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contemporanea.: Mercati,
strategie e star system
Storia dell'arte contemporanea
Libera università di lingue e comunicazione (IULM)
33 pag.
Introduzione
La vicinanza tra i temi dell’arte e dell’economia ha radici recenti e si indica come economia
dell’arte. secondo Candela e Castellani arte ed economia sono più vicine di quanto si possa
comunemente pensare: razionalità, creatività, metodo, intuizione e casualità sono gli elementi
comuni di economia e arte. L’artista e l’economista intuiscono qualcosa più degli altri: tutti hanno
sempre visto sgabelli e ruote di biciclette, ma solo Duchamp vi percepì un’opera d’arte. Se l’arte è
intuizione, è comunque un’intuizione con una gran parte di razionalità: basti pensare
all’astrattismo geometrico di Piet Mondrian, al pointillisme di Seurat.
La razionalità è persino divenuta elemento costruttivo di alcuni correnti contemporanee, dal
Dadaismo a Piero Manzoni. Nell’economia dell’arte si registrano contributi teorici e applicativi sia
dal pensiero economico che dagli studi artistici. Adam Smith scrisse alla fine del XVIII secolo saggi
sull’arte, ma i primi contributi organici in economia dell’arte risalgono ai lavori di William Baumol e
William Bowen (anni ’60). Ma non mancano artisti come Andy Warhol e Jeff Koons che si
dimostrarono sensibili al problema economico. Economisti come Goodwin e Abbing si sono
impegnati nell’arte in prima persona. Solo negli anni Novanta però l’economia dell’arte ha
raggiunto la dignità di un settore dell’economia politica.
I temi che tradizionalmente compongono l’economia dell’arte riguardano molti aspetti della
cultura e si suddividono in:
Visual Arts ovvero tutto ciò che può essere esposto ed è apprezzato con la vista, quindi
dalla pittura alla scultura.
Performing Arts: dallo spettacolo, alla musica, al cinema, dall’opera e al balletto.
Cultural Heritage: il patrimonio tangibile ed intangibile espressione e manifestazione della
cultura di un popolo.
Fine arts: tutti quei segmenti di oggetti da collezione che soddisfano il bisogno estetico di
una nicchia di mercato e hanno ad una funzione simbolica (antiquariato, gioielli, tappeti,
orologi).
- Studi sul mercato privato dell’arte (quotazioni, formazione del valore, valutazione della
redditività)
- Tentativo di definizione e calcolo di numeri indice sul mercato dell’arte
- Ricerche sulla domanda di cultura e sulle dinamiche ed evoluzione dei mercati culturali
- Analisi degli investimenti culturali
Interessate è una ricerca sulla diffusione dell’arte contemporanea italiana all’estero (Sacco,
Santagata, Trimarchi) scaturita dalla collaborazione tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali
e l’Università di Torino. Nel campo delle performing arts troviamo molti contributi di analisi
empirica per la stima della funzione di domanda. I temi economici tipici dei cultural heritage sono
le politiche e i costi per la loro conservazione, tutela e valorizzazione, ma anche gli obiettivi e gli
strumenti del suo sostegno tramite il finanziamento pubblico o privato. Lo studio dell’economia
dell’arte è stato istituzionalizzato dalla Association for Cultural Economics International (ACEI).
Interessante dal punto di vista editoriale è Art Montly e a livello nazionale Economia della Cultura.
Si osserva una crescente attività delle multinazionali di management consoulting, quali ad esempio
The Boston Consoulting Group, che aiutano importati istituzioni culturali, applicando le
metodologie di strategia e organizzazione per i clienti aziendali, si occupano di pianificazione
strategica, aumento dei ricavi, strategie di marketing e found raising.
Lo sviluppo dell’economia creativa L’economia attuale è fatta di mercati iper competitivi, dove
è sempre più difficile differenziarsi dalla concorrenza. Tutto o gran parte di quello che acquistiamo
è sostituibile. La competitività si gioca sulla capacità di innovare, di creare le condizioni ideali per
ottenere risultati straordinari con risorse ordinarie.
Conoscenza, immaginazione ed intuito (creatività) sono oggi le risorse che le imprese considerano
più preziose. Bisogna sottolineare il fenomeno della sostituzione degli input materiali (conoscenza
e lavoro creativo) con quelli immateriali (p. 23). Definite quattro categorie di risorse: capitale
fisicoo K, risorse naturali RN, lavoro L e conoscenza C, assegnato un valore pari a 100 all’impiego
complessivo di risorse necessarie per ottenere una unità di Pil, è possibile rappresentare con valori
ipotetici attribuiti alle quattro categorie, il cambiamento della composizione percentuale nell’input
di fattori produttivi associabili al passaggio da una economia pre-industriale ad una economia
fondata sulla creatività. Il significato della sostituzione tra fattori produttivi amplia il ruolo della
conoscenza e del lavoro creativo nell’organizzazione economica e dunque il passaggio da
un’economia che produce beni tangibili ad un’economia dematerializzata, in cui la creatività è
risorse e fattore determinante del successo e del potere economico delle imprese degli agenti
economico sociali.
L’origine della creatività individuale Secondo lo psichiatra Arieti, la creatività è una continua
battaglia tra livello inconscio e conscio. De Masi aggiunge al livello verticale (conscio- inconscio) un
livello orizzontale che va dalla dimensione emotiva e razionale. Per De Masi la creatività è sintesi di
fantasia e concretezza.
Nelle aste del 2010, il record di vendita sta a Picasso con 95 milioni di dollari per Nude, Green
Leaves and Bust, seguito da Giacometti, Modigliani, Warhol.
Analisi comparata del potenziale innovativo dei principali paesi Con l’avvento dell’economia
post industriale che privilegia la produzione di valore aggiunto di natura immateriale, la
competitività dei paesi sembra essere influenzata dalla capacità di innovare.
L’economia postindustriale prevede investimento in ricerca, produzione di brevetti, disponibilità
di capitale umano qualificato. L’economia dell’intangibile richiede come precondizioni necessarie
una società aperta, tollerante e orientata all’innovazione.
