Sei sulla pagina 1di 35

Biografia

Ugo Mulas

Ugo Mulas Photo Giuseppe Pino

Ugo Mulas (Pozzolengo, Brescia 1928 - Milano 1973) una delle figure pi importanti della fotografia internazionale del secondo dopoguerra. La sua formazione di autodidatta si compie a contatto con lambiente artistico e culturale milanese che nei primi anni cinquanta si ritrova al Bar Jamaica. Dopo il debutto nel fotogiornalismo (1954) Mulas si impone rapidamente nei pi diversi campi della fotografia professionale: contribuisce al rinnovamento dellimmagine di moda e di pubblicit{, darchitettura e industriale, pubblicando in numerose riviste come Settimo Giorno, Rivista Pirelli, Novit{, Domus, Vogue e Du. In quegli anni il fotografo realizza una serie di reportage in Europa con Giorgio Zampa per Lillustrazione italiana e lavora con il Piccolo Teatro di Milano, sviluppando una collaborazione artistica con Giorgio Strehler.

Biografia

Ugo Mulas Lina Mainini, Alfa Castaldi, Arturo Carmassi e Cesare Peverelli Bar Jamaica. Milano, 1953-1954 estate Ugo Mulas Tutti i diritti riservati

Negli anni lattenzione al mondo dellarte diventa il principale progetto personale del fotografo. Mulas fotografa le edizioni della Biennale di Venezia dal 1954 al 1972 e intraprende unintensa collaborazione con gli artisti. Nel 1962 documenta la mostra Sculture nella citt a Spoleto dove si lega soprattutto agli scultori americani David Smith e Alexander Calder. Mulas alterna i ritratti e le immagini degli artisti al lavoro - come nelle celebri serie di Alberto Burri (1963) e di Lucio Fontana (1965) - e coglie gli aspetti mondani, illustrando le gallerie e le case dei collezionisti. Di questo periodo anche la serie dedicata a Ossi di Seppia di Eugenio Montale (1962-1965). Dopo la rivelazione della Pop Art alla Biennale del 1964 Mulas decide di partire per gli Stati Uniti (1964-1967) dove realizza il suo pi importante reportage con il libro New York arte e persone (1967). Gli incontri con Rauschenberg, Warhol e la scoperta della fotografia americana del New documents portano alle nuove ricerche della fine degli anni sessanta che superano la tradizione del reportage classico. I grandi formati, le proiezioni, le solarizzazioni, luso delliconografia del provino, sono elementi che Mulas recupera dalla pratica quotidiana del suo fare e dalle sperimentazioni pop. In questi anni collabora alla documentazione di eventi artistici quali Campo Urbano (Como, 1969), Amore Mio (Montepulciano, 1970), Vitalit del Negativo (Roma, 1970) e il decimo anniversario del Nouveau Ralisme (Milano, 1970), con libri e cataloghi che sperimentano nuove soluzioni grafiche e concettuali. Mulas realizza anche la cartella fotografica su Duchamp (1970) e il progetto di un Archivio per Milano (1969-70) e collabora con il regista teatrale Virginio Puecher per le scenografie del Wozzeck di Alban Berg e il Giro di vite di Benjamin Britten (1969). La crisi del reportage, la ricerca di un nuova significazione per il linguaggio fotografico, ormai superato dal mezzo televisivo, porta Mulas ad uno straordinario lavoro di riflessione storico-critica sulla fotografia. Sono gli anni che vedono la nascita del progetto delle Verifiche (19681972), una serie che sintetizza in tredici opere fotografiche lesperienza di Mulas e il suo dialogo continuo con il mondo dellarte. Le Verifiche sono lultima opera del fotografo che proprio in quel periodo si ammala gravemente. Questa serie si impone nel panorama internazionale per la radicalit{{ dellanalisi e il rigore formale: una delle opere pi significative del periodo che preannuncia lattuale equilibrio tra arte e fotografia. Tratto da archimagazine.com

ZOOM ON: UGO MULAS. LA SCENA DELLARTE


Tre grandi eventi espositivi celebrano fino ad ottobre 2008 lopera di uno dei massimi esponenti della fotografia italiana del secondo dopoguerra. Esploriamo il suo universo creativo attraverso le sue stesse parole, tratte dal ricchissimo materiale contenuto nel catalogo edito da Electa

Ugo Mulas Alik Cavaliere osserva una scultura di David Smith XXIX Esposizione Biennale Internazionale d'Arte, 1958 estate Ugo Mulas Tutti i diritti riservati

Tre citt, tre musei realizzano per la prima volta in Italia una vasta mostra dedicata allopera fotografica di Ugo Mulas, dagli esordi alle opere estreme. Roma, Milano, Torino congiuntamente presentano il pi ampio spaccato che mai sia stato offerto al pubblico della fotografia che Mulas ha dedicato al mondo dellarte contemporanea, fulcro della sua ispirazione dautore. La retrospettiva, ordinata con il concorso dellArchivio Ugo Mulas, presenta circa 600 opere suddivise in due sezioni parallele e contemporanee a Roma e a Milano. E successivamente, a giugno, confluenti in ununica rassegna a Torino.
4

Ugo Mulas Autoritratto di Ugo Mulas, riflesso nell'opera di Michelangelo Pistoletto, Vitalit del negativo, Roma, 1970 estate Ugo Mulas Tutti i diritti riservati

LE DATE: Milano, PAC dal 5 dicembre 2007 al 10 febbraio 2008 Roma, MAXXI dal 4 dicembre 2007 al 2 marzo 2008 Torino, GAM dal 26 giugno al 19 ottobre 2008 (esposizione cumulativa, che riunir{ in ununica sede tutte le sezioni, per un totale di oltre 600 immagini). LE SEZIONI: Le Biennali di Venezia Una selezione di alcune delle pi belle ed evocative immagini realizzate alla Biennale tra il 1954 e il 1972 illustra levoluzione del reportage di Ugo Mulas. Le fotografie della rassegna veneziana costituiscono
5

anche lasse temporale della mostra, presentando i vari movimenti artistici internazionali che si succedono nei ventanni di attivit{ del fotografo. La mia attivit ufficiale di fotografo cominciata con la Biennale di Venezia del 1954. Allora non avevo nessuna pratica e nessuna arte. Il mio lavoro consisteva nel cercare di dare unidea di questa festa. Con la Biennale del 1958, e poi in quelle del 1960, del 1962, del 1964, ho sempre pi precisato laspetto festoso dello stare insieme, del guardare, dellesibire e dellesibirsi, che nei pittori non mancava di aspetti auto-pubblicitari. Fotografavo tutto: non solo quelli che consideravo gli artisti pi notevoli o le cose pi importanti: non che mancasse la volont di scegliere, ma sentivo che il mio non poteva essere un atteggiamento da critico, non cera da capire qualcosa in particolare, non cera da fare qualcosa quanto da registrare (Ugo Mulas, estratto dal testo in catalogo). I ritratti Questa sezione presenta una galleria dei vari protagonisti dellarte italiana di quegli anni: non solo gli artisti, ma anche i critici, i galleristi e i collezionisti. Le immagini alternano diversi generi di ritratto, dal reportage (Adami, Manzoni, Giacometti) alla foto in studio (De Chirico, Morandi, Giulio Carlo Argan, Peggy Guggenheim) e ai ritratti dartista. Allinterno di questa sezione, alcuni focus approfondiscono e pongono in risalto il forte rapporto di amicizia e di collaborazione che Mulas ha intrattenuto con alcuni artisti italiani come Burri, Ceroli, Fontana, Manz, Pascali, Schifano, Twombly. Quando si fa il ritratto a un persona, si pu assumere uninfinit di atteggiamenti verso questa persona e farle assumere uninfinit di atteggiamenti verso chi fotografa. Non c ritratto pi ritratto di quello dove la persona si mette l, in posa, consapevole della macchina, e non fa altro che posare. Invece, solitamente, quando si dice che si vuole essere naturali non si intende essere naturali verso se stessi, ma essere naturali verso la macchina, cio verso il fotografo, come per ingannarli, dire: Io sono qui, ma fingo di non sapere che voi ci siete, cos la mia finzione sar pi credibile. Invece fotografare uno mentre fa qualcosa registrare un fatto, quindi fare della cronaca. Il ritratto in un certo senso qualcosa di pi nobile, rispetto alla fotografia di cronaca, purch non ci sia nessuna reticenza, nessuna finzione verso loperazione nel suo insieme, che deve essere la pi scoperta, la pi diretta possibile (Ugo Mulas, estratto dal testo in catalogo).
Ugo Mulas, Lucio Fontana, Milano, 1964

Gli eventi La sezione presenta una selezione di fotografie che segnano il passaggio dal reportage ad una indagine delle possibilit espressive e della fotografia, legata agli sviluppi dellarte concettuale e del comportamento. Dalla mostra Sculture nella citt a Spoleto (1962) a Campo Urbano a Como (1969), da Vitalit del Negativo a Roma (1970) al decimo anniversario del Nouveau Ralisme (1970) a Milano. Nel 1962, a Spoleto, fu organizzata una grande mostra di sculture nella citt. Minteressava, in quelloccasione, scoprire (se cera) un rapporto tra opere nate altrove e una citt come Spoleto. Cerano opere che si fondevano scenograficamente nellambiente (un Don Chisciotte della Richer collocato davanti a un muro di pietra rosa, o un paio di oggetti di Chillida tra il manufatto agricolo e lo strumento di tortura, in un vicolo buio, contro delle mura sbrecciate). Oppure altre sculture cos nuove, cos sganciate da qualunque riferimento culturale, da dare limpressione opposta: come se un oggetto extraterrestre si fosse posato, per un azzardo del caso, in una di queste vecchie piazze. La citt, in altri termini, diveniva un reagente, assorbiva certe sculture, ne espelleva altre dal proprio tessuto (Ugo Mulas, estratto dal testo in catalogo). New York: arte e persone 1964-1967 In questi anni lattenzione degli artisti per i nuovi media e i fermenti della fotografia americana espressi da autori come Robert Frank e Lee Friedlander portano Mulas a superare definitivamente la tradizione del reportage classico. Le immagini della serie testimoniano i cambiamenti e la vitalit della scena artistica newyorchese: dagli happening alle serate negli atelier, in unottica sempre funzionale allanalisi della situazione artistica. Lincontro con artisti quali Duchamp, Warhol, Lichtenstein, Johns, Christo, Segal, Rosenquist, Dine, Oldenburg, Rauschenberg, Cage, favorisce in Mulas unattenzione critica verso luso del medium fotografico che anticipa i lavori della fine degli anni Sessanta. Nuove ricerche 1967-1969 La fine degli anni Sessanta per Mulas il periodo dellapertura alla sperimentazione sullimmagine fotografica nei vari contesti della comunicazione visiva. Nascono lavori che esplorano le diverse possibilit comunicative del mezzo: non pi solo opere destinate alle riviste illustrate ma create per essere raccolte in libri e cataloghi (Campo Urbano, Vitalit del Negativo, Calder, Melotti); in grandi provini (Johns, Newman, Noland); in cartelle fotografiche come quelle su Fontana, Duchampe Montale; in scenografie teatrali (Wozzeck, Giro di Vite). I grandi formati, le proiezioni, le solarizzazioni, luso delliconografia del provino, sono tutti elementi che Mulas recupera dalla pratica quotidiana del suo fare, dalle sperimentazioni pop e new dada e da unattenta rilettura della storia della fotografia, che diventa il riferimento centrale di fronte
7

