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ISBN 978-88-492-3504-3
In copertina: Riccardo Migliari, ricostruzione del modello di testa di uomo del De Prospectiva Pingendi. I grafici di Piero della
Francesca, permettendo di ricollocare con esattezza le forme rappresentate nello spazio tridimensionale, non possono essere consi-
derati semplici “disegni”, ma costituiscono dei veri e propri modelli: in questi termini, il De Prospectiva Pingendi può essere consi-
derato il primo trattato di geometria descrittiva.
Questo volume è pubblicato con il contributo dell’Unione Italiana per il Disegno (UID).
I contributi raccolti nascono in occasione di due giornate di studio organizzate nell’ambito della Scuola Nazionale di Dottorato
in Scienze della rappresentazione e del Rilievo e del dottorato di ricerca in Storia, disegno e restauro dell’architettura, Dipartimento
di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura (DSDRA) di Sapienza Università di Roma, curriculum Disegno.
Le Due giornate dedicate alla Geometria descrittiva si sono svolte a Roma, nell’Aula Magna della sede di piazza Borghese il 18 e il
25 febbraio 2016.
La ricerca nell’ambito
della geometria descrittiva
Due giornate di studio
a cura di
Laura Carlevaris
con contributi di
Maria Teresa Bartoli, Maura Boffito, Vito Cardone, Roberto Ciarloni,
Agostino De Rosa, Riccardo Migliari, Nevena Radojevic, Camillo Trevisan
INDICE
7 PRESENTAZIONE
La ricerca che impara, la ricerca che insegna
LAURA CARLEVARIS
Agostino De Rosa
ABSTRACT Questo saggio si intitola in modo ossimorico Cecità del vedere, e il suo
scopo è quello di indagare su quali processi di vicarizzazione gli artefici di
immagini (e con essi i filosofi, gli antropologi etc., e non solo gli artisti)
abbiano sottoposto il soggetto tradizionalmente veggente, concentrando la
loro attenzione su quelle immagini che in modo parastatico possano
nascere da processi proiettivi o naturali meccanici. Inoltre particolare
attenzione sarà rivolta a quelle opere che mettono in difficoltà il loro fruitore,
sottoponendolo ad uno stress retinico e comunque relegandolo in una
situazione di difficoltà, di minus habens. Tale processo, come si vedrà, non
riguarderà solo la vista ma i sensi tutti, delineando quasi una pervicace
azione di denigrazione visiva che scatena una percezione sinestetica, con
lo strano fine di acuire le capacità percettive del soggetto stesso.
Un’apparente contraddizione, che si risolve però in una rivelazione: rendere
ciechi, perché si veda meglio ciò che ci circonda.
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Secondo me non siamo diventati ciechi, caratterizzato dalla frammentarietà tipica
secondo me lo siamo. di un diario, e anche dalla sua emotività,
Ciechi che vedono, ciechi che, visto il tema che tocca, sia pure in alcune
pur vedendo, non vedono. sue parti: quello della cecità. L’ipotesi di
Saramago 1996 fondo è che alla base di molte immagini
antiche, moderne e contemporanee sia
rinvenibile, spesso in modo carsico e su-
Una noiosa (ma breve) premessa bliminale, un processo di denigrazione del
ruolo privilegiato e senziente svolto dal-
Per me la Geometria Descrittiva è sempre l’osservatore – cui viene in genere attribui-
stata una disciplina innegabilmente legata ta la scaturigine proiettiva dell’immagine
al mondo dell’espressione artistica. stessa – , sia che esso venga collocato al
Anche se la mia istruzione accademica è “finito”, come nel caso della prospettiva,
connessa agli insegnamenti di una docen- sia che esso venga immaginato “all’infini-
te napoletana, Anna Sgrosso, che si è a to”, come nel caso delle proiezioni paral-
sua volta formata con matematici e geo- lele. Dunque si ipotizza, non senza prove
metri puri, che usavano il linguaggio for- o riscontri documentali, che certe imma-
male della loro disciplina, e spesso anche gini siano nate in modo autonomo, ovve-
la freddezza espositiva che connotava le ro che fossero osservatore-indipendenti
loro competenze, ho avuto la fortuna, pro- ab origine e solo dopo adattate ad un mo-
prio grazie a lei, di avvicinarmi agli studi dello generativo e fruitivo di tipo oculo-
sulla prospettiva, ma in genere su tutti i centrico o, più in generale, proiettivo.
metodi e le forme di rappresentazione, af- Ovviamente a questo approccio tradizio-
frontandoli dai rispettivi riflessi applicativi nale e conservatore sul ruolo svolto dal-
e dalle relative origini svolte in ambito ar- l’osservatore nella nascita delle immagini
tistico. Preferisco usare il lemma “forma” ci ha abituato la storiografia classica sulla
rispetto a “metodo” perché lo trovo sto- prospettiva, quasi tutta europea, o co-
riograficamente più inclusivo di tutte quel- munque eurocentrica in termini epistemo-
le espressioni grafiche che, prima di avere logici. Da questa interpretazione canonica
la loro ipostatizzazione proiettiva, hanno si sono distaccate solo poche voci (colpe-
avuto modo di manifestarsi spesso in con- volmente non diffuse in ambito accademi-
testi non tecnici, sulla scena della rappre- co italiano), per la maggior parte prove-
sentazione del mondo fenomenico. In se- nienti dal continente nord-americano (pen-
guito, ho avuto la fortuna di intrecciare so a James Elkins1 o a Martin Jay2) o da al-
questo mio interesse per la Geometria cuni paesi emergenti (e qui mi viene in
Descrittiva con il lavoro di alcuni artisti, vi- mente David Lewis-Williams3), rimanendo
venti e non, misurando sul campo i possi- però isolate a specifici contesti critici o et-
bili legami o le aporie che potevano carat- nico-antropologici.
terizzare questa liason. Prima di entrare Questo diario si intitola dunque in modo
nel vivo della comunicazione, qui trascritta ossimorico Cecità del vedere (in uscita per
più o meno fedelmente, vorrei ricordare Einaudi nel 2018), e il suo scopo è quello
che si tratta di una sintesi o, se si preferi- di indagare su quali processi di vicarizza-
sce, di una sorta di diario, di un lungo lavo- zione gli artefici di immagini (e con essi i
ro di ricerca che mi ha visto impegnato per filosofi, gli antropologi etc., e non solo gli
diversi anni, in solitaria. Quindi esso sarà artisti) abbiano sottoposto il soggetto tra-
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dizionalmente veggente, concentrando la la realtà sia costituita dalle ombre proiet-
loro attenzione su quelle immagini che in tate da oggetti inanimati, grazie alla pre-
modo parastatico possano nascere da senza di una sorgente puntiforme (una
processi proiettivi o naturali meccanici. fiaccola) mossa ad hoc da artefici nascosti
Inoltre, particolare attenzione sarà rivolta alla loro vista. I prigionieri credono che la
a quelle opere che mettono in difficoltà il realtà sia costituita proprio da quelle im-
loro fruitore, sottoponendolo ad uno magini umbratili, ignorando l’inganno
stress retinico e comunque relegandolo in proiettivo perpetrato alle loro spalle: proie-
una situazione di difficoltà, di minus ha- zioni bidimensionali dunque, esterne al lo-
bens. Tale processo come si vedrà non ri- ro sistema visivo, create artificiosamente
guarderà solo la vista ma i sensi tutti, de- come simulacri della realtà, al punto da so-
lineando quasi una pervicace azione di de- stituirla. La scelta della sorgente puntifor-
nigrazione visiva che scatena una perce- me non deve essere stata casuale, e cer-
zione sinestetica, con lo strano fine di tamente non lo è per noi occidentali: lo
acuire le capacità percettive del soggetto schema descritto da Platone è evidente-
stesso. Un’apparente contraddizione, che mente leggibile come una metafora della
si risolve però in una rivelazione: rendere genesi dell’immagine prospettica, an-
ciechi, perché si veda meglio ciò che ci cir- ch’essa caratterizzata dall’aspirazione in-
conda. gannevole di imitare l’esperienza visiva e
di consegnarci immagini quanto più pros-
sime alla nostra esperienza retinica.
