Sei sulla pagina 1di 46

©

Proprietà letteraria riservata


Gangemi Editore spa
Via Giulia 142, Roma
www.gangemieditore.it
Nessuna parte di questa
pubblicazione può essere
memorizzata, fotocopiata o
comunque riprodotta senza
le dovute autorizzazioni.
Le nostre edizioni sono disponibili
in Italia e all’estero anche in
versione ebook.
Our publications, both as books
and ebooks, are available in Italy
and abroad.

ISBN 978-88-492-3504-3

In copertina: Riccardo Migliari, ricostruzione del modello di testa di uomo del De Prospectiva Pingendi. I grafici di Piero della
Francesca, permettendo di ricollocare con esattezza le forme rappresentate nello spazio tridimensionale, non possono essere consi-
derati semplici “disegni”, ma costituiscono dei veri e propri modelli: in questi termini, il De Prospectiva Pingendi può essere consi-
derato il primo trattato di geometria descrittiva.

Questo volume è pubblicato con il contributo dell’Unione Italiana per il Disegno (UID).
I contributi raccolti nascono in occasione di due giornate di studio organizzate nell’ambito della Scuola Nazionale di Dottorato
in Scienze della rappresentazione e del Rilievo e del dottorato di ricerca in Storia, disegno e restauro dell’architettura, Dipartimento
di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura (DSDRA) di Sapienza Università di Roma, curriculum Disegno.
Le Due giornate dedicate alla Geometria descrittiva si sono svolte a Roma, nell’Aula Magna della sede di piazza Borghese il 18 e il
25 febbraio 2016.
La ricerca nell’ambito
della geometria descrittiva
Due giornate di studio

a cura di
Laura Carlevaris

con contributi di
Maria Teresa Bartoli, Maura Boffito, Vito Cardone, Roberto Ciarloni,
Agostino De Rosa, Riccardo Migliari, Nevena Radojevic, Camillo Trevisan
INDICE

7 PRESENTAZIONE
La ricerca che impara, la ricerca che insegna
LAURA CARLEVARIS

13 La ricerca nell’ambito della geometria descrittiva


RICCARDO MIGLIARI

23 Vitalità di una disciplina in ricorrente pericolo di vita


VITO CARDONE

45 Cecità del vedere. Sull’origine delle immagini


AGOSTINO DE ROSA

77 Un viaggio con la Prospettiva


MAURA BOFFITO

107 Verità e inganno della percezione visiva nella ricerca


della Prospettiva del primo secolo
MARIA TERESA BARTOLI

123 Comprendere i movimenti del cielo attraverso la loro


visione dalla terra e dimostrarli attraverso un modello
immobile
NEVENA RADOJEVIC

139 La restituzione di prospettive architettoniche


su superfici curve: esempio d’uso del software Euclid
CAMILLO TREVISAN

159 La logica delle forme


ROBERTO CIARLONI

185 Gli Autori


CECITÀ DEL VEDERE.
SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI

Agostino De Rosa

ABSTRACT Questo saggio si intitola in modo ossimorico Cecità del vedere, e il suo
scopo è quello di indagare su quali processi di vicarizzazione gli artefici di
immagini (e con essi i filosofi, gli antropologi etc., e non solo gli artisti)
abbiano sottoposto il soggetto tradizionalmente veggente, concentrando la
loro attenzione su quelle immagini che in modo parastatico possano
nascere da processi proiettivi o naturali meccanici. Inoltre particolare
attenzione sarà rivolta a quelle opere che mettono in difficoltà il loro fruitore,
sottoponendolo ad uno stress retinico e comunque relegandolo in una
situazione di difficoltà, di minus habens. Tale processo, come si vedrà, non
riguarderà solo la vista ma i sensi tutti, delineando quasi una pervicace
azione di denigrazione visiva che scatena una percezione sinestetica, con
lo strano fine di acuire le capacità percettive del soggetto stesso.
Un’apparente contraddizione, che si risolve però in una rivelazione: rendere
ciechi, perché si veda meglio ciò che ci circonda.

PAROLE CHIAVE Geometria descrittiva, percezione visiva, proiezione, cecità.

45
Secondo me non siamo diventati ciechi, caratterizzato dalla frammentarietà tipica
secondo me lo siamo. di un diario, e anche dalla sua emotività,
Ciechi che vedono, ciechi che, visto il tema che tocca, sia pure in alcune
pur vedendo, non vedono. sue parti: quello della cecità. L’ipotesi di
Saramago 1996 fondo è che alla base di molte immagini
antiche, moderne e contemporanee sia
rinvenibile, spesso in modo carsico e su-
Una noiosa (ma breve) premessa bliminale, un processo di denigrazione del
ruolo privilegiato e senziente svolto dal-
Per me la Geometria Descrittiva è sempre l’osservatore – cui viene in genere attribui-
stata una disciplina innegabilmente legata ta la scaturigine proiettiva dell’immagine
al mondo dell’espressione artistica. stessa – , sia che esso venga collocato al
Anche se la mia istruzione accademica è “finito”, come nel caso della prospettiva,
connessa agli insegnamenti di una docen- sia che esso venga immaginato “all’infini-
te napoletana, Anna Sgrosso, che si è a to”, come nel caso delle proiezioni paral-
sua volta formata con matematici e geo- lele. Dunque si ipotizza, non senza prove
metri puri, che usavano il linguaggio for- o riscontri documentali, che certe imma-
male della loro disciplina, e spesso anche gini siano nate in modo autonomo, ovve-
la freddezza espositiva che connotava le ro che fossero osservatore-indipendenti
loro competenze, ho avuto la fortuna, pro- ab origine e solo dopo adattate ad un mo-
prio grazie a lei, di avvicinarmi agli studi dello generativo e fruitivo di tipo oculo-
sulla prospettiva, ma in genere su tutti i centrico o, più in generale, proiettivo.
metodi e le forme di rappresentazione, af- Ovviamente a questo approccio tradizio-
frontandoli dai rispettivi riflessi applicativi nale e conservatore sul ruolo svolto dal-
e dalle relative origini svolte in ambito ar- l’osservatore nella nascita delle immagini
tistico. Preferisco usare il lemma “forma” ci ha abituato la storiografia classica sulla
rispetto a “metodo” perché lo trovo sto- prospettiva, quasi tutta europea, o co-
riograficamente più inclusivo di tutte quel- munque eurocentrica in termini epistemo-
le espressioni grafiche che, prima di avere logici. Da questa interpretazione canonica
la loro ipostatizzazione proiettiva, hanno si sono distaccate solo poche voci (colpe-
avuto modo di manifestarsi spesso in con- volmente non diffuse in ambito accademi-
testi non tecnici, sulla scena della rappre- co italiano), per la maggior parte prove-
sentazione del mondo fenomenico. In se- nienti dal continente nord-americano (pen-
guito, ho avuto la fortuna di intrecciare so a James Elkins1 o a Martin Jay2) o da al-
questo mio interesse per la Geometria cuni paesi emergenti (e qui mi viene in
Descrittiva con il lavoro di alcuni artisti, vi- mente David Lewis-Williams3), rimanendo
venti e non, misurando sul campo i possi- però isolate a specifici contesti critici o et-
bili legami o le aporie che potevano carat- nico-antropologici.
terizzare questa liason. Prima di entrare Questo diario si intitola dunque in modo
nel vivo della comunicazione, qui trascritta ossimorico Cecità del vedere (in uscita per
più o meno fedelmente, vorrei ricordare Einaudi nel 2018), e il suo scopo è quello
che si tratta di una sintesi o, se si preferi- di indagare su quali processi di vicarizza-
sce, di una sorta di diario, di un lungo lavo- zione gli artefici di immagini (e con essi i
ro di ricerca che mi ha visto impegnato per filosofi, gli antropologi etc., e non solo gli
diversi anni, in solitaria. Quindi esso sarà artisti) abbiano sottoposto il soggetto tra-

46 AGOSTINO DE ROSA
dizionalmente veggente, concentrando la la realtà sia costituita dalle ombre proiet-
loro attenzione su quelle immagini che in tate da oggetti inanimati, grazie alla pre-
modo parastatico possano nascere da senza di una sorgente puntiforme (una
processi proiettivi o naturali meccanici. fiaccola) mossa ad hoc da artefici nascosti
Inoltre, particolare attenzione sarà rivolta alla loro vista. I prigionieri credono che la
a quelle opere che mettono in difficoltà il realtà sia costituita proprio da quelle im-
loro fruitore, sottoponendolo ad uno magini umbratili, ignorando l’inganno
stress retinico e comunque relegandolo in proiettivo perpetrato alle loro spalle: proie-
una situazione di difficoltà, di minus ha- zioni bidimensionali dunque, esterne al lo-
bens. Tale processo come si vedrà non ri- ro sistema visivo, create artificiosamente
guarderà solo la vista ma i sensi tutti, de- come simulacri della realtà, al punto da so-
lineando quasi una pervicace azione di de- stituirla. La scelta della sorgente puntifor-
nigrazione visiva che scatena una perce- me non deve essere stata casuale, e cer-
zione sinestetica, con lo strano fine di tamente non lo è per noi occidentali: lo
acuire le capacità percettive del soggetto schema descritto da Platone è evidente-
stesso. Un’apparente contraddizione, che mente leggibile come una metafora della
si risolve però in una rivelazione: rendere genesi dell’immagine prospettica, an-
ciechi, perché si veda meglio ciò che ci cir- ch’essa caratterizzata dall’aspirazione in-
conda. gannevole di imitare l’esperienza visiva e
di consegnarci immagini quanto più pros-
sime alla nostra esperienza retinica.
Un inizio lontano nel tempo All’interno della caverna siamo quindi nel
cuore di un meccanismo visivo e/o scopi-
Someone I loved once gave me a box co, anche se Platone non lo dichiara espli-
full of darkness. citamente, in cui la bucatura d’ingresso
It took me years to understand that this too, (che connette la caverna con il mondo
was a gift. esterno) funge da titanica pupilla e dove la
Mary Oliver caverna assume il ruolo dell’intradosso di
un bulbo oculare, la cui parete fondale si
Se dovessi individuare un termine a quo trasmuta in una rètina artificiale di dimen-
dal quale partire per la nostra discussione, sioni inusitate. La caverna è dunque assi-
io sceglierei di evocare il mito della caver- milabile ad un organo visivo, solitario e ci-
na platonica, dunque trasferendomi ideal- clopico, al cui interno si inscena il mistero
mente nella Grecia classica del V secolo della (fallace) conoscenza umana. Il rac-
a.C. È Platone (428/427 a.C.-348/347 a.C.) conto di Platone prosegue, descrivendo
a raccontarcelo all’inizio del Libro settimo cosa potrebbe accadere all’individuo capa-
de La Repubblica4 (514 b-520 a.C.). In que- ce di liberarsi dalle catene (il filosofo) e di
sta sezione del dialogo viene descritto un riemergere alla luce solare. Accecamento
antro ctonio nel quale sono incatenati dei dovuto alla luce solare e iniziale incom-
prigioni ai quali è impedito di osservare il prensione della realtà sarebbero ben pre-
mondo fenomenico: bloccati nei movi- sto superate a vantaggio di una sua cono-
menti dalle catene (che ne costringono scenza più profonda da parte del filosofo
non solo gli arti, ma anche il collo e la te- che non scambierebbe più gli epifenome-
sta), e ostruiti nella visone dell’ambiente ni per le cause fenomeniche degli stessi:
esterno da un alto muro, essi credono che la ragione, e non la percezione, ora cono-

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 47


sce il mondo. Ho sempre trovato interes- sione umana, in questo orizzonte esegeti-
sante (e anche inquietante) che la realtà co, ha ora il mero compito di riportare fe-
diventi intellegibile al filosofo solo uscen- delmente quanto registrato dai parapher-
do dal meccanismo della visione (la caver- nalia messi a disposizione dalla scienza
na), in un mondo non più recintato dalle dell’epoca. La camera oscura è forse il de-
confortevoli pareti di pietra della caverna, vice più coerente con la temperie scopica
direbbe forse James Gibson (1904-1979), sviluppatasi nel Seicento nederlandese, e
ora libero nel suo ecosistema. Lo stesso la caverna platonica ne è il prototipo, an-
Gibson però sosteneva la drammatica si- che se sviluppato in ambito filosofico.
tuazione in cui l’uomo è relegato, avendo Inoltre, se la “via italiana” alla prospettiva
del mondo che lo circonda solo “proiezio- si incarnava nella costruzione abbreviata
ni” (visive, acustiche, aptiche, olfattive, di Leon Battista Alberti, in cui l’autore ap-
gustative etc.), dunque risultando total- plicava i principi ottico-geometrici desunti
mente ignaro rispetto alla natura più inti- dall’Ottica di Euclide (360 a.C.) ai problemi
ma di quel mondo che tenta di percepire: della rappresentazione pittorica, e in cui fi-
la realtà resta inattingibile, destinati come gura retorica per eccellenza era l’idea di di-
siamo a riceverne straniate immagini, de- pinto come “finestra” attraverso la quale
bolmente connesse all’oggetto che rap- immaginare di vedere lo spazio figurativo,
presentano nel nostro percetto. Tra le tan- quella percorsa dai teorici e dagli artisti
te immagini che restituiscono figurativa- nord-europei del XVII secolo (cui lo stesso
mente questo archetipo mitico, quella che Saenredam apparteneva) si spingeva inve-
qui mi sembra più interessante ricordare ce a intrecciare maggiori legami con tradi-
è quella eseguita nel 1604 dall’incisore e zioni ottiche alternative6, in particolare con
pittore olandese Jan Saenredam (1565- quella riconducibile al matematico e astro-
1607), intitolata Antrum Platonicum e oggi nomo tedesco Johannes Kepler (1571-
conservata presso The British Museum di 1630), così come era stata fissata inizial-
Londra. Infatti l’opera si iscrive in una tem- mente nei suoi Ad Vitellionem paralipo-
perie culturale, quella nederlandese del mena, quibus astronomiae pars optica tra-
XVII secolo, in cui le questione del vedere, ditur… (1604), e successivamente nella
del rappresentare e del descrivere sono Dioptrice… (1611)7. All’interno dell’opera,
state oggetto di una tremenda elaborazio- analizzata da me in modo approfondito in
ne critica, sintetizzata magistralmente da altra sede8, Keplero, compreso il modo in
Svetlana Alpers (1936) nel suo celebre vo- cui l’immagine di un oggetto si riproduce
lume Arte del descrivere: scienza e pittura rovesciata, a mezzo dei raggi luminosi, su
nel Seicento olandese (Bollati Boringhieri, una superficie interna di una stanza o di
Torino 1999)5. L’utilizzo del verbo “descri- una scatola, completamente buia, attra-
vere” è legato evidentemente a un’idea di verso un piccolo foro aperto nella parete
uno sguardo autoptico che si posa sulla opposta – il tutto ricorrendo ad analogie
realtà e ne restituisce i contorni in termini con la teoria prospettica del Dürer –, asso-
quasi anatomopatologici: esso presuppo- cia il funzionamento dell’organo visivo a
ne l’impiego di ausili alla visione – lenti, quel meccanismo ottico, potendo asserire
microscopi, cannocchiali, camere oscure, nel quinto capitolo, intitolato De modo vi-
camere lucide etc. – che rendono que- sionis, che: «La visione è prodotta da
st’ultima sempre più vicaria rispetto ai un’immagine (pictura) della cosa visibile
meccanismi ottici di cui si circonda. La vi- che si forma sulla superficie concava del-