ai cambiamenti radicali apparsi alla fine del decennio. La crisi del reportage e la ricerca di nuove significazioni per un linguaggio ormai privo del suo primato dinformazione rispetto allavanzare della televisione portano Mulas ad uno straordinario lavoro di riflessione critica sulla fotografia. Di Lucio Fontana ero amico, come lo eravamo tutti, qui a Milano, uno dei tanti suoi amici. Di tutte le fotografie, soltanto una serie praticamente fatta nel giro di una mezzora ha un senso preciso. Fino a quel momento lavevo fotografato e basta, ora volevo finalmente riuscire a capire che cosa facesse. Forse fu la presenza di un quadro bianco, grande, con un solo taglio, appena finito. Quel quadro mi fece capire che loperazione mentale di Fontana (che si risolveva praticamente in un attimo, nel gesto di tagliare la tela) era assai pi complessa e il gesto conclusivo non la rivelava che in parte. In una delle foto, lo si vede di spalle, si vede una tela dove non c ancora niente, c soltanto una tela e lui nellatteggiamento di chi comincia a lavorarci sopra. il momento in cui il taglio non ancora cominciato e lelaborazione concettuale invece gi tutta chiarita. Cio quando vengono a incontrarsi i due aspetti della operazione: il momento concettuale che precede lazione, perch quando Fontana decide di partire ha gi lidea dellopera, e laspetto esecutivo, della realizzazione dellidea. Forse proprio per questa concentrazione e aspettativa concettuale Fontana ha chiamato i suoi quadri di tagli Attese (Ugo Mulas, estratto dal testo in catalogo). Le Verifiche Le Verifiche (1970-1972; dodici immagini), per la radicalit{ dellanalisi e lo spessore concettuale che le sostiene, rappresentano le opere pi significative dellultima stagione creativa dellautore e il testamento pi toccante della profondit{ cui giunta lesplorazione del mezzo, da parte del suo pensiero e del suo sguardo. Questopera, per la radicalit{ dellanalisi e il rigore formale, rimane una testimonianza lucida e un lascito che inaugura la stagione della fotografia contemporanea. Nel 1970 ho cominciato a fare delle foto che hanno per tema la fotografia stessa, una specie di analisi delloperazione fotografica per individuarne gli elementi costitutivi e il loro valore in s. Per esempio, che cosa la superficie sensibile? Che cosa significa usare il teleobiettivo o un grandangolo? Perch un certo formato? Perch ingrandire? Che legame corre tra una foto e la sua didascalia? ecc. Sono i temi, in fondo, di ogni manuale di fotografia, ma visti dalla parte opposta, cio da ventanni di pratica, mentre i manuali sono fatti, e letti, di solito, per il debutto. Pu darsi che alla base di queste mie divagazioni ci sia quel bisogno di chiarire il proprio gioco, cos tipico degli autodidatti, che essendo partiti al buio, vogliono mettere tutto in chiaro, e conservano rispetto al mestiere conquistato giorno dopo giorno, un certo candore e molto entusiasmo. Ho chiamato questa serie di foto Verifiche, perch il loro scopo era quello di farmi toccare con mano il senso delle
8

operazioni che per anni ho ripetuto cento volte al giorno, senza mai fermarmi una volta a considerarle in se stesse, sganciate dal loro aspetto utilitaristico (Ugo Mulas, estratto dal testo in catalogo). La fotografia che ho intitolato Omaggio a Nipce il risultato di un riesame del mio lavoro di fotografo che ho fatto alcuni anni fa. Ho dedicato a Nipce questo primo lavoro, perch la prima cosa con la quale mi sono trovato a fare i conti stata proprio la pellicola, la superficie sensibile, lelemento cardine chiave di tutto il mio mestiere, che poi il nucleo intorno al quale ha preso corpo linvenzione di Nipce. Per una volta il mezzo, la superficie sensibile, diventa protagonista; non rappresenta altro che se stesso. Siamo di fronte a un rullo vergine sviluppato; il pezzettino che rimasto fuori del caricatore ha preso luce indipendentemente dalla mia volont, perch il pezzettino che prende sempre luce quando si deve innestare la pellicola sulla macchina: un fatto fotografico puro. Prima ancora che il fotografo faccia qualsiasi operazione, gi avvenuta qualche cosa. Oltre a questo pezzettino che prende luce allinizio, ho voluto salvare anche il tratto finale, quello che aggancia la pellicola al rocchetto. un pezzettino che non si usa mai, che non viene mai alla luce, che si butta via, eppure fondamentale, il punto dove finisce una sequenza fotografica. Mettere laccento su questo pezzetto vuol dire mettere laccento sul momento in cui togli dalla macchina la pellicola per portarla in laboratorio. Vuol dire chiudere. Anche questa una presenza fotografica, perch, essendoci ancora appiccicata della colla che fa corpo, la luce in quel punto non passa. Potrei aggiungere che questo omaggio a Nipce rappresenta trentasei occasioni perdute, anzi, trentasei occasioni rifiutate, in un tempo in cui, come scrive Robert Frank riferendosi al fotogiornalismo, laria divenuta infetta per la puzza di fotografia (Ugo Mulas, estratto dal testo in catalogo). Unidea che non mi andava gi era quella tanto diffusa negli anni Cinquanta, quando ho cominciato a fotografare (sviluppatasi, credo, su una cattiva lettura di certe dichiarazioni o di certe foto di Cartier-Bresson, portate poi allesasperazione da un certo tipo di giornalismo), idea secondo la quale una foto non contava tanto per la sua verit quanto per leffetto, per il colpo che poteva produrre sulla fantasia del lettore. Da allora questo gioco non ha fatto che degenerare, non solo nel foto-giornalismo, ma in ogni campo dove la foto mercificata, nel cinema, che si fa ogni giorno pi volgare, pi aggressivo pur di compiacere il gusto del pubblico che, come un drogato, ogni giorno, ha bisogno di una dose di pi. Diverso in parte il caso della fotografia, che, bene o male, lavora sulla realt come scriveva proprio Cartier-Bresson presentando nel 1952 Images la sauvette. A travers nos appareils, nous acceptons la vie dans toute sa ralit, che un condensato di tutto quello che si pu dire o scrivere sul fotografare. Assai meno chiaro quando scrive che si deve avvicinare il soggetto a passo di lupo, e che il
9

fotografo sempre alle prese con degli istanti fuggitivi. Frasi, queste ultime, che, sganciate dal loro contesto e collegate a certe foto limite dello stesso CartierBresson, possono aver dato un contributo alla diffusione del gusto per una fotografia di rapina, di caccia allimmagine pi rara e imprevedibile, per cui il fotografo sarebbe un predatore in continuo agguato, pronto a carpire listante fuggitivo, non importa quale, purch eccezionale, possibilmente unico e irripetibile. Non che questa teoria non abbia i suoi lati suggestivi e veri, ma non riuscivo ad accettare lidea di tutta una vita passata alla macchina in attesa di questo raro evento, di queste poche decine o centinaia di attimi privilegiati da raccogliere poi in un album o in un libro come il cacciatore attacca sui muri di casa i trofei pi significativi. Io rifiuto questa idea o teoria dellattimo fuggitivo, perch penso che tutti gli attimi siano fuggitivi e in un certo senso uno valga laltro, anzi, il momento meno significativo forse proprio quello eccezionale.Nello stesso senso non ho mai amato fotografare paesi lontani, esotici, non ho visto la Cina, n lIndia, n il Giappone, n lAmerica del Sud, n la Lapponia o lOceania, anche se il mestiere mi ha costretto qualche volta a lunghi, noiosissimi viaggi. Nonegare lutilit dei viaggi, sia quelli fatti per diporto, sia quelli di studio, purch non si stia sempre con locchio incollato al mirino fotografico; perch penso che un fotografo possa correre avventure non meno eccitanti e istruttive girovagando a piedi tra Porta Romana e Porta Ticinese, magari esplorando gli appartamenti degli inquilini del suo stesso stabile, dei quali spesso ignoriamo perfino il nome. Ci che veramente importa non tanto lattimo privilegiato, quando individuare una propria realt; dopo di che, tutti gli attimi pi o meno si equivalgono. Circoscritto il proprio territorio, ancora una volta potremo assistere al miracolo delle immagini che creano se stesse, perch a quel punto il fotografo deve trasformarsi in operatore, cio ridurre il suo intervento alle operazioni strumentali: linquadratura, la messa a fuoco, la scelta del tempo di posa in rapporto al diaframma, e finalmente il clic. Qui, grazie allapparecchio, noi accettiamo la vita in tutta la sua realt{, quindi anche in ogni suo attimo fuggitivo, e siamo giunti, o tornati a quel tempo mitico cui accennavo allinizio, dove gli oggetti si delineano da s, senza laiuto della matita dellartista. Al fotografo il compito di individuare una sua realt, alla macchina quello di registrarla nella sua totalit. Due operazioni strettamente connesse ma anche distinte, che, curiosamente, richiamano nella pratica certe operazioni messe a punto da alcuni artisti degli anni Venti: penso ai ready-made di Marcel Duchamp, a certi oggetti di Man Ray, dove lintervento dellartista era del tutto irrilevante sotto laspetto operativo, consistendo nellindividuazione concettuale di una realt gi materializzata che bastava indicare perch prendesse a vivere in una dimensione altra, cosicch loggetto, fino a quel punto identico a mille altri, cominciava a inserirsi in una sfera ideale sganciata per sempre dal mondo inerte delle cose.
10