Lo studio Innovation Union Scoreboard 2010 realizzato per la Commissione Europea valuta, in
relazione a vari indicatori, il grado di innovazione delle nazioni del UE. Gli indicatori si raggruppano
in tre categorie:
Il valore economico della cultura in Italia Il settore creativo e culturale contribuisce al Pil
europeo per 2,6% e impiega 5,8 milioni di occupati. In Italia, il settore culturale contribuisce al Pil
per quasi 40 miliardi di euro (2,6% Pil) ed è uno dei paesi con il più alto numero di lavoratori
(550.000) in questo settore.
L’Italia possiede il più ampio patrimonio culturale a livello mondiale con 3.400 musei, 2.100
parchi/aree archeologiche e 43 siti Unesco. Secondo Unesco però il RAC (ritorno sugli asset
culturali) ovvero il rapporto tra ricavi e siti Unesco è per l’Italia molto inferiore rispetto a quello
degli altri paesi. Una ricerca Confcommercio fa emergere che quasi il 70% delle imprese nazionali
ritiene il nostro patrimonio culturale una risorsa competitiva non sfruttata in maniera efficiente. In
Italia la spesa pubblica per la cultura è tre volte inferiore a quella dei paesi europei ed è in
costante flessione. Negli ultimi 10 anni il calo è stato pari a -33%. Il moltiplicatore
dell’investimento in Italia è pari al 23,3%, il secondo migliore in Europa, e quindi la cultura in Italia
ha un enorme potenziale economico.
Il sistema delle arti visive è composto dall’insieme degli agenti economico-sociali che operano nel
settore culturale-creativo e che:
- Hanno una funzione di produzione nel quale il fattore umano (creatività) è fondamentale
- Si basano sull’esistenza di una qualche forma di proprietà intellettuale
- Producono un output culturale unico
- Soddisfano un bisogno di distinzione a carattere estetico e culturale
Il sistema delle arti visive è un cluster di operatori di importanza e peso variabile, tra loro
strettamente interconnessi, che offrono, con finalità diverse (commerciali o culturali) ed in
strutture apposite (gallerie, casa d’asta, fiere, musei, fondazioni) beni di lusso ad alto contenuto
simbolico, atti a soddisfare un bisogno estetico e culturale che il consumatore manifesta quale
alternativa nell’utilizzo del suo potere economico.
Il comparto dei Beni culturali in Italia coinvolge 900 mila aziende. La domanda di beni e servizi
funzionali al sistema dell’arte origina da quattro categorie di agenti economico-sociali:
collezionisti privati
imprese
enti pubblici
istituzioni culturali
funzionali: l’individuo prova una tensione causata da un bisogno. L’arte soddisfa un bisogno
funzionale se viene acquistata con intenti decorativi o speculativi
culturali: l’arte soddisfa un bisogno educativo
simbolici: si riferiscono al significato che il prodotto ha a livello psicologico, scoiale e
semiotico
emotivi: legati al desiderio di un’esperienza stimolante
Il consumo di beni artistici soddisfa bisogni di vario genere. Si possono individuare quattro
motivazioni che spingono al consumo nel mercato dell’arte contemporanea. La prima è la
necessità di arredare la casa ad esempio (decorativa). Ci sono poi il bisogno di comunicare
prestigio e il bisogno culturale di rappresentazione di sé. Infine c’è il bisogno speculativo e di
diversificazione del portafoglio in investimenti alternativi. Una parte della domanda artistica è
incanalata sui mercati da imprese specializzate nella consulenza artistica (art advisory).
La catena del valore Il concetto di filiera permette di evidenziare i differenti stadi del processo
di valorizzazione del prodotto. Nel modello di Santagata, la filiera è divisa in quattro stadi:
Produzione
Distribuzione
Valorizzazione
Consumo
Natura economica dei beni artistici: da bene di lusso a bene di rifugio Un’opera d’arte può
essere definita come un oggetto unico, fatto manualmente con intento decorativo.
La classificazione del prodotto artistico dipende dal procedimento utilizzato (pittura, fotografia,
scultura), dal tipo di supporto, dalla dimensione, destinazione/funzione dei manufatti.
Sicuramente è un bene durevole. L’opera d’arte può essere considerata come un bene di rifugio:
una forma di prevenzione dall’inflazione e come l’oro è un investimento improduttivo utilizzato
per attività speculative. L’opera d’arte è inoltre un bene di lusso, perché il possesso è fonte di
prestigio sociale. Appartiene ad una particolare classe di beni simbolici che danno utilità al
possessore in virtù del fatto che possono essere collezionati ed esposti ed aumentano il loro valore
in misura inversamente proporzionale alla loro disponibilità sul mercato. Un’opera d’arte è quindi
multidimensionale. Si tratta di un prodotto dalla predominante valenza informativa, del tutto
priva di capacità funzionale, oggetto di valutazioni soggettive con una notevole componente
emotiva.
L’attività espositiva di un artista richiede elevati costi di capitale relazionale e ciò può costituire
una barriera per lo svolgimento dell’attività artistica. Le qualità e il valore dell’opera non possono
essere apprezzate finché non si conoscono le caratteristiche immateriali dell’opera.
Per la valorizzazione dell’opera è necessaria una team production, ovvero un team cooperativo di
agenti che apporta con la propria attività valore al prodotto artistico. Un'altra differenza tra
l’artista e l’impresa tradizionale è rappresentata dal fatto che l’incentivo all’innovazione deriva da
una forza interna che non viene ricompensata da benefici finanziari.
Per la maggior parte degli artisti, il solo reddito artistico è insufficiente. Una ricerca del 2008 per
conto di Terna mostra che solo il 32% degli artisti vive solo dell’arte, mentre il 70% svolge un’altra
attività. La soddisfazione personale è il principale driver motivazionale ricercato dagli artisti. Il
64% musica il proprio successo sul grado di soddisfazione personale. La carriera artistica non
sembra quindi né facile né remunerativa, ma appagante e il fattore auto-realizzazione è portante.
Il marketing degli artisti Il mercato dell’arte è sicuramente il parametro più quantificabile del
successo di un artista. Si ritiene che qualsiasi prodotto abbia un ciclo di vita: nascita, sviluppo,
maturazione e declino.