48 AGOSTINO DE ROSA
la rètina»9, delegando quindi ai “filosofi
naturali” il compito di indagare le que-
stioni psicologiche connesse alla perce-
zione visiva. Questo disinteresse, secon-
do Alpers, inquadra l’ottica kepleriana in
un contesto di “deantropomorfizzazio-
ne” della visione, in cui i meccanismi vi-
sivi trovano la loro sede in un modello
astratto, macchinistico, quello appunto
dell’occhio ricondotto alla camera oscura,
in cui l’atto del vedere equivale a quello
del descrivere: «La funzione del meccani- 1/ Pieter Jansz Saenredam da Cornelis
smo visivo è di produrre una rappresenta- Cornelisz, La caverna di Platone, 1604.
zione: rappresentazione nel duplice senso Londra, The British Museum.
di artificio – per il suo modo di operare – e
di risolvere i raggi di luce in un’immagi-
ne»10. Dunque, l’immagine retinica, proie- (1889-1976) che dedica proprio al mito
zione rovesciata del mondo esterno, appa- platonico (e anche al Teeteto) il suo corso
re paradossalmente nell’occhio in modo tenuto a Friburgo tra il 1931 e il 1932, poi
indipendente dal fatto che esso apparten- confluito nel volume L’essenza della ve-
ga a un essere vivente o meno: la pictura rità12. Senza entrare nell’esegesi del testo
si produce comunque sulla superficie a heideggeriano, mi preme qui sottolineare
doppia curvatura della rètina11, senza al- come il filosofo tedesco indichi proprio nel
cuna relazione con la volontà senziente concetto di “verità” il centro motore del
dell’osservatore, ma legata solo alla ine- suo testo, riconoscendo al mito della ca-
sorabile penetrazione dei raggi luminosi verna il contributo maggiore del filosofo
attraverso il diaframma della pupilla, che greco alla conoscenza occidentale.
qui svolge lo stesso ruolo del foramen Comunemente intesa come conversione
della camera obscura, poi rifratti dall’u- “alla luce del sapere”, il termine verità, in
more cristallino. Un’immagine dunque relazione proprio al mito platonico, è offer-
che si genera senza che la volontà del to da Heidegger attraverso due versioni
soggetto veggente intervenga in modo semantiche per niente omofone: come
decisivo, creando immagini da un forte ἀλήθεια (alétheia), parola greca traducibile
carattere retinico. come “verità”, ma che risulta composta
Dunque dov’è la verità, così agognata dal dal suffisso ἀ (alfa privativa, “non”) e dal
filosofo dell’antro platonico, ma così scon- verbo ληθεύειν (“svelare”). Sotto questa
volgente al punto che i suoi colleghi prigio- luce critica, ἀλήθεια è traducibile come “di-
nieri, ancora incatenati nel loro teatro svelamento” (o “svelatezza”), “ciò che è
d’ombre, ne rifiuteranno la comprensione non nascosto”: in altri termini la verità si
quando lui, raggiuntili, tenterà di spiegar- dà attraverso una negazione di ciò che è
gliela? La parola “verità”, e gli aggettivi nascosto. Nel suo nucleo semantico più
ad essa connessi (verismo, realismo etc.) intimo, la verità cela quindi una negazione:
costituiscono il vulnus dell’esperienza non una particella lessicale assertiva, ben-
platonica, e il loro interprete più sottile è sì una negativa. Come a dire che la verità
stato sicuramente Martin Heidegger implica la non verità. Questa ambivalenza,

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 49


tutta greca, collide evidentemente con l’a- plici termini neurobiologici, e che ci con-
nalogo termine latino veritas, molto più sentirà di retrodatare, ancora prima della
stolido e granitico, privo di ambiguità, e caverna platonica, l’idea iniziale di “cecità
caratterizzato da un’accezione solo posi- del vedere”.
tiva. Proprio il mito platonico, secondo Si tratta dello straordinario caso di Nadia,
Heidegger, devìa il percorso negativo del- una bambina in età prescolare che la neu-
la nozione greca di verità, indirizzandola ro-psicologa inglese Lorna Selfe ha stu-
verso il concetto di ὀρθότησ (orthótes), di diato approfonditamente in uno splendi-
correttezza della visione sostenuta dal lo- do volume13, anch’esso mai tradotto in
gos. Nonostante le critiche suscitate dal- italiano. I disegni che Selfe pubblica nel
l’ipotesi heideggeriana di una verità pre e libro sono straordinari sotto molti punti di
post-platonica nel pensiero filosofico clas- vista e difficilmente associabili alle espe-
sico – si pensi solo alle critiche sollevate rienze espressive di bimbi così piccoli: ri-
dal filologo classico Paul Fredlaender tratti iperrealistici di parenti, di amici della
(1882-1968) –, la verità per negazione re- bambina e di animali domestici e pro-
sta un’ipotesi affascinante e ricca di spunti spettive dal di sotto in su di cavalieri e ca-
speculativi, che indicano come anche in valli (probabili “memorie ottiche” di illu-
ciò che si crede di vedere alberghi una strazioni viste su libri sfogliati da Nadia in
parte che si cela all’evidenza dello sguar- ambiente domestico) etc. C’era un solo
do: un “punto cieco”, o un luogo in cui problema in questa incredibile dimostra-
l’essere esercita una cecità selettiva. zione di virtuosismo icongorafico: all’epo-
ca in cui eseguì questi disegni, Nadia
Chomyn (1967-2015) era una bimba auti-
Una bambina che vedeva troppo, una stica14, i cui canali comunicativi con il
tenda preistorica e alcune stanze buie mondo esterno erano tutti ermeticamen-
te sigillati, eccezion fatta per la vista, sen-
Nel museo davanti a una tela scura so privilegiato e solitario del suo rapporto
si stringono pupille feline. con l’ecosistema che la circondava. Selfe
Adam Zagajewski. Lava. usa un’espressione nel suo libro che rac-
In Zagajewski 2012 conta questa esperienza clinica (riesami-
nata, dopo molti anni, dalla stessa autrice
L’estremo interesse per la registrazione in Nadia Revisited: A Longitudinal Study
del dato retinico ha indotto alcuni storici of an Autistic Savant15: in particolare,
dell’arte, tra i quali la citata Svetlana Selfe sostiene che Nadia disegnasse co-
Alpers, a vedere nelle opere della cosid- sì bene «perché aveva accesso alla sua
detta scuola di Delft (Paesi Bassi, XVII immagine retinica». Questa frase apodit-
sec.) tracce dell’approccio kepleriano al- tica in realtà nasconde un universo: il
l’ottica. Tuttavia vorrei qui ricordare un epi- “vedere certificato”, come direbbe René
sodio rilevante nella storia della psicologia Descartes, o la ὀρθότησ platonica, in que-
infantile, segnalatomi per primo dall’amico sta accezione dunque sono sintomi di un
e neurobiologo Ruggiero Pierantoni quan- disturbo neurologico o, per essere più
do ancora ero dottorando, e che ci mostra precisi, indizi di una volontà di rappresen-
un analogo risultato, risolto però senza un tare il mondo da una prospettiva patolo-
ausilio ottico-meccanico esterno (una ca- gica. “Avere accesso alla propria imma-
mera oscura, nello specifico), ma in sem- gine retinica” è segnale di una forma di

50 AGOSTINO DE ROSA
autismo, per Selfe: per estensione dun-
que, si potrebbe dire che il mondo delle
immagini iperrealistiche e fortemente re-
tiniche (che il digitale oggi corrobora e
rafforza) è l’epifenomeno di un mondo
malato, in termini neurologici? È quindi
possibile “vedere” in forma non patolo-
gica, soprattutto nell’evo contempora-
neo? I disegni (200 circa) di Nadia, oggi
conservati presso l’archivio a lei dedica-
to nel Bethlem Museum of the Mind
(Regno Unito) costituiscono, insieme a
quelli di altri bambini autistici dotati di
straordinarie capacità grafiche, un ecce-
zionale repository per indagare lo strano
territorio di confine in cui alcune imma-
gini denunciano lo status clinico del loro
esecutore non convenzionale. Gli occhi
di Nadia, come avrebbe suggerito
Keplero, erano due grandi camere oscu-
re alle quali però lei poteva accedere a
piacimento, restituendo graficamente
ciò che in esse vedeva. Secondo alcune
recenti ricerche, svolte da Matt Gatton16
della University of Louisville, l’origine
delle immagini in epoca preistorica pro-
prio a questa scaturigine proiettiva sa-
rebbe riconducibile. Nei suoi esperimen-
ti, Gatton ha infatti ipotizzato che nel
Paleolitico inferiore (da circa 2,5 milioni
di anni fa a circa 120 000 anni fa) e in
quello Medio (da circa 300 000 a circa
36 000 anni fa) esistessero individui che
utilizzarono le loro tende (o yurte) come
paleo-camere oscure, funzionanti grazie
2a/ 2b/ Disegni realizzati da Nadia all’età di 5
all’apertura di un foro stenopeico sulle
anni e 6 mesi. Da Selfe 1977.
loro superfici tessili o di pelle animale.
Ricorrendo alle tende ricostruite “filolo-
gicamente” da Pierre Cattelain e Claire di questo dispositivo, sia pure privo di
Bellier per conto del Musée du Malgré- una lente che consentisse la messa a
Tout a Treignes (Belgio), lo studioso è fuoco dell’immagine proiettata. L’arte fi-
stato capace di dimostrare come alcuni gurativa sarebbe nata dunque da un pro-
caratteri grafici, tipici delle pitture parie- cesso generativo osservatore-indipen-
tali preistoriche (stroboscopismo, alona- dente: è evidente che con questa
ture etc.), siano compatibili con l’utilizzo espressione io non voglia intendere l’as-

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 51


3/ A sinistra: Cavallo, Grotte di Lascaux, Francia (disegno di M. Gatton); a destra: immagine di un cavallo
(vivo) proiettata su una lastra lapidea inserita in una camera paleo-oscura (fotografia di M. Gatton).

senza di una volontà restitutiva (in termi- sua collezione di immagini parastatiche
ni artistici o meramente documentativi) viaggiando in tutto il mondo e riprenden-
dell’immagine da parte di un individuo, do stanze all’interno delle quali si contro-
ma il fatto, pure rilevante, che essa (im- proiettano esterni mirabolanti in termini
magine) sia nata senza che il sistema vi- paesaggistici e/o architettonici, raddrizza-
sivo umano fosse scientemente utilizza- ti attraverso l’uso di un prisma vitreo di-
to ab origine. sposto accanto al foro stenopeico, ora
A questo processo si ispirano molti artisti dotato di una lente biconvessa. È proprio
contemporanei, la cui ricerca espressiva dal contrasto tra questi due universi
pare oscillare tra i poli epistemologici fin esperienziali che collidono e che reagi-
qui citati (caverna platonica, autismo, de- scono in modo inaspettato che nasce la
vice ottici, etc.). Si pensi alla serie di foto- poetica surreale di Morell, come sanci-
grafie di Abelardo Morell (1948), intitolata scono i lavori presentati alla sua più re-
proprio Camera Obscura17, che il foto- cente mostra antologica intitolata The
grafo cubano, naturalizzato americano, ha Universe Next Door (The Art Institute of
scattato a partire dal 1991, allorché deci- Chicago, Chicago, 2013).
se di oscurare la finestra del suo soggior- Nella tradizione inaugurata da Morell, si
no con una pellicola di plastica nera in cui muovono anche due artiste contempora-
poi praticò un foro circolare. L’immagine nee: la finlandese Marja Pirilä18 (1957) e la
del mondo esterno alla stanza si riversò statunitense Zoe Leonard19 (1961). La pri-
all’interno dell’abitazione, proiettandosi ma realizza camere oscure di dimensioni
capovolta e invertita sulle pareti difronte architettoniche: le pareti di una stanza to-
al foro, suggerendo così al fotografo un talmente oscurata diventano così le su-
nuovo percorso di ricerca. La tecnologia perfici su cui si riflette, capovolta e inver-
fotografica all’epoca disponibile obbliga- tita, la realtà fenomenica esterna che si
va a lunghi tempi di esposizione per cat- introduce nell’interieur, in termini fotoni-
turare la luce visibile nell’ambiente oscu- ci, attraverso un foro stenopeico dotato
rato (dalle sei alle dieci ore), ma le nuove di lente biconvessa. Il risultato, soprattut-
macchine digitali hanno poi ridotto di mol- to nella serie intitolata Milavida (2012-
to questi lunghi tempi di attesa: nel frat- 2013), sovverte il principio della quadra-
tempo, Morell ha deciso di ampliare la tura classica, cui la serie si ispira, portan-

52 AGOSTINO DE ROSA
do, all’interno dello spazio “domestico” sua natura fenomenica e transeunte. Il ri-
di una casa abbandonata, il paesaggio sultato, ugualmente onirico e perturbante
esterno, bucolico e urbano al contempo, come nelle opere decorative di Jean
di Tampere, quest’ultimo non più alluso François Niceron e Andrea Pozzo, potreb-
in termini fantastici e distopici, ma nella be però suggerirci l’espediente tecnolo-

4/ Abelardo Morell,
Light Bulb, 1991.

5/ Abelardo Morell,
Manhattan View
Looking South in
Large Room, 1996.

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 53


“pezzo” di New York è così entrato senza
sforzo alcuno dentro un’asettica sala mu-
seale, portando al suo interno la vita citta-
dina, il traffico umano e veicolare, il movi-
mento degli elementi atmosferici in conti-
nuo mutamento. Per i visitatori dunque
un’esperienza unica quella di poter “esse-
re” nel meccanismo della visione, cioè
abitare, anche se per poco tempo, un gi-
gantesco occhio artificiale puntato sul
paesaggio newyorkese, e apparentemen-
te delegare, per il tempo di una visita, l’e-
sercizio della visione a un processo ester-
no a loro stessi. La deantropomorfizzazio-
ne di cui parlava Alpers si è compiuta pie-
namente, nel cuore dell’Occidente civiliz-
zato, in un silenzio anodino.