Un inizio lontano nel tempo All’interno della caverna siamo quindi nel
cuore di un meccanismo visivo e/o scopi-
Someone I loved once gave me a box co, anche se Platone non lo dichiara espli-
full of darkness. citamente, in cui la bucatura d’ingresso
It took me years to understand that this too, (che connette la caverna con il mondo
was a gift. esterno) funge da titanica pupilla e dove la
Mary Oliver caverna assume il ruolo dell’intradosso di
un bulbo oculare, la cui parete fondale si
Se dovessi individuare un termine a quo trasmuta in una rètina artificiale di dimen-
dal quale partire per la nostra discussione, sioni inusitate. La caverna è dunque assi-
io sceglierei di evocare il mito della caver- milabile ad un organo visivo, solitario e ci-
na platonica, dunque trasferendomi ideal- clopico, al cui interno si inscena il mistero
mente nella Grecia classica del V secolo della (fallace) conoscenza umana. Il rac-
a.C. È Platone (428/427 a.C.-348/347 a.C.) conto di Platone prosegue, descrivendo
a raccontarcelo all’inizio del Libro settimo cosa potrebbe accadere all’individuo capa-
de La Repubblica4 (514 b-520 a.C.). In que- ce di liberarsi dalle catene (il filosofo) e di
sta sezione del dialogo viene descritto un riemergere alla luce solare. Accecamento
antro ctonio nel quale sono incatenati dei dovuto alla luce solare e iniziale incom-
prigioni ai quali è impedito di osservare il prensione della realtà sarebbero ben pre-
mondo fenomenico: bloccati nei movi- sto superate a vantaggio di una sua cono-
menti dalle catene (che ne costringono scenza più profonda da parte del filosofo
non solo gli arti, ma anche il collo e la te- che non scambierebbe più gli epifenome-
sta), e ostruiti nella visone dell’ambiente ni per le cause fenomeniche degli stessi:
esterno da un alto muro, essi credono che la ragione, e non la percezione, ora cono-
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la rètina»9, delegando quindi ai “filosofi
naturali” il compito di indagare le que-
stioni psicologiche connesse alla perce-
zione visiva. Questo disinteresse, secon-
do Alpers, inquadra l’ottica kepleriana in
un contesto di “deantropomorfizzazio-
ne” della visione, in cui i meccanismi vi-
sivi trovano la loro sede in un modello
astratto, macchinistico, quello appunto
dell’occhio ricondotto alla camera oscura,
in cui l’atto del vedere equivale a quello
del descrivere: «La funzione del meccani- 1/ Pieter Jansz Saenredam da Cornelis
smo visivo è di produrre una rappresenta- Cornelisz, La caverna di Platone, 1604.
zione: rappresentazione nel duplice senso Londra, The British Museum.
di artificio – per il suo modo di operare – e
di risolvere i raggi di luce in un’immagi-
ne»10. Dunque, l’immagine retinica, proie- (1889-1976) che dedica proprio al mito
zione rovesciata del mondo esterno, appa- platonico (e anche al Teeteto) il suo corso
re paradossalmente nell’occhio in modo tenuto a Friburgo tra il 1931 e il 1932, poi
indipendente dal fatto che esso apparten- confluito nel volume L’essenza della ve-
ga a un essere vivente o meno: la pictura rità12. Senza entrare nell’esegesi del testo
si produce comunque sulla superficie a heideggeriano, mi preme qui sottolineare
doppia curvatura della rètina11, senza al- come il filosofo tedesco indichi proprio nel
cuna relazione con la volontà senziente concetto di “verità” il centro motore del
dell’osservatore, ma legata solo alla ine- suo testo, riconoscendo al mito della ca-
sorabile penetrazione dei raggi luminosi verna il contributo maggiore del filosofo
attraverso il diaframma della pupilla, che greco alla conoscenza occidentale.
qui svolge lo stesso ruolo del foramen Comunemente intesa come conversione
della camera obscura, poi rifratti dall’u- “alla luce del sapere”, il termine verità, in
more cristallino. Un’immagine dunque relazione proprio al mito platonico, è offer-
che si genera senza che la volontà del to da Heidegger attraverso due versioni
soggetto veggente intervenga in modo semantiche per niente omofone: come
decisivo, creando immagini da un forte ἀλήθεια (alétheia), parola greca traducibile
carattere retinico. come “verità”, ma che risulta composta
Dunque dov’è la verità, così agognata dal dal suffisso ἀ (alfa privativa, “non”) e dal
filosofo dell’antro platonico, ma così scon- verbo ληθεύειν (“svelare”). Sotto questa
volgente al punto che i suoi colleghi prigio- luce critica, ἀλήθεια è traducibile come “di-
nieri, ancora incatenati nel loro teatro svelamento” (o “svelatezza”), “ciò che è
d’ombre, ne rifiuteranno la comprensione non nascosto”: in altri termini la verità si
quando lui, raggiuntili, tenterà di spiegar- dà attraverso una negazione di ciò che è
gliela? La parola “verità”, e gli aggettivi nascosto. Nel suo nucleo semantico più
ad essa connessi (verismo, realismo etc.) intimo, la verità cela quindi una negazione:
costituiscono il vulnus dell’esperienza non una particella lessicale assertiva, ben-
platonica, e il loro interprete più sottile è sì una negativa. Come a dire che la verità
stato sicuramente Martin Heidegger implica la non verità. Questa ambivalenza,
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autismo, per Selfe: per estensione dun-
que, si potrebbe dire che il mondo delle
immagini iperrealistiche e fortemente re-
tiniche (che il digitale oggi corrobora e
rafforza) è l’epifenomeno di un mondo
malato, in termini neurologici? È quindi
possibile “vedere” in forma non patolo-
gica, soprattutto nell’evo contempora-
neo? I disegni (200 circa) di Nadia, oggi
conservati presso l’archivio a lei dedica-
to nel Bethlem Museum of the Mind
(Regno Unito) costituiscono, insieme a
quelli di altri bambini autistici dotati di
straordinarie capacità grafiche, un ecce-
zionale repository per indagare lo strano
territorio di confine in cui alcune imma-
gini denunciano lo status clinico del loro
esecutore non convenzionale. Gli occhi
di Nadia, come avrebbe suggerito
Keplero, erano due grandi camere oscu-
re alle quali però lei poteva accedere a
piacimento, restituendo graficamente
ciò che in esse vedeva. Secondo alcune
recenti ricerche, svolte da Matt Gatton16
della University of Louisville, l’origine
delle immagini in epoca preistorica pro-
prio a questa scaturigine proiettiva sa-
rebbe riconducibile. Nei suoi esperimen-
ti, Gatton ha infatti ipotizzato che nel
Paleolitico inferiore (da circa 2,5 milioni
di anni fa a circa 120 000 anni fa) e in
quello Medio (da circa 300 000 a circa
36 000 anni fa) esistessero individui che
utilizzarono le loro tende (o yurte) come
paleo-camere oscure, funzionanti grazie
2a/ 2b/ Disegni realizzati da Nadia all’età di 5
all’apertura di un foro stenopeico sulle
anni e 6 mesi. Da Selfe 1977.
loro superfici tessili o di pelle animale.