A questo punto, mi pare utile riprodurre alcune parole tratte dal testo che Marcel Duchamp pubblicava in The Blind dopo che gli organizzatori del primo Salon des Indpendants di New York, nel 1917, rifiutarono di esporre la Fontana, il famoso orinatoio firmato Richard Mutt (nome di un fabbricante di articoli sanitari), ma inviata da Duchamp: Non ha nessuna importanza che Mutt abbia fabbricato la fontana con le proprie mani oppure no; egli lha scelta; egli ha preso un elemento comune del- lesistenza, e lha disposto in modo che il significato utilitario scompare sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista; egli ha creato un nuovo pensiero per tale oggetto (Ugo Mulas, estratto dal testo in catalogo).
Tutte le citazioni sono tratte dal volume Ugo Mulas. La scena dellarte, edito da Electa, che accompagna degnamente i tre eventi espositivi. In 568 pagine (formato 24x28cm, copertina rigida con sovraccoperta e cofanetto) sono racchiuse tutte e 600 le immagini che compongono la rassegna, suddivise nelle seguenti sezioni: Milano 1953-54; Jamaica; Biennale di Venezia 1954-72; Spoleto, sculture nella citt; Calder; Ritratti; Fontana. LAttesa; Duchamp; New York 1964-65; Campo Urbano; Nouveau Ralisme; Vitalit del Negativo; Ossi di seppia, 1962; Wozzeck. Scenografie; Giro di vite. Scenografie; Verifiche. Ricchissimo ed esaustivo anche lapparato testuale, che propone, oltre ai numerosi interventi dello stesso Mulas a corredo delle immagini, anche una minuziosa biografia e cinque saggi critici: I lumi di Mulas. Una verifica semiotica di Paolo Fabbri; Lelemento del tempo di JeanFranois Chevrier; Idea, progetto, processo, vita di Angela Vettese; Un fotografo attraverso larte contemporanea di Tommaso Trini; Ugo Mulas 1953-1973. Verifiche dellarte di Giuliano Sergio. Una testimonianza eccezionalmente completa sul lavoro di Mulas, cos come un pregevole strumento di indagine e riflessione sul ruolo della fotografia rapportata al mondo dellarte. Ordinabile online al prezzo di 75 euro. In occasione della rassegna, inoltre, Einaudi ha da poco riportato in libreria il volume Ugo Mulas. La fotografia, a distanza di oltre trentanni dalla sua prima edizione. Il raffinato volume (178 pagine, circa 80 foto, formato 21x21cm, copertina rigida con sovraccoperta) ripercorre, attraverso una selezione delle pi significative immagini introdotte da testi di Mulas stesso, lopera e la riflessione poetica del fotografo, dalle Biennali, ai ritratti degli artisti al lavoro, alle Verifiche. Una breve recensione del libro (relativa alledizione del 1972 e redatta in occasione della mostra che si tenne a Milano nel 2000) consultabile su Nadir nellambito dellarticolo Ugo Mulas. Piccolo dossier in tre punti. Il libro ordinabile online al prezzo di 48 euro. Verifica 1 - Omaggio a Nipce (1971) Contro la teoria dellistante decisivo. Fotografia come ready-made (testo di Ugo Mulas, tratto dal catalogo) I LIBRI PER SAPERNE DI PIU

Tratto da nadir.it

11

Ugo Mulas: un fotografo attraversa l'arte contemporanea di Tommaso Trini


Un dipinto un evento in atto sotto i nostri occhi, ha sostenuto Giulio Carlo Argan, poich si tratta di pittura al presente quandanche rappresenti la passata battaglia di Waterloo, ed questa pittura irripetibile che ogni volta accade davanti agli sguardi. Nella fotografia, dove niente pi irripetibile di ci che ha visto un fotogramma, occorrono spesso pi fotogrammi, un collage, alcune associazioni, affinch io veda un evento in atto. Sulla pellicola i fotogrammi si legano come le cellule animate di qualcosa che diviene senza apparente direzione, senza la pretesa di un discorso teleologico, proprio come avviene nei fatti delle Biennali. La ripetizione sempre diversa listinto della fotografia, e se tanti artisti recenti hanno potuto abusare della ripetizione nella diversit{, come la critica chiama la moda delle copie e delle citazioni, lo debbono ancora una volta allinfluenza della fotografia sulle arti visive. Ugo Mulas detestava inseguire lattimo irripetibile, a differenza di CartierBresson, e dunque ha preferito costruire pazientemente un archivio, alcuni libri e qualche analisi. Con le sue fotografie ha collezionato unepoca e, sebbene il lavoro che di lui conosciamo sia solo una parte della collezione che preme nellarchivio, la sua fama sufficiente per fare di quellepoca un evento ancora in atto. Possiamo domandarci adesso se il fotografo sia stato lui pure un protagonista del mondo dellarte che ha attraversato, e quanto.
archimagazine.com

Ugo Mulas Roy Lichtenstein con Leo Castelli nella sala di Lichtenstein XXXIII Esposizione Biennale Internazionale dArte, 1966 estate Ugo Mulas Tutti i diritti riservati

12

Ricordandolo, Jasper Johns ha detto ultimamente: Lui faceva parte della scena, del gruppo. Si pu rispondere che come la fotografia diventa unimmagine per poco che riceva la luce senza schermi di sorta, cos Ugo Mulas si fatto autore di unopera appassionata e severa che travalica lo specifico fotografico perch ha saputo esporsi alla realt{ e accogliere larte, restituendone i frammenti in unalta figura dinsieme.

Ugo Mulas Giorgio de Chirico, 1968 estate Ugo Mulas Tutti i diritti riservati

13

La maggiore autorit gli proviene dai libri su Smith, Calder, New York e gli artisti pop, Melotti, Consagra, come pure sul suo lavoro, pubblicati tra il 1964 e il 1973. Gli deriva egualmente e forse pi dalla straordinaria serie delle Verifiche finali eseguite nel 1971 e 1972. Oggi si tende a privilegiare limportanza dei suoi libri e delle sue Verifiche sul resto del suo lavoro. Non una buona prospettiva. La maestria raggiunta nelle celebri sequenze di Giacometti, Fontana, Duchamp e altre scene dellarte, deve parecchio alla pratica dei reportage dalle Biennali e alla sua attivit in teatro. Non esisterebbero le Verifiche se non le avesse generate il lato oscuro del suo mestiere di fotografo in laboratorio. Tutto tiene nella pellicola di questa opera che memorabile ogni tre fotogrammi. Nei confronti della fotografia come pure dellarte essa occupa un posto singolare, forse unico. Non la si pu collocare in campi delimitati, per sua fortuna, proprio come molte opere dellavanguardia artistica che contribuisce a chiarire e tramandare. Non si compreso a suo tempo che con la fotografia Mulas ha operato allo stesso modo dei concettuali, ma precorrendoli di un decennio: ha continuato loggetto darte nella sua forma analitica. Non solo Mulas un artista visivo autentico, come tutti sanno, ma stato anche fin dalla sua formazione, un sottile antagonista di molta arte del suo tempo.

Ugo Mulas Marcel Duchamp. New York, 1964-1965 estate Ugo Mulas Tutti i diritti riservati

14

Non c un inizio nel mondo delle figure, n un incipit visibile in un dipinto, n un grammatico in grado di insegnare le certezze di unimmagine, n una via per apprendere larte dalla a alla zeta, mancando lalfabeto e le date della preistoria. Notando che la fotografia ha pi relazioni con le arti figurative, in contrasto con il cinema che ne ha pi con la letteratura e la musica essendo segnata dal tempo, Mulas dice: Anche il racconto cinematografico ha un percorso lineare com il percorso dello scrivere, mentre invece la fotografia non ha nessun percorso, ha una spazialit{, ha unespansione da un centro a una periferia. Nellodierna societ{ planetaria, il centro sicuramente e saldamente tenuto dal sapere letterato delle scienze, mentre luniverso delle arti e delle immagini preme dalle periferie. Dire cultura vuole ancora intendere il processo di alfabetizzazione e il possesso delle conoscenze letterate. Leducazione primaria si basa sullapprendimento delle lettere e delle grammatiche, sullesercizio della scrittura e della lettura. Anche uno scrutinio prolungato e folgorante de Las Menias viene definito una lettura di Vel|zquez. In breve, lintero sistema di scolarizzazione poggia tuttora sulla comunicazione verbale, scritta e orale; compresi gli audiovisivi che accelerano la memorizzazione sinottica delle immagini. Sicch il sapere che ne deriva molto pi letterato che figurativo, e trae la sua autorit dai testi scritti, in ogni momento. Se contemplate un dipinto del Caravaggio e qualcuno che non sia Caravaggio o Roberto Longhi vi sussurra nozioni morali, categorie storiche o prescrizioni estetiche, dovete sapere che il diavolo cieco che parla in voi. Anche gli artisti sono stati i bambini dellalfabeto, solo in seguito, e a prezzo di rotture visibili, hanno vinto il potere della parola con linsubordinazione dellimmagine. Pablo Picasso aveva un diavoletto drammaturgo, Giorgio de Chirico ne aveva uno filosofo. Non furono certo Les Demoiselles dAvignon che parlarono attraverso le maschere negre quando Picasso disse che larte astratta non che pittura, il dramma dov?. Risulta pi comprensibile che un pittore, Barnett Newman, abbia fatto notare che lestetica sta a un dipinto come lornitologia sta al volo degli uccelli; o che uno scultore, Carl Andre, abbia soggiunto che larte ci che facciamo noi, la cultura ci che gli altri fanno di noi. C un conflitto di competenza, se non di primato, tra immagine e parola. La storia della scrittura un breve tratto della storia umana, ha ricordato Eric A. Havelock, se confrontata con i tempi preistorici dei pittogrammi e i millenni degli ideogrammi. Levoluzione che dai sillabari semitici occidentali e dai Fenici porta verso il 700 a.C. alla nascita dellalfabeto fonetico fondato dai Greci e poi trasmessoci dai Romani conta poco pi di tremila anni. Eppure il sapere che lalfabeto fonetico greco-romano ha consentito di istituire e di tramandarci, dalla filosofia alle scienze, mantiene sulla simbolica figurativa un primato che forse irreversibile. Le arti visive sono costrette a convergere con tutte le scritture possibili in un unico testo. Come si apprende a raffigurare? Differenziando le tecniche, i linguaggi, le forme, gli stili: dividendo. Se notate, la civilt delle immagini odierna non ha una scolarizzazione di massa, elementare, attiva, seguitata, per le comunicazioni
15