Meglio non vedere

Essere un fantasma dev’essere questo,


avere la certezza che la vita esiste,
perché ce lo dicono i quattro sensi,
e non poterla vedere.
Saramago 1996
6a/ 6b/ Zoe Leonard, 945 Madison Avenue,
2014. New York, Whitney Museum of Una sezione del mio Cecità del vedere
American Art. sarà dedicata ovviamente alla condizione
citata nel titolo, analizzata da differenti
gico della camera obscura come risoluti- prospettive gnoseologiche. Non mi sof-
vo per la proiezione degli elementi archi- fermerò qui sulla storia della rappresenta-
tettonici, anche in epoca barocca, sulle zione della cecità in Occidente, cui ha de-
superifici più diverse, piane o curve20, al dicato un prezioso volume Moshe
fine di ottenere una quadratura. Barash21, quanto piuttosto vorrei sotto-
Ad analoghi risultati giunge anche Zoe porre alla vostra attenzione alcuni “casi
Leonard, vincitrice del Bucksbaum Award studio”: esperienze di cecità acquisita, di
per la Whitney Biennal del 2014 con la sua violazione del normale processo di perce-
installazione 945 Madison Avenue, che al- zione visiva della realtà, etc. Documenti
tro non era se non un’enorme camera che mi hanno permesso di creare una
oscura il cui gigantesco stenope era allo- sorta di mappa tridimensionale di questa
cato in uno dei bow window vetrati che dolorosa condizione che si traduce, nelle
decorano il museo progettato nel 1966 da sue declinazioni artistiche, in un processo
Marcel Breuer (1902-1981), all’incrocio tra esperienziale per il fruitore dell’opera di
Madison Avenue e 57esima Strada. Un carattere iniziatico.

54 AGOSTINO DE ROSA
7/ Foto di scena da Molly Sweeney di Brian Friel, nella messa in scena per la regia di Andrea De
Rosa, con Umberto Orsini, Valentina Sperlì, Leonardo Capuano. Una produzione ERT 2007-2009.

Vorrei iniziare con uno dei casi più esiziali chiatrico dove morirà. Dunque, meglio cie-
esaminati nel volume, quello di Molly chi e felici, che veggenti e destinati a una
Sweeney, al centro di una tragedia in due fine inevitabile?
atti scritta nel 1994 dal drammaturgo irlan- Quanti di noi sono “ciechi selettivi” o, an-
dese Brian Patrick Friel (1929-2015): Molly cor peggio, esercitano la “visione cieca”,
è cieca dalla nascita, e la sua felice vita da una sindrome per cui il malato vede ma
non vedente è al centro del primo atto. La nessuna delle cose che vede arriva alla
sua esistenza aptica è ricca di soddisfazio- sua coscienza?
ni emotive (a fianco dell’amorevole marito Molly Sweeney. Vedere e non vedere è
Frank) e sociali, finché il consorte non la stato edito in Italia da Reading Theatre nel
convince a sottoporsi a un intervento chi- 2006 e portato (in modo strepitoso) sulle
rurgico che le ridonerà la vista. Lei è titu- nostre scene dal regista Andrea De Rosa
bante all’inizio, percependo i rischi implici- (1967) nel 2008, per il Teatro Valle di
ti in quest’atto trasformativo, ma per amo- Roma. La messa in scena allestita dal re-
re si sottopone all’intervento operato gista napoletano, per meglio far entrare in
dall’oftalmologo dott. Rice. Così torna a sintonia il pubblico con la protagonista, ha
vedere... Il ritorno della vista però coincide previsto l’immersione del teatro nell’o-
per Molly con la scoperta che tutto ciò che scurità più profonda nei primi trenta minu-
la circonda è una farsa: il marito la tradi- ti di spettacolo. Dunque allo spettatore è
sce, gli amici la dileggiano e l’inevitabile fi- concesso inizialmente solo di udire le voci
nale la condurrà, folle, in un ospedale psi- degli attori, spazializzate nel buio dai loro

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 55


movimenti e da un sofisticato impianto rarie e drammaturgiche che da esso han-
audio a dodici punti di diffusione proget- no preso le mosse. Com’è noto, la que-
tato da Hubert Westkemper (1953), oltre stione compare esplicitamente in una let-
a rumori scenici (suoni del vento, della tera che l’astronomo e fisico William
pioggia, contributi da archivi pre-registrati Molyneux (1656-1698), autore di una
etc.). Il secondo atto invece si inaugura, Dioptrica nova (1692) scrisse al filosofo
per Molly e per il pubblico, ora in assoluta John Locke23 (1632-1704) ponendogli il
simbiosi, con l’apparizione (o il ritorno) problema clinico di un cieco nato, al quale
della luce, accomunati come sono dall’in- era stato insegnato a distinguere tra loro,
ziale fatica nel riambientarsi a un universo mediante il tatto, forme primarie (ad
retinico dominato dalla radiazione lumino- esempio, un cubo da una sfera), e che
sa. In tal senso, le scelte scenografiche riacquista la vista a seguito di un’opera-
adottate da De Rosa sono estremamente zione di rimozione della cataratta conge-
significative e funzionali: pochi elementi nita. La domanda dell’autorevole membro
scenici (oggetti d’arredo e costumi) carat- del Trinity College di Dublino era se l’indi-
terizzati dai brillanti colori “si staccano” viduo, ora vedente, avrebbe continuato a
dallo sfondo bianco, e grazie al magistrale riconoscere “alla prima occhiata” forme
utilizzo delle luci, la percezione dell’azione e oggetti senza l’ausilio del tatto. La con-
scenica è disturbata da un costante effet- clusione a cui giunsero i due studiosi era
to di “rumore visivo”, assonante con la negativa, e così anche conveniva George
fase di convalescenza ottica della stessa Berkeley (1685-1753) nella sua New
Molly. Ad aumentare questo effetto cata- theory of vision (1709), spingendosi al
rattico sul pubblico attonito, contribuisce punto di dire che il giudizio sugli oggetti,
anche un grande velo lattiginoso e semi- percepiti visivamente, non è che un effet-
trasparente, posto tra il palcoscenico e il to dell’esperienza24. Dunque si impara a
pubblico. Come osserva acutamente percepire lo spazio associando, al senso
Lorena Liberatore, per Friel «il buio è la della vista, il tatto e i movimenti muscola-
sede della verità e della felicità, il luogo ri, come lo stesso Voltaire confermò, in
dove vedere, vedersi e percepire l’amore Elementi della filosofia di Newton del
degli altri, mentre il sopraggiungere del 1738, riferendosi ancora ad un caso clini-
giorno e della luce coincidono con il ritor- co, quello di un giovane che, a quattordici
no delle regole sociali, della visione stan- anni, vide la luce per la prima volta.
dardizzata, dalla percezione omologata, Al dramma di Friel va riconosciuto il meri-
dove l’altro da sé è perduto e i sogni in- to di aver riaperto dunque l’antico interro-
franti. Frank [...] vorrebbe curare la donna gativo che Molyneux sottopose all’amico
amata, ma il suo errore è quello di amare Locke, ovvero: «esistono le idee innate o
la sua possibile cura forse più della pro- la conoscenza deriva dall’esperienza?». E
pria donna»22. ancora: «esiste uno “stadio zero” della
Se dovessimo individuare un’altra forma conoscenza?». L’apparente situazione di
archetipica, oltre a quella dell’antro plato- minus habens in cui la cecità ci confina, in
nico, a cui quest’opera e le installazioni di realtà non interrompe la capacità di cono-
cui parleremo in seguito sembrano rivol- scenza del mondo: tutti i ciechi sostengo-
gere il proprio nucleo semantico, potrem- no di «vedere delle immagini» e dunque si
mo rintracciarlo nel cosiddetto “problema potrebbe concludere che si può essere
di Molyneux” nelle varie traduzioni lette- ciechi ma è impossibile non vedere.

56 AGOSTINO DE ROSA
A questa stessa conclusione pare condur- durante la Grande Guerra, fondatore
re anche il commovente diario scritto da dell’Unione Italiana Ciechi, quando nel
John M. Hull25 (1935-2015), recentemen- suo viaggio in Italia, descrive la configu-
te trasposto cinematograficamente da razione geometrica del colonnato di piaz-
Peter Middleton in Notes on Blindness: za San Pietro, da lui mai vista, attraverso
Rainfall (Artificial Eye 2013). Dopo aver l’ombra acustica che le colonne medesi-
studiato teologia a Cambridge e ottenuto me offrono al suo udito rispetto al rumo-
il Dottorato presso la University of re delle fontane collocate nei centri di
Birmingham, Hull a metà della sua carrie- curvatura dell’ovale planimetrico.
ra accademica e prima della nascita di suo Un’analoga esperienza è raccontata nel
figlio, diventa cieco. Il testo descrive il bellissimo film Black Sun (USA 2005) di
progressivo avvicinamento sensoriale ed Gary Tarn (1962) (fra l’altro, notevole com-
esperienziale dell’autore alla cosiddetta positore), sulla storia drammatica e piena
“cecità profonda”, quella fase cioè in cui di speranza di Hugues de Montalembert
il soggetto non vedente perde memoria (1943), lo scrittore e artista nato al confine
della luce, del suo viso e di quello di chi tra Normandia e Bretagna, accecato nel
conosceva. Le cose svaniscono nel per- 1978, durante una rapina, da due malvi-
cetto del cieco profondo, fino a perdere venti introdottisi nel suo appartamento-
consistenza, fino a indurre nell’individuo studio nel Greenwich Village. Qualche an-
la sensazione della cancellazione del sé fi- no fa, ha circolato in Italia anche il suo libro
sico e un processo di infatilizzazione. Hull autobiografico, Buio27, traduzione del fran-
descrive un momento tragico, ma al con- cese La lumière assassinée. Qualcuno di
tempo altissimo, della sua esperienza in voi se lo ricorda? De Montalembert, dal-
questa fase, offerta al lettore in maniera l’incidente in poi, gira il mondo indossan-
asistematica: quando, al limite depressi- do una maschera metallica (realizzata da
vo, raggiunge il fondo dell’abisso, tocca il un artigiano italo-americano) posta a pro-
sedimento roccioso di questo mare oleo- tezione dei suoi occhi, ormai inutilizzabili:
so di tenebre (da cui il titolo del libro, questa mise lo fa sembrare uno dei super
Touching the rock), da cui poi risale, gra- eroi Marvel, Cyclope, anche lui con pro-
zie all’ipersensibilizzazione delle aree ce- blemi di vista opposti però a quelli di de
rebrali deputate al tatto e all’udito. In ita- Montalembert. Il film, sulle tracce del libro
liano il libro è ormai fuori catalogo ed è e attraverso la voce dell’autore in over
stato coraggiosamente intitolato Il dono sound, racconta, attraverso suggestive
oscuro: consiglio ai dottorandi di recupe- immagine allegoriche, violentemente rie-
rarlo in tutti i modi, e di dedicare qualche laborate da Tarn grazie a filtri e a effetti di
minuto, ad esempio, alla lettura di come post-produzione, o semplicemente regi-
lo spazio ecologico, nell’indifferenza silen- strando su pellicola scene out of focus, il
te della quiete atmosferica, diventi per un lungo periplo privato e pubblico di “ritor-
cieco profondo improvvisamente animato no” alla vita di Hugues de Montalembert.
grazie alla pioggia che restituisce, in for- Dalla inziale tragedia, consumata per un
ma acustica, il senso prospettico dello futile motivo, aggravata dall’imperizia dei
spazio: un’epifania sonora della terza di- medici che prestarono i primi soccorsi,
mensione, molto simile a quella offerta emerge un nuovo individuo che non vuole
da Aurelio Nicolodi26 (1894-1950), cieco abbandonare la sua vecchia strategia di vi-
acquisito per lo scoppio di una granata ta basata sul “vedere”: questa volta però

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 57


eserciterà la visione “al nero”, in una sor- significato è al contempo fisico e metafo-
ta di trasmutazione alchemica, quasi your- rico, lo scrittore ha sviluppato la sua con-
cenariana, del processo visivo. Lo scritto- vinzione che la visione, anche nel buio del-
re racconta di come, oramai cieco, il suo la cecità, sia fondamentalmente un atto
cervello pervicacemente volesse vedere creativo, non solo una percezione: non
immagini, anche in questa situazione di esiste verità, per de Montalembert, quello
minus habens: così, non ricevendo perce- che un soggetto vede essendo differente
zioni dall’esterno di tipo visivo, ecco che il da quello che un altro percepisce. Nella vi-
suo cervello iniziò a creare delle immagini, sione, per de Montalembert, non c’è ve-
per l’individuo assolutamente reali. Si trat- rità: c’è creazione.
tava di immagini forti, disturbanti, e spes- Su questi temi, al confine tra visione e ce-
so a sfondo erotico: questo creò un po’ di cità, lavora da tempo l’artista francese
imbarazzo in de Montalembert nel corso Sophie Calle (1953), che ha pubblicato in
delle frequenti visite che gli fecero amici un libro multisensoriale (in parte stampato
e parenti durante il periodo di degenza. in braille) intitolato Blind 29 gli esiti fotogra-
«Precipitai in una tazza di miele oscuro» fici di tre suoi lavori, di cui uno solo a me
racconta, e come un animale in pericolo, noto in precedenza. Les Aveugles (The
ma senza capacità di reagire, decise di fer- Blind), creato nel 1986, in cui l’artista ha
marsi, riposare e attendere: qualcosa, poi, chiesto a persone divenute cieche cosa
sarebbe di certo cambiato… e in effetti fosse per loro la rappresentazione della
cambiò! Le informazioni che iniziò a rice- bellezza; La Couleur Aveugle (Blind Color,
vere dagli altri sensi iniziarono a costruire 1991), dove la Calle ha interrogato perso-
una nuova forma di visione, il suo cervello ne ipovedenti sulla loro immaginazione
iniziando a produrre immagini, come se percettiva e confrontando le loro descri-
queste convergessero alla creazione di un zioni con quelle di artisti viventi interrogati
film interiore: il cervello iniziò a produrre sull’idea di monocromia; La Dernière
un film idioretinico. Montalembert si con- Image (The Last Image, 2010), realizzato
vinse di voler vedere naturalmente e non a Istanbul, in cui l’artista ha chiesto di de-
da cieco (naturally and not blindly). Dopo scrivere l’ultima immagine visiva a una se-
l’addestramento presso il centro di riabili- rie di persone divenute cieche.
tazione LightHouse Guild 28 di New York, Oltre a mettere in palese discussione i limi-
inizia a scoprire un mondo fatto di superfi- ti delle nostre capacità sensorie, le opere di
ci parlanti che emettevano onde sonore, e Sophie Calle (così come quelle di altri artisti
nel quale le veci delle mani, e dell’attività contemporanei, tra i quali James Turrell,
aptica è demandata spesso alle estremità Anthony McCall, Charles Ross etc.) produ-
inferiori, ai piedi. L’autore inizia anche a cono nuove domande, dal momento che in
viaggiare, in completa solitudine, in tutto esse impressioni visive, acustiche e apti-
l’Est asiatico, senza che gli accada nulla di che si scambiano vicendevolmente, can-
male. Anzi, scopre un’umanità calda e ac- cellandosi o esaltandosi: sono dunque an-
cogliente, pronta a soccorrerlo in ogni cir- cora validi i consolidati parametri valutativi
costanza, senza chiedere nulla in cambio: e rappresentativi per opere che, nel loro di-
una situazione emi-simmetrica rispetto a spiegarsi, ci interrogano su cosa stiamo ve-
quella di Molly Sweeney, pur nella condi- dendo, sentendo o toccando? Intrecciati a
visione dello stesso spazio di tenebra. insospettabili approcci espressivi del pas-
Protetto da una maschera metallica, il cui sato, caratterizzati da un appeal sinestetico,

