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Lt coputiM dtlhl collana «Immaginari» sono Slatt

c o ~ In efle'lusiva da Ottavio Mlssonl, collnJont «Quodri lf:SSUli•.


IMMAGINARI
(9J/o.na rloella Ja u1fmm· fiokst:r;m•
nrolo oripnalc: La machiM dt "i.swn, tdilìom Gllliltc, Parigi. Traduzione
di Giancarlo Pavanello. Copyrifbt (C) Éditions G1lil6e 1988. Proprietà let·
tcraria riservata. Su,arCo Ed:lzioai S.r.l., viale Tunisia 41, Milano. Italia.
lmil Virilio
LA MAfffiINA CHE VEDE
l'autnzitWJ delh jleffifflle

8' aa,entltr!:
~~di'Jjiairo~·,u· «.vt f'fl!aulq(riio
«Il contenuto della memoria
dipende dalla velocità dell'oblio».
Norman E. Spear
UN'AMNESIA TOPOGRAFICA
«Le arti hanno bisogno di testimoni». diceva
Marmontel. Un secolo dopo Auguste Rodin
affermava che il mondo che vediamo esige di
essere rivelato in un modo diverso da come lo
rivelano le immagini latenti dei fototipi.
Nei suoi celebri colloqui con lo scrittore, PauJ
Gsell osserva a proposito dell" Età del Bronzo e
del San Giovanni Battista: 1 «Continuo a chieder-
mi come sia possibile che certe masse di bronzo o
di pietra appaiano realmente in movimento, e
come mai certe figure immobili sembrino agire e
perfino sottoporsi a sforzi molto violenti...». E
Rodin ribatte:
«Ha già esaminato con attenzione, nelle foto-
grafie istantanee. degli uomini che cammina-
no? ... Ebbene. che cosa ha notato?».
«Non danno mai l'impressione di andare avan-
ti. In genere sembrano restare immobili su una
sola gamba, o saltare a piè zoppo».

I. P. Gscll, Rodin, L'art. Paris, Grasset/Fasquelle, 1911. La


citazione da Mannontcl è ricavata dai suoi Racconti morali: •la
musica è l'unica arte che basta a se ste~a: tulle le altre hanno
bisogno di testimoni•.

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«Verissimo! Inoltre. per esempio. mentre il
mio San Giovanni è rappresentato con i due piedi
per terra. è probabile che una fotografia istanta-
nea, scattata a un modello che stia compiendo lo
stesso movimento, mostrerebbe il piede che sta
dietro già sollevato nell'atto di avvicinarsi all'al-
tro. Oppure, invece, il piede che sta davanti non
sarebbe ancora per terra se la gamba che sta die-
tro occupasse nella fotografia la stessa posizione
che occupa nella mia statua. Proprio per questo
motivo il modello fotografato assumerebbe
l'aspetto buffo di un uomo improvvisamente col-
pito da paralisi. Ciò conferma quanto le ho già
detto sul movimento nell'arte. Se infatti nelle
fotografie i personaggi, benché ripresi in piena
azione, sembrano improvvisamente bloccati per
aria, è perché tutte le parti del loro corpo sono
riprodotte esattamente nello stesso ventesimo o
anche quarantesimo di secondo, e non si ha quin-
di, come nell'arte, uno svolgimento progressivo
del gesto».
E quando Gsell insorge:
~Ma allora. se nell'interpretazione del movi-
mento l'arte si trova in completo disaccordo con
la fotografia, che è una testim011ianza meccanica
irrecusabile. essa evidentemente altera la veri-
tà!».
«No», risponde Rodin. «è l'artista che è veri-
tiero, la fotografia è menzognera; infatti nella
realtà il tempo non si ferma~ e se l'artista riesce a
dare l'impressione di un gesto eseguito in più
istanti, di sicuro la sua opera è molto meno con-
venzionale dell'immagine scientifica in cui il tem-
po è bruscamente sospeso ... ».

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Parlando dei cavalli di Géricault che nella Cor-
sa d'Epsom, galoppano «ventre a terra», e dei
critici che affermano che la lastra sensibile non dà
mai una simile indicazione. Rodio ribatte parlan-
do dell'artista in grado di condensare in una sola
immagine più movimenti ripartiti nel tempo. e in
questo caso, se l'insieme è fal'io nella sua simulta-
neità, è vero quando le parti vengono osservate in
successione, e proprio questa verità conta vera-
mente, poiché è solo questa che noi vediamo e che
ci colpi,·ce.
Spinto dall'artista a seguire lo sviluppo di un
atto attraverso un personaggio, lo spettatore,
percorrendolo con lo sguardo, ha l'illusione di
assistere al compiersi del movimento. Perciò l'il-
lusione non è prodotta meccanicamente come
sarà con la messa in moto delle vedute istantanee
della macchina cronofotografica, con la persi-
stenza retinica - la fotosensibilità agli stimoli
luminosi dell'occhio dello spettatore - ma natu-
ralmente, con la messa in movimento del suo
sguardo.
La veridicità dell'opera dipende, in parte, dalla
sollecitazione del movimento dell'occhio (o even-
tualmente del corpo) del testimone che, per senti-
re un oggetto con la massima chiarezza. deve
compiere un numero considerevole di movimenti
minimi e rapidi da un punto all'altro dell'oggetto.
Invece, se la motilità oculare viene trasformata in
fissità «da qualche strumento ottico o dalla cattiva
abitlldine. si ignorano e si distruggono le condi-
zioni necessarie della sensazione e della vista
naturale; con la sua ansiosa avidità di raggiungere
il tutto, ossia di vedere il più e il meglio possibile.

13
il soggetto trascura gli unici mezzi adatti a riuscir-
. ~

Cl>>.·
Per di più. sottolinea Rodin, la veridicità del-
l'insieme sarà resa possibile solo dall'inesattezza
dei dettagli concepiti come tanti supporti mate-
riali di un al di qua e di un al di là della visione
immediata. L'opera d'arte ha bisogno di testimo-
ni perché con la sua imago avanza in una profon-
dità del tempo della materia che è anche la
nostra. Questa divisione della durata viene inve-
ce meno automaticamente con l'innovazione del-
l'istantaneità fotografica, perché, se l'immagine
istantanea pretende l'esattezza scientifica dei det-
tagli, l'arrestarsi sull'immagine o piuttosto l'arre-
starsi del tempo dell'immagine dell'istantanea fal-
sifica invariabilmente la temporalità sensibile del
testimone. il tempo che è il movimento di una
cosa creata. 3
Possiamo constatarlo a Meudon: gli studi in
gesso esposti nell'atelier di Rodin sono un'evi-
dente trasgressione anatomica - piedi e mani smi-
surati, disarticolazione, membra dilatate, corpi
sospesi - e la rappresentazione del movimento è

2. A. Huxley, Tl,e Art of Stting, Chano & Windus, Londra.


3. Pascal, "Riflessioni sulla geometria in generale•, VII, 33. In
quel periodo i lavori di Marey e Muybridge appassionavano gli
artisti parigini, sopraltullo Kupka e Duchamp la cui celebre tela.
Nudo che scende le scale, nel 1912 \•erra rifiutala dal •Salon des
lndépendanlS•. Già nel 1911, aJ momento de li 'uscila dei t.-olloqui
di Rodin ce>n Gscll, Duchamp aveva dichiaralo di voler mostrare
solo composizioni sratich~ d'indicazioP1i !italiche di po.tizioni
diverse assunte da una forma in mo,•imento senza cercan di crea-
re con la sola pittura gli effe1ti del cinema. Anche egli afferma che
il movimento è nell'occhio dello spettatore, ma auspica di ottener-
lo con una scomposizione formale.

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spinta fino ai suoi massimi limiti, che sarebbero la
caduta o il decollo. Più in là. c'è Clément Ader e
il suo primo volo in aeroplano. la conquista del-
l'aria con la messa in movimento del più pesante
dell'aria e, nel 1895, la messa in movimento del-
l'istantanea con il cinematografo. lo scollamento
retinico. il momento in cui, con il realizzarsi delle
velocità metaboliche. «tutto ciò che finora si chia-
mava arte sembra dfrelllato paralitico. mentre il
cineasta accende le mille candele dei suoi proiet-
tori».~

Bergson afferma: lo spirito è una cosa che dura.


Ma si potrebbe aggiungere: è la nostra durata che
pensa, che sente. che vede. La prima produzione
della nostra coscienza sarebbe dunque la sua
velocità nella sua distanza temporale. e la veloci-
tà diventa allora idea càusa)e. idea prima dell'i-
dea. 5 Cosi. ormai, è diventato normale ritenere
che i nostnncorcli ·sono pfundiinensiònalì, ·che e
il pensiero è un transfert, uiltrasporto (metapho-
ra) in senso letterale.
Cicerone e gli antichi teorici della memoria
credevano che fosse possibile consolidare la
memoria naturale con l'aiuto di un addestramen-
to appropriato. Avevano inventato un metodo
topografico che consisteva nel reperire una serie
di luoghi. di localizzazioni che potessero essere
facilmente ordinati nel tempo e nello spazio. Pos-

4. Tzara, 1922 - manipolato.


5. Paul Virilio. EstMtique d~ la dispariticm, Paris. Balland,
1980.

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siamo immaginarci per esempio di spostarci nella
nostra casa e scegliere come localizzazioni i tavo-
li, una sedia che vediamo in una stanza, o un
davanzale, o una macchia sul muro. Poi si codifi-
ca in immagini ben definite il materiale da tenere
in mente. e si sostituisce ogni immagine con loca-
lizzazioni precedentemente definite. Se vogliamo
ricordarci un discorso, ne trasformiamo i punti
principali in immagini concrete e «piazziamo»
mentalmente ognuno di questi punti nelle diverse
localizzazioni. Quando vorremo ricordare o pro-
nunciare il discorso. basterà ricordare nell'ordine
i luoghi della casa. Questo tipo di addestramento
è utilizzato ancor oggi dagli attori in teatro e dagli
avvocati nei tribunali, e proprio uomini di teatro
come Lupu Pick e lo sceneggiatore Cari Mayer, i
teorici del Kammerspie/, all'inizio degli anni Ven-
ti ne faranno abusivamente una tecnica di ripre-
sa, proponendo al pubblico una sorta di udienza
cinematografica a porte chiuse, che si svolge in
un unico luogo e nel tempo esatto della proiezio-
ne. Le scenografie dei film erano realiste e non
espressionistiche, perché gli oggetti familiari e il
minimo dettaglio della vita quotidiana assumes-
sero un"importanza simbolica ossessiva che,
secondo gli autori, doveva rendere superflui
qualsiasi dialogo e qualsiasi didascalia.
La cinepresa muta farà parlare l'ambiente
naturale come gli esperti della memoria artificiale
fanno parlare, a posteriori, la camera in cui abita-
no. la scena teatrale in cui si esercitano. Alfred
Hitchcock, dopo Dreyer e molti altri. utilizzò un
sistema di codificazione assai simile, facendo
notare che gli spettatori non fabbricano le pro-

16
prie immagini mentali immediatemente a partire
da ciò che viene dato loro da vedere, ma a partire
dai propri ricordi, come nella loro infanzia, riem-
piono essi stessi i vuoti e il proprio cervello con
immagini create a posteriori.
All'indomani del primo conflitto mondiale. il
cinema del Kammerspiel rinnovava. per una
popolazione traumatizzata, le condizioni dell'in-
venzione della memoria artificiale. nata anch'es-
sa da una scomparsa catastrofica dei luoghi. Rac-
conta rancddoto che Simonide, che recitava alcu-
ne poesie in occasione di un banchetto, venne
improvvisamente chiamato in un'altra stanza del-
la casa. Appena uscì. il tetto si abbatté sugli altri
invitati e tutti rimasero schiacciati. al punto di
essere completamente irriconoscibili.
Tuttavia il poeta Simonide, che possedeva una
memoria esercitata. poté ricordare il posto esatto
di ognuno degli sventurati, il che permise di iden-
tificarne i corpi. Simonide comprese allora quale
vantaggio questo modo di selezionare i luoghi e
di formarci delle immagini avrebbe potuto dargli
nella pratica dell'arte poetica. 11

Nel maggio 1646. Descartes scrive a Elisabeth:


«Esiste un tale legame fra la nostra anima e il
nostro corpo che i pensieri che hanno accompa-
gnato alcuni movimenti del corpo dall'inizio della
nostra vita li accompagnano ancora adesso». E in

6. L'importante opera di Norman E. Spcar. The pnn:essing c•f


m~morie.s: forgerting and lltmtic,n: l..aurencc Erlbaum Associa·
Ics, 1978.

17
un altro punto spiega che. avendo amato durante
l'infanzia una ragazzina dallo sguardo un po' tor-
vo (affetta da strabismo). l'impressione provocata
dalla vista nel suo cen1ello quando guardava i suoi
occhi smarriti gli era rimasta cosi presente che,
anche molto tempo dopo, continuava a sentirsi
incline ad amare persone afflitte dallo stesso
difetto.
Già alla loro apparizione i primi strumenti otti-
ci (camera nera di Alhazen nel X secolo, lavori di
Roger Bacon nel XII, moltiplicazione a partire
dal Rinascimento delle protesi visuali, microsco-
pio, lenti, cannocchiali astronomici...) alterano
gravemente i contesti topografici d'acquisizione e
di restituzione delle immagini mentali, ossia il
bisogna raffigurarsi, tutta la messa in immagini
dell'immaginazione che, secondo Descartes, è di
grande aiuto alla matematica, e che egli conside-
ra come una vera e propria parte del corpo,
verum partem corporis. 7 Proprio nel momcn~o in
cui pretendevamo di procurarci i mezzi necessari
per vedere più e meglio il non-visto dell'universo,
stavamo per perdere la nostra debole capacità di
immaginarlo. Modello delle protesi della vista, il
telescopio proietta l'immagine di un mondo fuori
della nostra portata creando quindi un modo
diverso di muoverci nel mondo, e la logistica della
percezione inaugura un transfert sconosciuto del-
lo sguardo. crea la collisione del vicino e del lon-
tano, un fenomeno d'acce/erazio11e che abolisce la

7. Opere di Dt.-scarte!>. edmonc Adam-Tanncry, voi. X. p.


414. Descartes è lungi dal disprezzare completamente l'immagina-
zione. come troppo spesso è stato affermato.

18
nostra conoscenza delle distanze e delle dimen-
• • H
saom.
Più che un ritorno all'antico, Qggi il Rinasci-
mento ci appare come l'avvento di un periodo di
superamento di tutti gli intervalli. un'effrazione
morfologica che colpisce immediatamente l"effet-
to di realtà: a partire dalla commercializzazione
degli strumenti astronomici e cronometrici, la
percezione geografica si fa con l'aiuto dei proce-
dimenti dell'anamorfòsi. I pittori contemporanei
di Copernico. Holbein per esempio. esercitano
un·arte in cui questo primo smarrimento tecnico
dei sensi acquista un posto preponderante grazie
a interpretazioni ottiche singolarmente meccani-
cistiche. Oltre allo spostamento del punto di vista
del testimone. la percezione completa dell'opera
dipinta può avvenire soltanto con l'aiuto di stru-
menti come cilindri e tubi di vetro, giochi di spec-
chi conici o sferici, lenti d'ingrandimento o altri
tipi di lenti. E l'effetto di realtà diventa un siste-
ma dissociato, un rebus che il testimone sarebbe
incapace di risolvere senza una circola:zione della
luce o delle protesi appropriate. Jurgis Baltrusai-
tis riferisce che i gesuiti di Pechino si servivano di
materiali anamorfici come strumenti di propa-
ganda religiosa per fare impressione sui cinesi
dimostrando «meccanicamente» che l'uomo deve
vivere il mondo come un'illusione del mondo. 11

8. Paul Virilio, L'e.,;pace critìque, Paris, Christian Bourgois.


1984, e l.ogistiqut dt la perttption •Cahicr5 du cinfma .. , Éditions
de l"Étoile, 1984.
9. Jean-Louis Ferrier, Holbe.in. Les ambassadeurs. Paris,
Denoel. 1977.

19
In un celebre brano del Saggiatore, Galileo
espone i punti essenziali del suo metodo soste-
nendo che la filosofia è scritta nel libro immenso
che si tiene continuamente sotto i nostri occhi,
l'universo, e che possiamo capire (umanamente)
solo se in precedenza abbiamo imparato a capire
la lingua e a conoscere i caratteri usati per scri-
verlo, e questo libro è scritto nella lingua della
matematica.
Possiamo immaginarlo (matematicamente)
perché è posto continuamente sotto i nostri
occhi, dal momento in cui si sono aperti alla
luce ... In questa parabola, la durata del visibile
non sembra ancora fermarsi, poiché la geomorfo-
logia è scomparsa o almeno è ricondotta a un lin-
guaggio astratto tracciato su uno dei primi grandi
media industriali (con l'artiglieria, così importan-
te per la divulgazione dei fenomeni ottici).
La celebre Bibbia di Gutenberg è stata stampa-
ta quasi due secoli prima, e l'industria del libro,
con una stamperia in ogni città e moltissime nelle
capitali eu!opee, ha già diffuso a milioni i suoi
prodotti. E piuttosto significativo che questa
«arte di scrivere artificialmente», come viene
chiamata allora, sia anch'essa, già dalla sua appa-
rizione, messa al servizio della propaganda: reli-
giosa con la chiesa cattolica prima, e con la Rifor-
ma poi, ma anche diplomatica e militare, il che in
seguito le procurerà il nome di artiglieria del pen-
siero, in attesa che un certo Marce) L'Herbier
chiami la sua cinepresa rotativa per immagini.
Habitué dei miraggi dell'ottica, Galileo prefe-
riva già. per immaginare il mondo, non formarvi
più direttamente delle immagini, affidandosi

20
invece a un lavoro oculomotore ridotto, quello
richiesto dalla lettura. 111

Già nell'antichità, si poteva constatare una


progressiva semplificazione dei caratteri scritti.
poi della composizione tipografica, che corri-
spondeva all'accelerazione della trasmissione dei
messaggi e portava logicamente all'abbreviazione
radicale del contenuto dell'infòrmazione. La ten-
denza a fare del tempo di lettura un tempo inten-
sivo quanto il tempo verbale è nata dalle necessi-
tà tattiche della conquista militare. e più partico-
larmente dal campo di battaglia, campo di
percezione occasionale. spazio privilegiato della
visione impertinente, degli stimoli rapidi. degli
slogan e degli altri logotipi guerreschi.
Il campo di battaglia è il luogo in cui si spezza il
commercio sociale. in cui l'avvicinamento politi-
co fallisce a vantaggio dell'effetto terroristico.
L'insieme delle azioni belliche ha perciò sempre
la tendenza a organizzarsi a distanza. o piuttosto
a organizzare le distanz~. Gli ordini, la parola
sono trasmessi da strumenti a lunga gittata che
saranno malgrado tutto spesso inaudibili in mez-
zo alle urla dei combattenti, al rumore delle anni
e, in seguito. delle esplosioni e detonazioni. Allo-
ra le bandierine semaforiche. i gagliardetti multi-
colori, gli emblemi schematici sostituiscono i
segnali vocali che vengono meno. costituendo un

10. Lavoro oculomolore: coordinamcnlo dei movimenli del-


l'occhio e del corpo, in particolare la mano.

21
linguaggio delocalizzato che, questa volta. si
riduce a brevi e lontani colpi d'occhio. inauguran-
do la trasformazione in vettori che nel 1794 si
concretizza con la prima linea telegrafica aerea
da Parigi a Lille e l'annuncio alla Convenzione
della vittoria riportata dalle truppe francesi a
Condé-sur-l'Escaut. Lo stesso anno Lazare Car-
not, l'organizzatore delle armate della Rivoluzio-
ne, prendeva atto della rapidità della trasmissio-
ne delrinformazione militare anche all'interno
delle strutture politiche e sociali della nazione,
constatando che. se iJ terrore era all'ordine del
giorno, poteva ben regnare contemporaneamen-
te al fronte e in retrovia.
Un po' più tardi, nel momento in cui la foto-
grafia diventava istantanea. anche_ i messaggi e Ie
parole, ridotti a pochi segni elementari, comin-
ciavano a entrare in collisione alla velocità della
luce: il 16 gennaio 1838 il fisico e pittore di batta-
glie americano Samuel Morse riusciva a inviare
dal suo atelier del New Jersey il primo messaggio
telegrafiço elettrico (la parola. çhe significa scri-
vere a distanza. in quell'epoca era utilizzata
ugualmente per designare certe diligenze e altri
rapidi mezzi di trasporto).
Questa corsa di velocità fra il trans-testuale e il
trans-visuale continuerà fino al sopraggiungere
dell'ubiquità istamanea delraudiovisivo •. altempo
stesso teledizione e televisione. ultimo transfert
che rimette in causa una volta per tutte le vecchi~
problematiche del luogo di formazione delle
immagini mentali e del consolidamento della
memoria naturale.
«I limiti fra le cose scompaiono. il soggetto e il

22
mondo non sono più separati. il tempo sembra
sospeso». scriveva il fisico Ernst Mach. noto
soprattutto per avere messo in evidenza il ruolo
della velocità del suono in aerodinamica. Di fat-
to, il fenomeno te/etopologico è sempre pesante-
mente segnato dai suoi lontani inizi guerreschi,
non aa1 11ici11a il soggetto e il mondo ... ma. alla
maniera del combattente antico. anticipa il movi-
mento umano e supera in velocità qualsiasi spo-
stamento del corpo in uno spazio annientato.
Con la moltiplicazione industriale delle protesi
yisive e audiovisive. e l"utilizzazione incontinente
a cominciare dalla più tenera età di tutti questi
materiali di trasmissione istantanea, si assiste
ormai normalmente a una codificazione sempre
più laboriosa delle immagini mentali, con tempi
di ritenzione in diminuzione e senza grande recu-
pero ulteriore, dunque a un rapido crollo del con-
solidamento mnesico.
E ciò appare naturale. se ci si ricorda a contra-
rio che lo sguardo e la sua organizzazione spazio-
temporale precedono il gesto, la parola, il loro
coordinamento'-·-~~!. _cc;,noscere. riconoscere. fare
conoscere, in qu.~nto immagini dei nostri pensie-
ri' nostri pensieri~- riostre funzioni conoscitive che
ignorano la passività. 11

11. Jules Romains. La ,•ision txlra•rltinie1111e et le se,u parapti·


que, Paris. Gallimard. Questo libro premonitore. del 1920. è stato
ripubblicato nel 1964 . .. 1..e esperienze s.ulla vista c:xtra-rerinica ci
mostrano che cene Ics.ioni dell'occhio (l'ambliopia strabica, per
esempio) provocano nel $0ggcu,1 un rifiuto della coscienza: l'oc-
cbio ha conservato le proprie qualità. l'immagine vi si forma. ma
la coscienza la respinge con sempre maggiore insistenza, a volte
fino alla completa cecità,,.

23
Le esperienze sulla comunicazione nel neonato
sono particolarmente probanti. Piccolo mammi-
fero destinato. a differenza degli altri, a una qua-
si-immobilità prolungata, il bambino sembra
sospeso agli odori materni (seno, collo ... ), ma
anche ai movimenti delJo sguardo. Nel corso del-
l'esercizio di pilotaggio della vista. consistente
nel tenere fra le braccia. all'altezza del viso, fac-
cia a faccia, un bebè di circa tre mesi. e nel farlo
ruotare leggermente da destra a sinistra e da sini-
stra a destra. gli occhi del bambino si «protendo-
no» in senso inverso, come avevano notato con
estrema chiarezza i fabbricanti delle vecchie bam-
bole di porcellana, semplicemente perché il neo-
nato non vuole perdere di vista il volto sorridente
della persona che lo tiene in braccio. Tale eserci-
zio di allargamento del campo visivo è sentito dal
bambino come molto gratificante, egli ride e vuo-
le che si continui. Di sicuro si tratta di qualcosa di
fondamentale, poiché il neonato sta formando
un'immagine comunicazionalc duratura, a partire
dalla messa in movimento del suo sguardo. Come
diceva Lacan, comunicare fa ridere, e quindi il
bambino è in una posizione idealmente umana.
Tullo ciò che vedo è per principio alla mia por-
tata (o almeno alla portata del mio sguardo),
Lçcrillo nella carta del/' «io posso». Con questa
importante affermazione, Merleau-Ponty descri-
ve precisamente ciò che sarà rovinato da una tele-
topologia diventata ordin-aria. L'e·ssenziale di ciò
che vedo non è più, per principio, alla mia porta-
ta e. anche se si trova alJa pbrtata del mio sguar-
do. non rientra più necessariamente nella carta
dell' «io posso». La logistica della percezione

24
-~istrugge di fatto ciò che i vecchi modi di rappre-
sentazione conservavano della felicità originaria
idealmente umana. quell'«io posso» dello sguar-
do che faceva sì che l'arte non potesse essere
oscena. L'ho constatato spesso nelle modelle che
una volta posavano svestite con estrema natura-
lezza e si piegavano alle esigenze dei pittori e
degli scultori. ma rifiutavano ostinatamente di
lasciarsi fotografare. ritenendo che si trattasse di
un atto pornografico.
Un'iconografia sterminata ha evocato la for-
mazione della primissima immagine comunica-
zionale. che è stata uno dei temi principali del-
l'arte cristiana. presentando la persona di Maria
(denominata Mediatrice) come la prima carta del-
l'io posso del bambino-dio. Inversamente. il
rigetto da parte della Riforma della consustanzia-
lità e della prossimità fisica intervengono nel
Rinascimento, quando si moltiplicano gli stru-
menti ottici. .. La poesia romantica sarà una delle
ultime a utilizzare questa sorta di cartografia: in
Novalis, il corpo dell'amata (diventato profano) è
il compendio dell'universo. e questo universo è
solo il prolungamento del corpo detramata.
Con i materiali del transfert non si arriva dun-
que a quell'inconscio produttfro della vista di cui.
ai loro tempi. sognavano i surrealisti a propg,sito
della fotografia e del cinema. ma alla sua inco-
scienza. a un fenomeno di a·nnientamento dei
luoghi e delrapparenza. di cui si concepisce anco-
ra con difficoltà l'ampiezza futura. La morte del-
l'arte, annunciata nel XIX secolo. non sarebbe
nient'altro che un suo primo e temibile sintomo,
anche se si tratta di un fatto che in pratica non ha

25
precedenti nella storia delle società umane,
l'emergenza del modo sregolamentato di cui par-
lava Hermann Raushing, l'autore della Rivolu-
zione del nichilismo. nel novembre 1939, a pro-
posito del progetto nazista: crollo unil1ersale di
ogni ordine stabilito, che a memoria d'uomo non
si è ancora mai visto. Nella crisi senza precedenti
della rappresentazione (senza alcun rapporto con
una qualsiasi classica decadenza), il vecchio atto
del vedere_verrebbe sostituito da uno stato percet-
tivo regressivo, una sorta di sincretismo, una
penosa caricatura della quasi-immobilità dei pri-
mi giorni di vita. poiché ormai il substrato sensi-
bile esiste soltanto come un insieme confuso da
cui sorgerebbero accidentalmente alcune forme,
e odori, e suoni... percepiti più nettamente.
Grazie a lavori come quelli di W. R. Russe! e
Nathan ( 1946). gli scienziati hanno preso coscien-
za della relazione col tempo esistente nei processi
visivi post-percettivi: l'acquisizione de Il 'immagi-
ne mentale non è mai istantanea. è una percezio-
ne consolidata. Ora, proprio questo processo
d'acquisizione viene oggi rigettato e. come molti
altri. la giovane cineasta americana Laurie
Anderson può bellamente dichiarare di essere
una guardona che si interessa solo ai ,Je11agli; per
il resto, «si serve-», dice, «dei computer tragica-
mente incapaci di dimenticare, come di ripostigli
illimitati». '2
Se ci rifacciamo al paragone di Galileo e alla

12. W.R, Russc:I e Nachan. Traumatir: am11esia, Brain. 1946.


Studi sui traumi degli ex combattenti

26
decifrazione del libro della realtà, si tratterebbe
non tanto dell'analfabetismo dell'immagine e cli
quel fotografo incapace di leggere le proprie foto,
ricordati da Benjamin. quanto invece di una
visio11e dislessica. Già da tempo le ultime genera-
zioni capiscono con difficoltà ciò che leggono.
perché sono incapaci di ri-presemarserlo, spiega-
no i professori... Per essi,. le parole non creano
più immagini_, perché, secondo i fotograrr.--i
cineasti del muto, i propagandisti e i pubblicisti
dell'inizio del secolo, le immagini percepite più
rapidamente dovevano sostituire le parole; al
giorno d'oggi. non hanno più niente da sostituire.
egli analfabeti e i dislessici dello sguardo non ces-
sano di moltiplicarsi.
Ancora una volta i recenti studi sulla dislessia
stabiliscono una stretta relazione fra lo stato della
vista del soggetto e il linguaggio e la lettura. Con-
statano un frequente indebolimento della vista
centrale (foveale). bersaglio delle sensazioni più
acute, a profitto di una vista periferica più o
meno stravolta. Dissociazione della vista in cui
l'eterogeneo succede all'omogeneo, facendo in
modo chei come negli stati di narcosi, le serie
d~impressioni visive siano senza significato. non
~mbrino più nostre, esistano semplicemente,
come se questa volta la velocità della luce avesse
avuto ragione della totalità del messaggio.
Se ci interroghiamo sulla luce che non ha
un 'immagine e tuttavia crea le immagini. consta-
tiamo che il condizionamento delle folle con l'au-
silio di stimoli luminosi non data certo da ieri.
Così l'uomo della città antica non è affatto un
uomo di casa. è nelJa strada. tranne quando cala

27
la notte per ragioni di sicurezza. Commercio.
artigianato, sommosse e risse quotidiane. ingor-
ghi. .. già Bossuet si inquieta di questo uomo leg-
gero che non sta mai fermo, non pensa nemmeno
dove va. non sa più molto bene dove si trova. e
presto prenderà la notte per il giorno. Alla fine
del XVII secolo, il luogotenente di polizia La
Reynie inventa gli ~<ispettori alle illuminazioni»
per rassicurare i parigini e spingerli a uscire di
notte. Quando, diventato prefetto di polizia.
lascia l'incarico nel 1697, 6500 lanterne illumina-
no la capitale, subito chiamata dai contempora-
nei ville lumière, poiché «le sue vie sono i11umina-
te tutto l'inverno e perfino col plenilunio». scrive
l'inglese Lister confrontando Parigi con la capita-
le inglese che non gode di questo privilegio.
_A partire dal XVIII secolo la popolazione pari-
gina, diventata cosmopolita. aumenta sempre più:
ormai la capitale viene considerata una t1llova
Babilonia. Oltre al desiderio di sicurezza. l'inten-
sità dell'ilJuminazione segnala la prosperità eco-
nomica delle persone e delle istituzioni. la «sma-
nia di splendore» delle nuove élite - banchierL
appaltatori. nuovi ricchi con origini e carriere
poco chiare - e da ciò il gusto per Je luci brutali,
non addolcite da nessun paralume. anzi amplifi-
cate da giochi di specchi che le moltiplicano
all'infinito. che non sono più specchi ma riflettori
abbaglianti. L·illuminazione a giorno dilaga dai
luoghi in cui essa contribuiva a rendere illusoria
la realtà: teatri, regge, splendidi palazzi o giardini
principeschi. La luce artificiale è in sé uno spetta-
colo offerto a tutti. e rilluminazione pubblica. la
democratizzazione dell'illuminazione. è fatta per

28
ingannare la vista di tutti. Dai tempi dei vecéhi
fuochf d.. artificio a quelli delle illuminazioni del-
l'ingegnere Philippe Lebon. inventore dell"illumi-
nazione a gas, che in piena rivoluzione sociale
apre al pubblico l'hotel de Seignelay per renderlo
giudice del valore della sua scoperta, le vie di not-
te sono piene di una folla che contempla le opere
dei tecnici dell'illuminazione e dei pirotecnici
comunemente chiamati impressionisti. B
Tuttavia. questo sforzo costante per avere «più
luce» porta già a una sorta di precoce infermità.
di cecità, e l'uscita dall'orbita anatomica della
visione e la delega della vista alle retine artificiali
di Niepce assumono qui un preciso significato. 1..
In ql:Jesto regime d'abbagliamento permanente, il
çristallino dell'occhio perde infatti rapidamente il
su_Q potere d'accomodamento. Una contempora-
nea, Madame dc Genlis, governante dei figli di
Philippe Égalité, segnala i guasti causati da tale
abuso d'illuminazione: «Da quando le lampade
sono diventate di moda, i giovani portano gli
occhiali, e non si trovano buoni occhi che fra i
vecchi che hanno conservato l'abitudine di legge-
re e scrivere con una candela schermata».
Il contadino pervertito e pedone di Parigi di
Restif de la Bretonne. osservatore dallo sguardo
acuto di campagnolo, sta facendo posto a un nuo-
vo personaggio, anonimo e senza età, che nelle
strade non cerca più un uom<? come Diogene con
la sua lanterna accesa in pieno giorno. ma la luce

13. M.P. Deriberc. Prlhis10,~ rt hismirt! d~ la lumiere, Pans.


France-Empire. 1979.
14. Corrispondenza con Claudc: Nicpce. 1816

29
stessa. poiché- dove c'è luce, c•è folla. Secondo
Edgar Allan Poe. questo tipo d"uomo abita più
esattamente nella grande città (Londra, in questo
caso), ma dove la ressa è più fitta, e il suo unico
itinerario è quello del flusso umano dovunque
esso vada. dovunque esso si trovi. Tutto era buio
e tuttavia splendente. scrive Poe; l'uomo ha un
unico terrore. quello di essere in pericolo di per-
dere la folla sollo gli strani effetti della luce. la
~apidità con cui questo mondo di luce fugge via ...
E un uomo i cui occhi roteano stranamente sotto
le sopracciglia aggrottate. in ogni senso, verso
tutti quelli che lo circondano. annegati nel flusso
delle immagini. in un movimento in cui incessan-
temente una figura ne inghiotte un'altra, in cui la
deambulazione impedisce di lanciare più di un
colpo d'occhio su ogni viso. Infine. quando l'au-
tore. sfinito dopo ore e ore di inseguimento, si
pianta davanti all'uomo. questi si ferma per un
istante senza nemmeno vederlo. e riprende
immediatamente la sua implacabile corsa. 1~
Nel 1902 anche Jack London. quando si reca a
sua volta a Londra. segue passo dopo passo il
popolo de/l'abisso. Ora l'illuminazione urbana è
diventata una tortura per la massa dei respinti
della capitale dell'Impero più potente del mondo:
la folla dei senzatetto rappresentava più del 10%
della popolazione londinese di sei milioni d'abi-
tanti. e di notte non erano nemmeno autorizzati a
dormire in un parco, sulle panchine o per le stra-
de. Perciò non smettevano di camminare fino

15. Edgar Allan Poe. L'uomo e/elle foll~.

30
all'alba. quando finalmente si permetteva loro di
rintanarsi in luoghi dove nessuno rischiasse di
vederli. 16
Senza dubbio perché gli architetti e gli urbani-
sti contemporanei non sono più di altri sfuggiti ai
disturbi psicotropi. all'amnesia topografica, qua-
lificata dai neurologi come sindrome d' Elpènore
o risveglio incompleto, presto si potrà dire come
Agnès Varda che le città più specifiche portano in
sé la facoltà di essere 11n luogo inesistente ... lo sce-
nario sognato dell'oblio. 17
Cosi nel 1908 Adolf Loos pronuncia a Vienna il
celebre discorso Ornamemo e crimine. In questo
manifesto predica l'uniformazione delfwizionali-
smo integrale rallegrandosi della «grandezza della
nostra epoca che non è più capace d'inventare
una nuova ornamentazione poiché. dice. nella
fabbricazione degli ornamenti si sprecano mate-
riali, denaro e vite umane ... un vero e proprio
delitto in presenza del quale non abbiamo il dirit-
to di incrociare le braccia». Poi verranno gli
«standard di produzione edile irtdustriale» di
Walter Gropius, le architetture effimere del futu-
rista italiano Depero, i licht-burg berlinesi, i
m<Jdulatori spazio-luce di Moholy-Nagy. i refle-

16. Il popolo dr/l'abisso. Reportage di Jack Lundon.


17. La sindrome d'Elpènorc. dal nome di un eroe dell'Odiçs,-a
che cadde dalla terrazza del tempio di Circe. Esercitando gli auto-
m11tismi moturi ordinari del rhwcglio in un luogo in\."Onsucto. il
soggeno era Yittima di un'amnesia topografica ... il fatto si ripete
spes...'io a bordo dei meui rapidi di trasporto. e Vincent Bounel.
segretario generale della SNCF. segnala per esempio numerm;i
incidcnli paragonabili a quello sloriro del presidente Deschancl
che cadde dal treno all'iniz.iu del !ie(.'Olo.