visive; manca persino di un termine equivalente alla parola alfabetizzazione nel senso formativo. Vi proliferano i nuovi strumenti tecnologici della comunicazione di massa, prevalentemente animati da immagini, multiformi e multimediali in modo da coinvolgere con i dati visivi anche i dati orali e quelli scritti, attraverso generazioni di macchine sempre pi evolute; il termine generazione, coi suoi indici di continuit e di obsolescenza, pu forse raccogliere per limmagine quel che lalfabetizzazione ha seminato per la scrittura. Ci sono, vero, le scuole per listruzione artistica, alle quali si dirigono oggi masse crescenti di giovani: ma non sono centri di autorit. Le universit albergano scienziati che da queste traggono autorevolezza, producono premi Nobel e sono riconosciute per le loro ricerche. Le scuole darte non sono rivolte a presentare i nuovi maestri e non sono mai state direttamente premiate dalla Biennale di Venezia o con altre onorificenze del mondo dellarte. Molti vi accedono privi di qualsiasi curriculum figurativo, sovente sulla base di decisioni indotte dalla critica darte, per suggestioni scritte, per leggende orali. utile che molti pi giovani sistruiscano alle arti con una disciplina selvaggia, in unesperienza fondamentalmente autodidatta: una buona cosa. Mulas lo fa attraverso la fotografia: ma, dapprincipio, come ripiego. Agli inizi, vive unintensa inclinazione alla letteratura (a questo lavevano destinato i genitori, battezzandolo Ugo, Dante e Virgilio) e sicuramente scrive i suoi bravi componimenti giovanili. Tra il 1951 e il 1954, quando lascia il natio Pozzolengo nel bresciano per vivere a Milano e studiarvi legge alluniversit, il suo amore per la poesia si complica a causa di una sbandata per la pittura. Sicch il giovane istitutore, mestiere che gli consente intanto di mantenersi agli studi, decide di frequentare la scuola serale del nudo a Brera nellinverno 1951. Da quelle esercitazioni in unaccademia storica ancora immersa nellisolamento culturale causato dal fascismo e dalla guerra, come daltronde buona parte dellarte italiana, ricava poco; probabilmente, continuer a disegnare e dipingere. Gi pensa alla fotografia. Molto di pi ottiene dagli incontri con gli artisti e gli intellettuali che frequentano Brera, il quartiere, il caff Jamaica. Qui ho trovato degli amici pittori che la sapevano molto lunga, o comunque io credevo cos, ricorder Mulas nella sua lunga intervista con Arturo Carlo Quintavalle per la mostra che questo studioso gli dedicher alla Pilotta di Parma nel maggio 1973. Cerano molti pittori che oggi sono molto noti, per esempio Dova, Crippa, Peverelli, cerano spesso anche Morlotti, Cassinari. Poi cerano anche molti giornalisti: Pietrino Bianchi, Berutti, Marco Valsecchi e altri. Tra Brera e il bar Jamaica un agitarsi di nuove idee e nuove personalit che vogliono dare il cambio agli artisti riorganizzatisi a Milano subito dopo la Liberazione sugli opposti fronti del Realismo e dellAstrattismo. Mulas solidarizza in particolare con un gruppo di giovani pittori che si ritrovano in corso Garibaldi. Comincia inoltre a schiarirsi le idee con altri aspiranti fotografi. Al Jamaica cerano anche dei giovani che volevano fare i fotografi: cerano Alfa Castaldi, Carlo Bavagnoli, Giulia Nicolai e tanti altri, annoter{. Cera qualche bravo fotografo,
16

evidentemente, ma noi volevamo fare i fotogiornalisti, i fotoreporter di citt (pensavamo che la cosa pi importante della fotografia fosse il fotogiornalismo): solo dopo ho capito che questo era un aspetto strumentale. Abbandonati gli studi di giurisprudenza per timore di fare limpiegato di banca, di questo fallimento nella mediocrit{, occupato presso unagenzia fotografica nel palazzo dei giornali a piazza Cavour, dove scrive didascalie e qualche pezzullo invece di fotografare, Mulas aggiunge alle passate esercitazioni pittoriche il gusto della ricerca iconografica: si appassiona a vecchie foto di briganti e brigantesse dellOttocento, compreso il Passator Cortese. Questa esperienza avr{ uneco ventanni dopo nella Verifica n. 4 dove due ritratti del re Vittorio Emanuele II incisi su una medesima lastra dai fratelli Alinari (una chicca trovata a Firenze dallesperto Lamberto Vitali, che gliela mostra) attirano lattenzione di Mulas nellimmediata percezione del ritocco che falsifica una delle due pose pressoch identiche (luna col re tutto occhiaie e pancia, laltra con Sua Maest{ smagrito dal lifting in laboratorio), e gli consentono di provare le insidie del vero e del falso nelluso della fotografia. Non dura molto, lo scrivano dagenzia. Stufo dei briganti di redazione, sbatte la porta e si ritrova su una panchina dei giardini di via Palestro senza arte n parte. L, incrocia un giovanotto bighellone, un tipo straordinario, aperto, pronto a tutto, molto generoso. Gli dice: Oggi mi sono licenziato da un lavoraccio, vorrei fare il fotografo. Guarda te, io faccio il fotografo, dice il tipo straordinario, ma anchio mi sono licenziato oggi. Lavorava in un settimanale, doveva scrivere alcune didascalie anticomuniste per le immagini degli operai in rivolta a Berlino Est, da buon comunista lui ha detto no, me ne vado. Laspirante reporter ascolta il tipo pronto a tutto, e che conosce tutti, nella solidariet fra venticinquenni arrabbiati e allo stremo. Con lui, con Mario Dondero, stringe una societ di fatto per realizzare fotoservizi da vendere ai giornali. stato Mario Dondero che mi ha fatto fare le prime foto, dir{ Mulas, ricordando un prezioso amico meno ambizioso di lui. Col primo servizio realizzato alla Biennale veneziana nel 1954 egli individua subito la sua relazione preferenziale con larte, mai trascurata nonostante il successo crescente e pi redditizio che gli riserveranno anche i campi della moda, della pubblicit e del teatro, e stabilisce la scena di una lunga frequentazione che lo vedr scattare a Venezia le sue ultime foto pubbliche nellestate 1972. Non sono tanto gli oggetti darte ad attirarlo quanto i personaggi, la gente, il senso dellevento. il fotoreporter che movimenta attori e quinte della mostra a Venezia ritraendoli come su un palcoscenico. A Milano, si concede agli artisti molto meno. Lo circondano, in quegli anni, le nuove forme di astrazione che danno il cambio agli Astratti delle prime avanguardie e al Concretismo geometrico del gruppo MAC. Vede primeggiare, nellambito milanese, lo Spazialismo che Lucio Fontana guida dal 1948 con diramazioni nazionali, nonch il Movimento nucleare animato da Enrico Baj e Sergio Dangelo tra intensi scambi internazionali con lInformale parigino e gruppi europei quali Cobra e la Bauhaus immaginista. Lo attornia una marea di pitture a macchie, tachiste, contaminata col figurativo dai Nucleari,
17

poco invitante per un fotografo. Inoltre, il giovane fotoreporter ama gli artisti, ma li giudica gi{ con severit{ guardinga. Mi piace molto dei pittori questa cosa, confesser{, che a un certo punto una mattina si svegliano e dicono: io sono un pittore. E basta. E sono pittori, non c pi niente da fare Ci vuole anche un certo coraggio. Allorch si dedicher{ agli artisti, specie scultori, sceglier{ i maestri. A Milano, gli inizi di Mulas sono animati, pi che dallarte, dalla passione per la citt, per la societ urbana, anzi periferica. Tra il 1953 e il 1954, realizza le sue prime fotografie non solo fra gli aspiranti pittori e fotografi del bar Jamaica, ma anche tra lumanit{ dolente delle periferie, della stazione ferroviaria, di un dormitorio pubblico. un mondo a misura della propria indigenza di fotoreporter disoccupato che, con lamico Dondero, sbarca il lunario tra la bohme di Brera per almeno due anni, facendosi prestare la macchina fotografica, ottenendone unaltra da un giornalista che bonariamente entra nella societ Mulas & Dondero, finch riesce ad averne una tutta per s in regalo da un gruppo di amici, come testimonia oggi Osvaldo Patani. Fra questi, il suo maggiore estimatore il critico Pietrino Bianchi che lo introduce a LIllustrazione italiana nel 1955, quando lui gi{ collabora con i settimanali Tutti e Settimo Giorno sulla scia aperta da quei primi fotoservizi sui milanesi. Quindici anni dopo. Il celebre fotografo dellarte, che dopo il 1968 e il grande successo del suo libro sui Pop e su New York ha deciso di finirla di correre dietro ai pittori per non diventare lo specialista dei pittori, torna a guardare quelle immagini scattate anni prima a Milano. Le giudica un po populistiche, in chiave neorealista, per gli rammentano un progetto, lidea di completare un archivio su Milano. Il fotoreporter di una volta ha in realt la visione di un fotografo di storia. Vorrei che fosse un archivio di fotografie, spiega Mulas, archiviarle e metterle a disposizione delle persone alle quali queste fotografie possono servire, cio non fare un libro per il pubblico. Dunque, chiaro, nessun luogo comune, n Scala, n Madonnina; bens immagini che siano le pi quotidiane possibili, le pi apparentemente scontate (in realt poi mai documentate). Ne ha gi{ una prefigurazione visiva che peraltro meglio ravvisabile adesso sia nelle prime foto milanesi sia nelle scenografie del Giro di vite e del Wozzeck realizzate alla Piccola Scala e a Bologna nel 1969: una figurazione di silenzi. La cosa fondamentale sarebbe una serie di immagini deserte, senza persone, spiega ancora al suo intervistatore, vorrei proprio che si vedesse dove viviamo. Pensa alle strutture sociali pi che al vissuto degli individui, ai luoghi comunitari e ai vuoti della solitudine, ai posti dove si lavora e dove si abita, dove si soffre oppure si gioisce. Intende evitare il sensazionalismo sui ricchi e sui diseredati o, fotografando un manicomio, sui matti, aborre la morbosit di tutti per la diversit degli altri. Vuole lavorare fotograficamente sulla mia citt{ da storico. Non avr{ la salute n il tempo necessario per costruire con lentusiasmo di sempre questo archivio su Milano, che probabilmente avrebbe coinvolto altre persone, giovani fotografi, in un lavoro di quipe, in una scuola mulasiana. Realizzer per contro la serie altrimenti stringata delle sue
18

