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STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA

L’arte contemporanea ha oggi un grande appeal soprattutto tra i giovani e richiama un ampio pubblico. L’arte contemporanea è
un’arte che dialoga con il proprio tempo sia dal punto di vista del linguaggio che dei contenuti ed è quindi più vicina alle persone.
Ma è anche vero che pone diversi problemi.
In ambito di ricerca chi si occupa di contemporaneo si occupa di 800-900-2000. Le avanguardie sono considerate il momento centrale
per lo sviluppo dell’arte contemporanea.

Opera di Duchamp

“Arte è ciò che gli uomini chiamano arte”


Citazione dello storico Dino Formaggio, un filosofo estetico di Bologna, che ha dato questa definizione poiché nel secondo dopo
guerra è difficile capire che cosa è arte e che cosa non lo è.
Ad esempio, la “merda di artista” di Manzoni è un’opera d’arte, che una performance è un’opera d’arte ecc.

Ma è arte questa?
Domanda che si pone un famoso filosofo contemporaneo che si occupa di
estetica, Arthur Danto in un libro che è dedicato alla storia dell’arte
contemporanea, alle domande su che cosa è l’arte contemporanea.
Questa foto mostra la classica situazione in cui ci si può trovare in un museo di
arte contemporanea.
Anish Kapoor è un artista di origine indiana che vive in America e che ha
lavorato anche in Italia, che è stato protagonista di un episodio curioso: questa
è un’opera del museo di Porto, un cerchio tracciato nel pavimento che è
realizzato con un tipo di pigmento particolarmente poroso tanto da sembrare
e creare una confusione ottica nell’osservatore. L’osservatore ha l’impressione
che questo cerchio sia un cerchio tracciato sul pavimento, non è un semplice
cerchio ma un buco nel pavimento del museo, nel quale un turista è caduto.
Ha creato molte domande sul perché questa fosse arte. AK destabilizza lo
spettatore, lavora con lo spazio e con l’ambiente, per questo si parla anche di
arte ambientale.
L’arte contemporanea può esser tante cose soprattutto quella che nasce nel periodo delle avanguardie

Il saggio “Dopo la fine dell’arte. L’arte contemporanea e la fine della storia.” (intesa
come arte tradizionale pittura e scultura) di AD tratta una parte ponendosi la
domanda di fronte a quest’opera di Christofer Sperandio e Simon Grennan.
Sono due artisti che nel 1993 presentano in una mostra al Whitney Museum di NY
una produzione di barrette di cioccolato. Era una barretta fatta apposta per essere
presentata in una mostra. Si pone il problema perché questa si possa considerare
opera d’arte.
Si può considerarla tale solo se si tiene presente che nel periodo delle avanguardie
c’è stata grossa rivoluzione nel concetto di opera d’arte che non era più scultura e
pittura: Duchamp ha portato all’interno del museo o di gallerie delle opere
realizzate solo con un gesto, ovvero, quello di portare un oggetto banale nel
contesto artistico e affermarne la sua artisticità.
Arte è ciò che gli uomini chiamano arte: non è solo artista che la definisce opera
d’arte ma deve essere il mondo dell’arte a concordare che quella è un’opera d’arte,
il sistema dell’arte (delle gallerie, dei critici, degli storici, di tutti coloro che sono all’interno del mondo dell’arte).
Questa provocazione nascondeva un’idea importante: che si potesse parlare di arte anche
in un modo diverso rispetto a quello verso cui gli altri erano abituati ad intendere l’opera
d’arte.
Nell’epoca contemporanea con le avanguardie cambia completamente il concetto di arte.

L’oggetto di D non rientrava nelle categorie artistiche di pitture e


sculture. Questo concetto non riguarda solo Duchamp ma molti degli
artisti del 900.
Roger Fry, pittore espressionista e critico sulle ricerche artistiche, in “Un
saggio di estetica” sostiene che:
L’arte non è ricerca di bellezza o copia del mondo esterno, ma serve a
esprimere l’emozione dell’artefice e a trasmetterla al riguardante
mediante i suoi mezzi specifici (e storicamente accertati): linea,
composizione, colore.
Copia del mondo esterno fa riferimento all’800: gli artisti cercavano di
rende nel modo migliore possibile ciò che vedevano nella realtà. I pittori
del rinascimento inventano un modo tecnico per rendere la spazialità
dentro la bidimensionalità dell’opera, questo continua fino a Cezanne,
figura centrale che fa da passerella tra ciò che c’era prima e ciò che verrà
dopo. Dai problemi della visione ai problemi dell’interpretazione della realtà non rappresentarla così come è ma darle una chiave di
lettura che non segue i criteri della visione di ciò che si vede.
L’arte serve a esprimere l’emozione dell’artefice e trasmetterla al riguardante mediante i suoi mezzi specifici e storicamente accertati
(linea composizione e colore). Lui è pittore e quindi utilizza linea, composizione e pittore perché lui è pittore, cosa che non riguarda
D che opera negli stessi anni

Era inglese e in Inghilterra fa parte del gruppo Busberry group che


raccoglieva pittori che usavano colori che non erano quelli presenti in
natura. (espressionista inglese)
Espressionista perché esprime le emozioni attraverso la pittura e quindi
usa dei colori scuri per rappresentare qualcosa di drammatico e cupo,
usa dei colori vivaci per rappresentare qualcosa di felice
In questo dipinto RF rappresenta una complessità di emozioni
Uso di questi colori non vuole descrivere il paesaggio, ma lo vuole
interpretare.

Dopo le avanguardie, secondo passo sono le neo-avanguardie


Nascono con uno sprito che vuole riprendere le avanguardie, nascono dopo la
seconda meta del 900, dalla metà degli anni 60 del 900.
Artista della minimal art in una rivista americana “Sol Lewitt in Paragraphs on
Conceptual Art (1967)” scrive
“l’idea in se stessa, anche se non realizzata visualmente è un lavoro d’arte tanto
in quanto un prodotto finito… le idee possono essere espresse con numeri,
fotografie o parole o in qualsiasi modo scelto dall’artista, dato che la forma non è
importante”.
In questa definizione si va oltre alla pittura e alla scultura.
Nell’immagine si vedono degli allievi che realizzano l’opera che lui ha immaginato. Lui fornisce solo dei fogli, degli schizzi progettuali
che vengono realizzati da altri. La dimensione del progetto è più importante della realizzazione stessa dell’opera
È per questo che le neo-avanguardie utilizzano idee diverse per fare arte, anche del corpo per fare delle performance, di video, dei
Computer.
Questo è lo storico dell’arte che dichiara che per poter definire l’arte oggi è necessario avere una visione molto ampia ed è una
visione che si basa sul giudizio espresso dal mondo dell’arte, dal sistema dell’arte. Ecco perché è così importante capire come
funziona il sistema dell’arte.

Per entrare nel mondo dell’arte l’arte deve essere mostrata. Se


potenzialmente tutti possiamo essere artisti, in realtà essere
artisti e per poter essere riconosciti dal mondo dell’arte non è
sufficiente mostrare la propria creatività ma si deve avere un
idea che va oltre l’aspetto creativo.
Due espressioni creative diverse: disegno di un bambino con
proporzioni sbagliate ma che fa parte del modo di conoscere il
mondo del bambino. Gli psicologi spiegano che il bambino
dipinge grande quello che vede più importante, finchè non è
consapevole.
Vicino a un dipinto di Basquiat ci sono aspetti che richiamano
l’arte primitiva e l’arte dei bambini. Ci sono dei grandi errori dal
punto di vista realistico. B fa questo lavoro. Con una
consapevolezza diversa della street art, artisti afro-americani
che si ribellano contro le regole imposte da una società che non
integra e non valorizza le comunità minori.

Dino Formaggio sostiene che “arte è ciò che gli uomini chiamano arte”. È quindi impossibile dare una definizione certa di opera
d’arte.
Ma se tutto, in base al giudizio del singolo, è arte, che cosa si studia come arte?

Per rispondere a questa domanda interviene la posizione di un altro importante storico dell’arte: Giulio Carlo Argan che parla della
necessità di dare giudizio di valore sull’opera.
L’arte non definisce categorie di cose, ma ne attesta il valore e quindi l’artisticità. Il giudizio è necessariamente soggettivo, ma si
basa sull’estetica e sulla conoscenza della storia dell’arte.
Arte, quindi, è la Storia dell’arte.
Anche rispetto al passato è il valore quello che importa, non tanto l’oggetto in sé stesso.
È necessario che quando queste opere entrino nella storia dell’arte, quando questo accade siamo di fronte a un’opera d’arte.

Giudicare o valutare l’artisticità di un manufatto, un oggetto, un’operazione di comunicazione linguistica, significa tenere presenti:
1. Il periodo storico in cui viene realizzata. Ci sono fattori che ne condizionano la definizione come il periodo storico e la società
che la interpreta.
Esempio tagli di Lucio Fontana è riproducibile, è un gesto che non richiede una capacità manuale creativa. Ma nel momento
in cui lui ha fatto questo gesto, ha fatto qualcosa che prima di lui nessuno aveva fatto, ha trovato un suo linguaggio personale
per esprimere qualcosa.
2. Il suo valore di “astanza” (Cesare Brandi, Teoria generale della critica, 1974) cioè forma, che è ciò che differenzia la
linguistica dall’opera d’arte visiva, insieme al suo essere al di sopra della temporalità.
Originalità deve permanere nel tempo, che un certo tipo di opera d’arte abbia valore che superi la contingenza. Opera d’arte,
il capolavoro ha qualcosa in più rispetto ad altre creazioni
3. La finalità dell’opera, del manufatto: secondo George Kubler (la forma del tempo, 1962): “l’opera d’arte è tanto inutile
quanto un attrezzo è utile”
Nel rapporto con altri oggetti del design contemporaneo questo problema si sente ancora di più.

Quindi, ci sono dei parametri per formulare un giudizio di valore?


- Un’opera è un’opera d’arte quando ha avuto la sua importanza nella storia (Argan)
- Un’opera d’arte è portatrice di un messaggio che va oltre la contingenza (Brandi)
- L’opera d’arte si distingue da qualsiasi altro oggetto o attrezzo creato dall’uomo per la sua finalità (Kubler)
Ci sono forme artistiche che slittano tra opera d’arte e qualche altro tipo di creatività.

Bruno Manari è un desiner e artista che ha fatto


parte del MAC
Arte raffigurativa e figurativa a arte monografica
- Arte figurativa modo più veritiero possibile
- Modigliani non rappresenta per come vede
ma ne da una sua interpretazione
- Cubismo scomposizione geometrizzante di
un ritratto
- Parte dal ritratto ma si va verso l’astrazione
- Oltre astrazione in una fase di ricerca diversa
- Monocromo

Video turbulent by Shirin Neshat


Racconta la condizione della donna iraniana, senso di isolamento, di avere di fronte a se una platea deserta dove il tuo urlo non lo
ascolta nessuno.
Uomini hanno tutto un consenso di fianco a loro, che vengono applauditi.

Caratteri dell’arte contemporanea


Maurizio Cattelan è uno degli artisti italiani più acclamati nel
panorama internazionale. È un artista che ha iniziato a lavorare alla
fine degli anni 80, uno di quegli artisti appartenenti a una corrente
che Nicolas Burreau ha definito della post-produzione.
Molti artisti tra la fine degli anni 80 e 90 hanno realizzato opere
rifacendo, riadattando artisti del periodo precedente, prelevando
da contesti come il cinema, la pubblicità, contesti del visuale, dei
riferimenti per fare le loro opere: realizzano dei lavori di
postproduzione (come fanno ad esempio i dj).
Il lavoro che fanno questi artisti della post-produzione è quello di
prelevare da contesti diversi della creatività e rifare delle opere.
Uno degli aspetti caratteristici dell’arte del secondo dopoguerra,
dalle neoavanguardie in poi, alla fine degli anni 60, è quella di
azzerare la pittura: cancellare e rifiutare la pittura così come era stata intesa fino a quel momento (poi la pittura è tornata in certi
momenti). È un artista che preleva dal contesto contemporaneo e che valorizza l’aspetto concettuale dell’opera d’arte rispetto a
quello manuale della tecnica.
Senza titolo ricorda fontana il taglio e “Zorro”. C mixa come un dj due contesti diversi: contesto di alta elevatura e un contesto basso
popolare delle fiction televisive. Nel suo lavoro c’è molta ironia, è un grande dissacratore anche nei confronti del sistema dell’arte.
Nell’altra opera Il gallerista, nella galleria di questo gallerista Massimo De Carlo importante milanese, prende il gallerista e la scotcha
alla parete: provocazione al sistema dell’arte. Fa capire che a vote il mercato dell’arte è sovrastante all’opera. Questo tipo di opere
d’arte non si potrebbero capire se non ci fossero delle premesse a quanto avviene.

Azzeramento progressivo della pittura: da una pittura più rappresentativa di


racconto, è passata verso prima un’astrazione (Mondrian) e poi a un
monocromo (Fontana).
Uno degli aspetti significativi del contemporaneo è quello dell’azzeramento
della pittura. Qualcosa che cambia e diventa qualcos’altro. Va oltre la tela e la
cornice dell’opera.
Dipinto di Mondrian non ha figurazione e c’è questo espediente di quasi
smarginare dal quadro. La sua griglia tende a fuoriuscire dal quadro: vuol dire
stendere la pittura ad altri contesti della creatività.
Artisti del neoclassicismo si sono occupati an che di design e di architettura e
applicazione a contesti della vita quotidiana
Trasformazione del concetto di scultura
Si è modificata anche la scultura: la S si può fare anche con materiali che non
sono quelli classici, i materiali utilizzati sono gli oggetti di fabbrica di plastica.
Non plasma lei stessa la materia ma non fa altro che assemblare degli oggetti
industriali l’uno con l’altro cercando dei valori formali e di tipo coloristico ma
prelevando degli oggetti.
Il precedente storico nella storia dell’arte a queste opere è Marcel Duchamp.

Picasso e il cosiddetto assemblaggio: creare scultura “mettendo


insieme” materiali diversi. Tipico di Picasso, Braque e artisti futuristi.
Venere con stracci: oggetti che sono lo scarto della società dei
costumi. Mettendoli insieme e facendoli dialogare muove
l’attenzione dell’osservatore nei confronti dell’arte classica che viene
triturata e scartata come gli oggetti d’uso e di consumo. L’antichità è
consumata esattamente come lo straccio. Viene abbandonata e per
questo è girata di spalle, come se fosse un oggetto di scarto.
Picasso aveva creato delle sculture con elementi di cartoncino e di
legno e ricreato l’immagine di un violino (oggetto della natura morta)
ricreandolo facendolo con elementi di scarto.
Nuovo modo di fruizione dell’opera d’arte
Modo di fruire dell’opera cambia modo di fruire anche
Non è opera che si osserva appesa alla parete o al centro di una piazza. Può
avere anche carattere ambientale, questo.
Olafur Eliasson nel 2005 opera all’interno della Tate Gallery.
È artista che lavora con la luce, un materiale impalpabile.
È una installazione ambientale sul tema dell’atmosfera e del tempo. c’era
questo grande sole creato con luci a led e una sorta di nebbia che sale dal basso:
voler creare un paesaggio naturale.
Citazione della pittura del passato: Turner.
Qui non è osservare il dipinto ma è un entrare all’interno dell’opera. Arte che
richiama all’attenzione dello spettatore a 360 gradi a tutti i sensi.

Fili illuminati da luci strobo. Questo ambiente è un ambiente


spaesante. Ha il pavimento storto per questo fanno firmare
liberatoria per entrare.
Gli ambienti hanno un’origine dalle primissime esperienti degli
artisti del dadaismo. KS è un dadaista (avanguardia che nasce in
svizzera e che ha propaggini in Francia e in Germania, lui è tedesco
protagonista del dadaismo di Annover). È il primo artista a
inventarsi un’opera ambientale nel proprio studio accumulando
materiali diversi.
Questo tipo di esperimento verrà reinterpretato da Lucio fontana
Contaminazione di forme diverse di espressione
Caratteristiche dell’arte contemporanea
1- Annullamento della pittura
2- Fruizione a livello ambientale
3- Si usano altri materiali
Dalla scultura tradizionale si arriva a un concetto di scultura che è più
installazione.

Altro elemento: Contaminazione di forme diverse di espressione, ovvero,


contaminazione di arte figurativa e teatro nella performance.
Abramovic è un artista che ha lavorato molto nella performance. In un
momento di questa mostra si è seduta in tutti i gironi e stava seduta di
fronte al pubblico uno a uno. L’azione si interrompeva nel momento in cui
uno dei due si muoveva.

Performance = utilizzo nel corpo nell’arte visiva si è presentata fina del


periodo delle avanguardie. MA è protagonista delle neo avanguardia
I dadaisti hanno utilizzato anche queste formule. Azione, forma di teatro
al cabaret voltaire Ugo balla inscena un poema contro la borghesia.

Nel periodo delle neoavanguardie artista come Pino Pascali,


appartenetene al gruppo dell’arte povera che faceva delle azioni
Qui aveva immaginato una scultura fatta con materiali che si utilizzano
nel mondo domestico. Grande ragno pensato per interagire con il
pubblico.

Uso di oggetti
tratti dalla
quotidianità
Nell’arte contemporanea c’è una contaminazione con altre forme artistiche.
Qui esempio di arte relazionale, tipo di arte che emerge nella metà degli anni
90. Relazionale = forme di arte che richiedono che funzionano se c’è il
visitatore che fa qualcosa, come nel caso di questi lavori di Felix Gonzales
Torres.
Fotografie di cielo che visitatore può prendere e portare a casa: arte per tutti
che abbatte i limiti del mercato, gratuitamente.
Installazione con le caramelle: presentate alla biennale di Venezia. Le
Caramelle son qualcosa di bello e accattivante. Questa opera però nasconde
un significato non così piacevole perché è dedicata al proprio compagno scomparso malato di AIDS: portare e prendere qualcosa di
piacevole, allude alla facilità del contagio. Qualcosa di bello che può diventare fonte di malattia.

Opera di AW artista che si è soffermato molto sul tema degli oggetti della quotidianità rifacendoli
con la tecnica seriatica.
Scatole di compensato serigrafate che ricordano e esemplificano dei prodotti da supermercato.
Contaminazione: arte e architettura
Architettura entra in gioco. Costruire a livello di ambiente esterno nella città. È
una delle prime sculture che funziona meglio con il contesta in cui vengono
realizzate
Caratterizzate con questi monumenti è di mettersi in contaminazione con il
paesaggio.
K ha portato nel grigiore di questi grattacieli, ha portato il cielo in mezzo ai
grattacieli attraverso il riflesso dello spazio circostante sulla superficie traslucida
di questo grande fagiolo.

Progetto più che una scultura: voleva diventare un edificio. Progetto che doveva essere
un vero edificio al cui interno portare gli uffici amministrativi del soviet.

Uso delle nuove tecnologie.


Dedicata al videogioco che entra a far parte dell’arte all’inizio del 2000. Si trova al
Moma di NY. Uno dei primi esempi di arte interattiva fatta con il digitale.

Veronesi è intervenuto sulla pellicola creando una composizione astratta che poi si vede
riprodotta quando gira la pellicola e si proietta.
Vediamo anche un esempio di prima video arte, creato da Nam June Paik, Magnet TV, 1965:
interagisce con il primo televisore attraverso un magnete che disturba l’immagine.
L’arte ha cominciato di servirsi di nuove tecnologie, soprattutto video all’inizio del 900. Non
esiste ancora ma è il cinema. Nel 65 nasce la video arte con questo artista che si serviva del
televisore per fare arte

Concludendo la gente quando si trova di fronte a certe espressioni di semplicità o di essenzialità dice inevitabilmente: “questo lo so
fare anche io”.
In realtà quando la gente dice quella frase intende dire che lo può rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima.
Il sistema dell’arte è sistema complesso con sue logiche non solo economiche.
LA SCOPERTA DEL MONDO INTERIORE – SIMBOLISMO IN FRANCIA PAUL GAUGIN E I NABIS
Già nell’800 e in questa corrente è possibile individuare degli aspetti che poi verranno sviluppati nelle avanguardie, nel corso del
900. La corrente simbolista (non movimento perché un movimento artistico ha un manifesto e un periodo esatto di inizio, delle date
specifico. Una corrente coinvolge artisti che non si conoscono nemmeno tra di loro). La Francia è la culla del simbolismo. I più
importanti simbolisti della metà dell’800 sono in Francia e in Belgio (dove vi è una derivazione della corrente francese e una serie di
manifestazioni, mostre importanti di Salon che coinvolgono sia i francesi che i pittori belgi).
È un momento centrale nella cultura europea, non solo artistica, ma coinvolge tutto il pensiero occidentale della fine dell’800. Questa
corrente fa riferimento a una dimensione fino all’inizio dell’800 non presa in considerazione dalla cultura, quella dell’interiorità e
dell’inconscio.
Nel 1899 Sigmund Freud pubblica L’interpretazione dei sogni in cui postula l’idea che la mente inconscia esiste, per quanto invisibile,
oltre la coscienza, ma la influenza attraverso i sogni. In questo libro fa emergere tutto quell’aspetto non conoscibile dell’essere
umano, aspetti che neppure le singole persone conoscono e che emergono in certe condizioni. Quindi la persona che conosciamo
non è esattamente quella che vediamo dall’esterno. La dimensione del sogno e dell’ipnosi è quella in cui emerge l’inconscio.

In arte si sviluppa la corrente Simbolista o Ideista


Nel 1888 Edouard Dujardin estende alla pittura le regole della letteratura simbolista: si sviluppa attraverso il rifiuto del naturalismo
e il rifiuto di una rappresentazione naturalistica della realtà, attraverso un nuovo modo di dipingere più riduttivo e sintetico. Questo
emerge nei grandi maestri del simbolismo, in primis Paul Gauugin.
Questa pittura riduttiva e sintetica è il corrispettivo di quello che avviene in letteratura: i poeti arrivano a scrivere, non più come i
grandi narratori romantici sia attraverso la poesia che la prosa nei dettagli la realtà, ma forniscono solo alcuni elementi della realtà
per farne emergere il senso di mistero. Descrivere troppo non crea sorprese. Tutta la letteratura romantica e realista è una
letteratura che racconto nei minimi particolari la realtà. Gli scrittori in questo periodo non descrivono nei singoli particolari la realtà
ma forniscono alcuni punti e elementi e ne fanno emergere il senso di mistero.

Un aspetto da tenere presente è la distinzione che si ha tra le due parole ideismo e idealismo:
- Ideismo à corrisponde a questo tipo di sentire misterioso, simbolico
- Idealismo àè quell’aspetto non visibile ma ideale, un pensiero, che emerge nella pittura del romanticismo.
Questa differenziazione emerge nel manifesto Le Symbolisme en peinture: Paul Gauguin (marzo 1891) di Albert Aurier. Sostiene che
l’idealismo è molto più vicino al realismo e alla realtà (pur guardando a soggetti differenti desunti dal passato per l’idealismo e dal
presente per il realismo, l’arte idealista e realista erano comunque funzionali a una rappresentazione imitativa del mondo), mentre
l’ideismo è un concetto che si applica bene alla pittura simbolista.

La prima opera è idealista, intitolata “La libertà che guida il popolo”


di Eugène Delacroix, pittore francese appartenente al romanticismo
storico.
Il secondo dipinto è ideista e intitolato “Le cattive madri” di
Giovanni Segantini, pittore divisionista italiano. Il divisionismo è
una corrente della pittura italiana (che corrisponde al pointillism)
che ha al suo interno due sottocorrenti, una più simbolista e una più
realista, ma questo suo dipinto è decisamente simbolista.

Cosa c’è di simbolico e di reale nel primo dipinto?


1- Di REALE ci sono i personaggi, in particolare i soldati. Il quadro
ricorda le rivolte popolari francesi del 1930 per i diritti.
2- Di SIMBOLICO c’è la rappresentazione della donna che sta
aizzando il popolo con il seno scoperto e con in mano la bandiera
a della Francia. Chiaramente la donna non era realmente presente, infatti questo non è un dipinto realista ma romantico.
D dipinge la crudeltà della guerra ma un pittore romantico ci mette un sentimento, un’emozione, qui rappresentata da questa donna
che è la personificazione della Francai.
Guardando questo dipinto la dimensione simbolica dell’opera è facilmente riconoscibile. Il simbolo nella pittura idealista è un
simbolo facilmente identificabile ed è anche possibile anche definirlo come un’allegoria.

Nella seconda opera notiamo una figura femminile turrita che rappresenta l’Italia. Si tratta di un’opera simbolista, nella pittura
simbolista il simbolismo è qualcosa di molto più nascosto e difficile da comprendere rispetto a quanto avviene nel primo dipinto. È
un dipinto molto più criptico e nascosto. È l’emergere di qualcosa che non è chiaro ed evidente, è necessario conoscere il pensiero
del pittore: ad esempio sapere che per Segantini il bianco e la neve rappresentano la morte. Anche la natura rappresentata dietro ci
trasmette delle emozioni, si tratta in questo caso di un paesaggio di morte, un paesaggio invernale, l’albero non è fiorito ma spoglio.
In questa donna, che non è per nulla realistica, possiamo notare i capelli arruffati con gli alberi che indicano una connessione con la
natura e la vediamo rifiutare la maternità, sono appunto loro le cattive madri. Segantini rappresenta questo tema con una simbologia
che non è immediatamente riconoscibile. Il simbolo è qualcosa di molto più personale che appartiene all’inconscio dell’artista e che
va a toccare l’inconscio delle persone che lo guardano, persone di tutte le epoche.
Anche il titolo è importante e ci permette di identificare, più nel primo dipinto e meno nel secondo, il significato dell’opera.

Scopo della pittura ideista o simbolista è l’espressione di IDEE, attraverso un linguaggio particolare, non soltanto la
rappresentazione diretta, illusionistica di oggetti.

Perché cominciamo questo percorso dal simbolismo?


Perché il simbolismo comincia ad affrontare un aspetto non visibile della realtà e lo fa con uno stile non del tutto contemporaneo,
ma che va progressivamente verso uno stile che troveremo nel 900.
Esiste un manifesto simbolista dello scrittore Jean Moréas nel Manifesto del simbolismo, pubblicato sul supplemento letterario di
“Le Figaro” nel 1886 scrive: “il termine simbolismo è il solo capace di designare l’attuale tendenza dell’arte basata sul carattere
simbolico”. Definisce con simbolismo la pittura di alcuni autori della metà dell’800 che non sono ne realisti ne romantici. Sono pittori
che hanno questa dimensione pittorica.

Altra sorta di manifesto letterario del simbolismo è il libro di Joris-Karl Huysmans in À rebours (1884). Interpreta il periodo in termini
di decadenza e indica come padri della nuova estetica Baudelaire, Verlaine, Mallarmé: una poesia che non descrive, non declama,
non insegna, ma cerca di “rivestire l’Idea di una forma sensibile”. Scopo dell’arte è la conoscenza delle Idee attraverso “gli aspetti
della natura, le umane azioni, tutti i fenomeni concreti”
È un romanzo che racconta la storia di un esteta che vive all’interno di una casa tutta incentrata sullo stile decadente e simbolista
che si circonda di opere d’arte dei pittori simbolisti, come Gustave Moreau e Odilon Redon. Fa capire molto bene che la cultura
simbolista è una cultura parallela alla realtà che l’uomo si crea da solo per poter identificare il mondo dell’inconscio che lo
rappresenta pienamente. C’è una attenzione maniacale al mondo dei sensi e delle sensazioni. Attenzione non solo per la vista,
circondarsi di cose belle, del tatto, dell’olfatto (all’interno di queste case c’erano sale dedicate a certi profumi).
Questo libro fa capire molto bene che la cultura simbolista è parallela alla realtà che l’uomo può crearsi da solo per poter identificare
quel mondo dell’inconscio che lo rappresenta pienamente. C’è quindi un’attenzione maniacale al mondo dei sensi.
Lui definisce “padri della nuova estetica” i poeti simbolisti Baudelaire, Verlaine, Mallarmè che fanno poesia, che non descrive, non
declama, non insegna ma che riveste l’idea di una forma sensibile. Ed è proprio questo il simbolo, una forma sensibile, una realtà,
che però riveste un’idea. Scopo dell’arte è la conoscenza di queste idee attraverso la forma sensibile (aspetti della natura, azioni
umane, fenomeni concreti).
Ecco, quindi, che questi autori fanno di tutto, in letteratura, in arte e nella musica, per evocare, attraverso delle forme sensibili, ossia
che si vedono e si comprendono, qualcosa che non si vede e non si capisce nell’immediato, ossia il mondo delle idee, anche attraverso
illusioni e analogie. All’Idea non ci si accosta direttamente, ma attraverso i simboli, oggetti e immagini che sanno evocare magia o
mistica, segni che si riferiscono al mondo invisibile attraverso allusioni e analogie.

Il pittore idealista si serve di oggetti come segni utili a evocare l’idea


che intende esprimere. I “segni” sono “lettere di un immenso
alfabeto che soltanto l’uomo di genio sa sfogliare” (Albert Aurier,
“Simbolismo in pittura”, 1889). I segni non sono facilmente
conoscibili, bisogna conoscere il pittore e la loro storia e per questo
pochi li possono capire. Coloro che li capiscono sono i geni. È un’arte
che non è per tutti, non a disposizione di tutti.
L’aspetto moderno di tutto ciò consiste, da un lato, nel fare emergere
una dimensione non visibile della realtà ma, altro aspetto,
corrisponde al linguaggio che questi pittori iniziano ad utilizzare, che
appunto è essenziale, come i poeti che usano poche parole per
lasciare spazio all’immaginazione così c’è un’alterazione delle
componenti formali, cromatiche e grafiche dell’opera, elementi che saranno poi presenti anche con le avanguardie.
Gustave Moreau è forse il primo pittore ad affrontare la pittura
in chiave simbolista.
Il realismo nasce non molti anni prima, nel 1855, mentre Courbet
continua a dipingere nella corrente realista, nel frattempo nasce
il realismo in modo parallelo.
Il suo stile non è così innovativo, in quanto è ancora uno stile
accademico. Il punto di partenza della sua pittura infatti è proprio
lo studio accademico del disegno e del nudo. È un dipinto in cui
emerge l’aspetto disegnativo e l’attenzione ai particolari. È un
dipinto dove ancora non c’è la sintesi parlata prima. Ci sono degli
aspetti simbolici e misteriosi. Simbolismo che non è idealismo
perché non si capisce immediatamente. I soggetti sono letterari.
Il dipinto è intitolato “Edipo e la sfinge” e venne realizzato nel
1864, possiamo notare come non sia presente quella sintesi di
cui abbiamo parlato prima, ma ci sono comunque degli aspetti
simbolici e misteriosi, in questo caso un simbolismo che non è
idealismo perché questi non vengono capiti nell’immediato.
I soggetti dei suoi dipinti sono generalmente letterari, come
avviene per primi autori del simbolismo.
Qui vediamo un tema mitologico raffigurato attraverso l’incontro di Edipo con la sfinge. Assistiamo ad un confronto tra l’uomo che
rappresenta la ragione e la sfinge che rappresenta l’irrazionalità. La sfinge è una figura femminile e spesso nel simbolismo la figura
femminile è rappresentata proprio dall’irrazionalità, la donna è infatti, rispetto all’uomo, più vicina alla dimensione della natura in
virtù del suo corpo. Questi pittori sono anche generalmente maschilisti quindi la donna è considerata un essere inferiori, ma questo
non vale per tutti e non per tutte le donne. L’uomo, invece, è la ragione.
Notiamo quindi un tema letterario che è anche facilmente comprensibile, però in questo dipinto sono presenti anche elementi
misteriosi.
- Vediamo in primo piano un piede e una mano = si tratta di parti di un corpo umano morto, una citazione di una scena
presente nella storia dell’arte in riferimento alla rappresentazione della morte con Adamo, nel Golgota, che solitamente si
trova sotto i piedi della croce. Si tratta quindi di una rappresentazione della fine e della decadenza dell’uomo.
- Ci sono altri elementi che non si trovano solitamente in un paesaggio, come la colonna con il vaso antico = citazione della
classicità. Il vaso non è uno casuale ma un’urna cineraria, anche questo quindi è connesso alla morte in quanto la sfinge è
colei che porta l’uomo alla perdizione e quindi alla morte. Quindi, cedere agli enigmi della sfinge porta l’uomo alla morte.

figura femminile la si trova anche ne L’apparizione (1874-1876) di


Gustave Moreau.
Si tratta di un episodio letterario e rappresenta la figura di Salomè,
principessa giudaica, che danza di fronte ad Erode dopo aver chiesto la
testa di san Giovanni Battista.
Vediamo questa scena raffigurata in un modo molto misterioso in
quanto questa testa galleggia al centro di un palazzo reale, ma che non
è raffigurato in modo realistico in quanto è inciso nella pittura e
realizzato solo sotto forma di disegno. Al pittore simbolista non importa
rappresentare tutto ma dare degli input per capire e cominciare a
immaginare il senso dell’opera. Il resto, che non importa, è
rappresentato come scenografica, quasi come un teatro. M crea
nell’ambientazione gli stessi scenari artificiali.
Ciò che a questi pittori importa non è la rappresentazione realistica ma
in questo caso è importante aver messo al centro la figura di Salomè,
della quale si intravede la bellezza del corpo femminile (donna
tentatrice), che porta alla morte, al dolore e l’uomo alla perdizione.
Il ragno che piange (1881) di Odilon Redon.
Redon è un pittore geniale in quanto inventa qualcosa che non esiste nella realtà. Lui
si stacca completamente dal mondo reale ed è un grande disegnatore e illustratore (ha
illustrato la Bibbia).
“Questi disegni erano al di fuori di tutto: per la maggior parte andavano oltre i limiti
della pittura, introducevano un fantastico molto particolare, un fantastico di malattia“.
Joris Karl Huysmans in À rebours delirio"
Questi autori vanno in cerca di temioo che non sono quelli strutturati dell’accademia,
studiano l’accademia ma poi la rifiutano. Ricercano qualcosa di più autentico e più
intimo.
Vediamo in questo ragno un riferimento alla letteratura greca colta. Questa creatura,
a metà strada tra uomo e animale.
Questo caso il ragno, ci ricorda “Le metamorfosi” di Ovidio dove si racconta di tutte
queste creature.
Questo ragno che piange non è altro che una raffigurazione della testa di san Giovanni
Battista su un piatto a cui ha poi disegnato le zampe che ricordano il ragno.
Questo tema del ragno si ritrova anche in un artista scultrice Louise Bourgeois.

Il buddha (1905) di Redon.


Dipinto meno drammatico che richiama alla spiritualità e alla religiosità sincretica, ossia
una religiosità che unisce la cultura orientale e la cultura occidentale.
In questo dipinto, che rappresenta il Buddha, vediamo meglio lo stile che lui utilizza, ossia
come lui dipinge: si tratta di uno stile molto diverso da quello utilizzato da Gustave
Moreau, il quale utilizza uno stile più accademico (nudo accademico), mentre possiamo
osservare come questo sacerdote/buddha non sia raffigurato anatomicamente come
invece veniva raffigurato il nudo accademico; al contrario è molto sintetico.
Già qui possiamo notare l’idea della sintesi, come anche visibile nel modo in cui disegna il
paesaggio, tanto che se osservassimo ogni particolare singolarmente ci sembrerebbe un
dipinto molto contemporaneo, una pura evocazione di un paesaggio allegorico.
Se noi guardassimo solo in un particolare sembrerebbe estremamente contemporaneo,
non c’è la descrizione dei dettagli dei fiori come avrebbe fatto un preraffaelita. È
evocazione di un luogo allegorico, al di fuori della realtà

Pierre Puvis de Chavannes


Giovani fanciulle sulla sponda del mare (1879)
Possiamo con Puvis de Chavannes individuare uno stile ancora diverso. Questa
molteplicità di stili diversi tra opere di una stessa corrente letteraria, ossia il
simbolismo deriva proprio dal fatto che il simbolismo è una corrente e non un
movimento.
È comunque presente anche in questo dipinto il senso di mistero, che in particolare
emerge nella raffigurazione di queste giovano fanciulle che non si sa perché siano
qui o cosa stiano facendo, ma danno un senso di riflessione, come se stessero
riflettendo su qualcosa. Queste figure non guardano da nessuna parte e sono
rappresentate in maniera molto sintetica, si nota infatti il disegno; si richiamano
quindi alla realtà ma allo stesso tempo non la descrivono nei minimi particolari, non
sono realistici a tutti gli effetti. C’è il prevalere del disegno sulle tonalità e
sull’incarnato. È la linea che sintetizza la forma.
Puvis de Chavannes è un autore meno conosciuto ma che ha avuto molto successo
anche in ambito di commissione pubbliche in Francia, infatti diverse sue opere sono
pitture murali che si trovano nei principali municipi francesi.
Forse la sua opera più importante è al Pantheon di Parigi, il quale è caratterizzato
da una serie di pitture murali con dipinti suoi e dei suoi allievi, ha fatto scuola
insegnando questo suo stile ad altri autori.
Sainte Geneviève veglia su Parigi addormentata – PP de C
Questa immagine è un particolare di una delle scene del Pantheon di Parigi e racconta la storia della
città. È un pittore che usa l’ambito letterario e storico.
Vediamo l’immagine della santa protettrice della città di Parigi durante un assedio in epoca
medievale e la vediamo mentre esce dall’altare e veglia sulla città addormentata con la luna che si
riflette sulle mura della città.
È importante osservare come il riflesso della luna non sia solo sull’acqua ma anche sulle mura;
capiamo quindi che è un’opera che non mira a rappresentare qualcosa di reale ma di simbolico.
Notiamo la luna che accarezza le mura della città e all’artista interessa che l’opera si incentri su
questo senso di protezione.
Spesso questi pittori non seguono una religione particolare ma sono sincretisti, ossia hanno un senso
religioso ampio.