Si può applicare questo modello ai movimenti artistici. Vattese individua movimenti primari della
durata di 10-15 anni e secondari di 2-3. La prima fase prevede la formazione di un gruppo di artisti
intorno ad una figura e si lega ad una galleria. La seconda fase (2-3 anni) prevede l’intervento di
L’opera-aforisma di Maurizio Nannucci Tutta l’arte è stata contemporanea sottolinea il fatto che
anche i grandi maestri del passato sono stati un tempo artisti contemporanei. Il concetto di arte
contemporanea è oggi sfuggente.
Il dizionario dell’arte del Novecento definisce il mercato dell’arte contemporanea come un sistema
complesso e articolato a vari livelli (internazionale, nazionale, locale) e strutturato intorno al
sistema delle gallerie d’arte private, che rappresentano il circuito di produzione, diffusione e
vendita del prodotto artistico.
Il mercato dell’arte contemporanea è così esteso e complesso da poter essere considerato un
cluster di operatori di importanza e peso variabile che offrono con finalità diverse (commerciali o
culturali) e in strutture apposite (gallerie, case d’asta, fiere, musei, fondazioni) beni di lusso ad alto
contenuto simbolico atti a soddisfare un bisogno estetico e culturale che il consumatore manifesta
quale alternativa nell’utilizzo del suo potere economico.
L’arte contemporanea si manifesta in varie modalità: video arte, pittura, fotografia, scultura, arte
digitale, disegno, musica, performance, installazioni.
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È un mercato globale, formato da artisti viventi ma ormai storicizzati, le cui opere hanno
ampiamente circolato nel mercato secondario. Esempi: Pistoletto, Rauschenberg, Baldessarri. È un
mercato concentrato, con alte barriere all’ingresso, controllato da pochi operatori e poche gallerie
(come la Larry Gagosian con numerose filiere nel mondo, la Sprüth Magers a Londra e Berlino)
2. Mercato Avant-Garde
Il mercato Avant-Garde è formato dagli artisti emergenti più quotatati, gestiti a livello
internazionale dalle gallerie più potenti ed esclusive, presenti alle principali fiere di arte
contemporanea internazionali (Art Basel, Frieze, Arco, Fiac), la cui produzione non risale oltre 20
anni e le cui opere iniziano a circolare nel mercato secondario. Questo mercato, seppur di nicchia,
ha un forte impatto commerciale e può procurare grossi guadagni ma anche perdite. Si concentra
nei centri artistici di maggior rilievo: New York, Londra, Berlino, Colonia, Parigi. è un mercato
oligopolistico controllato da poche decine di operatori in grado di determinare le tendenze
emergenti.
3. Mercato Alternative
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È quel segmento di mercato che si occupa della vendita, in ambito locale, di quadri per
l’arredamento, nel quale l’attività commerciale è prevalente su quella culturale. Sono prodotti
unbranded, acquistabili in magazzini e department store.
Una ricerca di Arts Economics del 2010 mostra che sono stati spesi nel settore dell’arte quasi 11
miliardi di euro per servizi secondari. Per i galleristi, le voci che incidono di più dopo le spese per le
fiere sono quelle per conservazione e restauro seguito da pubblicità e marketing.
A livello europeo l’impatto economico diretto del mercato dell’arte è stato di 3,8 miliardi di euro.
Un’altra importante esternalità positiva del mercato è il turismo culturale, anche perché i visitatori
di fiere, aste ed eventi culturali sono tra i turisti con il più alto potere d’acquisto.
Editoria Tra le riviste che si occupano del mercato Avant-Garde la più accreditata e l’americana
Artforum seguita da Flash Art (nata nel ’67), presente anche nella versione International e altre
versioni locali. Art-news è invece rivolta ad un pubblico più ampio. Interessante Art Economy 24,
supplemento settimanale de Il Sole24.
Le fiere Le fiere si sviluppano negli anni Settanta e rappresentano il risvolto più marcatamente
commerciale del mercato dell’arte. Il vantaggio è sicuramente il contatto da parte del pubblico con
moltissime gallerie e da parte delle gallerie, il contatto con tantissimo pubblico. Le fiere
rispecchiano artisti, mercati nazionali, tendenze, sviluppo, quantità di denaro circolante nel mondo
dell’arte. Le più importanti fiere sono Art Basel, Armory Show di NY, Frieze di Londra, Arco Madrid,
ma anche Art Forum di Berlino, MiArt (30.000 visitatori).
L’arte contemporanee ha eletto al fiera a istituito più idoneo per rappresentarla anche dal punto
di vista commerciale, hanno di fatto sostituito le tradizionali mostre periodiche (Biennale,
Documenta) nel compito di selezionare e presentare le nuove espressioni della creatività. Non è
facile partecipare a queste fiere: riesce in media circa il 30% dei richiedenti. Inoltre, il costo medio
di una fiera per un gallerista supera tranquillamente i 25.000 euro.
Gli art advisory e i servizi offerti L’art advisory è il consulente esperto d’arte, solitamente attivo
all’interno di una struttura di art banking. Oltre alla competenza specifica in ambito artistico,
conosce le regole del mercato ed i suoi prezzi. Una società di art advisory fa valutazioni e stime,
expertise (esatta attribuzione di valore in relazione all’analisi storico-critica dell’opera), perizie
assicurative, inventari e catalogazioni, gestione e valorizzazione, consulenza fiscale e legale,
divisioni matrimoniale, conservazione e restauri.
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I caratteri strutturali del mercato Il settore delle arti si presenta come un settore
frammentato con numerose piccole organizzazione e non offre possibilità di concentrazione. Non
esistono barriere all’entrate, non si possono attuare economie di scala e un vantaggio competitivo
dipende essenzialmente da una reputazione positiva.
L’offerta è rigida, non espandibile e scarsa nel mercato Classical Contemporary; rigida per motivi
strategici ma più consistente nel mercato Avant-Garde; in continua espansione anche se
condizionata da sistemi oligopolistici nel mercato Alternative e quasi concorrenziale nel mercato
Junk. Nei mercati Avant-Garde e Alternative si tende di sfruttare monopolisticamente il mercato.
