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La finestra sul cortile (1954)

La finestra sul cortile è un racconto cinematografico a suspense. Che investiga le


relazioni che il suspense intrattiene con la narrazione e lo fa attraverso il mondo
raccontato << mettendo in scena >>, secondo una precisa strategia enunciativa, i
meccanismi interferenziali della cooperazione testuale dello << spettatore >>. tali
meccanismi sono argomentati mediante la condizione diegetica del protagonista Jeff
(James Stewart) che, trovandosi in uno stato d’impotenza motrice, è ridotto a una
situazione di ottica pura, assimilabile alla condizione dello spettatore cinematografico
caratterizzata da una ipomotricità (immobilità senso – motoria) che si scarica nella
iperattenzione. Il suspense, secondo Jean Luc Godard, è un attesa, quindi un vuoto,
un vuoto narrativo, che bisogna riempire, e a Hitchcock piace sempre più riempirlo di
divagazioni che non hanno nessun peso sull’avvenimento stesso, disattendendo così
l’attesa. La finestra sul cortile è modellato sul punto di vista e costruisce il proprio
racconto attraverso strategie enunciative che determinano la messa in ambito delle
sue stesse procedure narrative e discorsive. Il protagonista è uno spettatore che vede
passare, come fosse un film, sule finestre – schermo di una appartamento, un
ambiguo << racconto per immagini >>, di cui intuisce la << storia >>. Il film
racconta le mosse interpretative del protagonista circa il contenuto di quella storia da
esplicitare. Jeff ricostruisce i movimenti e i procedimenti di un crimine mai visto;
attraverso osservazioni fatte da lontano, straordinariamente frammentarie, Jef deduce
il delitto, il movente e l’assassinio. La detection inferenziale del protagonistafunziona
come procedura testuale. Secondo Hitchcock, il suspense è una teoria sulla forma
narrativa del linguaggio cinematografico, ma è, soprattutto, una metodica della
narrazione filmica. Una delle norme fondamentali del suspense, nella sua forma più
comune, è dunque << l’anticipazione >>. Essa implica, quindi, che lo spettatore sia
perfettamente informato di tutti gli elementi in gioco; ed è così che lo spettatore ne sa
più dei protagonisti e può porsi con maggiore interesse la domanda: ‘’Come si potrà
risolvere questa situazione ?’’. Ma il sapere implica una progressiva compromissione
intellettuale e ludica con il racconto: è così che il racconto cinematografico a
suspense implica lo spettatore, è così che Hitchcock fa entrare lo spettatore nel film.
La focalizzazione è così una strategia narrativa che si costruisce attraverso la
relazione di tre diverse componenti – l’istanza narrante, il personaggio, lo spettatore -
e ne regola i rapporti di sapere sul piano audiovisivo. Il tempo è il dispositivo che
regola il modo in cui le informazioni audiovisive sono messe in testo dall’istanza
enunciativa, che produce la narrazione, da una distanza calcolata e strategica rispetto
a quanto viene mostrato e raccontando. Il suspense è il tempo al lavoro nel racconto
cinematografico. La finestra sul cortile fa del racconto cinematografico a suspense
l’argomento stesso della propria strategia enunciativo – narrativa, recando in sé, come
ogni testo, le proprie istruzioni di lettura.
La finestra sul cortile nell’opus hitchcockiano

La finestra sul cortile è l’esemplificazione di come Hitchcock riesca a cercare e a


