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LA SCIENZA DEL DISEGNO.


DAI POLIEDRI STELLATI DI PAOLO UCCELLO
AL REMOTE CONTROL DI GALEAZZO ALESSI
Paolo Belardi

«Butade era un vasaio di Corinto. La figlia di Butade era innamorata


di un giovane, che però doveva partire e lasciarla. Per perpetuare
la sua presenza, la fanciulla, di notte, mentre lui dormiva, tratteggiò
il contorno della sua ombra proiettata sul muro al lume di una lan-
terna. Su queste linee il padre impresse l’argilla, riproducendo i
tratti del volto. Nacque il primo ritratto della storia».

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXV, 151

Fino alla dislocazione del soggetto antropocentrico prodotta dall’avvento del-


l’universo digitale, tra il disegno architettonico e il disegno artistico è sussistito un
gap sensibile, tanto dal punto di vista tecnico quanto dal punto di vista culturale1.
Così come appalesato dalle differenze che contrassegnano due dipinti neoclassici
ispirati all’origine mitologica del disegno tramandata da Plinio il Vecchio: L’invention
du dessin, firmato nel 1791 dal pittore fiammingo Joseph-Benoît Suvée (fig. 1), e
Die Erfindung der Malerei, firmato nel 1830 dall’architetto prussiano Karl Friedrich
Schinkel (fig. 2)2. Prima differenza: l’esecuzione. Sia Suvée che Schinkel interpretano
il disegno come esito d’una proiezione in cui sussistono una sorgente luminosa, un
primo soggetto su cui agisce la sorgente luminosa, una superficie alle spalle del
soggetto, uno strumento con cui tracciare segni sulla superficie e un secondo sog-
getto intento a ricalcare il profilo dell’ombra. Ma Schinkel introduce un terzo sog-

1
P. Eisenman, Oltre lo sguardo. L’architettura nell’epoca dei media elettronici, in «Domus», 734, 1992,
pp. 18-24.
2
R. Evans, Traduzioni dal disegno all’edificio, in «Casabella», 530, 1986, pp. 44-55.
116 Paolo Belardi La scienza del Disegno

Fig. 1. Joseph-Benoît Suvée, L’invention du dessin (1791),


Bruges, Groeningemuseum.
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Fig. 2. Karl Friedrich Schinkel, Die Erfindung der Malerei (1830),


Wuppertal, VonderHeydtMusem.

getto. Perché, per Schinkel, l’autore non è colui che esegue fisicamente il disegno,
ma è colui che lo organizza mentalmente. Seconda differenza: l’ambientazione. Nella
versione di Suvée, l’azione si svolge in un interno ovvero in un contesto architetto-
nico consolidato (in cui gli emblemi della civiltà sono tutti in bell’ordine, a comin-
ciare dalle suppellettili che arredano la stanza) e, quindi, al disegno viene attribuito
un ruolo sussidiario. Mentre, nella versione di Schinkel, l’azione si svolge in un
esterno ovvero in un contesto pre-architettonico e, quindi, al disegno è attribuito
un ruolo primario, in quanto il progetto precede la costruzione. Terza differenza:
l’illuminazione. Suvée utilizza una lampada ovvero una sorgente luminosa punti-
forme e locale, da cui si dipartono raggi luminosi divergenti: conseguentemente
il profilo ritratto risulta ingrandito rispetto a quello reale. Schinkel, invece, utilizza
il sole ovvero una sorgente i cui raggi luminosi possono essere ragionevolmente
interpretati come paralleli: conseguentemente tra il profilo ritratto e quello reale
c’è un’assoluta equivalenza dimensionale. Tre differenze sottili, ma sostanziali, che
Schinkel utilizza per prendere le distanze da Suvée, rivendicando il carattere scien-
118 Paolo Belardi La scienza del Disegno

tifico del disegno architettonico rispetto al carattere empirico del disegno artistico.
Eppure c’è stata un’età in cui le due discipline sono state un tutt’uno. E questa età,
che si è protratta per più di un secolo, ha avuto inizio con la codificazione mate-
matica della prospettiva ed è stata suggellata dalla nascita delle Accademie del
Disegno3. Tra cui anche quella fondata nel 1573 a Perugia su iniziativa di due
grandi cultori delle scienze matematiche quali il pittore Orazio Alfani e l’architetto
Raffaello Sozi.
Come noto, il disegno assume lo statuto di scienza nel momento in cui, non
senza precise finalità pratiche4, il concetto di rappresentazione viene associato a
quello di misurazione. Il che chiama in causa la codificazione matematica della
prospettiva, intesa come tecnica disegnativa atta a stabilire un rapporto biunivoco,