Tra gli autori belgi:


Fernand Khnopff
La sfinge o La carezza (1886)
Possiamo notare in questo
dipinto il tema della sfinge,
mitologico, ma interpretata
in modo molto diverso rispetto al quadro precedente. Siamo
infatti già nel 1886 ed è proprio nel corso dell’800 che i
pittori abbandonano l’accademia e lo studio accademico e
inventano uno stile nuovo, più istintivo, più essenziale e meno descrittivo. Qui per capire cosa c’è sotto bisogna conoscere l’autore:
sapere che K fu un pittore che era estremamente complessato e aveva grossi problemi di salute mentale ed era segretamente
innamorato della sorella. Emerge in quest’opera anche il complesso di Edipo, Khnopff era infatti innamorato della sorella, tanto che
possiamo notare sulla sfinge la raffigurazione della testa della sorella (si ritrova in molte altre opere) mentre l’altra testa corrisponde
ad un suo autoritratto.

Felicien Rops
Pornocrates (1896)
Si tratta di un’opera letteraria che rappresenta la fortuna bendata che si fa guidare da un maiale,
ecco il modo in cui l’autore rappresenta il tema della fortuna, con questa immagine nuova e mai
vista.

Confronto
La prima opera si intitola Evoluzione e venne realizzata nel
1910 da Piet Mondrian, mentre la seconda è un’opera di
Jeans Delville realizzata nel 1900 e intitolata L’amore delle
anime.
Il secondo è un autore belga e con questa immagine
rappresenta l’amore delle anime ricordando il tema letterario
di Paolo e Francesca, che nella descrizione dantesca vengono
inseriti in questo turbinio che li porta all’inferno. Paolo e
Francesca vengono avvolti da questo vortice che li porta verso
l’inferno.
Viene effettuato un confronto con Mondrian perché lui era
molto interessato al simbolismo e in particolare alla teosofia
= parascienza che studia la spiritualità umana e pratica certe
meditazioni per raggiungere uno stato di contemplazione del
divino.
Qui abbiamo un’opera non ancora astratta ma con molti aspetti legati alla dimensione dell’inconscio e alla dimensione filosofica.
Mondrian prima di arrivare all’astrazione è un pittore affascinato dalla filosofia che è un aspetto che ritroveremo in molti pittori
dell’astrattismo.
Importanza del simbolismo come via per raggiungere una nuova modalità di espressione del reale, un modo per allontanarsi dal
naturalismo e muoversi verso le interpretazioni più astratta dello sviluppo del modernismo. Abbiamo parlato di letteratura e
mitologia quindi dei riferimenti letterari che possono aiutare i pittori ad allontanarsi dalla visione realistica del mondo, ma un altro
aspetto importante è bello dedicato alla musica che poi avrà un valore determinante per la nascita dell’astrazione. La musica, il suo
potere di comunicare in modo suggestivo viene ad esempio espressa in modo magistrale da una poesia simbolista di P. Verlaine
dedicata alla musica:
“La musica prima di ogni altra cosa,
E perciò preferisci il verso dispari
Più vago e più solubile nell'aria,
Senza nulla in esso che pesi o posi...
È anche necessario che tu non scelga
le tue parole senza qualche errore:
nulla è più caro della canzone grigia
in cui l'Incerto al Preciso si unisce.
Sono dei begli occhi dietro i veli,
è la forte luce tremolante del mezzogiorno,
è, in mezzo al cielo tiepido d'autunno,
l'azzurro brulichio di chiare stelle!
Perché noi vogliamo la Sfumatura ancora,
non il Colore ma soltanto sfumatura!
Oh! la sfumatura solamente accoppia
il sogno al sogno e il flauto al corno”
Ascoltando questi versi e questo concetto di sfumatura si evocano i dipinti di Redon. È proprio il senso del mistero che nasce dalle
cose.

Molti di questi pittori vengono poi guardati anche nel 900, ossia sono alla base dello studio dei pittori successivi.

PAUL GAUGUIN:
“L’arte è un’astrazione: traetela dalla natura, sognando davanti a essa. E’ il solo mezzo per salire verso Dio, facendo come il nostro
divino maestro, creare”
(Lettera a E. Schuffenecker, 1888)

Gauguin è molto vicino agli altri autori visti nel corso di questa lezione, ossia ai pittori della prima metà dell’800, ma venendo dopo
li osserva, li studia ma facendo allo stesso tempo un passo avanti: lui, infatti, inventa uno stile pienamente moderno.
Uomo educato alla libertà più completa, autodidatta, impulsivo e teso verso verità mistiche. La pittura per lui doveva rifuggire ogni
naturalismo, doveva essere uno specchio del mondo interiore piuttosto che di quello esteriore e il primo mezzo che consentiva
questo scavo dentro gli stati d’animo era, a suo avviso, la pittura.
Questo concetto di trarre la realtà dalla natura è esattamente il concetto delle idee visto a inizio lezione. Le idee si rivestono di forme
sensibili, sono tratte dalla natura. Inoltre, questo è il solo mezzo per salire verso Dio, è importante quindi anche la dimensione
spirituale. C’è la consapevolezza dell’artista simbolista che si sente un demiurgo ossia un creatore di soggetti che prima non c’erano
e che appartengono a una dimensione non visibile della realtà.

Gauguin è un autore che studia a Parigi, luogo dove incontra i pittori impressionisti, ma poi sente che questa loro pittura non è
sufficiente in quanto troppo realistica, guardano troppo alla realtà in quanto sono autori della visione.
Al contrario, lui vuole dare un’interpretazione diversa del mondo, di come fatto lui e di come sono fatti gli uomini, dei rapporti tra
le persone; motivo per cui lascia Parigi, una città che sentiva troppo stretta per lui perché condizionata dal progresso e dalle
sovrastrutture portare in arte dall’accademia e va in Bretagna (considerato un ambiente vergine, era considerata la regione francese
più restia ad accogliere le idee moderne, legata com’era alle sue tradizioni religiose e al folklore testimoniati nei dipinti di questi
anni) portando con sé Van Gogh. È di questo periodo il momento drammatico del loro incontro.
Gauguin è in cerca di autenticità, di un rapporto più autentico tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e il divino e trova che in Bretagna ci
sia un modo diverso di vivere la religiosità e la natura, anzi la religiosità dentro la natura, ma lo fa con uno stile completamente
nuovo.
Le sue opere spesso rappresentano dei paesaggi naturali, le donne bretoni che sono quelle più vicine alla religiosità che frequentano
la chiesa, però lo fa con uno stile completamente nuovo.
La visione dopo il sermone (1888)
“Credo di aver raggiunto in queste figure una grande semplicità rustica e superstiziosa. Il tutto è molto severo. Per me in questo
quadro il paesaggio e la lotta esistono soltanto nell’immaginazione della gente che prega dopo il sermone: ecco perché c’è contrasto
tra la gente, che è reale, e la lotta nel paesaggio, che è innaturale e sproporzionato.”
Quest’opera è dipinta al tempo del secondo soggiorno in Bretagna, contiene già gli elementi essenziali della poetica di G.
Quest’opera rappresenta le donne dopo la cerimonia della
messa che, raccolte ancora in preghiera, vedono la lotta di
Giacobbe contro l’angelo; egli, dunque, visualizza una scena
raccontata dalle sacre scritture, commentata dal sacerdote
durante la messa. L’artista voleva dare una forma al sentimento
della gente, che la induceva a credere di poter vedere la lotta di
Giacobbe con l’Angelo all’uscita della chiesa, dopo averne
ascoltato il racconto in un sermone.
Il dipinto rappresenta:
- un momento reale, ossia la raffigurazione delle donne e
- un momento ideale, ossia la visione della lotta delle
sacre scritture.
Come rappresenta queste due dimensioni? creando all’interno
dell’opera una cesura tra la realtà e l’immaginazione. La cesura
viene fatta mediante la raffigurazione del tronco dell’albero in
mezzo a questo paesaggio che non è per nulla realistico, lui ha
infatti messo lì quel tronco perché gli serviva e basta. Non è
realistico neppure il colore del paesaggio, ossia il rosso, colore
vivace e drammatico che contribuisce a innalzare il dramma della lotta tra Giacobbe e l’angelo e non c'è nessuna prospettiva.
Gauguin è infatti il primo pittore che raggiunge l’applà, ossia l’appiattimento totale e completo dell’immagine dipinta dal pittore,
non c'è l’illusione della prospettiva. È di origine giapponese il modo in cui G disegna e anche l’idea della visione dall’alto e il segno
definito dei contorni.
Dunque, come fa Gauguin a riportare ciò che è in primo o in secondo piano? rappresenta più grandi le figure in primo piano e più
piccole quelle in secondo piano; questo lui non se lo inventa ma lo apprende guardando le illustrazioni che arrivano dal Giappone,
perché in Oriente la prospettiva non è mai penetrata, c’è tutto un altro tipo di storia dell’arte rispetto a quella occidentale, hanno
quindi inventato un modo diverso di rappresentare lo spazio e questa tecnica esisteva anche nel passato.
A differenza degli impressionisti che disegnano la pittura attraverso una trasmissione diretta dall’occhio al pennello (en plein air) G
scrive: “un consiglio non copiate troppo dalla natura. L’arte è astrazione: spremetela dalla natura sognando di fronte a essa, e
preoccupatevi più della creazione che del risultato.”

Alla fine del secolo a Parigi apre il museo del Trocadero, un museo antropologico dove arrivano tanti
manufatti provenienti dall’oriente e da paesi lontani.
Idoli e sculturine che lui inserisce all’interno di ritratto della Belle Angel, la donna bretone (figlia del
portiere dove lui viveva).
Possiamo notare in questo dipinto due dimensioni: La dimensione della realtà raffigurata all’interno
dello specchio nel dipinto, mentre, ciò che sta fuori, corrisponde alla dimensione dell’artista dove lui si
immagina quasi un paesaggio tappezzeria, ossia un paesaggio interamente decorativo e l’idolo, ossia la
sculturina appoggiato a lato, potrebbe anche essere una scultura fatta dallo stesso Gauguin. Egli, infatti,
scavava nel legno e realizzava sculture di questo genere.

Il Cristo giallo (1889)


In questo dipinto vediamo lo stesso modo di rappresentare la spazialità, realizzando cose più
piccole in secondo piano e quelle grandi in primo, senza l’uso della prospettiva, ponendo
l’attenzione sul colore.
Vediamo realizzati con il medesimo colore giallo sia il prato e le colline di sfondo, ma anche il corpo
di Cristo.
Cosa ha voluto dire il pittore con questo simbolo? perché il Cristo è giallo?
Il Cristo ha questo colore in quanto il giallo è il colore del grano e della natura. Si tratta quindi di
una visione panteistica della religiosità.
Egli è sicuramente influenzato anche da quello che vede attorno a sé, ossia lui probabilmente ha
visto queste scene realmente ma le ha rese, attraverso il colore, funzionali a quello che voleva
dire. in Bretagna c’è la tradizione di porre croci nei campi o ai crocicchi delle strade.
VINCENT VAN GOGH
Autoritratto (1888)
Il punto cruciale della pittura di Van Gogh sta nell’incontro tra la sfera emotiva e la realtà,
riflessa nell’opera attraverso una tecnica fatta di tratti simili a una scrittura automatica.
Nel 1988 VG fugge nella Casa gialla di Arles, dove convisse per circa due mesi con Gauguin,
che vedeva come un maestro. Erano frequenti i litigi tra di loro, causati dalle diverse
visioni sullo scopo e sui metodi dell’arte: VG non ammetteva i contorni tracciati con il
nero, le pennellate piatte, non gestuali e soprattutto il simbolismo appariscente nelle
opere di G. il disaccordò portò a una rapida rottura e alla nota automutilazione del lobo
dell’orecchio da parte di VG.
L’autoritratto come genere pittorico è nato solo dopo che, nel corso del 400, la figura
dell’artista si è diversificata da quella dell’artigiano e ha assunto una sua dignità accanto
a quella di pensatori e letterati. Gli autoritratti di VG sono forse la massima
rappresentazione del modo in cui l’artista concepisce il suo ruolo: un personaggio
marginale rispetto alla società, non integrato in essa, ma proprio per questo capace di
vedere più lontano; un generatore di energia e di verità, pure con tutti i limiti di
un’esistenza profondamente umana.
VG dipinge tanto spesso se stesso perché considera la sua persona non laterale, ma centrale rispetto alla propria pittura. Perciò ogni
passo della sua evoluzione artistica è sottolineato da almeno un autoritratto.
Nei suoi autoritratti l’artista si manifesta come un individuo dalla personalità multipla, che oscilla tra la conoscenza di sé come
pastore dell'umanità e la paura di essere un incompreso.

Si tratta di un autoritratto realizzato nel periodo in cui dipingeva con Gauguin nel quale possiamo notare il particolare dell’orecchio
ferito in un momento di litigio.
Possiamo notare da questo dipinto che Van Gogh non era un grandissimo pittore tecnicamente, infatti, a differenza di Gauguin che
aveva studiato in accademia, lui era un autodidatta, ha fatto anche altri mestieri oltre al dilettarsi con la pittura. È stato anche un
predicatore nelle miniere in Belgio e si dilettava con la pittura. Su fratello Theo era un mercante d’arte, ed è lui che lo fa conoscere
a G. essendo una figura geniale da vita a un suo linguaggio e un suo stile unico. Molto diverso da quello di G. il periodo in Bretagna
è molto importante per passare dall’essere autodidatta a questi dipinti con linguaggio espressivo in cui cambia il suo modo di
dipingere e le sue opere si caricano di colori accesi e vivaci. Preannuncia l’espressionismo perché usa il colore in modo
antinaturalistico.

Campo di grano (1890)


È la pittura matura di VVG con questo impeto del paesaggio.
VVG lo si può considerare a metà tra la pittura simbolista ed
espressionista. C’è la rappresentazione del senso della morte
che incombe su di lui sempre, fino a portarlo alla
autodistruzione, la malattia mentale.
Ha realizzato questa opera mentre era ricoverato all’ospedale
psichiatrico e qui vediamo una netta corrispondenza tra le
emozioni e i sentimenti drammatici dell’esistenza di Van
Gogh, il suo male di vivere, e l’uso del colore in chiave
espressiva. Il colore trattato con queste pennellate lunghe e
dinamiche dai colori fortemente accessi che danno la
drammaticità del male di vivere.

G ha avuto come primo allievo VVG. Lascia la Francia e la sua famiglia e si trasferisce nel secondo viaggio a Taithi dove trova
quell’autenticità uomo-natura che lui cerca.
Da dove veniamo, chi siamo, dove
andiamo? (1897) Gauguin
“è un opera filosofica su un tema
paragonabile a quello del Vangelo”.
“sognando il mistero della nostra
origine e del nostro futuro destino,
collegato a tutta la natura, ho
dipinto uno scenario senza nessuna
allegoria comprensibile”.
In questa sua opera vediamo
chiaramente una sintesi di tutti i
temi presenti nella sua pittura:
l’opera unisce la cultura occidentale e quella orientale, la cultura di tipo religioso orientale (Buddha con le mani alzate in preghiera)
e occidentale (Adamo che coglie la mela)
È un interrogarsi sul senso dell’esistenza. È la rappresentazione di tutti gli incontro della sua vita.
Possiamo notare in questa pittura più matura rispetto a quelle precedenti la rappresentazione del senso della morte che su di lui
incombe sempre.
Sullo sfondo una natura lussureggiante. I personaggi sono collocati su piani diversi, anche se manca una costruzione prospettica
classica.
Sembrerebbe di poter leggere l’opera come un passaggio dalla nascita alla morte, cioè dalla piccola figira stesa a destra, all’immagine
di persona anziana, sull’estrema sinistra.
- Accanto a quello che si potrebbe interpretare come neonato ci sono tre donne accovacciate. In francese la parola parto
significa letteralmente accuciamento.
- Simile posizione nella figura della mummia, richiamo alla ciclicità della vita
- Vediamo due figure femminili sullo sfondo del dipinto, ossia delle donne vestite con gli abiti lunghi della scuola francese.
sono chiaramente due giovani fanciulle che potevano appartenere al gruppo dei pittori Nabis che si ispiravano alla pittura
di Gauguin in una fuga dalla realtà moderna in un mondo spirituale.
- La cultura di questi popoli è semplice, basata sull’oralità, non c’era infatti la scrittura in queste isole e quindi tutte le leggende
e le storie venivano raccontate a voce. le donne sulla destra che stanno dialogando rappresentano la tradizione orale e sulla
sinistra vediamo una giovane che cerca di parlare con un vecchio e il vecchio si ritrae e si copre le orecchie perché il suo
compito comunicativo è finito visto che è ormai arrivato al termine della sua età.
La figura dell’anziano con le mani sulle orecchie rappresenta la fine della vita, ossia quando non si racconta più niente,
l’anziano non racconta più e soprattutto non ascolta più perché è lui depositario della tradizione, della storia di questo
popolo.

I colori sono completamente anti-naturalisti, sfondi sfumati azzurri che richiamano il mare, l’idea di sfumato richiama l’aspetta
evocativo della poesia letta precedentemente.
Le tre domande del titolo non hanno alcuna risposta: vengono poste in un cartiglio in alto a sinistra e restano sostanzialmente
inevase. Il quadro sottolinea l’enigma appassionante della vita, anziché svelarne la soluzione.

NABIS
Primo allievo di G è VVG ma ha fatto scuola lasciando la sua eredità dapprima nel gruppo dei Pont-Aven e che fondano poi il gruppo
dei Nabis (=profeti in francese).
Questi pittori portano avanti l’opera di Gauguin, un esito quasi astratto realizzato con colori antinaturalistici e molto spesso
raffigurano nelle proprie opere la loro vita, con una pittura semplice e essenziale. Si tratta di una pittura essenziale, sintetica e fine
a se stessa.
Le ambientazioni sono artificiali e molto decorative. La dimensione decorativa è un tipo di ricerca pittorica
che non descrive nulla ma che è puramente estetica, fine a se stessa.
I Nabis hanno quale teorico del gruppo Maurice Denis, secondo il quale l’opera d’arte non deve avere
nessun interesse narrativo, un quadro, secondo una sua celebre definizione, non è una finestra aperta
sulla natura, prima di essere qualunque altra cosa è una superficie piana ricoperta di colori accostati
secondo un certo ordine e per il piacere degli occhi. Un atteggiamento del genere che raccoglieva stimoli
e suggestioni provenienti dalle più avanzate proposte degli anni ’80 di Gauguin, Van Gogh, Cezanne,
poneva le promesse di ricerca artistica astratta, del senso moderno del termine.

Qui vediamo la figura del critico di questo gruppo: Paul Ranson, ritratto da Paul Serusier.
Erano pittori che si ispirano al desiderio di Gauguin di cercare una certa autenticità di vita immersi nella
natura e una spiritualità tutta naturale creando una vera e propria comunità dettata da regole precise (qui rappresentato uno scettro
e abito sacerdotale, con una sorta di Bibbia che racconta le regole di questa comunità).
È un dipinto piccolissimo, realizzato su una scatola di legno che conteneva dei sigari. Vediamo chiaramente il passaggio da paesaggio
espressionista a paesaggio simbolico ed espressionista con questi colori innaturali

È una sorta di racconto di quello


che avveniva all’interno di questo
gruppo di pittori che vivevano
isolati in queste località e vivevano
in mezzo alla natura, si vestivano
con questi abiti luoghi e eloquenti e
davano vita anche a cerimonie
come questa in questo bosco sacro,
segno di mistero della natura.

Nelle teorie stesse di questo pittore ci sono le premesse di una ricerca artistica
astratta. Un forte e raffinato senso decorativo è la nota dominante della pittura di
Denis. Trasfigurazione figurativa di atmosfere allusive, irreali e prossime alla
poetica del simbolismo letterario e dal punto di vista del linguaggio possiamo
vedere come ci siano degli elementi, ad esempio, il bosco e gli abiti dove appaiono
elementi decorativi fini a se stessi che sono le premesse dell’autonomia, del segno
e della forma rispetto alla descrizione che porteranno verso l’esito più alto e
completo dell’astrazione.
IL MONDO INTERIORE – DA KLIMT A MATISSE (SECESSSIONI ESPRESSIONISMO)
Siamo negli anni della Belle Epoque e nel centro Europa si respira un senso di ottimismo e progresso. Intorno al concetto dell’estetica
degli oggetti della quotidianità nascono le secessioni artistiche, quei gruppi che si propongono di rinnovare lo stile, l’estetica non
solo dei dipinti ma anche della vita quotidiana. I componenti abbracciano la nuova corrente simbolista, trattano temi non legati alla
quotidianità bensì al mondo delle idee.

Un secondo aspetto importante è che siamo difronte a dei giovani stati nazionali (Italia e Germania diventano nazioni e nell’ambito
artistico cercano uno stile che le identifichi), dal punto di vista dell’arte emergono le istanze del simbolismo in quanto ambito
privilegiato di un linguaggio nuovo, lontano dal naturalismo e più libero e moderno.

Le secessioni nascono all’interno delle Accademie e sono una ribellione. Si tratta di giovani artisti che abbandonano lo stile
dell’Accademia e cercano uno stile, dei soggetti nuovi e un nuovo modo di rappresentare le istanze della belle époque, è una società
un po’ superficiale che guarda estetica e bellezza ma nasconde dentro di sé i germi della sua fine, estremo edonismo e superficialità
e mancanza di solidità che porterà alla crisi di quest’arte. Dalla crisi poi nascono nuove forme di arte e le secessioni insieme a tutta
l’arte simbolista sono punti di partenza per la nascita dell’avanguardia.

Monaco, Vienna e Berlino sono i luoghi di gestazione dei linguaggi secessionisti. Frequenti anche le elaborazioni teoriche delle nuove
tendenze, come accade per le riviste.
È il tempo in cui fiorisce l’Art Nouveau, il primo grande stile internazionale che rinnova letteralmente il gusto dei vecchi Paesi del
continente, fino a diffondere la propria febbre decorativa negli USA.

1892 à Monaco
1897 à Vienna
1898 à Berlino

SECESSIONE DI MONACO (1892)


Si tratta cronologicamente della prima delle secessioni, e la figura di spicco di questo gruppo è Franz Von Stuck. La scelta del termine
secessione è riferita al fatto che tali artisti decidono, pur avendo studiato lì, di staccarsi dal mondo accademico. Fondatore della
secessione di Monaco è proprio Von Stuck, che definisce il cosiddetto stile della giovinezza (jugend stil), che indica proprio questo
distacco dall’accademico – esso corrisponde inoltre al Liberty e all’Art Nouveau della Gran Bretagna e Francia –, uno stile fortemente
decorativo, più di quanto sia accaduto in Francia.

Il peccato – Franz Von Stuck


Raffigura una moderna Eva conturbante, niente affatto pentita e potenzialemente letale,
come il sinuoso boa di cui si cinge. Donna e serpente, allacciati in penombra, ci scrutano, ci
sfidano a voler ancora tentare chi osi guardarli.
È uno dei dipinti celeberrimi della storia dell’arte, è l’esempio dei risultati dell’edonismo
demoniaco e simbolico di quest’epoca. È la testimonianza di uno stile e di un’epoca ed è
anche la testimonianza del valore delle arti applicate e dell’interesse di quest’artista per il
classicismo e la mitologia al fine di dare una nuova vitalità a questo stile classicista. Questo
stile si declina nello stile della giovinezza, stile che verrà utilizzato da tutti gli artisti che
partecipano alla secessione di Monaco.
L’artista mette in evidenza, nelle sue opere, quello che sta accadendo nella società: rimane
il legame tra arte e società, in particolare in un periodo del genere in cui la Germania si sta
formando – nello specifico, la classe nobiliare vede un periodo di decadenza, di perdita dei
propri privilegi, con una contemporanea crescita della borghesia industriale. Per questa
ragione emergono temi come la perdita delle certezze, delle virtù tradizionali e dello
scadere dei vizi: ne viene fuori un’arte incentrata sulla figura femminile, espressione del
peccato e della decadenza – l’esempio di Von Stuck sarà poi seguito dall’intera scuola
tedesca, in quanto egli diventa professore all’Accademia di Monaco e traccia una tendenza che coinvolgerà molti artisti, tra i quali
anche Kandinsky.
Il dipinto rappresenta una Cleopatra, una figura che appartiene alla storia biblica e romana, una figura di sovrana, di ammaliatrice e
tentatrice per l’uomo; questa figura femminile rappresenta quel lato negativo della donna tentatrice.
Il peccato è rappresentato dal pitone che circonda le spalle della donna, che rimanda dunque all’Eva biblica, e dalla luminosità del
corpo in contrasto con il volto scuro – espressione della bellezza tentatrice in contrasto con il volto nascosto simbolo della crudeltà.
Nel quadro la donna ostenta la bellezza del suo corpo, il bianco rimanda alle donne dell’antichità fino al periodo dell’accademia. La
novità è data da questo mistero che emana dallo sguardo nell’oscurità e dal serpente che attorcigli il suo corpo come Eva (potrebbe
anche essere Eva).
Cioè che colpisce non è solo l’immagine ma anche il modo in cui è inquadrato il dipinto, all’interno di una struttura architettonica:
una sorta di cornice che richiama la classicità con le colonne scanalate, vi è un forte rimando al classicismo, essendo tale secessione
fortemente orientata al rimando al classicismo e all’abbandono dello stile
barocco, attraverso una linearità ed eleganza degli edifici; a questo si
aggiunge una forte importanza delle arti applicate, individuabile nella
numerosità di manufatti in esso presenti.
Una scritta che richiama il titolo del dipinto con un carattere stilografico
specifico e soprattutto questo dipinto si trovava e si trova all’interno di
un edificio progettato dallo stesso Von Stuck.
Ripropone una struttura che fa molti riferimenti alla classicità, a
Michelangelo e il dipinto si trova in una sorta di altare all’interno della sua
casa dove vediamo non solo un dipinto in alto ma anche sculture classiche
e rinascimentali. Quindi ha una collocazione ben precisa all’interno di una
villa da lui progettata per creare quel mondo basato sull’estetica in stile
decadente, un ambiente in cui vivere, in cui tutto è artificiosamente
creato per rappresentare estetica, bellezza e gusto di questa società
decadente.

Autoritratto nello studio – franz von stuck


Ritraendosi all’interno del suo studio, il pittore simbolista si presenta come dandy-genio,
pienamente consapevole della propria personalità, investito della missione di rendere il mondo
più bello, valorizzare arte, cultura e bellezza. Importante anche l’ambiente classicheggiante (con
il soffitto a cassettoni in un richiamo al rinascimento) e la rappresentazione del nudo, simbolo
dell’arte per eccellenza.

Copertina della rivista Jugend


Un aspetto che viene ripreso in più avanguardie è la pubblicazione di rivista, che raccolgono idee alla
base della corrente, quindi i suoi aspetti teorici, e opere d’arte che ne fanno parte.
Sulla copertina, la donna esemplifica è la natura, che è richiamata dagli elementi floreali, secondo le
modalità del fitomorfismo. Notiamo, in essa, la presenza della grafica editoriale: nasce uno stile per
l’editoria, la grafica moderna prende avvio all’interno di queste secessioni.
Art nouveau, jugendstil e liberty, sono sinonimi di un fenomeno che è quello legato a quest’arte che
si traduce in linguaggio essenziale, esteticamente raffinato e che si applica non solo all’arte ma alla
vita. La rivista che viene pubblicata nel 1896 è caratterizzata da un vivace colorismo, da un linearimso
decorativo, dall’essenzialità della forma e che da via a un movimento dedicato alle arte applicate nel
1897 e a un suo laboratorio.

Salomé – franz von stuck


Salomé è un soggetto molto praticato dagli artisti del simbolismo. È rappresentata in primo piano
mentre danza gli viene portata la testa del Battista, recata su un piatto da uno gnomo
nell’oscurità. È un corpo femminile accattivante e provocante, ma il suo viso lo intravediamo
nell’oscurità reclinato quasi in una danza selvaggia che ha perso ogni barlume di razionalità.
Donna dell’irrazionalità.
Ancora una volta la bellezza del corpo è messa in evidenza, una bellezza che porta alla morte –
espressa dalla testa del Battista mozzata.
Pietà – Von Stuck
Si cimenta anche in dipinti di carattere sacro e raggiunge esiti di grande qualità, con questa
immagine della madonna piangente di cui non vediamo il volto perché il dolore è talmente forte
che non può essere rappresentato. Portare il sacro nella vita umana. Molto umano e fisico è il
corpo di Cristo steso immobile su questa bara che per l’intensità e la drammaticità
richiama il Cristo morto di Andrea Mantegna.
In entrambe le opere, c’è un forte riferimento alla fisicità del Cristo morto: in Mantegna la
rappresentazione è molto corretta tecnicamente, anche con l’utilizzo della prospettiva, Von
Stuck rende in maniera chiara il senso di disperazione di Maria e sottolinea la sofferenza
ponendo il corpo su una pietra – nonostante l’immagine chiara della fisicità dei personaggi, il
tema principale è il sacrificio di Cristo e i
sentimenti che esso suscita.

SECESSIONE DI VIENNA (1897)


In ordine cronologico, questa è la seconda secessione, ma è quella che ottiene maggiore rilevanza a livello internazionale. Oltre a
Klimt, vi sono altri personaggi importanti.

La scuola viennese spingeva gli studenti verso quel rinnovamento del gusto cui necessitava l’inquieta e ricca capitale del vecchissimo
impero austriaco. L’esigenza era scaturita dalle trasfromazion in atto nella città che, poco dopo la metà del secolo, aveva smantellato
le fortificazioni antiche per ridisegnare la prorpia forma urbanistica attraverso il Ring, l’anello di ampi viali alberati che cingeva il
centro ed era diventato la vetrina dell’alta borghesia viennese; ma gli edifici che immediatamente erano sorti attorno, residenze,
sedi della cultura o di rappresentanza, erano ancora concepiti secondo uno stanco Eclettismo che mescolava Rinascimento e
Barocco, Gotico e Neoclassico.
Una città nuova aveva bisogno di arte e architetture nuove, questo sosteneva l’architetto Otto Wagner.
La secessione viennese è animata da molti artisti e letterati che contribuiscono allo stile art nouveau. Ci sono due avvenimenti
importanti nella vita culturale Viennese che danno vita alla secessione:
1. la fondazione della scuola d’arte e mestieri nel 1868
2. la nascita della secessione della rivista “Ver Sacrum”.
Lo stile della secessione è ispirato al rinnovamento e alle novità, parliamo di primavera sacra e quindi la rinascita della natura, di una
società tutta intera che si esprime attraverso la bellezza e l’armonia con un’ispirazione anche qui al classicismo.

Palazzo della secessione


Il comune di Vienna concesse a Olbrich la possibilità di costruire un intero edificio
dedicato alla Secessione e decorato da Klimt per custodire questo gruppo di artisti e
per avere un luogo ideale dove mostrare ai cultori, amatori e collezionisti le opere
degli artisti della secessione.
Nato del 1897, diventa un luogo simbolico della sacralità dell’arte, in cui essa si svolge:
rispetto alla casa si Von Stuck, presenta un’architettura più moderna, uno stile lineare
ed essenziale – in opposizione con lo stile precedente viennese.
All’esterno l’edificio presenta già una grande innovazione in ambito dell’architettura,
il colore bianco ne indica purezza e architettura greca, dal punto di vista grafico pochi
elementi fitomorfi, fiorire di rami e di foglie agli angoli e all’ingresso e la soluzione
della cupola che è realizzata con un intreccio di foglie e rami color oro che è il colore
dei dipinti di Klimt.
Sulla facciata, troviamo la scritta “a ogni tempo la sua arte, a ogni arte la sua libertà”, ad indicazione di un Tempio della Bellezza,
che inneggia alla Primavera, alla secessione della gioventù.
L’incessante elaborazione a cui erano giunte arte e architettura aveva dato origine alla pubblicazione della raffinatissima rivista Ver
Sacrum (primavera sacra).
Ver sacrum
L’espressione Ver Sacrum viene utilizzata anche per la rivista della secessione
viennese. Sulla copertina, troviamo nuovamente una donna, illustrata da Klimt, i cui
capelli sono disegnati come boccioli – ancora una volta, l’illustrazione punta a una
bellezza grafica più che al realismo.

Manifesto per la prima mostra della secessione – Gustav Klimt


Il manifesto della secessione viennese, disegnato dallo stesso Klimt, contiene tutti gli elementi che la
definiscono:
- il riferimento alla classicità con il disegno di Atena, con in mano lo scudo a protezione della
secessione stessa,
- Teseo che lotta contro il Minotauro, che rappresenta la secessione (Teseo) che lotta contro
l’arte accademica (Minotauro, mostro da sconfiggere)
- al centro il vuoto, espressione della possibilità per il futuro, la nuova produzione artistica.
L’aspetto grafico è fondamentale nella secessione viennese, rappresenta una delle arti applicate che
nasce dalla secessione. In basso al manifesto scritta in stile secessionista che identifica questo
momento.
La Pallade Atena – Gustav Klimt
Atena è ripresa ulteriormente da Klimt, rappresentandola con elementi decorativi che vanno
oltre la pittura, con l’utilizzo di foglie d’oro per la corazza e l’elmo, sia per l’ispirazione dei
mosaici visti a Ravenna, sia per utilizzare un colore che si allontanasse dalla realtà.
Come spesso accade, la donna è elemento centrale della pittura di Klimt: intesa sia come
elemento positivo, come in questo caso, sia negativo, come accade nel fregio di Beethoven,
donna che è chiave di lettura della realtà per l’uomo.
Klimt è caratterizzato da uno stile estremamente decorativo, ricco di particolari che non
hanno riferimenti funzionali al racconto del soggetto rappresentato ma puramente fini a se
stessi: decorativi, valore puramente estetico. Vediamo Atena rappresentata con la sua
armatura dorata e decorata e altri elementi misteriosi come, ad esempio, sulla mano destra
una sfera sulla quale è collocata una figura femminile con i lunghi capelli biondi.

Medicina
Klimt lavora anche come decoratore, nello specifico si è occupato molto spesso della decorazione di
palazzi pubblici, deve la sua formazione alla pittura decorativa (ai grandi cicli decorativi che in quegli anni
venivano realizzati, come ad esempio nel teatro della città dove fa uno dei suoi primi lavori).
La sua pittura viene notata non solo dal maestro ma anche da alcuni committenti. Viene a lui assegnata
una grande decorazione all’interno della nuova sede dell’università e Klimt si presenta ai suoi
committenti con un dipinto di grandi decorazioni dedicato al tema della medicina, Medicina, 1900,
Università di Vienna (scomparso), estremamente innovativo e molto intenso. Il tema della medicina
viene trattato attraverso soggetti macabri quindi che richiamano il tema della morte (—> ecco perché
venne non scelto dai suoi committenti). In questo caso la sua decorazione riproponeva il tema del dolore
e della morte in maniera particolarmente drammatica e con l’utilizzo di figure femminili, troppo ardito
dal punto di vista del linguaggio e per questo poi distrutto.

