettuale, consente al singolo di acquisire conoscenze e benessere morale. [] Pu venire riconosciuto artista chiunque consideri la sua creazione artistica come un elemento essenziale della sua vita, che in questo modo contribuisce allo sviluppo dellarte e della cultura, e che venga riconosciuto o cerchi di essere riconosciuto in questo artista, che egli sia o meno legato a una relazione di lavoro o a qualsiasi associazione. (Protocolli UNESCO, 1980)

Partendo da questa definizione vaga e tautologica di artista condivisa dal pensiero generale, si vuole ragionare sullevoluzione di questa figura professionale per arrivare a riflettere sullo statuto dellarte oggi e sulla fattibilit di fornirne una definizione. Nel fare ci, va notato che discutere problemi - tanto quelli in questione quanto altri di genere differente - non significa automaticamente che non si discutano autori, perch anche chi vuol pensare con la propria testa non deve dimenticare che la propria testa non mai interamente propria, ma formata da conoscenze pregresse oltre che dalla propria esperienza. D'altronde il nuovo avanza dalla consapevolezza del passato. Perci, se si rivolge lo sguardo verso lexcursus storico del ruolo dellartista, ci si rende subito conto che esso variato nei secoli, condizionando inevitabilmente anche il modo di affrontare la pratica artistica e quindi la storia dellarte. I mutamenti storici della condizione sociale dellartista sono dipesi dai diversi tipi di supporto economico che lhanno sostenuto nel corso delle epoche. Sinteticamente, i ruoli sociali ricoperti dallartista visivo dal medioevo a oggi sono tre: la corporazione, laccademia protetta dallo Stato e il mercato privato. Basti pensare che nellItalia centrale dal XII secolo allinizio del XV gli artisti fossero considerati solamente come abili artigiani. Nel 1762, nel Dizionario dellAccademia di Francia, la prima definizione moderna dartista riportava: Colui che lavora in unarte in cui debbano concorre il genio e la mano. Un pittore, un architetto sono artisti. Mentre con laffermarsi della rivoluzione industriale nel corso del XIX secolo, cominci a configurarsi lartista imprenditore di se stesso.
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In Muses and Markets: Explorations in the Economics of the Arts del 1989, Pommererehne e Fray tracciano dei parametri per la determinazione dello status dartista: 1. Lammontare del tempo dedicato alle attivit artistiche; 2. Lammontare di reddito derivante da questattivit; 3. Il fatto che un individuo goda presso il pubblico della reputazione di artista; 4. Il riconoscimento proveniente dagli altri artisti; 5. La qualit delle opere realizzate (il che implica che si possa definire in qualche modo la loro qualit artistica); 6. Lappartenenza a gruppi o associazioni professionali di artisti; 7. Eventuali titoli accademici o professionali, conseguiti presso istituti quali Accademie di Belle Arti; 8. Il fatto che un individuo consideri se stesso unartista. Questa classifica certamente ha significato se presa nel sistema dellarte moderno e contemporaneo, in altre parole da chi legittima laccesso di un artista nel mercato dellarte. Oggi, i cos detti gatekeepers: pari artisti, le residenze, leditoria specializzata con la sua cerchia di curatori/critici/opinionisti, i galleristi, le gallerie e le fiere, le case dasta, i collezionisti del primo e del secondo mercato, le fondazioni/kunstalle, lannuale (Manifesta), le Biennali, le triennali, le quinquennali (Documenta), i musei, le quote di mercato, gli speculatori e i mercanti. In altri termini, appare evidente come il sistema artistico sia importante per laffermazione della carriera di un artista e quindi delle sue opere darte. Questo ulteriormente confermato se si osserva che, pure in campo estetico, si arrivati ad affermare una teoria istituzionale dellarte attraverso definizioni procedurali avanzate da George Dickie tra gli anni sessanta e settanta del 900, il quale elabor tale risposta prendendo con consapevolezza in considerazione gli sviluppi postduchampiani nel <<mondo dellarte>> del XX secolo (dadaismo, pop art, found art e happening), interpretando in senso del tutto personale The Artworld (1964) di Arthur Danto1.


Cfr. Contesti istituzionali, capitolo quarto in Nigel Warburton, La questione dellarte (titolo originale, The Art Question, 2003), Einaudi, 2004. E Paolo DAngelo, La definizione dellarte, pp. 10-23, in Introduzione allestetica analitica, Editori Laterza, 2008.
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Ci nonostante, se analizziamo a fondo la teoria del filosofo americano o una definizione come quella citata sopra, troveremo molti passi fallaci da parecchi punti di vista; ma qui si tralasceranno sia le due formulazioni di Dickie con le rispettive definizioni, sia il ranking dei parametri sopra citati poich trascurando delle conseguenze assurde, il primo e la variabile della motivazione, il secondo - sono gi stati contestati da altri studi nei rispettivi campi di ricerca. Viene da chiedersi come sia possibile che artista sia solamente chi pratica larte come mestiere. In questa maniera dovremmo escludere tutta loutsider art e inoltre, non si considerano quella che Jerrold Levinson chiama <<ur-arte>> ovvero la prima arte in assoluto, oppure le affermazioni rilasciate da molti artisti storicizzati sui propri esordi e sulle motivazioni che li hanno indotti a intraprendere quella che, pi che un mestiere, si configura come una scelta di vita. Pablo Picasso dichiar che fin da bambino era in grado di disegnare come Michelangelo, ma che gli serv unintera vita per imparare a dipingere come un bambino. Joseph Beuys divent artista per caso dopo essere stato salvato dal congelamento da un gruppo di nomadi caucasici, prima non aveva mai espresso tale desiderio. Cosa dire allora del caso emblematico di Gordon Matta-Clark? Negli anni Settanta, insieme a un gruppo di compagni tra cui Richard Landry, Tina Girouard e Carol Goddon apr il ristorante Food, che non solo fungeva da mensa alla comunit artistica del quartiere di Soho a NYC, ma offriva anche un lavoro che li sollevasse dal peso della relazione con il mercato delle opere. 2. Lartista rispecchia larte del suo tempo Non bisogna affrontare i discorsi sul significato di artista e arte nel puro cinismo e nella mera contestazione. Piuttosto, necessario analizzare le questioni delle teorie dellarte con realismo e quindi usare criteri dindagine multidisciplinare: dalla storiografia alla ricerca psicologica, dalla filosofia al marketing. In quanto, appare chiaro che gli artisti traggono ispirazione da qualsiasi contingenza circostante a loro, essendo suggestionati dalle dinamiche connesse alla societ del loro tempo; per cui larte il risultato di una visione attraverso le lenti sensibili di questi individui che chiariscono il mondo con ogni mezzo a loro disposizione.

