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Italia 2018 Grafica

2018 Grafica Italia


Grafica Italia 2018
Grafica Italia 2018
Grafica Italia 2018

Flavia Lunardi Abstract


Matricola 487 Ricerca sul panorama del lavoro del graphic designer in Italia
nel 2018. La tesi è strutturata in tre parti. La prima, una ricerca storica
Relatore che utilizza le mostre sulla grafica avvenute in Italia per cogliere
Silvia Sfligiotti un'evoluzione della definizione della professione del graphic designer
in questo Paese. La seconda parte presenta e analizza i risultati
ISIA Urbino dell’indagine sugli studi italiani realizzata nel contesto di questa tesi.
Diploma accademico di II livello L'ultima parte è infine utilizzata per approfondire alcune questioni e
in Comunicazione e design per l'editoria figure non trattate dall'indagine, attraverso una serie di conversazioni
con alcuni professionisti contemporanei.
Anno accademico
2017/18 Grafica – Italia – Contemporaneo – Indagine – Studi

Stampa
Skillpress
2018

Carta
Arcoprint EW Fedrigoni

Carattere tipografico
Forma DJR di David Jonathan Ross

Grazie a tutti i professionisti che mi hanno regalato un po' del loro


tempo per essere intervistati e a tutti coloro che hanno risposto
al questionario. Grazie inoltre ad Alessandro Busseni, a Claudio
Colombo, all'Archivio della Triennale, all'Archivio Albe e Lica Steiner.
Grazie ai miei amici che sono da sempre sostegno e ispirazione
e grazie soprattutto a coloro senza i quali tutto questo non sarebbe
stato possibile: Elena, Toni, Aldo.
8

0 Introduzione
10

1 Le mostre sulla grafica


e la definizione
della professione
1.1 Introduzione alla rassegna 12
1.2 Cronologia delle mostre analizzate 13 58

2 Indagine
1933 14
1936 16
1940 18
1945 20 92

3 Conversazioni
1951 22 2.1 Lo studio grafico 60
1954 24 2.2 Definizione dei principi 62
1957 26 Tavole 1–2–3 64
1969 28 Tavole 4–5–6–7 66 116

4 Condivisione
1973 30 Tavole 8–9–10–11 68 3.1 Introduzione alla conversazioni 94
1981 32 Tavole 11–12–13–14 70 3.2 Schema dei contenuti 96
1983
1984
36
38
Tavole 16–17–18
Tavole 19–20
72
74
3.3.1
3.4.1
Salvatore Gregorietti
Michele Galluzzo
97
101 della ricerca
1988 40 Tavole 21–22–23–24 76 3.5.1 Filippo Donisi 102
2007 42 Tavole 25–26–27–28 78 3.5.2 Elio Carmi 104 126

5 Conclusioni
2009 46 Tavole 29–30–31–32 80 3.6.1 Fabio Franz / Brave New Alps 107
2011 48 Tavole 33–34–35–36 82 3.7.1 Alessandro Tartaglia / FF3300 109
2012 50 Tavole 37–38–39–40 84 3.7.2 Sara Maragotto / Studio Fludd 110
2015 52 Tavole 41–42–43 86 3.8.1 Marta Bernstein 111 128

6 Bibliografia
2016 54 Tavole 44–45–46 88 3.9.1 Belli Gallery 113
1.3 Conclusioni 56 2.3 Un quadro generale 90 3.1 0.1 Alice Zani 114
Sommario
Introduzione

Questa ricerca è nata da alcune necessità che ho sentito come una volta che questa ricerca è un tentativo e segue solo uno
studentessa alla fine di un ciclo di studi. Banalmente, volevo fare dei percorsi o delle modalità possibili. Probabilmente sono stati
qualcosa di utile e onesto. Dopo ricerche su temi lontanissimi escluse molte, troppe, realtà e discorsi che avrebbero potuto
e disparati, libri belli e illeggibili, ho sentito che avrei potuto provare essere presi in considerazione.
a fare qualcosa che fosse il più concreto possibile. Mi sono resa L’Italia è la delimitazione geografica che ho posto alla
conto che la cosa che mi interessava di più era poter finalmente tesi. La ragione è molto semplice: mi piacerebbe restare qui.
portare quello che ho studiato in questi anni alla realtà, e se Con questa frase non intendo esprimere un attaccamento
possibile farlo a modo mio. Subito dopo ho capito di non sapere morboso alla patria, ma semplicemente vorrei un giorno riuscire
come si fa. Un futuro vicinissimo mi vedrà inserita in un sistema a trattenere quello che ho imparato in questo Paese. Questo non
del lavoro di cui non so molto. Attraverso questa tesi vorrei, fra le vuol dire nemmeno non interessarsi a ciò che succede altrove,
altre cose, attenuare il passaggio fra il nido del mondo accademico sarebbe un errore molto banale date le influenze internazionali
e il cosiddetto mercato del lavoro. Poche le informazioni che vengono di cui si nutre il graphic design e dati gli esempi eccellenti che
date a uno studente, poco chiaro il panorama delle occupazioni l’estero ci propone, ai quali ritengo dovremmo ispirarci per
possibili. L’educazione su questo proviene da una sfera tutta costruire qualcosa di veramente nostro qui.
personale, dove le proprie esperienze e conoscenze hanno un Il mio interesse nel limitare l’area deriva da altre motivazioni.
ruolo formativo. Ho voluto dedicare questi mesi all’osservazione Trovo che quando si parla di grafica fatta in Italia ci si interessi
del campo, informandomi così su cosa succede fuori dalla scuola. molto del passato e pochissimo a quella contemporanea, su cui
Questa dunque la prima necessità: capire come funziona, capire invece andrebbero forse fatte delle considerazioni. Ero interessata
cosa posso fare e cosa posso essere. a capire cosa sta succedendo e che contesto culturale esiste.
Il primo passo nel costruire questa ricerca è stato nella All’interno dell’università raramente si guarda a riferimenti italiani
direzione di un'indagine pseudo-statistica e indirizzata verso di oggi e poco si sa su chi fa graphic design in Italia. Il che può essere
gli studi grafici italiani e attivi oggi. Questo è stato utile per cogliere un indizio di alcuni problemi di questo campo nel nostro Paese,
un quadro generale, ma ha messo presto in luce la necessità di un ma in ogni caso mi sembra paradossale essere poco informati sul
confronto diretto e approfondito. Così, ho stilato una lista di ostacoli contesto contemporaneo più vicino a noi. La ricerca vuole essere
che trovavo nella comprensione del campo, e accanto una serie un tentativo di mappare alcune realtà attive, aprire una discussione
di nomi che potevano aiutarmi. Parlare con persone che hanno sui problemi ed ascoltare le opinioni di alcuni sulle possibilità che
intrapreso cammini differenti, pur partendo da basi molto simili, offre il futuro in Italia per la grafica.
o in ogni caso con una formazione legata al graphic design è stato Un’ultima caratteristica che volevo possedesse questa
più che utile. Conoscendo il percorso degli altri, tutto diventa reale tesi è la condivisione. Ho cercato di immaginare questo studio non
e diventa più facile immaginare il proprio. È da queste conversazioni come fine a sé stesso, non qualcosa che cerca delle conclusioni,
che l’immagine ha cominciato a farsi allo stesso tempo più chiara ma piuttosto come un inizio. Vorrei che questa raccolta circolasse
e più complessa. I dubbi che avevo hanno cominciato a dissiparsi, fuori dai muri accademici e che i suoi contenuti si diffondessero
mentre si realizzavano possibilità e relazioni che non avevo mai tra i professionisti come tra gli studenti. Durante la preparazione
considerato. Non nascondo che questa ricerca si è costruita più di questa ricerca ho notato l’interesse di molti sull’argomento,
o meno nello stesso modo in cui si esplora una grotta buia con e se le aspettative sono state almeno in minima parte soddisfatte,
una torcia. L’illusione di poter fare qualcosa di realmente completo mi auguro che ciò sia possibile.
è ben presto svanita, solo mano a mano che la ricerca proseguiva
mi era più chiaro cosa stessi facendo e dove sarei dovuta andare.
Il voler cercare le classificazioni nette, le verità assolute, le definizioni
esatte, sono mie propensioni che ho perso durante il viaggio.
Il lavoro ed il presente sono i cardini di questa tesi. Per questo
non si parlerà mai di scuola e formazione, che tra l’altro considero
temi talmente complessi che meriterebbero un loro approfondimento
a parte. Il passato invece verrà affrontato attraverso la ricerca
storica, per capire come siamo arrivati fin qui, che cosa siamo oggi
e come eredità da considerare per il futuro. Ammetto che questo
studio non si può definire oggettivo e imparziale, è anzi sicuramente
vittima del mio punto di vista. Di questo mi scuso, ma con l’avanzare
del tempo ho capito che sarebbe stato impossibile farlo in un modo
diverso da come l’avrei fatto io. Oggettività e imparzialità sarebbero
state impossibili da raggiungere, per questo ho scelto di rendere
questa ricerca spudoratamente personale, pur essendo cosciente
dei limiti che questo può comportare.
Uno sforzo nel senso opposto c’è stato invece per l’indagine
sugli studi, nella quale, nonostante probabili problemi di metodo,
ho cercato di mantenere una posizione obiettiva. Sottolineo ancora

8 INTRODUZIONE
0
Le mostre
sulla grafica e la
definizione della
professione
10 LE MOSTRE SULLA GRAFICA
E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
1
1.1 Introduzione alla rassegna

Nello studiare la pratica contemporanea di una professione, hanno avuto luogo in Italia a partire dal 1933 fino ad oggi. I materiali
come si propone di fare questa tesi, e soprattutto nel momento che si possono ricavare da questa ricerca possono risultare tutt’oggi
in cui da questa emergono delle questioni irrisolte, viene da chiedersi interessanti: il rapporto fra grafica e allestimento sicuramente non
come siamo arrivati fin qui. La domanda è particolarmente pertinente si è esaurito e risulta ancora attuale. Le mostre sono inoltre un
quando si parla di grafica, una disciplina che ancora oggi ha bisogno tipo di manifestazione ricorrente nel corso del Novecento senza
di essere spiegata e che possiede intrinsecamente la tendenza particolari interruzioni. Non si può tuttavia ignorare il commento
a mutare in funzione dei cambiamenti sociali e tecnologici. Il lavoro di Mario Piazza a proposito di questa possibile via di racconto:
del grafico come lo intendiamo oggi, nel senso di competenze e Le arti grafiche, e qui si intende soprattutto il progetto grafico,
raggio d’azione, è il frutto di una storia non troppo lontana e questa entrano “a singhiozzo” nei programmi delle esposizioni internazionali.
è probabilmente solo una delle sue fasi. E laddove sono presenti appaiono, soprattutto nelle edizioni più antiche,
Per cercarne l’origine in Italia ci si rifà tradizionalmente ad alcune segnatamente più prossime al mondo “industriale” della progettazione
nobili esperienze del passato che possedevano caratteristiche, grafica, quello delle tecnologie della stampa e della qualità (che è sempre
modi di fare e di pensare, che oggi si associano al graphic design. rappresentazione anche dell’artisticità) degli artefatti stampati. Cosicché
Si parla dunque di tradizione tipografica (da Manuzio a Bodoni), se volessimo ricostruire una possibile storia della grafica italiana,
del cartellonismo tra ‘800 e ‘900, delle parole in libertà di Marinetti. in primo luogo, indagando nelle esposizioni delle Triennali dagli anni
In Italia, come altrove, il design si è formato incamerando qualità trenta ad oggi, avremmo delineata una sequenza di eventi difficilmente
di discipline disparate: illustrazione, pubblicità, disegno industriale, riconducibili ad uno sviluppo o ad un dibattito. Ci apparirebbero mondi
arti grafiche, tipografia.1 Una volta assimilate le esperienze pratiche molto lontani, dove la grafica è: o solo sinonimo di artigianalità, impresa
e teoriche, la battaglia del grafico nel corso del Novecento è stata e capacità industriale, come negli anni trenta; o enfasi pubblicitaria
nel differenziarsi rispetto alle altre professioni. Non un disegnatore, tout court, come nelle inaspettate emersioni favorite dalle necessità
non un pittore, non un architetto, non un pubblicitario. L’operazione comunicative di una società in crescita. 4
di definizione dei confini è andata spesso per esclusione 2 tant’è che Qui non si tenterà di ripercorrere la storia “ufficiale” della grafica
il graphic designer è il risultato di tutto ciò che ha capito di non essere. in Italia, ma piuttosto una cronologia della sua autodeterminazione
Gli sforzi in questo senso difficilmente sono riusciti a contenere attraverso le esposizioni organizzate in questo paese. Risulterà
le varie direzioni che la disciplina del graphic design continua dunque altrettanto interessante osservare eventuali mancanze,
a prendere grazie alla sua naturale propensione a “scavalcare il limite da considerare comunque significative di un periodo culturale.
tra le discipline”.3 Il mio interesse in questa ricerca sta certamente
nell'analizzare parte di questo discorso, ma anche nel localizzare
il nostro stato nel contemporaneo, come segmento di una storia 1 Vinti, Carlo, Graphic designer, gente
che non è ancora finita. con dei problemi. Alcune riflessioni
sull’Italia, in Graphic Design Worlds/
In questo contesto, era necessario trovare un taglio preciso Words, a cura di G. Camuffo, M. Dalla Mura,
allo studio, affinché non si rischiasse di disperdere troppo le ricerche Mondadori Electa, Milano 2011, pag. 86.
allontanandosi dal tema. Utilizzare le mostre come filo cronologico 2 Vinti, Carlo, Graphic designer, gente
con dei problemi..., cit., pag. 86.
per parlare del processo attraverso cui il mestiere del grafico
3 Vinti, Carlo, Graphic designer, gente
è andato a distinguersi dalle altre professioni, può essere una buona con dei problemi..., cit., pag. 86.
opportunità. L’esposizione può essere vista come un momento 4 Piazza, Mario, Come comete: annunci
e messaggi nella grafica della Triennale,
di contatto fra il mondo interno specializzato e il grande pubblico
a cura di S. Annicchiarico e M. Piazza,
esterno, ossia la realizzazione di una condivisione di visioni Triennale di Milano, Milano 2004, pag. 12.
e possibilità fra un mondo molto spesso autoreferenziale e tutto
il resto del pubblico. Grazie alle mostre sul graphic design, si è avuta
l’occasione di presentare i progetti e dimostrare un ruolo possibile
a una società più ampia della solita élite di committenti. Un’esposizione
è anche il luogo in cui si possono constatare delle realtà, definire
dei momenti di passaggio e circoscrivere degli ambiti i cui confini sono
generalmente sfumati e poco chiari. Per questo motivo osservando
i contenuti e gli autori presentati all’interno delle esposizioni,
le tematiche affrontate o semplicemente le parole che vengono
usate per descrivere le cose, si coglie un’evoluzione del campo
che ha portato a quello che oggi consideriamo come design della
comunicazione.
Esistono molte similitudini fra progetto grafico ed allestimento,
che è infatti un campo in cui il graphic designer tradizionalmente
si esercita. Tuttavia questa breve ricerca non è concentrata
sul lavoro diretto dei progettisti in questo ambito, ma sulle mostre
con la grafica come tema principale. Si vogliono indagare i momenti
di presentazione della professione attraverso le esposizioni che

12 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
14
1933 V Triennale,
Mostra dell’Arte Grafica

pagina
16
1936 I mostra nazionale del cartellone
e della grafica pubblicitaria

18
1940 VII Triennale, Mostra dell’Arte Grafica

Mostra della Liberazione

20
1945
Mostra della Ricostruzione

22
1951 IX Triennale, Sezione “Arti grafiche e pubblicità”

24
1954 X Triennale, Mostra della pubblicità
e dell’estetica stradale

26
1957 XI Triennale, Mostra della Grafica

28
1969 Design ricerche plastiche

30
1973 XXXVI Biennale di Venezia
Grafica sperimentale per la stampa

32 XVI Triennale, Studio Boggeri Il progetto grafico


34
1981
1983 Visual design 1933/1983
36 38

1984 Prima Biennale della Grafica


40

1988 XVII Triennale, Sezione Grafica


* disposte su una linea del tempo proporzionale
1.2 Cronologia delle mostre*

42
44

2007 The New Italian Design Attraversamenti


46

2009 Spaghetti Grafica 2

2011 Graphic Design Worlds


TDM5: Grafica italiana
48 50

2012

2015 Millennials
52 54

13

2016 Signs

14
1933
V Triennale

maggio — settembre

LE MOSTRE SULLA GRAFICA


Mostra dell’Arte Grafica

E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE


Mario Sironi, Raffaello Bertieri, Marcello Nizzoli
Padiglione della Stampa, Palazzo dell’Arte, Milano
1–2

Padiglione della Stampa.

7–8
3–4–5–6

Sezione della Germania, organizzata dal Deutscher Werkbund di Berlino.


Mostra dell'Arte Grafica.

1 Padiglione della Stampa. Veduta di un fianco. 1933. casadellarchitettura.eu


2 Padiglione della Stampa. Galleria della stampa artistica. 1933. casadellarchitettura.eu
3–4–5–6 Mostra dell'arte grafica nel Padiglione della Stampa. 1933. Foto Crimella. archivio.triennale.org
7–8 Sezione della Germania, organizzata dal Deutscher Werkbund di Berlino dedicata all’arte industriale grafica per la sezione
delle mostre estere alla mostra delle arti decorative e industriali. 1933. Foto Crimella. archivio.triennale.org
9  V Triennale di Milano, 1936, manifesto. archivio.triennale.org
9 5 Dorfles, Gillo, Premessa, in Visual Un punto di partenza adatto per provare a tratteggiare questa storia è la V Triennale,
design. 50 anni di produzione in italia, del 1933. A questo anno si fa risalire, in molteplici storie della grafica italiana,
G. Illiprandi, A. Marangoni, F. Origoni,
A. Pansera, Idealibri, Milano 1984, pag. 9.
il riconoscimento della grafica (o delle arti grafiche) come disciplina degna non solo
6 Vinti, Carlo, Modiano e la “Mostra di un riconoscimento che la differenzia dalle altre, ma che comincia ad assumere quei
Grafica” alla VII Triennale, in Progetto caratteri tipici della progettazione. Le motivazioni sono sufficienti 5 per considerare
Grafico 4/5, febbraio 2005, Aiap Edizioni,
Milano 2005, pag. 50.
il 1933 origine della cultura moderna del progetto grafico 6, a causa di una serie di singolari
7 Pansera, Anty, Visual design. 50 anni coincidenze che si concentrano in questo anno. Mentre in Germania il Bauhaus chiude
di produzione..., cit., pag. 35. i battenti, in Italia viene fondato il primo studio grafico professionale, lo Studio Boggeri,
8 Piazza, Mario, Come comete: annunci
«Casabella» cambia veste grafica grazie al lavoro di Persico, esce il primo numero
e messaggi nella grafica della Triennale,
a cura di S. Annicchiarico e M. Piazza, di «Campo Grafico» e, proprio alla V Triennale, Paul Renner cura il padiglione tedesco
Triennale di Milano, Milano 2004, pag. 12. a tema Deutscher Werkbund. In questa occasione era presente anche una Mostra dell’Arte
9 Catalogo V Triennale 1933, Triennale
Grafica italiana. Questa edizione era la prima allestita nel Palazzo dell’Arte progettato
di Milano, Casa editrice Ceschina,
Milano 1933, pag. 479. a Milano da Giovanni Muzio. Fino a quel momento l’iniziativa aveva sede a Monza nella
10 Archivio digitale di Luciano Baldessarri. Villa Reale con scadenza biennale, ed era nata come Esposizione internazionale delle arti
Consultato il 25 giugno 2018. decorative. La Triennale rappresenta un riflesso delle vicende culturali legate all’architettura,
baldessari.densitydesign.org
11 Archivio digitale di Luciano Baldessarri. alle arte applicate e poi al design, sarà quindi protagonista di questo racconto. Bisogna
Consultato il 25 giugno 2018. però considerare che la grafica fu sempre un discorso marginale nell’economia generale
baldessari.densitydesign.org della manifestazione.7
12 Catalogo V Triennale..., cit., pag. 484.
13 Catalogo V Triennale..., cit., pag. 526.
La Mostra dell’Arte Grafica fu allestita nel padiglione della Stampa, progettato
14 Pansera, Anty, Visual design. 50 anni dell’architetto Luciano Baldessarri 8, assieme alla mostra della stampa italiana, la mostra
di produzione..., cit., pag. 35. del giornalismo e la mostra internazionale di fotografia.9 Questa struttura era di particolare
15 Pansera, Anty, Visual design. 50 anni
di produzione..., cit., pag. 35.
prestigio e fu di rilievo anche per la storia dell’architettura, venne infatti esposta al
16 Hollis, Richard, Lo Stile Internazionale MoMA nel 1936 insieme alla Casa Elettrica di Figini e Pollini. L’edificio era articolato in due
e il graphic design italiano, in TDM 5: corpi distinti ma integrati. Il primo era adibito ad ingresso e salone d’onore, nel secondo
Grafica italiana, a cura di G. Camuffo,
si sviluppava il percorso espositivo vero e proprio, organizzato in una pianta libera tramite
M. Piazza, C. Vinti, Corraini Edizioni,
Mantova 2012, pag. 34. una successione di pannelli. Un elemento rappresentativo dell’edificio è il suo fianco
17 Hollis, Richard, Lo Stile Internazionale sinistro, con una successione ritmica di cinque elementi cilindrici, che secondo Persico
e il graphic design italiano..., cit., pag. 38.
“determinano un ritmo classico tradotto con vivace modernità: antichi elementi richiamati
18 Vinti, Carlo, Modiano e la “Mostra
Grafica” alla VII Triennale..., cit., pag. 52. in onore per esprimere con maschio vigore la nuova monumentalità latina”.10 All’interno
erano installati inoltre una statua in pietra di Jenny Wiegmann e degli altorilievi di
Mario Sironi, uno dei quali intitolato La tipografia venne salvato dalla demolizione del 1945
ed esposto nuovamente nella Triennale del 1954 e alla Biennale di Venezia del 1962.11
Il padiglione era in gran parte dedicato alla propaganda fascista, realizzata attraverso
l’esposizione dei giornali italiani, esteri e coloniali che “riflettono le tappe principali del
cammino della Patria”. 12 Fra questi, nella II galleria vetrata, era allestita la Mostra dell’Arte
Grafica, ordinata tra gli altri da Sironi, Bertieri e Nizzoli. L’esposizione presentava esempi
molto diversificati: «Casabella», «Campo Grafico», «Domus», «Graphicus», «Risorgimento
Grafico»13, oltre ad aziende grafiche come Alfieri & Lacroix, case editrici come Bompiani
e monografie sull’attività di alcuni progettisti, come Erberto Carboni.14
Come anticipato, è sempre in questa occasione che viene mostrato al pubblico
della Triennale il padiglione dedicato al Deutscher Werkbund intitolato “Le arti e le industrie
grafiche in Germania”. Il padiglione era completamente dedicato alla grafica, “per dimostrare
il grado di perfezione raggiunta nella forma e nella tecnica”. 15 Paul Renner impiegò il suo
Futura per le iscrizioni, esposto utilizzando la frase “Non osiamo depredare l’eredità
dei nostri padri, dobbiamo creare arte nuova – Mussolini”. 16 Poco dopo, il Futura divenne
il carattere preferito dai gruppi che facevano capo agli architetti razionalisti.17 Il confronto
fra il Padiglione italiano e quello tedesco fu schiacciante. Mentre il primo presentava una
sterile successione di officine grafiche, il secondo colpì per l’abilità di essere una rassegna
completa di tutti i generi stampati. L’allestimento minimale suscitò grande ammirazione,
assieme a una doppia proiezione di diapositive che accostava un succedersi di forme
di scrittura a monumenti architettonici dello stesso periodo.18
In questa occasione dunque la grafica italiana risulta ancora strettamente
legata al mondo della stampa, ma è nel confronto fra il padiglione dell’Italia e quello della
Germania che si esaltano le vere differenze. L’approccio alla disciplina è più consapevole
per i tedeschi: vi è una comprensione delle potenzialità della forma, vi è la volontà
di attualizzarla per l’epoca contemporanea, si colgono tutte le applicazioni possibili.
In generale la visione italiana rimane invece più legata agli aspetti tradizionali e tecnici.

1933 V TRIENNALE 15
1936
I mostra nazionale del cartellone
e della grafica pubblicitaria

Palazzo delle Esposizioni, Roma 10–11–12–13

I mostra nazionale del cartellone e della grafica pubblicitaria a Roma.

14 I mostra nazionale del cartellone e della grafica pubblicitaria a Roma, manifesto., 1936. ardengo.com
10–11–12–13 I mostra nazionale del cartellone e della grafica pubblicitaria a Roma. 1936. Guida Ricciardi.
16 LE MOSTRE SULLA GRAFICA
E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
14 19 Pansera, Anty, Visual design. 50 anni Nell’edizione successiva della Triennale, quella del 1936, la grafica italiana non era presente.19
di produzione in italia, G. Illiprandi, Guido Modiano, insieme ad altri influenzati dal Padiglione tedesco della V Triennale
A. Marangoni, F. Origoni, A. Pansera,
Idealibri, Milano 1984, pag. 35.
(tra cui Boggeri, Bertieri, Rossi e Persico), avevano in realtà redatto un programma per la
20 Vinti, Carlo, Modiano e la “Mostra mostra del ’36. Si insisteva sulla centralità della comunicazione stampata nella vita di tutti
Grafica” alla VII Triennale, in Progetto i giorni e sull’importanza strategica della tipografia nella diffusione del gusto moderno.
Grafico 4/5, febbraio 2005, Aiap Edizioni,
Milano 2005, pag. 51.
La cosa non andò in porto, forse a causa della morte di Persico e delle dimissioni di
21 Archivio Triennale. Pagano.20 Durante questa edizione venne allestito, oltre a quello francese da Le Corbusier
Consultato il 25 giugno 2018. e quello della Finlandia da Alvar Aalto, un padiglione svizzero curato da Max Bill.21 Grazie
archivio.triennale.org
a questa occasione i designer italiani ebbero l’opportunità di incontrare l’International Style,
22 Hollis, Richard, Lo Stile Internazionale
e il graphic design italiano, in TDM 5: soprattutto nei manifesti che Bill, ex studente del Bauhaus, aveva realizzato con uno stile
Grafica italiana, a cura di G. Camuffo, rigoroso e maturo.22
M. Piazza, C. Vinti, Corraini Edizioni,
Fu a Roma, in un ambiente culturale molto diverso, che si svolse invece un’esposizione
Mantova 2012, pag. 34.
23 Guida Ricciardi, Edizioni Ricciardi, dal titolo I mostra nazionale del cartellone e della grafica pubblicitaria, incoraggiata
Milano 1936. dal Ministero fascista per la stampa e la propaganda. Nel Palazzo delle Esposizioni si realizzò
24 Giannini, Giovanna, Calella, Stefania, dunque una mostra, che doveva essere la prima di una serie che invece non si avviò mai,
Il manifesto pubblicitario nel ventennio,
consultato il 7 luglio 2018. con l’ambizione di riconoscere nelle manifestazioni della pubblicità un valore artistico.
win.storiain.net A tal proposito Marinetti affermò “Considero i pittori pubblicitari futuristi come autentici
artisti creatori”.23 L’area di interesse della mostra era ben circoscritta a quella produzione
che testimoniava la stretta relazione fra arte e industria, caratteristica che sarebbe stata
fondamentale per il design italiano nei decenni a venire. La mostra era organizzata in nove
sale, con opere di Dudovich, Cappiello, Nizzoli, Sironi e molti altri cartellonisti. A fianco, gli
stand delle industrie: Fiat, Lloyd Triestino, Branca, Rinascente, Motta. Le cronache dell’epoca
raccontavano con fervore quell’Italia dinamica:
Nelle sale dedicate al cartellone si può vedere come anche nel campo dell’arte pubblicitaria
l’Italia sia ormai all’avanguardia per il buon gusto e genialità di inventiva.24
In questo periodo e soprattutto in questo contesto, l’enfasi era tutta sul cartellone e alla
grafica era dato il ruolo di linguaggio pubblicitario principe, distinto dalla pittura e dall’arte
in genere. Questa visione risulta ad oggi limitata, ma verrà presto ampliata, riconoscendo
che la grafica può essere applicata ad una varietà di altri media.

1936 I MOSTRA NAZIONALE DEL CARTELLONE E DELLA GRAFICA PUBBLICITARIA 17


18
aprile — giugno

Guido Modiano
1940
VII Triennale

Palazzo dell'Arte, Milano

LE MOSTRE SULLA GRAFICA


Mostra dell’Arte Grafica

E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE


15

18

20

Viale della pubblicità.


Prima sezione: la grafica nella coerenza del gusto.

Settima sezione: l'editoria nel ventennio della vittoria.


19
16

del periodo 1933/1939.


Terza sezione: la produzione esemplare

Quarta sezione: la propaganda di massa.


17

significativi.
Quinta sezione: gli artisti grafici moderni più

15 Prima sezione: b) la grafica nella coerenza del gusto. Allestimento di Luigi Veronesi, della mostra dell'arte grafica. Foto Crimella. 1940. archivio.triennale.org
16 Terza sezione: la produzione esemplare del periodo 1933/1939, ordinamento di Guido Modiano, della mostra dell'arte grafica. Foto Crimella. 1940. archivio.triennale.org
17 Quinta sezione: gli artisti grafici moderni più significativi, della mostra dell'arte grafica. Foto Crimella. 1940. archivio.triennale.org
18 Settima sezione: l'editoria nel ventennio della vittoria, ordinamento di Raffaello Bertieri, della mostra dell'arte grafica. Foto Crimella. 1940. Quarta sezione: la propaganda di massa. archivio.triennale.org
19 Quarta sezione: la propaganda di massa, nella mostra dell'arte grafica. Foto Crimella. 1940. Quarta sezione: la propaganda di massa. archivio.triennale.org
20 Viale della pubblicità, sequenza di cartelloni pubblicitari di imprese, ditte e prodotti vari. Fa parte della sezione: elementi isolati nel parco Sempione. Foto Crimella. 1940. archivio.triennale.org
21 VII Triennale di Milano, manifesto. 1940.
21 25 Bassi, Alberto, La “Mostra Nel 1940 inaugura la VII Triennale, Mostra internazionale della produzione in serie,
internazionale della produzione in serie” diretta da Giuseppe Pagano, con l’intenzione di presentare al pubblico una serie
di Giuseppe Pagano (VII Triennale,
1940): contesto e preparazione della
di oggetti appartenenti a diverse aree progettuali ma tutti frutto di un processo industriale.
prima esposizione di design in italia, Questa edizione testimonia una relazione che andava maturandosi, quella fra progettisti
consultato il 25 giugno 2018. ed impresa che collaborano per affrontare necessità e potenzialità di nuovi mercati
aisdesign.org
26 Bassi, Alberto, La “Mostra
e sistemi tecnologici e produttivi.25 Un rapporto che caratterizzerà il design in Italia
internazionale della produzione..., cit. nei decenni a venire, del quale la comunicazione farà parte, come strumento di diffusione
27 Archivio Triennale. e affermazione in tutte le sue declinazioni di grafica, allestimento, pubblicità e costruzione
Consultato il 25 giugno 2018.
di identità.26 Questa edizione è ancora rappresentativa del fascismo in Italia, che privilegerà
archivio.triennale.org
28 Vinti, Carlo, Modiano e la “Mostra la presenza italiana e di progettisti vicini al regime, limitando la partecipazione straniera.27
Grafica” alla VII Triennale, in Progetto La Triennale infatti sarà chiusa a pochi giorni dall’entrata dell’Italia in guerra.
Grafico 4/5, febbraio 2005, Aiap
Una Mostra dell’Arte Grafica fu ordinata da Guido Modiano ed allestita da Leonardo Sinisgalli
edizioni, Milano 2005, pag. 50.
29 Pansera, Anty, Visual design. 50 anni e Giovanni Pintori, che già collaboravano con l’Ufficio Pubblicità Olivetti.28 Si offriva dunque
di produzione in italia, G. Illiprandi, uno spaccato della produzione degli ultimi Anni Trenta29 e voleva essere “il bilancio della
A. Marangoni, F. Origoni, A. Pansera, decennale polemica modernista”.30 Le motivazioni a questa dichiarazione si trovano nel
Idealibri, Milano 1984, pag. 35.
30 Mostra dell'Arte Grafica, in Guida contesto storico e culturale nel quale la mostra andava ad inserirsi. Gli anni precedenti
alla VII Triennale, a cura di A. Pica, al 1940 avevano visto in Italia il confronto tra i sostenitori di una nuova tipografia,
S.A.M.E., Milano 1940, pag. 185. che era arrivata in Italia grazie allo stesso Modiano, e chi invece era ancora ancorato ai
31 Vinti, Carlo, Modiano e la “Mostra
Grafica” alla VII Triennale..., cit., pag. 51.
criteri aulici del bel libro. Ora della Triennale la polemica si considerava conclusa e veniva
32 Vinti, Carlo, Modiano e la “Mostra presa per acquisita la vittoria modernista31: la mostra poteva così farne conoscere
Grafica” alla VII Triennale..., cit., pag. 50. al pubblico i risultati migliori. Vi erano sette sezioni con temi che spaziavano da produzione
33 Vinti, Carlo, Modiano e la “Mostra
Grafica” alla VII Triennale..., cit., pag. 53.
e tecnica, a propaganda, a esperienze recenti e moderne, a focus su settori specifici
34 Ottieri, Alessandra, I numeri, le parole. della progettazione. Erano presenti anche alcune personali, dedicate a Carboni, Nizzoli,
Sul furor mathematicus di Leonardo Munari, Veronesi e Muratore, tutti protagonisti di un’importantissima stagione futura.32
Sinisgalli, FrancoAngeli, Milano 2002,
Da registrare, la presenza di un “Viale della pubblicità” a Parco Sempione, dove vennero
pag. 18.
35 Catalogo VII Triennale 1940, Triennale esposti uno dietro l’altro cartelloni pubblicitari di ditte, imprese e prodotti. La varietà di
di Milano, Milano 1940, pag. 185. temi amplia il campo di azione della grafica e ne mostra le diverse sfaccettature, iniziando
36 Catalogo VII Triennale..., cit., pag. 186.
a definire i terreni di azione possibile e riconoscendone il valore in alcune particolari
37 Catalogo VII Triennale..., cit., pag. 187.
38 Catalogo VII Triennale..., cit., pag. 187. esperienze. “Mostrare i fondamenti e i fini della tipografia moderna” era l’obiettivo principale,
39 Catalogo VII Triennale..., cit., pag. 187. derivato dalla convinzione di Modiano che la tipografia fosse la matrice di tutte le altre arti
40 Catalogo VII Triennale..., cit., pagg. grafiche.33 Sinisgalli scriverà:
188–189.
41 Catalogo VII Triennale..., cit., pag. 189. Mostrare come su un qualunque foglio di carta, dalla pagina di un libro al manifesto,
42 Catalogo VII Triennale..., cit., pag. 186. da un opuscolo di propaganda al giornale, possa racchiudersi un intento d’arte, come tutti
questi lavori si risolvano per un succedersi di esitazioni, è lo scopo della VII Mostra. […]
Ogni pagina è un’immagine, ha scritto Paul Valéry: forse è l’emblema della poesia, ma più
modestamente l’aspirazione di chi lavora a rendere queste immagini un poco più evidenti,
a riporle sulla carta con la massima naturalezza e perciò il più grande rigore.34
Le sezioni tematiche si prefiggono l’obiettivo di
Avvicinare il pubblico agli aspetti intimi della grafica: alle sue tecniche, alle fonti di una tipografia
viva, agli artisti che hanno saputo tradurre in termini grafici il gusto moderno, e, infine a una nobile
pagina della tipografia ed editoria italiane: le edizioni a tiratura limitata.35
L’insieme della mostra del 1940 vuole provare a “raggiungere una documentazione
del ‘grafismo’, cioè di quell’atmosfera estetica che accomuna la tipografia viva alla tecnica
più aggiornata”.36 Questa definizione intende la disciplina non più solamente come esito
del mezzo della stampa, ma riconoscendole una sua importanza formale ed estetica. Riviste
come «Campo Grafico» avevano in passato già dimostrato consapevolezza della questione
estetica, si nota ad esempio nel sottotitolo che recitava "Rivista di estetica e tecnica grafica”.
Nella prima sezione si mostra l’importanza della carta e delle tecniche di stampa,
raffrontate ad altre contemporanee “manifestazioni dell’arte e della vita”37, per dimostrare
che vi è una coerenza di gusto che si esprime attraverso la grafica, che è anche “una delle
piùimportanti”38 espressioni dello spirito. La seconda, allestita da Munari, espone le tendenze
contemporanee, portando esempi di nuove tecniche ed applicazioni, oltre alle fonti della sua
origine: surrealismo, astrattismo, futurismo.39 Terza e quarta sezione sono dedicate
alla propaganda, la prima nel senso politico del termine, espone la produzione stampata
del periodo 33–39. La seconda invece nell’accezione di pubblicità, con manifesti murali
e annunci pubblicitari, tra cui lavori dello Studio Boggeri.40 Nella quinta sezione si riuniscono
alcune mostre personali di quelli che vengono definiti “tecnici o artisti grafici”41 italiani, tra
cui si annoverano: Persico, Bertieri, Munari, Muratore, Nizzoli, Modiano. La penultima sezione
è dedicata alla rivista, luogo in cui “la tipografia nuova ha avuto possibilità di affermazioni
essenziali”42. La settima e ultima sezione è infine raccolta la produzione editoriale,
sia “normale” che “eccezionale”, ovvero libri d’arte, edizioni private o di tiratura limitata.

1940 VII TRIENNALE 19
22–23–24

1945
Mostra della Liberazione
Mostra della Ricostruzione
25–26–27
Arengario, Milano

22–23–24–25–36–27 Mostra della Ricostruzione. Fotografie dall'Archivio Albe e Lica Steiner, 1945. novecento.org
28 Mostra della Ricostruzione, 1945, manifesto. artribune.com
Pannelli espositivi progettati da Albe Steiner.

Allestimento della Mostra della Ricostruzione all'Arengario di Milano.

20 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
28 43 Un’immagine dell’Italia. Resistenza e Finita la guerra, si possono citare le mostre della Liberazione, organizzata per iniziativa
ricostruzione. Le mostre del dopoguerra
del quotidiano «l’Unità», e quella della Resistenza, dal CLN, allestite a pochi mesi di distanza
in Europa, a cura di A. Mignemi, G.
Solaro, Skira, Milano 2005, pag. 58. presso l’Arengario di Milano nel 1945. Il contesto è differente da quello della Triennale
44 Un’immagine dell’Italia. Resistenza e il tema centrale non era di certo il graphic design. Dedicate alla lotta della resistenza
e ricostruzione..., cit., pag. 48. partigiana contro fascismo e nazismo, alla loro realizzazione parteciparono architetti,
45 Testimonianza di Gabriele Mucchi,
Le occasioni perdute. Memorie grafici, letterati, pittori e giornalisti, tra cui il già citato Albe Steiner, insieme a Lica.43
1899–1993, in Un’immagine dell’Italia. Queste due mostre rappresentano un’eccezione all’interno di questa carrellata.
Resistenza e ricostruzione..., cit., pag. 60. Possono però essere portate a testimonianza di quelle idee che gli Steiner portarono
46 Testimonianza di Lica Covo Steiner
in Un’immagine dell’Italia. Resistenza
avanti nel corso della loro vita e professione, e che furono fondamentali per tanti colleghi
e ricostruzione..., cit. pag. 72. più giovani nel capire come posizionare il loro intervento nella società.
In generale, entrambe le mostre avevano lo scopo di portare alla popolazione
italiana e straniera la celebrazione delle lotte partigiane, tramite una rappresentazione
della resistenza che esaltasse e legittimasse il loro ruolo nel recente passato, e allo
stesso tempo costruisse una nuova identità politica da mantenere viva.44
Una parte della Mostra della Liberazione portava il titolo Un anno di stampa
clandestina e raccontava la produzione grafica stampata che tanto aveva contribuito
nell’informare e attivare la popolazione, mostrando il materiale composto da fogli di stampa
illegale, volantini, resoconti e fotografie raccolti dal PCI.45 Questo aspetto è rilevante
nell’ambito di questa ricerca, perché è una dimostrazione del potenziale e dell’utilità
dei prodotti stampati, progettati dal grafico e realizzati con il suo linguaggio.
La Mostra della Ricostruzione, un mese dopo, presentava una grafica più imponente
realizzata da Steiner sull’allestimento in strutture tubolari di Vico Magistretti e Paolo A.
Chessa. Steiner si occupò della presentazione dei materiali. Fotografie, documenti, volantini
e giornali raccontano la storia organizzati su venticinque grandi pannelli. All'esterno sono
stampati in grande formato alcuni manfiesti, con un effetto di grande richiamo, mentre
all'interno lo stesso trattamento è applicato a una selezione di materiali. Sarebbe riduttivo
definire il lavoro di Steiner per queste esposizioni semplicemente frutto di una normale
commissione, ma è piuttosto il proseguimento della sua attività da partigiano una volta finita
la guerra: abbandonato il fucile, impugna nuovamente la matita e torna a fare il grafico,46
con la stessa vocazione politica. Difficile dunque ignorare uno slancio di questa portata
nel momento in cui si prova a cogliere l’evoluzione del mestiere.

1945 MOSTRA DELLA LIBERAZIONE, MOSTRA DELLA RICOSTRUZIONE 21


22
1951

maggio — ottobre
IX Triennale

Palazzo dell’Arte, Milano

Erberto Carboni, Dino Villani

LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
Sezione “Arti grafiche e pubblicità”
29

Atrio del Palazzo dell'Arte, 1951.


30–31–32–33

Sezione Arti grafiche e pubblicità.

29 Veduta dell'atrio, allestimento a cura degli architetti Luciano Baldessarri e Marcello Grisotti. In primo piano sul pavimento, tarsia in vipla di Attilio Rossi.
Soffitto con strisce luminose di Lucio Fontana. 1951. Farabola. archivio.triennale.org
30–31–32–33 Sezione Arti grafiche e pubblicità, allestimento dell'architetto Erberto Carboni e del dott. Dino Villani. 1951. Aragozzini. archivio.triennale.org
34 Nona Triennale di Milano, manifesto, 1951.
34 47 Catalogo Nona Triennale di Milano, Tornando alle Triennali, la IX del 1951 presenterà una sezione intitolata Arti grafiche
1951, pag. 86. e pubblicità allestita da Erberto Carboni e Dino Villani nel Palazzo dell’Arte. L’attenzione
48 Catalogo Nona Triennale di Milano,
1951, pag. 86.
si sposta dalla produzione stampata di vario genere alla grafica pubblicitaria e il suo
49 Catalogo Nona Triennale di Milano, potere di formare il gusto del pubblico. A questa disciplina dicono vada il merito di portare
1951, pag. 87–88. al pubblico gli elementi grafici e figurativi più d’avanguardia, perché sempre costretta
50 Catalogo Nona Triennale di Milano,
1951, pag. 89.
a stupire per attrarre l’occhio del consumatore. In conclusione, tramite il mezzo pubblicitario
alle grandi masse arrivano contenuti che altrimenti sarebbero restati nelle gallerie
e nelle pubblicazioni di nicchia.47 Questa visione della pubblicità che “educa” il pubblico
è tipica di questa epoca e della visione italiana della pubblicità fatta dai grafici, che più
avanti verrà messa in dubbio dalle agenzie internazionali. La pubblicità viene vista come
il mezzo fondamentale per diffondere, idee, concetti, servizi e prodotti. Avendo assunto
un’enorme importanza nella vita di tutti i giorni, ha il potere di indirizzare lo sviluppo estetico
ed intellettuale della società. Tutto ciò viene dichiarato candidamente, in una visione che
sembra non tener conto delle implicazioni negative possibili.
L’esposizione affianca esempi provenienti anche da altri paesi (Francia, Inghilterra,
Stati Uniti, Svizzera…) ad altre forme di espressione grafica di ognuno, a dimostrazione
che la pubblicità risponde al gusto e al carattere particolare di ogni paese.48 Alle pareti
della mostra erano esposti pannelli pubblicitari realizzati da, tra gli altri: Bill, Cassandre,
Boggeri, Depero, Vignelli-Waibl, Testa, Steiner, Grignani, Huber. Erano inoltre presenti
copertine di riviste («Graphis», «Pirelli», «Domus») e sovraccoperte di Bompiani, Einaudi,
Mondadori ed altre case editrici. Parte della mostra era anche una documentazione
fotografica di costruzioni pubblicitarie e allestimenti per diverse fiere ed esposizioni,
fra cui quelle di aziende come Olivetti, Montecatini e RAI.49
Da annotare che sul catalogo di questa edizione, alla pagina dedicata alla Mostra
dell’architettura spontanea50, si legge accanto al nome di Albe Steiner, non “Pittore”
o “Architetto” come è solito vedere, ma il titolo di “Grafico”.

1951 IX TRIENNALE 23
35–36–37

1954
X Triennale
Mostra della pubblicità
e dell’estetica stradale

28 agosto — 15 novembre
Palazzo dell’Arte, Milano

Remo Muratore, Dionigi Bassani, Cesare Chiodi,
Renzo Gerla, Germano Lombardi, Ignazio Weiss,
Fredi Drugman, Aldo Rossi, Albe Steiner

Mostra della pubblicità e dell'estetica stradale, allestimento nel Parco Sempione.

38

35–37 Mostra della pubblicità e dell'estetica stradale. Progetto degli architetti Claudio Conte Fredi Drugman, Leonardo Fiori, Giorgio Grando, Remo
Muratore e Albe Steiner, nel parco Sempione per la X Triennale. 1954. Publifoto. archivio.triennale.org

38 Piazza Cadorna. 1954. Archivio Monti. skyscrapercity.com


36 Foto Fotogramma. 1954. archivio.triennale.org

39 Decima Triennale di Milano, manifesto, 1954.


Antenna pubblicitaria in Piazza Cadorna, di Claudio Conte e Albe Steiner.

24 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
39 51 Catalogo X Triennale, 1954, pag. 459. Mostra della pubblicità e dell’estetica stradale è il nome della sezione di grafica
52 Catalogo X Triennale, 1954, pag. 459. nella X Triennale del 1954. Fu ordinata, tra gli altri, da Remo Muratore, che ne curò anche
53 Catalogo X Triennale, 1954, pag. 460.
la progettazione assieme ad Albe Steiner e ad altri architetti. L’esposizione vuole denunciare
“il caotico e arbitrario criterio che guida a tutt’oggi la utilizzazione di aree di vita pubblica”51,
proponendo soluzioni sperimentali. Questi progetti vennero installati in diversi spazi della
città per mostrare un’alternativa possibile, che possano in miglior modo rispettare l’estetica
dell’ambiente, conciliando quindi le esigenze della pubblicità con quelle dello spazio.52
Il ruolo dei progettisti è dunque sia critico che propositivo, e si espone alla società
dimostrando con azioni reali le possibili soluzioni. Nella Mostra del parco vi era una selezione
di immagini fotografiche che confrontavano la Milano di ieri con quella contemporanea,
per portare le prove visive dell’abuso di oggetti e pubblicità nelle strade di oggi.53
In questo contesto il designer si propone in un modo nuovo, consapevole che
la conseguenza delle sue azioni si espande oltre alla semplice realizzazione di prodotti.
Si espone dunque come una figura che attraverso le sue competenze è in grado
di osservare, interpretare e mettere in discussione la società. A un problema percepito
dalla sua particolare sensibilità, è anche in grado di dare una possibile soluzione, utilizzando
i mezzi a lui più congeniali.

1954 X TRIENNALE 25

26
1957
XI Triennale

27 luglio — 4 novembre
Palazzo dell’Arte, Milano

LE MOSTRE SULLA GRAFICA


Mostra della Grafica

E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE


Attilio Rossi, Leonardo Sinisgalli, Ignazio Weiss
Eugenio Bonfante, Aldo Colombo, Franco Grignani,
40

41–42–43

Mostra della Grafica.


Mostra della Grafica.

40 Mostra della Grafica, X Triennale, 1957. Paolo Monti. it.wikipedia.org


41–43 Mostra di arte grafica, progetto dell'allestimento di Franco Grignani, Egidio Bonfante e dell'architetto Aldo Colombo. 1957. archivio.triennale.org
42 Sezione dedicata alle copertine di libri. 1957. Bersani Sergio Giornalfoto. archivio.triennale.org
44 Copertina Catalogo Undicesima Triennale, 1957. arengario.it
44 54 Catalogo XI Triennale, Determinante la XI Triennale del 1957, dove Eugenio Bonfante, Aldo Colombo, Franco
Milano 1957, pag. 121. Grignani, Attilio Rossi, Leonardo Sinisgalli e Ignazio Weiss formano una commissione
55 Catalogo XI Triennale,
Milano 1957, pag. 121.
per la realizzazione della Mostra della Grafica di quell’anno.
56 Catalogo XI Triennale, La Triennale ha l’obbligo di reperire delle tangenze tra tecnica e arte, e di sollecitare incontri
Milano 1957, pag. 121. fra stile e industria, anche in questo difficile, effimero campo. Tra i beni di cui dispone la nostra
57 Catalogo XI Triennale,
civiltà questo, che all’uomo è necessario quanto il pane, è il più corruttibile, il più vulnerabile, ma
Milano 1957, pag. 121.
58 Catalogo XI Triennale, certamente il meno caduco, il più vitale e insopprimibile. La parola e l’immagine, si sa, contengono
Milano 1957, pag. 122. talvolta un’energia sovrumana. Quest’energia è affidata a labili fogli di carta stampata.54
59 Catalogo XI Triennale,
La questione sulla quale confluiscono le energie è però di denuncia. Si vuole dimostrare
Milano 1957, pag. 122.
60 Catalogo XI Triennale, l’influenza della grafica su plurimi strati sociali attraverso l’inflazione della carta stampata,
Milano 1957, pag. 122. sempre più dirompente nella vita di tutti i giorni:
61 Annicchiarico, Silvana, Nel paesaggio
La carta stampata continua, irrefrenabile, la conquista del mondo. Arriva sui nostri tavoli,
dei segni, in TDM 5: Grafica italiana,
a cura di G. Camuffo, M. Piazza, C. Vinti, nelle mani, nelle tasche, cucita, piegata, tagliata. Ci porta i pensieri, le immagini, le notizie, i calcoli,
Corraini Edizioni, Mantova 2012, pag. 16. le sollecitazioni. Ci porta saggezza e follia, retorica e poesia, verità e bugia. Nessun altro mezzo
62 Catalogo XI Triennale, Milano 1957, si è dimostrato più persuasivo più sconvolgente più pericoloso più edificante.[…] Ci sono pezzi
pag. 121.
di carta più offensivi di un insulto, più sgradevoli di una purga. Mostreremo alcune applicazioni della
carta stampata come strumento di dominio, di persuasione, di informazione, di cultura, di diletto.55
Questo allarmismo è interessante perché riconosce la professione e l’ambito verso
il quale lamentare il disagio, ovvero la grafica. Alla grafica si prega di comprendere
la sua responsabilità sulla società, mentre al pubblico si chiede di imparare a distinguerne
il linguaggio.56 La mostra non è tuttavia critica in toto, ma anzi si batte “contro la faciloneria,
la improvvisazione, per la difesa di un mestiere delicato”,57 portando in mostra esempi
in cui la carta riesce a diventare testimonianza di una coerenza di gusto e orientamento
culturale. La scelta dei materiali opera quindi il riconoscimento del valore di alcuni
in mezzo al caos del tutto, dai quali si è invece messi in guardia.
Anche questa mostra è divisa in sezioni tematiche. Il marchio, dove gli esempi
contemporanei sono in grado di esprimere “influenze del gusto, l’ansia della ricerca e le
inquietudini delle nuove espressioni”.58 Gli annunci in bianco e nero dei giornali, nei quali
si nota lo sforzo dell’“artista” nel “vincere l’interesse intrinseco della notizia”,59 il che
lo porta a sperimentazioni fra immagine e testo che hanno realizzato "un linguaggio
plastico e particolare che utilizza a suo favore le imperfezioni di carta e di stampa tipiche
del giornale”.60 Qui si potevano osservare esempi di, tra gli altri, Noorda, Studio Boggeri,
Carboni e Grignani. Un’altra sezione dedicata al giornale, dove tra funzionalità e ricerca
della forma attraente, tutti i complessi aspetti della progettazione del quotidiano sono
stati nel tempo gestiti per dare forma a diversi eccellenti esempi internazionali, ognuno
con il suo definito carattere. In mostra vi erano inoltre alcuni artefatti “da intenditori”,61
come i libri illeggibili di Munari, i volumetti del Pesce d’Oro editi da Scheiwiller, alcune
edizioni di poesia moderna e una sezione dedicata alla grafica d’avanguardia.
Nel catalogo, l’apertura di questa sezione, tenta di inquadrare così la nuova figura:
Tra l’arte figurativa e la tipografia è nato l’artista grafico, nuova figura creatrice che ha
unificato il segno grafico con la sua fantasia: mutuo condizionamento tra l’artista e tipografo.62

1957 XI TRIENNALE 27

28
1969

Gruppo Exhibition design


23 settembre — 5 ottobre

LE MOSTRE SULLA GRAFICA


Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi, Milano

E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE


Design ricerche plastiche
45–46

Design ricerche plastiche.


47–48–49

Luce interna.
Curva forzata.
Accumulazione di forme complesse.