Ricorrendo alle tende ricostruite “filolo-
gicamente” da Pierre Cattelain e Claire di questo dispositivo, sia pure privo di
Bellier per conto del Musée du Malgré- una lente che consentisse la messa a
Tout a Treignes (Belgio), lo studioso è fuoco dell’immagine proiettata. L’arte fi-
stato capace di dimostrare come alcuni gurativa sarebbe nata dunque da un pro-
caratteri grafici, tipici delle pitture parie- cesso generativo osservatore-indipen-
tali preistoriche (stroboscopismo, alona- dente: è evidente che con questa
ture etc.), siano compatibili con l’utilizzo espressione io non voglia intendere l’as-
senza di una volontà restitutiva (in termi- sua collezione di immagini parastatiche
ni artistici o meramente documentativi) viaggiando in tutto il mondo e riprenden-
dell’immagine da parte di un individuo, do stanze all’interno delle quali si contro-
ma il fatto, pure rilevante, che essa (im- proiettano esterni mirabolanti in termini
magine) sia nata senza che il sistema vi- paesaggistici e/o architettonici, raddrizza-
sivo umano fosse scientemente utilizza- ti attraverso l’uso di un prisma vitreo di-
to ab origine. sposto accanto al foro stenopeico, ora
A questo processo si ispirano molti artisti dotato di una lente biconvessa. È proprio
contemporanei, la cui ricerca espressiva dal contrasto tra questi due universi
pare oscillare tra i poli epistemologici fin esperienziali che collidono e che reagi-
qui citati (caverna platonica, autismo, de- scono in modo inaspettato che nasce la
vice ottici, etc.). Si pensi alla serie di foto- poetica surreale di Morell, come sanci-
grafie di Abelardo Morell (1948), intitolata scono i lavori presentati alla sua più re-
proprio Camera Obscura17, che il foto- cente mostra antologica intitolata The
grafo cubano, naturalizzato americano, ha Universe Next Door (The Art Institute of
scattato a partire dal 1991, allorché deci- Chicago, Chicago, 2013).
se di oscurare la finestra del suo soggior- Nella tradizione inaugurata da Morell, si
no con una pellicola di plastica nera in cui muovono anche due artiste contempora-
poi praticò un foro circolare. L’immagine nee: la finlandese Marja Pirilä18 (1957) e la
del mondo esterno alla stanza si riversò statunitense Zoe Leonard19 (1961). La pri-
all’interno dell’abitazione, proiettandosi ma realizza camere oscure di dimensioni
capovolta e invertita sulle pareti difronte architettoniche: le pareti di una stanza to-
al foro, suggerendo così al fotografo un talmente oscurata diventano così le su-
nuovo percorso di ricerca. La tecnologia perfici su cui si riflette, capovolta e inver-
fotografica all’epoca disponibile obbliga- tita, la realtà fenomenica esterna che si
va a lunghi tempi di esposizione per cat- introduce nell’interieur, in termini fotoni-
turare la luce visibile nell’ambiente oscu- ci, attraverso un foro stenopeico dotato
rato (dalle sei alle dieci ore), ma le nuove di lente biconvessa. Il risultato, soprattut-
macchine digitali hanno poi ridotto di mol- to nella serie intitolata Milavida (2012-
to questi lunghi tempi di attesa: nel frat- 2013), sovverte il principio della quadra-
tempo, Morell ha deciso di ampliare la tura classica, cui la serie si ispira, portan-
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do, all’interno dello spazio “domestico” sua natura fenomenica e transeunte. Il ri-
di una casa abbandonata, il paesaggio sultato, ugualmente onirico e perturbante
esterno, bucolico e urbano al contempo, come nelle opere decorative di Jean
di Tampere, quest’ultimo non più alluso François Niceron e Andrea Pozzo, potreb-
in termini fantastici e distopici, ma nella be però suggerirci l’espediente tecnolo-
4/ Abelardo Morell,
Light Bulb, 1991.
5/ Abelardo Morell,
Manhattan View
Looking South in
Large Room, 1996.
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7/ Foto di scena da Molly Sweeney di Brian Friel, nella messa in scena per la regia di Andrea De
Rosa, con Umberto Orsini, Valentina Sperlì, Leonardo Capuano. Una produzione ERT 2007-2009.
Vorrei iniziare con uno dei casi più esiziali chiatrico dove morirà. Dunque, meglio cie-
esaminati nel volume, quello di Molly chi e felici, che veggenti e destinati a una
Sweeney, al centro di una tragedia in due fine inevitabile?
atti scritta nel 1994 dal drammaturgo irlan- Quanti di noi sono “ciechi selettivi” o, an-
dese Brian Patrick Friel (1929-2015): Molly cor peggio, esercitano la “visione cieca”,
è cieca dalla nascita, e la sua felice vita da una sindrome per cui il malato vede ma
non vedente è al centro del primo atto. La nessuna delle cose che vede arriva alla
sua esistenza aptica è ricca di soddisfazio- sua coscienza?
ni emotive (a fianco dell’amorevole marito Molly Sweeney. Vedere e non vedere è
Frank) e sociali, finché il consorte non la stato edito in Italia da Reading Theatre nel
convince a sottoporsi a un intervento chi- 2006 e portato (in modo strepitoso) sulle
rurgico che le ridonerà la vista. Lei è titu- nostre scene dal regista Andrea De Rosa
bante all’inizio, percependo i rischi implici- (1967) nel 2008, per il Teatro Valle di
ti in quest’atto trasformativo, ma per amo- Roma. La messa in scena allestita dal re-
re si sottopone all’intervento operato gista napoletano, per meglio far entrare in
dall’oftalmologo dott. Rice. Così torna a sintonia il pubblico con la protagonista, ha
vedere... Il ritorno della vista però coincide previsto l’immersione del teatro nell’o-
per Molly con la scoperta che tutto ciò che scurità più profonda nei primi trenta minu-
la circonda è una farsa: il marito la tradi- ti di spettacolo. Dunque allo spettatore è
sce, gli amici la dileggiano e l’inevitabile fi- concesso inizialmente solo di udire le voci
nale la condurrà, folle, in un ospedale psi- degli attori, spazializzate nel buio dai loro
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A questa stessa conclusione pare condur- durante la Grande Guerra, fondatore
re anche il commovente diario scritto da dell’Unione Italiana Ciechi, quando nel
John M. Hull25 (1935-2015), recentemen- suo viaggio in Italia, descrive la configu-
te trasposto cinematograficamente da razione geometrica del colonnato di piaz-
Peter Middleton in Notes on Blindness: za San Pietro, da lui mai vista, attraverso
Rainfall (Artificial Eye 2013). Dopo aver l’ombra acustica che le colonne medesi-
studiato teologia a Cambridge e ottenuto me offrono al suo udito rispetto al rumo-
il Dottorato presso la University of re delle fontane collocate nei centri di
Birmingham, Hull a metà della sua carrie- curvatura dell’ovale planimetrico.