31
ktorische Farblichtspiel di Kurt Schwerdtfegcr nel
1922 ...
Di fatto, l'estetica degli edifici non smette più
di dissimularsi nella banalizzazione delle forme,
nella trasparenza del vetro, nella fluidità dei vet-
tori o negli effetti speciali delle macchine di tran-
sfert o di trasmissione. Quando i nazisti prende-
ranno il potere. pur perseguitando gli architetti e
gli artisti degenerati ed esaltando la stabilità dei
materiali e la persistenza dei monumenti, la loro
resistenza al tempo e all'oblio della storia,
sapranno utilizzare a meraviglia questa nuova
potenza psicotropa a scopo propagandistico.
Ordinatore delle festività naziste del Zcppelin-
Feld e teorico del valore delle rovine, l'architetto
di Hitler, Albert Speer, utilizzò per il congresso
del Partito a Norimberga, nel 1935. centocin-
quanta proiettori della difesa antiaerea. i cui fasci
di luce, diretti verticalmente verso il cielo. forma-
vano nella notte un rettangolo luminoso... A
questo proposito scrive: «All'interno di questi
muri luminosi, i primi del genere, si è svolto il
congresso con tutto il suo rituale ... Ora provo
una curiosa impressione all'idea che la creazione
architettonica più riuscita della mia vita sia stata
una fantasmagoria, un miraggio irreale». 18 Que-
sto «castello di cristallo» destinato a dissolversi
alle prime luci dell'alba. non lasciando altre trac-
ce materiali che dei film e qualche fotografia, era
soprattutto destinato ai militanti nazisti che,

18. Alber1 Spetr. l.e mt>morie del Terzo Reu:h, ed. it. Monda-
dori, Milano 1976, e il Diario di Spanduu.

32
secondo Goebbels, obbediscono a una legge che
non conoscono nemmeno ma che potrebberQ reci-
tare in .sogno.
Partendo da un'analisi «scientifica» della velo-
cità stenografica dei suoi diversi discorsi. il mae-
stro della propaganda hitleriana aveva. sempre
secondo lui, inventato un nuovo linguaggio di
massa che «non aveva più niente a che vedere con
le forme d'espressiot1e arcaiche e sedicenti popo-
lari». E aggiunge: «E l'inizio di uno stile artistico
inedito. di una forma d'espressione animata e gal-
vanizzante».
Si spinge piuttosto avanti, e le sue dichiarazioni
fanno immediatamente pensare a certi futuristi.
come il portoghese Mario de Sa Cameiro (t
1916), che celebrava l'Assunzione delle onde acu-
sticlre:
«Eh! Eh!
«La massa delle vibrazioni sferza ( ... )
«Anch'io mi sento trasmesso dall'aria, a fior di
pelle!».
Oppure a Marinetti, corrispondente di guerra
in Libia, che si ispirava alla trasmissione telegra-
fica~ e a qualsiasi altra tecnica d'amnesia topogra-
fica~ esplosivi, proiettili. aerei, veicoli rapidi...
per comporre le proprie poesie.
I movimenti futuristi europei non sono durati a
lungo, sono scomparsi dopo qualche anno. con
l'aiuto della repressione. In Italia erano stati gli
ispiratori del movimento anarchico e di quello
fascista, e Marinetti era un amico personale del
Duce; tuttavia. tutti vennero rapidamente elimi-
nati dalla scena politica.
Senza dubbio essi mostravano con eccessiva

33
pertinenza la convergenza delle tecniche di
comunicazione e del totalitarismo che si stava
formando di fronte agli «occhi consacrati al Nuo-
vo - occhi ruturisti. cubisti. intersezionisti - che
non cessano di fremere. assorbire. irradiare tutta
la bellezza spettrale, trasferita. succedanea, tutta
la bellezza-senza-supporto. dislocata. emer-
sa ... ». IY
Con la memoria topografica. si poteva parlare
di generazioni della visione e anche di un'eredità
visiva da una generazione all'altra. L'avvento
della logistica della percezione e i suoi vettori di
delocalizzazione rinnovati dell'ottica geometrica
inauguravano invece un 'eugenetica dello sguar-
do, un aborto originario della diversità delle
immagini mentali, della moltitudine degli esseri-
immagini destinati a non nascere più. a non vede-
re più la luce da nessuna parte.
Questa problematica sfuggirà per lungo tempo
agli scienziati, ai ricercatori; gli studi della scuola
viennese, quelli di Riegel e Wieckhoff, si base-
ranno. per esempìo, sulle inferenze fra ì modi di
percezione e il momento in cui essi erano in voga;
ma, quasi sempre, le ricerche si limiteranno a una
socio-economia delrimmagine come era di rigore
in quell'epoca. Nel XIX secolo e durante la prima
metà del XX secolo. gli studi sulle operazioni
mnesiche nell'uomo saranno anch'essi largamen-
te funzionalisti. ispirati soprattutto dai differenti
apprendimenti e condizionamenti animali. e

19 ... Action poétiquc-.. I IO. in\•crno 1987. P~swa ~, te fwuri-


_r;mc 11ort11gai,.

34
anche in questo caso gli stimoli elettrici gioche-
ranno il loro ruolo. Queste ricerch~ saranno
patrocinate da militari e poi da ideologi e da poli-
tici ansiosi di ottenere nell'immediato conseguen-
ze sociali pragmatiche. Così negli anni Venti esi-
ste a Mosca una commissione russa per la colla-
borazione germanico-sovietica nel campo della
biologia delle razze. I lavori dei neuropatologi
tedeschi che soggiornano nella capitale sovietica
volevano per esempio mettere in evidenza. nel-
l'uomo, il «centro del genio» o anche quello del-
l'apprendimento della matematica... Questa
commissione era posta sotto l'autorità di Kalinin,
il futuro presidente del praesidium del Consiglio
supremo dell'Urss (1937-1946).
Un potere fondato sulle oppressioni posturali
fino a quel momento misconosciute prendeva for-
ma tecnicamente e scientificamente, e ancora una
volta il campo di battaglia permetteva la rapida
messa in opera dei nuovi interdetti fisiologici.
Già nel 1916. nel corso del primo grande con-
flitto mediatizzato della storia, il dottor Gustave
Lebcm osservava: «La vecchia psicologia conside-
rava la personalità come qualcosa di estrema-
mente definito, poco suscettibile di variazioni...
questo uomo dotato di una personalità fissa appa-
re ora come una fantasia». 20
E nell'incessante sconvolgimento dei paesaggi
di guerra, constatava che la pretesa fissità della
personalità dipendeva in gran parte. fino ad allo-

20. Doli. Gustave Lebon. E11seig11eme111s psychologiques de la


guerre européenne. Paris. Aammarion. 1916.

35
ra. dalla costanza de//'c,mbiente di vita. Ma di
quale costanza si trattava e di quale altro ambien-
te? Di quello di cui parla Clausewitz, il campo di
battaglia in cui. a partire da un certo grado di
pericolo. la ragione si riflette in un altro modo,
oppure, con maggiore esattezza, di un ambiente
preso di mira in permanenza, intercettato da un
arsenale ottico che andava dalla «linea di rede»
dell'arma da fuoco, cannoni, fucili, mitragliatrici,
utilizzati con un'ampiezza senza precedenti, alle
cineprese. strumenti istantanei dell'informazione
aerea, che proiettano l'immagine di un mondo in
via di smaterializzazione?
Conosciamo l'origine della parola propaganda
- propaganda fide - propagazione della fede. Il
1914 non significava solo la deportazione fisica di
milioni di uomini verso i campi di battaglia. era
anche, con l'apocalisse della deregolamentazione
della percezione, una diaspora di altra natura, il
momento panico in cui la massa americana, euro-
pea, non crede più ai propri occhi. in cui la sua
fede percettiva si trova asservita alla linea di fede
tecnica, ossia alla linea del raggio visivo in uno
strumento di mira. 21
Poco dopo il regista Jacques Toumeur lo verifi-

21. Come Jean Rouch scriverà in seguito, a proposito del


cineasta ruiSo: ali cin~-occhio ~ lo sguardo di Dziga Vcrtov ( ... ).
il sopracciglio sinistro un po· aggrottalo. il naso molto stretto per
non ma!IChcrarc la vi.~ta, lt! p11pille arrtc a J.5 o a 2,9. il fuoco
all'infinito, fino alla vertigine ... al di là dei liOldati d'assalto ..... in
pochi lustri perdevamo «l'oscura fede pttrulliva che pone doman-
de alla nostra vita muta. il miscuglio del mondo e ,li noi l'tessi che
precede la riflessiont». Merleau-Ponly. lt! visible t.t l'im•isible,
Pari1,, Gallimard, 1964.

36
cherà: «A Hollywood ho imparato subito che la
cinepresa non vede tutto, io vedevo t~tto. ma la
cinepresa vede solo alcune parti».
Ma che cosa si vede quando lo sguardo. asser-
vito a questo materiale di mira, si trova ridotto a
uno stato d'immobilità strutturale rigida e quasi
invariabile? Si vedono solo le parti istantanee col-
te dall'occhio del ciclone dell'obiettivo e, da
sostanziale, la visione divema accidemale. Mal-
grado il lungo dibattito intorno al problema del-
l'obiettività delle immagini mentali e strumentali,
il cambiamento di regime rivoluzionario della
visione non è stato chiaramente percepito, e la
fusione/confusione dell'occhio con l'obiettivo e il
passaggio dalla vista alla visualizzazione si sono
insediati senza difficoltà negli usi e costumi. Via
via che lo sguardo si fossilizzava perdeva qualco-
sa della sua velocità e della sua sensibilità natura-
li. mentre le riprese cinematografiche diventava-
no sempre più rapide. Oggi i fotografi, professio-
nisti o no, si accontentano per lo più di
mitragliare. affidandosi alla velocità e agli innu-
merevoli scatti delle loro macchine, abusàndo
della pellicola, preferendo diventare i testimoni
delle loro stesse fotogràfic piuttosto che di una
qualsiasi realtà. Quanto a Jacques-Henri Larti-
gue, che chiamava il suo obiettivo l'occhio della
sua memoria. non aveva nemmeno più bisogno di
guardare nel mirino per fotografare; senza vede-
re sapeva ciò che la sua Leica avrebbe visto.
anche se la teneva col braccio teso, poiché la
macchina si sostituiva al tempo stesso ai movi-
menti dell'occhio e agli spostamenti del corpo.
La riduzione delle scelte mnesiche, creata da

37
tale stato di dipendenza dall'obiettivo, stava
diventando il nodulo in cui si formerà la modelliz;,
zazione della vista e. con essa. tutte le forme pos-
sibili di standardizzazione dello sguardo. Grazie
agli studi sul condizionamento animale, come
quelli di Thorndike e Mac Geoch (1930-1932),
nasceva una nuova certezza: per ottenere un
attributo-bersaglio particolare non è necessario
attivare un insieme di attributi. uno solo può agi-
re in pie,ia indipendenza, e ciò rinnova il proble-
ma, posto di frequente, dell'idemità tran.v-situa-
zionale delle immagini mentali. 22
Già alrinizio del secolo. il campo percettivo
europeo è invaso da certi segni. rappresentazioni,
logotipi. che prolifereranno per venti. trenta, ses-
santa anni, al di fuori di qualsiasi contesto esplicati-
vo immediato, come il loto negli stagni inquinati
che popola. Immagini di marchi geometrici, inizia-
li, sigla hitleriana. silhouette chaplinesca, colomba
azzurra di Magritte o bocca rosso carminio di Mari-
lyn,. persistenza parassitaria che non si spiega sol-
tanto con la potenza della riproducibilità tecnica di
cui si è parlato tanto spesso dal XIX secolo in poi.
Di fatto, siamo di fronte alla conclusione logica di
un sistema che, da parecchi secoli, ha assegnato un
I}!Olo fondamentale alla rapidità delle tecniche di
comunicazione visiva e orale. un sistema d'intensi-
ficazione del messaggio. ·
Più praticamente, Ray Bradbury notava recen-
temente: «I registi bombardano di immagini inve-

22. I lavori di Watkings e Tuh,ing, Episodit; memory•: when


recog11i1ion faiL'i, «Psychological Bulletin•. 1974.

38
ce che di parole, e accentuano i dettagli con truc-
chi foto e cinematografici. .. Intensificando i det-
tagli, si può convincere la gente di qualsiasi
cosa». 2J
L'immagine fàtica - immagine centrata dall'o-
biettivo che forza lo sguardo e traniene l'atten-
zione - è non solo un puro prodotto delle focaliz-
zazioni fotografiche e cinematografiche, ma
anche di un'illuminazione sempre più intensa e
dell'intensività della sua definizione. che non
restituisce che zone specifiche. mentre quasi sem-
pre il contesto scompare nel vago.
Durante la prima metà del secolo, questo tipo
d'immaginazione si diffonderà subito al servizio
di poteri totalitari, politici o economici, nei paesi
acculturati - l'America del Nord - o destrutturati
- Russia o Germania dopo la rivoluzione e la
sconfitta militare, ossia nelle nazioni che si trova-
no in una condizione di minore resistenza morale
e intellettuale. Le parole-chiave dei manifesti
pubblicitari. o d'altro genere. avranno spesso un
colore della stessa luminanza dello sfondo in cui
sono inserite, accentuando così la divergenza fra
il focalizzato e il contesto. l'immagine e il testo,
poiché il testimone deve impiegare più tempo a
decifrare il messaggio scritto, o semplicemente
rinunciarvi a profitto dell'immagine.

Come osserva Gérard Simon, già nel V secolo


lo studio geometrico della vista faceva parte delle

23 . .,LJbération .. , 24 novembre 1987.

39
tecniche pittoriche che gli artisti cercavano di
codificare. Sappiamo anche. grazie a un celebre
brano di Vitruvio. che già nell'antichità essi si
sforzavano di dare, in particolare nelle scenogra-
fie teatrali. l'illusione della profondità. 14
Tuttavia nel Medio Evo. nella rappresentazio-
ne pittorica. lo sfondo diviene superficie. L'insie-
me dei personaggi, i dettagli anche infinitamente
piccoli o. se si preferisce, il contesto, restano su
uno stesso piano di leggibilità. di visibilità. Solo
le dimensioni smisurate attirano su alcuni perso-
naggi importanti l'attenzione del testimone. evo-
cando il loro spostamento in avanti nello spazio.
Tutto è dunque visto in una luce uniforme. un'at-
mosfera trasparente. una luminanza ancora più
accentuata dall'oro delle aureole e degli orna-
menti. Una pittura sacra che stabilisce il paralleli-
smo teologico fra visione e conoscenza, e per la
quale lo sfumato non esiste.
Comincerà ad apparire nel Rinascimento
quando, con gli strumenti onici. si moltipliche-
ranno le incertezze religiose e cosmogoniche.
Dagli effetti di fumosità o di lontananze brumo-
se, si giungerà assai presto alla nozione di non-
finito, alla visione incompiuta della rappresenta-
zione pittorica o della statuaria. Ne.I XVIII seco-
lo, con la moda delle fantasie geologiche e con le
linee tornite dello stile rococò e del barocco,
alcuni architetti, come Claude Nicolas Ledoux a
Salines d' Arc-et-Senans. si sbizzarriscono

24. Gérard Simon. L~ regard, l'etre et l'apparence, Paris. Le


Seuil. 1988.

40
mostrando in contrasto il caos della materia,
l'ammucchiarsi disordinato di blocchi di pietra
che sfuggono all'influenza geometrica del crea-
tore. Nello stesso tempo, si diffonde un accen-
tuato gusto per le rovine reali o simulate dei mo-
numenti.
Circa sessanta anni dopo il caos vince l'insieme
delle strutture delle opere dipinte, la composizio-
11t si scompone. 1 pittori, amici di Nadar, escono
dagli atelier e vanno a sorprendere la vita quoti-
diana alla maniera dei fotografi, con un vantaggio
che non tarderanno a perdere. quello del colore.
In Edgar Degas. pittore e fotografo saltuario,
la composizione si apparenta a un'inquadratura.
un'installazione nei limiti del mirino in cui i sog-
getti appaiono decentrati. sezionati. visti dall'alto
o come in una ripresa dal basso in alto. in una
luce artificiale. spesso brutale. paragonabile a
quella dei riflettori di cui allora si servono i pro-
fessionisti della fotografia. «Bisogna liberarsi del-
la tirannia della natura», scrive Degas a proposito
di un'arte che, secondo le sue dichiarazioni, non
si allarga ma .ri riassume ... un·arte che si intensifi-
ca. E ci si può spiegare meglio l'esattezza del
nome che verrà dato a questa nuova scuola pitto-
rica. in occasione dell'esposizione del quadro di
Monet «Impressione, sole che sorge»: impressio-
11ista, come i pirotecnici fabbricanti di folgorazio-
ni e d'illuminazioni istantanee.
Dalla scomposizione della composizione si pas-
sa a quella delJa vista. Georges Seurat. con il divi-
sionismo, riproduce l'effetto visivo creato dal
«punteggiato>~ dei primi dagherrotipi e applica ai
colori un sistema analogo di punti. Per essere

41
restituita. l'immagine dovrà essere vista a una
certa distanza, e l'osservatore stesso procede alla
sua propria messa a fuoco. esattamente come con
tino strumento ottico, e così la grana della super-
ficie si fonde nelreffetto di luminanza, la sua
vibrazione nell'emergenza delle figure e delle for-
me. E le forme non tardano a disintegrarsi a loro
volta, e presto resterà solo un messaggio visivo
degno dell'alfabeto morse. uno stimolatore reti-
nico in Duchamp e nella Op'art di Mondrian.
Seguendo sempre la stessa logica implacabile.
compaiono gli artisti pubblifili: arriva il futuri-
smo, soprattutto con l'architettura pubblicitaria
di Depero. e poi il Dada nel 1916, e il surreali-
smo. Secondo Magritte, in questo momento la
pittura e le arti tradizionali perdono ogni caratte-
re sacro. Pubblicitario di professione, egli scrive:
«Ufficialmente il surrealismo significa: un'im-
presa pubblicitaria condotta con abbastanza
savoir-faire e conformismo da riuscire bene quan-
to altre imprese alle quali essa si oppone per alcu-
ni dettagli di pura forma. Così. la "donna surrea-
lista" è stata un 'invenzione cretina come la
pin-up giri che oggi la sostituisce ( ... ). Ecco per-
ché sono molto poco surrealista. Per me. questa
parola significa anche .. propaganda" ( una brutta
parola), con tutte le stupidità necessarie al suc-
cesso delle "propagande"».~
Ma il sincretismo e il nichilismo, di cui le tecni-
che della pseudo-società di comunicazione sono

25. Clrato da Gcorgcs Roquc: nd suo saggio su Magrinc e la


pubblicità: Ceri n'est pas un M11gri11e. Paris. Aammarion. 1983.

42
portatrici, esistono anche in Magritte allo stato di
sintomi angoscianti. Per lui le parole sono «paro-
le d·ordine che ci costri11gono a pensare in un cer-
to ordine prestabilito ( ... ) la contemplazione è un
sentimento banale e senza interesse». Quanto al
«quadro perfetto». potrebbe produrre un intenso
effetto solo per una brevissima durata. Dato che,
con la moltiplicazione industriale dei materiali
ottici. la visione umana dell'artista è diventata
solo uno dei tanti procedimenti per ottenere delle
immagini, le ultime generazioni affronteranno
«l'essenza stessa dell'arte», completando così il
proprio suicidio.
Nel 19_68. Daniel Buren spiega a Georges Bou-
daille: <<E curioso accorgersi che l'arte non è mai
stata un problema di fondo. ma di forme ( ... ).
L'unica soluzione sta nella creazione - se si può
ancora usare questa parola - di qualcosa che sia
totalmente scollegato da chi vi sta procedendo,
nella quale egli non abbia messo alcuna carica, in
modo che la cosa non si esprima per nessuno.
Allora la comunicazione artistica è interrotta,
• •'
non esiste p1u ... ». Zt,
Molto prima, Duchamp scriveva: «Non ho mai
smesso di dipingere. Ogni dipinto deve esistere
nella mente prima di essere dipinto sulla tela. e si
perde sempre qualcosa quando lo si dipinge. Pre·
ferisco vedere i miei quadri senza questo fango)).
li pittore fornisce il proprio corpo, diceva Valé-
ry. e Merleau-Ponty ribatteva: «Non si capisce

26. •L'arte non t più giustifkabilc o ì puntini !>ullc i•. Collo-


quio con Daniel Burcn. Conversazione raccolta da Georges Bou•
daille, in «Les leurcs françaisc~ ... marzo 1968.

43
come uno Spirito potrebbe ctipingere». 27 Se l'arte
si pone l'enigma del corpo, l'enigma della tecnica
pone l'enigma dell'arte. Infatti. i materiali della
visione fanno a meno del corpo dell'artista nella
misura in cui è la luce che crea l'immagine.
Ci hanno riempito le orecchie. dal XIX secolo
in poi, con la morte di Dio, dell'uomo, dell'ar-
te ... Si trattava solo della progressiva scomposi-
zione di una fede percettiva fondata. dal Medio
Evo e dopo l'animismo. sull'unicità della creazio-
ne divina, l'assoluta intimità dell'universo e del-
l'uomo-Dio del cristianesimo agostiniano, il mon-
do di materia che si amava e si contemplava nel
suo unico Dio. In Occidente, la morte di Dio e la
morte dell'arte sono indissociabili, e il grado zero
della rappresentazione non fa che portare a com-
pimento la profezia enunciata mille anni prima da
Niceforo, patriarca di Costantinopoli, durante la
lotta iconoclastica: «Se si sopprime J'immagine,
scompare non solo il Cristo ma anche l'intero uni-
verso».

27. Mcrleau-Ponly, L'oeil ~, l'esprit. Paris, Gallimard. 1964.

44
MENO DI UN"IMMAGINE
Verso il 1820, dando alle prime fotografie del
suo ambiente naturale il nome di c<point de vue».
il loro inventore Nicéphorc Niepce si avvicinava
al massimo alla rigorosa definizione del Littré: «li
·•point de vue" è un assemblaggio d'aggetti sui
quali la vista si dirige e si ferma a una certa distan-
za».'
Però. se scrutiamo bene queste prime «scrittu-
re solari» percepiamo. più che gli oggetti appena
discernibili e privi di colore. una sorta di lumi-
nanza, la superficie di propagazione di un'intensi-
tà luminosa. La lastra eliografica non mira tanto
a mostrare i corpi assemblati, quanto a lasciarsi
«impressionare>•, a captare i segnali trasmessi
dall'alternanza della luce e detrombra. dei giorni
e delle notti. del bello e del cattivo tempo. della
«debole luminosità autunnale» che fastidiosa-
mente intralcia Niepce nei suoi lavori. In seguito.
e prima che si giunga a fissare la fotografia sulla
carta. si parlerà dello scintillio della lastra metal-
lica del dagherrotipo.

1. Corrispondenza fra Nicéphore e Claudc Niepce.

47
Il 5 dicembre 1829, nella sua nota sull'eliogra-
fia inviata a Daguerre, Niepce scrive:
«Principio fo11damenta/e di questa scoperta.
«La luce, nel suu stato di composizione e scom-
posizione, agisce chimicamente sui corpi. Viene
assorbita. e si combina con essi comunicando loro
nuove proprietà. Può aumentare la consistenza
naturale di alcuni corpi, e perfino solificarli. ren-
dendoli più o meno insolubili secondo la durata o
l'intensità della sua azione. Questo è. in poche
parole, il principio della scoperta».
A posteriori Daguerre, scaltro uomo di spettaco-
lo che fino alla fine della sua vita sognerà la fotogra-
fia a colori e l'istantanea, si occuperà con molti altri
delJa «messa in immagini» della meccanica eJiogra-
fica, delJa sua leggibilità e del suo sfruttamento.
Interpretazioni artistiche, industriali. politiche.
militari, tecnologiche. feticistiche o d'altro genere.
le ricerche scientifiche come le rappresentazioni
più ordinarie della vita quotidiana verranno a orga-
nizzarsi in maniera inosservata intorno al principio
dell'invenzione di Niepce, della sua fotosensibilità
a un mondo che per lui «era interamente immerso
nel fluido luminoso».
Nel 1863 Legros parla del «Sole della foto».
Mayer e Pierson scrivono: «Impossibile rendere
l'infatuazione quasi vertiginosa da cui fu preso il
pubblico parigino ( ... ) il sole di ogni giorno si tro-
vava puntati contro numerosi strumenti in attesa
della sua apparizione, e tutti, dallo studioso al cit-
tadino comune, si trasformavano in affascinati
sperimentatori». z

2. Mayer e Pierson. La photographie. Histoi" dr sa dicouver-


tr, Paris. 1862.

48
Con la nascita di questo culto solare tardivo, gli
oggetti e i corpi solidi cessavano di costituire il
soggetto centrale dei sistemi di rappresentazione,
a profitto della pienezza di un'energia il cui ruo-
lo. le qualità, le proprietà. non avrebbero più
smesso, da allora in poi. di essere rivelate e sfrut-
tate... anche i fisici del XIX secolo portavano
avanti i loro lavori sull'elettricità e l'elettro-
magnetismo servendosi. come espedienti provvi-
sori, delle stesse metafore di Nicpce.
Nadar nel 1858 esegue la prima fotografia
aerea e mette a punto un'illuminazione elettrica
che gli permette di fotografare di notte, evocando
anch"egli il sentimento della luce che ha la priorità
poiché lo sfavillio del giorno è l'agente di questa
incisione sopran!Jaturale.
Azione soprannalllrale della luce, il problema
cruciale del tempo fermato della posa fotografica
dà alla luce del giorno una misura temporale indi-
pendente da quella dei giorni astronomici. una
separabilità dalla luce e dal tempo che ricorda da
vicino quella che, nella Bibbia, è all'origine delle
virtualità del mondo visibile.
In quel primo giorno. il Dio della tradizione
giudeo-cristiana crea la luce e l'ombra. Aspetterà
il quarto giorno per occuparsi della «luminaria»,
dei pianeti destinati a regolare le stagioni e le atti-
vità dei viventi, per servire agli uomini come pun-
ti di riferimento. segni, misure.
Velocità incommensurabile del tempo prima
del tempo, celebrata nel XVI secolo da numerosi
poeti, molto prima di André Breton, dei surreali-
sti e dei fisici per i quali la Genesi è ridiventata
uno dei temi privilegiati dell'immaginazione

49
scientifica moderna. Poeti misconosciuti. d'acces-
so abbastanza difficile. ora dimenticati a tutto
profitto. abusivo. di quelli della Pléiadc, come
Marin Le Saulx e la sua Théanthrogamie:

C'est la première nuict qui ait veu le solei!


Bianchir son voile noir. de sa bionde
lumière
Je peux dire à bon droict que c'est la nuit
première
Qui ait faict d'un my-nuict un midy nom-
pareil( ... )

Que celte nuict sans nuict puisse accroistre


le nombre
Des autres jours de l'an, ceste nuict soit
sans ombre,
Et esclairc toujours d'un étemel esclair. 3

Nella sua Breve storia della fotografia, Walter


Benjamin ritrova, in quelrutilizzazione dell'i-
stantanea fotografica che è il cinema, lo stesso
principio, e rende conto di tale fenomeno scri-
vendo: «Il cinema fornisce la materia per una
ricezione collctti_va simultanea come da sempre fa
l'architettura>>. E un caso della traduzione?
Quando la sala del cinema è di colpo immersa

3. •È la prima notte che ho visto il sole I Imbiancare il velo


nero, della sua bionda luce I A buon diritto posso dire che: pc:r la
prima notte I Ha fatto della mezzanotte un mezzogiorno senta
pari ( ... ) / Questa notte ~nza notte po~sa accrescere il numero /
Degli altri giorni dell'anno, e sia pri\•a d'ombra,/ E sempre illumi·
ni con un eterno chiarore ...

50
nelroscurità artificiale. la sua configurazione e i
corpi che vi si trovano si cancellano. Il sipario che
maschera lo schermo si alza, ripetendo il rito ori-
ginario di Niepce che apre la finestra della came-
ra oscura alla portata di un tenero e vergine lampo
più importante di tutte le costellazioni offerte al
piacere dei nostri occhi (Tzara).
La materia fornita e ricevuta in maniera collet-
tiva e simultanea dagli spettatori è proprio la
luce. la velocità della luce. Al cinema, più che di
un'indagine pubblica. si può parlare di un"illumi-
nazione pubblica, cosa che nessuna opera d'arte
aveva ancora dato, tranne l'architettura.

Dai trenta minuti con Niepce, verso il 1829, ai


venti secondi circa con Nadar. nel 1860. il tempo
che. nella foto, si esponeva con indipendenza,
scorreva per i suoi praticanti con una lentezza
esasperante.
Disderi scrive: «Ciò che secondo noi resta da
fare( ... ) è aumentare ancora la rapidità; la solu-
zione ultima è ottenere l'istantaneità»} Con la
fotografia la visione del mondo diventava non
solo una questione di distanza spaziale ma anche
di distanza temporale da abolire, una questione di
velocità, d'accelerazione o di rallentamento.
Paragonando ciò che non si può paragonare, i
suoi promotori si erano subito convinti che la
grande superiorità della foto sulle capacità del-

4. André Rouillé. L 'empi~ dt' (1.1 photographit. Paris. Le Syco-


morc, 1982.

51
l'occhio umano consisteva esattamente in tale
specifica velocità che, grazie alla fedeltà implaca-
bile degli strumenti e /omana da/l'azione soggetti-
va e deformante della nwno dell'artista, le permet-
teva di fissare e mostrare il movimento con una
precisione e una ricchezza di dellagli che sfuggono
naturalmellte alla vista.~ Il mondo, «riscoperto»
come un continente sconosciuto. appariva in tut-
ta la «sua verità».
Nell'autunno 1917. Émile Vuillermoz scriveva
a proposito del <<cinema d'arte»: «L'occhio che
tra/ora lo spazio e fissa nel tempo dei quadri ini-
mitabili, e immortala l'istante fuggitivo in cui la
natura mostra il proprio genio ( ... ) quest'occhio è
rocchio dell'obiettivo».
Considerata una prova inconfutabile detresi-
stenza di un mondo oggettivo, l'istantanea foto-
grafica aveva in sé, di fatto, il germe della sua
futura rovina. Se, ai loro tempi, Bacon e Descar-
tes facevano progredire il metodo sperimentale e
discutevano delle abitudini mnesiche come di
strumenti in grado di contribuire all'organizzazio-
ne delle informazioni, non intendevano però con-
cettualizzarle. semplicemente perché si trattava
per essi di procedure familiari che appartenevano
aJ campo dell'evidenza. Ora. moltiplicando le
«prove» della realtà, la fotografia finiva con
l'esaurirla. Quanto più diventava strumentale
(medica, astronomica, militare ... ) e penetrava al
di là della visione diretta, tanto meno il problema
della sua lettura interpretativa dipendeva dal

5. André Rouillé. op. c:il.

52
déjà-vu dell'evidenza oggettiva; tanto più ritor-
nava all'astrazione originaria dell'eliografia. alla
sua primitiva definizione. questa svalorizzazione
dei solidi in cui «si perdono i contorni» (Niepce).
questo farsi avanti del ptullo di , is1a di cui i pittori
1

e gli scrittori come Proust avevano colto la poten-


za innovatrice.
Questa deriva della materia sovraesposta, che
riduceva l'effetto del reale alla maggiore o mino-
re prontezza di un'emissione luminosa, sarà
scientificamente esplicitata da Einstein e dalla
sua «teoria del punto di vista» che stava per dare
vita a quella della relatività. provocando a più o
mc-no lunga scadenza la rovina di tullo ciò che
riguardava le prove esterne di una durata unica
come principio chiaro d'ordinamento degli eventi
(Bachelard). il pe11sare l'essere e l'unicità del/'uni-
"erso della vecchia filosofia della coscienza.
Come sappiamo, le scoperte. da Galileo a
Newton, davano l'immagine di un universo in cui
ogni cosa poteva essere descritta, illustrata,
riprodotta in termini di esperienze e di esempi
concreti, una fede condivisa in un mondo che
funzionava con regolarità sotto i nostri occhi, una
sorta d"incubazione del vedere e del sapere che
poi si sarebbe generalizzata."
Analogamente la fotografia, realizzando i desi-
deri di Descartes, era stata per molti un'arte in
cui lo «spirito» che dominava la meccanica ne
interpretava i risultati, nella buona tradizione
della ragione strumentale.

6. Lincoln Bamcu. 11,e 1mi1•erse und A. Einstein, 1948.

53
Ma al contrario. dato che i progressi tecmc1
della fotografia stessa ne recavano tutti i giorni le
prove. perché non giungere gradualmente alla
conclusione che essendo ogni oggetto solo la
somma delle qualità che gli attribuiamo. l'insie-
me delle informazioni che ne ricaviamo in un
momento o nell'altro. questo mondo oggettivo
non esisterebbe se non cosi come ce lo rappresen-
tiamo, una costruzione più o meno persistente
del nostro spirito?
Einstein spinse questo ragionamento all'estre-
mo, mostrando che lo spazio e il tempo sono for-
me d'intuizione che non si possono separare dalla
nostra coscienza. alla stessa stregua dei concetti
di forma, colore. dimensione eccetera. La teoria
einsteiniana non contraddiceva la fisica classica.
ne mostrava sempJicemente i limiti. quelli dei casi
legati all'esperienza sensibile dell'uomo, al carat-
tere generalmente prossemico che, dal Rinasci-
mento e con più esattezza dal XIX secolo, veniva
minato sordamente dalla logistica della percezio-
ne.
La resa della spiegazione meccanicistica all'evi-
denza matematica sarà attuata progressivamente.
e Max Planck fisserà. nel 1900. la teoria dei quan-
ti. fatto matematico di cui nessuna spiegazione
può rendere conto. Da allora. come faceva nota-
re Sir Arthur Eddington. «ogni vera legge della
natura aveva grandi possibilità di sembrare irra-
zionale all'uomo ragionevole». 7

7. Ricordiamnci degli orologi e delle barre di Einscein: per


esempio. un orologio (a molla. o clessidra) legato a un sistema in
movimento marcia con un ritmo diverso da un omlogio immubile.