45–46 Immagini di repertorio relative all'inaugurazione della mostra Design ricerche plastiche presso la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, Milano. 1969.
Tratte da Galluzzo, Michele, La dialettica tra grafica e disegno industriale in Italia: il gruppo Exhibition design, p. 186.
47–48–49 Fotografie di Luciano Ferri. Tratte da Galluzzo, Michele, La dialettica tra grafica e... cit., p. 216, 212, 220.
50 Design ricerche plastiche, manifesto, Franco Grignani. Tratto da Galluzzo, Michele, La dialettica tra grafica e...cit, p. 208
50 63 Galluzzo, Michele, La dialettica Confalonieri, Grignani, Munari, Tovaglia e Coppola, intorno al 1967, maturano l’idea
tra grafica e disegno industriale in Italia: del gruppo Exhibition Design, di cui quest’ultimo fu poi coordinatore. Lo scopo dichiarato
il gruppo Exhibition design, ISIA Urbino,
Diploma accademico di II livello,
era progettare mostre su temi di “ricerche plastiche sul lavoro del design”63. Il contesto
A.A. 2011–2012, p. 172. era quello delle agitazioni legate ai movimenti del ‘68, delle discussioni sul design come
64 Galluzzo, Michele, La dialettica mezzo del capitalismo, del sempre più aperto divario fra pubblicità e progettazione grafica,
tra grafica e disegno..., cit., p. 179.
65 Galluzzo, Michele, La dialettica
della dialettica fra grafica e disegno industriale. Il collettivo Exhibition Design vuole essere
tra grafica e disegno..., cit., p. 180. un laboratorio di ricerca, che indaghi i problemi del contemporaneo e contribuisca con
66 Galluzzo, Michele, La dialettica proposte per un nuovo panorama.
tra grafica e disegno..., cit., p. 178.
Le associazioni del design dell’epoca (ADI, ADCM, AGI, AIAP) vedevano una assidua
67 Galluzzo, Michele, La dialettica
tra grafica e disegno..., cit., p. 184. partecipazione dei membri del collettivo, prima e durante l’epoca della formazione.
Questo portò alla conoscenza e condivisione di alcuni temi con altri designer, come
la critica alla società dei consumi, al marketing, alla pubblicità, all’appiattimento della
qualità. I problemi vennero però affrontati con un continuo lavoro sulla qualità del progetto
e lasciando aperto il dialogo con le aziende. Questo approccio fu in sintesi la missione
del gruppo Exhibition Design: reagire al panorama contemporaneo attraverso la ricerca
e dunque la divulgazione, proponendo delle possibilità.64 Il fine educativo nei confronti
del pubblico e della committenza è fondamentale per non rimanere autoreferenziali, iniziando
un dialogo che provi i benefici che la sperimentazione del designer può portare al cliente.
La prima di queste occasioni di contatto fu quella dell’autunno ‘69. Le esibizioni,
come si capisce dal nome, erano il mezzo prediletto per divulgare i lavori del gruppo.
Design ricerche plastiche, una mostra per allontanarsi dalla visione artistica ed ancorarsi
ad una metodologia rigorosa.65 Una nota introduttiva alla prima a mostra a Milano nel 1969
afferma le figure del gruppo come “designers”, proclamando così una visione del progettista
che esula dalla sua materia originaria. La grafica è dunque una delle manifestazioni di un
campo unitario, quello del design, dove è possibile operare con metodologie progettuali
che intrecciano i vari ambiti. Sono gli anni questi in cui in Italia la grafica lavora a stretto
contatto con il design industriale. Questo non viene letto come un rapporto di dipendenza,
non una grafica “serva” del prodotto industriale, ma parte integrante e attiva del design.
Anche il grafico è un designer.66
In mostra era possibile vedere ventidue opere, tutte firmate collettivamente,
risultate dalle sperimentazioni del gruppo Exhibition Design sulla materia del laminato
plastico. Le opere non sono grafica bidimensionale, per questo testimoniano come quello
che tradizionalmente viene definito “grafico” può ampliare il suo raggio d’azione e applicare
le stesse metodologie in tipologie differenti di progetti. La presentazione delle opere evita
lo stile celebrativo delle fiere e degli showroom, anzi, come venne scritto su «Linea Grafica»:
Una volta tanto il designer non si mette al di sopra del suo lavoro, o comunque non pone questo
nella sfera dell’irraggiungibile della creazione.67

1969 DESIGN RICERCHE PLASTICHE 29


51 52

1973
XXXVI Biennale di Venezia
Grafica sperimentale per la stampa

14 — 28 gennaio
Padova, Scuola di San Rocco

Erberto Carboni, Leo Lionni, Albe Steiner

John Melin & Anders Österlin, Aiuto!.

53

54 Copertina catalogo Grafica sperimentale per la stampa, 1972.


52 Grafica sperimentale per la stampa. 1972. Illustrazione n° 10.
51 Grafica sperimentale per la stampa. 1972. Illustrazione n° 16.

53 Grafica sperimentale per la stampa. 1972. Illustrazione n° 6.


Ivan Stepan, Progetto per il manifesto artistico di plastica. Tecnica a rilievo.

Franco Grignani, Infinito.

30 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
54 68 Grafica sperimentale per la stampa, Alla Biennale di Venezia la grafica non è mai stata un argomento di particolare interesse,
36° Biennale di Venezia, Catalogo, se non intesa come grafica d’arte. Correlata alla 36° edizione, del 1972, fu però ordinata
1972, p. 7.
69 Grafica sperimentale per la stampa...,
una mostra intitolata Grafica sperimentale per la stampa, allestita a Padova nella
cit., 1972, p. 9. Scuola di San Rocco, nel gennaio del 1973. Questa iniziativa faceva parte di un processo
70 Grafica sperimentale per la stampa..., di ridefinizione della Biennale, che voleva ampliare la sua funzione oltre al circoscritto
cit., 1972, p. 9–16.
71 Grafica sperimentale per la stampa...,
schema tradizionale legato ai classici settori artistici. La manifestazione voleva svolgere
cit., 1972, p. 7–8. una funzione di capillare e molteplice diffusione della conoscenza artistica, ampliando
i campi di interesse e di spazio di azione, per raggiungere un sempre più largo pubblico.68
È in questo contesto che si realizza la mostra qui in analisi, i cui commissari furono
Erberto Carboni, Leo Lionni e Albe Steiner, che quell’anno aveva anche curato la grafica
della Biennale. Tre nomi questi che nel loro campo erano, senza dubbio, tra i più importanti
dell’epoca.
Tema affrontato per la prima volta, i materiali della mostra proponevano
una panoramica internazionale della grafica di ricerca. I vari tipi di esperimenti esposti
spaziavano in tipologia e ambito, erano quindi molto diversi da ciò che si è abituati a vedere
nelle mostre di grafica. L’interesse sta dunque nella ricerca visiva, che utilizza tutti i mezzi
e strumenti a disposizione per tentare di rinnovare un linguaggio “ormai appesantito dal
ripetersi di abusati formalismi” 69, prendendo in prestito le ispirazioni proposte da altri campi.
Una grafica che non si interessa tanto ai contenuti, ma esposta come pura portatrice
di nuovi modi di visualizzare la realtà. Una sorta di speculazione sul futuro, una proposta
di possibilità visive che attraverso la stampa possono diventare diffuse. I contenuti proposti
furono in effetti molto vari in tutti i sensi, se ne può cogliere un accenno dalle immagini
presentate qui a fianco. Fra gli italiani erano stati selezionati Mario Cresci, Franco Grignani,
Riccardo Manzi, Emanuele Luzzati, Giovanni Pintori, Enzo Ragazzini.70 Albe Steiner descrisse
così l’intento della mostra:
Quello che conta in questa rassegna è di verificare quanto si ricerca e si sperimenta nel campo
della grafica per la stampa, in confronto con gli altri Paesi, e prima ancora nel nostro, al di fuori
della grafica pubblicitaria, per la diffusione culturale, utilizzando come strumento al servizio della
società, le più varie tecniche della comunicazione visiva.71

1973 GRAFICA SPERIMENTALE PER LA STAMPA 31


55–56–57–58 59-60–61–62

1981
XVI Triennale
Secondo ciclo della sezione
“La sistemazione del design”
Studio Boggeri

Palazzo dell’Arte, Milano



Anna Monguzzi Boggeri, Bruno Monguzzi,
Franco Origoni

63 Marchio di un calzaturificio usato come insegna di un negozio, di Remo Muratore nel 1938 dello Studio Boggeri, nella sezione La sistemazione del design,
55–56–57–58–59–60–61–62 Studio Boggeri, mostra nella sezione La sistemazione del design, durante il secondo ciclo della XVI Triennale.
63

64 XVI Triennale, Italo Lupi, Alberto Marangoni, manifesto, 1979.


durante il secondo ciclo della XVI Triennale. archivio.triennale.org
Allestimenti e particolari della mostra Studio Boggeri nella sezione La sistemazione del design,
durante il secondo ciclo della XVI Triennale.

Piazza Matteo. archivio.triennale.org


Marchio di un calzaturificio usato come insegna di un negozio, di Remo Muratore
nel 1938 dello Studio Boggeri.

32 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
64 72 Besana, Renato, La grande T rossa. Bisogna aspettare la XVI edizione affinché la grafica torni ad essere un argomento
La Triennale di Milano 1923 – 2015, di interesse all’interno della Triennale, che fino ad allora rimase sempre più interessata
Triennale di Milano, Milano 2015, p. 127.
73 Origoni, Franco, Lo studio Boggeri:
all’architettura e all’urbanistica.
la grafica come spettacolo, in Catalogo Questa edizione ha avuto luogo dal dicembre 1979 al febbraio 1982, ed è particolare
generale XVI Triennale di Milano, Alinari, per questo ed altri motivi. Per la prima volta si introducono argomenti come l’audiovisivo
Firenze 1982, pag. 137.
e la moda, mentre la Triennale diventa un centro permanente di produzione della cultura
del design e del progetto. La volontà è quella di avere “una Triennale che non si esaurisca
in un’unica manifestazione ma che si declina, si arricchisce, si articola nel divenire come
struttura permanente”.72 Viene così abbandonata la formula tradizionale dell’Esposizione
Internazionale, sostituita da un fitto calendario di eventi e mostre divisi in tre cicli strutturati
attorno a cinque aree tematiche.
Una di queste, La sistemazione del design, diventa l’occasione per allestire una mostra
monografica sullo Studio Boggeri, ordinata da Anna Monguzzi Boggeri, Bruno Monguzzi
e Franco Origoni. L’esposizione presentava una selezione del lavoro dello Studio, a quasi
cinquant’anni dalla sua fondazione, per dimostrarne il ruolo importantissimo per lo sviluppo
della grafica italiana. Questo il senso generale della retrospettiva, così come spiegato
da Origoni:
Stimolo per concedere ancor meno all’improvvisazione nella attività professionale, e invito
ad esprimere il proprio divertimento nel progettare sperando e cercando di comunicare
questa gioia ad altri.73

1981 XVI TRIENNALE 33

34
1981

11 giugno — 19 luglio
Società Umanitaria, Milano
Il progetto grafico

LE MOSTRE SULLA GRAFICA


Giancarlo Illiprandi, Alberto Marangoni,

E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE


Franco Origoni, Anty Pansera, Roberto Sambonet
Venti itinerari nel nostro quotidiano
65

69
70
66

Alcuni dei progetti esposti nella mostra, appartenenti a diverse sezioni.


67

68

65 Titolazioni e audiovisivi, TG3. Tratto da ll progetto grafico. Venti interventi nel nostro quotidiano – immagini, Società Umanitaria, Milano 1981.
66 Caratteri da stampa, Linea. Tratto da ll progetto grafico, cit.
67 Pubblicità, Il Coin. Tratto da ll progetto grafico, cit.
68–70 Immagine coordinata, IVECO. Tratto da ll progetto grafico, cit.
69 Comunicazione sociale/culturale/politica, Partito Repubblicano Italiano. Manifesto per un Convegno 1979. Tratto da ll progetto grafico, cit.
71 ll progetto grafico, manifesto, 1981, Società Umanitaria.
71 79 Livolsi, Marino in Il progetto grafico. Dall’11 giugno al 19 luglio del 1981 a Milano in via Daverio 7 si svolse la mostra dal nome
Venti interventi nel nostro quotidiano – Il progetto grafico. Venti itinerari nel nostro quotidiano organizzata dalla Società Umanitaria.
testi, Società Umanitaria, Milano 1981.
80 Livolsi, Marino in Il progetto grafico.
L’isitituzione usciva da un momento di crisi economica e gestionale, dovuta a un’incapacità
Venti interventi...cit. di ridefinire la propria identità in vista dei mutamenti storici e sociali della vita culturale
81 Livolsi, Marino in Il progetto grafico. milanese79. Tradizionalmente, il ruolo della Società Umanitaria fu fondamentale nell’ambito
Venti interventi...cit.
82 Origoni, Franco, Produzione e progetto,
della formazione, grazie alla fondazione dell’Università delle Arti Decorative a Monza
in Il progetto grafico. Venti interventi...cit. (che portò poi alla Mostra internazionale, antenata della Triennale) e della Scuola del Libro.
83 Origoni, Franco, Produzione e progetto, L’interesse dell’Umanitaria per la grafica fu sempre attivo, soprattutto attorno ai temi
in Il progetto grafico. Venti interventi...cit.
del lavoro e della professione, al rapporto fra industria e mondo dell’arte, al contributo
84 Origoni, Franco, Produzione e progetto,
in Il progetto grafico. Venti interventi...cit. della grafica alla cultura popolare.80 Il presidente dell’Umanitaria dell’epoca descrive così
85 Origoni, Franco, Produzione e progetto, l’esposizione:
in Il progetto grafico. Venti interventi...cit.
L’impostazione “didattica” della mostra il voler parlare ad un largo pubblico per spiegare
86 Pansera, Anty, Dalla creatività alla
progettazione, in Il progetto grafico. quanto “sta dietro” – come ideazione, come lavoro professionale – a quel mondo complesso
Venti interventi...cit. che si definisce “grafica”, dice subito la nostra intenzione di “fare comunicazione” nella linea sopra
accennata, insieme “divulgazione” nel senso più alto del termine e proposta culturale in un campo
che sta diventando sempre più importante e significativo della realtà socio-culturale di una società
industriale avanzata (per quanto atipica, come sappiamo) come la mostra.81
Il comitato scientifico per la mostra era composto da Illiprandi, Marangoni, Origoni,
Pansera e Sambonet, l’esecutivo da Origoni e Pansera. La rassegna era concentrata
sì sul progetto grafico, ma soprattutto sul processo metodologico dietro al prodotto. Venti
oggetti appartenenti al panorama quotidiano sono quindi sviscerati dai loro venti autori,
che ne svelano i retroscena, a dimostrazione della professionalità che richiede la grafica.
Con questa mostra l’Umanitaria volle portare un suo contributo alla storicizzazione
e diffusione della grafica del dopoguerra. Il titolo della mostra, Il progetto grafico, è di per
sé programmatico. Definendosi in tal modo, l’esibizione vuole individuare e sottolineare una
distinzione fra il genere di progetti presentati e altre forme di comunicazione visiva. Siamo
negli anni ’80, “tutto è ridotto a merce, il marketing non è più sussidio ma impero, la banalità
e la riscoperta, per non dire la copia e l’imitazione dilagano”82 ma nonostante ciò ancora si
possono riconoscere contributi che si basano sulle componenti fondamentali dell’immagine
e della parola. La progettazione grafica viene quindi qui definita come quell’area che
comunica, anche alla massa, senza vendere fumo, come fa la pubblicità. È innanzitutto
il contenuto che fa la differenza: esso deve essere reale.83
I venti interventi sono suddivisi in categorie, che costituiscono un riconoscimento
del confine e del percorso della professione: comunicazione (culturale/sociale/politica),
segnaletica, immagine coordinata, pubblicità, imballaggio, caratteri di stampa, editoria,
allestimenti, titolazioni ed audiovisivi. La scelta di progetti a larga diffusione è utile ad
aprire il mondo del progetto grafico a un pubblico più vasto, ovvero quello che
il cittadino compra, usa, consuma, getta e attraverso i quali passa la volontà del committente,
la creatività del progettista grafico e la buona qualità della realizzazione.84
La mostra voleva essere un’attività divulgativa sulla comunicazione di massa e di buon
livello, senza chiudersi in ambiti troppo specifici ma mettendo dei punti fissi allo sterminato
mondo della comunicazione visiva.85 È la questione della professionalità che non si sente
ancora risolta e di cui si vuole attuare un riconoscimento. Ed è forse per la natura stessa di
questa organizzazione, che tanto ha fatto per la formazione del designer, che il punto diviene
ancora più sensibile e cruciale. Nel catalogo, Anty Pansera sintetizza così la questione:
La “civiltà dell’immagine” è un portato degli anni Cinquanta, anche se ancor più recente
è la “professionalizzazione” dell’operatore che la costruisce. La grafica stenta infatti ad inserirsi
nella disciplina del design proprio per la sua “contaminazione” esplicita con le arti figurative
e per l’improvvisazione” dell’idea che continua – anche se sempre in forma più contenuta –
a caratterizzare il fare di alcuni operatori. L’esistenza di studi o – di designers – che in parallelo
si occupano di graphic, di visual, di industrial, di product e di environmental design è però,
da qualche anno, un sintomo manifesto che le cose stanno cambiando. Ci si muove così da
una precisa ed approfondita analisi della situazione da comunicare – azienda, rassegna, ecc. –
e se ne individua il “carattere” precipuo, traducendolo poi in una simbologia grafica non casuale
e soprattutto non legata alla personalità dell’operatore visivo che non deve più – e in passato
è largamente successo – prevaricare con la “sua” poetica la personalità del committente.
Alla vecchia figura del grafico da cavalletto, o dell’artista/progettista si va sostituendo
finalmente la figura dell’operatore della comunicazione visiva che, con flessibilità creativa
“rispetta” le esigenze cui si trova a dover far fronte, dandovi una risposta non più “artigianale”
ma “professionale”. Il “mestiere” del grafico diventa “professione”.86

1981 IL PROGETTO GRAFICO 35


72–73–74 75–76

1983
Visual design 1933/1983

27 ottobre — 30 novembre
Galleria del Sagrato, Milano

Giancarlo Illiprandi, Alberto Marangoni,
Franco Origoni, Anty Pansera

77 Visual Design 1933/1983, manifesto, 1983 Tratto da ICSID Design Milano, Vol. IV 1983, pag. 22.
72–73–74–75–76 Foto tratte da ICSID Design Milano, Vol. IV, 1983 pagg. 23–24–25.
Allestimento della mostra Visual Design 1933/1983.
L'itinerario era articolato in cinque periodi:
1933–40, 1940–45, 1945–58, 1958–68, 1968–83.

36 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
77 87 G. Illiprandi, A. Marangoni, F. Origoni, Nel 1983 venne allestita alla Galleria del Sagrato di Milano, sotto al Duomo, Visual Design:
A. Pansera, Premessa, in Visual design. 1933/1983. La mostra voleva essere “una panoramica il più possibile completa del
50 anni di produzione in italia,
G. Illiprandi, A. Marangoni, F. Origoni,
fenomeno”. In mostra si poteva trovare una selezione della produzione grafica italiana
A. Pansera, Idealibri, Milano 1984, pag. 9. fino agli anni Settanta, scelti come limite cronologico per garantire una “più lucida
88 Fornari, Davide, Swiss Style Made e puntuale visione e collocazione dei problemi”. A questo si aggiungeva un apparato
in Italy: Graphic Design Across the
Boarder, in Mapping graphic design
di produzione contemporanea, di cui si sentì l’esigenza per completare il quadro. Il primo
history in Italy, R. Lzicar, D. Fornari, Triest, limite è quindi rappresentato da un tempo, cinquanta anni, che inizia dalla mitica data 1933.
Zurigo 2016, pag. 152. La mostra si delineava inoltre all’interno di una rigorosa delimitazione geografica: l’Italia,
89 G. Illiprandi, A. Marangoni, F. Origoni,
perché anche nella grafica, come negli altri settori del design, si sostiene qui che il caso
A. Pansera, Premessa, in Visual design...,
cit., pag. 9. italiano “ha assunto ormai in termini storici e disciplinari una fisionomia omogenea”87
90 G. Illiprandi, A. Marangoni, F. Origoni, che sostanzialmente non ha bisogno di ricercare legami con realtà straniere (questa
A. Pansera, "La traccia di una
affermazione risulta un po’ presuntuosa, si pensi ad esempio alla fondamentale influenza
professione", Avanti!, martedì 25 ottobre
1993, pag. 9. degli svizzeri negli anni ’50)88. L’evoluzione dell’immagine professionale e del ruolo del
91 G. Illiprandi, A. Marangoni, F. Origoni, grafico vuole essere considerata in stretta relazione con i mutamenti storici e culturali
A. Pansera, "La traccia di una del contesto di appartenenza. Un’altra caratteristica, era l’interesse per l’aspetto
professione", Avanti!, martedì 25 ottobre
1993, pag. 9. progettuale della disciplina, sul progetto come “ideazione primaria”, con la sua evoluzione
92 G. Illiprandi, A. Marangoni, F. Origoni, all’interno di diverse tipologie di ambito. Si dice insomma che quello che la mostra ha
A. Pansera, "La traccia di una intenzione di indagare risiede nell’area più tecnica e specialistica, con lo scopo di “aprire un
professione", Avanti!, martedì 25 ottobre
1993, pag. 9.
più completo dibattito interdisciplinare”89. Viene dichiarato che gran parte della produzione
93 Dorfles, Gillo, Introduzione, tridimensionale, la pubblicità e l’illustrazione hanno finito, per questo motivo, con l’escludersi.
in Visual design..., cit., pag. 11. Quest’ultima caratteristica diviene significativa della tendenza di quegli anni a considerare
94 Dorfles, Gillo, Introduzione,
in Visual design..., cit., pag. 13.
come territorio di azione del grafico una ben precisa fetta di progetti possibili, mentre
95 Dorfles, Gillo, Introduzione, si prendono le distanze da altri.
in Visual design..., cit., pag. 13. La mostra si propone al grande pubblico anche come uno spazio di confronto
fra designer e utenti, dove i primi possano mostrare ai secondi l’applicazione delle loro
competenze. Esiste un articolo di giornale dell’epoca,90 firmato dai quattro curatori, nel
quale si nota un sottolineare come la professionalità del grafico vada oltre alla definizione
modaiola di design, termine “usato a sproposito ed esposto ai deterioramenti imposti dalla
società dei costumi” mentre “le ideologie che vi sovrintendono sono perlopiù ignorate dal
grande pubblico”.91 Questa frustrazione diventa così stimolo per dimostrare che “la cultura
visiva non opera mai disgiunta dalla realtà sociale di un paese”.92 Si può dire dunque che
la mostra si prefigurava come un’occasione da una parte per meglio definire e dichiarare
una professione, dall’altra per innescare un dibattito e ulteriori riflessioni.
Visual design era, già a partire dal suo nome, un’esposizione che voleva definire
un campo in modo dichiarato. Il visual design non è né arte pura né design, ma ne
è il trait-d’union, possedendo caratteristiche sia di una che dell’altro.93 La grafica agisce
su molteplici aree di interesse: dimostrare attraverso la mostra di quali stiamo parlando
e che cosa ne fa parte, significa in prima analisi delimitare una precisa zona d’azione, ed
in seguito attribuire maggiore dignità ad alcuni prodotti piuttosto che altri. Questa selezione
va anche a dimostrare quanto il materiale più ricco sul piano della qualità grafica non sia
quello con larga scala di utilizzazione e diffusione. Viene constatato che sebbene il valore
degli apporti singoli, con committenza privata, sia di assoluto rilievo, ancora non si è stati
in grado, su scala nazionale, a sistematizzare tutte quelle aree dove il graphic design
potrebbe agire94, e che porterebbero tanti vantaggi all’educazione del gusto visivo.94
Esempi italiani di questo tipo, piuttosto limitati in numero, sono le testate dei quotidiani
(«Il Manifesto», «Il Giorno», «Alfabeta»…), alcune case editrici (Einaudi, Adelphi, Feltrinelli),
le sigle TV, i partiti politici (Veronesi per il PCI, Spera per il PRI, Vitale per il PSI).

1983 VISUAL DESIGN 1933/1983 37


78–79–80

1984
Prima Biennale della Grafica

14 luglio — 15 settembre
Cattolica

Giovanni Anceschi

Prima Biennale della Grafica, Cattolica.

81 Prima Biennale della Grafica, copertina del catalogo, 1984.


78–79–80 Fotografie di Gaddo Morpugo, 1984. gaddo.eu
38 LE MOSTRE SULLA GRAFICA
E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
81 96 Prima Biennale della Grafica. La Prima Biennale della Grafica si realizzò a Cattolica nel 1984, con il sottotitolo Propaganda
Propaganda e cultura: indagine sul e cultura: indagine sul manifesto di pubblica utilità dagli anni Settanta ad oggi. Il comitato
manifesto di pubblica utilità dagli anni
Settanta ad oggi, a cura di Giovanni
promotore era composto da Lica Steiner, Giovanni Anceschi, Omar Calabrese, Gaddo
Anceschi, Arnoldo Mondadori Editore, Marpugo e Lamberto Pignotti. La mostra era volontariamente testimone di un periodo
Milano 1984, pag. 11. in cui in Italia la produzione grafica di un certo tipo si definiva “di pubblica utilità”. Quella
97 Morpugo, Gaddo, Immagini
e immaginario dei narratori urbani,
del 1984 fu la prima ed ultima edizione. L’idea della Biennale prese forma nel 1980, come
in Prima Biennale della Grafica..., “ipotesi di ricerca, raccolta e analisi di una produzione che si era andata sempre più
cit., pag. 25. sviluppando in Italia, con caratteristiche specifiche per tematiche, linguaggi, operatori
98 Anceschi, Giovanni, Circostanze
e committenti, a partire dalla metà degli anni Settanta.”96 La scelta di realizzare questa
e istituzioni della grafica di pubblica
utilità, in Prima Biennale della Grafica..., mostra a Cattolica potrebbe essere simbolica di questa tendenza, che aveva in effetti
cit., pag. 14. avuto sviluppo nelle provincie d’Italia, fuori dalle città forti della committenza privata
99 Anceschi, Giovanni, Circostanze
(Milano, Torino) o pubblica tradizionale (Roma).97
e istituzioni della grafica di pubblica
utilità, in Prima Biennale della Grafica..., La Biennale nacque dunque dalla constatazione della diffusione del fenomeno
cit., pagg. 13–14. del graphic designer che lavora per l’istituzione pubblica. Andava innanzitutto verificato
100 Morpugo, Gaddo, Immagini che esistesse una peculiarità nella grafica di questo tipo, ovvero che per tono, linguaggio
e immaginario dei narratori urbani,
in Prima Biennale della Grafica..., e morfologia si differenziasse dalla grafica commerciale, non solo quindi per un tipo
cit., pag. 25. di committenza distinta. A sostegno di questa tesi, si parla di come Steiner avesse,
101 Anceschi, Giovanni, Circostanze nel ’71, riconosciuto delle differenze di approccio fra pubblicità (con la sua retorica e i suoi
e istituzioni della grafica di pubblica
utilità, in Prima Biennale della Grafica...,
significati impliciti), la propaganda tecnica (ovvero la divulgazione informativa del progresso
cit., pag. 17. tecnologico) e la comunicazione per il sociale (ideologica, culturale, educativa), ognuna delle
102 Anceschi, Giovanni, Circostanze quali deve essere affrontata dal designer in modo diverso con l’appropriato linguaggio.98
e istituzioni della grafica di pubblica
utilità, in Prima Biennale della Grafica...,
Nel catalogo della Biennale, Anceschi argomenta l’effettiva esistenza di questo
cit., pag. 17. filone portando ad esempio alcuni lavori di graphic design indirizzati al pubblico con scopi
politici-propagandistici, o educativi-protettivi.99 Traccia poi una linea storica fra le esperienze
recenti raccontate nella mostra e la storia della grafica, per dimostrare che un germe
di questo approccio è sempre stato presente. Dato per vero che questo filone esiste,
è sembrato fondamentale documentarne la produzione, in quanto artefice di una
ridefinizione del mestiere.
Il dibattito ruotava attorno al fatto che la responsabilità culturale e sociale del
designer fosse un aspetto di cui tener conto, e che andava in qualche modo riconosciuta. Al
progettista che lavora per l’ente pubblico si chiede di realizzare un sistema informativo, nel
quale si collocano tutte le sue manifestazioni. Se pensato per l’azienda privata, questo tipo
di progetto assume la definizione consolidata di “immagine coordinata”. La questione sta
nell’osservare come questa idea si possa traslare alla cosa pubblica, se esiste cioè un modo
di agire senza, come diremmo oggi, fare “branding” di una città. I canali possibili attraverso
il quale il Comune può agire (stampa, televisione, manifesto) andrebbero ad esempio
ripensati nelle loro modalità di utilizzo per scopi diversi da quelli commerciali.100 Ovviamente
un progetto sulla comunicazione tra ente e cittadino andrebbe ad influire pesantemente
sul sistema di amministrazione pubblica, nel quale la posizione del grafico andrebbe
contestualizzata. Un problema che viene portato a galla è quello relativo all'espansione
dell’azione del designer: se creare l’immagine di un servizio contribuisce alla sua definizione,
il grafico assume anche una posizione decisionale, che bisogna capire se gli compete.
Ma non solo, questo atteggiamento del grafico può essere considerato anche
come oppositivo nei confronti della tradizione professionale, ciò significa sia nei mezzi
(ovvero nella tipologia di progetti) che nei modi, cioè nel linguaggio grafico. Contro
“il formalismo della patinata, dell’Helvetica, dell’abuso di pittogrammi, dell’esibizione
della griglia di impaginazione, dell’allineamento a bandiera a destra” e contro “gli zii
del consumismo”.101 Le ispirazioni si trovano altrove e vanno a costruire un repertorio
iconografico alternativo per questa “altra grafica”. Anceschi fra queste annovera
“il fumetto cinese, manifesti, murales e fumetti cubani e cileni, la grafica del maggio
francese, la grafica di protesta, dal giornale murale ai graffiti, all’Underground, alla grafica
dei movimenti di liberazione e sessuali”.102 Un grafico dunque che sia sensibile alle
tematiche sociali e soprattutto alle sue espressioni e ai suoi risvolti in campo visivo.
Questo altro modo di fare la grafica è affascinato dall’esotismo e dal segno primordiale,
ma anche dalle ultime tecnologie, fra tutte il cinema e la televisione.
La Prima Biennale di Cattolica apre dunque a una nuova definizione possibile
della professione e della sua posizione nella società. La discussione sarà viva negli anni
a venire e caratterizzerà una parte della storia della grafica in Italia di quegli anni.

1984 PRIMA BIENNALE DELLA GRAFICA 39


82–83–84–85 86–87–88–89 90–91–92–93

1988
XVII Triennale
Sezione Grafica “Le città del mondo
e il futuro delle metropoli”

21 settembre — 18 dicembre
Palazzo dell’Arte, Milano

Milton Glaser

82–83–84–85–86–87–88–89–90-91–92–93 Foto di Piazza Matteo. archivio.triennale.org


Sezione Grafica (figure e illustrazioni, fra immagine e messaggio), della mostra tematica
dell'Esposizione Internazionale Le città del mondo e il futuro delle metropoli. Oltre la città la metropoli.
Responsabile della sezione Milton Glaser, fotografie di Matthew Klein. 94

95 ìXVII Triennale, manifesto, 1988.


94 archivio.triennale.org
Modellino della Sezione Grafica.

40 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
95 103 Baker, Steve, Il segno dell'io nella Il 1988 è l’anno in cui alla XVII Triennale per curare la sezione di grafica viene chiamato
metropoli, in Le città del mondo uno straniero con un particolare legame con l’Italia, Milton Glaser. Il tema dell’edizione
e il futuro delle metropoli. Oltre la città,
la metropoli, a cura di Georges
è Le città del mondo e il futuro delle metropoli. Oltre la città, la metropoli. All’interno di una
Teyssot, Electa, Milano 1988, pag. 145. vasta rassegna all’insegna dell’urbanistica e dell’architettura, si ritaglia uno spazio per
104 Glaser, Milton, Figure e illustrazioni: esplorare la tematica del graphic design.
fra immagine e messaggio, in Le città
del mondo e il futuro delle metropoli...,
Non più, come avveniva nel passato, un’esposizione di progetti realizzati da grafici
cit., pag. 138. in modo razionale. Bensì una mostra che, ancora una volta, vuole dimostrare la rilevanza
105 Glaser, Milton, Figure e illustrazioni: del linguaggio grafico nella vita di tutti i giorni. A ben guardare, le idee espresse non
fra immagine e messaggio, in Le città
sono molto lontane dai discorsi portati avanti nel corso delle mostre italiane dello stesso
del mondo e il futuro delle metropoli...,
cit., pag. 138. decennio: diffusione della grafica nella vita quotidiana e nello spazio urbano, dominio
106 Glaser, Milton, Figure e illustrazioni: della pubblicità, riconoscimento della figura del graphic designer come mente attiva dietro
fra immagine e messaggio, in Le città
a questo panorama. È per questo motivo che è rilevante inserire questa mostra nell’elenco,
del mondo e il futuro delle metropoli...,
cit., pag. 138. anche se non parla di grafica in Italia e non è stata curata da italiani. La Triennale, di cui
abbiamo seguito gli sviluppi, qui lascia i suoi spazi ad un altro punto di vista, per un’altra
definizione della professione e del campo. Il modo di affrontare e mostrare queste realtà
è infatti molto diverso ed associabile a ciò che verrà definito postmoderno. Le immagini
in mostra appartengono alla sfera della grafica improvvisata, casuale, di sicuro non a quella
del bel progetto, come venne fatto nelle mostre analizzate fin qui. Le fotografie di Matthew
Klein, montate da lui e da Glaser, estrapolano segni urbani (graffiti, insegne, etichette)
per realizzare una raccolta che definisca cos’è o cosa può essere “grafica”. Nel catalogo
si legge di come questo tipo di espressioni facciano parte dell’identità della città, in cui
estetica misurata e perfezione canonica fanno poco parte del racconto, lanciando così
una frecciatina al modernismo.103
Per Glaser il tema della Triennale era l’aggressione quotidiana della grafica nelle
città.104 Nient’affatto una visione idilliaca del potere del graphic design, ma un tentativo
di capirla nelle sue sfaccettature. Questo sforzo si struttura in alcuni punti da esplorare
al fine di affrontare l’argomento. Il primo, la segnaletica professionale, ovvero “la voce del
governo” nella città, rappresentata da quei segni che ci dicono cosa si può e cosa non si
può fare. Le segnalazioni non professionali, ovvero i graffiti sui muri urbani, evento a cui solo
in quegli anni iniziava ad essere conferito qualche valore artistico e culturale. Il terzo punto
è l’arte vera a propria, che vada oltre l’utile per produrre un effetto estetico. In seguito l’arte
involontaria, ovvero un’arte spontanea, comprensibile da chi possiede intelligenza visiva,
che può risiedere in qualsiasi cosa all’interno della metropoli. Infine i riflessi, rappresentati
dai contatti con le altre persone, dalle immagini sulle vetrine, nell’acciaio delle architetture.105
Quest’ultimo punto diventa anche concetto formale all’interno dell’allestimento, in cui
la “piccola stanza combina le immagini e i loro riflessi, compresi i riflessi dei riflessi,
nel tentativo di vedere ciò che è”.106

1988 XVII TRIENNALE 41

42
Andrea Branzi
2007

20 gennaio — 25 aprile
Triennale Design Museum, Milano

LE MOSTRE SULLA GRAFICA


The New Italian Design

E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE


96–97

The New Italian Design.


98–99–100–101

96–97–98–99–100–101 The New Italian Design presso Triennale Design Museum, Milano 2007. Foto di Fabrizio Marchesi.
Archivio fotografico La Triennale di Milano.
102 The New Italian Design, manfiesto, 2007.
102 107 De Albertis, Claudio, The New Italian The New Italian Design apre alla Triennale nel 2007, constatando la diffusione esponenziale
Design, in The New Italian Design, del design all’interno della cultura mondiale. La profusione della parola non per forza
Triennale Design Museum, Milano 2013,
pag. 9.
coincide con quella della cultura, ma è un dato di fatto che il concetto di design è ormai nella
108 Annicchiarico, Silvana, For a New Map mente di tutti, in maniera più o meno vicina alla realtà. Il design è ormai applicato a tantissimi
of Italian Design, in The New Italian ambiti, che spaziano dalla cucina, agli alberghi, alle esperienze. L’esposizione vuole creare
Design..., cit., pag. 12.
109 Annicchiarico, Silvana, For a New Map
nel susseguirsi delle sue edizioni una panoramica sui giovani designer italiani, illustrandone
of Italian Design, in The New Italian le caratteristiche.107 La mappatura vuole rendere conto dei cambiamenti avvenuti nel corso
Design..., cit., pag. 13. degli anni recenti, che rendono questa disciplina sempre più complessa e che sempre
110 Annicchiarico, Silvana, Introduzione,
più abbraccia attività di diverso genere.108 Le dinamiche interne al mondo del design sono
in Spaghetti Grafica 2. Contemporary
Italian Graphic Design, a cura del cambiate rispetto al passato, che era dominato da figure di grandi maestri. Si registrano
Ministero della Grafica, Triennale Design i fenomeni dell’autoproduzione, la sperimentazione, la ricerca, la produzione di processi
Museum, Electa, Milano 2009, pag. 15.
piuttosto che prodotti, in un ambiente in cui è il lavoro collettivo ad essere preponderante.109
111 Piazza, Mario, Backpack Graphic
Design, in The New Italian Design..., Fra i 132 designer presentati, tra product e food design, fanno capolino alcuni grafici,
cit., pag. 29. che rappresentano per altro il sottoinsieme più numeroso110, dopo i designer del prodotto.
112 Piazza, Mario, Backpack Graphic La mappatura della nuova generazione sarebbe continuata in futuro. Fra i grafici selezionati
Design, in The New Italian Design...,
cit., pag. 29. nel 2007 si trovano: Stefano Asili, Thomas Berloffa, Cristina Chiappini, Manuel Dall’Olio,
Leonardo Di Renzo, jekyll & hyde, Leftloft, LL design, LS graphic design, Bruno Morello,
Aldo Presta, Fabrizio Schiavi, Leonardo Sonnoli, Studio FM, Studio Paolo Bazzani,
Studio Temp, Tankboys, Stefano Tonti, Marco Tortoioli Ricci, Francesco Valtolina, Zetalab.
Nella nuova produzione grafica italiana si riconosce, ovviamente, l’influenza dell’era
digitale. Nuovi strumenti, un accesso più ampio alla disciplina, nuovi segni e linguaggi, tutti
eventi che hanno marcato uno stacco con la tradizione.111 Questa situazione fa anche
da stimolo per sradicare alcuni principi fino allora fondamentali ed aprire nuovi orizzonti.
Ogni aspetto canonico del progetto (tipografia, trattamento delle immagini, uso dei media,
eccetera) è messo alla prova ribaltandone tutte le regole, in modo libero e anarchico, in una
visione internazionale che nega l’esistenza di un carattere italiano.112 Le radici si trovano
in un’educazione che viene raramente da maestri-autori, mentre si trae ispirazione da
sperimentazioni come «Octavo», «Eye», «Emigre», «Fuse» e «Ray Gun». Nella “nuova grafica”
il funzionalismo ha lasciato il posto all’espressione, il maestro al collettivo, e il grande cliente
alla nicchia.

2007 THE NEW ITALIAN DESIGN 43


2007
103

Attraversamenti
Festival diffuso della grafica

13 — 30 settembre
Trevi, Spoleto, Foligno, Montefalco, Narni, Città di Castello

Ministero della Grafica

Mappa del Festival.

104 105 106

104–105–106 cargocollective.com/alessandropaoletti
107 Attraversamenti, manifesto, 2007.
103 Programma Attraversamenti.
44 LE MOSTRE SULLA GRAFICA
E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
107 113 Attraversamenti, festival diffuso della Il 2007 vide anche l’organizzazione a Trevi, in provincia di Perugia, di Attraversamenti.
grafica. Questo evento pensato per avere cadenza biennale, era un “festival diffuso”, ovvero le cui
Programma delle mostre e degli eventi.
magazine.unibo.it
iniziative erano distribuite sul territorio attorno a Trevi. Quella dedicata alla grafica era
la seconda edizione dopo quella sull’architettura. A cura del Ministero della Grafica e nata
da un’idea di Matteo Schubert, era un’esposizione collettiva di associazioni, singoli e studi
impegnati nell’area del progetto di graphic design. Storie di Grafica il titolo della mostra
principale, che presentava 150 progetti da 80 studi selezionati con un bando nazionale,
appartenenti a diverse generazioni, di tipologie differenti, con clienti di tutte le dimensioni.
Le altre mostre minori si occupavano di raccontare esperienze particolari (come Utilità
manifesta o Scalacolore), essere una raccolta di produzioni grafiche legate a un tema
(Good 50x70, Give peace another chance), celebrare successi (ADCI Awards 2016),
dare voce ai designer mostrando i lavori rifiutati (Creatives are bad) o ascoltando le loro
opinioni sul futuro (Design future).
Una panoramica molto vasta, che comprendeva anche una ripresentazione
della mostra The New Italian Design che si era svolta alla Triennale nello stesso anno,
valorizzando la sezione dedicata alla grafica. Il Festival voleva promuovere un’atmosfera
di scambio e convivialità, per questo vennero organizzate una serie di iniziative:
presentazioni, workshop, concerti, mercatini.
Nel programma si può leggere un Manifesto, scritto dal Ministero della Grafica,
che guida lo spirito del Festival. La promozione del progetto grafico come valore per
le imprese, la volontà di dare impulso al dibattito sulla comunicazione, allargare il mercato
su cui può agire la grafica italiana. Ancora una volta si sostiene l’importanza dell’immagine
(e dunque della grafica) in quanto presenza costante nella vita delle persone, che è in grado
di influire sui rapporti interni della società e sul successo di prodotti, imprese e nazioni.
La grafica contemporanea viene definita “open source, multietnica e meticcia”113,
aggettivi che raccontano molto del mondo che abita.

2007 ATTRAVERSAMENTI 45
2009–10
108–109–110 111–112–113

Spaghetti Grafica 2
Contemporary Italian Graphic Design

26 novembre — 10 gennaio
Triennale Design Museum, Milano

Ministero della Grafica

Spaghetti Grafica 2, Triennale Design Museum, Milano.

108 picssr.com/photos/ministerodellagrafica

113 flickr.com/photos/ministerodellagrafica
114 Spaghetti Grafica 2, manfiesto, 2009.
110–111–112 happycentro.it
109 mollydesign.com
46 LE MOSTRE SULLA GRAFICA
E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
114 114 Spaghetti Grafica 2. Contemporary Spaghetti Grafica 2 fu organizzata da Il Ministero della Grafica a cavallo tra il 2009
Italian Graphic Design, a cura del e il 2010. Il Ministero si presentava come un promotore culturale pensato per fornire
Ministero della Grafica, Triennale Design
Museum, Electa, Milano 2009, pag. 361.
“strumenti e occasioni di riflessione, confronto, partecipazione e divertimento tra
115 Spaghetti Grafica 2. Contemporary i designer e la società”.114 Dichiarando che il progettista grafico è il vero interprete della
Italian Graphic Design..., cit., pag. 361. società e dei suoi cambiamenti, il Ministero si occupava di diffondere un’idea di lavoro
116 Spaghetti Grafica 2. Contemporary
Italian Graphic Design..., cit., pag. 11.
consapevole ed etico, un trasparente rapporto fra designer e committenti pubblici
117 Annicchiarico, Silvana, Introduzione, e la costruzione di una comunità della grafica.115 Spaghetti Grafica si presenta come una
in Spaghetti Grafica 2. Contemporary panoramica selezionata sugli studi italiani, per comprendere e diffondere questa realtà
Italian Graphic Design..., cit., pag. 15.
professionale. Alcune riflessioni, da parte degli autori, scaturiscono da questa indagine.116
La classificazione avviene per dimensione fisica dello studio, a dimostrazione
che la qualità non è legata a quello, ma nemmeno alla grandezza del committente. Si nota
la tendenza a trattenersi in progetti per il grande mercato e le grandi imprese, e per gli enti
pubblici. Altra caratteristica è l’avvicendarsi dell’organizzazione in gruppi ibridi di persone,
piuttosto che l’esaltazione di un autore di spicco, come invece è tipico della tradizione
italiana. Venne osservata inoltre una presenza crescente di donne graphic designer,
pochissime nei decenni passati. Il carattere italiano della grafica va via via dissolvendosi,
facendo rientrare le sue caratteristiche in uno stile e modo di fare internazionale, le cui
ragioni si ritrovano nella globalizzazione e nell’avvento di internet. Si preferisce parlare
di “grafica in Italia” piuttosto che “grafica italiana”, che come l’economia, ancora trova il suo
fulcro nel nord, in particolare a Milano. Nuovi orizzonti si aprono in altre zone geografiche,
soprattutto attorno alle scuole di graphic design (Urbino, Venezia, Torino). In generale,
nel contesto di questa mostra, il graphic design viene visto come dotato di una sua
autonomia espressiva ma allo stesso tempo fortemente legato al resto degli oggetti
del mondo. L’ubiquità della grafica e la sua relazione con le altre forme di espressione
sono percepite ancora come un forte ostacolo nel racconto della disciplina.117

2009–10 SPAGHETTI GRAFICA 47
2011
115

Graphic Design Worlds

26 gennaio — 27 marzo
Triennale Design Museum, Milano

Giorgio Camuffo

Sezione dedicata agli italiani in Graphic Design Worlds.


116–117–118 119–120–121

Norm in Graphic Design Worlds. M/M (Paris) in Graphic Design


Worlds.

115–116–118–119–120 Foto di Fabrizio Marchesi. wallpaper.com


Na Kim in Graphic Design Worlds. De Designpolitie in Graphic Design Worlds.

122 Graphic Design Worlds, manifesto, 2011.


121 oinoi.wordpress.com
117 anuvahtra.com
KesselsKramer in Graphic Design Worlds. Metahaven in Graphic Design Worlds.

48 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
122 118 Annicchiarico, Silvana, Lo stile dei segni, Nel 2011 viene organizzata alla Triennale di Milano la mostra Graphic Design Worlds,
in Graphic Design Worlds/Words, a cura di Giorgio Camuffo, con “l’ambizione di fare il punto sullo stato dell’arte a livello
a cura di G. Camuffo, M. Dalla Mura,
Mondadori Electa, Milano 2011, pag. 10.
internazionale, andando a scoprire e a valorizzare le esperienze di punta della scena
119 Annicchiarico, Silvana, Lo stile dei segni, comunicativa contemporanea”.118 La mostra si colloca all’interno di un percorso iniziato
in Graphic Design Worlds/Words, nel 2007 con The New Italian Design, che documentava la centralità della grafica nei
cit., pag. 10.
120 Camuffo, Giorgio, Annicchiarico, Silvana,
percorsi di ricerca e sperimentazione119, e proseguito con Spaghetti Grafica, che aveva
Graphic Design Worlds, in Graphic invece più il carattere del censimento. Graphic Design Worlds vuole mostrare un panorama
Design Worlds/Words, cit., pag. 13. aperto e variegato, con la convinzione che la grafica non è solo un’attività che dà forma
121 Camuffo, Giorgio, Annicchiarico, Silvana,
al mondo attuale ma che può anche prefigurarne un futuro possibile.
Graphic Design Worlds, in Graphic
Design Worlds/Words, cit., pag. 14. Il graphic designer è visto qui come una figura che può espandere la sua azione
122 Pensieri e parole, in Graphic Design oltre al mondo visivo della stampa o del digitale. Si sposta innanzitutto la visione tradizionale
Worlds/Words, cit., pag. 101.
legata a tutte quelle nozioni più o meno condivise che hanno contribuito a definire
la professione nel passato: il rapporto fra arte e industria, forma e funzione, problem solving,
standard ed espressione. In un mondo in cui il campo si fa sempre più esteso e allo stesso
modo cresce la diffusione degli strumenti di produzione, alcuni graphic designer si chiedono
qual è il loro, nuovo, spazio in cui agire. La loro posizione si sposta e questa consapevolezza
li porta a cercare altre prospettive. È da questa esigenza che nasce, ad esempio, la possibilità
di pensare alla collaborazione piuttosto che al dualismo designer-cliente, a spingere sulla
contaminazione fra settori o ad avviare progetti in autonomia.120 La proposta del designer
diventa così una ridefinizione del suo ruolo: non solo “designer as author” come scrisse
nel 2004 Michael Rock ma anche as producer, as activist, as entrepreneur, as agent.
La mostra si presenta dunque come una finestra su questo paesaggio, che fa della sua
pluralità la sua forza. Lo spazio del museo è il medium attraverso il quale i designer sono
invitati a “dispiegare i loro mondi di fronte al pubblico”121, attraverso allestimenti organizzati
da loro stessi. I trenta graphic designer interpellati per la mostra non sono in realtà
tutti italiani, si vede la partecipazione di studi e personalità internazionali di spicco nella
cultura contemporanea del graphic design. Per citarne alcuni: Experimental Jetset, Norm,
Metahaven, Åbake, Dexter Sinister, Zak Kyes, Radim Pesko. Accanto a questi nomi, come
italiani (o quasi) vennero scelti nomi emergenti appartenenti alla nuova generazione under
30 e presentati nella sala centrale, erano: Brave New Alps, Nazareno Crea, Julia, FF3300,
Tommaso Garner, Invernomuto, Lupo&Burtscher/Lungomare, Joseph Miceli, Studio Temp,
Tankboys, Francesco Valtolina. Quest’ultimi vennero separati dal contesto dei colleghi
internazionali, come a voler distinguere due mondi che non potevano essere messi sullo
stesso piano.
Alcuni di quest’ultimi sono stati invitati, il 29 giugno 2010, a uno degli ultimi incontri
che si sono svolti e registrati con l’obiettivo di essere un confronto fra grafici italiani. Presso
il Teatro Agorà del Triennale Design Museum i designer hanno conversato con Benedetta
Crippa, Giovanni Anceschi, Silvia Sfligiotti, Giorgio Camuffo, Maddalena Dalla Mura e Silvana
Annicchiarico. La conversazione libera è stato il metodo per esplorare “i mondi dei graphic
designer”, che hanno così raccontato esperienze, background e ambiente formatosi
durante il loro percorso. Questa forma mette in luce la diversità delle strade che il designer
può intraprendere, sia nel contesto, che nel lavoro, che nella vita personale, a conferma
del fatto che non esiste un percorso convenzionale.122 È dal confronto reale, fatto di botta
e risposta, che si capisce quanto la materia possa essere affrontata in maniera sempre
differente e sempre sensata. La propensione verso un certo tipo di approccio, il possesso
di una serie di principi, guidano la professione e i suoi prodotti. Si apre il ventaglio degli
argomenti di discussione, che si districa fra nuove prospettive e dicotomie ancora difficili
da comprendere. Indipendenza, educazione, geografia, autoreferenzialità, i temi attorno ai
quali i designer discutono, a volte condividendo visioni, altre volte portando opinioni opposte.
La conversazione è parte della mostra (anche in senso fisico, esposta sui muri della
sala centrale) e non sarebbe esistita senza. L’occasione non è tanto un atto di palesamento
nei confronti del pubblico, ma più un momento di riflessione collettiva, che porta
ad una autorappresentazione come singolo e come comunità. Il momento di riunione
forza il pensiero sulla propria professione e ne spinge la condivisione.

2011 GRAPHIC DESIGN WORLDS 49


2012–13
123–124 125–126–127–128

TDM5: Grafica italiana

14 aprile — 24 febbraio
Triennale Design Museum, Milano

Giorgio Camuffo, Mario Piazza, Carlo Vinti

Sezione Film e Video

Sezione Periodici.

Visione d'insieme dell'allestimento al Triennale Design Museum. Sezione Imballaggi.

129 TDM5: Grafica Italiana, manifesto, 2012.


125–128 gessato.com
126 archiportale.com
123 novembre.it
124 abitare.it

127 fubiz.net
Sezione Pubblicità.

50 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
129 123 Dell'Acqua Bellavis, Arturo, Graphic Nel 2012 alla fu inaugurata TDM5: Grafica italiana, mostra visitabile per quasi un anno
design, in TDM 5: Grafica italiana, a cura all’interno degli spazi della Triennale, diretta da Annicchiarico, curata da Camuffo, Vinti
di G. Camuffo, M. Piazza, C. Vinti,
Corraini Edizioni, Mantova 2012, pag. 13.
e Piazza e allestita negli spazi pensati da Fabio Novembre. L’esposizione era dedicata
124 Dell'Acqua Bellavis, Arturo, alla comunicazione bidimensionale e non vi erano presenti oggetti, ad eccezione di alcuni
Graphic design, in TDM 5: Grafica esempi di segnaletica e grafica applicata agli spazi. La mostra vuole fare “il punto sul
italiana, cit., pag. 13.
125 Camuffo, Giorgio, Piazza, Mario, Vinti,
ruolo della grafica nella storia del design italiano”123 grazie al quale si evidenzia “il ruolo del
Carlo, TDM5. Un museo per una storia design grafico per l’affermazione del nostro design anche e soprattutto per il successo
ancora da scrivere, in TDM 5: Grafica dei nostri artefatti”.124 Una grafica gloriosa, che possiede un suo valore, ma che soprattutto
italiana, cit., pag. 18.
contribuisce agli altri campi. La trasversalità dell’azione della grafica rispetto ai contenuti la
126 Camuffo, Giorgio, Piazza, Mario, Vinti,
Carlo, TDM5. Un museo per una storia rende facilmente interpretabile come servile, piuttosto che come intervento e contributo.125
ancora da scrivere, in TDM 5: Grafica In realtà questa subalternità vuole qui essere smentita, per rendere invece la grafica parte
italiana, cit., pag. 18.
integrante della cultura visiva del Paese.126 Altra motivazione a favore della realizzazione
127 Camuffo, Giorgio, Piazza, Mario, Vinti,
Carlo, TDM5. Un museo per una storia di questa esibizione è il veloce avvicendarsi del digitale all’interno del mondo della
ancora da scrivere, in TDM 5: Grafica comunicazione, che realizza la percezione di trovarsi in un momento di passaggio verso
italiana, cit., pag. 28. una svolta inevitabile. Area che però è stata tralasciata all’interno della mostra. La spinta
128 Camuffo, Giorgio, Piazza, Mario, Vinti,
Carlo, TDM5. Un museo per una storia per affrontare le sfide futuro può derivare invece dall’osservazione della storia. Questa
ancora da scrivere, in TDM 5: Grafica volta non si tratta quindi di una rassegna della contemporaneità, ma un’individuazione
italiana, cit., pag. 28. di aree disciplinari dove la grafica è stata il linguaggio fondamentale. La storia della grafica
129 Novembre, Fabio, L'arcobaleno di profilo,
in TDM 5: Grafica italiana, cit., pag. 386.
in Italia è così lo spunto per chiarire ancora una volta il complesso universo nella quale si
130 Vinti, Carlo, Grafica e pubblicità in Italia trova ad operare, trovandoci in un’epoca in cui siamo più consapevoli delle sue potenzialità.
(1933–1970), in TDM 5: Grafica italiana, Il grafico viene visto come un tecnico-intellettuale, dove “il mero fatto coreografico
cit., pag. 217.
131 Vinti, Carlo, Grafica e pubblicità in Italia
e della formalizzazione è solo un momento, necessario e strategico, di un’articolazione
(1933–1970), in TDM 5: Grafica italiana, del mestiere molto più ampia e complessa”.127
cit., pag. 227. Sul piano della produzione, nell’esposizione sono stati presentati lavori che
132 Vinti fa l’esempio dei casi di Armando
rispondono a principi di “cultura del progetto grafico, così come si è sedimentata negli
Testa e dei direttori pubblicità
rispettivamente di Olivetti e Pirelli, Guido anni”,128 ovvero nel modo in cui sono stati intesi i territori di azione del grafico in Italia
Mazzali e Dino Villani. Cfr. Vinti, Carlo, nel corso del Novecento. L’esposizione era divisa in nove aree di interesse, ognuna
Grafica e pubblicità in Italia (1933–1970),
caratterizzata da un colore di un arcobaleno pensato per “ricongiungere terra e cielo”,129
in TDM 5: Grafica italiana, cit., pag. 227.
che dovrebbero dunque rappresentare una strutturazione e definizione degli ambiti
nel quale il grafico può esercitare la professione. L’allestimento in realtà non pare abbia
una relazione efficace con i contenuti presentati in mostra. La prima sezione, la lettera,
unità minima della comunicazione, esplorava dalla tradizione italiana della “bella lettera”
del Novecento ai caratteri del primo decennio del nuovo millennio. Il libro, seconda sezione,
verteva sulle svariate esperienze dei grafici italiani nell’editoria, tra collane seriali, libri
fotografici e illustrati. La terza parte, i periodici: giornali, magazine, house organ, riviste
di grafica e di progetto, riviste d’arte e sperimentazione. La comunicazione per cultura
e politica è il tema della quarta parte, fra manifesti, propaganda e pubblica utilità. Quinta
area, la pubblicità, qui intesa soprattutto come negli anni ’60, quando veniva vista come
opportunità di diffusione delle invenzioni visive ed educazione del gusto del pubblico.130
La sesta parte è invece dedicata al packaging, ambito spesso dimenticato: alimentare,
farmaceutico o per la musica, contributo fondamentale all’identità di un’azienda.
Quest’ultima è la protagonista della settima area tematica, dedicata appunto alla
visual identity, quindi ai famosissimi casi per privati e pubblici, dall’elemento essenziale
del marchio al design degli interni. La segnaletica il penultimo tema, ambito che spazia
dal wayfinding, all’allestimento di mostre e vetrine, supergrafica e architetture effimere.
Nono ed ultimo campo quello dei film e dei video: titoli d’apertura per tv e cinema, identità
di rete, cinema grafico. Tutte queste categorie sono a carattere disciplinare, legate
al medium, al formato dell’output: sono aree in cui il designer si applica tradizionalmente
senza mettere in discussione il suo ruolo. C’è n’è una che risulta più problematica e che
racconta qualcosa su una delimitazione di campo, ed è quella sulla pubblicità. L’analisi
della diffusione dell’agenzia in Italia condotta da Carlo Vinti, racconta di come il grafico,
abbastanza velocemente, venne estromesso da un campo che fino ad allora riusciva
a gestire.131 L’inserirsi di alcune pratiche che esulano dal campo dell’immagine e del visivo
decretò una scissione fra due mondi che faticavano a convivere, a parte alcuni rari casi132.
Questo processo fu di fondamentale importanza nella definizione professionale del grafico,
che individuò così un’altra categoria dalla quale prendere le distanze. Da allora il grafico
spostò la sua attenzione verso altri settori, più di nicchia, lasciando in pasto alle agenzie
tutto quell’ambito che pure ha grande impatto sul visivo.