ra accademica e prima della nascita di suo Un’analoga esperienza è raccontata nel
figlio, diventa cieco. Il testo descrive il bellissimo film Black Sun (USA 2005) di
progressivo avvicinamento sensoriale ed Gary Tarn (1962) (fra l’altro, notevole com-
esperienziale dell’autore alla cosiddetta positore), sulla storia drammatica e piena
“cecità profonda”, quella fase cioè in cui di speranza di Hugues de Montalembert
il soggetto non vedente perde memoria (1943), lo scrittore e artista nato al confine
della luce, del suo viso e di quello di chi tra Normandia e Bretagna, accecato nel
conosceva. Le cose svaniscono nel per- 1978, durante una rapina, da due malvi-
cetto del cieco profondo, fino a perdere venti introdottisi nel suo appartamento-
consistenza, fino a indurre nell’individuo studio nel Greenwich Village. Qualche an-
la sensazione della cancellazione del sé fi- no fa, ha circolato in Italia anche il suo libro
sico e un processo di infatilizzazione. Hull autobiografico, Buio27, traduzione del fran-
descrive un momento tragico, ma al con- cese La lumière assassinée. Qualcuno di
tempo altissimo, della sua esperienza in voi se lo ricorda? De Montalembert, dal-
questa fase, offerta al lettore in maniera l’incidente in poi, gira il mondo indossan-
asistematica: quando, al limite depressi- do una maschera metallica (realizzata da
vo, raggiunge il fondo dell’abisso, tocca il un artigiano italo-americano) posta a pro-
sedimento roccioso di questo mare oleo- tezione dei suoi occhi, ormai inutilizzabili:
so di tenebre (da cui il titolo del libro, questa mise lo fa sembrare uno dei super
Touching the rock), da cui poi risale, gra- eroi Marvel, Cyclope, anche lui con pro-
zie all’ipersensibilizzazione delle aree ce- blemi di vista opposti però a quelli di de
rebrali deputate al tatto e all’udito. In ita- Montalembert. Il film, sulle tracce del libro
liano il libro è ormai fuori catalogo ed è e attraverso la voce dell’autore in over
stato coraggiosamente intitolato Il dono sound, racconta, attraverso suggestive
oscuro: consiglio ai dottorandi di recupe- immagine allegoriche, violentemente rie-
rarlo in tutti i modi, e di dedicare qualche laborate da Tarn grazie a filtri e a effetti di
minuto, ad esempio, alla lettura di come post-produzione, o semplicemente regi-
lo spazio ecologico, nell’indifferenza silen- strando su pellicola scene out of focus, il
te della quiete atmosferica, diventi per un lungo periplo privato e pubblico di “ritor-
cieco profondo improvvisamente animato no” alla vita di Hugues de Montalembert.
grazie alla pioggia che restituisce, in for- Dalla inziale tragedia, consumata per un
ma acustica, il senso prospettico dello futile motivo, aggravata dall’imperizia dei
spazio: un’epifania sonora della terza di- medici che prestarono i primi soccorsi,
mensione, molto simile a quella offerta emerge un nuovo individuo che non vuole
da Aurelio Nicolodi26 (1894-1950), cieco abbandonare la sua vecchia strategia di vi-
acquisito per lo scoppio di una granata ta basata sul “vedere”: questa volta però
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questi nuovi luoghi dell’esperienza si sotto- Il cardine attorno al quale ruota l’intera
pongono alla nostra attenzione privi di og- opera dell’artista californiano è il proces-
getto, immagine e fuoco su cui tentare di so di isolamento della luce, rescisso dal-
concentrare l’attenzione: lo spazio struttu- l’esperienza percettiva comune, e che in-
rato si dissolve in un campo percettivo to- duce nel fruitore una nuova – e forse so-
tale e, ricondotti alla loro più pura struttura pita – consapevolezza dei processi cogni-
percettiva – quasi disincarnati e ricondotti a tivi che normalmente si danno per scon-
pure casse di risonanza del mondo feno- tati. Per Turrell questo risveglio sensoria-
menico esterno –, i sensi paiono perdere la le, per certi versi di natura gurdjeffiana, fa
capacità di descrivere il mondo. Un nuovo sì che all’osservatore sia concesso “di ve-
modo di vedere, sentire, toccare sembra dere l’atto stesso del vedere”: egli è così
allora costituire la koinè di un altrettanto in bilico tra conoscenza razionale e intui-
nuovo modo di immaginare lo spazio, in cui zione, tra realtà tangibile e immaterialità
i confini tra ambiente ecologico e paesag- onirica, costretto continuamente a valuta-
gio interiore definiscono una nuova geogra- re le proprie sovrastrutture culturali per
fia e una nuova storia. poterle trascendere. Per Turrell risulta al-
tresì importante accedere a questo stato
Un’arte senza oggetto, immagine pre-culturale della visione che, deconte-
e fuoco stualizzata, torna a un suo archetipico e
funzionale ruolo, quasi tattile, grazie al
Per natura, tutti gli uomini desiderano vedere quale, osservando la volta celeste dal ca-
[…] perché la vista, tra i sensi, tino di un cratere o sedendo in uno spazio
è quella che, presentando un maggior numero quasi totalmente buio, sia una persona
di differenze, ci fa conoscere di più. comune che un astronomo o un fisico
Aristotele possano provare qualcosa di simile allo
stupore infantile31. «L’esperienza rivela-
L’artista che più esplicitamente ha riflettu- trice sta nel rendersi conto di come stia-
to criticamente sulla questione del “ve- no reagendo i nostri sensi, più che in ciò
dersi vedere”, sugli aspetti psico-fisiologi- che si guarda. Non è un caso che Turrell
ci del vedere e sulle possibili sinestesie stesso abbia ripetutamente affermato
dei sensi, è James Archibald Turrell (Los che il suo scopo è quello di continuare a
Angeles 1943). Come egli stesso ha di- ricostruire la caverna del mito platonico,
chiarato: «Anzitutto, sono molto interes- affinché il suo segreto venga continua-
sato ai confini della percezione e a lavora- mente svelato»32. Emerge progressiva-
re con essi, cioè, con l’organismo fisico, mente, nelle installazioni di Turrell, non
giocando con i limiti assoluti di ciò che solo il carattere “materico” della luce,
possiamo e non possiamo vedere, ma an- ma anche quello “tattile” della percezio-
che con il dove i colori e la visione perife- ne visiva che ha una delle sue declinazio-
rica entrino in gioco. Secondariamente, ni più convincenti nella realizzazione dei
sono interessato alle modalità di appren- cosiddetti skyspace, particolari tagli strut-
dimento di questi limiti. Abbiamo impara- turali (structural cut) eseguiti su solai di
to a percepire in modo estremamente uni- copertura di ambienti prismatici o cilindri-
voco nella nostra cultura, e a differenza di ci, i cui spigoli sono stati attentamente at-
altre culture, la nostra percezione è com- tenuati: la tecnica di esecuzione prevede
promessa dal pregiudizio»30. che il taglio operato sullo spessore dell’o-
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8/ James Turrell, Bird
sight, 1992. Proiezione
con lampada al
tungsteno a basso
wattaggio.
Elaborazioni digitali di
Francesco Bergamo
(Imago rerum/Iuav).