Una caratteristica del mercato dell’arte contemporanea è pertanto la minimalità: ogni mercato
presenta pochi grandi collezionisti e pochi galleriste, poche opere in circolazione a prezzi altissimi.
La seconda caratteristica dei mercati delle arti visive riguarda le attività speculative: il tasso di
rendimento annuo a dallo 0,6% di Baumol al 3,9% di Candela. Le attività speculative sono meno
rilevanti nel mercato Classical Contemporary poiché ha quotazioni più stabili, hanno una grossa
importanza nel mercato Avant-Garde.
La terza caratteristica distintiva è il problema dell’asimmetria informativa. Gli artisti devono
convincere i galleristi a investire su di loro, mostrando continuità e regolarità nel lavoro. Un
contratto tipico assicura all’artista una retribuzione fissa. Nel segmento Classical Contemporary
sono particolarmente importanti i problemi di asimmetria informativa tra gallerista e collezionista:
il potere informativo del gallerista è enorme.
I problemi di asimmetria informativa Una delle caratteristiche economiche dei beni artistici è il
loro essere beni informazione. Ciò può determinare un’elevata asimmetria informativa tra
acquirenti e venditori. Le opere d’arte sono beni unici e quindi godono di una situazione di
naturale scarsità. Gli scambi effettuati nei mercati dell’arte contemporanea sono caratterizzata
dalla presenza di elevati costi di transazione, dovuti alla necessità di acquisire una varietà
d’informazioni. Si tratta di informazioni critiche (valutazioni) e di informazioni più puramente
economiche.
Il prezzo come indicatore della qualità nel mercato dell’arte contemporanea In molte
transazioni, il potenziale acquirente non dispone della capacità cognitiva e dello stock
d’informazioni necessarie per valutare le caratteristiche qualitative di un bene. Questa situazione
di asimmetria informativa è tipico del mercato dell’arte contemporanea, la cui qualità non è
valutabile dell’acquirente né prima né dopo l’acquisto per carenza di conoscenze tecniche-
culturali. In questa situazione di asimmetria informativa, il collezionista può formarsi aspettative
razionali circa la qualità dell’opera utilizzando il prezzo come informazione sostitutiva.
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Certificazione della qualità attraverso i premi Il primo ad essere introdotto nel 1984 con
l’obiettivo di promuovere la conoscenza dell’arte contemporanea è stato il Turner Prize,
paragonabile ad un Oscar nel settore cinematografico. Il Turner Prize viene organizzato
annualmente sotto la supervisione del Tate Gallery di Londra (Nicholas Serota), con un premio di
25.000 sterline al migliore tra i giovani artisti inglesi. Organizzato dal Guggenheim di New York è
invece l’Hugo Boss Prize, che presenta artisti emergenti ed è sponsorizzato con 100.00 dollari dalla
nota casa di moda maschile.
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La selezione degli artisti Oggi ci sono milioni di aspiranti artisti. A fronte di un’offerta
abbondante vi sono risorse ed opportunità estremamente limitate a causa della scarsità degli spazi
pubblici, delle dimensioni ridotte del mercato e dei costi che devono essere sostenuti. Uno degli
aspetti più rilevanti del funzionamento del sistema arte contemporanea è quello della selezione.
Solo pochi riusciranno a raggiungere il mercato Avant-Garde e solo una parte di questi parteciperà
alle manifestazioni internazionale. Il processo di selezione è caratterizzato da un fenomeno di
density-dependence, la cui cumulatività determina le probabilità di affermazione del singolo
artista.
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L’asta è un meccanismo di scambio delle risorse in cui il venditore cerca di ottenere il maggior
profitto possibile dalla vendita e il compratore cerca di assicurarsi il bene al minor prezzo possibile.
Si tratta di un sistema di vendita più efficiente se il bene è attribuito a chi lo valuto maggiormente.
Esistono due tipi di aste: per l’acquisto e per la vendita. Nelle aste per l’acquisto c’è un solo
acquirente e più venditori. Nelle aste per la vendita vi è un unico venditore e più acquirenti
potenziali. Quando il bene è raro, al venditore conviene offrire il bene attraverso l’asta piuttosto
che fissandone l prezzo perché riesce a massimizzare i profitti, vendendolo alla persone che lo
valuta.
Asta inglese: il banditore fornisce un prezzo di partenza e i partecipanti fanno delle offerte
di rilancio. Si richiede per lo più al bidder di essere presente all’asta direttamente o tramite
mandatario.
Asta olandese: il banditore parte da un prezzo elevato che si riduce progressivamente. Si
aggiudica il bene chi per primo ne blocca la discesa.
Asta al primo prezzo con offerte segrete: nella prima fase, i partecipanti fanno le offerte a
buste chiuse, poi vengono rese note le buste e si aggiudica l’asta l’offerta più alta.
Esiste poi l’asta al secondo prezzo con offerte segrete: l’unica differenze rispetto al
modello precedente sta che il vincitore è sì colui che ha offerto il prezzo più alto, ma
corrisponde del prezzo immediatamente inferiore al suo.
Le strategie degli operatori nelle aste di dipinti I partecipanti ad un’asta di dipinti possono
avere diverse strategie, soprattutto a seconda degli obbiettivi del bidder. Le diverse tipologie di
acquirenti possono essere suddivise in:
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Il prezzo d’incanto o base d’asta è quello da cui iniziano le offerte ed è deciso dalla casa d’asta,
solitamente è significativamente inferiore al prezzo di stima. Il prezzo di incanto è inferiore al
prezzo di riserva per innescare un meccanismo competitivo che fa crescere le offerte.
Il prezzo di riserva è stabilito in maniera segreta tra la casa d’asta e il venditore. Il bene non è
venduto (Buy-in) finché non si supera il prezzo di riserva.
Il prezzo di aggiudicazione corrisponde a quello d’acquisto, mentre il prezzo di stima è quello che
si suppone essere il prezzo di mercato.
Il prezzo di stima può influenzare il prezzo di aggiudicazione del bene. Un prezzo di stima basso
pubblicato sul catalogo prima dell’asta potrebbe da un lato invogliare all’offerta numerosi bidders
e dall’altro potrebbe generare la sensazione di spendere troppo. Nel caso di giovani artisti con
quotazioni poco consolidate può essere che esistano due tipi di quotazione, l’auction price e il
market price.