58 AGOSTINO DE ROSA
questi nuovi luoghi dell’esperienza si sotto- Il cardine attorno al quale ruota l’intera
pongono alla nostra attenzione privi di og- opera dell’artista californiano è il proces-
getto, immagine e fuoco su cui tentare di so di isolamento della luce, rescisso dal-
concentrare l’attenzione: lo spazio struttu- l’esperienza percettiva comune, e che in-
rato si dissolve in un campo percettivo to- duce nel fruitore una nuova – e forse so-
tale e, ricondotti alla loro più pura struttura pita – consapevolezza dei processi cogni-
percettiva – quasi disincarnati e ricondotti a tivi che normalmente si danno per scon-
pure casse di risonanza del mondo feno- tati. Per Turrell questo risveglio sensoria-
menico esterno –, i sensi paiono perdere la le, per certi versi di natura gurdjeffiana, fa
capacità di descrivere il mondo. Un nuovo sì che all’osservatore sia concesso “di ve-
modo di vedere, sentire, toccare sembra dere l’atto stesso del vedere”: egli è così
allora costituire la koinè di un altrettanto in bilico tra conoscenza razionale e intui-
nuovo modo di immaginare lo spazio, in cui zione, tra realtà tangibile e immaterialità
i confini tra ambiente ecologico e paesag- onirica, costretto continuamente a valuta-
gio interiore definiscono una nuova geogra- re le proprie sovrastrutture culturali per
fia e una nuova storia. poterle trascendere. Per Turrell risulta al-
tresì importante accedere a questo stato
Un’arte senza oggetto, immagine pre-culturale della visione che, deconte-
e fuoco stualizzata, torna a un suo archetipico e
funzionale ruolo, quasi tattile, grazie al
Per natura, tutti gli uomini desiderano vedere quale, osservando la volta celeste dal ca-
[…] perché la vista, tra i sensi, tino di un cratere o sedendo in uno spazio
è quella che, presentando un maggior numero quasi totalmente buio, sia una persona
di differenze, ci fa conoscere di più. comune che un astronomo o un fisico
Aristotele possano provare qualcosa di simile allo
stupore infantile31. «L’esperienza rivela-
L’artista che più esplicitamente ha riflettu- trice sta nel rendersi conto di come stia-
to criticamente sulla questione del “ve- no reagendo i nostri sensi, più che in ciò
dersi vedere”, sugli aspetti psico-fisiologi- che si guarda. Non è un caso che Turrell
ci del vedere e sulle possibili sinestesie stesso abbia ripetutamente affermato
dei sensi, è James Archibald Turrell (Los che il suo scopo è quello di continuare a
Angeles 1943). Come egli stesso ha di- ricostruire la caverna del mito platonico,
chiarato: «Anzitutto, sono molto interes- affinché il suo segreto venga continua-
sato ai confini della percezione e a lavora- mente svelato»32. Emerge progressiva-
re con essi, cioè, con l’organismo fisico, mente, nelle installazioni di Turrell, non
giocando con i limiti assoluti di ciò che solo il carattere “materico” della luce,
possiamo e non possiamo vedere, ma an- ma anche quello “tattile” della percezio-
che con il dove i colori e la visione perife- ne visiva che ha una delle sue declinazio-
rica entrino in gioco. Secondariamente, ni più convincenti nella realizzazione dei
sono interessato alle modalità di appren- cosiddetti skyspace, particolari tagli strut-
dimento di questi limiti. Abbiamo impara- turali (structural cut) eseguiti su solai di
to a percepire in modo estremamente uni- copertura di ambienti prismatici o cilindri-
voco nella nostra cultura, e a differenza di ci, i cui spigoli sono stati attentamente at-
altre culture, la nostra percezione è com- tenuati: la tecnica di esecuzione prevede
promessa dal pregiudizio»30. che il taglio operato sullo spessore dell’o-

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 59


rizzontamento sia realizzato obliquamen- cubico attraverso l’apertura orizzontale,
te, secondo una giacitura che non lasci in- quasi sommergendo le sorgenti artificiali
travedere, a chi si trovi sotto di esso, il interne che, addirittura, paiono spente;
piano di sezione. In tal modo, il bordo del poi, man mano che il Sole descrive il suo
lucernario, così ottenuto, apparirà all’intra- arco e si avvicina al tramonto, la lumino-
dosso come un semplice profilo lineare e sità esterna diminuisce e si manifesta
senza spessore. L’effetto indotto sull’os- simmetricamente quella dei neon interni
servatore è che il cielo sigilli la stanza, en- che diviene dominante. Il passaggio dal-
trando in diretto contatto e disponendosi l’una condizione all’altra è sottolineato da
in continuità con la superficie architetto- un continuo mutamento cromatico dell’a-
nica di copertura: il vuoto diventa una tela rea di cielo incorniciata dal lucernario,
virtuale sulla quale si proietta l’immagine che passa dal blu cobalto «al rosso, all’o-
dello spazio celeste, durante l’intero arco ro scintillante, all’oro scuro, al rosso scu-
della giornata, mutando costantemente, ro, al giallo mescolato con il verde, al vio-
anche se con lentezza, a seconda delle letto, che dura più a lungo, e alla fine al
condizioni meteorologiche e atmosferi- nero, che si stabilizzò, senza alcun cam-
che. In queste installazioni Turrell genera biamento»36: solo allora si realizza che è
infatti una distribuzione ineguale di luce arrivata la notte. Le caratteristiche foto-
tra spazio esterno e spazio interno – que- metriche dell’illuminazione interna sono
st’ultimo illuminato costantemente con tali da non consentire all’osservatore, do-
tubi fluorescenti posti, in genere, al di so- po il tramonto, la percezione delle stelle.
pra dell’altezza dello sguardo33 –, inducen- Questo oscuramento visivo è simile a
do negli osservatori la percezione di una quello prodotto dall’atmosfera durante il
opaca superficie filmare34 tesa sulla buca- giorno, quando la luce solare, rifratta
tura orizzontale, il cui colore e la cui con- dall’atmosfera terrestre, inibisce la visio-
sistenza appaiono del tutto differenti da ne dei corpi celesti situati nello spazio si-
quelli visibili all’aperto. Inoltre, gli oggetti derale: ancora una volta, microcosmo e
(uccelli, aeroplani, nuvole etc.) che attra- macrocosmo mostrano affinità di struttu-
versano il campo visivo delimitato dallo ra e funzionamento.
skyspace sembrano così prossimi all’os- Il carattere tattile della luce, che emerge
servatore da produrre l’impressione di es- negli skyspace di Turrell, mostra anche
sere fisicamente raggiungibili, e non si- come la definizione di “illusioni visive”
tuati molto al di sopra dell’apertura. non si attagli alle sue installazioni lumino-
Studiato inizialmente per il Mendota Hotel se, nelle quali pure l’osservatore è posto
(Sky Window), il primo skyspace fu co- di fronte a messaggi contraddittori: nelle
struito nel 1976 in Italia, nella dimora del prime infatti è imposto un reale iato fisico
conte Giuseppe Panza di Biumo il quale, tra l’oggetto ingannevole e l’osservatore,
dopo aver visto i lavori di Turrell in una distanza che salvaguarda il segreto
America, invitò l’artista a Biumo Superiore mistificatore; nelle seconde, invece, è la
(Varese) per realizzare alcune opere appo- luce a toccare l’osservatore, «come se
sitamente pensate per la sede della sua esercitasse una pressione sulla superficie
collezione35. Skyspace I attinge il massi- della percezione visiva»37 ed esprimesse
mo del suo potere attrattivo al tramonto: quelle capacità volitive che spesso le sono
di mattina, in condizioni meteo ottimali, la attribuite dalla moderna teoria dell’elettro-
scintillante luce diurna invade lo spazio dinamica quantistica38. Lo skyspace rias-

60 AGOSTINO DE ROSA
8/ James Turrell, Bird
sight, 1992. Proiezione
con lampada al
tungsteno a basso
wattaggio.
Elaborazioni digitali di
Francesco Bergamo
(Imago rerum/Iuav).

9/ James Turrell. Air


Mass (1993).
Ricostruzione digitale
dello skyspace con la
sequenza di sezioni
prospettiche in
scansione temporale
diurna, dalle ore 9.00
alle ore 19.00.
Elaborazioni digitali di
Francesco Bergamo
(Imago rerum/Iuav).

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 61


sume, nella sua struttura e nel suo funzio- ra si apre un oculo –, sono lo schermo di
namento, la configurazione di un organo una proiezione del passaggio ciclico del
visivo, che ora rivolge il suo sguardo verso tempo, eco di antichi modelli filosofici (la
il cielo: e tuttavia, in questo “spazio che caverna di Platone) e architettonici (ad
guarda” siamo presenti anche noi osser- es., il Pantheon, Roma, epoca adrianea,
vatori, paradossalmente intenti a guardare 118-125 d.C.), ben presenti all’artista ca-
fuori e dentro di noi. L’esperienza percet- liforniano. In particolare, la luce e l’imma-
tiva nell’opera di Turrell si delinea, ancora gine del cielo zenitali agiscono qui su una
una volta, come “liminale”: «esperienze- singolare scala temporale, in quanto al-
limite, dove il limite si costituisce in una l’osservatore di uno skyspace è inibita la
fenomenologia del tempo per vedere, un visione dell’orizzonte, elemento geo-
tempo che, poco a poco, finirà per costi- astronomico che permetterebbe di riferi-
tuire il luogo come tale… Il vero carattere re a una dimensione spaziale – paesaggi-
borderline dell’opera è dovuto al fatto che stica o urbana – la successione di eventi
il suo luogo fluttua o transita tra la nostra celesti, come il sorgere e il tramontare
consapevolezza dello spazio costruito, del Sole e della Luna. Questi ultimi si of-
che penetriamo, e il nostro oblio del luo- frono invece, attraverso i loro effetti cro-
go-chora, dove una parte significativa della matici e atmosferici, nello spazio incorni-
nostra esistenza si ritrova e si agita nei no- ciato dai bordi affilati del lucernario turrel-
stri sogni»39. liano: a un tempo, l’osservatore sa che si
Il modello architettonico degli skyspace tratta degli epifenomeni ottici di corpi ce-
stabilisce un preciso legame tra spazio e lesti “infinitamente” lontani, inarrivabili
tempo: il lento e inesorabile movimento nello loro collocazione siderale; e tuttavia,
della luce solare e delle relative ombre essi ci “toccano”, invadendo lo spazio ar-
portate sulle pareti interne delle installa- chitettonico con le loro ricadute energeti-
zioni di Turrell si offre all’osservatore co- che. «Ciò che stiamo vedendo è sospeso
me una sorta di meridiana metafisica: le sopra di noi, e in questo senso ciò che
ore, le stagioni, le condizioni atmosferi- stiamo guardando ci guarda, dal momen-
che sono introiettate in questi spazi al fi- to che queste opere, tutto sommato, non
ne di indurre, al loro interno, una coscien- sono altro che oculi architettonici»40.
za rarefatta della realtà, a sua volta basata Inoltre, l’isolamento percettivo dello spa-
sulla rispondenza tra creato e individuo. zio celeste colloca definitivamente in un
Le proiezioni umbratili così, nel loro cicli- luogo fisico (sia pure apparente) il cielo,
co movimento, permettono di spazializza- che ora non ci circonda più genericamen-
re il tempo, cioè di sperimentare la di- te, ma si trova a contatto con i confini del-
mensione lineare e cardinale del suo dive- lo spazio voluto da Turrell, producendo un
nire, e contemporaneamente di tempora- fenomeno dilatatorio dell’esperienza frui-
lizzare lo spazio: queste due condizioni tiva, in quanto una regione celeste ora
esperienziali, ma anche esistenziali, si può essere osservata in tutti i suoi detta-
fondono mirabilmente e si offrono a noi gli, senza distrazione alcuna, senza che il
come un continuum. Le immacolate pa- mondo interferisca con il cielo.
reti delle installazioni di Turrell, come le Il tentativo di Turrell di rimuovere dal cam-
archetipiche pareti di una caverna – illumi- po dell’arte l’oggetto, lasciando che al
nate attraverso fenditure naturali nella suo centro vuoto si collochi la percezione
roccia – o di un’edifico – sulla cui copertu- visiva nella sua purezza, scevra dal pen-