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In questo modo bisogna interpretare pure laffermazione di Angela Vettese: artisti si diventa (nonch titolo omonimo del suo libro). Difatti la critica nelle note afferma che <<se vero, infatti, che un buon lavoro e un grande impegno sono comunque il punto di partenza per chiunque voglia efficacemente esporre in pubblico alle proprie opere, sarebbe ingenuo sottovalutare i meccanismi promozionali e le regole di un gioco che ogni artista pu trovarsi a subire o che pu invece usare o sovvertire a proprio favore>>. Un artista per emergere deve avere un temperamento adeguato alle circostanze del proprio tempo e, soprattutto, deve far fronte alla situazione rigidamente vincolata del processo storico che lha preceduto. E pertanto illogico tentare di definire in modo univoco e/o circoscritto in una precisa disciplina che cosa sia unartista, quando esso il risultato dinfinite formule dai fattori variabili e talvolta indefinibili, che addirittura possono essere frutto della fantasia. Daltro canto non a caso, come si pu facilmente verificare, nessuna dottrina mai riuscita in modo autonomo n a dare una risposta che rimanesse stabile nel tempo, n a rispondere alla domanda <<che cos larte?>>. Anche lestetologo Nigel Warburton nel suo libro The Art Question (2003, trad. it., p. 107), dopo una critica ben ragionata su diversi tentativi filosofici di definire larte, conclude che <<lipotesi pi plausibile che il termine arte sia indefinibile non solo al livello delle propriet esibite, ma anche a quello delle propriet relazionali non esibite>>; a ragione del fatto che le definizioni esistenti sono inadeguate e la natura dellarte sempre mutevole. Infatti, per lui lipotesi pi plausibile, con le informazioni a disposizione, <<che arte sia un termine basato su somiglianze di famiglia che sfuggir sempre ai tentativi di fissarlo in una definizione>>. E evidente come in queste affermazioni vi sia unapprofondita riflessione sulle teorie di Maurice Mandelbaum - come lui stesso ammette - e il <<tratto comune>> alle opere darte, per cui questultimo potrebbe non consistere in una loro caratteristica manifesta ma in una propriet relazionale non visibile agli occhi, proprio come accade tra parenti. Inoltre, si percepisce innegabilmente il riferimento a Ludwig Wittgenstein (padre del concetto somiglianze di famiglia per termini come arte e gioco) e in quello che a sua volta Morris Weits scrive:
Il problema della natura dellarte simile a quello della natura dei giochi, almeno sotto questi aspetti: se noi effettivamente guardiamo e vediamo ci che chiamiamo arte, noi non 4

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troveremo le stesse propriet comuni solo intrecci di somiglianze. Sapere cos larte non apprendere qualche essenza manifesta o latente ma essere capaci di riconoscere, descrivere e spiegare quelle cose che chiamiamo arte in virt delle loro somiglianze2.

Di conseguenza, proseguire nel tentativo di cercare una definizione con lo scopo di afferrare lessenza di termini come arte, artista, gioco non ha senso. Non possiamo dare un enunciato di questi termini, dettare delle condizioni necessarie e sufficienti per lapplicazione dei concetti stessi, poich varrebbe lammettere un nonsenso: arte inteso come un <<concetto chiuso [] rende impossibili le condizioni stesse della creativit nelle arti>>. Pertanto, siamo semplicemente in grado di analizzare e afferrare caso per caso, criticare somiglianze e differenze di questi <<concetti aperti>> che ammettono la possibilit di casi nuovi e imprevisti; i quali non condividono necessariamente una caratteristica comune, ma si determinano attraverso la pratica, ammettendo la possibilit di <<sottoconcetti chiusi>>.3 In questo modo possiamo tenere valide definizioni di arte come quella data da Luigi Pareyson che Umberto Eco cita in Opera aperta (1962/2006, p. 61, Bompiani):
Lopera darte una forma, e cio un movimento concluso, che come dire un infinito raccolto in una definitezza; la sua totalit risulta da una conclusione, e quindi esige di essere considerata non come la chiusura di una realt statica e immobile, ma come lapertura di un infinito che s fatto intero raccogliendosi in una forma.

Considerando che la curiosit la prima e la pi semplice emozione presente nellanimo umano e che gli esseri umani apprezzano la novit in qualsiasi campo; fintanto queste caratteristiche esisteranno, la creativit avr la possibilit di manifestarsi nel tentativo di dare risposte a nuovi bisogni e quindi si avranno nuovi sviluppi, pure in campo artistico. Si potrebbe dire che ogni opera darte importante si pu considerare come un avvenimento storico e anche come il raggiungimento di una soluzione a un determinato bisogno o problema. Ogni soluzione sicuramente nuova, ma non si pu dire

Morris Weitz, Il ruolo nella teoria estetica (titolo originale, The Role of Theory in Aesthetics, 1956), pp. 20-21 in Estetica e filosofia analitica, a cura di P. Kobau e G. Matteucci, S. Velotti, Il Mulino, 2007.
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Cfr. Ibidem.