La crisi per K avvenne non appena il suo linguaggio figurativo giunse a contenuti che la società viennese ritenne inaccettabili. Fecero
scandalo i pannelli proposti per l’Aula Magna dell’Università di Vienna: l’allegoria della Medicina mostrava una donna sopraffatta
da morte e malattia, mentre l’allegoria della Giustizia, invece di celebrare l’inevitabilità del bene, affermava l’impossibilità di ogni
legge.
XIV Esposizione della Secessione, Vienna 1902
Nonostante questi incedenti la sua figura raggiunse posto gli onori anche nella sua
città. Lo possiamo vedere in una fotografia esposta alla XIV esposizione della
secessione nel 1902, dove è fotografato con altri artisti. Questa XIV esposizione della
secessione di Vienna 1902 è uno mostra molto importante.
Essa passa alla storia come la prima mostra del suo genere: organizzata dagli artisti
stessi per presentare al mondo la propria arte.
Essi immaginano l’esposizione come fosse un’opera d’arte totale, ovvero un’opera
d’arte che esula dalla cornice, che non è puramente ne pittura ne scultura, ma è
un’opera che coinvolge a 360 gradi spettatori, luogo e artisti. Emerge il concetto di
arte per l’arte, arte che crea un luogo artificioso, un luogo creato dagli artisti per
dare bellezza, armonia e estetica. È un’unità inscindibile di pittura, architettura e decorazione. Come scrisse Wagner: “La grande
opera d'arte totale dovrà sintetizzare in sé tutti i generi d'arte, per sfruttare ciascuno di essi come semplice mezzo e annientarlo in
vista del risultato globale di tutti i generi fusi insieme.”
L’arte è un’unione degli artisti tra di loro e di tante arti – quasi fosse una sinfonia (sull’esempio di Wagner): la mostra è dedicata alla
musica, in particolare a Beethoven (il giorno dell’inaugurazione viene chiamato un musicista a suonare la musica di Beethoven) ed
è la prima volta che si assiste ad una mostra tematica.

Fregio di Bbeethoven – Gustav Klimt


All’interno della mostra Klimt realizza una grande
decorazione, una pittura murale di quasi 34 metri,
realizzato con inserimenti di materiali diversi come
polvere d’oro, vetri, frammenti di specchio, madreperle,
bottoni, pietre dure, e perfino sabbia e chiodi da
tappezziere, è la narrazione allegorica dell’anelito
dell’uomo alla felicità, raggiunta attraverso l’arte.
Una storia letteraria ideale del poeta che cerca di
raggiungere l’armonia e la bellezza quindi l’uomo, il
poeta che raggiunge la poesia, qui la figura femminile
che vediamo nell’abbraccio finale con l’uomo di spalle è
la poesia che viene abbracciata in una sorta di Eden in cui si da vita alla rinascita. I due corpi sono immersi nell’evocazione dell’acqua
battesimale, idea della rinascita, e al di sopra delle loro teste il fuoco con i simboli della luna e del sole che racchiudono tutto il
creato. Le figure femminili del coro sono al centro e sembrano quasi sospese in aria al
disopra del prato, Eden. Qui figura femminile positiva, donna stilnovista.
Il fregio rappresenta il percorso dell’artista attraverso pericoli che può trovare di fronte a sé, grazie alla poesia che è rappresentata
come una donna, e l’artista abbraccia nella parte finale.
Molte le novità soprattutto dal punto di vista stilistico (mentre i temi rimandano all’antico e alla scrittura sacra – come l’acqua in cui
sono immersi in piedi dei personaggi che richiamano l’acqua battesimale): le figure sono estremamente stilizzate mentre c’è
attenzione per i dettagli decorativi, in cui l’elemento grafico è prevalente (non vi è volontà di rappresentare la realtà, ma
semplicemente si vuole rendere bella la decorazione), con un appiattimento totale, quasi bizantino.

Gustav Klimt - Fregio di Beethoven (parte centrale)


Qui l’essere negativo della donna è rappresentato dalle Erinni (personificazioni mitologiche della
violenza) o dalla Cleopatra, la sua figura è in primo piano con questa pancia deforme e altre donne
tentatrici alle sue spalle.
Spesso la donna in Klimt è rappresentata con una fisionomia ben specifica che è quella che viene
coniata dai preraffaelliti: una donna dai lunghi capelli biondi o rossi dal corpo esile e la carnagione
chiara che rappresenta lo stereotipo della donna stilnovista, qui la vediamo reinterpretata da Klimt
dalle due figure alle spalle di Cleopatra. Ciò che colpisce di quest’opera è l’aspetto decorativo,
questi elementi decorativi che sono fini a sé stessi, ecco l’arte per l’arte.

Nel primo pannello descrive le suppliche del debole genere umano, in cui tre figure nude implorano un cavaliere dell’armatura dorata,
la forza.
Nel secondo, Forze ostili attengono in agguato il cavaliere.
Il terzo pannello porta verso la conclusione in cui l’anelito alla felicità trova compimento nella poesia e la Poesia è raffigurata dalla
suonatrice di lira.
Ultimo fregio conclude con l’apotesi della felicità, illustrando un ideale della gioia, dove ogni desiderio è pacificato e il bacio finale,
eterno, tra due figure allacciate, lo suggella definitivamente.

All’interno dell’esposizione c’è anche una scultura, Max Klinger, Beethoven


Si tratta di una scultura posta all’interno della mostra,
Rappresenta il compositore a cui è dedicata la mostra. La cultura è realizzata in marmi policromi con
un tema quindi classicheggiante, lo vediamo dal modo in cui è vestito il musicista, ma ha degli elementi
più storicistici ed estetizzanti che sono rappresentati attorno a questa figura nel trono che è
tempestato da testoline e putti che richiamano la mitologia. Alle spalle ci sono delle decorazioni murali
molto stilizzate quindi elementi molto decorativi (pitture murali con fiori e profili femminili realizzati
da Colonal Moser).

Giuditta I e Giuditta II – Gustav Klimt


Nelfrattempo K era giunto a una sintesi
estrema delle fisionomie e a un appiattimento dello spazio, in favore dei fondi
oro ispirati ai mosaici di Venezia e di Ravenna. I fondali si arricchirono di
motivi decorativi che si legavano alle ambientazioni e agli abiti. Le figure
maschili scomparvero in favore di un’immagine della femminilità.
In particolare, era stato attratto dalla figura di Giuditta, giovane vedova ebrea
che salvò il suo popolo uccidendo il nemico Oloferne dopo avere finto di
concedersi a lui, tanto da dedicarle due quadri. Eroina positiva ne fece una
donna erotica e crudele soprattutto nella seconda versione, in cui le mani che
trattengono la testa divengono artigli rapaci.

Emerse il tema della superiorità della donna come colei che è in grado di
procreare e che sa abbandonarsi senza paura né difese all’amore.

Mentre in una prima fase rimangono dei richiami all’accademia, soprattutto nel modo di dipingere; nella seconda, c’è il passo
successivo: una deformazione del corpo, una massa unica di colore priva di ombre con una visione chiara del disegno.
La differenza tra questi due dipinti è molto chiara: il modo di dipingere di Klimt progressivamente abbandona qualsiasi riferimento
di tipo naturalistico che ci sono ancora in Giuditta I, il corpo e il volto hanno ancora chiari e scuri che ricordano il volto reale della
donna anche se intorno prevalgono elementi grafici e decorativi, nella Giuditta II questi elementi grafici e decorativi invadono il
corpo della figura rappresentata, il corpo è sopraffatto dagli elementi decorativi, prevale il grafismo e questi colori vivaci.
Le tre età della vita – Gustav Klimt

In quest’opera viene simbolicamente rappresentato il tema della senilità ma con uno stile
completamente nuovo.
Lo stile è puramente grafico e decorativo. Prevale la decorazione su tutto il dipinto.

Ritratti di Adele Bloch-Bahuer – Gustav Klimt


Tra le ultime opere di Klimt ci sono questi dipinti dedicati a Adele Bloch-
Bauer, amica intima di Klimt che viene rappresentata praticamente
soltanto nel volto, il resto del dipinto è puramente decorativo.
Nelle opere mature vediamo un proliferare di decorazione che sovrasta
quasi il personaggio, che si distingue poco, con un prevalere dell’oro e
degli elementi decorativi, in uno stile pre-espressionista che sarà
portato avanti dai suoi allievi, Schiele e Kokoschka. I colori
estremamente vivaci che aprono la strada verso l’espressionismo.

SECESSIONE DI BERLINO (1898)


Si tratta dell’ultima secessione, una secessione che pur arrivando in un secondo momento nel panorama artistico è però una
secessione che è frequentata da artisti estremamente importanti.
Tra i cui artisti principali troviamo Arnold Böcklin, un pittore di origine svizzera, e Edvard Munch, di origine norvegese.
Arnold Böcklin è un artista di Basilea che raggiunge Berlino dopo essere stato in Italia ed essere stato
maestro di Giorgio De Chirico. È un artista estremamente incline alla rappresentazione del tema della
morte come vediamo in: Autoritratto con la morte che suona il violino, 1872, Berlino, dove
rappresenta tutto il senso di inquietudine, il senso di angoscia e di incertezza della vita umana, ma
questo tema della morte lo interpreta in modo magistrale. In questo autoritratto, ritroviamo l’artista
consapevole del proprio valore, in questo caso l’autore sembra sbeffeggiarsi della morte che ha alle
spalle, riconoscendosi come immortale.

L’isola dei morti – Arnold Bocklin


È una proiezione dell’anima dell’artista, è un luogo che
non esiste, ma reale e inquietante dove nulla è come
appare. È un luogo che si ispira alla realtà, unisce dei
paesaggi toscani e il cimitero degli inglesi. Qui vediamo
rappresentata l’immagine di Caronte che trasporta le anime verso l’isola, ma la cosa
più particolare è che quest’opera è stata realizzata su commissione di una signora di
Basilea che voleva un “dipinto per sognare”. Il pittore pensando al tema del sogno ha
ideato un dipinto che fosse proprio la metafora dell’inconscio cui spesso non si può
accedere (l’io non possiede le chiavi di accesso a questo mondo), e il dipinto ne è
effettivamente la traduzione figurativa perfetta. Quindi questo dipinto per sognare in
realtà è un dipinto che rappresenta uno dei temi più discussi e più innovativi della cultura di fine ‘800 inizio ‘900, quella appunto
dell’inconscio, quella delle teorie di Freud.
Tra l’altro quest’opera ha una vicenda molto particolare, è stata per molto tempo dimenticata perché una delle versioni di quest’isola
è stata acquistata da Hitler. L’aver realizzato più versioni di quest’opera è una pratica che i pittori dell’800 facevano molto spesso,
cioè quella di riproporre versioni leggermente diverse di uno stesso soggetto; sia per le richieste di mercato e sia perché era uso da
parte dei pittori produrre più versioni dello stesso dipinto.
Risacca – Arnold Bocklin
Tema mitologico, richiamo ad una figura mitologica.
Si tratta di un dipinto simbolista, che rappresenta un mare tempestoso con una donna quasi
imprigionata dalla roccia. È rappresentata la forza del mare, il senso di dolore e smarrimento. In
sottofondo sempre il tema della morte.

MUNCH
L’altro grande protagonista della secessione di Berlino è Edvard Munch. È uno dei due principali precursori della pittura
espressionsita. Fu un grande viaggiatore e conobbe l’art nouveau e la pittura simbolista.
È un esponente dell’ambiente simbolista tedesco, anche se di origine Norvegese e la sua città è Oslo, perché a Berlino Munch si
forma e qui elabora la sua pittura allucinata. La sua vita è il riflesso di ciò che si vede nei suoi dipinti, è una vita caratterizzata dal
dolore e dalla sofferenza, soprattutto dovuta ad episodi familiari come, ad esempio, quello della morte della sorella molto giovane
e della madre quasi nello stesso momento, e del padre. È anche dovuta alle sofferenti condizioni di carattere psicologico dell’artista
stesso. Nel 1881 Munch frequenta l’atelier di alcuni pittori tedeschi che lo spingono a portare avanti questa sua vena malinconica e
di tristezza esistenziale. Questa cultura tedesca riempie completamente i quadri di Munch che sono caratterizzati da temi legati alla
solitudine, all’angoscia, all’eros come minaccia. Munch nel 1908 verrà ricoverato per una forte depressione nervosa.

Fanciulla malata – Edvard Munch


Nel dipinto, abbastanza realista e accademico, non essendo ancora entrato in contatto con
il mondo secessionista, descrive la camera della sorella malata: un episodio personale
piuttosto drammatico che lo colpisce e che ritroveremo spesso in età matura.
L’opera crea sconcerto e disprezzo nella critica, tanto che le mani delle due donne,
congiunte in un saluto estremo, vennero paragonate a una purea di aragosta.
La sua era una pittura disinvolta che lasciava margini al non finito, con stesure
apparentemente sciatte di colore opaco, in cui si riconoscevano il gesto della mano e la
setola del pennello.

M cercò di descrivere le proprie emozioni in modo da generalizzarle, adattandole alla vita


interiore di qualsiasi uomo. Per questo intendeva riunire tutte le sue opere in ciò che definì
“il fregio della vita”, un unico scorrere epico di immagini, emozioni e ricordi.
Caratterizzato da un sentimento di angoscia. M ha espresso la sua ricerca in molte variazioni
su di uno stesso tema, in soggetti sovente ripetuti con tecniche diverse: olio, tempera, xilografia, acquerello.

La sessualità è da lui rappresentata come ciò che conduce alla vita ma anche alla morte, “supremo inganno”. Lo si deduce bene dalla
serie della Madonna: questa figura sensuale ma cadaverica, al confine tra passione fisica e malattia. Morte e piacere e dolore
sembrano essere aspetti indissolubilmente connessi.
La società è interpretata come un luogo dove la solitudine di ciascuno resta incomunicabile. L’uomo rimane solo come in:

Pubertà
Pubertà appartiene al primo dei motivi conduttori di un grande fregio intitolato: Fregio della vita,
realizzato tra il 1893 e il 1918; del quale fa parte anche l’urlo di Munch. Il fregio trattava il risveglio
dell’amore (Pubertà), l’amore che fiorisce e passa, paura di vivere e la morte. Il dipinto Pubertà
rappresenta il momento di passaggio dalla condizione di fanciulla a quello di donna, il cui destino è
segnato ed è inevitabile, cioè quello di amare, procreare, morire. La ragazza è ancora bambina nel
busto ma già donna nei fianchi, copre il suo ventre nudo con una croce fatta dalle braccia.
La croce è simbolo di morte e va a indicare il punto da cui nasce la vita.
Questo tipo di condizione della donna non è una condizione voluta ma una condizione imposta
secondo Munch e pertanto questa condizione diventa quasi una condanna, la paura della vita,
procreare, che è già minacciata dalla morte e di fatti alle spalle della fanciulla si vede un’ombra nera
incombente e oscura che da senso di inquietudine alla scena rappresentata. Ed abbiamo quindi
questo senso di simbologia che è rappresentato dal modo in cui viene inquadrato il soggetto
all’interno della scena.
Anche in questo caso viene ritratta la sorella, rappresentazione di una delle età della vita, forse la più importante, la più difficile: alle
spalle della fanciulla c’è un’ombra nera che incombe, rappresentazione della difficoltà del vivere e, nel caso della sorella, della morte.
Uno stile essenziale (si vede il disegno), con un’ambientazione asciutta, lineare, molto sintetico e con pochissimi particolari di fondo.

M è precursore dell’espressionismo, movimento al quale non volle mai aderire, non sono soltanto i temi che tratta, quanto il fatto
che, nei suoi quadri, la sofferenza suggerisce delle precise soluzioni formali:
- l’ansia viene rappresentata da aloni attorno alle teste
- l’incombenza della follia dai colori rossastri del cielo
- la paura dalle fughe prospettiche
- il distacco dalla realtà visibile e il contatto con quella interiore dalla labilità ricorrente dei confini tra le figure e il loro sfondo.

Passeggiata sul corso Karl Johan


È il corso principale di Oslo e vediamo da una parte la folla di queste
persone che più che individui sembrano essere scheletri, maschere
scheletriche che camminano; mentre sulla destra, di spalle il pittore che
cammina in direzione opposta isolato. Ovviamente tutto è inquieto,
anche la roccia incombente sulla destra sembra venire addosso alle
persone. Si crea in tutto il dipinto un senso di angoscia.
Anche in questo caso troviamo alcuni elementi espressivi del suo stile,
con i volti dei personaggi che si trasformano in scheletri – di spalle il
pittore si ritrae mentre cammina verso la parte opposta rispetto alla
folla, distinguendosi ma rimanendo isolato. Sulla desta, poi, un picco di
montagna che sembra incombere sui personaggi e sul pittore, in
generale un senso di forte isolamento e tristezza, con la folla che perde
identità e ha già, in sé, il senso della morte, la fine della propria vita.

Ragazze sul ponte


Sul fiume si riflette la casa e l’albero che provocano un’ombra che crea un senso di baratro infinito,
ancora una volta il personaggio in primo piano è girato in direzione opposta rispetto alle altre a
simboleggiare la solitudine; a incidere sul clima malinconico il sole pallido che illumina poco la scena.
Anche qui un senso di angoscia e inquietudine nonostante un soggetto apparentemente sereno.

L’urlo
È un’icona della contemporaneità: rappresenta l’icona della
paura e dell’angoscia esistenziale dell’uomo (personale e
collettiva) e le perplessità dell’uomo moderno. Rappresenta il
senso della perdita di armonia tra uomo e cosmo.
M dipinge un individuo dalla cui bocca esce un grido muto, un grido che non produce effetto
sonoro (è un urlo interiore, primordiale). Esprime paura, angoscia, incertezza. È un grido
universale che riguarda la collettività e l’umanità intera. Si fa portavoce della CRISI di fine
secolo che gli artisti, gli intellettuali vivevano alla fine dell’800. È un essere scheletrico che al
posto della testa sembra aver un teschio, è asessuato (né uomo, né donna), non ha età, ci
vuole parlare di qualsiasi uomo che viva questa situazione di angoscia. Questo individuo si
copre le orecchie per non udire lui stesso l’urlo che come un’onda sonora esce dal suo copro
e si propaga in tutto il paesaggio e lo piega.

Le onde del cielo sono create mediante pennellate lunghe, ondulate, che si ripetono
ritmicamente e suggeriscono i FLUSSI EMOTIVI che amplificano l’angoscia e il non equilibrio.

Il sentimento di angoscia viene trasferito allo spettatore non soltanto dal tema e dai colori ma anche da alcune peculiarità della
composizione: la figura è posta in basso, non al centro del quadro, ma devia leggermente verso destra. L’ovale della bocca risulta
spostato verso il basso. La figura non occupa lo spazio che ci attenderemmo. M ci impedisce di identificare la sua composizione con
un qualsiasi schema già praticato dalla storia dell’arte e con questo inserisce nello spettatore una ragione di ansia inconsapevole.

M nel dipingere fa riferimento ad un episodio che lui vive in prima persona “una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte
stava la città e sotto di me il fiordo. Ero stanco e malato. Mi fermai e guardai al di là del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole
erano tinte di un rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole
come sangue vero. I colori stavano urlando.” Rappresenta la strada o un ponte attraverso una prospettiva scorciata, sui cui troviamo
degli individui che rappresentano gli amici o la società, quelle persone che dovrebbero stare vicino a quell’individuo che si sente così
fragile, così schiacciato dal peso della crisi sociale, invece questi sembrano camminare nella parte opposta, non si accorgono del
dolore dell’uomo. Alludono alla FALSITÀ di tutti i rapporti umani.
- Linee contrastanti: linee rette trasversali e le linee ondulate
- Colore non è descrittivo di situazione reale MA funzionale all’evocazione di uno stato d’animo drammatico
- Forme vengono deformate, allungate per rendere più acuto il dramma
LA LINEA ESPRESSIONISTA
Non vi fu un unico ceppo dal quale prese corpo una poetica di gruppo omogenea, ma tanti focolai dispersi soprattutto in Francia,
Germania e Austria.
Comune a tutti fu l’esigenza di esprimete attraverso la pittura stati d’animo, più che oggetti.
In questo senso questa pittura accesa ed emotiva si contrappose a quella, altrettanto vivace ma più indifferente sul piano delle
emozioni, che fu propria dell’Impressionismo. Gli impressionisti erano artisti passivi perché ricevevano dal paesaggio l’impressione
di ciò che osservavano. Gli espressionisti esprimono e mettono qualcosa sulla tela che va oltre ciò che vedono: per questo deformano
la realtà, la colorano con colori che non sono quelli corretti, inseriscono e affrontano temi che non sono quelli della natura.
Si presta attenzione all’introspezione, al mondo in cui la sensibilità individuale coglie il mondo. Si descrive con esso uno stile legato
alla soggettività, co radici in Michelangelo del non-finito, nell’ultimo Tiziano, nel Goya politico.
Il critico Worringer individua i punti fondamentali:
- ritorno ai primitivi
- rivalutazione dell’arte gotica tedesca
- valorizzazione dell’arte popolare folkloristica
- liberazione della forza del colore
- distorsione ed esagerazione dei tratti figurativi
- eliminazione dell’illuminismo prospettico
- rappresentazione della natura in senso simbolico e panteistico, così da identificarla con il principio divino

È la prima avanguardia = i primi gruppi e movimenti artistici che hanno un loro manifesto e regole. Da vita a due gruppi ben definiti
- In Francia nasce gruppo dei FAUVES (=belve) richiama il tema del primitivismo, del raggiungere quella stessa dimensione
che cercava Gauguin di essere puri e non avere contaminazione di carattere naturale. Le belve, infatti, sono animali selvaggi
che usano regole proprie.
Matisse diventa il perno attorno al quale ruotavano le cosiddette “belve selvagge”. Di selvaggio M aveva poco, la sua pittura,
tuttavia, si era ormai spinta su un territorio sul quale nessun maestro lo voleva più difendere.
- In Germania nasce il gruppo DIE BRUCKE (=il ponte) cioè un passaggio e legame tra ciò che era prima e ciò che è dopo.

ESPRESSIONISMO FRANCESE
Henri Matisse diviene pittore grazie a una vocazione tardiva durante una malattia. Insieme a Picasso lo si ritiene tra i grandi
innovatori del linguaggio della pittura. Passò la vita a cercare una calma interiore che potesse anche assumere le forme esteriori
dell’arte.
Per quanto riguarda lo stile, rispetto alla pittura dell’accademia dell’800:
- Non inserisce prospettiva
Lo spazio appare antinaturalistico, raggiunge un appiattimento, non c’è più l’illusione dello spazio
- Colore non rispecchia la realtà perché mira ad enfatizzare ed esprimere i sentimenti del pittore
- Deformazione della forma
Questi tre aspetti che vengono raggiunti si ritroveranno amplificati nell’avanguardia.

Paul Signac divenne suo amico e maestro: testimonia questo legame il quadro Lusso, calma
e voluttà, una composizione che associava il tema mitico delle bagnanti a quello meno mitico
del pic-nic, il borghese Dejuner sur l’herbe. Il soggetto che fa riferimento a una mitologia.
L’immagine ricorda la colazione sull’erba in Manet.
Non viene rappresentato un tema di carattere sociale e realistico, si è in una dimensione altra
che non è quella reale ma che è parallela alla realtà. I pittori capiscono che quello viene
rappresentato nei quadri è una realtà parallela e non è una copia della realtà vera.
Qui Matisse nel 1904-05 a cavallo tra la nascita del gruppo dei F usa una tecnica per
rappresentare quest’opera che è una tecnica studiata qualche anno prima dai pointillisti
(Sorat,…), pittori post impressionisti che, anche se mantengono dei temi dell’impressionismo,
sperimentano la tecnica del pointillisme. Nelle loro opere e cercano colori e cercano una luce
che si diffonde su tutto il quadro.
Usa il puntino qui per allontanarsi dalla realtà e dal naturalismo, è un espediente per distaccarsi e per cerare un’immagine piatta r
distaccarsi da una illusorietà della pittura, tutto appare grafico e contribuisce ad appiattire ancora di più l’immagine. Ci sono i
contorni che delineano l’immagine e i puntini deformano l’immagine per raggiungere quello che a lui interessava dire: esprimere un
momento di calma e serenità interiore.
M scrive: “Quello che io ricerco è soprattutto l’espressione. Non sono capace di distinguere tra sentimento che nutro per la vita e il
odo di esprimerlo… L a composizione è l’arte di ordinare in maniera decorativa i vari elementi di cui il pittore dispone per esprimere i
propri sentimenti..”
Gerges Seurat, Le chahut
Dipinto poitelliste: la scena è un caffè tipico (scena tipica dell’impressionismo). Qui non interessa il
soggetto ma studiare il modo in cui rendere gli effetti di luce all’interno della scena. Accosta colori
puri per creare un effetto di luce che si diffonde su tutta la scena. M trae questo espediente per
appiattire questa immagine.

Questo artista viene definito neoimpressionista: con questo si voleva partire dalla radice percettiva
dell’impressionismo di Monet, trattando però la luce come un’entità da analizzare e scindere sulla
tela. Si sentiva necessario un approccio più obbiettivo e scientifico, e un ritorno in atelier, per
concentrarsi su un lungo lavoro preparatorio dell’opera. L’impressionismo rivolto a descrivere le
superfici delle cose ina maniera intuitiva e soggettiva era finito.
L’artista preferiva definirsi cromoluminista per accentuare l’atteggiamento analitico nel registrare fedelmente il mutare dei colori in
relazione alla luce.
Il termine che si diffuse però fu quello di Pointillisme (puntinismo) che descriveva il metodo “a puntini” attraverso il quale l’artista
componeva la tela, coperta da piccolissime macchie di colore, destinate a descrivere la scomposizione fisica della luce e la sua
ricomposizione percettiva nella retina dell’osservatore.
L’immobilità dell’insieme valorizza la vibrazione della luce e dunque il sistema puntinista. S anticipa il procedimento dell’immagine
a colori del pennello elettronico: il suo puntino è infatti un progenitore del pixel nello schermo televisivo.

La danza di Matisse
Nella maturità rappresenta questa gioia di vivere, questa sua armonia dell’uomo
immerso nel paesaggio naturale e crea questo grande dipinto dove le figure
sono tutt’altro che reali e naturali: sono delle sagome che galleggiano nello
spazio, c’è un andare al di fuori della rappresentazione della scena.
Cinque copri rosso-arancioni si stagliano su un fondo verde e blu, formando un
cerchio di figure nude che è impegnato in un girotondo vorticoso. La velocità è
resa dal disegno, ma anche della violenza delle associazioni di colore.
- Forma circolare
- Ripetizione ritmica
Divennero due costanti nella sua pittura.
Matisse non volle mai raggiungere l’astrazione. La figura gli consentiva di mostrare a quale punto di deformazione potesse portare
ciò che descriveva, cosa che sarebbe decaduta se egli avesse del tutto abbandonato la rappresentazione.
Lui sceglie l’assoluta piattezza del colore e un disegno ridotto ai minimi termini: quella sintesi che aveva tanto ammirato negli
affreschi padovani di Giotto, ma anche in tutti gli oggetti etnici dei quali amava circondarsi.

Altri pittori nel gruppo dei Fauves sono:


Raoul Dufy, Manifesti a Trouville
Albert Marquet, Trouville
Insieme a M vanno a vivere fuori Parigi, nelle zone del nord della Francia,
in Normandia dove ci sono dei piccoli paesini colorati dove la vita è più
armoniosa, dove le persone si conoscono e si salutano: dimensione
umana.
Non sono pittori che si estraniano completamente dalla realtà: c’è un
elemento della modernità, ovvero, i manifesti pubblicitari, non sono pittori che non partecipano della
vita ma vivono nel contempo. Ma la reinterpretano a loro modo. La pubblicità c’è ma diventa qualcosa di sereno, armonioso (perché
di quello sono in cerca: di armonia con il mondo naturale).
- I colori non naturali
- Figure sono tratteggiate e delineate con un alinea nera sintetica. Osservazione del dipinto fa intuire il corpo umano o le case
o le strade ma non c’è volontà di descrivere questa strada.
Confronto tra Ritratto di Fernanda di Kees Van Donger (Die Brucke) e Donna in
camicia di Andrè Derain (Fauves).
I F sono armoniosamente integrati nella natura e sono pittori positivi che
cercano questa armonia nei colori, attenzione al cromatismo nel modo in cui
vengono distribuiti i colori. Uso del contorno non è nero ma blu, in modo che si
armonizzi, rosso nei capelli ma anche nello sfondo.
I dipinti del Die Brucke sono cupi e contrastanti.

ESPRESSIONISMO TEDESCO
In Germania di agitavano tensioni politiche e sociali molto forti a causa del rigido controllo burocratico sulla popolazione. In questo
contesto veniva promossa un’arte ufficiale, volta a celebrare la casa regnante.
Gli artisti più giovani assumono di conseguenza atteggiamenti di ribellione. Contro l’arte ufficiale cominciarono a insorgere diverse
Secessioni nelle due città:
- Monaco nel 1892
- Dresda nel 1893

Le caratteristiche comuni a tutti gli espressionisti tedeschi:


- Aggressività sia estetica sia morale
- Uso violento del colore
- Emotività esasperata
- Desiderio di provocazione e di polemica sociale
Il testo di una xilografia di Kirchner cita: “in quanto giovani noi siamo portatori del futuro e cogliamo creare per noi stessi libertà di
agire e vivere e di movimento di fronte alle vecchie forze così difficili da sradicare.”
Il nucleo si era coagulato nel 1905 grazie a quattro studenti di architettura, tre dei quali, dopo gli studi, si dedicarono completamente
alla pittura.
Il nome “artisti del ponte” citava un passo di Così parlò Zarathustra di Nietzsche: il ponte era quello ideale lanciato verso un futuro,
segnato dalla volontà di potenza, di forza d’animo, di rivolta verso chiunque cercasse di uccidere lo spirito dionisiaco e l’impulso alla
vita con un moralismo invecchiato. Erano convinti che l’arte potesse giocare un ruolo determinante nel ricondurre l’uomo moderno
a valori meno corrotti di quelli a cui lo forzava la nuova società urbana.
Il loro stile era erede dello Sturm und Drang ottocentesco e dei miti Bohemien.
Tra le tecniche vennero privilegiate la scultura in legno e la xilografia, un tipo di stampa che si ottiene incidendo lastre di legno,
inchiostrando le parti non incise, ponendovi sopra il foglio, che una volta staccato, risulta stampato a toni molto contrastanti. Il
fascino consiste nella sua incisività e precisione. Permetteva di produrre molti esemplari e raggiungere un pubblico più vasto: fu un
modo ulteriore per cercare il rapporto con il grande pubblico.
Malgrado tanti sforzi continuarono a suscitare soprattutto reazioni di indifferenza o di disprezzo, inaugurando una contraddizione
destinata a durare per tutto il Novecento. Die Bruke si disperse nel 1913 dopo che ciascun artista ebbe maturato una propria
espressività autonoma. Solo dopo 50 anni il pubblico iniziò ad apprezzare ciò che inizialmente veniva definito come astruso, infantile
e brutto.

Ernst Ludwig Kirchner era il più dotato tra gli artisti del gruppo Die Bruke. Soffrì di gravi depressioni, infatti, partito per la 1ww,
venne subito congedato per insanità mentale. Si tolse la vita nel 1983.
Tre fasi successive nella sua produzione:
1- Pittura a pennellate larghe, morbide e con grande attenzione ai rapporti di colore
Esempio: Marcella
2- Tecnica a pennellate oblique e forti come pioggia, la costruzione tra una figura e l’altra da luogo a continui angoli acuti. I
colori sembrano essere impastati nel nero e da luci gialle. Protagonista è la città
Esempio: Cinque donne nella strada
3- La natura alpina appare nei quadri come un luogo mitico, i toni perdono asprezza e acquistano visionarietà, colorando gli
alberi di violetto e la neve di rosa.
Bagnanti
Forme più spigolose e meno armoniche.
Sempre lo stesso tema del F: di cercare armonia tra paesaggio e essere umano.
K arriva a questo tipo di forme perché questi pittori riscoprono la tecnica della xilografica,
stampa d’arte che si fa utilizzando una tavoletta di legno su cui vengono incise le forme.

Torre rossa ad Halle


Immagine di Berlino dove i colori non sono naturali. Questi pittori mostrano il disagio dell’uomo
contemporaneo nella città, cercano l’armonia nella natura (così come hanno fatto i francesi andando
via da Parigi per il nord della Francia). La città è qualcosa di inquieto che travolge l’uomo
- Il tram che sembra sprofondare per terra
- Nume in fondo inquietante
- Non ci sono persone, senso di assenza e di isolamento

Ludwing Meidner, Io e la città


Mostra ritratto dell’artista che è circondato da una città che lo sovrasta.
La città è piena di ciminiere, di fumo è sconvolta.
Esprimono il disagio scomponendo e deformando le immagini e il paesaggio. Già Munch deformava il
paesaggio, anche van gogh. La deformazione del paesaggio è un modo per esprimere il sentire dell’artista.
ANTILLUSIONISMO - Da Cezanne a Picasso
ANTILLUSIONISMO: rifiuto di una rappresentazione della realtà, per andare verso un modo diverso di intendere la funzione dell’arte.
Nel ‘800 il problema dell’artista era quello di descrivere la realtà, quindi di dare conto di quello che il pittore vedeva, descrivendo le
figure umane, i paesaggi, o dando impressione dell’atmosfera. Seconda metà del 800 si sviluppa e prende sempre più piede, un
modo sempre più valido per rappresentare la realtà, ovvero la fotografia, e quindi il pittore si sente defraudato del suo compito di
rappresentare la realtà. Nel corso del 800 e primo 900, la fotografia è vista come un’arte minore, i pittori devono trovare un altro
modo per giustificare il mestiere del pittore, ed anche per questo motivo che procedono verso l’antillusionismo, quindi si rifiutano
di rappresentare solo la realtà. Se l’arte illusionistica/realistica nascondeva i trucchi del mestiere del pittore/ realtà, il modernismo
(pittura e scultura del 900) utilizza come punti di riferimento (1905 data della prima avanguardia) le limitazioni della pittura (ad
esempio che il supporto non è regolare, la pittura piatta, le proprietà del pigmento) venivano considerati come dei fattori negativi,
infatti ricoprivano le loro tele con degli strati successivi di misture fatte a base di albume d’uovo ecc.. che davano un senso di
preziosità all’opera, per nascondere l’effetto immediato dell’olio, per nascondere la perfezione assoluta del colore. Cade la bellezza
come criterio principale e le opere del 900 le opere sono brutte.
Nel 900 I pittori dell’avanguardia usano il mezzo pittorico per attirare l’attenzione sull’arte stessa e lasciano anche vedere le
imperfezioni della pittura: la superficie piatta, la configurazione del supporto (tela rovinata, tavoletta ha screziature) proprietà del
pigmento (grumoso o liquido).

“L'arte realistica, illusionistica celava il mezzo, adoperando l'arte per occultare l'arte. Il modernismo adoperò l'arte per attirare
l'attenzione sull'arte.
Le limitazioni che costituiscono il mezzo della pittura - la superficie piatta, la configurazione del supporto, le proprietà del pigmento
– erano considerate dagli antichi maestri come fattori negativi che potevano essere ammessi soltanto implicitamente o
indirettamente.
La pittura modernista è pervenuta a considerare queste stesse limitazioni come fattori positivi da riconoscersi apertamente”
(Clement Greemberg, in Harrison e Wood, 1992, pp. 775-56)

I dipinti Paul Cezanne, densamente cerebrali, non hanno contenuti emotivi facili a un immediato apprezzamento. La frequentazione
con gli impressionisti fu breve e la sua vicenda artistica si svolse in Provenza lontano dai dibattiti parigini. Si suoi quadri vennero
sistematicamente rifiutati dai Salon ufficiali.
Non era un artista istintivo ma metodico e riflessivo, alla continua e testarda ricerca di uno stile personale che gli consentisse di
superare l’impressionismo.
à ciò che egli desiderava non era dipingere la visione, la ricostruzione logica e strutturale di essa.
“Tutto in natura è formato da sfera, cilindro e cono”, sottolinea questa ricerca di sintesi duratura delle forme. Indipendentemente
dal modo in cui la natura è strutturata, la mente umana non riesce a percepirla se non secondo griglie geometriche regolari.
Per questo C dipingeva dal vero seguendo la sua sensazione, ma a partire da quella depurava l’immagine dal suo aspetto
istantaneo.
Secondo la sua teoria la natura e la luce del sole sono impossibili da riprodurre, allora occorre rappresentarla mediante i colori intesi
come degli “equivalenti” pittorici. È necessario eliminare i contorni, i profili delle figure, perché il disegno non esiste in natura ma è
solo un artificio. La costruzione del dipinto viene realizzata mediante la modulazione del colore: macchie poste una accanto all’altra
conferiscono, grazie alla differenza di tono, l’illusione della tridimensionalità.
La conseguenza di questo metodo è la solidificazione non solo degli oggetti ma anche dell’atmosfera che li circonda. Aiuta il fatto
che il colore spesso è opaco e quindi impedisce una riflessione fluida della luce.
Negli ultimi 20 anni C dipinse solo tre soggetti: nature morte, figure e paesaggi e il profilo della montagna Sainte-Victoire.