62 AGOSTINO DE ROSA
siero associativo e simbolico, lo conduce bile ai movimenti nistagmici dell’occhio e
a elaborare installazioni senza un fuoco, in alla fluttuazione, in fase di accomoda-
cui è possibile espandere le proprie sen- mento al buio, del cristallino. Alla deriva in
sazioni al punto da “toccare con lo sguar- una oscurità indifferenziata, privo di riferi-
do”. Se ne fa esperienza anche nelle ope- menti spaziali, l’osservatore elide anche i
re della serie Dark spaces (a partire dal propri legami corporei e precipita, bene-
1983), dove l’oscurità ambientale in cui è volmente, in uno stadio prossimo a un’e-
accolto l’osservatore è tale da indurre una sperienza allucinatoria dove è possibile
dilatazione massima delle sue pupille, vedere fenomeni che sono al limite delle
con conseguente sublimazione della sen- percepibilità, quasi avvertendo l’attivazio-
sibilità aptica dello sguardo. Già delineati ne dei propri fotorecettori retinici. Così
nella fase finale dei Mendota stoppages l’estetica dell’attesa si sposa con proces-
(segnatamente nelle sue ultime due e più si di risveglio sensorio che possono esse-
“notturne” stanze, la n. 9 e la n. 10), i re avvicinati alla categoria dell’appercezio-
Dark spaces agiscono dunque sulla strut- ne, a quella fase terminale dell’attenzione
tura interna dell’organo visivo, caratteriz- percettiva nella quale l’oggetto viene
zati come sono dalla quasi totale assenza compreso con chiarezza e acquista pre-
di luce e dal sollecitare il processo fisiolo- minenza nella coscienza. Il titolo di que-
gico di adattamento all’oscurità che l’oc- sto storico Dark space (Pleiades) e la sua
chio attiva quando si trova in simili condi- struttura fruitiva rimandano alla pratica di
zioni ambientali: l’oggetto della percezio- osservazione, a occhio nudo, della omo-
ne diventa «lo stimolo a vedere»41. Simili nima costellazione che gli astronomi con-
installazioni sono molto complesse da sigliano di guardare, nottetempo, non di-
realizzare nei musei, sia perché implicano rettamente, ma puntando lo sguardo nel-
un lungo tempo di adattamento retinico la periferia dell’area apparentemente oc-
da parte del visitatore – che varia dai venti cupata, sulla volta celeste, dal raggruppa-
ai trenta minuti e, in alcuni casi, addirittu- mento stellare: in tal modo, se ne favori-
ra a un’ora –, ma anche perché gran parte sce un’osservazione più nitida, a maggio-
degli osservatori non sono adeguatamen- re risoluzione, anche se di breve durata.
te preparati, dal punto di vista psicologi- Così in Pleiades, le immagini luminose
co, a sottoporsi a questo tipo di esperien- proiettate non devono essere necessaria-
za straniante, del tutto simile a quella dei mente “viste”, quanto piuttosto stimola-
cosiddetti «sogni lucidi»42, in cui il sogna- re la visione, favorendo così la massima
tore sa di stare sognando. attivazione, secondo le intenzioni dell’au-
Dunque, l’osservatore, dopo essere stato tore, delle aree di visione riconducibili alle
privato di qualunque elemento di riferi- due tipologie di fotorecettori (coni e ba-
mento spaziale stabile (anche grazie all’i- stoncelli), sollecitate dal buio, prima, e
solamento acustico che caratterizza l’in- dalle continue variazioni cromatico-lumi-
stallazione), percepisce l’immagine colo- nistiche, poi, offerte dalle proiezioni in un
rata e l’alone che la circonda come posti range che, non casualmente, va dal rosso
a una distanza più ravvicinata di quanto in opaco, ma intenso, al blu. Infatti, l’oscu-
realtà non siano. Inoltre, è possibile regi- rità, da un lato, impone alla pupilla di dila-
strare un effetto “increspatura” presso i tarsi allo spasimo per compensazione, fa-
bordi della proiezione che sembra, così, vorendo un migliore assorbimento della
vibrare nell’aria, e che in parte è attribui- luce nella rètina e, dunque, la formazione

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 63


di un’immagine più chiara. In questa fase, Un’isola lontana, un quadro
l’attività recettiva dei bastoncelli diventa visto da vicino
dominante e «emerge uno spazio pieno
di luce e privo di forma e profondità. A work will only have deep resonance
Quando la rètina diventa maggiormente if the kind of darkness I can generate
sensibile a lunghezze d’onda più estese, is something that is resident in me already.
solo il blu è distinguibile (effetto Purkinje). Anish Kapoor
Proprio in questa fase avviene la perce-
zione di un colore inusuale. Turrell sem- Un altro dei luoghi che esploro in questa
bra aver trovato un immenso spazio per ricerca (al confine tra proiettiva, ottica, ar-
certi “pensieri senza parole” liberamente te, ipo-visione e denigrazione dello sguar-
fluttuanti nella zona crepuscolare in cui le do), mi è stato suggerito da Oliver Sacks
visioni fotopica e scotopica sono sospinte (1933-2015), il celebre neurologo e scrit-
l’una verso l’altra»43. tore britannico, che molto si è occupato di
The Gloaming (un Dark space esposto percezione (non solo retinica) nei suoi te-
nel 2001 presso lo Scottsdale Museum sti di divulgazione scientifica. Lui stesso
of Contemporary Art, in Arizona), svilup- coinvolto in problemi di deficit visivo – pro-
pa invece la nozione di “visione immagi- sopagnosia a parte, nel dicembre del
nativa”. I visitatori, nel numero massimo 2010, ha rivelato come abbia perso la vi-
di due per volta, raggiungono la piattafor- sione binoculare l’anno precedente in se-
ma interna dell’installazione, dopo avere guito a un tumore maligno che colpì il suo
attraversato diversi corridoi completa- occhio destro –, Sacks è l’autore di un vo-
mente oscuri; in seguito al necessario e lume intitolato L’isola dei senza colore44 in
automatico aggiustamento retinico al cui descrive alcune patologie desuete che
buio della sala, gli occhi dei fruitori sono caratterizzano in modo intensivo le popo-
sollecitati da una breve serie di proiezioni lazioni di due isole del Pacifico, segnata-
di luce bianca, nel cui centro si colloca mente le isole micronesiane di Guåhån
un’area scura, che sembra disporsi ad (facente parte dell’arcipelago delle
una certa distanza dal piano di proiezio- Marianne) e di Pingelap (atollo delle Isole
ne. Per circa venti minuti, la luce sembra Caroline). La prima è tristemente nota per-
lampeggiare secondo modalità figurative ché gran parte dei suoi abitanti sono affet-
che rimandano alle fasi delle eclissi luna- ti da una particolare forma di sclerosi late-
ri, producendo effetti ottici inaspettati. rale amiotrofica (Lytico-bodig disease),
La questione è che nessuno di questi ef- forse generata da cattive abitudini alimen-
fetti cinetici è realmente prodotto dai si- tari; la seconda invece presenta un’alta
stemi esterni di proiezione, ben occultati percentuale di individui acròmati, ovvero
all’osservatore, bensì dai processi visivi affetti da acromatopsia congenita, una
di quest’ultimo, dal momento che in as- malattia genetica che non consente a chi
senza di stimoli reali, ricevuti attraverso ne soffre di distinguere i colori. Le ragioni
la rètina, intervengono segnali modellati dell’alta incidenza di questa patologia45
dal nostro cervello. Questo “movimen- sull’isola (colpisce il 10% della popolazio-
to” che l’installazione induce, secondo ne, mentre il 30% è portatore sano della
Turrell, costituisce il terreno sul quale la malattia) sono probabilmente attribuibili a
“visione immaginativa” e quella fisiologi- questioni storico-ambientali: nel 1775 il
ca finalmente possono dialogare. tifone Lengkiek avrebbe decimato la già ri-

64 AGOSTINO DE ROSA
10/ Marco Tirelli,
Untitled, 2012.

sicata popolazione di Pingelap, lasciando sono incrociate, con la sua, le storie di altri
in vita solo venti persone, tra le quali si na- esploratori e ricercatori a lui cari, come
scondeva un acròmate. Il processo inevi- Darwin e Wallace. L’acromatopsia conge-
tabile di ripopolazione dell’isola avrebbe nita (nella sua forma più grave, ovvero
fatto il resto. Sacks si reca su Pingelap completa) è dunque una patologia in cui il
accompagnato dal neurologo norvegese paziente risulta cieco ai colori, estrema-
Knut Norby (il cui figlio soffre della stes- mente sensibile alla luce e caratterizzato
sa malattia), e dall’oftalmologo Robert da una bassa acuità visiva: in altri termini
Wassermann (lui stesso acròmate), ma possiede una visione monocromatica, sof-
subisce anche una forte fascinazione per fre di abbagliamento e non è in grado di di-
l’antropologia della vita insulare, e segna- stinguere dettagli già a breve distanza.
tamente di quell’area del Pacifico in cui si Nella rètina di un acròmate, i fotorecettori

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 65


noti come “coni” (e preposti alla visione oggetto affilato che ora sembra elevarsi
diurna) sono praticamente atrofizzati, gran dalla superficie pittorica, ora rientrarvi. Da
parte del lavoro percettivo-visivo essendo questo topos figurativo tirelliano discende
svolto dai “bastoncelli” (preposti alla visio- una complessa visione del mondo i cui
ne notturna, dunque scotopica) i quali si tratti distintivi mi sembrano prossimi, non
saturano molto velocemente quando au- per esiti formali, a quelli cui si accennava
menta la luce ambientale, non consenten- in esergo. La pittura di Tirelli è anzitutto
do di percepire i colori e di distinguere frutto di una straordinaria dialettica onto-
chiaramente i dettagli degli oggetti, anche logica, da parte dell’autore, tra la consape-
vicini. Tuttavia l’attività compensativa del volezza dello scacco della visione e l’osti-
sistema visivo, anche in questo caso pre- nazione, quasi rituale, nel voler rappresen-
vale, e come confessano alcuni acròmati tare ciò che si riconosce come parziale e
di Pingelap a Oliver Sacks, sbalordito di limitato. Lo scenario visivo che ci viene of-
come essi riescano comunque a orientarsi ferto dai quei dipinti è frutto di una rielabo-
nel mondo fenomenico: «A noi non servo- razione in soggettiva del suo sguardo
no i colori. Noi ascoltiamo, osserviamo, “puntato” sul mondo: uso esplicitamente
annusiamo. Noi prendiamo in considera- questa metafora proiettiva perché l’arte di
zione ogni aspetto della realtà, voi vi fer- Tirelli è prospettica come poche altre al
mate ai colori»46. giorno d’oggi. In questo senso, essa si ri-
Dunque l’acromatopsia è una patologia congiunge a un’idea di tradizione e magi-
del sistema visivo altamente invalidante, stero tecnico che ha pochi eguali, tuttavia
che non degenera però nella cecità, risul- disintegrandone la stabilità retorica attra-
tando cronica. È possibile però che qual- verso un’estetica della sparizione, della
cuno induca in un soggetto sano (dal pun- dissolvenza di un mondo – il nostro – che
to di vista retinico) un’acromatopsia, tra- è sempre sull’orlo dell’estinzione. Quando
sformando il suo mondo percettivo in un ho conosciuto l’artista, la sua vita si svol-
universo in toni di grigio? geva in un voluto ritiro romito sulle colline
Mondo visibile e mondo invisibile: due di Spoleto e da quella condizione esisten-
universi che sembrano antitetici, il primo ziale traggono scaturigine parti fondamen-
apparentemente accessibile e controllabi- tali della sua poetica. L’isolamento geo-
le, il secondo retoricamente sfuggente e grafico trasformò quella casa in uno stru-
remoto. Sulla soglia liminale di questi due mento scopico: il mondo, che esisteva nei
spazi si trova Marco Tirelli (1956), come suoi aspetti figurativi più rassicuranti du-
se fosse in perenne bilico su una delle fi- rante il giorno, si trasformava di notte in
gure archetipiche che popolano i suoi qua- un mare incognito, tenebroso e indistinto.
dri, quella che in giapponese si definireb- Al tramonto del sole, all’eclissarsi dell’ora,
be come orimé, piegatura (折りたたみ). Si l’universo conosciuto veniva assorbito in
tratta di una forma che riassume in sé un avvolgente panno di tenebre in cui le
gran parte della riflessione critica che con- infinite possibilità del reale venivano elise
traddistingue l’opera pittorica di Tirelli ne- tutte, e tutte lasciate in potenza, ma silenti
gli ultimi decenni, sempre più prossima e nascoste. Oltre alla realtà diurna, cono-
per prassi – sia esecutiva che fruitiva – a sciuta e georeferenziata, infinite altre
un esercizio meditativo: essa rappresenta realtà si predisponevano allo sguardo vin-
spesso il confine tra luce e ombra, dram- to dell’osservatore notturno che tentava
maticamente segnato dall’immagine di un di rivolgere i suoi occhi oltre il buio incor-

66 AGOSTINO DE ROSA
11/ Marco Tirelli, Untitled, 2012.

niciato dai confini albertiani di una finestra, mollemente organica. Un ganzfeld 47 cto-
aiutato da una torcia che, attraverso l’azio- nio in cui la perdita del “qui e ora” non av-
ne maieutica della luce, riportava ordine in veniva classicamente in un bagno di luce
quel caos indistinto. Il limite della visione diffusa, ma in un oceano di nulla. Ma era
– stabilito dai bordi netti e taglienti di una realmente così? La pittura di Tirelli sembra
struttura architettonica – collideva con l’in- dirci con esattezza chirurgica che le cose
distinto e il non strutturato dell’oscurità nascono all’esistenza, sia pure limitata,
assoluta: la piramide prospettica, rigorosa quando una loro proiezione – visiva, ma
nella sua asetticità geometrica, si sfrangia- anche acustica, olfattiva, aptica – ci rag-
va a contatto con ciò che appariva non giunge, ovvero quando noi prestiamo at-
strutturato né strutturabile, divenendo tenzione ad essa, per poi inabissarsi in un

