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Estetica nell‘epoca moderna

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Walter Benjamin (1892 - 1940), L’opera d’arte
nell’epoca della sua riproducibilità tecnica,

1935 - sostenne che la “discesa dell’arte sulla terra”


ha rivoluzionato il concetto stesso di opera d’arte:
essa, poiché riprodotta (soprattutto per mezzo della
fotografia) ha perso la sua

aurea, quell’insieme di unicità, misticismo, ineffabilità


che era tipico delle opere d’arte almeno

fino alla metà del XX secolo. La valutazione iniziale


di Benjamin su questa riproducibilità importanti interpreti delle avanguardie (Gauguin,
Munch, Cézanne, Van Gogh) ma a questi va
dell’opera è negativa, poiché in effetti le opere d’arte
(ingrandite, copiate, stravolte, reinserite contrapponendosi la figura dell’artista tecnico-
progettista, che produce opere con l’intento di
in altri contesti, anche virtuali) hanno inevitabilmente
perso il loro carattere di unicità. accordare la sensibilità sociale alla nuova cultura
industriale. Le opere non si impongono più
Successivamente però, Benjamin riprende la iniziale
valutazione e la muta in positiva, poiché attraverso i tradizionali canali dell’arte, ma attraverso
l’apparato produttivo dell’industria,
sostiene che l’arte ha sì perso la sua unicità, ma
insieme anche la sua aristocraticità che l’aveva coordinando perciò i procedimenti dell’invenzione
artistica con quelli della progettazione e
resa per millenni fruibile solo a pochi: essa si è,
come dire, concessa alla massa delle persone della produzione industriale

tradizionalmente escluse.

L’arte pura, il genio dell’artista, il mestiere sacro è


ancora evidente comunque in alcuni di più

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Marcel Duchamp (1887 – 1968) - con i suoi ready-mades ha sovvertito gli schemi tradizionali
con i quali ci si accostava alle opere d’arte: l’arte si riduce al semplice gesto dell’artista che può

non fare altro che prendere un oggetto, anche il più comune, caricarlo di artisticità e metterlo

in una galleria d’arte. L’arte è ridotta ai minimi termini: solo il fatto di esporre un oggetto lo

rende “opera” e ciò accade perché essendo esposto in una galleria d’arte, quell’oggetto non ha

più il suo valore ma acquista quello di opera d’arte. E’ l’artista a designarlo, a dire questa è arte.

“Una nuova idea per un nuovo oggetto” sosteneva Duchamp: non esiste un’essenza dell’arte,

un insieme di qualità comuni a tutte le arti belle, nessuna proprietà è esclusiva dell’arte. La

differenza tra un oggetto e lo stesso come un’opera d’arte sta nel fatto che l’artista l’abbia

scelto come depositario dell’artisticità: la sua promozione sul piano artistico, il suo inserimento

nel campo delle arti, avviene semplicemente in base ad un gesto, ad una dichiarazione.

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Così come l’arte moderna sfugge ormai ad una definizione rigorosa, anche l’estetica sottostà
alla stessa sorte. Meglio parlare di estetiche, di discipline e di ricerche specialistiche differenti.
Non vi è più oggi la netta distinzione tra arte (come espressione libera soggettiva) e scienza
(come conoscenza esatta oggettiva) che vi era stata fino al secolo scorso. Un’opera come quella
di James Joyce o di Marcel Proust, un quadro di Leonardo o di Piero della Francesca insegnano
indubbiamente qualcosa; mentre anche nel campo della matematica, per esempio, lo stesso
Einstein parlava di Bellezza e di Estetica di un modello scientifico piuttosto che un altro.
Come sostiene il filosofo moderno Ludwig Wittgenstein si può parlare di oggetti d’arte non
più come di una classe ben precisa di oggetti, ma come di una famiglia dove esistono solo vaghe
somiglianza che collegano gli oggetti tra di loro.

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Si tratta di una riproduzione fotografica della Gioconda di Leonardo da Vinci alla quale sono stati aggiunti
provocatoriamente dei baffi e un pizzetto. Il titolo è sostanzialmente un gioco di parole, infatti le lettere
L.H.O.O.Q. pronunciate in francese danno origine alla frase Elle a chaud au cul ([el aʃ o o ky]),
letteralmente "Lei ha caldo al culo", che significa "Lei è molto eccitata". Può essere letto anche come la
parola inglese "look" (guarda). Come nel caso di altri ready-made, Duchamp ne ha realizzato diverse
versioni, tra le quali anche L.H.O.O.Q. Shaved del 1965 nella quale appare la Gioconda senza baffi e la
scritta in francese "rasée L.H.O.O.Q.".

L'opera può essere considerata un manifesto contro il conformismo. Dissacrando uno dei miti artistici più
consolidati, Duchamp non intende negare l'arte di Leonardo ma onorarla, a modo suo, mettendo in
ridicolo gli estimatori superficiali e ignoranti che apprezzano la Gioconda solo perché tutti dicono che è
bella, conformandosi acriticamente così al gusto della maggioranza delle persone. 6/6

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