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11/02/2020
La post-fotografia è la pratica usata nei social. “Post” significa lavorare e deriva da
post-modernismo, indica l’idea del cambiamento.
“inter” significa incrociare metodologie/modalità che arrivano da parti diverse.
Temi: somiglianza, guerra/morte, nudo/specchio, tempo, animali, archivio.
Il 1839 è la data ufficiale del battesimo della fotografia, diversi inventori si erano posti il problema
di fissare un’immagine creata dall’azione della luce su delle sostanze chimiche. Daguerre ha
inventato uno dei metodi possibili e sancisce quindi questa scelta. I primi dagherrotipi dovevano
avere una condizione di luce per poter vedere l’immagine.
Le immagini sono sempre state di 2 tipi per l’essere umano:
1) FATTE A MANO: interpretate, soggettive (anche il realismo per quanto potesse essere oggettivo
dipendeva dalla mano dell’artista);
2) SPECCHIO: elemento non umano che fino a quel momento restituiva un’immagine. Lo specchio
è la metafora dell’immagine
Meta rappresentazione: rappresentazione che parla della rappresentazione, attraverso l’immagine
dà una riflessione sull’immagine stessa (ex: specchio nell’immagine).
Lo “shock” è determinato dal sapere che l’immagine è oggettiva ed è creata dalla natura stessa, non
è fatta dalla mano dell’uomo. La macchina/tecnologia è la seconda mano della natura.
SOMIGLIANZA: come somiglia l’immagine alla realtà?
Nadar racconta che le persone che andavano a ritirare i propri ritratti non si riconoscevano, la
somiglianza non è quindi scontata, perché scattano dei meccanismi, ciò che vedo è diverso da come
vorrei vedermi. Lui metteva un telo bianco per lo sfondo, isolava le persone dal contesto.
- André-Adolphe Eugéne Disdéri “Lo studio per ritratti” 1865. Ha un atelier di fotografia (per fare i
ritratti) composto da stanze preparatorie per la fotografia. La fotografia era un rituale borghese.
“Borghese” indica lo stato sociale borghese: classe sociale che stacca la sua indipendenza dalla
classe superiore e cerca una propria identità in tutti i livelli. Il rituale è graduale, fatto di numerosi
step, c’erano diverse stanze che accompagnavano all’ultima stanza.
La realizzazione di immagini era lunga: 20 minuti di posa, poi sempre di meno: bisognava stare
fermi altrimenti la foto veniva mossa, per farlo c’erano dei trucchi come il poggiatesta.
- Jean Dominique Ingres è il più grande ritrattista dell’epoca. “Coppia” 1845: dagherrotipo dove lei
tiene la mano sulla spalla di lui ed è vestita come le veniva imposto.
- André-Adolphe Eugéne Disdéri: ritratto della regina del 1861 e il dottor John Collins Warren del
1840: dagherrotipo, ritratto con scheletro perché lui faceva il medico
L’immagine mostra come le cose appaiono, non come le cose sono.
- Nel ritratto di Red Fish lo sguardo del capo tribù è orgoglioso e di sfida. Questi
popoli furono sconvolti dalla fotografia e quando vedevano i loro ritratti
fotografati si spaventavano molto, convinti che la loro immagine fosse stata
strappata. Non credevano possibile che si potesse fare un’immagine che non
fosse stata dipinta, infatti, in molte tribù come quelle africane, non esistono
immagini realiste. Teoria degli spettri: indiani d’America pensavano che la foto
imprigionasse un pezzo d’anima ed erano spaventati da ciò. Al contrario, per i
- Robert Capa, Sbarco in Normandia, 1944. Questa è quasi il contrario di quella di prima, qui ha
voluto far parte dell'evento. In questo caso, l'istante decisivo non c'è, c'è una situazione
drammatica, ma la particolarità è che ci dà uno scatto visto dall'interno, non dall'esterno.