Elementi che influiscono per la realizzazione di Les Demoiselles d’Avignon:

Peter Paul Rubens, Il giudizio di Paride 1632-35


Nel quale osserviamo la scena di due giovani, uno dei due è Paride che sta scegliendo la fanciulla
più bella. Si tratta di un dipinto dedicato alla bellezza.

Maschera Grebo
P collezionava maschere africane, era da lui posseduta. P vede queste
maschere al museo Trocaderò di Parigi. Scrisse:
“Quando andai al vecchio Trocadero, ne fui disgustato. Il mercatino delle
pulci; l’odore. Ero da solo. Volevo andarmene, ma non lo feci. Rimasi. E rimasi. Compresi che si trattava di
qualcosa di molto importante: mi stava davvero succedendo qualcosa. Le maschere non erano simili a nessun
altro pezzo scultoreo. Per nulla. Erano oggetti magici… tutti i feticci erano usati per la stessa cosa. Erano armi
[…] Erano strumenti. Se diamo forma agli spiriti, diventiamo indipendenti. Gli spiriti, l’inconscio, le emozioni –
sono tutte la stessa cosa.
Compresi. Compresi perché ero un pittore. Tutto solo in quell’orribile museo, con maschere, bambole costruite da pellerossa,
manichini polverosi. Les Demoiselles d’Avignon devono essermi apparse proprio quel giorno, ma nient’affatto a causa delle loro
forme; piuttosto, perché si trattava del mio primo dipinto-esorcismo – sì, assolutamente!”
Les Demoiselles hanno la stessa funzione delle maschere: rappresentano la dimensione dell’inconscio.
Lo scopo è rappresentare la realtà nella sua verità. La maschera serve per far vedere una dimensione che non si vede.

La riscoperta sistematica della cultura africana ebbe inizio con la campagna napoleonica in Egitto nel 1798, con la nascita a Parigi del
Museo Etnografico del Trocadero. Qui gli artisti appresero il linguaggio della scultura nera.
Motivo per il quale erano nate queste maschere: nelle culture africane non vi era pressoché nessun posto per l’arte come la
concepisce l’Occidente, cioè come espressione di un individuo, libera nelle forme e priva di utilità pratica. Quegli oggetti nascevano
per essere usati in riti magici o medici e per essere mossi dalle danze o dal corpo do uno sciamano.
Ciò che interessò il gruppo cubista fu la capacità degli oggetti africani di sostituire una prospettiva ottica realista con una prospettiva
simbolica, le cui intenzioni sembravano prescindere dalla logica.
Alla base dell’attrazione ci fu l’ideale romantico, del selvaggio, dell’incontaminato, di ciò che è privo di tradizioni.
L’influenza dell’africa nella cultura europea è stata talmente forte che alcuni critici sostengono che non ci sarebbe stato il
Modernismo occidentale senza la scoperta del Primitivismo africano.

Altro modello di Picasso per la realizzazione di Les Demoiselles d’Avignon.


La sintesi più imponente tra natura e figura umana compare nella serie delle
Bagnanti di Cezanne. Dedicò a questo tema circa 200 studi. Vi compaiono 14 figure
divise in due gruppi, che identificano due triangoli davanti a tronchi curvati in una
sorta di volta gotica. Il colore ocra bilancia il blu del cielo e ogni altro tono è
smorzato. I corpi nudi delle donne al bagno perdono nei quadri qualsiasi
connotazione erotica: si presentano come natura nella natura, confratelli rispetto
agli alberi e fogliame e partecipi, dunque, di un equilibrio unitario.
L’ambizione era quella di dare alla pittura un ruolo autonomo rispetto al mondo
reale, di liberarla dall’esigenza di rappresentare le cose, per conferirle la libertà
di presentare il pensiero visivo, seguendo esclusivamente leggi proprie.
Questa indipendenza dell’arte, questa perdita di importanza del soggetto in favore
del metodo, questo volere ricalcare non le regole della visione, ma piuttosto quelle
interne alla mente, è un principio che si sarebbe posto alla base di tutta la pittura
moderna.
Ci sono degli espedienti che portano a superare la pittura precedente: il modo in cui C studia lo spazio nel dipinto, usa delle
deformazioni del paesaggio per rappresentare la tridimensionalità.
La tridimensionalità è realizzata con dimensioni diverse per ciò che è in primo o in secondo piano. Diversamente dalla prospettiva di
Degas, non ci sono dei tagli ma c’è uno sfondamento verso il centro (quello che piccolo è al centro).
Gli alberi sono forzatamente inclinati verso il centro. Anche i nudi ai lati del dipinto convergono verso il centro. Ciò che sta ai bordi
non si vede praticamente.
C cerca di studiare scientificamente la visione. Inventa un tipo di prospettiva oculare perché è come se ricreasse l’immagine
specchiata nel bulbo oculare. L’occhio vede bene ciò che sta davanti e al centro e vede non bene ciò che sta ai bordi.
P come se avesse voluto ricreare una visione convessa che richiama il bulbo oculare.

Come C si intravede nell’opera di P, in modo in cui rende lo spazio, capendo e utilizzando lo spazio come qualcosa di concreto e
reale, di oggettivo esattamente come il resto delle figure presenti nel suo dipinto.
Il soggetto è una casa di appuntamento di Avignone. C’erano due uomini che poi elimina perché non interessa il tema sociale.
Come rendere la dimensione volumetrica dello spazio: è reale come i corpi delle donne.
Inoltre, vediamo una presenza particolare della maschera: le due donne sulla dx indossano maschera africana.

Paul Cézanne, Una moderna Olympia, 1869


C ha svolto un ruolo cruciale nella nascita di un nuovo linguaggio figurativo, fonda un modo diverso
di dipingere e concepire l’arte stessa. Il suo contributo riguarda gli obiettivi, il metodo, l’aspetto
teorico del fare arte.
natura della sua sperimentazione pittorica, lo conducono a sottrarsi all’atmosfera mondana della
cerchia degli espressionisti con i quali condivide una parte della sua pittura soprattutto nel periodo
Parigino. Si chiude dopo l’esperienza parigina nella sua città d’origine e qui raggiunge degli esiti
altissimi dal punto di vista della ricerca artistica.
Questo suo desiderio di sperimentazione è presente già dalle sue prime opere come questa: un’opera
che ripercorre lo stesso tema di Eduard Manet, Olympia, 1863.
Questo è un dipinto del periodo precedente l’impressionismo.
È un dipinto simbolista, riprende il tema di Manet dell’Olympia ma ha uno spirito completamente diverso. Se in Manet c’è questa
area sprezzante, questa sfida che il pittore attraverso l’immagine di O vuole dare ai suoi contemporanei.
In C c’è l’emergere dell’inconscio, delle paure delle tensioni di Olympia: è rattrappita su se stessa. Dietro c’è l’ombra della sua
servitrice di colore e davanti c’è l’uomo svelato ma scuro che crea tensione.
Altro dipinto di C di questi anni: il ratto del 1867

Dopo questa fase più simbolista Cezanne attraverso il periodo impressionista (=gruppo
di artisti che cercava un nuovo modo di dipingere più immediato per poter rappresentare
gli effetti della luce nel paesaggio).
Paul Cézanne, Piscina Jean Bouffan, 1876. È un’opera pienamente impressionista.
È un soggetto tipico dei pittori impressionisti. Una fontana in un parco a Parigi. La luce e
la luminosità tipiche della pittura impressionista (la luce è data dalle pennellate brevi bianche).
Si vede il fatto che per C l’impressionismo non è un punto di arrivo ma di passaggio per arrivare al suo linguaggio di costruzione
dell’immagine, non di pura impressione

Vediamo già di diverso a un dipinto come: Claude Monet, Impression. Soleil levant, 1872. È
il dipinto che ha dato nome all’impressionismo.
Mentre in Monet ciò che il pittore vuole trasmettere è un senso di luminosità di quasi
evanescenza della forma degli oggetti e delle figure, per dare l’effetto della vibrazione della
luce.
Nel caso di Cézanne oltre alla luce c’è la volontà di costruire la forma con la pennellata, i
suoi dipinti sono molto materici. Usa la pennellata in modo incisivo a costruire la forma,
nell’albero inserisce del nero (colore non degli impressionisti).
La route tournante, 1878-79
Al pittore non interessa più il tema della luminosità del dipinto, ma a lui interessa
raccontare la forma, come è costruita la realtà sulla base di come l’occhio la vede. Un’altra
osservazione che Cézanne fa sull’occhio umano è che l’occhio tende a semplificare le forme,
a ridurle.
C cerca di costruire l’immagine, forzandola anche e andando a dare un senso non naturale.
Anche nei suoi scritti teorici sostiene che la natura è sintetizzabile nelle figure geometriche
solide:
- Cubo
- Sfera
- Piramide
Quindi in queste forme solide si possono definire tutte le forme della realtà. Questo dipinto è dipinto in cui ce una geometrizzazione
progressiva dell’immagine.
Anche gli alberi non sono ramificati ma sono quasi delle strisce e dei segni neri che definiscono le forme. E abbiamo l’uso di una
pennellata specialmente negli alberi che è una pennellata che va a costruire la forma, non c’è il disegno ma il pennello costruisce
direttamente con il colore le forme della realtà circostante.
Non è più dipinto impressionista ma apre una stagione conosciuta di C che è quella matura, post-impressionista e che fa di Cezanne
una di quelle grandi figure importanti della storia contemporanea perché traghetta nel 900. Picasso guarderà proprio a lui.

Donna con caffettiera, 1890-95


La figura e la natura morta è rappresentata in modo volumetrico. È volumetrica perché c’è un chiaro
scuro che rende l’effetto del volume e che semplifica questi volumi. Questa donna è ridotta a forme
geometriche solide. la geometria solida gli permette di ottenere un effetto volumetrico.
La parete invece è piatta come in Klimt. Contribuisce a far emergere il volume della figura davanti.
I giocatori di carte è un soggetto a lungo studiato da C. l’interesse è rivolto
alla logica del gioco che si riverbera nel rigore della rappresentazione
pittorica.
Questa è l’ultima versione che si concentra sulla lotta cerebrale di una partita
a due e dunque su tutto ciò che è in grado di rispecchiare un andamento
binario.
L’immagine si presenta con uno schema fortemente geometrizzato che
conferisce ai due personaggi una dignità classica: tensione vitale e un senso
di cupa riflessione esistenziale.
Lo spazio è costruito su una griglia di orizzontali e verticali, in questo schema
si inseriscono le oblique. L’immagine appare lievemente fuori centro,
risultano spostati verso destra. La finestra a sx funge da contrappeso visivo a
questo sbilanciamento. C ottiene così il massimo grado di centralità che risulti
credibile in una scena vissuta.
Pone questo lieve scarto dal centro per evitare il rischio di descrivere un
mondo non tratto dal vero: le cose non ci si presentano mai in uno stato di perfetto equilibrio.
- Giocatore a sx appare connotato da cilindri rigidi, mentre quello di destra da piramidi flosce.
- Tutto il dipinto appare costituito da variazioni su abbassamenti di tono dei tre colori fondamentali: blu, giallo e rosso
Tutti gli aspetti del quadro convergono a descrivere una relazione tra uomini che è al tempo stesso di opposizione e di scambio. Non
viene dunque solo resa una impressione, ma anche una descrizione del senso interno all’azione, come ne fosse la sintesi destinata a
permanere nella mente, quasi calcificata e sotto forma di ricordo.

La Montagne Saint- Victorire, vera ossessione di C, dipinge tutti i giorni


in modo maniacale di fronte a questa montagna. Fu una musa ispiratrice
attorno a cui esercitò la sua tensione espressiva: la dipinse ogni volta da
una prospettiva diversa, con soluzioni tecniche differenti, alla ricerca
della massima sintesi attraverso cui era possibile renderne tanto la
percezione soggettiva quanto l’essenza oggettiva. L’osservazione a
lungo del soggetto porta a vedere il soggetto in modo sempre diverso e
non avere una visione netta ma che tenga in considerazione il tempo in
cui la osserva.
Nei dipinti eseguiti anni dopo i contorni appaiono più sfumati e le
macchie di colore accennano solo sommariamente agli oggetti reali:
l’insieme della superficie è quasi divenuto astratto, ma tramite le linee
orizzontali rende un senso di vastità dello spazio e, seguendo le verticali,
la sua profondità.
C non vuole indagare la natura del reale come fanno i cubisti e i
movimenti di avanguardia ma è molto legato all’immagine e ciò che
l’occhio vede. Si impegna perché quello che lui vede venga rappresentato in modo più veritiero possibile.
Arriva a definire la sua pennellata costruttiva, solida che crea la forma. Lui non ha più bisogno del disegno. Tutto è creato con il
colore pastoso molto materico steso con il pennello. Questo lo porta a dare il senso
della visione.
Mette i colori confondendoli l’uno nell’altro: pennellate verdi nel cielo e azzurre nel
bosco.
Dato il cupo senso della morte che accompagnò C tutta la vita, associato alla
difficoltà di relazioni interpersonali affettive, nelle vedute della montagna negli
ultimi anni della sua carriera si è talvolta osservato un segno del suo anelito alla
solitudine e della sua tardiva conversione religiosa.

Non ha poi quasi più bisogno del soggetto, potrebbe inventare ogni volta una visione
nuova cambiando la visione dei colori.
L'Estaque, 1886 dove realizza questa località della Francia dove il paesaggio è ridotto a
delle forme essenziali, geometriche, solide e che preannunciano l’ultimo periodo di
Cézanne.

Questi due andranno a dipingere negli stessi luoghi di C e partono da dove


è arrivato C. è rimasto legato all’immagine naturale.
È un dipinto che rappresenta la visione e ciò che l’occhio vede anche se è
semplificato e P e B vanno oltre. Si nota già una sorta di scomposizione.

In questi due dipinti cosa c’è che non c’è in C?


I colori sono naturali. C è un pittore post-impressionista perché legato a
ciò che vede, non mette le sue emozioni e quindi non cambia il colore.
Il discorso di C è razionale: analizzare la visione
In P e B osserviamo qualcosa che in C ancora c’è e che per loro va in una
dimensione diversa = scomposizione.
Se C rimane legato a delle forme volumetriche, alle forme della geometria solida, la geometria solida in P e B si scompone. Non si
riconosce l’edificio ma c’è una squadernatura. Siamo in una dimensione già di studio, di scomposizione della realtà.
Queste opere sono del 1909-08 c che muore nel 1906, proprio in quell’anno, viene fatta una mostra a Parigi e loro visitano questa
mostra e rimangono impressionati dalla sua arte.
Loro non solo dipingeranno quello che vedono ma anche quello che non si vede.
IL CUBISMO
Il Cubismo radicalizza una trasformazione del linguaggio artistico che comincia già nella metà dell’800. Le cause di questo
cambiamento radicale del linguaggio sono tante. Si possono riassumere nell’idea che l’uomo nel 20 sec è profondamente cambiato,
cambia completamente la propria sensibilità a seguito degli sviluppi scientifici e filosofici.
Basta pensare che con il cubismo si passa da una visione statica del mondo a visione dinamica basata sul cambiamento, ci si sposta
dalla sfera del visibile a quella dell’invisibile. Capire come funzionano questi cambiamenti può essere utile anche per i mutamenti
dei linguaggi nelle avanguardie.
All’inizio del 900 l’immagine che si aveva dell’universo era radicalmente diversa da quella che se aveva in precedenza. Il microscopio,
il telescopio e la visione aerea stavano rivoluzionando il modo di vedere.

Crollo delle certezze della religione cristiana


La nascita del mondo era basata sulla genesi della bibbia. Tutti erano convinti che questa fosse la via per caprie come fosse la vita.
Questo concetto viene rivoluzionato dalla pubblicazione nel 1859 de L’origine della specie di Charles Darwin, che definisce l’origine
dell’uomo nella scimmia e non dal tocco della mano di dio con quella dell’uomo, e L’interpretazione dei sogni di Freud.
Nel 1886 viene pubblicato Al di là del bene e del male e 1892 CosÌ parlò Zarathustra DI Nietzsche. N nelle sue opere mette al centro,
la filosofia, l’uomo come Dio, come creatore che gestisce il proprio destino che non è in balia del destino come aveva insegnato
Manzoni nel Promessi sposi, ma è un uomo che decide del proprio destino. Si diffonde un nuovo tipo di spiritualità che non è quella
tradizionale, che aveva dominato, quella cristiana ma è una spiritualità sincretica (che mette insieme elementi diversi).
La Teosofia nasce a New York come scuola grazie a madame Elena Petrovna Balavatskij (fondatrice della società teorofica a NY nel
1875).
Tra questi c’è anche sar Peladan, fondatore dei Rosacroce), che sono un circolo culturale settario che organizzava anche Salon
dedicati all’arte. A questi salon partecipavano molti artisti simbolisti.
E Steiner che si stacca dalla società teosofica e fondo l’antroposofia, un'altra scuola che ha sempre questa componente religiosa e
spirituale. Anche lui si occupa di arte che è un mezzo per raggiungere certi stati di meditazione, di riflessione sul mondo.

Si passa da un’idea statica del mondo a una concezione dinamica della materia e di un mondo in costante mutamento.
Tutte queste scoperte e modi di pensare cambiano le certezze delle persone e degli artisti.
Altro pensatore che contribuisce a cambiare completamente la percezione che si aveva del mondo, da una visione statica a dinamica
della materia, è Bergson. Lui sosteneva in Materia e Memoria che quando noi incontriamo e veniamo a contatto con qualcosa di
nuovo, agisce una memoria collettiva ancestrale oppure una memoria di qualcosa già sperimentato prima, che contribuisce a
cambiare la percezione di quello che stiamo vivendo. La percezione del mondo è sempre condizionata dalla memoria.
È quello che Yung definsice come “archetipi”. È chiaro che per conoscere non è sufficiente guardare qualcosa ma agiscono tutto un
insieme di aspetti che non riguardano la sola vista ma che riguardano anche la dimensione interiore e anche la consapevolezza che
c’è una dimensione, quella del tempo, che richiede una complicazione ulteriore e che va inserita
nell’opera perché fa parte di un modo di conoscere.
Nel 1895 si registra l’invenzione del cinematografo dei Fratelli Lumiere.
Immagine di Balla Bambina che corre sul balcone. C’è la figura che si muove nello spazio. È una ripresa
cinematografica e ispirata dalla cronofotografia che scatta diversi istanti del movimento.

Avviene un cambiamento epocale nella comprensione della natura della materia inseguito alle scoperte
scientifiche avvenute da metà dell’800:
1- Metà 800 scoperta dei cromosomi
2- 1898 scoperta della radio: dimostra che della materia inerte può emanare energia sotto forma di luce. È alla base della
tecnica radiografica, della radiografia per fotografare parti del corpo che non si vedono. L’anatomia è una scienza che si
studiava all’accademia. I pittori squartavano i cadaveri per poter vedere cosa c’era dentro.
3- 1901 pubblicazione della teoria quantistica di Max Plank: secondo cui la radiazione di un mondo che non si vede, è emessa
secondo quanti invisibili di energia. Quindi il corpo e la materia sono fatti di questa energia che è in continua mutazione.
Attraverso la teoria quantistica si possono giustificare fenomeni che non sono comprensibili dalle leggi della meccanica. Es
se avviene un mutamento dell’atomo avviene in virtù della natura stessa dell’atomo.
4- 1905 teoria della relatività di Einstein

Due anni prima che dipingesse Le Damigelle, nel 1905, Einstein pubblica la teoria della relatività.
In questa teoria egli afferma un’idea più chiara e ordinata del cosmo il cui habitat andava configurandosi come un insieme di
frammenti, in cui neppure spazio e tempo erano parametri assoluti.
Afferma quindi che la nostra visione del mondo non può essere concepita in termini di pura tridimensionalità. Novità rivoluzionaria
era l’eliminazione di uno dei pilastri su cui si basava la pittura accademica: la prospettiva. (non è proprio una novità assoluta perché
Picasso è sulle opere di Cezanne che iniziò a meditare questi frammenti di realtà che venivano visti da angolazioni diverse).
I pittori cubisti si sforzano di costruire una realtà nuova e diversa. Inseriscono nell’opera molteplici punti di vista per ottenere una
rappresentazione totale e più completa dell’oggetto: introducono la QUARTA DIMENSIONE, il fattore TEMPO (concetto definito nel
1913 da Guillaume Apollinaire).
È la possibilità di ritrarre il movimento attraverso un’immagine ferma e di mettere in evidenza, sovrapponendoli nell’immagine,
i molti punti di vista da cui un oggetto o una persona possono essere visti, da posizioni diverse, quindi in momenti successivi di
tempo.
Questa dimensione complica la nostra visione del mondo: noi per conoscere il mondo abbiamo bisogno di tempo. il tentativo che
fanno P e B è quello di inserire questa dimensione all’interno delle loro opere, bloccandola in un istante. Se per conoscere una
persona devo giragli intorno sia fisicamente che mentalmente, per mettere la dimensione del tempo nell’opera si deve bloccare
anche la temporalità.
Numerose scoperte scientifiche nel corso della seconda meta dell’800 hanno portato l’uomo del 900 a conoscere meglio la realtà e
a capire che non è statica, ma qualcosa di dinamico a partire dalle cellule di cui è fatto il corpo dell’uomo.

Il cubismo ha il suo punto di riferimento in Cezanne, trovando uno stimolo formidabile nella retrospettiva che gli viene dedicata dal
Salon d’Automne. C aveva indicato che non solo il colore, ma anche la forma, il modo di costruire lo spazio figurativo andavano
radicalmente rinnovati. Aveva cercato di ridurre il visibile alle sue componenti geometriche semplici. C aveva abbassato il tono del
colore e ridotto la sua tavolozza: è un procedimento tipico di chi cerchi di proporre non tanto contenuti emotivi, ma piuttosto una
ricerca razionale.

Tutto il cubismo si sviluppò attorno a due poli:


- La descrizione dell’oggetto rappresentato visto da ogni angolazione
- L’astrazione rispetto all’oggetto stesso e il desiderio di usarlo come pretesto per rinnovare e liberare il linguaggio della
pittura.
Da questo punto di vista era poco importante quale fosse il soggetto del quadro, così come l’individuazione di questo soggetto da
parte degli spettatori. L’attenzione si sposta sul metodo, non sul cosa ma sul come.

PABLO PICASSO
Ha saputo interpretare lo spirito del suo tempo.
• 1991-1900 I suoi esordi sono nella tradizione verista spagnola. È un enfant prodige
• 1901 – 1904 Periodo blu = appena 19enne parte per Parigi e viene influenzato dagli impressionisti.
Rappresenta nelle sue opere le suggestioni che si assommano a ciò che vedeva per strada e che dipingeva con vena
malinconia nei quadri. Un’umana povertà, cupa, marginale. la descrizione dell’essenzialità passa anche attraverso il colore:
la tavolozza si riduce ai toni del blu.
• 1904 – 1906 Periodo rosa = scelse toni del rosa, beiges, marron e bianco. A riscattare la povertà restano solo i legami
affettivi, come numerose rappresentazioni di teatranti di strada e del circo.
• 1906 – 1908 Picasso esegue il grande dipinto Les Demosielles d’Avignon che segna la nascita del cubismo. Il quadro rimase
nello studio dell’artista dove fu visto da amici. Stupì Braque. Da qui lavorarono insieme.

Picasso, Les Demoiselles d’Avignon del 1907. Non è ancora un’opera cubista ma
protocubista. Il 1907 è la data usata per delineare la nascita del cubismo. Ha molti
aspetti che portano e fanno capire la modernità.
È un’opera sorprendente, affronta temi realisti con colori in chiave espressionista. In
realtà quest’opera è creata sulla base di fonti complesse e molto ampie. La scena
immaginata da Picasso probabilmente ispirata ad un episodio all’interno del bordello
di Barcellona Carrer d’Avinyo: visi e corpi appaiono non a caso taglienti e segnati da
molti angoli acuti. I nasi sono aguzzi, i seni acuminati.

È un’opera costruita dall’artista con molto studio che ha molte fonti di riferimento:
Picasso effettivamente inserisce nell’opera alcuni elementi presenti nel dipinto di Peter
Paul Rubens, la FANCIULLA nel suo dipinto sulla sinistra con le braccia alzate è la stessa
posizione che vediamo della donna al centro al quadro di Picasso. All’origine
quest’opera aveva all’interno anche due personaggi maschili, quindi anche i due avventori, clienti, ma in un secondo
momento Picasso ha abbandonato quella scelta e ha tolto la narrazione nell’opera in modo tale che questo dipinto non
rappresentasse più quella scena e quel luogo specifico, ma una scena, una delle tante scene che si possono cogliere.
Nell’immagine vediamo queste ragazze quasi in una scena teatrale come suggerisce la tenda-sipario a sinistra, così come si
offrono ai clienti prima di essere scelte. I clienti, dopo che sono state estromesse le figure maschili, siamo noi: attraverso
questo espediente Picasso mette gli spettatori dentro il quadro e crea uno spazio a quattro dimensioni, che include il tempo
e il nostro sguardo.
Picasso probabilmente scelse questo tema perché gli consentiva di affrontare il corpo femminile in maniera completamente
innovativa, ma fortemente legata all’arte dell’Antichità, sua eterna pietra paragone. Un accenno alla pittura antica potrebbe
essere anche la natura morta con frutta. Stilizzando il suo piatto di frutta Picasso volle dichiarare il suo definitivo
discostarsi dalla copia dal vero.
Notiamo inoltre la presenza di un elemento assolutamente nuovo che è quello rappresentato dalla MASCHERA, la vediamo
indossata dalle due figure sulla destra che sono anche le immagini più scomposte, dove già si nota la scomposizione cubista.
denunciava così un desiderio di ritorno alle origini dell’arte occidentale e alla semplicità espressiva pre-greca (seguendo
questo principio di semplificazione anche i colori sono ridotti a due: ocra e blu).
La maschera per Picasso, gli storici studiosi hanno trovato all’interno dello studio di Pablo Picasso alcune maschere tra cui
le maschere Grebo. Picasso in un suo brano ci dice che la sua comprensione della scultura africana avviene dal punto di vista
del suo aspetto non naturale, del suo aspetto concettuale, ed ecco che quello che vuole veicolare attraverso quest’opera è
un concetto vivido e potente, ma non naturalistico. La maschera indossata dalle due giovani ragazze rappresenta una parte
della loro identità che non è visibile all’occhio umano ma che è reale, reale esattamente come i corpi e gli oggetti presenti
nell’opera.
Questo è un concetto assolutamente importante per capire che cosa è il cubismo, perché il cubismo non è altro se non una
rappresentazione il più possibile vera, concreta, reale, dell’essere umano in tutti i suoi aspetti, da quelli visivi (nello spazio-
tempo, girando attorno a un soggetto —> sfaccettatura) e da quelli non visibili.

Per arrivare a questo risultato innovativo Picasso fa tesoro della lezione di CÈZANNE. L’altro aspetto che interessa Picasso è
quello di rendere sullo stesso piano e nello stesso momento le immagini dei corpi e degli oggetti presenti all’interno del
dipinto e il cielo, cioè l’atmosfera. Inserisce all’interno di questo luogo un cielo, uno spazio che si è materializzato che è
diventato concreto, la parte azzurra. Ogni elemento all’interno deluadro ha la stessa valenza, la stessa qualità oggettuale,
perché tutto è reale e tutto è realtà.

• 1909 – 1911 sodalizio con Braque: fase del cubismo analitico.


I due artisti applicano la loro scomposizione dei piani in maniera sempre più rigorosa, entrando dentro ogni oggetto e
facendolo letteralmente a fette, in sezioni verticali e orizzontali. “la prospettiva tradizionale non. Mi soddisfa, meccanizzata
come è non mi da mail il pieno possesso delle cose”, dice B.
Le nuove operazioni effettuate:
- Perdita degli effetti del chiaroscuro
- Progressiva riduzione dei colori
- Principio della simultaneità (ossia la sovrapposizione in una stessa immagine di molti punti di vista). Le opere iniziano a
essere considerate come piani sovrapposti
P e B erano consapevoli del fatto che questo sguardo analitico sulle cose allontanava ii loro quadri dal realismo e dal
rapporto con la natura.
Il termine arte comincia a coincidere con “artificiale”, piuttosto che con l’imitazione della natura.
- Riduzione della tavolozza ai toni del blu e dei grigi
Cambia il racconto della realtà, non più frammentata, dissezionata, ma ricomposta, esaltata anche con valori cromatici
inediti. L’oggetto, salvato nella sua integrità, è ricostruibile nella deflagrazione della pittura che ne proietta i frammenti a
partire da un nucleo centrale verso i bordi esterni dell’opera.
Le nature morte mostrano il repertorio formale che i Cubisti avevano messo a punto negli anni, una scomposizione calibrata,
i cui piani si amplificano come onde concentriche o griglie fitte, alternate a parti più realistiche e perfettamente distinguibili.
B inizia a introdurre nelle opere anche lettere dell’alfabeto, seguendo un’idea che gli era venuta osservando sia le iscrizioni
presenti nei dipinti medioevali, sia le iscrizioni sulle vetrine dei caffè, che si mescolavano a quanto accadeva all’interno.
A partire da questo spunto introdussero a ritmo incalzante atre invenzioni: imitazioni di legno e di marmo, titoli di giornali
incollati su tela, corde al posto della cornice. La realtà è ormai fisicamente all’interno del quadro

Braque, Brocca e violino, 1909-10


B e Picasso cominciano a studiare un modo nuovo di semplificare in forme geometriche la realtà,
accanto a Cezanne
Passando attraverso gli studi che P fa con Domoiselle, arrivano al cubismo vero e proprio che
risponde all’esigenza di questi pittori di rappresentare la realtà vera, nella sua complessità e
completezza, non solo la realtà retinica che vede l’occhio umano.
B e P si interessano agli studi sulla quarta dimensione. C’è una dichiarazione di B che definisce questo
bisogno di andare oltre la prospettiva tradizionale e mettere nel quadro la 4 dimensione:

“La prospettiva tradizionale non mi soddisfaceva più perché essendo meccanica non consente mai di
cogliere le cose in maniera completa. Ha origine da un solo punto di vista e non se ne allontana mai.
È come se uno passasse la vita a disegnare profili facendo credere che le persone abbiano un occhio solo. Quando arrivammo
a questa conclusione tutto cambiò… Ciò che mi attraeva era la materializzazione del nuovo spazio di cui avevo sentore.
Questo era l’obiettivo dei primi dipinti cubisti: la ricerca dello spazio. Il colore svolgeva un ruolo soltanto minore. L'unico
aspetto del colore che ci interessava era la luce, la luce e lo spazio sono connessi e noi li affrontammo insieme.”
Parla di due cose:
colore à gli effetti di volume sono dati dalle sfumature dei colori, colori tutti limitati ai grigi, ai marroni. Ci sono i bianchi, il
bianco è la luce
spazio à c’è l’impressione che quello che sta davanti vada dietro e viceversa. Il violino in primo piano è come se venisse in
avanti ma in realtà la brocca sembra più all’interno del dipinto. Tutto è sullo stesso piano, no prospettiva.
La scomposizione è effettuata per rappresentare l’immagine nella sua completezza, nel suo mutamento. Introduzione della
quarta dimensione del tempo.

Picasso, Ritratto di Ambroise Voillard 1910


Cubismo analitico (o primitivo, che viene prima del sintetico). P rappresenta un mercante dell’arte.
Nel libro di Francesco poli nel primo capitolo si parla del mercato dell’arte e della sua nascita. Nascita
del mercante moderno è proprio con i cubisti.
Riconosciamo una figura umana ma non facilmente. C’è senso di qualcosa che va avanti e qualcosa
che va indietro.

• 1912- 1917 cubismo sintetico. B e P introducono il collage che nel XX sec si tradurrà nella poetica dell’oggetto con diverse
definizioni: ready made, assemblage, object trouvè.
Picasso, Natura morta con sedia impigliata 1912
Con il collage P fa riflettere sul concetto di rappresentazione: la realtà può essere imitata secondo la visione retinica degli
Impressionisti oppure può essere letteralmente trasportata dentro un quadro che così cessa di essere “il dipinto“.
L’oggetto reale, un frammento qualsiasi della vita quotidiana, diventa parte dell’opera.
L’ingresso di una cosa dentro un quadro offre piena libertà all’artista che si estende anche all’opera, giacché ne dilata le
proprie tradizionali dimensioni: altezza e larghezza si amplificano ora in una profondità fisica, reale.
Le riflessioni si complicano quando l’oggetto introdotto non è realmente quel che sembra (P non attacca un frammento di
sedia ma riproduce il cannè di sedia), è come se ne facesse una metafora.
Nella parte superiore dell’opera la parola suggerisce la pittura: le lettere “jou” alludono a “journal”, oggetto che così viene
descritto verbalmente prima ancora che dipinto.
La forma dell’ovale è per Picasso una forma archetipica dell’equilibrio dinamico. Il
cerchio è l’equilibrio ma statico, l’ovale da il senso di dinamico. È un elemento
importante per al teosofia.
Tutti gli elementi che richiamano oggetti della realtà vera:
- Sedia di paglia realizzata con materiale di paglia
- Giornale con scritta che ha carattere tipografico
- Inserimento di trampoil, pittura che imita perfettamente la realtà.

Braque, Fruttiera e bicchiere 1913


- Presenza di tavola di legno con il trampoil
- Scritta che richiama caratteri tipografici e poi il disegno che viene lasciato così e come se non avesse
voluto finire il dipinto. Inserisce la fase iniziale dell’opera d’arte. Il disegno è l’inizio dell’opera, manca
quello che c’è dopo e in questo modo inserisce il tempo nell’opera, senza terminarla
In questa fase B e P dipingono in modo molto simile. Ciò che distingue B da P è che P aveva un senso
più spiccato del volume scultoreo e del movimento, B dipingeva in modo più statico e lirico.
Picasso, Chitarra 1912-12 (cartoncino e metallo)
Assemblaggio lo si vede in Picasso, un collage tridimensionale.
La pratica del collage e più in generale del bricolage, come ha messo in luce l’antropologo Levi-
Strauss, è un aspetto fondamentale dell’agire umano.
Il collage e bricolage hanno fatto irruzione nel linguaggio dell’arte grazie al papier collè cubista,
e poi con gli esperimenti poetici e figurativi dei futuristi, i ready-made dadaisti, il tema surrealista
degli oggetti trovati, la pratica postbellica degli assemblage.
La differenza tra bricolage “minore” e quello “artistico” risiede nella finalizzazione a cui è
indirizzata la scelta del materiale da recuperare, nel fatto che il risultato non è semplicemente
decorativo o casuale e nella sua capacità di portare nell’arte un po' del mondo quotidiano. Già
secondo Apolinnaire l’uso dei materiali comuni deve il suo fascino proprio alla loro densità di
significato emotivo.

• 1817 – 24 classicismo: al culmine del suo successo Picasso abbandona il cubismo e sviluppa temi di una classicità in cui le
figure appaiono monumentali e massicce. Determinante è il viaggio in Italia a Pompei, Firenze, Napoli.
• 1925-37 dipinge La danza che chiude il periodo classicheggiante per aprire la cosiddetta età dei mostri, legata al surrealismo.
La fisionomia delle figure perde ogni contatto con il reale. Il suo impegno civile per la Spagna si esprime nell’omaggio del
Guernica.
• 1937 – 73 intensissima attività creativa rivolta anche alla scultura, ceramica e grafica.

Juan Gris, Omaggio a Picasso 1912


B e P non sono coloro che esponevano nelle mostre ufficiali. Il cubismo viene promosso da altri
pittori: pittori della sezione d’oro. Dipingono insieme ma sono lontani da B e P.
Non condividono del tutto la posizione di questi due pittori che analizzavano solo il linguaggio
dell’arte, non si accontentano delle nature morte ma affrontano tematiche di carattere sociale.
La pittura di Gris fu fondata essenzialmente sui rapporti di geometria e sulla capacità di trasformare
le forme prime del pensiero visivo in forme attuali del mondo esterno. Il suo genere preferito era
quello della natura morta e seppe fornire versioni molto originali del papier collè.

I colori qui ci sono


B e P non volevano colori perché questi portano emotività, a loro interessa
il linguaggio non il soggetto, non il cosa ma il come.
Gleizes è pittore interessato al lavoro dell’uomo e del contadino. Usa la
tecnica della scomposizione cubista per rappresentare il tema che a lui
interessava.