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 67


indistinto nulla non appena quell’attenzio- mali – superfici simili ad ampolle alchemi-
ne cessa. L’azione di emersione di questi che, scatole scoperchiate di differenti for-
lacerti di realtà – e la loro successiva mor- me e configurazioni, vani architettonici pri-
te e potenziale resurrezione – dura pochi vi di infissi – che contengono uno spazio
istanti, quelli necessari perché l’artista ce intimo e oggettuale: il loro contenuto è
ne narri la storia, sia pur breve. Tirelli rico- evaporato, oppure polverizzato da eoni.
struisce per noi un paesaggio composto di Resta solo il significante, appunto un’altra
frammenti inerti, làsciti di un racconto superficie che si fa specchio di quella opa-
scritto da chissà chi, abbandonati in un cità delle cose di cui ci parla anche Michel
luogo carico di memorie continuamente Serres48. Altri invece sono enclave – recin-
attinte, e mai rielaborate: lo svelamento ti, ambienti, gabbie – in cui la presenza
avviene grazie alla luce che epifanicamen- umana è bandita, non per scelta linguisti-
te li rianima, per pochi salvifichi istanti, re- ca, credo, ma perché luoghi che diventano
stituendoli alla loro morte poco dopo. muti testimoni di un mondo di archetipi, di
Quasi come se l’energia associata alla ra- forme formanti antecedenti alla vita uma-
diazione luminosa ne riattivasse i mecca- na così come noi la conosciamo. La tecni-
nismi interni, da secoli immoti: l’artista li ca dell’aerografo impiegata dall’autore
ritrae nell’ultimo atto di improvvisa vita e contribuisce a fornire da un lato un’esat-
imminente estinzione. Tirelli è testimone tezza scientifica a queste immagini, ma
oculare della loro resurrezione, anche se dall’altro – con il processo di nebulizzazio-
breve, e ce ne rende partecipi attraverso ne associato a questo strumento – a rag-
una narrazione che si struttura nello spa- giungere un suggestivo bicromismo che
zio rappresentativo della tela in virtù di una si rivela ben presto solo apparente.
retorica prospettica che è soprattutto per- Avvicinandosi alla superficie dell’immagi-
spicere, vedere attraverso, dunque. I di- ne se ne scopre infatti un’altra profondità,
pinti di Tirelli appaiono consapevoli di es- ulteriore rispetto a quella allusiva dello
sere immagini piane, dichiaratamente al- spazio figurativo, dunque bidimensionale:
lusive di uno spazio fittizio che si svolge si tratta di quella materica associata ai
virtualmente al di là di esse: accettano molti colori acrilici che, sommandosi ed
dunque la loro condizione di esistenza su- elidendosi nella nuvola di vapori, permet-
perficiale ma anelano a cancellare questa tono di ottenere un bianco e nero pointilli-
loro inevitabile finitezza attraverso l’artifi- ste che è sommatoria di molti colori. Quei
cio. Il dramma della visione che si compie bianchi e quei neri, quelle ombre e pe-
davanti a un quadro di Marco Tirelli vive di nombre, sono un’altra testimonianza del
questa consustanzialità tra autore dell’o- convenerunt in unum, di matrice pierfran-
pera e osservatore: la scelta del rigoroso cescana49 – in senso proiettivo e simboli-
regime prospettico monoculare implica co – e di una idea classica di simmetria
condivisione testimoniale per entrambi (“syn”, insieme, e “metron”, misura) inte-
non solo dello stesso spazio figurativo, ma sa come concorrenza delle parti al tutto.
anche della stessa tragedia, quella della Le necessarie fasi di mascheratura suc-
sparizione del mondo se questo non viene cessive e/o contemporanee di ampie aree
percepito. Gli oggetti al centro di questo della superficie pittorica – costringendo
sguardo – che è a un tempo autoptico e l’autore a celare al suo sguardo gran parte
misericordioso – appartengono a due ca- di quelle limitrofe, già dipinte o in attesa di
tegorie del reale: alcuni sono oggetti mini- esserlo, alla zona di intervento – mimano

68 AGOSTINO DE ROSA
per l’ennesima volta quel continuo dialogo ta e al suo posto compare un’immagine
tra visibile e invisibile, riprodotto a scala in- frutto di creazione artistica, palesemente
finitesimale, lasciando intendere che la ve- artefatta, che dunque rende esplicite, nel
ra visione – nella sua accezione retinica e suo farsi e mostrasi, le strutture retoriche
simbolica – nasce dall’eclisse dello sguar- e scientifiche che la sostengono: così co-
do. In questo senso, la pittura di Tirelli è an- me la prospettiva rende credibile, dal pun-
che subliminalmente cartesiana. Per il filo- to di vista ottico, le immagini delle cose di-
sofo francese infatti la vista, senso privile- stanziandosene formalmente, così le im-
giato nel suo sistema speculativo, è tra i magini esatte e nebulose che “convengo-
sensi quello maggiormente sottoposto no in una” nelle opere di Tirelli ci dicono
all’esame del dubbio metodico, fino al pun- che il modello di visione cui l’autore si rife-
to paradossale di dare luogo «a un pensie- risce, è di tipo descrittivo e non mimetico.
ro che non vuole più abitare il visibile e de- Le opere di Tirelli possono essere lette co-
cide di ricostruirlo secondo il modello che me i residui luministici, nella sua mente-
se ne crea»50. Il volano di questo approccio teatro, delle apparizioni fantasmatiche del
gnoseologico è la natura aptica dello sguar- reale. Sono registrazioni anodine di essen-
do, in virtù della quale Descartes assimila ze fuori dal tempo – archetipi – che si inve-
la radiazione luminosa a un moto fisico che rano nelle cose quotidiane svolgendo la
raggiunge istantaneo e potente il nostro si- tragedia del reale. Ma come per i pittori
stema visivo «nello stesso modo in cui il della scuola di Delft, anche per Tirelli non
movimento o la resistenza dei corpi, che si tratta di semplice registrazione fenome-
incontra un cieco, si trasmetterebbe alla nica: si avverte infatti una continuità narra-
sua mano attraverso il bastone»51. Visione tiva nella sua opera, come se l’artista aves-
e cecità dunque sono avvicinate in questo se in questi anni perfezionato questa tec-
orizzonte esegetico attraverso una nozione nica iperborea di prelievo di frammenti del
fisica e corporea dello sguardo – dal mo- reale, e ne avesse disposto le testimonian-
mento che il tatto, tra i sensi tutti, è giudi- ze in una sorta di immenso e infinito mo-
cato da Descartes il meno ingannevole –, saico le cui tessere distano però anni luce
in cui sembra necessario chiudere gli occhi le une dalle altre. Egli rimane pieno di stu-
per vedere meglio e in modo certificato, a pore infantile di fronte a questa impossibi-
meno di non incorrere nella “follia dello lità di completare un’opera di per sé senza
sguardo”. Le osservazioni di Focault su fine, ma al contempo la continua perché
Descartes potrebbero dunque estendersi ne ha intravisto, per un breve, lacerante
all’opera di Tirelli, mutatis mutandis, quan- istante il senso. Quei frammenti narrano la
do sottolineano come il filosofo «abbia rot- storia del vedere da un unico, personalissi-
to i ponti con ogni possibile incanto e, se mo e inimitabile punto di vista. Per questo
vede, è certo di vedere ciò che vede. motivo le opere di Tirelli non possiedono
Mentre davanti allo sguardo del folle […] nulla di algido e di remoto: sono documenti
salgono e si moltiplicano immagini incapaci di un dolore, sollecitato dall’acutezza del
di criticarsi, poiché il folle le vede, ma irri- vedere, anche con lo sguardo rivolto verso
mediabilmente separate dall’essere»52. una fonte accecante che condanna all’o-
Le opere di Tirelli sembrano assecondare blio il resto dello spazio percepito. Tirelli
questa interpretazione della vista come narra un altro momento epifanico nella de-
«un pensiero che decifra rigorosamente i finizione del suo linguaggio pittorico che
segni del corpo»53 in cui la “follia” è espun- ben sintetizza quest’ultima osservazione:

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 69


l’apparizione istantanea di un anello aureo,
abbandonato (forse provvidenzialmente
perso?) da qualcuno in uno spazio recintato
e inaccessibile, si rivelò apocalitticamente
agli occhi del pittore grazie al bagliore im-
provviso del flash di una macchina fotogra-
fica. La luce riflessa accese alla vita delle
apparenze quell’oggetto che emerse dal-
l’indistinta oscurità, per poi rapidamente ri-
tornarvi. Come un ricordo, perso e ravvi-
vato alla fiamma della memoria da una sol-
lecitazione percettiva esterna, ma che tor-
na inesorabilmente in un repositorio pieno
del pulviscolo di cui son fatte le cose.
Magazzini del visibile, dunque, che asso-
migliano sempre più a luoghi di segrete
12/ Giuseppe Penone, Rovesciare i propri
azioni tassonomiche. Sarà forse per que-
occhi, 1970. Milano, Museo del Novecento.
sto che le opere di Marco Tirelli negli ultimi
anni si strutturano sempre di più come in-
stallazioni vere e proprie, teatri della me- gli occhi incapaci di restituire un senso dei
moria che spesso echeggiano, nella forma miei genitori morenti, Enzo e Stella. Per es-
degli spazi che le configurano, sacelli e re- sere preciso, rivivo e rivedo la perdita di
cinti sacri ma anche, credo, veri e propri senso umano che hanno assunto i loro oc-
cubicula obscura, interni di meccanismi chi prima di morire e durante il trapasso.
scopici in cui vi si proiettano le infinite im- Non so a cosa paragonarlo in termini espe-
magini del mondo, omologhe e al contem- rienziali, ma assistendo un amico caro che
po discrasiche fra di loro, dialogando silen- collassava, quest’ultimo poi, ripresosi, mi
ziosamente. Caratterizzate da un’ipnotica disse di avermi visto, nel momento antece-
bellezza, le sue opere rivelano, in questi dente alla perdita di coscienza, come se mi
spazi dell’askesis, la natura nascosta delle stessi scomponendo in frammenti e lacerti
cose aprendoci a una visione in profondità cubisti. Ho il difetto di possedere una me-
del reale, di quella che Robert Walser moria fotografica, che mi aiuta molto sul la-
avrebbe definito «questo sogno che gli uo- voro, ma che in questa circostanza è una
mini chiamano vita». sorta di maledizione: ricordo tutto, con pre-
cisione millimetrica e prossemica. Esiste
un’ottica della morte, dunque? Non saprei,
Epilogo ma esiste certo una catottrica della morte:
il farsi specchio, i nostri occhi, di quel vuoto
Esiste un’ottica della morte? Credo di sì, e improvviso. Penso all’opera di Giuseppe
credo che esista anche una catottrica della Penone Rovesciare i propri occhi (1970), in
morte. Da dicembre scorso (non so per cui l’artista si fece ritrarre con una coppia di
quale motivo da questo mese fatidico) ho lenti a contatto specchianti... e penso che
vivide due scene, che riappaiono con cicli- nel mio Cecità del vedere dovrei parlare di
cità nella mia memoria, come un basso questa ottica esiziale: ma non ne ho il co-
continuo, ogni giorno e più volte al giorno: raggio.

70 AGOSTINO DE ROSA
NOTE 17
Cfr. Morell 2013; Morell 2004; Morell 1999.
18
Si veda il sito: <http://www.marjapirila.com/> (9
1
Cfr. Elkins 1996. luglio 2016).
2
Cfr. Jay 1994. 19
Cfr. Leonard 2014.
3
Cfr. Lewis-Williams 2004. 20
Si veda in merito il mio Quadraturismo in
4
Cfr. Platone 2013; Herman 2013; Collobert, exergo. Immaginario proto-proiettivo nelle pit-
Destrée, Gonzalez 2012; Vegetti 1999. ture murali prospettiche, in Ciammaichella,
Un’interessante trattazione del tema della ca- Bergamo 2017, pp. 23-52.
verna platonica in relazione all’arte contempo- 21
Cfr. Barash 2001.
ranea è sviluppato nella tesi di dottorato 22
Cfr. Liberatore 2017.
Giammarioli 2007/2008. 23
Cfr. Locke 1690 (cfr. Locke 2004).
5
Alpers 1999. 24
Sulla “questione di Molyneux” si veda: Wade
6
La linea alternativa a quella dell’ottica eucli- 1999, pp. 343 e ss., ma anche Parigi 2004.
dea era rappresentata, oltre che dal filosofo 25
Hull 1990.
arabo Alhazen, da Roger Bacon, John 26
Cfr. Folgheraiter, Lunelli 2015.
Peckham e Witelo, autori per altro noti a Leon 27
De Montalembert 19891. Un altro testo di de
Battista Alberti. Cfr. Wheelock 1977, pp. 5 e Montalembert tradotto in italiano è L’estate per-
ss. Si veda soprattutto Alpers 1999. duta: de Montalembert 1989.
7
Nello stesso anno di pubblicazione de Ad 28
Lighthouse Guild, 15 West 65th Street, New
Vitellionem parilipomena, Keplero individuò an- York, NY 10023. Si rimanda al sito:
che la configurazione ellittica dell’orbita di <http://www.lighthouseguild.org/> (29 mag-
Marte, localizzando in uno dei suoi fuochi la gio 2017).
posizione del Sole. 29
Calle 2011.
8
Cfr. De Rosa, D’Acunto 2002, pp. 103 e ss. 30
James Turrell citato in Adcock 1985, p. 125.
9
Keplero 1937 [1604], p. 153. Cfr. anche Malet 31
Cfr. Zolla 1994.
1990. Da un punto di vista fisiologico, bisogna 32
Bergamo 2005, p. 3. Si veda anche Rizzini
precisare che l’immagine retinica non è effetti- 2007.
vamente un’immagine del mondo esterno, ma 33
In genere, i tubi al neon sono incassati in una
piuttosto una distribuzione di punti colorati che cornice prossima al soffitto, oppure inseriti nel
eccita il mosaico di coni e bastoncelli presenti bordo superiore delle schienale inclinato delle
sulla superficie della rètina stessa. Si veda in panchine che perimetrano lo spazio interno.
merito Gibson 1960. 34
Sulle proprietà dei “colori filmari” (o “di
10
Alpers 1999, p. 55. apertura”) si veda: Katz 1935; Palmer 1999
11
La configurazione della superficie retinica è (segnatamente, il III capitolo).
connessa per Keplero con l’ampiezza del cono 35
Oltre a Skyspace I, Turrell ha realizzato altre
visivo, che l’autore stima, in modo erroneo, due installazioni per villa Menafoglio Litta
leggermente superiore a 180°. Cfr. Wheelock Panza, a Biumo Superiore, segnatamente: Sky
1977, p. 51. Window (o Lunette, 1976) e Virga (1976). Cfr.
12
Cfr. Heidegger 1997. AA.VV 2001.
13
Selfe 1977. 36
Giuseppe Panza di Biumo citato in Adcock
14
Si vedano anche: McMahon 2002; Sacks 1990, p. 117.
1995. 37
Adcock 1985, p. 2.
15
Selfe 2011. 38
Cfr. Feynman 1989. Sul rapporto tra Turrell
16
Cfr. Gatton, Carreon 2012; Gatton, Carreon e l’elettrodinamica quantistica si veda Giannini
2011; Gatton 2010; Gatton 2010; Gatton 2010. 2002, p. 44.

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 71


39
Didi-Huberman 1999, p. 48. blu di medesima brillantezza –, scoperta dal
40
Didi-Huberman 1999, p. 51. fisiologo boemo Jan Evangelista Purkinje
41
Farrow 1993, p. 47. (1789-1869) e pertanto denominata Purkinje
42
Un sogno lucido (lucid dream) è un’esperien- shift.
za onirica nella quale il sognatore è consape- 44
Sacks 1997.
vole di sognare. Tale consapevolezza consen- 45
Secondo l’Associazione Acromati Italiani una
tirebbe all’oneironauta, secondo alcuni approc- persona ogni trentatremila soffre di questa ra-
ci psico-neurologici, di controllare gli accadi- ra malattia ereditaria. In Italia, considerato che
menti del mondo onirico, che sarebbe così ne soffrono poco più di 1700 persone (su quasi
esplorabile e modificabile in maniera attiva. 58 milioni di abitanti), l’incidenza è dello
Cfr. LaBerge 1991. 0,003%. Cfr. <http://www.acromatopsia.it/>
43
Shimojo 1997, p. 3. Il sistema visivo pre- (30 maggio 2017).
senta diversa sensibilità in relazione alle varie 46
Sacks 1997, p. 128.
lunghezze d’onda: in particolare, i bastoncelli 47
Campo percettivo totale.
(sistema “scotopico”, specializzato per la vi- 48
Cfr. Serres 1970.
sione notturna) presentano una sensibilità 49
Il riferimento è qui al dipinto di Piero della
maggiore dei coni rispetto a tutte le lunghez- Francesca (1416/1417-1492) noto con il titolo
ze d’onda; la sensibilità spettrale “fotopica” de La flagellazione (1444-1470, Urbino,
è massima intorno ai 550 nm, mentre quella Galleria Nazionale delle Marche).
scotopica lo è a lunghezze d’onda inferiori 50
Merleau-Ponty 1989, p. 29.
(circa a 500 nm). Questo spostamento nella 51
Descartes 1637.
massima sensibilità ha una conseguenza per- 52
Focault 2004, pp. 285 e ss. Su questo aspetto
cettiva importante – per cui gli oggetti rossi si veda anche Judovitz 1993, pp. 70 e ss.
“scolorano” più rapidamente rispetto a quelli 53
Merleau-Ponty 1989, p. 33.

