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L’iniziativa prende le mosse da un confronto con la riflessione sviluppata da Th. W.

Adorno in
merito ai processi che interessano l’ambito artistico e culturale, nel più generale contesto di vita che
si apre nei primi decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale. La parola-chiave è
“industria culturale”, termine con cui Adorno intende la “forma di strumentalizzazione della cultura,
per controllare i suoi possibili tratti critici e contestativi”, il cui successo sta “nella trasposizione
dell’arte alla sfera del consumo economico” (Mauro Bozzetti). In tale contesto, risalta la riflessione
sul concetto di informale e di “arte al nero”, come arte capace di esercitare antagonismo rispetto alla
realtà presente, ovvero, a quel processo per cui l’arte, la cultura sono sottoposti ad un processo di
integrazione senza resistenza all’interno della nuova società capitalistica. Questo intende Adorno,
quando afferma che “l’arte ed una giusta coscienza di essa trovano ancora la felicità unicamente
nella capacità di tener duro. Dall’interno, questa felicità manda i suoi raggi nella manifestazione
sensibile”. (T. W. Adorno, Teoria estetica). In tal senso, il richiamo alla categoria di informale
corrisponde ad una arte che, nella sua ricerca, non china la testa rispetto alla realtà così come si è
venuta affermando. Il richiamo al nero non va intesa come indicazione di un modo di essere
dell’arte, non come una ingiunzione od indicazione di tendenza, bensì come invito a porre in
discussione la realtà esistente, come pungolo per l’arte a tener aperta una alternativa, come pungolo
per l’arte a ripensar se stessa. Essa vale, per noi, come un percorso di riflessione sulla pittura stessa
oggi e, più in generale, sull’arte oggi. L’occasione del nostro progetto è dato dal coincidere di due
scadenze, il 50° della scomparsa di Adorno (6 agosto 1969) ed il centenario della nascita di Emilio
Vedova (9 agosto 1919).

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