54
Questi fatti li si ammetteva con difficoltà poi-
ché andavano non solo contro l'accumulo dei pre-
giudizi scientifici ma anche contro alcune filosofie
e ideologie dominanti.
Si capisce meglio perché la teoria einsteiniana
abbia subito l'interdeuo. perché gli sforzi fatti
per esporla in modo semplice e intelligibile alla
maggioranza siano stati così rari, «limitando e
riducendo la conoscenza su tale argomento a un
piccolo gruppo privilegiato, annientando lo spiri-
to filosofico dei popoli e conducendoli alla più
grave povertà spirituale». scrive il fisico nel 1948.
Einstein. ricordandoci che «non esiste alcuna
verità scientifica», riattualizzava in pieno secolo
degli ingegneri ciò che i poeti e i mistici del XV
secolo come il Cusano chiamavano la dotta igno-
ranza. ossia la presupposizione del non-sapere ma
soprattutto quella del non-vedere. che restituisco-
no a ogni ricerca il suo contesto di base, l'igno-
ranza primt1; e questo, nel momento in cui la pre-
tesa imparzialità dell'obiettivo diventava la pa-
nacea di un a~enale dell'immagine che si at-
tribuisce il dono dell'ubiquità, l'onrriveggenza
del The6s della tradizione giudeo-cristiana, in cui
finalmente sembrava offrirsi la possibilità dello
svelamento di una struttura fondamentale del/' e:;-

Una barra campione (in legno, in meudlo. o un ca\•o). legata a un


sistema in mo.,·imento, modifica la sua lunghezza in rapporto alla
velocità del sistema ( ... ). Se uno spettatore si sposta nello stesso
tempo, non scorgerà alcuna modifiC'r1; ma uno !>pettatore immobi·
le. in rapporto ai sistemi in mo\•imento. constaterà il rallentamen·
to dell'orologio. la contrazione della barra. Queslo comporta-
mento singolare degli orologi e delle barre in movimento è dovu10
al fenomen,l cos1anrc della luce.

55
sere nella sua totalità (Habermas). la sconfitta
definitiva del fanatismo di qualsiasi credo e di
una fede religiosa. che resterebbe soltanto un
vago concetto privato.
Benjamin esulta: «La fotografia prepara il
salutare movimento con cui l'uomo e il mondo
circostante diventano estranei l'uno all'altro,
aprendo il campo libero dove qualsiasi tipo d'inti-
mità cede il posto all'illuminazione dei dettagli».
Questo campo libero è il campo promozionale
superiore della propaganda e del marketing. il
sincretismo tecnologico in cui si sviluppa la mino-
re resistenza del testimone all'immagine fàtica.
Ammettere che per rocchio umano l'essenziale
è invisibile e che. poiché tutto è illusione, la teo-
ria scientifica e l'arte sarebbero solo manipolazio-
ni delle nostre illusioni. si opponeva ai discorsi
politico-filosofici che sviluppavano. col bisogno
di convincere i più, un desiderio d·infallibilità e
una marcata tendenza al ciarlatanismo ideologi-
co. Evocare pubblicamente la formazione delle
immagini mentali, i loro aspetti psico-fisiologici
minati dalla propria fragilità e dai propri limiti,
significava violare un segreto di Stato abbastanza
paragonabile al segreto militare. poiché in esso si
celava un modo di manipolazione delle masse
quasi infallibile.
In via accessoria, si capisce meglio anche l'iti-
nerario di tutta quella folla di pensatori materiali-
sti che passano prudentemente come Lacan dal-
l'immagine al linguaggio e all'«etrc langagier»,
occupando per quasi mezzo secolo la scena intel-
lettuale. difendendola come una città chiusa, vie-
tando qualsiasi apertura concettuale. a furia di

56
sentenze freudo-marxiste o di diatribe semiologi-
che.

Ora che il male è stato fatto, sono state un po'


sepolte le dispute spesso mortali che. fino a un
passato recente. riguardavano i diversi modi di
rappresentazione. durante il periodo nazista in
Germania. in Unione Sovietica. ma anche in
Gran Bretagna e negli Stati Uniti.
Per scoprirne i meccanismi è però sufficiente
leggere i ricordi di Anthony Blunt, piccolo rac-
conto a chiave apparso di recente in Francia gra-
zie a Christian Bourgois. Esperto stimato, profes-
sore e appassionato d'arte. lontano parente della
regina d'Inghilterra. Blunt fu uno dei più notevoli
agenti segreti di questo secolo. al servizio dei
sovietici. Le sue scelte politiche andavano assolu-
tamente di pari passo con revoluzione dei suoi
gusti artistici. con l'idea che egli si faceva dei
sistemi di rappresentazione.
Giovane studente. «l'arte moderna» gli sembra
dapprima un mezzo per appagare il suo odio nei
confronti dell'establishment: in Gran Bretagna.
verso il 1920, Cézanne e i post-impressionisti
sono ancora considerati dei «temibili rivoluziona-
ri». Ma nel corso della sessione universitaria del-
l'autunno J933, il marxismo fa irruzione a Cam-
bridge.
Allora Blunt rivede la propria posizione da
cima a fondo. l'arte non deve più soffermarsi
sugli effe11i ottici, a una visione individuale natu-
ralmente relativistica che porta dei dubbi sulla
leggibilità oggettiva dell'universo e delle inquie-

57
tudini metafisiche. Ormai si qualificherà «rivolu-
zionaria» la fine di ogni logocentrismo. un ,<reali-
smo sociale comunitario e monumentale».
È interessante notare che. nello stesso momen-
to e in risposta alla nazionalizzazione del cinema
sovietico, faceva la sua apparizione in Gran Bre-
tagna una scuola documentarista. anch'essa imbe-
vuta di teorie socialiste allora in pieno sviluppo.
Questo movimento. la cui importanza interna-
zionale doveva poi risultare considerevole. si cri-
stallizzò intorno allo scozzese John Grierson.
Come Walter Lippmann. egli riteneva la demo-
crazia «scarsamente realizzabile senza mezzi tec-
nici d'informazione alla misura del mondo
moderno>,. Dopo un duro periodo _trascorso su un
dragamine durante la grande guerra. Gricrson
era diventato «film officer» dell' Empire Market-
ing Board. organismo fondato nel maggio 1926 e
destinato a favorire il traffico di prodotti dell'Im-
pero. Il cinema costituiva l'ultima sotto-sezione
del servizio «pubblicità e educazione» di questo
gruppo di promozione coloniale. di cui un alto
funzionario. Stephen Tallents, era il segretario.
C'era quindi uno straordinario connubio fra tutti
i sintomi dell'acculturazione: colonizzazione ed
endocolonizzazione. pubblicità e propaganda per
l'educazione delle masse. Del resto. proprio al
Dominion 's Office. e grazie al sostegno di
Rudyard Kipling e di Tallents, gli alti funzionari
di quell'amministrazione e il rappresentante del
Tesoro finiranno per concedere. il 27 aprile 1928,
un anticipo di 7500 lire sterline destinate al finan-
ziamento di un esperimento di propaganda cine-
matografica di cui l'l11g/ri/1erra stessa sarebbe stata

58
l'argomento. Secondo i suoi maestri. questo nuo-
vo documentarismo, sovvenzionato dallo Stato e
concepito come un servizio pubblico. era nato (lo
possiamo immaginare) da un vasto movimento
anti-estctico. e come una reazione contro il mon-
do anistico. Si batteva anche contro il lirismo del
cinema di propaganda sovietico. e soprattutto
contro il Potemki11 di Eisenstein.
Mentre il loro modello Roben Flaherty aveva
realizzato un cinema antropologico che godeva di
un successo universale. questi registi. usciti dalla
guerra di massa del 1914. pretendevano di fabbri-
care un ·antologia della 11isione pubblica. Avevano
capito che la fotografia e il film. poiché sono la
memoria. il ricordo di avvenimenti storici ma
anche di comparse anonime con le quali lo spetta-
tore poteva facilmente identificarsi. provocavano
presso di lui un·cmozionc specifica. Tali immagi-
ni erano quelle del /alllm. della cosa fatta una
volta per tutte. esponevano il tempo. il sentimen-
to dell'irreparabile e, in reazione dialettica, gene-
ravano la volontà violenta di ipotecare il futuro,
invariabilmente indebolita da ogni messinscena
appariscente. da ogni discorso estetizzante.
Nel corso degli anni Trenta. il movimento
documentarista continuerà a essere politicamente
influenzato da uomini come Humphrey Jennings.
uscito fresco dal focolaio rivoluzionario di Cam-
bridge, come il politico comunista Charles
Madges e l'antropologo Tom Harrison. animatori
del movimento di sinistra Mllss Observation
(L'Osservazione di Massa).
Tutti avevano una fede incrollahile in un pro-
gresso tecnico ineluttabile. in ,m «cinema libera-

59
to» dalla sua tecnica e, nen·agosto 1939, Grierson
scrive che «l'idea documentaria deve semplice-
mente permettere a ognuno di vedere meglio». 11
Alla vigilia del secondo conflitto mondiale, la
sanguinosa epopea mediatica della guerra civile
spagnola doveva realmente dimostrare la potenza
di questo cinema d"antologia. I combattenti
repubblicani persero perfino qualche battaglia
perché tenevano a vivere un fedele remake della
rivoluzione russa così come l'avevano vista al
cinema. Assumendo volentieri davanti alle cine-
prese le stesse pose dei loro modelli sovietici. si
sentivano diventare gli attori di un grande film
rivoluzionario.
«La prima vittima di una guerra è la verità».
dichiarava paradossalmente Rudyard Kipling, uno
dei padri della scuola documentarista inglese; e
proprio contro il prindpio di realtà pretendeva di
combattere questo cinema che stava riuscendo a
sostituire il dogma alquanto elitario de li 'obiettività
dell'obiettivo con quello. diversamente perverso.
dell'innocenza della cinepresa.

«La bellezza cambia velocemente, quasi come


un paesaggio che viene di continuo modificato
dall'inclinazione del sole». Ciò che, secondo Paul
Gsell, Rodio affermava in modo empirico, circa
cinquant'anni dopo cominciava a trovare qualche
apparenza di conferma scientifica.

8. L'lngl,ilt~rra ~ il suo ci11~mo • .. cinéma d'aujourd'hui». ll,


febbraio-marzo 1977.

60
A partire dagli anni Cinquanta. nel momento
in cui le grandi ideologie dominanti iniziavano il
loro declino, la fisiologia e la psicofisiologia
abbandonavano quell'atteggiamento metodologi-
co arcaico di cui si stupiva Maurice Mcrleau-Pon-
ty. quel rifiuto dell'abbandono del corpo
cartesia-
no che non era più che un conformismo.
Dagli anni Sessanta in poi. le scoperte si conca-
tenavano nel campo della percezione visuale,
mettendo in evidenza le basi molecolari della
rivelazione della luce, l'intensità della reazione
atrintensità degli stimoli luminosi e della lumino-
sità ambientale, delle molecole. delle luci interio-
ri che <(reagiscono come noi quando ascoltiamo
musica».
Altrove, gli scienziati riscoprono i ritmi biolo-
gici, ben noti da secoli agli allevatori, ai botanici
o ai semplici giardinieri ... e perfino nel VI secolo
prima della nostra era, per esempio, con il filoso-
fo Parmenide, che pensava che le nostre immagi-
ni mentali. la nostra memoria. risiedessero in una
rel.aiione unica all'interno dell'organismo, fra il
caldo e il chiaro o tra il freddo e l'oscuro. Se veni-
va perturbata tale relazione, sopravveniva l'am-
nesia, l"oblio del mondo visibile.
Il professor Alain Reinberg spiega: «Ogni esse-
re vivente si adatta alle variazioni periodiche del-
l'universo, variazioni essenzialmente provocate
dalla rotazione della terra su se stessa in venti-
quattro ore e dalla sua rotazione intorno al sole in
un anno». 9

9. u jour. le- temps. «Travcrses... 35. 1985.

61
Succede tutto come se l'organismo possedesse
degli «orologi» (quale altro nome dare?) e li
rimettesse all'ora e li caricasse in funzione dei
segnali trasmessigli dall'ambiente circostante,
uno di questi segnali essenziali essendo l'alter-
nanza dell'oscurità e della luce. della notte e del
giorno. ma anche del rumore e del silenzio. del
caldo e del freddo. eccetera.
Cosi noi riceviamo dalla natura una sorta di
programmazione ( qui ancora il termine è un
espediente provvisorio) che regola il nostro tem-
po d'attività e di riposo, e ogni organo lavora
diversamente, con maggiore o minore intensità.
al suo tempo. Infatti. netrorganismo sono impli-
cati parecchi orologi che devono adattarsi fra
loro. il più importante sarebbe costituito da una
formazione ipotalamica che si trova sopra il chia-
smo ottico (incrocio dei nervi ottici) e lo stesso
vale per il funzionamento della ghiandola pinea-
le. molto nota agli antichi e ricordata soprattutto
da Descartes, che dipende in gran parte dall'al-
ternanza luce/oscurità.
Insomma, se la teoria della relatività pretende
che gli intervalli di tempo così ben forniti sia dal-
l'orologio che dal calendario non sono quantità
assolute imposte all'universo. intero, lo studio dei
ritmi biologici ce li mostra all'altra estremità.
come una quantità variabile di sensazioni, per le
quali un'ora è più o meno di un'ora, una stagione
più o meno di una stagione.
Tutto questo non ci pone più nella posizione di
«corpo abitante l'universo>, (essere significa abi-
tare, il buan di Heidegger) ma alla maniera di
certe antiche cosmogonie - l'iridologia per esem·

62
pio- come corpi abiuui dal/'u11iverso, /'e.uere del-
/'u,zfrerso.
Le sensazioni non sono solo un modo più o
meno esatto. più o meno gradevole o coerente di
informarci sull'ambiente esterno, un mezzo per
agire. per esistere in esso. o talvolta perfino per
dominarvi; sono invece i messaggeri di un
ambiente interno. altrettanto fisico. altrettanto
relativo. poiché possiede leggi che gli sono pro-
prie. Tale situazione di scambi cessa alla fine del-
la nostra vita organica. e l'universo. che li aveva
emessi prima di noi. continua anche dopo a emet-
tere i suoi segnali.
Con la cronobiologia appare. come in fisica, un
sistema vivente che, contrariamente a quanto
pensavano Claudc Bcrnard e i fautori dell'omeo-
stasi, non possiede una tendenza a stabilizzare le
sue diverse costanti per ritrovare un determinato
equilibrio: è piuttosto un sistema «sempre lonta-
no dall'equilibrio» per il quale. secondo llya Pri-
goginc. l'equilibrio è la morte. (Paolo di Tarso
pensava a un essere in perpetuo divenire. lontano
dalla compiutezza. per il quale l'equilibrio della
ragione somigliava alla morte.) Il superamento
delle distanze. di qualsiasi distanza. esaltato
durante il Rinascimento. sconfinerebbe ancora
una volta in un'abolizione degli intervalli. e il
nostro movimento nel tempo dell'universo ver-
rebbe singolarmente modificato dall'assunzione
di questo interno/esterno sempre lontano dall'e-
quilibrio. proprio nel momento in cui i pensatori
marxisti e altri intraprendono in ritardo un serio
compito di revisione. interrogandosi «sulla per-
versione senza speranza degli ideali dei Lumi e

63
sulla fine di una filosofia della coscienza che pone
un soggetto isolato in relazione con un mondo
oggettivo rappresentabile e manipolabile». Esau-
rimento di una tradizione cartesiana uscita daUa
prima invenzione di una serialità che non riguar-
da più soltanto le forme-immagini ma anche le
immagini mentali, origine della Città e della for-
mazione di gruppi umani a partire dalla costitu-
zione di paramnesie collettive. «ideale di un mon-
do essenzialmente sempre uguale. essenzialmen-
te comune. come protofondazione della forma-
zione del senso (sinnbildw1g) chiamata geome-
tria».10 Di fatto, ognuno vive a modo suo il com-
pimento di un'era.

Il mio amico filosofo giapponese Akira Asada


mi diceva l'altro giorno: «Insomma, le nostre tec-
niche non hanno un futuro. hanno un passato». Si
potrebbe anche dire, un pesante passato!
E stato scritto che il futurismo poteva nascere
solo in Italia, paese in cui solo il passato è at1uale,
e il mediterraneo Marinetti ha sviluppato col suo
gruppo il tema del mol1imento in atto; invece,
numerosi pensatori europei, da bravi continenta-
li, hanno dimenticato la relazione fondamentale
esistente fra téchnè (capacità di fare) e poiéin
(fare), hanno dimenticato che lo sguardo occi-
dentale è stato anche quello dell'antico navigato-
re che evade dalla superficie non rifrangente e

IO. Husserl, L 'origint' dl!lla geomt'tria.

64
direzionale della geometria. verso il mare aperto,
alla ricerca di ~uperfici ottiche sconosciute, diot-
tro di luoghi inegualmente trasparenti. mare e
cielo in apparenza illimitati. ideale di un mondo
per sua essenza diverso, per sua essenza singola-
re. come prntofondazicme della formazione del
senso.
Infatti, essendo un veicolo rapido. la nave è
stata il grande vettore tecnico e scientifico de!-
l'Occidente e. al tempo stesso, un misto in cui si
trovano in iterazione due forme assolute del
potere umano. poiéù, e téchne.
In origine non esiste alcuna carta di navigazio-
ne e non si conosce alcuna destinazione, è nota
solo «la fortuna sfuggente come una prostituta,
che vista di schiena sembra calva». Esposto ai
capricci dei venti. alla potenza delle correnti, il
vascello inaugura una struttura strumentale che,
nello stesso tempo. sperimenta e riproduce in
maniera alquanto evidente il sempre lontano dal-
l'equilibrio del destino. la sua latenza, i suoi
costanti fattori d'incertezza. esaltando, con ciò.
le facoltà di reazione, di coraggio e d'immagina-
zione dell'uomo.
Se secondo Aristotele 110n e.'iiste a/cunll scienzll
dell"accideme. la nave designa, di fronte a quanto
accade. un'altra potenza, quella dell·inesplorato
della défaillance del sapere tecnico, una poetica
dell'"errare. dell'inatteso, del naufragio che prima
di lei non esisteva ... e di fianco. proprio di fianco.
passeggera clandestina. la follia. naufragio inte-
riorizzato della ragione la cui acqua e il cui fluido
resteranno nel corso dei secoli gli utopici simbo-

65
li.' 1 E poiché, per gli antichi greci, -gli dei inco-
stanti non sono che apocalissi. avvenimenti in
movimento. la nave riveste un carattere sacro. è
associata alle liturgie guerriere. religiose e teatra-
li della Città.
Da Omero a Camoens. Shakespeare o Melvil-
le. la potenza del movimento in lllto continua a
essere assimilata a una poetica metafisica, una
sorta di collisione in cui il pittore e il poeta scom-
paiono nella loro opera perché l'opera scompare
nell'universo da essa evocato in quanto l'opera
perfetta provoca il desiderio di viverci. i.? Ma le
«_é!!! _d~I desiderio» occidentale sono delle vele.
remi, tutta un"apparecchiatura, una capacità tec-
nica di fare che. con il perpetuo perfezionamento
dei rapporti mezzi-fine e col movimento delle
stesse regole. non smettono di rimuovere quelle,
imprevedibili, dell'accidente poetico.
Da Galileo, che punta il cannocchiale verso
l'orizzonte marino e i vascelli della Repubblica di
Venezia prima di rivolgerlo verso il cielo. fino al
XIX secolo. con lo yacht di William Thomson e la
sua misura relativa del tempo. cinetismo, corren-
te, onde. continuo e discontinuo. vibrazioni e
oscillazioni. .. tichne e poiein funzionano insieme,
e Je metafore marittime restano uno stimolante
che contribuisce al superamento delle impossibi-

li. J.-J. Vernant. La mori dans /es W."IU. Paris. Hachenc.


1986. A proposito della Medusa. la prossimità dell"impero del ter-
rore. della follia furiosa e dell'ispirazione. e Pegaso che na'ice dal-
la Gorgone decapitala.
12. François Cheng. Vide et plein. L~ /011gage pi,·tural t·hi11ois.
Paris, Le Seuil, 1979.

66
lità fisiche e matematiche incontrate dai ricerca-
tori che, secondo respressione consacrata, «navi-
gano nei mari inesplorati della scienza» e spesso
sono anche musicisti, poeti. pittori, artigiani
geniali, navigatori.
Paul Valéry scrive: «L'uomo ha allargato mol-
to più i mezzi di percezione e d'azione che i mezzi
di rappresentazione e di accumulazione». I futu-
risti italiani ritengono che gli ultimi mezzi d'azio-
ne sono al tempo stesso mezzi di rappresentazio-
ne: ogni veicolo o vettore tecnico è un'idea, una
visione dell'universo più che la sua immagine.
Nuova fusione/confusione della percezione e del-
l'oggetto che già prefigura le performance video-
grafiche e infografichc della simulazione analogi-
ca. raeromitologia italiana, con l'aeropoesia pre-
sto seguita, nel 1938, dall'aeroscultura e dall'aero-
pittura. rinnova il misto tecnico delle origini. l'ae-
reo o ancora meglio l'idrovolante che soppianta il
vascello della mitologia marittima.
Gabriele o· Annunzio dedica al suo amico il
recordman Pinedo un breve testo che celebra la
con.ru11guineità dell'uomo e dello strumemo; lo
intitola L'ala di Francesco de Pinedo contro la
ruota della fortuna: «Il modello veneto della nave
da guerra e da mercanzia pendeva su le nostre
teste. E io. che come te sono aviatore e marinaio.
non seppi dinanzi a te frenare la mia allegrezza
quasi puerile nel noverar contro la fortuna i tuoi
strumenti di bordo ... piacendo a me tu come al
Fiorentino piaceva Agatocle siciliano che nel suo
mirabile corso nulla mai dovette alla fortuna ma
tutto a sé medesimo: tutto alla sua sagacia, alla
sua audacia, alla sua costanza( ... ). alla sua arte:

67
all'arte di resistere, d'insistere, di vincere». 1.1
Dopo parecchie spedizioni avventurose, guer-
riere e sportive. il marchese de Pinedo finirà con
l'uccidersi nel settemhre del 1933. proprio men-
tre stava decollando per tentare di battere il
record di distanza di volo i11 linea retta.
La traiettoria della performance motrice ha
sostituito l'itinerario aleatorio del viaggio origi-
nario, e con esso scompare. in gran parte, rantica
attrazione per l'enigma dei corpi tecnici che. fino
a un'epoca recente, non era mai stato totalmente
assente dalla loro plasticità, dal loro uso, dall'im-
maginario della loro bellezza.
«Quando funziona è già superato!». Formulata
nel corso dell'ultimo conflitto mondiale. la cele-
bre massima dell'ammiraglio Mountbattcn, che
aveva allora l'incarico di dirigere la ricerca bri-
tannica in materia d'armamenti. segnala l'irresi-
stibile avanzata di una mitologia ultima. quella
della tecnoscienza - dell'armamento della scienza
- una mescolanza introvertita in cui l'origine e la
fine entrano in collisione, un gioco di prestigio
col quale il navigatore inglese evacua la potenza
innovatrice dell'antico poiéin a profitto della
dinamica della follia e del terrore che resta l'ulti-
mo e sempre clandestino compagno di viaggio
della tecnica.
Ancora una volta il dibattito che circonda l'in-
venzione dell'istantanea fotografica non è estraneo
alla formazione di quesfultimo ibrido perché. fin

13. Francesco dc Pincdo. Il mio ~·,1/0 uttrOl't'rso l'Atlantico t lt'


d11e Americhe. Milano. Hoepli, 1928,

68
dall'inizio del XIX secolo. ha radicalmente meta-
morfosato l'assenza stessa dei sistemi di rappresen-
tazione che. per molti artisti e appassionati. conti-
nuavano ad avere il fascino del mistero o di una
sorta di religione (Rodin). Ben prima dell'immi-
nente trionfo della logica dialettica. le arti si avvia-
no già con metodo verso una sintesi. un superamen-
to delle opposizioni esistenti fra tecnica e poiéin.
lngrcs. Millet. Courbet e Delacroix si servono della
fotografia come «punto di riferimento e di raffron-
to». Gli impressionisti, Monet. Cézanne. Renoir,
Sisley. si fanno conoscere esponendo nell'atelier
del fotografo Nadar e si ispirano ai lavori scientifici
del suo amico Eugène Chevreul. soprattutto alla
sua opera pubblicata nel 1839: La legge del contra-
sto simultaneo dei colori e I'assortime11to degli
ogge11i colorati in base a qllesta legge nei Slloi rap-
porti con la pitt11ra. 1"
Quanto a Degas. che considera il modello. la
donna. «come un animale» (da laboratorio?). assi-
mila oscuramente la visione dell'artista a quella
dell'obiettivo: «Finòra. il nudo è sempre stato rap-
presentato in pose che prtsuppo11gono "" pubbli-
co». Degas pretende semplicemente di ((sorpren-
dere» i modelli per presentare un documento irrigi-
dito quanto un "istantanea. un documemario e nello
stesso tempo un dipinto in senso stretto.
All'inizio del XX secolo. con i futuristi e Dada.
si \'a verso una spersonalizzazione totale della
cosa mostrata ma anche di chi la guarda. e il gio-

14. Anche: Huyg.eru.. con la sua ipotesi delle ondulazioni lumi-


nose. esercitò una grande influenza sull'arte: imprcs.-.ionista.

69
co dialettico fra arti e scienze scompare progressi-
vamente a profitto di una /ogic11 purt1dossa/e che
prefigura quella. delirante. della tecnoscienza.
Del resto, già nella massima di Mountbatten si
può trovare una lontana spiegazione della nozio-
ne decisiva di avanguardia artistica e intellettua-
le. ben diversa da quella di modernità, di cui si
trova traccia già nell'antichità egizia.
Nel momento in cui i diversi sistemi di rappre-
sentazione tradizionali sono sul punto di perdere
la loro «perfettibilità», le loro capacità specifiche
d evoluzionc e di cambiamento. Adolf Loos si
0

compiace di paragonare revoluzione della cultu-


ra alla marcia di un esercito con una maggioranza
di ritardatari: «Può darsi che io viva nel 1913».
scrive. «ma uno dei miei vicini vive nel l9(X) e un
altro nel 1880... mentre il contadino delle alte
valli del Tirolo vive nel VII secolo».
Nel momento stesso in cui sono attaccate da
Marcel Duchamp. infatti. le avanguardie europee
si spostano di città in città. e perfino da continen-
te a continente. come un esercito. al ritmo del-
l'industrializzazione e della militarizzazione. dei
progressi tecnici e scientifici. come se l'arte fosse
diventata solo un utilissimo trasporto dello sguar-
do. da una città atraltra.
Dopo la disfatta napoleonica, Londra e la Gran
Bretagna (paese del vapore e della velocità indu-
striale) prendono il posto classico dell'Italia e della
Città Eterna come luoghi di pellegrinaggio artisti-
co. prima di essere soppiantate da Parigi e dalla
Francia (paese della fotografia. del cinema e dell'a-
viazione) ... seguite da New York e dagli Stati Uni-
ti. trionfatori dell'ultimo conflitto mondiale.

70
Oggi il \'alore strategico del non-luogo della
velocità ha dcfinitiv.imente soppiantato quello
del luogo. Con l'ubiquità istantanea della teleto-
pologia. il faccia a faccia immediato di tutte le
superfici rifrangenti, la messa in contatto visuale
di tutte le località, il lungo errare dello sguardo
\'olge al termine: per la nuova sfera pubblica il
latore poetico non ha più alcuna ragione di esse-
re. le «ali del desiderio» dell'Occidente si ripiega-
no inutili. e la metafora annunciata da Adolf
Loos nel 1908 assume un altro senso. La separa-
zione fra passato, presente e futuro. qui o laggiù.
ha ormai solo il significato di un'illusione visuale.
anche se. come scrive Einstein alla famiglia del
suo amico Michele Besso, essa ha la nuca rigida.
Lo aveva annunciato Malevitch già all'inizio
del secolo: «L'universo si muove nel turbine di
un 'agitazione senza oggetto. Anche l'uomo. con
tutto il suo mondo oggettivo. si muove nelrinde-
finito del senza oggetto».
Malevitch. Braque. Duchamp, Magritte ....
come un movimento compensatore e via via che il
monopolio delrimmaginc sfuggiva loro di mano,
coloro che continuavano a fornire l'apporto del
proprio corpo. pittori o scultori, sviluppavano un
vasto lavoro teorico che farà di loro alla fine gli
ultimi autentici filosofi. poiché la loro visione
naturalmente relativistica delrunivcrso permette-
rà loro di precedere i fisici in nuovi apprendimen-
ti delle forme. della luce e del tempo.

71
L'IMMAGINE PUBBLICA
Molto tempo dopo che il Re Sole ebbe lanciato la
sua parola d·ordine a Colbert. c<clarté et sureté», e
molto tempo prima che Rosenberg. il teorico del
nazismo, enunciasse la sua massima insensata,
«quelli che sanno tutto non hanno paura di niente>>,
la Rivoluzione francese ha fatto dell'illuminazione
dei particolari un mezzo di governo.
L'onniveggenza. rambizione totalitaria del-
rOccidente europeo. può apparire qui come la
formazione di un'immagine intera per mezzo del-
la rimozione delrinvisibile. e siccome tutto ciò
che appare. appare nella luce, e il visibile è l'ef-
fetto reale e immediato di un'emissione lumino-
sa, possiamo dire che la formazione di un'imma-
gine totale è tributaria di un'illuminazione che,
con la velocità delle proprie leggi, arriva ad
annullare progressivamente quella diffusa all'ori-
gine dall'universo. non soltanto sulle cose ma.
come abbiamo visto. nei corpi.
Cosi, la sera del «primo giorno>, della Rivolu-
zione del '48, alcuni testimoni segnalano che in
parecchie zone di Parigi e per decisione autono-
ma si sparava con accanimento sugli orologi pub-
blici. D'istinto, si voleva fermare il tempo nel

75
momento in cui l'oscurità naturale stava per
manifestarsi.' «L ·obbedienza alle leggi non è
affatto chiara». affermava Louis de Saint-Just.
uno dei teorici dell'effetto-terrore. Con l'inven-
zione tipicamente francese del terrore rivoluzio-
nario. terrore ideologico ma anche terrore dome-
stico. il genio scientifico e filosofico del paese dei
Lumi e della ragione ragionante si è capovolto in
un fenomeno sociologico di paura panica. il
momento in cui la polizia rivoluzionaria sceglie
come simbolo un occhio, e la polizia invisibile, il
poliziotto spione. sostituiscono la forza di polizia.
visibile e dissuasiva; il momento in cui Foucher.
rex monaco oratoriano. confessore di anime col-
pevoli, installa una camera oscura di altro tipo. la
famosa cella in cui sarà decifrata e rivelata la cor-
rispondenza dei cittadini sospetti. Investigazione
poliziesca che pretende di fare luce nello spazio
privato. come in precedenza erano stati illuminati
i teatri, le vie. i viali dello spazio pubblico. otte-
nendo con l'eliminazione delle sue oscurità
un'immagine totale della società. Investigazione
permanente perfino all'interno delle famiglie, per
fare in modo che ogni notizia, ogni informazione
comunicata possa risultare pericolosa, ma di\'enti
anche arma personale in grado di paralizzare cia-
scuno nel timore mortale degli altri, della loro
tendenza inquisitoria.
Ricordiamo che alla vigilia di quei momenti di
terrore, nel settembre 1791. J' Assemblea costi-

1. Citato da Walter Bcnjamin in L 'homme. le langage et la


culturr, Paris. Denoel/Gllnthicr.

76
tuente, che il mese seguente sarebbe scomparsa.
aveva istituito una Giuria criminale. una giustizia
in cui i cittadini giurati acquisiscono. con il potere
di condannare a mone senza appello (non esiste-
va un doppio grado giurisdizionale). un'autorità
sovrana. Così. il potere concedeva al popolo e ai
suoi rappresentanti un'infallibilità paragonabile a
quella del monarca di diritto divino che esso
doveva sostituire... una giustizia pubblica che
avrebbe presto subito le conseguenze delle tare
descritte da Montaigne due secoli prima: «Mare
fluttuante delle opinioni... in preda a una peren-
ne agitazione ... dettata da usi che accolgono
indifferentemente qualsiasi cosa ... ».
Curiosamente questa doppia preoccupazione
atavica dell'effetto-terrore. al tempo stesso non-
detto e desiderio totalitario d'illuminazione.
aU-opera con eccesso in Fouché o Talleyrand,
continuerà a riapparire dopo. molto tempo dopo.
come sapere terrorizzante e terrorizzato in Lacan
e nel suo Non ve lo faccio dire!, e nel Michel Fou-
cault della Nascita della clinica e di Sorvegliare e
pu11ire o anche in Roland Barthes, l'autore di La
camera chiara oltre che ispiratore della mostra
«Cane e figure della Terra» al Centro Georges
Pompidou, il quale. a conclusione di una vita di
malattia e d'angoscia. scriverà: «La paura è stata
la mia passione».
Si possono fare commenti a non finire sulla
« Dichiarazkme dei diritti dell'uomo e del cittadi-
no» o sulla conquista del potere da parte della
democrazia militare-borghese, ma sarebbe anche
opportuno non considerare la rivoluzione popo-
lare facendo astrazione dai suoi mezzi. dai suoi

77
materiali ordinari. dalle sue depredazioni. L·acci-
dente sociale della rivoluzione parla di una morte
banale. talvolta ignominiosa. ma al di là di ciò.
ne) campo di battaglia interiore, il disprezzo mol-
to guerriero per il vivo e per l'altro è presente nei
due fronti. E si comincia a diffondere. in seguito
alle vittorie delle armate rivoluzionarie. la nuova
visione materialistica che nel XIX secolo sconvol-
gerà l'insieme dei sistemi di rappresentazione. di
comunicazione. Nel 1789 la rivoluzione profonda
è là, neJl'invenzionc di uno sguardo pubblico che
aspira a una scienza spomanea. una sorta di sape-
re allo stato grezzo. per cui ognuno diventa per
gli altri. alla maniera dei sanculotti. un benevolo
inquirente o. meglio ancora. una mortale Gorgò.
In seguito Benjamin si rallegrerà <<degli spetta-
tori del cinema diventati esaminatori, ma esami-
natori che si distraggono>}: la cosa può sembrare
meno brillante invertendo i termini, poiché allora
si tratterebbe di un pubblico per il quale l'inchie-
sta e l'esame si sono trasformati in una distrazio-
ne. Dal terrore sorge una serie di atti, di manife-
stazioni caratteristiche di una nuova passione.
impiccagioni alla lanterna, esposizione delle teste
dei decapitati in cima alle picche. invasione dei
palazzi e delle regge, affissione obbligatoria dei
nomi degli abitanti sulle porte degli edifici,
distruzione detJa Bastiglia, profanazione dei luo-
ghi di culto e dei conventi. esumazione dei cada-
veri ... non esiste più niente di sacro perché più
niente deve essere inviolabile, è la caccia all'oscu-
rità, la tragedia provocata dal desiderio di luce
spinto al suo estremo limite. Pensiamo alle curio-
sità del pittore David, membro delJa Convenzio-

78
ne. alla sua attrazione per i corpi delle vittime del
patibolo, al sordido episodio seguito all'esecuzio-
ne di Charlotte Corday, versante nero del suo
celebre quadro Marat morto. Comunque Marat.
«amico del popolo» e maniaco della delazione.
non aveva forse presentato nel marzo 1779,
all'Accademia delle scienze, una memoria intito-
lata «Scoperte del sig. Marat sul fuoco, l'elettrici-
tà e la luce». in cui attaccava in particolare le teo-
rie di Newton?
li periodo della rivoluzione francese si preoccu-
pava molto dell'illuminazione, osserva il colon-
nello Hcrlaut. Infatti, come abbiamo visto, il
pubblico provava l'immenso bisogno di avere
altre luci, diverse da quella del giorno, luci che,
come quelle delle città. non sarebbero più state
legate alla natura o al Creatore, ma all'uomo che
illumina l'uomo (nel momento in cui l'essere del-
l'uomo diventa il suo stesso soggetto di studio,
l'oggetto di un sapere positivo [Foucault]). La
crescita del quarto potere è là, nel miraggio urba-
no delle luci che sono solo l'illusione di ciò che si
mostra.