2012–13 TDM5: GRAFICA ITALIANA 51


2015
130–131–132–133 134–135–136–137

Millennials
La nuova scena della grafica italiana

4 — 8 novembre
Fabbrica Del Vapore, Milano

Cinzia Ferrara, Monica Nannini, Carla Palladino

130–131–132–133–134–135–136–137 aiap.it
138 Millennials, manifesto, 2015.
Millennials, Fabrica del Vapore, Milano

52 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
138 133 Zaccaria, Diego, Conversazioni Millennials ebbe luogo alla Fabbrica del Vapore nel contesto di Aiap DX 2015, settimana
Grafiche in Millennials / La nuova scena internazionale del graphic design. La mostra è un appello dell’associazione ai giovani grafici,
della grafica italiana, a cura di C. Ferrara,
M. Nannini, C. Palladino,
una mostra che rileva un “collettivo di qualità” dal quale emergono alcune personalità.133
Aiap Edizioni, Milano 2015, pag. 14. Il gruppo di progettisti in questione era stato selezionato da una commissione
134 Ferrara, Cinzia, Nannini, Monica, internazionale composta da Michele Jannuzzi (Januzzi Smith), Sascha Lobe (L2M3, oggi
Palladino, Carla, L'urgenza di un identikit
in Millennials, cit., pag. 9.
partner di Pentagram), Adrian Shaughnessy (Unit Editions), Diego Zaccaria, Cinzia Ferrara
135 DensityDesign Research Lab, Info (ferrarastudio), Monica Nannini (SPA! visual design) e Carla Palladino.
grafica in Millennials, cit., pagg. 17–25. Questa mostra osserva una generazione che ha affrontato e affronta il campo
137 Zaccaria, Diego, Conversazioni
del graphic design in modo molto diverso rispetto ai colleghi più anziani. I millennials,
Grafiche in Millennials, cit., pag. 14.
i nati dopo gli anni ‘80, sono cresciuti nell’era del digitale, che pervade la vita quotidiana
come il lavoro. Si sono formati in corsi strutturati attorno al design della comunicazione,
ricevendo così un’istruzione specializzati e focalizzata, differente da quella che hanno avuto
le generazioni precedenti. I millennials sono anche coloro che da giovanissimi hanno vissuto
la crisi economica, con grosse ricadute sulla vita personale e lavorativa.134 Queste alcune
delle caratteristiche condivise tra gli esponenti della “nuova scena della grafica italiana”.
51 le figure selezionate infine, di cui fanno parte sia studi che designer singoli. In mostra
vi erano poster, pubblicazioni e progetti digitali a rappresentare la produzione del gruppo.
Nel catalogo i progetti sono presentati divisi per autore, di cui viene annotata una breve
biografia, attraverso alcune immagini, con uno stile da portfolio online. Sempre in questo
volume è presentata una ricerca di DensityDesign Research Lab attraverso quattro
tavole135 che analizzano alcuni dati sui 148 designer considerati dalla commissione.
Si mette così in luce una maggior presenza maschile (86 contro 62 donne), un’età media
di 29 anni e l’assoluta superiorità del lavoro come freelance rispetto alle altre forme.
Solo 17 i designer impiegati all’estero. Milano e Urbino le città più frequentate da questi
designer, mentre Milano spicca fra le città in cui sono state compiute esperienze lavorative.
La considerazione dei curatori sui millennials appare positiva. Nel complesso
questa nuova scena viene definita “avventata”, nel senso che è padrona come non
mai dei mezzi di produzione e dell’accesso alle informazioni.136 Al contempo si registra
l’interesse per le tecniche del passato, nella stampa e nella tipografia. Coesiste così
la produzione cartacea come quella digitale. Si nota uno “slancio grafico”, che si spera
non tralasci nel tempo la tradizione del passato italiano in ambito grafico a favore
di un linguaggio globale.137

2015 MILLENNIALS 53
2016
139–140–141 142–143–144

Signs
Grafica italiana contemporanea

9 novembre — 10 dicembre
Base, Milano

Francesco Dondina

Signs, Base, Milano

140–141–142–143–144 artribune.it
145 Signs, manifesto, 2016.
139 dondina.it
54 LE MOSTRE SULLA GRAFICA
E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
145 Signs. Grafica italiana contemporanea è la mostra organizzata nel 2016 da Francesco
Dondina presso BASE a Milano. Il titolo è già esplicativo, una mostra sulla grafica prodotta
in Italia fino al 2016, e “Signs”, parola inglese con diverse accezioni: segno, traccia, gesto,
cartello, ma anche firma, sigla. La rassegna portava in esposizione il lavoro, su diverse
aree disciplinari, di 24 fra designer e studi italiani appartenenti a diverse generazioni.
Ad ognuno era dedicato uno spazio, nella forma di un tavolo, sul quale presentare
dal prototipo del progetto alla sua realizzazione finale. Il curatore lasciò una certa libertà
ai designer nel decidere come sistemare i propri lavori sul tavolo, cosa che ha portato
a differenze espositive da uno all’altro. Alcuni ad esempio hanno scelto di valorizzare
un solo progetto particolare, altri invece di mostrarne una serie. I professionisti selezionati
da Dondina costruiscono così uno spaccato del mondo della grafica in Italia, un tentativo
per spiegare e mostrare al grande pubblico cosa fa il designer della comunicazione.
La volontà è anche quella di affermare quanto la grafica sia un linguaggio che fa parte
della vita di tutti i giorni, e di come attraverso il lavoro del designer sia possibile arricchirlo
di un livello di valore superiore rispetto a quello semplicemente comunicativo.
A Giancarlo Illiprandi, scomparso in quell’anno, era dedicata la mostra e una piccola
personale al suo interno. Correlate alla mostra erano anche tre conferenze, a tema didattica
e formazione, committenza e progetto, ricerca e sperimentazione.

2016 SIGNS 55
1.3 Conclusioni

Giunti alla fine di questa rassegna, è possibile finalmente provare rassegna erano pezzi realizzati magistralmente per qualità Le mostre di grafica si sono mosse fra il provare a raccontarsi a un
a trarre delle conclusioni. Osservando le mostre nel loro complesso, di stampa e materiali: la mostra di grafica era un’esaltazione delle pubblico generale e l’essere un riferimento per altri designer. Uscire
emergono alcuni fenomeni, che spesso vanno a confermare alcune officine tipografiche più che del progetto grafico. Con il tempo il dal circuito autoreferenziale risulta molto difficile e probabilmente
delle tendenze osservabili nella storia del graphic design in Italia. designer grafico ha via via differenziato le sue competenze da quelle è stato più quest’ultimo scopo a riuscire. La Triennale, ad esempio,
Effetto collaterale di questa rassegna, è anche la visibile evoluzione dello stampatore, aiutato dal fatto che le tecnologie hanno reso i due è uno spazio dedicato al design, le mostre organizzate al suo interno
dello stile e della tipologia dei materiali fotografici che restano per mondi sempre più separati, ma anche grazie alla diffusione della si rivolgeranno a un pubblico a cui questo tipo di proposta è già
documentare le mostre di cui si è parlato. Le immagini di archivio in cultura sulla grafica. familiare. Programmaticamente dedicata a tutto il pubblico e con
bianco e nero, cedono il posto prima alle pellicole a colore degli anni Si può inoltre notare come nelle mostre del 1940 e del un’impostazione didattica era la mostra Il progetto grafico. Venti
‘80 e in seguito a quelle digitali. Si nota inoltre come nelle foto delle 1957 fossero presenti due sezioni denominate rispettivamente itinerari nel nostro quotidiano, dove le scelte curatoriali erano
mostre più vecchie non ci fosse presenza umana, aspetto che invece “La formazione del gusto moderno nella grafica” e “Grafica cadute su artefatti che appartenessero a un panorama riconoscibile
è spesso sottolineato e valorizzato nella documentazione recente. d’avanguardia”, dedicate dunque ad esibire esperienze nel campo dal visitatore, che poteva così cogliere quello sforzo che altrimenti
Un primo punto da analizzare è la questione del rapporto del visivo che hanno contribuito a definire il gusto del progettista, è difficile percepire.
con la pubblicità. Si osserva come all’interno delle mostre che vanno così a spiegare al pubblico l’origine di quello che gli Milano è la città assoluta protagonista di questa rassegna,
della prima metà del Novecento fosse assolutamente presente è mostrato. Sezioni di questo tipo non sono più presenti nelle mostre sono rarissime le eccezioni. Quella di Roma del 1936, significativa
e le venisse dedicato molto spazio. La pubblicità veniva considerata seguenti, che si concentreranno invece nella produzione presente della presenza fascista in Italia, quella di Padova, che si giustifica
una delle manifestazioni principali di questo tipo di linguaggio e passata e strettamente grafica, senza portare ulteriori riferimenti. con la sua correlazione alla Biennale di Venezia, quella di Cattolica,
e dunque compresa tra le aree d’azione della grafica. Presentata L’inserimento di approfondimenti del genere accanto alle mostre di che era dedicata alla grafica di pubblica utilità, e infine il festival
nella Triennale del ‘33 più come propaganda, ruolo importantissimo grafica può anche significare che venisse percepito un legame o una di Trevi del 2006. Questa tendenza non è che un riflesso della realtà
all’interno del regime fascista, nel ‘36 addirittura un’intera mostra dipendenza rispetto alle altre discipline del visivo. Questo sentimento lavorativa: una Milano che dispone di risorse culturali ed economiche
è dedicata alla “grafica pubblicitaria”, riconosciuta come linguaggio si dissolve con il tempo grazie a una definizione più consapevole che nutrono l’ambito del graphic design.
distinto da pittura e disegno. Nel 1940 viene inserita nella Triennale dell’area del graphic design e della professione, che ha meno bisogno Concludiamo con alcune riflessioni sulle mostre più recenti,
con la definizione “propaganda di massa”, fino ad arrivare al 1951 di spiegarsi in relazione alle altre, ma possiede delle caratteristiche per tentare di capire la direzione che si è presa negli ultimi dieci anni
in cui la pubblicità è il tema principale. Le viene addirittura attribuito e una ricerca proprie. nel comunicare l’immagine del lavoro del graphic designer. Si nota
un ruolo educativo nei confronti del gusto del pubblico, qualcosa L’osservazione delle categorie all’interno delle quali si inserisce subito che le recentissime Millennials e Signs sono state allestite in
che occupa una posizione di rilievo sia all’interno della società la produzione del graphic designer sono forse l’aspetto che dice contesti piuttosto informali: si tratta di spazi non prettamente museali
che nella “gerarchia” della produzione visiva. Con la mostra del 1954 di più sulla formazione della professione e la sua cristallizzazione. e normalmente aperti ad iniziative di tipo molto diverso. In ogni caso,
questa considerazione positiva scema, mentre si comincia a pensare Le mostre di grafica che sono state analizzate qui sono molto da Spaghetti Grafica 2 in poi, le mostre sul graphic design non
che la pubblicità abusi dello spazio della città e realizzi inquinamento spesso organizzate attorno a uno o più temi esplorati grazie al lavoro si sono spostate da Milano. Si incoraggia anche una certa interazione
visivo. Ha un tono di denuncia anche la Triennale del ‘57, ma questa di diversi autori. Se nelle prime fasi di questa storia la presentazione con i materiali in mostra, un avvicinamento dello spazio tra designer
volta oltre che la pubblicità persuasiva si critica l’ubiquità della dei lavori ruotava attorno a poche e vaste categorie (stampa, e pubblico, aspetto che difficilmente si trova nelle esposizioni del
produzione grafica in generale. Lo spazio dedicato alla pubblicità pubblicità/propaganda), in seguito si scomporranno nel dettaglio. passato. L’organizzazione e la struttura delle mostre, come già detto,
in questa occasione è notevolmente ridotto ed è presente solo Già nel 1940 si trovano sezioni dedicate alla rivista e al libro. Nel 1951 sono soprattutto autoriali. Millennials selezionava i progettisti con
nel ristretto caso degli annunci pubblicitari in bianco e nero, si aggiunge la categoria degli allestimenti, ambito di grande successo un criterio generazionale e ne presentava la produzione, Graphic
ai quali è riconosciuto uno sforzo particolare nel trovare soluzioni per i designer italiani di quegli anni. Nel 1957 si strutturano sezioni Design Worlds e Signs tra singoli e autori dedicavano ad ognuno
visive attraenti nonostante i limiti del caso. Da questo momento ancora più particolareggiate, che sono ancora oggi familiari: marchio, uno spazio autonomo dagli altri. TDM5 si è occupata invece
la pubblicità comincia a sparire, con qualche eccezione. Nel 1981 annunci pubblicitari, quotidiani, libri, grafica d’avanguardia. La mostra di raccogliere la produzione in aree che con convinzione definiscono
la mostra Il progetto grafico era complessivamente dedicata alla della Società Umanitaria del 1981 è forse quella che in maniera più cosa ha fatto e può fare il designer italiano. Poster, pubblicazioni,
comunicazione con larga diffusione, dunque la pubblicità poteva definitiva ha circoscritto gli ambiti di azione del grafico in una serie packaging le applicazioni più presenti. Gli oggetti presentati sono
essere un tema centrale, mentre è appare con un unico esempio. di sezioni che sono rimaste invariate addirittura fino alla mostra soprattutto commerciali e frutto di una committenza: ambiti come
Nel 2012 la ritroviamo alla Triennale, ma come rassegna degli esempi TDM5: Grafica Italiana del 2012. Comunicazione culturale/politica/ la ricerca o la sperimentazione non sono granché indagati. In generale
dei maestri degli anni ‘50 e ‘60. Questo fenomeno non stupisce, sociale, segnaletica, identità, pubblicità, packaging, caratteri, editoria, la produzione italiana sembra agire con modalità e in ambiti piuttosto
è in linea con l’allontanamento del graphic designer dal mondo della audiovisivo, allestimenti. TDM5 rappresenta in realtà un’eccezione tradizionali. Graphic Design Worlds ha portato in Italia riferimenti
pubblicità. Da “mother of graphic design”, definizione che questo alle mostre degli ultimi anni, che tendono ad essere organizzate importantissimi nel panorama del graphic design internazionale,
percorso non fa che confermare, diventa appannaggio di un altro prevalentemente attorno a una serie di autori. Si nota come le e volutamente l’ha separato dagli esempi autoctoni, realizzando così
settore. Di conseguenza sparisce anche all’interno delle varie sezioni definite nelle mostre della prima fase di questa storia siano se non una vera gerarchia, di certo una separazione fra il livello degli
rassegne che fanno il punto sullo stato della grafica in Italia: è un a carattere disciplinare; si parla cioè di categorie di artefatti (libri, stranieri rispetto a quello dell’Italia.
campo non più di competenza del graphic designer e che produce riviste, caratteri, manifesti) e non di aree tematiche affrontate magari
risultati nei quali è difficile trovare un valore per lui interessante. con media differenti. Le mostre degli anni 2000 invece si strutturano
Un altro tema che trovava posto in queste esposizioni, e che tendenzialmente attorno a degli autori che si presentano attraverso
poi va scomparendo, è quello strettamente legato alla stampa, dunque i loro lavori, o che affrontano una tematica definita dal curatore.
alle industrie tipografiche di qualità. Anche questo è comprensibile: Questo si potrebbe attribuire forse a un’assimilazione delle categorie
sia produzione che progettazione grafica erano legate al mondo nei quali è naturale operare per il graphic designer e un bisogno
della tecnica, con la conseguenza che era faticoso distinguere i diversi invece di far conoscere chi c’è dietro a questo mestiere.
contributi. “Arti grafiche” è in effetti una denominazione ancorata Una caratteristica fondamentale delle esposizioni
al mondo dell’artigianato, che verrà portata avanti per diverse edizioni è quella di essere un formato di condivisione della conoscenza,
della Triennale. Gli oggetti presentati nelle prime mostre di questa atto a mostrare dei mondi all’esterno dell’area naturale in cui vivono.

56 LE MOSTRE SULLA GRAFICA


E LA DEFINIZIONE DI UNA PROFESSIONE
57
Indagine
2
2.1 Lo studio grafico

Lo studio professionale, nel momento in cui ho iniziato questa ricerca, di materiali e strumenti, tra cui ingombranti tavoli di disegno che e dal suo Studio, ha avuto il potere di realizzare una serie 1 Shaughnessy, Adrian, The graphic
mi appariva come la forma di organizzazione fondamentale all’interno rendevano i designer delle piccole isole indipendenti.5 I computer di consuetudini (alcuni linguaggi, il concetto di “studio”, di “problem design studio: real estate, psychology
and creativity, in Studio Culture,
del panorama del graphic design contemporaneo. Una ricerca resero invece realizzabile l’idea che uno studio possa essere solving”) che sono state prese per assodate e si sono dunque a cura di T. Brook e A. Shaughnessy,
sulla situazione italiana attuale mi sembrava dovesse partire con formato solo da un tavolo a cui sedere fianco a fianco. Questo aspetto consolidate nell’approccio alla disciplina,11 a cui si guarderà ancora Unit Editions, London 2009, pag. 13
un’indagine a tappeto su quello che era dunque lo zoccolo portante influisce parecchio sulle relazioni fra le persone, dunque sulla vita nei decenni successivi.12 Dopo l’esperienza di Boggeri cominciano 2 Shaughnessy, Adrian, The graphic design
studio: real estate, psychology and
di questa professione. Gli studi, ai miei occhi, sono l’espressione del gruppo e sullo studio. Lo spazio fisico dello studio è oggigiorno a sorgere molti altri studi, affiancati dalle ingombranti agenzie creativity, in Studio Culture, cit., pag. 13.
ideale della grafica come professione e lavoro. Lo studio si definisce addirittura messo in discussione: è possibile lavorare senza aver pubblicitarie,13 che saranno un elemento fondamentale per 3 Shaughnessy, Adrian, The graphic design
in un gruppo con identità e principi suoi, che decide di progettare bisogno di un ambiente comune. I mezzi di comunicazione, Internet ridefinire la posizione dello studio grafico. studio: real estate, psychology and
creativity, in Studio Culture, cit., pag. 12.
insieme, basando la responsabilità di ciò che viene prodotto in primis, permettono di collaborare via etere. Questa modalità riesce Qualche decennio più in là un altro studio, molto diverso,
4 Shaughnessy, Adrian, The graphic design
sulle persone che lo compongono. Non nascondo che un certo grado ad andare incontro ad esigenze personali e scelte di vita dei lavoratori. alzò l’asticella: Unimark. Certo italiano d’origine e non in toto, studio: real estate, psychology and
di fascinazione naïf verso questo tipo di realtà ha probabilmente Nuovi format e modelli di studio si svilupperanno in conseguenza il successo fu soprattutto in Nord America e lo spirito era fortemente creativity, in Studio Culture, cit., pag. 15.
5 Shaughnessy, Adrian, The graphic design
influito sulla mia scelta, “fondare uno studio” è il sogno di molti. ai cambiamenti tecnologici e culturali della società. Ad oggi, internazionale. L’ultima sede a chiudere fu però quella di Milano,
studio: real estate, psychology and
Lo studio rappresenta inoltre un obiettivo per chi cerca lavoro, non la dematerializzazione dello spazio di lavoro è una realtà, ma realizza nel 2000. La società nacque dalla mente di Massimo Vignelli, che creativity, in Studio Culture, cit., pag. 16.
c’è bisogno dell’ambizione di avere il proprio per sperare di farne parte. ancora problematiche logistiche che non rendono facile questo tipo ebbe l’astuzia di avvalersi della collaborazione di Ralph Eckerstrom, 6 Experimental Jetset in Studio Culture,
Una delle ispirazioni per questa ricerca è proprio capire cosa succede di scelta. Uno studio grafico ha il potenziale di non essere il classico che possedeva una visione che andava oltre al mondo del design. cit., pag. 89.
7 Experimental Jetset in Studio Culture,
dopo la scuola: l’osservazione degli studi mi sembrava un buon luogo di lavoro, ma diventare un microrganismo con una sua delicata Questi personaggi rappresentano anche le due anime di Unimark cit., pag. 90.
punto da cui partire. Se l’ambiente e la realtà dello studio suscitano atmosfera nel quale è stimolante vivere. Lo studio può far crescere International: la sensibilità europea per il design e il fiuto americano 8 Origoni, Franco, Lo studio Boggeri:
una buona dose di curiosità fra designer e aspiranti tali, dal punto una sua cultura, che ha il potere di diventare una sorta di piccolo per affari e marketing. Nel 1965 il nucleo originario di fondatori era la grafica come spettacolo in Catalogo
generale XVI Triennale di Milano, Alinari,
di vista teorico invece, lo studio del designer è un ambiente che ha movimento, ovvero un modo di vivere e di guardare le cose del mondo.6 formato da sei designer (Vignelli, Eckerstrom, Noorda, Klein, Fogleman, Firenze 1982, pag. 132.
destato poca attenzione. La visita allo studio è sempre un’occasione Experimental Jetset si riconosce addirittura nel modello della band, Gutches) con background e capacità molto diverse, ma tutti di grande 9 Anceschi, Giovanni, Archetipi della
interessante, perché è affascinante vedere l’organizzazione degli un’unità socio-economica con una forte identità, che condivide alcune esperienza.14 La visione a larga scala fu una scelta ben precisa. seduzione grafica, in Studio Boggeri
1933 1981 a cura di Bruno Monguzzi,
spazi nei quali si esercita questo mestiere. Il mix di ambiente, persone, responsabilità ed opera in scala individuale.7 D’altronde, il gruppo Le grandi compagnie, ovvero i clienti più interessanti, non si fidavano Electa, Milano 1981, pag. 9.
produzione, lo rende qualcosa che va oltre al lavoro. Ma la letteratura e le persone sono l’elemento imprescindibile dello studio. Può essere dei piccoli studi di design. Bisognava invece proporsi al loro stesso 10 Anceschi, Giovanni, Archetipi della
che si è occupata di studiarne caratteristiche e implicazioni che ha gestito in modi disparati, essere composto da tre come da trenta livello per essere presi sul serio.15 Le sedi, a Chicago, Milano, New York, seduzione grafica, in Studio Boggeri
1933 1981 a cura di Bruno Monguzzi,
avuto nella pratica del graphic design è scarsa. La storia del design persone, operare in un’area come in un’altra, ma lo studio è sempre Detroit: in alcune delle città più moderne del mondo e nei palazzi più
Electa, Milano 1981, pag. 9.
è scritta attraverso i percorsi di grandi singoli autori, nonostante un’organizzazione collettiva con obiettivi comuni. Questo significa che belli e prestigiosi. L’identità Unimark partiva proprio dall’architettura 11 Anceschi, Giovanni, Archetipi della
l’immagine dell’individuo che lavora in un’isolata solitudine sia irreale il concetto di studio va oltre lo spazio fisico: è fondato sulle relazioni dei loro spazi e si proiettava attraverso i muri bianchi, i tappeti grigi seduzione grafica, in Studio Boggeri
1933 1981 a cura di Bruno Monguzzi,
romanticismo.1 Solo chi si occupa di progetti con un alto grado di fra le persone che ne fanno parte e su una loro condivisa identità. industriali, le vetrate,16 fino ad arrivare ovviamente
Electa, Milano 1981, pag. 11.
specializzazione, per esempio un type designer, può forse avvicinarsi Senza voler tracciare una storia esaustiva e scorrendo gli al linguaggio grafico uniformato della produzione. L’immagine dello 12 Pansera, Anty, La storia di un percorso,
a questo tipo di prassi. Per il resto, molti grandi designer hanno avuto ultimi decenni di storia italiana, due casi particolari saltano all’occhio. studio doveva essere universale, un’unica orchestra composta da in Visual design. 50 anni di produzione
assistenti e aiutanti che nel complesso formavano qualcosa di simile Lo studio grafico ha infatti in Italia una precisa e nota origine. grandi solisti. Le persone erano il grande valore di Unimark, un luogo, in italia, G. Illiprandi, A. Marangoni,
F. Origoni, A. Pansera, Idealibri,
a uno studio.2 Alcuni famosi studi del passato sono stati però in Il 1933 è anche in questo caso l’anno fondamentale e il protagonista una scuola, dove i designer affilavano i loro strumenti e li usavano per Milano 1984, pag. 17.
grado di costituire un mito, alternativo rispetto a quello dell’autore. è Antonio Boggeri. Dopo otto anni di lavoro presso la tipografia migliorare il mondo.17 Dietro a Unimark vi era una forte componente 13 Origoni, Franco, Lo studio Boggeri:
Pentagram, Unimark, GGK e Total Design sono esempi di nomi Alfieri & Lacroix, Boggeri conosce e approfondisce tutte le tecniche culturale, legata all’idea del movimento moderno, che un certo tipo la grafica come spettacolo in Catalogo
generale XVI Triennale di Milano, Alinari,
che sono finiti a rappresentare qualcosa di più che una semplice di riproduzione e stampa (tra cui la fotografia), esperienza che sarà di design (funzionale, ordinato, chiaro) potesse migliorare la vita delle Firenze 1982, pag. 135.
organizzazione fra associati. Uno spazio fisico, un gruppo di persone, fondamentale nella sua attività futura. Boggeri è interessato alle persone. Riuscirono a lavorare e trasmettere questa linguaggio 14 Conradi, Jan, Unimark International:
il lavoro che viene prodotto: questi i tre elementi da bilanciare attorno esperienze e ai dibattiti internazionali, sicché conosce la tipografia in tutto il mondo grazie a clienti di grosso calibro. Unimark era uno The Design of Business and
the Business of Design, Lars Müller
ai quali si gioca il successo di uno studio.3 Non esiste un modello moderna e l’arte d’avanguardia. Per questo motivo cercherà i suoi studio interessato al design, non alla pubblicità. Un design fatto per Publishers, Baden 2010, pag. 44.
unico di riferimento, osservando le storie di diversi gruppi emergono collaboratori fuori dai confini italiani, dove invece l’educazione durare, che offriva soluzioni visive chiare ed efficaci; tutto il contrario 15 Conradi, Jan, Unimark International,
anche le loro differenze. È sull’equilibrio o il disequilibrio fra queste si limita a preparare buoni stampatori. Boggeri si ispira al parigino della pubblicità, che cerca la sorpresa e la costante novità. Questa cit., pag. 43.
16 Vignelli, Massimo, Forward, in
caratteristiche che si decide il modo di portare avanti lo studio. Studio Lorelle, studio fotografico, per definire anche la sua attività distinzione fu difficile da far digerire ai businessman americani, ma
Unimark International, cit., pag. viii.
Considerando ad esempio l’aspetto dello spazio, il luogo professionale con questo nome, anche la B rossa fra due punti con il tempo riuscì ad introdurli a quei concetti di design coordination 17 Vignelli, Massimo, Forward, in
in cui si lavora può rispondere ad esigenze di diverso tipo. Otl Aicher neri arriva da Parigi, da Deberny e Peignot.8 Per Boggeri, uno Studio che divennero la base della corporate identity.18 Dal canto suo Unimark International, cit., pag. viii.
18 Conradi, Jan, Unimark International,
voleva uno studio nel quale fosse possibile rimanere in contatto visivo non fornisce solo progetti, ma prodotti finiti, seguendo l’iter della Unimark prese sempre in considerazione il marketing, imperante
cit., pag. 16.
costante con gli altri membri del gruppo: un’esigenza funzionale realizzazione dal bozzetto alla stampa, alla quale verrà sempre nell’approccio americano. Il ricordo di Vignelli è che Unimark fosse 19 Vignelli, Massimo, Forward, in
che porta ad avere uno studio composto da un’unica stanza. Vignelli prestata una particolare attenzione qualitativa. Non solo, le possibilità “la Mecca, il luogo dove bravi e giovani designer da tutto il mondo Unimark International, cit., pag. viii.
lavorava invece in un grande ambiente monastico, dove ogni cosa date dei sistemi di stampa diventano con Boggeri addirittura avrebbero voluto lavorare”.19 20 Anceschi, Giovanni, Il campo della
grafica italiana: storia e problemi,
era stata progettata da lui, un luogo quindi che lo rappresentava un linguaggio, quei “stereotipi grafici”9 tipici della grafica industriale Questi dello Studio Boggeri e di Unimark sono due tra i casi in «Rassegna 6 (il campo della grafica
appieno di fronte ai visitatori.4 La sistemazione degli ambienti, la italiana devono probabilmente molto allo Studio Boggeri. Lo Studio più rilevanti tra gli studi grafici del passato in Italia. Raccontano di un italiana)», 1981, pag. 8.
decorazione e l’arredamento dello studio possono essere dunque ingloba tantissimi degli esponenti maggiori del graphic design contesto in cui il concetto di studio, come la professione del grafico, 21 Conradi, Jan, Unimark International,
cit., pag. 48.
elementi dello spazio fisico su cui giocare per realizzare la propria di quegli anni e collabora con committenti importanti e diversificati, erano alle prime armi. Spiegare di che cosa ci si occupa, conquistare
visione, diventando così l’espressione di un programma. tra cui il regime fascista.10 La diversità delle proposte sarà la cifra la fiducia del cliente, presentarsi al suo livello, problematiche che
Un aspetto interessante da considerare è l’arrivo del computer, inconfondibile dello Studio, che attorno alla regia (oggi diremmo sono state affrontate da loro per primi e che forse, in minor grado,
che come sappiamo ha stravolto tanto il mondo della grafica quanto art direction) di Boggeri assumerà uno “stile” che ha fatto la storia si riscontrano ancora oggi. Le pratiche del contemporaneo non
la vita del designer, ma che ha influito anche sulla forma dello studio. della professione, tanto per la sua produzione grafica che per la sono che la somma di una serie di consuetudini del passato, che
In passato era necessario molto spazio per gestire una gran quantità strutturazione del lavoro. Il tipo di realtà messa in atto da Boggeri oggi paiono scontate, che hanno tracciato un cammino.

60 INDAGINE
Sala riunioni di Unimark International Milano nel palazzo settecentesco in via Santa Maria Max Huber, Pannello per Mostre, 1940.
Fulcorina a Milano. Da sinistra: Augusto Zanoni, Giovanni Galli, il manager amministratore
Mario Boeri, Gianni Maggioli, Bob Noorda, Luigi Losi, la segretaria Rosanna Ottieri, Cristiano “La formula dello Studio Boggeri è [...] un servizio che si orienta alla produzione stessa degli artefatti propagandistico-
Sironi e Salvatore Gregorietti, 1966. Foto di Aldo Ballo. comunicativi. Espressione della consapevolezza di questo orientamento è un documento di autopromozione dello
Studio, il quale presenta uno schema grafico a voluta che allude ai processi di interazione che coinvolgono i diversi
“Volevamo diventare una grande società di design, che avrebbe potuto trattare alla pari con prodotti progettuali. E la lista è davvero istruttiva: vetrine, cartelli, cataloghi, pieghevoli, marchi di fabbrica, carte da lettera,
le grandi aziende. Alle multinazionali non piaceva lavorare con piccoli studi di progettazione e anche manifesti e annunci per riviste. Non un solo termine astratto ma esclusivamente nomi di oggetti, di artefatti.
e noi non volevamo essere uno di questi. Volevamo essere una multinazionale del design.” 21 Il baricentro è decisamente spostato su un versante ce noi definiremmo oggi di visual design.” 20

61
2.2 Definizione dei principi

Addentrandosi a studiare la composizione del campo del graphic client service…) che realizzano una divisione di ruoli ben definita dalle
design contemporaneo è presto risultato che lo studio, soprattutto competenze specifiche di ognuno. Come conseguenza, possiamo
dal punto di vista fisico, non è più strettamente centrale. Il mondo dire che il team design è solo uno degli ingranaggi della macchina.
del lavoro è costellato, da una parte, di figure dinamiche che È organizzato nello stesso modo di uno studio grafico, ma al contrario
collaborano con diverse realtà, dall’altra di esempi in cui anche dello studio non si esaurisce lì ed è strettamente dipendente dagli
la collaborazione dichiarata fra designer avviene senza condivisione altri team. Questo, chiaramente, fa del design una parte del pacchetto
di uno spazio fisico. Questa caratteristica è un punto piuttosto tipico offerto al cliente. Il che vuol dire che la grafica è vista come un mezzo
dell’epoca contemporanea che, senza scendere in merito dei pro utilizzato per raggiungere degli scopi che non si accontentano
e contro di questa pratica, di sicuro possiede i mezzi tecnologici di risultati soddisfacenti nel territorio della qualità formale. Chi si
affinché sia possibile. occupa di graphic design in uno studio tende spesso a interpretare
Nell’elencare gli studi a cui mandare il questionario si è rivelata le questioni poste dal cliente attraverso il suo modo di vedere le
la difficoltà nel comprendere se alcune attività erano studi grafici cose, che deriva dai suoi interessi, la sua cultura, la sua formazione.
o più agenzie di branding, e in tal caso era insidioso capire se Inevitabilmente i progetti saranno sottoposti alle inclinazioni
mi interessava anche questo ambito. Da questa prima osservazione delle persone che ne fanno parte, assumendo così un valore
ho capito inoltre che faticavo a comprendere la vera differenza che potremmo definire “autoriale”. Anche chi sostiene di lavorare
fra i due e che, in particolare, non mi era chiara la natura dell’agenzia. esclusivamente in virtù delle necessità del committente, se non
Esistono inoltre una serie di realtà che operano in un territorio ibrido compie certe analisi che ne provino una certa obiettività, vi interferirà
fra i due, che rendono ancora più complesso fare delle distinzioni. sempre con un certo grado di soggettività. Questa caratteristica dello
Ho dovuto dunque cercare una serie di principi che mi aiutassero studio può essere vista come un pregio o come un limite, a seconda
a distinguere le aree, che sono stati soprattutto una scusa per delle visioni.
approfondire l’argomento. In questo contesto si parlerà di “agenzia”, L’agenzia si differenzia perché si propone a completo servizio
con questo termine si intende comprendere agenzie di branding del cliente e si impone di tralasciare decisioni arbitrarie. Il processo
e consultancy. Si parla quindi di “studio” nell’accezione classica di design deriva da studi di mercato precisi e metodologici. Analisi,
di studio grafico e di comunicazione, e di “agenzia” per tutto il resto. strategia e marketing sono la base per poi produrre una forma
La differenza fra studio e agenzia è assodata nel linguaggio e il suo sistema, che trasmettano e rappresentino i valori della marca.
dei graphic designer, ma nello stilare le caratteristiche discriminanti La fase di disegno arriva dopo alcune decisioni e osservazioni
dei due gruppi ci si rende conto che non sono cristalline e sono preliminari basate su dati estratti dal mondo reale dal team degli
complesse da definire. La mia ricerca nasce come votata all’area analisti, non è il punto di partenza del ragionamento. Il graphic design
del graphic design e degli studi grafici. I contatti tra i due mondi è una componente, un linguaggio per forza necessario, all’interno
però sono tanti, basti pensare a tutti i grafici che fanno consulenza, di un piano molto più vasto che considera aspetti che vanno oltre
collaborano o iniziano a lavorare con le agenzie dopo esperienze quelli visuali. Con questo, non si vuole negare che anche uno studio
lontane da questo mondo. In generale, l’agenzia non è più un grafico si occupi di considerazioni strategiche legate al mondo
ambiente snobbato da chi ha un’alta formazione in design. È risultato commerciale. Ma gli obiettivi del cliente dell’agenzia sono fortemente
dunque necessario sia dedicare un approfondimento al contesto legati al business, che eventualmente può utilizzare la grafica
dell’agenzia, dato il peso crescente che ha nella professione, sia di alta qualità per raggiungerli. In generale, l’agenzia è più propensa
trovare alcuni principi che differenziassero gli studi appartenenti a fare compromessi con il cliente. Uno studio può essere scelto
all’area di interesse di questa indagine. da un committente proprio perché al suo interno i progetti
La semplice descrizione che i componenti fanno della loro possederanno la sua firma. È questa intrinseca qualità che lo studio
struttura poteva essere un termine di selezione, ovvero il definirsi cercherà di difendere, perché è il suo valore più importante.
“studio” piuttosto che “agenzia”. In realtà è risultato che alcuni In conclusione, per “studio” qui si intende una struttura diretta
preferiscono la parola “agenzia” pur essendo quello che chiameremmo da designer, all’interno della quale il design è al centro dell’attenzione
“studio”, oppure usano entrambe le parole. È impossibile dunque e dell’offerta, con clienti dal piccolo al grande e che pone una sua
considerare solo questo aspetto. “firma” al progetto. Alcune strutture “ibride” sono state incluse, anche
Il lavoro delle agenzie incide moltissimo sul panorama se non soddisfavano tutte e quattro le caratteristiche.
visivo italiano, probabilmente più degli studi grafici professionali,
grazie a quelli che genericamente sono committenti molto grossi
e mainstream. L’impatto del progetto che esce dalle agenzie è per
questo in genere maggiore rispetto a quello degli studi. L’agenzia
possiede grandi clienti, è spesso dislocata su diverse sedi, costa
di più e solitamente non è fondata o diretta da designer. La struttura
delle agenzie è qualcosa di molto diverso rispetto a uno studio.
All’interno di un’agenzia l’organico è grande e complesso
e comprende figure con formazione diversa da quella del designer.
Spesso l’agenzia fa parte di un network con sedi sparse per il mondo.
Non solo la direzione è sotto la responsabilità di figure legate al
mondo del business, ma internamente vi sono diversi team (analisi,

62 INDAGINE
3 94/95 numero degli studi che hanno risposto
Provenienza degli studi  
alla domanda su un totale di 95

titolo della tavola


numero della tavola

TITOLO

Indagine: grafica in Italia nel 2018


PERIODO RACCOLTA RISPOSTE

15 maggio – 15 luglio
CAMPIONE

95 su 189 studi (50,2%)


I dati pubblicati nelle prossime pagine provengono da un’indagine
svolta attraverso un questionario Google Form inviato via mail
a 189 studi italiani, a partire dal 15 maggio 2018. La raccolta delle
risposte si è chiusa il 15 luglio. Nell’arco di queste settimane hanno
collaborato 95 studi, che rappresentano un campione del 50,2%
sul totale della popolazione. Il questionario non era anonimo: nome
dello studio e di chi compilava erano chiesti al principio. Le risposte
alle domande della prima parte, a carattere statistico e perlopiù
a risposta multipla, sono state considerate esclusivamente in forma
cumulativa. La seconda parte comprendeva invece domande aperte,
le cui risposte avrebbero potuto, dichiaratamente, essere pubblicate
collegate a un nominativo. Questo non è successo ad eccezione
dell’ultimissima parte, che consisteva in una domanda che proponeva
uno spazio aperto per esprimere dei pensieri sul tema del graphic
design in Italia.
La forma in cui sono presentati i dati vuole provare ad essere
snella ed intuitiva, pur rimanendo fedele alle informazioni di origine.
In alcuni casi si è preferito interpretare le risposte aperte
sintetizzandole in parole chiave ricorrenti, per rendere il dato
più visibile ed accessibile. L’ordine in cui sono presentate le risposte
non è quello originale del questionario, sono stati affiancati i temi
con la volontà di facilitare osservazioni e sollevare questioni.
Come spirito generale, il questionario vuole essere sia uno
strumento per la raccolta di dati utili ad aiutare una definizione
del panorama italiano, sia uno spazio per stimolare e condividere
riflessioni. Quello che ne risulta è un’immagine sicuramente
parziale e ristretta, probabilmente anche per motivi legati
al metodo e al campione in analisi. Questo studio non ha la pretesa
di essere esaustivo, ma di provare ad indicare alcune tendenze
del contemporaneo. Si tratta di una prima prova sperimentale, magari
in attesa che venga effettuata un’indagine più completa che abbia
a disposizione mezzi e metodologie adatti.

63
1 95/95 2 82/95 (selezione)
Studi che hanno partecipato all’indagine     Perché avete scelto la città in cui lavorate?

0–9
100km studio
H Heads Collective
R
RovaiWeber design
Nascita, posizione
strategia, qualità
della vita, conoscenze,
opportunità.
150UP Humus Design RPTR Collective
Vicina a Milano, • BOLZANO
Comodità.

A S
non troppo.

I
Si lavora bene, • GORIZIA
• BUSTO Unica possibilità, opportunità,
alto livello. Nascita, opportunità,
ARSIZIO amicizia, nascita, case editrici, Comodità, vicina • UDINE
circostanze, non scelta, stimolante, ad altre città, conoscenze, qualità
Artiva Design Ida. Identity Atlas Sartoria comunicazione
avanzata, fare, incontri, lavoro, relativamente della vita, flessibilità,
Ascionemagro IFIX Sebastiano Girardi Studio
Atelier790 obbligatorio, studio, accogliente. economica. non grande centro.
iknstudio SMV Studio Moretti Visani Nascita, caso, Nascita, ancora • TRIESTE
solid studio sperimentazione,
• MILANO • BRESCIA Nascita, per
Caso, vicinanza

B
molto da dire.

J
SPA! visual design non espatriare.
lavoro, affinità, qualità • VICENZA Comodità, • TREVISO
Studio Blanco • VERONA
Studio Fludd di vita, fermento, studio. nascita, Piccola, vita culturale di una
• TORINO
Basiq Brand Design studio FM milano connessioni, grande metropoli, nascita,
jekyll & hyde Nascita,
BCV associati Studio Iknoki vergine. contatti, la più bella del mondo.
Studio Kmzero nessuno come noi.

L
Bellissimo • PADOVA • VENEZIA
Nascita,
Studio Laura Moretti • MANTOVA
Burro Studio convenienza.
Studio Mango Tabula rasa.
• PIACENZA

C
Studio Over •ROVIGO
La Tigre Sugosugo Studio
lcd Sunday Büro
Leftloft Sūqrepubliq
Calibro Livrea Nascita.
• REGGIO EMILIA
Lavoro, dinamicità,

T
CamuffoLab LLdesign aperta, nascita. Nascita, comodità,
Capotondicomunicazione.com Lupo Burtscher • BOLOGNA motivi affettivi.
Carmi e Ubertis • RAVENNA

M
CH RO MO
Costariol Tassinari/Vetta Nascita.
Teikna design Mare. Nascita, qualità di vita, • FAENZA
Creativi Riuniti VIAREGGIO Ritmo di vita differente
The Visual Agency •
studio, a misura d’uomo,
Mauro Pispoli immagine The World of DOT da quello lavorativo. aperta, ricca di storia

D e comunicazione • LUCCA
Think Work Observe e arte, è bellissimo
Metodo studio Thomas Manss & Company passeggiare, si sta bene,
Mezzopieno Studio Serenità,
Tomomot famiglia, tranquillità.
D’Apostrophe Milleunomiglia Collective Tonidigrigio posizione centrale.
• FIRENZE • SENIGALLIA
DALLAS Multiplo tuta
Munari Design typeklang Amore, non c’è bisogno

E
muschi&licheni della grande città,

V
costa meno, qualità

eee
elyron
Emmaboshi studio
N NASONERO
Vertigo Design
VZNstudio
di vita, stimolante.
• JESI

Nerdo

F W
Nicola Miulli Creations Relazioni costruite,
nascita, non per

O
scelta, non lasciarla.
Factory42 • ROMA
We Meet Brands
ferrariodesign

Z
FF3300 Officemilano
Filippo Nostri

P
FIONDA
Friends Make Books
Frush, Design studio Zetalab
PANAMA Ottimismo, ritmi,

G
Parcodiyellowstone spazi, legami, affetti,
Pitis e Associati il cane è più contento. Mare, collegata bene,
Polystudio • ARIANO IRPINO
costa poco, clima
G&R associati

Q
mite, c’è tanto spazio
Giga Design Studio
[metaforicamente].
Giotto Creative Studio
• BARI
Graphic Opera
Gregorietti Associati QQO
gumdesign QZR srl

Città principale
del territorio.
• PALERMO

64 INDAGINE
3 94/95
Provenienza degli studi  

31 Milano
1 Brescia 3 Venezia 3 Bologna
1 Busto Arsizio 3 Padova 1 Faenza
1 Mantova 1 Genova 2 Treviso 1 Modena
1 Rovigo 1 Piacenza
1 Verona 1 Ravenna
1 Vicenza 1 Reggio Emilia

1 Bari

8 Firenze
1 Crespina
1 Lucca
1 Valdarno
1 Viareggio

3 Jesi
2 Senigallia
1 Pesaro

3 Trieste
2 Udine
1 Gorizia

6 Roma

2 Bolzano 1 Ariano Irpino


1 Trento 1 Caserta 6 Torino 1 Palermo

65
4 95/95 5 95/95
Anno di fondazione dello studio     Quanti uomini/donne hanno fondato lo studio?

1969
152 uomini su 89 studi

1980

1983
1984

1986
50 donne su 43 studi

1989
1991
1992
1993

1994
1996
1997 26 2 uomini

1998
1999 26 1 uomo, 1 donna
2000
2001 26
17 1 uomo

2003
2004 5 4 uomini

4,2% 2005
2006 4 1 donna
2007
4,2% 2008 4 1 uomo, 2 donne

7,4% 2009 4 2 uomini, 1 donna

5,2% 2010 2 2 donne


2011
6,3% 2012 2 3 uomini

6,3% 2013 2 5 uomini

4,2% 2014 2 uomini, 2 donne

6,3% 2015
2016
4 uomini, 1 donna

7,4%
3 uomini, 1 donna
2017
2018

66 INDAGINE
6 95/95 7 90/95
Quanti uomini/donne lavorano nello studio? Età media

167 uomini su 95 studi

165 donne su 95 studi

1 1+7
2+4
2%
3+0
32% 27% 24% 7% 4% 1% 1%1%
4+2
4+3
5+3
5+9
7+25
7+7
7+8
8+16
8+5
8+7
9+5
2 0+2
0+3
1+3
2+3
3+1
3+2
3+5
5+4
3 1+0 fasce di età

1+2 25–30 30–35 35–40 40–45 45–50 50–55 55–60 60–65


2+2
3+3
4 2+1
6 0+1
Min Media Max
7 2+0

25 34 62
12 1+1
24 0
numero di studi configurazione genere dipendenti

67
8 94/95 9 94/95
Come vi definite singolarmente? Preferite il lavoro collettivo o individuale?

designer
8,3% 16,7% 75%

55,3%

graphic designer 26,5%

creative director 23,4%

art director 21,7%

progettista grafico 20,2%

designer della comunicazione 9,5%

grafico 7,4%

altro 37,2%

Altro Individuale Collettivo

architetto
information designer
progettista
visual designer
excecutive producer
communication & interaction designer
operatore visivo
facilitatore Dipende (4)
esperto in sistemi di comunicazione Il lavoro è sempre collettivo (come minimo cliente + progettista)
design manager Entrambi senza distinzione
curatore Preferisco potermi confrontare con clienti e collaboratori

68 INDAGINE
studio
10 92/95 11 95/95
Come vi promuovete?   Come vi definite come struttura?    

69,1% Social network

37,2% Partecipazione a lecture,


conferenze, tavole rotonde

84,2%

agenzia
35,1% Partecipazione a concorsi

14,7%

collettivo 8,4%

28,7% Newsletter studio indipendente 16,1%

altro 12,6%

26,6% Organizzazione eventi

26,5% Workshop

32% Altro

Passaparola (11)
Contatto diretto (7)
In nessun modo (4)
Progetti spin-off
Mailing creativo
Invio calendario annuale
PR
Fiere di editoria
Accounting
Sito
Lavorando sull’affidabilità
Presentazioni dello studio studio di progettazione e consulenza
Facendo in modo che siano i nostri libri ad essere parola studio di design, comunicazione visiva e casa editrice

69
12 95/95 13 95/95
Di che tipo di lavori vi occupate?     Di che tipologia sono i vostri clienti?

brand, identity
29,8% 47,6% 22,6%

editoria
93,6%

83,1%

art direction 75,7%

packaging 60%

web, app 54,7%

wayfinding 48,4%

allestimenti 46,3%

interfacce 41%

illustrazione 40%

type 35,7%
Piccoli Medi Grandi

campagne sociali e culturali 33,6%

campagne pubblicitarie 30,5%

information graphics 28,4%

motion graphics 21% Design dei processi e dei servizi


Data visualization
curatela 18,9% Progetti artistici
Scrittura
prodotto 13,6% Progetti multi-linguistici
campagne politiche 7,3% Animazioni
interni architettura altro Progetti strategici
6,3% 5,2% 8,4%

70 INDAGINE
14 94/95 15 95/95
Lavorate con clienti non italiani?     Di che area/settore fanno parte i vostri clienti?    

79,8% 20,2%

arte e cultura 77,8%

editoria 62,1%

design, architettura,
arredamento 58,9%

alimentare, bevande 49,47%

pubblica amministrazione 41%

educazione 34,7%

moda, accessori, bellezza 34,7%

industria, manifattura 33,6%

no-profit 33,6%

tecnologia 27,3%

banche, finanza 25,2%

Sì No servizi professionali 25,2%

spettacolo 25,2%

artigianato 18,9%
ospitalità e tempo libero 15,7%

immobiliare 13,6%

chimico farmaceutico 13,6%


energia 12,6%
sport 12,6%
vendita al dettaglio 11,5%
sanitario 8,4%
trasporti 7,3%
altro Ristorazione, sociale, ricerca, pubblicità, fondazioni, centri commericali

71
16 75/95 (selezione) 17 94/95
Che cosa caratterizza il lavoro del vostro studio?     Avete un manifesto?

semantica
accessibilità funzione semiologia
63,7% 13,8% 6,3% 16,2%
analisi fusione
sensibilità
artigianalità geografia
senso del dovere
guidare
arte servizio
immediatezza
ascoltare sintesi
impatto
attenzione innovazione
intellettualismo
sistematicità
soluzioni
autorialità
sostenibilità
chiarezza interdisciplinarietà
sperimentazione
coding interpretazione No Altro Sì, ci riferiamo Sì, ne abbiamo
squadra
collaborazione linguaggi stampa
ad uno scritto uno

colore management stile


scritto da altri

community organizing materiali storia


competenza
complessità
metodo
minimalismo strategia
comprensione multidisciplinare su misura
concetto narrazione
contemporaneità necessità
tecnica
contenuto
cordialità
network
onestà intellettuale
tipografia
trend
crescita ordine
varietà
creatività
cultura
originalità velocità
organizzazione versatilità
cura passato vincoli
curiosità pragmaticità visibilità
design thinking professionalità
dettagli progettazione
dialogo processo
didattica produzione
digitale puntualità
disponibilità qualità
distinzione racconto
divertimento rapporti personali
ecologia recupero
educazione reinterpretazione
eleganza requisiti
empatia responsabilità

ricerca
equilibrio Una citazione di Albe Steiner
First Things First 1964
esigenze
First Thing First 2000
esperienza Carta del Progetto Grafico
riconoscibilità
estetica riflessione critica Canone di Massimo Vignelli
A further definition of synsemia
etica professionale rigore (Perondi, Romei)
forme rispetto
fotografia scientificità Abbiamo scritto un manifesto non ancora pubblicato.
Sono contrario ai manifesti.
In fase di definizione.
Più che manifesto, abbiamo scritto una lista
di capisaldi alla base della nostra metodologia progettuale.
Il manifesto è il nome dello studio.
La nostra metodologia progettuale.
Abbiamo un mission.
Sviluppo del pensiero critico di tutti i componenti dello studio.
Abbiamo delle idee condivise ma non le abbiamo mai
formalizzate in modo univoco.