Verifiche, che invece verter sui fondamenti della fotografia e avr come attore, anzi come maschera, la sua persona nella cerchia dei suoi affetti in un orizzonte profondamente autobiografico. C pi di un tratto in comune tra larchivio solo iniziato dal giovane Mulas e le sue Verifiche conclusive, dove accanto ad alcuni ritratti possiamo vedere immagini deserte di cieli, finestre e materiali fotografici. Apparentemente diverse, sono entrambe opere di analisi sulle strutture, l sociali e qui linguistiche, su cui esercitare un giudizio creativo. Commentando la qualit dei ritratti e la complessit delle sequenze di Mulas da Giacometti alla scena artistica di New York Quintavalle le ha paragonate alle serie classiche di Walker Evans e di Dorothea Lange, alle campagne fotografiche della Farm Security Administration durante la Depressione americana, a quelle celebri immagini che condensano nel loro tempo lentissimo una situazione. una buona indicazione. Saliamo al livello dei fotografi che attraverso la cronaca hanno saputo esprimersi come storiografi diretti delle vicende nodali del loro tempo. Le Biennali, i libri, larchivio di Mulas costituiscono un contributo enorme alla storia dellarte contemporanea, non c dubbio. Il fotoreporter degli inizi diventato un grande fotografo di storia. Lavventura di Mulas ci rimanda a unaltra parabola intellettuale a lui pi vicina per luoghi e tempi; al cinema di Roberto Rossellini; al lavoro di Rossellini documentarista, insieme testimone e narratore; alle preoccupazioni del regista didascalico che ha guardato ai lunghi tempi della storia sulla scorta dei minuti fatti quotidiani, evocati con distacco oggettivo e insieme con partecipazione. Come larte stata percorsa dai pittori di storia fino ai tempi di David, cos la fotografia ha avuto i suoi fotografi di storia fino a Mulas. Fra costoro si annoverano i suoi maggiori protagonisti e tramite loro la fotografia ha espresso forse le sue potenzialit di fondo ( unipotesi, bisognerebbe verificarla). E il nostro autore matura pi di ogni altro la consapevolezza di partecipare agli eventi del suo tempo nella funzione di uno storico. Con i prediletti Calder e Fontana, Consagra e Melotti, Arnaldo Pomodoro e Duchamp, diventa il pi ambito biografo del progredire della loro opera o delle idee che impersonano. Fra i fotografi apprezza solo chi nel tempo ha ricreato un universo. Con David Smith, nella primavera 1962, gli bastano poche sedute di lavoro tra una mostra a Spoleto e una fabbrica di Voltri per approfondire lintesa con un artista che fino allora ha preferito fotografare lui stesso le proprie sculture. Non si limita a fotografarne le opere in mostra (ha gi celebrato in una bellissima immagine il suo capolavoro Australia nel 1958 a Venezia). Lo segue al contrario nel grande atelier naturale in cui lo scultore assembla vecchi arnesi di fabbrica, rottami, tenaglie, residui anche trovati per terra. Nel libro David Smith (introduzione di Carandente, Pennsylvania, 1964), le sue fotografie sono pubblicate fra quelle fatte dallo scultore che scrive: They are great (sono fantastiche). Vederlo mentre sceglieva i pezzi ed eseguiva le sculture nella fabbrica, spiegher{ Mulas a Consagra, aiuta a capire loperazione mentale dellartista e non soltanto quella fisica. Aiu ta anche gli storici che sovente scrivono basandosi sulle riproduzioni invece di guardare le opere in studio. Nei
19

reportage dalle Biennali costruisce sequenze di unopera, e di un artista lunghe dieci, quindici anni. il caso di Lucio Fontana che gi nel 1954 inscena un gesto divertito di apparizione, come pure di Pietro Consagra. Il fotografo annota lattore naturale che Fontana, gentiluomo borghese di cui ammira la gaudente spontaneit, coi suoi oggetti prima e dopo lo Spazialismo, dalle Biennali alle ultime mostre del 1967, in un duetto narrativo che ha una scena madre: quella del maestro che taglia una tela. Questa superba sequenza del 1965 comincia da una tela bianca che Fontana in gilet e cravatta affronta mentalmente brandendo un taglierino e si conclude sul movimento della mano che ha appena inferto il taglio; ma con un artificio, in quanto lultima immagine mette in posa il gesto dellartista su una tela gi{ in precedenza tagliata; giacch si vuole mostrare non il risultato di un raptus, ma proprio il calcolo portato con estrema freddezza fino allestremo. Invece di subire passivamente levento, Mulas ricostruisce la scena in modo analitico compiendo unoperazione critica, privilegia il concetto (spaziale) sullazione. Meglio degli storici darte, pi dei critici, il fotografo intuisce in Fontana il recupero di una ingenuit{, di una immediatezza, di una certa istintivit{ delluomo primitivo; e lo raffigura visivamente quando fotografa le Nature (bocce o sfere in vari materiali squarciati) come se rotolassero da una distanza primordiale. Lo affascinano le figure e le opere segnate da lunga durata; le incontra in Calder e in Giacometti e in Fontana. Mulas un impareggiabile fotografo della distanza e della durata. Con Fausto Melotti intrattiene ugualmente un lungo sodalizio e tuttavia incontra qualche difficolt{ nel trarre uninterpretazione critica delle sue sculture filiformi, retinate, trasparenti, degli anni sessanta. Esiste una vera difficolt{ per riprodurre queste cose molto sottili. Per il fotografo contribuisce molto alla riscoperta dello scultore che, dopo la capitale presenza con Fontana tra i primi Astratti italiani a Milano nel 1935, passer un ventennio oscuro di gran ceramista. La stima degli artisti pi giovani e poi il mercato consacrano Melotti dopo il 1960, non diversamente da Marcel Duchamp, daltronde, lui pure riscoperto a New York come a Milano in quegli stessi anni. Con Melotti, concluder{ Mulas, ho fatto un lavoro di traduzione. Ho cercato di essere il pi possibile fedele e utile. Per mi piace di avere incominciato a fotografare le sculture di Melotti quando non era famoso come adesso. Nelle immagini raccolte dal libro Lo spazio inquieto lartista diffonde calma e ironia sul suo lavoro. Tratto da archimagazine.com

20

La fotografia di Ugo Mulas: non c' bisogno di scrivere nulla di Vittorio Sgarbi
Non c bisogno di scrivere nulla. Saluti ad Antonia, saluti a Melina e Valentina. La fotografia di Ugo Mulas, come indicano chiaramente le sue brevi note, non ha bisogno di commenti, saggi, introduzioni, tanto meno di interpretazioni. Essa . Anzi essa spiega. In un lungo, ininterrotto atto damore per gli artisti, prima che per larte, descrive una storia di idee e di visioni attraverso alcuni momenti esemplari. Come Lucio Fontana in azione, nella sequenza in cui esegue uno dei suoi tagli; o Giuseppe Capogrossi colto in assenza di s e in presenza dei suoi segni che lo fanno riconoscere. Segni di riconoscimento, di identit, appunto. Peggy Guggenheim vista mentre si specchia con unopera di Picasso della sua collezione. Peggy non in s ma nellartista. Fino allartista che non in s, come negli antiritratti, e non per caso ma per scelta (delluno e dellaltro) di Max Ernst, sorpreso in vaporetto (ma non sorpreso!) o mentre prova un paio di scarpe. Lopposto esatto di Mir, Guttuso, Tancredi. Inevitabilmente in posa. Indimenticabile la serie di Calder. Poi ci sono gli autoritratti involontari catturati da Pistoletto (ma anche dagli occhiali per una visione autre di Julio Le Parc, provati per un attimo da un antichissimo Vittorio Cini in impeccabile doppio petto alla Biennale del 1966). Che Mulas non sbagliasse un colpo lo provano proprio i tanti ritratti insostituibili, definitivi. Suo (e nostro per sempre) il Fontana in azione, ma suoi sono anche, senza che nessun altro li abbia poi ritrovati, lasciandocene resistente memoria, Duchamp, Giacometti, Morandi, Melotti, Sironi, de Chirico, Baj. Questultimo in unimmagine mirabile davanti a uno specchio rotto, icone di spirito surrealista. Vale la pena di segnalare anche Bonito Oliva, come un ricercato, con baffi lunghi e basette, visto di fronte e di profilo, wanted: una singolare deviazione lombrosiana di Mulas, certamente ironica.
archimagazine.com

21

Ugo Mulas Alberto Giacometti riceve lannuncio di aver vinto il Gran premio XXXI Biennale Internazionale dArte, 1962 estate Ugo Mulas Tutti i diritti riservati

Ma non si sa mai. Con estrema finezza Richard Hamilton ha la testa sfuocata per assomigliare a una sua fotografia sfuocata. Nessun fotografo ha pensato come Mulas. Un pensiero istantaneo, assoluto, come richiede la fotografia. Aggiungi al nome Mulas il nome Eco o il nome Barthes, ed finito lincanto. Aggiungi parole e sporchi la fotografia. La pura visione delle fotografie di Mulas, nonostante i tanti amici perduti, non evoca ricordi, produce felicit. Dalla Milano ancora sconvolta dei primi anni cinquanta, con la bohme semplice del bar Jamaica, in consonanza ambientale con i film del neorealismo, alla Milano rinnovata ed euforica del Nouveau Ralisme: ribellione e festa. Perfette anche le penetranti scenografie del Wozzeck e le rare immagini di natura filtrate attraverso la lettura degli Ossi di seppia di Montale, di cui sono il correlativo oggettivo. In questo mondo di perfezioni formali, di intuizioni che ci dicono degli artisti talvolta pi di quello che essi hanno espresso con le loro opere, ci sono alcuni momenti di imprevedibile divertimento: il cappello posato a terra nella sala di Poliakoff, il Carlo Scarpa affacciato dallalto di un padiglione, come un devoto assorto, mentre sotto si agitano Agnoldomenico Pica e Marco Valsecchi; il piccione che si posa sulla spalla di un compiaciuto Antonio Saura; Carlo Carr che, come nei ritratti dellOttocento, sempre con la famiglia, nella veste del patriarca. Vedendolo si intende quello che Mulas scrive per spiegare le ragioni
22

del suo viaggio a New York: Nel 1964 sono andato per qualche mese in America, per una mia necessit, perch l nessuno mi aveva mandato. Ho sentito il bisogno di andarci dopo aver visto la Biennale di Venezia, dove cerano Johns, Dine, Oldenburg, Rauschenberg, Stella e Chamberlain. In un primo momento, negli Stati Uniti sono stato pi stordito che convinto; poi, mi sono entusiasmato, perch non si trattava soltanto di prendere contatto con una certa pittura, quanto di entrare nel mondo dei pittori, e al tempo stesso di condividere un momento straordinario, di essere il testimone di una cosa veramente importante nel momento in cui capitava e si affermava. Avevo gi fotografato degli artisti, per esempio Severini, per esempio Carr, ma mi era sembrato di fotografare dei superstiti. Se mai avrei voluto fotografarli nel 1910, nel 1912: allora avrebbe avuto un senso, mentre adesso non facevo che registrare la loro sopravvivenza fisica come personaggi. Di quellesperienza sintesi la grande fotografia del loft di Jim Dine. In Europa ci sono invece, puliti, eleganti, fatali, i dandy, come dimostrano i tre superatteggiati Alighiero Boetti, Ettore Sottsass, Valerio Adami fotografati nel 1967 per una rivista di moda. Al loro opposto, come un Giacometti selvaggio, nel nuovo mondo, sta Wilfred Lam. Ancora curiose e assolute, per amore dellartista, seguito e carezzato, sono le mani intrecciate di Lucio Fontana, mentre le misteriose foto del Campo urbano, riprese a Como nel 1969, sono capolavori di fotografia pura non legati alla forza travolgente e necessaria dei personaggi amati da Ugo Mulas. Ci sono infine gli scomparsi, in tre modi. Per la storia e la conoscenza dellarte: Kenneth Armitage, perduto dopo la Biennale del 1958, Philippe Fagan e Larry Poons, non pi ritrovati dopo il 1964. I non registrati nelle didascalie, come il solenne Lionello Venturi compiaciuto tra le sculture di Alberto Viani nella Biennale del 1958; la bella ed elegante Inge Feltrinelli, a fianco di un nervoso Schifano; il cerimonioso e invitante Bepi Santomaso ignorato tra Carla Accardi, Gastone Novelli, Robert Rauschenberg e Andrea, non Pietro Cascella, alla Biennale del 1964. Infine, per autocancellazione, Pino Pascali che si congeda da noi e dalla Biennale, venendo ritratto in un mirabile telegramma che diventa lapide per unepoca nella fotografia di Ugo Mulas. Alla ricerca dellartista perduto. Con Mulas. Tratto da archimagazine.com

23

Ugo Mulas. La scena dell'arte


Torino - GAM Dal 26 giugno al 5 ottobre 2008
archimagazine.com

Dopo il grande successo di pubblico e di critica delle esposizioni di Roma (MAXXI) e Milano (PAC), la GAM di Torino ospita a partire dal 26 giugno la grande retrospettiva dedicata a Ugo Mulas. Per la prima volta in Italia tre citt e tre musei hanno realizzato in stretta collaborazione una vasta mostra dedicata a uno tra i pi apprezzati fotografi italiani, dagli esordi alle opere estreme.