Distinzione tra testimonianza e partecipazione. Lui per restituire questa partecipazione sacrifica
tutti i parametri della fotografia e, per la prima volta, giornalisticamente vengono proposte
immagini che qualsiasi fotografo amatoriale potrebbe fare. Vengono accettate perché si
comprende il tratto espressivo di questi difetti. Il non rispetto dei canoni è un difetto se devo fare
un certo tipo di immagine, ma può essere usato come valore espressivo per altre. Questo sarà il
cambio di parametro.
➢ Seconda guerra mondiale
Vengono presentate due questioni, che vediamo nelle seguenti due fotografie.
- Lee Miller, Buchenwald, 1945. Questione dei campi di concentramento: shock causato della
scoperta reale, non dell'informazione, per cui le prime persone che arrivavano a vederlo non
credevano ai propri occhi, non ci si credeva che fosse così disumana la scena. I mucchi di cadaveri
sono diventati il simbolo. La fotografa scrive ai giornali di Londra per informare della veridicità
dell'evento visivo, dicendogli di crederci. Siamo di fronte ad un nuovo tipo di immagini: incredibili.
La stessa fotografa si accorse che, scattando la fotografia, stava cercando l'inquadratura: rimase
talmente shockata da questo che smise di fare la fotografa per 10 anni. Le altre immagini proposte
"Immagini malgrado tutto" sono le uniche 4 immagini fotografiche rimaste dei campi di
concentramento durante, non dopo. Scattate malamente, da lontano, nascondendosi e sono
diventate argomento di analisi e di riflessione.
- Viaggio a Nagasaki, 1945. Questione delle 2 bombe atomiche: distruzione totale, un'esplosione
rade al suolo una superficie vastissima, e completamente tutto viene bruciato.
➢ Guerra del Vietnam
19/02/2020
L’immagine della guerra del Vietnam à teletrasmessa e per la prima volta mette il pubblico di fronte
all’assuefazione, emozioni e reazioni diminuiscono d’intensità perché ci si abitua a vederla. Nel
momento in cui ci rendiamo conto, non abbiamo più reazioni, non proviamo più pietà e ci sale un
senso di colpa. Dalla parte del produttore c’è la rincorsa ad aumentare la dose per aumentare
l’effetto; la dose può essere data dalla sorpresa e bisogna tornare a colpire lo spettatore con
immagini memorabili. Noi dobbiamo creare eventi in tutti gli ambiti.
Susan Sontag fa un discorso sul passo di Platone del libro “La repubblica” in cui lui dice che noi
siamo come schiavi legati in fondo a una grotta fin dalla nascita. Questa grotta ha un foro nel
soffitto da cui entra una luce che si proietta sul fondo della grotta, la luce proietta ombre e noi
pensiamo che quelle siano la realtà. Scambiamo le apparenze per la realtà perché non avendo mai
visto fuori, non sappiamo distinguere le due. Sontag dice (anni ‘80) che noi tendiamo, per
automatismo, a scambiare le immagini per la realtà. È in corso una sostituzione: a furia di vedere le
immagini noi la scambiamo per la realtà stessa. Noi non specifichiamo mai di guardare “l’immagine”;
guardiamo la foto per ciò che rappresenta e iniziamo a guardare la realtà come un’immagine,
abbiamo della realtà un’esperienza sempre più basata sull’immagine (es. turisti giapponesi che
fanno un viaggio per fare foto, ma poi il vero viaggio è dato dalla proiezione delle diapositive a
casa).
Sontag scrive negli anni 70 (anni di impegno politico nei confronti di molti fenomeni sociali) e si
pone una domanda: noi comprendiamo ancora le cose? Le comprendiamo in maniera olistica
(=interdisciplinare/collettivistico) senza frammentare? Il rapporto realtà-immagine si rovescia
attraverso l’uso delle macchine fotografiche che diventano molto popolari, economiche, chiunque
TEMPO
Idea che noi abbiamo della fotografia è combattuta tra due idee:
1. Fotografia è l’istante/il momento/il presente -> prima volta che l’uomo ha visto l’istante, e
quell’istante viene isolato nel flusso del tempo, diviene palpabile/concreto
2. Fotografia è passato. Susan Sonntag chiama la fotografia “oggetto melanconico”: dato che la
fotografia riguarda il passato è avvolta di malinconia/la guardiamo con malinconia
1. FOTO COME ISTANTE
-Donna con occhiali, 1850, dagherrotipo: Dimensione temporale gioca all’interno dell’immagine
stessa: immagine trasporta il tempo. Tempo di seduta molto lungo, sguardi intensi
- Edinburgh Ale, 1845, David Octavius Hill & Robert Adamson: quando tempi di impressione chimica
si ridussero fino a pochi secondi, intervenne un’altra questione temporale. Con l’accorciarsi dei
tempi, il fotografo cerca di cogliere una situazione più spontanea/mossa (non sono più persone che
posano per farsi fare il ritratto). Subentra la dimensione dell’attimo, della durata minima che non è
misurabile.