3
Sulla nascita delle accademie artistiche italiane cfr. G.B. Alberti, Discorso dell’origine delle Accademie
pubbliche e private e sopra l’impresa de gli Affidati di Pavia, Genova, per i tipi di Giovanni Maria Farroni,
Nicolò Pesagni e Pier Francesco Barbieri, 1639; G.M. Garuffi, L’Italia Accademica, Rimini, Giovanni
Felice Dandi, 1688; J.G. Krause, M. Joannis Jarkii Specimem Historiae Academiarum Eruditarum Italiae.
Accedit Index Academiarum Italiae Omnium, Lipsiae, Gleditsch, 1725; M. Maylender, Storia delle Acca-
demie d’Italia, 5 voll., Bologna, Licinio Cappelli Editore, 1926-1930; N. Pevsner, Academies of Art.
Past and Present, Cambridge, Cambridge University Press, 1940 (ed. it. Le accademie d’arte, Torino,
Einaudi, 1982, pp. 30-76); G. Simoncini, Gli architetti nella cultura del Rinascimento, Bologna, Il Mulino,
1967, pp. 79-112; F. Bologna, Dalle arti minori all’industrial design. Storia di una ideologia, Bari, Editori
Laterza, 1972, pp. 45-82; A. Castagnaro, La formazione dell’architetto. Botteghe, accademie, facoltà, espe-
rienze architettoniche, Napoli, Liguori Editore, 2003, pp. 56-60; P.G. Tordella, La linea del disegno. Teoria
e tecnica dal Trecento al Seicento, Milano, Bruno Mondadori, 2009, pp. 3-65.
4
«I numerosi manuali ancor oggi esistenti usati nelle scuole d’abaco confermano il ruolo di fonda-
mentale importanza che aveva la misurazione negli affari: basti solo pensare all’imprescindibile ne-
cessità di saper calcolare il volume di un quantitativo di merce in modo rapido e preciso, visto che
all’epoca ogni contenitore era diverso dagli altri (sembra che in Germania solo alcuni specialisti mi-
surassero i barili con appositi e complessi regoli, mentre in Italia si preferiva risolverne il calcolo
con l’uso di nozioni di geometria, ampiamente note a qualsiasi mercante). E il fatto che Piero della
Francesca abbia composto un manuale come il De abaco, mostra quanto fosse simile l’uso che fa-
cevano della geometria pittori e mercanti fiorentini. Misurare una botte riducendola a un composto
di tronchi di cono non era molto diverso dall’analizzare una figura umana riconducendola a una
somma di cilindri: in entrambi i casi si usava l’espediente di ridurre masse irregolari a combinazioni
di corpi geometrici facilmente calcolabili. Inoltre l’utilizzo nei dipinti di oggetti solitamente utilizzati
negli esercizi di geometria pratica – pavimenti quadrettati, padiglioni, colonne ecc. – innescava un
meccanismo di riconoscimento prima e di misurazione poi». M. Borgherini, Sul quattrocentesco disegnar
«per profili et contorni», in «Ikhnos. Analisi grafica e storia della rappresentazione», 2007, p. 41. Per
queste ragioni, all’epoca, «molti Comuni istituivano delle scuole in cui un ‘Maestro d’Abaco’ era in-
caricato di insegnare ai giovani nozioni di matematica ‘pratica’. Anche le corporazioni delle Arti
istituirono questo tipo di scuole: a Firenze una delle migliori scuole d’abaco era retta dall’Arte degli
Orafi a Santa Trinita». J.V. Field, Pittura e matematica, in Nel segno di Masaccio. L’invenzione della pro-
spettiva, a cura di F. Camerota, Firenze, Giunti Editore, 2001, p. 133.
Paolo Belardi La scienza del Disegno 119

tra la bidimensionalità della rappresentazione e la tridimensionalità della realtà,


mediante la correlazione sinergica dei principi geometrici euclidei. E, come ancora
più noto, la storia comincia nella Firenze del primo Quattrocento5 con le audaci
sperimentazioni pionieristiche di Filippo Brunelleschi6 (che esegue le prospettive
del battistero di San Giovanni e di Palazzo Vecchio con l’ausilio di un ingegnoso
apparato ottico), di Tommaso Masaccio7 (che estende la prospettiva alla pittura
enfatizzandone la portata realistica) e di Paolo Uccello8 (che elegge la prospettiva
a volano ideativo dei poliedri stellati), proseguendo con le speculazioni teoriche di-