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altrettanto del problema al quale erano gi state date altre soluzioni e per il quale c probabilit che ce ne saranno altre in futuro. Pi le soluzioni si accumulano e pi il problema cambia aspetto, ma la catena di risposte lo mette in luce. Per George Kubler, <<il problema e le sue soluzioni costituiscono unentit detta classe formale e linsieme di successioni future vanno a formare una sequenza formale>>4. Le sequenze formali possono finire, ma possono anche rimanere dormienti, in letargo. Come - fra tanti - lesempio delliconografia decorativa giapponese che circolava in occidente verso la met del XIX secolo che influenz i Simbolisti, gli Impressionisti e lArt Nouveau o dellarte delle popolazioni indigene che influenz il cubismoecc. Di conseguenza, il corso del tempo corrisponde alla formazione di fasci fibrosi, dove ogni fibra corrisponde a un bisogno particolare e la lunghezza delle fibre risulta dalla durata del bisogno e dalla soluzione data ai problemi che esso mette in luce5. Se vediamo la storia dellarte in questi termini, si nota che allaumentare delle scoperte, delle classi formali, si procede sempre pi vicini verso la soluzione di un problema, di una sequenza formale e quindi si riduce il campo di possibilit. Eppure, come abbiamo gi avuto modo di osservare, lartista non abita un mondo finito, dove sono possibili ancora pochi cambiamenti (come invece sostiene Kubler); i bisogni e i problemi sono in continuo mutamento, evolvono. Il passato detiene la chiave dei termini di paragone che ci consentono di spiegare retrospettivamente ci che stato chiamato arte, dando la possibilit di mettere in atto anche un de-conferimento dello status di arte e perci di artista. Tramite la storia dellarte si pu mettere in atto una critica sia dal punto di vista artistico sia filosofico, fornendo nuovi esempi o contro-esempi volti a sostenere o confutare precedenti teorie (in questo senso lartista si avvicina al ruolo del filosofo, bench non si sostituisca ad esso); ma soprattutto si ha la possibilit di apprendere i modi di imparare il proprio tempo attraverso una comunicazione ricca di significati. Senza dimenticare che <<non tutto pu essere unopera darte in qualsiasi momento: il mondo dellarte deve essere pronto ad accoglierlo. Come del resto non ogni battuta che risulti arguta in un

George Kubler, La forma del tempo (titolo originale, The Shape of Time, 1972), p.44, Einaudi, 2002. Ibid.

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determinato contesto pu essere considerata arguta in assoluto>>6, come afferma Arthur Danto riecheggiando Wlffin <<non ogni cosa possibile in ogni tempo>>7. Seguendo questo ragionamento, si convalidano le affermazioni di Weitz e Warburton circa limportanza delle tesi artistiche sostenute da altri autori del passato, perch seppur fallaci esse - come le teorie di altre discipline - possono contribuire talvolta a convalidare casi specifici e/o tracciare delle linee di riferimento per i prossimi studi. Oltre a quanto gi messo in luce, ad esempio, nellambito dellontologia dellarte, si pu vedere come molti filosofi - fra i quali Nelson Goodman (Lenguages of Art: An Approach of a Theory of Symbols, 1968), Joseph Margolis (The Ontologial Peculiarity of Work of Art, 1977) e Ian Hacking (Representing and Inventing, 1983) - abbiano derivato le proprie idee dallosservazione di altri campi del sapere, dalle teorie dellarte del passato alla storia dellarte e dalla linguistica alle scienze. 3. Gli artisti pensano in ottica multidisciplinare Thomas Harriot (1560-1621), quattro mesi prima che Galileo Galilei (1564-1642) puntasse il cannocchiale verso la Luna, comp con un telescopio da sei ingrandimenti le prime osservazioni di cui si abbia notizia del satellite della Terra, disegnando nel giugno 1609 i mari lunari senza riuscire a capire di cosa si trattava. Solo dopo le scoperte di Galileo riprese le osservazioni realizzando la prima mappa della Luna (1611); mentre il padre delleliocentrismo dipinse la sua celeberrima serie di sei acquerelli del satellite terrestre in diverse fasi, realizzati "in diretta" dellosservazione telescopica nellautunno del 1906, apprendendo la realt lunare grazie alle sue conoscenze sulla prospettiva. Da questo caso emblematico scaturiscono due riflessioni. In primis, si pu notare come determinate regole artistiche hanno aiutato la scienza a fare progressi; a dimostrazione del fatto che il nostro vedere le cose dipende da tutte le nostre conoscenze, ovvero un <<vedere-come>> carico di teoria. A riprova, << Gombrich, in particolare, ha raccolto una schiacciante documentazione allo scopo di mostrare come il modo in cui noi vediamo e raffiguriamo determinato e varia a seconda dellesperienza, della pratica,

Arthur C. Danto, Opere darte e cose reali, 1973, p. 63, in Estetica e filosofia analitica, a cura di P. Kobau e G. Matteucci, S. Velotti, Il Mulino, 2007.
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ivi., p.56

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degli interessi e delle disposizioni>> (Goodman, 1968, trad. it., p.17). E lui stesso a riprendere quanto affermato da Kant, ossia che locchio innocente cieco e la mente vergine vuota, e a dire quindi che <<Locchio vergine un mito. [] Vedere non mai un semplice registrare>> e <<le scoperte artistiche sono scoperte non di forme di verosimiglianza ma di forme di equivalenza>>8. Questa suggestione suggerisce quindi la seconda osservazione, cio che <<lesperienza estetica o scientifica hanno entrambe, a quanto si vede, un carattere fondamentalmente cognitivo>>9. Inoltre, gli studi delle neuroscienze hanno confermato che non esiste una totale separazione tra attivit cognitive e le emozioni. A questo punto si possono condividere le parole di Nelson Goodman (1968, ed. ita, p. 227):
La differenza fra arte e scienza non quella fra sentimento e fatto, intuizione e inferenza, diletto e deliberazione, concretezza e astrazione, passione e azione, mediatezza e immediatezza o verit e bellezza, ma semmai una differenza nel predominio di certe caratteristiche specifiche dei simboli [usati dalla prima e usati dalla seconda].