- Donne in giardino, 1857/66, Claude Monet: impressionismo sembra riprodurre una fotografia.
Figura lontana di spalle, sembra che si sta muovendo, Monet coglie l’istante nella sua casualità.
-Le moulin de la Galette, 1876, Renoir: posizioni dei personaggi colte in un istante. Coppia che balla
in primo piano a sx è girata verso di noi, come se ci fosse la macchina fotografica. Anche la pittura
prende in considerazione la dimensione dell’istante.
-Cabanès, 1858, André Eugène Disdéri: Invenzione dell’immagine-fototessera: se guardo tutte le
parti insieme le vedo come se fossero una sequenza. Come se le immagini fossero legate tra di loro,
c’è un ordine temporale/un prima, un dopo. (quando io giustappongo due immagini, subentra una
narrazione che collega due immagini/subentra la dimensione del tempo/l’ordine cronologico)
-Thomas John Bernardo, 1875: pubblicizza il suo orfanatrofio. Immagine a sx è il prima, quella dx è il
dopo -> immagine a sx mostra come era il bambino quando è stato raccolto dalla strada, immagine
a dx mostra come il bambino è stato educato nell’orfanatrofio.
-un ragno mentre cattura una vespa conservato in un pezzo d’ambra: scenetta fissata come se fosse
una fotografia (in realtà non è una foto). Idea di tempo come istante decisivo che fissa un momento
preciso.
Post-fotografia è quella che viene dopo Internet, dopo il digitale, in cui in nostro rapporto con la
fotografia è cambiato.
-Cartier-Bresson Place de l’Europe 1932 e Troppo presto: toglie la persona che salta e lascia soltanto
la scena/lo spazio. Vi è straniamento: appare come strano perché tradisce le abitudini.
Nell’accostamento tra foto di dx e di sx c’è un accostamento di tempo particolare, è come se ci
fosse un attimo di sospensione.
-Cartier-Bresson: cattura il passaggio della bicicletta, togliendo la biciletta tutto resta
vuoto/straniante. Togliendo il soggetto, io riconosco lo sfondo.
-Barrera Battaglia di Calatafini 1860 dalla serie campi di battaglia, 2011: guardando questo luogo io
ho la compresenza del passato/presente: anche se non c’è nell’immagine il passato, c’è un effetto
di evocazione di esso. Rappresenta com’è tutt’ora il campo della famosissima battaglia del 1860.
-con Internet tutti i momenti vengono fotografati, non c’è più la questione del momento decisivo, e
i momenti divengono di conseguenza tutti uguali. I momenti decisivi sono più nascosti. Mappe di
Googlemaps fotografano quello che trovano al momento (ci sono in giro persone, macchine, aerei):
per cui dentro Googlempas si trovano delle immagini singolari, strane.
-Nel mondo della fotografia il post fotografo non scatta il momento decisivo, ma lo va a cercare.
Postfotografo va a caccia di stranezze. Esempi: Philip Schuette, Serendigraphy, 2012: aspetta di
cogliere il momento in cui il pesce si sovrappone alla faccia della persona che nuota.
-Josh Pehlein, Modern History, 2007-2009: somma di più scatti fotografici, mette insieme tanti
scatti veri quindi immagine non esiste ma è veritiera. È un’immagine poliedrica: il tempo è
poliedrico, restituisce istanti diversi, il tempo è quindi multidimensionale.