5
Sulla codificazione matematica della prospettiva cfr. D. Gioseffi, Perspectiva artificialis. Per la storia
della prospettiva: spigolature e appunti, Trieste, Tipografia Smolars, 1957; S.Y. Edgerton, The Renaissance
rediscovery of linear perspective, New York, Basic Books, 1975; C. Mezzetti et alii, Il Disegno: analisi di un
linguaggio, Roma, La Goliardica Editrice, 1975, pp. 26-35; H. Damisch, L’origine de la perspective, in
«Macula», 56, 1979, pp. 113-137; L. Vagnetti, Storia e prospettiva. De naturali et artificiali perspectiva, Fi-
renze, Libreria Editrice Fiorentina, 1979; Id., Il processo di maturazione di una scienza dell’arte: la teoria
prospettica nel Cinquecento, in La prospettiva rinascimentale: codificazioni e trasgressioni, a cura di M. Dalai
Emiliani, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Milano, 11-15 ottobre 1977), Firenze, Centro Di,
1980, pp. 427-474; L. Wright, Perspective in Perspective, London, Routledge & Kegan Paul, 1983, pp. 55-
86; M. Kubovy, The Psychology of Perspective and Renaissance Art, Cambridge, Cambridge University
Press, 1986 (ed. it. La freccia nell’occhio. Psicologia della prospettiva e arte rinascimentale, Padova, Muzzio,
1992); M. De Simone, Disegno, rilievo, progetto. Il disegno delle idee, il progetto delle cose, Roma, La Nuova
Italia Scientifica, 1990, pp. 119-134; M. Kemp, The Science of Art. Optical themes in western art from Bru-
nelleschi to Seurat, New Haven, Yale University Press, 1990 (ed. it. La Scienza dell’Arte. Prospettiva e per-
cezione visiva da Brunelleschi a Seurat, Firenze, Giunti Editore, 1994, pp. 17-114); G. Bagni, B. D’Amore,
Alle radici storiche della prospettiva, Milano, Franco Angeli, 1994; R. de Rubertis, Il disegno dell’architettura,
Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1994, pp. 91-101; L. Sacchi, L’idea di rappresentazione, Roma, Edizioni
Kappa, 1994, pp. 87-112; A. Šarounová, Geometrie a malí ství. Zrození lineární perspektivy, in «Pokroky
matematiky, fyziky a astronomie», 40, 1995, pp. 130-150; J.V. Field, The Invention of Infinity. Mathematics
and Art in the Renaissance, Oxford, Oxford University Press, 1997; A. De Rosa et alii, La geometria nel-
l’immagine: storia dei metodi di rappresentazione. Rinascimento e Barocco, Torino, Utet, 2001; R. Monte-
negro, Il mondo in prospettiva, in «Medioevo», 7, 2005, pp. 20-29; D. Mediati, L’occhio sul mondo. Per
una semiotica del punto di vista, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2008, pp. 53-96; F. Camerota, Arte
e scienza. Da Leonardo a Galileo, Firenze, Giunti Editore, 2009, pp. 13-19; S.Y. Edgerton, The Mirror, the
Window and the Telescope, Ithaca, Cornell University Press, 2009.
6
R. Klein, L’invenzione della prospettiva e le due tavolette del Brunelleschi, in «Biblioteque d’Humanisme et
Renaissance», XXV, 1963, pp. 577-587; F. Camerota, L’esperienza di Brunelleschi, in Nel segno di Masaccio.
L’invenzione della prospettiva, cit., pp. 27-31; S. Borsi, Brunelleschi, Firenze, Giunti Editore, 2007, pp. 5-13.
7
H.W. Janson, Ground plan and elevation in Masaccio’s Trinity fresco, in Essays in the History of Art pre-
sented to Rudolf Wittkower, a cura di D. Fraser et alii, London, Phaidon, 1967, pp. 83-88; J. Polzer, The
anatomy of Masaccio’s Holy Trinity, in «Jahrbuch der Berliner Museen», 13, 1971, pp. 18-59; J.V. Field
et alii, The perspective scheme of Masaccio’s Trinity fresco, in «Nuncius», 4(2), 1989, pp. 31-118.
8
A. Parronchi, Studi su la “dolce” prospettiva, Milano, Aldo Martello Editore, 1964; P. Roccasecca,
Paolo Uccello, in Nel segno di Masaccio. L’invenzione della prospettiva, cit., pp. 89-93; S. Borsi, Paolo Uc-
cello, Firenze, Giunti Editore, 2007, pp. 25-29.
120 Paolo Belardi La scienza del Disegno