trovare a Hollywood uno spazio produttivo di relativa autonomia. La finestra sul
cortile non mette in campo il set; non si tratta, quindi, di una sfida tecnica giocata sul
piano dell’impianto scenografico, del décor, anche se il set ricostruito in studio –
corrispondente a quello di un cortile in Christopher Street al Greenwich Village in
Manahattan – è certamente uno dei più imponenti tra quelli realizzati sino allora dalla
Paramount. La finestra sul cortile attua, invece, una riflessione critica sul cinema
narrativo a suspense attraverso la messa in discorso dello << sguardo >> e del punto
di vista del protagonista. In particolare assetto del mondo possibile raccontato motiva
l’uso sistemico del mezzo primo piano, del primo piano e della soggettiva. Il rapporto
fra spazio interno e quello esterno è giocato dentro un set chiuso tra un loft e un
cortile. Questo spazio e la condizione di immobilità del protagonista, costretto su una
sedia a rotelle, danno la misura ai piani e ai campi di presa, alle distanze, alle
angolazioni e alle inclinazioni della macchina da presa, alle relazioni tra antepiano e
retropiano, al sistema dei raccordi, ai movimenti di macchina; fondano dimensioni ad
hoc e ne stabiliscono le regole di ordine, di relazione e di variazione scalare. Uno dei
principi fondamentali del racconto cinematografico hitchcockiano a suspense è il
cambiamento di proporzione dell’immagine dal più lontano al più vicino, che in La
finestra sul cortile si esprime prevalentemente attraverso lo sguardo in soggettiva del
protagonista. Si può affermare che il film è al contempo summa di tutta l’opera
precedente e prolegomena ai film a venire: è summa nel senso che porta a
compimento una serie di temi sperimentati nei film antecedenti: il crimine o il
progetto criminale (compiuto o incompiuto che sia), l’ossessività e la metodicità del
dubbio, il falso che sembra vero e viceversa, lo scambio di persona (l’essere e
l’apparire), l’handicap temporaneo del protagonista, il trasferimento del senso di
colpa, il buon senso delle forze dell’ordine, temibile quanto il nemico e al quale è
meglio sottrarsi giacché scatena disordine logico. Tale ‘’sottrazione’’ innesca un
processo di auto – detection da parte del protagonista, che coincide con
l’investigazione e la scoperta del sé e dell’altro e che orienta lo spettatore all’empatia
e o all’anempatia con la vittima e con il carnefice. Inoltre rispetto alla cultura e ai
comportamenti sociali dominati negli anno 40 e 50, va rivelato il tema dell’erotismo
che presenta inversione dei ruoli di seduzione tra uomo e donna, il cui dispositivo
enunciativo è il femminile hitchcockiano ironico, algido e affacinante, che si compie
in una precisa figura attoriale: Grace Kelly.
È Prolegomena ai film a venire, nel senso che La finestra sul cortile compie una
radicale rielaborazione delle strategie enunciativo – narrative e delle procedure
discorsive del suspense, in atto già nei film dei primi anni 50. I metatemi della
cinematografia hitchcockiana: l’understament, l’ironia, l’umorismo, la dilatazione
dell’azione, le sequenze di fuga, il colpo di scena, la falsa pista.
Hitchcock definisce La finestra sul cortile un film puramente cinematografico.
Abbiamo l’uomo immobile che guarda fuori. È una parte del film. La seconda parte
mostra ciò che vede e la terza la sua reazione.
Per quanto riguarda il procedimento del reaction shot ( l’inquadratura di reazione),
che Hitchcock definisce come ‘’qualunque primo piano che illustri un evento
mostrando immediatamente la reazione a esso da parte di una persona o un gruppo di
persone’’. Nel reaction shot il volto dell’attore in primo o primissimo piano svolge
una funzione recitativa antitetica alla tradizione attoriale dell’Actor’s Studio. Per
Hitchcock, infatti, i corpi e i volti degli attori sono delle superfici neutre ‘’messe in
discorso’’ e rese significanti dalla macchina da presa e dal montaggio. Le immagini
da sole raccontano tutto quanto lo spettatore deve sapere. Basta saper guardare.

Il doppio film

Come tutti i mondi possibili raccontati dal cinema di Hitchcock, La finestra sul
cortile è un mondo diegetico autosufficiente e presenta in maniera esemplare quella
che è la doppia articolazione dei resti filmici hitchcockiani, presentata cioè un film
dentro a un altro film: questo non solo perché il film, un romance plot (che, peraltro,
espone una serie di storie parallele) origina il secondo, un mystery plot. Vi sono due
linee d’azione interdipendenti; in tal senso, La finestra sul cortile, presenta una
struttura embricata. Si tratta di un film che nel prodursi produce un altro film.