72 INDAGINE
simple things and we believe in a world where a multidisciplinary perspective and through
First Heads, Then Hands. communication is effective when it is direct. a cultural sensitivity and a pragmatism that
— Heads Collective We build identity systems combining process aim at perfectionWe have learned that every
and research, in order to create comfortable activity of the Studio must be carried out in
Crediamo nel potere delle idee, nel metodo and customized outfits able to evolve. collaboration with customers, paying attention
e nella cultura. — tuta to details and to the different interlocutors
— FF3300 and stakeholders. The rigorous methodology
Noi sottoscritti siamo progettisti grafici, and planning of the Studio ensures the “quality
1. RI-PENSARE direttori artistici, lavoratori e comunicatori control” of the different activities of integrated
Valutare con attenzione l’intero ciclo di vita visivi, cresciuti in un mondo in cui l’apparato design. Taking action on several fronts means
e l’impatto ambientale di ciò che si progetta, pubblicitario e le sue tecniche ci sono stati offering customers an unambiguous and not
avendo sempre come obiettivo la massima insistentemente presentati come l’uso più altered overview.
qualità e la durevolezza. remunerativo, più efficiente e desiderabile — Nicola Miulli Creations
2. RISPARMIARE ENERGIA dei nostri talenti. Molti professori ed esperti
Utilizzare energia proveniente da fonti del settore promuovono e diffondono questa tonidigrigio.it/it/folio.html
rinnovabili e ridurne l’impiego sia nella fede che è premiata dal mercato e divulgata — Tonidigrigio
progettazione che nelle da una marea di libri e pubblicazioni.
attività ad essa connesse. Spinti in questa direzione, i grafici usano le loro We meet Brands is a design and branding
3. RIDURRE, RIUSARE E RICICLARE abilità ed immaginazione per: vendere cibo per agency founded and run by designers. We
Evitare sprechi selezionando con cura i mezzi, gatti, designer-caffè, diamanti, detersivi, gel collaborate with forward-looking businesses
i formati e i materiali. Semplificare riducendo per capelli, sigarette, carte di credito, scarpe da that have lasting value and contribute to
gli interventi a quelli effettivamente necessari tennis, tonificatori, birra leggera e fuori-strada. a better world. We believe in hard, honest work.
(es. nel packaging). Riutilizzare l’esistente Il lavoro commerciale è sempre stato redditizio Branding with us is about people, relationships
per creare qualcosa di nuovo. Quando e molti grafici finiscono per fare unicamente and common sense. We believe in Brands that
non è possibile, impiegare materiali riciclati, pubblicità. È così che il lavoro commerciale are people-focused and who appeal to the
eco-compatibili e certificati. è diventato il modo in cui il mondo vede il nostro heart just as much as they do to the intellect.
4. LOCALIZZARE lavoro. Consumiamo tempo ed energia Through design we understand, image and
Lavorare con fornitori locali, in modo da ridurre nell’inventare la domanda di cose che sono construct, in order to help brands and people
al minimo l’impatto negativo del trasporto. inessenziali nel migliore dei casi. connect together.
Collaborare con coloro che condividono Per molti tra di noi non sta bene questa visione We help businesses and brands get started.
i medesimi valori in tema di tutela ambientale. del design. I progettisti che dedicano i loro We refresh and revolutionize existing ones for
5. RISPARMIARE DENARO sforzi soprattutto alla pubblicità, il marketing, growth. We bring to life products and services
Cercare soluzioni creative in grado di creare e lo sviluppo di marche stanno sostenendo and help our clients reach their goals thorough
valore per il cliente. Le tecnologie produttive ed implicitamente appoggiando un ambiente brand strategy and design thinking. In our
odierne non comportano costi aggiuntivi. mentale così saturo di messaggi pubblicitari experience, it’s the relationship between client
6. CONTAMINARE che sta cambiando il modo in cui il cittadino- and designers that makes the difference
Favorire la collaborazione tra professionalità consumatore parla, sente, risponde ed between good work and great work. That’s
differenti al fine di giungere a soluzioni creative interagisce. In parte stiamo tutti partecipando why our creative process is inclusive and
inedite, prodotte dall’incontro tra diversi saperi. alla stesura di un codice per la creazione co-operative. From the get-go we like to get
7. DIFFONDERE di un discorso pubblico del tutto riduttivo the whole team of client and designers around
Promuovere presso clienti, colleghi e fornitori e smisuratamente nocivo. the table, talking, sharing, brainstorming and
temi legati allo sviluppo sostenibile. Fare in Esistono iniziative e attività più degne delle creating.
modo che i progetti stessi raccontino la propria nostre abilità e del nostro talento nel risolvere — We Meet Brands
storia sostenibile in modo da coinvolgere problemi. Crisi ambientali, sociali e culturali
anche gli utenti finali. senza precedenti richiedono la nostra Branding Design Oriented, Brand 111
— Frush attenzione. Molti interventi culturali, campagne — Carmi e Ubertis
di marketing sociali, libri, riviste, mostre, attrezzi
01. Design for people first. educativi, programmi televisivi, cinema ed MANIFESTO DELLE 7 S
Our costumers or end users are not abstract altri progetti di design-informativo richiedono Intenti progettuali, 2009.
numbers. Design works only when it is urgentemente la nostra attenzione ed aiuto. SENSI
practised with real people Proponiamo un’inversione delle priorità 1. Siamo organi di senso. L’ascolto dei sensi
in mind. a favore di altre forme più utili, più durevoli e più introduce a vedere cosa appare sopra
02. Make it visible. democratiche di comunicazione - un mind-shift al sensibile:
18

Every step and output of the design process che si allontana dal marketing di prodotti, verso Connettersi al senso profondo delle cose,
is not only shared but made visible and l’esplorazione e la produzione di nuovi generi alla fonte degli affetti. Una polifonia di sensi.
understandable for everyone involved. di significato. Il dibattito si restringe; dobbiamo SEMPLIFICARE
03. Let stakeholders be part of the project. espanderlo. Il consumismo regna incontestato; 2. La semplicità aiuta a vivere meglio. Bisogna
Users and project stakeholders are involved deve essere sfidato da altre modalità e altre creare per ogni progetto degli spazi riservati
throughout the design and development ottiche, espresse, in parte, attraverso le lingue al silenzio e al vuoto (reale, formale). Fissiamo
Manifesti    

process, while we keep e le risorse visive del design. lo sguardo sugli aspetti essenziali. La quantità
a managing role Nel 1964, 22 progettisti hanno firmato l’appello nasconde la qualità.
04. Always prototype. originale che le nostre abilità fossero messe SIMBIOSI
Adopting an incremental and iterative process a disposizione di una causa più utile. 3. Essere in sintonia con gli enti naturali.
allows us to discover new opportunities and Nel 2000 altri 33 professionisti internazionali Ci impegnamo a ritornare ad una aderenza
refine products and services. We learn by hanno rinnovato questo appello. ai fatti del quotidiano, mettendo radici nel
doing. Con l’espansione esplosiva della cultura territorio. Osserviamo e ascoltiamo la natura
05. Reframe challenges. commerciale globale, il loro messaggio come esempio di progetto diffuso.
We constantly adapt and reformulate design è divenuto soltanto più urgente, specialmente SCUOLA
requirements without getting stuck on previous in Italia dove la commercialità nel nostro lavoro 4. Dedicarsi agli altri, all’insegnamento. Ma cosa
choices. Never stop improving. è molto più diffusa. Oggi rinnoviamo il loro insegnare? L’arte di osservare e di osservarsi.
— QQO manifesto in Italia nell’aspettativa che non L’impegno a stupirsi e a riconoscere la bellezza.
passerà un altro decennio prima che il suo SÉ
Lupo Burtscher è uno studio di persone che messaggio sia preso veramente a cuore. 5. Fluttuare verso un vero ben-essere
pensano, esaminano e concepiscono progetti — Friends Make Books da opporre al dilagare del ben-avere.
di design e comunicazione visiva per lo spazio Lentamente ricercare il proprio equilibrio.
pubblico e privato urbano, virtuale, editoriale, We believe imagination is the best tool SENTIRE
espositivo, ponendosi come mediatori tra idee for shaping the future 6. Guardarsi dentro e confrontarsi con
del committente e necessità del contesto, — Parcodiyellowstone le domande più profonde. Essere naturalmente
a partire dalla consapevolezza che ogni linea coinvolti.
tracciata è l’origine di un cambiamento. Noi di Mango crediamo in una comunicazione Pratichiamo una forma di attivismo
— Lupo Burtscher accessibile e immediata per tutti, interdisciplinare fatto di utopie, progetti,
fatta di immagini e parole. giardini, didattica. Troppe volte il sapere
IFIX è uno studio di design, progettazione — Studio Mango nasconde il sentire.
grafica, comunicazione visiva e casa editrice SEMINARE
fondata da Maurizio Ceccato nel 2007. IFIX Strategic projects and plans, generating 7. Riporre un seme e prendersene cura.
si occupa di progettazione grafica, illustrazione, creative visions and multidisciplinary design. Difendere la ramificazione. Diffondere il senso
design di libri, riviste, animazione, web. IFIX si Our work starts from observation, listening, di appartenenza e partecipazione.
pone l’obiettivo della massima cura progettuale research. Since we believe that brands are —muschi&licheni
attraverso un’artigianalità tesa alla riuscita living beings that evolve, while keeping their
dei singoli prodotti come unici e identificativi essence and interpreting changes. Before Siamo uno studio creativo per chi vuole
a misura del cliente. IFIX: Scripta Manent. conceiving a design or strategic project, we distinguersi.
— IFIX analyze the context and define the company — Factory42
strategy together with our customers. Design
We work on visual identity, book design and is project culture. Its variations are numberless
illustration. We spend each day studying and, starting from this assumption,
the best design process for creating simple, Nicola Miulli Creations deals with graphic
73

functional solutions. We mainly work on brand design, editorial design, product design,
identity, publishing and illustration. We like interior design, exhibition design from
19 77/95
Siete interessati a trovare uno spazio espressivo all’interno del lavoro?


75,3% 11,7% 13%

No Nì

Sì. (9) Sì ma non in senso autoriale o narcisistico. Il designer è un’interprete e inevitabilmente interpreta Sì anche se espressione personale è un termine che No. (3) Sì, ma non è una componente prioritaria.
secondo la propria cultura, la propria sensibilità, non si addice, siamo comunque legati a una tradizione
Sempre. (2) Sì, determinare il proprio stile è fondamentale. le proprie idee. L’importante è non anteporre e non di design “funzionalista” (con tutte le contraddizioni Ovviamente dipende dal cliente, ma in generale Non credo, ma nel contempo non credo
imporre se stessi allo scopo del progetto e le necessità che questo termine si porta dietro oggi). Ma all’interno cerchiamo di escludere il nostro gusto dalle valutazioni che ciò che esce da qui non abbia una sua impronta.
Certo. (4) È la sola cosa che può portare beneficio oltre del cliente. di questo “frame” diamo sempre una nostra visione in fase di progetto per un approccio oggettivo.
che a noi stessi ai nostri clienti. personale perché è l’unico modo in cui siamo in grado Naturalmente è inevitabile che la forza espressiva Sì e no. Il designer è sempre al servizio di un
L’espressione personale è il valore aggiunto di ogni Non crediamo sia possibile tenere fuori sé stessi. di progettare. Sotto il lavoro di un progettista c’è sempre individuale trovi in qualche modo la sua strada. committente. Diciamo che metto al servizio del cliente
lavoro. Cerchiamo spazi personali ma non attraverso un’interpretazione personale. le mie capacità progettuali. Nei progetti personali invece
i lavori commerciali, il desiderio è quello di dedicare C’è un altro modo? Comunicare è esprimere. Cerchiamo di non farlo per quanto possibile. sicuramente l’aspetto espressivo personale prevale.
Dipende dalla tipologia di lavoro. In generale sì. più energie di quello che riusciamo a fare ora. Abbiamo la fortuna di avere clienti dalla mentalità aperta,
Sì, dando il nostro punto di vista mantenendo che ci permettono di esprimere le nostre abilità e gusto Cerchiamo di trovare spazi espressivi nei progetti La domanda mi sembra faziosa.
Il lavoro non è scollegato dalla mia vita personale Quasi sempre, in quasi ogni progetto c’è una quota però sempre al centro i contenuti e il cliente. estetico. personali, non in quelli commerciali, come forma
come pensiero e valori. della nostra personale espressività. di rispetto per il cliente. Il nostro lavoro come studio Più no che sì.
Dedico molto impegno all’università, i committenti Sì, è una cosa che cerchiamo sempre di fare, perché consiste nell’usare le nostre competenze per aiutare
Certo per me è necessario. Certamente anche nel lavoro cerchiamo di trasmettere comunque ne beneficiano. per noi è importante come espressione della nostra il cliente a capire di cosa ha bisogno e a concretizzarlo, Quando possibile :-(
i nostri valori che caratterizzano lo stile dello studio. personalità all’interno del lavoro. in una sinergia in cui il designer si mette all’ascolto
Sì, in ogni lavoro pubblichiamo le rispettive relazioni Cerchiamo di mettere sempre la nostra personalità e non è certamente al centro del processo. Chiaro che Preferiamo realizzare progetti personali, senza
sulle piattaforme web e social. Certo che si, pensiamo che alla fine ogni lavoro all’interno di ogni lavoro. Il lavoro è sempre usato come pretesto per studiare. poi rimanere perfettamente oggettivi è impossibile: committenza, proprio per avere uno spazio espressivo.
parli un po’ anche di noi, ed è proprio per il nostro il design è sempre un po’ politico, come le persone che Nei progetti commerciali è spesso impossibile veicolare
Sì, è proprio questo uno dei punti cardine del nostro modo di vedere le cose che vorremmo ci venissero Sì certamente è il nostro obbiettivo principale. il processo progettuale e l’espressione creativa sono lo realizzano. L’espressione personale però deve sempre valori propri.
approccio al lavoro. commissionati i progetti. sicuramente influenzate dai nostri valori personali. fermarsi un bel po’ prima di prevaricare quella del cliente.
Sicuramente la componente personale è sempre viva, Non necessariamente.
Sempre. Cerco di interpretare i bisogni del cliente Sì, crediamo sia necessario. Quando si intende creare ed è ciò che caratterizza il lavoro di ogni designer. Progettare vuol dire sempre mettersi in gioco No, mettiamo al primo posto le esigenze
e fornire un servizio che sia appagante anche per la mia un ambiente di lavoro su misura alle proprie esigenze in prima persona. del cliente e i suoi obiettivi comunicativi. In ciascun lavoro inevitabilmente viene messa
ricerca personale. e al proprio approccio progettuale, si tende Si ritiene la ricerca e la progettazione i valori centrali in atto l’interpretazione personale di chi sta eseguendo
inevitabilmente a mettere una sorta di “firma” su su cui basare ogni progetto, finalizzando le soluzioni È inevitabile che qualcosa di noi si riversi nei progetti che No, lo consideriamo un lavoro. La nostra creatività il progetto. Sicuramente ogni agenzia o designer
C’è sempre la propria interpretazione in ogni lavoro. un lavoro. È importante riuscire a ritagliarsi una propria più adatte ad ogni committenza. si fanno, anche a livello inconscio. o ciò in cui crediamo li applichiamo al modo di gestire ha il proprio stile e le proprie modalità, che sono quelle
fetta di pubblico oggi. Ad ogni modo, sia che si tratti il progetto ma non sovraccarichiamo il lavoro che fanno sì che un cliente lo scelga tra altri. Crediamo
Certo. È il motivo per il quale mi piace fare questo lavoro. di un progetto indipendente o su commissione Dipende dal tipo di progetto, ma in generale credo che di aspettative. Inevitabilmente essendo progetti molto però che sia importante stare attenti a non far prevalere
Il nostro lavoro non è un atto meccanico. ci interroghiamo sempre sulle capacità comunicative l’espressione personale sia sempre percepibile. su misura rispecchiano il nostro modo di vedere le cose, troppo il proprio gusto o la propria visione su quello
Non credo si possa prescindere dall’esprimersi. da estrarre e potenziare, solo che con un cliente ma crediamo come altre professioni che richiedono che è l’obiettivo del lavoro o l’esigenza del cliente,
diviene più una riflessione partecipata e condivisa. Quando ci mettiamo al lavoro crediamo di poter un ragionamento dalla A alla Z su tutta la filiera. che rimangono il focus di un progetto.
Sì, è il nostro approccio ad ogni progetto. Non tentiamo quindi di imporre il nostro “gusto” estetico migliorare e rendere più interessante quanto è esistente.
ma cerchiamo di farlo piacere rendendo il più possibile Lo stile è una conseguenza di questo approccio che I nostri clienti ci rappresentano. Non tutti i lavori lo permettono, ma quando ce
Sì, ogni progetto ha la mia interpretazione (il più delle partecipe il destinatario del progetto. Nel nostro caso è molto pratico e funzionale, ma che al contempo mira n’è l’occasione la sfruttiamo.
volte, ovvero quando è possibile). è uno spazio espressivo che mette insieme quattro teste a realizzare qualcosa di visualmente bello. La bellezza
diverse, per cui lavoriamo per trovare il nostro “taglio” è qualcosa di importante e spesso viene sottovalutata.
Una volta un famoso grafico mi ha detto che il mio lavoro visivo.
sono come i miei figli. Beh, l’interpretazione della realtà è già di per sé stessa
Certo, cerchiamo di farlo con ogni lavoro e a volte una forma di espressione. Il ruolo dell’arte è sempre
Certo, crediamo che — in qualche modo — ne paghiamo il prezzo. Ma non siamo degli eroi e altre stato quello di rappresentare il mondo. Il nostro lavoro
il progettista della comunicazione sia un operatore volte accettiamo dei compromessi. è molto vicino a quello del pittore dei secoli passati.
culturale, e se questa funzione viene esercitata Guardare il mondo attraverso il proprio personale
in maniera consapevole può essere un’azione mutagena La risposta è sì a tutte le domande, solo che non sempre obbiettivo (non troppo obbiettivo in realtà).
rispetto al contesto, ed assumere quindi un valore ci riusciamo. È vero però che molti clienti li scegliamo
e un impatto sociale. anche in base alla loro affinità con il nostro modo Sì, e viceversa a trasferire nella pratica personale valori
di pensare. e conoscenze professionali.

74 INDAGINE
20 83/95
C’è qualche lavoro che rifiutereste di fare?  


Sì, direi no a... 95,2% 4,8%

valori politici diversi


valori etici non condivisi
politica in generale
sessismo
armi
razzismo
aziende o organizzazioni eticamente lontane
ciò che va contro la morale
discriminazione
ciò che va contro lo statuto etico AIAP
salvini
finanza
chi promuove arti di basso livello
compromessi restrittivi
destra politica
tabacco
nemici di classe
ciò che è contro l’ambiente
multinazionali
militari
nazisti
estremisti
criminali
chi esclude il dialogo
lavoro non pagato
iniziative contro il discorso della montagna
ciò che va contro la dignità umana
un’ideologia non condivisa
sfruttatori
persone che non apprezzo
chi crea conflitto di interessi
petrolio
omofobia
No
anti femminismo
misoginia
anti aborto
ciò che va contro i diritti civili
separatisti
fondamentalismo
condizioni lavorative non vantaggiose
antidemocratici
fascisti
ciò che va contro i diritti umani
pellicce
tutto ciò che deve succedere nelle due settimane centrali di agosto

75
21 82/95 (selezione) 22 92/95
Come si è costruita nel tempo la vostra cultura visiva? In Italia, in che scuola avete studiato?

AIAP mondo POLIMI 15,11%


altre culture
analisi mostre IUAV
ISIA Urbino
Accademia di Belle Arti 7,5%
9,3%
13,9%

architettura musica
IED Milano 5,2%
non-grafica
arte arte contemporanea
occhio critico
SPD
CFP Bauer
4%
3,4%
bellezza arte classica

osservazione
La Sapienza
de Chirico
blog POLITO 2,9%
Savinio
cartoni animati Free University of Bozen 2,3%
Magritte
passione
cinema
ISIA Firenze
performance UNIFI
città
collezioni
persone altri professionisti
NABA
IED Roma
1,7%

pratica quotidiana collaboratori Ca’ Foscari


concerti curatori IUSVE
punk
conferenze amici POLIBA 1,1%

confronto ricerca UNIBO


ISD Napoli
contemporaneità riviste Ray Gun Università Vanvitelli
sbagliare Label magazine UNIPA
copertine dischi UDP Reggio Emilia
scultura Dazed and confuse
cultura pop IED Torino

scuola
Wallpaper

curiosità seminari
Eye
i-D
UNIFE
IED Firenze
ACCA Academy
0,6%

design Print
dipinti sicilia UNIMC
skateboard Accademia di Comunicazione
discussioni
Domus Academy
disegno social network Società Umanitaria
droghe sperimentazione ILAS Napoli
emergenza storia dell’arte UNIPD
UNIPI
esperienze personali storia della grafica
Centrostudi comunicazione Roma 2,6% Bolzano
eventi stratificazione ISIA Roma
famiglia street style Quasar Design University 3,2% Napoli
fanzine
festival editoria
studio UNITS
UNIUD
UNIURB
4,5% Torino
tatuaggi
fotografia
Firenze
Dams
teatro
Scuola Internazionale di Comics 5,8%
fumetti tenacia Nessuno 2,3%
gli anni 80
tempo
tutto
televisione TV e video musicali
7,8% Roma
Urbino
illustrazione verifica Serie TV
informazione
viaggi

Venezia
insegnamento voglia di migliorarsi
11,1%
insegne
workshop
internet writing
investigazione

Milano
laboratori interdisciplinari

lavoro
19,6%

lettere

libri
logotipi
manifesti
marchi
milano
moda
35,2%

76 INDAGINE
23 73/95 24 79/95
Se avete studiato all’estero, in quale paese? C’è stata una figura importante nel corso della vostra formazione?

46,6%
1,3% AG Fronzoni / Achille Castiglioni / Alan Fletcher /
Albe Steiner / Alberto Lecaldano / Alfred Hohenegger /
5,4%
Andrea Braccaloni / Antonio Giancontieri / Antonio Romano /
Bruno Munari / Carlo Vinti / Chris Rocchegiani / Daniel
6,8%
Eatock / Daniela Piscitelli / Daniela Rossi / David Carson /
David Quiles Guilló / Designers Republic / Donato Ricci /
Ed Fella / Enrico Camplani / Enzo Mari / Erik Kessels /
Erik Spiekermann / Fortunato Depero / Francesco Cavalli /
Francesco Messina / Giacomo Callo / Gianluigi Pescolderung /
Gianni Sinni / Gillian Crampton Smith / Giorgio Camuffo /
Giovanni Anceschi / Giovanni Lussu / Grapus / Jonathan
Barnbrook / Karel Martens / Leo Lionni / Leonardo Sonnoli /
Linda Van Deursen / muschi&licheni / Louise Fili / Luca
Ballarini / Luciano Perondi / Marcello Minale / Mario Piazza /
Massimo Dolcini / Massimo Pitis / Massimo Vignelli /
Maurizio Nannucci / Mauro Bubbico / Michele Provinciali /
8,2% Michele Spera / Milton Glaser / Narciso Silvestrini / Oliviero
Toscani / Paolo Altieri / Paolo Ciuccarelli / Paolo Di Vita /
Paolo Tassinari / Rainer Maria Rilke / Raymond Queneau /
10,9% Rem Koolhas / Roberta Manzotti / Roberto Boni / Salvatore
Gregorietti / Salvatore Zingale / Wolfgang Scheppe /
Sergio Menichelli / Silvia Sfligiotti / Stefan Sagmeister /
Stefano Colombo / Tibor Kalman / Tomato / Vincenzo
12,3%
Scarpellini / altro

Nessuno di noi ha studiato all’estero

Compagni di corso / Ex capi / Ex colleghi /


Ex docenti / Mio nonno / Nessuno in particolare /
Non persone, esperienze / Uno studio di Oslo

77
25 93/95 26 91/95
Avete lavorato all’estero nel corso della vostra carriera?   Per quanti anni avete lavorato in media prima di aprire lo studio?

50,5% 49,5%

19,7% 0–1

10,9%
1–2

12%
2–3

12%
3–4

18,6%
4–5
No Sì

26,3%
5+

78 INDAGINE
27 77/95 28 94/95
Avevate un obiettivo all’inizio della vostra carriera?   Avete mai pensato di trasferire la vostra attività all’estero?

No. (2) Non lavorare per motivi puramente formali o estetici, Fare il grafico, che alla fine degli anni Ottanta era 50% 50%
non parlare solo ad altri designer. una rarità, non esisteva ancora il Politecnico di design
Mantenersi. di Milano e la grafica era sotto doppio sequestro
Collaborare con istituzioni culturali. di pubblicitari rampanti e architetti frustrati.
Rispettare sempre il progetto.
Per dirla con le parole di Steiner: Essere uno studio multidisciplinare.
Vivere della propria passione. “Diventare grafici che sentano responsabilmente
il valore della comunicazione visiva come mezzo che All’inizio non ci siamo posti veri e propri obiettivi.
Coniugare la qualità grafica con l’utilità sociale contribuisce a cambiare in meglio le cose peggiori”. Abbiamo iniziato a lavorare con l’incoscienza
e l’impatto commerciale. Abbracciare il digitale. Un obiettivo in itinere. di non sapere esattamente ciò che stavamo facendo.
Quello che sapevamo di sicuro era che volevamo
Volevo fare il lavoro che mi piaceva. Mantenere alta la qualità dei progetti. lavorare per noi e creare una nostra realtà.

Riuscire a tradurre visivamente ogni progetto, Ho sempre voluto firmare i progetti che facevo Design positive – qualità non solo del risultato
correttamente. Sperimentando. per questo è nata l’esigenza di aprire uno studio. ma anche del contesto lavorativo e delle condizioni
generali della giornata lavorativa.
Fondare uno studio un network di persone. Rimanere creativi.
Volevamo essere indipendenti e trovare clienti
Comunicare. 1. Lasciare un segno. in grado di apprezzare la professionalità e la qualità
2. Che lo studio sopravvivesse ai suoi soci. che siamo in grado di offrire.
Lavorare per qualcosa in cui crediamo. Progetti, 3. Ah, sì, cambiare mondo!
committenti e prodotti. Essere progettisti e imprenditori consapevoli
Restare indipendente. e motivanti.
L’obiettivo all’inizio non era molto chiaro. Credo fosse
quello per cui sto ancora lavorando: creare un piccolo Lavorare in maniera tranquilla senza l’ansia milanese. L’aspirazione è sempre stata quella di poter mettere
studio con una clientela sensibile ai tempi del design. su e portare avanti un proprio studio personale.
Contribuire a migliorare il mondo, lavorare
Coerenza. con dedizione e passione. Ci sono stati tanti obiettivi a breve scadenza.
Il primo è stato quello di riuscire a vivere solo
Aprire il proprio studio. Di diventare un bravo artista. del nostro lavoro. Ora, a distanza di anni, gli obiettivi
sono differenti, come superare una certa soglia
Penso che il primo obbiettivo sia quello di non Essere competitivi e raggiungere un certo livello di fatturato oppure riuscire ad acquisire un
inseguire una crescita malsana preservando così di prestigio. determinato cliente. In questo momento tutti i nostri
la qualità dei progetti che seguiamo. sforzi sono concentrati sull’acquisto di una nuova
Sarebbe bello diventare riconosciuti a livello sede per il nostro studio.
Guadagnare. internazionale (sogno probabilmente banale
e un po’ abusato). Fare ciò che ci piace riuscendo a pagare le bollette ;)
Diventare il migliore (che potessi essere). se non dovessimo più fare cose che ci piacciono,
Crescere, professionalmente e culturalmente. faremmo tranquillamente e senza problemi un altro
Si, migliorare nettamente la qualità della È stata la spinta che ha reso i nostri progetti da acerbi lavoro meno stressante.
comunicazione delle aziende della provincia a sempre più maturi. Cercare di alzare sempre la
di Venezia e Treviso. qualità dei progetti, mischiando possibilmente i mezzi La ricerca all’interno della pratica professionale.
espressivi.
Ogni volta che avevo voglia di lavorare Fare ciò che avrei fatto comunque per passione,
per una tipologia di clientela mi arrivava. Continuare a imparare e seminare il dubbio. ricevendo un lauto compenso.

Divertirci. Prima di aprire uno studio, l’obiettivo era aprire Essere riconosciuti a livello internazionale come
uno studio. Dopo averlo aperto, l’obiettivo è riuscire una delle agenzie italiane operanti nel mondo della
Rispettare il libro. a tenerlo aperto. data visualization.

Raggiungere alti livelli qualitativi e di creatività Di creare uno studio che facesse della qualità No, nessun obiettivo a inizio carriera.
ove possibile, e migliorare attraverso il mio lavoro e dell’originalità i propri punti di forza. Lavorare con dedizione e umiltà.
la comunicazione in ambito sociale.
Raggiungere armonia estetica in ogni operazione Diventare un buon professionista.
“Stay small”. lavorativa.
Non chiudere nel giro di 3 mesi.
Aprire un mio studio. Avere un mio studio entro i 40 anni.
Trovare un equilibrio tra lavoro e vita personale. Sì No
Mantenimento qualità. Sopravvivere per almeno 3 anni.
Esattamente quello scritto sotto, portare il nostro
Aprire uno studio. Far bene le cose. modo espressivo all’interno del lavoro
su commissione, veicolare contenuti e non soltanto
Semplicemente riuscire a vivere del nostro lavoro Nessun obiettivo preciso, solo il sogno di poter forma.
partendo semplicemente da zero, riuscire a mettere un giorno scegliere le persone con cui lavorare
a frutto in modo autonomo quanto studiato. e i progetti interessanti a cui partecipare, rifiutando Essere libero, decidere io quale sfide affrontare.
Ma anche riuscire a lavorare con grossi clienti quelli che non fanno crescere. Il tutto mantenendo
in modo da riuscire a praticare il mestiere in modo una buona qualità della vita. Fare il lavoro che facciamo, bene e sempre meglio.
più intellettuale e sistemico.
Sopravvivere ai primi tre anni.
Lavorare con la nostra passione.
Fare il lavoro dei miei sogni, e non lavorare
Vivere felicemente. un solo giorno nella mia vita.

Lavorare in uno studio inglese. Fare questo mestiere sempre più ad alto livello
qualitativo.
Sull’onda dell’entusiasmo giovanile e anche
con non poca presunzione: migliorare il mondo? :-) Cercare sempre di vedere questo lavoro come una
passione, come quello che ci piace fare e non quello
Migliorare piccole cose. che dobbiamo fare.

79
29 89/95 30 77/95
Cosa è stato più formativo?   Qual è la cosa più importante che avete imparato lavorando?

52,8% 17,9% 23,5% 5,8% Ad aspettare. Fare il designer e gestire un’attività purtroppo sono Che è meglio fare le cose che fermarsi a parlare
due cose completamente diverse. troppo di come potrebbero essere.
Che in uno studio l’aspetto gestionale è importante
come quello progettuale e che è fondamentale La necessità di continuare a imparare. È complicato, servono tempi lunghi, compromessi
ritagliarsi del tempo per progetti personali e per la e più tenacia di quanto si pensi.
ricerca. Qui è molto personale. Che non si può e non
si deve mai smettere di imparare. Sembrerà retorico, A lavorare insieme a colleghi e committenti.
Che il lavoro cambia natura. ma è un mantra che mi ripeto continuamente.
Che non sempre la strada più semplice è quella giusta.
A gestione della relazione con il cliente. Il quando e con chi essere flessibili o meno.
Saper ascoltare (anche il peggior cliente ha qualcosa
Che ciò che disegno è il risultato di un processo, Essere fedeli a sé stessi, gestire le persone. da insegnare) e selezionare le persone per cui lavorare
che coinvolge tante persone (l’esperienza del cliente, (saper anche rifiutare, quindi).
le sue parole, la sua analisi, la mia analisi, la mia visione, La puntualità.
il suo feedback). Bisogna rendersi indispensabili. Sia che si lavori
L’80% della gente non capisce niente. Non si sa come dipendenti, sia che si lavori autonomamente.
Che non esiste solo il lavoro. nemmeno veramente cosa voglia dire grafica,
e molto spesso la lotta più grande è far capire che Che l’esigenza del cliente arriva prima di tutto
Credere in se stessi e non abbattersi mai. Inventarsi ognuno dovrebbe fare il proprio lavoro senza tentare e che un professionista sa superarla con una buona
sempre e sperimentare cose nuove e ricercare. di condizionare l’altro. analisi, ricerca e progettazione.

Che bisogna ascoltare. Abbiamo imparato a metterci in gioco, ad instaurare L’importanza di riuscire a capire (e rispettare)
nuove relazioni, possibilmente durature (non ci le differenze delle persone con cui lavoriamo
Ascolto e dialogo con l’altro. interessa chiudere il rapporto a lavoro finito). Abbiamo e di mediare in un’ottica collaborativa.
imparato la pratica del dialogo e del rispetto dei clienti.
Il rispetto per le persone che lavorano per me e con Abbiamo imparato a riservare attenzione ai dettagli Che il design è mediazione.
me, il dovere di fornire un servizio al meglio ma anche e progettare con consapevolezza. Abbiamo imparato
individuare con precisione le diverse responsabilità, a non demordere e a non arrenderci, perché la gente La precisione.
tra cliente, progettista e fornitore. non aspetta te per lavorare, e quindi devi raccontare
ciò che fai, l’impegno che ci metti, divulgando la tua Il lavoro.
A collaborare con altri e che non è bello lavorare pratica. Abbiamo imparato ad essere grafici, designer,
per dei clienti. esseri senzienti, amici, imprenditori di noi stessi ma Rispettare il fruitore del nostro lavoro.
soprattutto persone.
Che sono più le cose che non so di quelle che so. Che abbiamo appena iniziato ad imparare.
Il lavoro è lavoro, non è un passatempo per studentelli
Che è importante lavorare sulla propria azienda e non viziati. A fare scelte di senso, legate a motivazioni concrete
solo per la propria azienda. Correttezza e puntualità, e non al gusto personale. Ad essere sempre curiosi,
oltre a riuscire sempre a trovare sempre la soluzione La disciplina. informati e coerenti con le proprie idee e modalità.
originale a qualsiasi tipo di richiesta.
Che non c’è una cosa più importante. Che per fare questo lavoro la chiave è il dialogo
Il valore degli esseri umani, la necessità e il confronto.
di conoscere le regole, l’importanza della costruzione A imparare.
e manutenzione delle relazioni È fondamentale ascoltare il cliente.
Che la relazione con i clienti non è una relazione
Essere sempre curiosi e non accontentarsi mai, di servilismo ma una collaborazione basata sulla Rispettare i tempi, ottimizzare il lavoro nei tempi dati,
ove possibile. professionalità. Non sempre il cliente ha ragione. distinguere lavoro da amicizia.

Rapportarsi con le aspettative e le idee delle persone. La condivisione delle idee creative. Ho imparato ad ascoltare... E a guardare le cose
sempre attraverso differenti punti di vista.
Che ci vuole molta costanza, impegno e passione. Saper dire di no.
Che in team si arriva più lontano e infine la capacità Che non si smette di crescere e imparare,
e la voglia di mettersi in discussione. A capire le persone. e che bisogna ascoltare per poter offrire il meglio.

Serietà e rispetto. A guardare le cose a 340° (spero di arrivare a 360). Non ha importanza quante cose si vogliono fare,
l’importante è fare ognuna come se fosse l’unica.
Che oltre al lavoro, c’è tanto altro. Che bisogna mantenere una mente perennemente
aperta: il mondo è pieno di opportunità solo se le
Lavoro Istruzione Entrambi Altro Che serve molta umiltà e attitudine al pragmatismo. sai cogliere. (Non so se ho imparato davvero questa
cosa però).
Osservare.
L’importanza di essere imprenditori oltre che
Evitare la presunzione. progettisti.

Condivisione. La pazienza.

Che in ogni progetto si può mettere qualcosa di più. Lavorando ci si accorge quanto sia più importante
il percorso per arrivare ad elaborato finale che
Che si finisce oggi, ma domani si ricomincia. l’elaborato grafico stesso.

Che i progetti sono di chi li usa. Attenzione al dettaglio.

Umiltà. Che non si finisce mai di imparare.

Fare il grafico, presentare i progetti, Che ogni progetto è importante.


gestire il tempo e fare di conto.
A non guardare le mode.
Si imparano ogni volta cose diverse.
L’autodisciplina e l’organizzazione.
A fare il lavoro che ami. Dare spazio agli altri.

80 INDAGINE
31 60/95 32 82/95 (selezione)
C’è un cliente per cui non avete ancora lavorato e con cui sognate di lavorare? Come avete iniziato a lavorare? Chi è stato il primo cliente?  

Il prossimo 6,7%
freelance Amici (3)

No
Amministrazione pubblica (2)
Associazione culturale (2)
autoproduzione/ a.T.T. - Associazione Tumori Toscana

16,9% autopromozione Alessi


APS - Azienda di consulenza finanziaria.

Molti
Armani
studi grafici Arnoldo Mondadori editore
agenzia Artisti legati al mondo musicale
bora.La.
stage


Camuffo Lab
20,3% gara/concorso Chiara Sonda
CNA
università
Comune di Bologna (2)
studi d'architettura Comune di Bolzano e Vispa Teresa
progetto artistico Comune di Genova
aziende Comune di Venezia
Daab editore
Dolomiti Contemporanee
Etichetta discografica di Londra
Fanzine rock autoprodotta
Fedrigoni
Festival Cinema
Festival Internazionale di Andria Castel dei Mondi
Festival musicale
Fiasconaro
54,9% 16,9% ha indicato un'area 38% ha fatto un nome I club

cultura Nike
Il Manifesto
INDIRE
La Biennale di Venezia
moda
musei
MoMA La sinistra giovanile
Linus
prodotti naturali
manifattura
NASA Milano Expo 2015
Mondadori (2)
Olimpiadi Invernali Torino 2006
prodotto Vitra Orchestra da camera di Mantova
architettura
interior
Biennale di Venezia Organizzazione no-profit di giornalisti
OVS
teatro Penguin Pavan Group
compagnia aerea Piccole aziende del territorio
Real Madrid
Piccolo Teatro di Milano
Google Ristorante sushi.
Olimpiadi SIRAM
Intimissimi Una società di relazioni pubbliche
Fondazione Bonotto Sumo
Adult Swim Teatro Fondamenta Nuove
Tipografia Linari
Kraft Heinz Company
Triennale di Milano
Emergency Ultra Music Records.
Hermes Umbra
Wellcome Collection Un centro termale toscano
Fondazione Cariparo Un editore
Phaidon Un mobilificio
Un ristorante
Pirelli Hangar Bicocca
Un'azienda nautica
PAC (Milano) Una casa editrice
Brunello Cuccinelli Una rassegna cinematografica
Prada Uno studio di programmazione
Internazionale Football Club Uno studio/collettivo
Unesco Vitaminic
Yacht Club Portofino
Zambon
Zanichelli

81
33 94/95 34 95/95
Insegnate? Perché?     Continuate a studiare?

Io insegno come Esperto, perché voglio colmare tante Per restituire quello che ci è stato dato. 68,3% 14,8% 16,9%
carenze che ci sono nella scuola.
Perché necessaria forma di riflessione


Perché riteniamo importante contribuire con sul proprio lavoro.
la formazione e l’esperienza acquisita alla
preparazione degli studenti e perché è importante Perché no?
il confronto con loro per vedere le cose da nuove
angolazioni e assorbire nuovi stimoli. Perché permette di riflettere sul lavoro.

È uno strumento di apprendimento continuo che La passione per il lavoro svolto è così forte
alimenta la parte più interessante della progettazione. da voler essere trasmessa con ogni canale.
E poi si frequenta gente in gamba tra colleghi e allievi.
69,1% Passione.
Due di noi hanno avuto esperienze nell’ambito
dell’insegnamento. Siamo tutti convinti però che Facciamo piccoli workshop e tutoring perché
Perché il confronto con gli studenti è sempre insegnare rappresenta uno step importante nel nostro riteniamo importante raffrontarsi con gli studenti
interessante, e perché quando si insegna agli altri lavoro, per il confronto e la contaminazione con gli per arricchirsi e arricchire.
si insegna anche un po’ a sé stessi. studenti, e per la naturale crescita che ne consegue
quando si incontrano ragazzi che hanno voglia di Abbiamo voglia di continuare a crescere.
Per riflettere sul lavoro e avere un osservatorio su quel apprendere e mettersi in discussione nell’approccio
che i giovani vedono. ad un nuovo progetto. Si avverte un forte carico TI aiuta a ripensare il tuo lavoro da un altro punto
di responsabilità ma è decisamente un rapporto di vista.
Perché pensiamo che l’insegnamento sia stimolante e vivificante. Amiamo trasmettere la nostra
un’occasione unica per sperimentare e confrontarsi passione e visione del progetto e confrontarci con gli
con altre persone sulla nostra pratica. studenti sulle nuove modalità espressive nell’ambito
del design e della grafica.

No
Perché insegnamento è ricerca e sperimentazione.
Riteniamo la trasmissione del nostro punto di vista
Per imparare. faccia parte del ruolo del designer e aiuti a continuare
il nostro proprio apprendimento. 30,9%
Perché crediamo nella condivisione del sapere.
Per formazione nuove risorse.
Per poter sperimentare, insieme agli studenti, nuove Solo chi è davvero forte e con tanta esperienza può
forme di comunicazione. Per continuare ad imparare. insegnare.

Ci pagano tantissimo. Perché è interessante e paga bene. Non è mai capitata l’occasione.

Perché è divertente e perché ci pagano. Ci piace la condivisione e lo vediamo come Non c’è stata opportunità.
un momento di crescita anche personale.
Perché crediamo nella condivisione della conoscenza. Non c’è stata occasione.
Perché bisogna trasmettere ciò che ci è stato
È un ottimo modo per approfondire conoscenze, insegnato Non ancora, ci stiamo lavorando.
coltivare l’ordine, condividere saperi, decodificare gli
interessi delle nuove generazioni, ricevere ispirazioni. Quando ne abbiamo l’opportunità, lo facciamo Geografia, tempo e timidezza.
volentieri. Ci piace molto e ci permette di aggiornarci
Perché no? e ricaricarci con la miriade di stimoli a cui ti Abbiamo insegnato in passato, ma forse abbiamo
sottopongono gli studenti. poco da insegnare o spiegare, più che altro abbiamo
L’insegnamento è un’attività collaterale che aiuta una passione da condividere.
la professione, mantenendo vivo l’interesse nel Perché crediamo nella formazione dell’individuo come
confronto con le nuove generazioni. Trasmettere un crescita di una visione critica e responsabile del Tempo.
sapere ti “costringe” ad approfondire e ad un continuo nostro ambito.
aggiornamento. Perché non c’è ancora stata un’opportunità al
Per diffondere la cultura. riguardo.
Perché è un modo molto divertente per tenersi
aggiornati. È una dimensione importante per mettere Per ora ho fatto solo delle lecture.
alla prova un metodo e per testare delle dinamiche
Perché è un’esperienza estremamente positiva, di trasformazione creativa. Non è ancora capitata l’occasione.
sia per noi che per gli studenti. In più aiuta Sì No Altro
a mantenere il contatto con la contemporaneità Perché affronti le tematiche della progettazione da un Non c’è mai stata occasione di entrare in contatto
e ad allenare la mente. punto di vista diverso. Devi cercar di rendere chiaro con un consiglio di istituto od un direttivo di una scuola
quello che da progettista molte volte dai per scontato. provata.
Riteniamo sia una componente fondamentale del
percorso professionale. Per insegnare serve studiare. E lo studio garantisce Mancanza di tempo. (2)
crescita e qualità.
Per mantenere un rapporto con i giovani A parte qualche workshop attualmente non c’è tempo.
e mantenersi aggiornati. Perché il buon insegnamento della comunicazione
visiva è il primo passo per un miglioramento Perché pensiamo di essere ancora “in formazione”
Per il rapporto con gli studenti. qualitativo dell’offerta. Troppe scuole insegnano male e non all’altezza di poter insegnare, ma è una cosa
e con superficialità e questo ha immesso sul mercato che in futuro ci piacerebbe fare.
È la natura del lavoro che ci porta a essere chiamati in moltissimi “designer” poco preparati.
Master Universitari e presso scuole che si occupano Perché per insegnare servono capacità che
di Comunicazione visiva e Storia del Design. Per condividere con gli studenti l’esperienza diretta raramente si riscontrano in un professionista puro.
di un professionista.
È giusto. Perché dà soddisfazione. Perché ti costringe Abbiamo fatto alcune lezioni, ma mai corsi completi.
a studiare. Passione, ricerca. Nessuno ci ha mai chiesto di farlo.

Mi hanno chiesto di insegnare progettazione Per metterci alla prova e per veicolare contenuti Ho insegnato in passato. Al momento ci può capitare
di interfacce e lo trovo una cosa divertente e che mi che spesso lavorando non si riescono a portare avanti di tenere delle lecture ma non abbiamo un corso fisso,
permette di tenermi aggiornato. e a applicare. Per continuare a fare ricerca. perché non c’è stata l’occasione.

82 INDAGINE
35 79/95 (selezione) 36 93/95

tutto
Oggi cosa guardate? Vi dedicate a lavori personali senza committente?

84% 16%

internet
libri moda

musei, mostre
il passato
videoclip
cataloghi d’arte
musica
sicilia

arte
curiosità
liberato
nba
grandi aziende

riviste
libri fotografia
riviste anni ‘90
video

viaggi
graphic novel
attivismo femminista
insegnamento
collaborazioni

social
amicizie
collezioni
insegne Sì No

serie tv letteratura
conferenze

cinema workshop
natura

fotografia
cultura pop
storia dell’arte
teatro
eventi
tipografia
il mondo contaminazione
culturale
progetti di altri vernacolare
calligrafia
architettura
pubblicità
fumetti sigle televisive

83
37 92/95 38 87/95
Vi informate sulle attività dei vostri colleghi italiani? Riconoscete una corrente italiana nel graphic design contemporaneo? Perché?

85,9% 14,1% 81,6% 9,1% 22,9%

Sì No Altro

Minimalismo. C’è stata, ha lasciato qualche Meme,


Attenzione all’eleganza grafica, scarsa qualche Gene, qualche traccia...
capacità di concepire e produrre visual. Più che “corrente” riconosciamo delle
Finito il tempo dei monoteismi “mode”.
tipografici la grafica italiana Una corrente italiana non direi.
sta tornando ad una più marcata Credo che si stiano formando realtà
espressività visiva, una sorta locali molto interessanti.
di rinascita dello stile illustrativo
dei poster del disegno pubblicitario
Sì No dell’inizio del 900 rivisitato in chiave
geometrica e contemporanea.
Più che una corrente sembra
il comprensibile tentativo di allontanarsi
da uno stile moderno troppo In un mondo globale, anche
riconoscibile e spesso interpretato la grafica si sta globalizzando.
come banale. Ma a parte i risultati visivi La cultura visiva è globale.
credo che sia l’approccio metodologico In un mondo iperconnesso non
che oggi accomuna una parte della intravediamo più correnti artistiche
grafica italiana insieme all’ostinata relative ad un luogo geografico.
distinzione, tutta italica, che per fortuna
facciamo fra grafica e pubblicità. Perché in italia non si sono ancora
accorti che il modo di comunicare
L’estetica dell’ISIA è molto riconosciuta sta cambiando.
e riconoscibile.
Frammentaria.
Parlerei di corrente Europea.
Esistono diverse personalità
Ci sono correnti più locali che nazionali. in una situazione che sta ancora
Ancora poco riconoscibile. raggiungendo la maturità.

84 INDAGINE
39 79/95 40 72/95
Chi è oggi lo studio o designer di riferimento all’estero?   Chi è oggi lo studio o designer di riferimento in Italia?

Pentagram
Sagmeister & Walsh 13,9%
29,1%
Leonardo Sonnoli 40,2%

Experimental Jetset 10,1% studio FM milano 20,8%

Bureau Mirko Borsche 8,8% Leftloft 16,6%

Wolff Olins
2x4 6,3%
7,5%
Mauro Bubbico 15,2%

M/M (Paris)
Helmo
Tassinari/Vetta 15,2%

Spin Francesco Franchi 13,8%


Zak Group Pitis 8,3%
Mucho
Les Graphiquants
Studio Mut 8,3%
Milton Glaser Think Work Observe 6,9%
Paula Scher Tankboys
Mevis & van Deursen Polystudio
Karel Martens Armando Testa
OK-RM Nerdo
Lo Siento Ginette Caron
Lava Metodo Studio
Wim Crouwel Angela Morelli
DesignStudio Studio Folder
Atlas Silvio Lorusso
Brody Associates Luciano Perondi
Landor Paolo Palma
Studio Dumbar Giovanni Anceschi
Lust FF3300
Stockholm Design Lab Mousse
Chip Kidd jekill&hide
Sascha Lobe Undesign Angelini
David Pearson VIOLAINE & JÉRÉMY Graphic Thought Facility Pearlfisher Norm Piergiuseppe Molinar CCRZ
Mark Farrow Heydays Made Thought Interbrand Brian Roettinger Federico Antonini Illo
Edenspiekermann Manual Javier Mariscal RoAndCo Made by Six Sara Maragotto Formafantasma
Astrid Stavro Malte Martin Tony Brook Mucca Design John Morgan Studio Carmi e Ubertis CBA
Martin Venezky Fred Smeijers Hey Studio Anagrama Henrik Nygren Italo Lupi Aquest
Ian Anderson Thomas Castro Bruce Mau Studio Feixen IDEO Pierluigi Cerri Riccardo Falcinelli
Moritz Stefaner Jost Hochuli Balmer Hählen Bret Victor Gray318 Maurizio di Robilant Lcd
James Bridle Friedrich Forssman Slavs and Tatars Werner Jeker Louise Fili Giacomo Callo GraphX
Ludovic Houplain Dexter Sinister Spassky Fischer Hubert & Fischer Studio Spass Giovanni Lussu Design Work
studio fnt Will Holder John Maeda ILOVEDUST Paprika Landor Studio Blanco
Total Design Thomas Mattews Nicholas Felton Not To Scale City ID Camuffo Lab Dallas
Automatico Studio Socio Design Craig Ward Fantasy Interactive Mijksenaar eee Studio Temp
Peter Saville Saffron Buck Alain Le Quernec Nigel Holmes Francesco Valtolina Studio Tapiro
Philippe Apeloig Peter Mendelsund Giant Ant Ken Garland Gianni Sinni RovaiWeber
Clearleft Michael Bierut Golden Wolf Carin Goldberg Ditroit Lupo&Burtscher

85
41 94/95 42 91/95

AIAP
Essere italiani ha influito sul vostro modo di fare graphic design? Fate parte di un’associazione?

81,9% 12,7% 5,3%

29,6%

BEDA
4,3% 3,2% 2,1% 2,1%

ADI AGI ADCI TDC

NO
13,1% ACI SPD ADC ACTA AIGA ATYPL

62,6%
Sì No Altro

86 INDAGINE
43 81/95
Negli anni ‘50 e ‘60 i designer italiani erano un riferimento per tutto il mondo occidentale.
Che cosa è cambiato?