Fig. 3. Paolo Uccello, Sfera a punte di diamante (1430-40), Parigi, Louvre.

vulgate da Leon Battista Alberti con la pubblicazione del De Pictura: un trattato che
segna un vero e proprio spartiacque, perché, dopo di esso, la pittura non ammette
più l’ignoranza dei fondamenti della geometria e l’opera del pittore si configura
anche e soprattutto come un’operazione proiettiva condotta attraverso l’interse-
zione tra una superficie piana (il quadro) e un fascio di rette divergenti (la piramide
visiva) provenienti da un’origine comune (l’occhio). Alberti però, non volendo ri-
schiare di confondere il mezzo con il fine, omette l’analisi delle ragioni matematiche
e si limita a illustrare, peraltro con un linguaggio comprensibile ai pittori, la suc-
cessione delle operazioni pratiche da eseguirsi per costruire una rappresentazione
prospettica corretta9. Ma la strada ormai è segnata e il processo di matematizza-
zione del sapere artistico è accelerato da Piero della Francesca, secondo cui, anche
se «molti dipintori biasimano la prospectiva perché non intendono la forze de le
linee et degli angoli, che da essa se producano», è fondamentale «mostrare quanto
questa scientia sia necessaria alla pictura»10. Piero d’altra parte, proprio perché

9
F. Borsi, S. Borsi, Leon Battista Alberti, Firenze, Giunti Editore, 1994, pp. 46-47; H. Damisch, Comporre
con la pittura, in Leon Battista Alberti, a cura di J. Rykwert e A. Engel, Milano, Electa, 1994, pp. 186-195.
10
Piero della Francesca, De prospectiva pingendi, 1475 (ed. moderna a cura di G. Nicco Fasola, Fi-
renze, Sansoni, 1942, p. 128). Sul rapporto tra arte e scienza nel pensiero di Filippo Brunelleschi,
Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Leonardo da Vinci cfr. R. Wittkower, Brunelleschi and
“Proportion in Perspective”, in «Journal of Warburg and Courtauld Institutes», XVI, 1953, pp. 275-291.
Paolo Belardi La scienza del Disegno 121

Fig. 4. Attribuito a Paolo Uccello, Calice (1430-40), Firenze, Galleria degli Uffizi.

supportato da conoscenze matematiche di prim’ordine (comprovate dalla proprietà


disciplinare di opere straordinarie quali il Trattato d’abaco, il De prospectiva pingendi
e il Libellus de quinque corporibus regularibus), è tra i pochi artisti dell’epoca in grado

11
Ai più attenti «non è sfuggito […] che le aureole disegnate da Piero della Francesca fossero ellissi
quasi perfette e potessero quindi fornire una dimostrazione implicita […] di tale acquisita conoscenza».
V. Valerio, La forma dell’ellisse, in Arte e matematica: un sorprendente binomio, a cura di E. Ambirsi et alii,
Atti del Convegno di Studi (Vasto, 10-12 aprile 2003), Napoli, Arte Tipografica Editrice, 2006, p. 253.
Sulle competenze matematiche di Piero della Francesca cfr. J.V. Field, Piero della Francesca. A Mathe-
matician’s Art, New Haven, Yale University Press, 2005.
122 Paolo Belardi La scienza del Disegno

Fig. 5. Piero della Francesca, San Michele Arcangelo,


particolare (1465-69), Londra, National Gallery.

di disegnare in modo appropriato sia le forme ellittiche11 sia la veduta da tergo del
corpo umano e, in particolare, della testa12. Così come è tra i pochissimi artisti del-
l’epoca in grado di disegnare perfettamente forme solide complesse quali l’uovo13,
il calice14 e soprattutto il mazzocchio15: un copricapo composto da un cerchio di