Infatti, ogni sistema simbolico costituito da caratteri, che possono essere espressi da segni differenti, i quali determinano la forma del tempo. Le implicazioni di questo quadro concettuale vanno oltre la filosofia, larte e le scienze, ma i dati dellesperienza ci consentono di passare da un sistema simbolico ad un altro, da una teoria allaltra. Costruendo similitudini e osservando somiglianze di famiglia, possiamo cos arrivare a una costruzione simbolica di significati per mezzo di differenti segni, tutti volti a determinare la verit nel mondo. In altre parole, ogni ambito di ricerca ha una propria organizzazione simbolica provvista di sintassi e semantica attraverso la cui ricerca si mira a raggiungere la realt. Perci, possiamo vedere unanalogia <<tra le rappresentazioni artistiche che corrispondono allarticolazione delle parole e le rappresentazioni artistiche che corrispondono allarticolazione delle figure>>10, ma dobbiamo stare attenti alle parole che usiamo. La prospettiva ad esempio, in quanto

E.H. Gombrich, Art and Illusion: A Study in Psychology of Pictorial Representation (1960), in S. Chiodo, Mimesi, rappresentazione, finzione allinterno di Introduzione allestetica analitica a cura di Paolo DAngelo, p. 108, Editori Laterza, 2008. Nelson Goodman, I linguaggi dellarte (titolo originale, Lenguages of Art: An Approach of a Theory of Symbols, 1968), ed. italiana a cura di Franco Brioschi, p. 211, Il Saggiatore, 2008. S. Chiodo, Mimesi, rappresentazione, finzione allinterno di Introduzione allestetica analitica a cura di Paolo DAngelo, quando parla delle teorie di N. Goodman a p. 128, Editori Laterza, 2008.
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segno, una condizione arbitraria della rappresentazione e <<lo status di rappresentazione relativo al sistema simbolico. Ci che in un sistema un quadro pu essere una descrizione in un altro>> (Goodman, 1968, trad. it., p.196). E pure la mimesi una convenzione arbitraria; infatti, ad esempio, un disegno del monte Fujiyama di Hokusai e un elettrocardiogramma hanno forme identiche ma sensi diversi, <<(il primo un diagramma e il secondo una figura) non perch hanno oggetti di riferimento diversi (gli oggetti di riferimento non determinano rappresentazioni dieverse) ma perch seguono convenzioni diverse (le condizioni determinano rappresentazioni diverse). Sono i criteri di convenzionalit arbitraria a fare del primo un elettrocardiogramma e del secondo un disegno>>11. Il <<vedere-come>> una visione carica di teoria e il come noi rappresentiamo un oggetto una relazione di tipo convenzionale. Si prospetta fondamentale educare tutti i sensi a pensare in maniera multidisciplinare, sia per evitare fraintendimenti fra le varie discipline, sia perch larte ha dimostrato di essere lunica branca del sapere ad assoggettare a s gli altri sistemi simbolici. Non solo riuscita a portare dentro di s la filosofia (arte concettuale) ma anche altri ambiti di conoscenza della realt; tant che si pu parlare di relational aesthetics, social aesthetics e social practices come di classi formali appartenenti a una sequenza formale, legate per mezzo di somiglianze di famiglia. Larte poliedrica e ci stato particolarmente messo in luce dalla storia dellarte del XX secolo, ossia da quelle opere darte che il critico americano Harold Rosemberg ha definito oggetti ansiosi perch appartenenti a quel genere di creazioni moderne destinate a perpetuare lincertezza circa il fatto se si tratta di opere darte oppure no12. Come abbiamo notato, nel 900 cambiato il significato che diamo alla parola arte, ma ci accaduto molte altre volte nei secoli passati, in conformit alle conoscenze e al ruolo dellartista nella societ. Per questo prendono vita epiteti nuovi, come ad esempio arte digitale, la quale dalle installazioni di Nam June Paik (il pi noto anticipatore delle ricerche su arte e tecnologie moderne) a quelle di Studio Azzurro sulla creativit dellarte multimediale fino alle ricerche in atto sulla Computer Art, delinea un cammino nuovo che una parte dellarte degli ultimi anni sta percorrendo allinsegna della

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Ivi, p. 111

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Cfr. Nigel Warburton, La questione dellarte (titolo originale, The Art Question, 2003), Einaudi, 2004.
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sperimentazione artistica delle nuove tecnologie informatiche. 4. Gli artisti producono fenomeni che asseriscono Larte oggi concepisce sia oggetti che eventi. Un evento qualcosa che ha ununica posizione nello spazio e nel tempo e che dipende dallesistenza di oggetti fisici: se gli oggetti esistono, gli eventi accadono. Sia gli oggetti sia gli eventi appaiono, sono visibili e percepibili, ossia sono fenomeni; pertanto larte unattivit di produzione di fenomeni. Allora se possiamo parlare di oggetti ansiosi con riguardo a The Ambassador (il pavone vivo che Francis Alys nel 2003 ha mandato alla Biennale di Venezia (anzich presentarsi di persona) e A Real Work of Art di Mark Wallinger (un autentico cavallo da corsa), menzionati da Nigel Warburton in The Art Question (2003). Siamo in grado di dire che Zone de Sensibilite Picturale Immatrielle di Yves Klein un evento ansioso, essendo una performance tenutasi alla galleria Iris Clert di Parigi nel 1962, dove i visitatori videro una stanza bianca vuota nella quale poter acquistare dei pezzi di carta che certificavano lacquistato di parti di sensibilit dartista allo stato puro diventando peraltro essi stessi opera darte (e quindi oggetto di scambio fra i collezionisti) una volta concluso levento. Di conseguenza, possiamo parlare di arte come di un fenomeno ansioso, il cui significato non qualcosa che sta nascosto nellenunciato e che deve essere scoperto, ma deve essere conferito allenunciato. Gli enunciati di per s non possiedono significati, il significato conferito dallessere pensante, dallartista. Se prendiamo come dimostrazione le opere concettuali di Joseph Kosuth, esse sono insieme opere darte e dichiarazioni teoriche sullarte. Come egli stesso spiega in unintervista del 2001 <<essenzialmente, gli artisti non lavorano con le forme ma con i significati. Se vendi prodotti con il tuo lavoro di artista, sar il mercato a stabilirne il significato. Ma cos si perde lo spazio critico necessario. [E] il linguaggio a costruire la realt e a condividere la nostra percezione e a fornire un senso al contesto>>.13 Larte quindi produzione di significato, ma solo in certi casi - come per le opere dellartista appena nominato o The Ambassador e A Real Work of Art - possiamo dire che i fenomeni ansiosi <<forniscono un genere di filosofia visiva che pone la questione

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Cfr. Gillo Dorfles e Angela Vettese, Storia dellarte. Novecento e oltre, p. 422, Atlas, 2005.