L’arrivo di Internet ha reso molto più labili i confini Il mondo. I designer italiani restano ancora in molti casi Con la digitalizzazione, l’attenzione si è spostata verso Il mondo stesso.
tra le nazioni, dando la possibilità di avere uno spettro dei professionisti di riferimento, piuttosto nel corso del il web tralasciando per un certo periodo la qualità visiva
molto più ampio sulla scena del graphic design a livello La profondità di visione, la cultura, il sapere artigianale. tempo non c’è stata la capacità di approfittare del livello dal punto di vista grafico. Semplicemente è cambiato il mondo.
mondiale e aumentando il numero e le tipologie eccellente di professionalità e del vantaggio derivato.
di riferimenti. Inoltre la globalizzazione ha portato Vari fattori: una mancanza di continuità con quella Il mondo. Oggi c’è Internet.
all’emergere di altri esempi di design in settori specifici, generazione, una rottura netta con il mondo della Quello che è cambiato per molti altri campi dove
dove non è per forza il riferimento italiano al primo posto. pubblicità (che per anni ha poi preso il sopravvento), eravamo riconosciuti negli anni ‘50 e ‘60. Siamo un po’ L’accesso alle tecnologie e agli strumenti ha abbassato Il rapporto tra il committente e il professionista.
la graduale perdita di ruolo rispetto e della sua stagnanti e poco aperti alla sperimentazione. C’è paura di molto la barriera d’ingresso di questa professione,
È arrivato Internet. monetizzazione rispetto al mercato. di cambiare. a discapito della parte formativa ed educativa. Lavoravano con prodotti e servizi commerciali rilevanti
per il panorama italiano (penso a Huber, Munari, Steiner).
Il contesto economico e il sistema di apprendimento. Le condizioni economiche e sociali sono cambiate sia Il sistema economico basato sulla nuova società Negli anni cinquanta e sessanta c’era ancora un
in Italia che nel resto del mondo, insieme al cambiamento industrializzata degli anni ’50. rapporto diretto con il committente e al designer veniva Credo che il mestiere si sia perso quando si è smesso
È cambiato il contesto in cui si lavora, che a sua volta del modo di fruizione di contenuti con l’avvento data una maggiore autonomia. Ora, a parte alcune di lavorare con le mani. Il computer ha appiattito i tempi
ha modificato il rapporto tra committenza e designer. di internet e della comunicazione globale. Oggi sono cambiate le dottrine, le credenze, il sistema nicchie, è tutto diretto e deciso dal marketing aziendale, e il pensiero è diventato a volte d’intralcio. Oggi si sente
La facilità con cui si accede ad informazioni e immagini dei valori sociali e culturali. È cambiato il sistema con risultati il più delle volte mediocri perché manca il bisogno di riaffermare il ruolo di consulente prima che
ha sicuramente aiutato il designer nello sviluppo Lo erano i designer di prodotto. La comunicazione produttivo e il sistema stesso di consumo. il coraggio di sperimentare. progettista.
del progetto, ma allo stesso tempo, questa facilità è sempre stata un po’ una cenerentola. E nel nostro E di conseguenza sono cambiati anche gli imprenditori,
di accesso alle risorse, ha diffuso la convinzione paese manca la cultura legata al visual design che con i designer avevano uno stretto rapporto. È cambiato il mondo: è difficile darti una risposta sensata Si è perso il coraggio di essere “diversi”.
che chiunque possa fare tutto. A volte questo porta da parte dei committenti e della società in generale. Pensiamo alla figura di Adriano Olivetti ad esempio. in 3 righe. Quel periodo era il dopoguerra ed era Di produrre qualcosa di diverso e geniale.
il committente a prevaricare sul designer, non È un processo abbastanza recente. Urbanista, ingegnere, imprenditore, scrittore, politico, una di totale fermento, è passata molta acqua sotto i ponti,
riconoscendone la professionalità. Non capendo figura di spessore che aveva una visione della propria è arrivata la globalizzazione, il digitale etc etc La tendenza si è invertita, la grafica guarda
che il know how principale è dato dall’esperienza, Computer impresa lungimirante nonché fortemente progressista per cui sono due momenti non realmente paragonabili. erroneamente al design olandese, inglese...
da un metodo di progetto, dal senso della composizione, e comunitaria. Una personalità che difficilmente
che non si può imparare su internet ma che si acquisisce Che siamo rimasti a quelli, ma nel 2018 si comunica possiamo ritrovare negli imprenditori contemporanei. Forse è sempre una questione di moda e si sono Internet ha cambiato e avvicinato il mondo, i social
con il tempo e la pratica quotidiana. Per fortuna non in modo diverso. Il design italiano era quello che noi oggi chiamiamo succedute altre professioni che esprimevano meglio oggi amplificano. Ma ritengo che ancora oggi l’Italia
è sempre così ma purtroppo succede. Questa modalità “Made in Italy”, termine glorioso ormai inflazionato, che le istanze della società in quel momento (architetti, chef, sia un punto di riferimento.
non ha sicuramente aiutato i designer in generale È cambiata l’Italia ed è cambiato il mondo. La disillusione sta letteralmente affossando i nostri tentativi di ripresa. influencer). Si è persa una comunicazione con gli altri
e quelli italiani in particolare, visto che in italia purtroppo di varia natura che regna in italia impatta ogni settore ambiti della società, sposando ambizioni troppo basse È cambiato il mondo, e non c’è stata consapevolezza
questo modo di pensare si riscontra più facilmente professionale, il design non è da meno. Non possiamo rimuginare sul passato, dobbiamo o troppo alte. della specificità “italica”.
che in altri paesi. Sicuramente poi hanno influito anche svincolarci da quel mondo e concentrarci su quello che
altre ragioni, legate all’economia del nostro paese che La cultura dominante. offre oggi la contemporaneità. Dobbiamo reinventarci. Beh, lo è ancora per il prodotto, per la comunicazione no. A differenza di paesi come la Svizzera e l’Olanda,
dagli ’50 e ’60 ad oggi ha subito dei forti cambiamenti, Partire dalla nostra tradizione per tentare in tutti i modi Io comunque non credo che negli anni ‘50 e ‘60 abbiamo seguito un po’ troppo il lavoro dei progettisti
non consentendo grandi investimenti da parte delle Sono troppi e poco professionali. di proporre qualcosa di nuovo, non false reinterpretazioni noi fossimo proprio il centro del mondo della grafica. esteri perdendo la nostra identità (una sorta
aziende nel design e nella comunicazione e portando di ciò che siamo stati.” Il merito ora di singoli individui committenti e designer. di globalizzazione visiva). Fortunatamente qualcuno
gradualmente ad un calo dell’attenzione e della cura La rottura dei “confini” ha anche aspetti uniformanti. (Che spesso tra l’altro erano svizzeri) È un po’ un’arcadia ha resistito.
su questi aspetti. Abbiamo smesso di riconoscerci una dignità che ci siamo inventati noi. Comunque se il merito
Globalizzazione, multi culturali, nuove tecnologie. era dei Munari, Steiner, Huber, Carboni, Lamm è evidente In generale tutta la cultura occidentale è in declino.
Non sapremmo dire cosa sia cambiato, perché È cambiato tutto. È cambiato il mondo e sono cambiate che è colpa nostra se non abbiamo saputo tenere alto A mio parere si tratta di un fenomeno dovuto
non lavoravamo allora. Possiamo però dire che oggi Il contesto è cambiato, ma l’Italia si è mossa lentamente. le persone. Nello specifico è venuta meno il livello. all’impoverimento implacabile dell’offerta formativa.
il nostro lavoro non viene considerato un mestiere la competenza tecnica e culturale dei progettisti Tuttavia il talento in Italia sopravvive e si sta evolvendo
progettuale (per il quale sono necessari studi, La maggior parte dei designer italiani che conosco di quell’epoca e la cultura imprenditoriale dei clienti. Senza andare nei dettagli pensiamo che questo sia in qualcosa che esce dai confini nazionali.
esperienza e conoscenze tecniche), ma una semplice hanno paura dei cambiamenti. Al loro posto è arrivato il marketing. il risultato di un decadimento generale del nostro paese,
“espressione artistica”, qualcosa che può essere a partire dalla fine dagli anni ‘80. L’esperienza degli anni La presenza/influenza di graphic designer stranieri
realizzato da chiunque “sappia usare Photoshop”. Gli imprenditori. La rete commerciale, culturale ed economica. ‘50 e ‘60 non è si è potuta più ripetere perché il contesto che lavoravano in Italia, il cambiamento della cultura
Ci sarebbe tanto da dire. economico e sociale è cambiato radicalmente. e in parte della committenza.
Tutto. Oggi fare comunicazione visiva non significa Come sopra, quando un paese rinuncia alla ricerca, Inoltre in Italia è molto difficile fare sistema per qualsiasi
In quegli anni i designer lavorano internamente alle più realizzare segni grafici e strette linee guida all’innovazione, e in generale si affida ad una mentalità settore, figuriamoci in un settore così frammentato Si è semplicemente esaurito un periodo di forte
aziende spesso “illuminate”, dove la ricerca e il processo di utilizzo ma gestire, attorno ad un nucleo di segni, non improntata “all’imprenditoria virtuosa”, gli effetti come il nostro. entusiasmo e ottimismo dovuto al boom economico.
erano importanti tanto quanto il prodotto finale. informazioni e valori “intoccabili” un flusso di immagini sono quelli che viviamo oggi. Di fatto, anche nel Una spinta innovativa che ha abbracciato tutti i settori
Ora non sarebbe più possibile. e idee che sappiano essere permeabili alle interazioni design, siamo un paese che segue il riferimento di altri Impoverimento economico, confusione sull’identità produttivi e creativi. Oggi più che farsi trasportare
senza perdere la propria voce. È quindi l’idea stessa di perché non siamo stati in grado di investire nei 3 punti nazionale e perdita dell’orgoglio. da un’ideale di rinascita, la sensazione è che ci stia
Abbiamo dato per acquisito questo status mentre “autorialità” che viene messa sempre più in discussione, fondamentali: formazione, innovazione e agevolazione avviando in maniera precipitosa verso il declino...
il mondo andava avanti, la globalizzazione digitale e non è detto che sia un male. delle nuove attività imprenditoriali. Difficile dare una risposta concisa. I tempi sono
ha fatto il resto. sicuramente cambiati. Tutto deve essere fatto più Cosa sia cambiato non sono in grado di dirlo, certo
L’investimento. Tutto!! velocemente, togliendo quindi tempo al ragionamento. è che le realtà italiane conosciute all’estero oggi sono
In quegli anni i designer cercavano di coniugare La nascita di molte scuole, poche delle quali valide, pochissime ma penso che lo stesso discorso valga
nello stesso progetto cultura, innovazione, eleganza Le aziende, la committenza, che non avevo come L’Italia è economicamente e politicamente ininfluente. ha immesso sul mercato un enorme numero di grafici, per moltissimi altri settori.
ed intelligente visione del futuro. Oggi crediamo unico fine ultimo il profitto. Si sentivano parte della magari tecnicamente abili, ma culturalmente mediocri.
che quest’ultima parte venga un po’ meno. ricostruzione del paese. E lo spirito del tempo in generale Ci sono molti più designer, ma ancora molti designer Poi c’è quello che chiamo l’effetto Mediaset. Il pubblico Non è cambiato nulla ed è proprio questo il problema,
è totalmente cambiato. Era un mondo più semplice da un italiani sono un riferimento internazionale (Francesco italiano, a partire dagli anni ‘90 in poi, è stato esposto perché si continua a guardare ancora il passato senza
certo punto di vista. Polarizzato e nel quale si prendeva Franchi). ad un immaginario visivo qualitativamente sempre più investire sul contemporaneo. È cambiato il contesto
una posizione tra le poche disponibili. Ora è tutto più scarso. La generazione che ora è la committenza è stata sociale, politico, economico e ad oggi è svuotato di ogni
liquido e mescolato. Nel frattempo tutti hanno avuto accesso a programmi cresciuta davanti ad un televisore che ha trasmesso potenza comunicativa, politica, sociale. Non si investono
di grafica abbassando la qualità del lavoro italiano. e trasmette programmi vuoti e visivamente molto brutti, soldi e non si da spazio alla ricerca. C’è un ritorno ad un
Che oggi più persone hanno modo di accedere pubblicità brutte, prodotti di cattiva qualità. classicismo e conservatorismo basta guardare a certi
ad informazioni e cultura. Anche oggi abbiamo ottime È cambiato il paese che ha espresso valori Di conseguenza l’abilità di riconoscere la qualità re-design di quotidiani e anche grandi brand che negli
scuole in Italia e possono creare un ottimo fondo e competenze diverse. è andata via via perduta. Dove c’è cultura c’è anche anni ‘50 e ‘60 hanno dato spazio proprio a quei grafici
culturale, ma ad oggi una persona, anche dall’altra parte amore per il bello. ora tornano ai vecchi marchi e alle immagini retrò.
del mondo, può essere un ottimo designer. Poi dipende Il mondo occidentale. E anche il mondo generale.
sempre da committente, possibilità, ambiente ecc. Credo dipenda dal fatto che non ci siano più confini Ce ne sono di più, ovunque. Siamo tantissimi.
La percezione si è spostata dalla progettazione e barriere fisiche e culturali.
Il mondo è cambiato! di sistemi alla rappresentazione estetica. La capacità di comunicare da parte dei paesi esteri
Sono cambiate tante cose. (nordici in primis) ha permesso di esaltare al meglio
Il mondo è globalizzato. Il mondo. Se ne potrebbe parlare per ore... le qualità di altri paesi

Non è cambiato niente, abbiamo ancora designer Il ruolo dell’Italia non è più centrale sia dal punto L’Italia ha svenduto la propria identità. Più concorrenza, meno professionalità e troppa
capaci. Stessa cosa non posso dire per la committenza. di vista economico che politico. Operiamo in una società superficialità. Oltre al fatto che numerosi ““creativi””
Sarebbe necessario a mio parere guardare meno globalizzata nella quale si sono attutite le differenze Il quadro economico, la formazione, il processo si fanno usare dal computer e non lo usano come
l’aspetto economico e più quello qualitativo/culturale. legate alla nazionalità. di progettazione e produzione. mezzo per esprimere la propria creatività.

87
44 89/95 45 42/95 (selezione)
Siete soddisfatti del ruolo del graphic designer in Italia?  C’è qualcosa che non ti ho chiesto e vorresti dire?

22,4% 5,6% 71,9% Rispondiamo tra 10 anni. Occorre rivalutare la professionalità del vero grafico.
— ascionemagro — gumdesign

La grafica ha rinunciato a progettare per il commercio. Non mi hai chiesto cosa si intende per “grafica italiana”.
— Basiq Brand Design — Think Work Observe

Mi piace che in Italia non ci sia uno stile definito e sento libertà A nostro parere l’Italia dovrebbe evolversi dal punto
di progetto più che altrove nonostante il mercato sia molto di vista della comunicazione in generale a partire
difficile e il ruolo del designer poco riconosciuto. dal committente.
— BCV associati — RPTR Collective

Confermo quello che hai già intuito, cioè che a scuola si parla Quale mercato oggi nel nostro paese? Con che numeri?
poco della relazione con il mondo del lavoro, trovo quindi molto È una professione remunerata come nel resto d’Europa?

No
interessante questa ricerca. C’è un’etica di mercato? Mi fermo.
— Capotondicomunicazione — Humus Design

Non ritengo corretto parlare di “grafica” italiana, ma c’è Ci sono molte idee e pochi soldi. In generale manca
un modo italiano di costruire progetti di “arte applicata” che una cultura dell’immagine per difetto di insegnamento
sarebbe da analizzare, dentro il quale c’è anche il progetto e programmi delle scuole italiane.
grafico. In Italia, dove c’è stata energia economica, il progetto — IFIX
si è affermato e consolidato (fashion, industrial, product
design), per la grafica tutto ciò non c’è stato. Nel complesso
il Design italiano si è affermato, nello specifico il design grafico Ci vuole più professionalità!!!!!
mica tanto... — Mauro Pispoli immagine e comunicazione
— Carmi e Ubertis

Certamente un risvolto importante del lavoro riguarda


Non facciamo più mostre di grafica sui grafici italiani il rapporto con il cliente. Sarebbe interessante, rispetto
per favore. al passato, ristabilire un giusto rapporto di stima
— Dallas tra cliente e grafico per riqualificare il nostro lavoro.
— Metodo Studio

Varrebbe sicuramente la pena parlare del tema del forte


maschilismo all’interno di questo ambiente, dei blandi tentativi Ho fiducia nella grafica italiana contemporanea.
di pink washing (come ad esempio premi per sole designer — Munari Design
donne), della competitività data dalla visione di questa
professione come individualista diretta dall’affermazione
Altro Sì
personale e dell’ingordigia di quei pochi “grandi” nomi che Come si potrebbero educare un po’ al mestiere i committenti
si accaparrano il più possibile. e i loro dipendenti? La risposta a molte delle domande
— eee precedenti forse sarebbe poter collaborare sempre con
interlocutori più liberi, più competenti. La crescita può essere
solo collettiva. Perché i più scarsi sono tutti al marketing.
Manca un movimento e un ente/ordine di tutela della — Polystudio
professione... enti come l’AIAP sono ridicoli, non che svilenti.
— Giga Design Studio
Potresti fare una domanda sullo spazio fisico di lavoro.
Spesso la casa diventa il luogo di lavoro oggigiorno e magari
Pensiamo che il concetto di grafica italiana sia un po’ obsoleto. è interessante una riflessione su questa cosa. Il nostro
Ci piace pensare che oggigiorno ci sia contaminazione a livello lavoro spesso è solitario mentre invece necessiterebbe
mondiale, e che ognuno sia libero di esprimersi come lo ritiene di un confronto anche fisico. Il confronto è una delle cose
più opportuno :) Grazie per l’analisi introspettiva ;) che manca di più nel mondo del lavoro...
— Mezzopieno Studio — Studio tuta

88 INDAGINE
46 92/95
Vorreste cambiare lavoro?    

Abbiamo l’impressione che, rispetto ad altri paesi, l’Italia abbia Ci vorrebbe più collaborazione tra designer, meno 9,7% 3% 86,9%
fatto dei notevoli passi indietro nella legittimazione del ruolo competizione e più incontro.
del progettista grafico. Se volessimo appellarci alla “crisi”, — Parcodiyellowstone
crediamo che l’imprenditoria italiana medio-piccola abbia
tentato di tenere il passo – per rientrare negli attuali costi
di gestione di un’azienda – spostando il proprio interesse Dovrebbe essere retribuita meglio.
in un tipo di comunicazione commerciale di bassa lega. — SMV – Studio Moretti Visani
Le grandi imprese, invece, si affidano a nomi o studi di design
di spicco, semplicemente per avere un ritorno anche in termini
di visibilità e credibilità, negando alle nuove generazioni Sarebbe bello ci fosse più coraggio, più confronto
di dare il loro contributo (pensiamo a Max Huber che arriva

No
e più attenzione rispetto ai contenuti.
in Italia a 20 anni, a 26 collabora con Einaudi e a 30 disegna — Studio Fludd
il logo per la Rinascente). La speranza della grafica italiana
contemporanea è secondo noi nelle mani dei progettisti più
giovani, che – oltre a sperimentare tecniche di espressione “Loro non lo sanno, ma io sono indistruttibile, e sai perché?
– devono anche tentare di educare i propri clienti alla cultura Perché sono il più grande “”perditore”” di tutti i tempi. Ho perso
del progetto (partendo dai più piccoli!). È fondamentale sempre tutto: due guerre mondiali, un impero coloniale, otto –
trasmettere i valori di una buona progettazione, ma abbiamo dico otto! – campionati mondiali di calcio consecutivi, capacità
bisogno di crescere con le imprese commerciali e culturali d’acquisto della lira, fiducia in chi mi governa.”
del nostro territorio. Insieme. — Un eroe italiano moderno.
— Milleunomiglia Collective — Studio Iknoki

Educare il mercato. Senza clienti consapevoli non si va da In questo momento il ruolo della grafica in Italia viene trattato
nessuna parte. solo da piccole nicchie. Di conseguenza i lavori e gli interventi
— Teikna Design sono spesso molto autoreferenziali. Tra i giovani c’è un più
di attenzione verso la cultura grafica, ma il fatto che nel 2018
alla domanda “Che lavoro fai?” alla risposta “Il grafico” debba
Ha senso parlare di “grafica”? sempre necessariamente accompagnare una spiegazione,
— muschi&licheni è la prova che la strada da fare è ancora molta.
— Studio Mango

Il Made in Italy è morto e sepolto da tempo.


— NASONERO Ci piacerebbe che ci fosse una maggiore sensibilità in termini
di garanzie e tutele nel nostro lavoro, spesso non riconosciuto
e che ci fosse un maggior dialogo tra studi, agenzie
Vorrei dire che, nonostante la mancata assistenza da parte e multinazionali sul ruolo della grafica italiana contemporanea
delle istituzioni, la grafica italiana è ancora viva e vegeta. per capire meglio le esigenze, i problemi e lo stato dell’arte.
Ad oggi, però, lo sviluppo di un settore così importante — Sugosugo Studio
è lasciato all’iniziativa personale e a piccole realtà
che cercano di lottare per dar lustro ad un intero settore.
Non a caso, molto spesso la vera fortuna dei designer italiani Il problema è proprio la definizione di “grafica nazionale”. Altro Sì
si fa all’estero e/o sulla base di un portafoglio di clienti esteri. Abbiamo l’impressione che in un mondo sempre più
— Nerdo globalizzato (nel bene e nel male) sia difficile identificare delle
caratteristiche proprie di una determinata nazione, perché
le tendenze rimbalzano attraverso il web da una parte all’altra
Bisognerebbe ricercare una identità “glocale”. Il web rischia del mondo, appiattendo le differenze identitarie.
di appiattire tutto e tutti. — Tomomot
— Nicola Miulli Creations
Ogni tanto ;)
Alcune volte.
Faccio fatica a pensare alla grafica italiana contemporanea Nei momenti di sconforto si
Ho già occupazioni diverse dalla progettazione grafica
senza pensare a tutte le discipline che con lei hanno
Più che cambiare evolvere!
un rapporto simbiotico. Oggi può davvero bastare essere Cambiamo continuamente.
“solo” un designer grafico? Vorrei fare anche altro.
— QQO Vorrei migliorarlo.
Evolverlo in direzioni diverse forse.

89
2.3 Un quadro generale

Questa indagine, seppur con i suoi limiti, ha messo in evidenza Il numero di uomini e donne impiegati negli studi grafici intervistati Si riscontra però anche la tendenza opposta: la seconda risposta più
alcune caratteristiche del campo italiano che vanno a confermare è praticamente lo stesso, 167 e 165. TAV 6 Molti degli studi popolare dice che i soggetti hanno lavorato da zero a un anno prima
delle tendenze, qui arricchite in alcuni casi di qualche precisazione. con dipendenti hanno almeno una donna, e il rapporto fra maschi di fondare il proprio studio. TAV 26 L’aiuto degli altri professionisti nel
95 i soggetti che hanno partecipato all’indagine. TAV 1 e femmine è ugualmente a favore di entrambi i sessi. Questo significa corso della propria educazione è riconosciuto da tutti e la stragrande
“Studio” è la parola che l'84,2% di loro utilizza per definire la propria che le donne sono presenti e lavorano nel campo del design come maggioranza ha identificato i propri mentori con nome e cognome.
struttura. TAV 11 Non vi è invece un termine che predomina su un i colleghi uomini. La distanza incolmabile e problematica si rileva Tra i più ricorrenti si trovano Vignelli, Dolcini, Munari, Fronzoni
altro con ugual forza nel definire il singolo professionista. Il più scelto nella differenza fra i due generi nel fondare e dirigere attività. e Lussu. TAV 24 Nel definire cosa ha costruito la loro cultura visiva
(con circa il 55%) è il semplice “designer”, senza ulteriori specifiche. La centralità della Lombardia all’interno dell’economia si nota invece una certa vaghezza, sono in pochissimi quelli che
In seguito vi è “graphic designer” che con il 26,5% schiaccia l’italico del design era già ben nota, in questa indagine risulta schiacciante. hanno fatto dei nomi particolari. Le risposte sono prevalentemente
termine “grafico”, con cui solo il 7,4% si presenta. Circa un terzo Si difendono Veneto, Toscana ed Emilia Romagna. A livello di città, generiche: curiosità e osservazione le qualità che ci si riconosce,
si divide fra creative director, art director e progettista grafico. TAV 8 mentre Milano stravince, tra le altre emergono Torino, Firenze, Roma, poi l’interesse in libri, esposizioni, arte, cinema. In parecchi parlano
La restante percentuale si perde fra più di una decina di parole diverse. Trieste, Venezia, Padova, Bologna e Jesi. TAV 3 Nella mappa di questa anche di esperienze personali, come rapporti d’amicizia e viaggi.
Pare così che non si sia molto d’accordo su come chiamarsi, ognuno indagine sono totalmente assenti alcune regioni, ciò non vuol dire TAV 21 Poco preponderante il ruolo di Internet, che invece spicca
sceglie una definizione a seconda delle proprie propensioni. Su una che lo siano veramente, ma è probabile che la tendenza che viene tra le risposte a “Cosa guardate oggi?”. Dopo un generale e dominante
cosa pare che siano tutti d’accordo: “creativi” non va proprio bene. indicata qui non si allontani molto dalla realtà. Interessante è vedere “tutto”, Internet è la fonte di ispirazione maggiore, a cui seguono
Il periodo tra il 2009 e il 2016 è quello che ha visto il fiorire della le motivazioni che sono state portate alle scelte di luogo geografico. libri, mostre, arte, riviste, viaggi, serie tv, cinema e fotografia. TAV 35
maggioranza degli studi presi in analisi, il picco massimo è proprio in Per Milano la maggioranza sostiene ragioni legate se non alla nascita La maggioranza sostiene di studiare ancora, sia nel senso
questi due anni. TAV 4 L’età media di chi lavora in questi studi è di circa all’opportunità e alle circostanze di lavoro, al fatto insomma che tradizionale, sia sotto forma di ricerca o partecipazione a workshop
34 anni, la fascia dai 30 ai 35 anni è infatti la più battuta. Al secondo sia l’unica città nel quale è possibile fare questo lavoro. Le risposte o corsi di diverso tipo. TAV 34 L’84% addirittura si dedica a progetti
posto quella dai 35 ai 40, seguita a sua volta dai più giovani tra i 25 riferite alle varie altre città minori nel quale si disperdono i dati personali senza committente. TAV 36 Questi dati dicono molto di
e 30 anni. Solo il 15% degli studi intervistati ha un’età media compresa si concentrano molto di più su ragioni personali: la famiglia, il mare, come questa professione porti con sé un entusiasmo ed interesse
tra i 40 e i 65 anni. TAV 7 Si può dire dunque che, in linea di massima, la qualità della vita, il costo della vita, i ritmi. Generalizzando, appaiono che va evidentemente oltre al lavoro tradizionale. Circa il 70%
gli studi sono frequentati da persone piuttosto giovani. Viene insomma queste due vie: o Milano perché c’è lavoro, o la provincia dei partecipanti affianca inoltre l’attività professionale con quella
preferito il lavoro collettivo TAV 9 ed utilizzati come mezzi principali per vivere bene. TAV 2 didattica, e molti di quelli che non lo fanno lo vorrebbero. TAV 33
di promozione i social network. TAV 10 Gli studi italiani lavorano con Parlando sempre di località geografiche, si possono affiancare Tra i motivi per cui i designer ritengono interessante insegnare
clienti che appartengono a tutte le tipologie, con una maggioranza questi dati a quelli delle scuole. Milano è ancora al primo posto, vi è il contatto con i più giovani, per continuare loro stessi a studiare,
per quelli di dimensioni medie, poi piccole ed infine grandi. TAV 13 in effetti vi sono molti degli atenei del Paese (Polimi, SPD, IED, NABA, per sperimentare, per condividere e trasmettere una conoscenza,
Quasi l’80% degli intervistati lavora anche con clienti stranieri. TAV 14 Bauer, Domus Academy…), tra cui il Politecnico di Milano che è perché è anche economicamente soddisfacente. TAV 33
Gli studi si occupano soprattutto di servizi in ambito di branding, in assoluto il più frequentato dai designer italiani. Al secondo posto lo Interrogati sulla loro pratica, i designer hanno dimostrato
editoria e art direction: l’attività e l’azione del designer si esprime IUAV, che fa di Venezia la seconda città più frequentata dagli studenti, un prevalente interesse nel cercare uno spazio espressivo all’interno
insomma attraverso mezzi e modalità storicamente consolidate. TAV 12 ma che poi viene evidentemente abbandonata dalla maggioranza del lavoro, anche se si rilevano in realtà tutti i gradi di interessamento
I settori nei quali operano sono vari, ma ai primi posti spiccano: arte quando si tratta di lavorare. Al terzo posto l’ISIA di Urbino, che qui in questo aspetto, dal sì al no assoluto. La larghissima varietà nelle
e cultura, editoria, design, architettura e arredamento. TAV 15 non registra nessun caso di persone che siano rimaste, anche se risposte dimostra come lo stesso lavoro possa essere interpretato
Questo dato non stupisce, questi settori sono quelli che per primi le Marche a livello regionale sono ben presenti. Il più sorprendente in maniere diametralmente opposte e pur sempre valide. TAV 19
colgono valore e utilità del progetto grafico, e per questo disposti quello di Jesi, grazie, si presume, alla presenza oggi dell’ACCA Non c’è una regola predefinita che fissa il modo in cui si deve operare,
a spendere delle risorse. Academy e prima della Scuola Internazionale di Comics. In seguito evidentemente è necessario possedere una propria visione.
Questi dati “statistici” mettono in luce la questione relativa tra le più battute ci sono Roma, Firenze e Torino, città nelle quali si Per esempio, la maggioranza sostiene che il valore aggiunto dello
alla presenza femminile all’interno del sistema del lavoro nel design. realizza anche un ambiente favorevole al lavoro, visto che la quantità studio grafico stia proprio in questo, l’interpretazione del progetto
Conosciamo i limiti dei dati a cui ci si riferisce, ma sono abbastanza di studi presenti è rilevante. TAV 22 attraverso i valori e le esperienze di ogni progettista. Per loro il lavoro
chiari su questo punto. Su un totale di 95 studi, 44 sono stati fondati Rimanendo sulla formazione, emergono altre caratteristiche: diventa dunque un canale per trasmettere delle visioni, legate
anche da una donna, per un totale di 50 designer donne. Su un totale la prima è che una buona parte (11% circa) ha studiato presso a principi o a gusti estetici loro. In opposizione, c'è chi afferma
di 95 studi, sono invece 89 quelli che sono stati fondati almeno da un’Accademia di Belle Arti, mentre circa il 23% ha studiato di provare in tutti i modi di evitare la soggettività personale,
un uomo, per un totale di 152 uomini (un numero che è il triplo rispetto in Università non di design. TAV 22 Ciò significa che circa un terzo e vede questo approccio come una modalità di rispetto del cliente
a quello delle donne). TAV 5 A guardare il tipo di configurazione e il dei soggetti non ha una formazione strettamente legata al design. e dei suoi bisogni, i soli a dover guidare il progetto e ai quali il designer
genere dei fondatori, i dati descrivono la situazione in modo ancora Questo può essere dato da questioni generazionali, bisogna ricordare è al servizio. Esiste inoltre una zona grigia di risposte, di chi cioè
più cristallino. Il 27% degli studi (più di un quarto del totale) è stato che il primo corso di design del Politecnico di Milano ad esempio sostiene di farlo quando possibile, di essere poco interessato a farlo,
fondato da due uomini, mentre fondato da due donne è solo il 2%. è stato avviato nel 1993. Una seconda caratteristica è che quasi la o di chi tende a mediare la visione propria con quella del cliente.
17% la percentuale di studi fondati da un uomo solo, 4% quelli da una metà dei partecipanti (46,6%) dichiara di aver studiato esclusivamente Nonostante in molti non vedano nel lavoro uno spazio d’espressione
donna. Un altro quarto appartiene agli studi formati in coppia da un in Italia, mentre l’altra metà si è spostata in maggioranza in Regno personale, è quasi la totalità degli intervistati (95%) che afferma
uomo e una donna. Il resto si esprime in configurazioni di altro tipo, Unito, Germania e Spagna. TAV 23 Le risposte sono spaccate in due che rifiuterebbe lavori lontani dai propri valori politici ed etici.
con una netta preponderanza maschile. TAV 5 Questi dati visti da soli anche sull’avere lavorato solo in Italia (50,5%) TAV 25 e sul non aver Praticamente nessun designer intervistato lavorerebbe a favore
farebbero pensare che, per qualche ragione da indagare, il design pensato a trasferire la propria attività all’estero (50%). TAV 28 Sempre di messaggi che non condivide. TAV 20 Il coinvolgimento personale
è un ambito preferito da questo genere. In realtà le classi di design a livello di formazione, il 76% afferma che il lavoro è stato più istruttivo dev’essere perciò una componente importante all’interno di questo
sono sempre più a maggioranza femminile, soprattutto negli ambiti della scuola o per lo meno con lo stesso peso. Solo il 17% sostiene che lavoro. Si nota anche una tendenza ad allontanarsi dal mondo della
vicini alla comunicazione; basta inoltre osservare l’altra serie la scuola sia stata più importante. TAV 29 La maggioranza ha in effetti comunicazione per la politica. Quando si tratta invece di descrivere
di dati ricavati da questa indagine per capire che non è proprio così. lavorato per più di cinque anni prima di iniziare la propria attività. le particolarità del lavoro del proprio studio, alcune parole ricorrono

90 INDAGINE
Com'è il designer medio italiano nel 2018?*

è designer, è uomo, ha
più di altre. La ricerca pare essere l’aspetto che interessa ai più
e di cui vanno più fieri. L’attenzione per la tipografia e il dettaglio
caratterizza la maggior parte degli studi intervistati, si cerca
di puntare sulla multidisciplinarietà dello studio e sull’originalità

34 anni, ha studiato e lavora


delle proposte. TAV 16 Gli studi italiani paiono però poco interessati
a stilare un proprio manifesto programmatico, solo il 16% dichiara
di averne uno fatto e finito. TAV 17
Osserviamo ora le risposte degli studi in relazione al contesto
italiano. Più della metà (62%) dei professionisti italiani intervistati non

a Milano, usa i social, non


fa parte di nessuna associazione; la prima con più iscritti secondo
questo sondaggio è AIAP. TAV 42 L’85,9% degli intervistati afferma
però di interessarsi al panorama italiano del graphic design e dunque
ai lavori dei propri colleghi. TAV 37 In tanti, l’81%, sentono addirittura
di riconoscere una “corrente” specifica dell’Italia, anche se poi risulta

è iscritto ad associazioni,
difficile farne una descrizione. TAV 38 D’altro canto, chi risponde
con un secco “no”, tende a sostenere che non è possibile parlare
di uno stile nazionale, al massimo globale. L’82% è però favorevole
a dire che il fatto di essere italiano deve aver influito sul loro modo

è curioso, guarda tutto,


di fare design. TAV 41 Nel riconoscere qualche studio o figura
di riferimento nel 2018 in Italia, oltre ad alcune particolarità, emerge
una massa abbastanza compatta che vede in Sonnoli, Bubbico
e Franchi i designer italiani principali e in studio FM milano, Leftloft
e Tassinari/Vetta gli studi più importanti. TAV 40 La stessa domanda

insegna e lavora in uno


riferita all’estero suscita risposte più variegate, ma si può dire che
a farla da padrone per gli italiani è Pentagram, seguito da Sagmeister
& Walsh, Experimental Jetset e Bureau Mirko Borsche. TAV 39
Da notare che a differenza di tutti i nomi italiani fatti, quelli stranieri
comprendono anche molte agenzie di branding, più o meno grosse.

studio fondato tra il 2009


Infine, la coppia di dati più stimolante: solo il 5,6% degli intervistati
si dichiara completamente soddisfatto del ruolo del graphic designer
in Italia. TAV 44 Allo stesso tempo l’86% di loro non cambierebbe mai
il lavoro che ha scelto. TAV 46

*secondo i dati del questionario Indagine: grafica in italia nel 2018

e il 2016 che si occupa


di branding, editoria e
art direction per la cultura.
forse andrebbe via, ma
non cambierebbe lavoro.
91
Conversazioni
3

93
3.1 Introduzione alle conversazioni

Le risposte che ho ricevuto dal questionario e la difficoltà nel mappare Un’altra tematica ha impiegato molte delle mie energie, è quella
i vari tipi di lavoro mi hanno fatto capire che lo studio è solo una delle relativa alle agenzie di branding. Mi ci è voluto tempo per definire
possibili espressioni della professione del graphic designer all’interno la problematica, fino a capire che quello che mi interessava era
di un universo molto più complesso. Ovvero che molte figure e molte cogliere le discriminanti fra i mondi dell’agenzia e dello studio.
pratiche esulano dall’ambiente dello studio. Art director, freelance In questo caso ho parlato con due interlocutori, Filippo Donisi
o type designer ad esempio non sono titolari di studi, ma collaborano e Elio Carmi, diversi da loro per molti motivi, anche generazionali,
con loro o lavorano per altri, in ogni caso contribuiscono a raffigurare e che di conseguenza mi hanno esposto due punti di vista distinti.
il panorama del visivo e fanno sicuramente parte dei percorsi È stato un piacere trovare anche dei punti di contatto fra i due.
possibili. I risultati dell’indagine sollevavano alcune questioni che In seguito ho cominciato a guardare a mondi lontanissimi da questo,
mi sembrava fondamentale considerare. Inoltre, la generalizzazione quasi opposti, e ho capito che valeva la pena di approfondire una
dell’indagine rischiava di appiattire alcune realtà che invece meritano visione del design che non solo esce dal sistema commerciale,
di essere maggiormente approfondite. Per questo motivo, ho ma che trascende ogni definizione e percorso prescritto.
scelto di estrapolare alcuni dei temi possibili e dedicare loro uno Per questo motivo ho parlato con Fabio Franz, Brave New Alps.
spazio. Il metodo che ho utilizzato è basato in sostanza su alcune Un’altra osservazione, che è anche un dato di fatto,
conversazioni: preferisco utilizzare questo termine piuttosto che è relativa alla centralità di Milano nel sistema del graphic design:
la parola “interviste”, dato il carattere informale che hanno avuto la maggioranza dei professionisti trova ancora in questa città
più o meno tutte. Probabilmente un’intervista seria necessita l’ambiente più fertile. Questo mi ha portata subito a voler osservare
di un grado di preparazione e metodo che io non possiedo, questa il contrario di questo fenomeno, a chiedermi come vivono e lavorano
consapevolezza mi rende restia a definirle tali. Le persone con cui ho le realtà che hanno deciso di spostare geograficamente la loro azione.
scelto di parlare sono state fondamentali nel chiarire alcuni dei miei Di conseguenza, mi è interessato anche parlare con chi ha trovato
dubbi ed aiutarmi a costruire un’idea più precisa delle varie questioni il modo di lavorare eliminando la dimensione fisica dello studio.
e del mondo del lavoro. Per questo motivo il punto di vista è parziale Lo spazio, nell’era del digitale, gioca ancora un importante ruolo.
e strettamente legato alla persona con cui ho affrontato un dato Di questi argomenti, che poi hanno sconfinato in altri, ho parlato con
argomento. Ancora una volta, voglio valorizzare la soggettività delle Alessandro Tartaglia di FF3300 e con Sara Maragotto di Studio Fludd.
opinioni piuttosto che considerarla un limite. Ho apprezzato infatti che La tipografia è un elemento fondamentale del graphic design,
ognuno abbia esposto la sua visione senza considerarla totalizzante, nonché specializzazione possibile, ci tenevo a trovare uno spazio
ma anzi solo uno degli approcci possibili e aperto al dialogo con gli per lei nella discussione. Inoltre un profilo professionale che ancora
altri. Ogni questione andrebbe probabilmente affrontata coinvolgendo faticavo a definire era quello del type designer; non mi era ben
diversi punti di vista, per tentare di trattarla in maniera più completa chiaro come si inserisse nel sistema. In questo caso solo curiosando
ed efficace. Dietro ad ogni argomento affrontato esiste una ragione all’interno della nicchia grazie a Marta Bernstein mi è stato possibile
precisa per la quale reputo che sia stato importante parlarne. farmi un’idea più precisa, fino a scoprire che di type designer “puri”
Ho notato in seguito, con piacere, che esistono interferenze e intrecci ne esistono ben pochi.
fra conversazioni che non appartengono alla stessa area tematica, Ho dedicato una parte anche a un’esperienza molto recente,
questa è stata un’ulteriore conferma di come le discussioni attorno quella della Belli Gallery, un formato di spazio espositivo per la grafica.
al graphic design tendano continuamente ad ampliare gli orizzonti Ancora una volta ho avuto la conferma che le strade del graphic
e scavalcare le delimitazioni. design sono infinite.
Uno tra i primi temi che mi interessavano era l’eredità, ovvero Nella carrellata mancava ancora una voce per rappresentare
il rapporto con il passato. Le risposte alla domanda del questionario la generazione più giovane, ho scelto così di parlare con Alice Zani.
sul rapporto con i maestri degli anni ‘50 e ‘60 mi hanno messa Il suo lavoro ruota attorno a musica, moda e club, aree di cui
di fronte a una sensazione generale di sconforto e disillusione qui si era poco parlato ma che stanno vivendo un momento florido
nei confronti di un mondo che è cambiato troppo e di un ambito dal punto di vista del graphic design. L’occasione è stata buona
professionale che non ha saputo rispondere. Volevo trovare un anche per parlare della condizione dei lavoratori freelance.
modo di rendere meno nostalgico il rapporto con il nostro passato, La ricchezza di questa piccola raccolta di conversazioni sta
andando a raccogliere qualche spunto costruttivo. Per questo ho per me nella loro condivisione di un punto di partenza, che è il graphic
scelto di parlare con Salvatore Gregorietti, protagonista proprio design. I diversi approcci raccontano storie diverse e finiscono per
di quel periodo d’oro, perché credo che a volte una testimonianza arrivare a punti opposti fra di loro o, al contrario, sorprendentemente
dal passato custodisca una freschezza ancora più preziosa. simili. Se alla parola “graphic design” se ne associa un’altra,
Un’altra questione è scaturita dalle risposte al questionario, o una serie, i discorsi riescono sempre a svolgersi su strade più
ovvero quella relativa all’appartenenza a un’associazione, alla quale o meno battute. La grafica per alcuni è una scusa per affrontare
il 62% ha risposto di non farne parte. Mi è interessato dedicare una altre questioni e uno strumento per arrivare da qualche parte,
discussione ad AIAP, che fra tutte è quella più specifica per i graphic altre volte invece sta tutto nella dedizione alle forma.
designer e quella più popolare in Italia. L’argomento è spinoso e
meriterebbe sicuramente una trattazione più lunga. Qui se ne parlerà
con Michele Galluzzo e attraverso l’esperienza dei CDPG Folders,
che sono una delle esperienze recenti che ha tentato di aprire le porte
dell’archivio, che ad oggi rappresenta la più grande ricchezza di AIAP.

94 CONVERSAZIONI
97 3.3 EREDITÀ

Salvatore Gregorietti 3.3.1

101 3.4 AIAP

Michele Galluzzo 3.4.1

102 3.5 AGENZIA

Filippo Donisi 3.5.1

104

Elio Carmi 3.5.2

107 3.6 ALTERNATIVE

Fabio Franz / Brave New Alps 3.6.1

109 3.7 SPAZIO

Alessandro Tartaglia / FF3300 3.7.1

110

Sara Maragotto / Studio Fludd 3.7.2

111 3.8 TYPE

Marta Bernstein 3.8.1

113 3.9 GALLERIA

Belli Gallery 3.9.1

114 3.10 PRESENTE

Alice Zani 3.10.1

95
3.2 Schema dei contenuti

3.3.1 3.4.1 3.5.1 3.5.2 3.6.1 3.7.1 3.7.2 3.8.1 3.9.1 3.10.1

SG MG FD EC FF AT SM MB BG AZ

AGENZIA ARCHIVIO AGENZIA AGENZIA ARTE AGENZIA ALTERNATIVE BRUTTO COLLETTIVITÀ CLUB

CAR ATTERE ARCHIVIO ONLINE BR ANDING AUTORE COMUNITÀ FUTURO CONTEMPOR ANEO COOPER ATIVA CONTEMPOR ANEO ESTERO

COMMITTENZ A ASSOCIA ZIONE COMPROMESSI BR ANDING CONDIVISIONE IMPATTO GRUPPO CRITICA GALLERIA ESTETICA

COMUNITÀ CATALOGARE DEFINIZIONI DESIGN ECONOMIA MERCATO LUOGO DIDATTICA IBRIDA ZIONI FIGURE

EDITORIA CONTEMPOR ANEO L AVORO ECONOMIA FARE MIL ANO RETE DISEGNO MAGA ZINE FORMA ZIONE

ITALIA DIBATTITO GRUPPO FUTURO FORMATI PROGETTI VITA FONDERIE PROGETTI FREEL ANCE

L AVORI EREDITÀ FREEL ANCE ITALIA FORMA ZIONE POLITICA VOLONTÀ FORMA ZIONE SPA ZIO FUTURO

MAESTRI FUTURO FUTURO MAESTRI IBRIDA ZIONI VITA GENERE GENER A ZIONI

MIL ANO PROFESSIONE MEZZO NICCHIA IMPATTO ITALIA ITALIA

MITO PUBBLICA ZIONI NICCHIA QUANTITÀ ITALIA L AVORO RUOLO

PASSIONE PUBBLICA UTILITÀ QUALITÀ RUOLO METODOLOGIA LINGUAGGI MODA

PERSONE SOCIAL TITOLI PROGETTO RICCHEZZA NICCHIA MUSICA

PROGETTO SCUOL A RUOLO PROBLEMA SOCIAL

PUBBLICA UTILITÀ SISTEMA SPA ZIO REDESIGN STILE

QUALITÀ SERVIZIO STRUTTURE RICERCA

RUOLO SOCI VITA VALORE

SCUOL A STORIA

SOCI

STRUMENTI

STRUTTUR A

SVIZZER A

TECNOLOGIE

96 CONVERSAZIONI
3.3 Può sembrare incoerente con il tema di questa ricerca, ma ho scelto
EREDITÀ di iniziare questa serie di conversazioni con la tematica del passato,
con uno speciale interesse per il suo rapporto con la contemporaneità.
Con questa intervista, voglio capire che cosa è possibile vedere in quello
che si realizza oggi se lo si guarda con occhi immensamente diversi
dai miei. Il punto di vista che volevo esplorare è quello di chi ha fatto
questo mestiere in un periodo in cui era tutto completamente diverso.
Salvatore Gregorietti nasce a Palermo nel 1941. Inizia il suo percorso
di studi a Zurigo, dove conosce Oliviero Toscani con il quale collaborerà
nel corso di tutta la sua carriera. La vera università è il lavoro affianco
a Massimo Vignelli, per dieci anni. Socio di Unimark, prima ha lavorato
nella sede di Cleveland e poi a Milano. In seguito fonda il suo studio
Gregorietti Associati. Ha lavorato per Feltrinelli, La Rinascente,
Prenatal, Intesa San Paolo.
Mi chiedo quali sono i principi che possono essere trasmessi
da questi maestri, ovvero quali cose la nostra generazione ha cominciato
a dimenticare. Quale significato può avere recuperarli e portarli avanti,
come possono essere traslati nel nostro tempo, cosa possono dirci
su quello che stiamo facendo. Esiste insomma un modo di guardare
a quel pezzo di storia non solo da spettatori, ma in una maniera che possa
essere costruttiva? Cosa è veramente possibile estrarre dall’esperienza
degli altri? Come e su cosa può aiutarmi? L’Italia rimane legata al suo
nobile passato, una tendenza che ci contraddistingue, con quel continuo
pensare nostalgico piuttosto che proiettarsi nel futuro. Ascoltare
il racconto diretto risulta più affascinante di ogni reinterpretazione,
perché rende reali, dirette ed oneste le parole. Si continuano a reiterare
le stesse narrazioni, nelle diverse storie della grafica si ripetono
gli stessi nomi, si raccontano gli stessi aneddoti, si mostrano gli stessi
esempi. Gregorietti è un nome meno presente di altri nei manuali, ma
è un testimone di quell’epoca che sento lontana, e che a volte rappresenta
un’eredità ingombrante. Senza la pretesa di dare una risposta agli
interrogativi proposti, questo contributo vuole provare ad avere questo
spirito.

3.3.1 14 06 18

Salvatore Gregorietti
Mi racconta la sua storia?
Dopo quattro anni di liceo artistico sono andato a studiare a Zurigo con Oliviero
1 Toscani e Antonio Tabet. In Svizzera ho fatto il corso preparatorio, l’esame
SG Eccoci qua: Oliviero Toscani, Antonio Tabet e io, i tre ragazzi tristi per accedere al corso, poi ho passato l’esame e ho fatto un anno e mezzo nel
di Zurigo. Eravamo i soli italiani. corso di grafica. Dopo me ne sono andato, secondo me non era più interessante.
Zurigo era divertente, eravamo gli unici italiani a scuola. Gli italiani che erano
a Zurigo in quel periodo facevano gli operai o i muratori. Immagina, dei liceali
italiani che arrivavano (io poi sono arrivato con una 500) e gli italiani, con
SG Questo è il mio primo lavoro, fatto con mio cognato Giovanni Gandini, un’automobile, che andavano a studiare a Zurigo, erano guardati proprio come
l’inventore di Linus. La testata non è più così, ho protestato, ho detto S C U O L A dei marziani. Lì avevo come professori Otto Teucher, Joseph Binder, che non era
“Ma almeno la testata potevate tenerla uguale!”. Questo qui non è Helvetica, un granché. Aveva una scarsissima capacità comunicativa. Io andavo a vedere
questo qui è Akzidenz Grotesk, invece adesso è in Helvetica e si è molto cosa succedeva nelle altre classi, perché non sono mai riuscito ad avere un gran
banalizzato. E soprattutto ha una spaziatura diversa, questo ha la sua forza rapporto con lui, forse c’era anche un po’ di razzismo nei confronti degli italiani.
anche nella spaziatura, nel modo in cui sono messe insieme le lettere, C’era una biblioteca dove si poteva andare a studiare qualcosa di teorico,
adesso no. L'Akzidenz era quello che usavamo a Zurigo, c’era quello. C’erano ma da parte degli insegnanti veniva solo un’istruzione pratica. La scuola era
dei Letraset americani con lo Standard Bold, che è questo qua. in tedesco, che io non sapevo, non è stato semplice. In qualche modo riuscivo
2 a comunicare, un po’ di tedesco lo sapevo. Ma con grande fatica. In generale
però non mi sentivo isolato, c’erano dei ragazzi inglesi o della Svizzera francese.
Come mai aveva scelto di andare in Svizzera?
S V I Z Z E R A La loro grafica era una specie di faro, era una scelta molto precisa. Si andava
o lì o negli Stati Uniti. Ho scelto di andare in Svizzera perché mi interessava
la loro grafica, in Italia c’era un modello di grafica che non mi piaceva, mentre
mi piaceva la grafica tedesca, certa grafica americana. C’era Müller-Brockmann,

97
c’era Neuburg, c’erano dei personaggi già allora molto noti nel mondo M I TO L’Unimark è stato mitico sì, più negli Stati Uniti che non qui, perché qui non
della grafica. Era un modo di fare la grafica che era molto strutturato, molto è durato tantissimo. Ma negli Stati Uniti c’è stato un momento che avevamo studi
architettonico, secondo una struttura molto precisa. Non era una grafica a New York, Chicago, Cleveland, Detroit, quindi era una cosa abbastanza diffusa
libera, era sempre una grafica che sottostava a delle gabbie di impaginazione, Q UA L I TÀ e soprattutto aveva una qualità buona. Una qualità che, sì, c’era qualcuno negli
a una struttura molto precisa, che era quello che mi interessava fare. E quindi Stati Uniti che aveva una qualità molto simile alla nostra, ma non erano così
sono andato lì. Sono stato molto fortunato perché dopo che sono andato via conosciuti come siamo diventati noi.
da Zurigo sono tornato a Milano. A questo altro amico che era a Zurigo, Antonio E secondo lei dov’è stata la differenza?
Tabet, che era già tornato a Milano e lavorava con Heinz Waibl, erano arrivate PERSONE Nelle persone. Per Massimo, fondamentalmente per Massimo Vignelli.
delle voci e mi ha detto “Vieni, vieni, è appena tornato dall’America Massimo E per Ralph Eckestrom, che era un dirigente della Container Corporation
Vignelli e ha bisogno di un assistente”. Così, io sono corso da Massimo of America. Questi due personaggi sono riusciti a concentrare l’attenzione
e mi ha preso subito, dopo pochissimo siamo diventati grandi amici. Lui era un dei professionisti, del pubblico, dei clienti e fare in modo che la cosa si capisse
personaggio fantastico. Devo dire che la mia impostazione grafica ha risentito R U O LO e la qualità venisse riconosciuta. In generale in quegli anni abbiamo fatto una
molto del lavoro con Massimo, perché lui aveva sì un’impostazione rigorosa lotta veramente furibonda per non essere considerati artisti ma dei professionisti
ma anche qualche libertà “americana”. Quindi mi andava molto bene. con un mestiere molto preciso in mano, poca casualità, creatività sì, ma
Poi a un certo punto mi sono messo per i fatti miei, ho aperto uno studio strutturata.
mio, perché più tardi Massimo è tornato in America e ha fondato l’Unimark Ci sarebbe ancora da lottare
International, insieme a Raphael Eckstrom ed altri personaggi americani. per questo al giorno d’oggi?
Tornato in America Massimo ad un certo punto mi chiama e mi dice “Senti, È tutto cambiato, è cambiato moltissimo. Intanto è chiaro che rispetto ai miei
ti facciamo socio dell’Unimark International se vieni qui e ci metti in piedi uno tempi la cultura sulla professione si è diffusa tantissimo, se tu dici a uno qualsiasi
studio a Cleveland”. Era un posto veramente bestiale, ma io ho detto “Vabbè “Faccio il grafico” non ti guarda come fossi un vaso da fiori! Più o meno sa che
vengo, per carità”. Sono andato a Cleveland e ho messo in piedi uno studio cosa vuol dire, è più facile in un certo senso riuscire ad affermare alcune teorie.
S O C I Unimark. Lavoravamo con un grande magazzino, Halle’s Brothers. Poi però Insomma, adesso è più facile, prima no.
si era capito che Cleveland non valeva la pena di tenerlo, quindi ho fatto qualche Avevamo lo studio in questo palazzo in Santa Maria Fulcorina, con i soffitti
giro negli studi di New York e Chicago con Massimo e poi son tornato a Milano affrescati, nessuno sapeva cosa stessimo facendo, quindi non è stato facile.
e ho aperto con Bob Noorda l’Unimark International a Milano, sempre come socio L AV O R I Alcuni lavori hanno aiutato, quelli che sono stati diffusi abbastanza capillarmente.
però, era finito il tempo dell’assistente. Avevo già accumulato qualche anno, 3 Il lavoro per La Rinascente ad esempio, ha aiutato molto a far capire la differenza
quindi non ero più un ragazzino. Con Bob mi sono trovato benissimo e siamo fra improvvisazione e struttura progettuale. Anche quello per Prenatal, erano
andati avanti finché è durata l’Unimark. Io poi ho continuato per i fatti miei, anche dei lavori a diffusione non proprio popolare ma erano molto diffusi. I lavori
come Unimark International, e poi come Gregorietti Associati. Adesso sono per La Rinascente erano affissi dentro a La Rinascente, ma erano guardati
semplicemente il signor Salvatore Gregorietti, e basta. da un sacco di gente, non passavano indifferenti. Anche devo dire, per quanto
Dopo tutto questo lavoro, nell’editoria c’era già una tradizione molto consolidata di qualità sulle copertine,
continua ad aver voglia di fare cose? però il lavoro fatto per Sansoni e per Feltrinelli, anche nell’editoria periodica
PA S S I O N E Io continuo non solo ad aver voglia di fare cose, ma le faccio come le ho sempre come «Galileo», «La II Guerra Mondiale», tutti questi fascicoli mensili a dispensa
fatte, con passione. È un lavoro che mi appassiona, non importa la dimensione del hanno dato un buon segno sulla qualità della grafica. Si è capita la differenza
lavoro a cui sto lavorando, posso fare dal biglietto da visita al libro di cinquecento fra queste cose progettate e altre fatte casualmente.
pagine e lo faccio con lo stesso tipo di passione, perché è un lavoro che mi piace Milano in quegli anni doveva essere
fare. Finché questa passione mi dura e finché il fisico mi reggerà, vado avanti. il fulcro di tutto, un centro molto attivo.
Soprattutto finché ci sarà qualcuno che mi fa fare delle cose. È un mito o era vero?
Ad esempio con Feltrinelli, ho reimpostato tutte le collane. Poi con la Un po’ un mito, però c’è un fondo di verità. In quell’epoca, anni ’60 soprattutto,
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ho ad esempio fatto il logo. Il logo di Feltrinelli 4 si sono sviluppate una serie di professioni. Anche l’arte ha assunto un carattere
che era stato fatto da Bob, ho dovuto cambiarlo a un certo punto, l’ho dovuto più diffuso, meno settoriale e ristretto. C’era una partecipazione più vasta del
reingabbiare con una modulazione diversa da quella che aveva fatto lui. pubblico rispetto a quello che si era abituati a pensare fosse, e questo creava
Come mai? MILANO un’atmosfera un po’ speciale. Non c’era Roma, non c’era Torino, c’era Milano.
Perché nel momento di fare “FGF” col marchio di Bob non mi veniva, Questa è una cosa abbastanza particolare, ma anche comprensibile.
quindi ho dovuto reimpostare tutta la storia! Ma non se n’è accorto nessuno… Milano è sempre stata la patria dell’industria, dell’imprenditoria, eccetera,
L’impostazione visiva è rimasta quella che era. SG Per la libreria di mia sorella avevo fatto un carta da pacco 70x100 e il nostro lavoro è legato all’imprenditoria, all’editoria. I committenti erano
All’inizio mi ha detto che le interessava la grafica che veniva usata per impacchettare i libri. Allora sul libro vedevi e sono qua. Non è così strano.
svizzera, faccio fatica a capire come riuscivate un pezzetto di Scala. Questa è una cosa che non aveva mai fatto Cambiando argomento, penso di poter
a vedere queste cose… nessuno: avere un’immagine unica su una carta da imballo. Di solito dire che lei abbia attraversato ogni fase degli
C’erano delle riviste, delle mostre, dei magazine. erano fatte da pattern. strumenti di progettazione…
Cosa guardavate? Questo, guarda, è fantastico!
«Neue Graphik», «Graphis». Com’è stato?
Erano diffuse, si riuscivano a trovare? È cambiato tutto, probabilmente io non mi rendo
Sì sì, io poi ho avuto la fortuna di avere una sorella libraia. Milano Libri, storica 5 conto di come voi facevate le cose…
libreria milanese, l’ha fatta mia sorella. Quindi poi lei riusciva a procurarmi tutta STRUMENTI Sì è cambiato tutto, noi abbiamo cominciato con la carta. Quello che facevamo
una serie di cose che non sarei riuscito ad avere. era di carta, normale, da disegno, da lucido, strumenti simili a quelli che
Questa è stata una bella fortuna! usavano gli architetti allora. Lavoravamo con squadra, compasso, parallelografo.
Eh sì. Ho avuto una coincidenza di fortune, che mi ha aiutato molto, La grande differenza era nei tempi. Per fare una cosa noi dovevamo: fare prima
sono anche stato bravino ad approfittarne, però sì mi hanno aiutato parecchio. il progetto a matita, presentarlo in modo che il cliente potesse capire che
E di Unimark, che è praticamente un mito, cosa stavamo facendo, dopodiché si passava ad ordinare al fotocompositore
cosa mi racconta? i testi che andavano appiccicati sul cartone, far fare le fotografie, stamparle,