12
«By ‘slicing’ the head into numerous sections, Piero had introduced another entirely new idea,
and one that underlies much contemporary imaging. And when he was able to accurately display
heads turned in various orientations […], Piero used technique that only came to be developed by
technical illustratore in the latter half of the 19th century. Over the centuries, drawings, and more
recently radiographs, scans, and other forms of imaging of the head, the skull, the brain, and other
body parts, have commonly been displayed in the three-dimensions using the axial, sagittal, and co-
ronal orthogonal projections (for hundred of years familiar to architects as plan, section, and eleva-
tion)». G.D. Schott, The art of medicine. Piero della Francesca’s projections and neuroimaging today, in
«The Lancet», 372, 2008, p. 1379. Sul disegno da tergo del corpo umano e, in particolare, sul disegno
della testa nel primo Rinascimento cfr. G. Dalli Regoli, Al centro del disegno. Ricerche ed esperienze in
fogli fiorentini del secondo Quattrocento, Pisa, Edizioni ETS, 2010, pp. 11-43.
13
Sul disegno dell’uovo come esercizio geometrico virtuosistico cfr. M. Daly Davis, Piero della Fran-
cesca’s mathematical treatises: the «Trattato d’abaco» and the «Libellus de quinque corporibus regularibus»,
Ravenna, Longo, 1977, p. 95; D.W. Brisson, Piero della Francesca’s Egg Again, in «The Art Bulletin»,
LXII, 1980, pp. 284-286; M. Daly Davis, Carpaccio and the Perspective ofthe Regular Bodies, in La pro-
spettiva rinascimentale: codificazioni e trasgressioni, cit., pp. 197, 200; M.D. Garrard, Brunelleschi’s Egg.
Nature, Art and Gender in Renaissance Italy, Berkeley, University of California Press, 2010.
14
Sul disegno del calice come esercizio geometrico virtuosistico cfr. R. Talbot, Design and Perspective
Paolo Belardi La scienza del Disegno 123

Fig. 6. Piero della Francesca, Costruzione delle proiezioni ortogonali di una testa umana,
illustrazione pubblicata nel trattato De prospectiva pingendi (1475 ca.),
tav. XXXVII, Milano, Biblioteca Ambrosiana.
124 Paolo Belardi La scienza del Disegno

borra rivestito di panno, particolarmente in voga tra la borghesia fiorentina del XV


secolo, la cui trasposizione geometrizzata è citata continuamente (quanto spesso
gratuitamente) dagli artisti dell’epoca sia per certificare il proprio primato nella
pratica del disegno sia per rivendicare la propria compartecipazione ideologica al
rinnovato connubio dell’arte con la scienza. Da qui le ragioni per cui gli studioli e
le sagrestie italiane sono invase da uno sciame di mazzocchi e di poliedri regolari
(caso per caso eseguiti da artisti del calibro di Angiolo di Lazzaro dei Cori, Antonio
di Manetto Ciaccheri, Fra Giovanni da Verona e Guido di Filippo da Serravallino),
che anticipano e in qualche modo superano anche i successivi approfondimenti di
Albrecht Dürer e Wentzel Jamnitzer in campo artistico nonché di Tycho Brahe e
Johannes Kepler in campo scientifico16. Ciò nonostante, la dirompenza dell’opera-
zione culturale svolta da Piero è inficiata da Luca Pacioli, artefice dello scollamento
tra lo studio della prospettiva finalizzata all’arte o all’architettura e la sua formaliz-
zazione puramente matematica. Pacioli, così come trapela dalla climax enigmatica
del ritratto attribuito a Jacopo de’ Barbari, è un intellettuale inafferrabile dal punto
di vista della catalogazione critica, i cui interessi spaziano liberamente dall’econo-
mia alla matematica, dalla pittura all’architettura, dall’astrologia all’enigmistica. So-
prattutto però Pacioli giunge ad appassionare Leonardo da Vinci allo studio dei