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dellarte e le da una risposta; ma considerarli come un sostituto adeguato della filosofia un errore: la maggior parte di essi costituiscono semplici aforismi>>14. Inoltre esistono comunque altri generi di opere darte e artisti che non si pongono questo tipo di ricerca; uno fra tanti Peter Greenway che ricostruisce animazioni digitali di grandi capolavori del passato con effetti speciali sorprendenti, ad esempio Lultima cena di Leonardo da Vinci. Nondimeno, tutte le opere darte sono asserzioni della storia dellarte <<quando la coscienza della differenza tra realt e arte parte di ci che fa la differenza tra arte e realt>>15; per il fatto che esse affermano (per mezzo di qualsiasi rappresentazione) un enunciato dotato di significato che pu esprimere una verit e/o convogliare informazione (enunciati dichiarativi), pretendendo che sia vero. Ci, tuttavia, non vuol dire che ogni opera darte sia una verit risolutiva di un problema o la soluzione definitiva a un bisogno; <<unopera darte trasmette un certo comportamento [o conoscenza] dellartista [e la visione che questo ha del mondo] e serve anche, agendo come un rel, da punto di partenza di impulsi che spesso in trasmissioni posteriori vengono amplificati in maniera straordinaria>>16. Tutte le asserzioni artistiche possono essere considerate sia come energia trasmessa sia come scossa per altre asserzioni simili o contrarie. 5. Tutti possono essere artisti: un artista pu celarsi in chiunque
Cosa significa vivere in un mondo in cui qualsiasi cosa pu essere unopera darte? La foto di famiglia, il pi ricercato poster, un pentolino dalluminio, una cazzuola, una sega a mano? [] Bisogna immaginare cosa potrebbe significare loggetto se fosse il tramite di una riflessione artistica17.

In questi termini, laffermazione tutto pu essere arte ha la possibilit di essere intesa meglio se riformulata nei termini seguenti: unopera darte si pu celare in qualunque

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Nigel Warburton, La questione dellarte (titolo originale, The Art Question, 2003), p. XII, Einaudi, 2004.

Arthur C. Danto, Opere darte e cose reali, 1973, p. 65, in Estetica e filosofia analitica, a cura di P. Kobau e G. Matteucci, S. Velotti, Il Mulino, 2007.
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George Kubler, La forma del tempo (titolo originale, The Shape of Time, 1972), p.44, Einaudi, 2002.

Arthur C. Danto, Arte e significato (titolo originale Art and Meaning, 2000), p. 150, in Alle origini dellopera darte contemporanea, a cura di G. Di Giacomo e C. Zambianchi, Editori Laterza, 2008.

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cosa. Non possibile affermare il contrario, poich opere come i fenomeni ansiosi sono state accettate nel mainstream, ovvero nella storia dellarte contemporanea. In unepoca dove la post-produzione ha preso piede, non possibile sostenere che le opere debbano essere il prodotto della mano dellartista, n che debbano essere esteticamente belle o << forma significante che da origine allemozione estetica>> (Clive Bell, Art, 1914) e nemmeno <<espressione immaginativa di emozioni>> (Robin Collingwood, The Principle of Art, 1938). Tale realt centrale nella maggior parte delle discussioni sulla questione dellarte, e a sostegno di tale argomento si possono portare esempi quali i ready-made di Duchamp e le Brillo Box di Andy Warhol; poich sono importanti <<rel>>: si ripercuotono in modo evidente su gli artisti e larte che li hanno succeduti. Anche se, nel 1917 a New York, il presidente del comitato direttivo della Society for Independent Artists Exhibition, avrebbe dovuto accettare alla propria mostra Fountain di Duchamp (contrassegnata dallo pseudonimo R. Mutt ) - perch lartista aveva pagato regolarmente la quota di libera partecipazione -, egli la escluse dichiarando alla stampa che non era, in base a qualunque definizione, unopera darte18. Solo in seguito ha cominciato a generare consensi: dal momento in cui la fotografia di Fountain di Alfred Stieglitz apparve nel secondo fascicolo di una rivista, The Blind Man, insieme a una discussione del caso Richard Mutt, che comprendeva la seguente spiegazione:
Che il Signor Mutt abbia fabbricato la fontana con le sue mani oppure no non ha importanza. Egli lha SCELTA. Ha preso un oggetto della vita quotidiana, lo ha collocato in modo che il suo significato utilitario scomparisse sotto il nuovo titolo e punto di vista - ha creato un nuovo pensiero per quelloggetto19.

Trattandosi di unopera secondo qualche definizione, Duchamp mise in luce innumerevoli aspetti che hanno tuttora seguito; tra cui: a. Un oggetto pu essere il tramite di una riflessione artistica; b. Sono gli artisti con le proprie opere a formare una teoria dellarte e non viceversa;

Citato in C. Tompkins, Duchamp: a Biography, p. 182, Chatto & Windus, 1997, in Nigel Warburton, La questione dellarte (titolo originale, The Art Question, 2003), p. XI, Einaudi, 2004.
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Citato ibid., p. 185.

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c. Il sistema dellarte incide nellassegnazione dello status di opera; d. Unopera tale nel momento storico pronto ad accoglierla come tale; e. Una spiegazione per mezzo di parole pu aiutare a interpretare la struttura di unopera e quindi a riconoscerla come tale; f. La filosofia giunge in un secondo momento per dare un senso a tutto ci che gli uomini hanno chiamato arte20. Inoltre, prendendo alla lettera quanto affermato da Joseph Margolis in The Ontological Peculiarity of Work of Art (1970, trad. it., p. 146) riguardo un altro ready-made duchampiano:
Quando Duchamp ha creato il suo Scolabottiglie, sebbene non abbia realizzato uno scolabottiglie vale a dire, sebbene non abbia fabbricato uno scolabottiglie, ovvero non abbia fatto in modo che un oggetto esemplificasse la propriet di essere uno scolabottiglie -, cionondimeno ha realizzato un token [esemplificazione] dello Scolabottiglie. Analogamente, sebbene della legna portata dalla corrente non sia un manufatto, quando un artista crea un pezzo di beach art realizza un token [esemplificazione] di quel pezzo di beach art. Non necessario che sia lui ad aver realizzato la legna. Ma questo indica come (1) lartefattualit non sia superflua, sebbene sia indubbiamente problematica [] e (2) falso che un oggetto naturale possa essere unopera darte o che si possa creare unopera senza realizzare nulla.