L’altro è un pittore più acuto molto vicino a Gris e ha delle componenti di


tipo esoterico, misticheggiante.
CUBISMO ORFICO
Lèger, partita di carte, 1917

Alcuni pittori vengono definiti da Apollinaire come degli “orfici” si parla di


cubismo orfico.
Tra questi Leger, Duchamp, Delanuay, Kupka, ecc.
Orfici perché hanno in se una componente di irrazionalità data anche dall’uso del
colore vivace e dall’interessamento dei rapporti tra essere umano e mondo
circostante: natura o mondo del lavoro.
Qui vediamo un cubismo diverso da quello di B e P.
Qui più che una geometria vediamo anche una trasformazione della geometria
in figure solide, tubolari. Braccia e corpi sono quasi dei tubi (tubismo).
Modo di dipingere da volumetria che assomiglia a delle macchine, a degli ingranaggi dell’industria. L non a caso sarà uno dei fondatori
di un partito (machinisme) gruppo di uomini di cultura che appoggiano le rivendicazioni della classe operaia e delle condizioni migliori
all’interno dell‘industria. Rappresenta dei corpi che si trasformano in macchinari, la macchina che ingloba l’uomo e lo assorbe anche
dai ritmi di lavoro.
La sua pittura cambia quando ritorna dalla guerra convinto che l’artista dovesse rientrare in relazione con il pubblico.
A questo scopo si dedicò a una pittura centrata sui nuovi mezzi di produzione e di trasporto, nonché sui mutamenti percettivi che
questi ultimi avevano portato all’umanità, perché secondo le sue stesse parole: “lo sportello dei vagoni o il cristallo dell’auto,
congiunti alla velocità acquisita, hanno cambiato l’aspetto abituale delle cose.”

Delanuay, La Tour Eiffel 1910


I cubisti orfici sono un gruppo di artisti che ritenne importante cercare di conciliare questo acceso
cromatismo con un altro aspetto che stava prepotentemente arrivando all’attenzione dei pittori: quello
del movimento.

D nella sua fase cubista allargò l’orizzonte alle vedute della città e delle sue architetture, concentrandosi
in particolare sulla ripartizione dello spazio nelle costruzioni gotiche.
Il suo oggetto di osservazione più ricorrente era comunque la Tour Eiffel: quello stelo di ferro,
monumento alla modernità e al progresso, gli dava una sensazione di vertigine e lo stupiva con le
sfumature di luce che filtravano dalla sua griglia in diverse ore del giorno e con diverse intensità luminose.
Fu il soggetto che dipinse più spesso nel 1910, la scompose, la disarticolò, la rese vibrante di colori e
contrasti.
D grazie a queste serie intuì che il colore è già da solo in grado di creare ritmo e movimento.

Non è una ricerca rigorosa come B e P ma a lui interessa più il soggetto moderno: la vita caotica della città, il coinvolgimento
dell’uomo moderno in questo ritmo.
D è anche lui un pittore significativo per quello che verrà dopo e per le ricerche che farà nell’ambito del colore in rapporto alla luce.
Partendo dal cubismo era arrivato all’arte astratta. A questo punto l’unità base della sua pittura diventò un disco: non solo simbolo
del sole e della luce, ma anche allegoria della modernità in quanto ruota, elica, ingranaggio. Per D non solo la luce è importante, ma
la luce in rapporto al movimento e quindi al colore. La luce colorata è la luce che si ha attraverso la rifrazione di un soggetto luminoso.
Studia gli effetti della luce in una serie di opere che intitola “finestre”.

Duchamp, nudo che scende le scale n. 2, 1912


Esordisce come pittore cubista.
Quest’opera suscitò numerose polemiche: dipingere un nudo in movimento era rivoluzionario, in
quanto privava il corpo dall’aura sacrale conferitagli dall’immobilità; il nudo classico e fermo non desta
alcuno scalpore, mentre un nudo in movimento diventa un segno irriverente quanto potrebbe esserlo
una persona qualunque incontrata senza abiti per strada.
Corpo in movimento lungo la scala rappresentato nella quarta dimensione del tempo, si vede unas orta
di sequenza che ricorda la cromofotografia.
In un'intervista del 1946 Duchamp nega di essere stato influenzato dalla cronofotografia. “no, non
sento che ci fosse alcun legame tra il nudo e il futurismo, i futuristi tennero la loro esposizione nella
galerie Bernhrim-Jeune nel gennaio 1912 Io stavo dipingendo il nu nello stesso periodo. lo schizzo a olio
di quest'opera era comunque già pronta nel 1911, è vero che conobbi Severini ma a quell'epoca stavo
lavorando completamente da solo o piuttosto con i miei fratelli sapete (aveva un fratello scultore anche
e uno pittore) e non frequentavo il caffè. A quel tempo tempo era in voga la cronofotografia conoscevo
molto bene gli studi dei cavalli in movimento di Bridge ma il mio interesse nel dipingere il nu era più
prossimo all'interesse nella scomposizione delle forme che avevano i cubisti piuttosto che all'interesse per l'allusione al movimento
che ne avevano i futuristi o addirittura addirittura per la sua suggestione simultaneità da parte di delone. il mio obiettivo era una
rappresentazione statica del movimento una composizione statica che indicava le varie posizioni assunte da una forma in movimento
senza alcun tentativo di produrre effetti cinematografici attraverso la pittura.”

Resosi conto dei limiti dei linguaggi artistici convenzionali decise di affiancare queste pratiche ad altre, meno connotate dai vincoli
imposti da tradizioni secolari.

D ha un interesse solo strumentale per il cubismo orfico, definito così da Apollinaire: nella mitologia greca Orfeo era il cantore per
eccellenza, colui che poetava accompagnandosi al suono della lira. Orfeo cantava e attraverso il suo canto incantava gli animali.
L’idea di A era quella di associare questi pittori che usano il colore in modo complesso, con la capacità di portare dei messaggi alla
società e al mondo, come O portava i suoi messaggi al mondo delle belve.
Questa fase del cubismo orfico oltre ad avere importanza per i futuristi lo ha anche per i cubofutiuristi russi che uniscono in se
cubismo e futurismo.

Leger porta un messaggio relativo all’uomo che vive all’interno dell’industria e della macchina e al suo sfruttamento
Duchamp porta con se un altro messaggio simile, la sua riflessione è volta alla trasmutazione della materia, al passaggio della materia
da uno stato all’altro. Della trasformazione dell’uomo in macchinario. Costituzione dell’uomo che diventa sempre più macchina. Il
mondo è dominato dalla macchina
Questo dipinto verrà rifiutato al salon ufficiale dl 1912 e verrà poi esposto alla mostra della sexion d’or alla fine di quell’anno.
IL FUTURISMO
Il futurismo nasce come movimento letterario: le premesse teoriche furono di Filippo Tommaso Marinetti, legato a Parigi sia per
formazione che per frequentazione intellettuale. Nel 1905 aveva fondato la rivista Poesia, in cui vennero pubblicati documenti
dell’adesione italiana al gusto simbolista.
Il 20 febbraio 1909 pubblica a sue spese sulla rivista parigina Le Figarò il Manifesto del futurismo.
Marinetti aveva condotto una vita da dandy: la definisce lui stesso tumultuosa, stramba e colorata. Ebbe certamente un eccezionale
capacità provocatoria e le qualità da leader. Inoltre possedeva abbastanza denaro per organizzare una colossale promozione delle
sue idee.
Il suo pensiero era nutrito dalle teorie dell’oltre uomo enunciate da Nietzsche, dalle idee sullo scorrere soggettivo del tempo e sui
legami tra corporeità e intelligenza elaborate da Henri Bergson. Bergson in Materia e memoria evidenzia la presenza nella nostra
conoscenza della realtà di una peculiarità che fa si che il nostro modo di conoscere la relatà, non è certo e immediato, ma complicato
da memorie che noi abbiamo di esperienze che abbiamo già fatto. Quello che conosciamo comporta un ulteriore riflessione intorno
alla memoria. Tutti noi partecipiamo ad un dinamismo che è dentro la realtà e che al rende mutevole, è diretto per gli artisti futuristi.
Alcuni scritti di B vengono tradotti in ita e pubblicati nel 1909.
Cambia la concezione della realtà nell’uomo del 900. La conoscenza del mondo ha portato a capire che molte certezze sono cadute
(con la scoperta della relatività di Einstein).

M aveva già ben compreso il potere della pubblicità e dei metodi di propaganda che fino ad allora erano stati usati solo per le
comunicazioni commerciali. Compì azioni imprevedibili, ad esempio, quelle di organizzare serate a teatro che si concludevano a
botte, promuoveva lanci di volantini dall’alto, fu il primo esponente delle Avanguardie a cercare il coinvolgimento di un pubblico che
non fosse solo quello colto e specializzato.

Marinetti scrive nel 1909 che il modo di conoscere la realtà implica la partecipazione dell’artista alla vita modera, altro aspetto che
entra a far parte del pensiero futurista.
Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti, poiché ci sentivamo soli, in quell’ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come
sentinelle avanzate, di fronte all’esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. Soli coi fuochisti che
s’agitano davanti ai forni infernali delle grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle locomotive
lanciate a pazza corsa, soli cogli ubriachi annaspanti, con un incerto batter d’ali, lungo i muri della città.
Era un convinto assertore di un ideale di arte totale che avvolge e penetra tutti i settori della vita, cercò persino di dettare come
dorme un futurista, come cammina un futurista, come mangia un futurista.

Nel manifesto fa riferimento al dinamismo della vita moderna, dell’industria, del lavoro: un aspetto del dinamismo onnicomprensivo
che riguarda tutti gli aspetti della vita moderna.
Egli era appassionato dal rapido scorrere degli eventi in ogni campo, colpito dalla ricaduta delle nuove scoperte tecnologiche sulla
vita quotidiana. M amava le macchine, a cui attribuiva significati simbolici, attaccava la storia, il passato, la tradizione in ogni sua
manifestazione. In ambito futurista la macchina è simbolo mistico, nuovo centauro che riassume in sé i toni eroici che un tempo
venivano destinati ai cavalli. I futuristi avvertono l’irreversibile mutazione del paesaggio e l’affermarsi di un nuovo nomadismo, che
porterà le persone a sganciarsi dal proprio luogo di nascita e ad acquisire, già solo per questo, nuove aperture mentali.

In campo politico era nazionalista e fautore accanito dell’intervento in guerra.

Marinetti capì che il linguaggio visivo aveva maggiori possibilità di diffondersi rispetto a quello letterario, perché slegato dalle singole
lingue nazionali; per questo coinvolse gli artisti.
A Milano trovò alcuni giovani che giudicò dotati di temperamento futurista: Boccioni, balla, Carrà, Russuolo, Severini.
Nel 1910 uscì, firmato da questi artisti, il Manifesto tecnico della pittura futurista. Seguì il Manifesto della scultura e altre elaborazioni
teoriche.
È facile trovare negli scritti futuristi spunti che avrebbero trovato adeguata realizzazione solamente nel Dopoguerra internazionale.

Boccioni nel manifesto tecnico scrive: “Il gesto per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale: sarà,
decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile
davanti a noi ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza della immagine nella retina, le cose in movimento si
moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo in corsa non ha quattro
gambe: ne ha venti e i loro movimenti sono triangolari.”
Boccioni mette enfasi sulla fluidità del movimento, del sovrapporsi dell’immagine, sovrapponendo le idee della filosofia di Bergson.
La nostra conoscenza sempre fluida e in divenire dipende dall’esperienza vissuta, dalla memoria, anche dagli stati emotivi. Questo è
un punto centrale dal punto di vista teorico del futurismo.

Quanto alla pratica artistica, di fronte a una teoria così centrata sul culto della modernità, lo stile divisionista si mostrò subito
inadeguato. Una fonte importante alla quale attinsero i pittori futuristi furono le fotografie sequenziali scattate da Marey e
Muybridge.
Marey invento la cronofotografia cioè una fotografia che riassumesse in un’unica immagine varie frazioni di tempo: aprendo e
chiudendo ritmicamente l’otturatore dell’obiettivo, registrava su di una stessa lastra la sequenza di un movimento scomponendolo
in istanti successivi. Lo scopo era quello di capire il funzionamento della macchina- uomo per progettare delle macchine utili, delle
pompe per il cuore e macchine volanti.
Muybridge lavorava negli USA studiava animali in movimento. Il suo metodo consisteva nel fotografare gli animali in movimento
attraverso scatti successivi di una serie di macchine fotografiche dislocate a distanza regolare sul percorso, al passaggio del soggetto
in movimento, ne fissavano un’immagine statica che recuperava il senso del dinamismo una volta messa in sequenza con le altre.

Futurismo vs cubismo
Il C insegnò ai futuristi a infrangere gli oggetti rappresentati, a liberarsi dal puntinismo e a trattare il colore in modo meno sgargiante.
Lo spazio figurativo futurista fu fortemente debitore di quello cubista. Le differenze, però, furono molte.
F à concepirono il soggetto in modo maggiormente metaforico: tendevano sempre a scegliere temi di forte spessore simbolico.
Cercano di immettere nelle loro opere la forza del movimento, declinato su un doppio binario: +
- Il dinamismo proprio degli oggetti, quello interno agli oggetti
- Gli stati d’animo di chi percepisce
Volevano mostrare la velocità e lo scontro delle forze. A questo fine utilizzavano come soggetti le macchine, la città, la frenesia
dei tabarin, la vita dei boulevard.
I futuristi nascevano come gruppo di artisti chiassosi, ansiosi di proclamare a voce alta la loro volontà di rivoluzionare il mondo.
C à si esercitavano su immagini tendenzialmente statiche, come nature morte o ritratti.
P e B erano restii a mostrare le loro opere al pubblico.

La debolezza dello Stato italiano è stato un motivo per il quale il futurismo ha avuto riconoscimenti minori rispetto al suo potenziale
innovativo. Il contributo futurista alle Avanguardie, infatti, è stato a lungo sottovalutato. Le cause sono state la scelta degli artisti
coinvolti a non risiedere a Parigi, luogo di aggiornamento continuo, e i controversi legami con il Fascismo.
Il movimento è stato rilegato a un limbo di storia, recuperato a poco a poco a partire dagli anni 60. La cultura italiana non è riuscita
a rivalutarlo come avrebbe meritato e ancora passa alla storia come una conseguenza non del tutto autonoma del Cubismo.

Dopo la fine della guerra la carica rivoluzionaria e creativa del F subì un radicale rallentamento.

Umberto Boccioni, La signora Massimino


(donna alla finestra), 1907-1908

Boccioni, La strada entra nella casa, 1911

Gli artisti rinnovano lo stile. Lo si vede da questo confronto:


Primoà 1907 prima futurismo
Secondo à 1911 in pieno futurismo
Da un punto di vista stilistico i due dipinti sono diversi. Il
tema affrontato:
nel primo dipinto è rappresentata una donna che legge con dietro di sé la strada. In questa strada c’è
un certo movimento, c’è il dinamismo della vita moderna. Ci sono dei passanti che camminano, un carretto che passa, c’è il tram. La
finestra ha una inferrata che riprende lo stile della modernità che è lo stile liberty. Il liberty è lo stile anche dell’industria moderna.
Le prime esposizioni a Torino di oggetti e mobili e arredi e arte decorativa, approdo del liberty. All’inizio del 900 nasce a Milano un
quartiere dove ce l’esplosione del liberty, Porta Venezia.
Nel palazzo dove viveva sua madre, quella rappresentata, c’è uno stile moderno e lui lo sottolinea.
Questo dipinto è divisionista (differenza con il puntinismo in cui tutti gli artisti usano li stessi soggetti, nel divisionista ogni artista
porta avanti la sua inclinazione).
B studia all’accademia di Brera e quindi usa la tecnica divisionista ma il tema richiama la modernità.

Nel dipinto seguente il soggetto è simile, c’è uno stravolgimento dello stile e anche degli espedienti che portano dentro al dinamismo.
La donna qui è affacciata sul balcone, non è dentro la casa. Il balcone è sempre liberty e la strada non è fuori dalla casa ma entra
nella casa, entra nella vita delle persone che sono partecipi di questo dinamismo, della città che è all’esterno. Si vedono all’esterno
molti cantieri, ponteggi.
Boccioni è interessato al punto di vista psicologico della realtà. Questo interesse si deve agli studi di Freud e alla scoperta della
dimensione dell’inconscio ma anche agli studi di Henri Bergson, il quale teorizza una concezione del mondo come dinamico anziché
statico, alcuni suoi scritti furono tradotti in Italiano e pubblicati nel 1909, anno del Manifesto del Futurismo scritto da Marinetti.
Umberto Boccioni, Materia, 1912

Pablo Picasso, Ritratto di Ambroise Vollard, 1910


Non appartengono alla stessa corrente ma lo stile con cui Boccioni poi
balla, Severini, Carrà, dipingono questo movimento è tratto dal cubismo.
C’è un flusso di cubismo in questi pittori.
Il cubismo a cui guarda Boccioni è il cubismo sintetico e analitico. Perché
sono interessati sia all’aspetto dell’utilizzo della materia all’interno dei
dipinti, soprattutto nei collage
che anche i futuristi praticano, sia in questa scomposizione della forma.
Ma c’è una diversità di intendere la scomposizione della forma nei dipinti
dei futuristi italiani. Lo vediamo bene
con queste due opere a confronto:
- Nel dipinto di Picasso pur essendoci una scomposizione che mostra le sfaccettature del personaggio, l’uso dei colori è molto
limitato, questo tende a voler bloccare il momento e a rendere statico il dipinto pur nella scomposizione della forma. Anche
l’uso del bianco che deve a dare luce non ha nessun’altra funzione se non quella di dare luce e quindi di portare luminosità
nell’opera.

- Nel caso di Boccioni il bianco, lo vediamo bene dalle linee che partono dall’alto e vanno verso il centro del dipinto non è
semplicemente luce ma un fascio di luce, e quindi è una luce che da dinamismo, che da movimento. Ci sono quindi all’interno
dell’opera di Boccioni molte più diagonali rispetto all’opera piatta e più statica di Picasso. Questo uso delle diagonali, degli
angoli servono ad enfatizzare insieme al colore, quindi a questo cromatismo più accesso il pathos del dipinto e quindi la
bellezza della superficie. La zona più scura nell’opera di Boccioni si trova nella parte inferiore del dipinto, in questo modo la
composizione è fissata da una sezione di nero opaco al centro e i complementari determinano un cromatismo espressivo
molto più dinamico nella parte superiore del dipinto che è più brillante e traslucida. Nella parte superiore del dipinto
vediamo la città.
Il ritratto della madre è un motivo ricorrente nella pittura di Boccioni. Esso prende il titolo dalla comunanza lessicale tra i
termini “madre”, “materia”, “matrice”: per questa via il quadro assume anche una forte valenza simbolica.
Questo dipinto raffigura la madre guardante la città, rappresenta il tema di questo movimento interiore che coinvolge e
stravolge la vita delle persone. Il clima di dinamismo psicologico è chiarissimo in B, più che in altri autori futuristi.
Boccioni scrive: “i bordi dell’oggetto fuggono verso una periferia (ambiente) di cui noi siamo il centro”. Questo centro sono
le dita intrecciate che spingono l‘occhio di chi guarda verso i lati del dipinto, fondendoli e confondendo il rapporto
tradizionale tra figura e sfondo.
Le mani assumono il posto centrale, il fulcro da cui partono vibrazioni concentriche, nonché l’elemento più avanzato nello
spazio. Le mani al centro sembrano molto più grandi in termini di proporzioni, come se fossero viste attraverso le lenti di
una macchina fotografica. È quasi una contraddizione letterale dei principi della prospettiva classica, che voleva al centro
del quadro un punto di fuga, punto idealmente più lontano dallo spettatore.
Spalle e schiena risultano appoggiate su un inferrata dal quale l’osservatore può assistere alla scena urbana.
Le case della città sostituiscono lo sfondo. A sinistra si intravede un cavallo, sulla destra, una figura umana in movimento.
Ne risulta una compenetrazione tra spazio interno, figura e spazio esterno, agevolata dalla tecnica pittorica erede del
Divisionismo e coerente con le premesse del Manifesto tecnico della pittura secondo cui “una figura non è mai stabile
davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Le cose in movimento si moltiplicano, si deformano,
susseguendosi come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo in corsa non ha quattro gambe, ne ha venti e i
loro movimenti sono triangolari.”

Umberto Boccioni, Rissa in galleria, 1910.


Anche qui è presente il dinamismo, opera dipinta ancora con
uno stile divisionista, uso dei piccoli puntini per dare luminosità
al dipinto.
Il soggetto pittorico è una folla di persone che si accalca di
fronte alla buvette di Gaspare Campari nella Galleria Vittorio
Emanuele II di Milano, per seguire una zuffa fra due donne.
B si sofferma Su un momento di caos e concitazione. Quello che
colpisce maggiormente è l’estremo movimento della folla nella
galleria di Milano e questi colpi di luce molto intensi che sono
all’interno del caffè ma anche nei lampioni della galleria,
realizzati con materiali moderni e sono l’emblema della luce
elettrica, del suo arrivo, segno della modernità.
Il Manifesto di Marinetti parte proprio con un incidente che Marinetti ha avuto in automobile che lo ha portato a capire la potenza
della macchina e della velocità. L’andare contro qualche ostacolo è la dimostrazione della forza della velocità.
“Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti, poiché ci sentivamo soli, in quell’ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come
sentinelle avanzate, di fronte all’esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. Soli coi fuochisti che
s’agitano davanti ai forni infernali delle grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle locomotive
lanciate a pazza corsa, soli cogli ubriachi annaspanti, con un incerto batter d’ali, lungo i muri della città”.
I Futuristi aderiscono alla guerra del re e creeranno una loro compagnia, la compagnia dei futuristi ciclistici, che combatte durante
la 1ww.

Umberto Boccioni, Forze di una strada, 1911


È già un’esemplificazione dell’uso della scomposizione cubista e i fasci di luce sono fasci di luce dell’automobile, le automobili che si
muovono su una strada. La luce è protagonista del dipinto tanto da diventare un elemento solido che va a frammentare questa
strada che è diventata una specie di tumultuoso di forme in movimento. Le luci in alto sono dei lampioni e quelle in basso le luci
dell’auto, le sagome umane sono quasi impercettibili.

Boccioni, La città che sale, 1910-11


È il suo primo capolavoro di impronta futurista. Rappresenta un cantiere alla
periferia di Milano. Il titolo allude alla costruzione di nuove aree, ma anche al
moto di ascesa metaforica dell’ambito urbano. Il primo titolo dell’opera era
infatti Il lavoro concepito come ciò che caratterizzava i nuovi assembramenti
industriali.
L’ambiente e le figure si fondono interpretando le teorie di Bergson sulla
percezione del tempo e dello spazio e dando corpo a quanto era già scritto nei
manifesti.
Quest’opera ha anche qualcosa di simbolista, ricorda le tematiche del periodo
precedente, però vuole raccontare proprio la fatica del lavoro, ma anche
l’energia del lavoro. Qui il lavoro è dinamismo, è necessario, serve a costruire la città moderna. Al centro di questa dinamicità della
città c’è il cavallo che è il mezzo di trasporto fino ad allora al centro della vita della città che per Boccioni ha un significato anche
simbolico: il cavallo simboleggia il dinamismo e il movimento (B muore caduto da cavallo).

Boccioni, Gli stati d’animo. Gli addii. Quelli che vanno, quelli che restano, 1911
La serie degli stati d’animo è esposta al museo del 900. Mostra con uno stile molto
particolare questa specie di movimento dato dalla pennellata lunga e fluida, una
scena data all’interno della stazione centrale di Milano: il saluto delle persone che
partono a quelle che rimangono.
In questo insieme di colori e di forme di intraviene una specie di oblo impercettibile,
si vedono due figure umane. B rappresenta nello stesso momento l’atmosfera reale,
questi fumi e vapori del treno, le persone, ma anche i sentimenti e le emozioni di
queste persone. Per Boccioni la conoscenza della relata è fatta di emozioni e
sensazioni.

Abbiamo un’esplicitazione del pensiero di Bergson, ovvero l’emergere dello stato


emotivo. Una scena, come salutarsi alla stazione, diventa un espediente per far emergere la complessità dei rapporti umani, la
complessità della mente umana quando si trova in una determinata situazione, questo quadro arriva a stravolgere l’immagine.
Abbiamo influenza di Previati (maestro di Boccioni).

Testimonianza del pittore Pierre Bonnard (The Grafic Art, 1989-90) a proposito dell’influsso della filosofia di Henri Bergson (Materia
e memoria,1896) sull’arte delle avanguardie
“Bergson poneva l’accento sul fatto che la nostra coscienza è sempre fluida, sempre in divenire, sempre dipendente da stati emotivi,
cosicché non c’è una sola realtà percettiva. La nostra esperienza immediata è permeata e condizionata dalla memoria delle emozioni,
ma ogni successiva esperienza ne sarà a sua volta influenzata. La verità della propria esperienza personale in ciò che Bergson chiamò
‘durata’ è quindi troppo fluida e complessa per poter essere afferrata dalla ragione.
Soltanto l’intuizione improvvisa può farci accedere alle memorie dell’esperienza passata immagazzinate nell’inconscio.
Soltanto quei momenti in cui siamo in relazione con il nostro sé fondamentale possiamo agire liberamente. Dunque, se gli artisti
mirano a catturare questi sentimenti, devono scegliere soggetti con cui hanno da tempo familiarizzato. In tal modo essi possono
incanalare la risposta soggettiva immediata”.
Parla del flusso di questo importante libro di Bergson sull’arte delle avanguardie. Boccioni era perfettamente a conoscenza di queste
idee come gli altri futuristi, soprattutto grazie a Gino Severini che viveva a Parigi dal 1906 e ha avuto un ruolo molto significativo.
Gino Severini, Boulevard, 1911
Le opere di Severini recano sempre un cromatismo felice e una struttura animata ma
non aggressiva.
Una caratteristica saliente del suo stile fu la “simultaneità sinestetica” rispetto alla
simultaneità plastica dinamica ricercata dagli altri Futuristi: S cercò infatti di associare
nei suoi dipinti, spesso animati da una tensione metaforica, molti dati provenienti da
sensi quali l’udito e il tatto, oltre che la vista.

Severini che vive a Parigi, è il tramite per i futuristi italiani a Parigi. Dipinge influenzato
dal cubismo della sezione d’oro e orfico. Parigi era un luogo ricco e dinamico dal punto
di vista del pensiero, artisti diversi che però portano aventi idee moderne. Cominciavano a circolare tra gli artisti le idee sull’intuizione
di Bergosn, quindi è evidente che non si poteva più parlare di impressionismo, di atmosfera, di luce in riferimento all’impressionismo,
il problema si era allargato e sviluppato. Si parlava di ritmo, di volume, spazio delle tre dimensioni dei corpi, si parlava del colore e
del disegno considerato in se stesso e non in confronto alle cose reali. Il senso estetico dominava ogni altro e diveniva sempre più
raffinato. Volontà di esprimere l’invisibile delle cose, dipingendole.

Quindi i futuristi si sentivano parte di un grande vortice di nuove idee che conduceva
gli artisti al desiderio di sentirsi allo snodo di un momento chiave. I futuristi ne erano
veramente consapevoli e si presentano come gruppo composito. Attento fin da subito
anche all’aspetto promozionale del loro gruppo.
Severini fa da tramite per la realizzazione di questa importantissima mostra che si
tiene a:
- Parigi, alla Galerie Bernheim-Jeune, 5-24 febbraio 1912 che è la prima mostra
itinerante verrà poi spostata anche a
- Londra, The Sackville Gallery, marzo 1912, e
- Berlino, Galerie Der Sturm, 12 aprile-31 maggio 1912.

Il futurismo si presenta come filosofia, con un pensiero molto ampio. I futuristi non propongono solo un’indagine della realtà
attraverso la pittura e scultura ma presentano un modello di vita, un modo di pensare la vita nel suo insieme. Propongono la loro
filosofia e pensiero attraverso la pubblicazione di manifesti, una vera e propria programmazione della promozione del loro pensiero
e della loro pittura.
È questa una delle prime mostre innovative da questo punto di vista. I futuristi pensano anche a tutto ciò che sta attorno alla mostra:
promozione, pubblicazione su riviste, fare comunicato stampa, creare eventi collaterali.
Studiano l’invito mettendo la loro faccia e mettendosi ben in vista, come farebbero dei politici o degli uomini di spettacolo.
Attorno alla mostra creano diversi eventi, le serate futuriste.
Visione sinestetica dell’arte che va dalla musica, alla scrittura
Questa mostra itinerante avrà grande successo a Parigi e Londra proprio perché verranno organizzati questi eventi collaterali.
Meno successo a Berlino dove i futuristi non riescono a raggiungere la stampa con delle manifestazioni extra mostra.

Boccioni, caricatura della Serata futurista 1911.

Carlo Carrà, La Galleria di Milano, 1912.


Carrà ebbe una fase futurista ristretta a circa quattro anni.
Questo dipinto è certamente debitore del cubismo per la scomposizione della forma, molto vicino anche a n
cubismo già sintetico.
Qui vediamo la galleria interpretata attraverso una composizione estremamente dinamica e identificata
esclusivamente dalla scritta “Biffi” e da alcuni particolari che ricordano il corpo umano che identificano la
folla. Quindi il tema della galleria di Milano è proprio il dinamismo della folla all’interno della galleria.
Questo dipinto è una sorta di sfida a Picasso sul suo stesso terreno, palese anche per la scelta dei toni bruni,
è modulata secondo il principio delle linee di forza e della compenetrazione tra figure e sfondo: la parte alta
del quadro è dominata da un’architettura convergente nella cupola, posta nella parte centrale e più luminosa
della tela; la parte bassa è dominata, invece, dal movimento curvilineo e caotico che allude al paesaggio e
all’incontro delle persone tra ristoranti e vetrine. Anima il piccolo quadro un antico ricordo del rapporto tra
ordine (alto) e caos (basso) delle pale d’altare, più grandi ma di analoghe proporzioni allungate, dove tale
contrapposizione era dettata da motivi teologici.
Carlo Carrà, Manifestazione interventista, 1914.
Collage con scritte che inneggiano alla guerra, al re, agli aspetti che riguardano la società italiana, anche il
collage è una ripresa dal cubismo. Le scritte per fare capire differenza tra modo in cui futuristi e cubismo
usano le parole:
Futuristi àscritte portano con se dei contenuti e messaggi specifici, quelli della modernità. Vediamo come
in questo caso il tema sia un tema politico, questi artisti abbracciano il tema della proclamazione guerra,
come un tema necessario, la guerra è il gene del mondo, serve alla società per avanzare, per conquistare
nuovi territori e per imporre anche delle ideologie che loro ritenevano assolutamente adeguate e corrette
in quel momento. Vediamo come in quest’opera si intravedono delle scritte come “viva l’esercito”, “evviva
il re” che aveva proclamato la guerra, insieme a temi della modernità come gli sport, vediamo come la
bandiera italiana, come la strada.
* Poi molti di loro, in primis Carrà, si pentiranno di questo appoggio indiscriminato alla guerra, la Prima guerra mondiale sarà il primo grande momento di
crisi della società contemporanea e molti futuristi moriranno in guerra. E Carrà come conseguenza avrà tutto un ripiegamento su se stesso proprio dopo
il 1914, attorno al 1916 cambierà completamente il proprio stile, lo vedremo nel cosiddetto periodo del ritorno all’ordine.

Cubisti àle scritte consistono nei ritagli di giornali o nei caratteri di stampa che richiamano la scritta tipografica. Nel cubismo la
scritta ha un valore solo materiale. Non come significato. Le scritte dei cubisti non richiamano a un tema o a un soggetto specifico,
non vogliono puntare l’attenzione sul soggetto. Ma sono importanti nella loro oggettualità. Interessa perché è un elemento tratto
dalla realtà.

L'artista affermò qui di aver voluto rappresentare il volteggiare di volantini lanciati nell'aria da un aereo su piazza del Duomo a
Milano. lui scrive: “ho abolito ogni rappresentazione di figure umane perché volevo dare l’astrazione plastica del tumulto civico”.
Si Presenta come un vortice centrifugo di segni, resi dinamici dalla disposizione a raggiera di linee rette che si sovrappongono alla
spirale. la superficie ha ottenuta quella pratica del collage che ne esalta la piattezza bidimensionale.

Giacomo Balla, Bambina che corre sul balcone, 1912.


È il ritratto della figlia di giacomo balla che si chiama Luce. La figlia rappresentata mentre corre
sul balcone (balcone è il limine tra l’io, la vita dentro la casa, e quella della citta) confine molto
sottile e aperto.
La tecnica con cui realizza questo dipinto è il puntino ingrandito, come in Francia faceva Matisse,
che serve ad amplificare il movimento. L’immagine è frammentata, è come se avesse voluto
bloccare l’azioene di questa bambina che corre sul balcone.

L'adesione al futurismo di Balla condusse anche l'interesse per la fotografia sperimentale


scientifica e per l'analisi dei movimenti che sia Marey cge Muybridge registravano con
precisione. registrazione che appare puntualmente effettuata in questo dipinto, dove il moto
accelerato della figura e analizzato in segmenti ben staccati, in sequenze come fotogrammi, in
cui si percepisce il ritmo cadenzato dal movimento che scandisce spazio e tempo, riempiendo il quadro di frammenti di colore.
La superficie è resa a mosaico di tessere brillanti nell'accordo di toni freddi che contrastano con i tocchi di rosso nelle scarpe e nei
capelli. Le linee zigzag che costituiscono il moto della fanciulla si contrappongono alla scansione rigida dello spazio con le righe
verticali della ringhiera del balcone.

Giacomo Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912


Proprio la dimostrazione di questo suo interesse del dinamismo come spostamento di un
corpo nello spazio. Moltiplica le gambe sia della padrona che del cagnolino in una sorta di
gioco ottico.

Si deve l’interesse di Balla per il movimento inteso in


questo modo, alla fotografia, non solo alla
cronofotografia, ma anche alla fotodinamica. La
fotodinamica è un tipo di fotografia interpretata molto bene da Anton Giulio Bragaglia, Il
pittore futurista Giacomo Balla, 1912, che vuole trattenere in un fotogramma il dinamismo di
un corpo. È in pratica una fotografia ottenuta tenendo aperto il diaframma per molto tempo,
quindi con un tempo di esposizione lunghissimo tale per cui qualsiasi piccola percezione del
corpo nello spazio viene bloccata e registrata dall’obbiettivo della macchina fotografica, in
modo tale che il
risultato fonale mostri un corpo e i suoi fantasmi, c’è questo effetti di luce che lo circondano.
Qui vediamo il ritratto di Balla accanto al dipinto dinamismo di un cane al guinzaglio.
Giacomo Balla, Linee andamentali + successioni dinamiche, 1913.
Il tema del movimento si trasforma in un segno grafico nello spazio, si sintetizza in queste
linee e non sono altro che un segno che da conto del movimento quindi è assolutamente
intuitivo. Intuizione di un movimento nello spazio. In Balla il dinamismo è studiato in modo
scientifico, è movimento fisico che viene registrato nel tempo. In questo dipinto si vede
rappresenta un uccello, forse una rondine, che vola: animale sintetizzato nella forma e il suo
movimento è reso ancora più sintetico dalle linee, che sono una visualizzazione di ciò che
non si vede, ovvero l’andamento di un corpo nello spazio che diventa quindi una linea.

Umberto Boccioni, Fusione di testa e di finestra (Compenetrazione di testa + finestra), 1912


Messaggio futurista viene interpretato anche attraverso la scultura. Esempio di scultura futurista, che non
c’è più. Tratta di un assemblaggio in cui si ha la fusione di una testa e di una finestra (torna il tema della
figura davanti alla finestra).
Anche qui il punto di partenza è l’opera dei cubisti, Picasso aveva sperimentato per primo l’assemblaggio
e Boccioni è come se unisse materiali diversi all’interno dell’opera.

Boccioni era affascinato dall’idea dell’interpretazione reciproca tra diverse porzioni del mondo che
normalmente non sarebbero interrelate e quest’aspetto lo racconta molto bene nel Manifesto tecnico
della scultura.
B cita uno scultore del 900, Medardo Rosso. In MR aveva colto questa compenetrazione e presenza dello
spazio esterno della scultura dentro il ritratto scultoreo.
“Perché la scultura dovrebbe rimanere indietro, legata a leggi che nessuno ha il diritto di imporle? Rovesciamo tutto, dunque, e
proclamiamo L’ASSOLUTA E COMPLETA ABOLIZIONE DELLA LINEA FINITA E DELLA STATUA CHIUSA. SPALANCHIAMO LA FIGURA E
CHIUDIAMO IN ESSA L’AMBIENTE. Proclamiamo che l’ambiente deve far parte del blocco plastico come un mondo a se e con leggi
proprie; che il marciapiede può salire sulla vostra tavola, e che la vostra testa può attraversare la strada mentre tra una casa e l’altra
la vostra lampada allaccia la sua ragnatela di raggi di gesso. Proclamiamo che tutto il mondo apparente deve precipitarsi su di noi,
amalgamarsi, creando un’armonia colla sola misura dell’intuizione creativa; che una gamba, un braccio o un oggetto, non avendo
importanza se non come elementi del ritmo plastico, possono essere aboliti, non per imitare un frammento greco o romano, ma per
ubbidire all’armonia che l’autore vuole creare. Un insieme scultorio, come un quadro, non può assomigliare che a sé stesso, poiché
la figura e le cose devono vivere in arte al di fuori della logica fisionomica”.