Construction: why is the Chalice the shape it is?, in «Nexus VI. Architecture and Mathematics», 6, 2006,
pp. 121-134; P. Roccasecca, Il Calice degli Uffizi: da Paolo Uccello e Piero della Francesca a Evangelista
Torricelli e l’Accademia del Disegno di Firenze, in «Ricerche di Storia dell’Arte», 70, 2000, pp. 65-78.
15
Sulle valenze simboliche attribuite alla versione geometrizzata del mazzocchio nell’ambito della
cultura figurativa del XV secolo cfr. G.J. Kern, Der Mazzocchio des P. Uccello, in «Jahrbuch der Preussi-
schen Kunstsammlungen», XXXVI, 1915, pp. 13-38; A. Ferr Tormey, J. Ferr Tormey, Renaissance Intarsia:
the Art of Geometry, in «Scientific American», 247, 1982, pp. 136-143; R. Berardi, Il mazzocchio da
Paolo Uccello a Piero e Leonardo, in Piero e Urbino. Piero e le Corti rinascimentali, a cura di P. Dal Poggetto,
Venezia, Marsilio, 1992, pp. 492-496; R. Berardi, Mazzocchio, in Con gli occhi di Piero. Abiti e gioielli nelle
opere di Piero della Francesca, a cura di M.G. Ciardi Dupré e G. Chesne Dauphiné Griffo, Venezia, Mar-
silio, 1992, p. 113; P. Roccasecca, Tra Paolo Uccello e la cerchia sangallesca: la costruzione prospettica nei
disegni di Mazzocchio conservati al Louvre e agli Uffizi, in La prospettiva: fondamenti teorici ed esperienze fi-
gurative dall’antichità al mondo moderno, a cura di R. Sinisgalli, Atti del Convegno Internazionale di
Studi (Roma, 11-14 settembre 1995), Fiesole, Cadmo, 1998, pp. 133-144; M. Emmer, Il Mazzocchio
da Paolo Uccello a Lucio Saffaro, in Matematica e cultura 2008, a cura di M. Emmer, Atti del Convegno
di Studi (Venezia, 9-11 marzo 2007), Milano, Springer, 2008, pp. 111-126; P. Belardi, Divinae Propor-
tiones. Il disegno euclideo dei ceri di Gubbio, Perugia, EFFE Fabrizio Fabbri Editore, 2011, pp. 55-65.
16
F. Arcangeli, Tarsie, Roma, Tumminelli, 1942; O. Raggio, A.M. Wilmering, The Gubbio Studiolo and
its Conservation, 2 voll., New York, Metropolitan Museum of Art, 1999 (ed. it. Lo Studiolo di Federico
da Montefeltro, a cura di G. Benazzi, 2 voll., Milano, Federico Motta Editore, 2007); S. Hayashi, I
poliedri nelle tarsie di Fra Giovanni da Verona. L’influenza delle illustrazioni nel De Divina Proportione
(1509) di Luca Pacioli, in «Studi Italici», LIX, 2009, pp. 97-117.
Paolo Belardi La scienza del Disegno 125

Fig. 7. Paolo Uccello, Mazzocchio (1430-40), Parigi, Louvre.

poliedri, convincendolo a illustrare, con la riproduzione di 60 solidi stereometrici


(parte pieni e parte vacui), il suo trattato sulla divina proportione (fig. 9). E l’apporto
di Leonardo è decisivo, perché i suoi splendidi acquerelli marcano lo scarto tra i
disegni illustrativi pubblicati in appendice e i disegni diagrammatici pubblicati a
margine del testo17, disperdendo l’unitarietà del disegno scientifico propugnata da
Piero della Francesca in un rivolo di filoni disciplinari autonomi: dalla scenografia
(suggellata dalle ambientazioni illusionistiche di Andrea Pozzo) all’astronomia (sug-
gellata dalle carte cosmografiche di Mikolaj Kopernik), dall’anatomia (suggellata
dalle tavole didattiche di Andreas van Wesel) alla stereotomia (suggellata dalle
istruzioni manualistiche di Girard Désargues) fino alla cartografia (suggellata dalle
mappe geografiche di Egnazio Danti). D’altra parte è noto che Leonardo, proprio
perché interessato quasi ossessivamente all’analisi della componente fisiologica
della visione, arriva a indagare la fluidità dei corpi in movimento, elaborando «si-
stemi di rappresentazione in cui le forme sono descritte come se ruotassero davanti
ai nostri occhi»18, ma incide solo marginalmente sull’evoluzione del disegno archi-

17
M. Scolari, Le figure della dimostrazione, in Id., Il disegno obliquo: una storia dell’antiprospettiva,
Venezia, Marsilio, 2005, pp. 205-227.
18
M. Kemp, The Science of Art., cit., p. 63.
126 Paolo Belardi La scienza del Disegno

Fig. 8. Attribuito a Giuliano e Benedetto da Maiano, Studiolo,


particolare (1473-76), Urbino, Palazzo Ducale.