Tralasciando i punti discutibili della teoria di Margolis (per quanto riguarda la possibilit di applicare un unico modello ontologico a ogni forma e genere artistico), questa sua dichiarazione arricchisce quanto detto finora, mostrando che per creare unopera darte nuova sia necessario creare unopera in particolare. Ossia, << nel creare un type [un tipo particolare, astratto/entit universale], un artista deve realizzare un token [realizzazione, esemplificazione di un tipo]>> (ivi, p. 145) che pu consistere in un oggetto fisico o un evento, purch sia qualcosa di percepibile che dia corpo ai significati dellopera darte. La struttura di per s non determina quindi lopera, mentre lo fa una combinazione della struttura e dei mezzi particolari mediante cui lartista lha scoperta, assicurando che larte un <<concetto aperto>>, visto che <<le sue condizioni di applicazione sono emendabili e correggibili>> (M. Weitz, trad. it., p. 21); ma lopera darte (intesa come

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Cfr. Dino Formaggio, Arte, pp. 11-12, ISEDI, 1976.

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singola esemplificazione di un type) costituisce un <<sottoconcetto chiuso>> di arte, poich in grado di stabilire delle condizioni di applicazione necessarie e sufficienti per s stessa. In tale prospettiva, questo filone di pensiero trova comunanza con quello di Arthur Danto nellistante in cui vede la possibilit che le opere siano <<incarnate (embodied)>> in oggetti fisici, nonostante non siano mai identiche a tali oggetti poich hanno propriet che essi non hanno. Per entrambi i filosofi, larte ha una natura relazionale. Ma se per Margolis i <<particolari astratti>> devono essere intesi secondo il modello della relazione <<typetoken>> (dalla dubbia parafrasi qui tralasciata); con termini pi comprensibili, Danto sostiene la propriet relazionale della <<aboutness>>, chiarendo che << le opere darte sono sempre a-proposito-di (about) qualcosa [un vedere-come un qualcosa], e che pertanto hanno un contenuto o significato e, in secondo luogo, che per essere unopera darte qualcosa deve incarnare (embody) il suo significato>>21. E per mezzo di tale relazione che noi distinguiamo un semplice oggetto reale, che non <<a-proposito-di>> niente, da unopera darte in cui c un significato effettivamente rappresentato in s, mostrando ci <<a- proposito-di>> cui . Il riconoscimento della relazione si ottiene tramite linterpretazione, permettendo di distinguere tra una cosa, prodotto semplice, e quella che invece il prodotto di una riflessione artistica. Solo unopera darte pu avere un titolo about something (anche se al posto del titolo troviamo Untitled), mentre un oggetto reale non un ente che pu avere un titolo (quindi nemmeno la facolt di un Senza titolo). In definitiva, in certi casi, <<quello che rende arte qualcosa non appare agli occhi. E questo chiarisce ugualmente bene perch cos tanto dipenda dal significato, che compito della critica darte esplicare>>22. Lesempio in cui Danto (Art and meaning, 2000) confronta le scatole di Brillo Box rispettivamente del pubblicitario Steave Harvey e degli artisti Andy Warhol e Mike Bidlo chiarificatore: il contenitore di Harvey non un semplice packaging per spugnette ma una <<celebrazione visiva della Brillo>>, mentre <<larte di Warhol era in qualche modo a-proposito-dellarte pubblicitaria>> e le scatole di Harvey <<sono a
Arthur C. Danto, Arte e significato (titolo originale Art and Meaning, 2000), p. 141, in Alle origini dellopera darte contemporanea, a cura di G. Di Giacomo e C. Zambianchi, Editori Laterza, 2008.
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ivi, p. 149

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proposito-di quelle di Warhol e non di quelle di Harvey>>. Perci, <<quella di Bidlo in qualche modo uninstallazione [che rientra nellambito della pratica dellappropriazione], laddove quella di Warhol era solo una mostra di opere darte>>23. 6. Lartista non solo a compiere latto di creazione Riprendendo da Danto: <<non ci pu essere arte senza coloro che parlano il linguaggio del mondo dellarte, e senza coloro che ne sanno abbastanza sulla differenza tra cose reali da riconoscere che chiamare opera darte una cosa reale una interpretazione, e che il senso e la valutazione di unopera dipendono dal contesto tra il mondo dellarte e il mondo reale>>24. Lartworld inteso dal pensatore, non nel mero senso di un sistema dellarte in termini economici - anche se noi non lo dobbiamo escludere -, bens unatmosfera di teoria artistica e una conoscenza della storia dellarte che pu fare la differenza nella distinzione tra oggetto artistico e oggetto comune, operando la <<trasfigurazione del banale>>. Lartista non solo a compiere latto di creazione, perch vi sono degli spettatori che stabiliscono il contatto dellopera con il mondo esterno decifrando e interpretando le sue qualificazioni profonde, e cos facendo aggiunge il suo contributo al processo creativo. Anche questo uno dei motivi per cui impossibile dare una definizione sullessenza dellarte. In accordo con quanto sostenuto da Umberto Eco:
unopera darte, forma compita chiusa nella sua perfezione di organismo perfettamente calibrato, altres aperta, possibilit di essere interpretata in mille modi diversi [nel corso del tempo] senza che la sua irriproducibile singolarit ne risulti alterata. Ogni funzione cos una interpretazione ed una esecuzione, poich in ogni fruizione lopera rivive in una prospettiva originale.25

Noi, in quanto comunit di utenti del linguaggio facenti parte del mondo dellarte,

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Ivi, Cfr. pp. 147-149

Arthur C. Danto, Opere darte e cose reali, 1973, pp. 69-70, in Estetica e filosofia analitica, a cura di P. Kobau e G. Matteucci, S. Velotti, Il Mulino, 2007.
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Umberto Eco, Opera aperta, 1962/2006, p. 34, Bompiani.