11/03/20
DALLO SPECCHIO AL SELFIE
Specchio: dispositivo che incide sulla trasmissione stessa, ha la particolarità di essere l’unico
strumento che per molti secoli restituiva l’immagine. Riflette oggettivamente la realtà, non vi è
l’intervento umano, cosi come funziona con la fotografia (macchina fotografica prende tutto quello
che c’è davanti). Las pittura invece è umana, manuale, quando si dipinge si fa automaticamente una
-Tiziano, Venere allo specchio, 1555: donna simbolo bellezza/armonia/arte si specchia. Vi è una
metarappresentazione= rappre nella rappre. Così come la donna si specchia nello specchio, la
bellezza si specchia nella pittura. La donna è al centro dell’immagine.
-Veronese, Venere allo specchio, 1585: nello specchio la donna rappresentata ha gli occhi che
guardano nella nostra direzione. Usa lo specchio per guardare noi: c’è un gioco di riflessi e di
sguardi. Non a caso la donna rappresentata è di spalle, e così lo specchio ci permette di vedere
quello che non possiamo vedere con lo sguardo in modo diretto (ovvero la faccia della donna).
Opera d’arte trasferisce, come lo specchio, i cambiamenti dei canoni della bellezza. Specchio e
pittura assecondano i cambiamenti temporali.
-Jan Van Eyck, I coniugi Arnolfini, 1434: specchio convesso sullo sfondo della stanza cosicché rifletta
più spazio che lo specchio piatto. Dentro lo specchio si vede la scena così come viene riflessa dallo
specchio: due coniugi di spalle + Van Eyck che dipinge. Testimonianza della propria presenza sul
luogo dalla scritta sul muro sopra lo specchio in latino “Jan Van Eyck è stato qui”.
-Parmigianino, Autoritratto in specchio convesso, 1524: artista si fa l’autoritratto non curandosi
tanto della somiglianza ma approfitta della situazione per tramandare una certa immagine di sé.
Usa lo specchio convesso che deforma la sua presenza nello spazio, in primo piano vi è la mano
poiché lui è un artista ed usa la mano tanto quanto la testa (altro elemento in primo piano).
-Barocco, 600: specchio convesso è una sfera che riflette sia l’artista con la tela, sia la stanza con la
natura morta. Sfera riporta l’insieme e storpia la prospettiva. Sfera non è l’unico oggetto riflettente:
c’è anche un porta gioielli con coperchio riflettente + bicchiere convesso in cui si riflette la finestra.
Virtuosismo del pittore: lui può dipingere qualsiasi cosa, anche i riflessi.
-Anish Kapoor: palazzi restituiti su una superficie a specchio, sono deformati.
-Olafur Eliasson: soffitto con una superfice specchiante ma non piana, per cui c’è il gioco di
deformazione. Costringe a guardare con la testa verso l’alto, per cui disequilibra l’atto di camminare,
perdiamo il senso dell’orientamento.
-Copertine di libri di fotografia: The history of photography e A new history of photography. In
entrambe le situazioni sono state messe fotografie che giocano sullo specchio: foto di sx c’è lo
specchio retrovisore che riflette autista che sta fumando la pipa + si vede l’artista. Foto di dx c’è la
contessa Castiglione (Louis Pierson, 1864) che vuole essere ritratta con lo specchio in mano
orientato in modo che lei è presa di profilo ma noi vediamo lo stesso il suo sguardo diretto tramite
lo specchio.
-Clementina Hawarden, Studio dal vero, 1864: persona riflessa di profilo dallo specchio, in realtà lei
è di fronte a noi. Le due espressioni di fronte e di profilo della stessa persona sembrano molto
diverse tra di loro.
-Claude Monet, Regata a Argenteuil, 1872: con la nascita della fotografia, la pittura cambia. Gli
impressionisti adattano una nuova strategia e ad esempio introducono i riflessi. Per un pittore ciò
Noi siamo autori e padroni delle nostre immagini. Io non sono più l’oggetto dell’immagine ma tutti
siamo diventati autori, siamo noi che decidiamo che cosa farne: ciò comporta l’uso democratico
della tecnologia/dell’immagine. Diffusione enorme di autoritratti allo specchio dimostra un uso
democratico di questo strumento. Rivendicazione di libertà di comportamento: soprattutto la
donna ha trovato nella tecnologia uno strumento di liberazione (lei stessa si fa le foto e le usa e lo
può fare quando vuole).