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siero associativo e simbolico, lo conduce bile ai movimenti nistagmici dell’occhio e
a elaborare installazioni senza un fuoco, in alla fluttuazione, in fase di accomoda-
cui è possibile espandere le proprie sen- mento al buio, del cristallino. Alla deriva in
sazioni al punto da “toccare con lo sguar- una oscurità indifferenziata, privo di riferi-
do”. Se ne fa esperienza anche nelle ope- menti spaziali, l’osservatore elide anche i
re della serie Dark spaces (a partire dal propri legami corporei e precipita, bene-
1983), dove l’oscurità ambientale in cui è volmente, in uno stadio prossimo a un’e-
accolto l’osservatore è tale da indurre una sperienza allucinatoria dove è possibile
dilatazione massima delle sue pupille, vedere fenomeni che sono al limite delle
con conseguente sublimazione della sen- percepibilità, quasi avvertendo l’attivazio-
sibilità aptica dello sguardo. Già delineati ne dei propri fotorecettori retinici. Così
nella fase finale dei Mendota stoppages l’estetica dell’attesa si sposa con proces-
(segnatamente nelle sue ultime due e più si di risveglio sensorio che possono esse-
“notturne” stanze, la n. 9 e la n. 10), i re avvicinati alla categoria dell’appercezio-
Dark spaces agiscono dunque sulla strut- ne, a quella fase terminale dell’attenzione
tura interna dell’organo visivo, caratteriz- percettiva nella quale l’oggetto viene
zati come sono dalla quasi totale assenza compreso con chiarezza e acquista pre-
di luce e dal sollecitare il processo fisiolo- minenza nella coscienza. Il titolo di que-
gico di adattamento all’oscurità che l’oc- sto storico Dark space (Pleiades) e la sua
chio attiva quando si trova in simili condi- struttura fruitiva rimandano alla pratica di
zioni ambientali: l’oggetto della percezio- osservazione, a occhio nudo, della omo-
ne diventa «lo stimolo a vedere»41. Simili nima costellazione che gli astronomi con-
installazioni sono molto complesse da sigliano di guardare, nottetempo, non di-
realizzare nei musei, sia perché implicano rettamente, ma puntando lo sguardo nel-
un lungo tempo di adattamento retinico la periferia dell’area apparentemente oc-
da parte del visitatore – che varia dai venti cupata, sulla volta celeste, dal raggruppa-
ai trenta minuti e, in alcuni casi, addirittu- mento stellare: in tal modo, se ne favori-
ra a un’ora –, ma anche perché gran parte sce un’osservazione più nitida, a maggio-
degli osservatori non sono adeguatamen- re risoluzione, anche se di breve durata.
te preparati, dal punto di vista psicologi- Così in Pleiades, le immagini luminose
co, a sottoporsi a questo tipo di esperien- proiettate non devono essere necessaria-
za straniante, del tutto simile a quella dei mente “viste”, quanto piuttosto stimola-
cosiddetti «sogni lucidi»42, in cui il sogna- re la visione, favorendo così la massima
tore sa di stare sognando. attivazione, secondo le intenzioni dell’au-
Dunque, l’osservatore, dopo essere stato tore, delle aree di visione riconducibili alle
privato di qualunque elemento di riferi- due tipologie di fotorecettori (coni e ba-
mento spaziale stabile (anche grazie all’i- stoncelli), sollecitate dal buio, prima, e
solamento acustico che caratterizza l’in- dalle continue variazioni cromatico-lumi-
stallazione), percepisce l’immagine colo- nistiche, poi, offerte dalle proiezioni in un
rata e l’alone che la circonda come posti range che, non casualmente, va dal rosso
a una distanza più ravvicinata di quanto in opaco, ma intenso, al blu. Infatti, l’oscu-
realtà non siano. Inoltre, è possibile regi- rità, da un lato, impone alla pupilla di dila-
strare un effetto “increspatura” presso i tarsi allo spasimo per compensazione, fa-
bordi della proiezione che sembra, così, vorendo un migliore assorbimento della
vibrare nell’aria, e che in parte è attribui- luce nella rètina e, dunque, la formazione
64 AGOSTINO DE ROSA
10/ Marco Tirelli,
Untitled, 2012.
sicata popolazione di Pingelap, lasciando sono incrociate, con la sua, le storie di altri
in vita solo venti persone, tra le quali si na- esploratori e ricercatori a lui cari, come
scondeva un acròmate. Il processo inevi- Darwin e Wallace. L’acromatopsia conge-
tabile di ripopolazione dell’isola avrebbe nita (nella sua forma più grave, ovvero
fatto il resto. Sacks si reca su Pingelap completa) è dunque una patologia in cui il
accompagnato dal neurologo norvegese paziente risulta cieco ai colori, estrema-
Knut Norby (il cui figlio soffre della stes- mente sensibile alla luce e caratterizzato
sa malattia), e dall’oftalmologo Robert da una bassa acuità visiva: in altri termini
Wassermann (lui stesso acròmate), ma possiede una visione monocromatica, sof-
subisce anche una forte fascinazione per fre di abbagliamento e non è in grado di di-
l’antropologia della vita insulare, e segna- stinguere dettagli già a breve distanza.
tamente di quell’area del Pacifico in cui si Nella rètina di un acròmate, i fotorecettori
66 AGOSTINO DE ROSA
11/ Marco Tirelli, Untitled, 2012.
niciato dai confini albertiani di una finestra, mollemente organica. Un ganzfeld 47 cto-
aiutato da una torcia che, attraverso l’azio- nio in cui la perdita del “qui e ora” non av-
ne maieutica della luce, riportava ordine in veniva classicamente in un bagno di luce
quel caos indistinto. Il limite della visione diffusa, ma in un oceano di nulla. Ma era
– stabilito dai bordi netti e taglienti di una realmente così? La pittura di Tirelli sembra
struttura architettonica – collideva con l’in- dirci con esattezza chirurgica che le cose
distinto e il non strutturato dell’oscurità nascono all’esistenza, sia pure limitata,
assoluta: la piramide prospettica, rigorosa quando una loro proiezione – visiva, ma
nella sua asetticità geometrica, si sfrangia- anche acustica, olfattiva, aptica – ci rag-
va a contatto con ciò che appariva non giunge, ovvero quando noi prestiamo at-
strutturato né strutturabile, divenendo tenzione ad essa, per poi inabissarsi in un
68 AGOSTINO DE ROSA
per l’ennesima volta quel continuo dialogo ta e al suo posto compare un’immagine
tra visibile e invisibile, riprodotto a scala in- frutto di creazione artistica, palesemente
finitesimale, lasciando intendere che la ve- artefatta, che dunque rende esplicite, nel
ra visione – nella sua accezione retinica e suo farsi e mostrasi, le strutture retoriche
simbolica – nasce dall’eclisse dello sguar- e scientifiche che la sostengono: così co-
do. In questo senso, la pittura di Tirelli è an- me la prospettiva rende credibile, dal pun-
che subliminalmente cartesiana. Per il filo- to di vista ottico, le immagini delle cose di-
sofo francese infatti la vista, senso privile- stanziandosene formalmente, così le im-
giato nel suo sistema speculativo, è tra i magini esatte e nebulose che “convengo-
sensi quello maggiormente sottoposto no in una” nelle opere di Tirelli ci dicono
all’esame del dubbio metodico, fino al pun- che il modello di visione cui l’autore si rife-
to paradossale di dare luogo «a un pensie- risce, è di tipo descrittivo e non mimetico.