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dobbiamo decidere se qualcosa si tratti di opera darte o meno: considerando la sintassi e la semantica proprie della rappresentazione artistica; tenendo presente lo schema e il tipo di somiglianze che suscita la multidisciplinariet nella forma di un determinato tempo. Con questo spirito - come suggerisce Warburton nelle ultime righe del suo libro <<dobbiamo tornare alle opere stesse>>, non con la presunzione di voler dare una soluzione onnisciente alla questione dellarte, ma esaminando caso per caso. D'altronde, noi esseri umani non abbiamo una conoscenza totale e illimitata, e non possiamo pretendere di escludere lignoranza che abbiamo nei confronti del futuro. Pensare che, prima o poi, larte non esister pi e allora forse sar possibile definirla per mezzo di una comprensione totale utopistico. Larte un fenomeno antropologico, quindi finch esisteranno uomini e donne curiosi rappresentatori per natura, essa esister. Lunica cosa che potrebbe compiersi che gli uomini provvedano a dare un nuovo significato a ci che essi chiamano arte.

7. Lartista rappresenta attraverso il linguaggio artistico Qualsiasi visione dellarte non un dato assoluto, ma una nozione relativa ai tempi ed ai luoghi, e nel XX secolo gli artisti hanno cambiato lidea di arte nei seguenti aspetti: - Larte divenuta espressione del pensiero pi che della capacit tecnica, manuale, operativa dellautore; - Larte non si candida pi di portare gli altri ad apprendere una verit superiore, ma piuttosto propone la conoscenza di una verit altra o asserisce un aspetto della realt che ci troviamo a vivere; - Lopera darte pu non avere alcuna funzione duso; - Qualsiasi cosa pu incarnare unopera darte; - Allopera darte non pi richiesto di restare nel tempo dal momento in cui un fenomeno ansioso: eventi effimeri, materiali deperibili, semplici processi sono pi importanti del risultato finale; - Alcune opere darte non sono comprensibili a partire dalla sola esperienza visiva, occorre interpretarle (attraverso un linguaggio verbale, un pensiero o qualsivoglia conoscenza) tenendo conto della storia dellarte e delle teorie estetiche;
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- Anche le opere darte fondate sullimmagine non sempre sono comprensibili se non si conoscono ad esempio i testi da cui derivano (ci per ci succede anche quando guardiamo unopera antica); - Lopera darte non tenuta ad essere comprensibile da un vasto pubblico perch il suo linguaggio specialistico. In alcuni casi essa ha pi livelli di lettura ed alcuni di essi sono comprensibili anche da un pubblico ignaro; - Elementi per stabilire se un oggetto unopera darte: 1. Aboutness in relazione alla forma del tempo 2. Il sistema dellarte (con il suo linguaggio carico di teoria e consapevole della storia dellarte) 3. Il contesto nel quale essa viene esposta al pubblico 4. Il mercato dellarte 5. Lintenzione dellartista (condizione non necessaria) Un oggetto del passato pu essere definito opera darte anche se non nato con questo intento; Lopera darte un testo aperto a varie interpretazioni pur essendo un <<sottoconcetto chiuso>> di arte; Lautore pu essere singolo, un gruppo o addirittura una comunit; La bellezza e la piacevolezza non sono pi fattori vincolanti per definire unopera artistica; I fattori per il giudizio di valore sono: loriginalit, la congruenza tra dati tecnici o formali e contenuti, capacit di proporsi come atto comunicativo sintetico e diretto ad una esperienza conoscitiva sensoriale. Molti di questi punti si scontrano con le opinioni correnti perch dalle arti visive ci si aspetta e si pretende unemozione diretta. Non si pensa quanto studio necessiti la comprensione e lapprezzamento ad esempio della Divina Commedia perch magari siamo stati allenati sin da piccoli a usare il linguaggio verbale come classe di rappresentazione. Similmente, davanti ad un algoritmo complesso non oseremo mai dire che non una funzione matematica perch non la riusciamo a capire; sappiamo che gli studiosi hanno le conoscenze per spiegare questaltra specie di rappresentazione. Al contrario, troppo spesso si d per scontato che per apprezzare unopera visiva basti sbattere le palpebre degli occhi; quando invece, anche questo tipo di rappresentazione per essere intesa e valutata richiede molto studio del linguaggio visivo (storia dellarte e del pensiero estetico), oltre che una sensibilit nei confronti della realt del proprio tempo.
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<< Se la realt fosse semplicemente un attributo della rappresentazione, e noi non avessimo maturato stili alternativi di rappresentazione, allora il realismo non sarebbe un problema per i filosofi, e nemmeno per gli esteti>>26, non lo sarebbe per nessuno. Tutte le classi di rappresentazione sono denotate da un proprio tipo di linguaggio che evolve (da s e per mezzo della contaminazione degli altri), costituendo un sistema di conoscenza del mondo. 27 Ma la realt che noi vediamo e conosciamo non lunica possibile; non il prodotto di un solo sapere, e larte la sola classe conoscitiva che ci ricorda costantemente questa cosa. Con i suoi fenomeni reali e le sue utopie, con tutto e il contrario di tutto, lartista - una volta compresa la realt in cui si trova - rielabora altre dimensioni, costruendo una catena di cause ed effetti che si riflettono nella realt, cambiandola. Larte essendo generata dalluomo, quindi, una una pratica sociale in continua evoluzione, e, lapproccio verbale-narrativo cerca di dar conto dellaspetto evolutivo dellarte trattandola come una conversazione. La dimostrazione pi emblematica fornita dalle social practices in arte, con particolare riferimento alla social aesthetics esplicata da Lars Bang Larsen28 e il fenomeno Sunday Soup, oltre ai pi noti esempi di arte relazionale. Perci, ribadendo con le parole di Goodman:
Se rappresentare vuol dire classificare gli oggetti piuttosto che imitarli, caratterizzare piuttosto che copiare, allora non si riduce a una registrazione passiva. [] una rappresentazione o una descrizione, per come classifica ed classificata, pu produrre o marcare connessioni, analizzare oggetti, e organizzare il mondo. [] Che la natura imiti larte una massima troppo prudente. La natura un prodotto dellarte e del discorso29.

Ricordando che larte essendo un <<veicolo di interpretazione>> (Danto 1973, trad. it., p. 69) ha una propria autonomia, bisogna assecondarla affinch essa stessa dica ci che . Ecco perch <<gli artisti si avvicinano alla condizione dei filosofi: essi vedono nel

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Ian Hacking, Conoscere e Sperimentare (titolo originale, Pepresenting and Inventing, 1983), Laterza, 1987.