-Osservazioni estetiche: uso degli autoritratti allo specchio ha fatto saltare anche i parametri
estetici/lati artistici dell’immagine.
1. Errori dei fotografi professionisti vengono ripresi negli autoritratti: ad ex il mosso, il pasticcio sul
vetro che rovina la foto, il flash allo specchio. Errori sono diventati accettati e accettabili, ma
anche caratteristici: comunicano autenticità.
2. Salta l’idea di autorialità e cambia l’idea di originalità: originalità diventa una gara di stranezza,
follia
IL SELFIE
Cap. 5 e 9 del libro “La furia delle immagini” Fontcuberta
-Sintesi del paesaggio dalla fotografia al selfie. Tre tappe dell’espressione fotografica:
1. Ragazza trova cadavere in mare portato dalle onde e decide di fotografarlo/di documentare
2. Ragazza interviene sulla scena: la vuole rendere più realistica per cui mette vicino al cadavere
un pezzo di vestito portato a riva. Messa in scena dell’immagine prima di fotografarla
(=stagedphotography)
3. Passaggio alla nuova modalità: quella post-fotografica. Stacca la macchina fotografica
dall’occhio e si gira per fotografare sé stessa con il cadavere. È un autoritratto. = questa è
l’operazione che faccio ogni volta che faccio un selfie
-Riferimenti storici
• Edvard Munch, autoritratto come Marat, 1908: egli era malato, si trovava in un centro di cura e
prendendo la mira si è scattato delle foto.
• Fotografi della Byron Company, 1920: persone che si fanno una foto di gruppo. Ci sono tutte le
componenti del selfie: si mettono vicini, allungano le mani...
• Gunthert fa notare che c’è stato un processo di avvicinamento che ha portato a questo
cambiamento e possiamo individuarlo nell’autoscatto: Manuale della Kodak del 1954 che per la
prima volta pubblicizza questo dispositivo. Il testo della pubblicità sottolinea il fatto che il
fotografo non è più un’altra persona, ma sei tu stesso.
• Prima messa in scena di un selfie è nel film “Thelma e Louise” del 1991 di R. Scott.
• Battesimo effettivo del selfie: 2012 dove rivista Time inserisce la parola “selfie” tra le 10 parole
più popolari dell’anno e il dizionario Oxford English Dictionary la elegge come parola dell’anno.
• Perdita del contatto fisico tra l’occhio e il mirino: ciò priva la macchina dalla sua condizione di
protesi dell’occhio.
• Io faccio i selfie non più per documentare ma per far vedere che ero lì, che ero presente in quel
momento. Mi faccio i selfie per raccontare la mia vita: per far vedere i luoghi in cui sono stato
• Colui che invia il messaggio diventa il messaggio stesso: io invio come messaggio me stesso. C’è
una messa in discussione dei ruoli: i ruoli grazie a questo strumento coincidono.
-Tipi di selfie (secondo Gunthert):
Identità ha avuto un picco significativo che va sotto la denominazione di “Post human” (passaggio
da vecchio concetto di identità a nuovo concetto di essa). Denominazione “Post human” è partita
da un’esposizione che mise al centro una questione: stiamo passando da una condizione umana e
una nuova condizione che comporta un cambiamento di identità. Rivista evidenza cambi di
personalità. Si è cambiato il paradigma: chirurgia plastica, mondo virtuale, mondo dello spettacolo,
pillole per qualsiasi condizione (essere felice, esaltarsi, dimagrire). Esempio: diversi modi di ritrarsi
dell’uomo, excursus storico.