Medardo Rosso, Ecce Puer, 1906.


Scultura in cui MR ha voluto raffigurare nella scultura un bambino dietro a tenda.
Compenetrazione della tenda e del viso del bambino: la tenda nasconde i particolari del viso del bambino.
Questo concetto del mettere insieme due elementi: il volto del bambino e un oggetto, la tenda, è quello
che noi vediamo nelle opere di Boccioni.
Scultura poteva rappresentare non solo il soggetto ma il soggetto nello spazio.
Rosso per primo aveva provato a compenetrare l’ambiente con il soggetto rappresentato. Quest’opera è
quella che meglio rappresenta quest’aspetto, realizzata con la cera d’api su una base in gesso.

Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, 1913.


È un grande bronzo che rappresenta probabilmente un atleta e che suggerisce la marcia, un avanzare
eroico, un rapporto di fiducia e conquista con ciò che ci sta davanti.
A venire esaltati sono il coraggio di affrontare il futuro e la volatilità, quasi nietzschiana, con cui lo si
guarda e ci si immagina di plasmarlo.
Si noti l’uso di concavi e convessi che, tradotti dalla fusione in bronzo lucidato, danno particolare rilievo
alla forma e fanno si che il battere della luce la renda ulteriormente dinamica.
Analizzando le linee compositive si evidenzi anche un influsso chiaro degli studi fotografici sul
movimento. Il movimento in avanti ha spesso fatto accostare la scultura all’antica Nike di Samotracia.
L’opera è stata considerata da alcuni critici come eccessivamente debitrice. La scultura ricorre a un
linguaggio ancora dipendente da quello del monumento commemorativo e usa un materiale tradizionale.
Il suo rinnovamento formale è la rottura del basamento unitario, statico e celebrativo, in due supporti distinti e già per questo capaci
di suggerire un movimento che non è solo del corpo, ma anche e soprattutto del pensiero.

La figura non deve rappresentare esattamente come è la realtà: non ha braccia, non ha una vera e propria testa e ha tutta una forma
plastica. È un insieme di forme plastiche che alludono al movimento dell’umo nello spazio. Lo spazio non è solo spazio fisico ma è
spazio della vita moderna. Uomo moderno che viene la fisionomia modificata perché vive nel dinamismo della realtà moderna.
Auguste Rodin, L'homme qui marche, 1884-85.
B citava un grande maestro della scultura: Auguste Rodin, anche punto di riferimento per Medardo
Rosso. Uomo che cammina era un’icona per tutti gli scultori. Qua siamo di fronte a una scultura che
studia l’anatomia umana e che studia il corpo di uomo che si muove nello spazio. È una scultura che
ha un aspetto ancora classico.
L’uomo che marcia, che cammina. È il primo che porta la scultura fuori dal piedistallo, la metta ad
altezza umana. Aveva lavorato sull’idea di frammento (non ci sono ne la testa ne le braccia).

Marcel Duchamp, Nudo che scende le scale, 1912,


Ha indagato il tema dell’uomo che cammina nello stesso anno della pittura
di Boccioni ma con un modo diverso di intendere l’uomo che scende le
scale. La frammentazione del corpo che allude all’invadenza della
macchina, della tecnologia dell’uomo moderno.
Arriva a trasformare il corpo e lo fa diventare un ingranaggio, un automa.
Qui Duchamp dimostra il suo interesse sul tema della disumanizzazione della
macchina nei confronti dell’uomo moderno.

Alberto Giacometti, L’homme qui marche, 1961.


Siamo di fronte a una citazione dell’uomo della scultura di Rodin. Anche qui c’è
continuità tra corpo e basamento. È un legame dell’uomo con la terra.
Con G siamo in un clima diverso, siamo nell’epoca dell’esistenzialismo filosoficamente parlando.
Rappresentazione dell’uomo dopo la 2ww, che esce dal dramma della guerra e che deve ricostruire se
stesso, deve ripartire da zero. La guerra è un azzeramento dell’uomo, della società. Si deve tornare a
pensare a se stessi, alla sopravvivenza. Gli uomini che escono dalla 2ww devono ripensare a se stessi e alle
cause che hanno portato a quel momento.
L’uomo è scarnificato, è scavato nella sua persona, è un uomo non identificato ma universale. Ancorato a
terra, alla materia che poi è la vita, l’esistenza. La terra è quella che nutre, che fa crescere e che,
nonostante questa sofferenza che porta con sé, continua ad andare avanti e camminare.
Anche in un’epoca più drammatica come quella permanata dall’esistenzialismo permane l’idea dell’uomo
che cammina che i futuristi avevano visto in modo più entusiastico poco prima che scoppiasse la 1ww.

Il secondo futurismo che segue la 1ww, portato avanti da Marinetti insieme a Balla, è un futurismo che ripiega più sull’aspetto
estetico che a quel modello di vita che ce all’inizio.
RAPPRESENTARE L’INVISIBILE: ASTRATTISMO LIRICO
L’ASTRATTISMO
“Il sole tramontava; tornavo dopo avere disegnato ed ero ancora tutto immerso nel mio lavoro, quando aprendo la porta dello studio,
vidi davanti a me un quadro indescrivibilmente bello. All’inizio rimasi sbalordito, ma poi mi avvicinai a quel quadro enigmatico,
assolutamente incomprensibile nel suo contenuto, e fatto esclusivamente di macchie di colore. Finalmente capii: era un quadro che
avevo dipinto io e che era stato appoggiato al cavalletto capovolto. […] Quel giorno, però, mi fu chiaro che l’oggetto non aveva posto,
anzi era dannoso nei miei quadri”.
Kandinskij ricorda così il momento in cui si aprì davanti a lui la strada dell’Astrattismo, cioè di opere che astraggono dalla
rappresentazione e da ogni narrazione realistica.
Questa scoperta è avvenuta attraverso un episodio di casualità, si definisce serendipità: si cerca una cosa e se ne trova un’altra più
importante. K capì che doveva dedicarsi a una pittura in cui non fosse riconoscibile alcun oggetto e soggetto. L’artista sentì che
questo episodio, avvenuto nel 1910, era stato importante tanto da retrodatare a questa data il Primo acquerello astratto che era del
1913. Volle assicurarsi di essere considerato il primo ad avere dipinto un quadro senza soggetto.
All’astrattismo stavano arrivando molti altri artisti, tanto che oggi esso appare come una conquista collettiva e inevitabile.
- Delaunay con lo studio sui dischi simultanei
- Braque e Picasso con la frammentazione dell’immagine tale da portare a una non riconoscibilità
- Balla e Severini con i loro studi sulla percezione della luce
à una serie di lenti spostamenti condussero tra il 1910 e 15 a un drastico scostamento destinato a diventare uno spartiacque
nella tradizione dell’arte europea.
- Kandinskij giunse alla non figurazione partendo da una pittura espressionista e quindi da un’accentuazione del ruolo del
colore
- Malevic accentuò il valore simbolico e sintetico dell’immagine
- Mondrian seguì le linee dettate dal Cubismo e ne accentuò il carattere formale.
Tutti e tre condividevano un credo mistico e la convinzione che l’arte dovesse veicolare una rivoluzione dello spirito: proprio per
questo bisognava eliminare qualsiasi riferimento alla percezione umana e al mondo materiale.

“L’arte non rappresenta il visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è” (Paul Klee).
Invisibilità = artisti che sentono di rappresentare ciò che sentono. Gli astrattisti fanno passo ulteriore rispetto al cubismo, non hanno
bisogno degli oggetti o delle immagini che si vedono. Per gli astrattisti l’arte per eccellenza è rappresentativa dell’invisibile, non è la
pittura e la scultura ma la musica.
Si definisce arte astratta o non-figurativa l’arte che non riproduce o rappresenta immagini riconoscibili, ma ne fa appunto astrazione
per giungere alla forma pura.
Si può giungere all’astrazione in due modi:
1- Quello di Kandinskij = partire dalla realtà astraendone la forma, sintetizzando talmente l’immagine da renderla pura linea e
puro colore.
2- Ispirarsi a immagini mentali che nascono nella mente dell’artista indipendentemente dalla realtà.
Anni 50 quando si formano gruppi di arte concreta, che significa una composizione geometrica priva di qualsiasi riferimento
a una realtà oggettuale, un puro gioco di geometrie, di colori e di linee.
L’artista può partire dalla realtà astraendone la forma, oppure si ispira a immagini mentali che di per sé costituiscono già astrazioni
di un mondo oggettivo ed esteriore.
L’arte non ha bisogno di imitare la realtà per evocare sentimenti o emozioni (come la musica*), o per avere valori espressivi e teorici
(come l’architettura). Deve cercare una realtà più ampia e più vera di quella apparente.
*Musica è l’arte che permette di evocare emozioni senza bisogno di nulla.

Varie correnti del primo astrattismo: le correnti astratte delle


avanguardie.
Astrattismo lirico di Kandinskij e di Klee à ha forte componente
emozionale ed emotiva. Si basa sull’espressività del colore. È debitrice
dell’espressionismo e del Fauvismo.
Astrattismo geometrico o concreta di Mondrian e del neoplasticismo,
delle avanguardie russe, del Bauhaus e del Gruppo del Milione. Si basa
soprattutto sui rapporti armonici tra figure regolari. Deriva dal pensiero
razionale del cubismo e da Cezanne.
LE ORIGINI DELL’ASTRATTISMO
Nel percorso che gli artisti hanno fatto per arrivare all’astrazione c’è un lungo studio dell’arte e delle forme nelle quali si può
esprimere. Alcune tappe già viste:
- Cultura romantica à già aveva valorizzato l’aspetto creativo rispetto a quello della pura imitazione.
- Simbolismo à indaga la dimensione che allora non si chiamava inconscio ma che era già la dimensione del non visibile.
- Neoimpressionismo à studia il segno, la pennellata divisa, i rapporti tra i colori che vanno verso una non dipendenza dalla
rappresentazione del reale
- Distacco quasi completo tra reale e proiezione della mente dell’artista con i simbolisti o espressionisti che rappresentano
l’interiorità dell’artista nel soggetto raffigurato
Tutte queste ricerche segnali di processo di distacco dalla raffigurazione.
L’astrattismo può essere considerato una “trasformazione più radicale di qualsiasi altra (forma artistica)”

Altro aspetto che spiega la nascita dell’A che riguarda il territorio e la cultura tedesca dove Kandinskij si forma dopo aver lasciato
mosca. K ha come due vite: fino a 40 anni faceva un mestiere legato alla giurisprudenza, girava nella provincia della russa per
raccogliere dazi. Era impiegato dell’ufficio delle tasse. Dopo i 40 decide di dedicarsi alla passione della pittura.
Per formarsi si trasferisce a Monaco, luogo della secessione del 1892. Lui si trasferisce dove entra in contatto con gli artisti più
innovativi. Darà vita anche a un suo gruppo chiamato “falange” ispirato alla classicità.
Sosteneva che l’arte è un linguaggio specifico che ha come fine la visione. Queste teorie portano a concepire l’autonomia del disegno,
della decorazione rispetto al soggetto rappresentato.
Non a caso a Vienna Klimt rappresentava immagini in cui la decorazione era una forma autonoma di rappresentazione artistica.
Alla fine dell’800 si diffonde la teoria della pura visibilità, elaborata da Konrad Fiedler, secondo la quale l’arte è un linguaggio
specifico con leggi proprie, che ha come fine la visione. L’artista ha la capacità di trasformare l’attività conoscitiva in espressione
artistica. Il purovisibilismo diffuse e impose inoltre il concetto di forma come creazione visiva originale:
*“l’arte non elabora forme preesistenti e indipendenti da essa; principio e scopo dell’attività artistica è la creazione di forme che
esistono solo grazie all’arte”.
L’arte crea delle forme che non esistono prima ma che esistono solo nell’arte, sono forme decorative nel caso della secessione. In K
questo aspetto diventerà centrale e non solo decorativo, centro della sua ricerca. Accanto alle teorie di Frider vengono sviluppate
delle teorie nel modo in cui ci si deve mettere di fronte a queste forme.
La psicologia della Gestalt: modo di analizzare scientificamente la visione in rapporto alla psicologia, alle emozioni che l’occhio, e
quindi l’osservatore, ha di fronte a certe forme e colori. Le qualità espressive e i valori simbolici delle forme elementari sono stati
attentamente indagati anche in relazione agli studi di psicologia della percezione che proprio agli inizi del 900 ricevono nuovo
impulso grazie agli esponenti della Gestaltpsicologie. In epoca più contemporanea come si è evoluta questa psicologia? Con le
neuroscienze che studiano studia i meccanismi del cervello umano in rapporto alla visione. È la scoperta di questi neuroni specchio,
che sono una componente non solo psicologia ma fisica del nostro cervello, che spiega perché di fronte a certi colori si hanno certe
emozioni. Queste scoperte sono state applicate poi ai campi dell’arte e del design ecc.
Tutto ciò è fondamentale anche per un pittore come K che vorrà elaborare un discorso attorno alla ricerca astratta.

IL COLORE
Solo con l’astrattismo il colore in sé ha guadagnato una piena dignità. Per molti secoli il colore soffrì di una dipendenza totale dalla
forma e in particolare dal disegno.
A partire dal XVII secolo si moltiplicarono gli studi scientifici sul colore:
- Newton comprese la natura composita della luce bianca, la quale, passando attraverso un prisma trasparente, si scinde
nelle sue componenti monocrome: i sette colori dello spettro. A questo punto il colore potè essere considerato un’entità
quantificabile e oggettiva.
- Gothe dedicò alla sua Teoria dei colori (1800) una tale attenzione. L’opera indagava le qualità del colore in senso fisiologico
(come relazione anche psicologica di chi percepisce una certa intensità della luce), fisico (risultato instabile dei corpi
trasparenti) e chimico (come colore della cosa) ma anche in senso etico. Divenne un testo saliente per la formazione degli
astisti del Bauhaus.
Da XIX secolo i colori cessarono di essere ottenuti per vie naturali da terre, ossidi, animali per divenire prodotto chimico a opera di
fabbriche. Ciò consentì di produrre qualsiasi colore e permettere la diffusione dei tubetti. Spariva una parte della perizia artigianale
ma aumentava la gamma dei colori.
L’astrattismo liberò il colore dall’obbligo della rappresentazione. Ma indusse anche a sperimentare la volontaria limitazione:
- K non mise limiti all’uso del colore
- Malevic lo ridusse ai minimi termini
- Mondrian decise di usare solo colori primari
Robert Delaunay, Dischi simultanei, 1912-13
Delaunay è un artista cubista, subisco orfico, ha sempre utilizzato nelle sue opere i colori, la vivacità.
Intorno al 1912-13 fa questi esperimenti di forme con dei dischi di metallo su cui faceva riflettere la luce.
Vediamo nell’opera la rappresentazione dello spettro luminoso di questi dischi in movimento. Non è
un’opera astratta perché è un’opera che rappresenta qualcosa cioè questo fenomeno della luce.
Quasi opere astratte. Ma non del tutto perché D si serviva proprio di dischi che lui aveva fatto preparare
ad artigiani colpiti dalla luce in modo tale che facessero emergere lo spettro dei colori della luce. È come
se lui rappresentasse quella luce.

Giacomo Balla, Mercurio che passa davanti al sole visto dal telescopio, 1914.
Artista protagonista del futurismo. In alcune opere Balla raggiunge degli esiti quasi astratti. Vediamo un
dipinto che raffigura ciò che Balla vede attraverso il telescopio, cioè Mercurio. Raffigura il passaggio del
pianeta davanti al sole che genera queste forme luminose dal bianco, bagliore della luce, allo spettro dei
colori dell’arcobaleno. I colori sono i colori della luce.
Esito può sembrare astratto ma non lo è.

Giacomo Balla, Compenetrazioni iridescenti, 1914.


Sono delle forme stilizzate, astrattizzate della luce, di questa osservazione dello spettro luminoso
attraverso o il telescopio o uno specchio. Diventa anche un motivo decorativo che Balla utilizza
anche per tessuti di arredo.

Vasilij Kandinskij, Coppia a cavallo, 1906.


Artista farà anche quadri che non hanno nulla a che vedere
con la luce e il colore. Quando è in Russia ha modo di visitare
case russe che erano in genere molto colorate e dipinte.
In quest’opera ripercorre la tradizione delle vetrate colorate russe che si trovavano all’interno
delle case russe, soprattutto in quelle di campagna. Erano case estremamente colorate di
ispirazione per il pittore. Una componente russa che permane nella sua attività, soprattutto in
quella più figurativa, è quella della favola russa.
Qui vediamo la coppia a cavallo che ricorda le favole delle dame e dei cavalieri. Il dipinto Coppia
a cavallo sembra rappresentare un sogno o una favola: in primo piano c’è una coppia di
innamorati stretti in un abbraccio che procede a cavallo, immersa in un paesaggio di alberi
variopinti, mentre sullo sfondo viene rappresentata la città che si accende di luci abbaglianti, che si riflettono sullo specchio d’acqua
del fiume, dove procedono lentamente piccole imbarcazioni.
Formazione di K: Matisse Lusso Calma e Voluttà: derivazione del puntinismo, ma usato in modo espressivo e espressionista, macchie
di colore che allontanano dalla realtà.

L’avvenimento che lo porterà a diventare pittore e lasciare completamente la sua prima attività sarà il trasferimento a Monaco in
Germania, dove intraprende studi più approfonditi nel campo della pittura. In questa città entra in contatto con l’ambiente artistico
che in quegli anni aveva dato vita alla secessione di Monaco e in questi anni si assiste ai primi fermenti di un rinnovamento artistico
che avrebbe in seguito prodotto il fenomeno dell’espressionismo.
Kandinskij partecipa attivamente a questo clima, nel 1901 fonda la prima associazione di artisti monacensi a cui diede il nome di
Phalanx ed entra in contatto non solo con l’ambiente tedesco, ma anche con gli altri ambienti europei.
Nel 1910 avverrà la
svolta verso una pittura totalmente astratta, attraverso la frequentazione della pittura espressionista
soprattutto quella francese. Lo vediamo già in Quadro con arciere, 1909. Realizzata con stile
espressionista: colori vivaci e dinamici, antinaturalistici.

Il modo in cui dipinge il paesaggio è molto vicino alla pittura dell’espressionismo (Fauves) con colori vivaci
e antinaturalistici. Soggetto legato alla sua terra, la Russia.
Kandinskij, Paesaggio a Murnau, 1909
K dopo essere stato a monaco e dopo aver studiato accanto ai secessionisti si trasferisce
in una località fuori Monaco insieme alla compagna Gabrielle Münter dove applica il suo
interesse per l’espressionismo.
Si trasferisce a Murnau dove crea una piccola scuola con artisti russi. Qui questi pittori
dipingono con estrema libertà coloristica il paesaggio naturale. Fase in cui K capisce e
comprende il valore del colore che è in grado di trasferire le azioni del pittore nel
paesaggio o nel ritratto.
Questo allontanamento dalla riproduzione della realtà così come la si vede, attraverso
un colore antinaturalistico, un colore vivace e lontano da un rapporto diretto con il
soggetto visto, lo porta ad allontanarsi progressivamente da un concetto di riproduzione.

Alexander Javlenskij, Palo della luce, 1912.


È uno dei due connazionali che si trasferiscono con lui. Seguirà Kandinskij in quello che diventerà
uno dei gruppi più famosi del ‘900: “Il cavaliere azzurro”, che fonderà insieme ad altri autori nel
1912 e in cui raccoglie una serie di pittori interessati a rappresentare in modo creativo la realtà.
Non tutti gli artisti raggiungono l’astrazione ma usano colore in modo antinaturalistico
Non ci sono solo pittori ma anche musicisti.
Un altro aspetto importante della formazione di Kandinskij è il rapporto con la musica e con la
danza. Un rafforzamento di questo rapporto, della sua formazione russa, avviene negli anni in cui
lavora insieme a Javlenskij e l’altro artista a Monaco, nel loro salotto alle porte di Monaco conosce due degli artisti che avrebbero
inciso profondamente sulla sua esperienza artistica e sono il compositore Thomas von Hartmann e il ballerino Aleksandr Sacharov.
Hartmann era un compositore nato in Ucraina che aveva studiato al conservatorio di Mosca e condivideva con Kandinskij l’interesse
per la teosofia. Spingendosi ad aderire alla setta dell’armeno Gurdjieff. Kandinskij interesse per religiosità trasversale rispetto alle
religioni tradizionali. Sacharov, che aveva studiato pittura a Parigi, fu spinto da una rappresentazione teatrale di Sarah Bernhardt a
dedicarsi allo studio di una nuova arte fondata sulla danza: elaborò una teoria, definita "danza assoluta", che si proponeva di
«rendere visibile l’invisibile». Kandinskij avrebbe reso visibile l’invisibile attraverso la pittura.
Kandinskij collaborò con Sacharov e von Hartmann ad alcuni esperimenti: «Il musicista sceglieva da una serie di acquerelli quello che,
da un punto di vista musicale, gli sembrava essere il più chiaro. In assenza del ballerino suonava questo acquerello. Poi arrivava il
ballerino, gli si faceva ascoltare il brano musicale, ed egli lo trasponeva in danza, indovinando poi l’acquerello che aveva ballato».
Sinergia tra le arti.
Kandinkij si interessa anche di teatro: attorno al 1908 iniziò a comporre piccoli pezzi "teatrali". K si concentra negli anni del cavaliere
azzurro si cimenta con un’opera teatrale, il famoso Suono giallo, in cui i colori si muovono nello spazio, recitano e danzano sul suono
della musica.
I suoi manoscritti di quel periodo descrivono le tre componenti necessarie alla realizzazione scenica: il suono musicale, emesso dalla
voce umana, inarticolata o su testo poetico, oppure da strumenti musicali; il suono corporeo-psichico, espresso in movimenti talvolta
culminanti in danze frenetiche; il suono del colore, espresso da luci, costumi, scene. Le "composizioni sceniche" di Kandinskij
raggiunsero l'esito più compiuto in Der gelbe Klang (Il suono giallo, originariamente Riesen, Giganti).

Kandinskij, Ognissanti. Impressione, 1911


In occasione della fondazione del Cavaliere azzurro K collabora con Franz Marc.
Questo dipinto di K va verso l’astrazione, ma si intravedono dei ricordi della realtà, le persone in
processione.
Gran parte del dipinto però è occupato dal colore, il disegno non c’è quasi più.
Primi dipinti astratti di K si intitolano impressioni, in genere questi sono dipinti che non hanno un
unto di vista o un’organizzazione al loro interno ma hanno una composizione libera di forme e
colori.
Sara poi che passerà alle composizioni che avranno maggiore organizzazione.
Rappresenta un'esecuzione musicale fatta in un parco francese alla quale Vasilij Kandinskij aveva assistito e che dipinse dopo aver
assistito a un concerto del compositore viennese Arnold Schönberg. L'opera contiene l'evidente forma del pianoforte nero che si
trova su un palco e ai piedi i numerosi spettatori di diversi colori che mette in evidenza la folla del concerto, in lontananza si nota un
albero arancio e alla destra dell'albero un presunto stagno blu.

Kandinskij, Blaue Reiter, (copertina del cavaliere azzurro), 1912


È il nome anche di una pubblicazione, questa è la copertina sul quale vengono pubblicate le teorie di questi artisti.
Almanacco azzurro = testo teorico di questo gruppo. Confluiscono l’amore di K per i cavalieri e l’amore per gli
animali di Fraz Marc che con lui fonda questo gruppo.
Questo gruppo si configura come una vera e propria avanguardia espressionista, con una data più avanzate
rispetto alle altre due del 1905, ma ha le stesse componenti: questa dimensione di liricità nel colore, di estrema
libertà, di allontanamento dalla dimensione rappresentativa per esprimere l’interiorità dell’artista, la sua gioiosità.

Prima scriverà Lo spirituale nell’arte nel qual scrive la sua teoria.

Franz Marc, Il cavallo blu, 1912


La pittura è espressionista, i colori non naturali. M si specializza negli animali e viene definito “pittore
degli animali”.

Franz Marc, La mucca gialla, 1911.


Pittore espressionista vuole far suscitare delle emozioni.

Kandinskji, Primo acquerello astratto, 1910-1913.


Non si intravede un soggetto. Non ci sono animali, paesaggi ecc.
Questo dipinto è un dipinto rivoluzionario proprio perché non ha un punto di vista esatto
da cui può essere osservato. Il soggetto è un’astrazione delle emozioni dell’artista.
K teorizza tutto questo nel suo libro Lo spirituale nell’arte. Questa emozione dell’artista la
definisce la necessità interiore: è il meccanismo che spinge il pittore a rappresentare sulla
tela le proprie emozioni attraverso un linguaggio fatto solo di linee e colori. Nel libro poi
spiega anche come non siano casuali i colori e le forme inserite. In questo libro propone
una schematizzazion dei colori secondo i loro risvolti psicologici e spirituali:
- Verde tranquillizzante
- Giallo dinamico
- Blu meditativo
- …
I colori venivano poi associati alle direzioni lineari e in seguito alle forme geometriche.
Teorizza l’assoluta libertà di mezzi necessaria all’arte: l’artista è come un veggente che cammina nel buio, rivolgendo i suoi sguardi
verso una realtà più profonda e nascosta di quella comunemente percepita.
In questo caso lui associa certe forme a certi colori giungendo a dire che la forma circolare si abbina molto bene al blu perché blu è
il colore che da profondità e che fa penetrare e andare in profondità, favorisce una lunga visione dell’occhio e della mente e quindi
si adatta bene al cerchio, simbolo della perfezione.
Il giallo, invece, è un colore più dinamico ed espressivo, è associato a una forma più spigolosa come il triangolo.
Il rosso è associato a una forma allungata come il rettangolo. Respinge la visione, mentre il blu fa sprofondare.

La prima fase astrattista della pittura di Kandinskji si caratterizza per un uso pastoso del colore. I contorni appaiono poco segnati e
l’intera composizione assume un aspetto gestuale: la mano e l’occhio guidano l’operato del pittore.
Qui concepisce uno spazio neutro, liquido, in cui forme circolari, segni leggeri, galleggiano sulla superficie e sembrano quasi dotati
di vita propria. Il campo dell’opera è totalmente aperto e indifferenziato.
L’arte si comporta come la musica, non è sottoposta all’obbligo di rappresentazione, è evocativa, stimola una risonanza interna
dell’individuo: il caos compositivo è solo apparente, ma risponde piuttosto alla volontà di disporre una relazione variata tra toni
freddi e caldi, forme circolari e lineari.

Kandinskij, Improvvisazione 26 contenuta – fuga, 1914, Schoenberg, 3 Klavier Stücke op.11, no.
1.
Sappiamo che nel 1909 K da vita a quadri intitolati Improvvisazioni, nel 1910 alle Composizioni
e nel 1911 alle Impressioni.
Improvvisazione: opere in cui non c’è un’organizzazione e una composizione ben strutturata.

In questa opera richiama proprio il modo di comporre la musica di Schoenberg che è basata sulla
dissonanza, cioè, su un tipo di musica che non ha una sintesi di suoni distinti l’uno dall’altro.

Kandinkij interpreta quest’idea in questo dipinto per il quale scrive: “sono stato costretto a
pensare alla musica di Schoenberg nel momento in cui ho ascoltato la musica dove ogni singolo
suono ha una propria autonomia, una specie di telo bianco tra macchie di colore. Schoenberg parte dal presupposto che i
concetti di una dissonanza e consonanza non esistano affatto. La cosiddetta dissonanza è soltanto una consonanza di note non
combinate fra loro, un’idea questa sempre presente nella mia mente mentre dipingo”.
È come se il pittore avesse fatto nascere queste figure dall’ascolto di una musica.
Da qui nasce una collaborazione artistica che porta Kandinkij a indagare sempre di più questa corrispondenza tra musica e colore e
quindi sonorità, colore e forme. Questa idea poi viene descritta e teorizzata da Kandinskij nella sua opera più conosciuta che viene
scritta nel 1912 che è “Lo Spirituale nell’Arte”. In quest’opera associa ad alcuni colori e ad alcune forme dei suoni particolari e delle
sensazioni particolari, quelle che lui chiama necessità interiori.

Kandinskij, Nuvola d’oro, 1918


Con la Rivoluzione russa egli torna ed è come se tornasse agli oggetti tipici della tradizione russa:
comincia a sperimentare la pittura su vetro, seguendo la tradizione russa.

Kandinskij, Due ovali (composizione), 1919


Anche qui si ritrova il paesaggio russo
Composizione dinamica ed estremamente colorata. Le composizioni
sono opere più costruite ed organizzate in cui risalta un nucleo
centrale e una serie di segni che si distribuiscono tutto introno. Al centro sono raffigurati due ovali.
- Nero con all’interno colori
- Bianco all’esterno della composizione
Forme geometriche che ricordano anche qualcosa del paesaggio russo (cupole bianche che ricordano i
campanili delle chiese). C’è anche il prevalere del colore bianco che K associa alla Russia (neve).
Ovali sono l’esito dell’esperienza che K ha nel periodo di ritorno in Russia.
K viene coinvolto nelle istituzioni pubbliche, nell’ufficio della pubblica istruzione ma il suo contributo alla volontà di una società più
giusta e equa non avverrà perché il materialismo russo non ammette la creatività dell’artista. Artista non produce qualcosa di
concreto e di materiale. Ha una produzione immateriale e considerata borghese.

Kandinskij, Nel bianco (Composizione), 1920


K lascia un'altra volta la Russia. Un altro momento importante della sua attività e che vede
mutare anche il suo linguaggio è quello del periodo del Bauhaus,
La scuola di Bauhaus, scuola di Arti e Mestieri, venne fondata nel 1923 in Germania da Gropius
a Dessau e poi a Weimar. K diventerà maestro di teoria, frmava i giovani a diventare architetti,
artigiani. K è maestro di forma.
Dentro questa scuola Kandiskij fu chiamato ad insegnare e li svolge un incessante lavoro di
ricerca nel tentativo di fornire una sempre maggior coerenza metodologica e teorica alla
propria arte e in particolare si trova a lavorare vicino anche ai costruttivismi russi e cioè ad artisti che sono chiamati a collaborare
alla scuola e che hanno un tipo di ricerca astratta più geometrica, più vicina alla geometria.
Anche Kandinskij nelle opere realizzate in questi anni ’20 è più geometrico, permangono i colori vivaci, la dinamicità del dipinto, ma
le forme tendono a diventare più geometriche. Si ha una composizione molto più fredda e meno dinamica, un po’ raggelata. K
diventa in questo periodo del Bauhaus sempre più geometrizzante.

Kandinskij, Giallo, rosso, blu, 1925


In questi anni di insegnamento al bauhaus sviluppa alcuni metodi didattici, per esempio
formulò un questionario in cui domandava agli studenti di associare triangolo, quadrato e
cerchio ai tre colori primari in modo da valorizzare al massimo le loro caratteristiche, quasi
tutti i soggetti concordarono nell’associare il cerchio al blu, il quadrato al rosso e il triangolo
al giallo. In accordo con questo risultato sperimentale in quest’opera il pittore inscrive il blu in
un cerchio perfetto sulla destra, pone agglomerazioni più libere nella parte mediana della
superficie della tela dove emerge un rosso indistinto, mentre il giallo domina nella parte
sinistra.
In quest’opera Kandinskij ripropone una problematica già presente nel Prometeo di Skrjabin (compositore), inerente i tre colori
fondamentali e le tre figure geometriche simboliche, attribuendo quindi un particolare significato a questo dipinto.
“Giallo e blu in rapporto al rosso. Il Sole e la Luna si evitano e si ritrovano come avviene tra il giorno e la notte, l’aurora e il tramonto.
Nascita misteriosa del rosso dalla tendenza simultanea all’allontanamento e all’ascensione del giallo e del blu”.
In quali anni Kandinsky riconobbe più volte esplicitamente a Skrjabin il merito di aver influenzato in maniera decisa la sua concezione
estetica.
K ne parla in un altro libro che si chiama Punto linea superficie che fa riferimento non più al tema dello spirituale ma al tema degli
elementi tipici del disegno. Incontro della linea con il punto nella superficie genera le forme che sono sempre più geometriche.

Il “cerchio” di Aleksandr Skrjabin


Mette in relazione i colori con le note musicali.
Kandinkij, Composizione VIII, 1923
Mostra un’evidente architettura delle forme, uno studio attento delle relazioni tra segni e
colori. Ogni punta, triangolo, cerchio e riga hanno un ruolo preciso in un equilibrio
generale molto serrato, come se si trattasse di un complesso meccanismo di leve, cunei e
rotelle pronti a scattare l’uno dopo l’altro. Tutto questo secondo le evidenti influenze del
Bauhaus. Pochi anni dopo K avrebbe trasposto il nuovo rigore nel libro Punta e linea sul
piano.
L’itinerario creativo dell’artista mostra una ferrea coerenza: dagli esordi fondati su una
linea liberty alla scoperta del colore in figurazioni espressioniste, per giungere alla
liberazione istintiva della figura e, in seguito, a una organizzazione del colore che non
avesse più nulla dello scarabocchio infantile, ma proponesse una geometria sofisticata. Il fine preciso: la perdita dell’illusione di
profondità, la fine del quadro-finestra.

Kandinskij, Trenta, 1937


Rispecchia lo stato d’animo dell’artista che da poco aveva perso un figlio e questa perdita
è riscontrabile proprio in questa mancanza di colori e in questo riferimento in molte forme
all’interno di questa composizione che si ispirano alla biologia, a forme molecolari, che
però destano molto interesse negli artisti che indagano l’astrazione in quegli anni.
Guardando queste forme ricorda il pittore spagnolo Mirò, essi si conoscevano ma arrivano
indipendentemente a queste forme. Mirò è un surrealista un po’ più astratto.
I surrealisti avrebbero voluto far confluire K nel loro movimento ma K non accetta l’invito.
Per loro è un maestro che ha aspetto più surrealisteggiante.

Paul Klee, Cupole rosse e bianche, 1914


Tra gli artisti che sono più vicini a Kandinkij in questi anni c’è Paul Klee. La sua figura fu presente
in tutti i gruppi e i momenti salienti: dall’astrattismo al dadaismo, dal surrealismo al gruppo di
docenti del Bauhaus. Ma la sua vasta produzione non può essere ascritta a nessuna di queste
tendenze.
Quest’opera appartiene al momento in cui K partecipò al Cavaliere Azzurro ma senza condividere
il tono mistico deli compagni.
Klee non sempre arriva completamente all’astrazione, non tanto quanto ci arrivi K. Il suo processo
è un processo di astrazione dal reale in senso etimologico della parola. Lui trae dalla realtà delle
forme geometriche.
Memorabile per i colori che usa è il viaggio in Tunisia. I colori del Mediterraneo e le modulazioni
della luce del Sud, così squillante al confronto di quella nordica, lo lasciarono in uno stato di
stupore per giorni.
Questa opera è realizzata in uno dei periodi in cui soggiorna in Marocco, e in cui rimane suggestionato dai colori caldi del
mediterraneo. Qui si vede sintetizzato il motivo delle cupole, delle coperture delle case marocchine che sono dei cubi con cupole
tondeggianti sopra. Esito quasi astratto anche se ce il ricordo della relata anche nel titolo stesso.

Paul Klee, Monumento al paese fertile, 1929.


Paesaggio del Marocco, campo coltivato che va a confluire in un dipinto astratto ma dove
c’è una suggestione proprio del paesaggio marocchino.
Il dipinto non descrive il paesaggio ma lo astrae.

Paul Klee, Strada principale e strade laterali, 1929


Suggestione di una strada il dipinto è astratto, non ci sono
riferimenti a un soggetto vero e proprio.
K si riconosce sempre per i colori tenui pastello e anche per
un disegno che ricorda molto un disegno infantile.
Alcune sue opere sembra che inseriscano al loro interno disegni che assomigliano a quelle dei
bambini. K fa questo consapevolmente. Lui scrive: “anche i bambini conoscono l’arte e ci mettono
molta saggezza! Quanto più sono maldestri, tanto più ci offrono esempi istruttivi. Esempi analoghi
sono le creazioni dei malati di mente.”
Esercitazione realizzata nel corso tenuto da Klee al Bauhaus, 1928
Klee insegna anche lui al Bauhaus. Lavorano insieme a monaco e partecipano alle mostre del cavaliere
azzurro. Poi periodo di disacco Klee si trasferisce in franchia quando Kandinskji è in Russia.
Klee poi viene inserito come maestro di forma nelle classi che si occupano del disegno per tessuto.
Vi erano laboratori di produzione di forme da applicare all’arredamento, all’oggettistica ecc

Benita Otte Koch, disegno per tessuto


Laboratorio era tutto di donne.
Queste ragazze disegnavano ispirandosi alla pittura di Klee e ai suoi colori.
- Luce mediterranea
- Disegno puramente geometrico degli anni 20

Nel ‘33 la scuola venne chiusa all’avvento del fascismo.