A Torino approdano quindi, integrate, le immagini, gi esposte a Roma e Milano, che presentano il pi ampio spaccato fino ad oggi offerto al pubblico, della fotografia che Mulas ha dedicato al mondo dellarte contemporanea, fulcro della sua ispirazione dautore. La mostra di Torino offre tuttavia un nuovo capitolo per arricchire la conoscenza delle esperienze che Ugo Mulas ha compiuto nel corso della sua produttiva attivit, costituito da una ricca selezione di scatti inediti a colori che lartista ha realizzato contestualmente al bianco e nero e che, grazie alla collaborazione dellArchivio Mulas, stato possibile estrarre dal ricco corpo dei materiali conservati e che per la prima volta vengono resi noti al pubblico.
24

Il colore Mai stampate direttamente dallautore, le pellicole a colori presentate - circa 100 saranno visibili grazie a uno speciale allestimento che prevede la successione di 30 teche retroilluminate che consentiranno di penetrare nellarchivio segreto dellautore, come in una sorta di camera delle meraviglie. La mostra si comporr pertanto delle seguenti sezioni: Le Biennali di Venezia Una selezione di alcune delle pi belle ed evocative immagini realizzate alla Biennale tra il 1954 e il 1972 illustra levoluzione del reportage di Ugo Mulas. Le fotografie della rassegna veneziana costituiscono anche lasse temporale della mostra, presentando i vari movimenti artistici internazionali che si succedono nei ventanni di attivit{ del fotografo. I ritratti Questa sezione presenta una galleria dei vari protagonisti dellarte italiana di quegli anni: non solo gli artisti, ma anche i critici, i galleristi e i collezionisti. Le immagini alternano diversi generi di ritratto, dal reportage (Adami, Manzoni, Giacometti) alla foto in studio (De Chirico, Morandi, Giulio Carlo Argan, Peggy Guggenheim) e ai ritratti dartista. Allinterno di questa sezione, alcuni focus approfondiscono e pongono in risalto il forte rapporto di amicizia e di collaborazione che Mulas ha intrattenuto con alcuni artisti italiani come Burri, Ceroli, Fontana, Manz, Pascali, Schifano, Twombly. Gli eventi La sezione presenta una selezione di fotografie che segnano il passaggio dal reportage ad una indagine delle possibilit espressive e della fotografia, legata agli sviluppi dellarte concettuale e del comportamento. Dalla mostra Sculture in citt a Spoleto (1962) a Campo Urbano a Como (1969), da Vitalit del Negativo a Roma (1970) al decimo anniversario del Nouveau Ralisme (1970) a Milano. New York: arte e persone 1964 - 1967 In questi anni lattenzione degli artisti per i nuovi media e i fermenti della fotografia americana espressi da autori come Robert Frank e Lee Friedlander portano Mulas a superare definitivamente la tradizione del reportage classico. Le immagini della serie testimoniano i cambiamenti e la vitalit della scena artistica newyorchese: dagli happening alle serate negli atelier, in unottica sempre funzionale allanalisi della situazione artistica. Lincontro con artisti quali Duchamp, Warhol, Lichtenstein, Johns, Christo, Segal, Rosenquist, Dine, Oldenburg, Rauschenberg, Cage, favorisce in Mulas unattenzione critica verso luso del medium fotografico che anticipa i lavori della fine degli anni Sessanta. Nuove ricerche 1967 - 1969 La fine degli anni Sessanta per Mulas il periodo dellapertura alla sperimentazione sullimmagine fotografica nei vari contesti della comunicazione
25

visiva. Nascono lavori che esplorano le diverse possibilit comunicative del mezzo: non pi solo opere destinate alle riviste illustrate ma create per essere raccolte in libri e cataloghi (Campo Urbano, Vitalit del Negativo, Calder, Melotti ); in grandi provini (Johns, Newman, Noland); in cartelle fotografiche come quelle su Fontana, Duchamp e Montale; in scenografie teatrali (Wozzeck, Giro di Vite). I grandi formati, le proiezioni, le solarizzazioni, luso delliconografia del provino, sono tutti elementi che Mulas recupera dalla pratica quotidiana del suo fare, dalle sperimentazioni pop e new dada e da unattenta rilettura della storia della fotografia, che diventa il riferimento centrale di fronte ai cambiamenti radicali apparsi alla fine del decennio. La crisi del reportage e la ricerca di nuove significazioni per un linguaggio ormai privo del suo primato dinformazione rispetto allavanzare della televisione portano Mulas ad uno straordinario lavoro di riflessione critica sulla fotografia. Le Verifiche Le Verifiche (1970-1972), per la radicalit{ dellanalisi e lo spessore concettuale che le sostiene rappresentano le opere pi significative dellultima stagione creativa dellautore e il testamento pi toccante della profondit{ cui giunta lesplorazione del mezzo, da parte del suo pensiero e del suo sguardo. Tratto da archimagazine.com

26

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012) di Giuliano Sergio treccani.it MULAS, Ugo. Nacque a Pozzolengo, nel Bresciano, il 28 agosto 1928, terzo di cinque fratelli. Il padre Pasquale, di origini sarde, era maresciallo dei carabinieri, la madre, Carmela Nicolodi, era di origini trentine. Dopo aver trascorso linfanzia e ladolescenza tra la casa paterna e Desenzano del Garda, dove frequent le scuole inferiori e il liceo, nel 1948 si trasfer a Milano per frequentare giurisprudenza presso lUniversit{ Cattolica. Lavor come precettore per mantenersi, ma gli studi di diritto non lo appassionavano e nel 1951 si iscrisse anche al corso serale di nudo dellAccademia di Brera dove conobbe i pittori Gianni Dova e Roberto Crippa. Entr rapidamente in contatto con gli artisti e gli intellettuali che si ritrovavano al bar Jamaica, nei pressi dellAccademia, locale che in quegli anni vedeva tra i suoi avventori Valerio Adami, Alik Cavaliere, Cesare Peverelli, Emilio Tadini, Luciano Bianciardi, Ennio Morlotti e Bruno Cassinari. Finiti gli esami rinunci a laurearsi e inizi a lavorare come caricaturista e giornalista per unagenzia fino al 1953, quando insieme allamico fotografo Mario Dondero, organizz una societ{ per condividere il materiale fotografico e le spese dei lavori free-lance. La fotografia si rivel uno strumento congeniale che gli offriva la possibilit di tradurre la propria sensibilit estetica e la curiosit intellettuale nel linguaggio delle immagini. Per esercitarsi, con un apparecchio avuto in prestito, realizz una serie di ritratti degli amici al Jamaica e immagini delle periferie, della vita degli operai e dei sottoproletari nella Milano postbellica. Le inquadrature rivelano leleganza della composizione e lattenzione a una descrizione che mostra i soggetti colti nel loro ambiente. Nel 1954, alla Biennale di Venezia, realizz con Dondero il primo reportage, subito pubblicato nella rivista Le Ore. Nel 1955 le immagini sul Jamaica uscirono nel settimanale Tutti; il servizio venne apprezzato e procur a Mulas una collaborazione stabile con la rivista Settimo Giorno. In questo periodo egli diversific i campi della sua attivit: dal 1955 al 1962 lavor per LIllustrazione italiana, diretta dallamico Petro Bianchi, pubblicando vari reportage insieme con Giorgio Zampa, mentre tra il 1956 e il 1957 inizi a curare per la Rivista Pirelli e per Domus servizi sullarte e larchitettura. Sempre nella seconda met{ degli anni Cinquanta inizi la collaborazione con Bellezza eNovit, futura versione italiana di Vogue. La frequentazione delle sfilate francesi gli permise di aggiornarsi sulle tendenze internazionali e per un periodo Mulas consider la fotografia di moda la sua attivit principale. Nel 1958 incontr e spos Antonia Buongiorno, Nini, che divenne la compagna di vita ma anche del mestiere e dellarte.
27

MULAS, Ugo

Nel 1960, in occasione di una tourne a Mosca con il Piccolo Teatro di Milano, nacque la serie Russia, un lavoro ormai maturo che allargava la prospettiva del reportage tradizionale a un confronto tra la dimensione urbana e la campagna: immagini che vogliono renderci partecipi di un modello esistenziale, di una vita di relazione, non dellironia di un giudice sovramesso o della retorica di una partecipazione asservita sul piano dellideologia (Arturo Carlo Quintavalle, in U. M.: immagini e testi, 1973, p. 125). Per il teatro collabor regolarmente con Giorgio Strehler, con il quale pubblic anche le fotocronache di due pices brechtiane rappresentate al Piccolo: Lopera da tre soldi (1961) e Schweyk nella seconda guerra mondiale (1962). Nel 1964, in occasione della messa in scena della Vita diGalileo di Brecht, Mulas stabil con Strehler una modalit di documentazione fotografica che si ispirava alla stessa tecnica del drammaturgo tedesco e che rimase la sua prassi per la rappresentazione dei lavori in teatro (si vedano le immagini dello spettacolo Bello e basta dello Zoo, la compagnia teatrale di Michelangelo Pistoletto, al teatro Uomo di Milano in Domus, 1970, n. 492). Nel 1960 si tennero le sue prime due mostre, la prima alla XII Triennale di Milano a cura dello storico dellarte Lamberto Vitali, e la seconda proprio al Piccolo Teatro di Milano. Allinizio degli anni Sessanta Mulas matur una consapevolezza diversa sulla direzione da imprimere alla propria ricerca. Il continuo rapporto con il mondo dellarte, lincontro con personalit{ quali Vitali e Alberto Giacometti, i reportage alla Biennale di Venezia (avrebbe fotografato tutte le edizioni fino al 1972; di quella del 1956 perse i negativi) lo portarono a una rinnovata attenzione per gli artisti. Il progetto di un reportage critico dedicato alla scena artistica internazionale matur in occasione della mostra Sculture nella citt, curata da Giovanni Carandente che, nel giugno del 1962, aveva riunito oltre 50 scultori al quinto festival dei Due Mondi di Spoleto. Mulas strinse amicizia con Pietro Consagra, Ettore Colla, Lynn Chadwick e molti altri. Alcuni artisti realizzarono le loro opere per loccasione grazie a un accordo con le acciaierie Italsider e il fotografo segu le fasi di lavoro. Le fotografie erano pensate da Mulas per stabilire un dialogo con gli scultori attraverso una lettura della loro opera. La serie pi nota quella sullartista americano David Smith che ne fu entusiasta a tal punto da pubblicarla nel libro Voltron: David Smith (Philadelphia 1964, a cura di Carandente): era la prima volta che Smith decideva di illustrare le sue opere anche con immagini non realizzate personalmente. Il reportage a Spoleto piacque anche ad Alexander Calder e, lanno seguente, la visita dei Mulas presso i Calder, nella casa-atelier francese, segn la nascita di unamicizia e del progetto fotografico pi impegnativo di Mulas con uno scultore, che si sarebbe concluso con un libro nel 1971. Nel febbraio 1963 Antonio Arcari dedic a Mulas la rubrica Dibattito su Foto Magazine, sottolineando la qualit del suo lavoro di ritrattista e dando notizia di una sua ricerca sui paesaggi liguri ispiratori di Ossi di seppia di Eugenio Montale,
28