98 CONVERSAZIONI
6

appiccicare anche quelle sul cartone dell’esecutivo, tutto con la colla Cow Gum. Secondo lei, la grafica degli anni ’50, ’60,
Era una colla che si dava con la spatola in modo abbondante, quella che avanzava ’70 si poteva definire “italiana” per alcune
si sfregava col dito, faceva i “grumini” e veniva via. caratteristiche riconoscibili?
Dovevate pensare a tutto prima e visualizzarlo Non riconoscibile come “grafica italiana”, riconoscibile come “italiano” era più
già finito, perché se volevate cambiare idea il mondo dell’illustrazione. La grafica in quell’epoca era riconoscibile come grafica
bisognava rifare tutto da capo… diversissimo da europea o internazionale, comprendendo gli Stati Uniti. Non così tipicamente
ora. Quando è arrivato il computer com’è stato? “italiana”. Forse sull’uso di certi caratteri, come il Bodoni, in certi casi si poteva
T E C N O LO G I E Quand’è arrivato non mi ricordo neanche più com’è stato, io poi ci sono arrivato definire un po’ più “italiota”, ma non era così evidente.
faticosamente, perché ero molto restio ad usare queste tecnologie. Ancora oggi Ha senso dire “grafica italiana” allora?
io faccio tre cose con il computer. Lui potrebbe farne mille ma io ne faccio tre, SG Questa foto se non l’avessi fatta con l’Aldo Ballo non l’avrei mai No, non questa grafica che ho fatto io, era “internazionale”, un modo grafico
ma sono le tre che mi bastano per fare un progetto. Francamente non mi ricordo fatta. A un certo punto ho detto ad Aldo “Senti mi piacerebbe fare una internazionale, non ha una connotazione nazionale. Sì, ci possono essere delle
il trauma del passaggio, è stato un avvicinamento graduale. foto a questi mobili su un fondale con un disegno geometrico a righe, libertà che ogni tanto capita di fare che hanno forse un’origine culturale latina,
Era più una cosa di cui vedevate dove però non si capisca che c’è un pavimento e una parete”. ma raramente.
un potenziale o un po’ spaventava? Non hai idea del lavoro che è stato fatto per fare questa foto. Io ho Ho letto appunto che si può dire che la grafica
A me un po’ ha spaventato, soprattutto mi spaventava l’idea di non usare le disegnato le righe sul vetro smerigliato della 1318 dell’Aldo Ballo e lui italiana unisce al rigore svizzero una
mani. In fondo il passaggio dal cervello alla mano per il progetto, con il computer a un assistente con dello scotch in mano diceva “Un po’ più a destra, certa giocosità, una libertà più “italiana”…
non c’è più. Ovviamente c’è sempre un passaggio dal cervello al… mouse, più un po’ più a sinistra”. Una roba da pazzi. Me ne ha dette di tutti i colori. Molte altre grafiche hanno un rigore svizzero, quella americana ce l’ha molto
che alla mano. Però pensavo che questo passaggio fosse diventato obsoleto, accentuato. Sull’elemento giocoso non so, è solo una deroga alla struttura rigida,
che la macchina desse delle risposte autonome, che infatti dà, meglio evitarle. però non si va tanto in là.
Meglio non farsi progettare dalla macchina ma fare in modo che il progetto sia Ho l’impressione che quando si parla di storia
sempre nostro. Devo dire che il fatto di avere cominciato con le mani mi è servito. della grafica in Italia ci si riferisca sempre
Il fatto di fare un progetto mio che poi potesse essere eseguito con la macchina, ai soliti casi, senza spingersi mai a mostrare
e non che dipendesse dalla macchina. 7 altre cose che invece forse sarebbero meritevoli
Sì questo è penso sia molto difficile per la nostra allo stesso modo.
generazione, a noi viene subito da prendere in E D I TO R I A Sì, soprattutto si parla molto poco di editoria. Nell’editoria la grafica italiana
mano il computer come se fosse indispensabile ha dato un bel contributo. Quelle quattro industrie lì, sì che sono quelle che hanno
fin dall’inizio. fatto la storia. Di professionisti prima di me non è che ce ne fossero tanti,
Bisogna continuare a pensare che il computer è uno strumento, evoluto, tre o quattro, Steiner, Munari…
ma uno strumento che va guidato. Non bisogna farsi guidare, quella è la cosa Ai suoi tempi invece vi sentivate parte
più importante. di una comunità abbastanza corposa o no?
Forse questo è quello che potrebbe fare C O M U N I TÀ No, ristrettissima. Ci conoscevamo tutti. Si faceva fatica anche a comunicare
la differenza oggi sul piano della qualità il lavoro alla massa, eravamo pochi e facevamo poche cose. Soprattutto
o originalità. Ho l’impressione che facciamo lavoravamo per dei clienti un po’ speciali, clienti non a larga diffusione, tranne
tutti cose simili a tutti gli altri. magari La Rinascente o pochi altri. Quindi era difficile che il nostro lavoro
Sì sì, infatti io mi riconosco in amici e colleghi che hanno fatto il mio stesso si diffondesse in maniera efficace. Si basava più sull’interessamento specifico
percorso e hanno più o meno la mia età, come Italo Lupi o altri, i cui progetti delle singole persone che su una diffusione capillare.
capisco da dove nascono. Da una cultura che conosco insomma, so da dove Poi più avanti è cominciato a venir fuori
viene, che non è la meccanica di questo oggetto. il discorso della grafica sociale, di pubblica utilità.
C’è un principio generale che cerca di mantenere Deriva forse un po’ anche da questo?
sempre in ogni progetto? P U B B L I C A Ma sì può essere. Cos’è la grafica sociale? La grafica per le cose pubbliche,
L’architettura. I miei lavori anche quelli che sembrano liberi e fantasiosi hanno U T I L I TÀ più popolari? La vera grafica di qualità per le istituzioni pubbliche, in paesi come
un fondo architettonico molto preciso. Una gabbia, una struttura, delle cose la Germania o la Svizzera, ce l’avevano dagli anni ’50. Da noi non è mai arrivata con
che ricorrono, degli allineamenti, delle proporzioni che sono tipiche del progetto la stessa qualità, pochissime eccezioni di qualità. La cosa pubblica ci terrorizzava,
di architettura e che io ho applicato alla grafica. Forse questo è quello che perché sapevamo che non esisteva una committente praticamente, i dirigenti
mi distingue in qualche modo. Anche quando c’è una cosa libera così, in realtà spesso erano molto incompetenti, non sapevano neanche loro cosa volevano
è ingabbiata in una struttura molto precisa. da noi, era molto difficile.
Questo le deriva dalla sua formazione? C’è stato qualcosa che pensa sia stato
Questo deriva dalla scuola svizzera e da Massimo Vignelli. fondamentale per lei aver visto?
Lei trova ancora oggi cose Sala riunioni di Unimark Milano. A destra, Salvatore Gregorietti. Niente di specifico, la cosa più importante che mi è servita e mi ha formato sono
che la stupiscono nella grafica? M A E S T R I stati i primi lavori che ho guardato quando sono entrato nello studio di Vignelli.
Ancora ci sono cose che mi stupiscono. Ogni tanto vado su Internet a vedere Lì ho capito tutta una serie di cose. Come riuscire a fare una grafica strutturata
S T R U T T U R A delle cose, a ruota libera, e ogni tanto vedo delle cose che mi sarebbe piaciuto facendo in modo che non sembrasse così rigida. Che non è poco. Una libertà
aver fatto. Dei marchi, un certo uso delle immagini… che ancora si capisce che condizionata. Questa è la cosa che più mi ha colpito e finché posso cerco
sono molto pensate e progettate, quindi dal mio punto di vista sono interessanti. di portare avanti. Finché c’è qualcuno che me la lascia fare.
Ci sono ancora delle cose assolutamente notevoli. Vignelli aveva qualcosa di molto particolare. Aveva qualcosa in più rispetto
Com’è il livello in Italia oggi?
I TA L I A Medio. Abbastanza buono. Ma ci sono poche punte, in Italia meno che all’estero.
Il computer è uno a tutti. Era una persona con una testa assolutamente libera e una cultura molto
strutturata. Infatti nonostante la sua fama, dopo due mesi che ero lì andavamo
Negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania sì. In Svizzera non ce n’è più, in Francia
poco. In Italia non tantissimo. Ci sono alcuni bravi, ma non ci sono punte eccellenti
strumento, evoluto, a cena insieme, siamo diventati subito amici. Una persona di una semplicità
pazzesca, ma con una testa davvero formidabile. Lui è stata la mia scuola.
o che hanno cambiato un modo di fare, che hanno fatto una rivoluzione, no quello
no. Però in generale il livello è medio-buono.
ma uno strumento che va Lui aveva studiato architettura a Venezia e poi era partito subito per l’America,
dove aveva lavorato in alcuni studi con dei grafici americani, aveva impostato
guidato. Non bisogna farsi
guidare, quella è la cosa 99
più importante — SG
8

il suo modo di fare lì. professionali. L’attenzione è fondamentalmente sul denaro. Alcune hanno una
E lui anche più avanti dentro Unimark continuava qualità anche molto alta, ma è un’altra storia, è un’altra impostazione concettuale.
a “sporcarsi le mani”? Io non saprei da che parte cominciare a fare una cosa così, sono dei concetti che
Certo, lui faceva, tutti facevano cose. Lavorava quotidianamente. Certo c’erano non mi appartengono.
dei momenti di public relation, in cui doveva andare a una mostra per incontrare Quindi invece il mestiere del grafico che cos’è?
qualcuno, ma era normale. Niente di strano in tutto ciò, lui poi era una persona P R O G E T TO Progetto grafico. Progettazione. È importante la parola “progetto”, perché
molto socievole, aveva una facilità di comunicare con la gente che era molto lì si nasconde il concetto di elaborazione culturale che deve produrre qualcosa.
apprezzata. Era simpatico a molti, non aveva niente di scostante, era molto alla Che dev’essere durevole. Un progetto dura. È un inserimento che si fa in un
mano. panorama ampio di cose che esistono, che funziona, che si vede e che serve,
Questo un po’ mi stupisce, guardando se no va nel marasma ed è inutile. In qualche modo deve servire, se fai la
le interviste non mi dà questa impressione… copertina di un libro deve servire a venderlo, ad accattivare lo sguardo di chi
Aveva delle idee molto precise sì, ma aveva questa specie di timidezza quando nei libri ha comunque già un interesse. Chi legge i libri in realtà si basa sull’autore,
lo intervistavano. In quei casi in cui doveva diventare un personaggio pubblico, sul titolo, ma se la copertina ha una forma accattivante e piacevole, anche
allora si irrigidiva un po’. Ma non era così. se questa cosa viene percepita intimamente, quella cosa che ti rimane dentro
E invece Bob Noorda? in qualche modo serve e ti aiuta a fare una scelta.
Era un po’ meno amico, più distaccato, molto nordico. Una persona
assolutamente piacevole. Con me ha sempre avuto un rapporto un po’ viziato dal
fatto che io ero l’amico prediletto di Massimo e venivo da lì, quindi lui mi guardava
un po’ con l’occhio strano. 3.4 AIAP sta per Associazione Italiana Artisti Pubblicitari, acronimo che
Ma non andavano d’accordo loro due? AIAP si è deciso di mantenere nonostante sia difficile riconoscersi in questa
Andavano d’accordo ma non hanno mai lavorato insieme, perché quando definizione. Al nome è oggi accompagnata la dicitura “Associazione
Noorda si è messo a lavorare a Milano, Vignelli è andato negli Stati Uniti. Non Italiana Design della Comunicazione Visiva”. È l’unica associazione
hanno mai fatto niente insieme. Non era facile fare un progetto con due caratteri italiana dedicata ai professionisti dell’area del graphic design. Insieme
così. Ma avevano grande stima l’uno dell’altro, sono stati tutti e due dirigenti ad ADI e POLI.Design, AIAP rappresenta l’Italia all’interno del BEDA
dell’Unimark, ma in due paesi diversi. La convivenza sarebbe stata difficile. (The Bureau of European Design Associations).
C’è una componente caratteriale, personale Fondata nel 1945 come Atap (Associazione Tecnici ed Artisti Pubblicitari),
molto forte quando si lavora a un progetto? nel 1955 guadagna il nome attuale proprio per allontanarsi dalla branca
C A R AT T E R E Assolutamente sì. È parte del progetto, ma soprattutto nel nostro modo dei “tecnici”. All’epoca la distinzione fra design e pubblicità non è ben
di progettare, che è molto personale, il progetto è espressione di una cultura SG Ero a Parigi e ho comprato un multiplo di un artista, Julio Le Parc. chiara, tant’è che all’interno dell’associazione convivono diverse anime.
acquisita in maniera solida e profonda. Si fa fatica a farla incontrare con un’altra Una scatola di legno con dietro dei cartoni con dei disegni geometrici A partire degli anni ’80 AIAP vive una nuova e florida fase, durante la
cultura altrettanto approfondita, ma diversa, con origini diverse. Quindi che e davanti tutta una serie di lamelle, che a seconda di cometi muovevi quale il campo si definisce in maniera più precisa, allontanandosi dalla
queste cose siano compatibili non è così semplice. Per questo è difficile, perché e le guardavi rompevano il disegno che avevano dietro, i riflessi visione artistica del mestiere. Simbolo di questo momento è il cambio
è un mestiere molto personale, è difficile condividerlo. moltiplicavano il disegno. Io l’ho ripetuto con delle immagini di denominazione, che diventa “Creativi della comunicazione visiva”,
Su che cos’è lo scontro? Sul gusto, sulle idee? per la Biennale. Non c’è mai un modo unico di affrontare un cliente. abbandonato in seguito. Progetto fondamentale di AIAP è la Carta del
Ma un po’ sul gusto, ma il buon gusto è una cosa un po’ strana. Evidentemente Ci sono delle occasioni o delle coincidenze che ti fanno affrontare progetto grafico, del 1989, che ha guidato la struttura associativa negli
un po’ influisce. La cosa fondamentale è come si mettono insieme le cose il cliente in un certo modo. Capisci perché faccio le cose con piacere? anni a venire. Questo documento osservava la centralità della grafica
del progetto, che tipo di struttura si dà, dopo aver avuto un’idea di partenza che Perché mi sono divertito. all’interno di un sistema di comunicazione sempre più incombente nella
in qualche modo va a caratterizzare la forma finale del progetto. Il buon gusto vita quotidiana. Al progetto grafico doveva così essere riconosciuta
lo diamo quasi per scontato. Ognuno ha il suo, non è universale, ci sono molti la sua dignità e responsabilità. L’impegno dichiarato nell’ultimo articolo
“buon gusti”. Ma perché nascono da culture diverse, che hanno un buon gusto della Carta era quello di promozione e divulgazione della disciplina nei
che si rappresenta in maniera diversa. confronti della società e di lavorare in assonanza
E che rapporti ha avuto con i suoi clienti? con le organizzazioni internazionali e nazionali.
C O M M I T T E N Z A Sempre buono, anche perché ho avuto dei clienti con cui ho stabilito rapporti Dalla mia indagine, su un campione di 95 studi, risulta che il 31,9% di loro
quasi di amicizia, di confidenza, sicuramente non distaccato. Rapporti piacevoli, è iscritto almeno ad AIAP, il 60% a nessuna associazione, ed una restante
facili, mai avuto grossi problemi. Le agenzie di pubblicità per esempio vanno percentuale ad altre associazioni (ADI, AGI, AIGA, Beda, TDC, ecc).
a cercarsi il cliente e alla fine vengono scelte abbastanza casualmente. Gli interrogativi che mi pongo sono diversi. La prima cosa, che potrebbe
Io non sono mai andato a cercarmi un cliente, è sempre stato il cliente a venire espandersi a un discorso generale, consiste nel mettere in dubbio
a cercare me. Questo è stato un enorme vantaggio, si è sempre stabilito un il concetto di associazione. Ovvero mi chiedo se oggi questo tipo
rapporto molto diverso da quello che c’è fra un’agenzia e un cliente. Sono stato di aggregazione trova ancora interesse nei professionisti. Se questo
fortunato, ho avuto sempre persone con cui riuscire a parlare, argomentare, tipo di dinamica ci appartiene, se significa qualcosa per noi o se,
litigare, ma per avere uno scambio di opinioni con un senso, non gratuitamente. semplicemente, ci crediamo. La mia sensazione è che la risposta sia
Riesce a definire una differenza fra gli studi negativa. Nel frattempo in Italia la professione del grafico continua
e le agenzie quindi? a non godere di grande riconoscimento. In linea teorica questo
A G E N Z I A Attenzione, sono due professioni diverse. Le agenzie si occupano di pubblicità
E S T U D I O e comunicazione di un certo tipo e sono spesso e volentieri anonime, non
Un progetto dura. porterebbe a pensare che un’aggregazione che si impegni affinché
i problemi vengano affrontati possa essere utile in questo senso.
si sa bene chi sia chi fa che cosa. Lo studio è basato sulla persona. Il mio studio
professionale ero io, il responsabile ero io, di qualsiasi cosa succedesse dentro
È un inserimento che si fa La scarsa partecipazione dei professionisti in AIAP è il segnale che
l’associazione non riesce a catalizzare queste criticità e non rappresenta
e fuori lo studio. C’erano degli assistenti, ma io c’ero sempre. Le agenzie per
me sono pubblicità, poi gli capita di fare grafica. Fanno anche cose di grafica,
in un panorama ampio una risposta valida? Forse ad oggi esistono altri mezzi più efficaci e nel
quale è più facile riconoscersi? Si aprono quindi una serie di potenzialità,
ma sono un complemento alla comunicazione, perché non possono fare a meno
di farlo. Partono da filosofie progettuali completamente diverse dagli studi
di cose che esistono, di proposte per un futuro dell’associazione, che tenga conto della forma
che dovrebbe assumere nel 2018 per sopravvivere. Non è la necessità
che funziona, che si vede
100
e che serve, se no va nel
marasma ed è inutile. — SG
CONVERSAZIONI
Abbiamo questa eredità
di rappresentazione ad essere sparita, gli scopi dell’associazione L’intento è stato, soprattutto nella prima serie, di: presentare gente sconosciuta,
potrebbero ancora essere attuali. Il graphic designer in Italia ha ancora di una grafica eroica, presentare archivi sconosciuti, catalogare, divulgare e aprire l’archivio. E sperare
bisogno di affermare la sua posizione e possibilmente di evolverla,
il lavoro in questo senso non è affatto finito. che ammiriamo, studiamo che succedessero delle cose.
Quante copie sono state stampate?
Michele Galluzzo è tra coloro che hanno ideato e realizzato, all’interno
di AIAP, il progetto dei CDPG Folders. Questi opuscoli sono uno e difendiamo con La cosa interessante è che hanno circolato più di quello che mi aspettavo,
alcune copie sono andate sold out. Erano in stampa digitale ed era un numero
dei rari casi attraverso il quale l’archivio dell’Associazione si è aperto
e mostrato al pubblico, un prodotto interessante realizzato in tempi orgoglio, ma c’è un senso che poteva rinnovarsi periodicamente, le prime tirature erano di 300 copie.
Però comunque era uno strumento molto agile. I primi due, Ilio Negri e Silvio
recenti dall’AIAP. L’archivio del Centro di Documentazione del Progetto
Grafico rappresenta ad oggi la ricchezza maggiore dell’Associazione,
di frustrazione quando Coppola, sono andati in ristampa. Spesso mi capita di incontrare gente che
vi si è avvicinata. Erano distribuiti nelle librerie di settore, b-r-u-n-o a Venezia,
che è fondamentale difendere e valorizzare. Galluzzo non è una voce
ufficiale dell’AIAP, proprio per questo ho scelto di parlare con lui.
comprendi che non è più Hoepli a Milano, eccetera. Su Amazon, qualcuno li ha anche rivenduti su e-Bay.
Avrebbero potuto girare ancora di più, in realtà.
La conversazione sui Folders è lo spunto per alcune riflessioni
sul presente dell’Associazione.
ricreabile una cosa del Il secondo anno si è cominciato a rivedere la dinamica e c’è stata un po’
di stanchezza da parte di tutti quelli che ci lavoravano. Ognuno aveva altre cose

3.4.1 28 06 18
genere in Italia, non solo da fare, c’è stato un cambio di direzione in AIAP. In quell’anno è arrivato Luca
Pitoni, con il quale abbiamo rivisto i Folder. Il suo apporto è stato anche quello

Michele Galluzzo in Italia forse. — MG di divulgare l’archivio, sempre su questa linea dell’apertura, ma attraverso
S O C I A L Instagram. È stato un approccio di diverso tipo. I folder erano un incentivo alla
ricerca, Instagram ha una funzione straordinaria di diffusione a un pubblico
Parlami del tuo lavoro sui CDPG Folders. diverso. Più superficiale, ma non con accezione negativa, spesso ci si innamora
Come sono nati e con che scopo sono delle cose solo guardandole. Era un altro tentativo, differente, di apertura
stati pensati? dell’archivio.
Io sono arrivato in AIAP attraverso un’esperienza all’interno del Centro di 9 Avete scelto di fare un oggetto stampato,
Documentazione, facendo ricerca come stagista e per la mia tesi specialistica potevate farlo anche digitale…
per l’ISIA, che è nata proprio lì e l’ho portata avanti all’interno dell’archivio grazie Le risposte possono essere più di una. La prima è che semplicemente nessuna
A R C H I V I O al loro materiale. Ho iniziato così a rendermi conto che quello che l’archivio delle figure in campo, compreso me, avevano una professionalità tale da spingere
comunicava all’esterno era una piccolissima parte rispetto a quello che avrebbe sul versante digitale. Tenendo presente che tutto questo si svolgeva in una
potuto fare, e a quello che costantemente acquisiva. Era un problema di fondo dinamica puramente gratuita. Seconda cosa, sul sito AIAP ci sono tutt’ora
quello della comunicazione e dell’apertura dell’archivio. Un altro problema era dei vincoli abbastanza seri, ormai un po’ obsoleti. La terza risposta è che in realtà
la catalogazione, nessuna persona, nemmeno ad oggi, di quelle che abbia lavorato il sito del Centro di Documentazione sul Progetto Grafico comunque è tutt’ora
all’interno dell’archivio è mai provenuta da esperienze di scuole d’archivistica attivo e costantemente postano del nuovo materiale. Infatti una delle reference
o di formazione come archivista. Inevitabilmente c’erano delle carenze. Io neppure, A R C H I V I O per i folder era l’impaginazione del sito del CDPG. Il sito funziona, ma non
non ho mai avuto esperienza di questo tipo e nemmeno con software dedicati aiap.it/cdpg O N L I N E è cliccatissimo, credo. Probabilmente ci sono archivi più poveri che fanno più
a problemi del genere. Però ero consapevole delle problematiche e sapevo che visite, che vengono citati di più, che girano di più.
all’interno dell’AIAP di tanto in tanto si svolgevano delle mostre di presentazione I Folder continuano ad essere pubblicati?
degli archivi acquisiti, mostre circoscritte ad un parterre di eletti, quasi sempre 02 F DP Fondo Diego Prospero, Aiap Edizioni, Febbraio 2015. Non proprio. Non sono più io che seguo la grafica. L’ultimo che è uscito riprende
soci AIAP, quasi sempre ad invito, a numero chiuso, inspiegabilmente. il layout parzialmente e la dicitura “F”. Però non può essere considerato un Folder,
Ho fatto uno più uno, era un periodo in cui avevo voglia di contribuire per perché non c’è nessun saggio critico dentro. Non ci sono immagini catalogate
far succedere qualcosa. Volevo fare delle cose belle e che mi piaceva fare, delle con la dicitura e non è un vero e proprio fondo, ma una mostra di fotografi
pubblicazioni, in fondo venivo dall’ISIA, quello sapevo fare. Quindi ho pensato di e grafici. Ci sono cose che provengono da vari fondi, non è un fondo unico che
fare un progetto molto semplice, che non togliesse tempo a nessuno, compreso viene presentato.
P U B B L I C A Z I O N I me. Un progetto seriale, di pubblicazioni smilze. Troviamo semplicemente uno L’archivio continua a raccogliere materiale?
stampatore e quando arriva un nuovo fondo, che viene scansionato o fotografato, Anche materiale nuovo, del contemporaneo?
e dal momento che deve essere catalogato e come incentivo affinché venga Sì, ma non del contemporaneo. Accolgono delle donazioni, non credo che
C ATA LO G A R E catalogato, facciamo queste piccole pubblicazioni. La prima nota che si trova stiano catalogando. In generale c’è una carenza di archivisti, non credo esista
nella pubblicazione, a partire dal titolo, ma anche le didascalie, sono i codici. davvero un inventario reale ed aggiornato. Non stanno raccogliendo materiale,
Inevitabilmente fare i Folder è diventato anche un modo per catalogare. salvo quello che viene realizzato dai grafici per AIAP, oppure ospitano qualche
È stato uno stimolo sia da questo punto di vista che per aprire i fondi, perché workshop e poi ricevono donazioni.
le mostre sono diventate collettive, si sono aperte a tutti. Chiedevamo a gente In generale l’archivio nel passato era solo legato all’Associazione,
che ruotava attorno all’AIAP, di scrivere dei saggi brevi sull’attore trattato, che da quando Mario Piazza ha iniziato ad impegnarsi al fine di avere un archivio
non richiedessero neanche lì tanta perdita di tempo, dato che il lavoro era quasi è iniziata una metodologia di acquisizione più sistematica e hanno iniziato
sempre volontario. P U B B L I C A a raccogliere. Il cuore dell’archivio è tra gli anni ’50 e gli anni della pubblica
Alla fine la prima tiratura è stata di cinque Folder, che volutamente al loro 10 U T I L I TÀ utilità. Quindi da quando è stato fondato AIAP alla stagione della pubblica
interno avevano poco spazio vuoto, perché l’auspicio era quello di mettere più utilità, che poi sono anche gli anni più gloriosi dell’Associazione, non a caso.
cose possibili, affinché grafici o studenti potessero scorrere questo catalogo O almeno quelli raccontati in maniera più gloriosa.
di immagini, messe in ordine puramente alfabetico, senza alcun altro senso. Sul contemporaneo secondo me non hanno niente, l’archivio invece
Cosicché scorrendo i folder si potesse avere idea della consistenza minima del C O N T E M P O – dovrebbe raccogliere e sistematizzare anche questo. C’è sicuramente
fondo, per poi tornare e avviare delle ricerche. Un altro vincolo era che si evitava R A N E O la complessità del digitale, però penso che sia per loro più una scelta. Il fascino
di fare una mostra o pubblicazione su figure note. Questo incontrava già lo spirito è ancora sul quel periodo del passato, in cui la grafica era gloriosa. Hanno
interno dell’AIAP perché sia Francesco Guida, Lorenzo Grazzani e Mario Piazza, anche collaborato con grafici contemporanei, quelle cose le acquisiranno.
erano interessati a spingere l’acceleratore sul fare ricerca su figure minori. Un’altra cosa che fanno è accogliere tesi di studenti.

101
Come ti spieghi il fatto che rappresentassero i cattivi del graphic design. Così facendo,
molti professionisti non sono soci? ho nuovamente capito di non possedere le basi per avere un’idea
ASSOCIAZIONE I motivi sono tanti. Fondamentalmente perché secondo me l’associazione e dunque farmi un’opinione.
si è un po’ allontanata dalla realtà. Innanzitutto c’è una difficoltà da parte Il termine “agenzia” è molto vago, perché in realtà ne esistono varie
di una certa generazione di riconoscersi con l’associazione, con il concetto tipologie. Nell’ambito di questa ricerca l’interesse cade sulle agenzie
di associazione. Credo che i nostri genitori fossero molto più propensi di branding e sulle consultancy, ovvero luoghi in cui il progetto grafico,
ad associarsi rispetto a noi. Secondo me una persona della mia o tua età negli pesantemente influenzato da questioni commerciali, di strategia
anni ’70 era mediamente all’interno di un’associazione. Le associazioni stanno e marketing, è ancora al centro dell’offerta. Non si prendono qui
scomparendo, forse a favore di aggregazioni di diverso tipo. Non è più neanche in considerazione le agenzie pubblicitarie.
fisica. Un altro problema risiede nella politica dell’associazione, che è fortemente Scopro così che le agenzie sono un luogo che può essere interessante
distante dallo scenario contemporaneo. per i graphic designer. Le agenzie puntano sempre di più sulla soluzione
Un grossa parte di soci AIAP si sono avvicinati perché AIAP è stata capace, grafica, volendo sfatare il mito legato alla scarsa qualità della loro
D I B AT T I TO in alcuni momenti, di fare due cose. Da una parte catalizzare il dibattito politico, produzione. Le agenzie offrono sempre di più servizi simili a quelli
sociale, e quindi di diventare un punto di riferimento per un certo pubblico dello studio grafico, ma hanno un peso e un impatto molto più copioso
di professionisti. Chiaramente mi riferisco alla pubblica utilità, come un momento sul panorama visivo, grazie a clienti che generalmente sono grossi
che ha incarnato questo dibattito interno alla disciplina. Questo ora non lo e con grandi risorse. Per questo i grafici non dovrebbero snobbare
sta facendo, i dibattiti che ci sono oggi all’interno del graphic design, su scala le agenzie: per chi vuole, costituiscono un territorio nel quale trovare
nazionale e internazionale, non trovano quasi mai ripercussione nell’AIAP, se non un’occupazione che sia soddisfacente dal punto di vista lavorativo
nel suo organo, un figlio un po’ anomalo, che è «Progetto Grafico». Figlio dell’AIAP 11 ed economico, ma anche perché rappresentano una potenza nell’ambito
fino a un certo punto, più spesso è solo AIAP ad essere l’editore. della produzione del visivo. Nel corso della storia recente gli studi grafici,
Una cosa che aveva fatto benissimo ad AIAP per molti anni è essere volenti o nolenti, hanno lasciato molto spazio alle agenzie, spostando
PROFESSIONE professionalizzante, interessandosi al dibattito sul lavoro, sulla professione. la loro azione soprattutto sulle nicchie. Arte, cultura, editoria sono
Sposando quindi la causa del diritto al lavoro, si è battuta perché la grafica fosse gli ambiti che danno più lavoro agli studi grafici, non a caso sono ambienti
insegnata nelle scuole, che ci fosse in qualche maniera un’attenzione sullo stato in cui il livello culturale è già alto. Varrebbe la pena, forse, riflettere sugli
della professione, sui lavoratori. Uno degli emblemi di questo tipo di battaglia è la obiettivi che dovrebbe avere lo studio grafico nel futuro se vuole tentare
Guida agli onorari che non viene più ristampata, e non penso che se venisse fatto 12 di avere un impatto di natura culturale sul sistema. Chiaramente le scelte
risolverebbe i problemi, però era sintomo di una certa attitudine. Per esempio e le prese di posizione dipendono in questo caso anche dai valori etici,
quando AIAP ha preso le distanze da un certo tipo di cartellonismo, ha vissuto sociali, politici di ognuno.
al suo interno un dibattito professionale. Questo non succede ora. AIAP Quelle riportate di seguito sono due conversazioni che mi hanno aiutato
potrebbe, fra le altre cose, assolvere alla funzione di infopoint per una quantità molto nel provare a definire e cogliere la differenza fra il mondo dello
straordinaria di studenti spiazzati o precari che affollano le loro camerette, studio e quello dell’agenzia. Dato per assodato che è molto difficile
e nient’altro. Potrebbe essere questo, ma non lo è. impostare delle caratteristiche assolute che discriminino nettamente
È distante dal dibattito critico legato al graphic design, sia sulla uno dall'altro, è chiaro che entrambe le visioni sono dei punti di vista
professionalizzazione che sullo stato di salute del lavoro di grafico. È una cosa personali, che per me assumono un grande valore perché provenienti
drammatica, che allontana e non invoglia. Abbiamo questa eredità di una grafica da esperienze dirette sul campo. La prima intervista è a Filippo Donisi,
eroica, che ammiriamo, studiamo e difendiamo con orgoglio, ma c’è un senso figura che ho scelto perché trovo la sua esperienza particolarmente
E R E D I TÀ di frustrazione quando comprendi che non è più ricreabile una cosa del genere interessante. Donisi è passato a lavorare dallo studio grafico Leftloft
in Italia, non solo in Italia forse. Tutte queste cose fanno di AIAP un’associazione a una grossa agenzia, Interbrand. Il transito fra i due mondi doveva
che progressivamente si sta spopolando. Mi dispiace molto perché tutto questo per forza aver messo qualcosa in luce. La seconda intervista è invece
influisce anche sull’archivio storico, che è un luogo che dovrebbe essere aperto ad Elio Carmi, uno dei fondatori dell’agenzia di branding Carmi e Ubertis.
e accessibile molto più di quanto non è ora. Dovrebbe avere una pianificazione La sua visione è ben strutturata e definita, basata sul pensiero che
più sensata. Per la qualità e quantità di materiale che c’è, AIAP potrebbe il design non possa eludere dalla nozione di progetto, ovvero un processo
tranquillamente sopravvivere senza tesseramenti, a partire dagli investimenti che dal prototipo arriva alla moltiplicazione seriale e che porta con
sul materiale che hanno. L’archivio potrebbe diventare casa editrice, potrebbe sé senso e comunicazione. Ciò che è risultato da queste conversazioni
sostenersi. è andato oltre le mie aspettative. Trovo sia essenziale indagare questo
Che futuro vedi? Pensi che se mai succederà punto di vista per interrogarsi su che posizioni prendere e quali contributi
qualcosa di simile avremo ripercussioni positive? come designer.
FUTURO Non ho idea, forse AIAP non esisterà più. Non possiamo sapere cosa potrebbe
succedere, non si può dire. Dovrebbero arrivare una serie di persone con un forte 3.5.1 13 07 18
spirito associativo, dovrebbero entrare una pluralità di punti di vista, una grande
apertura e contaminazione. Se succedessero tutte queste cose, potremo solo Filippo Donisi
stare meglio.
Qual era il tuo ruolo nello studio e quale ora?
Progetto Grafico 32. Qui, altrove / Here, elsewhere, Autunno 2017, Quali differenze vedi?
Aiap Edizioni, Milano. T I TO L I Il ruolo che ricoprivo nello studio era lead designer, che è una forma di designer
3.5 “Agenzia” è una parola alla quale ho sentito spesso riferirsi con Guida agli Onorari 2007, Aiap Edizioni, Milano 2007. manageriale, non proprio a livello veramente manageriale, ma di coordinamento
AGENZIA accezione negativa, tant’è che questo pregiudizio si è depositato nella dei gruppi. Quello che sono andato a fare nel nuovo ufficio è head of design,
mia mente fino a renderlo una realtà. La questione si è risvegliata solo che sostanzialmente è la stessa identica carica a livello di responsabilità ed
nel momento in cui dovevo capire quale fosse la sua effettiva differenza è un po’ più conosciuta a livello di nome nel panorama. Quando si parla di design
rispetto allo studio. Ho allora cominciato a chiedermi esattamente lead può essere qualsiasi cosa, nel senso che anche un creative director può
“agenzia” cosa fosse, tralasciando volutamente l’idea ingenua che essere un design lead nel momento in cui ha la l’onere di un progetto, mentre

102 CONVERSAZIONI
In uno studio le scelte,
head of design è proprio il titolo che si dà a chi ha il compito di organizzare A G E N Z I A Secondo me in uno studio di grafica le scelte, le decisioni, il modo di lavorare,
il progetto con il gruppo e seguirlo fino alla fine. le decisioni, il modo E S T U D I O le proposte che vengono fatte, sono guidate dalla grafica. Sostanzialmente metti

di lavorare, le proposte
Parlami di come funziona in campo delle soluzioni per il tuo cliente relative a quello che tu sai come grafico,
il nuovo ambiente in cui lavori. quindi dal punto di vista gestaltico, soluzioni visive che secondo te funzionano.
D E F I N I Z I O N I Prima di tutto devo fare una premessa. Io in questo momento non sono
in un’agenzia ma in una consultancy. La differenza è leggera. L’agenzia si occupa che vengono fatte, sono Non so, scegli il rosa perché ai millennials piace il rosa e perché sta bene
all’interno di una composizione. Mentre in una consultancy le scelte sono guidate
principalmente di portare a termine il deployment delle cose, in una relazione
con il cliente day-by-day. Se c’è un progetto, oltre che occuparti della parte guidate dalla grafica. da un fattore strategico. Sostanzialmente ci sono le analisi degli analisti, da noi
sono interni, che decidono che il target di riferimento ha una serie di consumi
creativa, quindi ideare un brand o una campagna, tutti i giorni mandi materiale.
Si occupa della produzione, di fare gli esecutivi. Il cliente con l’agenzia ha questo
In una consultancy ad esempio, e quindi si va a toccare quelle leve. Spesso si crea un’identità
in relazione a degli obiettivi che vuoi raggiungere.
rapporto: mi serve una cosa, questo è il modo in cui mi serve e mi serve un
file esecutivo pronto per essere mandato sui canali stampa, digital, pubblicità.
le scelte sono guidate In tutto ciò che peso ha la qualità
del graphic design che risulta?
La consultancy è un po’ diversa, nel senso che tu fai consulenza
L AV O R O nei confronti del cliente. Ci si occupa del processo creativo, di ideazione
da un fattore strategico MEZZO Io penso che la grafica sia un mezzo, non un risultato. Il mezzo attraverso il quale
trasmetti un prodotto fisico, un prodotto digitale, un allestimento, un headquarter.
e compilazione delle norme che guideranno il brand e la campagna, ma non
della distribuzione, che viene affidata a qualcun altro che seguirà le tue linee
— FD La grafica ti serve affinché tutto quanto sia funzionale a quello che vuoi fare.
Il cliente è felice se l’esperienza complessiva è interessante, ma non credo che
guida. Il massimo che puoi fare per il tuo cliente, come servizio, è offrirgli una dal suo punto di vista ci sia un’attenzione per il font, o il kerning… Se parliamo
supervisione sull’agenzia che andrà a implementare il sistema. Dal punto di vista di grafica come dettaglio, io credo che dovrebbe essere abbassata l’importanza
grafico tu metti già in campo tutti gli elementi. Se si tratta di produrre un brand, Q UA L I TÀ che le si dà. Non abbassata la qualità, attenzione. Devi sempre dare il massimo
disegni il logo, il sistema di identità visiva, le guideline. Se si tratta di un sistema come qualità, devi sapere qual è il modo giusto di fare le cose e conoscerne
editoriale, disegni la gabbia, la griglia, la palette tipografica, le pagine. Tu quindi tutte le caratteristiche, per dare qualcosa di altissima qualità. Quello che deve
fai fisicamente queste cose. Dopodiché distribuisci le istruzioni a chi poi porta percepire il cliente è la qualità e basta.
a termine il libro ad esempio, con il testo vero, le problematiche legate al fatto Perché un cliente preferisce di rivolgersi a
che la pagina non può cadere sulla destra o sinistra, tutte quelle cose che un’agenzia invece che a uno studio, o viceversa?
conosciamo bene visto il background che abbiamo, ma che non facciamo più. AGENZIA E Lo studio, quello che ti offre in più, è un tailor made design. Costa poco e un
Per un logo, su come verrà applicato nella realtà noi diamo dei suggerimenti, STUDIO cliente riceverà una dedizione maggiore da parte di questi ragazzi, che faranno
ma poi della parte tecnica se ne occupa l’agenzia. Non inviamo file esecutivi un design su misura per lui.
in produzione. La consultancy offre una solidità. Molto spesso c’è un network, quindi
Quando eri nello studio lavoravi sostanzialmente il cliente sta comprando Interbrand, che ha sedi a Londra, Parigi, New York,
con designer, mentre oggi? San Francisco e se il suo business è grande, sa che può essere gestito dai vari
Sì eravamo uno studio composto dal 90% di designer, questo è un bene come uffici, ovunque. Non ci saranno mai problemi di personale ad esempio, ci sono
un limite. Si è chiamati a svolgere una serie di mansioni che nella consultancy un sacco di persone che possono subentrare e lavorare al tuo progetto.
invece non fai, ovvero mansioni più legate al management del progetto. Costa molto di più, ma si ha la certezza che le consegne saranno in tempo, che
Preventivi, stima dei tempi, dei costi, relazione con i clienti. Queste sono cose il rapporto sarà costante e che esiste un network di professionisti per te. Quando
che da design lead dovresti fare per quanto riguarda la tua parte, nel senso invece hai bisogno di un rapporto umano e personale, lo studio ce l’ha. Però ci
che tutt’ora mi relaziono con il cliente per raccontargli le scelte di design, sono delle mancanze dal punto di vista dell’organico. Meno persone che lavorano,
per argomentarle, per portare in qualche modo la nostra visione in una maniera ritardi nelle consegne…
professionale. Però di sicuro non mi occupo del day-by-day, cosa che prima C’è qualcosa che porteresti dallo studio alla
facevo. Rassicurare il cliente sulla consegna che arriverà in orario, rassicurarlo consultancy e viceversa?
nel momento in cui ci sono problemi dal punto di vista commerciale, occuparmi Dalla mia esperienza passata quello che porterei è un fattore culturale.
di stimare i costi e farli rientrare in un sistema di tempi. Queste sono cose Nello studio si sviluppa un ambiente culturale a 360°. Normalmente la gente che
che facevo prima e che adesso non faccio più, fortunatamente. lavora in un studio ha interessi vari e non sente quella tipica corsa al business
Il tipo di progetti che fai oggi è molto diverso della quotidianità milanese. Nella consultancy c’è un’intelligenza particolarmente
da quelli che facevi nello studio? attaccata al business. Quindi sono persone che pensano in maniera molto giusta,
Lo studio faceva molti progetti editoriali. Leftloft è molto conosciuto per le skills ma per quanto riguarda il business e non in totale. Secondo me se vuoi essere
in campo di visual identity legato all’arte e di produzione di libri. Qui libri non un bravo progettista, un bravo lavoratore, devi capirne di business quanto
ne facciamo, a meno che, come è successo in un paio di occasioni, io ho messo di musica, arte, cultura in generale. Tutto serve ai fini della riuscita del lavoro

Penso che la grafica sia


in campo questa capacità che avevo acquisito da Leftloft. Ho proposto allora NICCHIA ottimale. Non puoi progettare se non conosci il contemporaneo, se non conosci
di vendere anche il progetto del libro, perché lo sapevamo fare. È qualcosa cosa va di moda fra i ragazzini o fra gli anziani. Se non sai una serie di cose è
in più, perché il libro non è una cosa che tendenzialmente si fa. È visto sempre
B R A N D I N G comunque come un’idea di branding, suggerisci al tuo cliente di fare un house un mezzo, non un risultato. molto difficile fare un buon progetto, perché lo fai attorno a un mondo autoriferito
a te stesso, alla tua nicchia, alle cose che piacciono a te, è limitante.
organ o un libro, ma come operazione di visibilità. Poi magari finisce che glielo
fa qualcun altro, questo è quello che normalmente accade. Quando mi hanno Il mezzo attraverso il quale Collaborate o chiedete consulenza
a graphic designer esterni?
assunto da Interbrand hanno preso anche queste mie competenze in più, così
molto spesso siamo in grado di gestirlo dentro.
trasmetti un prodotto GRUPPO Abbiamo un team abbastanza elastico. All’interno siamo strutturati così: c’è
un team di design, uno di analisti e consulenti business e un team di client service.
Per quanto riguarda invece il branding, i progetti più o meno sono simili
rispetto allo studio. Vengono approcciati in maniera diversa, ma c’è sempre
fisico, un prodotto digitale, Quest’ultimo è il team che si occupa del rapporto con il cliente, sono i project
manager insomma. Gli analisti fanno gli assessment, ricerca dati, definiscono la
un’azienda che arriva da te e ti chiede una nuova immagine, o una start up che
ti chiede un’immagine da zero.
un allestimento, traiettoria del business di chi viene da noi. All’interno del team di design abbiamo
dei graphic designer, perché dobbiamo essere autonomi. Però per garantire
Come cambia l’approccio dunque
in questo tipo di progetti?
un headquarter. FREELANCE i risultati al meglio, ogni tanto facciamo scorpacciata di freelance che ci aiutano
a gestire dei progetti. Non è che li chiamiamo per aiutarci a “vedere” il design
La grafica ti serve affinché
tutto sia funzionale 103
a quello che vuoi fare — FD
che stiamo facendo, internamente siamo strutturati specularmente a uno della rivoluzione industriale si è evoluto fino ai primi del ‘900. Ciò richiedeva
studio di design. C’è un creative director, due head of design, dei senior graphic più verticalità, il che fece sì che siano esistiti personaggi, come Behrens,
designer, dei graphic designer, identico a uno studio. Quando prendiamo che facevano tutto. Lui cos’era? Un artista? Un architetto? Un type designer?
le persone in più è semplicemente per poter gestire più progetti. Non si Un grafico editoriale? È difficile definire il suo ruolo. Era sicuramente inquadrabile
va a cercare una particolare competenza o aiuto. Sicuramente cerchiamo in un territorio autoriale, però era quell’autorialità che non è quella dell’artista.
competenza, in generale, cerchiamo gente brava, capace, rapida, che sa fare Lui era autore di una marca. Quindi impersonava in sé stesso i valori della marca.
delle cose di alta qualità. C’è abbastanza cultura su questo. Non è che uno vale E la marca era omologa all’autore, non c’era chiarezza di cosa dovesse essere
l’altro. I freelance che ruotano attorno a noi sono persone abbastanza formate, la marca e cosa l’autore. Le cose vanno avanti, man mano questi artisti-designer
tanti dall’ISIA per esempio. C’è una volontà di uscire da quell’idea che per forza fanno di tutto. Munari era un artista-designer, non erano ruoli separabili.
la consultancy/agenzia debba produrre cose pop e di basso livello, mentre Lui era un eclettico, mancava la musica e poi aveva toccato tutti i campi. Però era
lo studio debba fare cose “alte”. Viceversa, anche da Leftloft ci si era stufati un prototipo di designer che sapeva percepire i valori del soggetto che doveva
di essere quelli che facevano le cose raffinate e sofisticate, ma si è cercato interpretare. Nel momento in cui affronta l’editoria, lo fa in un’ottica di editoria
di andare verso una dimensione più pop, più commerciale. 13 Einaudi, il Saggiatore, il Club degli Editori. Lì lui non è Munari, è il Club degli Editori.
Quindi l’attenzione alla “qualità” non si può Una grande consapevolezza. Queste cose vanno avanti sulla linea del progetto.
considerare come la differenza fra i due? Poi c’è la linea del prodotto, massificato, che prima non esisteva,
AGENZIA E No, non più. Le agenzie alla fine hanno assunto la consapevolezza di fare cose che man mano comincia ad essere prodotto industrialmente e ad aver necessità
STUDIO brutte, e hanno reagito comprandosi i professionisti che escono dagli studi di identificare meglio la propria proposta rispetto a quella degli altri. Nel momento
per aumentare la qualità. All’interno di un luogo come Interbrand i freelance Bruno Munari, copertine per Club degli Editori, serie B. in cui ci sono tanti dentifrici, il mio non può essere standard ma deve avere
che girano hanno un’alta formazione grafica. Abbiamo mezzo ISIA che lavora una sua storia, e quella storia non la raccontano più i designer, la raccontano
da noi. Non esiste più quella cosa per cui dentro le agenzie c’è “Gino bravo dei narratori. I narratori sono sceneggiatori, registi, direttori creativi. Vanno nel
con Photoshop”. Quello che vedo io, essendo passato da uno all’altro, è che mondo della comunicazione, non in quello del progetto, che è un altra cosa.
la consapevolezza è la stessa se non maggiore. Interbrand cerca di assumere Il mondo della comunicazione va sul versante sensoriale, non razionale. Un conto
gente ben formata e con un pensiero critico. è la ragione del progetto, un conto è l’emozione del progetto. Questa emozione
Se vuoi una differenza tra studio e agenzia, può essere che l’agenzia è più del progetto ha funzioni e ruoli, e una complessità molto ampia. Perché fare
COMPROMESSI disposta a venire a compromessi. I contratti sono del tipo che per cui finché puoi comunicazione di massa vuol dire essere consapevoli di moltissime cose
difendere una tua idea alta ed elegante lo fai, ma il contratto e il cliente vincono e con la necessità di organizzarle. Si forma un lavoro collettivo, che non è quello
sempre. Se il cliente vuole una cosa brutta, tu la fai. Negli studi di design succede A U TO R E dell’autore. L’autore-individuo è sempre un individuo, può avere il suo atelier,
meno, gli puoi sempre ricordare che ti ha scelto perché vuole un certo tipo di ma è comunque una presenza che ha che vedere con l’autorialità. Invece l’altra
progetto che porti la tua firma. è una compresenza di diverse complessità: uso di molti mezzi, di molti strumenti,
Come vivi la scelta che hai fatto?
Non sento di aver sbagliato a fare questo passo. All’inizio avevo un po’
Costruire un sistema rivolgersi a molti pubblici, usare linguaggi diversificati, considerare riferimenti
culturali diversi. Mondi che hanno bisogno di essere molto interpretati, che
di pregiudizio, ma poi ho visto che si è appianata la differenza fra i due mondi.
Anzi io penso che nel breve termine gli studi di design (quelli di grandi dimensioni
tale di offerta per cui toccano altri argomenti: psicologia, antropologia, sociologia, media, massa.
Si lavora sulla quantità. Questi due mondi sembra che non dialoghino, in realtà
in Italia sono poi pochissimi) devono fare qualcosa per evolvere quello che ora
come ora non è più un tratto differenziante nel loro business. Una volta gli studi
il beneficio non è soltanto esistono dei grandi autori che lavorano per il mondo delle agenzie, esistono
agenzie che cercano l’autorialità, perché gli serve. Non tanto in Europa quanto
facevano le cose belle e le agenzie quelle brutte. Se il cliente voleva la cosa bella
andava dallo studio, se voleva tante cose e senza interessarsi alla qualità, andava
del cliente ma è del negli Stati Uniti, per dei motivi molto semplici. Gli Stati Uniti sono multiculturali,
hanno bisogno di traduttori per la complessità e la quantità. La popolazione
dall’agenzia. Adesso non è più così. L’agenzia avendo più potenza economica
si è comprata la competenza e ai designer che lavoravano negli studi hanno
pubblico. Se riesci a far europea è ancora molto razionale, con delle culture locali, non ha bisogno
di grandi complessità. Questi due mondi oggi non sono più separati. Non riescono.
offerto di andare da loro. quello, secondo me, hai Perché c’è un meccanismo dei media che è completamente saltato. Non esiste
Che futuro vedi per lo studio grafico? più il mass-media. Esistono i mezzi che dialogano con le persone e le persone
FUTURO Secondo me deve evolvere. Una strada potrebbe essere quella di insistere su fatto una buona cosa — EC che dialogano con i mezzi. Esistono le marche che dialogano con le persone
un aspetto del proprio modo di fare le cose. Quindi venire chiamati per fare un tipo e le persone che dialogano con le marche. Oggi il sistema è un sistema di relazione
specifico di lavoro, fai tutti i progetti nella stessa maniera, ma lo fai benissimo. diretto, si riesce a manipolare, ma se fai una gaffe, il pubblico ti spara e ti colpisce.
Tu come cliente così sai che se vai da loro e avrai un risultato fatto nel loro modo. Le aziende devono rispettare un modello etico molto forte. Nel momento in cui
Questa cosa da una parte può creare una noia, ma crea anche il fatto che Intégral Ruedi Baur Paris, Centre Pompidou. Zuckerberg sbaglia viene colpito pesantemente. Ed è il massimo del sistema che
il cliente va a ricercare proprio te perché sei il migliore a fare una certa cosa. Stefan Sagmeister, AIGA Detroit, 1999. può essere attaccato e viceversa.
Un po’ come avviene nel mondo degli illustratori. Questa può essere una strada, Nel mondo del progetto del design esistono due rami, molto radicali,
ma ci sono tanti futuri possibili. Io penso che in qualche modo lo studio dovrà che differiscono due approcci molto diversi. Il ramo autoriale e il ramo dei servizi.
trovare il modo di fare qualcosa. Se poi si evolveranno troppo dal punto di vista Ramo autoriale è quello che si rifà al romantico mondo della mitologia della
del business allora non ci sarà più la differenza con le consultancy, prendendo A U TO R E grafica, del design, dell’arte, dove io mi metto a fare delle cose e ne sono la firma.
project manager eccetera, non esisterà più la particolarità dello studio. C’è chi ci crede e c’è chi non ci crede. L’altro ramo è quello del servizio: io non sono
la firma, è un servizio sul sociale, io sono un interprete dei bisogni e mi metto
3.5.2 10 06 18 a disposizione del prodotto. Esistono degli studi che sono autoriali (Ruedi Baur,
14–15 Sagmeister…), dove c’è una persona sulla quale si è fondato un pensiero. Diciamo
Elio Carmi che quel pensiero è stato dirompente in un piccolo periodo, poi si è slabbrato.
Oggi se hai un’idea immediatamente viene percepita dal sistema della
Dove sta la differenza fra l’approccio comunicazione. Alla maniera di Sagmeister ce ne sono stati subito mille che
di un’agenzia rispetto a quello di uno studio? l’hanno copiato. È improbabile oggi affermarsi, benché il mito dell’artista viva.
S TO R I A Partiamo dalla fine del ‘700. C’erano artisti che facevano tutto e di più, non c’era Ma sono pochi, molti vorrebbero, pochi ci arrivano. Sei borderline fra il mondo
separazione dei ruoli e non c’era verticalità di conoscenze. Questo con l’arrivo dell’arte e il design, devi avere un grandissimo talento. Ed è comunque una scelta