«È preferibile essere un occhio». dirà Aaubert,


riprendendo il motto della polizia rivoluzionaria.
Di fatto, con la rivoluzione appare la collusione
fra il letterato. l'artista e l'uomo della stampa, il
giornalista inquisitore e delatore: Marat o il
«·Père Duchesne» hébertista, che mira ad attirare
l'attenzione della maggioranza con l'aneddoto. il
fatto di cronaca, il delitto politico o sociale.
Infatti, malgrado i suoi deliri. il giornalismo

79
rivoluzionario pretende di illflmi11nre l'opinione
pubblica. fare delle rivelazioni, andare al di là
delle apparenze ingannatrici. dare progressiva-
mente a ogni mistero una spiegazione convincen-
te, come esige il popolo degli esaminatori.
Nel 1836 si fa avanti un nuovo partner e si for-
ma un cartello decisivo: grazie a Emile de Girar-
din, la stampa conosce finalmente la grande tira-
tura sfruttando razionalmente l'introito della
pubblicità e riuscendo così ad abbassare il prezzo
degli abbonamenti. E nel 1848, mentre si conclu-
de la rivoluzione romantica. nasce il romanzo
d'appendice.
Lo stesso anno Baudelairc parla dei grandi
autori del XVIII e dell'inizio del XIX secolo,
Diderot, Jean Paul. Laclos, Balzac ... , della loro
preoccupazione per un perpetuo soprannaturali-
smo, dovuto alla dimensione primitiva della loro
ricerca, al nuovo spirito inquisitorio, una mentali-
tà da giudice istruttore. Sulla scia dei precursori.
come Voltaire che conduce inchieste su numero-
se vicende criminali (riabilitazione di Calas e
Sivem. caso Lally Tollendal.. .. ). Stendhal pub-
blica senza successo nel 1830 // Ro.~so e il Nero,
solo due anni dopo l'affare Berthet che tanto
scalpore aveva suscitato nella stampa di Greno-
ble.
Con naturalezza, dopo la stampa delatrice. il
pensiero scientifico, allora in pieno movimento
oggettivistico. imporrà i propri metodi e i propri
standard alla nuova letteratura inquisitoria. Ciò è
particolarmente chiaro in Balzac, interessato alla
percezione poliziesca della società. al coordina-
mento dei rapporti di polizia, ai racconti di

80
Vidocq e, nello stesso tempo. alla paleontologia.
la legge di subordinazione degli organi. quella
della correlazione delle forme di Cuvier ... prima
di meravigliarsi per l'«ultima grande scoperta».
quella dell'impronta fotografica ( vedi Il cugino
PO!IS, 1847).
E stato ingiustamente affermato che Un affare
tenebroso è il primo romanzo poliziesco. Comun-
que per Edgar Allan Poe, che conosceva bene
l'opera di Balzac. l'inquirente ideale doveva esse-
re necessariamente francese. come Descartes.
Benché non si fosse mai recato a Parigi. l'autore
della Leuera rubata era molto al corrente di
quanto succedeva. e il suo Charles-Auguste
Dupin. modello di ogni futuro detective di
romanzo. non era altri probabi!mente che Char-
les-Henri Dupin. allievo dell'Ecole Polytechni-
que e ricercatore francese. Quanto all'esempio
cartesiano, si sa che l'autore del Discorso sul
metodo aveva intrapreso il compito di sbrogliare
psicologicamente la matassa di una vicenda crimi-
nale nella quale era implicato un suo vicino. Ne
fa allusione nel gennaio f646 in una lettera a
Huygcns.
Flaubert porterà fino all'estremo l'innovazione
romanzesca dello studio analitico. e Guy de Mau-
passant scriverà nel suo studio sullo scrittore:
«Cominciava immaginando alcuni tipi e, proce-
dendo per deduzione. faceva compiere a quegli
esseri le azioni caratteristiche che essi dovevano
fatalmente compiere. con una logica assoluta fon-
data sul loro temperamento».
La strumentalizzazione dell'immagine fotogra-
fica non è estranea a questa mutazione letteraria.

81
Infatti, prima di formare l'enciclopedia fotografi-
ca dei suoi contemporanei illustri. Nadar, che
aveva fatto parte dei servizi d'informazione fran-
cesi. si era interessato assieme al fratello ai lavori
del celebre neurologo Duchcnne, che basandosi
su documenti fotografici stava preparando un'o-
pera poi pubblicata col titolo Meccanismo della
fisionomia umana, o analisi e/e11ro-f,siologica del-
l'espressione delle passioni. Siamo nel 1853 e
Maclt1me Bovary apparirà quattro anni dopo.
Flaubert smonta il meccanismo delle passioni alla
maniera di Duchcnne e non lascia aleggiare alcun
dubbio sui metodi seguiti: prima di fissare i cano-
vacci dei suoi «romanzi d'analisi di casi psicologi-
ci». come li definisce. e «siccome tutto ciò che si
inventa è vero», egli procede a minuziose inchie-
ste. a interrogatori che arrivano perfino a carpire
confessioni imbarazzanti. come nel caso di Loui-
se Pradier. Con lo stesso spirito, riterrà legittimo
reclamare al suo editore Michel Lévy la somma di
4000 franchi per le spese d'inchiesta di Sa/am-
mb6.
Ma al di fuori dei suoi aspetti documentari e
libellistici. la vera arte di Flaubert fa riferimento
allo spettro della luce. Per lui l'organizzazione
delle immagini mentali è una sintesi sottrattiva
che confluisce in una unità di colore, dorato per
l'esotica Salmnmbo. ammuffito per Bovary, colo-
re della provincia e appannato come il pensiero
romantico operante in Francia dopo la rivoluzio-
ne del 1848.
Ciò che si potrebbe chiamare il quadro concet-
tuale del romanzo si trova dunque volontaria-
mente ridotto alla codificazione di uno stimolo

82
preponderante, quasi incondizionato, un attribu-
to-bersaglio destinato ad agire al di fuori della
scrittura stessa, e che dovrebbe condurre il letto-
re a una sorta di «restaurazione ottica» del senso
dell'opera.
Siamo assai vicini all'impressionismo, e il suc-
cesso scandalistico di Madame Bovary annuncia
quello dell'exposition des refusés presso il foto-
grafo Nadar.
Nel frattempo Gustave Courbet indicava Géri-
cault (assieme a Prudhon e Gros) come uno dei
tre grandi precursori della nuova arte viva,
soprattutto per via della sua scelta di argomenti
contemporanei.
Nel 1853 anche Gustave Planche. nei suoi
Ritratti d'artisti. rende omaggio all'opera dimenti-
cata del pittore della Medusa. «Il suo messaggio»,
osserva Klaus Berger. «nessuno aveva avuto inte-
resse, dopo la sua morte avvenuta nel 1824, a far-
lo conoscere, e meno di tutti i romantici, per
esempio Delacroix che doveva i suoi inizi al gio-
va ne Géricault».~
Géricault emerge dall'oblio nel momento pre-
ciso in cui gli esperti della fotografia sognano
l'istantaneità assoluta e quando il dottor Duchen-
ne di Boulogne, facendo passare della corrente
elettrica nei muscoli facciali di soggetti sottoposti
a esperimento. pretende di cogliere fotografica-
mente il meccanismo dei loro movimenti. Di col-
po il pittore è trasformato in precursore perché.

2:. Klaus Berger. Gérimull et .mr, ~m·rr. Pari:r., Flammarion,


196-8.

83
molto prima che il procedimento Daguerre venga
rivelato al grande pubblico, la condensazione del
tempo che è l'istantanea visiva ha appassionato la
sua breve vita, e molto prima degli impressionisti
egli ha considerato la ,•isione immediata come un
fine in sé, ossia come l'opera stessa, e non come
un eventuale punto di partenza per una pittura
accademica «più o meno mummificata».
L ·arte viva di Géricault è già l'arte che sta per
condensarsi di cui in seguito parlerà Degas.
un'arte che si riassume in tutto ciò che. a partire
dal XIX secolo, viene comunicato e trasferito a
una velocità incessantemente crescente.

Nel 1817 Géricault entra in contatto con alcuni


medici e infermieri dell'ospedale Beaujon, vici-
nissimo al suo atelier. Gli forniranno dei cadave-
ri, delle membra tagliate. e gli permetteranno di
frequentare le corsie per seguire tutte le fasi della
sofferenza. gli attacchi dell'agonia nei malati più
gravi. Conosciamo anche i suoi rapporti col dot-
tor Georget. fondatore della psichiatria sociale,
oltre che esperto in tribunale.
Dietro istigazione del celebre alienista realizze-
rà nel corso dell'inverno 1822 i suoi «ritratti di
pazzi». che serviranno da materiale dimostrativo
per gli allievi e gli assistenti del medico. «Trasmu-
tazione della scienza in una serie di ritratti elo-
quenti». come è stato detto. o piuttosto uno svia-
mento da parte dell'artista del segno clinico a
profitto dell'opera dipinta, che diventa così un
documentario. un'immagine carica d'informazio-
ni. uno sviamento di quella particolare percezio-

84
ne a .mngue.freddo che permette al medico, al chi-
rurgo, di scoprire il male col solo uso dei sensi e
con la rimozione di qualsiasi emozione dovuta
all'effetto del terrore. della repulsione o della
pietà.J
Qualche tempo prima Géricault. sempre spinto
dalla sua passione per l'immediatezza, aveva pro-
gettato di dipingere un fatto di cronaca recente.
Per un po' si interessa all'affare Fua/dès. divulga-
to dai giornali e dalle stampe popolari. Perché
scelse poi la tragedia della Medusa? Personal-
mente trovo sorprendente che il nome della nave
che ha fatto naufragio sia proprio quello della
mitologica Gorgone. «Vedere la Gorgone», scri-
ve Jean-Pierrc Vemant, «significa guardarla negli
occhi. e con questo incrociarsi degli sguardi ces-
sare di essere se stessi, di essere vivi. per diventa-
re come lei una forza mortifera». La Medusa è
una sorta di circuito imegraro della visione, che
sembra presagire un terribile futuro della comu-
nicazione. E per portare a compimento l'effetto
di tale probabile impregnazione. c'è l'appassiona-
to interesse di Géricault per il ca't1al/o-velocità che

3,_ Da mollo tempo in Europa esistevano una pillura e un'inci-


sione: «naturalistiche•. che insistc:1/ano sulle rappresentazioni cru-
deli della vita e, dal lato opposto, un'arte del dis.cgno e dell'inci-
sione con pretese scientifiche. principalmente tavole anatomiche:
dc:s1ina1e all'informazione dei profe!-sionisti, chirurghi e medici.
ma anche pittori e scultori.
Alla vigilia della Rivoluzione: francese questi generi disparati
tendono a confondersi. Co~i l'opera di Jacqucs d' Agoty, piuore e:
anatomista. oscilla fra le due tendenze. alla rirerca deJl' .. invii.ibilc
\'erità dei corpi ... In lui. il hulino d'acciaio temprato dell'incisore e
il bisturi ckll'anatomista interagiscono. Vedi Jacqucs-Louis Binet.
I.o <'Oit!ur anatomiq114', ..Tra\'erscs ... 1-1115. 1979.

85
sarà uno degli strumenti della sua morte. e che
d'altra parte costituisce con Pegaso una parte
essenziale dell'immaginario antico della Gorgò
(al tempo stesso volto del terrore. incarnazione
dello spavento e fonte dell'ispirazione poetica).
Per il quadro della Medusa i preparativi e l'in-
chiesta del pittore iniziano nel 1818. meno di due
anni dopo la tragedia. avendo come punto di par-
tenza il resoconto della catastrofe nella stampa e
un libro dedicato alla vicenda. di cui il pubblico si
strappa le numerose riedizioni. Géricault incon-
tra i sopravvissuti del naufragio, in particolare il
dottor Savigny~ fa fare un modellino della zattera
ed esegue numerosi studi prendendo per modelli
i moribondi del vicino ospedale, i cadaveri dell'o-
bitorio.
Oltre a questi episodi noti. le dimensioni
monumentali del quadro - trentacinque metri
quadrati - ci informano perfettamente sulla
volontà di Géricault: desidera attirare l'attenzio-
ne del grande pubblico non più come artista, ma
alla maniera di un giornalista. di un pubblicista.
Prima di decidersi alla soluzione del gigantismo,
aveva avuto ridea di fare alcuni quadri in .terie.
una «pittura a episodi» che si sviluppasse nel tem-
po (possiamo ricordare gli schizzi di Poussin ese-
guiti copiando le figure della Colonna Traiana).
Ritiene infine di riuscire a ovviare alrhandicap
mediatico della rappresentazione pittorica con un
allargamento del campo visuale degli spettatori:
la misura dell'opera pone così. ribaltandola. la
questione del luogo di esposizione dell'immagi-
ne. dato che questa pittura per le folle, con le sue
dimensioni. non poteva essere appesa altrove che

86
nella vastità di un luogo pubblico (un museo?).
Contrariamente alla pittura da cavalletto che si
adatta perfettamente alrintimità degli interni. o
agli affreschi e ai dipinti monumentali del Rina-
scimento creati su commissione per poi essere
sistemati sui muri dei palazzi e delle chiese. l'ope-
ra di Géricault attendeva la sua collocazione
adatta.
Già al momento della sua presentazione il qua-
dro, e-on tutte le sue contraddizioni interne.
incontra l'ostilità dei pittori giovani e vecchi, del-
la critica e degli appassionati d'arte. Fa sensazio-
ne. invece. presso il grande pubblico che vi vede
non tanto un'opera d'arte quanto un pamphlet
destina.to a screditare il governo di Luigi XVII[.
L'amministrazione regia. accusata dall'opposizio-
ne di essere indirettamente responsabile della
tragedia, aveva d'altra parte cercato di parare il
colpo rifiutando di permettere che sul catalogo
della mostra fosse stampato il nome della Medu-
sa: «Comunque», scrive Rosenthal. «il pubblico
ristabilì facilmente il vero titolo del quadro. e così
le passioni politiche si sfogarono»..... In tale con-
testo. era fuori discussione l'acquisto dell'opera
da parte dello Stato o la possibilità di collocarla in
un luogo ufficiale, un museo.
Arrotolato a Parigi. trasportato in Inghilterra.
il quadro smisurato verrà esposto di città in città.
arrivando fino in Scozia. facendo pagare un
biglietto d'ingresso. Organizzato da un certo Bui-

4. Uon Rosenthal. Glricu11/1, collana «Les maiucr. de l'ari ...


l90S.

87
lock. raffare doveva fruttare a Géricault l'enor-
me somma di 17 .000 scellini d'oro. una fortuna a
misura del successo popolare.

D'altra parte. anche prima della simbolica


Medusa in Inghilterra rarte pittorica stava già
indirizzando!ii verso il mercantilismo dclrattra-
zione da fiera.
Nel 1787 il pittore scozzese Robert Barker ave-
va depositato un brevetto d'invenzione intitolato
«la natura a colpo d'occhio». che in seguito pren-
derà il nome di panorama.
Si tralta in questo caso delrinterazione di un'o-
pera pittorica con un 'architettura per ricavarne
uno spettacolo popolare. come mostra Quatre-
mère de Quincy nel suo Dizionario storico de/-
l'architeuura (1832).
PANORAMA. «Questa parola sembra appar-
tenere unicamente al linguaggio della pittura;
composta di due parole greche. essa significa una
veduta totale ottenuta per mezzo di un fondo cir-
colare sul quale si traccia una successione di
aspetti che potrebbero essere resi solo con una
serie di quadri distinti.
«Proprio questa condizione indispensabile a un
simile genere di rappresentazione fa diventare il
campo su cui il pittore si esercita un'opera archi-
tettonica. Si dà infatti il nome di panorama sia
all'edificio che riceve il dipinto che al dipinto
stesso».
E Quatremèrc descrive l'edificio: si tratta di
una rotonda in cui la luce viene introdotta dall'al-
to. mentre il resto del locale resta nell'oscurità.

88
Gli spettatori sono condotti al punto centrale del-
la costruzione, attraverso corridoi lunghi e bui
per disabituare gli occhi al chiarore del giorno e
far trovare naturale quello del dipinto. Il pubbli-
co, condotto poi fino a una galleria circolare ele-
vata nel mezzo della rotonda, non riesce a vedere
da dove entra la luce e non scorge né la parte alta
né la parte bassa del dipinto che. disposto circo-
larmente intorno alla circonferenza del locale.
non offre alcun punto d'inizio o di fine. non ha
limiti; ha così l'impressione di trovarsi su una
montagna dove la sua vista è limitata solo dall'o-
rizzonte. Nel 1792. Robert Barker espone nella
sua rotonda di Leicestcr Squarc, a Londra, La
flolta ingleu davanti a Portsmouth e l'americano
Fu lton, che ha ideato il primo sottomarino e rea-
lizzato a livello industriale la propulsione dei bat-
telli a vapore. acquista i diritti di sfruttamento del
suo brevetto per la Francia. Farà edificare la pri-
ma rotonda parigina in boulevard Montmartre. A
Parigi questi tipi d'edificio si moltiplicheranno
sempre più, con spettacoli pittorici che mostreran-
no scene di battaglie. avvenimenti storici, siti
urbani esotici. Costantinopoli, Atene~ Gerusa-
lemme. dipinti con estrema minuzia.
«A Parigi si sono visti i panorami di Gerusa-
lemme e di Atene», scrive Chateaubriand nella
prefazione alle sue opere complete, «ne ho rico-
nosciuto tutti i monumenti alla prima occhiata.
tutti i luoghi. e perfino la cameretta dove abitavo
nel convento del Saint-Sauveur. Mai prima d'ora
w, l-'iaggùuore fu sottoposto a una prova cosi
dura. Non mi aspellm•o proprio che Gerusalemme
e Ate11e ve11issero trasportate a Parigi».

89
Questa nuova inerzia del «voyeur-voyageur»
verrà ancora più accentuata da Da guerre. che
farà dell'architettura del suo Diormnc, della ruc
Samson. dietro al boulevard Saint-Martin. una
vera e propria macchina per il trasporto della
visione.
In questo edificio costruito nel 1822. la sala
degli spe11atori è mobile e gira su se stessa come
una giostra che un solo uomo può mettere in
moto, di modo che ognuno si trova veicolato
davanti ai diversi quadri dello spettacolo senza
eseguire il minimo movimento. Il successo dei
panorami e poi dei diorami è notevole e gli utili
favolosi. Pieno d'ammirazione. il pittore David
conduce i suoi allievi a un panorama del boulc-
vard Montmartre. Nel 1810 Napoleone visita la
rotonda del boulevard des Capucines e pensa
immediatamente di fare di questo spettacolo
popolare uno strumento di propaganda.
«Dà l'incarico alrarchitetto Célérier di mettere
a punto i piani di otto rotonde che dovranno esse-
re innalzate nel quadrato degli Champs-Elysées:
in ogni rotonda si dovrà rappresentare una delle
grandi battaglie della rivoluzione o dell'Impero ...
gli avvenimenti del 1812 non permisero la realiz-
zazione del progetto». s
«Prima di tutto bisogna parlare agli occhi».
Abel Gance amava citare questa frase dell'impe-
ratore. Napoleone. che era esperto in materia di
propagamla fide. aveva subito valutato che si

5, Gennan Bapst. citato da J. e M. André, Un~ sai.ro11 L11mil·


re à Mnmpelli~r. "'Cahicrs dc la cinémathèquc,,, 1987,

90
trattava di una nuova generazione di media, pro-
priamente allucinante.
Fissare la Gorgò significa nello splendore del
suo occhio cessare di essere se stessi, perdere il
proprio sguardo, condannarsi ali' immobilità. 6
Col panorama e poi con i giochi di colori e d'illu-
minazione del diorama che scomparirà anch'esso
aWinizio del XX secolo sostituito dal cinemato-
grafo, la sindrome della Medusa acquista tutto il
suo significato. Ciò che ci interessa non è tanto il
Daguerre che dipinge scenografie per l'Opéra e
per I' Ambigu Comiquc, quanto il tecnico delle
luci, il manipolatore di intensità e di proiezioni
luminose. questa introduzione di un'architettura
dell'immagine di un tempo e di un movimento
assolutamente realista e totalmente illusorio.
Nella sua Descrizione dei procedimenti della pit-
tur'! e de/l'illuminazione del diorama, Daguerre
scrive:
«In questi quadri erano di fatto dipinti solo due
effetti, uno di giorno davanti alla tela, l'altro di
notte dietro. e questi effettj passando dall'uno
ali' altro attraverso una complicata combinazione
delle zone che la luce doveva attraversare, produ-
cevano una infinità di altri effetti. simili a quelli
che presenta la natura nelle sue transizioni dal
mattino alla sera e viceversa».
Da qualche altra parte Benezit scrive: «Faceva
un uso costante della camera oscura per i suoi
studi sull'illuminazione. e l'immagine "iva ( ... )
che si disegnava sullo schermo lo affascinava a

6. J.-P. Vcmant. Lu mort dans l~s yeux. Paris. Hachcttc.

91
dismisura: quello era il sogno che egli non si
preoccupava di fissare».
Niepce aveva fissato i suoi primi negativi nel
1818. Daguerre gli scrive per la prima volta nel
1826. Nel 1829 Niepce si interessa al Diorama e si
associa a Daguerre. Nel 1839 Daguerre si ritrova
completamente rovinato ma lo stesso anno il
dagherrotipo viene rivelato al pubblico parigino.
Con ostinazione. la percezione dell'apparenza
smetteva di costituire un approccio spirituale (se
si vuole, nel senso di Leibniz, che ammette l'esi-
stenza dello spirito come realtà sostanziale). e
ormai l'artista aveva il suo doppio. un essere tra-
viato dalle tecniche di rappresentazione e dalla
loro potenza di riproduzione. ma più ancora dalle
circostanze della loro apparizione. della loro stes-
sa fenomenologia.
Come abbiamo visto. le tecniche poliziesche
d'approccio multidimensionale della realtà hanno
avuto un'influenza decisiva sulla strumentalizza-
zione dell'immagine pubblica (propaganda, pub-
blicità ... ) ma anche sulla nascita dell'arte moder-
na e sull'apparizione del documentarismo ... Del
resto. l'aggettivo documentario (che ha natura di
documento) sarà ammesso dal Littré nel 1879. lo
stesso anno che la parola impressioni.wno.
(<Vedere senza essere visti>>, è un adagio della
non-comunicabilità poliziesca. Molto prima di
quello dell'antropologo o del sociologo, lo sguar-
do gettato dall'inquirente sulla società è in som-
mo grado esterno ad essa. Come constatava il
commissario Fred Prase in una recente intervista:
<<Si finisce col vivere in un mondo che non ha più
niente a che vedere col mondo abituale. e quando

92
si vuole raccontare il vissuto si finisce col non far-
si più capire». Il modello coloniale e i suoi metodi
hanno avuto molto naturalmente una grande
influenza sui mezzi e sui tipi d'analisi scientifica e
tecnica della polizia metropolitana. Fu, per esem-
pio, proprio un funzionario inglese del Bengala.
Sir William Herschel. che a partire dal 1858 pre-
tese che tutti i documenti riguardanti gli indigeni
fossero segnati con l'impronta del loro pollice.
Circa trent'anni dopo Sir Edward Henry realizza-
va una classificazione dattiloscopica che nel 1897
venne adottata dal governo britannico.
L'utilizzazione delle impronte digitali come
segno di identificazione costituiva una pratica
assai diffusa in Estremo Oriente: già agli inizi del-
l'VIII secolo i giapponesi, fra gli altri. se ne servi-
vano come firma.
Gli europei sfrutteranno la dattiloscopia in
modo ben diverso: l'impronta sarà percepita
come un'immagine /a/ente. poiché la stampa foto-
grafica e le sue manipolazioni assumeranno qui
tutto il loro significato, e si parlerà delle impronte
digitali come di realtà immutabili, e così dei pori
della pelle (poroscopia) di un individuo vivo o
morto:
«Un'impronta digitale rilevata sui luoghi del
delitto conta più della con(essione del colpevo-
le»-. scrive l'ufficiale giudiziario Goddefroy nel
suo Manu.aie di polizia tec11ica. 1 E per primo nella
storia della polizia, il celebre Alphonse Bertillon,

7. E.Goddefroy, Munu~I de pC1/ict! ,~c:lmique. prefazilinc: del


don:or Locard. Fcrdinand Larcier éditeur. 1931.

93
inventore del sistema antropometrico e antropo-
logo a tempo perso, riuscirà il 24 ottobre 1902 a
identificare un criminale grazie alle sue impronte
digitali, fotografate e ingrandite in una scala
superiore quattro volte la loro grandezza natura-
le, come precisa nel suo rapporto.
L'introduzione della dattiloscopia come prova
nell'istruttoria criminale segna il declino dei rac-
conti. delle testimonianze e dei modelli descrittivi
che un tempo erano alla base di ogni inchiesta e
tanto erano serviti ai romanzieri e agli scrittori
dei secoli precedenti.
Ancora Bertillon, in una nota formula, denun-
cia l'infermità dello sguardo umano, gli smarri-
menti della soggettività: Si vede solo ciò che si
guarda e si guarda solo ciò che si ha in mente.
L'ex capo del Servizio dell'Identità giudiziaria
riprende a modo suo la dimostrazione fatta dal
Dupin di Poe nella Lettera rubma. la lettera
sovraesposta agli sguardi - come «le insegne e i
manifesti a lettere cubitali che sfuggono all'osser-
vatore proprio per via della loro eccessiva eviden-
za» - e messa a bella posta sotto il naso del mon-
do intero, e che nessuno vede perché tutti sono
convinti che dev'essere stata nascosta.
Ci si pone una domanda quando si conosce già
la risposta. è stato detto. Dupin. testimone obiet-
tivo quanto una macchina fotografica, non è sog-
getto a quella debolezza generale. la debolezza
che rende i luoghi di un delitto semi-invisibili per
l'individuo comune, immerso in una moltitudine
di dettagli che dovrebbero essere tutti classificati.
In compenso, le fotografie metriche del luogo
registrano indifferentemente tutti i particolari,

94
anche quelli più insignificanti o che in un primo
momento sembrano tali al testimone oculare,
mentre nel corso dell'inchiesta potrebbero a
posteriori diventare essenziali.
Il punto di vista poliziesco dimostra l"assenza di
valore del racconto di chi era presente. Malgrado
l'utilità dei confidenti, i rapporti circostanziati
degli ispettori. lo sguardo umano non co11ta più.
non organizza più la ricerca della verità, la forma-
zione della sua immagine. in una corsa all'identi-
ficazione di individui che la polizia non conosce,
non ha mai visto o non detiene già.
La manifestazione esteriore di un pensiero. il
suo sintomo in senso letterale . .'ìfmptòma (coinci-
denza), va ora respinto per quanto possibile; non
è più sincrono. non è più integrato al tempo del-
l'inchiesta. Conta solo ciò che è già presente.
restando allo stato d'immediatezza latellle nel-
l'immenso ripostiglio dei materiali della memo-
ria, in attesa di riapparire inesorabilmente al
momento giusto.
Empiricamente riconosciuta come tragica,
l'impronta fotografica lo è davvero quando. all'i-
nizio del secolo. diventa lo strumento delle tre
grandi istituzioni della vita e della morte (giusti-
zia. esercito. medicina) mostrandosi in grado di
svelare. fin dall'origine. lo svolgimento di un
destino. Deus cx machina che per il criminale. il
soldato o il malato diventerà ugualmente irrime-
diabile, poiché la congiunzione dell'immediato e
del fatale può solo continuare ad aggravarsi con il
progresso delle tecniche di rappresentazione.
Nel 1967 il giudice istruttore Philippc Chausst=-
rie Laprée presentava ai giurati della corte d'assi-

95
se di Caen un film di tre minuti che ricostruiva
l'omicidio di un agricoltore della Normandia.
Questo giudice, che si autodefinisce un «maniaco
dell'istruttoria» e costruisce vere e proprie sinossi
dei casi che istruisce, incollando su quaderni di
scuola a sinistra le foto e a destra sotto forma di
dialoghi i resoconti degli interrogatori. per la pri-
ma volta in Francia comincia a introdurre un
«documentario giudiziario» a fianco delle tradi-
zionali fotografie delle vittime e dei luoghi del
delitto. Notiamo che il giudice si è servito come
collaboratori per la ripresa del film di due ex
cineasti dell'esercito. invece che del suo cineasta
personale.
Poco tempo dopo. per confondere i colpevoli il
Codice di procedura penale permetterà ruso del-
la video-prova. stabilita a partire dai documenti
forniti dalle telecamere installate nelle banche,
nei negozi. agli incroci delle città ... nel momento
in cui il video-aroitraggio sta per essere ammesso
negli stadi, occorreranno sessanta ore di proiezio-
ne video ininterrotta per permettere agli inqui-
renti belgi di identificare con certezza gli autori
delle violenze della tragedia di Heysel.
Con molto ritardo rispetto alla Germania e
aWJnghilterra, in Francia i palazzi di Giustizia
come quello di Crétcil con la sua cabina di proiezio-
ne centrale. e i laboratori della polizia scientifica
attrezzati con schermi e videoregistratori collegati
a un videografo a lettura laser (VLL), strumento
utilizzato in medicina per le ecografie. assumono a
poco a poco raspetto di studi televisivi.
La direzione della polizia ha anche deciso di
inserire in organico, a partire dal 1898. alcuni tee-

96
nici di scene del delitto, funzionari abilitati a pre-
levare gli indizi servendosi di un materiale scien-
tifico ultramoderno.
Assistiamo alla nascita di un iper-realismo del-
la rappresentazione giudiziaria. poliziesca.
«Ora». dichiarava un tecnico. «con il VLL si può
ricavare un poster da un personaggio grande
come una punta di spillo su un videonastro.
anche se appare appena in fondo a una stanza
buia». Dopo avere messo in dubbio il valore del
racconto del testimone oculare. si farà a meno
perfino del suo corpo, poiché si possiede qualco-
sa di più della sua immagine: la sua tele-presenza
in tempo reale.
Inaugurata in Gran Bretagna e in Canada, la
tele-presenza dei testimoni più fragili. minacciati
o troppo giovani per comparire. ripropone in
blocco )a questione dell'lzabea.1; corpus. Quando il
corpo del detenuto viene ancora condotto davan-
ti alla corte (nel caso accetti). i microscopi elet-
tronici, gli spettrometri di massa e i videografi a
lettura laser lo avvolgono in un implacabile circo
elettronico. L'architettura del teatro giudiziario
diventa una sala di proiezione cinematografica,
poi un 'aula video, e i diversi avvocati e attori del-
la difesa perdono ogni speranza di crearvi con i
mezzi a loro disposizione un effetto di realtà in
grado di soggiogare i giurati e il pubblico, per i
quali i videoregistratori. il minitel. la televisione
e altri schermi di computer sono diventati un
modo quasi esclusivo per informarsi. per comuni-
care, per apprendere la realtà e muoversi in essa.
Come riuscire a ottenere ancora tutti gli effetti
pia teali. i colpi di scena che costituivano la gloria

97
dei vecchi principi del foro? Come creare lo scan-
dalo, la sorpresa, la commozione sotto lo sguardo
dei tribunali elettronici capaci di anticipare e di
tornare indietro nel tempo e nello spazio, davanti
a una giustizia divenuta ora l'estremo esito tecno-
logico dell'impietoso più luce del terrore rivolu-
zionario. la sua perfezione stessa?
CANDIO CAMERA
Nel 1984, alla Seconda Mani/estazione interna-
zionale di video di Montbéliard, il primo premio
è andato al film tedesco di Michael Klier. Der
Riese (Il Gigante), un semplice montaggio di
immagini registrate dalle telecamere automatiche
di sorveglianza nelle grandi città germaniche
(aeroporti. strade, supermercati. .. ). Klier affer-
ma di vedere nel video di sorveglianza «la fine e il
riepilogo della sua arte ... ». Mentre nel reportage
d'attualità il fotografo (il cameraman) rimaneva
l'unico testimone coinvolto nell'impresa docu-
mentaria, in questo caso nessuno è più coinvolto
e il solo rischio è ormai quello di vedersi l'occhio
della telecamera spaccato da qualche gangster o
terrorista occasionale.
Questo addio solenne all'uomo dietro l'obietti-
vo, la scomparsa totale della soggettività visiva in
un effetto tecnico ambientale, una specie di pan-
cinema permanente che, a nostra insaputa, tra-
sforma i nostri atti più banali in atti-cinema, e il
nuovo materiale visivo in una materia prima visi-
va (impavida e indifferenziata): tutto ciò non
significa tanto, come abbiamo visto, la fine di
un 'arte - non solo quella di Klier o della video-

101
arte degli anni Settanta, figlia illegittima della
televisione - quanto piuttosto il momento conclu-
sivo dell'inesorabile avanzata delle tecnologie di
rappresentazione e della loro strumentalizzazio-
ne militare, scientifica, poliziesca, da qualche
secolo fa a oggi. Con l'intercettazione dello
sguardo da parte dello strumento di mira, ciò a
cui si assiste non è più la comparsa di un meccani-
smo di simulazione (come nelle arti tradizionali)
ma di sostituzione, che sarà l'ultimo trucco dell'il-
lusione cinematica.
Nel 1917, nel momento in cui gli Stati Uniti
entravano in guerra contro la Germania, la rivista
americana «Camera Work» 1 cessava le sue pub-
blicazioni con un numero su Paul Strand. Si cer-
cava, ancora una volta, di rilanciare l'artificiosa
polemica sull' «assoluta incompetenza oggettiva
della fotografia d'ispirazione pittorica, la confu-
sione mantenuta tra la foto e la cosa dipinta gra-
zie all'illuminazione, alle emulsioni, ai ritocchi e
a vari procedimenti, tutte conseguenze dei rap-
porti eccentrici intercorsi fra i due modi di rap-
presentazione, la necessità assoluta di respin-
gere il pittoricismo come procedimento d' ava11-
guardia ». 2
A dire il vero, il dibattito nasceva soprattutto
dal fatto che. come quasi tutte le invenzioni tecni-

I. «Camera Worb. celebre rivii;ta pubblicata da Alfred Stie-


glitz a New York. dal 1903 al 1917, che diffondeva la produzione
di pittoricisti come Kiihn, Coburn, Stcichcn, Demachy ...
2. Vedi Allan Sekula, Steichen ut war, •Art Forum•. dicembre
197S, e Christophc:r Phillips, Steichen al war, Harry N. Abrams,
New York, 1981.