che Mulas pubblic due anni dopo sulla Rivista Pirelli, con testo di Giorgio Zampa. Dopo la Biennale di Venezia del 1964, che present la pop art al pubblico europeo e celebr New York come nuovo centro dellarte mondiale, Mulas decise di recarsi negli Stati Uniti (dove poi ritorn nel 1965 e nel 1967), per realizzare un reportage sulla scena artistica newyorkese, nella quale fu introdotto grazie ai buoni uffici del critico Alan Solomon e allappoggio del pi influente mercante dellepoca, Leo Castelli. I riferimenti culturali per il suo progetto sono vari: possedeva il libro di Alexander LiebermanThe artist in his studio (New York 1960) e il volume di Michel Tapi e Tore Haga Continuit et avant-garde au Japon (Torino 1961) con le immagini delle azioni del gruppo Gutai; conosceva le fotografie di Yves Klein e di Piero Manzoni e considerava il reportage di Hans Namuth su Jackson Pollock (1949) un riferimento fondamentale. A New York ritrasse il non fare del maestro Marcel Duchamp e la dimensione concettuale della pittura di Barnett Newman; document i rituali dei pittori geometrici come Frank Stella, Larry Poons e Kenneth Noland, le azioni che Jasper Johns esegu per lui, gli happenings di Claes Oldenburg, le prove di danza di Trisha Brown nellatelier di Robert Rauschenberg e le opposte ironie di Roy Lichtenstein e John Chamberlain. La visione critica maturata sulla scena americana fu alla base delle celebri serie che realizz sul taglio di Lucio Fontana (Attesa, 1964) e sul lavoro di Alberto Burri (1965). A New York incontr anche il fotografo Robert Frank e scopr la fotografia del New Documents che si stava affermando in quel momento negli Stati Uniti con Diane Arbus, Garry Winogrand e, soprattutto, Lee Friedlander, di cui Mulas aveva visto i primi lavori nel 1964 a casa di Jim Dine. Nel libro New York: arte e persone, pubblicato nel 1967, sono frequenti i rimandi alla tecnica fotografica clti in artisti quali Robert Rauschenberg, Gorge Segal, Tom Wesselmann, Jim Rosenquist e, in modo particolare, Andy Warhol. Tornato definitivamente in Italia nel 1967, present la mostra New York: arte e persone alla galleria Il Diaframma di Milano, pubblic il libro su Alik Cavaliere, a cura di Guido Ballo, e segu le manifestazioni artistiche pi importanti: dalla mostra Lo spazio dellimmagine in palazzo Trinci a Foligno (1967) alle contestazioni per la Biennale veneziana e la Triennale di Milano del 1968, fino a Documenta di Kassel dello stesso anno. Speriment anche nuove aperture tra arte e moda: per Vogue Uomo posarono, nel suo studio, Alighiero Boetti, Valerio Adami, Paolo Scheggi, Tommaso Trini, Lucio Fontana, Agostino Bonalumi e Ettore Sottsass, mentre in un reportage per la stilista Mila Schn ricostruambienti ispirati a Lucio Fontana e Mario Ceroli. Come spiega lo stesso Mulas, una volta finito il libro degli americani verso il 1967, non volevo diventare il fotografo dei pittori, fare i minimali e poi i concettuali, e poi la land art. () Questi pittori impongono il loro punto di vista perch la fotografia la loro opera e () scelgono, di tutto il lavoro che fai, quella foto che a loro interessa e tutto il resto deve essere eliminato. () Ho
29

sempre cercato di esprimere un mio punto di vista, un mio modo di vedere, non mi interessava essere usato dagli altri (U. M.: immagini e testi, 1973, p. 35). In questi anni la ricerca di Mulas cambi profondamente: linteresse verso il lavoro degli artisti dei primi anni Sessanta diventava ora confronto concettuale. Dal 1969 spost la sua attenzione critica dal reportage sui singoli artisti alle manifestazioni collettive. Campo urbano. Interventi estetici nella dimensione collettiva urbana il libro curato da Mulas assieme a Luciano Caramel e Bruno Munari per documentare la manifestazione organizzata nel centro storico di Como il 21 settembre 1969 e che raccoglieva molti protagonisti della neoavanguardia italiana. Di questo lavoro realizz anche una mostra, sempre a Como (1969), dove present grandi immagini-provino. Mulas ormai prendeva le distanze dallidea della singola immagine, le operazioni urbane degli artisti diventavano occasioni per indagare analiticamente la propria ricerca di fotografo. Il provino, assumendo un valore estetico unitario che permetteva di visualizzare loperazione fotografica, sarebbe divenuto un elemento estetico centrale della sua ultima opera, la serie delle Verifiche. In alcune opere Mulas speriment anche dei viraggi colorati che richiamano lestetica della pop art, ma luso artistico del colore rimane un episodio limitato alla serie Campo urbano. Nel 1969 collabor anche con il regista Virgino Puecher per la scenografia dellopera lirica Giro di vite di Benjamin Britten (Piccola Scala di Milano, 1969). La trama del dramma, con le sue suggestioni surreali, lo port alluso della solarizzazione e delle proiezioni in dissolvenza. Dopo il successo dello spettacolo realizz con Puecher anche la scenografia del Wozzeck di Alban Berg (teatro Comunale di Bologna, 1969). Lambientazione dellopera in un lager nazista lo condusse a fotografare le periferie milanesi e a riscoprire le sue ricerche di paesaggio urbano. Da questo lavoro di scenografia nacque lidea di un Archivio per Milano (1970) che teorizz come produzione di immagini urbane da mettere a disposizione di chiunque volesse compiere studi sulla citt. Nel 1970 una grave malattia ridusse bruscamente la sua attivit e il progetto su Milano non pot essere realizzato, ma le poche immagini di cui disponiamo mostrano una sintonia con le ricerche fotografiche sul paesaggio urbano che si sarebbero sviluppate negli anni Settanta e Ottanta. A questo periodo si possono riferire anche i grandi provini tratti dal reportage sugli artisti americani. Le opere mostrano lintera seduta fotografica avvenuta con i singoli artisti a met{ degli anni Sessanta: si tratta di immagini di grandi dimensioni ottenute stampando a contatto varie pellicole o ingrandendo strisce intere di negativo. Nel giugno 1970, daccordo con lartista Paolo Scheggi, pubblic un suo lavoro nel catalogo della mostra Amore mio, organizzata a Montepulciano da Achille Bonito Oliva: sei variazioni di un provino sulla Marcia funebre realizzata da Scheggi lanno precedente a Campo urbano. Rispetto ai provini sugli artisti pop in questo lavoro la prospettiva rovesciata: il provino non pi lo strumento di controllo delloperazione fotografica ma la
30

verifica del negativo fotografico quale condizione di possibilit di qualsiasi documentazione. Nella successione delle sei pagine il primo provino mostra la pellicola vuota che, nelle variazioni successive, si riempie progressivamente lasciando apparire le immagini dellazione di Scheggi. Il lavoro per Amore mio anticipa la Verifica 1 - Omaggio a Nipce (1970), che rappresenta anchessa un provino vuoto; dedicata allinventore della fotografia, fu esposta per la prima volta a Milano alla fine del 1970. Nel novembre del 1970 Mulas fotograf le ultime manifestazioni artistiche prima di completare la serie delle Verifiche. Nello stesso anno, a Milano, document gli eventi e le installazioni per il decennale del Nouveau Ralisme organizzato da Pierre Restany; subito dopo fu a Roma, invitato dalla collezionista e mecenate Graziella Lonardi Buontempo, per fotografare la mostra Vitali del negativo nellarte italiana 1960-70, curata da Achille Bonito Oliva in palazzo delle Esposizioni (dicembre 1970 - gennaio 1971). Il libro su Vitalit del negativo, nonostante le bellissime fotografie del reportage, non fu ultimato, ma levento romano diede loccasione a Mulas per sviluppare le sue nuove ricerche. Nelle sale della mostra realizz la Verifica 3, il tempo fotografico, dedicata a Jannis Kounellis. Lanno seguente alla galleria dellAriete di Milano present la Verifica 1 insieme alla Verifica 2, autoritratto per Lee Friedlander, e organizz la mostra Knstler in New York 1964 alla Kunsthalle di Basilea in omaggio ad Allan Solomon. Nel 1971 riusc a portare a termine il volume su Alexander Calder, di cui aveva realizzato anche il progetto grafico (Calder, Milano-New York 1971) e il libro Lo spazio inquieto, sulle esili sculture di Fausto Melotti (Torino 1971, a cura di Paolo Fossati, con testo di Italo Calvino), ma da quel momento la sua ricerca fu tesa a una ricognizione retrospettiva e critica del proprio lavoro. Dal 1971 si impegn nella realizzazione delle restanti Verifiche, composte alla fine da una serie di 12 opere (ne erano previste 14) che costituiscono lanalisi strutturale degli elementi tecnici, linguistici ed etici del fotografare attraverso un complesso sistema di immagini, titoli e dediche. I singoli temi trattati Gli obiettivi, Luso della fotografia, Lingrandimento, Il laboratorio eccetera sono accompagnati da dediche che costituiscono rimandi estetici e storici al rapporto tra arte e fotografia (Man Ray, Kounellis, Friedlander, Alinari, Duchamp, Talbot) ma anche allesperienza esistenziale del fotografo (Fine delle verifiche, Il cielo per Nini, Autoritratto con Nini). Ogni opera rivela cos una propria autonomia e trova nuove rispondenze nelle altre costituendo il senso della serie. Alla fine del 1972 realizz anche una cartella di dieci fotografie su Marcel Duchamp, presentata alla galleria Multicenter di Milano e pubblic alcune riflessioni teoriche che integrano il progetto delle Verifiche, aprendo cos anche in Italia una stagione di nuovo confronto tra arte contemporanea e fotografia. Nellultimo periodo tenne dei corsi di fotografia presso lUniversit{ di Parma ed qui che organizz unampia retrospettiva, nella quale per la prima volta espose la serie completa delle Verifiche, insieme alla selezione definitiva della sua opera.
31