Il giro d’affari nel mercato delle aste dei beni artistici Nel 2010 il mercato dell’arte è
fortemente cresciuto soprattutto in Inghilterra e America, ma anche nei mercati asiatici e in Cina.
Uno studio di Arts Economics del 2009-2010 dimostra che le vendite di opere d’arte hanno
realizzato a livello globale 43 miliardi di euro, di cui quasi il 50% avviene alle aste.
La Cina, con una quota di mercato del 33%, è diventato il primo paese al mondo nelle vendite
all’asta e ben 4 artisti cinesi si trovano ai primi posti nella classifica annuale di Artprice dei
principali artisti per ricavi d’asta (Ql Baishi, Zhang Daqian, Xu Beihong, Fu Baoshi).
Christie’s e Sotheby’s dominano il mercato, seguito dalle cinesi Poly International e China
Guardian.
La pittura resta il segmento più quotato dell’arte contemporanea. Artprice stabilisce che tra 2009-
2010 hanno rappresentato quasi il 70% dei ricavi d’asta totali dell’arte contemporanea. L’interesse
dei più grandi collezionisti si è spostato verso la pittura figurativa americana e cinese, a scapito
delle opere europee. Nella classifica di Artprice gli artisti più quotati sono: gli americani Jean-
Michel Basquiat, Richard Prince, Christopher Wool e Keff Koons, seguiti da 3 cinesi (Zeng Fanzhi e
hou Chunya), e 3 europei (Peter Doig, Damien Hirst, Martin Kippenberger.
Per quanto riguarda la scultura, oggi gli artisti si esprimono in maniera estremamente variegata.
Nel 2010 la top dei principali scultori per ricavi in case d’aste erano Anish Kapoor, Jeff Koons e
Cattelan, accompagnati da 2 artisti cinesi.
La video arte si sviluppa negli anni Sessanta e Settanta, ma il suo collezionismo non è ancor molto
diffuso. Solo negli anni Novanta la video arte ha assunto dignità di linguaggio espressivo
autonomo.
Per quanto riguarda la fotografia, la sua ascesa nel mercato delle aste è stata molto rapida a
partire dagli anni Novanta. La fotografia rappresenta attualmente il 7% dei ricavi d’asta totale
dell’arte contemporanea. Tra i fotografi più apprezzati soprattutto i fotografi tedeschi come
Andreas Gursky, Thomas Ruff, Hilla Becher, seguito dagli americani Cindy Sherman e Richard
Prince.
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Germania: Acquisti in galleria e dall’artista con aliquota ordinaria del 7%, al 19% su foto, video,
serigrafie (considerate opere multiple). Importazione del 7% su opere uniche e 19% sui multipli.
Esportazioni nei paesi extraeuropei senz’iva. Il diritto di seguito è stato introdotto nel ’65 e si
applica per scaglioni su prezzi superiori ai 400e.
Gran Bretagna: Acquisti in galleria e dall’artista del 20%. Importazioni 5%. Esportazioni: senza.
Diritto di seguito: introdotto nel 2006, per scaglioni, superori a 3000 euro.
Italia: Acquisti in galleria con aliquota ordinaria del 20%. Acquisti dall’artista: 10%. Esportazioni:
senza. Diritto: introdotto 2006 per prezzi superiori a 3000 e massimo di 12.500.
Australia: acquisti in galleria con 10%. Importazione 10% se > a 1.000 dollari. Esportazione: senza.
Cina: acquisti con aliquota del 17% per grandi gallerie, mentre 3% per piccole aziende.
Importazione con aliquota del 17%, più dazio doganale del 12-14% su dipinti e sculture.
L’importazione è soggetta all’autorizzazione del Ministero della Cultura che limita le opere che
violano la costituzione cinese. L’esportazione è limitata e sono necessarie certificazioni delle
autorità. Non si applica il diritto di seguito.
Dubai: non si applica tassazione all’acquisto o per esportazione, 5% di dazi doganali per
esportazioni.
Svizzera: acquisti in galleria con aliquota del 8%, dall’artista senza iva. Importazioni 8%, no costi
per esportazioni né diritto di seguito.
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Dovrebbe esserci una stretta correlazione tra il valore storico/culturale di un artista e il suo valore
di mercato: più alto è il prezzo, più è significativo il ruolo dell’artista. Ma in realtà non è così: la
storia dell’arte è piena di grandi artisti che hanno stentato a farsi apprezzare dal mercato, uno tra
tutti Van Gogh. Baumol descrive la determinazione dei prezzi delle opere d’arte come un flating
crap game, poiché i prezzi non sono ancorati ad alcun elemento oggettivo.
Le variabili che influenzano le quotazioni Non esistono regole consolidate alla base della
valutazione di opere d’arte: le fluttuazioni dei prezzi sono continui e imprevedibili. Tra i criteri che
presiedono alla determinazione del valore sono fondamentali la reputazione dell’artista,
l’attenzione a lui riservata da stampa e critica.
Il branding indica nel marketing, le tecniche utilizzate per creare, gestire e sviluppare un marchio e
renderlo più forte e attraente, aggiungendo valore ai prodotti.
Nel mondo dell’arte contemporanea esistono galleristi di brand (Larry Gagosian), musei di brand
(Tate, Moma, Guggenheim), case d’asta di brand (Christie’s) e artisti di brand (Cattelan, Hirst,
Koons).
L’identità degli artisti si definisce in relazione ai due elementi: identità storica e stilistica.
L’identità storica rappresenta uno degli asset più importanti di un’artista. Un artista comincia a
diventare un brand quando ottiene attraverso critiche, premi, riconoscimenti la sua legittimazione
nel sistema dell’arte. L’identità stilistica è determinata dall’insieme di codici stilistici che ne
caratterizzano in modo continuativo la produzione: possono essere forme, colori, materiali,
concetti. Un artista comincia a diventare un brand quando il suo nome evoca nell’immaginario
collettivo le caratteristiche del proprio lavoro.