102
che, la fotografia è la messa a punto di un ibrido.
Grazie alla corrispondenza di Nicéphore Niepce
è comunque abbastanza facile decifrare il proces-
so di tale ibridazione: oltre all'importante eredità
artistica (utilizzazione della camera oscura, senso
dei valori e del negativo proveniente dall'incisio-
ne ... ), la litografia di recente invenzione impone
a Niepce l'idea della permeabilità selettiva del
supporto dell'immagine esposto a un fluido ...
senza dimenticare il livello industriale, con la
capacità di riproduzione meccanica della lito.
Inoltre è presente anche lo scienziato. poiché
Niepce utilizza gli strumenti di Galileo: lenti di
cannocchiali astronomici o di microscopi. I pitto-
ricisti si erano interessati al primo di questi tre
livelli, e infatti non c·è molta differenza fra i lavo-
ri fotografici di Niepce e i loro. È questa dipen-
denza che Strand, in piena guerra, cerca di rimet-
tere in causa affermando che la foto è prima di
tutto un documento oggettivo, una testimonianza
irrecusabile.
Lo stesso anno. agli ordini del generale Patrick,
Edward Steichen assumeva la direzione delle
operazioni di ricognizione fotografica aerea del
corpo di spedizione americano in Francia. Aveva
quasi quarant'anni e, con un passato di pittore-
fotografo. era uno dei maestri del pittoricismo.
Era anche un grande amico della Francia dove a
partire dal 1900 aveva fatto numerosi soggiorni
per incontrare Rodio, Monet e altri grandi artisti.
Con 55 ufficiali e 1111 volontari Steichen orga-
nizza la produzione dell'informazione aerea
«come in fabbrica». grazie alla divisione del lavo-
ro (le catene di montaggio delle automobili Ford

103
erano operative dal 1914!). Di fatto la perlustra-
zione aerea aveva cessato di essere episodica già
dall'inizio della guerra, più che d'immagini si
trattava di un flusso d'immagini, di milioni di cli-
ché che tentavano di sposare. giorno dopo gior-
no, le tendenze statistiche del primo grande con-
flitto militare-industriale. Trascurata all'inizio
dagli stati maggiori, dopo la battaglia della Mar-
na la foto aerea comincia ad aspirare a una obiet-
tività scientifica paragonabile a quella della foto-
grafia medica o poliziesca: un lavoro di profes.~io-
nisti, che non è altro che l'interpretazione di
segni, lo sviluppo di codici visuali che prefigurano
gli attuali sistemi di restaurazione dell'immagine
numerica, il segreto della vittoria - the predictive
capability - legato alle capacità di lettura e di
decifrazione dei cliché o dei film.
Vagamente assimilati a spie. cineasti e fotogra-
fi civili vengono tenuti lontani dalla zona degli
eserciti, e il potere di mostrare soggettivamente
la guerra alla gente delle retrovie resta essenzial-
mente devoluto ai pittori-fotografi. disegnatori e
incisori, nei giornali. almanacchi e riviste illustra-
te, sommersi da documenti inventati, cliché abil-
mente ritoccati, racconti più o meno autentici di
brillanti azioni individuali, di combattimenti eroi-
ci di un 'altra epoca.
Finita la guerra, Steichen in preda a una grave
depressione si rintana nella sua casa nella campa-
gna francese. Brucia i suoi vecchi lavori, giuran-
do di non toccare 111ai più un pennello, di abban-
donare l'ispirazione pittorica per una ridefinizio-
ne de/l'immagine direllamente ispirata dalla
fotografia strumentale e dai suoi metodi pragmati-

104
ci. Con Steichen e alcuni altri sopravvissuti al
grande conflitto, la foto di guerra diventerà quel-
la del sogno americano, immagini che presto si
confonderanno con quelle, altrettanto prive di
identità, del grande sistema di promozione indu-
striale e dei suoi codici. per il lancio del consumo
di massa, della cultura proto-pop ... , insomma, la
«dichiarazione di pace al mondo» del presidente
Roosevelt.
Steichen asseriva tuttavia di essere riuscito a
condurre in porto la sua missione militare solo
grazie alla sua conoscenza dell'arte francese
(impressionisti. cubisti e soprattutto l'opera di
Rodin). Tale dichiarazione non è affatto parados-
sale poiché, come scriveva Guillaume Apollinai-
re verso il 1913 a proposito del cubismo. si tratta-
va soprattutto, in quest'arte, di rendere conto del
crepuscolo della realtà, un'estetica della sparizio-
ne, nata dai limiti senza precedenti imposti alla
visione soggettiva dallo sdoppiamento strumenta-
le dei modi di percezione e di rap-presentazione. 3

Alla fine del grande conflitto, anche se i canno-


ni tacciono l'intensa attività fonica e ottica non si
placa. Alle tempeste d'acciaio di una guerra che,
secondo Emst Junger, se la prendeva più con gli

3. Possiamo anche rincnerc sulle preoccupazioni di Rodin che


amava lavorare solo marcriali distruttibili e facilmente malleabili
(argilla, terra, gesso ... ). Esbte una singolare somiglianza fra le
saac ricerche e la fonna plastica del campo di bauaglia della Gran-
de Guerra son·olato dai ricognitori che spiano le metamorfosi
geologiche dei paesaggi bombardati.

105
spazi che con gli uomini, subentra uno sco·ssone
mediatico che non smetterà più di propagarsi,
indipendentemente dai fragili trattati di pace e
dai provvisori armistizi. Subito dopo il conflitto, i
britannici decidono di abbandonare un po' gli
armamenti classici per investire nella logistica
della percezione: film di propaganda, ma anche
materiali d'osservazione, di localizzazione, di tra-
smissione.
Gli americani preparano le loro future opera-
zioni nel Pacifico inviandovi, col pretesto di
sopralluoghi e di riprese preparatorie per film in
progetto, registi come John Ford, che imbarcato
su una nave da carico filma con meticolosità gli
accessi e le difese dei grandi porti orientali ... e
naturalmente lo stesso Ford sarà nominato qual-
che anno dopo alla direzione dell'OSS (Office of
Strategie Service) e si assumerà in pratica gli stes-
si rischi dei combattenti per filmare la guerra del
Pacifico (nel 1942 perderà un occhio nella batta-
glia di Midway). Della sua carriera militare con-
serverà, fra l'altro, i movimenti quasi antropo-
morfi della cinepresa, prefigurando l'esplorazio-
ne ottica della video-sorveglianza.
Da parte loro i tedeschi, sconfitti, sbaragliati e
momentaneamente disarmati, non rinunciano
affatto. Non esistendo ancora la famosa Luftwaf-
fe e avendo perso tutti gli aerei da combattimen-
to, si servono per l'osservazione di piccoli aerei
da diporto.
«Come facevamo?», racconta il colonnello
Rowehl. «Cercavamo di approfittare di qualche
schiarita tra le nuvole. o speravamo che i francesi
o i cecoslovacchi non ci individuassero, e qualche

106
volta ci trascinavamo dietro una pubblicità di
cioccolato!». Mese dopo mese, senza essere mini-
mamente disturbati, registravano i progressi delle
opere di difesa nel funesto corridoio di Danzica e
un po· più tardi quelli dei cantieri della Linea
Maginot. Mentre il campo della battaglia che si
sarebbe svolta dieci anni dopo installava le sue
pesanti infrastrutture di cemento e d'acciaio, le
sue strade e le sue linee ferroviarie, come in un
negativo, i fragili aerei cineasti le registravano
nella memoria, in attesa della guerra futura.
Un primo risultato di tale proseguimento della
guerra mondiale con altri mezzi - dei mezzi mili-
tari realmente scenici - fu l'invasione del cinema-
spettacolo attraverso le immagini accidentali dei
cinegiornali.
All'inizio del secolo, soprattutto negli Stati
Uniti, si era smesso di scopare via sistematica-
mente gli scarti dei film d'attualità dal pavimento
dei laboratori di montaggio; queste «scene perdu-
te» non venivano più trattate come un qualsiasi
altro rifiuto recuperabile dalla nettezza urbana o
nel migliore dei casi dall'industria dei cosmetici:
si cominciava a considerarle come un «materiale
visivo» da riciclare nell'industria cinematografica
stessa. Ormai questo fondo di realtà cominciava a
riemergere: incendi, tempeste. cataclismi, atten-
tati, scene di massa ... Ma soprattutto una pletora
di documenti di provenienza militare. apparizio-
ne intempestiva nei film di finzione di documenti
autentici, spesso ritenuti sul momento privi d'in-
teresse, sequenze subliminali inserite a discrezio-
ne in sede di montaggio, bombardamenti, gran-
diosi naufragi, ma anche foto di combattenti,

107
ignoti soldati trasformati in occasionali comparse
il cui massimo talento consiste nel rivelare agli
spettatori più attenti la povertà dell'interpreta-
zione e degli effetti speciali della ricostruzione
storica: come se i fatti militari o d'altro genere si
esponessero con maggiore compiacenza agli
sguardi sonnambolici delle cineprese automati-
che o alla curiosità dei fotografi improvvisati, e
meno volentieri ai sapienti artifici dei grandi pro-
fessionisti, all'élite dei cineasti di professione.
All'indomani del secondo conflitto mondiale,
per un curioso capovolgimento io aspettavo con
impazienza l'arrivo sullo schermo di quelle inqua-
drature accidentali, con il loro impatto emoziona-
le incomparabile, mentre le scene recitate dai divi
del momento mi sembravano veri e propri «tempi
morti» giudicati senza interesse. Non dimentiche-
rò mai la proiezione nella grande sala del Gau-
mont Palace del celebre Perché combattiamo di
Frank Capra. e la scoperta delle sequenze di cine-
mitragliatrici a colori, in cui il magico kinema-
atos appariva in tutta la sua primitiva semplicità.
Durante le riprese del suo Napoleone (1925-
1927), Abel Gance in pieno sforzo creativo anno-
ta nei suoi Taccuini: «La realtà è insufficiente ... »,
mentre nel 1947 il critico André Bazin guardando
alcuni montaggi di vecchi cinegiornali si raUegra
di non essere diventato regista perché, afferma.
la realtà sa allestire le sue messinscene meglio di
chiunque, e soprattutto in modo inimitabile. Di
fatto l'utilizzazione sempre più massiccia degli
scarti poneva ormai il problema di un futuro cine-
ma-spettacolo che non era affatto, come aveva
capito Méliès. la «settima arte», ma un'arte che

108
ha a che fare con tutte le altre - architettura.
musica. romanzo. teatro, pittura. poesia. eccete-
ra - e perciò con tutti i vecchi modi di percezione,
di riflessione. di rappresentazione. e si trova
quindi esposta come loro, e malgrado la sua
apparente novità, a un invecchiamento rapido,
ineluttabile. Succedeva allo spettacolo cinemato-
grafico ciò che era successo alla pittura e alle arti
tradizionali con l'arrivo dei futuristi e dei Dada
ali.inizio del secolo. Jean Cocteau lo aveva per-
fettamente capito. e poco prima della sua morte,
nel 1960, dichiarava: «Abbandono il mestiere di
cineasta che i progressi della tecnica rendono
accessibile a tutti».
Di questo si trattava. Dopo quelle della scuola
documentarista, le prodezze cinematiche dell'uo-
mo in guerra, popolarizzando una visione futuri-
sta del mondo. incitavano ogni giorno di più gli
spettatori a respingere i vecchi media: attori, sce-
neggiatori, registi e scenografi avrebbero dovuto
cancellarsi volontariamente o accettare di scom-
parire davanti alla pretesa oggettività degli obiet-
tivi.
Ex fotografo della ricognizione aerea francese
e habitué della visione accidentale. il regista Jean
Renoir sottoponeva i suoi attori a lunghe prove
per insegnare loro a dimenticare qualsiasi riferi-
mento convenzionale: «Fa' come se tu non l'aves-
si mai visto fare. come nella vita in cui si fa vera-
mente tutto per la prima volta!».
Rossellini andrà ancora oltre, poiché integrerà
la casualità della guerra alla sceneggiatura e alle
riprese stesse. Roma città aperta verrà realizzato
con un semplice permesso di girare un documen-

109
tarlo, concesso con difficoltà dalle autorità milita-
ri alleate. «Tutto il film fu un'attualità ricostrui-
ta», scriverà Georges Sadoul. e proprio per que-
sto riscuoterà un immenso successo di pubblico.
«Captare e non ricostituire>), diceva Strohcim.
Rossellini applicherà al cinema le teorie radicali
della vecchia arte viva: si oppone alla composizio-
ne del montaggio con le sue miserabili piccole
scosse estetiche, poiché non e'è niente di più peri-
coloso de/l'es1etica, le verità morte dell'arte che
hanno fatto il loro tempo e che non hanno più
niente a che vedere col reale ... li cineasta deve rac-
cogliere il più gran numero di dati possibile per
creare un 'immagine totale, deve filmare a freddo
per rendere gli spettatori uguali davanti all'imma-
gine."
Tutto ciò non è una novità. e il neorealismo
italiano è un fenomeno d'avanguardia solo in
quanto è concepito nella zona meno illuminata
del documentarismo, quella della propaganda
fide, della propaganda di guerra. la zona di pas-
saggio dalla virtualità all'attualità. dalla potenzia-
lità all'atto. Qui la cinematica non si accontenta
più di dare allo spettatore l'illusione di assistere
al compiersi di un movimento davanti a lui, lo
interessa invece alle forze che lo producono, alla
loro intensività. Ritornando alla sua essenza (tec-
nica. scientifica) col pretesto delJ'oggettività, si
stacca da un'arte simulatrice e rompe con una
capacità di percezione sensibile che nel cinema-

4. Roberto Rossellini. Fragnients d'unt' autobiographit'. Paris,


Ramsay. 1987.

110
spettacolo dipendeva ancora dal grado, dalla
natura. dal valore delle esperienze artistiche del
passato. dalla memoria e dall'immaginazione
degli spettatori.
Non dimentichiamo che Rossellini aveva girato
numerosi film mussoliniani e dopo la vittoria
degli Alleati continuerà a mettere a punto. più o
meno segretamente. alcune sceneggiature per la
propaganda. soprattutto per conto del Canada.
sul bordo della guerra civile.
Ottanta anni dopo la perorazione di Rodin per
le arti in via di estinzione, ora anche il cinema
vorrebbe avere dei testimoni, non solo oculari ma
esistenziali perché nelle sale oscure essi si fanno
sempre più rari e increduli.
Per molti cineasti il progetto sarebbe dunque,
attualizzando un mondo possibile. accentuare
nello spettatore l'effetto d'instantaneità, l'illusio-
ne di essere là e di vedere le cose accadere.
Éric Rohmer dichiara: «Nel cinema l'osserva-
zione non è Balzac che prende appunti, non è pri-
ma, è nello stesso tempo».
Specialista in diritto criminale, il documentari-
sta americano Wiseman, finanziato e distribuito
unicamente dalla televisione di Stato, pretende di
filmare per osservare perché le nuove tecniche lo
permettono. E il montaggio gli dà, dice. la sensa-
zione di essere seduto su un sedile d'aereo.
Ma dall'altro lato delle cineprese tutto questo
materiale visivo non è altro per Nastassja Kinski
che una tele·sorveglianza che spia secondo per
secondo le sue metamorfosi d'attrice:~< ... A volte
mi chiedo se alla fine il cinema non sia più un
veleno che una medicina. Se quei piccoli flash che

111
si illuminano cosi rapidamente nella notte valga-
no davvero tante sofferenze. Quando non rag-
giungo il momento della verità in cui ci si sente
come un fiore che si dischiude, ho orrore della
cinepresa, odio quella macchina. Sento quel buco
nero che mi osserva, mi aspira. e ho voglia di fra-
cassarlo in dieci milioni di pezzi». s

Il primo conflitto mondiale aveva risolto nel


modo più banale per Edward Steichen il proble-
ma posto da Paul Strand in «Camera Work»,
riguardo all'«avanguardia)> nella fotografia. L'im-
magine non è più solitaria (soggettiva, élitaria.
artigianale) ma solidale (oggettiva, democratica.
industriale). Non c'è più come nell'arte un'imma-
gine unica, ma una formazione d'immagini proli-
feranti che ricostituisce sinteticamente la vibra-
zione naturale dell'occhio dello spettatore.
«Camera Work» tirava solo mille copie, con
appena una dozzina di riproduzioni fotografiche
a piena pagina. incollate a mano, per numero.
mentre Steichen conserverà circa 1.300.000 pro-
vini militari, che dopo la guerra finiranno nella
sua collezione personale. Moltissime di quelle
fotografie verranno esposte e vendute col mar-
chio dell'autore e come sua proprietà, esempio
dell'esotica proprietà artistica che paradossal-
mente fino ai nostri giorni conserveranno i foto-
grafi di guerra, quelli delle PK hitleriane, dell'Ar-
my film and photographic unii britannico o delle

5. •Studio.. , 7.

112
grandi agenzie moderne. Del resto Steichen fini-
rà direttore del Dipartimento fotografico del
Museo d'Arte Moderna di New York. Quest'ulti-
ma nomina traduceva perfettamente la persisten-
te ambiguità di lettura e di interpretazione del
documento fotografico.

Nel gennaio 1940 il ministero inglese dell'In-


formazione, creato nel settembre 1939, pubblica-
va un memorandum che riassumeva la situazione
delle sezioni fotografiche ufficiali dell'esercito.
Di fatto si auspicava una rivoluzione con la fine
della diffusione attraverso stampa di una produ·
zione fotografica militare ritenuta statica, troppo
tecnica e quindi senza effetto su una popolazione
chiamata a contribuire a uno sforzo bellico senza
precedenti. li problema era di capire come si
poteva entrare in contatto e mobilitare milioni di
cittadini divenuti frequentatori delle sale cinema-
tografiche (in media ci andavano una volta alla
settimana), lettori dei grandi rotocalchi illustrati,
normali visionari la cui vita quotidiana era ormai
un missaggio filmico, una realtà sovrimpressa in
permanenza.
Alla fine del 1940, ispirandosi alle iniziative
hitleriane degli anni Trenta, il ministero «convin-
ce» i direttori delle sale a includere nelle loro pro-
grammazioni dei cortometraggi di cinque e poi di
sette minuti, veri intermezzi pubblicitari ante lit-
teram. che rendevano più facile la distribuzione
degli pseudo-film documentari. Nel Film Roger
Manvell constata con humour che durante quelle
brevi proiezioni «il pubblico aveva sempre la pos-

113
sibilità di cambiare posto e comprarsi un gela-
to». 6
Non importa. ormai il movimento era lanciato.
e la fame del pubblico per un cinema della realtà
non smetterà di aumentare.
Mentre Hitler proclamava che in fulllro la /un-
zione dell'artiglieria e della fanteria sarebbe stata
assunta dalla propaganda. John Grierson, il vec-
chio pioniere del cinema liberato dalla candid
camera, nel marzo 1942 poteva scrivere in
«Documentary News Letters»: «Con la propa-
ganda possiamo dare al cittadino una padronanza
dell'immaginazione che fino a oggi è mancata ai
nostri modi d'insegnamento democratico; potre-
mo riuscirci con la radio, il cinema e una mezza
dozzina di altri media». Ma già la maggior parte
dei registi di opere d'invenzione girano film semi-
documentari che realizzano la fusione/confusione
auspicata dal ministero dell'Informazione.
Già all'inizio del conflitto un·importante colo-
nia britannica aveva lasciato Hollywood. Attori.
sceneggiatori, fotografi. registi andavano a met-
tersi al servizio del proprio paese minacciato dal-
l'invasione nazista. Proprio per merito di uomini
come l'attore Leslie Howard i servizi speciali,
quelli della propaganda, arriveranno a capire che
gli artisti che negli Stati Uniti avevano appena
vinto la battaglia del New Dea/ risollevando il
morale di una nazione in preda alla depressione
economica, erano in grado con le loro specifiche
competenze di agire in modo analogo in tempo di

6. L'Angln~rre et son ci11éma, «Cinema d"Aujourd'hui», Il.

114
guerra. e di risvegliare le masse coi nuovi media,
trovando scorciatoie ancora sconosciute verso la
vittoria. Questo fu, fra molti altri, il caso di Cecil
Beaton. 7
Gentleman londinese, fotografo a Hollywood,
ritrattista mondano, grande viaggiatore, amico
intimo di Greta Garbo. collaboratore di «Vogue»
ecc., come Steichen nel 1917 Beaton ha quasi
quarant'anni quando inizia il secondo conflitto
mondiale, ma compirà un percorso opposto. Se
vent'anni prima Steichen ha abbandonato il pitto-
ricismo e la frequentazione di Rodin per arrivare
alla fabbrica hollywoodiana, Beaton parte da una
sofisticazione molto hollywoodiana per scoprire
nei ritratti di minatori eseguiti dallo scultore
inglese Henry Moore la sua maniera personale di
fotografare una guerra mediatica che non si limi-
ta più alle dimensioni del campo di battaglia, ma
ha esteso la sua influenza dal fisico all'ideologico
e allo psicologico.
L'idea di Bea ton è semplice: come i minatori di
Moore votati a un eroismo quotidiano, gli uomini
e le donne di tutti gli strati sociali impegnati nel
conflitto non hanno più niente a che vedere psi-
chicamente con quello che erano in tempo di
pace. L'obiettivo quindi deve riuscire a captare
tale differenza. la metamorfosi soggettiva che tra-
spare sulle fisionomie, negli atteggiamenti. Qual-
che anno prima erano stati messi in servizio nuovi

7. Nel 1981, l'lmperial War Muscum ha pubblicato un notevo-


le album con 157 fotogrufie di Bcaton. precedentemente sparse in
vari periodici (..The Sketch .. , •Vogue• ... mu5trated London
Ncws ... •Life ... eccetera): War Phmograph.s 1939-1945.

115
tipi di pellicole e soprattutto gli apparecchi Leica.
Rolleiflex e Ermanox che permettevano un tem-
po d'esposizione molto al di sotto del secondo: e
armato della sua fedele Rollei e con qualche lam-
padina per flash, Beaton va a portare a buon fine
la sua guerra soggettiva, come la chiama. Questo
maestro delle apparenze si reca ai confini dell'ap-
parenza per sorprendere con un minimo di mezzi
tecnici l'energia intima di migliaia d'ignoti o cele-
bri attori del conflitto. in un estremo e inconscio
ritorno atressenziale di quelJ'arte vfra della foto-
grafia definita circa cento anni prima da Nadar:
« ... La teoria fotografica si impara in un'ora. le
prime nozioni della pratica in una giornata ( ... ).
Ciò che non si impara è la comprensione morale
del vostro soggetto, quel tatto rapido che vi mette
in comunicazione col modello, vi permette di giu-
dicarlo dirigendovi verso le sue abitudini. nelle
sue idee, secondo il suo carattere, e vi permette
di ottenere, non banalmente e a caso un'indiffe-
rente riproduzione plastica alla portata dell'ulti-
mo garzone di laboratorio, ma la rassomiglianza
più famiJiare e più favorevole. la rassomiglianza
intima. E l'aspetto psicologico della fotografia. e
questa parola non mi sembra affatto troppo
ambiziosa».
Dai feriti degli ospedali agli operai degli arse-
nali, o ai giovanissimi piloti della RAF consape-
voli della loro morte imminente, dalle rovine di
Londra bombardata aJ deserto libico o alla Bir-
mania, Beaton, fotografo ufficiale della Royal
Air Force, percorre i diversi campi di battaglia
senza mai mostrarli, da cui gli attriti con una pro-
paganda militare un po· superata che ordina

116
d' «installare fotograficamente la più colossale
dimostrazione di forza, sfidando l'impossibile ...
di non fotografare un aereo ma sessanta contem-
poraneamente, non un solo carro armato ma cen-
to!».
L'impresa più originale di Sir Cecil Beaton
resterà a lungo misconosciuta. e lui stesso, poco
prima della sua morte nel 1980, continuerà a
interrogarsi sul modo in cui era riuscito a realiz-
zare le sue foto di guerra. Era stato il suo lavoro
più serio, diceva, un lavoro che aveva reso anti-
quato tutto quello che aveva fatto prima e che
non riusciva a capire da quale parte di se stesso
potesse provenire.
Quanto a Edward Steichen, a più di sessant'an-
ni d'età riparte per la guerra. Negli Stati Uniti il
movimento documentarista inglese ha avuto una
grande influenza dall'inizio degli anni Trenta, e
ritroviamo Paul Strand alla testa della celebre
Scuola di New York. L'ex fotografo è diventato
produttore e regista di film sulla stessa linea intel-
lettuale, insieme a Joris Ivens (che parteciperà
all'amalgama di reportage, vecchi cinegiornali e
documenti fittizi di Perché combattiamo). a Fla-
herty e al giovane emigrato antifascista tedesco
Fred Zinnemann. Per Steichen non si tratta più di
mostrare al pubblico foto strumentali o. al con-
trario, trucchi mediocri. Anche lui è convinto che
bisogna rivelare con precisione il dramma umano
della guerra giu.sta a una popolazione americana
per la quale il secondo conflitto mondiale è anco-
ra soltanto una guerra di macchine, di produzio-
ne di massa. Convinti i più scettici. Steichen pas-
sa dalla fotografia delle fabbriche d'armamenti a

117
quelle delle grandi unità aeronavali della flotta
del Pacifico. Ai suoi ordini nuove équipe di foto-
grafi militari vengono specialmente incaricate di
rendere conto della vita quotidiana a bordo del
Saratoga, del Hornet, dello Yorktown ... Steichen
scopre ora questi uomini di guerra che nel 1917
non aveva avuto veramente l'occasione di osser-
vare, adolescenti prematuramente logorati dallo
schiacciante arsenale industriale, dal nuovo
gigantismo dei materiali. Roosevelt muore nell'a-
prile 1945, portando via con sé il vecchio sogno
americano. mentre le équipe di Steichen scattano
le loro ultime fotografie a Hiroshima nel settem-
bre dello stesso anno. Con il flash nucleare (atri/
15.000.000 di secondo) le sorti della fotografia
militare si rovesciano una volta di più. Alla vigilia
del conflitto coreano Steichen viene significativa-
mente nominato direttore del dipartimento di
fotografia al Museo d'Arte Moderna di New
York.
Presto saranno gli stessi fotografi che avevano
tanto contribuito alla vittoria degli Alleati sul
nazismo a fare precipitare la sconfitta americana
in Vietnam. Le speranze e la pace morale dei
combattenti della guerra giusta hanno da molto
tempo smesso d'illuminare interiormente i volti
dei soldati. e ciò che rivela la foto soggettiva è
veramente allarmante. John Olson e molti altri
espongono i cumuli di cadaveri americani, i sol-
dati sconvolti dalla droga, le mutilazioni dei bam-
bini e dei civili trascinati nel terrorismo della
sporca guerra (con i risultati che tutti sanno sul-
l'opinione pubblica americana).
Quando i militari capiranno che i fotografi nati

118
dal documentarismo fanno ormai perdere le bat-
taglie, i cacciatori d'immagini saranno nuova-
mente allontanati dai combattimenti. L'abbiamo
visto alle Falkland - guerra senza immagini -, in
America latina. in Pakistan, in Libano ecc.; i rap-
presentanti della stampa e della televisione, testi-
moni divenuti ingombranti. sono sequestrati o
deliberatamente assassinati. Secondo Robert
Ménard, fondatore di «Reporters sans frontiè-
res», nel 1987 nel mondo 188 giornalisti sono stati
arrestati. 51 espulsi. 34 assassinati e 10 rapiti.
Le ultime grandi agenzie internazionali si tro-
vano di fronte a gravi difficoltà, mentre le riviste
e i quotidiani al posto dei grandi reportage lette-
rari e fotografici dei vari London, Clemenceau,
Kipling, Cendrars o Kessel rilanciano il vecchio
terrore giornalistico, un giorna/lçmo investigativo
di cui lo scandalo del Watergate e la campagna
del «Washington Post» restano i migliori esempi.
Diventata l'ultima forma della guerra psicolo-
gica. il terrorismo impone ai diversi antagonisti
un nuovo dominio dei media. Militari e servizi
segreti estendono il loro controllo: il generale
Westmoreland se la prende con «un 'informazio-
ne diventata folle», e intenta un processo alla rete
televisiva CBS: in Europa si ha tra l'altro la
vicenda del sequestro del «New Statesman»,
mentre gli stessi terroristi. ribaltando i ruoli, si
abbandonano a un docwnemarismo selvaggio,
proponendo alla stampa e alla televisione le foto
avvilenti delle loro vittime, spesso reporter o
fotografi - o effettuando ispezioni video sui luo-
ghi che saranno teatro dei loro futuri delitti. E
così gli esperti incaricati del dossier d' «Action

119
Directe» dovranno VlSlonare una sessantina di
cassette sequestrate nel 1987 nel covo del gruppo
a Vitry-aux-Loges, in particolare quelle riguar-
danti l'assassinio di Georges Besse. presidente
della società Renault.

120
LA MACCHINA CHE VEDE
«Ora gli oggetti mi guardano», scriveva il pitto-
re Paul Klee nei suoi Quaderni. Tale affermazio-
ne quantomeno sorprendente diventa. da poco
tempo. oggettiva, veritiera. Non si parla forse
della prossima produzione di una «macchina che
vede» capace non solo di riconoscere i contorni
delle forme, ma anche di interpretare completa-
mente il campo visivo, la messinscena, vicina o
lontana, di un ambiente circostante complesso?
Non :si parla forse anche di una nuova disciplina
tecnica. la «visionica», ossia la possibilità di otte-
nere una visione se,iza sguardo in cui la videoca-
mera dipenderebbe da un computer ed esercite-
rebbe per la macchina, invece che per un qual-
siasi telespettatore, la capacità d'analisi dell'am-
biente circostante, l'interpretazione automatica
del senso degli avvenimenti, e ciò nel campo del-
la produzione industriale, della gestione di stock,
o anche in quello della robotica militare?
Così, nel momento in cui si prepara l'amoma-
zione della percezione. l'innovazione di una visio-
ne artificiale, la delega alla macchina dell'analisi
della realtà oggettiva, è opportuno riconsiderare
la natura dell'immagine virtuale, un'iconografia

123
priva di apparente supporto. senz·attra persisten-
za che quella della memoria visiva mentale o stru-
mentale. In effetti al giorno d oggi non si può
0

parlare di sviluppo dell'audiovisivo senza interro-


gare anche lo sviluppo dell'iconografia virtuale e
la sua influenza sui comportamenti, o senza
annunciare la nuova i11dustrializzazio11e della
visione. l'approntamento di un vero e proprio
mercato della percezione sintetica. con tutti i pro-
blemi etici che ne derivano, e non solo quelli del
controllo e della sorveglianza, con conseguente
delirio di persecuzione. e soprattutto la questione
filosofica dello sdoppiamento del punto di vista, la
spartizione della percezione e dell'ambiente cir-
costante fra l'animato, il soggetto vivente. e l'ina-
nimato, roggetto. la macchina per vedere.
Questi problemi introducono, di fatto, quello
dell'«intelligenza artificiale», poiché non possono
esistere sistemi esperti o computer della quinta
generazione senza capacità d'apprensione. d'ap-
percezione dell'ambiente circostante.
Saremo dunque definitivamente emarginati
dall'osservazione diretta o indiretta delle immagi-
ni di sintesi realizzate dalla macchù1a per la mac-
china, e queste immagini virtuali strumentali
saranno per noi l'equivalente di ciò che significa-
no le rappresentazioni mentali di un interlocutore
straniero... un enigma.
Infatti, priva di uscite grafiche o videografiche,
la protesi di percezione automatica funzionerà
come una sorta di immaginario macchinico da cui
saremo però questa volta totalmente esclusi.
Come respingere allora il carattere fattuale del-
le nostre proprie immagini mentali, quando

124
dovremo servircene per indovinare, stimare
approssimativamente tutto quello che è percepito
dalla macchina per vedere?
Di fatto, l'imminente trasformazione della
macchina da presa cinematografica o videografi-
ca in macchina per vedere infografica ci riporta ai
dibattiti sul carattere soggettivo od oggettivo del-
l'iconografia mentale.
Progressivamente rigettate nel campo dell'i-
dealismo o del soggettivismo, perfino dell'irrazio-
nale. le immagini mentali, come abbiamo visto.
sono sfuggite per molto tempo alla considerazio-
ne scientifica, e ciò proprio nel momento in cui il
progresso della fotografia e della cinematografia
sfociava in una proliferazione senza precedenti di
nuove immagini che entravano in concorrenza col
nostro immaginario abituale. Si dovettero atten-
dere gli anni Sessanta e i lavori sull'optoelettroni-
ca e l'infografia per giungere a interessarsi in
maniera diversa alla psicologia della percezione
visiva, negli Stati Uniti in particolare.
In Francia, i lavori sulla neurofisiologia hanno
avuto come risultato una modifica dello statuto
dell·iconografia mentale, al punto che in un'ope-
ra recente J.-P. Changeux non parla più di imma-
gini ma di oggetli men1a/i. precisando anche che
non tarderemo a vederli apparire su uno scher-
mo. In due secoli il dibattito filosofico e scientifi-
co si è così spostato dal problema dell' oggeuività
delle immagini mentali al problema della loro
attualità. La questione non riguarda più dunque
le immagini mentali della coscienza, ma piuttosto
le immagini virtuali strumentali della scienza e il
loro carattere paradossalmente fattuale.