Cfr. per una dimostrazione circa il linguaggio verbale: Niccol Tommaseo, La mirabile sapienza della lingua. Ragionamenti sullorigine e i destini dellItaliano, a cura di Maurizio Borghi, Christian Marinotti Edizioni, 2005. Cfr. Lars Bang Larsen, Social Aesthetics. 11 Exaples to Begin With, In The Light of Parrallel History, in AFTERALL, London, #1, 1999. Nelson Goodman, I linguaggi dellarte (titolo originale, Lenguages of Art: An Approach of a Theory of Symbols, 1968), ed. italiana a cura di Franco Brioschi, p. 35-36, Il Saggiatore, 2008.
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lavoro dei loro predecessori una teoria dellarte implicita, che confutano con decisione grazie a un contro-esempio ben scelto>> (Warburton 2003, trad. it., p. X). Larte chiede che si attui in intimit con larte stessa, e, a questo proposito, necessario dare la parola agli artisti: solo lartista conosce larte in quanto cosa unica, particolare, nobile, irripetibile, e la conosce artisticamente, storicamente e culturalmente. Ogni volta che unopera viene alla luce, simultaneamente viene in luce larte e ci che ha di unico nel suggerire un pensiero sulla natura del mondo, ossia sulla societ. Ecco perch <<ci troviamo forse provvisti di unontologia, anzi, di molte e (almeno talvolta) utili riflessioni ontologiche, ma senza l<<arte>> come oggetto della loro applicazione>> (Kobau, Ontologia dellarte, p. 69). Gli artisti possono imparare cosa sia la filosofia dal modo in cui la filosofia comprende larte, ma non detto che tutti diventino dei filosofi. Larte non ha bisogno di un fondamento, non ha bisogno della filosofia (come lo ha la scienza). Con estetica intendiamo, infatti, che la filosofia impara dallarte qualcosa che senza di essa non potrebbe mai vedere. Per questo motivo illogico pensare che i filosofi riescano a rispondere alla domanda <<che cos larte?>> e quindi a trovarne lessenza. Allo stesso tempo, per, dobbiamo presumere che anche larte non conosca qualcosa che la filosofia ben conosce. Filosofia e arte sono due istanze a loro modo uniche e irripetibili, per questo luna ha bisogno dellaltra: la filosofia ha il compito di spiegare retrospettivamente perch ci che stato chiamato arte arte. Sicch, <<dobbiamo tornare alle opere stesse>> perch lessenza non si trova per via induttiva, procedendo dal particolare (tutti i tipi di arte) al generale (<<arte>>). In questo caso andremmo nella direzione opposta allarte e alla sua essenza. La plausibilit di trovare una definizione ontologica per l<<arte>> sussiste solamente nellipotesi assurda che un giorno non esistano pi problemi, bisogni, curiosit e modalit di rappresentazioni. Ma allora non esisterebbe pi nessun tipo di linguaggio n una realt, entrambi dipendenti dalla rappresentazione - e viceversa, in modo intrinseco. Infine, se non esistesse pi il concetto di realt - che un sottoprodotto di un fatto relativo agli esseri umani30- non esisterebbe nemmeno luomo.


Ian Hacking, Conoscere e Sperimentare (titolo originale, Pepresenting and Inventing, 1983), p.146, Laterza, 1987.
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Rappresentare (non essenzialmente in maniera visuale) fa parte della nostra natura, cos anche larte. Perci, non ha senso interrogarsi se sia nato prima il linguaggio verbale o quello visivo, verosimilmente la genealogia dei vocaboli e delle immagini comune. Le rappresentazioni sono il monumento del passato, specchio del presente, cantico del futuro; storia, effemeride, profezia. Qualsiasi mutamento di queste entit deve essere motivato al fine di favorire rapporti sociali, e ispirare valori ideologici, capaci di creare un consenso duraturo e uno stabile ordine sociale. Tuttavia, per raggiungere questo scopo non necessaria una pressione esplicita da parte del mondo dellarte, basta la semplice presenza simbolica della cultura dominante, di cui lartista interiorizza in lunghissima misura modelli e contenuti. Lartista , quindi pensa e di conseguenza genera la societ per mezzo del tipo di rappresentazione che gli si conf, il linguaggio artistico. Sicch, com confermato da molti studi storici sul sistema artistico, ogni proposizione che ha per oggetto il mondo dellarte in sostanza unasserzione linguistica riferita allarte31. Del resto, come quello linguistico, anche il codice artistico un sistema di segni che, in quanto rende possibile la comunicazione, presuppone il riferimento ad un destinatario: e in effetti gli artisti hanno sempre lavorato per qualcuno o per qualcosa. E dunque chiaro che il concetto di art pour lart fu uno strumento retorico abilmente escogitato allo scopo di adeguarsi allethos culturale del capitalismo emergente. Sia fare arte sia collezionarla sono operazioni che hanno un carattere eminentemente pubblico, e sono quindi atti ideologici. Lartista pensa la societ in quanto non pu agire indipendentemente dal contesto sociale, economico, politico e culturale in cui si formato, e che costituisce il bagaglio ideologico grazie al quale pu inserirsi nel sistema di relazioni su cui si basa il collezionismo. Il prodotto finale deve dunque la sua forma e la sua capacit di gratificazione, sia spirituale che materiale, al principi generatori della societ. Sembrerebbe ovvio pensare che la produzione artistica, anche nella sua forma pi primitiva, sia libera da qualsiasi rapporto col mondo dellarte. Eppure il committente c anche in questo caso, ed il riflesso di credenze che esprime nellopera il complesso dei valori ideologici e sociali che formano limpalcatura stessa dellesistenza.

Per uno sguardo storico sul mercato dellarte del XIX secolo si legga di Alberti Boime, Artisti e imprenditori (titololo originale Entrepreneurial Patronage in Nineteenth-Century France, 1976), Bollati Boringhieri, 1990. E inoltre Guido Guerzoni, Apollo e Vulcano. I mercati artistici in Italia (1400-1700), Marsilio, 2006.
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Concludendo, si sottolinea che tutte queste posizioni fanno riferimento al mondo occidentale. Forse con lintegrazione del pensiero globalizzato e un maggiore incontro tra culture diverse nel corso del XXI secolo, porteranno diverse concezioni della storia, del fare, della societ e quindi anche dellarte che potr essere ripensata.

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