Nel mercato dei dipinti, il valore di un’opera è generalmente dato dal prodotto tra la somma della
base e dell’altezza del dipinto moltiplicato per un coefficiente compreso tra 1 e 10 in base
all’importanza dell’artista.
Il mercato della scultura è più ristretto rispetto a quello di pittura e fotografia e si registra
un’enorme differenza di prezzo tra multipli e originale.
Un altro fattore determinanti per la quotazione è la data di esecuzione: sono più ricercati i lavori
della fase più creativa dell’artista. È necessario privilegiare opere adattate agli spazi domestici,
laddove opere di dimensioni troppo grandi sono più difficili da rivendere.
Conta poi la storia dell’opera stessa: sono di maggior pregio ovviamente le opere esposte in
mostre di rilievo o che hanno suscitato l’interesse della critica.
Il sistema dei media e la spettacolarizzazione dell’arte Accanto ai dati oggettivi, ci sono quindi
alcuni aspetti che condizionano notevolmente i prezzi dell’arte contemporanea: in primis la critica
e i media. Il lavoro di alcuni critici-sponsor è fondamentale per creare il brand di un artista, basti
pensare ad alcuni gruppi dell’avanguardia novecentesca come il Surrealismo e Breton, Marinetti e
il futurismo.
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Mercato dell’arte ed economia dello star system Con il venir meno dei tradizionali criteri di
giudizio dettati dalle accademie, la valutazione della produzione artista contemporanea ha
cominciato a dipendere da strategie di mercato sempre più raffinate, facendo prevalere sul valore
intrinseco dell’opera il valore aggiunto derivante dal brand del suo creatore. Le quotazione di
artisti come l’afro americano Jean-Michel Basquiat, morto per overdose, del graffitista Keith
Haring morto di Aids o di Jeff Koons, ex compagno di una pornostar eletta a sua musa, sono salite
in maniera proporzionali alle provocazioni o al mito che gli artisti hanno saputo creare intorno a
sé. Secondo lo stesso Koons ciò che fa un’opera d’arte è il suo prezzo-
Il modello di Rosen spiega il reddito degli artisti in relazione al loro talento ed è identificato anche
come modello della Superstar. Lo scopo del modello è spiegare perché esistono un numero
relativamente basso di artisti che guadagnano cifre enormi e dominano il mercato. Il modello di
Rosen è stato ripreso da Adler negli anni Ottanta per spiegare come il consumatore d’arte non sia
portato alla varietà di consumo. Secondo Adler, l’esistenza di celebrità nel mercato dell’arte deriva
dalla necessità dei consumatori di condividere una cultura e dei simboli. La creazione di una star
comincia quando, all’interno di un gruppo di artisti, i consumatori eleggono a casa un nuovo
artista da aggiungere al paniere di consumo. I consumatori hanno quindi bisogno di una cultura
comune e simboli da condividere.
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Gli effetti delle esternalità di rete nel mercato dell’arte contemporanea Si può affermare che
la domanda di opere d’arte contemporanea sia caratterizzata da esternalità di rete indirette dal
lato della domanda. Significa che l’utilità (quindi la disponibilità a pagare) dei collezionisti dipende
positivamente dal numero di prestigiose ed influenti collezioni nelle quali l’artista è già inserito.
Si dice esternalità diretta quando il numero di utenti che adotta il bene influisce sull’utilità
dell’individuo per il fatto che può interagire con più persone: esempio fax, telefono, mail,
software. Si parla anche di economie di scala dal lato della domanda. Sono invece effetti di rete
indiretti quando l’utilità dell’utente dipende dalla maggior attenzione che il proprio prodotto
riceve se diffuso estensivamente.
Si parla di un prodotto che esibisce esternalità di rete quando, per il singolo acquirente, il valore
del prodotto dipende dal numero di utenti che fanno uso dello stesso prodotto. Se essere l’unico
collezionista di un determinato artista può accrescere l’utilità privata (il piacere di ammirare quel
quadro), l’utilità sociale cresce invece al crescere dei collezionisti famosi che apprezzano e
condividono l’interesse per quell’artista e appartengono quindi a duna ristretta elite culturale.
L’influenza dell’esternalità di rete sulla domanda è definita e rappresentata dal modello di
Leibenstein (p.124). Con l’aumentare del numero dei collezionisti, la curva della domanda è
crescente fino a quando l’aumento dei collezionisti non provoca la svalutazione dell’artista e
quindi il sorgere di un effetto-snob (esternalità negativa). Se il prezzo scende entro un certo limite,
la quantità domandata aumenta per l’effetto convenienza garantito ai collezionisti. Al crescere
della circolazione delle opere nelle collezioni pubbliche e private famose, si ha un effetto di auto-
rafforzamento dell’artista (effetto-celebrity).
La rilevanza delle interazioni sociali e delle convenzioni estetiche nella creazioni di poli informativi
è stata sottolineata da diversi economisti, secondo i quali le gerarchie degli artisti possono
rappresentare i gusti delle più efficiente reti di operatori dotati di informazioni nel mondo
dell’arte. Entro un certo numero di collezionisti si verifica quindi l’effetto-elite (esternalità
positiva), mentre l’esternalità diventa negativa oltre un certo numero di collezionisti perché sorge
l’effetto-snob.
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La promozione dell’arte contemporanea in Italia L’Italia è una delle poche nazioni europee a
non aver mai elaborato una politica espressamente dedicata al contemporaneo. Il settore dell’arte
contemporanea in Italia è carente e frammentato. Si possono citare: il Castello di Rivoli, il Gam di
Torino, il Mart di Rovereto, il Macro e il Maxxi di Roma, il Pac (Padiglione di A.C.) di Milano e il
Madre di Napoli. Nessuna di questa istituzione ha però saputo ottenere credito internazionali.
Molte grandi mostre organizzate da centri come il Pompidou e il Moma spesso non arrivano
neanche in Italia. Lo Stato si concentra fondamentalmente sull’eredità del patrimonio culturale.
L’utilizzo della cultura come leva di marketing Associare il proprio marchio all’arte è
fondamentale nei nuovi scenari dell’economia dell’intangibile, dove la competizione si gioca sulle
idee e sulla capacità di associare il prodotto a nuovi mondo di senso.