125
Qui è secondo me uno degli aspetti più impor-
tanti dello sviluppo delle nuove tecnologie della
produzione di immagini numeriche e della visio-
ne sintetica permessa dall'ottica elettronica: la
fusione/confusione relativistica del fattuale (o se
si preferisce dell'operazionale) e del virtuale: la
preminenza dell'«effetto di reale» su un principio
di realtà, già d'altra parte largamente contestato
soprattutto nella fisica.
Come non capire che la scoperta della persi-
stenza retinica, permettendo lo sviluppo della
cronofotografia di Marcy e della cinematografia
dei Lumière. ci faceva entrare in un altro campo
della persistenza mentale delle immagini?
Come ammettere il carattere fattuale del foto-
gramma e respingere la realtà oggettiva dell'im-
magine virtuale dello spettatore cinematografi-
co? Tale persistenza visuale non dipende dalla
sola retina. come si credeva allora, ma dal nostro
sistema nervoso di registrazione delle percezioni
oculari. Meglio. come accettare il principio della
persistenza retinica senza accettare al tempo stes-
so il ruolo della memorizzazione nella percezione
immediata?
Di fatto, già al tempo dell'invenzione della
fotografia istantanea che avrebbe permesso la
realizzazione della pellicola cinematografica, si
poneva il problema del carattere paradossalmen-
te attuale dell'iconografia «virtuale».
Essendo ogni ripresa visuale ( mentale o stru-
mentale) anche una simultanea ripresa temporale
per quanto infima, il suo tempo d'esposizione
comporta una memorizzazione (conscia o no)
secondo la velocità della ripresa, da cui deriva la

126
possibilità riconosciuta di effetti subliminali non
appena il fotogramma o il videogramma superi le
60 immagini al secondo.
Il problema dell'oggettivazione dell'immagine
non si pone dunque più in rapporto a un qualsiasi
supporto-superficie di carta o di celluloide, ossia
in rapporto a uno spazio di riferimento materiale,
ma in rapporto al tempo, al tempo d'esposizione
che fa vedere o che non permette più di vedere.
Così l'atto del vedere è un atto prima dell'azio-
ne. una sorta di pre-azione che gli studi di Searle
sull''«intenzionalità» ci hanno in parte spiegato.
Se vedere significa prevedere, si capisce meglio
perché la previsione diventi, da un po' di tempo.
un·industria a pieno titolo, con lo svilupparsi del-
la simulazione professionale, dell'anticipazione
dell'organizzazione, fino all'arrivo delle «macchi-
ne che vedono» destinate a osservare e a preve-
dere al nostro posto. macchine della percezione
sintetica capaci di soppiantarci in certi campi. in
certe operazioni ultra-rapide in cui le nostre
capacità visive sono insufficienti non tanto per via
della limitazione della profondità di campo del
nostro sistema oculare. come avveniva col tele-
scopio e il microscopio, ma per la limitazione del-
la troppo debole profondità temporale della
nostra ripresa fisiologica.
Abitualmente i fisici distinguono due aspetti
dell'energetica: l'energia potenziale. in potenza,
e l'energia cinetica, quella che provoca il movi-
mento: oggi però converrebbe aggiungerne una
terza: l'energia cinematica, quella che risulta dal-
l'effetto del movimento e della sua più o meno
grande rapidità sulle percezioni oculari, ottiche e

127
optoelettroniche. Ricordiamoci del resto che non
esiste una «vista fissa)) e che la fisiologia dello
sguardo dipende dai movimenti degli occhi,
movimenti incessanti e inconsci (motilità) e movi-
menti costanti e coscienti (mobilità). Ricordia-
moci ancora che l'occhiata più istintiva, la meno
controllata, è principalmente una specie di giro
d'ispezione, un'esplorazione completa del campo
visivo che culmina con la scelta dell'oggetto dello
sguardo.
Come aveva capito Rudolf Arnheim, la visione
viene da lontano. è una sorta di carrellata, un'at-
tività della percezione che inizia nel passato per
illuminare il presente, per mettere a fuoco l'ogget-
to della nostra percezione immediata.
Lo spazio dello sguardo non è uno spazio
newtoniano, uno spazio assoluto. ma uno spazio
minskovskiano, uno spazio relativo. Non esiste
quindi solo l'oscura chiarezza delle stelle che ven-
gono dal lontano passato della notte dei tempi:
anche il debole chiarore che ci permette di
apprendere il reale, di vedere. di capire il nostro
attuale ambiente circostante, proviene da una
lontana memoria visiva senza la quale non esiste-
rebbe l'atto dello sguardo.
Dopo le immagini di sintesi. prodotti di un pro-
gramma infografico, dopo il trattamento delle
immagini numeriche nella «concezione assistita
da computer». siamo arrivati all'epoca della
visione sintetica, l'epoca dell'automazione della
percezione. Quali saranno gli effetti, le conse-
guenze teoriche e pratiche sulla nostra «visione
del mondo» di questa realizzazione attuale del-
l'intuizione di Paul Klee? La proliferazione, da

128
almeno una decina di anni. delle telecamere di
sorveglianza nei luoghi pubblici non serve come
elemento di confronto con questo sdoppiamento
del punto di vista. Noi infatti conosciamo la ritra-
smissione in regia delle immagini prodotte dalle
videocamere delle agenzie bancarie o dei super-
mercati, indoviniamo la presenza dei guardiani. il
loro sguardo fisso sui monitor di controllo. men-
tre con la percezione assistita da computer. la
visionica, è impossibile valutarne la configurazio-
ne, formulare l'interpretazione di questa visione
senza sguardo.
A meno di essere Lewis Carroll, si immagina
con difficoltà il punto di vista del bottone di un
gilet o della maniglia di una porta. A meno di
essere Paul Klee, non si immagina facilmente la
contemplazione sintetica, il sogno a occhi aperti
di una popolazione d·oggetti che ci stanno fissan-
do ...

Dietro al muro non vedo più il manifesto;


davanti al muro il manifesto si impone a me, la
sua immagine mi guarda.
Questa inversione della percezione, questa
suggestione della fotografia pubblicitaria la ritro-
viamo in ogni scala sui pannelli come nei giornali
o nei rotocalchi; non una sola delle sue rappre-
sentazioni sfugge a questo carattere «suggestivo>>
che è la ragione d'essere della pubblicità.
La qualità grafica o fotografica dell'immagine e
la sua alta definizione, come si dice. non sono più
garanti di una qualsiasi estetica della precisione,

129
della nettezza fotografica. ma solo la ricerca di un
rilievo. di una terza dimensione che diventerà la
proiezione stessa del messaggio. un messaggio
pubblicitario che tenta di raggiungere. attraverso
i nostri sguardi. la profondità, lo spessore dei sen-
si che tanto crudelmente gli manca. Perciò non
illudiamoci più sulle prodezze pubblicitarie della
fotografia. L'immagine fàtica che si impone
all'attenzione e trattiene lo sguardo non è più
un'immagine potente ma un cliché che cerca. alla
stessa stregua del fotogramma cinematografico,
di inscriversi in uno svolgimento temporale in cui
ormai l'ottica e la cinematica si confondono.
Superficiale, la fotografia pubblicitaria parteci-
pa, per sua stessa decisione. alla decadenza del
pieno e dell'attuale. in un mondo di trasparenza e
di virtualità in cui la rappresentazione a poco a
poco cede il posto a un'autentica presentazione
pubblica. Inerte malgrado alcuni artifici desueti,
la fotografia degli annunci annuncia ormai solo il
proprio declino. di fronte alle prodezze della tele-
presenza in tempo reale degli oggetti. già annun-
ciata dal tele-acquisto. Non si vedono forse sfila-
re di continuo. in file serrate, i camion «pubblifi-
li», .come tante sequenze pubblicitarie auto-
mobili che completano in modo ridicolo le abi-
tuali sequenze audiovisive?
La fotografia pubblicitaria. garantita ancora
d'utilità pubblica per via della troppo debole defi-
nizione dell'immagine video, ancora in grado
d'impressionare lettori e passanti, vedrà proba-
bilmente il suo vantaggio ridursi sempre più con
la televisione ad alta definizione, l'apertura di
una vetrina la cui trasparenza catodica sostituirà

130
ben presto gli effetti di trasparenza dell'esposizio-
ne classica della merce. Lungi da me tuttavia
voler negare alla fotografia un valore estetico, ma
esiste anche una logica. una logistica dell'immagi-
ne e varie ere di propagazione che. come abbia·
mo visto. ne hanno segnato la storia.
Infatti, l'era della logica formale dell'immagine
è quella della pittura, dell'incisione. delJ·architet-
tura, che termina nel XVIII secolo.
L·era della logica dialettica è quella della foto-
grafia. della cinematografia o. se si preferisce,
quella del fotogramma, nel XIX. L'era della logi-
ca paradossale dell'immagine è quella che inizia
con l'invenzione della videografia, dell'olografia
e delrinfografia ... come se, alla fine del XX seco-
lo. il compimento della modernità fosse esso stes-
so segnato dal compimento di una logica della
rappresentazione pubblica.
Ora. se conosciamo abbastanza bene la realtà
della logica formale della rappresentazione pitta-
r ica tradizionale e, in grado minore, l'attualità
della logica dialettica che presiede alla rappresen-
tazione foto-cinematografica, 1 riusciamo invece a
valutare molto a stento le virtualità della logica
paradossale del videogramma. dell'ologramma o
delJa produzione d'immagini numerica.
E questo probabilmente il motivo del delirio
interpretativo giornalistico che ancora oggi cir-

1. Per e5Cmpio. i due libri di Gillcs Deleuze: L 'image-mom•e·


ml'lft. Paris, Minuir, 1983 (trad. it. l "immaginl'•mm•imento. Ubu-
li.bri. Milano, 1984), e l 'imagNnnps. Paris. Minuit. 1985. Inol-
tre, pìù recentemente. J.-M. Schaeffer, l'inrage précaire. Paris,
Le Seuil, 1988.

131
conda queste tecnologie, la causa della prolifera-
zione e dell'obsolescenza dei diversi materiali
informatici e audiovisivi.
Il paradosso logico è finalmente quello dell'im-
magine in tempo reale che domina la cosa rappre-
sentata, il tempo che vince sullo spazio reale. La
virtualità che domina rattualità, sconvolgendo la
nozione stessa di realtà. Ne deriva la crisi delle
rappresentazioni pubbliche tradizionali (grafiche,
fotografiche, cinematografiche ... ) a profitto di
una presentazione, di una presenza paradossale.
tele-presenza a distanza dell'oggetto o dell'essere
che sostituisce la sua stessa esistenza, qui e ora.
Alla fine. è questo l'«alta definizione», l'alta
risoluzione. non più tanto quella dell'immagine
(fotografica o televisiva) ma quella della realtà
stessa.
Con la logica paradossale infatti, è la realtà
della presenza in tempo reale dell'oggetto a essere
definitivamente risolta. mentre nell'era della logi-
ca dialettica dell'immagine precedente, era sol-
tanto la presenza in tempo differito, la presenza
del passato che impressionava durevolmente le
lastre, le pellicole o i film, e così l'immagine pa-
radossale acquista ora uno statuto paragonabile
a quello della sorpresa, più esattamente del-
l'«accidente di transfert».
All'attualità delrimmaginc dell'oggetto colto
dall'obiettivo della macchina da presa, corrispon-
de qui la virtualità della sua presenza colta da una
macchina da «sorpresa» (d'immagini e di suoni)
in tempo reale. che pennette non solo il tele-spet-
tacolo degli oggetti esposti ma anche la tele-azio-
ne, la tele-ordinazione e l'acquisto a domicilio.

132
Ma ritorniamo alla fotografia. Il cliché fotogra-
fico pubblicitario abbozza con rimmagine fàtica
un ·inversione radicale dei rapporti di dipendenza
fra ciò che percepisce e ciò che è percepito. illu-
strando a meraviglia la frase di Paul Klee. ora gli
oggetti mi guardano, poiché essa ormai non è più
una memoria corta, il ricordo fotografico di un
passato più o meno lontano, bensl una volontà, la
volontà. anche qui, di impegnare il futuro e non
soltanto di rappresentare il passato; volontà che il
fotogramma aveva cominciato a rivelare alla fine
del secolo scorso, prima, molto prima che il
videogramma la portasse a definitivo compimen-
to.
Cosi. molto più della foto documentaria, la
foto pubblicitaria avrà prefigurato l'immagine
fàtica audiovisiva,~ l'immagine pubblica che oggi
sostitujsce il vecchio spazio pubblico dove si
effettuava la comunicazione sociale, i viali e le
piazze, ormai superat_i, dallo schermo. dall'affis-
sione elettronica, in attesa dell'arrivo. domani,
delle «macchine che vedono» capaci di guardare
al nostro posto.
Del resto, non è forse già apparso da un po' di
tempo, per misurare l'indice d'ascolto televisivo.
un nuovo strumento, il MOTIVAC, una specie di
scatola nera incorporata nei ricevitori, che non si
accontenta più, come i suoi predecessori, di indi-
care il momento in cui si accende la televisione,
ma la presenza effettiva delle persone davanti

2. Immagine fàtica: termine tecnico usato da Gcorgcs Roques


in Magrine ti la publidtl.

133
allo schermo ... una macchina che vede primaria,
certo, ma che indica assai bene la tendenza in
materia di controllo mcdiametrico, di fronte ai
recenti misfatti dello zapping sull"udienza reale
degli annunci pubblicitari.
E di fatto. dal momento in cui lo spazio pubbli-
co cede il posto all'immagine pubblica, dobbiamo
aspettarci che si spostino anche la sorveglianza e
l'illuminazione, dalle vie e dai viali in direzione
del terminale dell'affissione a domicilio che sosti-
tuisce quello della Città. facendo sempre più per-
dere alla sfera privata la sua relativa autonomia.
La recente installazione di televisori nelle celle
dei detenuti. e non più soltanto nelle sale comu-
ni. avrebbe dovuto metterci in allarme. Poco ana-
lizzata, questa decisione rappresenta tuttavia un
caratteristico mutamento nell'evoluzione dei
costumi in materia carceraria. Da Bentham in poi
ci si era abituati a identificare la prigione col
panottico, ossia la sorveglianza centrale per cui i
condannati si trovano in ogni istante sotto lo
sguardo, nel campo vi~ivo dei secondini.
Ora i detenuti possono sorvegliare l'attualità.
osservando gli avvenimenti teletrasmessi... a
meno di capovolgere questa constatazione per
dimostrare che. proprio quando gli spettatori
accendono i loro ricevitori, sono essi, prigionieri
o no, che si trovano nel campo della televisione,
un campo sul quale non hanno evidentemente il
minimo potere d'intervento.
«Sorvegliare e punire» vanno di pari passo, ha
scritto a suo tempo Michcl Foucault. In questa
immaginaria liberazione dei detenuti. dove sta la
punizione? Si tratta di una punizione pubblicila-

134
ria per eccellenza: la bramosia. Un prigioniero
interrogato sul cambiamento così lo spiegava:
((La televisione rende più dura la prigione. Si
vede tutto quello che perdiamo, tutto quello a cui
non abbiamo diritto». Questa nuova situazione
non riguarda unicamente rincarcerazione catodi-
ca, ma anche l'impresa. l"urbanizzazione post-
industriale.
Dalla città. teatro delle attività umane. con il
suo sagrato e la sua piazza del mercato p<>pol~ta
da attori e spettatori presenti, alla Cl:"JECITIA e
poi alla TELECITrA popolata da telespettatori
a~·semi, c'era ancora un solo passo da fare. dalla
lontana invenzione della finestrn urbana. la vetri-
na. la messa sotto vetro di oggetti e persone. la
messa in opera di una trasparenza accresciuta nel
corso degli ultimi decenni. che doveva sfociare. al
di là dell'ottica foto-cinematografica, nell'ottica
elettronica dei mezzi di teletrasmissione in grado
di realizzare non solo degli edifici-vetrine, ma
anche delle città, delle nazioni-vetrine, megalo-
poli mediatiche con la paradossale capacità di riu-
11ire a distanza gli individui intorno a modelli di
opinioni o di comportamenti.
«Intensificando i dettagli. si può convincere la
gente di qualsiasi cosa», dichiarava. ricordiamo-
celo, Bradbury. E infatti, come i voyeur che si
fissano solo sui dettagli suggestivi, con l'immagi-
ne pubblica non si esplora più l'estensione, lo
spazio dell'immagine. ci si interessa principal-
mente ai dettagli intensivi. ali.intensità stessa del
messaggio.
«Contrariamente al cinema». dicc\la Hitchcock.
«in televisione non c'è tempo per la slL\1nmse. può

135
esserci solo la sorpresa». È proprio questa la logi-
ca paradossale del videogramma. Una logica che
privilegia l'accidente, la sorpresa, a scapito della
sostanza durevole del messaggio, come accadeva
ancora ieri, nell'era della logica dialettica del
fotogramma che valorizzava contemporaneamen-
te l'aspetto estensivo della durata e l'ampliarsi
dell'estensione delle rappresentazioni.
Da qui nasce la subitanea orgia di materiale di
ritrasmissione istantanea, nella città. ne Jr impresa,
o presso i privati. Di qui la tele-sorveglianza in tem-
po reale che spia instancabilmente l'inatteso, l'im-
provviso, ciò che potrebbe accadere d'inopinato,
qui o là. un giorno o l'altro, nelle banche. nei super-
mercati, sui campi sportivi dove da un po' di tempo
il video-arbitraggio sta prendendo il sopravvento
sull'arbitro presente sul terreno.
Industrializzazione della prevenzione. della
previsione. una sorta d'anticipazione panica che
impegna il futuro e prolunga «rindustrializzazio-
ne della simulazione», una simulazione che
riguarda quasi sempre i guasti, le probabili avarie
dei sistemi in causa. Ripetiamolo ancora una vol-
ta, il raddoppiamento del controllo e della sorve-
glianza indica assai bene la tendenza in materia di
rappresentazione pubblica, una trasformazione
che non riguarda soltanto i settori civili e polizie-
schi, ma anche quelli militari e strategici della
Difesa.

Prendere delle misure contro un avversario


significa spesso prendere delle contro-misure di
fronte alle sue minacce. A differenza delle misure

136
difensive. delle fortificazioni visibili e ostentate.
le contro-misure sono oggetto di segreto e della
più grande dissimulazione possibile. Così. il pote-
re delle contro-misure deriva essenzialmente dal-
la sua apparente inesistenza.
La prima astuzia di guerra non è dunque uno
stratagemma più o meno ingegnoso ma. in primo
luogo. l'abolizione dell'apparenza dei fatti, la
continuazione di ciò che Kipling segnalava
dichiarando: «La prima vittima di una guerra è la
verità». Anche in questo caso, non si tratta d·~n".'_
novare una manovra. una tattica originaria, ma di
occultare strategicamente l'informazione con un
procedimento di disinformazione che più che un
trucco o una menzogna. è rabolizione del princi-
pio stesso di verità. Se in ogni epoca il relativismo
morale ha potuto scandalizzare la coscienza, ciò è
avvenuto perché partecipava di questo stesso
fenomeno. Fenomeno di pura rappresentazione,
questo relativismo è infatti sempre alropera nel-
l'apparenza degli avvenimenti. delle cose presen-
ti, proprio a causa dell'interpretazione soggettiva
necessaria al riconoscimento delle forme, degli
oggetti e delle scene di cui siamo testimoni.
E qui che si gioca ormai la «strategia della dis-
suasione», la strategia della simulazione. delle
contro-misure elettroniche e altre. La verità non
più mascherata ma abolita è quella dclrimmagine
reale. /'immagine dello spazio reale dell'oggetto,
dell'ordigno osservato, a profitto di un'immagine
teletrasmessa «in diretta>> o più esattamente in
tempo reale.
Ciò che è falso qui non è più veramente lo spa-
zio delle cose, ma il tempo, il tempo presente

137
degli oggetti militari che servono finalmente più a
minacciare che a combattere.
Ai tre tempi. passato. presente. futuro dell'a-
zione decisiva si sostituiscono surrettiziamente
due tempi: il tempo reale e il tempo differito.
Scompare il futuro. da una parte nella program-
mazione dei computer. dall'altra nella falsifica-
zione del tempo sedicente «reale» che contiene
sia una parte del presente che una parte del Jururo
immediato. Infatti. quando nel radar o nel video
si scorge un ordigno che minaccia «in tempo rea-
le», il presente mediatizzato dalla consolle di
visualizzazione contiene già in sé il futuro dell'im-
minente arrivo del proiettile sul bersaglio.
Come la percezione «in tempo differito». il
passato della rappresentazione contiene una par-
te di questo presente mediatico. di questa «tele-
presenza» in tempo reale. poiché la registrazione
della «diretta» conserva. come un'eco, la presen-
za reale dell'evento.
L'importanza della nozione di dissuasione va
ricercata in questa direzione: nella direzione del-
l'abolizione della verità della guerra effettiva. a
solo vantaggio del deterrente terroristico delle
armi di distruzione di massa.
In effetti. la dissuasione è una figura maggiore
della disinformazione o, con più esattezza. secon-
do la terminologia inglese. della deception. Una
figura che la maggioranza degli uomini politici
sono concordi nel ritenere preferibile alla verità
della guerra reale. perché il carattere virtuale del-
la corsa agli armamenti e della militarizzazione
della scienza è percepito. malgrado i danni eco-
nomici, come «beneficio» a detrimento del carat-

138
tere reale di uno scontro che si concluderebbe in
un disastro immediato.
Anche se il senso comune è concorde nel rico-
noscere la fondatezza della scelta della «non-
guerra nucleare», nessuno può impedirsi di nota-
re che la suddetta dissuasione non è una pace. ma
una forma relativistica di conflitto: il tran:rferr del-
la guerra dall'armale al virtuale, la deception di
una guerra di sterminio mondiale in cui tutti i
mezzi messi all'opera e sempre più perfezionati
pervertono l'economia politica. trascinando le
nostre società in una dcrcalizzazione generalizza-
ta ~he colpisce ogni aspetto della vita civile.
E d'altra parte singolarmente rivelatore osser-
vare che l'arma dissuasiva per eccellenza. l'arma
atomica. è anch'essa uscita dalle scoperte teori-
che di una fisica che deve tutto, o quasi, al relati-
vismo einsteiniano. Anche se Albert Einstein
non è certo colpevole deJrinvenzione della bom-
ba come lo ritiene l'opinione pubblica, è in com-
penso uno dei principali responsabili della gene-
ralizzazione della relatività. La fine del carat~re
<<assoluto» delle nozioni classiche di spazio e tem-
po equivale scientificamente. questa volta. a una
stessa deception. per quanto riguarda la realtà dei
fatti osservati.-'
Avvenimento capitale e dissimulato agli occhi
del pubblico. che non sarà senza conseguenze sul-
la strategia come sulla filosofia, l'economia o le
arti.

3. Come afferma\·a Célinc: .. Per il momento solo i faui conta-


no, ma non per mollo tempo ancora ...

139
«Micro» o «macrofisica», il mondo contempo-
raneo non è più. nell'immediato dopoguerra,
sicuro della realtà dei fatti. dell'esistenza di una
qualsiasi verità. Dopo il declino della verità rive-
lata, avviene improvvisamente quello della verità
scientifica. e J"esisten:zialismo tradurrà chiara-
mente tale smarrimento. Infine. /'equilibrio del
terrore è esattamente questa indeterminazione.
Perciò la crisi del determinismo non colpisce dun-
que unicamente la meccanica quantistica. colpi-
sce anche l'economia politica, da cui l'attuale
delirio d'interpretazione fra l'Est e l'Ovest, il
grande gioco della dissuasione, con gli scenari
messi in azione dai responsabili della futurologia
del Pentagono, del Cremlino, e altri. «Bisogna
spegnere la dismisura piuttosto che l'incendio»,
aveva scritto Eraclito. Accettato dai protagonisti,
il principio della dissuasione rovescerà i termini:
restinzione dell'incendio nucleare favorirà lo svi-
luppo esponenziale della dismisura scientifica e
tecnica. Una dismisura che avrà per scopo dichia-
rato il costante aumento dell'offerta dello scon-
tro. come nelle vendite alrasta, col virtuoso pre-
testo di impedirlo, di proibirlo per sempre.
Di fronte al discreto discredito dello spazio ter-
ritoriale, conseguenza della conquista dello spa-
zio circum-terrestre, la geostrategia e la geopoli-
tica entreranno d'intesa nell'artificio di un regime
di temporalità falsato. in cui il VERO e il FAL-
SO saranno fuori corso. mentre l'attuale e il vir-
tuale prenderanno progressivamente il loro
posto, con grande danno della sfera economica
mondiale. come ha perfettamente mostrato nel
1987 il crack informatico di Wall Street.

140
Dissimulando il futuro dell'ultra-breve durata
di una diretta telematica, il tempo intensivo sosti-
tuìra ìl t_èmpo estensivo in cui il futuro era ancora
disposto nella lunga durata delle settimane, dei
mesi. degli anni futuri. Il duello immemoriale
deff arma e della corazza, dell'offensiva e della
difensiva. perderà allora la sua attualità. runa e
l'altra confuse in una nuova «mescolanza tecnolo-
gica». l'oggetto paradossale in cui le simulazioni.
le contro-misure non smetteranno di svilupparsi.
acquistando sempre più un carattere difensivo
preponderante, e l'immagine diventerà una
munizione più efficace di ciò che essa dovrebbe
rappresentare!
Di fronte a questa fusione dell'oggetto e della
sua immagine equivalente, a questa confusione
della presentazione e della rappresentazione tele-
trasmessa. le procedure di simulazione in tempo
reale avranno il sopravvento sui sistemi delle
armi della dissuasione classica. Il conflitto d'in-
terpretazione sulla realtà stessa della dissuasione
fra l'Est e l'Ovest cambierà a poco a poco la sua
natura con i primi frutti del disarmo atomico.
Alla domanda tradizionale Dissuadere o difen-
dersi? si sostituirà l'alternativa: dissuadere con
l'ostentazione di un armamento apocalittico o
difendersi con l'incertezza suJla realtà. la credibi-
lità stessa dei mezzi messi in opera? Come, per
esempio. la famosa «Iniziativa di Difesa Strategi-
ca» americana, la cui verosimiglianza non è affat-
to assicurata.
Ricordiamoci infatti che esistono tre principali
tipi di armi: le armi per destinazione, le armi per
funzione e le armi velleitarie. e queste ultime pre-

141
figurano le insidie della simulazione e le contro-
misure precedentemente evocate.
Di fatto il deterrente nucleare della prima
generazione ha creato una crescente sofisticazio-
ne dei sistemi delle armi (maggiore gittata. preci-
sione. miniaturizzazione delle cariche. intelligen-
za ... ). ma tale sofisticazione è finita indiretta-
mente ad accrescere la sofisticazione delle
simulazioni e delle altre contro-misure, da cui
l'importanza della rapida discriminazione dei
bersagli. non più tanto tra veri e falsi missili, ma
tra vere e false firme radar, verosimili e inverosi-
mili «immagini». acustiche, ottiche o termiche ...
Così nell'epoca della «simulazione generalizza-
ta» delle missioni militari (terrestri. navali o
aeree) entriamo in pieno nell'era della dissimula-
zione integrale. Guerra delle immagini e dei suoni
che tende a soppiantare quella dei proiettili del-
l'arsenale del deterrente atomico.
Se la radice latina della parola segreto significa
escludere, allontanare dalrintendimcnto. oggi
l'«csclusione» non è quella della distanza spaziale
ma della distanza-tempo. Ingannare sulla durata.
rendere segreta l'immagine della traiettoria è
diventato più utile che camuffare i vettori di tra-
sporto degli esplosivi (aerei, razzi ... ), da cui
l'emergenza di una nuova disciplina balistica. la
traiettografia.
Ingannare l'avversario sulla virtualità del pas·
saggio dell'ordigno. sulla credibilità stessa della
sua presenza, è diventato più necessario che
ingannarlo sulla realtà della sua esistenza. Da qui
deriva la generazione spontanea di ordigni
STEALTH: armi «discrete». veicoli «furtivi».

142
non intercettabili o quasi. .. Da questo momento
in poi entriamo in una terza epoca dell'armamen-
to; dopo quella preistorica delle anni «per desti-
nazione» e quella storica delle anni «per funzio-
ne». penetriamo netrera post-storica dell'arsena-
le. con le armi velleitarie e aleatorie, le armi
discrete che agiscono solo per la rottura definitiva
tra il reale e il figurato. Menzogne oggettive,
oggetti virtuali non identificati che possono esse-
re indifferentemente vettori di trasporto classici,
non intercettabili per la loro forma. il loro rivesti-
mento parassita; proiettili a energia cinetica
(KKV) che utilizzano solo la loro velocità d'im-
patto. o ancora gli armamenti a energia cinemati-
ca che sono i sistemi di simulazione elettronici. le
«immagini proiettili». munizioni di. nuovo genere
che seducono e ingannano pericolosamente l'av-
versario, in attesa delle armi a irradiazione che
agiscono alla velocità stessa della luce.
Materiale ingannatore. arsenale della dissimu-
lazione che supera di molto quello della dissua-
sione. la quale ha effetto solo grazie all'informa-
zione e alla divulgazione delle performances
distruttrici, mentre un sistema d·armi sconosciu-
to non rischia minimamente di dissuadere l'av-
versario/partner di un gioco strategico che
richiede l'annuncio, la pubblicità dei mezzi. da
cui deriva l'utilità dell'esibizione militare e dei
famosi «satelliti-spia» garanti dell'equilibrio dis-
suasivo.

«Volendo riassumere con una frase l'attuale


discussione sui missili di precisione e sulle anni

143
chimiche». spiegava W .J. Perry, un ex sotto-
segretario di Stato americano della Difesa.
«potrei dire: se riuscite a vedere un bersaglio
potete sperare di distruggerlo».
Questa citazione tradisce la nuova situazione e
spiega in parte i motivi del disarmo in corso.
Infatti, se ciò che si riesce a .rìCorgere è già perduto,
è necessario investire nella dissimulazione ciò che
in precedenza si investiva nella sola messa in ope~
ra delle forze: si deve incrementare la ricerca. lo
sviluppo dei sistemi di simulazione che nell'im-
presa militare-industriale occupano già un posto
preponderante, ma al tempo stesso discreto per-
ché la censura sulle «tecniche dell'inganno» supe-
ra di molto quello che è stato fino a ieri il segreto
militare dell'invenzione della bomba atomica.
Il capovolgimento della strategia della dissua-
sione è evidentissimo: all'opposto degli arma-
menti che devono essere conosciuti per diventare
realmente dissuasivi, le attrezzature «furtive»
funzionano solo attraverso l'occultamente della
propria esistenza: un capovolgimento che intro-
duce un inquietante enigma nella strategia Est/
Ovest, rimettendo in causa il principio stesso del-
la dissuasione nucleare a profitto di una «iniziati-
va di difesa strategica» che non è fondata tanto.
come ha affermato il presidente Reagan, sul
dispiegamento nello spazio di nuovi armamenti.
quanto sul principio dell'indeterminazione, l'in-
cognita di un sistema di armi relativistico la cui
credibilità non è più assicurata di quanto ne sia la
visibilità.
Si comprende meglio ora l'importanza nuova e
decisiva della «logistica della percezione» e il

144
segreto che continua a circondarla. 4 Guerra delle
immagini e dei suoni che sostituisce quella degli
oggetti e delle cose. dove per vincere è sufficiente
non perdersi di vista. Volontà di vedere tutto. di
sapere tutto. in ogni istante, in ogni luogo. volon-
tà d'illuminazione generalizzata, altra versione
scientifica dell'occhio di Dio, che vorrebbe impe-
dire per sempre la sorpresa, l'accidente, l'irruzio-
ne dell'intempestivo.
Così accanto aU-innovazione industriale delle
«armi a ripetizione», poi delle armi automatiche.
esiste anche l'innovazione delle immagini-a-ripe-
tizione di cui il fotogramma è stato l'occasione.
Come il segnale-video completa ulteriormente il
segnale-radio. il videogramma prolungherà a sua
volta la volontà di chiaroveggenza apportando,
per giunta, la possibilità di una tele-sorveglianza
reciproca in tempo reale, di giorno come di notte.
L~ultimo stadio di tale strategia sarà infine assicu-
rato dalla macchina che vede (il perceptron) che
utilizza l'immagine di sintesi, il riconoscimentp
automatico delle forme e non più soltanto quello
dei contorni. delle sagome, come se la cronologia
dell'invenzione del cinematografo si ripetesse in
uno specchio, l'era della lanterna magica che
cede di nuovo il passo a quella della videoregi-
strazione, in attesa dell'olografia numerica ...
Davanti a una rappresentazione così sfrenata,
le questioni filosofiche della verosimiglianza e
dell'inverosimiglianza hanno il sopravvento su

4. Pau.1 Virilio, logistiqlU! de la ,wrception, Guerre et cinéma


I, •Cahiers du cinéma•. 1984.

145
quelle del vero e del falso. Lo spostamento del
centro d'interesse dalla cosa alla sua immagine, e
soprattutto dallo spazio al tempo e all'istante.
porta alla sostituzione dell'alternativa schemati-
ca: reale o figurato? con quella più relativistica:
attutii~ o virtuale?
A meno che ... a meno che non si stia assisten-
do alremergenza di una mescolanza: fusione/con-
fusione dei due termini, l'avvento paradossale di
una realtà unisessuata, al di là del bene e del
male, che investa questa volta le categorie dive-
nute critiche dello spazio e del tempo, le loro
dimensioni relative, come già suggeriscono molte
scoperte nei-campi della non-separabilità quanti-
ca e della superconduttività.
Osserviamo i recenti sviluppi della (<strategia
della simulazione»: attualmente. quando gli stati
maggiori parlano della «situazione ambientale
elettronica» e della necessità di una nuova meteo-
rologia per conoscere le condizioni precise per le
contro-misure al di sopra del territorio avversa-
rio, traducono chiaramente il mutamento della
nozione stessa di situazione ambientale, oltre a
quello della realtà degli eventi che vi si svolgono.
Il carattere d'incertezza e di rapida evoluzione
dei fenomeni atmosferici si aggiunge a tali carat-
teristiche, ma in questo caso per quanto riguarda
lo stato delle onde elettromagnetiche, le contro-
misure che permettono di difendere un territorio.
Infatti, se come afferma l'ammiraglio Gor-
chkov: «Il vincitore della prossima guerra sarà chi
saprà sfruttare al meglio lo spettrD elettromagne-
tico», occorre fin da adesso considerare che l'am-
biente reale dell'azione militare non è più l'am-

146
biente tangibile. ottico e acustico. ma l'ambiente
elettro-ottico, poiché certe operazioni hanno già
cominciato ad effettuarsi, secondo il gergo milita-
re, al di là della portata 011ica (APO) grazie all'os-
servazione radioelettrica in tempo reale.
Per afferrare questa trasmutazione del campo
d'azione, bisogna tornare ancora una volta al
principio dell'illuminazione relativistica. Se le
categorie dello spazio e del tempo sono diventate
relative (critiche). è perché il carattere d'assoluto
si è spostato dalla materia alla luce. e soprattutto
aJla sua velocità limite. Così, ciò che occorre per
vedere, udire, misurare. e dunque per concepire
la realtà, non è la luce ma la sua celerità. Om1ai
la velocità non serve tanto per spostarsi facilmen-
te, quanto per vedere. per concepire più o meno
nettamente.
La frequenza tempo della luce è diventata un
fattore determinante dell'appercezione dei feno-
meni. a scapito della frequenza spazio della mate-
ria, da cui l'inaudita possibilità di trucchi in tem-
po reale, i sistemi di simulazione che non colpi-
scono tanto la natura dell'oggetto (del missile,
per esempio) quanto l'immagine della sua pre-
senza. nell'istante infinitesimale in cui per il
detettore o l'osservatore umano il virtuale e l'at-
tuale si confondono.
Per esempio i sistemi di simulazione centroidi il
cui principio consiste in ·primo luogo nel sovrap-
porre all'immagine-radar (<vista» dal missile
un'immagine creata completamente dal sistema
di simulazione. immagine-esca più attraente di
quella reale della nave presa di mira. ma altret-
tanto credibile per il missile nemico. Una volta

147
riuscita la prima fase dell'inganno, il sistema di
autodirezione del missile si blocca sul baricentro
dell'insieme, l '«immagine-esca». l' «immagine-na-
ve»: non resta quindi che spostare il missile ingan-
nato al di là della nave, il tutto in qualche frazione di
secondo. Come diceva tempo fa Henri Martre, il
responsabile dell'Aerospaziale: «L'evoluzione dei
componenti e la miniaturizzazione condizioneran-
no il materiale di domani. L'elettronica rischia di
distruggere l'affidabilità di un'arma».
Così, dopo la disintegrazione nucleare dello
spazio della ,n{lteria, che culmina nell'appronta-
mento di una strategia della dissuasione planeta-
ria, è finalmente arrivata la disintegrazione del
tempo della luce, che porterà molto probabilmen-
te a una nuova metamorfosi del gioco della guer-
ra, in cui la simulazione avrà il sopravvento sulla
dissuasione.
Al tempo «estensivo», che tentava di approfon-
dire l'intero carattere dell'infinitamente grande del
tempo, subentra oggi un tempo «intensivo» che
approfondisce questa volta l'infinitamente piccolo
della durata, del tempo miscroscopico, ultima figu-
ra di un'eternità ritrovata oltre rimmaginario del-
l'eternità estensiva dei secoli passati.~
Eternità intensiva, in cui l'istantaneità permessa
dalle ultime tecnologie conterrebbe l'equivalente
di quanto contiene !'infinitamente piccolo dello
spazio della materia. Centro del tempo, atomo
temporale situato in ogni istante presente, punto di

5. A questo proposito \•cdi llya Prigogine e Isabelle Stengers,


Entre le temps et l'tternité, Paris. Fayard, 1988.