Mor a Milano il 2 marzo 1973. La retrospettiva Ugo Mulas: immagini e testi fu inaugurata subito dopo la sua morte, nel maggio 1973, presso listituto di storia dellarte dellUniversit{ di Parma, accompagnata in catalogo da una lunga intervista autobiografica rilasciata ad Arturo Carlo Quintavalle. Critico raffinato e anticipatore sensibile del nuovo statuto estetico e concettuale dellarte, Mulas intese la fotografia quale ambito imprescindibile per indagare gli sviluppi pi fecondi della scena contemporanea. Fu il primo fotografo italiano a costruire una strategia critica del proprio lavoro: in questo senso la sua opera non pu essere giudicata solamente dalle immagini ma va intesa come un complesso progetto che si concluse, alla fine della sua vita, con la realizzazione delle Verifiche e la pubblicazione di una serie simultanea di opere autobiografiche e autocritiche. Libri come La fotografia, a cura di Paolo Fossati (Torino 1973), e Fotografare larte, scritto in dialogo con Pietro Consagra (Milano 1973, prefazione di Umberto Eco), sono strumenti imprescindibili per comprendere lopera del fotografo, dellartista e del critico. Fonti e Bibl.: M. Muraro, Invito a Venezia (fotografie di U. M.), Milano 1962; U. Mulas, Lucio Fontana, Milano 1968; A. Cima, Con Marianne Moore, Milano 1968; Id., Allegria di Ungaretti, Milano 1970; U. M.: immagini e testi (catal.), a cura di A.C. Quintavalle, Parma 1973; Le verifiche e la storia delle Biennali (catal.), Venezia 1974; U. M. fotografo (catal.), Basel 1974; U. M., Alexandre Calder a Sach e a Roxbury1961-1965 (catal.), Milano 1982; U. M., David Smith working in Italy (catal.), Roma 1982; U. M., fotografo 1928-1973 (catal., Genve-Zrich), a cura di H. Teicher, Genve 1984; U. M. fotografo 1928-1973 (catal.), Lugano 1986; U. M. Ventanni di Biennale: 1954-1972, a cura di T. Trini, Milano 1988; U. M. (catal.), a cura di G. Celant, Milano 1989; U. M. Incontri (catal.), Pesaro 1995; David Smith in Italy (catal.), Milano 1995; U. M.: dentro la fotografia (catal.), Nuoro 2004; U. M.: la scena dellarte (catal., Roma-Milano-Torino, 2007-08), a cura di P.G. Castagnoli - C. Italiano - A. Mattirolo, Milano 2007; U. M.: la scena dellarte. Photocolors (catal., Torino), a cura di P.G. Castagnoli, Milano 2008; U. M. Vitalit del negativo, a cura di G. Sergio (con testi di A. Bonito Oliva), Milano 2010; E. Grazioli, U. M., Milano 2010.

Tratto da treccani.it

32

Ugo Mulas
Wikipedia.it Gli esordi Dopo il Liceo Classico frequentato a Desenzano del Garda si trasfer a Milano. La sua formazione fu inizialmente orientata verso gli studi giuridici ma giunto alla fine decise di non laurearsi per iscriversi ai corsi di Belle Arti dellAccademia di Brera. Dal 1953 inizi a interessarsi di fotografia e a praticarla da professionista. Al riguardo scrisse di s: Mulas esegu dunque i suoi primi scatti proprio in quel Bar Jamaica, nei pressi dellAccademia di Brera, che era luogo di incontro di giovani artisti e intellettuali: di questo primo periodo sono linteresse per il cinema neorealista e la serie delle fotografie scattate alla periferia milanese, immagini di desolazione, di solitudine e comunque di emarginazione che, lungi da un atteggiamento di maniera rispondevano a una precisa esigenza che Mulas cos descrive: Collaborazione con Strehler e influenza di Brecht e Frank Lattivit{ professionale lo condusse presto alla collaborazione con Giorgio Strehler che lo volle come fotografo di scena al Piccolo Teatro di Milano. Qui realizz le fotocronache di molti spettacoli teatrali (Lopera da tre soldi e Schweyk nella seconda guerra mondiale) e ritrasse alcuni dei principali attori italiani dellepoca: Tino Carraro, Tino Buazzelli e Milly, tra gli altri. Le sue foto sono ospitate sui volumi pubblicati dalleditore bolognese Cappelli che di quegli spettacoli contengono le sceneggiature complete, arricchite di apparato critico, bibliografico e naturalmente iconografico. Durante lattivit{ al Piccolo, ebbe occasione di conoscere e ritrarre lo stesso Bertold Brecht che promuoveva la cosiddetta poetica dello straniamento che Mulas fece propria e cerc di applicare alla sua attivit di fotografo. La partecipazione di artisti e pubblico alle vicende rappresentate, secondo Brecht, doveva escludere quel coinvolgimento emotivo caratteristico del teatro borghese; egli cercava invece di favorire lo sviluppo di una mentalit scientifica e oggettiva che guidasse tutti i partecipanti, attori e pubblico appunto, ad assumere un atteggiamento critico e distaccato che evitasse limmedesimazione nei personaggi in modo da vivere ogni avvenimento messo in scena come nuovo e sorprendente. Molti anni dopo, cos Mulas spieg quel suo momento e ne rivel i limiti: Nel 1958 scopr lopera del fotografo Robert Frank, autore del libro Gli americani rimanendo affascinato dalla semplicit del linguaggio fotografico che questi utilizzava. Da fotoreporter sempre pi noto e apprezzato, nel corso degli anni cinquanta realizz servizi in numerosi paesi europei, per conto di riviste e periodici:
33

LIllustrazione Italiana, Domus, La Rivista Pirelli, Settimo Giorno, tra le altre. Alla Biennale di Venezia e al Festival di Spoleto Dal 1954, insieme allamico fotoreporter Mario Dondero, inizi a frequentare la Biennale di Venezia della quale divenne ben presto il fotografo ufficiale: partecip cos a tutte le edizioni fino al 1972, documentando in ogni aspetto la storia e lo spirito di quella manifestazione. A partire dal 1962 prese a frequentare anche Spoleto, per lannuale ricorrenza del Festival dei Due Mondi. In questo ambiente matur in lui la vocazione di fotografo degli artisti. Nel corso degli anni document con estrema lucidit metodi di lavoro, tecniche, abitudini, rituali posti in essere durante il processo di creazione dellopera darte. I viaggi negli Stati Uniti Alla Biennale del 1964 conobbe il critico Alan Salomon e il gallerista Leo Castelli, grazie ai quali entr in contatto con i principali esponenti della pop art e dellarte newyorkese, portatori delle pi avanzate istanze dellarte contemporanea. Guidato e incoraggiato proprio da Castelli e Salomon, Mulas viaggi negli Stati Uniti tra il 1964 e il 1967. Qui conobbe tra gli altri Marcel Duchamp, Jasper Johns, Frank Stella, George Segal, Roy Lichtenstein e, soprattutto, Andy Warhol del quale scrisse: Il risultato di questo lavoro fu il volume New York arte e persone considerato dagli stessi pop un manifesto del movimento americano. Scenografie teatrali del 1969 Nel 1969 realizz ancora foto di scena con gli allestimenti scenografici di The Turn of the Screw (Il giro di vite), opera di Benjamin Britten dal romanzo di Henry James, per la regia di Virginio Puecher, alla Piccola Scala di Milano; Woyzeck, opera di Alban Berg dal dramma di Georg Bchner, per la regia di Virginio Puecher, al Teatro comunale di Bologna. Le verifiche Alla fine degli anni sessanta, inizi uno dei suoi pi importanti lavori che lo porter a realizzare la serie di quattordici fotografie, poi pubblicate con il titolo Le Verifiche, lavoro di riflessione sulla propria vita e sul proprio lavoro. Una serie di immagini dal grande potere evocativo che influenzeranno profondamente il lavoro di molti fotografi successivi e punto di svolta della fotografia moderna. Cos Mulas introdusse questa operazione: Indice delle Verifiche Le verifiche 1971-1972 1. Omaggio a Niepce. 2. Loperazione fotografica. Autoritratto per Lee Friedlander. 3. Il tempo fotografico. A Jannis Kounellis. 4. Luso della fotografia. Ai fratelli Alinari. 5. Lingrandimento. Il cielo per Nini. 6.
34

Lingrandimento. Dalla mia finestra ricordando la finestra di Gras. 7. Il laboratorio. Una mano sviluppa, laltra fissa. A Sir John Frederick William Herschel. 8. Gli obiettivi. A Davide Mosconi, fotografo. 9. Il sole, il diaframma, il tempo di prova. 10. Il Formato. foto non realizzata 11. Lottica e lo spazio. Ad A. Pomodoro. foto non realizzata 12. La didascalia. A Man Ray. 13. Autoritratto con Nini. 14. Fine delle verifiche. Per Marcel Duchamp. Gli artisti fotografati da Mulas enorme lelenco degli artisti, pittori, scultori letterati e scrittori ma anche galleristi e uomini di cultura in genere che Ugo Mulas ritrasse nella sua ventennale attivit di fotografo. I suoi scatti si trovano oggi sparsi allinterno di una imponente serie di volumi, molti dei quali nati dalla diretta collaborazione tra artista e fotografo, a testimonianza dello speciale rapporto che Mulas sapeva stabilire con i personaggi che ritraeva. Elenco alfabetico di alcuni degli artisti ritratti da Ugo Mulas: Karen Blixen, Bertold Brecht, Tino Buazzelli, Alberto Burri, John Cage, Alexander Calder, Eugenio Carmi, Carlo Carr, Tino Carraro, Enrico Castellani, Alik Cavaliere, Marc Chagall, John Chamberlain, Christo, Pietro Consagra, Giorgio De Chirico, Eduardo De Filippo, Jim Dine, Marcel Duchamp, Max Ernst, Lucio Fontana, Lee Friedlander, Alberto Giacometti, Richard Hamilton, Jasper Johns, Jannis Kounellis, Roy Lichtenstein, Fausto Melotti, Milly, Joan Mir, Eugenio Montale, Marianne Moore, Barnett Newman, Claes Oldenburg, Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Pistoletto, Arnaldo Pomodoro, Salvatore Quasimodo, Robert Rauschenberg, Antonio Ria, James Rosenquist, George Segal, Gino Severini, David Smith, Frank Stella, Cesare Tacchi, Tot, Giuseppe Ungaretti, Veruschka, Luchino Visconti, Andy Warhol, Tom Wesselmann. Tratto da Wikipedia.it

35

Potrebbero piacerti anche