L’investimento in arte si configura quindi come una risorsa strategica. L’arte può diventare una
strategia di comunicazione dell’immagine aziendale fortemente caratterizzate, in grado di
arricchire brand e prodotti di nuovi valori.
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- Differenziarsi dalla concorrenza e posizionare l’impresa: Absolut Vodka che chiamò diversi
artisti a lavorare sulla famosa bottiglia
- Lanciare nuovi prodotti attraverso la collaborazione diretta di artisti allo studio e alla
creazione di nuove linee di prodotto
- Aprire nuovi business e guadagnare l’attenzione di nuovi target
Le caratteristiche della domanda I beni non sono acquistati e utilizzati solo per la loro utilità
intrinseca (ovvero la capacità di soddisfare un bisogno materiale), ma anche per le numerose
connotazioni che rivestono all’interno di un ambiente culturale. Il bisogno di collezionare opere
d’arte scaturisce dall’esigenza di autoaffermazione della propria personalità, attraverso un
processo di materializzazione dei valori artistici. In quanto bene di lusso, i beni artistici sono anche
espressione del capitalismo avanzato e di una società postindustriale. La domanda collezionistica
originale da 4 categorie di agenti economico sociali: collezionisti privati, imprese, enti pubblici e
istituzioni culturali.
Stima della funzione di domanda La domanda di un bene è la relazione che spiega da che cosa
dipende il consumo di quel bene. La domanda di opere d’arte è condizionata da tutta una serie di
variabili: innanzitutto il vincolo di reddito spendibile (ovvero l’ammontare monetario messo a
budget per il consumo di beni di lusso, tra cui le opere d’arte) e i prezzi dei bene sostituti.
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Teorie sul consumo dei beni artistici e sul fenomeno della dipendenza razionale Secondo la
teoria economica il consumatore razionale massimizza l’utilità sulla base di preferenze stabili.
Gli individui sviluppano dipendenze anche rispetto ad attività e realtà quali il lavoro, il cibo, l’arte,
un certo tenore di vita. Economicamente, si dice che l’utilità marginale di tali beni o persone
aumenta con il tempo. La comprensione e dunque l’apprezzamento dell’arte contemporanea
dipende dal tempo destinato all’arte e quindi implicitamente dalla formazione del gusto e dal
capitale umano. La dipendenza che si crea nei confronti dell’arte, diminuisce il prezzo della
comprensione artistica e aumenta la produttività del tempo dedicato al consumo di arte.
Il consumo corrente implica un trade off: l’utilità marginale del consumo corrente aumenta
all’aumentare dello stock (ovvero del consumo passato); dall’altro l’utilità marginale dello stock è
negativa a causa dell’effetto assuefazione. Il reinforcement si verifica quando un più ampio stock
di consumo passato aumenta l’utilità marginale del consumo corrente e ciò lo fa aumentare. Le
abitudini sono benefiche se ad un aumento del consumo presente corrisponde un aumento
dell’utilità futura, come succede per il consumo culturale.
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La domanda privata Il collezionista d’arte è un privato che svolge un’attività di raccolta di opere
per soddisfare motivi diversi: passione, prestigio personale, interesse culturale, godimento
estetico, investimento economico e altre logiche. Ci sono collezionisti filantropi che hanno aperto
fondazione, come i magnati dell’immobiliare di Miami (Rubell o de la Cruz) che hanno trasformato
magazzini e depositi merci in veri e propri musei privati aperti al pubblico o come i coniugi Ullens
cui si deve la nascita nel 2006 della Ullens Center for Contemporary Art.
I collezionisti vengono distinti sulla base dell’incidenza sul mercato dell’arte in due categorie:
piccolo-medi collezionisti e grandi collezionisti. Nel primo gruppo rientrano individui che
spendono importi abbastanza limitati e che si possono dividere in conservatori (che investono per
artisti con quotazioni abbastanza stabili) e innovatori (sensibili al fascino della novità). Nel 2011 la
rivista americana ARTnews ha individuato i collezionisti più prestigiosi al mondo: al primo posto i
coniugi Arnault, seguito da Black, Broad, all’8 posto Pinault. I collezionisti più potenti riescono a
condizionare il mercato favorendo, con acquisti consistenti e a prezzi bassi, l’affermazione di
qualche giovane artista emergente, spesso diventando punti di riferimento per altri collezionisti e
curatori. I Rockfeller finanziarono il Metropolitan e furono cofondatori del Moma. In Italia
personalità importantissime sono Panza di Biumo, Gori, Riveltti.
- La prima categoria acquista per il piacere di godere delle opere, di conoscere gli artisti e di
vedere le mostre.
- Nella seconda tipologia rientrano coloro che acquistano come status symbol o come
investimento. Sono questi collezionisti che rendono attivo il mercato e che considerano le
opere d’arte come delle commodities.
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La JP Morgan Chase Art Collection prese avvio nel 1959, grazie al dirigente David Rockefeller che
si occupò di realizzare il programma di acquisizione della compagnia. La JP Morgan Collection è
sicuramente una delle più antiche, prestigiose e affermate raccolte al mondo, vantando dipinti di
arte moderna e contemporanea. Le opere sono più di 30.000, distribuite nelle 450 sedi della
banca. I valori comunicati dal gruppo attraverso la collezione sono: individualità, originalità,
diversità e innovazione. L’acquisto di opere per la collezione è finalizzato a prestiti temporanei ai
musei e alla creazione di partnership con istituzione artistiche e culturali.
UBS : Dell’Unione Banche Svizzere, nasce nel ’45 e raccoglie oggi 900 opere.
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ING Group: Si tratta dell’unione di sette collezioni provenienti da tutto il mondo. Il gruppo
bancario, oltre ad esporre i propri beni negli uffici e nelle sedi, organizza esposizioni e collabora
con musei, prestando opere.