148
percezione infinitesimale a partire da cui l'esten-
sione e la durata si concepiscono in modo diverso,
poiché la differenza relativistica ricostituisce una
nuova generazione del reale. una realtà degenerata
dove la velocità ha il sopravvento suJ tempo e suJlo
spazio, come la luce ha già preso il sopravvento
sulla materia o l'energia sull'inanimato.
Infatti, se tutto ciò che appare nella luce appa-
re nella sua velocità, costante universale. se la
velocità non serve più tanto, come si riteneva.
allo spostamento e al trasporto, se l~_\'_elo_cità sç_r.-_
ve soE_i:_attutto per i•edere._per concepire la realtà
dei'-fatti, occorre allora assolutamente «mettere
in luce» sia la durata che l'estensione; e ogni
durata, dalla più infima alla più smisurata. contri-
buisce così a rivelare l'intimità dell'immagine e
del suo oggetto, dello spazio e delle rappresenta-
zioni del tempo, come propone attualmente la
fisica triplicando la nozione finora binaria di
intervallo: intervallo del genere «spazio» (segno
negativo), intervallo del genere «tempo» (segno
positivo), già noti, e infine ciò che è nuovo: inter-
vallo del genere «luce» (segno nullo). L'interfac-
cia dello schermo della televisione diretta o il
monitor della visualizzazione infografica illustra-
no perfettamente questo terzo tipo di intervaJlo. 6

Così. poiché la frequenza tempo della luce è


diventata il fattore determinante dell'appercezio-

6. Gillcs Cohcn-Tanudji e Mir:hcl Spiro. la mQ/ière·e5pau-


tt!mp.s. Paris, Fay.ard. 1986, pp. 115·117.

149
ne relativistica dei fenomeni e dunque del princi-
pio di realtà. la macchina per vedere è davvero
una «macchina della velocità assoluta» che rimet-
te in causa le nozioni tradizionali dell'ottica geo-
metrica, quelle osservabili e quelle inosservabili.
E di fatto. mentre la foto-cinematografia s'iscrive
ancora nel tempo estensivo e con la suspense
favorisce l'attesa e l'attenzione. la vìdeo-infogra-
fia in tempo reale si inserisce già subito nel tempo
intensivo e favorisce con la sorpresa l'inatteso e
l'inattenzione.
La cecità è così nel cuore del dispositivo della
prossima «macchina per vedere», poiché la pro-
duzione di una visione senza sguardo può essere
soltanto la riproduzione di un intenso accecamen-
to, un accecamento che diventerà una nuova e
ultima forma d'industrializzazione: l'industrializ-
zazione del non-sguardo.
Di fatto, se il vedere e il non-vedere si sono
sempre trovati in una relazione di reciprocità,
poiché l'ombra e la luce si sono combinate nel-
l'ottica passiva delle lenti degli obiettivi foto-
cinematografici, con l'ottica attiva della video-
infonografia, invece, le nozioni d'oscuramento e
d'illuminazione cambiano natura, a vantaggio di
una più o meno grande imensificazione della luce.
un'intensificazione che altro non è che l'accelera-
zione negativa o positiva dei fotoni. Poiché la
traccia del passaggio dei fotoni nell'obiettivo è
essa stessa legata alla più o meno grande rapidità
dei calcoli necessari alla numerizzazione dell'im-
magine, il computer del PERCEPTRON funzio-
na alla maniera di una sorta di CORTECCIA
OCCIPITALE ELETTRONICA.

150
Non dimentichiamo però che ora l'«immagine»
è soltanto una vana parola. dato che l'interpreta-
zione della macchina non ha niente a che vedere
(è il caso di dirlo!) con la vista abituale. Per il
computer l'immagine elettro-ottica è semplice-
mente una serie di impulsi codificati. di cui non
possiamo nemmeno immaginare la configurazio-
ne in quanto, precisamente. nelr«automazione
delJa percezione» il ritorno-immagine no11 è piu
asl·icurato.
Osserviamo comunque che la vista oculare è
anch'essa una serie d'impulsi luminosi e nervosi
che il nostro cervello decodifica rapidamente (20
millisecondi per immagine). mentre la questione
dell',<energia dell'osservazione» dei fenomeni è
ancora oggi senza risposta. malgrado i progressi
delle nostre conoscenze in materia di accecamen-
to psichico o fisiologico.
Velocità della luce o luce della velocità'? Il pro-
blema rimane, malgrado la possibilità già evocata
di una terza forma d'energia: l'energia cinemati-
ca. energia-in-immagine, la fusione dell'ottica
ondulatoria e della cinematica relativistica, che
potrebbe prendere posto accanto alle due forme
ufficialmente riconosciute, l'energia potenziale
(in potenza) e l'energia cinetica (in atto). dove
l'energia (<in immagini>) illumina il senso di un
termine scientifico controverso. quello di energia
osservata.
Energia osservata o energia dell'osservazione'?
Questione in attesa di sviluppi. che dovrebbe pre-
sto diventare d·attualità con lo sviluppo delle
numerose protesi della percezione assistita da
computer. delle quali il PERCEPTRON sarà la

151
conclusione logica. ma di una logica paradossale.
poiché quella «percezione oggettiva» ci sarà per
sempre negata.
Di fronte a quest'ultima automazione le abi-
tuali categorie della realtà energetica non ba~ta-
no più: se il tempo reale ha il sopravvento sullo
spazio reale. se l'immagine ha il sopravvento sul-
l'oggetto. cioè sulressere presente, se il virtuale
ha il sopravvento sull'attuale, bisogna allora ten-
tare di analizzare le conseguenze di questa logica
del tempo «intensivo» sulle diverse rappresenta-
zioni fisiche. Mentre l'era del tempo «estensivo»
giustificava ancora una logica dialettica distin-
guendo nettamente il potenziale daJJ'attuale, l'era
del tempo intensivo esige una migliore risoluzio-
ne del principio di realtà in cui la stessa nozione
di virtualità dovrà essere riveduta e corretta.
Da qui la nostra proposta di accettare il para-
dosso logico di una vera e propria «energia del-
l'osservazione». di cui la teoria della relatività
offriva la possibilità ponendo la velocità della
luce come un nuovo assoluto. introducendo un
terzo genere d'intervallo. l'intervaJlo del genere
luce, accanto agli intervalli classici di spazio e
tempo. Di fatto. il tragitto della luce è assoluto,
come indica il suo segno nullo. poiché il principio
della commutazione istantanea dell'emissione/
ricezione ha già soppiantato quello della comuni-
cazione, che richiedeva ancora un certo ritardo
temporale.
Cosi l'assunzione del terzo tipo energetico
potrebbe contribuire a modificare la definizione
stessa del reale e del figurato; dato che il proble-
ma della realtà diventerebbe allora quello del

152
TRAGITTO dell'intervallo luce. e non più tanto
quello dell'OGGETIO e degli intervalli di spazio
e tempo.
In quanto superamento intempestivo dell'«og-
gettività», dopo l'essere del soggetto e l"essere
dell'oggetto, l'intervallo del genere luce farebbe
apparire l'essere del tragitto. Quest'ultimo defini-
rebbe rapparenza o, con maggiore esattezza. la
trans-appare11za di ciò che è. per cui la questione
filosofica non sarebbe più: «A che distanza di
spazio e tempo si trova la realtà osservata?» ma:
«A che potenza. ossia a quale velocità, si trova
l'oggetto percepito?». ,
L'intervallo del terzo genere introduce neces-
sariamente renergia del terzo genere: l'energia
dell'ottica cinematica della relatività. Cosi se la
velocità-limite della luce è l'assoluto che subentra
a quello del tempo e dello spazio newtoniani
ormai relativizzati. il tragitto ha il sopravvento
sulroggetto. Come situare allora il «reale» o il
«figurato» se non con uno «spaziamento» che si
confonde con un «illuminamento>>? Per l'osserva-
tore attento la distanza spazio-temporale non è
infatti altro che una pura e semplice figura parti-
colare della luce, e più esattamente: della luce
della velocità.
Se la velocità non è un fenomeno ma la relazio-
ne tra fenome11i (la relatività), il problema evoca-
to della distanza di osservazione dei fenomeni si
riassume nel problema della potenza di percezio-
ne (mentale o strumentale). Ne deriva l'urgenza
di valutare i segnali luminosi della realtà percetti-
va in intensità. cioè in «velocità». più che in
«ombre e luce», in riflesso, e con altre designa-

153
zioni ormai superate. Quando i fisici parlano
ancora oggi dell'energia osservata. si tratta di un
vero malinteso. di un controsenso che colpisce
l'esperienza scientifica, poiché per vedere. per
misurare e dunque per concepire la realtà non è
tanto la luce che serve. ma la velocità.
Già qualche tempo fa la rivista «Raison présen-
te» chiedeva: «La fisica contemporanea abolisce
il reale?». Abolirlo. no di sicuro! Risolverlo. cer-
tamente. ma nel senso in cui oggi si parla di una
migliore «risoluzione dell'immagine». Effettiva-
mente dopo Einstein, Niels Bohr e qualcun altro.
la risoluzione temporale e spaziale del reale è in
via di realizzazione accelerata!
Ricordiamo che non potrebbe esistere la relati-
vità senza l'ottica relativistica (l'ottica ondulato-
ria) dell'osservatore. il che porterà anche Ein-
stein a pensare di intitolare la sua teoria: teoria
del pumo di vista. il «punto di vista» che si con-
fonde necessariamente con la fusione relativistica
dell'ottica e della cinematica. un 'altra denomina-
zione dcli' «energia del terzo tipo» che propongo
di aggiungere alle altre due.
Di fatto. se ogni immagine (visuale. sonora) è
la manifestazione di un'energia o di una potenza
misconosciuta, la scoperta della pt!rsistenza reti-
nica sarebbe molto più che l'intuizione di un ritar-
do (l'impronta dell'immagine sulla retina). è la
scoperta di un arresto su/l'immagine che ci parla
dello scorrimento, del «tempo che non si ferma»
di Rodin. cioè del tempo intensivo della chiaro-
veggenza umana. Infatti. se a un dato momento
dell'azione dello sguardo si ha una fissazione. è
perché esiste un'energetica dell'ottica. e tale

154
«energetica cinematica» non è altro che la mani-
festazione di una terza forma di potenza, senza la
quale la distanza e il rilievo non esisterebbero,
poiché questa stessa «distanza» non potrebbe esi-
stere senza intervallo temporale. dato che il
distanziamento potrebbe apparire solo grazie
all'illuminazione della percezione, come ritene-
vano, a modo loro. gli antichi.7

Ma ritorniamo, per concludere, alla crisi della


fede percettiva. all'automazione della percezione
che minaccia l'intendimento. Oltre all'ottica
videografica. la macchina per vedere utilizza
anche la numerizzazione dell'immagine per facili-
tare il riconoscimento delle forme. Notiamo però
che l'immagine di sintesi, come indica il nome. è
in realtà solo un'«immaginc statistica>> che nasce
grazie ai rapidi calcoli dei PIXEL che compongo-
no il codice di rappresentazione numerica - da
cui la necessità, per decodificare un solo PIXEL,
di analizzare quelli che immediatamente lo prece-
dono e lo seguono - quindi la critica abituale del
pensiero statistico generatore di illusioni raziona-
li si riallaccia necessariamente a ciò che potrem-
mo chiamare il pensiero visivo del computer;
infatti l'ottica numerica altro non è che un 'ottica
statistica in grado di generare una serie di illusio-
ni visive. «illusioni razionali». che riguardano

7. A qu~!ilO propo:,;itn. Ycdi l'opera di Gérard Simon, le


regurd, /'hre ~, l'apparcnc-t! dans /'optiq11~ d~ l'Amìqwtl. Paris.
Le Scuil, Collcclion des traVilUX, 1988.

155
non solo il ragionamento ma anche l'intendimen-
to.
La scienza statistica. ieri l'arte di informare sul-
le tendenze oggettive, da poco un·arte della per-
suasione, acquisendo un"o11ice1 a circuito chiuso
rischia di rinforzare considerevolmente. insieme
alle sue capacità di discernimento. il suo potere.
la sua potenza di convinzione.
Fornendo ai suoi utilizzatori non soltanto
un'informazione «oggettiva» sugli avvenimenti
proposti. ma anche un 'interpretazione ottica
«soggettiva» dei fenomeni osservati, la macchina
per vedere corre il grosso rischio di contribuire a
uno sdoppiamento del principio di realtà. dato
che l'immagine sintetica non ha più niente in
comune con la pratica dell'inchiesta statistica abi-
tuale. Non si è già cominciato a parlare di espe-
rienze nu.meric:lze in grado di sostituire le classiche
«esperienze del pensiero»? Non si discute anche
di una realtà artificiale della simulazione numeri-
ca opposta alla «realtà naturale» dell"esperienza
classica?
«L'ebbrezza è un numero». ha scritto a suo
tempo Charles Baudelaire. Di fatto. l'ottica
numerica è una figura razionale dcll"ebbrezza.
dell'ebbrezza statistica, ossia di un turbamento
della percezione che intacca sia il reale che il figu-
rato. Come se la nostra società sprofondasse nel-
la notte di un accecamento volontario, dove la
volontà di potenza numerica finisce per infettare
l"orizzontc del vedere e del sapere.
Se oggi grazie alle banche dati la produzione di
immagini di sintesi è un modo di rappresentazio-
ne di un pensiero statistico maggioritario, essa

156
dovrà presto contribuire allo sviluppo di un ulti-
mo modo di ragionare.
Non dimentichiamo che il PERCEPTRON vie-
ne messo in funzione per favorire l'emergenza di
«sistemi esperti» della quinta generazione. ossia
dell'intelligenza artificiale che onnai può arric-
chirsi soltanto con l'acquisizione di nuovi organi
di percezione ...

Come conclusione raccontiamo una favoletta


basata su un"invenzione. questa assai reale: la
pe,i na-calcolatrice. Il suo uso è semplice. basta
scrivere l'operazione sulla carta, come quando si
fa un calcolo. Finito di scrivere, il piccolo scher-
mo inglobato nella stilografica visualizza il risul-
tato. Magia? per niente: durante la scrittura, un
sistema ottico ha letto le cifre ·tracciate e l"elettro-
nica ha dedotto l'operazione. Questi i fatti, la
favola è quella che la mia penna cieca. questa,
scrive per te, lettore, nelle ultime righe di questo
libro. Immagina per un istante che io riesca a
ottenere dalla tecnica, per scrivere un'opera. la
prossima novità: la penna-lettrice. Secondo te,
che cosa si visualizzerebbe sullo schermo. degli
insulti o dei complimenti'! Ma chi ha mai visto
uno scrittore scrivere per la propria penna ... ?

157
DROMOLOGIA:
LA LOGICA DELLA CORSA
Conversazione di Giairo Daghini
con Paul Virilio
1. Lo spazio, il tempo, la velocità
Giairo Daghini: Tu sei un urbanista che costrui-
sce concetti come un filosofo. In modo coerente
al tuo essere urbanista hai lavorato sullo spazio
ma si potrebbe quasi dire. per scoprire l'impor-
9

tanza cruciale del tempo e con esso della velocità.


Di quesfultima hai messo in luce l'aspetto gene-
ratore di potere. e quindi di violenza. La guerra e
le tecnologie contemporanee sono diventate il
campo privilegiato del tuo lavoro. Cosa ti spinge
a questa tua ricerca originale e come sei arrivato
a impostarla'?

Paul Virilio: Credo che questo sia legato alla mia


funzione d'urbanista. vale a dire d'uomo della cit-
tà. La città è un territorio e. lo ricordo, il territo-
rio è legato alle tecnologie che permettono di
percorrerlo e di controllarlo. Un territorio è
innanzitutto uno spazio-tempo costituito dalle
tecniche di spostamento e dalle tecniche di comu-
nicazione, siano esse il cavallo o il piccione viag-
giatore, il TGV o l'aereo o il minitel.

161
GO: Lo spostamento e la comunicazione sono
basati sulla velocità a cui tu attribuisci un'impor-
tanza enorme.

PV: È sicuro che la velocità è un elemento che è


stato trascurato tra il tempo e la durata. Se si con-
siderano la storia e la filosofia del tempo, attra-
verso Heidegger. sant'Agostino o altri ancora. ci
si accorge che il tempo è una durata. ma che il
termine di velocità entra in considerazione solo
molto tardi. E questo malgrado il fatto che ogni
durata sia una categoria della velocità. Il termine
di velocità diventa realmente necessario. al di là
della nozione d'istante. d'istante vissuto. d"istan-
te presente. d'istante infinitesimale. solo con le
tecnologie di spostamento rapido. quelle della
rivoluzione dei trasporti del XIX secolo. e con le
tecnologie di comunicazione o di telecomunica-
zione ultrarapide che utilizzano la velocità della
luce attraverso relettronica. Dirci che l'impor-
tanza della velocità sorge, nelle scienze umane e
nella società moderna. quando la Teoria della
Relatività la pone in primo piano.

GD: Qual è l'importanza della velocità così inte-


sa?

PV: Essa non è un fenomeno, bensì la relazione


tra i fenomeni; detto con altre parole, la velocità
è la Relatività stessa. Vorrei ricordare che la
costante C della Teoria della Relatività, e cioè la
velocità della luce. è rultimo assoluto. La veloci-
tà insuperabile della luce organizza tutto il siste-
ma. A partire dalrinizio di questo secolo. e aura-

162
verso la Teoria della Relatività einsteiniana,
ristretta e allargata. si può vedere come la veloci-
tà diventi l'ultimo assoluto. Il tempo non è più un
assoluto, lo spazio non è più un assoluto. come ai
tempi di Newton, è la velocità che è diventata il
nuovo assoluto. Questa rivoluzione cosmologica,
astrofisica. geofisica non ha lasciato tracce nella
coscienza della nostra epoca, anche se si tratta di
una rivoluzione molto importante.

GO: La presa d'importanza di questo termine di


velocità. nel significato che gli conferisci. appare al
culmine di una serie di eventi e di concetti in cui la
velocità era stata intesa soprattutto come la misura
del tempo di spostamento da un luogo a un altro. Si
possono, forse. storicizzare le peripezie e i signifi-
cati di questo termine per coglierne con più eviden-
za il suo carattere di «ultimo assoluto».

PV: Su questo punto bisogna considerare diversi


periodi che danno luogo a un cambiamento. La
velocità di un cavallo, di un treno, di un battello,
serve innanzitutto a spostarsi rapidamente da un
luogo a un altro. Il potere politico sarà legato a
questa capacità di spostare uomini, messaggeri o
soldati. In un secondo tempo le tecnologie di
comunicazione faranno in modo che la velocità
servirà a vedere e a udire ciò che non si dovrebbe
né vedere né udire. I segnali a distanza. il telegra-
fo, e poi il cinema ultrarapido. a un milione d·im-
magini al secondo, che permetterà di \ edere cose
1

che nessuno aveva mai visto. oppure l'alta fedeltà


che permetterà d'udire suoni mai ascoltati con i
precedenti mezzi di riproduzione... Se. per

163
cominciare, consideriamo lo spostamento. vale a
dire la velocità che serve per spostarsi. noi abbia-
mo un trittico: la partenza. il viaggio e l'arrivo.
La partenza è un momento importante: si decide
d'andare in un luogo. ci si mette in cammino. Il
viaggio è qualcosa d'altrettanto importante, che
può durare a lungo. come fu il caso dei viaggi dei
pellegrini. di Marco Polo, o dei viaggi dell'uomo
del XVIII secolo ... L'arrivo è in sé un avveni-
mento considerevole. L'arrivo dopo tre mesi di
cammino a piedi. o dopo un anno di circumnavi-
gazione è un avvenimento. Tre termini: la par-
tenza, il viaggio, l'arrivo. Ma quasi subito, con la
rivoluzione dei trasporti. non ci saranno più che
due termini e mezzo: si partirà ancora ma il viag-
gio non sarà altro che una specie d'inerzia, d'in-
termezzo tra la propria casa e la destinazione. A
partire dall'invenzione del treno, per esempio. il
viaggio perderà la sua capacità di scoperta del
mondo per diventare una specie di momento da
trascorrere netrattesa d'arrivare a destinazione.
Con la rivoluzione dei trasporti aeronautica, ci si
accorgerà che la partenza e l'arrivo continuano
ad esistere ma che il viaggio non esiste più per
niente. La dimostrazione è data dal fatto che si
dorme nel treno e nell'aereo e che, per riempire
quell'intermezzo. sulle linee aeree a lunga distan-
za si proiettano dei film. Quindi, in un certo
modo. dopo la rivoluzione dei trasporti uno dei
tre termini scompare ed è il viaggio.

GD: Il viaggio si è perso ma è rimasto lo sposta-


mento da un luogo a un altro. Ora. e mi riferisco
al secondo tempo cli cui hai parlato, quello delle

164
tecnologie di comunicazione, si dà il caso di viag-
gi che vengono compiuti senza muoversi di casa
ma. per esempio. con la testa dentro lo scher-
mo ...

PV: A partire dal XX secolo non si tratta più del-


la rivoluzione dei trasporti, bensì della rivolu~_kt..
ne delle trasmissioni e qui si assiste alla dispari-
zionc d'un secondo termine. Airinizio avevamo
un trittico, poi un dittico: partenza-arrivo e nel
mezzo un intermezzo. Con la rivoluzione delle
trasmissioni. con la televisione e la teletrasmissio-
ne. tutto arriv~ senza che sia necessario partire,
né viaggiare. E ciò che chiamo l'era dell'arrivo
generalizzato. Faccio riferimento a un arrivo
ristretto e a un arrivo generalizzato per mostrare
la dimensione «relativista» dei due termini. La
velocità ha modificato l'essere del viaggio e del
percorso a tal punto che siamo passati da tre ter-
mini a due termini e infine a un termine genera-
lizzato: l'arrivo. L'arrivo dominerà tutte le par-
tenze e tutti i viaggi. C'è qui una dimensione rivo-
luzionaria riguardo alla città e al territorio
politico e anche riguardo al territorio strategico.

GD: Questa dimensione ti ha portato a elaborare


un discorso sulla velocità che hai chiamato col
neologismo di dromologia.

PV: Sì. Dromologia è un termine che ho innova-


to. Accanto alla sociologia dei trasporti. accanto
alla filosofia del tempo, accanto all·economia,
c'era posto per un·attra logica, un'altra disciplina
che ho desiderato chiamare dromologia. La radi-

165
ce della parola mostra il perché: «dromos» in gre-
co significa corsa e il termine corsa mostra bene i
modi in cui la nostra società è configurata dalla
velocità, così come dalla ricchezza. Il «dromos»,
lo ricordo, è la «strada» presso i greci. è il «cor-
so>>, e in francese la parola «rue>> ha la stessa radi-
ce di «ruée»: precipitarsi. Quindi la dromologia è
la scienza. o meglio, per ora. la disciplina. la logi-
ca della velocità.

GO: Tu hai scritto in Velocità e politica che l!l


«velocità è Ja faccia nascosta deUa ricchezza». E
questo il significato della logica della velocità?

PV: La velocità in quanto relazione tra i fenome-


ni è un elemento costitutivo della vita politica e
sociale delle nazioni, e lo è attraverso la ricchez·
za. Le società antiche. come le società moderne
del resto, sono costituite attorno alla ricchezza.
ciò che tutti sanno a partire dagli economisti e
anche prima di loro; ma ciò che si dimentica è che
la ricchezza è legata all'acquisizione di velocità
superiori che permettono di dominare le popola-
zioni. il territorio e la produzione. La società
antica, come la società medievale. e moderna
sono società dromocratiche. Il termine dromo-
crazia vuol dire gerarchie di velocità legate alle
gerarchie della ricchezza. Se si prende ad esem-
pio la società ateniese, ma questo vale anche per
le altre città greche. si vede che al punto più alto
sta il trierarca. il cittadino ricco in grado d'armare
una triera, una trireme. cioè la nave più rapida
dell'epoca. A un gradino sotto c'è il cavaliere,
colui che può possedere un cavallo, una fortuna a

166
quel tempo. Al di sotto ancora si trovano gli opli-
ti. coloro che possono equipaggiarsi coi propri
mezzi per diventare dei soldati. infine gli uomini
liheri e gli schiavi che remano nelle triere. Essi
non potranno che noleggiare se stessi. o essere
costretti al ruolo di energia nella macchina socia-
le e di guerra. Siamo in presenza di un sistema
gerarchico costituente una dromocrazia: una
gerarchia di ricchezza che nel medesimo tempo è
anche una gerarchia di velocità. La stessa cosa
esiste nella società romana con gli «equites roma-
ni», che in realtà sono dei banchieri. Non dimen-
tichiamo che la banca alle origini è legata al
cavallo. è legata alla possibilità di beneficiare
d'un plusvalore attraverso un messaggero. attra-
verso delle informazioni e dei mezzi di trasporto.
Conosciamo peraltro rimponanza della marina
nel capitalismo mediterraneo. come ce lo insegna
Braudel...
GD: Nelle civiltà nomadi basate sul cavallo, la
società è costituita attorno alla velocità del caval-
lo. Più tardi, quando l'artiglieria sconfiggerà defi-
nitivamente i nomadi, la società dovrà fare i conti
con la velocità -delrartiglieria.

PV: Nel mondo antico i mezzi per fare velocità


sono limitati. essi sono essenzialmente la naviga-
zi.one e il cavallo. Il mondo antico e medievale
producono più freni che velocità. lo fanno con i
bastioni delle città. le tasse locali, i continui osta-
coli delle definizioni territoriali frapposti al movi-
mento delle persone. e poi con quelli della mora-
le e degli interdetti alla ricerca. Più avanti. c'è la

167
grande rivoluzione che altri hanno chiamato
industriale, ma che io chiamo dromocratica. per-
ché assieme alla produzione in massa di oggetti
essa ha inventato il mezzo per fabbricare la velo-
cità. L'invenzione del motore a vapore e poi del
motore a scoppio. questa gerarchia della velocità
e della ricchezza, permette di spiegare una parte
importante del capitalismo moderno. Per conclu-
dere: la dromologia è una disciplina che cerco di
elaborare e di rendere possibile. Negli anni a
venire pubblicherò un «précis de dromologie>>,
un libro tecnico. il testo costitutivo di questa
disciplina che sta nascendo.

GD: Che è poi la ricerca originale che conduci da


tempo. Quanto alJa velocità, o meglio quanto alla
sua esaltazione. e con essa quella della tecnica, si
possono ricordare anche le avanguardie artistiche
di questo secolo e in particolare i Futuristi. Come
ti situi rispetto a loro?

PV: È sicuro che un Marinetti ha fatto molto di


più per comprendere la tecnologia moderna che.
in un certo senso, un Heidegger. Quest'ultimo è
un grande filosofo della tecnica, nessuno lo con-
testerà, anche se si può contestare in modo legit-
timo la sua posizione politica, ciò che non ho
mancato di fare. ma è sicuro che la rivelazione
delle ambizioni della tecnica è data dai Futuristi
italiani. Solo che si tratta dì una rivelazione che
definirei sublime. una rivelazione positivista. È
l'illusione del progresso che si rivela attraverso il
Futurismo. Per Marinetti la velocità è una mera-
viglia. in certo senso e la forma di una divinizza-

168
zfone dell'uomo tecnico, dell'uomo scientifico. Il
pilota è quest'uomo assoluto che si identifica alla
sua velocità. che fa dio. che gioca a dio. Ora il
mio rappono al tema della velocità è molto diver-
so. Per cominciare non sono un poeta. non sono
un letterato. Il mio avvicinamento a questo tema
si è fatto attraverso la guerra e attraverso il carat-
tere negativo della velocità. o piuttosto degli svi-
luppi della velocità. La velocità non è negativa in
sé. Ciò che mi conduce ad avere una visione mol-
to più inquieta, e molto meno positivista, di quel-
la di Marinetti è che io prendo sul scrio lo stermi-
nio della velocità. Marinetti si compiaceva del
fatto che la velocità stermina il mondo, ma la sua
era un'immaginazione. lo invece ne sono stato un
testimone, anzi tutti lo siamo stati. e non è finita,
delle grandi catastrofi deUa guerra moderna e
della riduzione del mondo a niente nello stermi-
nio nucleare.

2. la guerra pura
GO: Come la messa in evidenza del significato
della velocità ti pona a costruire una logica, una
dromologia, così il tema della guerra prende cor-
po nella tua ricerca, come una specie di logica
profonda degli eventi. di condizione interna alle
cose, indipendentemente dalla situazione di pace
o di guerra dichiarata. Da dove viene e che cosa ti
spinge a considerare il mondo degli eventi in un
orizzonte di guerra?

PV: È sicuro che la guerra per me è fondamenta-

169
le. Non ho scelto che lo fosse. Essa lo è diventata
nel corso della mia biografia. poiché sono nato
nel 1932 e ho vissuto a Nantes dei bombardamen-
ti terroristi che hanno causato migliaia di morti.
Quindi, effettiyamente. la guerra è per me qual-
cosa che si potrebbe chiamare un mitema. un
tema mitico se si preferisce. In un certo senso la
guerra di cui parlo non è la guerra storica, lo
scontro tra nazioni, tra gruppi. ma piuttosto la
guerra pura, come si dice la «ragion pura». Per
me, la guerra è una dimensione originaria della
società, come il crimine è una dimensione origi-
naria della vita individuale. Ogni uomo è con-
frontato un giorno o l'altro con il crimine, sia con
il crimine pensato, sia con il crimine effettuato.
La guerra pura che mi interessa è quella per cui la
guerra appare come una costante dell'umanità.
Lo è non perché c'è sempre una guerra dichiara-
ta. ma perché la guerra è sempre preparata. per-
ché è sempre all'opera la preparazione della
guerra. Ciò che chiamo la guerra pura è la prepa-
razione senza fine della guerra tra le società. Non
è l'effettuazione occasionale della guerra, con
intermezzi di pace, questi sono i fenomeni analiz-
zati dagli storici e dai politologi. Questa dimen-
sione non interessa direttamente la mia ricerca.
ciò che mi interessa è la tendenza alla guerra nel-
la storia sociale. come la tendenza al crimine nel-
la storia degli individui.

GD: Quali sono gli elementi costitutivi, il funzio-


namento e le strutture di quella che tu chiami
guerra pura? Che cosa è per te la logica della
guerra?

170
PV: La logica della guerra è composta da tre
termini: in primo luogo la tattica. poi la strategia
e infine la logistica. La tattica nasce dai primi
scontri tra gli uomini. Direi che questa tattica
dell'uomo nei confronti dell'uomo non è molto
diversa da quella del cacciatore nei confronti
dell'animale; si agisce d'astuzia per intrappolare
un animale. si agisce d'astuzia per accerchiare
degli uomini e sterminarli. Non è molto diverso.
Sono le guerre pre-storiche. Dal momento in cui
la storia e la politica si strutturano con la nascita
della città, si assiste all'emergenza della strate-
gia, cioè di un pensiero della guerra che ha nien-
te a che fare con I' effcttuazione della guerra
stessa, ma piuttosto con la sua preparazione. La
tattica è legata al fatto dell'andare a caccia, per
cui non si fanno trattati all'infinito sui vari modi
d'intrappolare un animale, ma si va piuttosto per
colpi di mano. Con l'apparizione della città
come macchina di guerra. e ricordo che il sinda-
co della città greca è chiamato stratega, la strate-
gia si confonderà con la politica. La nascita del
politico e dello strategico sono simultanee; un
cittadino è simultaneamente cittadino-soldato e
la città è inseparabile dalle sue mura. La città è
una macchina di guerra nel medesimo tempo in
cui è una macchina di produzione simbolica ed
economica. Ora, molto presto, a partire dall'in·
venzione delrartigJieria, nel XVII-XVIII secolo
per andare veloci, la logistica verrà a completare
il quadro. Ricordo che la parola logista designa-
va presso i romani quelli che preparavano la
guerra e i vettovagliamenti.