ro che non vuole più abitare il visibile e de- Le opere di Tirelli possono essere lette co-
cide di ricostruirlo secondo il modello che me i residui luministici, nella sua mente-
se ne crea»50. Il volano di questo approccio teatro, delle apparizioni fantasmatiche del
gnoseologico è la natura aptica dello sguar- reale. Sono registrazioni anodine di essen-
do, in virtù della quale Descartes assimila ze fuori dal tempo – archetipi – che si inve-
la radiazione luminosa a un moto fisico che rano nelle cose quotidiane svolgendo la
raggiunge istantaneo e potente il nostro si- tragedia del reale. Ma come per i pittori
stema visivo «nello stesso modo in cui il della scuola di Delft, anche per Tirelli non
movimento o la resistenza dei corpi, che si tratta di semplice registrazione fenome-
incontra un cieco, si trasmetterebbe alla nica: si avverte infatti una continuità narra-
sua mano attraverso il bastone»51. Visione tiva nella sua opera, come se l’artista aves-
e cecità dunque sono avvicinate in questo se in questi anni perfezionato questa tec-
orizzonte esegetico attraverso una nozione nica iperborea di prelievo di frammenti del
fisica e corporea dello sguardo – dal mo- reale, e ne avesse disposto le testimonian-
mento che il tatto, tra i sensi tutti, è giudi- ze in una sorta di immenso e infinito mo-
cato da Descartes il meno ingannevole –, saico le cui tessere distano però anni luce
in cui sembra necessario chiudere gli occhi le une dalle altre. Egli rimane pieno di stu-
per vedere meglio e in modo certificato, a pore infantile di fronte a questa impossibi-
meno di non incorrere nella “follia dello lità di completare un’opera di per sé senza
sguardo”. Le osservazioni di Focault su fine, ma al contempo la continua perché
Descartes potrebbero dunque estendersi ne ha intravisto, per un breve, lacerante
all’opera di Tirelli, mutatis mutandis, quan- istante il senso. Quei frammenti narrano la
do sottolineano come il filosofo «abbia rot- storia del vedere da un unico, personalissi-
to i ponti con ogni possibile incanto e, se mo e inimitabile punto di vista. Per questo
vede, è certo di vedere ciò che vede. motivo le opere di Tirelli non possiedono
Mentre davanti allo sguardo del folle […] nulla di algido e di remoto: sono documenti
salgono e si moltiplicano immagini incapaci di un dolore, sollecitato dall’acutezza del
di criticarsi, poiché il folle le vede, ma irri- vedere, anche con lo sguardo rivolto verso
mediabilmente separate dall’essere»52. una fonte accecante che condanna all’o-
Le opere di Tirelli sembrano assecondare blio il resto dello spazio percepito. Tirelli
questa interpretazione della vista come narra un altro momento epifanico nella de-
«un pensiero che decifra rigorosamente i finizione del suo linguaggio pittorico che
segni del corpo»53 in cui la “follia” è espun- ben sintetizza quest’ultima osservazione:
70 AGOSTINO DE ROSA
NOTE 17
Cfr. Morell 2013; Morell 2004; Morell 1999.
18
Si veda il sito: <http://www.marjapirila.com/> (9
1
Cfr. Elkins 1996. luglio 2016).
2
Cfr. Jay 1994. 19
Cfr. Leonard 2014.
3
Cfr. Lewis-Williams 2004. 20
Si veda in merito il mio Quadraturismo in
4
Cfr. Platone 2013; Herman 2013; Collobert, exergo. Immaginario proto-proiettivo nelle pit-
Destrée, Gonzalez 2012; Vegetti 1999. ture murali prospettiche, in Ciammaichella,
Un’interessante trattazione del tema della ca- Bergamo 2017, pp. 23-52.
verna platonica in relazione all’arte contempo- 21
Cfr. Barash 2001.
ranea è sviluppato nella tesi di dottorato 22
Cfr. Liberatore 2017.
Giammarioli 2007/2008. 23
Cfr. Locke 1690 (cfr. Locke 2004).
5
Alpers 1999. 24
Sulla “questione di Molyneux” si veda: Wade
6
La linea alternativa a quella dell’ottica eucli- 1999, pp. 343 e ss., ma anche Parigi 2004.
dea era rappresentata, oltre che dal filosofo 25
Hull 1990.
arabo Alhazen, da Roger Bacon, John 26
Cfr. Folgheraiter, Lunelli 2015.
Peckham e Witelo, autori per altro noti a Leon 27
De Montalembert 19891. Un altro testo di de
Battista Alberti. Cfr. Wheelock 1977, pp. 5 e Montalembert tradotto in italiano è L’estate per-
ss. Si veda soprattutto Alpers 1999. duta: de Montalembert 1989.
7
Nello stesso anno di pubblicazione de Ad 28
Lighthouse Guild, 15 West 65th Street, New
Vitellionem parilipomena, Keplero individuò an- York, NY 10023. Si rimanda al sito:
che la configurazione ellittica dell’orbita di <http://www.lighthouseguild.org/> (29 mag-
Marte, localizzando in uno dei suoi fuochi la gio 2017).
posizione del Sole. 29
Calle 2011.
8
Cfr. De Rosa, D’Acunto 2002, pp. 103 e ss. 30
James Turrell citato in Adcock 1985, p. 125.
9
Keplero 1937 [1604], p. 153. Cfr. anche Malet 31
Cfr. Zolla 1994.
1990. Da un punto di vista fisiologico, bisogna 32
Bergamo 2005, p. 3. Si veda anche Rizzini
precisare che l’immagine retinica non è effetti- 2007.
vamente un’immagine del mondo esterno, ma 33
In genere, i tubi al neon sono incassati in una
piuttosto una distribuzione di punti colorati che cornice prossima al soffitto, oppure inseriti nel
eccita il mosaico di coni e bastoncelli presenti bordo superiore delle schienale inclinato delle
sulla superficie della rètina stessa. Si veda in panchine che perimetrano lo spazio interno.
merito Gibson 1960. 34
Sulle proprietà dei “colori filmari” (o “di
10
Alpers 1999, p. 55. apertura”) si veda: Katz 1935; Palmer 1999
11
La configurazione della superficie retinica è (segnatamente, il III capitolo).
connessa per Keplero con l’ampiezza del cono 35
Oltre a Skyspace I, Turrell ha realizzato altre
visivo, che l’autore stima, in modo erroneo, due installazioni per villa Menafoglio Litta
leggermente superiore a 180°. Cfr. Wheelock Panza, a Biumo Superiore, segnatamente: Sky
1977, p. 51. Window (o Lunette, 1976) e Virga (1976). Cfr.
12
Cfr. Heidegger 1997. AA.VV 2001.
13
Selfe 1977. 36
Giuseppe Panza di Biumo citato in Adcock
14
Si vedano anche: McMahon 2002; Sacks 1990, p. 117.
1995. 37
Adcock 1985, p. 2.
15
Selfe 2011. 38
Cfr. Feynman 1989. Sul rapporto tra Turrell
16
Cfr. Gatton, Carreon 2012; Gatton, Carreon e l’elettrodinamica quantistica si veda Giannini
2011; Gatton 2010; Gatton 2010; Gatton 2010. 2002, p. 44.