72 AGOSTINO DE ROSA
BIBLIOGRAFIA

AA.VV. 2001 | AA.VV. Villa Menafoglio Litta e la collezione Panza di Biumo. Milano: Skira 2001.
ISBN: 978-88-8118-820.
Adcock 1985 | Adcock, Craig. Perceptual edges: the psychology of James Turrell’s light and spa-
ce. Arts Magazine, vol. 59, febbraio 1985, p. 125. ISSN: 0004-4059.
Adcock 1990 | Adcock, Craig. James Turrell. The art of light and space. Berkeley, Los Angeles,
Londra: University of California Press 1990. ISBN: 520067282.
Alpers 1999 | Alpers, Svetlana. Arte del descrivere: scienza e pittura nel 600 olandese. Torino:
Bollati Boringhieri 1999. ISBN: 978-88-339-1131-4.
Badiou 2013 | Badiou, Alain. La Repubblica di Platone: dialogo con un prologo, sedici capitoli e
un epilogo. Firenze: Ponte alle Grazie 2013. ISBN: 978-88-6220-628-0.
Barash 2001 | Barash, Moshe. Blindness: The History of a Mental Image in Western Thought.
Psychology Press, 2001. ISBN: 0415927439.
Bergamo 2005 | Bergamo, Francesco. Un altro orizzonte: il progetto dell’Irish Sky Garden di
James Turrell. Tesi di laurea (non pubblicata), Venezia 2005.
Calle 2011 | Calle, Sophie. Blind. Arles: Actes Sud 2011. ISBN: 978-23-3000-058-5.
Ciammaichella, Bergamo 2017 | Ciammaichella, Massimiliano. Bergamo, Francesco, a cura di.
Prospettive architettoniche dipinte nelle Ville Venete della Riviera del Brenta in provincia di
Venezia. Ariccia, Roma: Aracne editore 2017. ISBN: 978-88-548-8720-6.
Collobert, Destrée, Gonzalez 2012 | Collobert, Catherine. Destrée, Pierre. Gonzalez, Francisco J.
Plato and Myth: Studies on the Use and Status of Platonic Myths. Leiden, Boston: Brill 2012.
ISBN: 978-90-0421-866-6.
De Montalembert 19891 | De Montalembert, Hugues. Buio. Milano: Mondadori, 1989. [Ed. orig.
La lumière assassine. Paris: France-Loisirs 1982]. ISBN: 978-88-04-30790-0.
De Montalembert 19892 | De Montalembert, Hugues. L’estate perduta. Milano: Mondadori 1989.
ISBN: 978-88-04-32807-X.
De Rosa, D’Acunto 2002 | De Rosa, Agostino. D’Acunto, Giuseppe. La vertigine dello sguar-
do. Tre saggi sulla rappresentazione anamorfica. Venezia: Cafoscarina 2002. ISBN: 978-
88-8861-331-4.
Descartes 1637 | Descartes, René. Dioptrique. Leida: 1637. Ora in Adam, Charles, Tannery Paul, a
cura di. Œuvres de Descartes, vol. 6. Paris: Librairie philosophique J. Vrin. ISBN: 2711601900.
Didi-Huberman 1999 | Didi-Huberman, Georges. The fable of place. In Noever, Peter (a cura di).
James Turrell. The other horizon. Ostfildern-Ruit: Cantz; Wien: MAK 1999. ISBN:
389322968X.
Elkins 1996 | Elkins, James. Poetics of Perspective. Ithaca: Cornell University Press 1996. ISBN:
978-08-0148-379-0.
Farrow 1993 | Farrow, Clare. James Turrell. Painting with light and space. Art & Design, vol. 8
nn. 5/6, maggio-giugno 1993, pp. 42-51. ISSN: 2378-1750.
Feynman 1989 | Feynman, Richard P. Qed. La strana teoria della luce e della materia. Milano:
Adelphi 1989. ISBN: 978-88-459-0719-7.
Focault 2004 | Focault, Michel. Storia della follia nell’età classica, Milano: BUR 2004. ISBN: 978-
88-1711-222-4.
Folgheraiter, Lunelli | Folgheraiter, Alberto. Lunelli, Giorgio. Aurelio Nicolodi. Una luce nel buio.
Trento: Curcu & Genovese 2015. ISBN: 978-88-6876-084-7.

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 73


Friel 2006 | Friel, Brian P. Molly Sweeney. Vedere e non vedere. Roma: Reading Theatre 2006.
ISBN: 978-88-87486-28-X.
Gatton 20101 | Gatton, Matt. Paleo-camera and the Concept of Representation. Pleistocene
Coalition News, vol. 2, issue 3, May-June, 2010, pp. 1, 3. ISSN: 10: 1-56414-942-0.
Gatton 20102 | Gatton, Matt. Paleo-camera, Phase II: Projected images in art and ritual (or why
European Upper Paleolithic art looks the way it does). Pleistocene Coalition News, vol. 2, is-
sue 4, July-August, 2010, pp. 4, 5. ISSN: 1-56414-942-0.
Gatton 20103 | Gatton, Matt. The Camera and the Cave: Understanding the style of Paleolithic
art. Pleistocene Coalition News, vol. 2, issue 5, September-October 2010, pp. 8, 9. ISSN: 1-
56414-942-0.
Gatton, Carreon 2011 | Gatton, Matt, Carreon, Leah. Probability and the Origin of Art: Simulations
of the Paleo-camera Theory. APLIMAT, Journal of Applied Mathematics, vol. 4, 2011, pp.
961,970. ISSN: 1337-6335.
Gatton, Carreon 2012 | Gatton, Matt, Carreon, Leah. Projecting Projection: A statistical analysis
of cast-light images. Pleistocene Coalition News, vol. 4, issue 4, 2012, pp. 1-3. ISSN 10: 1-
56414-942-0.
Giammarioli 2007/2008 | Giammarioli, Manuela. Il mito della caverna platonica nell’arte del
Novecento. Tesi laurea in Lettere Moderne/Indirizzo storico-artistico, Sapienza Università di
Roma, AA. 2007/2008, relatore: prof. A. Sbrilli; correlatore: C. Marrone.
Giannini 2002 | Giannini, Claudia, a cura di. James Turrell: Into the light. Catalogo della Mostra,
Pittsburgh 2002. Pittsburgh: Mattress Factory 2002. ISBN: 0962329010.
Gibson 19601 | Gibson, James J., The perception of the visual world, Boston: Houghton 1950.
Gibson 19602 | Gibson, James J., Pictures, perspective, and perception. Daedalus, n. 89, 1960,
pp. 216-227. ISSN: 1548-6192.
Heidegger 1997 | Heidegger, Martin. L’essenza della verità : sul mito della caverna e sul Teeteto
di Platone. Volpi, Franco, Mörchen, Hermann (a cura di). Milano: Adelphi, 1997. ISBN: 978-
88-459-1279-5.
Herman 2013 | Herman, Arthur. The Cave and the Light Plato Versus Aristotle, and the Struggle
for the Soul of Western Civilization. New York: The Random House 2013. ISBN: 0553385666.
Hull 1990 | Hull, John M. Touching the Rock, an Experience of Blindness. New York: Vintage
Books 1990. ASIN: B002DT9IAE (Trad. It. Hull, John M. Il dono oscuro. Milano: Garzanti
1992).
Jay 1994 | Jay, Martin, Downcast Eyes: The Denigration of Vision in Twentieth-Century French
Thought, Oakland: University of California Press 1994. ISBN: 0520081544.
Judovitz 1993 | Judovitz, Dalia. Vision, Representation, and Technology in Descartes. In
Kleinberg-Levin, David Michael (a cura di). Modernity and the Hegemony of Vision. Berkeley
Los Angeles e Londra 1993. ISBN: 978-05-2007-973-1.
Katz 1935 | Katz, David. World of color. London: K. Paul, Trench, Trubner 1935.
Keplero 1937 [1604] | Keplero, Johannes, Ad Vitellionem parilipomena, quibus astronomiae pars
optica traditur. Van Dick W. e Caspar M. (a cura di), Gesammelte Werke, vol. 2. Beck,
Monaco: Beck 1937. [Prima ed. 1604].
LaBerge, Rheingold 1991 | LaBerge, Stephen. Rheingold, Howard. Exploring The World Of Lucid
Dreaming, New York: Ballantine 1991. ISBN: 9780345374103.
Leonard 2014 | Leonard, Zoe. Available Light. London: Ridinghouse, New York: Dancing Foxes
Press 2014. ISBN: 190546486X.

74 AGOSTINO DE ROSA
Lewis-Williams 2004 | Lewis-Williams, David. The Mind in the Cave: Consciousness and the
Origins of Art. Londra: Thames & Hudson 2004. ISBN: 978-05-0028-465-0.
Liberatore 2017 | Liberatore, Lorena. Molly Sweeney, un percorso al buio, all’indirizzo.
<http://atlantidemondoblog.blogspot.it/2008/12/molly-sweeney-un-percorso-al-buio-di.html>
(20 gennaio 2017).
Locke 1690 | Locke, John. Essay concerning human understanding, Londra 1690 (trad. It. Saggio
sull’intelletto umano. Testo originale a fronte, Bompiani, 2004).
Malet 1990 | Malet, Antoni. Keplerian Illusions: Geometrical Pictures vs Optical Images. Studies of
History ond Philosophy of Science, 21 (1), 1990, pp. 1-40 (<Keplerian Illusions: Geometrical
Pictures vs Optical Images. <https://doi.org/10.1016/0039-3681(90)90013-X> (29 maggio 2017).
McMahon 2002 | McMahon, Jennifer A. An Explanation for Normal and Anomalous Drawing
Ability and Some Implications for Research on Perception and Imagery. Visual Arts Research,
(University of Illinois), 28:1 (55), 2002, pp. 38-52. <https://philpapers.org/rec/MCMAEF> (29
maggio 2017).
Merleau-Ponty 1989 | Merleau-Ponty, Maurice. L’occhio e lo spirito. Milano: SE 1989. ISBN: 978-
88-7710-154-7.
Morell 1999 | Morell, Abelardo. Abelardo Morell and the Camera Eye, con un saggio di D. Gaston,
San Diego, CA: Museum of Photographic Arts 1999. ISBN: 1878062042.
Morell 2004 | Morell, Abelardo. Camera Obscura. New York: Bulfinch Press 2004. ISBN: 978-08-
212-7751-5.
Siegel 2013 | Siegel, Elizabeth. Abelardo Morell: the universe next door. Chicago: The Art
Institute of Chicago 2013. ISBN: 978-03-0018-455-6.
Palmer 1999 | Palmer, Stephen E. Vision Science: Photons to Phenomenology. Cambridge
(Massachusetts), Londra: The MIT Press 1999. ISBN: 0262161834.
Parigi 2004 | Parigi, Silvia. Teoria e storia del problema di Molyneux. Napoli: Laboratorio dell’ISPF,
I, 2004. ISSN: 1824-9817.
Platone 2006 | Platone. La Repubblica. Testo greco a fronte, a cura di M. Vegetti Milano: Rizzoli
2006. ISBN: 978-88-1701-337-6.
Rizzini 2007 | Rizzini, Ilaria. “Giungemmo sotto questa grotta coperta” (Empedocle, DK B 120).
Immagini e suggestioni della caverna dal mondo greco antico. In De Rosa, Agostino (a cura
di). James Turrell. Roden Crater Project. Geometrie di luce. Milano: Electa 2007. ISBN: 978-
88-370-5363-5.
Sacks 1995 | Sacks, Oliver, Un antropologo su Marte: Sette racconti paradossali. Milano: Adelphi
1995. ISBN: 978-88-459-1145-4.
Sacks 1997 | Sacks, Oliver. L’isola dei senza colore. Milano: Adelphi 1997. ISBN: 978-88-459-
1282-5.
Saramago 1996 | Saramago , José. Cecità. Torino: Einaudi 1996. ISBN: 978-88-06-17299-2.
Selfe 1977 | Selfe, Lorna. Nadia. A Case of Extraordinary Drawing Ability in an Autistic Child.
London: Academic press 1977. ISBN: 978-01-2635-750-1.
Selfe 2011 | Selfe, Lorna. Nadia Revisited: A Longitudinal Study of an Autistic Savant. London:
Psychology Press 2011. ISBN: 978-18-4872-038-1.
Serres 1970 | Serres, Michel. Origini della geometria, Milano: Hoepli 1970.
Turrell et al. 1997 | Turrell, James et al. James Turrell, “Where does the light in our dreams come
from?”. Catalogo della mostra itinerante, Giappone, 1997. New York: Museum of Modern
Art 1997. ASIN: B01MS21X60

CECITÀ DEL VEDERE. SULL’ORIGINE DELLE IMMAGINI 75


Vegetti 1999 | Vegetti, Mario. Guida alla lettura della Repubblica di Platone. Bari: Laterza 1999.
ISBN: 978- 88-420-5895-5.
Wade 1998 | Wade, Nicholas J. A Natural History of Vision. Cambridge, Massachusetts, Londra:
MIT Press 1998. ISBN: 978-02-6223-194-8.
Wheelock 1977 | Wheelock, Arthur K. , Perspective, Optics, and Delft Artists around 1650. New
York, London: Garland Publishing 1977.
Zagajewski 2012 | Zagajewski, Adam. Dalla vita degli oggetti. Poesie 1983-2005, Adelphi, Milano
2012. ISBN: 978-88-459-2682-2.
Zolla 1994 | Zolla, Elémire. Lo stupore infantile. Milano: Adelphi 1994. ISBN: 978-88-459-1028-8.