104 CONVERSAZIONI
di campo. Devi credere in te stesso, essere un narciso, avere delle capacità, passa in un altro, cerchi di tenere il livello il più dignitoso possibile, a volte riesci
essere nel contesto giusto, osare molto. Caratteristiche classiche dell’autore. a fare delle cose ben fatte altre volte inciampi, accetti, ti stressi, ti stremano.
C’è poi tutto l’altro mondo che è quello del servizio, ovvero il 95% del resto del Quella è la quotidianità.
S E RV I ZI O mondo del servizio di grafica. Va dalla grafica più o meno anonima, quella che la Le agenzie lavorano sulla quantità e offrono servizi sulla quantità.
gente consuma, la gente non sa che la font de «Il Sole 24 Ore» è stata ridisegnata 16 Q UA N T I TÀ Ed è una cosa che fa piacere, hai fatto una cosa che verrà moltiplicata per milioni
da Luciano Perondi, non lo sa la gente, non gli interessa. Nella logica del progetto di volte. È l’arte nella sua moltiplicazione, anche se non è arte, hai fatto qualcosa
chi va in quello del servizio sa che sta facendo un servizio per il mondo, di più bello rispetto a quello che c’era prima. Cos’hai fatto un quel momento?
può essere d’accordo o non d’accordo su come gira il mondo, ma lavora per Magari niente, alla fine è tutta cartaccia, ma hai tentato di inserirti in un sistema
gli altri. Il cliente è un tramite, è colui che rende possibile la produzione. Morris, c-a-s-t.com in cui cerchi di fare il tuo, cioè migliorare il mondo. Una cosa piccolina, ciascuno
quando disegna la carta da parati, la vuol fare per rendere il mondo migliore, migliora il mondo come può. L’agenzia moltiplica in quantità, moltiplicazione
non lo fa per il gusto di disegnare la carta da parati. Lo fa perché così avrebbe fatta bene o male. Il grafico autoriale fa anche la quantità. Ad esempio, se
arricchito il mondo, che è un concetto universale. Secondo me questo concetto è specializzato nella moda e fa servizi di grafica per la moda. Ha disponibilità
è alla base del design. Non è l’autoriale, quello è artistico. Il mestiere dell’arte, economiche molto ampie, possibilità di agire attraverso fotografi di grande
dal mio punto di vista, è diverso. Queste due logiche hanno quindi una separazione qualità, fa campagne e spot straordinari. Moltiplica, la moda è un moltiplicatore
concettuale. notevolissimo. Stessa cosa se vale in editoria. Queste sono aree che moltiplicano
Poi ci sono le agenzie, che sono state stravolte negli ultimi vent’anni. anche l’autorialità.
AGENZIA Tutto quello che era lavoro d’agenzia, cioè costruzione di una struttura di servizio Si può dire che l’agenzia sia più
complessa, si sta modificando in funzione dei social, dell’accesso ai dati, di tutto “servile” nei confronti del cliente?
il mondo delle informazioni e della disponibilità. Qual è la soglia fra uno e l’altro? Nel momento in cui c’è un cliente esigente, mi metterà sempre in discussione.
In soluzione di assoluta continuità, se esiste una soglia, sta nel punto in cui Lui serve a me, ma io ho bisogno di lui. Si cresce tanto insieme negli anni, con altri
chi offre un servizio riesce a costruire un sistema tale di offerta del servizio si fa un servizio una volta e il rapporto finisce. Che il grafico singolo non sia servo
per cui il beneficio non è soltanto del cliente ma è del pubblico. Se riesci a fare di qualcuno ho dei dubbi, se leggo le cose di Steiner, io non vedo contraddizioni
quello hai fatto una sintesi fra servizio voluto, cliente che ti consente di produrre con quello che sto facendo io. Ma lui lo faceva per il PC, quando ha disegnato
o di fare circolare contenuti e contenuti che sono a questo punto pubblici. 17 «Il Politecnico», si trattava comunque di un organo dell’identità del PC: a modo
Se riesci a far quello, secondo me, hai fatto una buona cosa, hai fatto quella BRANDING suo era branding. Quella generazione di designer pochissimo autoriali e molto
che io chiamo agenzia di branding. Che non è graphic design, non è agenzia al servizio del sociale, ce n’erano molti sia nel disegno industriale che nella grafica.
di pubblicità, ma è valorizzazione di contenuti che comunque devono essere Gli autori adesso sono legati a un mondo dell’arte che valorizza una firma.
verticalmente validi per il mondo esterno. Chi si occupa di branding presta grande attenzione alla forma,
Lo studio grafico non fa questa cosa? ma non quella dell’autore, quella del cliente. Chi fa branding, se disegna una
Lo studio grafico che cos’è? È il singolo che disegna la font? Incide in una parte forma, lo fa in funzione di un obiettivo, e devi sapere qual è. La capacità che
del sistema, lo fa nel momento in cui il team che disegna la font serve ad un altro devi avere è capire quali sono i valori, quale la direzione, i risultati da attendere.
team che disegna la gabbia che serve a un altro team che disegna il sistema L’ottica in cui si lavora è improntata all’obiettivo finale. Più vicino a Machiavelli
di comunicazione. Il singolo fa parte di un meccanismo, il singolo oggi che ha una che a Spinoza.
competenza molto verticale, o la mette a disposizione degli altri o riesce ad agire R U O LO Io credo che visto che si va in un mondo sempre più bottom-up, il ruolo
NICCHIA poco, oppure fa l’artigiano. Se una persona fa la grafica per un produttore di vino, di chi fa questo mestiere sia di linguaggio. Per cercare di far capire a chi spinge
poi magari fa delle illustrazioni quando ha tempo, o sviluppa un progetto pro bono, dal basso all’alto qual è la qualità da cercare. Dal basso nascono i bisogni
fa le sue cose ma agisce in un territorio limitato, come un artigiano. da soddisfare (mangiare, bere, dormire) ma la qualità della vita non dipende
Non è svilente, tutt’altro, è una scelta. solo da cibo e acqua, dipende da che cibo, che acqua, che materasso. Il ruolo
Se vuoi tentare di agire nel sistema, si può fare anche facendo contro- Albe Steiner, «Il Politecnico», 1945. del designer è fare da ponte da sogni a obiettivi finali, facendosi interprete
grafica, l’altra grafica, dirompendo, ma comunque è qualcosa di autoriale. dei desideri, che sono una cosa più matura dei bisogni. Sono molto più vicini
Altrimenti puoi cercare di fare le cose al meglio possibile per dare qualcosa all’umanità. Uno di questi è il voler lasciare qualcosa, quello che qualcuno chiama
attraverso il progetto. Dai vantaggio al cliente di fare più soldi, entri in un sistema creatività. Nel mondo del design uno si può porre in modi diversi. Per chi fa servizi,
ECONOMIA economico, ti rendi partecipe di un sistema che sai essere discutibile, è possibile. la forma è secondaria, è conseguenza degli obiettivi. Chi ha già un proprio
Però in quel modo riesci a far delle cose che vadano fuori. Quanto vale fare bene linguaggio è primario, perché può modificarlo, ma il linguaggio di Sagmeister
una scatola, ad esempio, rispetto a farla male? Che peso ha moltiplicare in milioni è Sagmeister, deve affermare sé stesso non può fare diversamente.
di esemplari una scatola fatta bene da una fatta male? Quanto vale fare una In che senso il vostro approccio
grafica editoriale fatta bene, magari per una casa editrice che non ti piace, ma è design oriented?
che poi qualifica il prodotto, aumenta la qualità del progetto, educa sul campo DESIGN Noi mettiamo al centro il concetto di design, che non è la forma, è il concetto
del visibile le persone? Quanto vale fare una sigla televisiva fatta bene o male? di progetto. Il design dal punto di vista concettuale non è forma, è pensiero.
Alcune cose dipendono dal rapporto che hai rispetto al sociale. Se si ragiona in funzione dell’obiettivo, si fa design. Se Cracco pensa a un piatto,
Uno può stare fuori e fare l’outsider e vivere la sua vita, soddisfacendo fa design. Poi deve confezionarlo, allora c’è olfatto, vista, gusto, e interviene sugli
SISTEMA il proprio ego e non mettendosi in gioco. Va benissimo, ci vogliono anche le scelte aspetti estetici, che sono la forma di quello che vuole comunicare. È un approccio
così. Altrimenti c’è il mondo della partecipazione, con tutti i suoi limiti. Le agenzie di forma ma non formale.
di branding stanno nel sistema e possono valorizzare degli aspetti positivi. Lei che formazione ha?
Possono anche essere strumentalizzate, evidentemente, se ti metti in gioco SCUOLA Ero un pessimo studente, davo molti grattacapi ai miei. Poi ho fatto una cosa
ti sporchi le mani, non si può starne fuori. È una scelta soggettiva e individuale, che mi ha cambiato la vita, sono andato alla Scuola di Design di Novara. Lì
fa parte delle decisioni che si decidono di prendere nella propria vita. Michael 18 c’era Nino Di Salvatore, un personaggio straordinario che faceva parte del MAC,
Peters, Landor, Interbrand sono strutture che stanno in questa area. Lavorare per con Dorfles, Munari ed altri, e si era messo in testa che voleva fare la prima
aziende di alcool o tabacco, si può dire che fanno male, certo, ma si fanno le cose scuola di design d’Italia. Questa Scuola mi ha visto frequentare i corsi di visual
male perché fanno male, ci si rifiuta? È un problema soggettivo. Il mondo è fatto e industrial design, e ho cominciato a capire che la cosa funzionava. A 19 anni
di compromessi, a volte presenti una cosa e speri che passi in un modo invece ho cominciato a insegnare, da allora non ho mai mollato. È formativo insegnare,

Gruppo Mac alla Libreria Salto, Milano, circa 1951, 105


collage di Giovanni Monnet.
Dai vantaggio al cliente
devi porti delle questioni, se devi insegnare agli altri devi quanto meno fartele sull’economia, non l’ha mai fatto: non ha la capacità, non ha la cultura, non è stato
tu. Il mio modello è sempre stato un design di servizio, perché ritenevo che di fare più soldi, entri in grado di formarsi neanche a livello di corporazione. Questa cosa implica una

in un sistema economico,
fosse un servizio sociale da dover dare, alla maniera in cui i fondatori del design debolezza: se non si riesce a intervenire sull’economia del sociale non hai valore.
hanno pensato alle cose. Ho sempre perseguito questo percorso, a cavallo fra Non rappresenti un valore. Il numero di iscritti all’associazione di categoria AIAP

P R O G E T TO
il design industriale e quello visivo. Non eccellendo in niente, ho sempre lavorato
su percorsi progettuali. Il senso del progetto è quello che determina la qualità. ti rendi partecipe di un è piccolo, il peso è piccolo, di conseguenza è piccolo il risultato. È un peccato
perché la tradizione del design grafico c’è alla grande, dal ‘500 in avanti: le prime
Vale molto il metodo, a volte l’intuizione è del tutto secondaria. Questo tipo
di percorso, lavorando in provincia negli anni ’70, ti costringeva ad avere a che sistema che sai essere stamperie che producevano contenuto, disegnavano caratteri, inventavano
la carta, trovano i sistemi di rilegatura.
fare con persone che ti chiedevano tutto (sacchetti di plastica, scatole di caffè,
insegne, furgoni, etichette, stand delle fiere) e così ho imparato a fare tante cose, discutibile, è possibile. Nel futuro non so cosa sarà per il design grafico. C’è anche da dire che
F U T U R O i vari modelli di progetto lavoreranno sempre di più insieme, certi ruoli che erano
toccando tanti tasti hai un’estensione in termini di capacità di comprensione.
Ci si pongono delle questioni, e capisci che fare un progetto non è soltanto
Però in quel modo tipici del progettista grafico, oggi lo fanno le macchine. C’è una convergenza
in termini di obiettivi che renderà i ruoli meno separati. Oggi trovi persone che
fare un marchio. Il processo con cui si fa un marchio è comunque un processo
di comunicazione. Non è un disegno, è una forma comunicante, ma da sola non
riesci a fare delle cose sono in grado di curare sia un libro che un allestimento ad esempio, cosa che fino
a poco tempo fa non c’era, ma c’era ancora prima. Non si perderanno le cose,
fa niente. Serve una scatola per farla vivere, serve un annuncio su un giornale
locale che la renda pubblica, serve che sia capita. L’estensione è quella che
che vadano fuori — EC si modificheranno. Sarà tutto sempre più globale, anche se il mondo tende
a chiudersi in pareti, muri e confini, di fatto questa espansione non è contenibile.
ti fa capire che se vuoi che il sistema sia in grado di agire sul sociale deve essere
governato. C’è strategia, c’è manifestazione del marchio, ma c’è anche il governo,
altrimenti il sistema ti sfugge. Succede che le cose non sono più pertinenti
e coerenti con il valore della marca, e il sistema non ti riconosce più. A meno 3.6 La pratica del graphic design è indubbiamente legata all’economia
che la tua notorietà, credibilità, affidabilità, reputazione sia così grande che ALTERNATIVE del sistema e al mondo commerciale. Intrinseco alla nozione classica
ti consente di fare tanto che non potresti fare se ti devi ancora consolidare. di “design” è il suo rapporto con una committenza, dove il design
Il nostro approccio prevede studio di analisi, dati, verifiche, definizione linee è produzione di servizi e soluzioni che risolvono gli interessi del cliente.
guida e posizionamento, poi si cominciano a fare i disegni. Ma i disegni La relazione economica fra i due è la base su cui al design è data
che si fanno sono inerenti a quelle analisi, l’autore è sparito. C’è una sorta la possibilità di progettare e produrre. Il graphic design non esula affatto
di capacità di essere plastici, rispetto all’oggetto che devi fare, ma non da questo tipo di ottica: è lo strumento di ogni comunicazione e si
c’è sicuramente la riconoscibilità del segno. Ci sono aziende che hanno è storicamente sviluppato soprattutto sulle spalle di grosse aziende
bisogno di avere questa caratteristica, allora vanno dall’autore. e multinazionali.
Io ho iniziato come grafico, da solo e in provincia, senza maestri. È uno Questo modo di interpretare il design e dunque il suo ruolo nel sistema
MAESTRI svantaggio perché manca l’accelerazione, ma si ha il vantaggio di essere sempre appartiene alla maniera più convenzionale di guardare a quest’area,
nel dubbio e porsi una serie di questioni. Quando consolidi il tuo dubbio che cioè quella strettamente legata all’attività lavorativa tradizionale. Esiste
rimane hai assunto qualcosa in più. Io ci ho messo diec’anni in più di quello che però una possibile contro-narrazione che si allontana da questo modo
poteva metterci qualcun altro, la scuola mi ha dato molto, ma mancava la praticità, di fare per trovare pratiche alternative. Se all’idea di design si
il controllo. Senza il maestro si fa fatica, ma con il maestro a volte ti dice di fare cominciano ad associare altri principi, anche opposti a quelli di una logica
una cosa e tu non sai perché. Ho avuto dei contatti con alcuni grandi, che sono economica-capitalista, si apre un ventaglio di nuove possibilità.
stati importanti. Non amavo lavorare da solo, ho cominciato a cercare un socio. Questa ricerca ruota sicuramente attorno a un ragionamento legato
SOCI Ho trovato Ubertis, che ha un’estrazione da comunicatore, io da designer. al sistema esistente. L’analisi parziale che se ne sta facendo non aspira
Si è configurata questo tipo di relazione perché lui aveva bisogno di concretizzare a metterlo in dubbio, ma semplicemente a capirlo, smontarlo, osservarlo.
delle cose e io di qualcuno che aiutasse il passaggio verso il cliente. Lui aveva Scoprire che esiste la concreta possibilità di operare dissociandosene,
competenze che io non avevo, siamo molto diversi come spirito. Se si trova rende fondamentale un approfondimento. Si capisce così che per
qualcuno è un po’ come un matrimonio. È il doppio, è l’avere qualcuno, non essere ora si è parlato e ci si è riferiti ad un modo di fare le cose che è quello
individuale. Avere un dialogo, l’aspetto dialettico è fondamentale. In ebraico imperante, che si riferisce a una certa visione del mondo. Proprio perché
si dice che non è fondamentale la lettera Alef, la A, ma la Bet, la B. Il mondo esiste una modalità che volontariamente si distacca, è necessario
del progetto non può fare a meno della dialettica, non si può progettare per aprire anche qui una parentesi su questo tipo di scelta possibile:
sé, neanche l’artista lo fa. è un’alternativa che amplia ulteriormente le possibilità del designer
Cosa ne pensa del contesto italiano di oggi? e della sua pratica, contribuendo ad osservare le cose del mondo
I TA L I A L’Italia è un paese che avrebbe ancora moltissimo da dire. Ha lo svantaggio in tutt’altra maniera.
di essere un paese che rischia di perdere la propria ricchezza perché le persone Stiamo parlando di riflessioni che discutono il ruolo attuale del designer
non sanno lavorare insieme. Il modello del campanile, del comune, è ancora nel e del design nella società, spesso andando a cercare la collaborazione
DNA delle famiglie, dei partiti, del sistema. È difficile trovare relazioni, trovare di altri ambiti disciplinari. Il designer reclama una posizione in grado di
il modo di mettere in gioco le positività e non le negatività. Questo vale anche fare ricerca e creare cultura, non interpretare e reiterare messaggi altrui;
per il progetto. L’Italia è ricchissima di diversità, che possono aiutare, ma ognuno oppure, in tal caso, farlo mettendo a disposizione le proprie competenze
dovrebbe fare un passo indietro per fare qualcosa insieme. I designer bravi a favore di cause in cui crede. Il designer è in grado di coordinare, essere
italiani fanno fatica a lavorare insieme. In Francia, in Inghilterra ci sono collettivi
che riescono a lavorare insieme pur mantenendo le proprie identità singole.
Il mondo del design grafico pratico, valorizzare le cose esistenti, progettarne di nuove. Estrapolarlo
dal ruolo che gli è stato attribuito, legato alla produzione di forme
Questo aspetto per me è un rischio per il futuro del design italiano.
Poi c’è la questione legata al fatto che l’industrial design in Italia ha
non incide sull’economia, e mode, per capire cosa può fare quando inserito in contesti differenti.
Una scelta di questo tipo non è certo per tutti, richiede energie che
funzionato molto bene, industria che oggi è molto in competizione con quella
del mondo, produce di meno e rischia di essere molto ridotta. L’industria
non l’ha mai fatto: non ha è possibile impiegare solo se si possiedono consapevolezza, pensiero
critico molto ben formato, opinioni politiche definite. Se vuole trovare
italiana aveva il vantaggio di poter moltiplicare in quantità l’idea del designer,
e questo influiva su un’economia di scala. Il mondo del design grafico non incide
la capacità, non ha la cultura, un’altra posizione rispetto a quella imposta dal sistema, questo tipo
di attività necessita di realizzare altri circoli indipendenti dal mainstream
non è stato in grado
di formarsi neanche a livello
106
di corporazione — EC
CONVERSAZIONI
“Siamo artisti adesso?”
o appoggiarsi ad istituzioni che operano nella stessa direzione. sulle tematiche più che sui media specifici. Le tematiche sono molto semplici
Partendo dal design, o dal graphic design, si arriva così ad affrontare “No, siamo dei progettisti a volte e legate al mondo del prodotto; altri professori invece, che magari

che lavorano all’interno


temi sociali e politici, ai quali il designer può contribuire con il vantaggio hanno avuto loro stessi un processo di messa in discussione del loro ruolo
di un punto di vista aperto e pratico. come designer, ampliavano di più. Quando abbiamo fatto la tesi il tema era
Brave New Alps rappresenta un esempio di questo percorso alternativo,
che oggi vive ed opera soprattutto in Italia. del mondo dell’arte perché reti, network. Lì era messa in gioco una ricerca profonda e interessante, teorie
serie sul fatto che il design non fosse solo forma, tecnica, ma anche ricerca,

3.6.1 26 07 18 sappiamo sfruttare R U O LO personalità, formazione. Una redenzione della figura del designer per troppi anni
considerato un soggetto frivolo, generatore di moda. Mentre lavoravamo alla tesi

Fabio Franz / Brave New Alps le risorse che mettono è nata l’idea del collettivo: non si poteva fare la tesi come progetto collaborativo,
allora abbiamo fatto due progetti separati ma con dei punti che conversavano.

Di che cosa vi state occupando?


a nostra disposizione” — FF Abbiamo lavorato sul turismo di massa sulle Alpi. Poi grazie al master di Bianca
in mediazione dei conflitti abbiamo sviluppato insieme un progetto, introducendo
Di un progetto di ricerca con l’Università di Bolzano che si interroga sulle pratiche l’idea del giornalismo investigativo, ovvero di andare alle fonti, nei luoghi,
del design, dell’architettura… di pratiche. Non usiamo più queste etichette, ormai fotografare, documentare. Questo approccio documentaristico l’abbiamo portato
non hanno più tanta valenza in un mondo in cui le discipline si fondono l’una poi a Napoli per lo sversamento illegale dei rifiuti, abbiamo fatto insomma altri
E C O N O M I A con l’altra costantemente. Si chiama Mapping Ecosocial Design, l’idea è quella lavori in questo senso.
di mappare le economie che sostengono delle pratiche di design socialmente Dopo la laurea abbiamo cercato di capire se potevamo lavorare così,
e politicamente impegnate, che riescono a portare avanti un certo tipo di ma fuori dal mondo accademico. Bianca era molto interessata alla fotografia
discorso politicizzato per diversi anni. Non guardiamo al progettino tipo tesi analogica, ha fatto il suo lavoro di laurea sviluppando una mostra itinerante.
di laurea, o a persone che vivono in configurazioni tradizionali a livello di lavoro ARTE Questa cosa ha fatto gravitare il tutto verso il mondo dell’arte, aveva attirato
in uno studio e che poi dedicano del tempo libero a progetti personali con temi l’attenzione su alcuni giovani curatori del Trentino che ci hanno invitati
eco-sociali. Andiamo a vedere le persone che riescono a vivere di questo tipo a partecipare a una mostra. Allora abbiamo cominciato a porci quelle domande
di lavoro. Riteniamo estremamente importante che se vogliamo veramente tipo “Ah ma siamo artisti adesso?” “No, siamo dei progettisti che lavorano
contribuire a un cambiamento del discorso attorno al design, del modo in cui all’interno del mondo dell’arte perché sappiamo sfruttare le risorse che loro
viene fatto il design, del modo in cui ci rapportiamo con gli altri, si debba andare mettono a nostra disposizione”. A differenza del mondo commerciale del design
a cercare quelli che “ce l’hanno fatta”, anche se comunque sempre in condizioni STRUT TURE basato su studi, clienti e servizi, il mondo dell’arte prevede una serie di strutture
particolari, spesso legati a situazioni di privilegio. Si tratta di esperimenti che hanno la possibilità di sostenere delle pratiche del genere, riconoscendone
in corso, non c’è la formula finale che spiega come si fa. Interessante fare queste il valore di ricerca e dei contenuti che vengono portati verso il progetto, senza
conversazioni, sentire le persone che raccontano come da un progetto sono tanto guardare se sia design, architettura o quant’altro. Questo offre un sacco
passati all’altro: coincidenze, casualità, passaggi personali che rendono possibile di opportunità, a livello europeo le strutture a disposizione del mondo dell’arte
rendere qualcosa sostenibile nel lungo periodo. Saranno 12 case study, con sono fantastiche, riescono a sostenere alcune pratiche per parecchi anni. Musei
interviste e diari di bordo, vorremmo pubblicare un libro. che organizzano mostre collettive o individuali, che accompagnano percorsi
E per voi com’è andata? Come siete passati di ricerca con finanziamenti, strutture di residenza d’artista, dove puoi stare per
dal graphic design a quello che fate oggi? mesi in un’istituzione d’arte in un altro paese, produrre lavori ed essere pagato.
Noi non ci siamo mai sentiti dei graphic designer. Questo termine ci è stato Abbiamo lavorato per due anni dentro a questo mondo, partecipando
appioppato più volte, a noi non importa tanto come il lavoro che facciamo a delle mostre a Bolzano, anche importanti per il contesto bolzanino. In quel
F O R M A Z I O N E viene interpretato, però ci interessa avere delle conversazioni. Noi abbiamo 19 periodo c’era Manifesta in Trentino Alto Adige, i curatori cercavano artisti locali
iniziato a studiare design a Bolzano non sapendo cosa fosse il design, a 19 per sviluppare un progetto. Hanno visto la nostra mostra e ci hanno invitato
anni io e Bianca a 22, volendo fare design del prodotto: mobili, sedie, sistemi. come artisti a Manifesta, che è invece una cosa grossa. Quindi è stata una serie
Questo finché non abbiamo fatto entrambi l’Erasmus, Bianca all’ECAL a Losanna di eventi fortuiti, siamo anche sempre riusciti a cogliere le occasioni e sfruttare
e io a Weimar al Bauhaus, sempre in design del prodotto. Durante questi scambi Fortezza Open Archive, Manifesta 7, 2008 gli strumenti che avevamo appreso, rendendoci conto che come designer
all’estero abbiamo incontrato delle persone che ci hanno convinto che lavorare possedevamo un sacco di strumenti interessanti anche da un punto di vista
sulla comunicazione visiva avrebbe amplificato lo scopo al quale stavamo pratico.
lavorando. Eravamo in una fase di ricerca di senso di quello che stavamo Vi occupate di aree molto ampie (economia,
facendo. Un sacco di questioni interiori, crisi d’identità, legate a capire cosa sociologia, ecologia), mi chiedo quali
volevamo fare veramente. Alla fine della triennale ci veniva addirittura voglia brave-new-alps.com sono gli strumenti “in più” che i designer hanno
di studiare giornalismo investigativo, scienze politiche, mediazione culturale. per affrontare questo tipo di problemi?
Infatti Bianca dopo la laurea si è lanciata in questo senso, ha fatto un master I B RI DA Z I O N I Le cose più interessanti secondo me succedono quando un gruppo di filosofi
a Bologna in mediazione dei conflitti, che l’ha portata in Palestina e a sviluppare studia grafica, quando insomma c’è un’ibridazione di discipline. Il designer
il primo lavoro Decode Jerusalem. 20 pensa in termini pratici, pensa a come una conoscenza impatta sulla società,
Siamo entrambi cresciuti in famiglie bene o male di sinistra, ambientaliste, qual è la responsabilità di condividerla. Il modo di approcciare il fare ricerca,
anti consumo. Mio padre è un grande esploratore della razionalizzazione viene piegato in una direzione pratica. Ad esempio, invece che fare un seminario
estrema dei costi! È un tuttofare, si è anche tanto auto-formato, ha vissuto F O R M AT I frontale, il designer pensa anche al formato in cui la generazione e trasmissione
anche in situazioni di povertà e si è sempre saputo arrangiare. Mi ha passato di conoscenza avviene. Una tavola rotonda veicola principi come la democrazia,
tanto di questo sapere, estremamente pratico. Mia madre è molto più sul lato che la voce di tutti conta, che non c’è una risposta sbagliata, che non c’è una
culturale, molto interessata alla letteratura. Si sono conosciuti in Germania, differenza fra chi sa e chi non sa. Cercando di inabitare, spaccare, sviluppare
mio padre è tedesco, mia madre italiana… ti sto raccontando queste cose perché certi formati di veicolazione del sapere. Per esempio tutta la parte tattile legata
è interessante anche guardare la biografia delle persone, ti fa capire moltissimo al fare un libro, se devi pensare a com’è fatto un libro che parla di femminismo
sul tipo di lavoro che fanno. o uno che parla di tecnologia, ti chiedi com’è quel formato. Ci sono bizzeffe
A Bolzano abbiamo conosciuto molti professori interessanti. Più che di pubblicazioni accademiche che non si pongono questa domande, anzi vengono
lavorare su determinate discipline, con quindi output disciplinari, là si lavora tanto ritenute non rilevanti. Il medium è quello, il libro è uno, il tipo di carta è uno, non

107
Suppongo che nel design
gli interessa. Però sempre di più queste capacità e qualità del design vengono quindi c’è la possibilità reale che lo sforzo non vada a buon fine e che
apprezzate anche da non designer. Io credo tantissimo nell’incontro fra diverse sia innato il bisogno R I C C H E Z Z A la comunità finisca disgregata da questa cosa. In Trentino il livello di benessere

di mettere in questione
personalità. Io ad esempio so fare una buona grafica, so programmare un sito, è elevatissimo, una delle ragioni di maggiore benessere in Europa. Il conflitto
so fare video e foto, ma poi so anche di saper fare ricerca, so fare un’intervista, sociale è ridotto. Come fare per mantenere la ricchezza di relazioni e le risorse
editare un testo. A un certo punto ti rendi conto che devi dire basta e interfacciarti
con altre persone, anche sulla grafica. Magari non riesco più a creare un tipo qualsiasi cosa. materiali che non sono ancora state tolte, come fare a creare strutture che
proteggano e allarghino quello che abbiamo in comune senza una situazione
di grafica che spacchi le regole del graphic design attuale, quindi si decide
di collaborare con un grafico, o con un biologo. È bello vedere come le diverse Se esiste un formato noi emergenziale? Dopo una fase di ricognizione, abbiamo creato delle situazioni
in cui le persone potessero incontrarsi e continuare a farlo, situazioni teoriche
M E TO D O LO G I A metodologie stanno insieme. Suppongo che nel design sia innato il bisogno
di mettere in questione qualsiasi cosa. Se esiste un formato noi lo arricchiamo,
lo arricchiamo, lo FA R E o legate al fare. Facendo insieme si creano delle relazioni che hanno il potere
di andare oltre gli stereotipi. La narrazione quotidiana del migrante ad esempio,
lo trasformiamo, lo ripetiamo, contribuendo soprattutto a livello di metodologia,
cioè come le cose vengono fatte. Dopo tutta una conoscenza teorica che
trasformiamo, lo ripetiamo. di un corpo che si sposta oltre dei confini, viene messa in discussione nel
momento in cui insieme bisogna chiedersi come fare una cosa. C’è qualcosa
si accumula, ci chiediamo come la viviamo e come la mettiamo in pratica.
È il pensare sempre alla dimensione pratica di tutto. Forse viene particolarmente
— FF di interessante che succede nel confrontarsi, realizza un nuovo tipo di
soggettività per entrambi.
bene parlando di certi ambiti teorici piuttosto che di altri. Quello dei beni comuni Adesso esiste questo gruppo di persone molto variegato, molto bianco
è estremamente interessante perché ha un forte dimensione pratica, parla bisogna dire, perché è difficile coinvolgere dei richiedenti asilo all’interno
di vita, di quotidianità. di questi processi anche molto teorici, basati sulla parola scritta e parlata.
Vi sentite soli in Italia in quello che fate? S PA Z I O L’idea è di creare uno spazio a lungo termine, che rappresenti una risorsa per
No, assolutamente, lavoriamo sempre meno con l’estero. Nel 2015 abbiamo il territorio, dove le persone possono venire insieme a fare cultura, discorso,
deciso di tornare in Italia e tagliare sempre di più le relazioni con l’estero mobili, che si interroghi sul concetto dell’accademia e della comunità.
V I TA (cercando di mantenerle vitali), costruire una famiglia, avere una casa, vivere Un’accademia al servizio della comunità ma anche dove si impara a fare
in un posto più vicino a noi. Avevamo anche l’esigenza di sviluppare un tipo comunità. Quali sono gli ingredienti per una comunità aperta, tollerante, diversa?
di progettualità diversa che si basasse su un processo lento, situato in luogo Accetteremo dei finanziamenti pubblici, ma vogliamo anche creare dei
e attento alle dinamiche che lo attraversano, piuttosto che su un modello basato E C O N O M I A sistemi che permettano al progetto di sostenersi da solo per uscire da questa
su residenze d’artista e progetti schizofrenici in diverse parti d’Europa, senza logica. C’è anche questo aspetto di diverse-economism, attento ai diversi tipi
avere quindi questo modo opportunistico basato sul capire dove stanno i soldi, di economia, intesa come lo scambio fra due persone di qualche cosa. Attento
dove mi invitano, dove piaccio. Abbiamo messo un freno a questa cosa. alla diversificazione delle forme economiche che esistono: illegalità, baratto,
È assurdo cercare di rimanere a Londra dove la vita costa moltissimo, dove schiavitù, capitalismo. Vedere l’economia come qualcosa di diversificato,
ovviamente devi anche andare a lavorare in uno studio per sopravvivere, quanto domandarsi come si fa a crearla, che abbia la possibilità di essere resilienti
tempo rimane per fare un altro progetto? Avevamo la possibilità di ristabilirci e sostenere meglio shock futuri.
in Italia e l’abbiamo fatto. È un processo lento, prendere decisioni in maniera consensuale
Ho iniziato a fare il dottorato a Sheffield, all’estero quindi, nel 2014, è estremamente lungo, se si vuole andare oltre alla formula una testa un voto.
ma sempre nell’ottica di utilizzarlo non per entrare nel mondo accademico Ci è stato consigliato da dei giuristi di autolimitarci, creare una sorta di carta
inglese ma per tornare e crearsi delle opportunità di vita e di lavoro in Italia. degli intenti, che funga da scudo verso una possibile cooptazione di questo
Prima ci spostavamo su chiamata in base a chi ci invitava e dove, ed era progetto per altri fini più commerciali.
interessante per un periodo della nostra vita. Incontri molte persone nuove, Parlando invece di progetti del passato,
nuove realtà, ti giostri in situazioni non facili, è un processo di crescita. Designers Inquiry e Precarity Pilot parlavano
I TA L I A Adesso cerchiamo di mantenere l’ambiente interessante qui, come invitare di lavoro, argomento che è centrale anche
in Italia queste persone. Ci stiamo riuscendo: ci sono studenti, tirocinanti, all’interno della mia tesi, in che contesto
persone interessate a quello che facciamo, che vengono e ci danno una nascevano e che impatto hanno avuto?
mano, che trovano dei fondi per venire qua. Pensavamo che fosse difficile Il contesto in cui sono nati è il dottorato di Bianca, Designing economic cultures.
restare, invece abbiamo scoperto ben presto che c’erano un sacco di iniziative Il motivo per cui ci si era focalizzati su questo tema deriva da una serie di incontri
interessanti. C’è un fermento di persone che creano luoghi, reti, iniziative per ed esperienze. Al Royal College come progetto di laurea avevamo realizzato
C O M U N I TÀ creare una socialità altra. Anche per via dall’associazionismo trentino forse, 21 il Department 21, un nuovo dipartimento interdisciplinare all’interno dell’università.
c’è questa tendenza a creare cultura dal basso. Adesso facciamo parte di una In quel contesto avevamo fatto degli incontri con gruppi e persone che
rete di venticinque persone che fanno parte di associazioni, gruppi informali, si interessavano al tema della precarietà e del lavoro cognitivo. Bianca ha
attivisti che si occupano di ecologia, migranti, diversamente abili, riciclo creativo, fatto tutta la ricerca teorica. Designers Inquiry era uno degli output pratici,
hacking, neuroscienze. Si crea così un luogo di dialogo comune fra ambiti diversi. 22 fatto in collaborazione con Il Cantiere delle Pratiche Non Affermative.
L’ambiente è estremamente interessante, sono molto contento di essere tornato. Volevamo sfruttare il momento della tesi di laurea per sviluppare un
Nello specifico, prenderemo uno spazio inutilizzato a Rovereto per farne progetto politicizzato, vedendo tanti colleghi che sviluppavano dei progetti
un’accademia di comunità. Questo progetto, La Foresta, è anche un po’ una sulla figura del designer, che trovano un ambiente fertile nel mondo accademico
probabile risposta a una delle domande che stavano alla base del nostro tornare perché non viene richiesta una sostenibilità economica di quello che si fa, ma
qua. La nostra pratica si è sempre più sviluppata dalla comunicazione visiva che poi a livello pratico non riescono più a dedicarsi a questo tipo di progetto.
di tipo documentaristico alla creazione e organizzazione di spazi, dove persone Tantissimi fanno tesi di laurea interessanti, di ricerca, e poi finiscono a fare lavori
diverse potessero venire insieme e generare conoscenza insieme collaborando commerciali. C’è la questione magari di essere soli, non poter contare sui genitori,
C O N D I V I S I O N E su dei progetti. La domanda è come fare oggi a creare dei nuovi beni comuni, non avere una casa, dover pagare tutto, non riuscire ad arrivare alla fine del mese,
in termini di risorse collettive e condivise che abilitano pratiche di collaborazione e poi si spera in futuro di riuscire a ritornare su quei progetti. Noi siamo stati
e sviluppo personale, che creano comunità in luogo, come fare a creare questi molto privilegiati, abbiamo avuto una formazione di un certo tipo, abbiamo
spazi. Molti teorici di beni comuni dicono che i processi di fare comune si attivano sempre avuto il sostegno dei nostri genitori, non hanno messo mai in questione
all’interno della comunità nel momento in cui un bene comune viene sottratto quello che facevamo, ci hanno messo a disposizione delle risorse. Bisogna capire
a una comunità. Spesso queste dinamiche sono molto difficili da contrastare, pratichenonaffermative.net come approcciare questo privilegio, tenerlo per noi o condividerlo con altri?
department21.net
precaritypilot.net

108 CONVERSAZIONI
Che strumenti creiamo per diffondere questa conoscenza e abilitare altre regione Puglia, dell’Assessorato alle Politiche Giovanili, che avrebbe finanziato
pratiche? Precarity Pilot voleva essere un nuovo sistema di orientamento, 23 un’idea con 25.000 euro a fondo perduto e un anno di tempo per realizzare
raccogliendo esperienze personali. l’idea. Ci sembrava un aiuto che ci serviva e il bando non era complesso. Quindi
Ogni tanto qualcuno oggi ci dice che ha riguardato questi progetti, abbiamo partecipato e per questo poi siamo rimasti a Bari.
I M PAT TO ma in genere quando fai qualcosa non arriva mai un feedback. La qualità La seconda ragione è che venivamo da un’esperienza di lavoro su Roma che
dell’interazione tra le persone e il tuo progetto non la percepisci. Quando è stata abbastanza faticosa, sia per me che per Carlotta, perché la città aveva
abbiamo fatto dei workshop nelle scuole su questo tema sono stati presi con dimensioni e modalità di relazione che non ci piacevano. Invece Bari ci sembrava
un certo scetticismo. Un po’ le persone spesso non erano coscienti a che cosa avesse una dimensione più adatta, poi il fatto che non ci fosse “concorrenza”
volevano contribuire con la loro pratica, il che è normale, capisco che può essere
fastidioso per uno studente che si sta per laureare, che vede davanti a lui Il designer pensa M E R C ATO la rendeva sì uno spazio senza un mercato costruito e già abituato a un certo
tipo di lavoro, ma era vero anche che laddove non c’è nulla di fatto si può provare
un futuro roseo, trovare qualcuno che ti parla di precarietà. Quindi non direi che
queste esperienze hanno prodotto dei risultati interessanti. Lì per lì è difficile in termini pratici, pensa a costruire qualcosa.
Avete incontrato qualche difficoltà in questo
capire se hai creato un impatto o no. Questi progetti non sono stati pubblicati
su un giornale o presentati da qualche parte, non è arrivato nulla, allora per a come una conoscenza percorso? Vi siete sentiti svantaggiati
in qualcosa?
noi non è più interessante questo modo di lavorare. Le situazioni più belle si sono
create anni dopo, alcune persone hanno visto il valore del progetto e magari
impatta sulla società, Le difficoltà, più o meno quelle che incontrano tutti. Non particolari svantaggi,
forse abbiamo intercettato un periodo particolarmente positivo per la Puglia.
hanno organizzato una mostra, un gruppo di lettura. Questo succede quando
le persone sono genuinamente interessate alla questione e a porsi questo
qual è la responsabilità Questa scelta ha influito nel vostro approccio
al graphic design?
problema insieme. di condividerla. — FF V I TA Questo dipende un po’ da progetto a progetto, ma sicuramente vivere qui
ti consente di avere costi minori, stabilità maggiore, quindi affrontare il lavoro
con un approccio meno radicale, più svincolato da una serie di cose che in altri
luoghi devi valutare per forza.
3.7 Scelgo di riunire sotto lo stesso ombrello due contributi nati per parlare Con che tipo di clienti lavorate?
SPA ZIO di questioni considerate separatamente. Con Alessandro di FF3300 Di diverso genere. Ci sono piccoli soggetti, cooperative, società, associazioni.
volevo parlare del lavoro fuori Milano, con Sara di Studio Fludd del lavoro Ci sono istituzioni pubbliche, con cui di solito lavoriamo quando ci sono delle
senza studio. Mi sono resa conto che in fondo si stava sempre parlando gare. Ci sono soggetti politici, una delle cose che facciamo con maggiore
di spazio e di geografia. Entrambe le esperienze dimostrano come sia soddisfazione nostra e dei nostri clienti è la comunicazione politica. Abbiamo
possibile operare al di fuori circuiti prestabiliti, scegliendo soluzioni 24 PROGETTI progetti spin-off di FF, come la Scuola Open Source.
geografiche alternative. Entrambe le situazioni nascono anche da Tendete a lavorare con clienti locali?
esigenze personali, nelle quali l’ambiente gioca un ruolo fondamentale. In realtà abbiamo diversi clienti nazionali, la maggior parte del fatturato arriva
Da una parte un distacco da una dimensione fisica, grazie alla da quelli.
possibilità di poter lavorare e comunicare con soggetti distanti, dall’altra Che tipo di rapporto avete con il mondo del
la consapevolezza della sua importanza nella vita individuale. graphic design milanese?
Appartiene fortemente alla nostra epoca contemporanea il concetto MILANO Abbiamo tanti amici a Milano che fanno questo lavoro o lavori limitrofi.
di delocalizzazione, smaterializzazione. I rapporti personali possono Frequentiamo Milano per lavoro ed altro, abbiamo vinto il bando di Cheffare,
facilmente diventare testo, voce, video. Il graphic design, forse anche che sta a Milano, ci sono diversi soggetti che si occupano di cultura
grazie alla sua immaterialità, diventa immagine, codice, file, che viaggia con i quali abbiamo delle relazioni che stanno a Milano, da Macao a Wemake.
via rete. Il luogo fisico dal quale partono gli input non sembra più tanto Quindi la posizione geografica non ha peso?
importante. Nonostante ciò, continua ad essere simbolo di una posizione No. Organizziamo i corsi della Scuola Open Source a Milano.
che si prende rispetto al sistema e questo diventa un aspetto influente Invece nel territorio sentite di aver costruito
sul lavoro. qualcosa in termini di cultura attorno al graphic
Altrettanto contemporanea è la fatica a sostenersi economicamente design?
e rifiutare di sottostare a certi dettami, magari a scapito della propria I M PAT TO Credo che FF stia contribuendo, assieme ad altri soggetti, a costruire
vita personale e dei propri principi. Questi aspetti si sostengono una maggiore consapevolezza sul territorio di cosa significa progettare
l’un l’altro, diventando delle possibilità di vedere il lavoro e lo studio la comunicazione, senza dubbio.
in modo alternativo rispetto ai percorsi segnati. Le due esperienze Questo si manifesta ancora di più con l’azione che viene portata
che vengono raccontate in questa parte hanno alcune differenze. avanti dalla Scuola, che si occupa proprio di formazione di nuove persone
La prima si localizza nel Sud Italia, la seconda nel Nord. La prima o riformazione di persone più in là con gli anni, e di facilitare l’accesso
possiede un luogo fisico, la seconda no. Anche i lavori sono diversi, alla conoscenza. L’impatto lo generiamo così, non tanto facendo girare
sia in tipologia che in estetica. Nonostante ciò, lo spunto delle due i nostri progetti, che sì girano e in qualche modo formano lo sguardo degli
conversazioni era comunque attorno allo spazio, di come la posizione altri. Però credo sia più importante tutto il lavoro di divulgazione, formazione,
presa nella dimensione fisica rappresenta una scelta di vita e di campo ricerca, coprogettazione con le comunità locali.
all’interno del sistema. E di come allo stesso tempo può non significare Pensi che in Italia ci sarebbe più bisogno
nulla di tutto ciò. di questo tipo di approccio, invece che andare
a cercare nelle realtà ben consolidate, come
3.7.1 17 07 18 quella di Milano o del Nord Italia in generale?
lascuolaopensource.xyz Io penso che i soggetti che si assomigliano tendono a cercarsi. Quindi
Alessandro Tartaglia / FF3300 di conseguenza se analizzi il mercato ti renderai conto che la maggior parte
dei soggetti sono aziendalisti, quindi chi ricorre lì ha, come loro, una certa
Perché lavorare a Bari? visione del mondo e del mercato, e quindi possono aiutarli in quella direzione.
Per due ragioni molto semplici. La prima è che avevamo trovato un bando della Esistono altri gruppi, magari minoritari, che non è che abbiano meno bisogno

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Laddove non c’è nulla
di comunicazione degli altri... Tutto sta nel costruirsi un’audience come è possibile se c’è una volontà forte alla base e un senso nel collaborare (noi
progettista, e lo fai in base ai progetti che fai man mano e le relazioni che coltivi. di fatto si può provare siamo persone molto complementari, ma con un lavoro estetico e sulle immagini
Quindi questa scelta è legata al tipo di lavoro che
a costruire qualcosa. — AT
che abbiamo fatto insieme, sono dieci anni che lavoriamo insieme). Al momento
vuoi fare per il tipo di persona che ti interessa… LUOGO personalmente sento magari la necessità di avere un laboratorio, un luogo in cui
P O L I T I C A Sì, per il tipo di mondo che vorresti contribuire a costruire. Il design, il progetto, mettere le cose banalmente, però non vorrei mai fare vita da studio. Non è il mio
è un atto politico. Quello che progetti non è inerte, è roba che nella pratica forma per ora, non corrisponde a un mio modo di lavorare. Per ora funziona bene così.
persona a fare, pensare, agire in un determinato modo. Quello che progetti, anche Questa struttura è nata dunque
se non ti sembra rilevante politicamente in quel momento, ha in realtà un peso, in relazione a una scelta di vita?
un impatto sulla vita delle persone, quindi sulla comunità, sulla società. Sì sì certo. Caterina voleva rimanere a Venezia, io a Venezia non ce la facevo più
Ho notato che vi definite “agenzia”, a stare, Matteo per ragioni personali è andato a Milano. C’è il tema dei costi delle
mi chiedevo come mai vi piace o avete
preferito questa parola?
Il design, il progetto, città, quello influenza molto altre scelte che uno può fare. Che rischio si vuole
correre, che progetti vuole accettare, non è semplice mettere insieme tutte
A G E N Z I A Non ci piace, ma abbiamo deciso di usarla perché se la lasciamo agli altri sembra
che agenzia possa essere solo quello. Agenzia è un gruppo di persone che
è un atto politico. queste cose.
Dall’esterno, guardando i vostri lavori,
agiscono. Ci sembrava opportuno rivendicare che si può usare questa parola
in un altro modo. Noi siamo uno studio di progettazione più che un’agenzia, però
Quello che progetti non avete un’identità ben precisa, come fate
a mantenerla nonostante la distanza?
l’agenzia di comunicazione copre uno spettro più ampio di possibili risposte
che ti dà. Quindi di conseguenza per evitare che il nostro pubblico potesse
è inerte, forma persona C’è sempre un confronto abbastanza serrato. Poi dipende molto dai progetti,
abbiamo avuto un nucleo forte all’inizio. Stiamo ancora lavorando agli stessi
pensare che potevamo fare solo da A a B, con questa scelta abbiamo spiegato
loro che possiamo fare da A a qualsiasi lettera. In più non significa che agenzia
a fare, pensare, agire. discorsi con le stesse metodologie. Per esempio la parte di illustrazione e quella
didattica la condivido con Caterina, mentre altri lavori complessi li facciamo
sia necessariamente pubblicità, copy, art director, che fanno le cose in un certo Quello che progetti ha un anche con Matteo, anche se al momento è quello che ha meno tempo
modo, ma l’agenzia può essere anche un gruppo come il nostro che si configura a disposizione.
diversamente. peso, un impatto sulla vita Nel frattempo ognuno coltiva

delle persone, quindi sulla


Qualche considerazione per il futuro? un suo percorso quindi?
F U T U R O Io spero che aumenti la consapevolezza in materia di design generativo A parte il mio lavoro nella scuola, io faccio sempre progetti come Studio Fludd,
e design dei processi, sull’approccio procedurale alla progettazione, sugli
algoritmi come oggetti culturali che vanno progettati. Questa penso sia la comunità, sulla società. coinvolgendo se serve altri personaggi.
Se aveste condiviso un luogo in una qualsiasi
direzione verso la quale bisogna andare, dal punto di vista metodologico. Da
quello meramente grafico, io penso che la grafica sia solo uno degli output della — AT di queste città, probabilmente anche il vostro
lavoro avrebbe preso strade diverse?
progettazione. Io vedo sempre più dei progettisti capaci di progettare diverse Sicuramente sì, probabilmente sarebbe stato facilitato un aspetto commerciale,
tipologie di oggetti materiali e immateriali, rispetto a un grafico che fa la grafica. magari anche dal punto di vista della quantità. Dal punto di vista creativo forse
ci saremmo stancati prima. Tanti studi nascono come gruppi di amici, poi si
3.7.2 19 07 18 dovrebbe fare il salto per diventare un’entità strutturata, con dipendenti eccetera,

Sara Maragotto / Studio Fludd Tanti hanno bisogno ma è un’altra cosa. Anche il lavoro facilmente diventa altro. Il fatto di tenersi
molto leggeri è una scelta anche dal punto di vista creativo, riusciamo ad essere

