... un'idea che non mi andava gi era quella tanto diffusa negli anni cinquanta, quando ho
cominciato a fotografare, idea secondo la quale una foto non contava tanto per la sua verit quanto
per l'effetto, per il colpo che poteva produrre sulla fantasia del lettore.
... rifiuto anche l'idea o teoria dell'attimo fuggitivo, perch penso che tutti gli attimi siano fuggitivi e
in un certo senso uno valga l'altro, anzi, il momento meno significativo forse proprio quello
eccezionale.
Ci che veramente importa non tanto l'attimo privilegiato, quando individuare una propria
realt;dopo di che tutti gli attimi si equivalgono.
Circoscritto il proprio territorio, ancora una volta potremo assistere al miracolo delle "immagini che
creano se stesse", perch a quel punto il fotografo deve trasformarsi in operatore, cio ridurre il suo
intervento alle operazioni strumentali...
Qui, "grazie all'apparecchio, noi accettiamo la vita in tutta la sua realt"...
Al fotografo il compito di individuare la sua realt, alla macchina quello di registrarla nella sua
totalit.
Ho chiamato questa serie di foto Verifiche, perch il loro scopo era quello di farmi toccare con
mano il senso delle operazioni che per anni ho ripetuto cento volte al giorno, senza mai fermarmi
una volta a considerarle in se stesse, sganciate dal loro aspetto utilitaristico.
Nel 1970 ho cominciato a fare delle foto che hanno per tema la fotografia stessa, una specie di
analisi delloperazione fotografica per individuarne gli elementi costitutivi e il loro valore in si
temi, in fondo, di ogni manuale di fotografia, ma visti dalla parte opposta, cio da ventanni di
pratica, mentre i manuali sono fatti, e letti, di solito, per il debutto. Pu darsi che alla base di queste
mie divagazioni ci sia quel bisogno di chiarire il proprio gioco, cos tipico degli autodidatti, che
essendo partiti al buio, vogliono mettere tutto in chiaro, e conservano rispetto al mestiere
conquistato giorno dopo giorno, un certo candore e molto entusiasmo. Ho chiamato questa serie di
foto Verifiche, perch il loro scopo era quello di farmi toccare con mano il senso delle operazioni
che per anni ho ripetuto cento volte al giorno, senza mai fermarmi una volta a considerarle in se
stesse, sganciate dal loro aspetto utilitaristico.