Lo scopo della scuola era quello di formare gli artigiani o i protodesiner che hanno lo scopo di portare l’estetica
del bello nella produzione industriale che orami stava scadendo come bellezza e qualità. Portano l’estetica
astratta negli oggetti nella vita quotidiana. L’astrazione non vuole essere puramente una ricerca linguistica, ma
questa ricerca di linguaggio, di forme e di colori vuole portare una ventata di freschezza nella realtà
contemporanea, trasformando la società negli aspetti della sua creatività.
Questa estetica viene dettata da Kandinskji e Klee e anche costruttivisti come Moholy-Nagy.
È una scuola che porta avanti un’utopia troppo in anticipo sui tempi e che non verrà compresa fino in fondo.

Grete Reichard, disegni per tessuto

Non verranno veramente


commercializzate e non
entreranno nell’industria ma ne
viene fatto uso all’interno della
scuola.

Questi artisti saranno di riferimento per gli astrattisti italiani.

Bauhaus, stanza del dormitorio.

La città in cui venne costituita la scuola del Bahaus fu Weimar, la città era parsa la sede adatta
per costruirvi una scuola d'arte di concezione interamente nuova, in linea con le aperture del
momento sia nel campo dell'arte, sia in quello della politica.
L’istituto nasceva per volontà dell'architetto Gropius, che l'avrebbe diretta fino al 1928, come
riunione di un'accademia di Belle Arti e di una scuola di arti e mestieri: già in quest'esordio
era implicita la volontà di unificare il campo dell'artigianato a quello della pittura e della
scultura, da secoli considerato più alto e quindi staccato da ogni possibile fine pratico.
il nome deriva dall'inversione della parola tedesca “costruzione di case”, proprio a sottolineare l'intento di non dividere alcun aspetto
della produzione artistica, riunificando architettura, progettazione e Belle Arti.
fu luogo di feste memorabili e di studi rigorosissimi, di convivenza giovanile, ma anche di aspre e stimolanti discussioni teoriche.
tutti gli studenti dovevano seguire un corso semestrale propedeutico di teoria della forma e del colore, interagivano con numerosi
materiali ed erano incoraggiati a trovare una propria via creativa. dopo il semestre studenti selezionati dovevano frequentare
laboratori su legno, metallo, vetro, tipografia, tessitura.
gli insegnanti erano:
- Itten per il corso preliminare
- Moholy-Nagy
- Klee
- Kandinskij
- Feininger
ASTRATTISMO GEOMETRICO
In cui prevale dimensione geometrica e in cui non c’è un riferimento alla relatà immediato ma la creazione di forme che nascono
direttamente nella mente dell’artista. Questo andare verso questo tipo di astrazione procede per tappe.
È un astrattismo che ha una dimensione più rigida, più geometrica, si riferisce al mondo dei numeri e delle forme geometriche. Si
tratta di artisti come Piet Mondrian che da vita a un gruppo che è il neoplasticismo olandese, il quale inizialmente comincia con il
praticare un altro tipo di pittura, la pittura simbolista (che ha come riferimento Munch) e poi sono i pittori delle avanguardie russe
le quali nascono attraverso le figure di Malevič e di Tatlin.

Piet Mondrian, Paesaggio, 1907


Questo paesaggio è un paesaggio di pittura nordica, è un espressionismo più cupo
dai colori più scuri, vagamente simbolista.
Mondrian sta sperimentando, è giovane, ed è appena uscito dall’accademia e si
mette in relazione con le tendenze più attuali del momento, sicuramente ha
guardato alla pittura espressionista nordica e anche a quella francese.
Ci da un senso di malinconia e mistero e di inquietudine. I colori sono già colori
antinaturalistici che non corrispondono alla realtà. La matrice simbolica di questo
periodo è ben rappresentata da quest’opera.

Piet Mondrian, Evoluzione, 1910


Venne dipinto quando l’artista aveva già 39 anni. Per Mondrian il fine dell’arte doveva
essere quello dell’evoluzione spirituale, i mezzi dovevano porsi come una semplificazione
progressiva delle forme attraverso la geometria, il colore si avviava ad abolire i mezzi toni
per favorire la campitura uniforme, priva di chiaroscuro e delle tracce del pennello.
È un dipinto simbolico e simbolista.
Nell’opera appare un corpo di donna nudo, sacrale, ripetuto in tre distanti pannelli in forme
geometrizzanti e simboliche: rappresenta i tre stadi dell’evoluzione spirituale secondo la
disciplina teosofica (disciplina che intendeva rinnovare i dogmi cristiani e limitare il
materialismo), secondo quelle scienze o para scienze più di tipo sincretico che uniscono anche suggestioni che derivano dalle religioni
orientali e dalle pratiche orientali.

In questo dipinto simbolista troviamo già la necessita e il bisogno del pittore di sintetizzare la forma, rendere geometrizzata la figura
della donna e usare alcune forme geometriche in modo simbolico.
- Nella prima figura le punte dei seni, l’ombelico e i triangoli ai lati del collo sono orientati verso il basso
- Nella seconda le punte si rivolgono verso l’alto
- Nella terza l’alto e il basso si equilibrano in figure: il rombo e le stelle a sei punte, che sono il risultato della sovrapposizione
di due triangoli equilateri, rivolti l’uno verso il basso e l’altro verso l’alto.

Leggendo il trittico da sx verso dx si passa dall’attenzione agli istinti più bassi a quella per i dati emotivi e di qui al momento mentale,
in cui le forze della natura e quelle del principio spirituale che la trascende, appaiono pienamente equilibrate.

Osservando i colori l’opera narra come, nella prima figura, l’individuo dalla sua primigenia appartenenza al mondo caotico della
natura (verde), e degli istinti richiama il tema dell’amore e della passione tutta terrena (rosso), a cui lo spirito resta esterno (blu).
Al centro, tramite l’attività della meditazione (giallo) passa ad assorbire dentro di se lo spirito (blu) e a emarginare gli aspetti della
natura fuori di sé (il verde passa allo sfondo), la luce alle spalle è spiritatale.
In un terzo e ultimo passo, momento della quiete dopo la meditazione, la persona è spirito nello spirito, blu nel blu, illuminata dalle
due stelle gialle che conservano solo nel loro alone un residuo di verde.
Questo è il cammino che sia il mondo dia il singolo sono tenuti a percorrere in un’ottica teosofica.

Piet Mondrian, Dune, 1909


In quest’opera riprende la tecnica divisionista, ma in modo completamente diverso:
come pura forma, il puntino diventa quasi un quadrato (qui c’è già il quadrato).
Quadrato che deriva dai puntini usati sa Matisse.
M comincia a sperimentare e passa da una pittura espressionista a una pittura che
utilizza la tache (?) = puntino allargato come strumento per dare valore al colore in
modo indipendente rispetto al disegno e a quello che si rappresentava.
Anche in questo dipinto, che ha ricordi di figurazione, l’utilizzo di questo puntino aiuta
ad astrarre e cominciare a tirare fuori forme che sono indipendenti dalla descrizione
della realtà.
Il passo ulteriore Mondrian lo fa conoscendo da vicino il cubismo, va a Parigi nel 1911, entra a contatto con il cubismo e supera
questa fase più simbolista, espressionista ed è esplicitato questo suo passaggio attraverso il cubismo nella famosa

Le serie che riprendono un albero, la facciata di una chiesa, gli edifici di Parigi dimostrano il suo abbandono progressivo delle linee
curve e oblique. “guardando il mare, il cielo, le stelle, li rappresentai attraverso una molteplicità di croci”.
Se si segue lo sviluppo della pittura dell’artista se ne ottiene una visione progressiva e logica, a tappe che si direbbero obbligate,
verso l’astrazione. Esemplari sono le sue ricerche intorno alla forma dell’albero in cui da un naturalismo rarefatto si passa a una
sintesi progressiva, a una radicale scomposizione, prima cubista e poi astratta, in cui l’albero si perde.

Albero rosso, 1908 mostra chiome arcuate, come artigli che graffiano l’aria, mentre dal terreno
si sprigionano piccole fiamme di fuoco che si riverberano sul tronco e tra le fronde. Le linee
curve ripetute, i motivi cromatici diventano elementi decorativi, ridondanti sulla superficie
dell’opera.

Albero grigio, 1911


Costituisce il passo ulteriore verso la semplificazione delle
forme: opera un forte azzeramento cromatico, le chiome
arcuate sono ora tese come direttrici che si dilatano in ogni parte del quadro. I rami sono
ripartiture geometriche che scandiscono piani solidi.

Melo in fiore, 1912


Tappa conclusiva ma anche iniziale per il nuovo percorso. Non rimane che il titolo: un
naturalismo annunciato, ma contraddetto perché si può appena rintracciare l’infiorescenza
dell’albero nella zona centrale del quadro. Il melo è una sintesi estrema, un’intersezione di
linee verticali e orizzontali, anche se permangono linee curve che nelle opere successive
saranno eliminate insieme alla diagonale.

Non ci sono più gli aspetti emotivi dell’espressionismo, infatti non è un’opera che vuole emozionare, ma anzi vuol far riflettere con
delle forme che vanno verso la geometria.
In quest’opera permangono alcuni aspetti della formazione teosofica: nella giustificazione di alcune forme che sono evocative (che
si troveranno anche nella fase del neoplasticismo), che hanno un significa ad esempio l’ovale. In questo dipinto ci sono tutti gli
elementi che ritroveremo nella griglia geometrica tipica delle composizioni mature di Mondrian. Ovali che si distendono e danno
forma ai rami. L’ovale rappresenta l’energia cosmica universale nel pensiero teosofico. Comincia a comparire la T quindi
quell’incrocio tra orizzontale e verticale, lo si vede da elementi che partono dall’idea di ramo, o meglio da queste forme, che sono
alla base della griglia geometrica, che rappresentano l’idea del compimento e anche l’opposizione tra mondo maschile e mondo
femminile, che corrispondono a spirituale (=uomo, in quanto ha l’intelletto) e materiale (=donna, inquanto è legata alla terra).
In quegli anni Mondrian va avanti in tante sue composizioni a studiare la forma
dell’albero, questa forma naturale che sta diventando una forma artistica, passa proprio
dalla natura all’arte, dal mondo del naturale al mondo dell’immaginazione artistica.
Albero diventa per M un soggetto privilegiato che diventa piano piano sempre più
geometrico.
Concetto di astrazione che è una partenza dalla realtà che sta diventando sempre più
astratta. Segue un processo di astrazione della natura.

NEOPLASTICISMO
Dopo che ebbe fondato “De Stijl”Mondrian giunse al suo stile più noto. Dopo questa fase comincia il suo percorso verso la fase più
geometrica, del raggiungimento del neoplasticismo. È nella visione di Mondrian il modo per raggiungere la realtà interiore.
Una griglia di ortogonali nere che ospitano quadrati piatti di colori primari. Il fondo bianco molto opaca, era per i critici, memore
della luce nebbiosa del nord. Si è parlato anche di influenza delle vetrate ornamentali; ogni riferimento a oggetti, paesaggi,
impressioni è completamente abbandonato.
Il centro geometrico del quadro venne volutamente abbandonato, il ritmo libero dei quadrangoli tende verso l’infinito, suggerendo
sconfinamenti nell’ambiente.
Le maglie di M cominciano a somigliare a quello che di li a poco sarebbe stato lo stile prevalente nell’architettura, un modernismo
essenziale basato sull’angolo retto.
Anche Mondrain sentì la necessità di definire il proprio stile individuale: il termine scelto fu neoplasticismo, a indicare un nuovo
modo di trattare la forma non disgiunto da preoccupazioni sociali. La pittura neoplastica doveva infatti accompagnarsi a un nuovo
modo di vivere, “a una società che combini due elementi di equivalente valore, il materiale e lo spirituale”.

Da “De Stijl”, rivista del movimento del Neoplasticismo 1917-1932


“La vita odierna dell’uomo si allontana poco alla volta dalle realtà naturali per diventare sempre più una vita astratta. L’attenzione
vitale si concentra sempre più sulle realtà interiori. Quale pura rappresentazione dello spirito umano, l’arte si esprimerà in forma
purificata, vale a dire astratta”.
1918 Primo manifesto del Neoplasticismo firmato da Theo Van Doesburg, Piet Mondrian, Theo Van der Leck e dagli architetti J.J.P.
Oud, Robery van’t Hoff e J,. Wils.

La teosofia, che è una disciplina mistica che esige un costante perfezionamento di sé e del mondo, la ricerca dell’interiorità, la
scoperta dell’interiorità come fonte di energia dell’uomo è alla base del neoplasticismo.
È offrire al mondo una nuova forma, un nuovo modo di leggere la realtà che è fortemente spirituale e interiore.
Il primo manifesto del neoplasticismo del 1918 è firmato anche da altri artisti oltre che Mondrian. È un’avanguardia perché ha
attenzione alle pubblicazioni, alle teorie e alla manifestazione di questi concetti.

Mondrian, Composizione in ovale, 1914


La composizione, cioè, l’insieme di linee e di colori, sono all’interno di un ovale. L’ovale nella teosofia
rappresenta il tutto, l’universo. Quindi è all’interno di questo ovale che le forme si organizzano in modo
geometrico.
Ci sono delle particolarità: questo ovale non è completo ai bordi ma tagliato. Questo ha un significato
preciso: questa organizzazione della realtà che rappresenta il tutto e che viene immaginata dall’artista
(non ce più ricordo del reale) fuoriescono idealmente dalla cornice del quadro. Aspetto importante per il
neoplasticismo perché è un modello di società, di organizzazione del mondo, una nuova lettura di come è
organizzato il mondo. È come se la composizione dell’artista fosse solo un frammento di una composizione
molto più ampia che riguarda la vita dell’uomo e tutto l’essere umano.
Idea utopia del mondo era quello di estendere questa estetica al di fuori del mondo dell’arte e quindi al di
fuori della cornice.
Questo si ritroverà anche nelle sue griglie in cui il quadro non è sempre completo ma c’è spazio che lascia aperta la composizione
oltre la tela.

Mondrian, Composizione 1921


Arriva a una tale semplificazione, asciuttezza che addirittura sceglie solo i colori primari. Quindi
tutte le sue composizioni di questi anni sono fatte con i colori primari e il bianco e il nero che sono
la somma e l’assenza di tutti i colori e la linea retta, la griglia geometrica.
Dal ’20 tutti i suoi quadri sono molto simili, c’è uno scopo, lui dice: “lo scopo della mia pittura è
quello di eliminare il senso tragico dal tragico dal mondo, trovare un equilibrio, una
sistematizzazione che limi il senso della tragicità”. Il tragico è nella linea curva, è nella linea
diagonale, perché crea uno scompenso, invece la griglia è statica, è immobile ed è assoluta. Quindi
lì lui intravede l’armonia e la pacificazione di tutte le cose.
La griglia produce un incontro tra orizzontale e verticale: il loro punto di incontro è il luogo di
origine di tutte le cose, ovvero di qualcosa che prima non c’era.
Mondrian è andato all’origine dell’idea cosmologica della realtà: tutta la realtà successiva nasce dalla combinazione di queste forme
(orizzontale e verticale) e dalla composizione dei colori primari.
Questa sua rigidità e rigorosità lo porta anche ad allontanarsi dagli altri artisti del neoplasticismo olandese come Theo Van Doesburg
che mantiene la diagonale nelle sue opere. Mondrian non poteva concepire la diagonale perché la diagonale da movimento e ritmo
ed esce da quella assolutezza della griglia geometrica.

Composizione, 1920 Van Doesburg


sarà l’artista che dal neoplasticismo farà conoscere nel resto d’Europa queste ricerche
dell’astrazione e darà vita in Francia a due gruppi: Ambstration Creation e Cerchio e Quadrano che
sono i due grossi gruppi di ricerca astratta in Europa. Gruppi nei quali l’astrazione è sempre di
natura mentale, che nasce direttamente dalla combinazione delle forme e dei colori.

Nel suo lavoro, per essere più indipendente introduce la linea obliqua, invece non contemplata da
M. Il dipinto di M è un dipinto statico immobile, mentre, la linea obliqua crea movimento e azione
e non è contemplato.
Gerrit Rietvelt, Casa Schroeder, Utrecht, 1924
Questo edificio è pensato come un quadro di Mondrian, con i colori di Mondrian, le
forme rigide.
Architetto neoplastico, applica le stesse teorie di M all’edificio, utilizzando
esclusivamente linee rette.

Rietvelt, Sedia rosso-blu 1917


Così come anche nel design si applicano questi stessi modelli.
Qui c’è una deroga all’ortogonalità perché la seduta deve essere un po’ inclinata per utilizzarla, problema del
design non artistico. Cerca il più pox di essere vicino al pensiero di M.
LE AVANGUARDIE RUSSE: SUPREMATISMO

Fernand Léger, Nudi nella foresta 1911

Kazimir Malevič, Contadini 1912

Due importanti avanguardie in Russia sono precedute (suprematismo e costruttivismo) dal cubofuturismo,
non originale della Russia, ma derivazione dal cubismo e dal futurismo. I futuristi hanno diffuso la loro ricerca e poetica anche ben
oltre il centro dell’Europa spingendosi anche in Russia. Gli artisti che saranno protagonisti delle avanguardie russe hanno una
formazione di tipo cubo futurista. Ed in questo ambito che nel 1915, in occasione di una mostra a loro dedicata, nascono il
Suprematismo di Malevič e il Costruttivismo di Tatlin.

Il primo è Malievic, ha origine dalla periferia della Russia, parte dell’impero russo ma originario della Polonia, la sua non è proprio
un’origine borghese o nobile, non fa parte dell’alta società come K (che derivava da una società più culturalmente elevata): M è un
autodidatta e poi si trasferisce a Mosca per entrare in contatto con l’ambiente culturale russo. Porta con sé un interesse per il mondo
dei contadini e il mondo del lavoro. Anche una profonda religiosità legata alla religiosità del popolo.

In questo dipinto, prima della nascita del suprematismo, si vede un M che dipinge secondo lo stile cubo-futurista. Se si dovesse
avvicinare questo dipinto a opere di pittori cubisti, può essere avvicinato a quella di Leger (realizzato con la stessa tecnica del cubismo
orfico più implicato con la società).
L elabora una scomposizione che tende ad assimilare le forme della natura e dell’uomo a quella degli ingranaggi della macchina e
dell’industria, c’è una forma cubolare. Anche M presenta delle forme che hanno una sorta di plasticità tubolare, come se fossero dei
coni.
Perché proprio L come modello? Perché lui ha un interesse nel mondo del lavoro e dell’industria e M è interessato anche lui a questo
aspetto: per lui l’arte deve portare alla luce la condizione di lavoro dei contadini.

Malevič, Suprematismo 1915


I disegni eseguiti per La vittoria del sole rappresentano il passaggio al Suprematismo. La scenografia era
costituita da un quadrato nero su sfondo bianco, ripetuto poi in un quadro del 195 e prima base per
l’astrattismo geometrico che M definì “Suprematismo”. Il termine voleva significare la distanza rispetto al
Naturalismo e il necessario contatto dell’arte con una sovra realtà spirituale.

Viene presentata nel 1915 in occasione della mostra 0.10, ultima mostra del cubofuturismo russo, dopo un
periodo di più di un anno in cui M non espone più le sue opere, si presenta in quella mostra con il suo
suprematismo.

“il sipario rappresenta un quadrato nero, il germe di tutto il potenziale che, sviluppandosi, acquisirà una forza grandiosa. È l’origine
del cubo e della sfera. La sua disintegrazione eleverà la pittura in maniera stupefacente.”

I suoi quadri suprematisti si presentano come oggetti in sé, la cui intenzione è quella di suscitare sensazioni superiori rispetto a
quelle dettate dai sensi fisici. Il quadro si propone come fonte di emozioni e non di immagini che rappresentano qualcosa.
Nelle sue opere presero così a danzare forme geometriche semplici, piatte, correlate tra loro da rapporti armonici. Si tratta di
pensieri e ritmi della mente: è ciò che si scopre puntando i nostri occhi spirituali verso il mondo interiore e non verso quello esterno.

Il Suprematismo è la creazione di una realtà parallela nell’opera che sta al di sopra della realtà fisica. È una realtà che ha forti
componenti spirituali ma che è anche la dimensione attraverso la quale si spiega l’universo intero. È la dimensione dell’universo.
Anche M, come già altri pittori, si sente un creatore, un demiurgo, colui che crea delle forme nuove che non esistono in natura, che
nascono nella mente dell’artista e che definiscono l’essenza di una realtà vera.
Le forme si distribuiscono nella tela in modo spontaneo, non c’è una forma stabile (al contrario di Mondrian dove la griglia blocca
l’immagine sulla tela).
- Diversi colori
- Diverse forme
- No un centro
Malevic, mostra 0.10, 1915
Il quadro era collocato all’incrocio tra il soffitto e due pareti convergenti, ovvero nel luogo tradizionalmente assegnato nelle case
alle icone sacre. Dovevano proteggere l’abitazione e fungere da legame tra terra e cielo: il fedele pregava rivolgendosi ad esse.
Nel tempo la pittura di icone è rimasta identica a se stessa, in questo campo l’innovazione non era gradita.
M si distacca da queste norme, ma studiando il quadro nell’angolo denuncia di conservarne il fine.
Il quadrato nero stava ad identificare un elemento prettamente umano. Infatti, nella
sua prima comparsa nella Vittoria sul sole, questa immagine stava a rappresentare un
nuovo Sole costruito dall’uomo, una fonte di energia fisica e spirituale non legata né
alla religiosità tradizionale né alla natura.
Per farlo sceglie la forma geometrica del quadrato perché la natura sa creare cerchi e
sfere, ma solo l’uomo, che domina le misure di angoli e segmenti, sa costruire un
quadrato.
Dal punto di vista formale esso asseriva che la pittura in sé era finita, assorbita
nell’immateriale, per lasciare spazio solo a strumenti della. Meditazione. Non per nulla
M si spinse a immaginare un quadro adatto solo di tela grezza, dal quale fosse sparita
ogni traccia di pittura.

Malevic, Quadrato nero e triangolo 1915


Semplifica la composizione ma c’è sempre del movimento: dato dal triangolo che si incunea nel quadrato.

Malevič, Quadrato bianco su fondo bianco 1918


Rappresenta un quadrato inscritto all’interno di un altro quadrato, ma non è centrato, bloccato, è un
quadrato che sembra quasi
muoversi all’interno della composizione.

Malevič scrive dei principi e possiamo individuare tre enunciati fondamentali del suprematismo:
1- L’idea di una creazione pura che nasce dal nulla: creazione pura, creazione che non deriva da forme già esistenti, ma come
Dio si creano nella mente dell’artista. La creazione prende avvio da un’intuizione che l’artista ha.
2- Pittore creatore: dopo la fase di illuminazione il pittore creatore deve diventare cosciente e deve illustrare la sua intuizione
e lo fa attraverso l’uso del colore, che sono asserviti al buonsenso: la composizione. I colori a volte hanno dei significati
simbolici (il bianco è il momento, il colore con cui il pittore raggiunge l’assoluto. Il bianco è un non colore che però è la
somma di tutti i colori e da l’effetto della luce. Il bianco è il luogo dell’azzeramento e di raggiungimento della perfezione. es.
quadrato bianco su fondo bianco è l’insieme di tutti i colori, è energia pura, è il cosmo).
3- Il senza oggetto. Qui subentra anche l’aspetto sociale del suprematismo, il suo rapporto con la società. “La creazione
assoluta non è possibile se non con la soppressione dell’idea piccolo-borghese del soggetto. Il soggetto deve scomparire
dietro la sua opera e l’opera solo in questo modo sarà assoluta”. Quindi la mancanza di un soggetto, di una forma nell’opera
è l’unico modo per raggiungere questo assoluto e appunto “quadrato bianco su fondo bianco” è equivalente a un grande
capolavoro perché sa spiegare il tutto, tutti i grandi capolavori sono all’interno di quadrato bianco. Quindi le forme
geometriche pure sono più importanti di forme che appartengono al passato.

Dopo la guerra M sviluppò ulteriormente le sue teorie, concependo una dilatazione tridimensionale dai suoi quadri. questo balzo in
avanti non fu gradito ai vertici sovietici: dopo l'ascesa di Stalin al governo le sole opere ammesse furono propagandistiche improntati
a un realismo socialista contrario ai principi dell'avanguardia.
M perse tutti gli incarichi prestigiosi ottenuti e i quadri dell'ultimo periodo tornarono a una forma di realismo. egli continua a firmare
le sue opere con un piccolo quadrato nero su sfondo bianco, ricordo della sua opera più radicale, chi volle poi apposto anche sulla
sua tomba. queste contraddizioni sembrerebbero confermare che egli non torno alla figura per una decisione autonoma, ma in
seguito a qualche forma di costrizione politica.
COSTRUTTIVISMO
L’altro movimento artistico che nasce sempre dalle ceneri del cubo-futurismo russo in occasione di questa importante mostra 0.10
che si tiene nel 1915 è il costruttivismo che ha come grande protagonista Tatlin. È un altro tipo di ricerca geometrica che rispetto al
Suprematismo si configura come l’opposto:
- Se il suprematismo di Malevic non può avere eredi: perché un artista che arriva a un punto così estremo non può avere
allievi perché non farebbero altro che ripetere questo suo linguaggio, il costruttivismo diventa una vera e propria scuola.
- Mentre il Suprematismo ha una componente spirituale, anche M si interessa alla teosofia (come K e Mondrian), il
Costruttivismo è materialista, i costruttivisti sono quelli che più di tutti gli altri artisti russi durante la rivoluzione vorrebbero
portare il loro contributo alla Rivoluzione russa, cosa che non succede perché anche i costruttivisti vengono ritenuti troppo
borghesi (e quindi demoni per i soviet). Gli artisti non producono nulla di utile materialmente, nonostante il loro lavoro sia
un lavoro fatto con l’utilizzo di materiali diversi.

Il nome stesso dell’avanguardia richiama il progetto, costruire qualcosa di fisco. Ecco perché la tecnica che per questi artisti è l’ideale
è l’assemblaggio che è una forma tridimensionale di collage.
Tatlin è il protagonista del costruttivismo. Tatlin a parigi aveva visitato l’atelier di Picasso: qui aveva visto i papier collès, spunto per
la nuova scultura che T aveva fatto in pittura, lui lo avrebbe applicato nella scultura.
L’idea era “combinare materiali come il ferro e il vetro, materiali del moderno classicismo, paragonabili nella loro severità al marmo
dell’antichità”.

Dal cubismo elabora quelli che lui chiama Rilievi: che sono costruzioni, con materiali non nobili
(legno, pezzi di carta, pezzi di metallo, vetro), le cui forme nascono dalle proprietà intrinseche dei
materiali stessi. Se materiale è rigido di partenza (tavoletta di legno) la forma che suggerisce è rigida.
La forma nasce dal materiale scelto dall’artista. L’opera si costruisce in base alla natura del
materiale.
Non c’è prima il progetto, ma c’è la scelta del materiale e il materiale permette di ottenere certe
forme. Il costruttivismo valorizza la componente intrinseca dei materiali. La più grande invenzione
dei costruttivisti non è solo questa,
ma anche quella di concepire per la prima volta un’installazione, cioè un’opera che non è ne pittura
ne scultura ma che esiste perché è collocata in uno spazio specifico.
La sua volontà di rompere con la tradizione accademica, ma anche di conservare i lati più popolari
della produzione artigianale, si deduce anche dal fatto che installò i suoi rilievi negli angoli delle sale,
come aveva fatto Malevic.

Tatlin, Rilievo d’angolo, 1915


Affronta un aspetto che l’arte non ha mai affrontato.
È un assemblaggio che dipende dallo spazio, ha in sé anche un determinato spazio, l’angolo. È un’opera
ambientale. È già una prima installazione.
Si vede l’aspetto della natura del materiale che crea una determinata forma.
La corda, che passa attraverso la tavola di legno, è sospesa da una parete all’altra e contribuisce a tenere
sollevata una parte della scultura. La corda ha una natura di essere tesa e di sostenere e qui viene collocata
in questo modo.
Le forme piegate sono elementi di ferro e alluminio che sono forgiati e piegati dall’artista.
Questi artisti hanno fatto una rivoluzione dentro la Rivoluzione russa, dentro la Rivoluzione russa perché
si sono presentati come un braccio armato della rivoluzione, si presentano come degli operai, dei lavoratori che si impossessano dei
materiali e ne fanno uscire tutta la loro potenzialità. In realtà questa idea non viene sostenuta dal Soviet. Per Lenin l’artista
non è un lavoratore perché non produce oggetti funzionali, ma la funzione di questi oggetti è ancora estetica e quindi non abbastanza
materialista. Nonostante ciò, gli artisti credono fortemente nella Rivoluzione russa e Tatlin viene incaricato di progettare quello che
doveva essere un edificio ma è rimasto solamente a livello di progetto e avrebbe dovuto essere la sede del governo russo.

Vladimir Tatlin, Monumento alla Terza Internazionale, 1919-20


Talin immaginava una “torre proletaria”, la realizzazione di un palazzo di uffici dove si sarebbe dovuta
istituire la sede del Soviet, governo russo. È nel periodo in cui T spera di dare un contributo nel governo
russo.
La intese come una gigantesca ricetrasmittente radiofonica, come un luogo di riunione per decisioni
politiche, soprattutto come un profetico monumento allo scambio di informazioni e alla comunicazione in
generale.
La forma a spirale ha sempre rappresentato un buon simbolo dell’evoluzione umana: una linea che non è
retta ma tortuosa, eppure rivolta in modo sicuro verso l’alto. L’artista aveva previsto di costruire una torre
inclinata più alta della Torre Eiffel.
Alla sua estremità uno stendardo avrebbe dovuto annunciare: “ingegneri, create forme nuove”. Concepita come una metafora del
dinamismo e del materialismo dialettico.
La sua base avrebbe dovuto ruotare di un grado ogni 24 ore. Sopra di essa un cilindro avrebbe dovuto ruotare completamente una
volta al mese e, sopra ancora, una piramide avrebbe percorso un intero giro ogni giorno.
Al di sopra di tutto una cupola e, per tenere l’organismo in movimento, un meccanismo speciale, inserito in due gabbie esterne
diagonali.
Simbolicamente il palazzo doveva essere un palazzo esemplarmente visibile a tutti quelli che passavano, doveva dare l’dea della
chiarezza del governo russo nei confronti del suo popolo.
Non venne mai costruita perché mancavano alla Russia l’acciaio e il vetro necessari.

Naum Gabo, Column, 1923 (ricostruito nel 1937)


È estremamente moderno nell’uso che ha dei materiali. Usa il vetro, perfex (specie di plastica), metallo
e legno. Anche qui usa i materiali in funzione della forma che suggeriscono, il vetro trasparente diventa
una scatola per far vedere quello che ce all’interno. Tutto giocato esclusivamente sulla geometria, in
un equilibrio perfetto.
Sarà uno degli artisti che andrà a insegnare nel Bauhaus dal 1923 e che lascerà il segno su una serie di
giovani artisti che hanno iniziato ad utilizzare materiali nuovi, sempre con questa idea di voler sfruttare
le potenzialità dei materiali. Qui non ci sono significati simbolici, non c’è nulla di simbolico in
quest’opera ma semplicemente un valorizzare i materiali e un valorizzare le forme.

Aleksandr Michailovicˇ Rodčenko, Costruzioni spaziali, 1912-1915 circa


Sono opere progettate dall’inizio alla fine per essere poste in relazione con lo spazio.
Le forme geometriche basate su un legno leggero e flessibile che da luogo a orbite che stanno appese
nello spazio. Qui non si ha una vera e propria installazione ma delle opere che interagiscono con lo spazio.
Sculture non tradizionali.

Michailovicˇ Rodčenko, Costruzione spaziale 1912


I materiali sono legno e alluminio. Le ruote sembrano richiamare
delle orbite di pianeti.

Aleksandr Michailovicˇ Rodčenko, Progetto di edicola per la diffusione di giornali


Pubblicità della rivoluzione.
Crea delle strutture effimere, dei padiglioni per allestire i prodotti dell’industria e dell’artigianato russo. Applica
le forme geometriche essenziali, di questi colori vivaci, a una costruzione.

Manifesto per Libri. Filiale di Leningrado


Produzione grafica del costruttivismo. La grafica di questo periodo è insieme
alla grafica del Bauhouse l’origine della grafica moderna.
La genialità sta nel fatto di unire fotografia e scrittura e disegno (fotomontaggio). Le scritte hanno
questa forma che corrisponde alla voce, suono che si propaga dalla bocca e assume forma
geometrica: come se la forma dipendesse dal materiale (voce).

Diffusione delle ricerche anche in Italia e nel resto d’Europa nel periodo post 1ww.
Dopo la 1ww e la Rivoluzione russa, negli anni 30, anche in Italia comincia a penetrare
questo linguaggio. Questi anni coincidono con l’avvento del fascismo e del regime
autarchico che non permette di muoversi in giro per l’EU. Quindi queste ricerche
legate all’astrazione arrivano difficilmente, grazie alle riviste e grazie ad alcuni artisti
che fanno da tramite (es Trampolini) che era un pittore romano che aveva la
possibilità di viaggiare in Francia.
Altra figura importante per la penetrazione di queste idee: Alberto Sartoris, il quale viveva in svizzera e quindi paese neutrale, poteva
muoversi tra la Francia e l’Italia. Milano diventa centro dell’astrazione, nella galleria del Milione che oggi esiste ancora in Via
Manzoni. Gran parte dei materiali sono andati perduti nel corso della 2ww.
Questa galleria prese nome dal nome del romanzo di Marco Polo, voleva esser una galleria internazionale aperta alle innovazioni.
Negli anni 30, quando cambia la sua direzione (prima direttore era Bardi, architetto interessato ad arte figurativa) subentrano artisti
astratti i fratelli Ghiringhelli e Reggiani. Cominciano a interessarsi all’astrazione. Passa da una pittura vicina a de Chirico a una pittura
astratto geometrica.

Due bollettini del milione con due artisti molto importanti, uno è Kandinskji. La prima volta che si vede in Italia una mostra di K è nel
1924. Copertina del dipinto di K, questo bollettino era il catalogo della mostra. Non illustravano tutte le opere ma solo alcune opere
e l’elenco delle opere.

Carlo Belli, Kn 1935


Le opere in questa galleria sono sostenute dal libro di Belli, un teorico e filosofo che scrive questo libro per
spiegare il senso di questa arte. Essendo un’arte che non rappresenta nulla chiama questo libro KN = formula
matematica (K all’infinito) come idre che le opere d’arte non sono altro che formule matematiche.

Tra gli artisti coinvolti Osvaldo Licini, Composizione, 1932 che fa questi lavori che sono
rigorosi e geometrici e a volte anche
ironici e figurativi.

Lucio Fontana, tavoletta graffita, 1934


Di partecipazione al milione è anche Lucio fontana
Fontana inizia proprio con l’astrattismo. In queste tavolette fatte con ardesia (pietra scura con cui si
possono fare anche le lavagne) è come se già avesse un’attenzione per lo spazio circostante l’opera. La
forma geometrica già scomposta.

Lucio Fontana, Scultura astratta, 1934


Anno in cui espone alla galleria del milione. È scultura che è quasi una sorta di scrittura e disegno nello spazio.
È già un’anticipazione dell’installazione ambientale presente al 900 “concetto spaziale” o “arabesco
fluorescente”.
Fontana è un artista in anticipo sui tempi, che ha sempre visto in anticipo rispetto agli altri.

Luigi Veronesi, Composizione, 1938


Composizione geometriche.
Aspetto particolare: lui era un artista dadaista che realizzava anche dei filma astratti dipingendo direttamente
sulla pellicola, quella che oggi è videoarte.

Anche qui vediamo che ci sono degli spunti che arrivano sicuramente da Kandinskij come, ad esempio, queste
linee curve più morbide e però anche una rigorosità geometrica.

Giuseppe Terragni, La casa del fascio


Gruppo di artisti di Como capitanato proprio da Terragni. Como aveva negli anni
30 un ambiente culturale molto vivace animato da Terragni.
Era il palazzo del governo podestà.
È un fotomontaggio perché ci sono davanti dei soldati, dei Balilla e sulla destra si vede il duce con sotto
diverse scene di fotografie di vita e addestramento militare o di vita sociale.
Realizzati con pannelli fotomeccanici, fotografie stampate su alluminio fatte da Marcello Mezzoli, sono
conservate in parte alla pinacoteca civica di Como.