Voi siete una realtà che opera oltre


di mettere delle etichette più flessibili. Abbiamo delle condizioni sempre un po’ difficili, per noi questo
paradossalmente funziona bene. Magari altrimenti ci saremmo un po’ appiattiti.
a uno spazio fisico, cosa mi puoi dire di voi?
Noi siamo un caso un po’ complesso, ma molto logico dal nostro punto di vista.
facili. Il nostro è un lavoro La parola “studio” è legata a un luogo fisico,
per voi deve voler dire qualcos’altro…
Abbiamo studiato insieme: io e Caterina all’Accademia, con Matteo al liceo.
Abbiamo passato i primi anni dopo gli studi a Venezia insieme, in uno spazio
che richiede uno sforzo GRUPPO Sì è questa dimensione di ricerca, di playground comune che si è creata all’inizio.
Per questo avevamo deciso di chiamarci “studio”, per valorizzare questo aspetto
“di fortuna”, perché ci sembrava importante provare ad iniziare un percorso
condiviso, fatto anche di progetti personali. Questo ci aiutato molto a coltivare
maggiore nello spiegarsi, del gruppo di lavoro. Sicuramente all’inizio avevamo un luogo fisico, ma è sempre
stata vissuta come un’esperienza temporanea. A Venezia poche cose sono fisse.
uno spazio creativo, personale, senza troppe influenze rispetto al contesto.
V I TA Dopo questi anni hanno influito molti fattori di ordine personale, era molto
è un discorso lento, passa Questo vostro modo di lavorare lo definirei
tipico dell’epoca contemporanea, giusto?
complesso avere un andamento di vita e professionale comune. Matteo è andato attraverso la conoscenza Sì assolutamente. Ed è molto autentico per noi, perché non è una cosa
a Milano e dopo qualche anno io sono finita a Torino. Quindi a livello organizzativo consigliabile. Comunque è un adattarsi a una situazione, è leggerla e cercare
a seconda del tipo di progetto, delle tempistiche, del budget, sono io che di solito diretta delle persone. — SM di non forzare delle cose in una direzione rigida. Tanti hanno bisogno di mettere
gestisco i progetti e attivo i gruppi, coinvolgiamo spesso collaboratori esterni, delle etichette facili. Il nostro è un lavoro che richiede uno sforzo maggiore nello
soprattutto sul piano della grafica. spiegarsi, è un discorso lento, passa attraverso la conoscenza diretta delle
Non so quali siano le grandi convenienze al momento in Italia di fondarsi persone. Quello che facciamo noi non ha un vantaggio, non lo consiglierei.
come gruppo, anche dal punto di vista fiscale, rispetto ad essere tre liberi Ma è assolutamente molto contemporaneo, anche per questo tema
professionisti. Ci sembra di essere la cosa più fattibile e più logica avere questo CONTEMPO– dell’inquietudine geografica. Per ora nessuno di noi è andato all’estero, ma non
V O LO N TÀ profilo, riusciamo ad essere molto flessibili. Tutto nasce da una volontà forte R ANEO sarebbe una cosa così impossibile, pur essendo un grado di difficoltà ancora
di lavorare insieme, di continuare a fare ancora sporadicamente progetti maggiore. La domanda del dove abitare non si può dar per scontata, fino a poco
personali insieme. Però questo deve sposarsi con la vita e le scelte individuali.
L’aspetto ad esempio di dove vivere, non è semplice. Una volta forse era un tema
Tutto sta nel costruirsi tempo fa o ancora adesso ci si convinceva che per forza si doveva andare
a Milano. In realtà ci sono più opzioni di quelle che uno immagina. Se si fanno
che si poneva meno, adesso abbiamo delle possibilità, quindi diventa centrale.
È possibile lavorare in remoto, ma c’è anche la questione della rete reale di
un’audience come delle scelte che non sono sostenibili e autentiche dura tutto poco, ci si brucia.
Secondo me è molto importante conoscersi, capire, testare, essere tenaci
persone in un luogo. Ci sono vari temi che si intrecciano. Nonostante le difficoltà,
spesso logistiche (dove tenere i materiali e tutte le cose fisiche, ad esempio),
progettista, e lo fai in base nel tenere al centro gli aspetti prioritari. Se avessimo dovuto fermarci al fatto
che le cose devono essere tutte a posto, tutte giuste, non collaboreremmo più
ai progetti che fai
110
man mano e le relazioni
che coltivi. — SM
CONVERSAZIONI
da secoli. Questi aspetti legati al proprio percorso autentico e creativo hanno D I S E G N O Diciamo che mi serve nella pratica, se devo disegnare un logotipo
secondo me un loro senso e valore. o qualcos’altro… Collaboravo anche con un’agenzia, davo una mano a sistemare
Si può dire che la vostra è una dimostrazione tutti gli aspetti dal punto di vista del disegno, è poi questa la cosa che uno
che si può fare in un altro modo una cosa che impara tanto: come funziona il disegno. Il contrasto, le curve, queste cose
si è sempre fatta restando in una certa area? Eugenio, Commercial Type, 2017. che si applicano anche su tutto il resto. Lavoro su alcuni progetti di caratteri,
Non so se è un dimostrazione, noi ci proviamo, è un work in progress. Non Brera e Solferino, Leftloft e Molotro, 2011. però non sono commissionati, li porto avanti accanto alla vita professionale.
riesco a immaginare quali possano essere le evoluzioni future, però sempre Il type designer, al di là del tuo caso specifico,
di più secondo me il valore non sta nel portare il cliente in studio e avere un luogo in che modo lavora in Italia oggi?
fisico, strutturato e organizzato. Esiste anche un modo più leggero e basato su L AV O R O Che fa type e campa solo di type design, in Italia, credo che non ci sia quasi
R E T E una rete di comunicazioni. Ma ripeto, non è facile, è comunque una scommessa nessuno. Per cui l’attività è sempre affiancata alla grafica o alla docenza o alla
un po’ bizzarra. Per noi è una conseguenza, non è un progetto. Navighiamo a vista, ricerca, sempre comunque assieme a qualcos’altro. Le figure professionali sono
orientati dalla tenacia e da una voglia di collaborare. diverse. C’è chi lo fa all’interno del proprio studio, assieme a tutto il resto della
È un modo di lavorare che si diffonderà? vita dello studio, e poi magari ha qualcuno impegnato a sviluppare quelle parte.
Non lo so. Sicuramente il fatto di cercare di tagliare le spese per essere Altri sono freelance, magari commissionati da un’agenzia, possono anche fare
più agili e liberi è una necessità. C’è poi la tendenza a valutare la propria qualità consulenza. È una specializzazione molto di nicchia. Il mercato del custom,
A LT E R N AT I V E della vita in maniera più ampia che solo dal punto di vista lavorativo. So di tante che è quello che tiene in piedi la maggior parte del settore, in Italia non è così
persone che dopo anni passati negli studi cercano delle soluzioni alternative, grande. Non sono tante le realtà che si fanno disegnare caratteri da designer
anche tornando in luoghi periferici. Esiste la messa discussione della centralità 25 REDESIGN italiani. Ad esempio, il recente grosso redesign di «Repubblica»: la palette è stata
di certi luoghi, che impongono delle condizioni impegnative. commissionata a Commercial Type, che sono di New York. Mentre per esempio
26 «Il Sole 24 Ore», o il «Corriere della Sera», ancora prima, sono stati fatti
da italiani. Esiste una realtà, però difficilmente c’è qualcuno qui che viva solo
di type. All’estero c’è già qualcuno in più. Ci sono fonderie più grosse e fonderie
3.8 Mentre provavo a costruire una mappa del sistema del lavoro del graphic indipendenti di giovani che stanno lavorando bene su dei mercati più propensi
T YPE design, operazione miseramente fallita, mi incagliavo soprattutto nel a pagare per avere un carattere.
momento in cui dovevo incasellare il type designer. Lavora da solo? Che spiegazioni dai a questo fenomeno?
Lavora in uno studio? Chi gli commissiona i caratteri? Fa parte di una Un po’ perché la cultura tipografica si è persa per un periodo in Italia. Quando
fonderia? Domande a cui non sapevo dare una risposta e che avevo ho fatto il Politecnico io, laurea in comunicazione, tipografia non era insegnata.
il sentore che non ne avessero una univoca. Avevo finito per considerarli Quindi c’è tutta una serie di grafici che lavorano in varie realtà, studi e agenzie,
dei jolly, delle cellule impazzite del sistema. Non sento di aver sbagliato che non sono stati educati a dare un valore a questa cosa. In generale la grafica
di molto. Il type designer “puro” in Italia fatica ad esistere. Esistono I TA L I A in Italia, forse dagli anni ’80, ha avuto un declino o quanto meno è stata meno
però alcuni grafici che sono anche bravi type designer. La storia della rilevante rispetto a quella dei decenni precedenti. Negli ultimi quindici anni pian
tipografia nel nostro paese è ricca, ma fa fatica a trovare una sua piano vi è stato un ritorno alla qualità, è migliorata la formazione. Sicuramente
espressione oggi, a causa probabilmente di una committenza che non c’è molta più consapevolezza, però per cambiare la cultura ci vuole tempo. Il fatto
comprende il valore che si porta dietro. L’educazione di alto livello in type che lentamente ci siano delle richieste di caratteri su commissione, e che tutto
design per gli italiani si fa soprattutto all’estero. D’altronde, l’Italia conta il mercato sia sempre più globale, può voler dire che un designer italiano si ritrovi
al suo attivo ben poche fonderie. Per ora il type design in Italia resta una a lavorare all’estero o che comunque, essendoci questa attenzione fuori, se
specializzazione preziosa, un’abilità che appartiene a quei pochi che attento e informato, possa contribuire ad alzare il livello in Italia proprio grazie
ogni tanto hanno la possibilità di metterla in pratica. VA LO R E al confronto. Però il fatto che sembri strano che un carattere abbia un valore,
Per parlare di questo argomento ho scelto Marta Bernstein, graphic è una questione importante. È certo che se a chi studia non viene detto, poi
designer specializzata in type design, ma che ad oggi si occupa più è difficile che venga trasmesso ai cliente.
di insegnarlo che metterlo in pratica. Quindi, a proposito di livello, cosa ne pensi
della produzione italiana?
3.8.1 10 07 18 La qualità c’è, assolutamente, soprattutto perché negli ultimi anni è aumentata
la formazione. C’è una generazione che sta venendo fuori, ma che magari lavora
Marta Bernstein all’estero. Il mercato è piccolo, forse sta crescendo. C’è da dire che c’è tanta
concorrenza, dovuta anche da cose come Google Fonts, tutte quelle cose
Come nasce il tuo rapporto con il type design? “gratuite”, che poi non lo sono. Quindi il cliente si chiede perché deve pagare
Io mi sono specializzata in quello, ma di lavoro lo faccio poco. È stato un se può usarne uno di Google. Il type design è sempre e comunque una nicchia.
mezzo per approfondire delle conoscenze ed essere più capace come grafico, C’è qualcosa che vorresti succedesse?
mi ha aiutata anche ad entrare nel mondo accademico. Io insegno tanto anche D I DAT T I C A Secondo me è molto importante che si spieghi come funziona il type a livello
F O R M A Z I O N E perché ho preso questa specializzazione, rispetto ad altri ho una formazione di formazione, perché questo ha la funzione di far capire perché le font costano
più specifica. Mi interessava molto la tipografia e dopo un po’ di anni che lavoravo, e che cos’è un prodotto di qualità. Quindi più consapevolezza. Costruire una
ho fatto il master a L’Aja. La tipografia è sempre stato il mio interesse da quando cosa ti fa capire come è fatta e alla fine la conosci molto meglio, nel type come
ho scoperto che esisteva, all’università. Quando ho fatto il Politecnico, non era in molte altre cose. Poi è un livello di sperimentazione molto interessante per uno
un tema sviluppato all’interno del corso di studi e quindi è stato qualcosa che studente. Forse sull’alfabeto latino è stato già detto tanto, c’è molto più spazio
ho sviluppato al di fuori dell’università. Ho fatto il corso di design tipografico alla sulla tipografia multiscript, quindi capire come l’alfabeto latino può interagire
Bauer di Milano, lì ho scoperto che mi piaceva ancora di più. Ho chiesto a James con l’alfabeto arabo, cinese, eccetera. In quella direzione c’è spazio per un
Clough di essere sua tesista, ho fatto una grossa ricerca e da lì è proseguita sacco di ricerca, in Italia come nel mondo. Secondo me il design italiano esiste
la passione. e non esiste, è un po’ strano guardare solo ciò che succede qui. Magari Milano
Adesso invece lavori come graphic designer è influenzata più dalla Svizzera che da Roma.
e basta? Nel type design intravedi qualcosa

111
di specificatamente italiano?
Sarebbe bello spostare è una nicchia, è più consapevole di questa cosa. Anche se ce n’è ancora di strada.
Direi di no. Perché chi è stato formato in type design spesso l’ha fatto all’estero. questo tipo di linguaggio A che punto è l’Italia rispetto alla ricerca nel type
Perché anche i revival e il recupero della tipografia italiana è stato fatto tanto design? Ad esempio in ambiti come il design
di più all’estero che qui. È un miscuglio. C’è da dire che, ad esempio, in confronto legato alla cultura anche parametrico.

alla parte commerciale,


con la Francia, il loro stile è molto più definito e autonomo rispetto al resto. R I C E R C A In quell’ambito direi che è consistente il lavoro di Luciano Perondi, con l’ISIA.
Forse perché la grafica ha una storia più legata all’accademia d’arte che non Siamo in una situazione in cui siamo pochi, non c’è tanto spazio di ricerca
all’architettura, c’è tanta influenza dell’illustrazione e del fumetto… Bene o male
sono riusciti a mantenere un approccio loro. Noi secondo me non l’abbiamo fatto, non è semplice. — MB nelle università e nelle scuole. Se si lavora molto nella parte commerciale,
la sperimentazione viene spesso legata a occasioni come corsi o workshop.
non so se c’è o se si può ricostruire. Forse ci sono tanti stili diversi, già solo Il type design parametrico per me si può legare al discorso della progettazione
le varie scuole hanno approcci molto diversi. di layout automatizzata, è un aspetto che interessa trasversalmente il design.
Cosa ne pensi delle fonderie che rilasciano È di nicchia nel type come nel resto della progettazione. È una delle strade
font gratuiti che diventano utilizzatissimi, di sperimentazione, funziona di più nella visualizzazione dei dati, nell’infografica,
e che magari sono anche brutti apposta? si sta sperimentando di più in quei settori che operano nel rapporto fra grafica
B R U T TO In questo momento l’estetica del brutto secondo me è una risposta a quello che e programmazione. È sempre e comunque nicchia, ricerca, assolutamente non
è venuto prima, cioè quella grafica vettoriale, precisa. I caratteri che sono brutti mainstream. Da un certo punto di vista le lettere sono l’antitesi del parametrico.
apposta se sono fatti molto bene, sono interessanti, così come riuscire a fare È molto difficile fare un Frankenstein di pezzi ed avere un alfabeto che
un layout che va contro le regole della tipografia bisogna essere molto bravi per effettivamente funzioni. La sfida è trovare il modo di automatizzare una cosa
farlo. Però quando succede ha qualcosa di interessante. Le mode, come tutte le senza trasformarlo in una stortura dell’alfabeto. Nel type, è capire quanto posso
mode, più che essere un problema hanno vita breve. Quello che è super popolare regolarizzare le forme senza andare a distruggere l’identità di una lettera.
fra gli studenti poi non è detto che lo sia per i professionisti. Sul fatto che sia Il margine di modifica e sperimentazione è molto più limitato, una “A” non la puoi
gratuito, bisogna vedere qual è l’obiettivo. Se poi il loro obiettivo è quello di farsi distorcere troppo perché se no non è più una “A”. Ed è nata non per essere
commissionare caratteri custom perché sono bravi, allora è un’ottima strategia fatta da pezzi che puoi muovere e spostare, ma nasce dalla scrittura gestuale.
di marketing. Secondo me non è una fonderia così ad essere problematica, È interessante per provare a mettere insieme questi due opposti. È di nicchia
lo è di più Google Fonts. In termini di approccio alla tipografia e alla qualità del anche per questo, perché su certe cose è quasi una contraddizione in termini.
disegno di caratteri. Le applicazioni sono ancora molto limitate e difficili da trovare. Sarebbe
L’altro grosso problema del settore è che la Monotype ha praticamente L I N G UA G G I molto bello se questo tipo di sperimentazione fosse applicata all’identità di una
P R O B L E M A il monopolio della distribuzione. Myfonts, Linotype, fonts.com, sono tutti dello banca, non a un libro d’arte o all’immagine di una galleria. È un po’ come predicare
stesso proprietario. Fanno promozione dicendo “È la settimana di Frutiger, al coro: è già un settore che è molto ben disposto alla sperimentazione, mentre
compra il Frutiger con il 90% di sconto”, questo per me è molto più deleterio sarebbe bello spostarlo da un’altra parte. Spostare insomma questo tipo
rispetto a una piccola fonderia che fa delle cose che magari non sono tanto di linguaggio legato alla cultura anche alla parte commerciale, non è semplice.
di qualità, ma impattano meno sull’economia del settore. Google Fonts o Monotype Sono un po’ i due mondi Politecnico e ISIA, difficilmente parlano uno all’altro.
rendono invece difficile la commercializzazione per gli altri. Ci sono fonderie La combinazione dei due sarebbe molto interessante.
indipendenti che magari si mettono insieme, come Fontstand, per cercare All’interno di questa nicchia italiana,
di dare un’alternativa, ma è comunque molto difficile. esiste una critica?
Come funziona quindi se indipendentemente C R I T I C A Un po’ sì, anche se è molto difficile leggere delle opinioni sul type. La maggior
disegni un font e vuoi venderlo? parte delle informazioni che si trovano sono marketing, che promuovono
Non è molto diverso dall’essere un fotografo e voler vendere le tuo foto. e raccontano il progetto, ma chi lo fa non dirà mai quali sono i problemi. Questo
Puoi metterle sul tuo sito e magari arriva qualcuno, oppure le metti su una banca fa sì che sia difficile per chi è esterno alla comunità capire cosa vale e cosa no.
immagini che si prende una percentuale sulle vendite, ma raggiunge molte più All’interno, proprio perché è una comunità piccola e quando ci si incontra agli
persone. O puoi scegliere di andare in una fonderia indipendente e collaborare eventi si è sempre tutti lì, è parlandone e discutendone di persona che le cose
con loro. Io ad esempio faccio parte di CAST, anche se non ho ancora pubblicato vengono fuori.
C O O P E R AT I VA un carattere con loro. L’idea è che CAST sia una cooperativa di type designer che Si può dire che all’interno c’è critica, ma è difficilmente leggibile da chi
rilasciano caratteri e che si occupa della comunicazione di tutti, assieme. Invece non è parte della comunità. Non ci sono riviste o altri mezzi per comunicare
che avere le energie separate dei singoli, banalmente ti metti insieme perché la discussione all’esterno. Anche nel mondo sono pochissimi. Il lavoro che
è più facile. Questa è una delle soluzioni. 27 fa Typographica ad esempio è interessante, quando comunica i caratteri che
Non ci sono altre fonderie in Italia? sono usciti nell’anno, anche se la quantità ormai sta rendendo le cose difficili.
F O N D E R I E No, CAST è l’unica fonderia. Ci sono altri type designer, ma non altre fonderie. typographica.org Quella è già una selezione, che porta a mostrare un certo gusto dell’anno, quali
Infatti era ora che esistesse, e comunque non è semplice. La cosa paradossale Druk, di Berton Hasebe, Commercial Type. sono i trend e il lavori di qualità. Sono poche le piattaforme che non lo fanno
è che comunque, nel nostro piccolo, acquistano molto di più dall’estero. Ognuno per marketing. Capisco che per uno studente sia difficile capire qual è la qualità,
poi ovviamente ha tutta la sua vita professionale a parte. Di alcuni soci in CAST quello che è popolare non è detto che lo sia.
c’è un solo carattere, e invece magari lo stesso aveva pubblicato o pubblicherà I trend sono qualcosa che ha molto peso
con altre fonderie. È molto libero. nel type design?
È un ambito molto maschile, il type design? Direi che nelle scuole sicuramente è così.
G E N E R E Storicamente sì, ma sempre meno. Adesso cominciano ad esserci sempre È un ragionamento che a livello di studente va bene, la fase uno, la “fase
più donne, ma per cambiare ci vorrà tempo. È visto come un settore dove devi di emulazione”, va bene. Se hai dei riferimenti che funzionano, copiare bene
programmare, un po’ di nicchia, ci sono degli stereotipi. I type designer famosi comunque non è così semplice. Da lì bisognerebbe fare il passo successivo,
sono molto più uomini che donne. Devo dire che essendo un settore molto ovvero essere più consapevoli al di fuori delle correnti.
piccolo, in più di altri c’è attenzione che nelle varie conferenze ed occasioni si 28 Il Druk ad esempio è un bellissimo carattere, ma alla quinta volta che
mantenga un equilibrio fra partecipanti uomini e donne. Non è così semplice, per viene utilizzato, basta. Però ci vuoleconsapevolezza. Ed è pieno di grafici nel
tutti i motivi dati dalla nostra società maschilista e patriarcale, e perché le grandi mondo che di tipografia non capiscono niente.
N I C C H I A star sono ancora sempre uomini. Però rispetto ad altri settori, proprio perché

112 CONVERSAZIONI
3.9 La mostra all’interno degli spazi di un’istituzione o di un museo è una anni si è vista tanta illustrazione e gli spazi per la fotografia non sono mai
GALLERIA delle possibilità per raccontare il graphic design, a cui all’inizio di questa mancati, ma, almeno a Milano, il progetto grafico contemporaneo è difficile
ricerca è stato dedicato un approfondimento. Le esposizioni che sono da scovare e finiamo sempre a guardarlo da Instagram!
state analizzate avevano una durata limitata nel tempo, erano perlopiù Il temi portante – oltre al design grafico – è quello della contemporaneità
rassegne su diversi autori organizzati attorno a delle tematiche C O N T E M P O - e dell’internazionalità, vogliamo presentare gli attori del design che oggi, a livello
e avvenivano in luoghi normalmente dedicati anche ad altri argomenti. R A N E O europeo fanno la differenza e portano innovazione culturale attraverso la grafica,
Dalla cronologia si nota che non sono molte le mostre recentissime dialogare con loro e sperimentare insieme.
dedicate alla grafica e che la raccontino nelle sue espressioni più attuali, La galleria è normalmente legata al mondo
italiane e non. In generale si notano una serie di difficoltà nell’esporre dell’arte, cosa vuol dire allora una galleria
la produzione e il progetto di grafica. Non è semplice andare oltre alla per il graphic design?
divisione in aree disciplinari, esprimere la quantità di lavoro concettuale “Galleria” è un termine che abbiamo preso in prestito dall'arte, ma Belli è molto
che richiede, il valore che possiede e può possedere, la sua natura di più. È effettivamente uno spazio dove succedono un sacco di cose, sicuramente
spesso bidimensionale e immateriale. Il racconto sul lavoro del graphic non un white cube. Gli eventi e i talk sono parte integrante di ogni mostra, insieme
design ha spesso agito agli estremi di due narrative: l’autoreferenzialità alle pubblicazioni. Dalla galleria commerciale abbiamo preso in prestito l'idea
o l’ostentare la portata della sua diffusione nel quotidiano. di vendere degli artefatti, come modello economico per sostenere le spese.
Il caso di cui si parlerà qui, pur trattandosi sempre di esposizione, Per che tipo di pubblico è pensata?
affronta la questione della presentazione del graphic design al pubblico Per chi è già dell’ambiente o per tutti?
in modo differente da quello museale. Belli Gallery è uno spazio nato Il pubblico è sicuramente quello legato al graphic design o ad ambienti vicini,
a Milano, è stato inaugurato il primo marzo 2018 ed è un progetto a cura ma tra i nostri obiettivi c'è anche quello di aprire le porte ai non addetti.
dello studio Parcodiyellowstone. La galleria, spazio tradizionalmente In particolare a Milano la parola design è sempre legata alla moda o al design
dedicato all’arte, possiede una caratteristica dinamicità, è una zona del prodotto, ci piacerebbe vedere il graphic design più conosciuto e compreso
di scambio ed è fortemente contemporanea. Questa vuole essere ancora dai nostri concittadini.
di più: dedicata alla grafica, non propone solo piccole esposizioni, ma Mi pare che un’attività importante della galleria
talk e pubblicazioni in vendita. Belli Gallery è il risultato di una necessità sia la vendita di riviste e libri, perché non avete
percepita dallo studio milanese, il bisogno cioè di un luogo in cui fosse scelto di aprire una libreria?
possibile intraprendere percorsi e comunicare un mondo di cui ci 29 M A G A Z I N E Il mag corner è una parte essenziale della nostra attività. Anche questo aspetto
si sente parte come designer, contribuendo così alla diffusione di una nasce da un bisogno diretto e personale, quando abbiamo aperto a Milano
cultura attuale del graphic design. La prima mostra ad esempio non c'era nemmeno un posto che vendesse magazine di settore. Ci ritrovavamo
è stata Cellophane – A Reference Archive, una raccolta di ephemera, spesso a svaligiare posti a Berlino o Londra perché sapevamo di non averli
il risultato di anni di viaggi e visite che costituiscono appunto un piccolo belli.gallery a facile portata una volta tornati a Milano. Anche se sono facili da trovare online,
archivio grafico personale, una pratica nella quale tra l’altro molti vedere sfogliare e leggere (in galleria abbiamo sempre anche una copia da
graphic designer si possono riconoscere. Belli Gallery ha esposto consultazione e una sdraio!) la pubblicazioni prima di comprarle è molto diverso,
il proprio. Un’altro evento era dedicato ad un’esposizione di 22 poster e a nostro avviso essenziale. La nostra selezione è molto specializzata e selettiva,
e una pubblicazione realizzati da Lava e dedicati al mondo del calcio, ci interessa il tema del design grafico ma anche quello dell'arte e della media art,
in particolare a Italia ed Olanda, escluse dai mondiali di quell’anno. cerchiamo sempre di supportare magazine indipendenti e locali, e di scegliere
La mostra più recente è invece un’analisi sulla viralità delle immagini tematiche che riteniamo rilevanti per lo sviluppo della società odierna, passando
di fondoschiena femminili nella società mediatica e nelle diverse I B R I D A Z I O N I quindi anche da temi politici e sociali. Per rispondere alla tua domanda,
espressioni culturali. Insomma, la galleria propone uno sguardo sulle non abbiamo aperto una libreria perché lo spazio che ci immaginavamo era
cose del mondo, ed è quello del graphic designer ad essere protagonista. già molto più ibrido, e la parte espositiva troppo importante.
Che prospettive avete?
3.9.1 06 08 18 C’è un obiettivo particolare che vi siete posti?
Abbiamo sempre fatto piani guardando in là di al massimo tre anni,
Belli Gallery immaginandoci qualcosa e dandoci degli obiettivi per andare avanti. In questo
caso ci siamo fermati a due, il piano è molto chiaro e abbiamo già un sacco
Com’è nata l’idea della Belli Gallery? di idee e programmi che arrivano fino a fine 2019.
S PA Z I O Belli nasce da un'idea che avevamo da tempo, di avere uno spazio aperto al Ci piacerebbe che Belli diventasse un momento di crescita culturale
pubblico e con vetrina su strada, dove trattare argomenti legati alla progettazione 30 C O L L E T T I V I TÀ collettiva e vedere il pubblico milanese sia contento di quello che portiamo
grafica. in città.
Perché proprio una galleria? Che riscontro state avendo?
Era forse importante avere uno spazio fisico? Il riscontro è molto positivo, abbiamo visitatori che sono venuti apposta
Che tipo di funzione vuole assolvere la galleria? da noi da altre città. Per il momento le visite sono molto legate agli eventi
Sì, amiamo il mondo virtuale ma ci siamo resi conto che le relazioni crescono e alle inaugurazioni, ma sempre più persone passano da noi anche per comprare
in modo amplificato (in negativo o positivo che sia) incontrando direttamente un magazine o visitare la mostra.
le persone. In particolare lo spazio fisico è più una risposta alla necessità Che rapporto ha la galleria con
di imparare dagli altri e scambiare pensieri e opinioni con chi si interessa Parcodiyellowstone? Belli Gallery è un progetto
a certi temi come noi. Facciamo riferimento in particolare a tutti i progettisti avviato esclusivamente da graphic designer?
che vivono a Milano, e che solo raramente hanno il tempo di fermarsi a fare due P R O G E T T I Belli è un progetto di Parcodiyellowstone, quello che letteralmente potremmo
chiacchiere con qualche sconosciuto. Il fatto che sia una galleria invece nasce descrivere come un side project. Parcodiyellowstone segue tutta la curatela
da un bisogno diverso, quello di sperimentare e soprattutto di dare la possibilità delle mostre, dalla scelta degli ospiti allo sviluppo delle singole mostre.
G A L L E R I A di farlo a chi ammiriamo da tempo. L'idea è quella di dare uno spazio espositivo Lo studio costruisce anche la selezione di magazine e la curatela degli eventi
alla progettazione grafica, che raramente trova questa possibilità. Negli ultimi a tema graphic design, a volte con collaborazioni esterne.

113
3.10
PRESENTE
Questo contributo rappresenta la voce più giovane all’interno
di questa raccolta. Credo fosse fondamentale inserire una visione
Quando lavori da solo che è un lavoro che stai facendo e per cui devi essere pagato. A livello
di motivazione e autostima questo non aiuta, conosco tanti ragazzi che hanno
di questo tipo, la conferma mi è stata data dal fatto che in effetti
le sue parole raccontano un mondo piuttosto diverso rispetto a quelli
ci sono molte questioni rinunciato a fare grafica pura anche per questi motivi, che hanno preferito
magari posizioni laterali.
che ho incontrato fino ad ora. Il punto di vista di una designer freelance
che è uscita da poco dall’università si è rivelato lontano da quello delle
che riguardano soldi, Quindi come posizione siamo ancora
a questo punto?
altre persone con cui avevo parlato fino ad ora, che in effetti sono
tutti professionisti che lavorano da più tempo, con una posizione ben
amministrazione, logistica R U O LO Secondo me in Italia da questo punto di vista ci sarebbe molto da fare,
vedo anche nello studio in cui lavoro che ogni tanto ci sono delle serie difficoltà
affermata. La sua è la visione meno rosea fra quelle che ho approcciato
e in qualche modo è quella che è più vicina a ciò che io consideravo
che pensi siano il meno ESTERO
a gestire i clienti. Non ho ancora avuto occasione di andare a lavorare all’estero
purtroppo, però sento tanti amici che sono in Olanda e dicono che lì è un’altra
la realtà. Sicuramente il fatto che fra me e la mia interlocutrice ci fossero e in realtà sono l’80% di storia. Si è considerati lavoratori come tutti gli altri, addirittura se come freelance
solo due anni di distanza ha reso facile un incontro. proponi budget troppo bassi non vieni preso in considerazione perché poco
Dare spazio a questa generazione mi pare più che fondamentale nel quello che devi fare — AZ professionale.
contesto di una ricerca sul contemporaneo, a maggior ragione in questa, Vedi delle prospettive di miglioramento?
il tema dell’inquieto inserimento dei giovani nel mondo del lavoro È, per esempio, una questione generazionale?
è in fondo uno degli spunti fondamentali. GENERAZIONI Non ci ho mai pensato se sia generazionale, un po’ sì. A Milano ci sono delle
sovrastrutture un po’ complicate, generazionali nel senso che c’è già rivalità
3.10.1 31 08 18 fra la generazione dei 20 e quella dei 30, io sento molto questa cosa. C’è una
specie di competizione non sana a livello di età, i giovani non sono tanto presi
Alice Zani in considerazione, tra i 20 e i 30 si è ancora visti come molto giovani. Mi è capitato
anche come freelance che sotto sotto mi venisse detto “Stai al tuo posto”.
Qual è il tuo percorso formativo Anche la solita questione del lavoro gratis ma che dà visibilità, sono luoghi comuni
e come lavori ora? ancora tanto veri. Poi c’è da dire che chi dai 40 in su si occupa di comunicazione
F O R M A Z I O N E Tornando molto indietro, io ho fatto il liceo classico, quindi vengo da una e grafica difficilmente ha avuto una formazione o un passato da grafico, magari
formazione molto diversa rispetto a quello che ho deciso di fare dopo. hanno fatto economia, filosofia, architettura e per vicende collaterali si sono
Non sapevo cosa stavo andando a fare, non conoscevo bene la strada trovati a fare questo lavoro. Credo che questo un po’ conti nella considerazione
della grafica. Ho fatto design della comunicazione al Politecnico, mi sono del lavoro di chi invece ha avuto un percorso formativo specifico.
molto appassionata, inizialmente all’editoria, che ho dovuto però indagare Cosa ne pensi del livello generale
meglio per i fatti miei. Ho provato a mandare il mio portfolio per alcuni master della grafica in Italia?
all’estero, ma oggettivamente non era abbastanza consistente, non sono I TA L I A Se devo pensare a grafici italiani che stimo faccio fatica, gli studi italiani che
stata presa. Finito i tre anni, ho subito trovato un lavoro come graphic designer fanno cose un po’ più innovative comunque hanno sempre uno sguardo verso
da Boiler Corporation, uno studio di Milano che non fa prettamente grafica, l’estero. Non nascono tendenze italiane, penso che sia comune a tutti gli ambiti
ma anche organizzazione di eventi in ambito culturale, musica, arte… creativi. Come nella moda, si guarda fuori per prendere modelli di ispirazione,
Non commerciale, non pubblicità. Sono rimasta due anni, che mi hanno provata, invece che fare qualcosa che crei un’identità italiana nuova. All’estero fanno di più
ma mi è servito molto: quando esci dall’università non sei preparato a lavorare. e qua si tende a voler rimanere su quella cresta dell’onda. Quando guardi le cose
Mi sono licenziata e ho provato a lavorare da sola, grazie a un mio amico che prodotte dagli studi italiani riesci a capire da cosa hanno preso spunto. Il bello
fa il creative director che ha cominciato a passarmi un po’ di lavori, tra cui sarebbe riuscire a fare propri quegli spunti, è evidente quando invece si copia
uno grosso che era per Elisa, la cantante. Mi sono aperta la partita IVA, anche e basta. È difficile individuare uno stile italiano. Ma forse anche degli altri paesi
se avevo 24 anni e mi sembrava un po’ presto. Poi ho cominciato a lavorare STILE è difficile dirlo, qualcuno un po’ di più, gli olandesi, gli svizzeri. Non è neanche
part-time come freelance da La Colonia, uno studio che fa web-design, branding… detto che questo sia per forza positivo. Per esempio l’ECAL, per quanto sia una
mi piacciono molto perché hanno un approccio che definirei “non italiano” alla scuola super rinomata, bisogna dire che esce tutto con lo stampino, tutti hanno
grafica e sono molto aggiornati sulle nuove tecnologie, sulla programmazione. enorme successo e ci sono dei geni che escono da lì, ma hanno un’impronta
Nel frattempo continuo ad avere altri lavori per i fatti miei. specifica della scuola. Parlare di tendenze a livello europeo è più bello, rimane
Com’è essere un grafico freelance oggi? che dall’Italia esce poco. A Milano ci sono dei personaggi che pensano di essere
F R E E L A N C E Quando lavori da solo ci sono molte questioni che riguardano soldi, tra i migliori, sembra che facciano tante cose, poi esci dai confini e nessuno
amministrazione, logistica che pensi siano il meno e in realtà sono l’80% sa chi sono. Non che la fama sia fondamentale, ma siccome si parla di visivo
di quello che devi fare. Secondo me dipende da come funzionano le cose in Italia: e comunicazione, è l’indice che ti dice se le tue cose stanno avendo rilevanza o no.
è un cliché, ma si tende molto a fare i furbi e bisogna sempre stare attenti a non Com’è per te lavorare con il mondo della musica,
farsi fregare, fare i preventivi per evitare sorprese, assicurarsi che il pagamento della moda, dei club?
arrivi in un certo lasso di tempo. È la parte principale che bisogna imparare Ho sempre puntato a lavorare nell’ambito culturale, per una visione mia
a gestire. Poi, almeno all’inizio, è tutto fatto di alti e bassi, ci sono periodi in cui per cui facendo grafica non sto salvando il mondo ma non voglio fare cose
non hai entrate. È molto personale decidere se lavorare da soli, non c’è meglio fatte per comprare le persone. Quell’approccio commerciale non mi interessa.
o peggio. C’è chi preferisce gestire le proprie cose e chi la sicurezza di uno Già mi è capitato di dover fare delle ricerche a livello di utilizzo di Instagram,
studio, con stipendio fisso, contributi, ferie. Personalmente ho constatato che mi sono trovata a leggere delle cose per cui le persone erano numeri, questa
T E M P O nonostante le difficoltà preferisco gestire il mio tempo. Per me è alienante sapere cosa mi turba. Alla fine l’ambito culturale è quello nel quale si ha più libertà
che la mattina devo essere in un posto a una certa ora e uscire non prima di una ESTETICA e ci si può permettere di formare una propria estetica, per quanto rimarco
certa ora, tutti i giorni, avere le ferie contate. Poi finisce che si fa anche peggio, che è fondamentale saper adattare la propria estetica ai lavori. Molti vedono
però mentalmente so che sto gestendo io i miei tempi. La difficoltà in Italia sta nel la grafica come un ambito artistico, mentre la grafica è un lavoro. Se uno viene
fatto che non è molto considerato come lavoro, sul “creativo” si tende addirittura 31 da te, a meno che tu non sia Mirko Borsche, non potrai mai dirgli “Questa
a scherzare. È brutto, ho trovato molte situazioni abbastanza frustranti in cui è la mia estetica e io le cose le faccio così”. Bisogna mantenere l’equilibrio
ti mettono le mani sul computer e ti dicono cosa fare. Non c’è tanto la concezione Bureau Borsche, Nike Campaign 2018. fra queste cose. Sono gli ambiti in cui si può anche fare più ricerca.

114 CONVERSAZIONI
C L U B Il lavoro per i club è legato al fatto che ho molti amici che lavorano in questo Le immagini di questo capitolo
ambito, e questi sono lavori per cui non prendo soldi o pochissimo. È l’ambito
ludico in cui posso sperimentare le mie cose a livello estetico. È una porta che 1 Salvatore Gregorietti. Un progetto lungo cinquant'anni,
tengo aperta perché è divertente e utile. a cura di A. Bassi, F. Bulgato, Skira, Milano 2017, pag. 34.
Mi pare che da un po’ di tempo a questa parte 2 Salvatore Gregorietti. Un progetto lungo cinquant'anni, cit., pag. 38.
il graphic design sia un aspetto particolarmente 3 Salvatore Gregorietti. Un progetto lungo cinquant'anni, cit., pag. 216.
curato e preso in considerazione dall’ambito 4 fondazionefeltrinelli.it
della moda, di cui insomma ci sia una maggiore 5 Salvatore Gregorietti. Un progetto lungo cinquant'anni, cit., pag. 200.
consapevolezza. Cosa ne pensi? 6 Salvatore Gregorietti. Un progetto lungo cinquant'anni, cit., pag. 81.
FIGURE Sì è vero, hai ragione. È un momento in cui stanno uscendo quelle figure che 7 Salvatore Gregorietti. Un progetto lungo cinquant'anni, cit., pag. 65.
prima erano ghostwriter. Nella moda, gli stylist e le modelle non erano conosciuti 8 Salvatore Gregorietti. Un progetto lungo cinquant'anni, cit., pag. 255.
come nomi una volta. Invece ora delle modelle si sanno i nomi e sono delle figure 9 aiap.it
di riferimento, gli stylist erano solo quelli che mettevano i vestiti alle persone, 10 michelegalluzzo.it
adesso viene fuori addirittura più il loro lavoro rispetto a quello del fotografo 11–12 aiap.it
o dello stilista, cosa che non condivido. 13 cdpg-aiap.blogspot.com
Penso anche al caso di Peter Saville, fino a poco fa di lui si conosceva 14 irb-paris.eu
la maglietta dei Joy Division perché ce l’avevano tutti o la copertina del disco 32 15 moma.org
dei New Order con i fiori. Adesso Burberry gli fa rifare il logo, Raf Simons 33 16 c-a-s-t.com
gli fa fare qualsiasi cosa, simbolo che se fai fare qualcosa a lui il brand avrà 17 aisdesign.org
rilevanza. Penso che sia positivo per il ruolo del graphic designer, perché può 18 garadinervi.tumblr.com
contribuire a dare un volto alla figura del graphic designer. Ancora si è visti 19–20 brave-new-alps.com
come un amanuense, un nerd che sa usare il computer mentre tu no. Prendere 21–22 brave-new-alps.com
in considerazione il graphic designer è una cosa che è compresa dagli ambiti 23 precaritypilot.net
culturali, ma non da tutti ancora. 24 facebook.com
Poi dipende da come vedi le cose, ho avuto delle discussioni con chi crede 25 commercialtype.com
FUTURO che le cose andranno sempre di più nella direzione inversa, cioè che non 26 eyemagazine.com
ci sarà più bisogno di grafici. È una cosa che secondo me bisogna contrastare. 27–28 typographica.org
Esiste anche il fenomeno dei grafici che mostrano lavori finti, che hanno profili 29–30 facebook.com
Instagram di soli mockup, cose interamente inventate da loro. È interessante, 31 bureauborsche.com
ma fa anche paura, significa aver perso una parte fondamentale del lavoro vero, 32 moma.org
ovvero avere un cliente, delle restrizioni, delle clausole. Ci sono un sacco di 33 burberry.com
SOCIAL evoluzioni molto veloci che stanno accadendo e il canale principale è Instagram. 34 corradogrilli.com
Queste aree (moda, musica)
sono già molto battute?
MUSICA L’ambito musicale è abbastanza strano. Dopo aver comiciato a lavorare con Peter Saville, copertina per Joy Division, Unknown Pleasures, 1979.
Elisa ho provato a contattare gli Universal, ma loro non hanno grafici interni, Peter Saville, pattern per Burberry, 2018.
semplicemente ogni artista quando deve fare il disco propone il suo grafico.
Può essere il tipo trovato su Instagram, al loro migliore amico d’infanzia. Funziona
ancora così per lavorare nella musica, con le etichette discografiche intendo.
Non ci sono intermediari. Vorrei lavorare molto di più in questo ambito, ma è un
sistema un po’ chiuso, per questo non sta funzionando molto la grafica nella
musica in Italia, mentre potrebbe fare molto di più. Se potessi lavorerei solo
in questo ambito, dischi e vinili danno molta soddisfazione. Gli artisti hanno magari
già delle loro idee, ma tendenzialmente puoi fare quello che vuoi. Elisa ad esempio
è il cliente migliore con cui abbia mai lavorato, mi ha sempre dato carta bianca.
C’è il caso poi di Corrado Grilli, Mecna, che essendo rapper ha contatti interni 34
ed è diventato il grafico ufficiale di tutti i rapper. Non voglio screditare il suo
lavoro, ma un po’ è un peccato perché si appiattisce un po’ tutto e la sua estetica
è riconoscibile in quasi tutte le copertine che fa. C’è poca variazione. Forse
gli Stati Uniti in ambito musicale sono quelli che stanno dando più importanza
alla grafica.
La moda pure va molto a passaparola e contatti. Le cose che ho fatto
MODA è stato grazie ad amicizie interne che avevo. Non so come ci si può proporre,
hanno grafici interni o sono loro che contattano studi o grafici grossi. È un ambito
divertente ma nel quale si ha poca soddisfazione personale.
Questo è quello che ho capito per ora di questi ambiti!

Corrado Grilli, Ghali in tour, 2018.


115
Condivisione
della ricerca
4

117
4.1 Il sito, i poster

Una delle ragioni per cui ho intrapreso questo progetto sta


nella possibilità di costruire dei contenuti interessanti per tutti,
che potessero circolare e non rimanere per sempre nella scatola
di un archivio. Questa ricerca è per sua natura autoreferenziale:
sulla grafica, fatta da grafici, per grafici. A maggior ragione
mi interessa che possa essere vista almeno all’interno di questa
nicchia. Nel corso di questi mesi, che sia stato via mail, telefono
o di persona, tutti i designer con cui ho avuto a che fare direttamente
si sono dimostrati entusiasti e mi hanno esplicitamente chiesto
di condividere con loro i risultati. La sezione sull’indagine è, credo,
quella che può maggiormente essere oggetto d’interesse: è inedita,
è reale, è di facile fruizione. I miei sforzi si sono così concentrati
in questo senso.
Il metodo più semplice per propagare il progetto
passa ovviamente da Internet. Per questo il progetto prevede la
realizzazione del sito graficaitalia2018.com, sul quale sarà possibile
visionare i dati dell’indagine, scaricare una versione per visualizzarli
a monitor, una versione stampabile in bianco e nero su A4 e la tesi
per intero. Esclusa quest'ultima, è prevista anche una versione
in inglese. L’invio di un solo link rende semplice la condivisione,
evitando la distribuzione via mail di documenti PDF.
Un ragionamento è stato fatto anche sulla forma cartacea
che questa indagine poteva assumere. Da una parte, non lo nascondo,
avendo deciso di operare nell'ambito del graphic design non potevo
non pensare anche a un prodotto stampato, anche solo per una sorta
di feticisimo o come esercizio di stile. La serie di poster è però anche
un contributo reale e mio alla questione. Questo esporsi, lo stampare
in grande, appendere alla parete, trovo siano azioni necessarie
per rendere reale e mostrare quello che è il risultato, nel modo
in cui sto imparando a fare. La vedo come una sorta di responsabilità
che ho io nel condividere questi contenuti, che non sono miei ma
appartengono a una collettività. Uno dei poster forma un'immagine
evocativa della ricerca; gli altri invece sono, in contrasto, focus
su un tema, che spiegano mostrando semplicemente il dato,
con la speranza che sia autoesplicativo. Il programma è di distribuire
fisicamente questi oggetti agli studi e ai designer italiani. Sarebbe
interessante anche far circolare le immagini in formato digitale,
velocizzandone così la diffusione, magari attraverso canali come
Instagram che è ad oggi il social più utilizzato e che di sicuro
è frequentato da graphic designer.
Il linguaggio che segue l'intero progetto è costruito
su poche caratteristiche visive fondamentali. Il carattere tipografico
è il Forma DJR, un revival disegnato dallo statunitense David
Jonathan Ross del Forma di Novarese, che nel '68 rappresentava
la risposta italiana all'Helvetica. I colori che ho scelto non necessitano
spiegazioni, tuttavia ci tengo a precisare i motivi di una scelta così
scontata. Se si parla di nazionalità, la bandiera è il primo codice
cromatico che viene in mente e che prevale su qualsiasi altro:
è davvero difficile pensare a qualsiasi altro colore. In Italia esiste
anche l'opzione dell'azzurro, un colore ufficiale, che però oggi
appartiene soprattutto al mondo dello sport. Affrontare il luogo
comune ed accoglierlo in pieno appariva, per assurdo, la scelta
più azzardata. Verde, bianco e rosso sia, dunque. Senza paura
di sembrare patriottico o didascalico.

118 CONDIVISIONE DELLA RICERCA


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Conclusioni

Grafica Italia 2018 è il titolo sintetico che prende questa ricerca. relazione e dipendenza da un certo tipo di sistema. Oppure, il fatto al maggior interesse, è più stimolante. è stato piacevole constatare
È schietto, ma è anche programmatico. Queste parole rappresentano che arte e cultura siano gli ambiti che più nutrono la grafica va ad che si continuano a vedere prospettive rosee per il futuro, o per lo
tre necessari punti di riferimento per una ricerca che poteva essere indicare che il suo linguaggio e il suo valore siano colti da aree a cui meno si hanno delle idee chiare di che cosa ci sia bisogno: apertura,
sconfinata. Gli obiettivi risultano chiari: parlare di grafica, e per quanto già appartengono, aree che per altro non sono proprio mainstream. collaborazione, ibridazione, più considerazione.
questo possa ampliare gli orizzonti li restringe anche, volutamente, Questo, dal mio punto di vista, indica che il lavoro da fare è ancora Un’ultima conclusione è di ordine personale. Non sono ancora
allo stretto campo del graphic design. Si è voluto parlare dell’Italia tantissimo. O, per finire, non si può considerare una casualità la netta sicura che questa ricerca possa rappresentare un valore per gli altri,
e del suo contesto, punto che si è espresso soprattutto nel discutere predominanza maschile nella direzione degli studi, quando il campo questo solo il tempo potrà dirlo. Intendo dire che, essendo costruita
il lavoro, l’identità italiana, il potenziale del futuro. Infine è il 2018, è per sé equilibratissimo fra i due generi. Insomma l’indagine in fondo sulle mie lacune e le mie domande, ho l’impressione che
il contemporaneo, la fetta temporale che è presa in considerazione. ha messo in luce alcune caratteristiche del contesto italiano, anche per alcuni questi risultati non possano essere che delle banalità.
Per concludere questa tesi e non riepilogare sterilmente se sarebbe interessante capire quanto specifiche di questo paese L’unica cosa che so è che questo progetto ha superato
concetti espressi più lungamente in precedenza, propongo una siano effettivamente se confrontate con statistiche su altri paesi. le mie aspettative, nel senso della crescita personale. In primo luogo
rilettura di questo percorso proprio attraverso questi tre termini. Una considerazione generale, entusiasmante per me, è che pare perché ho avuto alcune risposte, che pur essendo sempre state delle
Grafica e Italia, ovvero di come la comunità dei progettisti condiviso il fatto che questo lavoro non finisca negli orari di ufficio. opinioni soggettive, mi hanno aiutato moltissimo a costruire una mia
e il pubblico italiani si sono rapportati nel tempo con la disciplina Si percepisce una passione che accomuna tutti, che penso abbia idea delle cose e a vedere il sistema da diversi punti di vista, in attesa
della grafica, punto che è stato indagato nel primo capitolo. Tracciare il potere di trattenerli per continuare a farlo, nonostante i malcontenti di realizzare il mio. Questo è stato a dir poco fondamentale, suppongo
una linea storica è stato necessario per diversi motivi, nonostante che sono stati chiaramente espressi sui problemi della professione che avrei faticato molto a capire certe dinamiche, o per lo meno sarei
uscisse dal limite della contemporaneità. Premettendo che la in Italia. Sono stata contenta insomma di constatare che non ci si sempre stata nel dubbio, se non avessi avuto dei confronti diretti.
ricerca si è svolta senza la certezza che alcuni risultati fossero stanca in fretta della grafica. Ho, insomma, veramente imparato dagli altri, e di certo ho trovato
effettivamente percepibili, direi che la rassegna delle esposizioni Il terzo capitolo indaga invece la grafica nel 2018, come si fa, molto a cui pensare. Le persone sono state di gran lunga la miglior
alla fine ha portato alcuni frutti. L’evoluzione, nell’arco di poco come funziona, quali sono i percorsi possibili. Da queste domande cosa che mi ha messo di fronte questa tesi. A partire dalle risposte
meno di un secolo, del graphic design dal punto di vista della sua nascono le conversazioni trascritte in questo volume, avvenute entusiaste al questionario, fino ai professionisti straordinari che
definizione come campo e come azione nella società è piuttosto nel corso di tre mesi con chi oggi si occupa di grafica, scoprendo hanno messo a disposizione il loro tempo per parlare con me, devo
notevole. Da relegato alla figura tecnica dello stampatore, il grafico che ognuno possiede una sua visione chiara e valida. L’obiettivo era dire che l’esperienza è stata assolutamente positiva anche solo
si è progressivamente guadagnato il ruolo di progettista. Le aree di anche quello di poter collocare idealmente la loro pratica su una per questo aspetto. I graphic designer del 2018 sono delle bellissime
intervento si sono fatte via via più ampie e precise. Per quanto ancora mappa, per ampliare la visione sui percorsi possibili. Per questo ho persone.
non ci soddisfi, si percepisce che è un cammino in divenire. Se oggi si scelto di parlare con persone che vengono da agenzie, con persone
avverte un senso di inferiorità nei confronti dei designer del passato, che conoscono bene AIAP, con freelance, fondatori di studi in varie
ci si può rallegrare del fatto che la considerazione della professione parti d’Italia, professionisti specializzati in type, o ancora con chi ha
è solo che migliorata. Certamente il percorso mette in luce anche scelto percorsi totalmente alternativi e con chi invece ha aperto una
delle lentezze. Innanzitutto, anche presumendo di aver lasciato galleria in centro a Milano. Da una disciplina come la grafica, possono
alcuni casi fuori da questa lista, la quantità di esposizioni sul tema espandersi realtà che realizzano mondi e sistemi opposti, penso
non è particolarmente rilevante. Non rappresentano insomma che sia fondamentale aver presente quali siano i propri propositi.
una massa consistente, se si aggiunge che la maggior parte sono Questa è stata la cosa che più si è rivelata alla fine: è necessario un
avvenute a Milano, si presume facilmente che l’audience raggiunta pensiero ben formato dietro alla professione. La varietà degli ambiti
non sia molto grande. Gli ambiti in cui il designer opera si sono di certo di appartenenza dei miei interlocutori era ricercata e voluta proprio
evoluti nel corso della storia, ma oggi in Italia sono riconosciuti ancora per esplorare le diverse concezioni, è stato affascinante vedere le
gli stessi di trent’anni fa, con la sola eccezione delle applicazioni sfumature. Riferendomi ad esempio a due casi trattati qui, Elio Carmi
digitali. Se si volge uno sguardo all’estero, si noterà come al graphic e Fabio Franz, con uguale passione e convinzione mi hanno esposto
designer contemporaneo sia possa chiedere ben di più. Un ultimo le proprie ragioni, che erano circa una il contrario dell’altra. A guardar
aspetto da considerare in questa sede, è la scarsità del materiale bene, alcuni argomenti ed interessi sono simili. L’ambito economico ad
reperibile sul tema. Questo può significare che c’è ancora grande esempio è ben tenuto in considerazione da entrambi, ben consapevoli
spazio per la ricerca, ma anche che pochi vi hanno dimostrato che è necessario affinché si realizzino le proprie visioni. L’azione
interesse, e su questo varrebbe forse la pena riflettere. per fini più alti, è un altro valore comune. L’utilizzo della grafica non
Si potrebbe dire, invece, che l’Italia e il 2018 sono gli argomenti in quanto forma estetica in sé, ma come mezzo per fare e comunicare
portanti dell’indagine del secondo capitolo. Non si è parlato tanto altro, è ancora un’altra cosa che hanno in comune. Le convergenze,
di grafica quanto di lavoro, di professionisti che operano in questo le divergenze e gli incroci su plurimi temi sono forse l’aspetto più
settore oggi e in Italia. Mi interessava capire la natura del contesto interessante di questa raccolta. La serie copre inoltre diverse
dello studio, ascoltare delle opinioni e delle storie, sentire insomma generazioni: lo spettro parte da un nato nel 1941 ad una nata nel 1992.
delle voci da quel mondo che altrimenti sarebbe complicato da Ciò ha dato modo di guardare gli approcci e il modo di pensare anche
raggiungere. Aver avuto la possibilità di raggiungere in una volta da questo punto di vista, cosa vede un professionista con quasi
sola 95 casi lo considero un grande lusso. L’immagine che i dati hanno sessant’anni di carriera e cosa chi ne ha solo due d’esperienza?
costruito va a formare un quadro generale italiano e contemporaneo, La situazione dell’Italia è stato uno degli argomenti che
che su alcuni punti è particolarmente preciso. La localizzazione ho affrontatp con diversi dei miei interlocutori. Ho ascoltato parole
geografica della maggioranza degli studi, nordica e milanese, perlopiù negative nei confronti del livello medio italiano. In generale,
è indice che il graphic design trova da vivere, soprattutto e ancora, la sensazione è quella di sentirsi indietro rispetto a qualcosa
dove lo sviluppo economico è più consistente, a testimoniare la sua che accade fuori, che per motivi legati al contesto, alle possibilità,

126 CONCLUSIONI
5

127
Bibliografia Cataloghi di mostre Libri Articoli

1 Catalogo V Triennale 10 Spaghetti Grafica 2. 13 Come comete: La traccia di una professione


Triennale di Milano Contemporary Italian Graphic Design annunci e messaggi nella grafica Giancarlo Illiprandi, Alberto Marangoni,
Casa editrice Ceschina a cura del Ministero della Grafica della Triennale Franco Origoni, Anty Pansera
Milano 1933 Triennale Design Museum a cura di Silvana Annicchiarico, «Avanti!»
Electa Mario Piazza 25 ottobre 1993
2 Catalogo VII Triennale Milano 2009 Triennale di Milano
1 8 15
Triennale di Milano Milano 2004 Tesi
Milano 1940 11 TDM 5: Grafica italiana
a cura di Giorgio Camuffo, La grande T rossa La dialettica tra grafica
3 Catalogo IX Mario Piazza, Carlo Vinti La Triennale di Milano 1923 – 2015 e disegno industriale in Italia:
Triennale di Milano Corraini Edizioni Renato Besana il gruppo Exhibition design
Milano 1951 Mantova 2012 Triennale di Milano Michele Galluzzo
Milano 2015 Relatori Mauro Bubbico, Carlo Vinti
4 Catalogo X The New Italian Design ISIA Urbino
Triennale di Milano Triennale Design Museum Guida alla VII Triennale Diploma accademico di II livello 2 9 16
Milano 1954 Milano 2013 a cura di Agnoldomenico Pica A.A. 2011–2012
S.A.M.E.
Catalogo XI 12 Visual design Milano 1940 Riviste
Triennale di Milano 50 anni di produzione in italia
Milano 1957 Giancarlo Illiprandi, Alberto Marangoni, Guida Ricciardi «Progetto Grafico»
Franco Origoni, Anty Pansera Edizioni Ricciardi n. 4/5 Febbraio 2005
Catalogo XVI Idealibri Milano 1936 Aiap Edizioni
Triennale di Milano Milano 1984 Milano 2005
Firenze 1982 I numeri, le parole. 3 10 17
Sul furor mathematicus «Rassegna 6 (il campo della grafica
18
5 Grafica sperimentale per la stampa di Leonardo Sinisgalli italiana)»
36° Biennale di Venezia Alessandra Ottieri Editrice C.I.P.I.A.
1972 FrancoAngeli 1981
Milano 2002
6 Graphic Design Worlds/Words Web
a cura di Giorgio Camuffo, 14 Mapping graphic design history in Italy
Maddalena Dalla Mura Robert Lzicar, Davide Fornari Archivio digitale di Luciano Baldessarri
Mondadori Electa Triest Consultato il 25 giugno 2018. 4 11 18
Milano 2011 Zurigo 2016 baldessari.densitydesign.org

7 Il progetto grafico. 15 Studio Boggeri 1933 1981 Archivio Triennale


Venti interventi nel nostro quotidiano a cura di Bruno Monguzzi Consultato il 25 giugno 2018
Società Umanitaria Electa archivio.triennale.org
Milano 1981 Milano 1981
Il manifesto pubblicitario nel ventennio
Le città del mondo e il futuro delle 16 Studio Culture Giovanna Giannini, Stefania Calella
metropoli. Oltre la città, la metropoli a cura di Tony Brook, Consultato il 7 luglio 2018 5 12
a cura di Georges Teyssot Adrian Shaughnessy win.storiain.net
Electa Unit Editions
Milano 1988 London 2009 La “Mostra internazionale della
produzione in serie” di Giuseppe
8 Millennials / La nuova scena Un’immagine dell’Italia. Pagano (VII Triennale, 1940): contesto
della grafica italiana Resistenza e ricostruzione. e preparazione della prima
a cura di Cinzia Ferrara, Le mostre del dopoguerra in Europa esposizione di design in italia
Monica Nannini, Carla Palladino a cura di Adolfo Mignemi, Alberto Bassi
Aiap Edizioni Gabriella Solaro 6 13
Consultato il 25 giugno 2018
Milano 2015 Skira aisdesign.org
Milano 2005
9 Prima Biennale della Grafica. Attraversamenti,
Propaganda e cultura: indagine sul 17 Unimark International: festival diffuso della grafica.
manifesto di pubblica utilità dagli anni The Design of Business and Programma delle mostre e degli eventi.
Settanta ad oggi the Business of Design Consultato il 30 luglio 2018
a cura di Giovanni Anceschi Jan Conradi magazine.unibo.it
Arnoldo Mondadori Editore Lars Müller Publishers
Milano 1984 Baden 2010 7 14

128 BIBLIOGRAFIA
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