Deutsche Bank : La Deutsche Bank lancia la sua collezione nel 1945 e oggi consta di più di 56.0000
opere d’arte collocate in 911 sedi in 48 paesi del mondo. I cinque poli espositivi permanenti sono
Francoforte, Londra, New York, Tokyo e Milano. le opere sono dei maggiori artisti internazionali
del Novecento. Uno dei concetti di base della DB Collection è Art at Work che esprime la filosofia
di inserire l’are nei luoghi di lavoro. nel 2007 è stata inaugurata la DB Collection Italy nella sede
della direzione generale della banca a Milano Bicocca, introducendo in Italia il concetto di Art at
Work. La DB promuove premi internazionali di arte contemporanea come il Premio Villa Roma e il
Kandinsky Prize per l’arte emergente rusca.
La fondazione Akzo Nobel: Akzo Nobel è una multinazionale olandese (Amsterdam) che va dai
prodotti farmaceutici elle materie plastiche ed è presente in più di 80 paesi. Ha avviato la propria
collezione nel 1995.
La Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT: La Fondazione della Cassa di Risparmio
di Torino nasce nel 2000 con l’intento di valorizzare il patrimonio artistico locale, raccoglie 650
opere degli ultimi 70 anni e collabora con il GAM di Torino e il Castello di Rivoli.
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Le caratteristiche reali Le opere d’arte sono per loro natura uniche, diversamente da altri beni
mobili e dall’oro. I loro scambi non hanno una precisa collocazione geografica. È difficile
individuare il bene d0’arte in classi omogenee e presenta un’alta indivisibilità del valore.
Indici per la valutazione degli investimenti in rete Il problema della valutazione dei rendimenti
in arte ha portato negli ultimi anni all’elaborazione di numerosi indici che cercano di rispondere
all’esigenza di monitoraggio costante del mercato. Consentono di valutare oscillazioni medie dei
prezzi, studiare tendenze di lungo periodo e confrontare questo mercato con quelli azionario,
obbligazionario ed immobiliare.
- Il metodo della doppia vendita considera i prezzi rilevati in vendite successive della stessa
opera.
- Il metodo delle vendite ripetute: prende in considerazione le variazioni di prezzo subito in
più passaggi d’asta
- Metodo del dipinto medio: propone il prezzo medio di dipinti in relazione ad un
determinato criterio
- Metodo del dipinto rappresentativo: campione rappresentativo del mercato
- Metodo della regressione edonica: ipotizza che la dinamica del prezzo di un dipinto sia
costituita dall’andamento complessivo del mercato aggiustato per l’effetto esercitato dalle
numerose caratteristiche che identificano e rendono unico il dipinto.
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I fondi di investimento in arte Esistono diversi modi di investire in arte, ma quello più
frequente è l’acquisto diretto di un’opera d’arte, ma richiede una conoscenza approfondita
dell’artista e delle sue opere. Per gli investitori che ne sono privi sono nati dei fondi di
investimento in arte e possono essere chiusi, private o hedge e contengono un paniere di opere.
Benchmark di riferimento di questi fondi sono indici come il Mei-Moses, Artmarket Research,
Artprice. Le tipologie di fondi in circolazione sono 2: a lungo termine (10 anni) con lock up da 3-5
anni e diversificazione su tutto il periodo della storia dell’arte, e gli speculativi a breve termine (5
anni) che puntano sul contemporaneo. Il principale problema di questi fondi è il rischio di conflitto
di interesse. Inoltre molti fondi di investimento in arte hanno fallito con la crisi finanziaria globale,
basti ricordare il caso del Trading Art Fund che è andato in liquidazione nel 2009, sebbene avesse
come consigliere il noto collezionista di arte contemporanea Charles Saatchi.
Nel 2011 la banca americana Merchant Bank ha lanciato il Contemporary Art Found.
L’assimilazione dell’arte a un’attività finanziaria da parte di alcuni soggetti ha portato alla nascita
di un nuovo modello: la borsa dell’arte. La Cina è una pioniera in quest’ambito con la SZCAEE
Shenzen Cultural Assets and Equity Exchange, vale a dire la borsa dei beni culturali di Shenzhen.
L’iniziativa è stata seguita da Pierre Naquin che ha lanciato l’Art Exchange in Francia.
L’arte può essere considerata a pieno diritto una forma di investimento. Bisogna però ricordare
che rappresenta un passion investment, incentrato sul valore emozionale, e che il suo mercato è
contraddistinto da asimmetria informativa e da una totale assenza di regolamentazione,
caratteristiche che possono costituire un terreno fertile per l’insider trading.
John Baldessarri: nato in California 1931, si compra alla Marian Goodman Gallery di Ny. Record
d’asta con Quality material del ’67-68 venduto da Christie’s per 2,8 milioni di euro nel 2007.
Fatturato del 2010: 3,2 milioni di euro.
Vanessa Beecroft: nata a Genova nel ’69, si compra a Milano, Napoli (Lia Rumma), Brescia, NY,
Londra, costa dai 20-75 mila euro (record 90 mila nel 2000), fatturato nel 2010: 225 mila euro.
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Gilbert e George: record d’asta To Her Majesty del ’73 a Christie’s di Londra nel 2008 per 2 milioni.
Si comprano a Londra, NY e Napoli, fatturato nel 2010: 1,9 milioni.
Jeff Koons: nato in Usa nel ’55, lanciato definitivamente dalla grande mostra del Gggenheuim di
NY nel 2002. Si compra alla Gagosian Gallery di NY, alla Galerie Max Hetzler di Berlino. Record
d’asta Baloon Flower (Magenta) (2000), 14. Milioni da Christie’s. Fatturato del 2010? 27 milioni di
euro!
Joseph Kosuth: nato in Usa nel ’45, lanciato dalla grande mostra del Castelo di Rivoli nel 2006, si
compra a NY, Berlino, Parigi, Madrid. Costa tra i 2 mila e i 250 mila euro. Record d’asta: Five
Words in Yellow Neon per 181 mila euro da Sotheby’s nel ’08. Fatturato: 226 mila euro. Conviene
comprare: scritte dipinte in formati medio grandi (50-120 mila euro) e grandi neon (150-250 mila).
Bill Viola: nato in Usa nel ’51, si compra a Londra e NY. Costa 100 mila/500 mila. Record Eternal
Return per 450 mila nel 2006. Conviene comprare i video degli ultimi 10 anni.
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