tettonico, concentrandosi sulle valenze tipologiche e costruttive a scapito di quelle


spaziali e figurative19. Mentre chi vi incide profondamente, fissandone i fondamenti
tecnici e comunicativi, è Raffaello Sanzio, il quale mette a punto una strategia or-
ganizzativa del lavoro professionale fondata sul disegno epistolare, che collega dia-
cronicamente il suo operato con quello di Antonio da Sangallo il Giovane prima e
di Galeazzo Alessi poi. Strategia che Wolfgang Lotz ha definito remote control e che,
di fatto, concerne la capacità di gestire contemporaneamente più cantieri, seppure
dislocati in luoghi geografici anche molto distanti, facendo ricorso al mezzo epi-
stolare quale strumento per trasmettere ai propri assistenti in loco elaborati grafici
in cui scrittura e disegno s’integrano vicendevolmente. Così come teorizzato nella
celebre lettera inviata a papa Leone X, laddove Raffaello elegge l’uso metodico
della triade pianta-prospetto-sezione a forma canonica del disegno tanto nell’atti-

19
J.S. Ackerman, Arte e scienza nei disegni di Leonardo da Vinci, in Id. Architettura e disegno. La rappre-
sentazione da Vitruvio a Gehry, Milano, Electa, 2003, pp. 123-151.
Paolo Belardi La scienza del Disegno 127

Fig. 9. Attribuito a Leonardo da Vinci, Duodecedron planus vacuus,


illustrazione pubblicata nel trattato di Luca Pacioli De divina proportione (1509),
tav. XXVIII, Milano, Biblioteca Ambrosiana.

Fig. 10. Raffaello Sanzio, Interno e pronao del Pantheon (1506 ca.), Firenze, Galleria degli Uffizi.
128 Paolo Belardi La scienza del Disegno

vità conoscitiva quanto nell’attività ideativa20. In apparenza, così facendo, Raffaello


sembra tradire la scienza prospettica a vantaggio di una pratica già nota in età me-
dievale (basti pensare al taccuino di Villard de Honnecourt). Ma in realtà il divario
è profondo, perché per Raffaello la “misurabilità” precede la “somiglianza al vero”
e, soprattutto, il carattere empirico delle piante e degli alzati eseguiti in età medie-
vale è soppiantato da vere e proprie proiezioni ortogonali ovvero da documenti
tecnici correlati, che stabiliscono una precisa corrispondenza biunivoca tra realtà
e rappresentazione. Il che è convalidato dal copioso corpo di disegni conservati
nella Galleria degli Uffizi ed eseguiti da Antonio da Sangallo il Giovane, prescelto
da Raffaello come assistente nell’ambito della direzione dei lavori del cantiere va-
ticano. Così come risulta anche dal serrato rapporto epistolare instaurato dallo
stesso Sangallo in occasione dei lavori di costruzione della Rocca Paolina di Peru-
gia, dapprima con il nipote Aristotele e poi con il giovane coadiutore Galeazzo
Alessi. Che, a sua volta, fa propria la strategia organizzativa fondata sul remote con-
trol 21: così come testimoniato dall’intenso carteggio intercorso per almeno quindici
anni con la famiglia genovese dei Sauli relativamente all’edificazione della basilica
di Santa Maria Assunta in Carignano, laddove Alessi «era uso corredare di schizzi
dimostrativi le istruzioni contenute nelle sue lettere»22.
A questo punto la consacrazione del disegno da attività manuale diretta ad at-
tività intellettuale governata è compiuta e lo scarto tra l’utilizzo del disegno per
controllare a distanza geografica la correttezza della traduzione esecutiva di un
proprio progetto o per controllare a distanza temporale la correttezza della tradu-
zione esecutiva dei progetti altrui è annullato. Così come rivendicato da Schinkel.
Non a caso Alessi è il primo architetto a pianificare interventi complessi deman-