25/03/20
-Fontcuberta: dice che il fenomeno del narcisismo non nasce negli anni 2000, ma esisteva già da un
ventennio. Siamo nell’epoca della costruzione dell’identità, io posso essere come voglio e cambiare
come voglio. Identità fluida = malleabile, non fissa. Uso del selfie va inserito nella questione
dell’identità: sui social io costruisco il mio diario/blog con i selfie, oppure i selfie sono usati per
costruire interazioni. Narcisismo perché nelle interazioni io metto sempre l’accento su me stesso.
In particolare faremo riferimento al il movimento artistico del surrealismo poiché non si limita a
concepire le immagini/la fotografia come forme realistiche.
-Corpo come esempio di bellezza. Il nudo entra nella fotografia a scopo utilitario: per sostituire le
modelle che erano costose/ non stavano ferme (Esempi: Auguste Belloc, nudo con colonna, 1860 e
Jean-Louis Durieu, Nudo, 1854).
-Fotografia di nudo ha una sua ambiguità/ un risvolto ambiguo: il nudo è sempre seduttivo.
PORNOGRAFIA
-Il suo uso subito dilaga nell’uso della fotografia.
-Nella pornografia c’ è una dialettica interessante da un punto di vista visivo: ti vedo ma non ti vedo,
mostro quello che serve ad eccitare lo spettatore, ma non mostro tutto. È più pornografico
mostrare maliziosamente un dettaglio piuttosto che mostrare tutto subito.
-Anonimo, Nudo, 1855: la donna ha la maschera sugli occhi
-Anonimo, Dagherrotipi stereoscopici, anni 1840: due fotografie leggermente spostate come punto
di vista. Gli stereoscopici accostano le immagini e il nostro occhio vedendole accostate ha un senso
di tridimensionalità. Nell’immagine pornografica però c’è un aspetto rivelatorio: nella
tridimensionalità dei corpi, il nostro tatto è sollecitato e quindi abbiamo voglia di toccare i corpi.
Occhio e tatto sono slegati tra di loro e la pornografia è falsa perché sollecita il mio desiderio e al
tempo stesso lo blocca = è una frustrazione perché ci fa immergere in immagini più reali ma al
tempo stesso è al di la della superfice fotografica quindi per me è intoccabile.
-Fontcuberta vede una pubblicità (del 2014) che rappresenta una scimmia e sopra c’è la scritta
“questa scimmia ci ha rubato la nostra macchina fotografica” -> pubblicità di agenzia di assicurazioni
che voleva far capire che assicurazioni coprono anche eventi improbabili come il furto della
macchina fotografica da parte di una scimmia. F. pensò ad una scena famosa di un film (Il pianeta
delle scimmie, 1968) dove scimmie prendono il posto degli uomini. In una scena del film c’è persino
una scimmia che sta dalla parte della camera a riprendere. Questa scena deriva da un film più
vecchio….
-Film The Cameraman, 1928: protagonista (Buster Keaton) è un cameraman che assiste all’
annegamento di una fanciulla, egli lascia la videocamera, va a scorrere la ragazza e ci riesce. Egli
solitamente era accompagnato da una scimmietta quando svolgeva il suo lavoro, e mentre
cameraman salva fanciulla, la scimmietta, che sapeva imitare il suo padrone, gira la scena del
salvataggio. Un altro uomo si prende i meriti del salvataggio della fanciulla ma scimmietta ha le
prove che è stato Keaton.
-Film L’uomo con la macchina da presa, 1928: l’uomo è diventato una macchina di produzioni
d’immagini.
-Progetto di Hilmar Pabel “Life” 1938: cosa pensano gli animali di noi quando siamo allo zoo e li
guardiamo? Pabel mette in mano le macchine fotografiche alle scimmie che scattano foto in cui noi
uomini li guardiamo dalle sbarre -> aspetto animalesco dell’essere umano. Una rivista tedesca
pubblica il servizio di Pabel ma non lo paga perché afferma che le foto non le ha fatte lui ma le
scimmie, quindi non devono pagargli i diritti d’autore. Scatta la domanda “cosa vuol dire essere
autore?”. Poi altra ripubblicazione su Life che lo paga per il suo servizio. Per la rivista tedesca
l’autore è chi realizza la foto concretamente/chi schiaccia il bottone, per la rivista americana autore
-l’irruzione del digitale non interessa F. per le questioni ontologiche ma per quelle degli usi. Da un
lato siamo bombardati di immagini, c’è un enorme quantità di essere e siamo giunti ad una
saturazione -> ciò porta ad una massificazione, poiché le singole immagini si perdono in questo
oceano di immagini -> possiamo chiamarlo “inquinamento iconico”: ovvero esse sembrano non
servire più a qualcosa; dall’altro lato l’immagine cessa di essere appannaggio di professionisti o
privilegiati, e diventa una forma naturale di relazione con gli altri. Urgenza di scattare foto prevale
sulle questioni tecniche ed estetiche: non conta se la foto è ben fatta ma deve rappresentare
qualcosa di unico.