72 AGOSTINO DE ROSA
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76 AGOSTINO DE ROSA
GLI AUTORI
MARIA TERESA BARTOLI scimentale, basata sull’analisi grafico-geome-
DiDA – Dipartimento di Architettura, Università trica dei documenti, acquisiti con tecniche at-
degli Studi di Firenze tuali e prelievi metrici accurati. Anche in que-
email: mtbartoli@fastwebnet.it sto studio, i risultati raggiunti modificano in
maniera non modesta alcune certezze storio-
Professore ordinario di Rilievo dell’Architettura e di grafiche precedenti. Tra le pubblicazioni sul te-
Disegno dell’Architettura nel Dipartimento di ma, si ricorda, a sua cura insieme a Monica
Architettura dell’Università di Firenze, è attual- Lusoli, Le teorie, le tecniche, i repertori figura-
mente in pensione. È stata coordinatore del tivi nella prospettiva d’architettura tra il ’400 e
Dottorato in Architettura del Dipartimento. il ’700 (2015).
Tema della sua ricerca è il rapporto del disegno
dell’architettura con lo sviluppo della geome-
tria nella storia europea, analizzato attraverso
il rilievo di monumenti significativi. Le sue ri- MAURA BOFFITO
cerche sono state condotte attraverso lo stu- DAD – Dipartimento di Architettura e Design.
dio dell’architettura storica, soprattutto fioren- Scuola Politecnica dell’Università degli Studi di
tina e toscana, partendo dal rilievo, svolto con Genova
rigore scientifico all’interno di numerose con- email: boffitom@arch.unige.it
venzioni stipulate con i detentori dei monu-
menti e applicando in forma integrata le tecno- Laureata in Architettura presso il Politecnico di
logie sia tradizionali che attuali. Gli esiti degli Torino e in Filosofia all’Università degli Studi di
studi sono stati oggetto di numerose pubblica- Genova, è stata contrattista e ricercatore confer-
zioni, tra cui i volumi Musso e non quadro, la mato presso la Cattedra di Disegno e Rilievo del-
strana figura di Palazzo Vecchio dal suo rilievo la Facoltà di Architettura di Genova. Professore
(2007), Santa Maria Novella a Firenze (2009) e associato nel 1992, dal 2000 è Professore
Dal gotico oltre la maniera, gli architetti di Ordinario di Disegno. Membro del Comitato dei
Ognissanti a Firenze (2011). In esse, il confron- Docenti e del Collegio dei Docenti della Scuola
to delle caratteristiche emergenti dal rilievo di Dottorato in Architettura e Design, dal 1986
con la cultura storico-scientifica di riferimento ha svolto un’intensa attività gestionale.
espressa dalla trattatistica dà luogo a una de- L’attività didattica e di ricerca spazia dal rilievo
scrizione che innova quella tradizionale del di- dell’architettura alla catalogazione di disegni e
segno di architettura di alcuni monumenti ar- del patrimonio artistico genovese, dall’indagi-
chitettonici. Connessa al tema descritto è an- ne d’archivio alla scienza della rappresentazio-
che la ricerca condotta sulla prospettiva rina- ne, dalle applicazioni di geometria descrittiva
187
all’arte, allo studio della rappresentazione dell’A.I.S.I., Associazione Italiana di Storia
dell’architettura in pittura. Ha partecipato a dell’Ingegneria (Napoli, 2004).
campagne di studio e rilievo inerenti, tra gli al- Nel 2007 gli è stata conferita la Targa d’oro
tri, il centro storico di Sorrento e di San UID; nel 2010, il Certificate of Magister.
Salvatore Telesino (Benevento), il castello di È stato componente di numerose Commissioni
Portofino e “Castello” Bruzzo a Genova. ministeriali. Esperto valutatore della Comisión
Nella produzione scientifica, particolare atten- Nacional de Acreditación del Cile (CNA-Chile),
zione è rivolta alla ricerca storica d’archivio dalla sua istituzione (2007).
(Rilievo del tempo, 1990), al rilievo dell’archi- È valutatore e revisore di progetti di ricerca per il
tettura (Ville del genovesato. Albaro, vol. II, MIUR e per varie università italiane e straniere.
1985, 1986), alla storia della rappresentazione Ha elaborato e diretto vari progetti di ricerca
(Dentro la geometria, 1996), ai fondamenti e nell’ambito dell’area dell’espressione grafica.
alle applicazioni di geometria descrittiva È autore di oltre centosettanta pubblicazioni
(Teoria e pratica dei metodi di rappresentazio- scientifiche tra libri (21), scritti in volumi collet-
ne, 2003), intrecciando con approcci interdisci- tivi (59), articoli su riviste internazionali e nazio-
plinari indagini di tipo geometrico-matematico nali, relazioni e comunicazioni a convegni, con-
(La prospettiva, “Fondamenti storici della geo- gressi e seminari scientifici.
metria”, 1982) con altri di tipo storico-critico- Ha svolto intensa attività di direzione editoriale.
antropologico (Il disegno come “segno” della Ha fondato e diretto le collane editoriali
spiritualità dei popoli, 1999). Architettura e città (Cuen 1989) e Ritratti di città
(Alfredo Guida Editore 1993). Dal 2000 dirige la
collana Incontri sul disegno (CUES); dal 2006 cu-
ra la collana Quaderni della Conferenza dei
VITO CARDONE Presidi delle Facoltà di Ingegneria. Dal 2007 è re-
DICIV – Dipartimento di Ingegneria Civile. sponsabile della Sezione di “Studi di ingegne-
Università degli Studi di Salerno ria”, nell’ambito del Comitato Scientifico della
email: v.cardone@unisa.it Collana Scientifica dell’Università degli Studi di
Salerno.
Vito Cardone, napoletano, ordinario di Disegno, È membro di Comitati Scientifici di varie riviste
professore onorario della Universidad Nacional e collane editoriali.
de Córdoba e della Universidad Científica del Sur
di Lima, è Presidente della UID, Unione Italiana
per il Disegno, e dell’Agenzia QAUCING, di cer-
tificazione della qualità e accreditamento EUR- ROBERTO CIARLONI
ACE dei corsi di studio di Ingegneria. Portavoce email: roberto.ciarloni@gmail.com
(dal 2008) dell’Interconferenza – Coordinamento
Nazionale delle Conferenze dei Direttori e dei Roberto Ciarloni, ingegnere, è Direttore Ricerca
Responsabili delle Strutture Universitarie – dal e Sviluppo Open Mind CADCAM.
febbraio 2016 è suo rappresentante al CUN. Ha al suo attivo una lunga esperienza nel set-
È stato Preside della Facoltà di Ingegneria di tore del CAD, della Modellazione Geometrica
Salerno (2001-2013), Segretario (2002-2006) e e della Computer Graphics.
poi Presidente (2006-2013) della Conferenza È direttore dello sviluppo di numerosi prodotti
dei Presidi delle Facoltà di Ingegneria Italiane. CAD 3D usati nelle aziende di tutto il mondo,
È stato tra i fondatori dell’AED, Associazione tra i quali thinkdesign, hyperCAD, VR CAD.