20
Sul contenuto della lettera, scritta a Leone X da Raffaello in collaborazione con Baldassarre Cas-
tiglione e Angelo Colocci, cfr. J. Shearman, Raphael, Rome and the Codex Escurialensis, in «Master
Drawings», XV, 1977, pp. 107-146.
21
W. Lotz, Introduzione ai lavori del Convegno, in Galeazzo Alessi e l’architettura del cinquecento, Atti del
Convegno Internazionale di Studi (Genova, 16-20 aprile 1974), Genova, Sagep Editrice, 1975, pp. 9-
12; Id., Disegno architettonico e remote control nei carteggi di Raffaello, Antonio da Sangallo il Giovane
e Galeazzo Alessi, in Il disegno di progetto dalle origini al XVIII secolo, a cura di M. Cigola e T. Fiorucci,
Atti del Convegno Internazionale di Studi (Roma, 22-24 aprile 1993), Roma, Gangemi Editore, 1997,
pp. 47-50.
22
S. Varni, Spigolature artistiche nell’Archivio della Basilica di Carignano, Genova, Tipografia del Regio
Istituto Sordo-Muti, 1877, p. XIII. In proposito cfr. anche L. Saginati, Ricerche nell’Archivio della Basilica
di Carignano, in Galeazzo Alessi e l’architettura del cinquecento, cit., pp. 333-347; A. Boato, A. Decri, Ar-
chive documents and building organisation. An example from the modern age, in First International Congress
on Construction History, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Madrid, 20-24 gennaio 2003), a
cura di S. Huerta Fernández, vol. I, Madrid, Instituto Juan de Herrera, 2003, pp. 381-390.
Paolo Belardi La scienza del Disegno 129

Fig. 11. Galeazzo Alessi, Per il Tempio della Tentatione, illustrazione pubblicata nel
Libro dei Misteri (1565-1569), c. 53, Varallo, Biblioteca Civica.
130 Paolo Belardi La scienza del Disegno

dandone il controllo a distanza (sia geografica che temporale) al disegno: dall’aper-


tura della via Nuova a Genova alla sistemazione del Sacro Monte di Varallo fino
alla ricomposizione dell’acropoli a Perugia23. In tal senso, è illogico non associare
il Principio dell’Accademia del Disegno, rendicontato da Raffaello Sozi nei suoi Annali
come il primo evento degno di nota dell’anno 157324, alla morte dello stesso Alessi,
verificatasi il 30 dicembre 1572: sia che si tratti dell’ultimo atto di omaggio dedicato
dai discepoli deferenti a un maestro acclarato, la cui fama aveva assunto una di-
mensione europea arrivando fino alla corte di Filippo II di Spagna, sia che si tratti
del primo sintomo di rivolta manifestato dagli artisti vessati verso una figura in-
gombrante, che aveva giganteggiato sulla cultura perugina dell’epoca condizionan-
dola da molti punti di vista. Anche se, a ben guardare, non possono sussistere dubbi
sull’esistenza di un legame positivo, vista la fede dei fondatori dell’istituzione peru-
gina nella capacità del disegno di affrancarsi dal ruolo meramente strumentale per
assumere un ruolo propriamente teoretico, garantendo un nuovo statuto sociale
agli artisti, promossi sul campo da cortigiani a professori proprio perché depositari
dei fondamenti della scienza del disegno. Così come vagheggiato da Vincenzo
Danti, ideologo della nuova istituzione accademica perugina25, allorquando incar-
dina la triade pittura-scultura-architettura sotto l’egida del disegno, sentenziando
laconicamente che detta arte «merita non solamente per essere sopra tutte le altre
artifiziosissima, di essere nobile tenuta; ma ancora perché sono gli effetti suoi più
che quelli di tutte le altre arti, stabili e permanenti»26.

23
P. Belardi, F. Ceccucci, Ad coercendam Perusinorum audaciam. Galeazzo Alessi e la trasformazione
di Perugia in “città farnesiana”: considerazioni e ipotesi, in Dai Farnese ai Borbone. Famiglie europee. Co-
struire Stati, a cura di C. Robotti, Lecce, Edizioni del Grifo, 2006, pp. 133-142.
24
R. Sozi, Annali, memorie et ricordi scritte da Raffaello Sotii cominciando l’anno MDXL, Perugia, Biblio-
teca Comunale Augusta, ms. 1221, c. 115v.
25
G.B. Fidanza, Vincenzo Danti 1530-1576, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1996, p. 21.
26
V. Danti, Il primo libro del trattato delle perfette proporzioni. Di tutte le cose che imitare e ritrarre si possano
con l’arte del disegno, Firenze 1567 (ed. moderna pubblicata in Trattati d’arte del Cinquecento fra Ma-
nierismo e Controriforma, a cura di P. Barocchi, vol. I, Bari, Laterza, 1960, p. 236).

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