-Nel cap. 4 del libro “La furia delle immagini” Fontcuberta: dialettica tra due parole: ECCESSO (che comporta
sottrazione, svuotamento, appiattimento) e ACCESSO (immagine fatta in funzione
dell’accesso/della disponibilità. Le immagini sono fatte per essere trasmesse: tutto è legato e tutto
è in continua rielaborazione e trasformazione -> concetto di società liquida e postmoderna + tema
della transitorietà -> foto dura 24h o si cancella subito dopo la visione: ciò viene fatto per il
consumo e non peer essere osservate attentamente)
➢ Internet:
✓ È un archivio totale e unico dove si deposita materiale di ogni genere: è assoluto. Prima di
Internet l’archivio era limitato ad un’area (ex: archivio religioso nei monasteri, letterario
nelle biblioteche...). Ora Internet è infinito.
✓ Sul web possiamo trovare una “vita online” consumabile tramite le immagini poiché noi
consegniamo una parte della nostra vita a Internet
-Post fotografia a proposito dell’arte (ma non solo)
1. post fotografia usa materiali fotografici già esistenti = smaterializzazione dell’autorialità (non so
chi sono gli autori delle immagini che trovo sui social), originalità (in Internet tutti sperimentano
tutto, non c’è qualcosa di più originale), proprietà
2.cambio dello statuto dell’opera d’arte: appropriazione (dal modello all’autore, dal consumatore al
produttore)
-pratica vudù: (vudù =fare pupazzetti della persona con cui ci si vuole vendicare). È l’evocazione
della realtà nella sua rappresentazione oggettuale (In inglese picture: è l’immagine-cosa VS image
che è l’immagine senza materialità)
-Album fotografico è spartito ed è stato sostituito da nuove forme di registrazione biografica
(Facebook) -> senza la sua condizione di oggetto fisico l’immagine perde il suo carattere magico e
smette di agire come un talismano/una reliquia: nella dimensione della memoria, del ricordo e
dell’archivio le foto diventano gesti di comunicazione e non fanno più da supporto al ricordo
-Maneul Sendon, a memoria di album, 2004: mostra le fotografie sparite dagli album fotografici: o
sono spartite o qualcuno le ha tolte volontariamente. Vudù: io faccio qualcosa contro una persona
che mi da fastidio
-Isabelle Le Minh, re-play, 2009: mostra il retro delle fotografie -> vediamo commenti, storie, date +
la diversa gradazione del retro delle foto (alcune più chiare, altre più giallognole) è dovuta
all’invecchiamento della carta.
-Pratica personale di cancellazione delle persone con cui non abbiamo rapporto/con cui abbiamo
litigato -> fotografie dove queste persone non hanno la faccia, è stato staccato un pezzo di foto o
cancellato il volto con la penna (ex Inaki Bonillas, Martin-Lunas, archivio J.R. Plaza, 2004-12)
Fontcuberta dice che il post fotografo (ma in fondo anche il fotografo, l’artista) è colui che
attribuisce un senso a ciò che non lo aveva oppure evidenzia un senso in particolare. In conclusione
la domanda che si pone F. è “ma perché conservarle queste foto, una volta consumato il vudù?”
All’inizio sono stati atti di rabbia, di giustizia e di castigò, ma dopo sopravvivono come tracce del
torto subito, perché non si dimentichi: è come dire “questo è il mio dolore e voglio che venga
riconosciuto” -> dimensione della memoria