Europea del Disegno (La Coruña, 1991), e Partecipa con successo a diversi progetti di ri-
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cerca nazionali e internazionali in collaborazio- RICCARDO MIGLIARI
ne con grandi aziende e con Università e centri DSDRA – Dipartimento di Storia, Disegno e
di ricerca. Restauro dell’Architettura. Sapienza Università
È docente di Computer Graphics al Politecnico di Roma
di Milano e di Modellazione Matematica pres- email: riccardo.migliari@uniroma1.it
so la Facoltà di Architettura di Sapienza
Università di Roma. Inizia la sua attività accademica nei corsi di
È autore del capitolo Le teorie e le tecniche della Geometria Descrittiva e Applicazioni della
rappresentazione matematica pubblicato nel vo- Geometria Descrittiva tenuti dal professor
lume di Riccardo Migliari Geometria descrittiva. Orseolo Fasolo presso la facoltà di Architettura
Vol. II. Tecniche e applicazioni (CittàStudi edizio- de La Sapienza.
ni 2009). Dal 1980 al 1987 è Ricercatore confermato;
nel 1987 diventa Professore associato di
Fondamenti e applicazioni della Geometria de-
scrittiva e dal 1990 è Professore ordinario, ti-
AGOSTINO DE ROSA tolare di Fondamenti e applicazioni della
dCP – Dipartimento di Culture del Progetto, Geometria descrittiva.
Università Iuav di Venezia Dal 1990 al 1993 ha insegnato Disegno, Rilievo
email: aderosa@iuav.it e Fondamenti e applicazioni di Geometria de-
scrittiva presso la Facoltà di Architettura
Agostino De Rosa (Bari 1963), architetto, dell’Università degli Studi di Chieti, dove ha
Professore Ordinario, insegna presso l’Università creato e diretto il Laboratorio di Fotogrammetria
Iuav di Venezia nel corso di laurea in Architettura: analitica. Nel 1993 viene chiamato a ricoprire la
tecniche e culture del progetto. Ha ricoperto do- cattedra di Applicazioni di Geometria descrittiva
cenze e tenuto conferenze presso Università e presso la Facoltà di Architettura di Sapienza
Istituzioni culturali in Italia e all’estero. È autore di Università di Roma.
libri e saggi incentrati sui temi della rappresenta- Ha insegnato rilievo strumentale e fotogramme-
zione e della storia delle immagini. Ha recente- tria architettonica presso l’École Polytechnique
mente curato l’edizione critica dell’opera del fra- d’Architecture et Urbanisme di Algeri, nell’am-
te Minimo Jean-François Niceron (1613-1646), bito della scuola di specializzazione (Post-
del rilievo digitale e dell’interpretazione proietti- Graduation).
va degli apparati anamorfici da lui ideati, insieme Dal 1995 al 2002 ha coordinato il Dottorato
a Padre Emmanuel Maignan (1601-1676), pres- di Ricerca in Rilievo e Rappresentazione
so il Convento di Trinità dei Monti a Roma. dell’Architettura e dell’Ambiente e la Scuola
Collabora, dal 2002, con l’artista statunitense Nazionale di Dottorato in Scienze della
James Turrell al Roden Crater project, e dal Rappresentazione e del Rilievo.
2015 con il regista tedesco Werner Herzog. È Dal 2008 ha coordinato il Laboratorio nazionale
membro del comitato scientifico di CHORA: per il rinnovamento della Geometria descrittiva
Intervals in the Philosophy of Architecture con Laura De Carlo, e dal 2010 fino al pensio-
(McGill University, Canada) e di quello della rivi- namento (settembre 2016), l’Unità di Ricerca
sta Autoportret (Cracovia, Polonia). Coordina sulla Geometria descrittiva istituita presso il
scientificamente il gruppo di ricerca Imago re- Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro
rum (e la relativa Unità di ricerca presso lo Iuav) dell’Architettura.
con il quale ha curato mostre presso istituzioni Ha proposto e coordinato molte ricerche a livello
nazionali e straniere. locale o nazionale e diversi progetti PRIN (2005-
AUTORI 189
2007: V.I.A. Virtual Interactive Architecture; natore dell’Unità di Ricerca di Firenze prof.
2008-2010: Geometria descrittiva e rappresen- Maria Teresa Bartoli.
tazione digitale: memoria e innovazione; 2010- Attualmente è professore a contratto per l’in-
2011: Prospettive Architettoniche: conservazio- segnamento di Fondamenti di Geometria
ne digitale, divulgazione e studio). Descrittiva presso l’Università degli Studi di
Molte le pubblicazioni degli esiti delle ricerche Ferrara, modulo del corso integrato di Disegno
da lui condotte. dell'Architettura del corso di Laurea Magistrale
in Architettura.
NEVENA RADOJEVIC
DiDA – Dipartimento di Architettura, Università CAMILLO TREVISAN
degli Studi di Firenze dCP – Dipartimento di Culture del Progetto,
email: nevena.radojevic@gmail.com Università Iuav di Venezia
email: trevisan@iuav.it
Nevena Radojevic nasce in Serbia nel 1982.
Consegue il diploma di maturità scientifica L’attività di ricerca riguarda la rappresentazione
nel 2001, anno in cui si iscrive alla Facoltà di eseguita con l’utilizzo di tecniche e strumenti
Architettura dell’Università degli Studi di informatici e la predisposizione di software spe-
Belgrado seguendo il percorso magistrale cifici. È stato responsabile scientifico della ricer-
con indirizzo Sistemi Costruttivi e Strutture ca Metodi e strumenti per la gestione e l’imple-
Spaziali. mentazione delle risorse informative relative al-
A gennaio del 2011 partecipa con successo al la cartografia e ai rilievi architettonici (PRIN
concorso per accedere al Dottorato di Ricerca 1999-2000); della convenzione tra DADI e CCAI
in Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura di Treviso per lo studio di un progetto relativo al-
e dell’Ambiente, Università degli Studi di l’implementazione di nuovi spazi intelligenti, ad
Firenze dove, oltre ad acquisire ampie cono- alta interattività e profondità di comunicazione,
scenze sulla storia e le tecniche del disegno e per la sperimentazione di innovative virtual expo
del rilievo, approfondisce lo studio delle applica- e virtual selling center (2002-2003); della ricerca
zioni della proiezione centrale nei diversi conte- con il compito della Realizzazione di software
sti storici. Nel maggio del 2015 consegue il tito- specifici dedicati all’analisi geometrica e propor-
lo di Dottore di ricerca discutendo la tesi dal ti- zionale di particolari architettonici rilevati con
tolo La proiezione centrale nel pensiero scienti- scanner 3D (PRIN 2002-2004); della convenzio-
fico. Dal Pantheon alla Cappella Pazzi. ne tra DADI e Gran Teatro La Fenice di Venezia
Dal 2010 collabora ai corsi di Rilevo e Disegno per la costruzione del modello digitale tridimen-
dell’Architettura della prof. Maria Teresa sionale della Fenice e lo studio, l’analisi e l’im-
Bartoli presso la Facoltà di Architettura di plementazione di protocolli d’uso e di gestione
Firenze. Dal mese di febbraio del 2014 fino ad del modello 3D (2002-2004); della ricerca
aprile del 2016 è titolare di un assegno di ri- Modelli 3D esplorabili interattivamente in rete a
cerca nella stessa facoltà, con il tema varie scale di dettaglio (FIRB 2005-2008); della
Proiezioni centrali tra rappresentazione pro- ricerca Esplorazione interattiva di modelli digitali
spettica e disegno dell’architettura dal ’400 al tridimensionali: il caso del teatro La Fenice di
’700 all’interno di gruppo di ricerca PRIN 2011 Venezia. Progetto, costruzione e test di una sta-
dal titolo Architectural perspectives, coordina- zione monoutente stereoscopica multimodale
tore nazionale prof. Riccardo Migliari, coordi- e multimediale (PRIN 2005-2007).
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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI FEBBRAIO 2017
www.gangemieditore.it