Stile essenziale della casa è razionalista giovato sull’uso del quadrato che da senso di gioco di vuoto e
di pieno e di dialogo tra edificio e paesaggio. L’idea era quello di fare interagire il nuovo con il vecchio e l’antico (duomo e teatro di
Como).
Maggiore esponente del razionalismo è Lussier, che è in stretta relazione con la ricerca astratto geometrica.

Pittore che ha contribuito a decorare l’interno della casa con pitture su supporti
di legno che andavano inserite nell’architettura.
Sovrapposizione di forme che fanno cambiare colore alle forme.
Questo serve a dare tridimensionalità al quadro.

Tutto è bilanciato e in
equilibrio.
Nell’ambito del gruppo
comasco ci sono anche
delle artiste donna
(Cornelia cattaneo, carla prina, ecc) che partecipano al gruppo. Il gruppo che
si forma si chiama gruppo primordiali futuristi Sant’Elia. Che nasce nel 1940
e che mette insieme gli astrattisti e i futuristi (secondi futuristi). Si tratta dei
futuristi che negli anni 30 danno vita all’aerofuturismo.
OGGETTI REINVENTATI READY MADE E ASSEMBLAGGI
DADAISMO E SURREALISMO
Fra tutte le avanguardie storiche il Dadaismo fu la più radicale, nacque in tempo di guerra, contro la guerra e contro tutta la cultura
che l’aveva generata, comprese le Avanguardie artistiche precedenti. Partendo da proclami contro l’arte e a favore di una “anti arte”,
esso ha preannunciato tecniche che sono state alla base degli sviluppi maggiori dell’arte del 900:
- Performance
- Fotomontaggio
- Scultura di dimensione ambientale
Tema unificante del movimento può essere identificato nel caso: la guerra stava dimostrando che il progresso conduce a condizioni
di vita diverse ma non migliori e la storia non si stava dimostrando un flusso verso il bene, ma un caotico susseguirsi di eventi: tanto
valeva accogliere il caso, unica vera regola del vivere, come fonte anche dell’arte.
Al di sotto vi era la convinzione che ogni credenza etica, politica e anche estetica fosse relativa e discutibile. I dadaisti non volevano
proporsi come rivelatori di verità nuove, ma anzi come portatori di un modo di fare e di conoscere fondato sul dubbio, sulla perdita
di fiducia in qualsiasi sistema. In questo senso venivano considerate ipocrite anche le precedenti Avanguardie storiche, colpevoli di
non avere abbandonato i vecchi paradigm-i dell’arte.

Nato in due distinti focolari: Zurigo e New York e nel giro di sei anni si diffuse come un contagio.
Finì per legittimare come procedimento artistico qualsiasi tipo di azione.

Le avanguardie prebelliche avevano riferimenti nell’arte del passato. I dadaisti tagliarono in modo netto questo cordone, creando
volutamente una frattura che, ancora oggi, rende parte dell’arte incomprensibile. Perché si sentì il bisogno di una rottura così forte?
La soluzione va cercata nella fine dei sogni dei ragazzi che furono uccisi o mutilati in trincea o logorati da una interminabile guerra
di posizione.

“Dada” = termine volutamente indefinibile che, secondo alcuni, stava a significare una tendenza artistica dai margini altrettanto
sfumati. Secondo un’altra visione il nome fu scelto per caso, perché un tagliacarte era scivolato nel vocabolario Larousse proprio alla
voce Dada.

Per la diffusione del dadaismo le riviste assunsero molta importanza. Le pagine di queste riviste, non soltanto le copertine, erano
spesso concepite come progetti d’artista e opere riproducibili.

Il READY-MADE (bell’ e fatto)


Duchamp comincia a sperimentare questa novità dell’oggetto comune già a partire da prima della guerra, la prima idea nasce
attorno al 1911. Ce lo racconta lo stesso Duchamp quando insieme a un gruppo di amici assiste a Parigi ad una bizzarra ps teatrale
tratta dal romanzo di R.Russel dal titolo impression d’Afrique. Duchamp commentando quella sera, più
tardi avrebbe detto: “fu formidabile, sulla scena c’era un manichino e un serpente che appena si
muoveva era assolutamente la follia dell’insolito, ma non ricordo molto il testo in realtà non lo
ascoltavo neppure. La storia di questa ps racconta di una
festa per incoronare un re africano e la sua vittoria su un paese vicino”.

Il racconto è molto spiazzante e lo possiamo vedere anche dalla locandina di questa ps, perché è un
racconto fatto di scene accostate una all’altra spogliate da qualsiasi legame tra di loro. Ma ciò che
colpisce Duchamp più che la trama era l’utilizzo di macchinari, di strumenti, una sorta di macchine primitive presenti in tutte le
scene che erano una sorta di dispositivi per fare arte. C’erano degli strumenti come, ad esempio, il serpente che ricordava che
serviva per creare musica e il movimento dell’animale e il cadere delle gocce d’acqua sulle corde di una cetra che generavano
una composizione musicale e poi c’erano anche macchine per dipingere, per realizzare tappeti.
Questo tipo di macchine per fare arte suggeriscono all’immaginazione di Duchamp la possibilità di creare dell’arte, fare dell’arte in
modo meccanico, prosegue il suo interesse per la meccanizzazione della realtà. Macchine che creano immagini che non sono
assolutamente collegate con la struttura emozionale e psicologica della persona che invece era al centro della creazione artistica
nel parlato e anche in un pittore come Matisse ad esempio.
Queste opere che comincia ad immaginare Duchamp e che inventa in modo ufficiale nel 1913 vengono definite ready made.

Il primo oggetto di questa serie risale al 1913 l’anno dopo i collages cubisti che avevano segnato l’ingresso dell’oggetto comune
nell’arte. Si trattava di una Ruota di bicicletta montata al contrario su uno sgabello. L’opera si faceva beffe della struttura tradizionale
delle sculture celebrative, dal momento che la base, il fondamento sia materiale sia metaforico del valore da celebrare, era uno
sgabello da cucina, e la “statua” era una ruota privata della sua funzione.
Il movimento assumeva un significato dissacrante: dare la possibilità di far girare la ruota toglieva alla “scultura” la sacralità di ciò
che è immobile e quindi non si può toccare: un “antimonumento”.
Nel 1913 sostiene Duchamp scrive:
“Nel 1913 ho avuto la felice idea di fissare una ruota di bicicletta su uno sgabello da cucina e di guardarla girare […] E’ in quel periodo
che il termine ready made mi venne in mente per indicare quella forma di manifestazione […].
La scelta di questi ready made non mi fu mai dettata da qualche diletto estetico.
Questa scelta era fondata su una reazione di indifferenza visiva, unita al tempo stesso ad una assenza totale di buono o cattivo
gusto…di fatto una anestesia totale”
(Marcel Duchamp)

Ruota di bicicletta 1913


D sceglie questi oggetti per nessun motivo di carattere simbolico, emotivo o psicologico. La scelta di
queste ready made è un oggetto anestetico che non ha alcuna motivazione di carattere estetico o
emotiva.
L’operazione artistica è l’opera stessa. L’idea è l’opera e non tanto l’oggetto in sé stesso. Questi oggetti
sono stati tutti perduti non ci sono più gli originali ma sono stati rifatti in seguito da galleristi.
D era irritato da quei movimenti artistici delle avanguardie che volevano proporre delle soluzioni per
capire meglio il mondo, dei teoremi (es. Mondrian o K). Si sente irritato da questo tipo di prospettiva
dell’arte perché secondo lui l’arte non deve proporre delle soluzioni, non deve spiegare delle cose, deve
interrogare e suscitare delle domande. Il ready made è un’interrogazione che l’artista fa ai suoi osservatori.

“Il riconoscimento del ready made non consiste nel decifrare la costruzione formale dell’oggetto, né di cercare il modo in cui le parti
si articolano. Duchamp elimina gli elementi su cui basarsi per articolare qualsiasi discorso.
È un riconoscimento scatenato dall’oggetto ma non centrato su di esso: si rimanda allo spettatore la questione del perché…
Si verifica nell’opera un tempo circolare: tempo dell’enigma, tempo speculativo”
(Rosalind Krauss) storica dell’arte

Ready made non hanno avuto grande riconoscimento nell’epoca in cui sono stati fatti. Sono stati buttati via.

Duchamp volle dividere i ready-made in due categorie:


1- Quelli rettificati, ovvero modificati dal suo intervento
2- Gli oggetti che lasciava intatti, ricollocandoli soltanto in un contesto differente da quello originario
Questa seconda categoria portava le sue provocazioni verso un nodo ancora diverso. Dall’impressionismo in poi erano nate gallerie,
mostre periodiche, musei. Già allora, quasi ogni cosa che riuscisse a entrare in questi templi godeva immediatamente dello statuto
di “arte”.

L’atto tanto radicale di esporre uno Scolabottiglie rese ancora più evidente questo pericoloso meccanismo di legittimazione culturale
e mercantile.
Sottolineò anche un’altra visione cruciale: chi è l’autore dell’opera, colui che la esegue o colui che le attribuisce un valore?
D sceglieva gli oggetti sulla base del principio di “indifferenza visiva”: ciò che contava non era la storia dell’oggetto, ma il fatto che
esso venisse privato del suo valore normale valore d’uso per assumerne uno diverso. I titoli sottolineavano questa piccola
rivoluzione.

È un oggetto qualsiasi preso e portato dentro una galleria.


Non c’è più. D lo aveva presentato in una mostra in America e venne buttato via al fine della mostra.
A lui non interessa che ci sia l’oggetto originale. Non è l’oggetto che è arte ma è il gesto fatto dall’artista. Gesto
provocatorio nel presentare un oggetto che sfugge a tutte le leggi del mercato dell’arte.

Advance of the broken arm, 1915. Oggetti comuni che vengono innalzati alla dignità di oggetto
d’arte per la semplice scelta dell’artista. Quindi per un’azione puramente intellettuale fatta
dall’artista. Ciò provoca nell’osservatore quanto meno delle domande sull’artisticità, sul fatto
che questa sia o meno un’opera d’arte.
Opera con cui si usa per la prima volta il termine ready made (già fatto, termine legato anche al mondo della
moda) che D conosce in America.
Usa un termine non particolarmente elogiativo dell’opera d’arte e dell’oggetto artistico.
Nel 1938 D definirà il ready made nel dizionario abbreviato del surrealismo come oggetto d’uso comune
innalzato alla dignità di oggetto d’arte per la semplice scelta dell’artista.
Fountain, 1917
Fu in questo spirito di innovazione tecnica che nacque un’altra provocazione al pubblico americano: inviò
a una mostra un orinatoio maschile prodotto in serie, che ribaltò appoggiandolo sulla parte più larga,
intitolandolo Fontana e firmandolo con lo pseudonimo “R.Mutt”.
“la mia fontana pisciatoio partiva dall’idea di creare un esercizio sulla questione del gusto: scegliere
l’oggetto che ha meno possibilità di essere amato. Ci sono persone che trovano meraviglioso un pisciatoio.
Perché il pericolo è quello di cadere in un campionamento estetico.”
La Società degli Artisti si rifiutò di esporre l’opera ma questa ebbe ugualmente una grande risonanza.
Queste opere vengono subito portate via dalla mostra perché avevano creato troppo scandalo e quindi
D per poter attestare l’esistenza delle opere pubblica una fotografia di questi oggetti sulla rivista “The
Blind Man”, dadaista, testimoniando la loro esistenza. Forte provocazione che l’opera esiste anche solo sotto forma di
documentazione fotografica.

à presentare un orinatoio rovesciato significava:


- Decretare quanto poco importasse l’esecuzione tecnica dell’opera rispetto alla fase della sua ideazione.
- Portare l’attenzione sull’importanza che stavano avendo gli oggetti di produzione industriale nella vita comune.
- Mettere in evidenza quanto conti una firma
- Quanto conti il contesto espositivo per trasformare un manufatto qualsiasi in opera d’arte

Questo fa pensare rispetto al ruolo che le opere hanno avuto sull’arte contemporaneaà NFT forma più estrema di questo processo
di Duchamp. Come lui trova nella foto dell’oggetto un modo per attestarne l’esistenza, così gli NFT attestano oggi l’unicità dell’opera
d’arte.
L’idea che l’opera d’arte possa essere un progetto e una attestazione di qualcosa è stata portata all’apice negli anni 70 dall’arte
concettuale. Per gli artisti concettuali si poteva fare arte anche solo scrivendo un’attestazione di qualcosa, facendo delle ricerche di
mercato, delle interviste, mettendo insieme dei dati. Tutte forme che stanno al di fuori dell’arte tradizionale. D la intuisce molto
prima.
Astanza = validità nel tempo. opera di D è valida ancora oggi per spiegare certi fenomeni.

D realizza i ready made a NY perché D durante la 1ww sfugge dall’Europa come altri artisti dadaisti e surrealisti e va in America,
artisti pacifisti che non hanno voglia di partecipare a una guerra mondiale. Si rifugiano anche a Zurigo dove nasce nel 1917 il
dadaismo. Poi si trasferisce a Parigi e qui da vita al gruppo dadaista parigino. Dadaismo gruppo con artisti che provengono da molte
nazioni. Si forma in un paese neutrale, la svizzera, dove molti artisti si riuniscono.

Gli artisti erano tutti accumunati dall’essere dei pacifisti, dall’essere contrari da qualsiasi regola importa dalla società e in questo
sono accumunati. Da un punto di vista poetico artistico il principio cardine su cui si basa il D è il caso. Anche il nome stesso Dada
deriverebbe dall’apertura a caso di un dizionario e la scelta casuale della parola. Dada significa in russo, mamma ma è anche una
parola onomatopeica, non ha un significato preciso.

Hugo Ball
Copertina della rivista.
In questo locale non solo venivano realizzate mostre ma si facevano anche delle serate
teatrali. Qui si vede Hugo, che è uno dei primi fondatori insieme al poeta, che recita La
morte dell’arte borghese.
È vestito con questo abbigliamento strano quasi sacerdotale fatto da metallo. La
recitazione, il ballo, la musica, l’arte visiva sono tutti aspetti con cui i dadaisti si esprimono.

Hans Arp
Ritratto di Tristan Tzara
Artista tedesco che realizza il ritratto di un poeta che è uno dei fondatori del gruppo.
In questo gruppo ci sono molte arti, c’è un’espressione artistica a 360 gradi. Un gruppo di questi artisti tra
cui lo stesso Hugo Ballo, Arp, la moglie arrivano da un’esperienza ad ascone dove c’era il monte verità, è
un museo all’aperto, in cui c’era una comunità di anarchici molto vicini per idee politiche ai dadaisti. Una
parte di questi artisti confluirà nel gruppo dadaista che vivono in comune insieme, praticavano il vegetalismo (vegetariani estremi),
producevano tutto loro e praticavano forme di meditazione, di danza a corpo nudo nella natura.
La tecnica e il tema base del dadaismo è la casualità, letta come elemento primario dell’opera d’arte.
Questo collage è realizzato con una tecnica che Tzara aveva spiegato in una sua poesia: per creare un poema
personale era necessario mettere in un sacco delle parole ritagliate, scuoterle, rovesciarlo e lasciare che le
parole componessero in un modo causale la poesia. Lui diceva “queste parole vi assomiglieranno”.

Arp mischia dei pezzi di carta, li fa cadere sulla tela o su un altro foglio di carta in modo che l’opera si crei
da sola senza l’intervento dell’artista.
Frottage = si mette una matrice di legno e si ricalca con la matita.
È la tecnica che usa Arp. Questa tecnica è basata sulla casualità, non sempre lo stesso oggetto ottiene lo
stesso risultato attraverso la sfregatura, cambia il risultato a seconda del caso.

Dripping = far sgocciolare il colore direttamente dal pennello sulla tela. È sempre una tecnica casuale.

Rotoreliefs 1925 di Duchamp


Queste opere sono le prime sperimentazioni di un cinema o di oggetto in movimento. Realizzato con una forma
circolare sul quale è disegnata una forma geometrica che viene applicato su un macchinario che si muove e
muovendosi crea un’azione. Si tratta di un oggetto che anticipa l’arte cinetica che sposta l’attenzione sull’aspetto
percettivo della visione.
Rotoreliefs = rotoli di cartoncino che vengono posti al disopra di un marchingegno meccanico che si muove e
che da un effetto psichedelico all’immagine o comunque di movimento.
Questi oggetti vengono filmati da Duchamp in uno dei primi esempi di film di artista. La direzione di Duchamp sarà
quella di andare a indagare gli effetti ottici, percettivi e psicologici dell’opera d’arte.

La mariée mise a nu par ses celibataires meme (Grande vetro), 1915-1923


Non è né scultura ne pittura, ma è l’insieme di queste cose. È un oggetto che parte dal ready made che
consiste in due lastre di vetro orizzontali sovrapposte e dipinte con colori ad olio.
Nel grande vetro si ha la presenza del mondo della donna e del mondo maschile. Il titolo letteralmente
significa = la sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche. Mette in evidenza come il tema affrontato sia
quello del desiderio erotico.
Le immagini del vetro sottostante sono dipinte secondo prospettiva, mentre quelle superiori tendono
alla piattezza: aspetto che si ritrova nelle pale d’altare in cui la parte superiore, simmetrica, ospita la
figura della Madonna, mentre quella sottostante mostra la spazialità del mondo terreno.
Si trova qui anche la netta separazione di Platone tra mondo trascendente delle Idee immobili e un
mondo immanente delle cose mutevoli. Nessuna relazione è possibile tra questi due universi divisi: il
primo è statico come un motore immobile, mentre il secondo viene mosso dal desiderio.
La bipartizione dell’opera allude a quella tra femminile e maschile.

- La donna, che Duchamp definisce “scheletro”, “vergine” è quella sorta di insetto con la testa a semiluna. Essa emana una
Via Lattea (nuvola formata da tre quadrangoli) grigia e ai bordi color carne, segno delle secrezioni derivate dal suo desiderio
erotico. Il bastone che sporge dal corpo della sposa dovrebbe essere l’organo genitale, che cerca ma non raggiunge una
congiunzione con i nove maschi.
- Più che di uomini si tratta di “stampi”, automi senza personalità, come attesta il fatto che i loro abiti sono divise, e quindi
indicatori di categorie più che di individui.
Tutti insieme i maschi compiono un doppio movimento meccanico: ruotano su se stessi, spinti dalle pale di un mulino sotto
di loro, e vanno tutti avanti e indietro come in un rapporto sessuale.
- Questo movimento è generato dall’oggetto che sta al centro dell’immagine, una macinatrice di cioccolato che vedeva
spesso nella vetrina di un pasticciere e che scelse come simbolo del desiderio.
I coni che sovrastano la macinatrice sono dei “setacci” attraverso cui si purifica il desiderio. Ne dovrebbe uscire una serie di
schizzi destinati a venire sparati verso l’alto, verso il vetro superiore, al fine di fecondare la femmina.
Questa fecondazione non si compie perché gli spari sbagliano la mira e non colpiscono la vergine.
L’errore viene dall’intervento nella vita del caso.

Grande vetro (particolare). Gli scapoli


Quello che compare in questo oggetto surrealista, il tema della sessualità, è l’incomunicabilità
tra mondo della donna e mondo dell’uomo. D parla anche di impossibilita di procreazione, non
c’è contatto tra uomo e donna. Tema che torna spesso nelle opere di D dell’androgenia.

- Duchamp lasciò per mesi la lastra appoggiata orizzontalmente perché in essa cadesse la polvere.
- Il rifiuto della tela come supporto del dipinto: il vetro accoglie tutto ciò che sta dietro alla parte dipinta e fa si che l’immagine
complessiva del quadro non sia mai quella definitiva. La scena principale risulta sempre commista a ciò che capita
nell’ambiente.
- Il vetro andò in frantumi nel 1926, al ritorno da una mostra. L’artista decise di accettare quella rottura piombando i
frammenti con il sistema che allora si utilizzava per le vetrate decorative.

Qualsiasi interpretazione si voglia accogliere resta un dato certo, a dispetto di chi ritiene che Duchamp abbia solo voluto irridere la
storia dell’arte: il Grande Vetro è un’opera complessa e legata alla tradizione artistica e filosofica occidentale. Ciò che ne emerge è
una filosofia opposta a quella dei dipinti religiosi: la vita non sarebbe altro che un frutto del caso associato ai moti provocati da
desideri fisici come quello erotico.

LHOOQ, 1919
È una riproduzione della Gioconda di Leonardo alla quale l’artista ha apposto baffi e barba e ha aggiunto la
scritta del titolo. Lette in inglese, quelle lettere significano “guarda”, lette secondo uno spelling francese, esse
sciolgono il mistero del sorriso di Monna Lisa asserendo che “elle a chaud au cul”.
Baffi e titolo compiono una doppia dissacrazione, ,a anche una divertita indicazione dell’androgino ermetico
caro al sapere alchemico: l’alchimia centra la sua credenza sull’unità originaria del principio femminile e di
quello maschile.

Il tema di slittamento tra maschile e femminile, tema della fluidità di genere, è presente in questa opera di D
che è centrata sull’androgenia: trasforma monna Lisa in un uomo facendo riferimento anche ad alcune
leggende attorno alla Monna secondo cui sarebbe stata un uomo e non una donna. Intenzione di provocare.
È sempre il ready made il punto di partenza: si tratta di una riproduzione della Monna Lisa che usa in più versioni.
D fa un’operazione che si troverà molto nell’arte contemporanea negli anni 90 con la post-produzione.
Tema della post-produzione è affrontato anche in questo lavoro: usa un'altra opera d’arte per farne una sua.

Etant Donnés (Dati: 1. La caduta dell’acqua. 2. Il gas


d’illuminazione) del 1966
Costruita da D al museo di Philadelphia. Si ha la citazione di un
famoso dipinto di Courbet che mostra il corpo di una donna. Si
vede l’interno di una stanza. Il pubblico deve guardare attraverso
lo spioncino di una porta dove vede questa installazione.
D coinvolge lo spettatore, che è parte dell’opera d’arte e il tema
di quest’opera non è tanto quello che si vede dentro la stanza ma
la curiosità, l’aspetto di chi osserva per vedere qualcosa di
proibito.
I ready made di D non hanno alcun tipo di estetica e di significato se non quello del gesto fatto dall’artista.
Ecco sondare ancora una volta la componente umana pruriginosa e quindi portare l’attenzione non sulla narrazione ma sull’analisi
di un’azione, di un modo di fare. Anche qui la componente progettuale prevale rispetto a quella manuale dell’opera d’arte.

MAN RAY
È un artista che lavora con Duchamp a NY, artista americano, fotografo ma che ha realizzato anche oggetti artistici per chiama
“oggetti d’affezione”, i quali erano vicinissimi ai ready-made duchampiani
“…ogni mio oggetto è concepito per divertire, irritare, disorientare, intrigare, stimolare una riflessione, ma non per suscitare
l’ammirazione a causa della perfezione tecnica che si ricerca o si apprezza abitualmente nelle opere d’arte” (Man Ray)

Obstruction, 1920
Sono oggetti che hanno un significato, che vogliono stimolare i sensi dello spettatore che sono
scelti non solo per casualità ma anche perché hanno una funzione simbolica, un significato
simbolico e portano un messaggio.
È una scultura appesa, realizzata con un agglomerato e assemblaggio di stampelle per appendere
gli abiti.
Punta sul fatto che non ci sia appeso nessun abito, allude alla mancanza e quindi fa riflettere
sull’assenza.
Stanno sopra la testa dello spettatore, dando un senso di precarietà e di insicurezza perché potrebbero cadere da un momento
all’altro.

L’originalità del lavoro di Ray è il fatto che i suoi oggetti non sono mai solo dei ready made ma sono sempre dei ready made modificati
e quindi c’è sempre un creare uno strano connubio che si abbini all’altro per contraddizione creando una situazione di paradosso.
Tra i dadaisti Ray è quello la cui operazione si è svolta secondo un procedimento analogo a quello letterario e a quello surrealista
piuttosto che a quello dadaista, perché non c’è tanto la casualità dada quanto una dimensione inconscia che va a colpire l’osservatore
e a suscitare in lui delle immagini, delle suggestioni che gli derivano da esperienze passate.

Cadeau, 1921
È un ferro da stiro al cui centro della base sta saldata una fila di chiodi che lo rende inservibile.
È un oggetto che non solo perde la sua funzione d’uso ma acquista un significato opposto a quello che avrebbe
in origine. Da un senso di stridore, di lacerazione. Guardandolo induce a pensare a qualcosa che si rompe, a una
ferita. È ironico il titolo cadeau.
Da questo cortocircuito nasce il senso di questo oggetto.

Oggetto indistruttibile, 1923


È un metronomo che tiene il tempo, si muove all’infinito, e alla cui asta che oscilla ritmicamente viene
fissata una fotografia di un occhio fissato con una graffetta: l’allusione è al controllo ossessivo da parte di
chi ci osserva, al tempo della vita che batte e scade, forse anche allo sguardo divino, rappresentato
nell’iconografia tradizionale da un occhio singolo.
Questo occhio è di Lee Miller, aveva avuto con lei una storia d’amore. È un oggetto che racconta una storia
d’amore che è indiscutibile.

Venere restaurata, 1936


Fase surrealista
Compare la sensualità di una statua conferita grazie all’utilizzo di una corda. Questa venere senza quella corda
non avrebbe quella sensualità che assume con la presenza della corda. Riferimento a quella dimensione di libertà
massima dell’uomo, nel momento della sessualità non ci sono freni inibitori, che veniva cantata e decantata
come dimensione unica dell’arte e della creatività da parte dei surrealisti fin dal manifesto surrealista del 1924.

L'enigma di Isidore Ducasse, 1920


Fu realizzato da Ray dopo la scomparsa di una giovane poetessa frequentata da questi artisti in
Francia, il cui segreto nessuno conosceva e che viene interpretato come una sorta di luogo chiusi,
coperto, racchiuso e non immediatamente comprensibile.
È un impacchettamento. Non si sa cosa ci sia sotto al panno ma non è quello che porta all’artista,
quello che importa è quello di portare l’attenzione su un oggetto.
Vuole portare l’attenzione su un episodio successo tra i surrealisti, il suicidio di un giovane purità. Lui
vuole portare l’attenzione sul non senso del gesto. Si interroga sul perché ma non ha risposta.

SURREALISMO
La naturale evoluzione dell’oggetto dadaista sfocia nell’oggetto surrealista, un interesse per questa forma di produzione artistica
che i pittori e gli scultori del surrealismo sentono molto vicino alla loro poetica.
Il surrealismo è un movimento artistico-letterario nato ufficialmente in Francia nell’autunno 1924 ad opera di André Breton con la
pubblicazione del "Manifeste surréaliste". Vero e proprio movimento d'avanguardia che ebbe la sua massima espansione nel
periodo fra le due guerre. Nel suo manifesto, Breton, definisce il Surrealismo come un "automatismo psichico puro con il quale ci si
propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo
esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”.
È un’evoluzione del dadaismo ma al contrario del dadaismo, che ha l'obiettivo di abbattere tutte le "restrizioni" artistiche radicate
da secoli, il Surrealismo rovescia l'idea distruttiva dadaista attribuendo all'arte un ruolo edificante suggerito dall'interiorità
dell'uomo.
Elementi sostanziali del pensiero surrealista sono la riconsiderazione della componente irrazionale della creatività umana e la
volontà di esprimere, attraverso l'arte, le manifestazioni del subconscio: un rifiuto della logica umana e delle restrizioni della
civiltà a favore di una totale libertà di espressione che trova riferimento teorico nelle innovative ricerche psicanalitiche di
Freud.
L’obiettivo del surrealismo è quello di raggiungere un effettivo rinnovamento del linguaggio artistico che deve essere libero da
qualsiasi costrizione, compromissione con il passato o con le regole o normative. L’unico imperativo per questi artisti è obbedire alla
propria interiorità, obbedire alla propria dimensione inconscia. Il mondo dei sogni diventa il mondo da cui trarre spunto per realizzare
delle immagini che non si erano mai viste prima, il mondo delle pulsioni e dell’erotismo diventa il luogo in cui dare libero sfogo alla
propria immaginazione e da dove trarre suggerimenti per realizzare opere. Anche nella scelta degli oggetti spesso interviene la
casualità, ma una casualità che abbia qualcosa di allusivo.

Punto focale fu l’amore per la donna, che fu letto da taluni in modo fosco e problematico, da altri con spirito ironico e vitale, da altri
ancora come il centro dell’esistenza in termini alchemico-esoterici.
Andrè Breton era un poeta, teorico, romanziere che venne a conoscenza di alcuni rudimenti della psicoanalisi di Sigmund Freud. Per
Berton i “matti” erano da salvaguardare e proteggere per assecondare i loro poteri creativi a-logici. Per Freud erano malati da curare.
Nel 1929 Berton scrisse un secondo Manifesto in cui propose come obiettivo quello di coniugare la ribellione morale portata dal
pensiero psicoanalitico di Freud con la ribellione sociale proposta da pensiero di Marx. Le prese di posizione pro o contro il
comunismo furono la causa più importante di divisione interna del gruppo.

Oggetti surrealisti: un’oggettivazione delle forme dell’inconscio che libera l’artista dall’atto della produzione, senza quindi correre
il rischio di cadere in banali e facili rappresentazioni dell’irrazionale.
Non descrivono delle forme ma prelevano delle forme dalla realtà.

Objects Surrealistes
Mostra alla Clares Ratton Gallery in Paris, 1936
Nella vetrina ci sono oggetti che vengono da altre Civiltà che vengono reinterpretati e viene data valenza di
tipo psichico.

Breton, Poème-objet, 1941


Poesie con gli oggetti, unisce la poesia all’oggetto. Non sempre hanno un significato preciso gli
oggetti e le parole, spesso non lo hanno proprio perché dovrebbero far scaturire in chi osserva
una reazione diversa. Ciascuna con la propria interiorità ne scaturisce un aspetto.

André Breton, Cucchiaio-scarpetta


Gioca ruolo importante la casualità. Breton, insieme a Giacometti, andavano ai mercatini delle
pulci e si facevano suggestionare da quello che vedevano sulle bancarelle. Trova questo
cucchiaio che aveva la base a forma di scarpetta e lo espone in mostra definendolo un oggetto
surrealista.
Gli oggetti S hanno altra definizione: sono definiti oggetti a funzionamento simbolico. Opposto
di D. hanno una funzione simbolica. Qui la funzione simbolica è quella sessuale. Richiamo alla femminilità, all’organo genitale
femminile.

Alberto Giacometti, L’oggetto invisibile 1934


Giacometti nella sua arte aveva avuto un doppio stimolo: da una parte l’influenza della scuola classica che
gli insegno a servirsi di materiali tradizionali e a copiare le modelle dal vero, dall’altro le Avanguardie.
Sessualità è uno dei temi perché nell’atto sessuale l’uomo e la donna sono liberi da condizionamenti così
come nel mondo dei sogni.
È una scultura in bronzo che richiama una sorta di figura primitiva che tiene nelle mani qualcosa che non
si vede. È l’immaginazione, l’inconscio che deve riempire questa parte della scultura.
Ciascuno vede quello che vuole vedere e che fa parte di sé e sella propria immaginazione. Il gioco invisibile
è nelle mani di questa scultura.

Sfera sospesa 1930-1931 Giacometti


Si ha la presenza di due forme: sfera e mezzaluna che richiama la forma del cucchiaio. Vede in queste due
forme l’organo maschile e femminile. Il movimento allude all’atto sessuale.
Inserita all’interno della struttura che richiama l’ambito dei teatri di de Chirico, uno spazio costruito
dall’artista per creare una dimensione non reale ma quella dell’immaginazione.
I rapporti tra uomo e donna furono per Giacometti un’ossessione costante. Nelle sue opere la donna è
sempre vissuta come un ente distante e differente, capace di suscitare rispetto ma impossibile da possedere.
Salvador Dalì, Venere di Milo a cassetti 1936-64
Dalì è il surrealista più discusso, per la sua grande inventiva ma anche per i suoi atteggiamenti
irritanti. Definì la sua stessa pittura critico-paranoica: guardare un oggetto e vederne dipingerne
un altro.
La Venere a cassetti rappresenta una trasformazione onirica su corpo dell’arte classica. Si apre
attraverso i cassetti alludendo a ciò che sta dentro e alla dimensione dell’inconscio.
Questa venere ha proprio un’allusività all’idea del richiamo sessuale nascosto all’interno di una
grande scultura dell’antichità. La Venere di Milo è l’emblema della bellezza e della sessualità
femminile. L’artista immagina di poter entrare e frugare dentro il corpo della Venere di Milo,
aprendola con questi cassetti. Ovviamente l’interiorità è un’alludere anche alla sua dimensione psicologica e inconscia.

Dalì, Telefono aragosta, 1936


Uno degli oggetti che più rappresentano un elemento curioso per Dalì è l’aragosta, che in
diverse sue testimonianze presenta come l’animale che rappresenta meglio l’organo
femminile.
Il fatto che abbia messo l’aragosta sulla cornetta del telefono, quindi che abbia immaginato
che quest’oggetto possa avvicinarsi all’orecchio di un uomo, vuole richiamare degli atti o
delle pratiche sessuali.

Salvador Dalì, Busto di donna 1933


Scultura fatta con oggetti. Usa un manichino e ci sono diverse citazioni:
- Dipinto di Millet Angelus
- Mickey Mouse sul collo
Mette insieme cultura alta e cultura bassa. Quella elitaria e quella popolare.
Altre citazioni:
- Pane
- Pannocchie elemento che si trova spesso nelle opere di Dalì

Dalì, Le Veston aphrodisiaque 1936-1967


Dalì estremamente interessante non solo per la usa ricerca pittorica ma anche per la sua collaborazione nel
mondo della moda.
Creazione di una linea di elsa Schiapparelli, stilista di moda, realizzata insieme a Dalì e altri artisti. Si vede il
vestito afrodisiaco perché allude alla bevanda raffigurata.
L’idea è l’allusione alla vita in società. Quest’opera ha due date perché l’originale è scomparso ed è stato poi
rifatto.

Meret Oppenheim, Colazione in pelliccia, 1936


Artista donna che si interessa al mondo della moda e può essere indicata come una delle prime
artiste interessate al tema del femminile e del femminismo in una società ancora prevalentemente
maschile dal punto di vista del mondo d’arte.
Realizza questa colazione in pelliccia. Oggetto allusivo alla sessualità la pelliccia allude alla donna
e al pelo del pube femminile messo su una tazzina da te, come se si immaginasse una scena di un
pomeriggio di giovani signore che prendono il the ma con questa allusione di sessualità.

Meret Oppenheim, La mia governante, 1936


Realizzato con due scarpe con il tacco che diventano come se fosse un pollo sul piatto. Un’immagine
divertita.
Sono oggetti che nel modo in cui vengono scelti alludono e fanno pensare a delle scene, a delle
situazioni dissacranti. Vogliono portare gli spettatori in una dimensione non consueta e guidata dalle
regole della società ma vogliono portare lo spettatore verso una direzione libera e aperta e priva di
freni inibitori.

Aspetto interessante del surrealismo è anche che dal punto di vista della pittura emergono due modi per raggiungere la dimensione
dell’inconscio:
- Partire dalla forma delle cose
- Astrazione (es miro)
Jeff Koons, Aspirapolveri, 1982
Interesse per gli oggetti comuni che si trova nelle opere pittoriche dei surrealisti avranno
fortuna.
Koons prende gli oggetti del consumismo, del contesto del supermercato, della pubblicità,
della società dei consumi e non fa altro che metterli dentro una vetrina.
Sono dei ready made perché sono presi e portati in un certo contesto a funzionamento
simbolico diverso da quello surrealista. Diversa dall’operazione che fa Duchamp, perché
Duchamp lo fa con oggetti banali, a lui non interessa il significato dell’oggetto presentato e
non sceglie quell’oggetto per la forma o per quello che rappresenta; Koons invece sceglie
oggetti precisi che vogliono rappresentare il mondo del consumo, la società di massa. Il suo
è uno “strizzare l’occhio” al consumismo, non è una denuncia.
L’Arte è il mercato dell’arte.

Tom Sachs
Tiffany value meal
Prada value meal, 2006
Artista che con attenzione più concettuale verso l’oggetto, ricostruisce gli oggetti del fast food
ma mette il marchio del brand dell’alta moda. Es Tiffany o Prada.
Crea dissonanza tra oggetto popolare e oggetto del lusso, a cui punta il consumatore che cerca
il brand importante.

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