76 AGOSTINO DE ROSA
GLI AUTORI
MARIA TERESA BARTOLI scimentale, basata sull’analisi grafico-geome-
DiDA – Dipartimento di Architettura, Università trica dei documenti, acquisiti con tecniche at-
degli Studi di Firenze tuali e prelievi metrici accurati. Anche in que-
email: mtbartoli@fastwebnet.it sto studio, i risultati raggiunti modificano in
maniera non modesta alcune certezze storio-
Professore ordinario di Rilievo dell’Architettura e di grafiche precedenti. Tra le pubblicazioni sul te-
Disegno dell’Architettura nel Dipartimento di ma, si ricorda, a sua cura insieme a Monica
Architettura dell’Università di Firenze, è attual- Lusoli, Le teorie, le tecniche, i repertori figura-
mente in pensione. È stata coordinatore del tivi nella prospettiva d’architettura tra il ’400 e
Dottorato in Architettura del Dipartimento. il ’700 (2015).
Tema della sua ricerca è il rapporto del disegno
dell’architettura con lo sviluppo della geome-
tria nella storia europea, analizzato attraverso
il rilievo di monumenti significativi. Le sue ri- MAURA BOFFITO
cerche sono state condotte attraverso lo stu- DAD – Dipartimento di Architettura e Design.
dio dell’architettura storica, soprattutto fioren- Scuola Politecnica dell’Università degli Studi di
tina e toscana, partendo dal rilievo, svolto con Genova
rigore scientifico all’interno di numerose con- email: boffitom@arch.unige.it
venzioni stipulate con i detentori dei monu-
menti e applicando in forma integrata le tecno- Laureata in Architettura presso il Politecnico di
logie sia tradizionali che attuali. Gli esiti degli Torino e in Filosofia all’Università degli Studi di
studi sono stati oggetto di numerose pubblica- Genova, è stata contrattista e ricercatore confer-
zioni, tra cui i volumi Musso e non quadro, la mato presso la Cattedra di Disegno e Rilievo del-
strana figura di Palazzo Vecchio dal suo rilievo la Facoltà di Architettura di Genova. Professore
(2007), Santa Maria Novella a Firenze (2009) e associato nel 1992, dal 2000 è Professore
Dal gotico oltre la maniera, gli architetti di Ordinario di Disegno. Membro del Comitato dei
Ognissanti a Firenze (2011). In esse, il confron- Docenti e del Collegio dei Docenti della Scuola
to delle caratteristiche emergenti dal rilievo di Dottorato in Architettura e Design, dal 1986
con la cultura storico-scientifica di riferimento ha svolto un’intensa attività gestionale.
espressa dalla trattatistica dà luogo a una de- L’attività didattica e di ricerca spazia dal rilievo
scrizione che innova quella tradizionale del di- dell’architettura alla catalogazione di disegni e
segno di architettura di alcuni monumenti ar- del patrimonio artistico genovese, dall’indagi-
chitettonici. Connessa al tema descritto è an- ne d’archivio alla scienza della rappresentazio-
che la ricerca condotta sulla prospettiva rina- ne, dalle applicazioni di geometria descrittiva

187
all’arte, allo studio della rappresentazione dell’A.I.S.I., Associazione Italiana di Storia
dell’architettura in pittura. Ha partecipato a dell’Ingegneria (Napoli, 2004).
campagne di studio e rilievo inerenti, tra gli al- Nel 2007 gli è stata conferita la Targa d’oro
tri, il centro storico di Sorrento e di San UID; nel 2010, il Certificate of Magister.
Salvatore Telesino (Benevento), il castello di È stato componente di numerose Commissioni
Portofino e “Castello” Bruzzo a Genova. ministeriali. Esperto valutatore della Comisión
Nella produzione scientifica, particolare atten- Nacional de Acreditación del Cile (CNA-Chile),
zione è rivolta alla ricerca storica d’archivio dalla sua istituzione (2007).
(Rilievo del tempo, 1990), al rilievo dell’archi- È valutatore e revisore di progetti di ricerca per il
tettura (Ville del genovesato. Albaro, vol. II, MIUR e per varie università italiane e straniere.
1985, 1986), alla storia della rappresentazione Ha elaborato e diretto vari progetti di ricerca
(Dentro la geometria, 1996), ai fondamenti e nell’ambito dell’area dell’espressione grafica.
alle applicazioni di geometria descrittiva È autore di oltre centosettanta pubblicazioni
(Teoria e pratica dei metodi di rappresentazio- scientifiche tra libri (21), scritti in volumi collet-
ne, 2003), intrecciando con approcci interdisci- tivi (59), articoli su riviste internazionali e nazio-
plinari indagini di tipo geometrico-matematico nali, relazioni e comunicazioni a convegni, con-
(La prospettiva, “Fondamenti storici della geo- gressi e seminari scientifici.
metria”, 1982) con altri di tipo storico-critico- Ha svolto intensa attività di direzione editoriale.
antropologico (Il disegno come “segno” della Ha fondato e diretto le collane editoriali
spiritualità dei popoli, 1999). Architettura e città (Cuen 1989) e Ritratti di città
(Alfredo Guida Editore 1993). Dal 2000 dirige la
collana Incontri sul disegno (CUES); dal 2006 cu-
ra la collana Quaderni della Conferenza dei
VITO CARDONE Presidi delle Facoltà di Ingegneria. Dal 2007 è re-
DICIV – Dipartimento di Ingegneria Civile. sponsabile della Sezione di “Studi di ingegne-
Università degli Studi di Salerno ria”, nell’ambito del Comitato Scientifico della
email: v.cardone@unisa.it Collana Scientifica dell’Università degli Studi di
Salerno.
Vito Cardone, napoletano, ordinario di Disegno, È membro di Comitati Scientifici di varie riviste
professore onorario della Universidad Nacional e collane editoriali.
de Córdoba e della Universidad Científica del Sur
di Lima, è Presidente della UID, Unione Italiana
per il Disegno, e dell’Agenzia QAUCING, di cer-
tificazione della qualità e accreditamento EUR- ROBERTO CIARLONI
ACE dei corsi di studio di Ingegneria. Portavoce email: roberto.ciarloni@gmail.com
(dal 2008) dell’Interconferenza – Coordinamento
Nazionale delle Conferenze dei Direttori e dei Roberto Ciarloni, ingegnere, è Direttore Ricerca
Responsabili delle Strutture Universitarie – dal e Sviluppo Open Mind CADCAM.
febbraio 2016 è suo rappresentante al CUN. Ha al suo attivo una lunga esperienza nel set-
È stato Preside della Facoltà di Ingegneria di tore del CAD, della Modellazione Geometrica
Salerno (2001-2013), Segretario (2002-2006) e e della Computer Graphics.
poi Presidente (2006-2013) della Conferenza È direttore dello sviluppo di numerosi prodotti
dei Presidi delle Facoltà di Ingegneria Italiane. CAD 3D usati nelle aziende di tutto il mondo,
È stato tra i fondatori dell’AED, Associazione tra i quali thinkdesign, hyperCAD, VR CAD.
Europea del Disegno (La Coruña, 1991), e Partecipa con successo a diversi progetti di ri-

188 AUTORI
cerca nazionali e internazionali in collaborazio- RICCARDO MIGLIARI
ne con grandi aziende e con Università e centri DSDRA – Dipartimento di Storia, Disegno e
di ricerca. Restauro dell’Architettura. Sapienza Università
È docente di Computer Graphics al Politecnico di Roma
di Milano e di Modellazione Matematica pres- email: riccardo.migliari@uniroma1.it
so la Facoltà di Architettura di Sapienza
Università di Roma. Inizia la sua attività accademica nei corsi di
È autore del capitolo Le teorie e le tecniche della Geometria Descrittiva e Applicazioni della
rappresentazione matematica pubblicato nel vo- Geometria Descrittiva tenuti dal professor
lume di Riccardo Migliari Geometria descrittiva. Orseolo Fasolo presso la facoltà di Architettura
Vol. II. Tecniche e applicazioni (CittàStudi edizio- de La Sapienza.
ni 2009). Dal 1980 al 1987 è Ricercatore confermato;
nel 1987 diventa Professore associato di
Fondamenti e applicazioni della Geometria de-
scrittiva e dal 1990 è Professore ordinario, ti-
AGOSTINO DE ROSA tolare di Fondamenti e applicazioni della
dCP – Dipartimento di Culture del Progetto, Geometria descrittiva.
Università Iuav di Venezia Dal 1990 al 1993 ha insegnato Disegno, Rilievo
email: aderosa@iuav.it e Fondamenti e applicazioni di Geometria de-
scrittiva presso la Facoltà di Architettura
Agostino De Rosa (Bari 1963), architetto, dell’Università degli Studi di Chieti, dove ha
Professore Ordinario, insegna presso l’Università creato e diretto il Laboratorio di Fotogrammetria
Iuav di Venezia nel corso di laurea in Architettura: analitica. Nel 1993 viene chiamato a ricoprire la
tecniche e culture del progetto. Ha ricoperto do- cattedra di Applicazioni di Geometria descrittiva
cenze e tenuto conferenze presso Università e presso la Facoltà di Architettura di Sapienza
Istituzioni culturali in Italia e all’estero. È autore di Università di Roma.
libri e saggi incentrati sui temi della rappresenta- Ha insegnato rilievo strumentale e fotogramme-
zione e della storia delle immagini. Ha recente- tria architettonica presso l’École Polytechnique
mente curato l’edizione critica dell’opera del fra- d’Architecture et Urbanisme di Algeri, nell’am-
te Minimo Jean-François Niceron (1613-1646), bito della scuola di specializzazione (Post-
del rilievo digitale e dell’interpretazione proietti- Graduation).
va degli apparati anamorfici da lui ideati, insieme Dal 1995 al 2002 ha coordinato il Dottorato
a Padre Emmanuel Maignan (1601-1676), pres- di Ricerca in Rilievo e Rappresentazione
so il Convento di Trinità dei Monti a Roma. dell’Architettura e dell’Ambiente e la Scuola
Collabora, dal 2002, con l’artista statunitense Nazionale di Dottorato in Scienze della
James Turrell al Roden Crater project, e dal Rappresentazione e del Rilievo.
2015 con il regista tedesco Werner Herzog. È Dal 2008 ha coordinato il Laboratorio nazionale
membro del comitato scientifico di CHORA: per il rinnovamento della Geometria descrittiva
Intervals in the Philosophy of Architecture con Laura De Carlo, e dal 2010 fino al pensio-
(McGill University, Canada) e di quello della rivi- namento (settembre 2016), l’Unità di Ricerca
sta Autoportret (Cracovia, Polonia). Coordina sulla Geometria descrittiva istituita presso il
scientificamente il gruppo di ricerca Imago re- Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro
rum (e la relativa Unità di ricerca presso lo Iuav) dell’Architettura.
con il quale ha curato mostre presso istituzioni Ha proposto e coordinato molte ricerche a livello
nazionali e straniere. locale o nazionale e diversi progetti PRIN (2005-

AUTORI 189
2007: V.I.A. Virtual Interactive Architecture; natore dell’Unità di Ricerca di Firenze prof.
2008-2010: Geometria descrittiva e rappresen- Maria Teresa Bartoli.
tazione digitale: memoria e innovazione; 2010- Attualmente è professore a contratto per l’in-
2011: Prospettive Architettoniche: conservazio- segnamento di Fondamenti di Geometria
ne digitale, divulgazione e studio). Descrittiva presso l’Università degli Studi di
Molte le pubblicazioni degli esiti delle ricerche Ferrara, modulo del corso integrato di Disegno
da lui condotte. dell'Architettura del corso di Laurea Magistrale
in Architettura.

NEVENA RADOJEVIC
DiDA – Dipartimento di Architettura, Università CAMILLO TREVISAN
degli Studi di Firenze dCP – Dipartimento di Culture del Progetto,
email: nevena.radojevic@gmail.com Università Iuav di Venezia
email: trevisan@iuav.it
Nevena Radojevic nasce in Serbia nel 1982.
Consegue il diploma di maturità scientifica L’attività di ricerca riguarda la rappresentazione
nel 2001, anno in cui si iscrive alla Facoltà di eseguita con l’utilizzo di tecniche e strumenti
Architettura dell’Università degli Studi di informatici e la predisposizione di software spe-
Belgrado seguendo il percorso magistrale cifici. È stato responsabile scientifico della ricer-
con indirizzo Sistemi Costruttivi e Strutture ca Metodi e strumenti per la gestione e l’imple-
Spaziali. mentazione delle risorse informative relative al-
A gennaio del 2011 partecipa con successo al la cartografia e ai rilievi architettonici (PRIN
concorso per accedere al Dottorato di Ricerca 1999-2000); della convenzione tra DADI e CCAI
in Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura di Treviso per lo studio di un progetto relativo al-
e dell’Ambiente, Università degli Studi di l’implementazione di nuovi spazi intelligenti, ad
Firenze dove, oltre ad acquisire ampie cono- alta interattività e profondità di comunicazione,
scenze sulla storia e le tecniche del disegno e per la sperimentazione di innovative virtual expo
del rilievo, approfondisce lo studio delle applica- e virtual selling center (2002-2003); della ricerca
zioni della proiezione centrale nei diversi conte- con il compito della Realizzazione di software
sti storici. Nel maggio del 2015 consegue il tito- specifici dedicati all’analisi geometrica e propor-
lo di Dottore di ricerca discutendo la tesi dal ti- zionale di particolari architettonici rilevati con
tolo La proiezione centrale nel pensiero scienti- scanner 3D (PRIN 2002-2004); della convenzio-
fico. Dal Pantheon alla Cappella Pazzi. ne tra DADI e Gran Teatro La Fenice di Venezia
Dal 2010 collabora ai corsi di Rilevo e Disegno per la costruzione del modello digitale tridimen-
dell’Architettura della prof. Maria Teresa sionale della Fenice e lo studio, l’analisi e l’im-
Bartoli presso la Facoltà di Architettura di plementazione di protocolli d’uso e di gestione
Firenze. Dal mese di febbraio del 2014 fino ad del modello 3D (2002-2004); della ricerca
aprile del 2016 è titolare di un assegno di ri- Modelli 3D esplorabili interattivamente in rete a
cerca nella stessa facoltà, con il tema varie scale di dettaglio (FIRB 2005-2008); della
Proiezioni centrali tra rappresentazione pro- ricerca Esplorazione interattiva di modelli digitali
spettica e disegno dell’architettura dal ’400 al tridimensionali: il caso del teatro La Fenice di
’700 all’interno di gruppo di ricerca PRIN 2011 Venezia. Progetto, costruzione e test di una sta-
dal titolo Architectural perspectives, coordina- zione monoutente stereoscopica multimodale
tore nazionale prof. Riccardo Migliari, coordi- e multimediale (PRIN 2005-2007).

190 AUTORI
FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI FEBBRAIO 2017
www.gangemieditore.it

Potrebbero piacerti anche