171
GO: Le vie di comunicazione. i trasporti: le velo-
cità.
PV: Infatti le vie romane sono dei mezzi logistici
per spostare le truppe e qui ritn.wiamo le veloci-
tà. Anche la logistica, quindi. ha origini lontane,
senonché, nelle guerre moderne, e poi nella guer-
ra attuale basata sulla discussione nucleare, la
logistica s'impone sulla strategia. o piuttosto la
strategia risulta fondata sulla logistica, vale a dire
sul complesso militare-scientifico-industriale. La
dissuasione sarà efficace solo finché si invente-
ranno continuamente dei mezzi nuovi per attuar-
la. Se si fossero conservate le stesse bombe e gli
stessi aerei del 1950 la dissuasione non sarebbe
stata necessaria. Per dissuadere è stato necessario
perfezionare senza posa i sistemi di guida dei mis-
sili. le velocità, e le tecnologie di guerra.
GO: La logistica organizza il movimento. il rifor-
nimento, l'economia della guerra ma, nel medesi-
mo momento, e nell'epoca contemporanea. la
logistica diventa un elemento fondamentale del-
l'economia stessa. Applicando la logica della
guerra che tu proponi si può dire che la logistica
diventa un'economia speciale che finirà con l'im-
porsi come complesso industriale-militare.
PV: Proprio così. Il sorgere del complesso indu-
striale militare denunciato da Eisenhower. per
primo. nel 1961, quando lascia la Casa Bianca.
era cominciato prima, negli anni tra il 1940 e il
1945. In epoca precedente, questo fenomeno
aveva fatto la sua apparizione con la produzione

172
di mezzi pesanti per la marina di guerra attorno al
1870. A partire da questa data. l'investimento
nella guerra navale. in particolare delrJnghilterra
e della Francia che si permettono le colonie. è
tale da creare un sostanziale squilibrio tra l'eco-
nomia civile. l'economia di pace per dirla con
un'immagine. e l'economia di guerra. Sarà
durante la prima guerra mondiale che assistere-
mo a quella che io chiamo la prima grande sor-
presa tecnica. Quella guerra. non si appoggia tan-
to sulle forLe marittime quanto sull'artiglieria
pesante. sulle ferrovie. sui mezzi corazzati. su
tutte queste cose industriali. Non dimentichiamo
che la guerra del ·14 è la prima guerra veramente
tecnica in Europa, preceduta solo. negli Stati
Uniti. dalla guerra di secessione che già era stata
combattuta come una guerra totale. Ora, i tede-
schi si sono preparati a questo salto industriale e
tecnico. mentre gli Alleati non sono pronti: l"arti-
glieria non è sufficientemente rifornita di muni-
zioni, i cannoni francesi non sono abbastanza
numerosi e sono di calibro troppo piccolo. Già
nel 1915, questa situazione porterà gli Alleati, e i
francesi in particolare, a dover quasi interrompe-
re la guerra per mancanza di munizioni. Essi
comprenderanno che ciò che avevano sviluppato
nella società coloniale. e cioè la potenza navale,
ora dovranno svilupparlo nell'economia generale
della società del XX secolo nella forma di un
complesso industriale-militare.

GO: Lo scontro tra imperialismi che spinge alla


prima guerra mondiale contiene questo rapporto
rovesciato tra logistica cd economia in cui un'eco-

173
nomi a di guerra funziona già ben prima della
guerra stessa. Questo lo si vedrà ancor meglio al
momento della seconda guerra mondiale, con le
economie largamente condizionate dall'econo-
mia di guerra e poi, di crescendo in crescendo, si
arriva alla situazione attuale in cui il complesso
industriale-militare e la mobilitazione della scien-
za conducono la tendenza.

PV: Gli scienziati furono mobilitati già durante la


prima guerra mondiale per inventare nuove armi:
si potrebbe citare Louis de Broglie e altri ancora.
Durante la seconda guerra mondiale, furono
inventati il radar e l'arma nucleare: una tragica
sorpresa scientifica. Si può dire che. in generale,
dopo la militarizzazione dell'industria noi assi-
stiamo a una militarizzazione della scienza. L'era
che ha visto nascere l'arma nucleare e prepararsi
la «guerra stellare», corrisponde a una militariz-
zazione della scienza. La scienza stessa, oramai. è
implicata nel fenomeno della guerra. Con il com-
plesso industriale-scientifico-militare, la logistica
diventa egemonica rispetto alla strategia, e que-
sto comporta l'egemonia d'una economia di guer-
ra in grado di condizionare l'economia generale
della società.

GD: Questa preminenza della logica della guerra


che tira su di sé r economia e la trasforma in un' e-
conomia a sostegno di se stessa determina ugual-
mente uno spazio-tempo che gli è specifico.

PV: In primo luogo. lo spazio-tempo della guerra


è lo spazio-tempo della portata delle armi...

174
Un 'arma è innanzitutto la capacità di raggiungere
a distanza un nemico. In un primo momento_ lo
spazio-tempo è più lo spazio che il tempo. Se si
prende per esempio la portata della freccia si può
dire che è la freccia che organizza il bastione,
anche se la maggior parte delle piazzeforti non
sono state espugnate all'epoca delle frecce. per-
ché è molto difficile entrare in una piazzaforte
con le sole frecce. In una parola: la corazza vince-
va rarma. In un primo momento lo spazio reale
della fortt:z.za è più poll·nte dello s1,azio-tempo
del proiettile. Ora. con rinvenzionc de1t·artiglie-
ria e con il suo sviluppo crescente. il tempo reale
del proiettile si imporrà sullo spazio reale del
bastione. Prova ne è l'abbattimento dei bastioni
che venivano distrutti dall'artiglieria. Ricordo
che ciò che distrugge è la potenza d'impatto. In
un primo momento i bastioni sono stati rovinati
dalla velocità di lancio. dalla forza d·impatto del-
le palle di cannone facenti funzione di martello
pneumatico sulle mura.

GO: Saltando velocemente nei tempi moderni si


potrà poi dire che il tempo. la velocità dei tra-
sporti la vince sullo spazio del territorio. La sor-
presa della «guerra lampo» per esempio.

PV: Effettivamente la seconda guerra mondiale è


stata una guerra di velocità. I carri d'assalto,
inventati durante la prima e utilizzati a profusio-
ne nella seconda guerra mondiale. con l'aviazio-
ne. conquisteranno i territori a delle velocità
impressionanti. Se i carri armati arrivano a Parigi
non è perché i francesi non si sono opposti, ma

175
perché i tedeschi hanno voluto penetrare il paese,
cioè violarlo, senza occuparsi di coloro che resi-
stevano. E que_sto per mezzo della velocità dei
loro «panzer». E singolare vedere una guerra che
non è altro che una corsa. I francesi cercano d'op-
porsi facendo fronte. i tedeschi. invece, non
vogliono battersi ma vogliono passare attraverso,
come dell'acqua che filtra e monta in cantina mal-
grado tutte le porte siano chiuse. Oggi la situazio-
ne è completamente diversa perché la velocità
non è più quella delle frecce, non è più quella dei
proiettili di cannone. né quella del carro armato,
o dell'aviazione d'assalto. ma è la velocità dei
missili, quella del laser e cioè della luce. Quindi il
problema della guerra è che, oramai. le armi van-
no più veloci della velocità di decisione degli
uomini. La situazione drammatica attuale. che
forse spiega in parte il disarmo tra Est e Ovest, è
che noi siamo sul limite d'inventare la macchina
per la dichiarazione di guerra. cioè un satellite
«intelligente» capace d'agire alla velocità del
laser per rispondere a un attacco nemico. Gorba-
ciov e Bush. da una parte e dall'altra, sanno che
se continuano la militarizzazione della scienza e
della tecnica. i riflessi dell'uomo non saranno più
abbastanza rapidi per decidere della pace e della
guerra, ma che sarà un satellite a decidere per
loro, con tutti i rischi d'incidente che si possono
immaginare in un apparecchio che deve decidere
detravvenire del mondo. Sono proprio questi i
satelliti «intelligenti» che americani e russi prepa-
rano attualmente, satelliti che a partire da sensori
radar funzionanti alla velocità dell'elettronica

176
sarebbero capaci di decidere dei tiri automatici di
missili in risposta a un attacco avversario.

GD: Tutto questo fa invecchiare vertiginosamen-


te il famoso telefono rosso dei presidenti.

PV: Vorrei dire ancora una parola. partendo da


questi avvenimenti. per mostrare come quel che
chiamo dromologia possa essere efficace. E cioè:
si può prendere un evento appartenente alla prei-
.storia e rimontarlo nelle sue modificazioni suc-
cessive fino all'epoca più recente. I fenomeni
militari e politici ci permetterebbero di rimontare
tutta la logica e la logistica dromologica. Possia-
mo concludere sulla guerra con una citazione di
Sun Tse, uno stratega cinese di ottocento anni fa:.
«La prontezza è l'essenza della guerra», ciò che
mostra che la dromologia possiede antichi ante-
nati.

3. li territorio: la città, lo stato, la politica


GO: Tu assegni un grande compito e grandi pos-
sibilità al]a dromologia, cioè allo studio della
velocità. E singolare, per contro. come il concet-
to di velocità non sia stato utilizzato per l'elabo-
razione del sapere fino ad oggi. Probabilmente
solo ora questo concetto acquista tanta importan-
za in seguito allo sviluppo delle nuove tecnologie
che funzionano alla velocità della luce. Il suo uso
pennette ora d'illuminare certi aspetti delle
società passate e nel medesimo tempo di noi stes-
si in quanto appartenenti a fonne di società e di

177
città in profonda mutazione. Come si misura. a
questo proposito. la dromologia con il territorio e
la politica?

PV: Per me. innanzitutto. il politico è fondamen-


tale. come la guerra lo è. e credo anche che sia
molto importante dirlo. Il politico è sicuramente
il territorio di diritto. Non c'è diritto senza terri-
torio di diritto. È questo, a mio avviso, un ele-
mento molto importante che sarebbe bene medi-
tare di questi tempi di deterritorializzazione. di
delocalizzazione. per non dire di deportazione.
Non c'è diritto che per colui che è cittadino d'un
luogo, che oltre all'essere possiede il luogo. che
ha l'aver luogo. Si dice sempre di un 'azione che
«ha avuto luogo»; ora, il diritto ha luogo; non c'è
diritto senza luogo.

GD: Il diritto di cittadinanza distingue l'apparte-


nente alla città dallo straniero.

PV: La città è l'invenzione di un diritto di città, di


un luogo che preserva il diritto. In un primo tem-
po quello dei privilegiati che si trovavano nella
città, contrapposti ai poveri, ai p~riferici, agli
esclusi che si trovano nella terra di nessuno fuori
delle mura, esseri da utilizzare o da sterminare.
Ricordo che quando si parla di partire a far la
guerra si dice anche che ci si prepara a partire per
una cccampagna» militare - la parola è chiarissi-
ma. Quindi, per me, il politico è la costituzione di
un territorio di diritto attraverso la città-stato,
poi lo stato-nazione. e attraverso quelli che ver-
ranno chiamati più tardi i diritti dell'uomo. Ora.

178
quel che mi inquieta è che rapidamente, a partire
dallo stato-nazione, si comincerà ad assistere, e
oggi con tutta evidenza. a una perdita del territo-
rio del diritto.

GD: Che significa per te perdere il territorio del


diritto?

PV: Dirò, per dare un'immagine, che ci sono dei


diritti marittimi, dei diritti aerei e ora anche un
diritto spaziale. I diritti aerei concernono i corri-
doi di volo per gli aeroplani, mentre il diritto spa-
ziale è la proprietà della sua orbita per un satelli-
te. Con altre parole: c'è un diritto senza luogo,
un diritto traiettoriale («trajectoriel» ), quello
degli aerei, o quello delle rotte dei batteUi. e un
diritto orbitale dei satelliti. Ora, in un certo sen-
so., la crisi del diritto di città, la crisi della cittadi-
nanza. che ha luogo oggigiorno, ci porterebbe a
credere. se non ci prestassimo attenzione, che i
diritti dell'uomo potrebbero essere ridotti a un
equivalente dei diritti dei veicoli. L'uomo posse-
derebbe il suo tragitto, non possederebbe più la
sua casa. Crisi della proprietà, non tanto nel sen-
so capitalistico del termine. ma nel senso di esse-
re a casa propria, di essere nell'intimità. L'uomo
sarebbe come un veicolo che possiede il suo tra-
gitto e. una volta che è passato, dietro di lui non è
più suo. C'è qui a mio avviso qualcosa di preoccu-
pante che si spiega con la crisi del politico. Tanto
il politico per gli antichi era qualcosa di concreto,
di quasi geometrico, altrettanto per i moderni
esso è la sociologia politica. qualcosa legato alle
opinioni, a dei sistemi di regolazione sociale. ma

179
che non ha più corpo, non ha più materia d'esse-
re. Qui, devo dire che la velocità, la capacità di
spostamento degli individui. ha portato a una
situazione inquietante per lo stato di diritto, per il
diritto dell'uomo e del cittadino.

GO: Tu vedi le società del nostro tempo compo-


ste da tante traiettorie piuttosto che identificate
in territori. E questo è senz'altro vero e caratte-
rizza alcuni eventi determinanti del moderno. A
cominciare dai contadini drenati dalla campagna
verso la città per fabbricare il proletariato del
XIX secolo, per continuare con la rivoluzione dei
trasporti. poi con il pendolarismo generale tra le
attività e le residenze. con il nomadismo di massa
estivo, e altro ancora. Eventi che mostrano l'epo-
ca attuale come una deterritorializzazione conti-
nua. Però ora i palestinesi lottano e rivendicano
un luogo.

PV: La questione dei palestinesi è chiara. Essi


sono costretti a misurarsi ai due problemi del
diritto e del luogo. C'è stato il problema degli
ebrei e del ghetto. c·è ora il problema dei palesti-
nesi che, come per caso. si confrontano con gli
ebrei e che non hanno più il luogo di diritto. Si
vede il dramma che ha provocato nella storia
recente del mondo il fatto che una popolazione
sia, non senza diritto, ma senza luogo di diritto.
Questa situazione che è stata quella del popolo
israeliano sta diventando quella del popolo pale-
stinese.

180
GD: Un'altra insorgenza drammatica è quella
delle nazionalità nell'Urss.

PV: Assolutamente. La volontà della gente di


difendere un 'autonomia si appoggia sul timore di
una perdita di diritto in una società transnaziona-
le. In una società, anche, in cui le tecnologie di
trasporto e di trasmissione liquiderebbero. con lo
spazio reale, la realtà del diritto. Il tempo reale
delle teletrasmissioni, ristantaneità, liquida lo
spazio reale.
GD: Ma questo è il paradosso. Per un lato il luo-
go del diritto è un centro che si deve poter deter-
minare. ritrovare da qualche parte nello spazio e,
nel medesimo tempo, la situazione contempora-
nea sembra interamente determinata da deterri-
torializzazioni continue, rese possibili dalle tecni-
che. dal sistema di «reseaux» che ci permettono
d'essere dappertutto senza esserci veramente.
Questa situazione è paradossale.

PV: Totalmente paradossale. L'ho scritto in que-


sto mio ultimo libro, si entra nell'era della logica
paradossale. Nei giorni che verranno noi assiste-
remo al passaggio dalla tele-visione alla tele-azio-
ne: la possibilità di teleagire in tempo reale a
distanza. È vero attraverso il telelavoro e attra-
verso il teleacquisto, sarà vero domani attraverso
un numero incalcolabile di azioni telecomandate.
ciò che già viene chiamato col termine di tele-pre-
senza. Ora. quando si dice che ci si riunisce a
distanza grazie al video interattivo, si enuncia un
paradosso. Riunirsi a distanza è un paradosso.

181
Non si può risolvere questo paradosso come si
risolve un conflitto.

GD: Anche il territorio che pratichiamo è cam-


biato. Se noi dovessimo definire oggi una città
attraverso gli spazi, le fonne e i segni che ne sono
i simboli. noi ci troveremmo in una grande diffi-
coltà. Tu hai parlato, a questo proposito, di una
«città sovraesposta». di una città che non si vede
più.

PV: Si può dire che si è passati dallo spazio pub-


blico all'immagine pubblica. La città secondo la
tradizione è sempre stata organizzata attorno a
un luogo pubblico, attorno all'agorà, al foro, alla
piazza. A partire dal XX secolo saranno delle
sale di riunione a rimpiazzare tutto questo. Penso
al ruolo del cinema nella società di quarant"anni
fa e, oggi. al ruolo della televisione. La città delle
origini è una città in cui domina lo spazio pubbli-
co, è una città topica, mentre a partire dal XX
secolo la città non è più tanto legata allo spazio
pubblico. Si passa dalla città-teatro alla cine-città
e poi alla tele-città. Si passa da uno spazio topico
a uno spazio tele-topico, uno spazio in cui il tem-
po reale della ritrasmissione di un evento si impo-
ne sullo spazio reale dell'evento stesso. La piazza
Tienanmen ne è una rivelazione straordinaria. Si
è trattato, a mio avviso, di un evento teletopico,
mediatico, tanto importante quanto lo sbarco sul-
la luna di vent'anni fa.

OD: Gli avvenimenti di giugno, a Pechino, in


effetti hanno coinvolto tutto il mondo. in diretta.

182
e cominciavano a coinvolgere tutti i cinesi quan-
do c'è stata l'aggressione con i carri armati. Puoi
esemplificare questo tuo punto di vista?

PV: All'arrivo di Gorbaciov. gli studenti, a cui si


stanno unendo molti operai. impiegati dei mini-
steri. del partito e tanti altri ancora, occupano in
trecentomila la piazza Tienanmen. Essi chiedono
una trasmissione. in diretta, per la Cina, degli
avvenimenti. Non si accontentano più di quelle
che già sono diffuse, nel mondo intero. tramite i
1500 giornalisti esteri presenti a Pechino per
coprire l'arrivo del capo dello Stato sovietico. In
quelle trasmissioni essi facevano la loro rivoluzio-
ne davanti ai telespettatori di tutto il mondo, la
mostravano in tempo reale. Non solo redigevano
slogan e striscioni in cinese. ma anche in inglese,
in francese, in russo ... In un certo senso la piazza
pubblica Tienanmen, la più celebre della Cina,
non esisteva che tramite l'immagine pubblica del-
le televisioni straniere. Il governo cinese rifiuterà
infatti la trasmissione in diretta degli eventi, i
manifestanti saranno massacrati.

GO: E non ci saranno più che delle trasmissioni


in differita degli avvenimenti e delle immagini
usate contro i manifestanti dal governo e dalla
polizia cinesi.

PV: Che cosa avviene, però, nel frattempo a


Hong Kong'! La gente di Hong Kong è talmente
implicata da ciò che avviene a Pechino che esce di
casa, a migliaia non si accontentano più della
televisione a domicilio, dell'«home video»,

183
vogliono partecipare all'evento Tienanmen e si
precipitano nello stadio di Hong Kong per utiliz-
zare il grande schermo su cui vengono trasmessi,
in tempo reale, gli eventi che accadono in Cina.
Si viene a formare una specie di sincronismo tra
lo stadio-spazio-pubblico di Hong Kong e la piaz-
za pubblica di Pechino. Si vede qui fino a che
punto il tempo reale diventa tempo politico più
importante dello spazio reale; o piuttosto, lo spa-
zio reale di ciò che avviene nel cuore della capita-
le non ha realtà politica che attraverso la trasmis-
sione immediata degli avvenimenti nel mondo
intero, ma.non in Cina poiché i dirigenti cinesi la
rifiutano. E questo complesso di eventi che chia-
mo teletopia. Siamo qui di fronte a una delle
grandi questioni della città futura. Non si tratta
più solo del telelavoro, o della teleconferenza,
ma della telepolitica. Questo. anche, vorrei sot-
tolinearlo, è uno degli elementi permessi dalla
velocità della luce, un elemento che modificherà
lo statuto della città futura.

GO: Si potrebbe dire: l'agorà messa in tubo cato-


dico.

PV: Proprio cosl, l'agorà catodica.

GO: Come ci si confronta. dal tuo punto di vista,


con questi elementi e con queste modificazioni?

PV: Credo misurandoci in un modo diverso con


la dromocrazia. Non, siamo sufficientemente
coscienti del potere della velocità a organizzare fa
società. Diventa evidente. secondo me. la neces-

184
sità di una politica della velocità. Allo stesso
modo che c·è un·economia politica della ricchez-
za è necessaria un'economia politica della veloci-
tà. La dromologia mirerà negli anni a venire a
costituire questa economia politica. C'è da svol-
gere qui un lavoro enorme che cercherò di rende-
re possibile. ma che dovrà essere allargato ad
altre discipline rispetto a quelle che io padroneg-
gio.

GD: La dromocrazia dovrà interpellare se stessa


da un punto di vista che potremmo dire democra-
tico ...

PV: Assolutamente.

GD: Ciò che non è il caso attualmente.

PV: In effetti la velocità è un potere non sanzio-


nato. La sola sanzione alla velocità è per l'eccesso
cli velocità sulle strade. Altrove mai. La velocità è
sempre considerata come un progresso. La prova
migliore che la velocità è senza freni è che nessu-
na macchina inventata nei tempi storici sia stata
una macchina per rallentare. Tutte le macchine.
dalla meccanica all'idraulica. all'elettronica sono
delle macchine per accelerare c.!ei processi. Solo
nella chimica ci sono dei freni. E come se gli ele-
menti tecnici, meccanici, idraulici ed elettronici
fossero degli elementi d'accelerazione e la chimi-
ca, particolarmente la chemioterapia, rivelasse
un freno. Per esempio i tranquillanti che permet-
tono di rallentare la coscienza ... Nel campo delle
scienze e delle tecniche che hanno costruito il

185
mondo occidentale non ci sono che macchine per
accelerare. Colui che inventasse una macchina
per rallentare sarebbe considerato come un uomo
assurdo.

GO: La ricerca dromologica contiene quindi una


critica profonda all'idea di sviluppo.

PV: Completamente. Questo non vuol dire che


bisogna tornare alla carriola, ma che bisogna
interrogarsi sull'essenza della velocità e non solo
sull'essenza della tecnica.

GD: Come ci si interroga sull'essenza della velo-


cità?

PV: È un lavoro in cui filosofi e fisici si incrocia-


no. Vorrei ricordare che non sono io che ho posto
la velocità in primo piano, è stato Einstein. E sin-
golare che un avvenimento come questo non
abbia lasciato tracce nella filosofia, e questo nem-
meno in Bergson che era meglio situato di altri
per intenderlo. o in Husserl e Merleau-Ponty.
Quindi la risposta, in una parola, è che un'econo-
mia politica della velocità nel senso più largo del
termine dovrebbe passare per una nuova alleanza
tra le scienze fisiche che trattano della relatività e
dei fenomeni quantici e la filosofia. Questo incro-
cio è obbligato, assolutamente obbligato.

GO: La tua richiesta ha qualcosa di drammatico,


essa sembra contenere una necessità insieme teo-
rica ed etica. In Velocità e politica tu hai scritto
che «La velocità è la vecchiaia del mondo» e hai

186
avanzato osservazioni critiche che la legavano
anche al tema della morte.

PV: Vorrei ritornare. a questo proposito. sul


tema del territorio. Il mondo di cui parlo in quel-
la frase è il mondo nel senso della materia e del
l_!Jogo. del luogo di diritto. del luogo «tout court».
E questo mondo che la velocità. sia dei trasporti
che delle trasmissioni. riduce a niente. Non solo
lo spazio reale delle distanze tra Tienanmen e
Parigi o, in seguito al Concorde, tra Parigi e New
York, ma il mondo intero. Noi stiamo perdendo
il mondo a causa della velocità. poiché essa ridu-
ce sempre di più l'ambiente mondiale a un nien-
te. Se noi prolunghiamo questa situazione di
eccesso di velocità nella scienza e nella tecnica.
senza il freno della ragione. e della ragione politi-
ca, noi arriveremo a una situazione in cui biso-
gnerà porre il problema di un ·ecologia del tempo.
Oggi si dice che perdiamo il mondo perché è inqui-
nato, e che ben presto sarà invivibile, e dicendo
questo aJludiamo allo spazio reale della sostanza
alienata, inquinata. Ma c'è il tempo reale della
superficie della terra che è altrettanto inquinato e
alienato dalla rapidità istantanea dei trasporti e
delle trasmissioni. Un giorno. lo spazio-tempo del
mondo non sarà più niente perché noi avremo per-
so restensione e la durata del mondo a causa della
velocità. Noi non avremo solo guadagnato del tem-
po per recarci da un punto a un altro ma. soprattut-
to, noi avremo perso Io spazio-tempo del mondo,
perché esso sarà diventato troppo piccolo per le
nuove tecnologie. C'è qui un fenomeno di perdita
simbolica considerevole.

187
GD: In una recente celebrazione del ventesimo
anniversario dello sbarco sulla luna ti ho sentito
dire che da un punto di vista simbolico è come se
la terra fosse stata bucata e si stesse sgonfiando.

PV: Dicevo proprio questo, il mondo si restringe,


lo spazio reale del mondo intero si restringe e si
ridurrà, uno dei prossimi giorni. tra quaranta o
cinquanta anni, a niente. Un giorno. il mondo o
niente sarà la stessa cosa. C'è qui un orizzonte
negativo che nessuno analizza, e che è un feno-
meno d'ecologia e d'economia politica. Direi che
sarebbe necessaria una dromologia pubblica per
cercare di considerare questa perdita simbolica
dello spazio-tempo del mondo intero. Guadagna-
re del tempo. oggi, significa perdere il mondo. lo
spazio reale delJ'intero mondo., Cerchiamo d'im-
maginare che cosa sarebbe un· mondo che fosse
diventato tanto stretto quanto una piccola borga-
ta di provincia. Quando MacLuhan dice ((il villag-
gio globale» è ancora molto positivista, è ancora
futurista. Io dico che il ~villaggio globale» è l'or-
rore, è il ghetto mondiale. Ora noi stiamo andan-
do verso un villaggio globale che sarà in realtà il
più grande confino e la più grande incarcerazione
mai vissuti dall'umanità.

GD: Perché la velocità ci avrà tolto le distanze tra


i luoghi e tra le persone ...

PV: Perché non ci sarà più lo spazio-tempo. La


terra misurerà sempre 40.000 chilometri. ma i
mezzi per andare da un punto alraltro l'avranno
ridotta a niente. Immaginiamo l'alienazione di

188
questa situazione. Quando si può vedere un indi-
viduo in una prigione che non soffre d'essere rin-
chiuso - rileggere Foucault ... - possiamo immagi-
nare con un certo brivido un'analoga situazione
per l"umanità di domani, in una terra ridotta a
niente dai mezzi di trasporto ultrarapidi e dai
mezzi di trasmissione elettronici.

GD: Il tema della morte è questo?


PV: Sì, il tema della morte è questo.

4. Le tecnologie, la scienza
GD: Un evento come quello del villaggio globale
di cui hai parlato ha la forma di una controfinali-
tà. Le scienze e le tecniche costruiscono degli enti
in cui l'idea di accelerazione continua delle velo-
cità dovrebbe realizzare un incremento del pro-
gresso in generale. E invece, tu dici, questo porta
a costruire l'incidente di una tendenziale aboli-
zione simbolica dello spazio-tempo. Ora. tu hai
lavorato molto attorno alla nozione d'incidente,
attorno all'aspetto distruttivo contenuto in ogni
invenzione accanto al suo aspetto positivo. Tutto
questo cercando di mettere in luce. si potrebbe
dire, una produzione della distruzione. Siamo di
nuovo all'interno di una logica paradossale.

PV: Non sono io che l'ho scelta, questa logica.


Essa si impone in conseguenza alla tecnica.
Inventare un oggetto tecnico. una sostanza tecni-
ca. fisica. fisico-chimica, significa inventare un

189
incidente specifico. In questo senso l'incidente è
qualcosa d'insuperabile che deve essere studiato
per se stesso. Per esempio quando si è inventato
il treno. si è inventato un mezzo che permetteva
d'andar più veloci, un mezzo per trasportare mer-
ci e persone in quantità ma. nel medesimo tem-
po, si è inventato la catastrofe ferroviaria. L 'in-
venzione del battello è l'invenzione del naufra-
gio. l'invenzione dell'elettricità è l'invenzione
della fulminazione, l'invenzione della navicella
spaziale è l'invenzione della catastrofe del Chal-
lenger. L'incidente d_el Challenger è straordinario
perché è originale. E come se avessimo assistito
in diretta al primo naufragio del primo battello.
Quindi, attraverso la produzione scientifica e tec-
nica di questi oggetti c'è la produzione in negati-
vo di sempre nuovi incidenti originali. rivelatori
di una negatività particolare. Il naufragio non ha
niente a che vedere con l'incendio di foreste, con
questo tipo d'incidenti. Per un certo aspetto le
tecnoscienze determinano l'invenzione d'una fase
nascosta, costituita da tutti questi incidenti che
appartengono alla storia degli uomini. Questo
aspetto negativo della tecnoscienza e della veloci-
tà è stato censurato. La tecnocrazia accetta di
vedere solo la positività del suo oggetto e dissi-
mula senza posa l'incidente, senza rendersi conto
che l'abbiamo inventato noi stessi, contempora-
neamente alla nostra tecnologia.

GO: Per te, quindi, c'è una potenzialità nella


società umana a inventare degli incidenti che è
altrettanto importante. se non di più a termine.
dell'invenzione degli oggetti tecnici.

190
PV: Certamente. E credo che se vogliamo conti-
nuare con la tecnica. un ritorno all'indietro
essendo escluso, è necessario interrogarsi con
urgenza sulla «sostanza» e sulr«accidente». al
punto che la frase di Aristotele dovrebbe essere
rovesciata. Aristotele dice. ed è rimasto nel
costume filosofico: «La sostanza è assoluta e
necessaria. raccidente (l'incidente) è relativo e
contingente». lo dico che oggi. dopo Chernobyl.
dopo la fisica nucleare, dopo le nuove tecnolo-
gie. l'incidente è assoluto e purtroppo necessa-
rio, mentre ogni sostanza è relativa e contingen-
te. Attraverso le ultime grandi catastrofi, gli
enormi rischi che continuamente prendiamo. noi
stiamo inventando un incidente, che forse è già
avvenuto con il buco nell'ozono. che potrebbe
annullare tutta la positività degli oggetti tecno-
scientifici inventati dal neolitico ad oggi, e lo
stesso ambiente umano. Quel che abbiamo detto
sullo spazio-tempo ridotto a niente è vero, evi-
dentemente, per le catastrofi ecologiche di cui
tutti parlano e di cui non ho bisogno qui di par-
lare ... Ciò che mi interessa. ora, è arrivare a una
scienza dell'incidente. Credo che affronterò que-
sto tema nel mio prossimo libro. attraverso la
dromologia beninteso.

GD: Fino ad oggi ci siamo occupati soprattutto


della scienza come riuscita. mentre rincidente è
stato espulso dal pensiero.

PV: Si è cercato unicamente di preservarsi da


esso. E invece bisogna misurarsi con esso. Io
sono attirato dall'incidente.

191
GO: Perché?

PV: Perché l'incidente ha una velocità che direi


virtuale, perché l'incidente è ciò che sopravviene
inopinatamente. Ecco, la definizione dell'inci-
dente è ciò che sopravviene inopinatamente. l'in-
cidente è ciò che avviene senza che lo si sia potu-
to prevedere. C'è dunque una specie di velocità
virtuale delrincidente ed è questo che mi interes-
sa. Prendo l'esempio da una espressione di Rilke,
là dove dice che tutto ciò che avviene insorge con
una rapidità tale che nessuno può prevederlo. Gli
avvenimenti capitano, egli dice. senza che nessu-
no possa andare più veloce di questo capitare
degli avvenimenti. Trovo che questo faccia parte
veramente della mia ricerca sulla velocità come
sorpresa assoluta. L'incidente è la sorpresa asso-
luta.

GO: Però l'incidente è qualcosa che è anche pro-


dotto scientemente: la guerra.

PV: Certo, l'incidente è prodotto. Direi che l'in-


dustria di guerra produce solo incid_enti. Perché si
inventa una bomba. un cannone? E un incidente
che si inventa. Dunque l'industria di guerra, e si
ritrova qui l'importanza della militarizzazione
della scienza, è un'industria dell'incidente. Se si
inventano armi è per provocare incidenti inaudi-
ti: bombe sempre più potenti, proiettili sempre
più rapidi. gas sempre più asfissianti, anni biochi-
miche sempre più terrorizzanti... L'industria di
guerra fabbrica sostanze che non hanno altra

192
vocazione che quella di sviluppare degli incidenti.

GO: Uno dei punti di partenza di questo tuo libro


La macchina che vede è dato ancora una volta da
una macchina di guerra, e cioè dal sistema di gui-
da dei missili cosiddetti intelligenti, in grado di
percepire e riconoscere gli ostacoli frapposti sulla
loro traiettoria e di evitarli al fine di arrivare sul
bersaglio.

PV: Sl. questo libro tratta il passaggio da un'.otti~


ca passiva, quella della nostra percezione, a
un 'ottica attiva che si realizza attraverso un~
macchina. Le cose sono andate così avanti che si
può già parlare di un'automazione della percezio-
ne. E questo è un avvenimento considerevole da
un punto di vista filosofico. Fino ad ora le scienze
sperimentali. le scienze esatte si sono costituite
sulla prova attraverso l'esperimentazione di un
uomo che tramite i suoi occhi è testimone di tal
avvenimento. La prova attraverso ruomo era
necessaria perché ci fosse una dimensione speri-
mentale delle scienze. Ora, noi andiamo verso
delle tecniche in cui la prova sarà data attraverso
delle macchine per vedere.

GD: Una macchina per vedere con cui potremo


entrare in comunicazione solo a posteriori.

PV: Sl, perché qui ci reincontriamo con la veloci-


tà della luce. L'uomo è racchiuso in un regime di
temporalità per il quale, al di là delle 60 immagini
al secondo, la visione diventa subliminale. ciò che
appare non può più essere letto perché va troppo

193
veloce. mentre la macchina che vede può leggere,
perché vede alla velocità elettronica.

GD: Quindi è un vedere in un tempo estraneo al


nostro. per cui noi non possiamo. vedere niente
nel tempo reale della macchina. E questo l'inci-
dente che accompagna l'ampliamento compute-
rizzato della visione?

PV: Vorrei rispondere dando resempio di un


incidente di questo tipo: il crnck informatico di
Wall Street del 20 ottobre 1987. Si è parlato poco
di quest"aspetto e cioè del collasso catastrofico
degli ordinatori (e si può immaginare ciò che il
programma « Trading» applicato alla guerra
avrebbe potuto provocare ... ). Che dice la gente
di Wall Street quando sopraggiunge il crack?
Dice che ci sono delle cause oggettive, economi-
che, beninteso. sempre, ma dice anche che la
velocità delle quotazioni ha servito d"acceleratore
del crack. Gli ordinatori centrali hanno tenuto.
per essi l'accelerazione delle quotazioni non ha
alcun senso. poiché funzionano alla velocità della
luce. Ma. dicono a Wall Street, «i terminali ci
hanno abbandonato». Perché sono andati fuori
fase? Perché i terminali sono obbligati a sfilare
alla velocità di lettura dell'uomo. Se facessero
passare le informazioni alla velocità della luce
non si vedrebbe niente. Quindi devono sfilare a
20. 30 o 60 immagini al secondo, perché al di là
non c'è il tempo per leggere le quotazioni. Dun-
que la velocità di trattamento del crack negli
ordinatori centrali andava benissimo, ma la len-
tezza del controllo dell'uomo legata alla velocità

194
di lettura dei terminali era completamente sfasata
rispetto alle accelerazioni vertiginose del sistema
automatizzato di quotazione. Gli schermi dei ter-
minali. inseriti sulla velocità di lettura deU·uomo,
non potevano più seguire la velocità di trattamen-
to del sistema e sono andati fuori fase, da qui l'in-
cidente. la catastrofe informatica, da qui l'espres-
sione «i terminali ci hanno abbandonato».

GO: Si potrebbe anche dire che il crack compute-


rizzato ci ha battuto in velocità, che siamo stati
superati in velocità dall'economia politica a mac-
china.

PV: Abbiamo parlato finora di economia politica


della velocità, qui siamo nell'economia politica in
quanto tale.

195
INDICE

Un'amnesia topografica 9
Meno di un'immagine 45
L.. immagine pubblica 73
C andid Camera 99
La macchina che vede 121
Dronmlogia: la logica d~lla corsa - Conversazione
di Giairo Daghini con Paul Virilio 159

197

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