Il racconto dello sguardo

La finestra sul cortile svela la condizione spettatoriale (sotto – motricità e sovra –


percezione) estenuata nel puro sguardo, così come nell’ascolto, per il tramite di una
‘’storia’’ che, ‘’smarcatasi’’ dalle altre storie possibili, è diventata il ‘’film’’ che Jeff
guarda ossessivamente e che lo porta ad agire, per colmare i vuoti di senso che quella
stessa storia esprime. Il contenuto della storia che Jeff intende esplicitare avanzando
l’ipotesi dell’omicidio si fa vieppiù ambigua, quando gli altri personaggi, Lisa e
Doyle, avanzano delle ragionevoli ipotesi alternative. Jeff non ha delle controprove,
deve anzi fondare le proprie presupposizioni sull’assenza di prove tangibili. Si
determina quindi, a seconda dei punti di vista dei personaggi e delle chiavi
interpretative da essi adottati, una serie di congetture possibili, tra altre incompatibili,
a colmare i vuoti nella ricerca del senso, ma il confronto serrato fra le diverse
detection mantiene aperte le possibilità e il senso, secondo percorsi molteplici.
La personalizzazione (soggettivizzazione) dell’inquadratura è quindi determinata dal
suo stesso aspetto ottico (protesi visive); l’istanza narrante ci fa vedere attraverso il
personaggio, ma, al contempo, ci mostra e ‘’racconta’’ il suo sguardo e per dare
questo mobilita le proprie strategie enunciative e discorsive, giacché l’impronta di
soggettività è inseparabile dal blocco narrativo – diegetico, e quindi è sempre
contestuale. Le soggettive definiscono Jeff anche come ‘’sguardo in negativo’’: si
pensi, ad esempio, agli avvii delle sequenze e delle sottosequenze della prima parte
che ripetono sempre lo stesso movimento di macchina (composito da dolly e gru),
spesso in panoramica orizzontale da destra verso sinistra, mostrando il cortile, per poi
rientrare nel loft e fermarsi sul volto in primo piano o primissimo piano di Jeff
dormiente o sui volti di Jeff e Lisa. Esso si rivela quindi attraverso il movimento
autonomo e automatico della macchina da presa, poiché quando gli occhi dei
personaggi guardando altrove o sono chiusi non c’è soggettiva (lo sguardo che
scandaglia il cortile è impersonale, autonomo). Questi passaggi visivi, da un lato,
mettono in circolo informazioni, dall’altro disseminano indizi, secondo determinati
orientamenti del senso, secondo date prospettive narrative. Le strategie enunciative
del suspense, i differenziali di sapere, sono raccontati attraverso le immagini; gli
informanti gli indizi si danno in immagine, ma anche attraverso i suoni, i rumori, le
voci e spesso la partitura sonora commenta contrappuntisticamente l’immagine.

La sospensione dello sguardo

Il particolare assetto narrativo del mondo diegetico (audiovisivo) di La finestra sul


cortile, con un effetto, che in certi periodi, secondo determinate forme dello sguardo,
produce un’alterazione della linearità sequenziale (sintagma narrativo lineare),
immettendovi, generalmente attraverso la forma dello sguardo in soggettiva, più serie
di immagini (consecuzioni temporali). Attraverso la costruzione sintattica ed
enunciativa dello sguardo in soggettiva del protagonista, è al lavoro il montaggio
alternato di eventi simultanei che si fronteggiano dalle finestre degli appartamenti; il
passaggio alternato e continuo da una serie all’altra produce un effetto estensivo della
durata dell’evento guardato / mostrato. Il montaggio alternato hitchcockiano si fa
dispositivo della strategia enunciativo – narrativa del suspense; determina una
situazione di sospensione del tempo della storia e di estensione del tempo del
racconto che fa entrare lo spettatore in una situazione di attesa e di corsa contro il
tempo. Il montaggio alternato lega spazi, contigui, o lontani, che costruisce a climax
un unico evento, di fatto sospendendolo nell’alternanza tra due, o più, serie di
immagini; queste, pur essendo contemporanee sul piano della durata del tempo della
storia, trascorrono sul piano del tempo del racconto con velocità differenti.
Sospendendo il tempo della storia, ne blocca temporaneamente il senso, ritardandone
lo sviluppo e il compimento. Per Hitchcock contrarre e dilatare i tempi è il lavoro del
regista e forse non è un caso che nel cameo di La finestra sul cortile il regista sposti
le lancette di un orologio.

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